L’HOUSING SOCIALE IN EUROPA -...
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L’HOUSING SOCIALE IN EUROPA DI
ALBERTA DE LUCA1
COSA SI INTENDE PER “HOUSING SOCIALE” P. 2
IL COMPLESSO QUADRO DELL’EDILIZIA SOCIALE IN EUROPA P. 3
GERMANIA, ITALIA, POLONIA, SLOVACCHIA E SPAGNA: UN CONFRONTO P. 11
PRATICHE INNOVATIVE P. 20
Residenza temporanea “Luoghi comuni”, Torino (I). p. 22
Residenza collettiva sociale “Cascina Filanda”, Torino (I). p. 25
“Cenni di cambiamento”, Milano (I). p. 27
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI P. 29
1 Officina Territorio s.n.c.
2
COSA SI INTENDE PER “HOUSING SOCIALE”
L’attuale questione abitativa presenta caratteri e problemi diversi dal passato2:
l’estrema frammentazione della domanda (esprimono disagio abitativo
persone mai colpite prima da questo problema);
la sempre più stretta relazione fra problemi abitativi e problemi di ordine
diverso (immigrazione, precarietà dell’impiego e flessibilità del mercato
del lavoro, invecchiamento della popolazione, trasformazione della
famiglia tradizionale ecc.);
la diminuzione generalizzata della spesa pubblica per il settore (con la
progressiva ridefinizione del ruolo del soggetto pubblico e l’emergere di
attori diversi) (Clapham, 2006; Hickman e Robinson, 2006).
L’azione congiunta di questi elementi, esemplificativi e non esaustivi, determina
un quadro generale in continuo mutamento, rendendo necessarie nuove chiavi di
lettura, sia dal punto di vista analitico e interpretativo, sia da quello delle possibili
azioni (le politiche).
Una delle possibili risposte all’attuale disagio – o, più precisamente, a una parte
dell’attuale disagio – è rappresentato dall’housing sociale.
Ma che cosa si intende con questa espressione? La traduzione, al di là del suo
significato letterale (edilizia sociale), non è semplice e chiama in causa una
pluralità di temi e di problemi, variamente declinati nei diversi contesti nazionali e
nei differenti periodi storici3.
La definizione più spesso utilizzata è quella proposta dal CECODHAS (il Comitato
europeo di coordinamento per l’edilizia sociale)4:
“l’housing sociale è l’insieme delle attività atte a fornire alloggi adeguati,
attraverso regole certe di assegnazione, a famiglie che hanno difficoltà nel
trovare un alloggio alle condizioni di mercato perché incapaci di ottenere
credito o perché colpite da problematiche particolari”
In che cosa si differenzia l’housing sociale dalla più tradizionale “edilizia
popolare”? Esso assume fra i propri obiettivi non solo la risposta quantitativa al
bisogno di casa, ma anche (e forse soprattutto) la fornitura dei servizi necessari
per accrescere la qualità degli interventi e rispondere alle complesse esigenze
2 La maggior parte di queste riflessioni trae spunto da un lavoro sull’housing sociale condotto
qualche anno fa in seno al centro di ricerca EU-POLIS del Dipartimento Interateneo Scienze,
progetto e politiche per il territorio del Politecnico e dell’Università di Torino (cfr. de Luca,
Governa, Lancione, 2009). 3 Per una ricostruzione delle diverse fasi del social housing in Europa si veda: Priemus, Kleinman,
Mac Lennan, Turner, 1993. 4 Il CECODHAS riunisce 50 organismi nazionali o regionali di 23 paesi europei. Fra le sue funzioni
istituzionali figura anche quella, fondamentale, di rappresentare gli organismi membri e i loro
utenti presso le istanze europee, promuovendo l’abitazione sociale nell’Europa comunitaria (cfr.
Czischke, 2007).
3
dell’abitare. Non solo casa, quindi, ma anche inclusione, partecipazione, qualità
della vita.
L’allargamento del campo di azione delle politiche abitative che ne consegue
implica un cambiamento e una ridefinizione dei ruoli dei diversi attori coinvolti
(non più solo il soggetto pubblico), delle modalità di finanziamento, di gestione
degli interventi e di selezione dei beneficiari.
Questo cambiamento assume forme diverse nei singoli Paesi: il paragrafo
successivo darà conto dell’estrema eterogeneità delle differenti situazioni.
IL COMPLESSO QUADRO DELL’EDILIZIA SOCIALE IN EUROPA
Il concetto di edilizia sociale appena esposto non consente un confronto agevole
tra le diverse realtà dei singoli Paesi europei poiché su di esse pesano in maniera
rilevante scelte politiche, assetti istituzionali e amministrativi e sistemi di
regolazione. Gli studi internazionali sul tema della condizione abitativa, infatti,
non sono riusciti ancora a sistematizzare analisi comparative tra le diverse realtà
che compongono la questione abitativa in Europa (Boelhouwer et al., 2000;
Oxley, 2001). Tuttavia, è possibile individuare alcune variabili-chiave – le prime
tre di natura quantitativa e le altre due qualitative - per cogliere le diverse realtà
nazionali5, in particolare: i) la spesa nazionale per l’housing; ii) lo stock
immobiliare; iii) i fornitori; iv) i sistemi di finanziamento.
La spesa nazionale - Da un punto di vista meramente quantitativo, come dimostra
il grafico 1, i Paesi europei possono essere divisi in quattro grandi categorie a
seconda della quota di spesa sociale dedicata alla casa: i) i Paesi con una spesa per
l’edilizia sociale inferiore allo 0,5% della spesa sociale (Portogallo, Italia, Belgio
e Austria); ii) i Paesi con una spesa tra lo 0,5 e l’1% (Lussemburgo e Spagna); iii)
i Paesi con una spesa dal 1,1 al 2% (Finlandia, Paesi Bassi e Svezia); iv) i Paesi
con una spesa superiore al 2% (Germania, Grecia, Danimarca, Francia, Irlanda e
Regno Unito).
Le differenze fra i diversi Paesi sono, pertanto, rilevanti e non sempre si conferma
la classica distinzione tra il modello sociale del Nord Europa, da cui ci si aspetta
una spesa maggiore, e quelli del Sud, notoriamente con uno stato sociale meno
sviluppato: Belgio e Austria destinano, ad esempio, una percentuale bassa della
loro spesa sociale alle politiche di housing (intorno allo 0,3%), sostanzialmente
paragonabile a quella dell’Italia (0,1%).
5 È necessario precisare che i dati che saranno presentati si riferiscono il più delle volte agli anni
precedenti la crisi e spesso all’Europa a 15. Ciò rivela una delle maggiori difficoltà analitiche della
questione abitativa che non può ad oggi contare su una sistematizzazione adeguata delle
informazioni dei diversi contesti nazionali, soprattutto per quanto concerne i Paesi entrati
nell’Unione più recentemente. Per una lettura del fenomeno a seguito della crisi economica, il
CECODHAS sta elaborando alcuni studi (a tal proposito, si veda: CECODHAS, 2012).
4
Grafico 1 – La spesa per l’housing sul totale della spesa sociale (dati Eurostat
2005)
Ciò non significa, però, che l’attenzione per le politiche abitative sia la stessa.
Occorre, infatti, prendere in considerazione anche i dati relativi allo stock di
alloggi sociali (sul totale degli alloggi in affitto e su quello di nuova costruzione).
Lo stock immobiliare – Generalmente, la consistenza dello stock abitativo sociale
si misura nell’incidenza degli alloggi sociali in affitto sul totale dello stock
abitativo. Come illustra la figura 1, si possono individuare cinque gruppi di Paesi:
il primo con una percentuale che va dallo 0 al 1,9% (Grecia, Lettonia e Estonia); il
secondo con una percentuale che va dal 2 al 4,9% (Lussemburgo, Lituania,
Bulgaria, Portogallo, Ungheria e Germania); il terzo con una percentuale che va
dal 5 al 10,9% (Italia, Malta, Slovenia, Belgio, Irlanda e Polonia); il quarto con
una percentuale che va dall’11 al 18,9% (Finlandia, Francia, Repubblica Ceca,
Regno Unito e Svezia) e infine, il quinto con una percentuale di alloggi sociali sul
totale degli alloggi più alto del 19% (Danimarca, Austria e Paesi Bassi).
La maggior parte dei Paesi dell’Europa Centrale e dell’Est presentano percentuali
molto basse, eccezion fatta che per la Repubblica Ceca e la Polonia (in parte
perché gran parte del patrimonio residenziale è rimasto in mani pubbliche anche
dopo la transizione verso un’economica di mercato).
Tra il 2000 e il 2008 il settore è rimasto costante in Austria, Belgio, Danimarca e
Finlandia mentre si è contratto in tutti gli altri Paesi dell’Europa a 15 e la quota di
persone che ha fatto richiesta di un alloggio sociale è cresciuta in media ovunque.
5
Fig. 1 - La consistenza del patrimonio di alloggi sociali in affitto sul totale degli
alloggi
Fonte: CECODHAS, 2011
Un altro dato interessante è quello relativo alla percentuale di alloggi sociali sul
totale delle nuove costruzioni: Austria Danimarca e Paesi Bassi si attestano sulle
posizioni più alte della graduatoria, la Grecia e la maggior parte dei Paesi dell’Est
in quelle più basse ma i dati a disposizione non consentono di fotografare la
situazione completa dell’Unione (tabella 1).
Inoltre, occorre considerare che a seguito della crisi alcuni governi hanno
investito nell’housing sociale come ammortizzatore nell’ambito di più ampi e
generali piani di recupero: in Francia, per esempio, secondo la fonte CECODHAS
(2011), il 2010 è stato l’anno record per la costruzione di housing sociale (in
totale 131.509 nuovi alloggi); in Inghilterra, mentre il numero di nuove
costruzioni da parte di imprese private si è dimezzato nei bienni 2007-2008 e
2008-2009, quello delle abitazioni sociali è aumentato. Rimane però da vedere, in
6
questo momento di estrema instabilità, come i governi decideranno di regolarsi a
fronte di perduranti tagli alla spesa pubblica e misure di austerità.
Tab. 1 - Il patrimonio di alloggi sociali edificati sul totale delle nuove costruzioni
EU-27 VALORI PERCENTUALI
Austria 27,5
Belgio 6
Bulgaria nd
Cipro nd
Danimarca 22
Estonia nd
Finlandia 13
Francia 12
Germania 15
Grecia 1
Irlanda 7
Italia nd
Lettonia 1
Lituania nd
Lussemburgo nd
Malta nd
Paesi Bassi 19
Polonia 5
Portogallo nd
Regno Unito nd
Repubblica ceca nd
Romania 4
Slovacchia 12
Slovenia nd
Spagna 16
Svezia 13
Ungheria nd
Fonte: Cecodhas, 2011
La fotografia dello stato del social housing nell'UE che emerge - anche solo dai
pochi dati quantitativi sin qui esposti - è quanto mai composita. In termini di
spesa, di stock e di trend futuri, la situazione è frantumata e di difficile
interpretazione.
Ciò che appare evidente è la necessità di condurre una lettura trasversale e
sincronica dei diversi dati per cogliere, almeno in parte, la complessità del
fenomeno. Tre esempi possono chiarire il concetto.
7
Il primo riguarda il Belgio e l’Austria: come si è visto, questi Paesi destinano alla
casa una spesa analoga all’Italia (rispettivamente 0,2%, 0,4% e 0,1%, vedi grafico
1). Tuttavia, prendendo in considerazione i dati relativi allo stock di alloggi
sociali sul totale degli alloggi in affitto (Austria 23% e Belgio 7%, vedi figura 1) e
la percentuale di nuovi alloggi sociali costruiti sul totale delle nuove costruzioni
(Austria 27,5% e Belgio 7%, vedi tabella 1), si può notare come questi Paesi, pur
non investendo molto in housing, riescano ad avere un sistema molto più
sviluppato e, a una prima analisi, efficiente rispetto ad altri. Alcuni Paesi, quindi,
hanno un sistema in cui a una bassa spesa per housing sociale corrisponde uno
stock di alloggi sociali consistente e si registra un trend di espansione
considerevole.
Un secondo esempio è rappresentato dalla Germania che, pur avendo un numero
di alloggi sociali contenuto (il 4,6% sul totale dello stock abitativo, vedi figura 1),
presenta una percentuale di nuovi alloggi sociali costruiti sul totale dei nuovi
edifici piuttosto alta (15%, vedi tabella 1), segno di una certa dinamicità espansiva
del settore.
Il terzo esempio riguarda Francia e Spagna, due Paesi dalle politiche abitative
molto diverse: se la Francia ha, infatti, un considerevole stock di alloggi sociali
(17%, vedi figura 1) e una lunga storia di logement sociale alle spalle, lo stesso
non si può dire della Spagna che si attesta atra gli ultimi posti dell’Unione per
numero di alloggi sociali disponibili (2%, vedi figura 1). Ciò che però è
interessante rilevare è che la Spagna si trova tra i Paesi che hanno oggi un trend
fortemente positivo (16% di alloggi sociali sul totale delle nuove abitazioni, vedi
tabella 1) e, in questo senso, sembra intenzionata a recuperare il gap.
La difficile composizione del quadro complessivo dell’housing sociale in Europa
è confermato anche da altri tipi di variabili, di natura più qualitativa, riguardanti i
provider di housing sociale e i diversi sistemi di finanziamento.
I fornitori – Chi si fa carico dell’edilizia sociale in Europa? Il sistema di
governance è composito e, soprattutto, in continua evoluzione.
Storicamente, l’housing sociale è nato in Europa nei primi anni del XX secolo,
grazie all’impulso del settore privato (principalmente istituzioni caritatevoli e
aziende private che fornivano alloggi per i propri dipendenti) in risposta ai
crescenti bisogni abitativi indotti dall’industrializzazione di massa e la massiccia
urbanizzazione. In seguito al secondo conflitto bellico, molti governi centrali
hanno deciso di subentrare a queste iniziative per andare incontro alla crescente
domanda di case6.
Nel corso degli anni Novanta si è assistito a un processo di decentramento delle
responsabilità in materia di housing verso i livelli regionale e locale,
parallelamente a un progressivo ritiro da parte dello Stato centrale, protrattosi
ancora negli ultimi venti anni, quando si è registrato un graduale ritorno
dell’attore privato e l’affermarsi di iniziative non profit portate avanti da agenzie
6 Vale qui la pensa di sottolineare che in alcuni Paesi come la Danimarca e i Paesi Bassi, il settore
è rimasto prerogativa degli attori privati.
8
sociali (sebbene parallelamente a sussidi a larga scala, programmi di
finanziamento e regolazioni settoriali di emanazione governativa).
La fotografia della situazione attuale è riportata nella tabella 2.
Tab. 2 – I fornitori
GOVERNO
CENTRALE
AUTORITÀ
LOCALE
ISTITUZIONI
/SOCIETÀ
PUBBLICHE
INDIPENDENTI
COOPERATIVE
ALTRI
PRIVATI NO
PROFIT
PROVATI FOR
PROFIT
Austria X X X X X
Belgio X X X
Bulgaria X
Cipro X
Danimarca X X X
Estonia X
Finlandia X X
Francia X X X
Germania X*
Grecia X
Irlanda X X X
Italia X X X X X
Lettonia X
Lituania X
Lussemburgo X X
Malta X X
Paesi Bassi X
Polonia X XX**
Portogallo X X X x
Regno Unito X X X X X***
R. Ceca X X*** X*** X***
Romania X
Slovacchia X
Slovenia X X
Spagna X X X X
Svezia****
Ungheria X
* incluse aziende municipali, considerate come parti del settore privato; ** a seconda delle definizione
impiegata; *** possono richiedere finanziamenti per fornire edilizia sociale nell’ambito di schemi di
finanziamento specifici; **** non esiste ufficialmente l’“edilizia sociale”, nonostante l’esistenza di un settore
di proprietà pubblica a livello municipale e di cooperative proprietarie di alloggi.
Fonte: CECODHAS, 2011
Attori pubblici, nella maggior parte dei casi locali (solo a Malta e Cipro la
competenza è ancora del governo centrale) che operano direttamente o attraverso
9
aziende ad hoc di proprietà pubblica sono affiancati da soggetti privati
specializzati, in crescita, generalmente non profit o limited profit.
Diverso è il caso dei Paesi centro-orientali dove (eccezion fatta per Polonia e
Repubblica Ceca) le politiche di social housing sono gestite esclusivamente dai
governi locali, senza alcun coinvolgimento di soggetti esterni.
Negli ultimi anni il panorama si è arricchito di un altro soggetto, i fornitori non
specializzati (“commercial developers” e proprietari privati), che ricevono sussidi
pubblici per fornire abitazioni con finalità sociali, generalmente per un periodo di
tempo limitato (è il caso della Germania, la Spagna, l’Italia, l’Inghilterra, la
Francia e la Repubblica Ceca).
I sistemi di finanziamento7 - Gli interventi di edilizia sociale vengono finanziati
attraverso strumenti diversi (a volte combinati tra loro): prestiti e sussidi pubblici,
prestiti bancari, contributi degli inquilini ecc.
Il finanziamento dei progetti di social housing può essere di competenza esclusiva
dello Stato centrale, delle Regioni (o Provincie federali), delle Municipalità o, in
alcuni casi, di più soggetti contemporaneamente. In alcuni Paesi, come la Svezia
o i Paesi Bassi, non è previsto alcun sistema di finanziamento pubblico, in altri è,
invece, l’unico tipo di finanziamento esistente, come nel caso di Bulgaria,
Lettonia, Lituania e Romania, dove gli alloggi sociali sono solo di proprietà
pubblica e finanziati dal budget municipale (o, in certi casi, da quello statale).
Il sostegno pubblico può avvenire mediante sovvenzioni dirette o prestiti da parte
di istituti di credito pubblici specializzati, mentre nel caso di prestiti da istituti di
credito privati, l’attore pubblico può fungere da garante o finanziare il pagamento
dei relativi interessi.
Le istituzioni pubbliche possono finanziare il social housing anche indirettamente,
concedendo, per esempio, terreni a prezzi scontati (come avviene in Austria, Italia
e Lussemburgo) o agevolazioni fiscali che riducano i costi di costruzione.
Anche il mercato finanziario privato può sostenere progetti di social housing. Si
tratta di un’opzione abbastanza frequente negli ultimi tempi, sebbene la crisi
finanziaria abbia dimostrato che, per garantire la sostenibilità e l’applicabilità di
questo tipo di finanziamento, deve esserci qualche forma di intermediazione tra i
fornitori e il mercato (per esempio, una struttura di collegamento supervisionata
da autorità pubbliche) in grado di garantire e supportare gli investimenti.
Un’altra modalità di finanziamento consiste nella vendita dello stock esistente.
Questa soluzione è stata adottata frequentemente negli ultimi anni, da un lato per
soddisfare gli affittuari che volevano diventare proprietari di una casa ma non
potevano farlo sul mercato privato e dall’altro per generare nuove risorse da
investire nella ristrutturazione e nella costruzione di nuovi alloggi. La drastica
7 Cfr. Lodi Rizzini C. (2013), “Le politiche di Social Housing in Unione Europea: a che punto
siamo?”, reperibile sul sito Secondo Welfare: http://www.secondowelfare.it/terzo-settore/le-
politiche-di-social-housing-in-unione-europea-a-che-punto-siamo.html (ultimo accesso 17
febbraio 2014).
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riduzione nel numero e nel livello di qualità del patrimonio immobiliare (di fatto
sono stati venduti gli alloggi di maggiore pregio) ha tuttavia allarmato alcuni
governi. Infatti, il “right to buy” è riconosciuto solo in Austria, nelle Fiandre e nel
Regno Unito (oggi con diverse limitazioni), in alcuni paesi non è consentito
(Lettonia, Lituania, e con alcune eccezioni, Danimarca e Svezia), in altri è
subordinato a determinate condizioni (nella maggior parte degli Stati)8.
I progetti di edilizia sociale possono, infine, essere finanziati non solo sul lato
dell’offerta, ma anche su quello della domanda, principalmente attraverso benefits
che aiutano gli affittuari nel pagamento del canone di locazione. Si tratta di una
forma di finanziamento indiretta che può però anche generare distorsioni, come
l’aumento generale degli affitti.
8 In Grecia e a Cipro, invece, l’housing sociale prevede solo la vendita, e non l’affitto degli
alloggi.
11
GERMANIA, ITALIA, POLONIA, SLOVACCHIA E SPAGNA: UN
CONFRONTO
I cinque Paesi aderenti al Progetto “Social Housing Good Practices” (Germania,
Italia, Polonia, Slovacchia e Spagna) rappresentano bene l’eterogeneità – del
problema abitativo e delle possibili risposte per farvi fronte – che, come si è detto
precedentemente, è la cifra più significativa della questione-casa in Europa.
Questo paragrafo è un approfondimento delle situazioni dei cinque Paesi,
condotto attraverso dati qualitativi e quantitativi. Per questi ultimi si rimanda ai
grafici e alla tabella sintetica alla fine del paragrafo mentre per quanto riguarda gli
elementi qualitativi, sono stati presi in considerazione quattro aspetti-chiave: i)
cosa s’intende per social housing; ii) chi lo fornisce; iii) com’è finanziato; iv) chi
può accedervi.
La fonte principale di tale approfondimento - sia per quanto attiene gli aspetti
quantitativi, sia per quelli qualitativi - è il già citato rapporto sull’edilizia sociale
in Europa, redatto dal CECODHAS (2011).
In Germania all’espressione “housing
sociale”, generalmente poco usata, si
preferisce “alloggi sovvenzionati” o “edilizia
agevolata”, settore che rappresenta circa il 5%
dello stock abitativo nazionale.
Con tali termini, si fa in genere riferimento
all’insieme delle sovvenzioni pubbliche
indirizzate ai diversi fornitori, in cambio della
disponibilità ad utilizzare parte degli alloggi a
scopo sociale (introducendo soglie di reddito e applicando canoni di locazione più
bassi) su base temporanea.
La ripartizione delle competenze vede: lo Stato federale che è responsabile
dell’erogazione dei sussidi alle famiglie e della definizione della normativa di
riferimento riguardo ai contratti di locazione; le Province (Lander) che hanno un
ruolo-chiave in quanto responsabili dei programmi e piani di finanziamento;
infine, gli enti locali che hanno il compito di garantire alloggi a prezzi accessibili
a chi non può assicurarsi un alloggio adeguato.
In Italia la definizione ufficiale di “social housing” è stata fornita, per la prima
volta, nel 2008 (con il Decreto Legge “Definizione di alloggio sociale ai fini
dell'esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87
e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea”). Secondo tale disposizione
normativa, l’housing sociale è composto da: i) alloggi dati in locazione su base
permanente; ii) alloggi costruiti o ristrutturati - attraverso partecipazioni pubbliche
e private o l’utilizzo di fondi pubblici - che vengono affittati per un periodo di
almeno otto anni; iii) gli alloggi venduti a prezzo calmierato con l’obiettivo di
creare mix sociale nei contesti di riferimento. Complessivamente, gli alloggi
sociali in affitto rappresentano circa il 4% del patrimonio abitativo nazionale.
COSA S’INTENDE
PER SOCIAL
HOUSING
12
Il concetto di housing sociale ha sostituito quello di “edilizia residenziale
pubblica” (ERP) - e quello ancora precedente di “edilizia economica o popolare”
– che faceva riferimento al patrimonio immobiliare realizzato con il concorso
finanziario dello Stato, o di altri enti pubblici, per la costruzione di abitazioni a
costo contenuto per i cittadini meno abbienti.
Tre sono le tipologie di edilizia sociale: l’ “edilizia sovvenzionata”, a totale
carico, con il concorso o con il contributo dello Stato, realizzata da quest’ultimo o
dagli enti pubblici (Regioni, Comuni, Agenzie territoriale per la casa) e a cui si
applicano le norme previste per le opere dello Stato e degli enti pubblici (in
termini di semplificazione delle procedure per l’occupazione delle aree e
l’esecuzione delle opere); l’“edilizia agevolata” in cui l’amministrazione incentiva
l’edificazione residenziale attribuendo specifiche agevolazioni creditizie alle
imprese costruttrici; infine, l’ “edilizia residenziale convenzionata” che, come la
precedente, prevede la realizzazione dell’immobile da parte del privato cui lo
Stato non offre agevolazioni creditizie ma attribuisce direttamente beni o
contributi.
In Polonia è difficile stabilire quali abitazioni costituiscano il patrimonio di
housing sociale. Vi rientra un’ampia gamma di alloggi, composta da: i) gli alloggi
in affitto e alloggi di proprietà dei Comuni; ii) le abitazioni con affitti
regolamentati procurate da organizzazioni immobiliari non-profit denominate
TBS (society for social housing); iii) gli alloggi forniti da aziende statali e quelli
offerti dalla tesoreria dello Stato ai propri dipendenti; iv) le abitazioni di proprietà
delle cooperative, occupate dagli inquilini che ne hanno titolo; v) gli alloggi
destinati a persone disabili o ad altri gruppi che abbiano particolari necessità; vi)
le strutture prefabbricate di emergenza per i senza-tetto; vii) le abitazioni occupate
dai proprietari, costruite o acquistate attraverso sussidi statali (in particolare
attraverso il programma “Una casa per ogni famiglia”).
In Slovacchia è in corso un ampio dibattito per la riforma del settore. Nel gennaio
del 2011, è entrata in vigore una nuova norma che riguarda i sussidi a sostegno
delle abitazioni sociali, definite come: “abitazioni acquisite con l’utilizzo di fondi
pubblici per fornire un’adeguata e umanamente decorosa soluzione abitativa a
individui che con i loro mezzi non sono in grado di provvedere ad assicurarsi una
casa e che rientrano nelle condizioni stabilite dalla presente norma. Il social
housing è anche costituito da abitazioni permanenti in edifici residenziali o
alloggi finanziati con i fondi pubblici e forniti in osservanza di specifiche
normative in materia”.
Due tipologie di soluzioni abitative ricadono nella tipologia di social housing: i) i
nuovi alloggi costruiti utilizzando sussidi statali, di proprietà municipale,
finalizzati a necessità sociali e occupati in base a criteri definiti (in base ad un
provvedimento che è in vigore da 14 anni); ii) una piccola parte di edifici di
proprietà delle Municipalità, occupati da inquilini che già risiedevano in case di
proprietà statale e che non hanno acquistato l’alloggio in cui vivevano: essi
beneficiano ancora di un diritto permanente di utilizzo dell’alloggio con canoni
d’affitto limitati ed estremamente bassi. In base ad alcune stime, questi alloggi
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rappresentano solo un quarto del numero totale di abitazioni di proprietà delle
Municipalità.
In Spagna il mercato delle abitazioni è fortemente orientato verso la proprietà
della casa e solo una piccola quota dello stock di abitazioni è destinata all’affitto.
Inoltre, il patrimonio abitativo in locazione è fortemente concentrato nelle grandi
aree metropolitane del Paese, dove la quota si avvicina maggiormente agli
standard europei.
A partire dal 1963, il governo ha definito (mediante il regio decreto 2131/1963),
la “Vivienda de protección oficial” (VPO, anche conosciuta come “Vivienda con
protección publica” o “Vivienda protegida”), una tipologia di edilizia
parzialmente sovvenzionata dalla pubblica amministrazione, il cui obiettivo è
l’agevolazione dell’acquisto (e talvolta dell’affitto) per la popolazione a basso
reddito. I benefici legati a un alloggio classificato come VPO sono indirizzati sia
al costruttore (o al promotore) che all’acquirente: il costruttore, impegnandosi a
vendere l’abitazione entro un tetto di prezzo massimo fissato dalla pubblica
amministrazione, riceve in cambio i finanziamenti per gran parte del progetto
(80%) a un tasso d’interesse basso; l’acquirente ottiene una casa a un prezzo
notevolmente inferiore a quello di mercato (talvolta anche sussidi nella forma di
prestiti a interessi ridotti) e in cambio la casa avrà una normativa di uso e di
vendita speciale (deve essere il domicilio abituale dell’acquirente e, qualora
desiderasse vendere l’alloggio, il prezzo sarebbe fissato dalla pubblica
amministrazione che possiede anche il diritto preferenziale per l’acquisto).
Il settore di proprietà rappresenta l’85% dell’intero stock abitativo e quello in
affitto appena l’11%, il più basso in Europa, concentrato in poche grandi città
come Madrid e Barcellona. L’affitto sociale raggiunge solo il 2%.
In Germania il settore non-profit istituzionale
è stato sciolto nel 1989 e
contemporaneamente il patrimonio di
proprietà delle Municipalità è stato trasferito a
proprietari privati, orientati al mercato
immobiliare. Attualmente, i fornitori di
alloggi pubblici sovvenzionati sono le società
immobiliari partecipate dai Comuni e le
cooperative (che tradizionalmente
rappresentano il settore non-profit), così come i proprietari privati, gli operatori
commerciali e gli investitori. Da un punto di vista giuridico, tutte le società
immobiliari sono considerate operatori del mercato, anche se effettivamente le
società immobiliari municipali agiscono in accordo con le politiche locali e in
relazione alle necessità abitative della popolazione.
In Italia, il principale fornitore è dagli ex “Istituti autonomi case popolari” (Iacp),
enti pubblici, non economici, creati nel 1903 per soddisfare le necessità abitative
per le classi meno abbienti e successivamente trasformati in “Agenzie autonome”,
CHI FORNISCE IL
SOCIAL HOUSING
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con differenti statuti legali, che posseggono e/o gestiscono il patrimonio abitativo
pubblico. A esse si aggiungono le cooperative edilizie e altri operatori privati,
coinvolti nella fornitura di alloggi sociali sin dalla fine degli anni Settanta. Le
cooperative edilizie consistono nell’associazione di più persone (almeno nove)
che, in forma d’impresa, perseguono “la funzione sociale della cooperazione a
carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”, allo scopo di
soddisfare le esigenze abitative dei propri membri. Alcuni nuovi operatori sono
entrati recentemente in scena e sono principalmente le fondazioni create dalla
partnership tra Regioni, Municipalità, fondazioni bancarie e altri investitori
privati.
L’edilizia sovvenzionata è di competenza del settore pubblico (municipalità e
agenzie pubbliche per l’edilizia); l’edilizia agevolata è fornita quasi
esclusivamente dalle cooperative, mentre l’edilizia convenzionata racchiude sia
operatori pubblici sia privati, tra i quali i più attivi sono le imprese di costruzione
e le cooperative edili.
In Polonia, i provider sono le Municipalità, le aziende non – profit TBS e le
cooperative. Le prime detengono un patrimonio importante, pari a circa l’8% del
totale nel 2009 (sebbene negli ultimi anni la costruzione di nuovi alloggi
municipali si è in pratica arrestata); le 393 TBS – che possono essere di proprietà
pubblica, privata o a partecipazione mista - detengono, oggi, 79.300 alloggi (di
cui 3.100 costruiti nel 2010) in affitto a basso costo per inquilini che
contribuiscono fino a un massimo del 30% dei costi di costruzione; infine le
cooperative amministrano il 19,4% (dato del 2009) della quantità totale di alloggi,
in proprietà (83% dei casi) o in affitto (il restante 17%).
In Slovacchia, il social housing è fornito unicamente dalle Municipalità. Fino alla
fine del 2010 esisteva un’opportunità per le organizzazioni non-profit di accedere
ai fondi pubblici per il social housing, creati e controllati dalle Municipalità ma
questa opzione non è mai stata veramente fatta valere e non è stata più inserita
nella nuova normativa.
In Spagna, la costruzione delle “viviendas protegida” è prerogativa di diverse
soggettualità: organi statali, governi regionali, Municipalità, aziende pubbliche,
società miste pubblico-private, associazioni, imprese commerciali, cooperative,
organizzazioni non-profit, ma anche privati cittadini.
15
È molto difficile rappresentare il quadro
completo dei meccanismi di finanziamento
finalizzati alla fornitura di alloggi sociali in
Germania dove non ci sono banche-dati
centralizzate e i programmi di finanziamento
sono profondamente cambiati nel tempo. I
Comuni e le Province hanno un ruolo di primo
piano nella politica della casa.
In generale le sovvenzioni pubbliche, sotto
forma di sussidi o sgravi fiscali, colmano il gap tra il canone percepito e il reale
costo dell’affitto. Le sovvenzioni pubbliche diminuiscono progressivamente nel
tempo e di conseguenza il costo dell’affitto aumenta. Alla fine del periodo di
ammortamento (tipicamente 20 o 40 anni per le abitazioni di nuova costruzione
con sovvenzioni pubbliche e 12-20 anni per le abitazioni ristrutturate),
l’abitazione può essere affittata o venduta a prezzi di mercato.
In pratica, le aziende municipalizzate spesso continuano a gestire gli alloggi
sociali in termini di affitti e di assegnazioni. Sono disponibili anche agevolazioni
per persone al di sotto di determinate soglie di reddito, sia che siano in affitto sia
di proprietà.
In Italia, i finanziamenti sono erogati dalle Regioni. Insieme a esse le
Municipalità cofinanziano sussidi rivolti alla persona finalizzati alla locazione e
forniscono le aree ai costruttori. Il Governo centrale è responsabile della macro-
programmazione e del cofinanziamento dei progetti attraverso le indennità di
alloggio, il cofinanziamento di programmi per il rinnovo urbano e i programmi a
sostegno della spesa per il canone degli alloggi sociali.
Nel 2009, il “Piano nazionale di edilizia abitativa” ha posto le basi per la
definizione di una nuova forma di partecipazione pubblico-privato, attraverso la
“CDP Investimenti SGR Spa”, società di gestione del risparmio che promuove e
gestisce il “Fondo investimenti per l’abitare”. Sebbene il numero di fondi
generato sia contenuto, la modalità di finanziamento introdotta dai nuovi
provvedimenti normativi è un elemento di assoluta novità, soprattutto per il
settore pubblico.
L’ammontare dei fondi pubblici varia in base alla tipologia di schema di
finanziamento adottato, come rappresentato nella tabella 3.
In Polonia, la banca pubblica Bank Gospodarstwa Krajowego (BGK) attualmente
eroga crediti preferenziali alle aziende TBS e alle cooperative per la costruzione
di alloggi sociali. I prestiti coprono fino al 70% del valore del progetto e le
organizzazioni TBS sostengono il restante 30%, attraverso risorse proprie e/o
richiedendo agli inquilini un contributo che viene restituito quando l’inquilino
lascia l’alloggio (senza che generi un diritto all’acquisto).
Nell’agosto del 2011, un emendamento alla legge sulle aziende TBS ha previsto
che, a determinate condizioni, l’azienda proprietaria può vendere gli alloggi a
prezzi di mercato.
Gli affitti sono legati al costo e limitazioni sono fissate dalla legge. Nelle
abitazioni delle cooperative, l’inquilino - membro della cooperativa - paga il 30%
del costo iniziale e successivamente un affitto che copre i costi di manutenzione.
COM’È
FINANZIATO IL
SOCIAL HOUSING
16
Le Municipalità utilizzano il loro budget principalmente per espandere il proprio
stock abitativo, attraverso nuove costruzioni e acquisizioni di alloggi esistenti. I
canoni degli affitti sono stabiliti a livello locale.
Dal 2004, i proprietari delle abitazioni sono liberi di definire il canone dell’affitto
ma, se questo supera un certo valore, l’incremento deve essere debitamente
giustificato. Inoltre, le Municipalità possono richiedere dei sussidi alla BGK per la
costruzione e la ristrutturazione di alloggi destinati ai gruppi sociali in condizioni
di povertà.
Infine, lo Stato può sovvenzionare le Municipalità e le associazioni non
governative per la costruzione e la ristrutturazione di alloggi destinati ai senza-
tetto e a persone con necessità particolari (i cosiddetti “alloggi protetti”).
Tab. 3 - Meccanismi di finanziamento dell’edilizia sociale in Italia SCHEMI DI
EDILIZIA
SOCIALE
DEFINIZIONE MECCANISMI FINANZIARI
EDILIZIA
SOVVENZIONATA
Affitto di alloggi di proprietà
pubblica. È rivolta alle fasce con il
reddito più basso.
I sussidi coprono tra il 60% e il
100% del costo e l’affitto è
proporzionale al reddito
dell’inquilino. Gli affitti nel settore
pubblico sono molto bassi,
mediamente corrispondono a un
quarto del valore di mercato.
EDILIZIA
AGEVOLATA
Abitazioni sia in affitto che in
vendita, indirizzate a famiglie con
redditi bassi e medi.
I sussidi per l’edilizia agevolata
variano tra il 20% ed il 60% del
costo. L’affitto è limitato al prezzo
minimo di mercato o al 4,5% del
costo di costruzione. I sussidi
nell’edilizia agevolata per la
vendita variano tra il 10% ed il
30% e il prezzo dell’alloggio non
può essere superiore a quello
dell’edilizia sovvenzionata.
EDILIZIA
CONVENZIONATA
Abitazioni private fornite per
affitto o vendita, i cui costi di
trasferimento sono regolati da uno
specifico accordo sottoscritto tra la
Municipalità e il proprietario
dell’abitazione.
I fornitori beneficiano di uno
sconto sulle tasse locali per
l’ottenimento dei permessi per la
costruzione e di una concessione
In Slovacchia, la costruzione di nuova edilizia residenziale sociale è finanziata
attraverso una combinazione di sussidi e prestiti leggeri.
I fondi provengono dal budget statale e dal “Fondo statale per lo sviluppo della
casa”, creato nel 1996, inizialmente finanziato unicamente dallo Stato e
recentemente alimentato anche da altre fonti. I sussidi coprono fino al 30% dei
costi di costruzione (escluso il costo dell’area) mentre il prestito ha un interesse
annuo dell’1%, con un periodo di rientro fino a 30 anni e può arrivare ad un
massimo dell’80% del valore.
17
Per incrementare la fornitura di abitazioni rivolte alle famiglie con redditi bassi, i
programmi di sostegno comprendono una terza tipologia di finanziamento che
consiste in un programma di sussidio per le infrastrutture tecniche necessarie alla
costruzione dell’abitazione.
La responsabilità finanziaria della gestione del patrimonio abitativo sociale resta,
in ogni caso, in capo alle Municipalità. Gli affitti degli alloggi sociali nelle nuove
abitazioni municipali sono basati su un rientro a lungo termine dei costi di
costruzione e possono arrivare al 5% annuo del costo totale di costruzione.
I benefici sull’alloggio sono disponibili solo per chi ha un reddito inferiore al
livello minimo di sussistenza. Paradossalmente i canoni di affitto dei nuovi
alloggi sono più alti dei vecchi canoni regolamentati che ancora oggi sono
applicati in una parte delle abitazioni municipali.
In Spagna, il finanziamento dell’housing social è regolato principalmente dal
“Piano nazionale per l’abitare” (e, in misura marginale, da piani regionali)
mediante sussidi pubblici. Inoltre, lo Stato promuove e attua convenzioni con gli
istituti di credito per la concessione di prestiti a condizioni favorevoli.
In Germania, i destinatari di social housing
sono stabiliti dalla legge. In generale si tratta
di famiglie che non possono accedere ad un
alloggio adeguato senza un adeguato
sostegno. Vengono supportate, in particolare,
le famiglie a basso reddito, quelle con figli a
carico, le famiglie monoparentali, le donne in
maternità, gli anziani e i senza tetto.
In Italia, il social housing rappresenta un obiettivo di interesse generale che mira
“alla salvaguardia della coesione sociale, con la finalità di contenere i problemi
abitativi di persone e di famiglie svantaggiate che non possono accedere
all’abitazione nel libero mercato”. Le Regioni hanno la responsabilità di definire i
requisiti per l’accesso al social housing così come le regole per la determinazione
dei canoni di affitto.
Per quanto riguarda gli alloggi sociali pubblici, in tutte le Regioni i requisiti per
accedere all’assegnazione degli alloggi (mediante la registrazione alle liste di
attesa), sono definiti dai seguenti criteri: il reddito del richiedente, l’indirizzo (per
verificare se esiste un collegamento diretto tra la famiglia e il Comune in cui si
effettua la richiesta) e la nazionalità. La priorità di accesso all’alloggio sociale è
assegnata in base al disagio abitativo, alla numerosità del nucleo familiare, alle
situazioni di coabitazione forzata.
In Polonia, i criteri di accesso possono variare in base ai diversi programmi e, in
generale, sono basati su criteri di reddito. Gli inquilini che risiedono in alloggi
sociali sono famiglie con redditi moderati che non posseggono altre proprietà
CHI PUÒ
ACCEDERE AL
SOCIAL HOUSING
18
immobiliari e che non possono acquista re o affittare un’abitazione nel libero
mercato.
Il reddito massimo per persona per ciascuna famiglia è definito per legge e, nel
caso gli alloggi siano forniti dalle TBS, si riferisce al salario medio presente nella
Regione in cui si effettua l’intervento oppure, nel caso gli alloggi siano forniti dai
Comuni, è definito dall’amministrazione comunale.
In Slovacchia, il criterio maggiormente utilizzato per l’accesso al social housing è
determinato dal livello di reddito della famiglia.
I gruppi socialmente vulnerabili possono avere una priorità nelle liste di accesso
(come ad esempio i disabili, i genitori single con figli piccoli, i malati mentali e i
senza-tetto). La decisione finale sull’assegnazione rimane sempre a cura della
Municipalità.
Nel caso delle abitazioni lasciate agli inquilini dei vecchi alloggi statali non
vengono applicati dei criteri specifici.
In Spagna, i piani per l’housing sociale hanno da sempre puntato a un’ampia
fascia della popolazione, stabilendo differenti programmi di sostegno in base al
livello di reddito dei beneficiari. Le singole Comunità Autonome utilizzano simili
requisiti per l’attribuzione degli alloggi: massimali di reddito, nessuna
disponibilità di altre case, registrazione nelle liste di attesa del territorio. Persone
con disabilità o in condizioni di dipendenza hanno la priorità. I governi regionali,
inoltre, possono stabilire altri tipi di requisiti.
Grafici 1-5 - Germania, Spagna, Italia, Polonia e Slovacchia: i titoli di godimento.
19
Tabella 4 - Germania, Spagna, Italia, Polonia e Slovacchia: i dati riassuntivi
INDICATORI D ES I PL SK
DATO ANNO DATO ANNO DATO ANNO DATO ANNO DATO ANNO
Set
tore
di
edil
izia
so
cial
e
Stock abitativo
totale (x 1.000) 39.268 2009 25.129 2009 ND ND 13.302 2009 1.767 2009
Stock in affitto
sociale sul tot. dello stock
abitativo (%)
4,6 2008 2 2008 5,3 2008 10 2009 2,6 2008
Stock in affitto sociale sul tot.
dello stock
abitativo in affitto (%)
7,8 2008 15 2008 28 2008 64 2009 87 2008
N° di alloggi
sociali in affitto ogni 1.000 abitanti
22,6 2008 10,9 2008 29 2001 34,9 2009 8,5 2008
Percentuale di
alloggi sociali sulle
nuove costruzioni (%)
15 2008 16 2009 ND ND 5 2010 12 2009
Tre
nd
del
mer
cato
ab
itat
ivo
N.° abitazioni ogni
1.000 abitanti 490 2009 544 2008 479 2001 348 2009 326 2008
Incidenza del costo
dell’abitazione sul
reddito (%) (media EU 22,9%)
31 2009 18,6 2009 17,1 2009 21,1 2009 22 2009
Abitazioni con
bagno o doccia (%
dello Stock) (media EU 96,9%)
ND ND ND ND 99,4 2009 87,1 2009 92,8 2001
Abitazioni con
acqua calda (%
dello Stock)
ND ND 99,5 2008 99,6 2004 95,5 2009 90,5 2001
Abitazioni con
riscaldamento (%
dello Stock)
92,3 2006 63,8 2008 94,7 2004 78,3 2009 74,3 2001
Ruo
lo d
ello
Sta
to Spesa pubblica per
l’housing come %
del PIL
ND ND 1,2 2009 0,8 2009 ND ND 0,8 2009
Esc
lusi
on
e ab
itat
iva
e so
cial
e
Disparità nella
distribuzione del reddito (rapporto
tra quintili di
reddito) (media EU 4,9)%)
4,5 2009 6 2009 5,2 2009 5 2009 3,6 2009
Popolazione a
rischio di povertà o esclusione (%)
(media EU 23,1%)
20 2009 23,4 20009 24,7 2009 27,8 2009 19,6 2009
Popolazione in
stato di grave deprivazione
abitativa (%)
(media EU 6%)
2,1 2009 1,1 2009 7,3 2009 15,2 2009 4,2 2009
FONTE: CECODHAS (2011)
20
PRATICHE INNOVATIVE
A fronte delle differenti condizioni strutturali che, nei diversi Paesi europei,
contribuiscono a determinare la politica per la casa, può essere utile soffermarsi
su alcune delle caratteristiche che connotano le pratiche in corso9.
Negli ultimi anni in Europa, sono state introdotte delle novità sostanziali nelle
pratiche nel campo dell’housing per rispondere all’inadeguatezza delle politiche
abitative tradizionali. Tali iniziative si caratterizzano soprattutto per:
la maggiore integrazione con l’ambito sociale;
il coinvolgimento di attori diversi da quello pubblico.
Esse intendono eliminare le inefficienze di un controllo accentrato e di una
gestione totalmente pubblica del problema, orientare al mercato le politiche per
renderle finanziariamente più sostenibili, realizzare una mediazione tra interessi
pubblici, mercato della casa e interessi dei privati bisognosi, concentrare
l’attenzione sulle fasce sociali a rischio emergente mediante politiche ad hoc,
attuare politiche di sostegno all’affitto al di fuori del limitato numero di alloggi di
edilizia residenziale pubblica disponibili, realizzare il passaggio di competenze
dallo Stato agli enti sub-statali.
Queste innovazioni – o anche solo i tentativi volti a introdurle – sono
particolarmente significative in quei paesi, come l’Italia, chiamati a recuperare un
gap significativo tra domanda e offerta abitativa.
In effetti, dalla fine degli anni Novanta, anche in Italia - sebbene in ritardo rispetto
agli altri Paesi, per i quali si è parlato di una “rivoluzione abitativa” già negli anni
Settanta (Tosi, 1994) - si sono registrate diverse iniziative sperimentali che hanno
effettivamente tentato di dare una risposta al mutato fenomeno abitativo, in un
quadro generale aggravato – rispetto agli altri Paesi europei – dal problematico
processo di decentramento dallo Stato alle Regioni e i Comuni. Tale processo,
infatti, è andato avanti tra profonde incertezze e scarsità di risorse: da un lato,
sono andati esaurendosi i fondi nazionali ex-Gescal (l’Istituto che gestiva la
costruzione delle case dei lavoratori); dall’altro, tra la fine degli anni Ottanta e
l’inizio degli anni Novanta, è andato progressivamente assottigliandosi il
patrimonio pubblico mediante un massiccio processo di dismissione. Ne è
derivata una situazione complessa dal punto di vista della gestione amministrativa
che la legge 179 del 1992 ha cercato di fronteggiare, introducendo criteri di
efficienza ed efficacia (mediante il passaggio degli Istituti Autonomi di Case
Popolari a enti di natura economica, le Agenzie Territoriali per la Casa) e la
fissazione di norme per l’introduzione di piani integrati (nell’ambito dei quali
acquisiscono un ruolo di primo piano i Comuni). Tuttavia, nonostante queste
novità si è registrato – in generale, a livello nazionale – una forte stasi.
La problematica situazione di partenza dell’Italia – caratterizzata, dunque, da una
bassa spesa sociale dedicata all’housing, un patrimonio di alloggi sociali
numericamente modesto e una serie di difficoltà gestionali – rende alcune pratiche
particolarmente interessanti proprio perché innovative rispetto a un contesto per
9 Per quelle presentate dal Gruppo di Partenariato, si rimanda alla Premessa di questo documento.
21
molti versi deficitario. Per questo motivo, si è scelto di dare spazio ad alcune
esperienze condotte a livello locale – in particolare a Torino e Milano – che hanno
avuto e stanno avendo risultati interessanti, soprattutto per quanto riguarda
specifici aspetti come le modalità di interazione tra attori pubblici, privati
(soprattutto fondazioni) e il terzo settore e che possono offrire ulteriori spunti
rispetto a quelli emersi dalle pratiche presentate dal Gruppo di Partenariato (cfr.
Premessa).
In tutti e tre gli esempi, un ruolo-chiave è svolto dal gestore sociale, il soggetto
responsabile degli aspetti immobiliari e sociali degli interventi10. Si tratta di
soggetti indipendenti privati - con una missione d’interesse pubblico o
filantropico - che assumono generalmente una forma giuridica di non profit o
limited profit e fanno della partecipazione il principio-guida del loro
funzionamento (gli abitanti, infatti, sono adeguatamente rappresentati e
partecipano, ove possibile, anche alla gestione dei servizi). In genere, il gestore
sociale stipula con il Comune, la Regione, la fondazione o il fondo preposto – a
seconda dei casi - un contratto “global service”, in base al quale svolge,
direttamente o indirettamente, le attività connesse alla gestione degli immobili e
della comunità, occupandosi per esempio delle relazione tra gli inquilini ma anche
dell’incasso dei canoni e dei rapporti con il contesto territoriale di riferimento. In
alcuni casi, come per esempio nell’ambito dell’esperienza “Cenni di
cambiamento”, l’idea è di far evolvere le funzioni del gestore sociale verso
l’acquisizione della proprietà degli immobili.
Residenza temporanea “Luoghi comuni”, Torino (I)
Obiettivo: “Luoghi comuni” è una residenza temporanea che offre soluzioni
abitative per un periodo limitato a persone che, per ragioni economiche, sociali e
familiari, vivono in una fase di transizione e, quindi, di vulnerabilità sociale ed
economica. Alla funzione residenziale sono affiancate quella commerciale e di
servizi, esercitate in spazi dedicati, la cui locazione concorre a contenere i canoni
degli alloggi della residenza e a garantire la completa sostenibilità economica
della gestione. Pertanto i punti-cardine del progetto sono il mix funzionale e il
mix sociale, quest’ultimo, in particolare, utile al raggiungimento dei seguenti
obiettivi:
la prevenzione della stigmatizzazione che solitamente si accompagna alla
concentrazioni di categorie di popolazione disagiata in un’unica area o
struttura;
l’applicazione di canoni al di sotto del mercato per chi si trova in una
situazione di stress o emergenza abitativa, grazie anche al pagamento di
canoni più elevati da parte di chi utilizza la struttura durante le brevi
permanenze in città, senza trovarsi in una situazione di vulnerabilità;
10 Per un inquadramento del gestore sociale, si vedano gli studi condotti dalla Fondazione Housing
Sociale (2011) e il materiale disponibile su http://www.fhs.it/allegati/201109291642210.PHS.pdf
(ultimo accesso 4 marzo 2014).
22
la creazione di un contesto relazionale che consenta di sviluppare
interazioni con persone appartenenti a gruppi sociali e professionali
differenti.
Soggetti coinvolti – Partecipano al progetto:
il Comune di Torino;
l’Ufficio Pio, ente strumentale della Compagnia di San Paolo;
lo studio professionale incaricato del progetto (selezionato tramite bando);
l’impresa di costruzione (selezionata tramite bando);
la ditta fornitrice degli arredi per l’allestimento dei locali comuni
(selezionata tramite bando);
il gestore sociale (selezionato tramite bando);
gli imprenditori privati, esercenti le attività commerciali e di ristorazione
(selezionati tramite bando).
La peculiarità di questo intervento sta nei principi di co-progettazione e di
selezione competitiva che costituiscono la base del sistema di governance. Infatti,
ricevuto l’immobile in comodato d’uso per trenta anni dal Comune di Torino,
l’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo ha deciso di affidare le diverse attività
(progettazione, sviluppo e gestione) a soggetti differenti e di farlo attraverso
selezioni pubbliche. Vale la pena di sottolineare che sia la Compagnia di San
Paolo (in quanto fondazione di origine bancaria), sia l’Ufficio Pio (in quanto suo
ente strumentale) non avrebbero l’obbligo di effettuare bandi di gare ma hanno
scelto di farlo per garantire da un lato un elevato standard qualitativo e dall’altro
la trasparenza delle operazioni.
Anche la gestione sociale e le attività commerciali fanno capo a soggetti
differenti: il ristorante, la gastronomia e gli esercizi commerciali sono gestiti in
piena autonomia da imprenditori privati, mentre il gestore sociale – il Consorzio
Kairos - è chiamato sia a gestire la residenza temporanea (manutenzione ordinaria,
riscossione canoni, gestione relazioni con gli ospiti, promozione delle relazioni
con il territorio), sia a coordinare i diversi soggetti che operano nell’ambito di
“Luoghi Comuni”. In ogni fase del ciclo di vita del progetti, i soggetti beneficiari
aggiudicatari dei bandi sono stai coinvolti nella co-progettazione e nella gestione
condivisa e partecipata.
23
Beneficiari - I residenti di “Luoghi Comuni” possono essere:
persone in emergenza abitativa che necessitano di una sistemazione
abitativa in tempi brevi, in attesa che gliene venga fornita una stabile dalle
istituzioni locali;
persone in situazione di stress abitativo che necessitano di una nuova
soluzione abitativa a causa di eventi imprevisti (separazione, sfratto per
finita locazione, cambio di impiego o riduzione del reddito, ecc.) e che, in
attesa di trovarla, possono evitare che situazioni di vulnerabilità abitativa
si trasformino in situazioni di disagio o esclusione sociale;
persone che si recano a Torino per turismo o altro, alle quali “Luoghi
Comuni” offre una soluzione residenziale a costi contenuti e un
orientamento alla fruizione della città;
personale in formazione, lavoratori e professionisti provenienti da fuori
Torino, per i quali “Luoghi Comuni” costituisce una sistemazione abitativa
per il periodo di permanenza o una soluzione transitoria durante la ricerca
di un alloggio.
Descrizione dell’intervento - Nel quartiere torinese di Porta Palazzo -
caratterizzato da elevata multietnicità, densità abitativa rilevante, forte presenza di
attività commerciali e artigianali e ricco tessuto associativo – un edificio di
proprietà del Comune, che versava in condizioni di grave degrado, è stato
acquisito in comodato d’uso (per 30 anni) dall’Ufficio Pio della Compagnia di
San Paolo.
La volontà di garantire un alto livello di qualità sul fronte urbanistico, sociale,
economico, finanziario, tecnologico e di comunicazione unita alla consapevolezza
24
che difficilmente un’unica organizzazione fosse in grado di raggiungere standard
elevati in ambiti molto differenti, ha portato alla scelta di affidare le diverse
attività a soggetti differenti portatori di competenze, sensibilità e approcci
specifici e di farlo tramite selezione pubblica.
I lavori sono cominciati nel settembre 2012 e terminati nel luglio 2013.
L’intervento - che complessivamente è costato circa 5 milioni di euro - ha
recuperato 2.250 metri quadrati e realizzato 27 alloggi (di cui 13 monolocali e 14
bilocali, disponibili a canoni calmierati), un ristorante, tre locali commerciali e
alcuni spazi comuni.
Gli spazi non residenziali si articolano in tre categorie:
spazi gastronomici (ristorante e gastronomia) che dovrebbero sia
rafforzare le sinergie con il mercato ortofrutticolo - su cui la struttura si
affaccia e che contraddistingue la zona di Porta Palazzo - sia consentire di
animare anche nelle ore serali l’area nord di piazza della Repubblica, a
oggi poco frequentata e percepita come insicura;
negozi, concepiti per concorrere alla riqualificazione dell’area;
aree aperte al territorio che potranno sia essere utilizzate liberamente dai
residenti della zona come spazio living con accesso gratuito alla rete wi-fi
e a una selezione di giornali, riviste e libri, sia ospitare iniziative formative
ed eventi promossi da Luoghi Comuni o da altri soggetti cittadini.
Per quanto riguarda la gestione, l’Ufficio Pio ha selezionato un gestore sociale, il
consorzio Kairos (COOP, Esserci e Kairos Casa), cui ha ceduto l’intera struttura
in comodato gratuito per cinque anni rinnovabili. Il gestore sociale riscuote e
trattiene i canoni di locazione degli appartamenti e dei locali commerciali per
coprire i costi di gestione e manutenzione ordinaria e si assume il rischio di far
fronte a perdite derivanti da sfitti e morosità; il gestore è, inoltre, tenuto a
destinare annualmente una quota dei ricavi alla creazione di un fondo per la
manutenzione straordinaria, così da ripartirne equamente i costi tra i diversi
gestori che eventualmente si succederanno negli anni.
Residenza collettiva sociale “Cascina Filanda”, Torino (I)
Obiettivo - Questa esperienza, che rientra nella promozione dei progetti di social
housing che la Citta di Torino sta realizzando nell’ambito del proprio Piano-Casa,
è uno degli esempi di collaborazione tra Regione, Comune e operatori privati, cui
l’ente locale concede gli immobili per la realizzazione di residenze collettive
sociali. L’iniziativa è indirizzata a persone con diverse tipologie e differenti livelli
di disagio abitativo e di esclusione sociale, reale o anche solo potenziale. Per
ciascun utente, è prevista l’elaborazione di un “percorso individuale”,
formalizzato in un patto, per il raggiungimento della piena autonomia.
Soggetti coinvolti – Il progetto vede la partecipazione di:
Comune di Torino, proprietario dell’immobile concesso in comodato
d’uso a un operatore privato;
25
Regione Piemonte, erogatrice del finanziamento (pari a 1.245.500 Euro);
Società Co-abitare srl, cui è stato concesso l’immobile.
Descrizione dell’intervento - Nel 2008 la Città di Torino ha approvato il
“Programma per la sperimentazione di interventi di social housing tramite casi
pilota” che prevedeva la realizzazione di cinque residenze collettive sociali tra le
quali quella sita in Strada del Meisino, in un immobile a tre piani risalente al
XVII-XVIII secolo circa con annessi alcuni fabbricati bassi di più recente
costruzione, richiedendo alla Regione Piemonte un finanziamento complessivo di
Euro 4.800.000. Nello stesso anno, il Comune ha deliberato la concessione in uso
gratuito del diritto di superficie delle aree (per trenta anni) e in comodato d’uso
degli immobili, a favore degli operatori che sarebbero stati individuati tramite
procedura di evidenza pubblica per la loro realizzazione e gestione.
Nel corso del 2011, sono proseguite le procedure per la realizzazione dei progetti
ed è stato sottoscritto il contratto di comodato d’uso gratuito per la concessione
dell’immobile alla società Co-abitare s.r.l., beneficiara di un finanziamento di
Euro 1.185.500 e di Euro 60.000 (questi ultimi concessi per gli interventi in bio-
edilizia), ottenuto dalla Regione.
Nel dicembre 2012 è stato sottoscritto il Protocollo d’intesa tra la Regione
Piemonte, la Città di Torino e la società Co-Abitare s.r.l, per la realizzazione
dell’intervento denominato “Cascina La Filanda”.
L’intervento prevede la realizzazione di 11:
una residenza destinata all’inclusione sociale in locazione temporanea,
composta da 22 camere per un totale di 44 posti letto, con cucina,
lavanderia, soggiorno e punto ristoro comuni;
locali e spazi accessori alla residenza, rivolti ai beneficiari e aperti alla
comunità locale.
La residenza sarà articolata in due diverse tipologie di utilizzo, con differenti
formule di offerta a seconda della condizione personale e dei bisogni degli utenti.
Al primo piano, la prima tipologia di offerta abitativa, per le persone in maggiori
difficoltà, conterà su otto stanze singole (ciascuna dotata di servizi interni) e un
mini-alloggio in cui abiteranno i volontari per attività di portierato sociale. La
permanenza potrà protrarsi per un periodo variabile, non superiore ai 18 mesi.
Dopo tale permanenza, il percorso individuale offerto a ogni residente potrà
prevedere la permanenza in un mini-alloggio del secondo piano, nell’ottica della
continuità e del completamento del progetto individuale.
Al secondo piano, la seconda tipologia di offerta abitativa consterà di cinque
mini-alloggi singoli (che dovranno essere gestiti in autonomia) e un mini-alloggio
per una coppia. Potranno fruire dei mini-alloggi i cittadini o le coppie in
condizione di minore fragilità che non necessitano di supporto educativo ma di
11 L’area è interessata da vincoli ambientali (si è dovuto procedere con la bonifica dall’amianto) e
da una serie di criticità strutturali (un importante crollo nel 2011) che hanno determinato numerosi
e notevoli ritardi. La descrizione dell’intervento, pertanto, si riferisce a quanto previsto dal
progetto (sulla base dell’allegato B dell’Avviso pubblico per la selezione di progetti per la
realizzazione e gestione di residenze collettive temporanee per l’inclusione sociale, cfr. delibera di
Giunta regionale 55-9151 del 7 luglio 2008) e non a quanto effettivamente realizzato.
26
riorientamento e supporto per l’inclusione (per esempio cittadini che hanno perso
il lavoro e la casa e che, non avendo una rete di sostegno, rischiano l’esclusione).
I due fabbricati bassi all’esterno della cascina saranno adibiti rispettivamente a
sale polifunzionali e/o laboratori aperti alla comunità di riferimento e alle attività
degli abitanti. Completerà la residenza, un ufficio per le attività dei gestori. Gli
spazi comuni saranno orientati al vivere attivo, favorire la socialità e promuovere
le relazioni interpersonali. Anche lo spazio esterno sarà organizzato secondo i
medesimi principi, con particolare riferimento alla cura dell’ambiente, delle aree
verdi, di un orto, di un percorso ginnico aperto alla comunità. Il progetto, inoltre,
dovrà mettere in risalto le modalità di gestione dell’insieme delle attività che
dovranno essere finalizzate alla sostenibilità e alla riduzione degli sprechi.
Beneficiari - Per quanto riguarda il profilo degli utenti, nella residenza abiteranno
prioritariamente:
uomini soli o coppie di età superiore a 55 anni, in condizione di
esclusione, che necessitino di interventi di accompagnamento ;
uomini soli o coppie con età superiore a 55 anni in condizione di fragilità
che hanno perso l’abitazione da poco tempo, che non abbiano ancora
intrapreso o consolidato uno stile di vita marginale ma che necessitano di
sostegno;
uomini soli o coppie in età compresa tra i 50 e i 55 anni, in caso di non
coincidenza tra l’età anagrafica e quella fisica a causa del decadimento
delle condizioni di salute.
Per tutti gli abitanti della residenza dovrà essere predisposto un progetto
individuale, sotto forma di un vero e proprio “patto” in cui verranno esplicitati gli
obiettivi e le tappe del percorso. Nel progetto individuale sarà centrale
l’accompagnamento sociale: il contesto abitativo dovrà infatti essere un strumento
mediante il quale dovrà essere proposta un’offerta articolata di opportunità non
legate esclusivamente all’abitare.
Il progetto individuale di ciascun abitante della residenza sarà sostenuto con
l’apporto dei servizi pubblici, e ove necessario, condiviso con i servizi sanitari che
dovranno concorrere al conseguimento degli obiettivi di autonomia definitiva. Il
gestore dovrà mantenere rapporti costanti con i servizi pubblici di riferimento,
aggiornando e ridefinendo gli obiettivi.
Anche dopo il termine dell’esperienza abitativa e il conseguimento della
definitiva autonomia, coloro che hanno abitato la residenza continueranno a
fruirne quale risorsa solidaristica; la Filanda continuerà a costituire quindi un
supporto, un esempio di convivenza, quale emulazione positiva per tutti coloro
che l’avranno sperimentata, nella prospettiva dell’auto-mutuo-aiuto permanente.
“Cenni di cambiamento”, Milano (I)
Obiettivo: Nell’ambito della lunga esperienza di partenariato tra Comune di
Milano, Fondazione Cariplo e Fondazione housing sociale, nel 2009 è stata
aggiudicata al Fondo immobiliare della Lombardia (già Fondo abitare sociale)
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un’area complessiva di 17.000 metri quadrati per realizzare residenze di edilizia
sociale indirizzate, prevalentemente, a giovani.
Il complesso residenziale, realizzato in 18 mesi con il finanziamento del Fondo
immobiliare di Lombardia, si compone di 123 alloggi, costruiti in legno e
cartongesso, di diverse dimensioni, proposti in affitto a canone calmierato (400
euro circa per un alloggio di 75 metri quadrati), con eventuale patto di futuro
acquisto. Il progetto, inoltre prevede, una serie di servizi collettivi, spazi ricreativi
e culturali e attività dedicati ai residenti, con l’obiettivo di creare condizioni
ottimali per la formazione di una rete di rapporti e di buon vicinato solidale.
Soggetti coinvolti:
Comune di Milano;
Fondazione housing sociale, in qualità di advisor tecnico e sociale;
Investitori del Fondo immobiliare di Lombardia (Fondazione Cariplo,
Regione Lombardia, Cassa depositi e prestiti, Intesa San Paolo, Banca
popolare di Milano, Assicurazioni generali, Cassa italiana geometri,
Prelios, Telecom Italia, Fondo investimenti per l’abitare);
Polaris Real Estate SGR spa, gestore del Fondo immobiliare di
Lombardia;
DAR=CASA, cooperativa di abitazione, in qualità di gestore sociale.
Il progetto è stato realizzato nell’ambito della decennale collaborazione tra il
Comune di Milano, Fondazione Cariplo e Fondazione housing sociale ed è stato
finanziato dal Fondo immobiliare della Lombardia, il primo fondo etico dedicato
all’housing sociale, avviato nel 2006, su iniziativa della Fondazione housing
sociale e Fondazione Cariplo per far fronte al crescente disagio abitativo12.
Polaris, gestore del fondo, è la prima società di gestione dei risparmio in Italia ad
aver attivato un fondo immobiliare etico dedicato all’edilizia sociale. È indirizzata
a investitori istituzionali e la sua strategia si basa sulla costruzione di soluzioni
d’investimento su misura nel campo immobiliare, focalizzati principalmente nei
settori del social housing, rigenerazione urbana, e gestione delle attività legate ai
propri investimenti. Tale strategia si attua mediante la costituzioni dei fondi ad
apporto.
Infine, in qualità di gestore sociale, la cooperativa DAR=CASA che dagli anni
Novanta si occupa di offrire alloggi in locazione a basso costo, proponendo
risposte concrete alla crescente domanda abitativa di chi non riesce ad accedere al
mercato privato. La peculiarietà della cooperativa sta nella capacità di costruire
contesti in cui operare mediante la gestione sociale integrata, proponendo azioni e
iniziative specifiche, lavorando in rete con le realtà locali e promuovendo una
cultura orientata all’integrazione e alla coesione sociale. La cooperativa ha
stipulato con Polaris un contratto di “global service”, per la gestione
dell’immobile e l’accompagnamento sociale dei residenti. Si valuterà
l’opportunità di far acquisire alla cooperativa gli immobili, estendendo in questo
modo l’attività del gestore sociale dal global service alla proprietà dell’alloggio.
12 Il fondo rappresenta inoltre l’esperienza “laboratorio” che ha ispirato sia il Piano nazionale di
edilizia abitativa (PNEA), approvato dal Governo nel luglio 2009, sia il Fondo nazionale per
l’abitare (FIA), gestito dalla Cassa depositi e prestiti Investimenti SGR Spa.
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Beneficiari:
Giovani single di età non superiore ai 35 anni;
Giovani coppie, con almeno uno di età non superiore ai 35 anni;
Famiglie giovani, con almeno uno di età non superiore ai 35 anni;
Anziani di età superiore ai 65 anni;
Nuclei familiari mono-genitoriali, senza limiti di età, eventualmente con
uno o più minori a carico.
Descrizione dell’intervento – Nel 2009, dopo aver ottenuto l’area da parte del
Comune, il Fondo Immobiliare della Lombardia, attraverso il proprio gestore –
Polaris Real Estate SGR Spa – ha indetto un concorso internazionale di
progettazione che è stato vinto da uno studio architettonico fiorentino. I lavori di
costruzione sono cominciati nel gennaio 2012 e terminati nel luglio 2013.
“Cenni di cambiamento” ha inteso creare un contesto socio-abitativo sostenibile e
collaborativo, offrendo: abitazioni in classe energetica A CENED (prestazione
energetica per la climatizzazione invernale inferiore a 24 Kwh/mq/anno); canoni
di affitto contenuti; acquisto a prezzo convenzionato; possibilità di scelta tra
metrature diverse; giardino privato al piano terra; balconi abitabili ai piani alti;
posto-auto in autorimessa; una cantina al piano interrato; living room comune di
circa 200 mq per attività collettive; utensileria comune; servizi integrativi.
Per quanto riguarda la parte fisica dell’intervento, il sistema costruttivo è a
pannelli portanti in legno a strati incrociati, scelto per motivi di carattere
ecologico-ambientale, al fine di garantire elevate prestazioni in termini di
sicurezza strutturale, comfort abitativo e risparmio energetico13. I 123
appartamenti realizzati si suddividono in monolocali, bilocali, trilocali e
quadrilocali, composti da una zona giorno, una cucina o un angolo cottura, un
numero variabile (da una a tre) di camere da letto, uno o due bagni e una cantina.
Oltre alla funzione residenziale, il progetto prevede spazi riservati alla
realizzazione di un sistema che include più servizi collegati tra loro, con alcune
funzioni destinate al vicinato e alla comunità di quartiere. Le tipologie si servizio
previste sono:
servizi integrativi all’abitare, ovvero spazi, locali e dotazioni destinate
prevalentemente ai nuovi residenti che potranno utilizzarli per attività
comuni e auto-gestite;
servizi locali e urbani, erogati da associazioni, cooperative o imprese
sociali e rivolti ai residenti e agli abitanti del quartiere;
servizi commerciali, ovvero piccole attività produttive artigianali o
imprese sociali.
13 I circa 6.100 metri cubi di pannelli in legno provengono tutti dalle foreste certificate
dell’Austria, in cui viene praticata una gestione forestale che permette la costante ricrescita del
patrimonio boschivo (si calcola che il legno utilizzato sia stato rigenerato integralmente in meno di
quattro ore).
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