Liberamente n 23 luglio 2015

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L ibera M ente Il trimestrale de La Casa sulla Roccia - n.24 luglio 2015 APPROFONDIMENTO IMMIGRAZIONE La migrazione di cittadini ex- tracomunitari è un fenomeno che interessa tutta la provin- cia, la regione, la nazione. Nessun Governo cerca di sal- vare queste persone. Le po- litiche diventano sempre più matematiche e i ragazzi che muoiono in mare, spariscono tra i flutti così come nelle ma- glie della burocrazia italiana. La loro speranza è quella di andare via per stare meglio: per vincere fame e miseria, per la libertà, per essere uguali a qualunque altro gio- vane europeo. Ma la prima differenza è il confine troppo sottile tra la vita e la morte e quello ancora più sottile è tra il diritto vivere e l'indifferenza di morire. Andiamo oltre le diseguaglianze, ma in prima persona, toccando con mano, per scoprire quanto siano piccoli i nostri pregiu- dizi e inutile la nostra diffi- denza. Il settore famiglia pag.2 Giornata mondiale contro le dipendenze pag.4 Au contraire pag.6 Città Pulita pag.18 - 1 - EDITORIALE MIGRAZIONI di Luigi Numis Migrazioni di uomini e donne in difficoltà verso terre e paesi meno disgraziati ma, spesso, più ostili di quelli di partenza. LÊestate appena co- minciata si preannuncia caldissima in fatto di mi- granti che tentano di approdare in Europa lasciandosi alle spalle miseria, fame, guerre stri- scianti e dichiarate. Il tema è sicuramente reale, al netto delle speculazioni politiche dei soliti bla- teratori di populismi, ormai ospiti preferiti in tutte le televisioni per questioni di ascolti che schiz- zano quando certi italiani possono sbavare rabbia contro qualcuno altro da sé per le condizioni pre- carie del paese. Il nostro punto di vista potrebbe sintetizzarsi affermando che il fenomeno migra- torio dallÊAfrica e dallÊOriente è sicuramente un problema, che però sta diventando tale solo per- ché lÊUnione Europea continua a girarsi dalla parte opposta al mediterraneo. LÊItalia sta lavo- rando, e sta lavorando sodo, per salvare e acco- gliere i migranti, così assecondando la sua tradizione di civiltà giuridica e civile, ma sta lavo- rando da sola. ˚ di questi giorni una strage in un villaggio va- canze della Tunisia compiuta dai macellai del fan- tomaticamente fanatico stato islamico del califfo. Il terrorismo religioso, speculante anche su con- fuse rivendicazioni politico/sociali, avanza senza sosta e incessantemente coopta giovani menti immature trasformandole in militanti e assassini. E lÊEuropa, quella dei bei trattati e dei diritti di tutti, litiga per lÊaccoglienza di quarantamila per- sone che scappano anche dai terroristi. Ma così (non)facendo, lÊEuropa fa proprio il gioco dei ter- roristi, oltre a venir meno ai suoi principi di soli- darietà e di responsabilità che ogni tanto dovrebbero pur avere la precedenza su quelli ma- tematico/finanziari. Insomma, tema più attuale dellÊimmigrazione non potevamo scegliere per far ripartire Libera- Mente. LiberaMente, coerentemente con i valori della solidarietà e dellÊaccoglienza che segnano lÊesistenza di Casa sulla Roccia, si schiera asso- lutamente con quelli che chiedono lÊassegnazione del Nobel per la pace allÊisola di Lampedusa. Al- lora buona lettura, a partire dal racconto che segue, una storia di fantasia ma neanche troppo⁄ Progetto „Piccoli Frutti‰ - Comunità Terapeutica „Villa Dora‰

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LiberaMente il trimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

Transcript of Liberamente n 23 luglio 2015

LiberaMenteIl trimestrale de La Casa sulla Roccia - n.24 luglio 2015

APPROFONDIMENTO

I M M I G R A Z I O N ELa migrazione di cittadini ex-tracomunitari è un fenomenoche interessa tutta la provin-cia, la regione, la nazione.Nessun Governo cerca di sal-vare queste persone. Le po-litiche diventano sempre piu ̀

matematiche e i ragazzi chemuoiono in mare, sparisconotra i flutti cosi ̀ come nelle ma-glie della burocrazia italiana.La loro speranza è quella diandare via per stare meglio:per vincere fame e miseria,per la libertà, per essereuguali a qualunque altro gio-vane europeo. Ma la primadifferenza è il confine tropposottile tra la vita e la morte equello ancora piu ̀ sottile è trail diritto vivere e l'indifferenzadi morire. Andiamo oltre lediseguaglianze, ma in primapersona, toccando conmano, per scoprire quantosiano piccoli i nostri pregiu-dizi e inutile la nostra diffi-denza.

Il settore famigliapag.2

Giornatamondialecontro le dipendenzepag.4

Au contrairepag.6

Città Pulitapag.18

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EDITORIALE

MIGRAZIONIdi Luigi Numis

Migrazioni di uomini e donne in difficoltà versoterre e paesi meno disgraziati ma, spesso, piùostili di quelli di partenza. LÊestate appena co-minciata si preannuncia caldissima in fatto di mi-granti che tentano di approdare in Europalasciandosi alle spalle miseria, fame, guerre stri-scianti e dichiarate. Il tema è sicuramente reale,al netto delle speculazioni politiche dei soliti bla-teratori di populismi, ormai ospiti preferiti in tuttele televisioni per questioni di ascolti che schiz-zano quando certi italiani possono sbavare rabbiacontro qualcuno altro da sé per le condizioni pre-carie del paese. Il nostro punto di vista potrebbesintetizzarsi affermando che il fenomeno migra-torio dallÊAfrica e dallÊOriente è sicuramente unproblema, che però sta diventando tale solo per-ché lÊUnione Europea continua a girarsi dallaparte opposta al mediterraneo. LÊItalia sta lavo-rando, e sta lavorando sodo, per salvare e acco-gliere i migranti, così assecondando la sua

tradizione di civiltà giuridica e civile, ma sta lavo-rando da sola.˚ di questi giorni una strage in un villaggio va-canze della Tunisia compiuta dai macellai del fan-tomaticamente fanatico stato islamico del califfo.Il terrorismo religioso, speculante anche su con-fuse rivendicazioni politico/sociali, avanza senzasosta e incessantemente coopta giovani mentiimmature trasformandole in militanti e assassini.E lÊEuropa, quella dei bei trattati e dei diritti ditutti, litiga per lÊaccoglienza di quarantamila per-sone che scappano anche dai terroristi. Ma così(non)facendo, lÊEuropa fa proprio il gioco dei ter-roristi, oltre a venir meno ai suoi principi di soli-darietà e di responsabilità che ogni tantodovrebbero pur avere la precedenza su quelli ma-tematico/finanziari. Insomma, tema più attuale dellÊimmigrazionenon potevamo scegliere per far ripartire Libera-Mente. LiberaMente, coerentemente con i valoridella solidarietà e dellÊaccoglienza che segnanolÊesistenza di Casa sulla Roccia, si schiera asso-lutamente con quelli che chiedono lÊassegnazionedel Nobel per la pace allÊisola di Lampedusa. Al-lora buona lettura, a partire dal racconto chesegue, una storia di fantasia ma neanchetroppo⁄

Progetto „Piccoli Frutti‰ - Comunità Terapeutica „Villa Dora‰

IL SETTORE FAMIGLIA DICASA SULLAROCCIAdi Carlo Calvino

„Progetto uomo‰, il programma terapeutico di Casa sulla Roccia,nasce basandosi sulla filosofia del volontariato e del concetto del-lÊauto-aiuto. Per svolgere questa relazione di impegno tra utenti efamiliari si crea il Settore di Terapia Familiare, più abitualmente de-nominato Settore famiglie, che ha quale prima finalità quella di aiu-tare i genitori a scoprire come e perché si trovino disarmati edimpotenti davanti alla dipendenza del figlio, e guidarli nellÊidentifi-cazione di queste difficoltà e nel confronto con le stesse di altre fa-miglie, e così costruire il sistema di auto-aiuto.Nel momento stesso in cui comincia a formarsi in un ragazzo lÊideadella dipendenza, si rompe ogni relazione di vita con gli altri fami-liari. „Progetto uomo‰ coinvolge nel recupero di questa relazionedirettamente i familiari interessati, guidati in questo programmaparallelo dal settore famiglie.NellÊorganizzazione del Centro di solidarietà „La Casa sulla roccia‰è presente questo settore di volontari disposti ad aiutare i familiaridellÊutente a recuperare la propria posizione, a ricucire le proprierelazioni, non solo quella rivolta al figlio, ma anche quelle tra tuttigli altri membri della famiglia.Il settore famiglie, attualmente affidato alla responsabilità di Anna-lisa Petruzziello, è formato da altri 13 volontari, che offrono la loroprofessionalità, la loro esperienza, ogni ritaglio del loro tempo liberonellÊaiuto di queste famiglie. Sono operatori, per lo più laureati indiscipline psicologiche e sociologiche, che hanno avviato il rap-porto con il settore a seguito di un corso di volontariato tenutodallo stesso Centro oppure al termine di un periodo di tirocinio dispecializzazione.Il settore collabora costantemente con gli operatori di struttura, siadi accoglienza che di comunità terapeutica e reinserimento, of-

frendo ogni giorno la propria presenza per lÊaffiancamento dellefamiglie sia nelle difficoltà del programma che nelle semplici comu-nicazioni di routine.Questa azione di terapia parallela inizia fin dal primo momento dicontatto della famiglia con il Centro, e talvolta anche prima dellapresenza effettiva dellÊutente.Spesso è più difficile per un familiare lÊattesa in segreteria, da soloe con tanti dubbi e paure, che per il figlio i primi colloqui di acco-glienza. Per questo il settore è subito pronto ad accogliere il fami-liare, offrire ogni chiarificazione sul programma, accompagnarlo inun colloquio conoscitivo che permette di avviare lÊintera terapia fa-miliare parallela.

Da questo momento tutto il Settore famiglie, con la sua caratteri-stica di lavoro in equipe, gli sarà sempre accanto. Nella fase di „Ac-coglienza‰ i familiari, dopo aver incontrato i ragazzi,settimanalmente si riuniscono in due gruppi, uno per centro crisied orientamento e lÊaltro per intermedio e pre-comunità, guidatidagli operatori del settore famiglie, per introdurre i partecipantialla conoscenza dellÊambiente, del sistema, delle prime regole com-portamentali, del primo contatto con altri familiari.Ogni gruppo può disporre così di uno o più operatori di riferimentoai quali rivolgersi per ogni necessità.Settimanalmente il settore incontra anche i familiari degli utentipassati alla Comunità Terapeutica, e sempre con la caratteristicadi dividersi in quattro gruppi, due per i genitori e due per i compo-nenti più giovani delle famiglie, compresi mogli e mariti. In questafase la terapia familiare parallela si rende più consistente con la for-

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mazione di gruppi di auto-aiuto, perché i fa-miliari, superato il momento di dubbio o dipoca convinzione della necessità di una loropartecipazione ai gruppi, spesso dichiarataapertamente durante la fase di accoglienza,entrano nel vero auto-aiuto, guidati dalla fi-losofia di progetto uomo. Nel gruppo, at-traverso la condivisione, lÊincontro, ilconfronto con i propri pari, la conoscenzadelle proprie energie spesso sommerse, i fa-miliari vengono indirizzati in una nuova po-sizione di „co-operatore‰, man mano che siavvicina il ricongiungimento con il proprioragazzo. Anche in questa fase ogni familiareavrà il suo operatore di riferimento. Il set-tore per il suo lavoro in equipe si riuniscesettimanalmente al fine di confrontarsi suogni problema e semplice comunicazione,nate dagli incontri di gruppo dei familiari.Per la fase cosiddetta di RSL, reinserimentosociale e lavorativo, e di „in-oltre‰, i familiarisi riuniscono alternando quindicinalmente ilgruppo con la plenaria (un gruppo allar-

gato, comprensivo di tutti i familiari). Inquesta fase i ragazzi sono a casa molto piùspesso, o anche in maniera costante se giàhanno avviato il lavoro, e quindi da duegruppi, genitori e giovani, spesso se neforma uno solo per meglio potersi auto-aiu-tare in questi ultimi confronti.La collaborazione con gli operatori degliutenti continua sia nei gruppi misti e neigruppi di passaggio di fase in fase che negliincontri tra utenti e familiari per ogni varia-zione di programma. In qualsiasi momentoè convocato un familiare ci sarà sempre unoperatore del settore famiglie ad affiancarlo.Una parte di questi operatori è impegnatain unÊaltra attività del settore famiglie, valea dire il contatto con detenuti che chiedonoil trasferimento in comunità per una terapiadi recupero.Quando un detenuto avvia un rapporto epi-stolare, il settore provvede al contatto con ifamiliari, a un primo colloquio conoscitivoe a successivi incontri. Per fare questa atti-

vità alcuni operatori del settore hanno effet-tuato un periodo di formazione finalizzatoallÊincontro e al colloquio in carcere con ildetenuto, utile per arricchire la sola cono-scenza che si acquisisce tramite il rapportoepistolare. Tutta questa attività si svolge incollaborazione con il settore legale dellaCasa sulla Roccia.Anche la „Associazione famiglie progettouomo‰ trae beneficio dalla collaborazionecon gli operatori del settore famiglie che laaffiancano nelle attività di prevenzione, in-formazione e sensibilizzazione che lÊassocia-zione svolge allÊinterno di scuole,parrocchie e centri sociali.Nella stanza del settore famiglie nella sededellÊAccoglienza si legge, tra le altre, unafrase di Khalil Gibran :‰Ci sono quelli chedanno con gioia, e questa gioia è la loro ri-compensa‰. Tutto questo è espressione,come già detto, di puro volontariato, carat-teristica predominante del Settore famiglie

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di Consiglia e Roberta

„Villa Dora‰ il 26 Giugno ha ricordato la giornata inter-nazionale contro il consumo e il traffico illecito di drogacon una festa che ha visto coinvolti tutti noi e i volontaridel Nostro Centro. LÊunione di tutti noi ha avuto lÊobiettivo di rafforzare ilnostro NO alla droga, NO ad uno stile di vita che pur-troppo abbiamo conosciuto e ha condizionato il nostropercorso conducendoci alla completa solitudine e allatotale dipendenza che ci ha fatto vivere una vita controtutti i valori. Insieme a tutti i volontari abbiamo festeggiato la nostrarinascita e il nostro percorso di crescita e di vita.Ognuno di loro è una persona importante nel nostropercorso, ci accompagnano quotidianamente, ci sosten-gono e ci ricordano quanto sia bella la vita⁄il 26 Giu-gno ha rappresentato un momento di condivisione e disperanza, di NOI. Con dei semplici giochi che i volontari hanno organiz-zato, abbiamo rinnovato il nostro SI alla vita, SI alla par-tecipazione, Si ai Valori, SI al coraggio di credere, SIalla bellezza delle piccole cose, Si al bene⁄ SI a noi cheinsieme abbiamo creato un coro di voci che amano lavita ed insieme abbiamo urlato „VIVA LA VITA‰.Grazie a tutti i volontari⁄

GIORNATA MONDIALE CONTRO LE DIPENDENZE A VILLA DORA

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Francesca CaferriNon chiamatemi straniero. Viaggio fra gli italiani di domaniEditore, Mondadori

Chi è italiano oggi? Solo chi nasce da geni-tori italiani o anche quei bambini e ragazzi,ormai oltre un milione, che nel nostro Paesevivono, studiano e crescono respirandonesin dall'infanzia la cultura e le tradizioni? Daquesta domanda parte il viaggio di France-sca Caferri alla scoperta di quella che è statadefinita la "generazione Balotelli", i "nuovi

italiani" di origine straniera. Una presenza sempre più familiare, soprat-tutto nelle scuole: oltre l'8% degli studenti nell'anno scolastico 2011-2012, dato che continua ad aumentare a ritmo vertiginoso. Da Trevisoa Napoli, questi giovani raccontano in prima persona l'esperienza quo-tidiana a cavallo fra due mondi: quello a cui appartengono stabilmente,ma che fatica a dare loro spazio, e quello di provenienza, lontano, di-verso, a volte oppressivo, che spesso li rinnega. .

Giuseppe CivatiRegione StranieraEditore, Melampo

˚ possibile che l'area del paese in cui è piùforte la presenza degli stranieri rinunci aparlarne nelle sedi politiche più adeguate,per affrontare il tema nella sua comples-sità? ˚ possibile che questo fenomeno, cheormai riguarda il 10 per cento della popo-lazione e una parte significativa della pro-duzione di ricchezza, sia relegato a

questioni di mera sicurezza? ˚ possibile, ancora, che i principaliesponenti della maggioranza di governo, oltre a esprimersi spessocon toni prossimi al razzismo, continuino a legiferare contro lapresenza degli stranieri sul territorio da loro amministrato?

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Progetto per la dipendenza da gioco

Per info : La Casa sulla Roccia - Progetto InterazioniTel.: 0825/72419 - 72420

e-mail : [email protected]

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l’APPROFONDIMENTO

AU CONTRAIREdi Nicola De Rogatis

Breve racconto immaginario. Ma non troppo.

Maggio 2034. Milano.Mario Braga si aggirava per le vie del centro di Milano come unapersona in cerca di qualcosa o di qualcuno. Ogni tanto si fermava,tornava indietro, dava unÊocchiata nel vicolo che aveva appena su-perato, si avvicinava ai passanti come per chiedere unÊinforma-zione, oppure si sedeva sulle scale di una chiesa e guardava ipiccioni che beccavano le briciole di pane che ancora riuscivano atrovare. Aveva superato i trentÊanni da pochi mesi e il giorno delsuo compleanno aveva perso il lavoro. LÊazienda che produceva

supporti informatici per conto di una grande società del Qataraveva chiuso lo stabilimento con un preavviso di soli tre giorni tra-mite mail a tutti i dipendenti. „A causa del perdurare della crisi inItalia e nonostante la convenienza del costo della manodopera lo-cale, lÊazienda si trova costretta a trasferire i propri macchinari entrola fine del mese. Ognuno sarà sollevato dal suo incarico e riceveràil proprio compenso a mezzo bonifico bancario entro gg. 3 dallaricezione della presente. Buona fortuna e che Allah vi accompa-gni.‰ In effetti Mario e i suoi colleghi temevano da tempo lÊarrivodella mail, ma speravano che lÊazienda non li avrebbe licenziati con-siderato che avevano accettato uno stipendio di seicento euro men-sili per sessanta ore di lavoro settimanali pur di non perdere ilposto. Anche la casa dove viveva insieme alla moglie, ai due figli eallÊanziano padre, un bilocale in periferia, non era più disponibileperché il proprietario lÊaveva venduta ed entro un mese sarebberodovuti andare via. Ormai non rimaneva che una soluzione, lÊunicache non avrebbe mai voluto scegliere: emigrare con tutta la famiglia.Aveva un cugino in Arabia Saudita, nella provincia di Riyadh, cheli avrebbe accolti e aiutati a trovare un lavoro decente. Quando era

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LÊIMMIGRAZIONE

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ancora un ragazzino, nel primo decennio del terzo millennio, sen-tiva spesso i genitori parlare del problema dellÊimmigrazione, dellemigliaia di stranieri che arrivavano sulle coste della Sicilia e dellaPuglia in cerca di una sistemazione. Molti scappavano da paesi inguerra, altri dalla fame, tutti con lÊillusione di risolvere i loro pro-blemi nellÊopulento Occidente. Crescendo, alle scuole superiori sitrovava spesso a discutere del problema con chi parlava di acco-glienza, di umanità, di solidarietà. Ma lui no! Lui era convinto chei neri dovevano rimanersene in Africa e non levare il lavoro agliitaliani. „Se hanno problemi a casa loro, che li risolvano da solisenza rompere le scatole a noi!‰Mario era un milanese doc, da molte generazioni, figlio di lavoratori

onesti con nonni e bi-snonni che avevanocombattuto la primae la seconda guerramondiale e che ave-vano partecipato allaResistenza nel 1943.Aveva continuato glistudi fino a laurearsiin informatica a soliventitré anni. Trovòsubito lavoro in

unÊazienda italiana che esportava prodotti informatici in tutto ilmondo. Mise su famiglia, comprò una bella casa nel centro di Mi-lano ed ebbe due bei bambini, Angela e Giovanni. Ma verso la finedegli anni Ê20 del 2000 accadde qualcosa che nessuno avrebbe po-tuto prevedere solo pochi anni prima: i maggiori produttori di pe-trolio, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Iraq ed altri, decisero diliberarsi dai ricatti economici dellÊOccidente, così come i produttoridi gas metano. Per la prima volta nella storia si riunirono intorno aun tavolo a Bagdad dove misero da parte le vecchie inimicizie e siallearono per alzare in maniera esagerata il prezzo dei prodottienergetici. Gli Stati Uniti non si ribellarono e si affidarono alle lororisorse interne e di altri paesi americani; non scatenarono nuoveguerre in Oriente per il timore dellÊenorme costo in danaro e viteumane. La Russia si alleò con lÊUnione dei paesi arabi e medio-rientali. Così lÊEuropa si trovò priva di energia – le poche centralinucleari non producevano che il dieci per cento del fabbisogno – edovette sottostare alle proposte dellÊUnione mediorientale. Migliaiadi società provenienti dallÊAfrica e dallÊAsia acquistarono a prezzistracciati le fabbriche europee, le popolazioni locali furono costrettead accettare salari bassissimi pur di sopravvivere e molti emigratitornarono nei loro territori dÊorigine dove, nel frattempo, cÊera statoun aumento esponenziale del Pil con milioni di posti di lavoro. Ipaesi dellÊUnione vendevano i prodotti europei ai paesi americanie alla Cina a prezzi vantaggiosissimi ricevendo, in cambio, mano-dopera, nuove tecnologie e mercati aperti senza alcuna restrizione.Nel giro di pochi anni in Italia rimasero poche migliaia di emigrati

e milioni di italiani che riu-scivano a stento a portareun solo piatto caldo algiorno sulla tavola. Le uni-versità e i centri di ricercasi svuotarono, molti anda-rono a lavorare nei paesiarabi, in Russia e negliStati Uniti. I meno fortu-nati, quelli che non eranoriusciti a trovare uno strac-cio di lavoro pur essendo

laureati e con decennali esperienze lavorative, furono costretti aemigrare negli stessi paesi da cui provenivano le migliaia di profughi

solo pochi anni prima. Camminando per le strade del centro, Mario si accorse di non es-sere il solo a comportarsi come uno zombie. Molti vivevano la suastessa situazione; Milano si era ridotta a meno di trecentomila abi-tanti quando dieci anni prima erano un milione e mezzo. Tanti suoiamici erano emigrati da tempo e molti avevano trovato un lavoroalle dipendenze di un „kebab‰ del Cairo o come manovali in im-prese edili della Siria. Dormivano ammassati in locali umidi e pienidi topi, il lavoro iniziava alle sei del mattino per finire intorno allesei di sera e oltre. Purtroppo non tutti riuscivano a resistere perpiù di un mese, tanti cercavano di arrivare in Cina o in Australia abordo di navi fatiscenti con viaggi di sette giorni e più. I governidellÊUnione avevano stabilito una soglia dÊingresso annuale che nonriusciva a soddisfare neanche la metà di tanti migranti. Per i piùfortunati, quelli cioè che riuscivano a mantenere un lavoro stabilee a non farsi sorprendere ubriachi dalla polizia, cÊerano ancora dueostacoli da superare: imparare la lingua e pregare cinque volte algiorno come insegna il Corano, sotto la stretta sorveglianza di ze-lanti musulmani che riferivano quotidianamente alle autorità sequalcuno aveva pregato una volta in meno o si era addormentatodurante la preghiera. Così, una buona fetta dello stipendio andavavia per lezioni private, sia di lingua che di conoscenza del Corano.Molti di quelli che tentavano la via della Cina o dellÊAustralia nonerano mai arrivati vivi, soprattutto chi andava per mare: lÊOceanoIndiano custodiva gelosamente i loro corpi!Alle cinque del mattino del 2 giugno 2034, Mario Braga e la suafamiglia salirono sul treno che liavrebbe portati a Brindisi per im-barcarsi, poi, su una nave mer-cantile che faceva scalo a PortSaid in Egitto. Stipati come be-stie, insieme a migliaia di lom-bardi, Mario pensava alla suacasa, al lavoro e agli affetti chestava lasciando ma, soprattutto,al futuro in una terra che aveva sempre classificata come apparte-nente al „terzo mondo‰ e nella quale avrebbe dovuto, suo mal-grado, costruire un futuro anche per i suoi figli. La laurea,lÊesperienza professionale, la passione per la musica rock e perlÊInter sarebbero stati solo un bel ricordo. Ormai la vela della barcadella vita era stata issata nella direzione opposta ai suoi desideri:un paese ostile, un futuro più che incerto, una vita da emigrante!I pochi risparmi erano serviti per il viaggio e nelle due valigie cÊeraun poÊ di biancheria e qualche libro. Gli occhi di sua moglie e deifigli sembravano spenti, come lampadine fulminate. Il padre eramorto qualche giorno prima, il suo cuore non aveva retto al pen-siero di lasciare Milano. Sul ponte della nave mercantile, Marioguardava il mare, quel mare che aveva sempre odiato – lui amavala montagna – e il suo pensiero andò a tanti anni prima, quandodibatteva con gli amici sul fenomeno dellÊimmigrazione: „Se hannoproblemi a casa loro, che li risolvano da soli senza rompere le sca-tole a noi!‰

gaza

scene

di vita

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quotidiana

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„Immigrazione, scuola e il principio di reci-procitàDagli anni Ê80 ad oggi lÊimmigrazione nelnostro paese si è trasformata da fenomenoemergente a fenomeno strutturale. LÊItaliainfatti è diventata un serbatoio di flussi mi-gratori. Questo fenomeno ha ripercussioninel campo sociale e, soprattutto, nel si-stema scolastico. Una delle trasformazionipiù importanti che attraversano oggi lascuola e i suoi sistemi educativi è la pre-senza di alunni stranieri che vengono dalontano: infatti la scuola diventa sempre piùun luogo di incontro tra bambini con ori-gine, esperienze, storie di vita differenti. Pertale motivo la scuola è stata ripensata comelaboratorio dÊinterpretazione, come luogoprivilegiato di dialogo e di coesione tra bam-bini e ragazzi portatori di culture diverse.Essa deve rappresentare un „laboratorio so-ciale‰ di mediazione e gestione delle diffe-renze sociali e quindi non può essere chiusae uniforme, anche perché ciò potrebbe por-tare allÊostilità in quanto educherebbe a con-siderare la diversità insopportabile e quindicome a un qualcosa da eliminare. La scuolamulticulturale diviene una straordinaria ri-sorsa e unÊopportunità per costruire unacultura atta a sviluppare e difendere la pace.˚ attraverso la relazione con lÊaltro, il con-fronto e i conflitti (visti come oggetto di ri-cerca critica) che possono nascere, che ilbambino scopre realtà diverse dalla propria

e impara a rispettarle. La scuola, pertanto,deve educare al rispetto dellÊaltro, al dialogoe al confronto perché tutte le culture sonoportatrici di strutture conoscitive, valori ecompetenze differenti: il mondo nostro nonè lÊunico. ˚ importante facilitare la cono-scenza reciproca e la disponibilità al con-fronto e al cambiamento, in modo tale chele culture differenti convivano senza igno-rarsi. Quindi è necessario lavorare ad unprogetto pedagogico che relativizzi il mododi vedere il mondo passando da un pensieroegocentrico ad un pensiero altruista. Guar-dare il mondo con gli occhi degli altri e tor-nare a se stessi arricchiti dellÊaltro. Per lareale integrazione ognuno dovrebbe agiresecondo il principio di reciprocità, cioè conlÊapertura verso gli altri attraverso unoscambio in cui ognuno dà una parte di se

e, nello stesso tempo, riceve e quindi si ar-ricchisce dal contatto con gli altri⁄„Imparoa vivere insieme a te attraverso la scopertae lÊaccettazione reciproca‰. Pertanto lÊedu-catore „autoctono‰ è chiamato ad integrarele proprie conoscenze fondendole con lÊal-tro: lÊimmigrato è portatore di saperi e co-noscenze, offre spunti di riflessione, e nondeve diventare portatore di paure.La scuola, pertanto, deve eliminare lÊideache immigrato equivalga a paura. ˚ impor-tante instaurare un clima basato sui valoriquali accettazione dellÊaltro visto come por-tatore di dignità umana, accoglienza (at-tuando lÊascolto attivo) vista come aperturaverso lÊaltro; convivenza e confronto visticome la disponibilità ad accettare la coesi-stenza di valori diversi.

IMMIGRAZIONE,SCUOLA E IL PRINCIPIODI RECIPROCITAÊ di Edda Lombardi

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ORIZZONTE DISPERANZA „DASTILE DI VITA AFENOMENO‰di Andrea Pisanti e Antonio Parente

Il fenomeno dellÊimmigrazione, da un punto di vista storico, prendevita a partire dal IV secolo, quando popoli nomadi delle steppe eu-roasiatiche decidono di inoltrarsi in specifici posti in cerca di con-dizioni di vita migliori. Stile di vita, questo, caratterizzato da unbisogno collettivo di sopravvivenza, come ad esempio nel XX se-colo quando le popolazioni europee si spostano verso il nuovo con-tinente alla ricerca di fortuna e di una vita dignitosa. Nella propriavaligia è racchiusa non solo la speranza, ma pure il disagio di chiviene visto come una minaccia e quindi con la conseguente esclu-sione dal contesto in cui approda. La ghettizzazione di chi vieneetichettato come „diverso‰ o come „parassita‰. Parallelamente alfenomeno della ghettizzazione si contrappone quello dellÊintegra-zione, cioè lÊunione tra chi accoglie e chi arriva con la creazione diculture interrazziali pronte ad una mentalità aperta ai bisogni co-muni. Si evince come lÊimmigrazione sia andata modificandosi nelcorso dei secoli, attraverso la mescolanza di culture e civiltà, attra-verso lÊoccupazione di territori, la discriminazione di popoli. Sipassa quindi da uno stile di vita ad un fenomeno ormai comune intutto lÊuniverso. Il sud del mondo sommerso da guerre e povertàguarda il proprio orizzonte con gli occhi della disperazione, unoceano di attese trasporta navi, gommoni e battelli carichi di uo-mini, donne, bambini che inseguono la speranza di una vita mi-gliore. Sogni che molte volte svaniscono in mare, personeabbandonate a se stesse da chi specula sui loro sogni. Una voltaapprodati, confusi e sofferenti, i più fortunati vengono accompa-gnati in strutture di cura, in accampamenti preparati dalla prote-zione civile; volontari e persone comuni si impegnanocostantemente per regalare a un ragazzo tunisino, marocchino oalgerino un sapore diverso da quello della guerra, da quello del

sale, del pianto che si spegne in un vascello sempre sul punto di ri-baltarsi. Forse cÊè da chiedersi perché il mondo di oggi non accogliema rifiuta, forse cÊè da chiedersi perché il denaro conta più dellepersone, perché il processo di sfruttamento prevale su quello del-lÊaccoglienza. Ricordando i nostri nonni con le valigie di cartonelegate con lo spago, il loro volto illuminato da un orizzonte nuovo,dalla speranza; ricordando il suono di una nave che parte noi por-tiamo avanti lÊidea dellÊuguaglianza, i valori di unÊumanità prontaad aiutarsi senza chiedersi perché, lÊabbraccio di popolazioni, ci-viltà, usi e costumi di culture diverse. Rigenerare le nostre coscienzeal vivere civile ci rende vera e propria comunità di popoli uniti versolÊobiettivo comune: vivere felici. Che bello sarebbe il mondo se le

differenze fossero possibilità e ricchezza, non paura ed esclusione⁄Del resto a Villa Dora si entra dopo aver vissuto un disagio, impau-riti: qui, ti chiedono di lottare e sudare per il tuo riscatto. E quandovai via la tua storia diventa una ricchezza da spendere nelle relazionicon gli altri, una speranza da donare a chi incontri.politici. UnÊeconomia ingiusta e una società ineguale comportanoinfatti la creazione dei fattori strutturali allÊorigine dei processi dÊim-poverimento, come dimostra lÊaumento scandaloso dei poveri inItalia. Insomma, oggi spesso non si nasce poveri ma lo si diventa.E poi si sceglie (si è obbligati) di mangiare cibi scaduti, si sceglie dinon comprare un abito, perché poi a fine mese diventa difficile ar-rivare. Perché gli stipendi non bastano. E così lÊeconomia non girae ci ritroviamo di fronte a un circolo vizioso dal quale appare sem-pre più difficile uscire. Uscire da questa situazione di stallo sembraessere diventata la mission dei nostri governi. Ma non bastano mi-rate politiche di welfare, occorrerebbe far ripartire lÊeconomia a co-minciare dal lavoro. Ridare una speranza, ecco quello che civorrebbe.

experience & supportLa Casa sulla Roccia è un’ Associazione di Volontariato che opera sulterritorio come centro di solidarietà dal 1985. E’ composta da ungruppo di soci volontari e da un’equipe di operatori che offrono quo‐tidianamente il proprio contributo.Far parte dell’Associazione significa voler essere al servizio delle per‐sone avendo a cuore il miglioramento della qualità della vita. Pertantonei confronti della collettività ci assumiamo la responsabilità di operarein maniera trasparente aiutando la persona ad aiutarsi ed a raggiun‐gere un maggiore benessere.

0825/72420‐72419 [email protected]

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PAESI ESTERI CON CUI ADOTTIAMO

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Scopi e finalitàPromuovere e realizzare forme di solidarietà sociale e impegno civile tese a superare lÊemarginazione; svolgere unÊazione di stimolo edi coinvolgimento nellÊaccoglienza delle nuove famiglie, simpatizzanti e benefattori; porre in atto iniziative concrete per unÊefficaceprevenzione e una corretta informazione sulle dipendenze e sul disagio sociale in genere; promuovere e curare la formazione dei proprisoci quale occasione dellÊapprofondimento della cultura e dei valori dellÊazione volontaria (estratto dallo statuto sociale).

VolontariatoTutti i membri prestano la loro opera in modo assolutamente volontario, tentano di diffondere sui territori di provenienza la culturadellÊascolto e della solidarietà coinvolgendo enti pubblici e privati partendo dal principio che i problemi derivanti dallÊuso di droga e idisagi sociali, soprattutto giovanili, non riguardano solo loro ma tutta la società civile. AllÊAssociazione aderiscono anche singolivolontari che, pur non avendo nessun familiare coinvolto nel programma, vogliono sposare la linea educativa e terapeutica della Casasulla Roccia facendosi anchÊessi promotori di iniziative.

Tu solo puoi farlo ma non da solo Non è uno slogan ad effetto ma è la realtà che si trova ad affrontare chiunque voglia uscire dai canoni della delega e della derespon-sabilizzazione. In una società basata sullÊimmagine, lÊAssociazione Famiglie Progetto Uomo vuole proporre ai propri soci, innanzitutto,e a tutte le persone che si lasciano coinvolgere, un modello sociale basato sulla responsabilità e sulla collaborazione reciproca, doveognuno è parte del tutto e il tutto è patrimonio del singolo anche se vissuto in modo diverso a seconda delle proprie capacità, sensibilitàe livello di coinvolgimento.Via Rocco Scotellaro – 83100 Avellino – tel. 082572420 fax 082571610 – (PEC): [email protected]

ASSOCIAZIONEFAMIGLIE

PROGETTO UOMO

IMMIGRAZIONENEL CINEMA.di Jana Novellino

Terraferma di Crialese: strumento per indagare “l’altro”

Una piccola isola della Sicilia (Linosa) fa da sfondo allavita di una famiglia di pescatori nel film di EmanueleCrialese „Terraferma‰, una pellicola del 2011 chetratta il difficile tema dellÊimmigrazione sottolineandolÊinadeguatezza della politica italiana in materia. Latrama, abbastanza semplice, è arricchita dal virtuosi-smo delle immagini che riescono a dire più dei dialoghiattraverso grandi scenari fotografati con cura e toccantiprimi piani evocativi.Si racconta la storia di Ernesto, pescatore di 70 anni,padre di due figli: Pietro, perso in un incidente in maree Nino, intento a fare carriera nel turismo. Ernesto vivecon suo nipote Filippo e la nuora Giulietta, che dopoessere rimasta vedova sogna di lasciare lÊisola per ga-

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rantire un futuro migliore al figlio ventenne. Un giorno,durante una battuta di pesca, Ernesto e Filippo scor-gono in mare una zattera di migranti e chiamano laGuardia Costiera che gli intima di non prendere nes-suno a bordo. Decine di uomini e donne caduti in marecercano aiuto, i due non se la sentono di voltarsi dallÊal-tra parte facendo finta di non vedere, come avrebberofatto molti altri al loro posto. Ernesto si ritrova dunquea dover scegliere tra le antiche regole del mare che im-pongono di salvare chiunque si trovi in difficoltà e quelledello Stato in cui vive, che vietano di soccorrere gli stra-nieri clandestini. Assecondato dal nipote offre un primosoccorso a quei disperati e successivamente, a discapitodella sua tranquillità familiare e rischiando una con-danna per favoreggiamento di clandestini, Ernesto de-cide di nascondere in casa sua Sara, una giovane donnaetiope incinta e con un figlio di pochi anni, per pren-dersene cura in attesa di una sistemazione più stabile.Girato a Linosa, isola mai menzionata esplicitamente, ilfilm fa riferimento agli sbarchi di Lampedusa, nei qualimigliaia di persone rischiano la vita alla ricerca della sal-vezza. QuellÊaffannata corsa verso la terraferma vistacome approdo ad un mondo migliore viene descritta

con dovizia di particolari mixando meravigliosamenteimmagini, colori e musica. Una delle scene più belle esignificative del film è quella in cui, attraverso il mon-taggio, si mette in contrapposizione la tristezza del bar-cone gremito di gente stremata dopo un lungo viaggioin mare con la gioia e la spensieratezza di un barconedi turisti in festa. Entrambe le imbarcazioni puntano al-lÊapprodo sullÊisola, ma sicuramente con motivazioni esentimenti differenti.In „Terraferma‰ il regista traduce in termini cinemato-grafici le ferite dellÊimmigrazione, piaga sociale che at-tanaglia il nostro Paese, attraverso le immaginirievoca la sofferenza dei migranti e le difficoltà di chisi presta ad accoglierli pur non avendone la possibilità.Grazie ai numerosi primi piani, la „voce‰ dello stra-niero si pronuncia negli sguardi ancor più eloquentidelle parole. Dagli occhi tristi ed impauriti di Sara, in-fatti, traspare tutta la sofferenza di una donna co-stretta ad abbandonare la propria terra per salvare lasua vita e quella dei propri figli. La macchina da presain questo caso non cerca di sostituirsi allo sguardo„dellÊaltro‰ ma di affiancarlo, indagandone la profon-dità e la complessità.

Progetto de

La Casasulla Rocciae del Teatrodi GLUCK

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Teatro di promozione socialePer info e contatti : [email protected]

www.teatroassud.it - 0825/72420-72419

VOCE DIUNO CHEGRIDA NELDESERTOdi Francesco Iannicelli

„Milioni di famiglie oggi sperimentano lacondizione drammatica dei profughi. AncheGesù e la sua famiglia hanno sperimentatoquesta difficoltà‰. (Angelus del29/12/2013)Penso a come anche la Santa Famiglia diNazareth abbia vissuto lÊesperienza del ri-fiuto allÊinizio del suo cammino: Mariaÿdiede alla luce il suo primogenito, lo av-volse in fasce e lo pose in una mangiatoia,perché per loro non cÊera posto nellÊallog-gioŸ (Lc 2,7). Anzi, Gesù, Maria e Giuseppehanno sperimentato che cosa significhi la-sciare la propria terra ed essere migranti:minacciati dalla sete di potere di Erode, fu-rono costretti a fuggire e a rifugiarsi inEgitto (cfr Mt 2,13-14). [⁄] Cari migranti e rifugiati! Non perdete lasperanza che anche a voi sia riservato unfuturo più sicuro, che sui vostri sentieri pos-siate incontrare una mano tesa, che vi siadato di sperimentare la solidarietà fraternae il calore dell'amicizia! A tutti voi e a coloroche dedicano la loro vita e le loro energie alvostro fianco assicuro la mia preghiera e im-partisco di cuore la Benedizione Apostolica.Dal Vaticano, 5 agosto 2013 MESSAGGIODEL SANTO PADRE FRANCESCO PERLA GIORNATA MONDIALE DEL MI-GRANTE E DEL RIFUGIATO 2014Ho deciso di iniziare con le parole di papaFrancesco perché ispirate direttamentedalle Scritture⁄Sarà che una strage comequella di domenica 19 Aprile al largo dellaLibia non era mai avvenuta. Sarà chelÊUnione europea è particolarmente divisa.Sarà che nellÊera di Papa Francesco i temisociali e lÊattenzione ai migranti è partico-larmente alta nella galassia cattolica, mentreè scemata lÊapprensione per questioni le-gate ai cosiddetti „valori non negoziabili‰ diunÊaltra epoca ecclesiale. A dare la misuradi come sono evolute le priorità vaticane èstato, come di consueto, lÊOsservatore Ro-mano che, nella edizione del 23 Aprile2015, ha dedicato un corsivo, un pastonee un articolo di apertura in prima pagina

allÊimmigrazione, e solo una breve cronacadi 13 righe allÊapprovazione, da parte delParlamento italiano, del „divorzio breve‰. LaChiesa cattolica, più in generale, ha boc-ciato sonoramente lÊaccordo raggiunto alvertice europeo straordinario che si è svoltoa Bruxelles sullÊemergenza immigrazione.Voci critiche si levano dal Vaticano, dallaConferenza episcopale italiana e dalle varieanime dellÊassociazionismo cattolico, dopoche già alla vigilia erano emerse appren-sioni nette per le ipotesi, anticipate, di unblocco navale dei migranti in partenza.„LÊEuropa ha perso lÊoccasione per com-

prendere fino in fondo che la tragedia legataalle migrazioni mette in gioco la sua autoritàmorale e politica e i principi di solidarietàsu cui è fondata‰. „Eppure - scrive MarioBenotti sul giornale vaticano - il Governoitaliano ha salutato con favore anche questoprimo e timido passo: lÊUe si impegna a tri-plicare i fondi per la missione Triton - arri-vando però a spendere in tutto quello chela sola Italia ha speso per lÊoperazione MareNostrum - salvo poi portare i profughi nelPaese più vicino, quindi di nuovo lÊItalia‰. Ilcardinale Antonio Maria Vegliò, presidentedel Pontificio consiglio per la pastorale deimigranti, è più esplicito ancora: „Dobbiamofare qualcosa, però lÊatteggiamento europeoè: vi do i soldi ma non ci disturbate‰. Bom-bardare i barconi, afferma ancora Vegliò, „èunÊidea stranissima: ma cosa bombardano?CÊè il diritto internazionale! Bombardare unPaese è un atto di guerra!‰. Più diplomaticoil cardinale Pietro Parolin, segretario diStato vaticano, che afferma che la strada in-trapresa dallÊUnione europea „è quella giu-sta, ma deve continuare con ilcoinvolgimento di tutti i paesi‰, anche al difuori dellÊUnione europea, dato che il pro-blema di fondo riguarda la pace e la guerrain terra africana.Papa Francesco invoca una Chiesa senza

frontiere. Le comunità cristiane devono su-perare „diffidenze e ostilità‰ perché sono at-

teggiamenti „in conflitto con il comanda-mento biblico di accogliere con rispetto esolidarietà lo straniero bisognoso‰. Bergo-glio chiede ai governi e agli organismi inter-nazionali che divenga „più incisiva la lottacontro il vergognoso e criminale traffico diesseri umani, contro la violazione dei dirittifondamentali, contro tutte le forme di vio-lenza, di sopraffazione e di riduzione inschiavitù‰. „Nel medesimo tempo - scrive - occorre in-tensificare gli sforzi per creare le condizioniatte a garantire una progressiva diminu-zione delle ragioni che spingono interi po-poli a lasciare la loro terra natale a motivodi guerre e carestie, spesso lÊuna causadelle altre‰. Alla solidarietà verso i migrantie i rifugiati occorre - secondo Francesco -unire il coraggio e la creatività necessarie asviluppare a livello mondiale un ordine eco-nomico/finanziario più giusto ed equo. LÊin-vito del Pontefice a governi e organismiinternazionali è ad agire di concerto „inmodo da umanizzare le condizioni dei mi-granti‰. „La globalizzazione della carità edella cooperazione‰ rappresenta, infatti,per il Papa, la miglior risposta alla globaliz-zazione del fenomeno migratorio.˚ un abbraccio, quello di Francesco: „Cari

migranti e rifugiati! Voi avete un posto spe-ciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate adallargare le dimensioni del suo cuore permanifestare la sua maternità verso lÊinterafamiglia umana. Gesù Cristo è sempre in at-tesa di essere riconosciuto nei migranti enei rifugiati, nei profughi e negli esuli‰.Ma nel luglio dellÊanno scorso il Pontefice,in visita a Lampedusa, aveva denunciato il

dramma dei migranti: „Sono qui per scuo-tere le coscienze‰, aveva detto davanti a die-cimila persone⁄Cosa è cambiato? Voce diuno che grida nel deserto. Il deserto dellenostre coscienze.

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Nella vita di tutti i giorni la tua famiglia può incontrare diverse difficoltà che

non sempre è facile superare da soli. Il nostro lavoro è quello di ascoltarti,

aiutarti a comprendere e, se vuoi, risolvere insieme i tuoi problemi familiari.

Chiamaci, anche solo per un cosiglio o un ascolto. Siamo qui per questo, gra-

tuitamente.

la casa sulla roccia | rione san tommaso 85, avellino

[email protected] / www.lacasasullaroccia.it

Per appuntamenti contattare la segreteria dell’Associazione tutti i giorni feriali

dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 17,00.

[email protected] - http://www.lacasasullaroccia.it

Centro „Babele‰di Avellino, losportello immigrati dellaCaritasdi Luigi Numis

Il Centro „Babele‰ è uno sportello della Caritas che si occupa diimmigrati. Una stanzetta allÊinterno del Centro Sociale SamanthaDella Porta di Avellino ne è lÊufficio, piccolo ma bene attrezzato.Scrivania rettangolare, computer vecchio modello, schedario, tele-fono, finestra con vista sulle case popolari di via Morelli e Silvati.La responsabile dello sportello è una ragazza giovane, timida eppurrisoluta, ovviamente indaffarata fra scartoffie e utenti che richie-dono aiuto e consiglio. Anche le telefonate non hanno molta solu-zione di continuità. La responsabile si chiama Emanuela Fiore, laincontro in un caldo mezzogiorno estivo e parliamo a ruota liberadel „suo‰ sportello e di tante faccende annesse e connesse agli im-migrati, da quelli stanziatisi ad Avellino a quelli che vediamo ormaiquotidianamente in tv. Il supporto volontario di Emanuela, nellamattina del nostro incontro, è un uomo dallÊaspetto burbero la cuiscontrosità tuttavia si limita alla scurezza e pelosità del volto: TonyCapone si chiama, e qualsiasi ragazzo dai venti ai quaranta anniche poco o tanto bazzichi o abbia bazzicato il corso di Avellino sa-prebbe che quellÊuomo burbero e dolce, poco attento alle formema sempre attento alla sostanza delle cose, è lÊincarnazione di unbar, il bar Tony. Io lo so.Emanuela dice di essere cattolica praticante, Tony rivendica il suoateismo veterocomunista. Insieme stanno molto bene, battibeccanoma si intendono, sono una coppia di lavoro bene assortita. La ric-chezza e la fortuna della Caritas deve stare proprio nella mesco-lanza dei tipi umani che la compongono e la vivificano, aprescindere e magari a dispetto dei vescovi che la comandano. Ilsenso cristiano di solidarietà, in questo modo, diventa senso di so-lidarietà e basta, una solidarietà che non è più (solo) carità ma or-ganizzazione in risposta ai problemi di tanta gente. Organizzazionetroppo spesso e drammaticamente sola sul territorio desolato, chia-mata in causa da chiunque quando si tratta di fronteggiare unÊemer-genza magari tirando fuori un miracolo dal cilindro.

Da quanto tempo esiste il Centro Babele?Dal 2003. Il nome Babele è facilmente interpretabile, vuole ricor-dare la convivenza e la mescolanza dei popoli e delle genti. Con iltempo ovviamente siamo andati consolidandoci e oggi abbiamounÊutenza di 500-600 persone allÊanno.Di cosa vi occupate concretamente?Di tanti bisogni. Lavoro, assistenza sanitaria, assistenza legale,mensa, vestiti, alloggi. Facciamo anche microcredito per chi ha in-tenzione di acquistare una casa.Gli utenti, in linea di massima, di che nazionalità sono?

Da noi vengono soprattutto immigrati dallÊest Europa. Pochi sonogli africani, che di solito preferiscono mandare da noi un rappre-sentante che poi spiega agli altri come muoversi. Gli africani, infatti,fanno gruppo fra di loro molto più degli altri immigrati, quindi unasola persona basta per chiedere informazioni. Ancora meno degliafricani vengono da noi gli asiatici. Ma bisogna anche dire che gliimmigrati dallÊest Europa sono quelli più numerosi nella nostra pro-vincia.Cosa ne pensate dellÊattuale „emergenza‰ immigrazione e delle po-litiche di accoglienza?LÊemergenza a volte viene creata ad arte per motivi di accattonag-gio politico, ma non cÊè dubbio che gli sbarchi stanno aumentando.Al punto che alcuni paesi africani, notando la fuga delle proprieforze più giovani, hanno anche tentato „politiche di rientro‰, finoracon poco successo. Sulle politiche italiane di accoglienza, pur-troppo, va detto che troppo spesso il compito è affidato a personesenza scrupoli e senza altre motivazioni se non quelle della specu-lazione economica sulla pelle dei migranti. „Mafia capitale‰ ci harivelato molto, ma anche da noi si sono presentati giovani immi-grati, collocati in struttura, per trovare lavoro o vestiario, necessitàa cui dovrebbero provvedere le cooperative che gestiscono questiragazzi e che anche a tal fine prendono i soldi.Ma ad Avellino si è registrato un aumento degli arrivi e delle richie-ste di aiuto?Stando ai nostri dati, no. Ad Avellino insomma non cÊè nessunaemergenza immigrazione.Le donne immigrate si rivolgono allo sportello?Certo, soprattutto donne rumene e bulgare. Sono per lo più madridi famiglia o badanti che vengono da noi a chiedere un aiuto.Quando il problema non è il lavoro o non è solo il lavoro, ci chie-dono aiuto per servizi diversi, dallÊiscrizione a scuola dei figli allÊas-sistenza sanitaria alle procedure da seguire per la residenza.Lavorate da soli o in sinergia con altri enti?Questura, Prefettura e ASL, ognuna per la propria parte, svolgonoun ruolo importante e istituzionale. Fondamentale è fare rete, al-largandola il più possibile a tutti i soggetti attivi nel campo dellÊim-migrazione. A volte abbiamo la sensazione di solitudine, madipende più dallÊassenza di politiche di integrazione che dagli entiprima citati.Ma qual è la „missione‰ del Centro Babele?La missione prima è sempre la solidarietà, anche in coerenza coni principi cristiani e la dottrina sociale della chiesa. Ma oggi siamoconsapevoli che la solidarietà fine a se stessa non basta, non serveaddirittura. Anche chi viene da noi vede offrirsi, oltre ad un aiutoconcreto e immediato, lo stimolo e lÊorientamento per cercare diaffrancarsi dalla situazione di difficoltà e non diventare dipendentedalla Caritas. Emanuela e Tony, cosa vi spinge a fare lÊattività che fate?„Tutti siamo stranieri e pellegrini sulla Terra‰ – risponde Emanuela– „e lÊattenzione allÊaltro, più in generale, è attenzione al creato‰.„La necessità di sentirmi appagato e di aiutare lÊaltro‰, fa Tony im-paziente dopo aver ascoltato la risposta di Emanuela. Emanuela,che sembra non aspettare altro, gli ribatte che così facendo la so-lidarietà diventa funzione di se stessi e non dellÊaltro. Tony lo sabenissimo, ma nel suo ghigno laicista ha tutta la facoltà di ritenereche è meglio così che niente. Secondo me Emanuela dice bene,ma anche Tony non sbaglia.Mi accomiato da Emanuela e Tony intorno allÊuna. Sono statimolto gentili con me. Il Centro a quellÊora chiude la porta, non lasua anima babelica.

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Iniziativa dell’Associazione “La Casa sulla Roccia”

Assistenza Legale Gratuita a persone in difficoltà

Per appuntamento telefonare alla segreteria dell’Associazione

sita in Avellino al Rione San Tommaso, 85

tel.: 0825/72420 – 72419 fax 0825/71610

http://www.lacasasullaroccia.it – email : [email protected]

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CITTAÊ PULITAdi Eduardo Graziuso

Sono Eduardo e faccio parte da aprile 2015 del progetto „CITTAÊPULITA‰.Questo progetto nasce nel 2014 con la collaborazione de LACASA SULLA ROCCIA di Avellino e lÊazienda A.C.S. (AziendaCittà Servizi). Il progetto consente lÊinserimento di ragazzi chehanno avuto problematiche di dipendenza, come me che nel 2011ho completato tutto lÊiter terapeutico, e che oggi ho la possibilitàdi sperimentarmi in unÊattività lavorativa unitamente ai colleghi dipercorso.Precedentemente a questÊeprienza ho fatto parte della compagniateatrale „ASSUD‰ nata dalla collaborazione della Casa sulla Rocciae il teatro di Gluck quale strumento di promozione sociale. Il lavoroè strutturato in quattro ore lavorative, nello specifico 8.00\12.00,regolarmente contrattualizzato e per me una cosa bella dal mo-mento che a 41 anni avrò lavorato sotto contratto (non a nero) nonpiù di 3/4 volte nella mia vita. LÊequipe lavorativa si divide in duetronconi, squadra delle pulizie e squadra dei giardinieri, regolar-mente equipaggiati con divise estive-invernali, con felpa, t-shirt,polo e cappellino di colore verde con la scritta CITTAÊ PULITA;giacca a vento e smanicato di colore blu scuro, sempre con tantodi scritta del nome del progetto, e pantaloni di colore grigio conscarpe antinfortunistiche. Io faccio parte della squadra dei giardi-nieri, che tra lÊaltro è un lavoro da me svolto già in passato e che adire il vero mi piace molto, e giorno dopo giorno sto imparandonuove cose, arricchendomi di capacità ed esperienza.La mattina, allo scoccare delle 8.00, ci si ritrova nel luogo presta-bilito dal nostro caposquadra, che è pure un nostro amico, anchÊeglicome tutta la squadra reduce dallo stesso percorso in comunità.La nostra squadra è composta da sei persone e ci muoviamo sul

territorio irpino, procedendo tutti insieme alla pulizia dellÊambiente;nello specifico il lavoro consiste nel falciare giardini, manutenereville urbane, pulire marciapiedi, tagliare siepi, rasare prati, potarepiante, con lÊausilio dellÊagronomo dellÊazienda che ci tiene corsidi formazione allÊincirca ogni tre mesi. Con il nostro lavoro ripu-liamo il verde rendendo la città più bella, ma soprattutto più „PU-LITA‰. Questo fatto a me dà molte soddisfazioni poiché, oltre apiacermi molto, mi stimola a dare sempre il massimo, non soloeseguendo il mio „compitino‰. Sono molto soddisfatto di questolavoro, perché penso dia tanta dignità e infatti i riscontri sono piùche soddisfacenti; infatti stamane una persona, incrociandomi sulmarciapiede, mi ha detto: „Bravi, se non fosse per voi lÊerba oltre-passerebbe le nostre teste!‰Io penso che qualsiasi tipo di lavoro, se fatto con responsabilità eimpegno, ci rende il conto positivo e ci fa appagati. Quindi sino adoggi il mio bilancio è più che positivo, sperando che il bilanciopossa continuare il più a lungo possibile. Ma queste sono cose chehanno bisogno di tempo, perché dipendono dalla combinazione dipiù situazioni e difficoltà, tra cui quelle politiche, ed io, orgogliosocittadino napoletano, rendo i miei servigi ad una città del sud qualè appunto Avellino.Pur essendo una ventina di dipendenti, siamo tutti consapevoli chebisogna mantenere certi standard, „offertici‰ peraltro anche du-rante il nostro percorso comunitario, quali la sobrietà e il rispettoper sé stessi e per gli altri, così evitando quegli atteggiamenti „dastrada‰ affinché si possa dare un chiaro esempio di „veri uomini‰,pur avendo commesso degli errori in passato.Sono molto fiero di tutto ciò, perché rendendo pulita Avellino rendopulito anche me stesso.Certo, nella vita si punta sempre a migliorare; lo stipendio che per-cepisco non garantisce una vita serena, e talvolta devo cercare altrilavori nelle ore pomeridiane e serali per arrotondare e vivere senzaaffanni. Pertanto darò sempre il meglio per un futuro migliore,senza mai abbassare la guardia e lottando come i guerrieri, lottandocontro le avversità della vita, lottando ogni giorno, proprio comefanno gli uomini veri.

Le cronache di questi giorni sono molto poco edificanti per la ri-spettabilità della natura umana.Uomini, donne e bambini ammassati per le strade senza dignità,privati del loro diritto, tanto fondamentale quanto mai veramenteacquisito, di circolare liberamente sulla superficie terrestre. Con-fortati da qualche buon samaritano, che confonde i diritti con lacarità; da un briciolo di attenzione mediatica, che ruba la dispera-zione e scappa via; da una bimba bionda, che porge caramelle conla serena ingenuità dellÊetà in cui non si sa, e mai si dovrebbe sa-pere, cosa significa non avere lÊacqua.Isole circondate da mari densi di corpi umani, privi di vita e di spe-ranza, mentre al di là delle coste si discute per quanti chilometri,per quanti metri dalla riva, si può essere ancora uomini degni discorgere una mano a cui aggrapparsi, mentre si annega. Lì dovela legge del mare, la morale degli uomini, affonda con i corpi ab-bandonati.

Diritti di base, come la libertà e il matrimonio, che vengono negatianche quando in molti luoghi del mondo le barriere si sgretolanodinanzi a unÊevidenza discriminatoria così lampante da far tremarei muri, da far urlare i cuori, da far provare vergogna. Ci si arroccadietro antichi inni: „la famiglia è importante e solo noi possiamocustodirla‰. Che evocano inni più antichi ancora: „la cultura è im-portante e solo noi possiamo custodirla‰; „il diritto al voto è im-portante e solo noi possiamo custodirlo‰.E, se osservandolo con la lente di ingrandimento, perfino un arti-colo di un giornalista mite come Gramellini crolla sotto il peso diuna velata discriminazione, quando sostituiamo la parola „ebreo‰dove egli ha scritto la parola „rom‰ (per approfondimenti si vedaLeonardo Bianchi, news editor di Vice Italy), forse la nostra societàè così zuppa di pregiudizio da iniziare a sgocciolare.Intanto nel ventre della patria di ogni libertà, un ventunenne è so-spettato di una strage in nome della superiorità della razza bianca.Un ennesimo rigurgito di quellÊarianesimo che striscia sotto la su-perficie della nostra terra e della nostra pelle. E poi si lascia vomi-tare dai deliri psicotici di qualche individuo troppo fragile per fingeredi non pensare lÊodio, di non sentire lÊodio, di non agire lÊodio.Eccolo qui, davanti agli occhi di ognuno di noi, nelle cronache,nelle storie, nei condomini, tra le mura della nostra casa, nelle pie-ghe dei nostri panni, sotto le unghie. Odio, razzismo, discrimina-zione.Sentimenti così indicibili eppure così facili da manifestare, da tol-lerare. E sempre lÊannosa questione che torna: sono connaturatiallÊuomo? Fanno parte di un patrimonio genetico, biologico, ata-vico? Non possiamo sopravvivere senza? O sono costruzioni so-ciali, insegnamenti passati di padre in figlio, letti nel labiale mutodelle convenzioni, nelle ire da parcheggio, tra i carrelli dei super-mercati o ai tornelli del metrò?

Uno sociobiologo vi dirà che alla fine siamo poco più che animali,uomini da Leviatano, che siamo più favorevoli a chi ci è genetica-mente più simile, ostile a chi ci appare differente. Anche qualoraqueste differenze siano solo negli occhi di chi guarda. ˚ la savana,baby! Siamo i più pericolosi predatori e parassiti sulla terra. Nonpossiamo fare altrimenti.Gli psicoanalisti scomoderebbero le pulsioni di morte, le dinamicheche ci guidano silenziose verso la distruzione. Ci ricorderebbero lapotenza di quel magma interno che è lÊEs che influenza pensieri,emozioni, azioni, mentre tentiamo di soffocarlo con la ragionevo-lezza dellÊIo, con la rigidità del SuperIo. Gli psicologi sociali ci ricorderebbero che è la conseguenza dellacategorizzazione sociale, che abbiamo bisogno di sentirci parte delgruppo vincente, del gruppo valido e che per ottenere questo dob-biamo serrare i ranghi contro un gruppo inferiore, omogeneo, ste-reotipato. Che la componente emotiva alla base di tali processi ètalmente forte che la logica non sembra scalfirla. Un estratto di un vecchio testo di Allport (La natura del pregiudizio,1954) riporta la seguente conversazione:„A: il guaio degli ebrei è che si occupano soltanto della loro razza.B: ma gli atti relativi alla campagna comunitaria dimostrano cheessi danno più generosamente, in proporzione al loro numero, ri-spetto ai non ebrei.A: ciò dimostra solo che cercano continuamente di ottenere favorie dÊintrufolarsi dappertutto. Non pensano ad altro che ai soldi: delresto quasi tutti gli ebrei sono banchieri.B: ma una recente ricerca dimostra che la percentuale degli ebreiintrodotta nelle attività bancaria è trascurabile, assai minore di

quella relativa ai non ebrei.A: è vero: essi rifuggono dai lavori dignitosi; bazzicano nel mondodel cinema o gestiscono locali notturni..‰Della necessità e della ineluttabilità di tali atteggiamenti trove-remmo molto in letteratura. Di come essi nascono e si mantengono

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Il nocciolodellaquestione

di Serena Petretta

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vivi. Di come alimentano menti criminali e di come sorreggonolÊautostima degli adolescenti. Di come invadono il pensiero comunee si fanno massa, diventando pericolo, provocando morte e doloree guerra. Quello di cui si parla forse troppo poco nei manuali e nei convegniè la responsabilità. La responsabilità dei propri pensieri (anche i

più abietti), la responsabilità delle proprie azioni, la responsabilitàper lÊinfluenza che abbiamo sugli altri e che subiamo dagli altri. Laresponsabilità che abbiamo come esseri umani di aver cura, rispettoe amore per gli altri esseri umani.Di questo si parla poco. E forse è questo il nocciolo della questione.

PROVACI ANCHE TUdi Giovanni Esposito

Guarda più giù,dove cresce il seme,mentre il cuore batte e la mente disegna il fiore,il frutto e la passione.

Guarda più giù,dove cadono gocce di sudore,dove lo sforzo è immane,dove non cÊè spazio che per lÊimmaginazione,dove trovi la pelle di un altro colore.

Guarda più giù,nella terra dei fuochi,nella cartolina a colori,dove lÊalba è piaceree il tramonto dolore.Nel blu dipinto di blu.

Guarda quaggiù,sono sicuro che un giornoridendo e scherzando,tra un sorriso e un pianto,ci sei passato anche tu.

progetto diprevenzione e recupero

l’Alcool non è un gioco

per appuntamenti 0825/72420 - 72419

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Associazione Culturale per il Sociale

LiberaMenteLiberaMenteTrimestrale dé La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa : 5/10 R. del 15/07/2010

Diret tore EditorialeDiret tore EditorialeMauro Aquino

Diret tore ResponsabileDiret tore ResponsabileEnza Petruzziello

Capo Redat toreCapo Redat toreFrancesco Iannicelli

CoordinatoreCoordinatoreLuigi Numis

Redazione Redazione Andrea PisantiAntonio ParenteCarlo CalvinoEdda LombardiEduardo GraziusoFrancesco IannicelliGiovanni EspositoJana NovellinoLuigi NumisNicola De RogatisSerena Petretta

EditoreEditoreAssociazione La Casa sulla Roccia ONLUSVia San Tommaso, 8583100 Avellinohttp://www.lacasasullaroccia.it

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