Cua - un anno di lotte.

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CUA UN ANNO DI LOTTE

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Senza la pretesa di riuscire a sintetizzare in un libricino tutto il lavoro collettivo di un anno, abbiamo voluto comunque raccogliere qui alcuni degli articoli pubblicati nello scorso anno accademico sul blog del Cua, che riuscissero almeno in parte a restituire un quadro più o meno completo dei fronti di lotta con i quali si sono confrontati e si dovranno confrontare anche in futuro gli studenti dell’Unipi: Dall’emergenza abitativa studentesca, con affitti da rapina e borse di studio sempre più irraggiungibili, speculazioni sulla pelle degli studenti, riorganizzazione dei dipartimenti e sfruttamento negli stage e tirocini non pagati… In questo anno abbiamo messo a verifica come le lotte ci permettono di strappare terreno al processo di impoverimento dell’università, di speculazione sulle vite e sui bisogni degli studenti, alla svalutazione delle competenze e conoscenze che acquisiamo a caro prezzo. Meritiamo di più iniziamo a lottare! Collettivo Universitario Autonomo Aula Master

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CUA

UN ANNO DI LOTTE

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Pisa: niente risposte dalla CUT. Studenti bloccano i lungarni – 21 ottobre

Oggi, dopo il rinvio del 15 ottobre, la Conferenza Università e Territorio si è riunita a Palazzo Gambacorti. Quest'organo interlocutorio che riunisce sindaco, diritto allo studio e rettori dei tre atenei cittadini ha dimostrato di essere il teatro perfetto per la spartizione del patrimonio pubblico cittadino. Presenti alla conferenza per un'audizione conquistata a seguito di mesi di mobilitazione anche studenti dello studentato occupato Spot.

Nel corso della conferenza la discussione sull'armonizzazione delle politiche di investimento dei soggetti partecipanti si è sviluppata secondo due direzioni: da un lato le esigenze dei due grandi atenei d'eccellenza – Scuola Normale Superiore e Scuola Sant'Anna – preoccupate di reperire strutture adeguate per i propri allievi (foresterie, aule, studentati), dall'altro lato il tentativo maldestro del DSU di giustificare la cronica insufficienza del welfare studentesco con misure tappabuchi. A pochi giorni dalle uscite delle graduatorie delle borse di studio l'incapacità di garantire un futuro a tanti studenti diventa drammatica emergenza. Nessuna risposta viene fornita e migliaia di studenti esclusi si troveranno a dover resistere nella giungla degli affitti e del mercato del lavoro precario in città. Dei 1523 posti letto complessivi, 1112 ospitano studenti che hanno confermato la borsa di studio. Dalle nuove graduatorie gli idonei risultano 3064, questo significa che più di 1500 studenti idonei di posto alloggio che non vedranno mai la casa dello studente e che saranno costretti a indebitarsi o a rinunciare a studiare, o peggio a tornare a casa.

Tra progetti mai nati come la costruzione della residenza San Cataldo e la sempre rinviata ristrutturazione della residenza Paradisa, le carenze del DSU accrescono il mercato degli affitti continuando, soprattutto in questa fase di crisi, a saccheggiare risorse e possibilità a una fetta sempre più grande di proletariato giovanile in formazione. Nel frattempo, le soluzioni indicate a partire dall'esperienza dello studentato occupato Spot che ha sottratto un'immobile dell'università di Pisa ai piani di alienazione, sono state ignorate dai poteri forti presenti alla CUT che invece hanno utilizzato questa sede per avanzare ipotesi di ulteriori spartizioni tra Scuola Sant’Anna e Scuola Normale dei beni pubblici come l'albergo di Santa Croce in Fossabanda, lasciando

eventuali briciole al DSU. Questo immediatamente si presterebbe a ospitare oltre 250 studenti beneficiari di borsa di studio ma le politiche abitative per gli studenti in questa città continuano a privilegiare il diritto per pochi secondo un modello di formazione d'eccellenza e l'esclusione per i più.

Abbandonata la CUT gli occupanti di Spot si sono uniti al presidio degli studenti e studentesse esclusi dal diritto allo studio pisano riunitisi davanti a Palazzo Gambacorti. Questi dal 15 ottobre hanno iniziato a organizzarsi per opporsi alla svendita del patrimonio pubblico e tramite Spot costruire nuove soluzioni per il diritto all'abitare. Il presidio si è poi spostato in corteo bloccando i lungarni. Raggiunto il lungarno Sonnino gli studenti hanno individuando l'ex convento delle Benedettine come uno degli stabili che è necessario destinare all'emergenza abitativa studentesca. Una porzione del convento è infatti stata acquistata dall'ateneo pisano dal grande gruppo immobiliarista Madonna, per costruire una foresteria di lusso per visiting professor. Il “modello d'eccellenza” perseguito a imitazione dei grandi brand anglosassoni come Harvard e Cambridge, atenei dotati appunto di foresterie per i docenti, indirizza le risorse in investimenti contrari alle esigenze della fetta maggioritaria della popolazione studentesca stritolata tra affitti e precariato.

Questa di oggi costituisce una ulteriore tappa di una mobilitazione contro le politiche di austerità in campo universitario, per ricomporre - a partire dall'esperienza dello studentato autogestito SPOT - il frammentato mondo degli esclusi delle borse di studio e che vuole organizzarsi per bloccare i piani di alienazione del patrimonio pubblico.

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Su cosa lo basano il merito se non ci danno neanche l'opportunità di studiare? interviste a Simone e Stefania – 7 novembre

Ho iniziato a realizzare che lo studio è un lusso... intervista a Simone

Qual è stata la tua esperienza a Pisa e col DSU?

"Ho fatto la domanda on-line quest'estate. Poi sono venuto a Pisa verso metà settembre, mi ha ospitato mio fratello, che è ospite dalla sua ragazza. Stiamo in tre in una stanza. Dopo un mese qui sono uscite le graduatorie, il 15 quelle della borsa di studio: mi sono rincuorato perché c'ero. Il16 sono uscite quelle degli alloggi, e ho avuto qualche difficoltà a capirle: c'è scritto IDONEO, quindi ti illudi di avere la casa, ma non c'è scritto nulla sull'assegnazione. Parlando con amici intuisco che forse non l'avrei presa a breve, quindi il giorno dopo vado a chiedere informazioni all'ufficio del DSU.

Lì, in tutta tranquillità mi dicono che non si sa quando avrò l'alloggio e mi consigliano di andare in affitto o di tornare a casa in Sicilia. A questo punto ho iniziato a realizzare che lo studio è un lusso, che non è proprio una cosa per tutti, e se ci vuoi accedere ti devi indebitare, non tu personalmente, la tua famiglia. Creando così dei sensi di colpa pesantissimi, ti fanno pensare se non sia veramente il caso ti tornartene a casa e sperare di trovare qualche lavoro, per poi un giorno riuscire ad andartene di casa. Un'altra promessa illusoria....

Decido di rimanere qui a Pisa, e inizio a cercare case, ne ho già visto più di trenta: le condizioni degli edifici sono pessime e i prezzi troppo alti, 400€per una singola (infatti penso cercherò una doppia). Il DSU ti dovrebbe almeno dare una mano, una lista di case tra cui scegliere, dato che è una loro mancanza. Invece ti propongono questo fantomatico “rimborso fitto casa”, senza neanche darti coordinate più precise “perché non abbiamo fatto ancora la riunione, la dirigente non l'ha indetta, gli altri anni si faceva così”; il bando è aperto ma non si capiscono bene le condizioni. Ci dovrebbero essere 160€ al mese, ma non si capisce nulla. I padroni di casa dichiarano sempre meno di quello che paghi e non si capisce se questo influirà sul rimborso dell'affitto o se la quota è standard. Rimane poi il problema del contratto, perché non sai mai quando ti chiamano per l'alloggio. La maggior parte dei

colleghi che ho conosciuto hanno perso la caparra per questo motivo.

Sembra ovvio che questa totale insufficienza di organizzazione sia data dal fatto che devono dirti che ci sono pochi soldi e poche case, quindi cercano di fare il meglio che possono ma nonostante l'impegno non ci riescono. Invece non c'è nulla di vero, vengo a sapere che ci sono moltissimi immobili in vendita, e per quale motivo li dovrebbero vendere se ci sono 1500 studenti senza casa? Perché non gliene frega nulla di darci una casa, vogliono solo far fruttare i loro soldi (che poi sono nostri).

Nonostante tutto rimango in questa città, e cercherò di studiare aldilà degli impedimenti e dello stress che mi sono piombati addosso. Perché tutte queste cose che mi sono cadute sopra non sono mie, nonostante cerchino di farti credere il contrario. Mia è la volontà e la testardaggine di non tornare a casa e di farci forza a vicenda per trovare delle risposte a questa situazione.

Andrò l'8 a Praticelli a dire tutto questo ai dirigenti DSU, che cercano sempre di mostrarsi per quello che non sono."

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Su cosa lo basano il merito se non ci danno neanche l'opportunità di studiare? intervista a Stefania

"Sono arrivata Pisa il primo settembre, ospite da parenti, grazie ai quali non sono finita sotto un ponte. Non ho cercato casa perché ero convinta di prendere l'alloggio.Sono dovuta venire così presto per fare i test d'ingresso, qui ho avuto il primo scontro con il sistema universitario: un’esclusione totale e senza nessuna motivazione se non il numero chiuso; molte persone che vorrebbero studiare davvero quella disciplina non entrano, ed altre a cui neanche interessa invece sì. Non ho passato i test, le due soluzioni che avevo erano una facoltà a numero aperto o una con i “debiti”, che poi sono solo una declinazione del numero chiuso perché non puoi dare gli esami, però in più paghi anche la prima rata!

Ho aspettato il 15ottobre per controllare le graduatorie del DSU, avendo un ISEE di circa 6000€ pensavo di rientrare subito negli alloggi; invece non è stato così perché sono state collocate solo 200 matricole tra cui rientravano anche alcuni stranieri con l'ISEE più alto del mio. Questa è una mossa per creare divisioni e alcune volte purtroppo anche razzismo. Io non ce l'ho con loro ma col DSU.

Sono risulta idonea, mai posti non ci sono, vado allo sportello e sanno rispondermi solo: “hai molti davanti, noi non ci possiamo fare nulla, magari a settembre prossimo avrai la casa, tu comunque guarda lo scorrimento delle graduatorie. Nel frattempo vai in affitto, ti fai fare il contratto richiedi il rimborso fitto casa e ti diamo 160€ al mese”. Ma il 160€ te li danno tutti insieme chissà quando...e fare un contratto non è una cosa così semplice e lineare come te la propongono gli impiegati del DSU: i padroni di casa ti registrano solo la metà dell'importo che paghi, le caparre dobbiamo darle sulla fiducia (sapendo che non le rivedremo mai, perché ci viene chiesto il preavviso di 6 mesi, e le graduatorie del DSU scorrono di settimana in settimana). Inoltre il contratto che ci propongono è quello a cedolare secca (4 anni con preavviso si 6 mesi per lasciare la casa), quello di un anno per studenti non lo fa praticamente nessuno perché i padroni di casa ci perdono a cambiare inquilini ogni anno.

Ho deciso di chiedere un aiuto ai miei genitori, sto cercando una casa che costi poco (se ne trovano solo in estrema periferia o in centro che cadono a pezzi) ma resto qui perché voglio studiare e non è colpa mia se non ho le possibilità economiche per farlo. Non gliela darò vinta, perché loro vogliono che te ne vai. Mi sono sentita disperata, non sapevo cosa fare: tornare a casa o far fare alla mia famiglia degli enormi sacrifici, farla indebitare?

Avevo pensato ad un'esperienza bella, avevo controllato tutti i siti (dell’università, del DSU) e tutto sembrava organizzato, funzionale, attrattivo. Poi sono arrivata qui e non c'era niente di vero! È incredibile che questa università possa essere nelle classifiche mondiali di ranking! I posti alloggi non ci sono, e non lo possono dire agli studenti perché altrimenti si incazzerebbero. L'università è uno schifo, una rincorsa di crediti per non dover rendere la quota della borsa, dei pasti, dell'alloggio (per chi ce l'ha). È un'ansia e uno stress in cui si alimenta solo la gara e la divisione tra studenti anziché la collaborazione.

È evidente che studiare è un lusso per pochi che possono pagare affitto e tasse. Uno vorrebbe studiare ma non te lo permettono!

Vedo anche i miei colleghi che fanno quello che ti dicono al DSU: fare sacrifici, aspettare, è sempre meglio di nulla; si accontentano. Ma per cosa? Quando avrai quello che ti promettono?

L' 8 novembre andrò all'incontro che si terrà a Praticelli tra il DSU e gli assegnatari del posto alloggio, anche se non lo sono, per dire: “oh, fate vedere anche a me com'è bella questa casa dello studente! Perché chissà quando ci starò!”.

Andro per farlo sapere agli altri studenti qual è la situazione: che senso ha continuare ad aspettare, a sperare e ad avere paura di incazzarti? La paura è di perdere qualcosa che in realtà non hai già! Non ha senso continuare ad accontentarsi di nulla quando poi vengo a sapere che il DSU ha un sacco di immobili vuoti e non gliene frega nulla di fare qualcosa permetterci gli studenti dentro! E voglio farlo sapere anche a loro che non possono fare finta di nulla. I soldi li hanno ma li vogliono usare per fare affari e interessi che non sono i nostri, allora se ne assumano le responsabilità davanti a tutti!

Non me ne frega più nulla delle parole al vento del DSU, cercano di farci sentire in colpa, come se non ce lo fossimo meritati di stare qui. È dalle elementari che ti inculcano questa cosa del merito, ma poi vedo che è solo un meccanismo di divisione. Perché su cosa lo basano il merito se non ci danno neanche l'opportunità di studiare?"

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Assemblea d'ateneo occupa verso il #15N – 12 novembre

Questa mattina si sono trovati studentesse e studenti dell'ateneo di Pisa in un'assemblea al Polo Carmignani per discutere delle problematiche che in questo periodo e da diverso tempo affliggono la nostra università e impoveriscono il nostro welfare. Un centinaio di studenti e studentesse hanno messo al centro della discussione il problema della ricchezza sociale, della sua distribuzione e di come organizzarsi per riappropriarsene contro le politiche della governance cittadina.

Già l'occupazione di ieri mattina dell'albergo, attualmente di proprietà del comune, di Santa Croce in Fossabanda ha posto nuovamento il problema della destinazione del patrimonio immobiliare pubblico. Questo è stato un primo gesto indice della necessità di riappropriazione di spazi pubblici che altrimenti sarebbero svenduti a speculatori privati o ingeriti in piani di alienazione per il finanziamento di opere pubbliche.

In particolare questo stabile sarebbe capace di ospitare centinaia di studenti e una mensa per quei poli didattici segregati in zona Piagge.

Più volte era stato chiesto in sede istituzionale che fosse concesso Fossabanda al DSU, ma le richieste non sono mai state accolte. Anche ieri lo stesso muro di gomma è stato eretto dalle istituzioni.

Ma dall'assemblea di oggi si è voluto dare un forte segnale di attacco alle scelte politiche di chi ci espropria delle nostre risorse pubbliche. I partecipanti sono usciti in un corteo che ha percorso le strade della città, passando attraverso il Polo Fibonacci, un simbolo della carenza di fondi che dallo Stato vengono concessi agli studi, e muovendosi verso lo studentato mai aperto di via Da Buti, rivendicando passo dopo passo la legittimità delle lotte e la carenza di interventi da parte di chi, istituito, dovrebbe garantire il diritto allo studio.

Il corteo ha occupato lo stabile con l'intenzione di tenerlo per l'intera giornata di oggi e renderlo la sede dell'assemblea cittadina indetta per stasera alle 21.30 verso la mobilitazione del 15/11 p.v. per una nuova politica di welfare studentesco e sociale.

Leggi online:

Cosa sono i ranking dell’università? (9 settembre)

Le austere graduatorie del DSU (15 ottobre)

Il rettore fa lo gnorri. Lo studentato Spot sotto sgombero (30 ottobre)

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Studenti conquistano la mostra di Warhol – 17 dicembre

"Le masse vogliono apparire anticonformiste: ciò significa che l'anticonformismo deve essere prodotto per le masse."

A. Warhol

Questo pomeriggio a Pisa una cinquantina tra studenti universitari e del liceo artistico, si sono presentati davanti al Palazzo Blu, in cui è esposta la mostra "Andy Warhol. Una storia americana", quinto appuntamento del ciclo di mostre dedicate ai maestri del '900. Questa struttura ospita la gran parte delle mostre che arrivano in città ed è oggetto di vanto culturale da parte del comune, che ne fa attrazione di richiamo per il turismo cittadino.

La legittima pretesa era di poter vedere la mostra ad un prezzo accessibile per le tasche di uno studente, già vessato da un'enormità di altre spese per potersi mantenere in città e continuare gli studi. Il contributo proposto era di 2 euro (mentre il prezzo "agevolato" per gli studenti era fissato a 8,50 euro, rispetto ai 10 del biglietto intero), una somma già eccessiva se confrontata ai prezzi normali degli ingressi alle mostre nelle altre città europee. Questa cifra è sembrata inammissibile per i dirigenti della mostra.

Alle richieste dei ragazzi le reazioni sono state un no secco, la chiusura delle porte e il blocco fisico di ogni ingresso. Il dialogo è stato lungo e argomentato, ma le ragioni non sono state ascoltate, cosicché all'ennesimo rifiuto gli aspiranti visitatori

hanno preso l'iniziativa decidendo di entrare, nonostante la frapposizione delle guardie del museo. Conquistato l'ingresso gli studenti si sono goduti tranquillamente l'esposizione delle principali opere del Maestro americano, tra Marilyn e Mao passando per la Campbell's Soup.

Già questa mattina alcune classi del liceo artistico, oggi entrato in co-gestione, si erano recate in visita al Palazzo. Non tutti gli studenti avevano la somma necessaria per l'acquisto del biglietto, quindi i professori hanno messo di tasca loro una parte della quota mancante, non riuscendo però a farli entrare tutti: oggi pomeriggio quegli studenti sono potuti entrare.

Il comune e l'università di Pisa propongono un'immagine dorata della vita in città tra vetrine colorate, scalate nel ranking universitario internazionale e candidature a capitale europea della cultura. Al contrario la realtà parla di periferie abbandonate a loro stesse, scuole che crollano, didattica e servizi praticamente inesistenti.

Ci siamo definitivamente stancati di una cultura-merce, che oltretutto è inaccessibile ai più. L'azione di oggi è solo una tappa di un percorso molto più ampio che è iniziato sabato 14 dicembre, con l'incursione in un supermercato da parte di precari e disoccupati dei quartieri popolari, e che continuerà con la mobilitazione studentesca e del precariato giovanile lanciata per il 20 dicembre. È ormai chiaro che anche la cultura, come la casa, il pane e la dignità, è un diritto che si conquista a spinta.

Vogliamo tutto, il pane e anche le rose!

Leggi Online:

Irruzione al Pisa Book Festival! Reclamiamo Reddito (17 novembre)

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Tirocini infermieristica: Giovani sì? No, grazie. - 25 gennaio

Il 2014 si apre con una mobilitazione per gli studenti di infermieristica della Toscana. Come negli scorsi anni, l'oggetto della protesta sono stati gli assegni di studio per infermieri. Quest'anno gli assegni sono stati messi seriamente in discussione dal tentativo della regione di retribuire solo il terzo anno di tirocinio attraverso il progetto GiovaniSì.

La Regione avrebbe voluto usare il vecchio metodo degli assegni solo per chi aveva svolto il terzo anno nell'anno accademico 2012/13 e iniziare questo nuovo progetto di retribuzione dei tirocini curriculari attraverso il progetto

GiovaniSì con gli studenti del terzo anno in corso: tutti gli altri a bocca asciutta.

E' utile approfondire il progetto per essere chiari: la retribuzione dei tirocini curricolari è una novità di quest'anno ed è seguita ad accordi con le singole università. Il progetto prevede la retribuzione dei tirocini che superino le 300 ore e che siano svolti al terzo anno di corso con 500 euro mensili di cui 300 sono a carico della regione e 200 a carico dell'azienda che prede a lavorare il tirocinante. Si tratta di una misura che apparentemente estende a tutti il diritto ad una retribuzione per il tirocinio, ma che in realtà tende a limitare la retribuzione del tirocinio di Infermieristica al solo terzo anno. Innanzitutto il contributo è a discrezione dell'azienda, non è obbligatorio, e deve essere richiesto dall'azienda alla Regione, prima che il tirocinante inizi a lavorare. Il contributo è soggetto a limiti di età, può essere richiesto per chi ha tra 18 e 32 anni. Il tirocinante non deve usufruire di una borsa di studio e non deve aver avuto precedenti rapporti con l'azienda ospitante. E potremmo continuare ancora...

Dopo le ormai tradizionali lettere collettive e singole che intasavano le caselle mail dei componenti della giunta e del consiglio regionale toscano, gli studenti si sono resi conto del piano e sono andati a chiedere spiegazione durante una seduta del Consiglio. Sono stati ricevuti in fretta e furia da una delegazione di tre consiglieri che, estranei alla faccenda, hanno creduto alle parole di chi dall'altro capo del telefono assicurava che sarebbero arrivati gli assegni come tutti gli anni e pregava di tranquillizzare gli studenti venuti da Pisa. Ma in un'intervista uscita il giorno dopo la vicepresidentessa Targetti dichiarava che gli assegni erano un modo di incentivare gli studenti ad iscriversi in Toscana e non essendoci più l'esigenza, è venuta meno la loro ragion d'essere.

Ormai sul piede di guerra gli studenti sono stati contattati dalla Regione per un incontro che si è svolto il 10 gennaio a palazzo Strozzi in piazza Duomo. All'incontro si sono presentate un centinaio di persone (di cui 50 provenienti da Pisa) e ad attenderle come l'anno scorso c'era la polizia in antisommossa. I manifestanti arrivati a Firenze hanno improvvisato un presidio sotto il palazzo con slogan come “Tirocinante sfruttato dev'essere pagato”, mentre una delegazione è salita ad incontrare la segreteria della presidenza e della vicepresidenza ed alcuni rappresentanti del progetto GiovaniSì. Dall'incontro è venuto fuori che tutte le criticità individuate dagli studenti riguardo al progetto, le varie limitazioni di accesso, o erano errori di interpretazione dati da ambiguità con cui era scritta la delibera, o sarebbero stati cambiati in quanto ritenuti ingiusti anche dai presenti (come il limite di età!). E per la discrezionalità dell'azienda (che rimane un problema per le altre facoltà) per Infermieristica il problema non sussiste in quanto si tratta di un rapporto tra Azienda Ospedaliera a direzione regionale e Regione... insomma tutto in famiglia. Sempre dall'incontro è stato garantito che sarebbero stati pagati gli assegni dell'anno accademico 2012/13 per tutti e tre gli anni di corso. Inoltre da quest'anno sarebbe partito il pagamento per i primi due anni di corso (non coperti dal progetto GiovaniSì), con una forma analoga a quella degli assegni che c'erano fino ad ora.

Il 20 gennaio sono stati erogati i fondi per gli assegni degli anni passati, senza scordarsi di sottolineare che inizialmente avrebbero voluto finanziare solo il terzo anno; nessuna traccia delle altre promesse. Nessuna risposta alle comunicazioni. Gli infermieri si riorganizzano.

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Perché la nostra mensa (NON) è la migliore in Italia- 27 febbraio

Non sono nuovi i problemi alle mense del DSU. Poco più di un anno fa la mensa è stata invasa per giorni dai vassoi sporchi perché il nuovo appalto a ribasso accettato dal DSU aveva ridotto del 50% il monte ore complessivo del lavoro degli operai delle pulizie. In questi giorni la riorganizzazione del lavoro è stata definitivamente assunta a piene mani dal direttore Vicini che già negli anni precedenti aveva dato prova di lungimiranza, per le sue tasche. Il suo obbiettivo è sempre stato quello di ridurre il numero di lavoratori mantenendo il carico di lavoro immutato e anzi aprendo nuovi servizi, cioè aumentando la produttività. Grazie a questi “aumenti”, che in realtà non sono altro che sfruttamento dei lavoratori, il Vicini e la dirigenza del DSU “guadagnano” dei lauti premi di

produttività, nell'ordine delle varie decine di migliaia di euro.

Ora che la situazione è diventata ingestibile, data la perenne carenza di organico e l'aumento dell'affluenza al servizio dovuto all'inizio delle lezioni, il direttore ha deciso di togliere dei lavoratori dai banchi di distribuzione per mandarli nelle cucine (senza nessuna preparazione professionale) e utilizzare come carta jolly i lavoratori della Colser - cooperativa che si occupa delle pulizie delle stoviglie e degli interni della mensa- che dovrebbero all'occorrenza distribuire i pasti o i cestini, pulire le stoviglie e la struttura.

Questa riorganizzazione del lavoro progettata dal Vicini ha come obbiettivo l'esternalizzazione di alcuni settori del servizio, così da poter risparmiare ulteriormente sul costo del lavoro. Gli operai delle cooperative guadagnano raramente più di 4-5 € netti all'ora per un carico di lavoro esorbitante. I lavoratori ARDSU hanno indetto lo stato di agitazione in seguito all'assemblea del 24 febbraio e data la carenza di organico sospenderanno i doppi turni e i cambi turno non programmati. Viene poi denunciato l'utilizzo da parte dell'Azienda della ditta Colser in sostituzione del personale ARDSU esulando gli ambiti previsti dal capitolato d'appalto e operando così l'intermediazione di manodopera espressamente vietata dalla legge. Le file e i disagi per gli studenti aumenteranno ulteriormente quando già ora si aspetta fino ad un'ora per poter prendere il pasto. La differenziazione dell'offerta alimentare proposta dalla mensa ha fatto aumentare ulteriormente le file palesando anche agli studenti la carenza di organico presente nella struttura.

In questi giorni apprendiamo dai giornali del suicidio di una donna a Cascina, schiacciata dal peso di uno sfratto, lavoratrice nella cooperativa di pulizie della mensa; un monte ore settimanale bassissimo e uno stipendio da miseria non le permettevano più di pagare le spese e l'affitto. Questo fa incazzare ancora di più studenti e lavoratori.

Studenti costretti a pagare per file chilometriche e pasti da ingurgitare senza sosta, lavoratori sottoposti a ritmi e paghe da schiavi per far ingrassare i dirigenti. Coloro che dall'alto giocano con le vite di chi sta sotto per continuare a guadagnare e speculare impunemente.

Leggi online:

Riorganizzazione a Filologia e Economia: quei docenti a cui fa comodo incasinarci la vita (16 marzo)

Basta residenze vuote e patrimonio in svendita (24 marzo)

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Lavoro gratuito per una laurea in Beni Culturali pagata a caro prezzo – 31 marzo

A inizio febbraio è stato siglato in Prefettura un accordo che intende delegare ai volontari dell'associazione Amici dei Musei di Pisa il monitoraggio dei Beni Artistici di questa città, oltre a interventi di «minuta manutenzione» (!?). Il pubblico scarica le proprie responsabilità su lavoro non retribuito e non qualificato. D'altra parte l'odioso tentativo di far lavorare gratis o gravemente sottopagati sembra caratterizzare la governance cittadina come quella nazionale: ne sono esempi la proposta di Renzi di impiegare cassaintegrati nelle biblioteche, o quella di Marino di impiegare senza-tetto, o la grande presa per il culo dell'Expo 2015, o ancora la vergognosa istituzionalizzazione del più bieco sfruttamento chiamata Job Act.

L'accordo assume tratti inquietanti: alla FIDAM (Federazione Italiana Degli Amici dei Musei) aderiscono 40mila volontari in tutta Italia. Una massificazione del modello proposto a Pisa significherebbe la completa

sostituzione degli operatori professionali stipendiati con forza-lavoro gratuita, svalutando il titolo di studio e le professionalità ad esso associate. Questa ipotesi approfondisce una tendenza che vede comprimere la redistribuzione reddituale nell'ambito dei servizi di competenza pubblica con il taglio delle risorse e l'imposizione del lavoro gratuito. Allo stesso tempo capacità e competenze, pagate a prezzo di duri sacrifici nell'affrontare gli studi, vengono disperse e bruciate, andando a configurare una bolla formativa destinata ad esplodere.

Nelle settimane precedenti studenti e docenti di Beni Culturali e altre associazioni operanti nel settore si sono incontrati nel dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere. Come legare quest'ulteriore tassello di un''università-truffa a un percorso di contrapposizione? Come riscattare e rivendicare un futuro per noi contro le politiche di esproprio dei governi dell'austerità?

Leggi Online:

ASSEMBLEA D'ATENEO: reddito e risorse contro l'università della crisi (5 novembre)

Sant'Anna e Normale: le mani sulla città (7 novembre)

Verso il #15N le lotte si organizzano, strappano e avanzano (14 novembre)

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#15n: assediata Fossabanda, occupato l’ex centro per l’impiego

Numerosi picchetti in differenti punti della città hanno dato inizio a questa importante data di mobilitazione; davanti alle scuole e alle facoltà fin dal mattino hanno cominciato a radunarsi gli studenti, mentre inquilini resistenti e moltissimi abitanti di Sant’Ermete presidiavano fin dalle prime luci dell’alba due appartamenti di famiglie sotto sfratto per morosità incolpevole.

Nel quartiere di Cisanello, Kabir, lavoratore precario delle pulizie nei magazzini, e sua moglie aspettavano la visita dell’ufficiale giudiziario. Quest’oggi la forza pubblica, che negli ultimi due accessi aveva provato ad eseguire lo sfratto (incontrando una resistenza determinata, per la quale cinque persone si sono viste recapitare una denuncia) non era presente; troppo impegnata a gestire l’andamento della manifestazione ed a presidiare gli eventuali obiettivi sensibili.

Nonostante dopo settimane di mobilitazione la situazione per questa famiglia sembrava essere arrivata ad uno sbocco, con la proposta strappata ai servizi sociali di un’assegnazione straordinaria di alloggio popolare, i proprietari e l’ufficiale giudiziario, evidentemente esasperati dal vedere continuamente violata la loro autorità, hanno provato a colpire i meccanismi di solidarietà e resistenza degli sfrattati. Per la prima volta un ufficiale giudiziario ha deciso di non comunicare alla famiglia la data del rinvio, provocando e minacciando con frasi del tipo: “Vediamo se riuscite a presidiare questa casa 24 ore al giorno, io torno quando mi pare e lo sbatto fuori!”

Una scena analoga si è verificata pochi minuti dopo nel quartiere Porta a Lucca, di fronte a casa di Tania, lavoratrice della mensa universitaria a cui sono state diminuite le ore e lo stipendio. Stesso ufficiale giudiziario, stessa reazione stizzita e nervosa di fronte alla determinazione del picchetto, stessa procedura, assolutamente irregolare, del rinvio senza comunicare la data. Evidentemente le mazzette e gli incentivi che alcuni ufficiali giudiziari intascano per accelerare le procedure di sfratto devono produrre risultati, e l’arroganza dei proprietari scavalca ampiamente non solo il diritto alla casa, ma anche i tentativi di mediazione dei servizi sociali, sempre più svuotati di qualsiasi funzione utile alla società.

Nonostante ciò è rimasto alto il morale tra i partecipanti ai picchetti, che dopo il secondo rinvio si sono affrettati a raggiungere il corteo degli studenti. Sia dalle scuole che dalle facoltà numerosi picchetti si sono infatti concentrati dal primo mattino. Gli universitari hanno raggiunto Logge dei Banchi da scienze, lettere, ingegneria e polo Piagge facendo maturare un ulteriore passaggio di mobilitazione in questo #15N dopo l’occupazione di Santa Croce in Fossabanda di lunedì e l’occupazione della residenza studentesca chiusa di via da Buti dopo l’assemblea d’Ateneo di martedì. Anche tra gli universitari il nodo della mancanza di reddito e della riappropriazione del patrimonio pubblico diventa motore di movimento e di ricomposizione politica e sociale.

Gli studenti medi, partendo dalle scuole, si sono concentrati in piazza Sant’Antonio. Da qui, contro il caro trasporti, il taglio delle corse e in solidarietà agli autisti in lotta contro i nuovi contratti, è stato contestato il Consorzio Toscano Trasporti. In piazza Vittorio Emanuele la sede della provincia è stata contestata per la mancata manutenzione di edifici scolastici fatiscenti. Il corteo degli studenti medi si è poi diretto verso Logge passando per Corso Italia dove sono stati segnalati diversi immobili del patrimonio pubblico nei piani di alienazione o, comunque, inutilizzati e non sfruttati per finalità sociali: l’ex-poste, Palazzo Mastiani e l’ex Banca d’Italia.

Sotto il palazzo del Comune si sono ricongiunti tutti i partecipanti a questa giornata di lotta; emblematico l’atteggiamento di una giunta sempre più chiusa nella propria autoreferenzialità, e nei tentativi di ignorare o criminalizzare le rivendicazioni e le istanze sociali, rappresentato dalla massiccia presenza di agenti in anti-sommossa di fronte al portone blindato del palazzo. Gli abitanti di Sant’Ermete hanno rinnovato il loro ultimatum alle istituzioni per la partecipazione al tavolo di confronto convocato dal basso che si terrà allo Spazio Popolare Occupato, per discutere dei tempi e dei modi delle assegnazioni degli alloggi popolari sfitti nel quartiere; gli studenti hanno rispedito al mittente le menzogne costruite ad arte dal mezzo di informazione della giunta dell’amministrazione, PisaInformaFlash, riguardo ai presunti danni arrecati durante l’occupazione della casa dello studente di via da Buti.

Il corteo da Logge è ripartito forte di diverse centinaia di partecipanti, attraversando il ponte di Mezzo e bloccando il Lungarno Mediceo. Davanti alla Prefettura il corteo ha sostato per contestare le politiche di austerità in votazione alle camere in questi giorni. Imboccata via del Borghetto con determinazione si è avviato verso l’obbiettivo dichiarato fin dal lancio della manifestazione: l’albergo comunale di Santa Croce in Fossabanda, stabile diventato simbolo delle lotte per la riappropriazione del patrimonio pubblico cittadino. Qui il corteo ha circondato l’edificio, protetto dagli agenti di polizia. Rilanciando sulla parola d’ordine della riappropriazione il corteo è ripartito in direzione Cisanello, dove, con passo sostenuto, è stata raggiunta e occupata fino a sera l’ex sede del centro per l’impiego della provincia, abbandonata da un anno.

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Ancora una volta uno spazio è stato riaperto dalle lotte per organizzare nuovi avanzamenti, individuare nuovi obbiettivi, aprire nuove contraddizioni sul terreno della riappropriazione del patrimonio pubblico. L’assemblea pubblica che si è tenuta nello spazio occupato ha posto infatti in agenda, a partire dall’incontro e dal diverso sviluppo delle lotte cittadine, il problema della costruzione di una piattaforma sociale attorno alla quale, in un processo di crescita del conflitto, rilanciare un progetto collettivo di riappropriazione di reddito e dignità per chi inizia a opporsi ai responsabili delle politiche di austerità.

Futuri medici non si arrendono a un futuro sprecato – 3 aprile

Di cosa ci parla la mobilitazione contro la riduzione delle specializzazioni

Alla vigilia delle immatricolazioni una delle facoltà più ambite è certamente quella di Medicina e Chirurgia, inizio di un percorso ampiamente pubblicizzato come sicuro ascensore sociale per chi è disposto a impegnarsi nella agguerrita competizione dei test di ingresso, in ritmi di studio e lavoro frenetici per periodi che facilmente vanno oltre i dieci anni, magari indebitandosi per pagare i costi sempre crescenti dello studio universitario (affitto, libri, trasporti etc.).

Tuttavia questo senso comune cade a pezzi di fronte alla realtà dei fatti: a causa della riduzione degli accessi alla specializzazione dei 10mila laureati annui meno della metà potranno accedere alle scuole di specializzazione e quindi ambire a lavorare nel SSN

in un ospedale o come medico di medicina generale. Per tutti gli altri la prospettiva è quella di rimanere in un limbo più o meno lungo fatto di precarietà e contratti a termine o a chiamata.

Per questa ragione la Facoltà di Medicina a Pisa in questi giorni vede una attivazione anomala. Diverse decine di studenti e neolaureati sono scesi martedì in piazza per contestare la riduzione delle specializzazioni ed in particolare le scelte politiche che stanno dietro a questa riduzione.

Questi tagli alla formazione medica specialistica arrivano in un contesto in cui decine di migliaia di medici della vecchia generazione andranno in pensione, ma non saranno rimpiazzati per la mancanza di medici specializzati a causa della mancanza di posti e borse alle scuole di specializzazione. Tutto questo determinerà nel corso di alcuni anni una massiccia carenza di medici, preludio nei fatti ad uno scadimento di tutto il comparto sanitario pubblico, in nome di una "compressione della spesa pubblica" imposta dalle politiche di austerità dei recenti governi.

Questa aggressione generalizzata al diritto alla salute di tutti si traduce sulla vita dei futuri medici in una sconcertante e illogica programmazione dello spreco della formazione universitaria, in barba anche a qualsiasi logica meritocratica. Superare lo scoglio del numero chiuso non garantisce più alcuna certezza. Ecco alcuni dati: per il 2014 sono previsti circa 9000 accessi alle facoltà di medicina ma solo 3500 specializzazioni (qualche anno fa gli specializzandi arrivavano a 7000 su 10 mila accessi).

Analogamente a quanto già si verifica per il settore umanistico e il collocamento dei futuri insegnanti, anche per l'area medica lo Stato, rigettando la possibilità di riassorbire una forza lavoro altamente qualificata nel settore pubblico, configura l'università come una grossa macchina contro di noi funzionale a svalutare competenze costate care: reddito, sacrifici, impegno.

Queste scelte politiche non rispondono alla dura necessità imposta da una domanda limitata. La domanda sociale di salute è anzi per definizione illimitata ma le risorse finanziarie vengono impiegate in direzione diametralmente opposta: dai 400 milioni di euro di finanziamento ai policlinici privati della legge di stabilità ai miliardi di euro per i caccia F35 o per il TAV Torino-Lione. Si tratta dunque di dar forza a questa domanda contrastando la distruzione delle capacità per le quali ci formiamo. A partire dalla mobilitazione di questi giorni a Medicina e dalla partecipata manifestazione di martedì si tratta di allargare, magari già dall'assemblea d'Ateneo del 10 di aprile, una lotta per il riscatto di capacità e professionalità ad altri pezzi di università.

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Assemblea d'Ateneo: le risorse ci sono! Occupato il residence Le Benedettine – 10 aprile

Stamattina si è svolta al polo Carmignani l’assemblea d'Ateneo. Lo stesso giorno in cui sono stati inaugurati dall'Università, con grande sfarzo, gli Open Day della ricerca, gli studenti hanno chiarito che i temi d'interesse sono altri: il diritto allo studio, la didattica dequalificata e il mercato del lavoro precarizzato.

Sul versante del diritto allo studio è stata ribadita la drammatica assenza di posti alloggio per gli studenti beneficiari. I posti certo non mancano, ma la collaborazione tra le diverse istituzioni cittadine – Comune, Università, Diritto allo studio – non è indirizzata al soddisfare i bisogni degli studenti. Per questo motivo è stato lanciato un ultimatum sull'apertura delle residenze di via Da Buti, Santa Croce in Fossabanda e Paradisa.

Per quanto riguarda la didattica i fronti sono molteplici: dallo smantellamento delle lauree magistrali nel dipartimento di Filologia, agli sbarramenti per l'accesso alle lauree specialistiche di economia e medicina. Emblematico è il caso di beni culturali: un accordo inter-istituzionale si pronuncia sulla “tutela volontaria” per la cura dei beni artistici della città. Questo sempre più concretizza un futuro di lavoro precario e gratuito, sulla scia del Job Act e sul modello Expo 2015. In tutti questi processi di ristrutturazione all'interno dell'Università è evidente quale sia il ruolo svolto dai docenti e dai consigli di dipartimento, perciò gli studenti hanno preteso che entro una settimana il Rettore Augello, l'amministrazione centrale dell'università e la dirigenza dei dipartimenti si pronuncino su confronto pubblico e aperto con gli studenti.

Conclusasi l'assemblea gli studenti si sono diretti all'ex convento delle Benedettine e lo hanno occupato. Questo immobile è stato adibito a residenza per i visiting professor dall'Università, con un investimento di 9 milioni di euro, ma non è mai stato aperto. La richiesta è che venga dato agli studenti in emergenza abitativa.

L'assemblea ha rilanciato sulla data di mobilitazione contro le politiche di austerità di sabato 12 aprile a Lucca, dove si svolgerà il festival del volontariato, con la presenta di Renzi e a Roma per la manifestazione dei movimenti sociali contro austerity e precarietà.

Di seguito il documento conclusivo dell'assemblea, consegnato nel pomeriggio all'università e al diritto allo studio:

Documento dell’assemblea d’ateneo del 10 aprile

Oggi, giovedì 10 aprile, si è riunita al Polo Carmignani un’assemblea d’ateneo degli studenti e studentesse dell’università di Pisa incentrata sui temi del diritto allo studio, della didattica e del mercato del lavoro. Si sono susseguiti nel corso dell’assemblea molti interventi da studenti provenienti dai vari dipartimenti dell’ateneo che hanno segnalato il contesto di precarizzazione del proprio percorso di studi e di quanto ci aspetta al di fuori dell’Università. Le recenti notizie dell’accordo inter-istituzionale sulla “tutela volontaria” per la cura dei beni artistici della città (promosso dalla Prefettura e sottoscritto tra gli altri da Sovrintendenza, Università di Pisa e Comune di Pisa), della diminuzione dei posti e delle borse per la specializzazione di Medicina e dell’incremento della precarietà e della ricattabilità del lavoro insito nel Job Act del governo Renzi hanno portato l’assemblea a lanciare le date di mobilitazione contro le politiche di austerità e di smantellamento dei diritti sociali del fine settimana: 11 e 12 aprile saremo a Lucca per contestare la kermesse del governo al festival del volontariato e il 12 aprile a Roma per la manifestazione nazionale dei movimenti sociali contro austerity e precarietà.

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L’assemblea, inoltre, ha deciso di redigere questo documento rivendicativo nei confronti di Università e Diritto allo studio sui temi di competenza di queste istituzioni, ponendo scadenze precise per le necessarie risposte ai bisogni sociali sollevati.

Alloggi studenteschi: chiediamo tempi certi per l’apertura delle nuove residenze da tempo al centro di vari progetti che non ancora non hanno visto la luce. Pretendiamo che le istituzioni si assumano una responsabilità rispetto all’emergenza abitativa che colpisce gli studenti borsisti fuori sede: nonostante in autunno attraverso le mobilitazioni si siano aperti spazi di dibattito pubblico sul tema e di avanzamento sugli obiettivi, ad oggi non è stato aperto un solo alloggio in più rispetto a settembre. Questo significa che ancora uno studente avente diritto su due non riceve l’alloggio ed è costretto a pagare almeno 300€ di affitto al mese, rischiando fortemente di dover abbandonare gli studi. Vogliamo che le istituzioni, nel rispetto dei 1500 studenti a cui viene negato l’alloggio, nell’arco di una settimana da oggi indichino pubblicamente scadenze certe per l’apertura delle residenza. Ci riferiamo, in particolare, alla residenza di Via da Buti (inaugurata ben 4 volte e mai messa a disposizione degli studenti), all’ex-convento di Santa Croce in Fossabanda, sul quale non si hanno notizie circa la trattativa fra DSU e Comune per la concessione dell’immobile finalizzata a realizzare una mensa e uno studentato, e alla ex-casa dello studente di via Paradisa, per la quale esiste un accordo privato fra DSU e Inail ma si attendono ancora i progetti per la sua ristrutturazione. Tutte le istituzioni rappresentate nella CUT devono rispondere a questo problema sociale, attraverso una reale collaborazione in grado di valorizzare a fini sociali il patrimonio pubblico attualmente sottoutilizzato o lasciato sfitto. Le risorse per dare risposte concrete ci sono, ma le politiche di investimento adottate vanno evidentemente in un’altra direzione: risulta emblematica in questo quadro la vicenda dell’ex monastero delle Benedettine, acquisito dall’Università e destinato a foresteria di lusso per visiting professors per una cifra complessiva di 9 milioni di euro. Oggi abbiamo segnalato questo immobile con un’occupazione temporanea per denunciare queste scelte e per indicare un’altra strada: le Benedettine possono oggi rappresentare una soluzione per assegnare una camera gratuita agli studenti in graduatoria per il posto alloggio e che non lo riceveranno a causa della carenza di alloggi e per quanti non riescono a sostenere il costo dell’affitto. Chiediamo, infine, un censimento del patrimonio pubblico dell’Università e del DSU e il blocco dei piani di alienazione compreso l’immobile di Palazzo Feroci.

Didattica: gli effetti della riforma Gelmini e delle politiche sull’Università si stanno materializzando sull’organizzazione didattica del nostro ateneo, anche a causa di scelte che il corpo docente ha promosso nei vari consigli di dipartimento. Le conseguenze sono disastrose: insegnamenti anche fondamentali che tacciono, accorpamento o soppressione di curricula e corsi di laurea, cancellazione di appelli d’esame. La retorica sulla necessità di queste ristrutturazioni che rimanda al blocco del turn over e ai decreti ministeriali sulla valutazione individua una parte rilevante del problema, ma non elimina le responsabilità locali dei vertici dell’ateneo e del corpo docente. In particolare, il cosiddetto fabbisogno di docenti in determinati settori scientifico-disciplinari è spesso conseguenza di politiche di reclutamento di nuovi ricercatori

basato su logiche interamente clientelari e baronali, mentre le esigenze della didattica e degli studenti vengono ignorate sistematicamente. Pretendiamo che da qui a una settimana l’amministrazione centrale dell’ateneo e la dirigenza dei dipartimenti prenda parola su questi problemi e si impegni per un confronto pubblico con gli studenti. Questo ateneo deve chiarire definitivamente se intende investire sui servizi rivolti agli studenti e sulla qualità della didattica oppure se preferisce orientare la propria attenzione alle classifiche e ai ranking internazionali basati su criteri discutibili.

Studenti e studentesse dell’assemblea d’ateneo

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Autoriduciamo l'affitto alla casa dello studente – 8 maggio

Per chi perde la borsa di studio e si trova alloggiato presso le residenze del DSU è permesso restare in casa dello studente corrispondendo all'azienda la somma 165 euro il 10 di ogni mese. Il periodo di permanenza in affitto nelle case dello studente è limitato: dal 16 aprile al 15 ottobre.

La quota d'affitto richiesta dal DSU è fortemente rincarata negli ultimi anni e decisamente questa spesa non è sostenibile per studenti fino al 15 aprile riconosciuti dallo stesso DSU come privi di risorse materiali per sostenere gli studi.

Per questo da oggi lanciamo una campagna di autoriduzione dell'affitto alla casa dello studente. Da un giorno all'altro, per ragioni largamente addebitabili alle disfunzioni del nostro ateneo e per la mancanza di una copertura adeguata dei

servizi monetari del DSU che spesso ci costringe – sebbene borsisti – a cercare fonti di reddito supplementari, ci ritroviamo senza borsa di studio, catapultati nel mercato degli affitti ma con un percorso di studi che intendiamo portare a termine.

Per resistere e opporci all'ennesimo tentativo di espulsione dall'università che ci si para davanti, almeno fino al 15 ottobre, ci ridurremo il 10 di ogni mese la somma dell'affitto che dovremmo corrispondere al DSU, portandola al 20% della quota richiesta. Il DSU non può comportarsi come un affitta camere qualsiasi; pagheremo solo una somma sufficiente a coprire i costi delle utenze.

La soluzione alla nostra emergenza vuole denunciare le responsabilità del diritto allo studio. Il DSU di Pisa non può fare cassa sugli ex borsisti mentre per quest'anno per la prima volta studenti in attesa di posto alloggio non si sono visti assegnare entro l'anno accademico in corso la propria stanza. Le liste di assegnazione restano bloccate. Gli studenti aventi diritto al posto alloggio sono circa 2.600 di cui solo 1.587 ne prendono effettivamente possesso dell'alloggio. Noi che abbiamo perso la borsa di studio per aver prolungato i tempi di studio ci chiediamo se non sia il DSU per primo a non rispettare gli impegni nei confronti degli studenti.

Come già evidenziato nell'assemblea d'Ateneo del 10 aprile vogliamo porre rimedio alla situazione d'emergenza abitativa studentesca che affligge gli studenti dell'ateneo. La nostra autoriduzione è una prima misura che adottiamo a riguardo mettendoci assieme e lottando.

Con le mobilitazioni studentesche abbiamo costretto il DSU a intavolare una trattativa con il comune per l'utilizzo di Santa Croce in Fossabanda come residenza studentesca. Ma non può bastarci. L'ex residenza universitaria di via dell'Occhio, acquistata dal comune nonostante fosse in comodato d'uso gratuito e poi messa in vendita, rientra ancora nei piano d'alienazione dell'azienda. Vogliamo pertanto che il patrimonio immobiliare del DSU messo in vendita venga tolto dai piani d'alienazione e che si costruiscano soluzione per una lista di emergenza abitativa studentesca riservata agli studenti non in grado di pagare l'affitto in città. Questi temi dovranno essere al centro di una futura Conferenza Università e Territorio.

Continueremo con il nostro percorso praticando l'autoriduzione il 10 di ogni mese e organizzandoci attraverso lo sportello di lotta all'emergenza abitativa studentesca aperto ogni giovedì dalle 12 alle 15 a Spot in via della Faggiola 2.

Studenti borsisti per l'autoriduzione dell'affitto al DSU

Assemblea Riappropriazione Diritto allo Studio Universitario

Spot – Studentato Occupato Autogestito

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Il DSU strumentalizza l'emergenza alloggi: il caso di villa Madrè – 8 luglio

Oggi si è tenuto il CdA del DSU a Firenze: è stato approvato il protocollo d'intesa con APES per destinare 16 unità del complesso di villa Madrè al diritto allo studio.

Villa Madrè si trova tra via delle Cascine e via Aurelia, è di proprietà della società Condotte spa. Questa struttura è stata presa in affitto da APES per conto del comune di Pisa.

La struttura, completata nel 2009, avrebbe dovuto ospitare un hotel a quattro stelle di 135 camere e due fabbricati a destinazione turistico-alberghiera di 28 unità. L'investimento è risultato essere fallimentare, la struttura non è mai stata inaugurata.

Da febbraio il Comune di Pisa ha reso pubblica la trattativa di un contratto d' affitto per offrire una soluzione alle famiglie in emergenza abitativa. La trattativa si è conclusa a maggio e da allora il Comune versa trentacinque mila euro a trimestre, tenendo la struttura sempre vuota.

L'edificio è oggi a disponibilità dell'Apes per le finalità dell'Agenzia casa ma il comune ha mostrato al DSU la disponibilità di una collaborazione per tentare di risolvere l'emergenza abitativa studentesca.

L' ARDSU rileverà 16 unità della villa Madrè per cercare una soluzione alla drammatica carenza di alloggi per gli studenti borsisti idonei. Il canone d'affitto annuo (compreso il mobilio, a carico dell'ARSU) sarà di 85.954€ per poco più di venti posti letto, situati fuori città, che ci creeranno notevoli disagi agli studenti che ci dovranno alloggiare.

In cambio l'ARDSU cederà i due appartamenti di via della Spina e via Battelli all'Apes per un affitto annuo complessivo di 10,696€.

Non bisogna essere dei geni della contabilità per capire che c'è qualcosa che non torna.

L'intesa tra DSU e Comune di Pisa si mostra affiatata solo quando c'è dietro una speculazione. Come è successo nello scandalo delle residenze di via dell'Occhio e più recentemente sulla questione dell'ex convento di Santa Croce in Fossabanda. Il diritto alla studio abbandona l'embrionale trattativa sulla cessione a canone agevolato dell'ex convento, che fornirebbe centinaia di posti letto e un punto mensa, per aiutare il comune a concludere l'ennesima trattiva a vantaggio dei grandi speculatori delle costruzioni (Condotte spa fa parte del cartello che ha vinto l'appalto per la costruzione del People Mover).

Gli investimenti del diritto allo studio si muovono solo nel momento in cui permettono il guadagno del privato di turno, come è successo per le residenze di Praticelli, via dell'Occhio e Campaldino. Ora che le speculazioni intorno a villa Madrè sono giostrate da Comune e Apes l'ARDSU non può, e non vuole, certo rimanere fuori dai giochi.

Le mobilitazioni che abbiamo portato avanti da questo autunno hanno indicato varie strutture pubbliche che potrebbero essere destinate ad alloggi studenteschi.

Il DSU fa i propri conti sempre dimenticando per chi li fa: per noi studenti, e a noi questi conti non tornano.

L' emergenza abitativa viene utilizzata strumentalmente da Comune e DSU. Quest'ultimo si configura come un agenzia del comune, sempre pronta a salvare gli investimenti sbagliati del privato di turno.

La logica di un'apparente soluzione temporanea dell'emergenza abitativa studentesca, con l'apertura di 28 posti letto, nasconde una speculazione che evidenzia il costante ruolo del pubblico come garanzia dei rischi d'impresa del privato.

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Senza la pretesa di riuscire a sintetizzare in un libricino tutto il lavoro collettivo di un anno, abbiamo voluto comunque raccogliere qui alcuni degli articoli pubblicati nello scorso anno accademico sul blog del Cua, che riuscissero almeno in parte a restituire un quadro più o meno completo dei fronti di lotta con i quali si sono confrontati e si dovranno confrontare anche in futuro gli studenti dell’Unipi:

Dall’emergenza abitativa studentesca, con affitti da rapina e borse di studio sempre più irraggiungibili, speculazioni sulla pelle degli studenti, riorganizzazione dei dipartimenti e sfruttamento negli stage e tirocini non pagati…

In questo anno abbiamo messo a verifica come le lotte ci permettono di strappare terreno al processo di impoverimento dell’università, di speculazione sulle vite e sui bisogni degli studenti, alla svalutazione delle competenze e conoscenze che acquisiamo a caro prezzo.

Meritiamo di più iniziamo a lottare!

Collettivo Universitario Autonomo

Aula Master Occupata (palazzo Ricci, Via Santa Maria)

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