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M A T E M A T I C A I Lezioni ed Esercizi a.a. 2017-18 Corso di laurea in Scienze Strategiche Università di Modena e Reggio Emilia. Dipartimento di Fisica, Informatica, Matematica.

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M A T E M A T I C A I

Lezioni ed Esercizi

a.a. 2017-18 Corso di laurea in Scienze Strategiche

Università di Modena e Reggio Emilia.

Dipartimento di Fisica, Informatica, Matematica.

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Prefazione

Questa dispensa raccoglie le lezioni del corso di Matematica I per il corso di laurea in Scienze Strategiche. Il corso è di 6 CFU, 72 ore comprensive di lezioni ed esercizi. Si svolge nel primo periodo del 1° anno presso l’Accademia Militare di Modena. Senza trascurare la rigorosità, si è scelto di presentare i vari argomenti in una forma semplice ed essenziale, insistendo sui concetti e sugli esempi. Questo per permettere a coloro che in passato hanno già studiato tali nozioni di richiamarle ed approfondirle con immediatezza e a coloro che le incontrano per la prima volta di assimilarle in una forma corretta e pratica.

La dispensa è messa a disposizione di tutti gli studenti quale ausilio didattico. E’ reperibile nella pagina web di Carla Fiori alla voce Materiale didattico, Matematica. (http://cdm.unimo.it/home/matematica/fiori.carla/materiale_didattico.htm)

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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1

Capitolo 0

RICHIAMI In questa parte si richiamano le principali formule di geometria piana relative alla retta ed alla circonferenza in quanto sono pre-requisiti alle parti successive. Sia fissato nel piano euclideo un riferimento cartesiano ortogonale e monometrico.

0.1 RICHIAMI SULLA RETTA Le equazioni qmxy += e kx = , con , , ∈ ℝ sono equazioni di rette nel piano. Viceversa una qualunque retta del piano ha una equazione del tipo qmxy += (forma esplicita) oppure kx = . Se si vuole esprimere con una sola equazione tutte le rette del piano, allora si deve considerare l’equazione 0=++ cbyax , , , ∈ ℝ, (, ) ≠ (0, 0), (forma implicita). La distinzione fra forma esplicita e forma implicita è importante perché, come si vedrà, solo le rette esprimibili in forma esplicita rappresentano delle funzioni. Data la retta di equazione = + , il numero reale si chiama pendenza della retta (o coefficiente angolare ). Alle rette di equazione = si attribuisce pendenza infinita .

Equazione della retta All’equazione di una retta si può giungere noti due suoi elementi, per esempio le coordinate di due suoi punti, oppure le coordinate di un punto e la pendenza, ecc. (vedi esercizi alla fine del capitolo).

Ricordiamo come trovare l’equazione della retta note le coordinate di due suoi punti (, ) e (, ) . • Se ≠ e ≠ allora la retta per P1 e P2 ha equazione

− =

Oppure si può scrivere

12

12

12

12

1

1 ,xx

yym

xx

yy

xx

yy

−−=

−−=

−−

)()( 1111 xxmyyxxmyy −+=⇒−=−⇒

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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2

Esempio Se P1 = (0,1) e P2= (−4, 100) si ha 100,1,4,0 2121 ==−== yyxx

xyxx

yym 75.241

499

041100

12

12 −=⇒−=−−−=

−−=

• Se x1 = x2 allora la retta per P1 e P2 ha equazione

=

• Se y1 = y2 allora la retta per P1 e P2 ha equazione

=

Esempi.

1. L’equazione della retta per P1(−2; 3) e P2(4; −3) è )2(4

)2(

33

3

−−−−=

−−− xy

, 1+−= xy .

2. L’equazione della retta per P1(2; −2) e P2(2; 3) è 2=x . . 3. L’equazione della retta per P1(−2; 3) e P2(1,5; 3) è 3=y .

Condizione di parallelismo || Due rette sono parallele, || , quando hanno la stessa pendenza. Pertanto: • Se le rette hanno pendenza infinita allora sono del tipo hx = e kx = e dunque sono

parallele. • Se le rette hanno pendenza finita ed ′ , esse sono parallele se e soltanto se

= ′

Esempio. Le rette di equazione 23 += xy e 73 −= xy sono parallele perché hanno la stessa pendenza 3 .

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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3

Condizione di perpendicolarità ⊥⊥⊥⊥ Due rette incidenti, r ed s , si dicono perpendicolari se incontrandosi formano angoli di

°=π90

2 . Se nel piano è fissato un sistema di riferimento ortogonale, allora si ha:

• nel caso una delle rette sia parallela ad un asse, r ⊥ s se e soltanto se le equazioni di r ed s sono rispettivamente = ℎ e = , o viceversa;

• nel caso le rette abbiano equazione qmxy += e txmy += ' , esse sono perpendicolari se e soltanto se

= −1

Esempio. Le rette di equazione 23 += xy e 73

1 −−= xy sono perpendicolari.

Fascio proprio di rette di centro P(x 0;y0) Si intende l’insieme di tutte le rette del piano che passano per P(; ). L’equazione

− = ( − ), ∈ ℝ

è detta equazione del fascio proprio di centro P. Al variare di ∈ ℝ si ottengono tutte le rette passanti per P ad eccezione della retta di equazione 0xx = . Esempio. Le rette del piano che passano per il punto P=(2; 1) sono tutte e sole le rette di equazione

)2(1 −=− xmy ) e la retta 2=x .

Fascio improprio di rette Si intende l’insieme di tutte le rette del piano aventi la stessa pendenza m. L’equazione

= + , ∈ ℝ

è detta equazione del fascio improprio . Al variare di ∈ ℝ si ottengono tutte le rette aventi pendenza m. Esempio. Le rette del piano con pendenza 7 sono tutte e sole le rette di equazione

kxy += 7 .

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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4

Distanza di un punto P da una retta r Dati il punto P(x0;y0) e la retta r di equazione + + = 0 , la distanza di P da r è

22

00 ||);(

ba

cbyaxrPd

+++=

Fare attenzione perché occorre che la equazione della retta sia data in forma implicita. Esempio. Per determinare la distanza di P(-1;5) dalla retta r di equazione = 0,5 + 3 , si deve prima scrivere l’equazione di r come 0,5 – + 3 = 0 e poi si applica la formula:

5125,0

|35)1()1(5,0|);( =

++−+−=rPd .

Distanza di due punti Dati i punti P(x1; y1) e Q(x2; y2) , la misura della loro distanza è :

2

212

21 )()( yyxxPQ −+−=

Esempio. Dati i punti P(2; 3) e Q(-1; 5) , la misura della loro distanza è :

13)53())1(2( 22 =−+−−=PQ

Punto medio del segmento di estremi P e Q Siano P(x1; y1) e Q(x2; y2) due punti del piano. Le coordinate del punto medio M del segmento di estremi P e Q sono date da :

Esempio. Se P(2; 3) e Q(−1; 5) sono i punti, le coordinate del punto medio M del

segmento di estremi P e Q sono :

=

+−+4;

21

253

;2

)1(2M .

++2

;2

2121 yyxxM

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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5

Esercizi.

1. Scrivere l’equazione della retta passante per P(–1; 3) e parallela alla retta r di equazione 2 + 3 – 2 = 0 .

Soluzione. La retta r ha pendenza 32− e quindi la retta richiesta ha la stessa

pendenza (o coefficiente angolare). Dall’equazione del fascio di rette per P si ottiene

pertanto che la retta ha equazione ( )1)(x32

3y −−−=− , 37

x32

y +−= .

2. Scrivere l’equazione della retta passante per P(2; –3) e perpendicolare alla retta r di equazione 5x –2y + 1 = 0 .

Soluzione. La retta r ha pendenza 25

, pertanto la retta cercata dovendo essere

perpendicolare ad r avrà pendenza 52− . Dall’equazione del fascio di rette passanti

per P si ottiene che l’equazione cercata è ( )2x52

3y −−=+ , 511

x52

y −−= .

3. Trovare le coordinate del punto P comune alle rette di equazione 2x –y +1 = 0 e x + y +3 = 0 . Soluzione. Il punto P avrà come coordinate la soluzione del sistema:

=++=+

0 3 y x

01y-2x da cui

−−35

;34

P .

4. In un sistema di riferimento Oxy , sia r la retta d'equazione 3x + 2y –1 = 0 . Determinare: a) l'equazione della retta passante per A(3; –5) e parallela a r ; b) l'equazione della retta passante per B(1; –2) e perpendicolare a r ; c) le coordinate del punto C d'intersezione tra la retta r e la retta s d'equazione

2x + y –1 = 0 ; d) le coordinate del piede H della perpendicolare condotta da D(–3; –8) alla retta r ; e) la distanza d del punto E(2; 3) da r ; Soluzione. a) Poichè la retta r ha coefficiente angolare (pendenza) m = –3/2 , la retta cercata

avrà lo stesso coefficiente angolare e l'equazione si otterrà da quella del fascio proprio di rette passanti per (x0; y0) , ossia:

(1) y –y0 = m (x –x0) dove (x0; y0) sono le coordinate di A e m il coefficiente angolare di r ; si ottiene: y + 5 = –3/2 (x –3) e quindi in forma implicita 3x + 2y + 1 = 0 .

b) Siccome due rette sono perpendicolari se i loro coefficienti angolari sono uno il reciproco dell'altro cambiato di segno, la retta cercata si otterrà inserendo nella (1) le coordinate di B e il coefficiente angolare 2/3 : y + 2 = 2/3 (x –1) e quindi in forma implicita 2x –3y –8 = 0 .

c) Basta porre a sistema le equazioni delle rette r e s :

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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6

=−+=−+01y2x

012y3x ,

ottenendo le coordinate di C(1; –1) . d) Si determina l'equazione della retta t passante per D e perpendicolare a r :

2x –3y –18 = 0 ; poi la si pone a sistema con l'equazione della retta r:

=−+=−−012y3x

0183y2x ,

la soluzione del sistema fornisce le coordinate di H(3; –4) . e) Basta sostituire le coordinate di E e i coefficienti dell'equazione di r nella formula

22

00);(ba

cbyaxrPd

+

++= ,

13

11

23

13223r)(E;d

22=

+

−⋅+⋅= .

5. Dato il triangolo di vertici A(–2; 3) , B(–2; –1) e C(3; 4) , determinare: a) le equazioni dei lati; b) i punti della retta y = 2x che hanno distanza uguale a 3 dalla retta AB . Soluzione. a) AB : x = –2 ; BC : y = x + 1 ; AC : y = (1/5) x + 17/5 ; b) E (1; 2) , F(–5; –10) .

6. Nel fascio di rette di equazione (1 + k) x –(2 –k) y + 1 –5k = 0 (k ∈ R) determinare: a) le rette che hanno distanza uguale a 3 dall'origine O degli assi; b) la retta r1 perpendicolare alla retta di equazione y = –2x + 5 ; c) la retta r2 parallela alla bisettrice del primo e terzo quadrante. Soluzione. Si ricordi che una retta di equazione ax + by + c = 0 ha coefficiente angolare m = –a/b. Nel fascio proposto a = 1 + k , b = –(2 –k) = k –2 e c = 1 –5k . a) x = 3; 15x + 36y –117 = 0; b) r1: x –2y + 1 = 0; c) r2: x –y –1 = 0 .

7. Verificare che i punti P(1; 2) , Q(3; 4) e R(–1; 0) sono allineati. Soluzione. Occorre scrivere l'equazione della retta passante per due dei tre punti, per esempio la retta per P e Q e successivamente controllare se R appartiene alla retta PQ sostituendo in essa le coordinate di R. La retta per P e Q ha equazione x –y + 1 = 0 , sostituendo in essa le coordinate di R si ottiene –1 –0 + 1 = 0 e quindi poiché l'equazione è soddisfatta R è allineato con P e Q .

8. Verificare che i punti A(1; 2) B(–2; 1) e C(0; –2) non sono allineati. Del triangolo da essi determinato trovare: a) le equazioni dei lati; b) le equazioni delle parallele ai lati condotte per i vertici opposti; c) il perimetro e l'area. Soluzione. a) x –3y + 5 = 0; 4x –y –2 = 0; 3x + 2y + 4 = 0; b) 3x + 2y –7 = 0; x –3y –6 = 0; 4x –y + 9 = 0; c) perimetro = 171310 ++ , area = 11/2.

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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7

0.2 RICHIAMI SULLA CIRCONFERENZA Dato un punto (!, ") ed un numero reale #>0 , si chiama circonferenza di centro e raggio # il luogo geometrico dei punti del piano che hanno distanza # da . Se (, ) indica il generico punto della circonferenza, la condizione che caratterizza i punti della circonferenza è = # ossia $( − !) + ( − ") = # che è preferibile scrivere nella forma (1) ( − !) + ( − ") = # Se il centro della circonferenza è l’origine degli assi, (0; 0) , l’equazione della circonferenza è del tipo :

+ = #

Ad esempio + = 7 è la circonferenza di centro (0; 0) e raggio 7 . In particolare la circonferenza di centro l’origine degli assi e raggio 1 , detta anche circonferenza unitaria, ha equazione + = 1. Sviluppando (1) si ottiene la seguente equazione

(2) + + + + = 0,, , ∈ ℝ, + − 4 > 0

Questa equazione caratterizza la circonferenza; è un’equazione di secondo grado in due incognite in cui i termini x2 e y2 hanno lo stesso coefficiente e manca il termine in xy . Data l’equazione (2) il centro della circonferenza è

= (!, ") = (−2

;−2

)

mentre il raggio è

# =12

$ + − 4

Nell’equazione generale (2) della circonferenza compaiono tre parametri a b, c . Pertanto quando si vuole determinare l’equazione di una circonferenza, occorrono tre condizioni. Per esempio il centro (due condizioni) e il raggio (una condizione) . Spesso occorre trovare l’equazione di una circonferenza conoscendo le coordinate di tre suoi punti, in questo caso per determinare l’equazione della circonferenza si impone che le coordinate dei tre punti soddisfino l’equazione algebrica e mediante sistema si calcolano i parametri a, b, c (si veda esercizio 3).

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Matematica Capitolo 0: RICHIAMI

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8

Equazione retta tangente alla circonferenza nel pun to P(x 0;y0)

( − !)( − ) + ( − ")( − ) = 0

Esempio. L’equazione della retta tangente alla circonferenza + − 6 − 4 − 12 = 0 nel punto (−2, 2) è = −2.

Esercizi. 1. Determinare l’equazione della circonferenza di centro C(−2; 3) e raggio r = 4 .

Soluzione. Applicando la (1) si ha che l’equazione della circonferenza è ( )( ) ( ) 222 43y2x =−+−− da cui 036y4xyx 22 =−−++ .

2. Determinare il centro e il raggio della circonferenza di equazione 0124y6xyx 22 =−−−+ .

Soluzione. Considerata la (2) si ha a = −6 , b = −4 , c = −12 e pertanto la

circonferenza ha centro 2)(3;)2b

;2a

(C =−− e raggio 51223r 22 =++= .

3. Scrivere l’equazione della circonferenza passante per i punti (−1, 2) , (1, 4) , (3, 2) .

Soluzione. Considerata la (2) imponiamo il passaggio della circonferenza per i tre punti, ossia imponiamo che le coordinate dei tre punti soddisfino la (2) :

=++++=++++=++−+

0c2b3a49

0c4ba161

0c2ba41

risolvendo il sistema si ottiene a = −2 , b = −4 , c = +1 e pertanto l’equazione della circonferenza è:

014y2xyx 22 =+−−+ .

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Matematica. Capitolo 1: generalità sugli insiemi e sulle funzioni ________________________________________________________________________________________________________________________

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Capitolo 1

GENERALITA’ SUGLI INSIEMI E SULLE FUNZIONI

1.1 IL LINGUAGGIO DEGLI INSIEMI Un insieme può essere assegnato elencando i suoi elementi o enunciando una proprietà che li caratterizzi. Useremo lettere maiuscole per indicare insiemi, lettere minuscole per indicare gli elementi di un insieme. Se a è un elemento dell’insieme A diremo che “a appartiene ad A” e scriveremo a ∈∈∈∈ A. Per negare l’appartenenza scriveremo a ∉∉∉∉ A. Dato un insieme A, si definisce sottoinsieme di A un qualunque insieme B tale che ogni elemento di B risulti anche elemento di A. In tal caso si scrive B ⊆ A oppure B ⊂ A a seconda che B possa o meno coincidere con A. Tra i sottoinsiemi di un dato insieme vi è sempre l’insieme vuoto , cioè l’insieme privo di elementi, esso si indica con ∅.

1.2 GLI INSIEMI NUMERICI E I SIMBOLI CHE LI RAPPRES ENTANO • Numeri naturali : ℕ = 0,1,2, …, n, …

NOTA - In questa trattazione lo zero appartiene all’insieme dei numeri naturali. • Numeri interi : ℤ = …, -2, -1, 0, 1, 2, …

• Numeri razionali : ℚ = qp

: p, q ∈ ℤ, q ≠ 0

è l’insieme dei numeri che si possono esprimere come frazione.

• Numeri reali : ℝ questo insieme è costituito dai numeri razionali e irrazionali (sono numeri decimali illimitati aperiodici come per esempio 2 = 1,414213562… e π = 3,141593… )

• Numeri complessi : ℂ = z = a + ib : a, b ∈ ℝ dove i = 1− indica l’unità immaginaria. Si dice che a è la parte reale e b è il coefficiente della parte immaginaria del numero complesso z. NOTA - Dal punto di vista insiemistico, le successive estensioni dell’insieme dei numeri naturali si possono così schematizzare:

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ℕ ⊂ ℤ ⊂ ℚ ⊂ ℝ ⊂ ℂ Ma attenzione che, trattandosi di insiemi infiniti, non è detto che un insieme abbia cardinalità maggiore di un suo sottoinsieme. Risulta

|ℕ| = | ℤ | = | ℚ | < | ℝ | = | ℂ |

ossia gli elementi dell’insieme ℕ sono tanti quanti gli elementi di ℤ o di ℚ, così come ℝ e ℂ hanno lo stesso numero di elementi, mentre ℚ ha un numero di elementi più piccolo del numero di elementi di ℝ. Per indicare che in un insieme numerico si esclude lo zero, si scriverà un “∗” in alto a destra, per esempio ℝ∗ = ℝ − 0 . Per indicare che di un insieme numerico si considerano solo i numeri positivi scriveremo “+” in alto a destra; per indicare che in un insieme si considera anche lo zero, metteremo 0 in basso a destra; analogamente per i numeri negativi. Avremo per ℝ+ numeri reali positivi ℚ

numeri razionali negativi compreso lo zero.

• Rappresentazione dei numeri reali su una retta I numeri reali possono essere rappresentati dai punti di una retta. Infatti, considerata una retta orientata su cui è stato fissato il segmento (unità di misura) di estremi 0 e 1, ad ogni punto della retta rimane associato uno ed un solo numero reale e viceversa ad ogni numero reale rimane associato uno ed un solo punto della retta.

1.3 INTERVALLI DI NUMERI REALI e INTORNI Tra i sottoinsiemi di ℝ particolare importanza rivestono gli intervall i. Siano a, b ∈ ℝ, a< b. Si definisce: • intervallo chiuso di estremi a e b l’insieme

[a,b] =x ∈ ℝ : a ≤ x≤ b

• intervallo aperto di estremi a e b l’insieme

(a,b) = x ∈ ℝ : a < x < b

• intervallo aperto a sinistra e chiuso a destra

(a,b] = x ∈ ℝ : a < x ≤ b

0 1 u retta r

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• intervallo chiuso a sinistra e aperto a destra

[a,b) = x ∈ ℝ : a ≤ x < b

• intervalli illimitati

(a, +∞) = x ∈ ℝ : a < x [a, +∞) = x ∈ ℝ : a ≤ x (−∞, b) = x ∈ ℝ : x < b (−∞, b] = x ∈ ℝ : x ≤ b (−∞, +∞) = ℝ

NOTA – In questa trattazione la parentesi tonda indica “aperto”, la parentesi quadra indica “chiuso”. Si dice che (a, b) è un intorno di se ∈ (a, b).

• L’intervallo [ , b) è detto intorno destro di . • L’intervallo (a, ] è detto intorno sinistro di . • L’intervallo ( - δ, + δ) è detto intorno di centro e di raggio δ. Si usa

indicarlo con )( 0xI δ .

Gli intervalli (a, +∞ ) e [a, +∞ ) sono detti intorni di +∞ . Gli intervalli (−∞ , b) e (−∞ , b] sono detti intorni di −∞ .

Il punto A∈0x è detto punto interno ad A se esiste δ tale che )( 0xI δ ⊂ A, ossia se

esiste un intorno di 0x tutto contenuto in A.

Un insieme A si dice aperto se tutti i suoi elementi sono interni ad A. Un insieme si dice chiuso se il suo complementare è aperto. Esempio. L’intervallo (a,b) è un insieme aperto, perché tutti i suoi punti sono interni; l’insieme [a,b] è chiuso perché il suo complementare è ),(),( +∞∪−∞ ba , i cui

elementi sono tutti interni e quindi è aperto. Si dice che L è un maggiorante (risp. minorante ) di A se AaaL ∈∀≥

(risp. AaaL ∈∀≤ ). Esempio. Sono maggioranti dell’insieme [2,9] i numeri 34, 57, 2569. Sono suoi minoranti i numeri 0, −49, −2398.

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Un insieme si dice superiormente (risp. inferiormente ) limitato se ammette

maggioranti (risp. minoranti ). Un insieme si dice limitato se è sia superiormente sia

inferiormente limitato.

Esempio. L’insieme [2,9] è limitato, l’insieme [4, +∞) è inferiormente limitato e

superiormente illimitato.

Sia ⊂ ℝ. Si dice che M è il massimo di A se

(i) AaaM ∈∀≥ (ii) AM ∈

Sia ⊂ ℝ. Si dice che m è il minimo di A se

(i) Aaam ∈∀≤ (ii) Am∈

Esempio. L’insieme [2,9] ha come minimo m=2 e M=9 come massimo. L’insieme

[ ] 64,3 ∪−=A ha m=−3 come minimo e M=6 come massimo.

Esempio. L’insieme A=(2,9) non ha massimo né minimo: infatti il numero 2 e il numero 9 non appartengono all’insieme. Essi sono detti estremo inferiore e estremo superiore dell’insieme A.

Si dice che L è estremo superiore dell’insieme A se

(i) AaaL ∈∀≥

(ii) ∀ < ∈ ℎ < ≤ Si dice che l è estremo inferiore dell’insieme A se

(i) Aaal ∈∀≤

(ii) ∀ > ∈ ℎ ≤ < L’estremo superiore (inferiore) è dunque il minimo (massimo) dei maggioranti (minoranti). Si indicano rispettivamente con sup A e inf A. Se l’estremo superiore (inferiore) appartiene all’insieme, allora è un massimo (minimo) dell’insieme. Se l’insieme è superiormente (inferiormente) illimitato si scrive sup A=+∞ ( inf A=−∞ ). Ad esempio, per = ∈ ℝ: > 7", si ha sup A=+∞.

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1.4 FUNZIONI Spesso si devono affrontare e descrivere situazioni che fanno riferimento a due o più quantità variabili in determinati insiemi e tali che il valore di una dipenda dal valore assunto dalle altre. Ad esempio : Il costo totale di una merce dipende dalla quantità di merce acquistata. L’area di un quadrato dipende dalla lunghezza del suo lato. Il montante di un capitale depositato in banca dipende dal tempo di investimento e dal

tasso di interesse. Nei primi due esempi sono presenti due grandezze variabili: una indipendente e l’altra dipendente da questa, ossia il valore della seconda è determinato non appena è noto il valore della prima.

Variabile indipendente (generalmente indicata con x)

Variabile dipendente (generalmente indicata con y)

Si dice che y è funzione di x .

DEFINIZIONE. Dati due insiemi non vuoti A e B si dice funzione di A in B una legge che ad ogni x ∈ A associa uno ed un solo elemento y ∈ B. Scriveremo f : A → B oppure y = f(x).

• f(x) indica l’elemento di B immagine di x tramite f .

• x è detto una controimmagine di f(x) . • L’insieme A è detto dominio della funzione. • L’insieme B è detto codominio della funzione. • Il simbolo f(A) denota l’insieme delle immagini di f (o immagine di A).

ATTENZIONE. Non basta una “legge” per definire una funzione, occorre anche assegnare il dominio e il codominio. La stessa “legge” può definire oppure no una funzione a seconda del dominio e/o codominio in cui è considerata. Ad esempio :

f : ℕ → ℝ , f(x)= - x2 è una funzione f : ℕ → ℕ , f(x)= - x2 non è una funzione f : ℕ → ℝ , f(x)= x è una funzione f : ℝ → ℝ , f(x)= x non è una funzione

Altri esempi di funzione : f : ℕ → ℝ , f(x)= 2x + 1

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14

f : ℝ → ℝ ,

≥<≤+

<=

11

102

02

xse

xsex

xse

f(x)

NOTA - Nella definizione di funzione non è richiesto che rimanga invariata la legge con cui f associa ad ogni elemento del dominio la sua immagine; quello che occorre è che ad ogni elemento del dominio corrisponda uno ed un solo elemento del codominio. Esercizio.

Si consideri la funzione 2x

1 f(x)

−= definita in ℝ −2 . Si calcolino:

f(0) ; 1)f(k + ; )f( 1− ; )21

f( ; f(x) +4; f(x +4); f(x2) ; [f(x)]2 .

Soluzione Sostituendo ad x il valore indicato si ottiene:

21−=f(0) ,

11−

=+k

1)f(k , 3

11 −=− )f( ,

3

2

2

1 −= )f( ,

2

744

2x

1 4f(x)

−−=+

−=+

x

x, ( ) 2

1

24x

1 4)f(x

+=

−+=+

x,

2x

1 )f(

22

−=x , [ ]

44

1

2x

1 f(x)

2

22

+−=

−=

xx.

DEFINIZIONE. Una funzione f : A → A si chiama funzione identità se ad ogni

elemento di A associa l’elemento stesso, ossia f(x) = x .

Di norma si indica con IdA .

DEFINIZIONE. Una funzione f : A → B si dice

- suriettiva quando f(A) = B (fig. 1.1)

- iniettiva quando da x1 ≠ x2 segue f(x1) ≠ f(x2) (fig. 1.2)

- biettiva (o biunivoca) se è iniettiva e suriettiva (fig. 1.3)

A B A B A B

fig. 1.1 fig. 1.2 fig. 1.3

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15

f(x) = x2 , f : ℝ → ℝ

# è suriettiva, ma non iniettiva f(x)= x2 , f : ℝ → ℝ non è suriettiva né iniettiva f(x) = x2 , f : ℕ → ℤ è iniettiva, ma non suriettiva f(x) = 2x + 1 , f : ℝ → ℝ è biiettiva

Le funzioni biettive rivestono un ruolo particolarmente importante. Qui ci limitiamo ad evidenziare due proprietà : 1) Permettono di “confrontare” e “contare” gli elementi di due insiemi:

A e B hanno lo stesso numero di elementi se e solo se fra A e B è possibile stabilire una funzione biettiva. Esempio

• l’insieme P = 0, 2, 4, …, 2n, … dei numeri pari e l’insieme ℕ = 0, 1, 2, …, n, … dei numeri naturali hanno lo stesso numero di elementi (cardinalità) perché fra essi è possibile stabilire una funzione biettiva:

f : ℕ → P , f(n) = 2n . • Fra gli insiemi ℚ ed ℝ non esiste nessuna funzione biettiva perché | ℚ | < |ℝ| .

2) Le funzioni biettive ammettono la funzione inversa : Se f : A → B è una funzione biunivoca, allora si può definire un’altra funzione di B → A, detta funzione inversa della f e indicata con f-1 , che ad ogni y ∈ B associa la sua controimmagine nella f , ossia f-1(y) = x con f(x) = y .

Si osservi che : f-1 è biiettiva (f-1)-1 = f f : A → B iniettiva diventa biiettiva e quindi invertibile se si considera f : A → f(A) f-1(x) ≠ [ f(x)]-1

Nelle applicazioni economiche spesso si deve fare uso delle funzioni inverse. Ad esempio qualche volta pensiamo il prezzo p come funzione della quantità q e qualche volta la quantità come funzione del prezzo:

p=g(q) , q=f(p) Esempio La funzione “quantità” q: ℝ → ℝ definita da q=10−0.4p è biunivoca e quindi invertibile e pertanto la funzione “prezzo” risulta l’inversa della funzione quantità:

p=f-1(q)=(10−q)/0.4=25−2.5q

A B

x

y

f

f-1

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16

CAPITOLO 2

FUNZIONI REALI DI UNA VARIABILE REALE E APPLICAZION I

FUNZIONI REALI di una variabile reale Sono le funzioni aventi come dominio e codominio dei sottoinsiemi di numeri reali; esse sono alla base dei modelli matematici presenti in ogni campo della scienza. L’ultimo paragrafo, “Applicazioni”, ha lo scopo di mostrare come, per risolvere con metodi matematici dei problemi concreti, il primo passo sia quello di costruire un modello matematico che ne consenta la traduzione in uno o più problemi matematici. DEFINIZIONE. Siano A e B due sottoinsiemi non vuoti di ℝ. Una funzione f : A → B

è detta funzione reale di variabile reale .

Esempi f : [0,1] → ℝ f(x) = x2 –3 f : ℝ → ℝ f(x) = x2 f : ℝ → ℝ f(x)=1/x Il campo di esistenza della funzione, è l’insieme dei valori della variabile indipendente x per i quali hanno significato le operazioni che si devono eseguire su di essa per avere il valore corrispondente f(x) . In altre parole è il più ampio dominio, sottoinsieme di ℝ, per ogni elemento del quale è possibile determinare la corrispondente immagine nel codominio. Talvolta il dominio della funzione f non è specificato; in tal caso si sottintende che è il suo campo di esistenza. Per esempio se viene indicata solo la legge f(x)=1/x , si considera come dominio l’insieme ℝ - 0. Se viene indicata solo la legge f : x → x si considera come dominio l’insieme ℝ = [0, +∞) . OSSERVAZIONE Nello studio teorico di una funzione, di norma, come dominio si cerca e si considera il suo campo di esistenza, ma occorre fare attenzione che quando si studia un problema concreto, il dominio della funzione che lo rappresenta va considerato unitamente alla natura della variabile indipendente. Ad esempio se in () = 3 − 2 la rappresenta degli operai, il dominio deve essere un sottoinsieme di ℕ (non può esistere mezzo operaio!) anche se il campo di esistenza della funzione è ℝ.

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2.1 RICERCA DEL CAMPO di ESISTENZA Per determinare il campo di esistenza di una funzione occorre tener presente che nella sua espressione analitica : 1) I denominatori devono essere ≠ 0 . 2) Se figura n b , n pari, deve essere b ≥ 0 . 3) Se figura balog , deve essere b > 0 , ≠ 1, > 0. 4) Se figura )()( xgxf occorre porre 0)( >xf , con () e () funzioni razionali intere. Se la funzione presenta più situazioni fra quelle sopra indicate, per determinare il campo di esistenza, “Dom”, dovranno essere richieste contemporaneamente tutte le condizioni elencate sopra.

Esempio. 16

42 −

+=x

xf(x)

Per la ricerca del campo di esistenza si deve porre

),4()4,4(4

4

016

042

+∞−=⇒

±≠−≥

≠−≥+

UfDomx

x

x

x.

Esempio. Per determinare il campo di esistenza della funzione

41

−+=

x

xf(x) ln

si deve porre 04

1 >−+

x

x e 4≠x , e pertanto

≠>−>+

4

04

01

x

x

x

oppure

≠<−<+

4

04

01

x

x

x

4

4

4

1

>⇒

≠>

−>x

x

x

x

oppure 1

4

4

1

−<⇒

≠<

−<x

x

x

x

),4()1,( +∞−−∞= UfDom

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18

Esercizi. 1. Determinare il campo di esistenza della funzione

2)3(x1x

f(x)−+= .

Soluzione Deve essere 02 ≠−x , 2x ≠ . Il campo di esistenza della funzione è pertanto ℝ − 2.

2. Determinare il campo di esistenza della funzione

1

1)(

−=

xxf .

Soluzione Deve essere 01>−x , 1>x . Il campo di esistenza della funzione è pertanto (1,+∞).

3. Determinare il campo di esistenza della funzione

)2(ln)( 2 −+= xxxf .

Soluzione Deve essere 022 >−+ xx . Il campo di esistenza della funzione è pertanto ( ) ( )∞+−∞− ,12, U .

4. Determinare il campo di esistenza della funzione

43)(

2 −+=

xxx

xf ..

Soluzione La funzione esiste purché sia 043xx2 ≠−+ , ossia x ≠ − 4 oppure x ≠ 1 . Il campo di esistenza della funzione è pertanto:

ℝ − −4, 1 = (−∞,−4)∪(−4,1)∪(1, +∞).

5. Determinare il campo di esistenza della funzione

12

)(+−=

xx

xf ..

Soluzione Le condizioni da imporre si esplicitano nel seguente sistema :

≠+

≥+−

01

012

xxx

,

−≠≥−≤

1x

2xoppure 1x da cui x < − 1 oppure x ≥ 2 .

Il campo di esistenza della funzione è ( ) [ )+∞−∞− ,21, U . 6. Si consideri la funzione

1)x(xlogf(x) 24 +−= .

Soluzione La condizione di esistenza è 124 +− xx >0 .

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19

Ponendo tx =2 , la disequazione da risolvere diventa 01tt2 >+− che è sempre verificata per ogni t ∈ R , dunque anche per t > 0 e quindi per ogni x ∈ ℝ . Il campo di esistenza della funzione è ℝ .

7. Determinare il campo di esistenza della funzione

)1(log

12)(

−−−=

x

xxf .

Soluzione Occorre risolvere il seguente sistema:

≠−≥

>−≥−

0)1(log

0

01

02

x

x

x

x

,

≠≥>≥

4

0

1

2

x

x

x

x

Il campo di esistenza della funzione è [ ) ( )∞+,44,2 U .

8. Determinare il campo di esistenza della funzione ( )

13x2xx

7x3f(x)

2 +−−= .

Soluzione

>+−≠

013x2x

0x2

, ( )

∞+

∞−∈

,121

,x

0x

U

⇒ il campo di esistenza della funzione è ( ) ( )∞+

∞− ,12

1,00, UU .

9. Determinare il campo di esistenza della funzione

( ) 12

3 −= xxf(x) .

Soluzione Deve essere 03x > . Il campo di esistenza della funzione è: ( )∞+,0 .

10. Determinare il campo di esistenza della funzione

( ) 12

3 −= xxf(x) . Soluzione

≥−>

01x

03x2

, ( ] [ )

∞+−∞−∈>

,11,x

0x

U ,

⇒ il campo di esistenza della funzione è [ )∞+,1 .

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20

Esercizi da svolgere

1. Determinare il campo di esistenza delle seguenti funzioni:

a) f(x) = b) f(x) =

c) f(x) = √3 − x d) f(x) = e√

e) f(x) = ln(2 + √x − 2) f) f(x) = %&'(()

g) f(x) = √) h) f(x) =

&'()

i) f(x) = ln ( l) f(x) = √2x − 3 − √2 − x

m) f(x) = *+ n) f(x) = ,|2x − 1| − 3

o) 23xxf(x) 3 +−= p) f(x) = .

q) f(x) = ( r) f(x) = /

0

s) f(x) = √(1 t) f(x) = √

/

u) f(x) = /&'( v) ( ) 1x

x

2xf −=

z) f(x) = √&' w) f(x) =

+

y) f(x) = √/ +

√% j) f(x) = ln(1 + x)

Risposte.

a) ℝ− −1, 1; b) ℝ − −1; c) ;33 ≤≤− x

d) x ≥ 2 ; e) x ≥ 2 ; f) ( ) ( ) ;4,33, U∞−

g) ℝ − −5; h) ( ) ( )∞+,1111,10 U ; i) ( ) ( )∞+−∞− ,41, U ;

l) ;22

3 ≤≤ x m) ℝ − 0; n) ( ] [ ) ;,21, ∞+−∞− U

o) ( );, ∞+∞− p) ( ) ( ) ( );,33,33, ∞+−−∞− UU q) ( );, ∞+∞−

r) ( ) ( ) ( );,44,44, ∞+−−∞− UU s) ℝ − +2, −2; t) [ ) ( );,33,0 ∞+U

u) ( ) ( );,22,0 ∞+U v) ℝ − 1; z) ℝ − e;

w) ℝ − 0; y) [3, +∞) ; j) ℝ .

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21

2.2 OPERAZIONI CON LE FUNZIONI. FUNZIONI COMPOSTE.

• Somma (addizione e sottrazione) Date le funzioni f : A → ℝ e g : A → ℝ, A ⊆ ℝ , si definisce la funzione somma (f ± g) : A → ℝ , A ⊆ ℝ , ponendo, per ogni x ∈ A ,

)()())(( xgxfxgf ±=±

Esempio. Siano f , g : ℝ → ℝ , con f(x) = 2x + 1 e g(x) = x2 ; allora risulta (f – g)(x) = 2x+ 1 –x2 ; (f + g)(x) = 2x+ 1 +x2

• Moltiplicazione per uno scalare Dati f : A → ℝ, A ⊆ ℝ, λ ∈ ℝ si definisce la funzione λf : A → ℝ, A ⊆ ℝ, ponendo per ogni x ∈ A

)())(( xfxf λ=λ

Esempio. Siano f : ℝ → ℝ, f(x) = 2x + 1, e λ = 7; allora risulta 7 f : ℝ → ℝ, 7f(x) = 7 (2x + 1)=14x+7.

• Prodotto di funzioni Date le funzioni f : A → ℝ e g : A → ℝ, A ⊆ ℝ , si definisce la funzione prodotto f·g) : A → ℝ , A ⊆ ℝ , ponendo, per ogni x ∈ A ,

()() = ()()

Esempio. Siano f , g : ℝ → ℝ , con f(x) = 2x + 1 e g(x) = x2 ; allora risulta ( )() = (2 + 1)( ) = 2/ +

• Composizione di funzioni Siano f : A → B e g : B → C due funzioni tali che f(A) ⊆ B (ossia l’immagine di A è contenuta nel dominio di g) , allora si può considerare la funzione go f : A → C definita, per ogni x ∈ A, da

))(())(( xfgxfg =o .

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22

La funzione go f si dice funzione composta di f e g (tale scrittura prevede che prima si applica la f e poi la g).

Esempi.

1. Siano f : ℝ → ℝ, f(x) = x + 1 ; g : ℝ → ℝ , g(x) = 2x . Allora risulta

22)1(2)1())(())(( +=+=+== xxxgxfgxfg o .

2. f(x) = ln(x + 3) è la composizione di g(x) = x + 3 e di h(x) = ln x ; infatti

)3ln()3())(())(( +=+== xxhxghxgh o .

3. 1)( 2 += xxf è la funzione composta da g(x) = x2 + 1 e da xxh =)( , infatti

1)1())(())(( 22 +=+== xxhxghxgho . OSSERVAZIONI

L’esistenza di go f non implica l’esistenza di fog .

L’operazione di composizione non è commutativa, ossia anche nel caso esista sia

go f che fog , generalmente risulta go f ≠ fog .

Esempio. Siano f , g : ℝ → ℝ definite da f(x) = x2 + 1 e g(x)= 2

x , risulta

2

)1()1())(())((

22 +=+== x

xgxfgxfg o

44x

12x

2x

ff(g(x))g)(x)f(22 +=+

=

==o

dunque go f ≠ fog .

Attenzione a non confondere f2(x) con [f(x)]2 .

Esempio: se f : ℝ−0 → ℝ , f(x) = 1/x risulta f2(x) = (fo f)(x) = f(f(x)) = x , mentre

[f(x)]2 = (1/x)2 .

Se f è biiettiva, la sua funzione inversa f è la funzione tale che fo f = f o f = Id .

(funzione identità).

Esempio . Se () = − 5,() = + 5 e si ha

xxxfxffxff =+−=−== −−− 555111 )())(())(( o

xxxfxffxff =−+=+== −− 55511 )())(())(( o

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23

Esercizio.

Sia f : ℝ5 → ℝ5 , xxf =)( e g : (−∞, 3] → ℝ , xxg −= 3)( . Si determinino, se esistono, le seguenti funzioni composte:

a) fog , b) go f , c) fo f , d) gog.

Soluzione a) fog verifica la condizione di esistenza, risulta 4 3))(( xxgf −=o .

b) go f non esiste, perchè f(ℝ ) ⊄ (−∞, 3] , per esempio f(16) = 4 ∉ (−∞, 3] .

Però, se consideriamo f : [0, 9] → ℝ , xxf =)( e g : (−∞, 3] → ℝ , xxg −= 3)( ,

allora la funzione esiste perché f([0,9])=[0, 3]⊂ (−∞, 3] e la sua espressione analitica è

xxgxfgxfg −=== 3)())(())(( o

Controlliamo il dominio: deve essere x ≥ 0 e x−3 ≥ 0 da cui ≥ 0 e ≤ 9.

c) fo f verifica la condizione di esistenza, risulta 4))(( xxff =o .

d) gog non esiste, perchè g(−∞, 3] ⊄ (−∞, 3] , per esempio g(−22) = 5 ∉ (−∞, 3] .

Esercizio. Siano f , g : ℝ → ℝ definite da f(x) = 2x2 −2 e g(x) = x + 3 . Si determinino, se

esistono, le seguenti funzioni composte:

a) fog , b) go f , c) fo f , d) gog .

Soluzione

a) fog verifica la condizione di esistenza, risulta 161222)3(2))(( 22 ++=−+= xxxxgf o .

b) go f verifica la condizione di esistenza, risulta 123)22())(( 22 +=+−= xxxfg o .

c) fo f verifica la condizione di esistenza, risulta

61682222 2422 +−=−−= xxxxff )())(( o

d) gog verifica la condizione di esistenza, risulta 63)3())(( +=++= xxxgg o

Esercizio.

Sia t : (2, +∞) → ℝ , t(x) = ln2(x −2) . Si trovino f , g , h tali che t = fogoh .

Soluzione

f(x) = x2 , g(x) = ln x , h(x) = x −2 .

Esercizio. Determinare, se possibile, le funzioni composte fg o e gf o , e il relativo dominio

(a) 32)(,1)( 2 +=+= xxfxxg

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24

(b) )/3ln()(,)( 2 xxgxxf ==

(c) 4)(,)( 2 +=−= − xxfxxg

(d) 2)(,1)( xxfxxg =−−= Soluzione (a) =+=++=+== )()())(())(( fgDomxxxgxfgxfg oo 4213232 222 ℝ

RgfDomxxxxxxfxgfxgf =++=+++=++=+== )(5423)21(23)1(2)1())(())(( 222oo

(b) ==== )()/ln()())(())(( fgDomxxgxfgxfg oo

22 3 ℝ − 0

[ ] ==== )()/ln())/(ln())(())(( gfDomxxfxgfxgf oo233 ℝ

(c) 4)(4

1

)4(

1)4()4())((

2

2 −−=+

−=+

−=+−=+= − RfgDomxx

xxgxfg oo

4)())(( 22 +−=−= −− xxfxgf o , perché esista deve essere 0e0412

≠≥+− xx

.

Dalla prima si ha ,41

cioè,1

4 22

≥≥ xx

che implica 2/1 e2/1 ≥−≤ xx . Pertanto,

+∞∪

−∞−= ,21

21

,)( gfDom o .

(d) .1)())(( 22 −−== xxgxfg o

La funzione non è definita in campo reale perché ∀ ∈ ℝ 012 <−− x ha si .

=−−=−−=−−= )()()())(( gfDomxxxfxgf oo 111 2 ℝ. Esercizio. Si considerino le funzioni xxrxxgxxf /1)(,ln)(,)( 4 ==−= . Si determinino, se possibile, le espressioni delle funzioni composte rfggfr oooo e . Soluzione

44

)(ln

1))(ln())(ln())((())((

xxrxfrxgfrxgfr

−=−===oo

↦ ln ↦ −(ln )( ↦ 1−(ln )(

il cui dominio è ),1()1,0( +∞∪ poiché deve essere 0>x e 0)(ln 4 ≠− x . Quest’ultima disuguaglianza implica 0ln ≠x , cioè 1≠x .

)ln()1

ln()1

())/1(())((())(( 444

−−=−=−=== xxx

gxfgxrfgxrfg oo

↦ 1 ↦ − 1

( ↦ ln =− 1(>

La funzione non esiste, perché l’argomento del logaritmo è sempre negativo.

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25

2.3 GRAFICO Sia f una funzione reale di variabile reale. Se nel piano cartesiano si considerano i punti di coordinate (x; f(x)), essi determinano una visualizzazione geometrica della funzione detta grafico della funzione . Se C è la curva grafico della funzione f , si dice anche che la curva C ha equazione y = f(x) .

? = (, @) ∈ ℝ ∶ @ = () Esempi di grafici. 1. 2)( xxf = ha come grafico

2.

>≤

=03

02

xse

xsexf )( ha come grafico

y

x

4

2 −2

y

x 0

2 3

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26

2.4 GRAFICO DELLA FUNZIONE INVERSA Se f : A → B è una funzione invertibile, il grafico di f e di f sono uno il simmetrico dell’altro rispetto alla bisettrice del 1° e 3° quadrante. Esempi.

1. Se f : ℝ → ℝ , 43)( −= xxf allora 1−f : ℝ → ℝ , 3

4)(1 +=− x

xf .

2. Se f : [0, 3] → [0, 9] , 2xxf =)( allora 1−f : [0,9] → [0,3] , xxf =− )(1 .

y

x 0 −4

−4

f

f−1

y

9

x 0 3

3

9

f

f-1

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2.5 FUNZIONI MONOTONE DEFINIZIONE. Una funzione f : A → B si dice monotona nell’insieme A se si verifica una delle seguenti condizioni : )()(,, 212121 xfxfxxAxx <⇒<∈∀ (f strettamente crescente) )()(,, 212121 xfxfxxAxx ≤⇒<∈∀ (f crescente) )()(,, 212121 xfxfxxAxx >⇒<∈∀ (f strettamente decrescente) )()(,, 212121 xfxfxxAxx ≥⇒<∈∀ (f decrescente) NOTA - Per convenzione, si dice che una funzione : ℝ → ℝ è crescente (decrescente) in un punto Ax ∈0 se è crescente in un intorno di 0x . NOTA - Se una funzione f è strettamente monotona , ossia strettamente crescente o strettamente decrescente, allora è invertibile . Esempi.

1. () = / è strettamente crescente.

Infatti per ogni x1, x2, x1 < x2 risulta x13 < x2

3 , ciò deriva dal fatto che x1

3 – x23 = (x1 – x2) (x1

2 + x1x2 + x22) ed essendo x1

2 + x1x2 + x22 sempre positivo,

se x1 – x2 < 0 anche x13 – x2

3 < 0 . Naturalmente essendo () strettamente crescente, esiste la funzione inversa () = √ .

2. () = −2 + 1 è strettamente decrescente.

Infatti per ogni x1, x2 , con x1 < x2 , risulta 2 x1< 2x2 da cui –2x1 > –2x2 , e quindi –2x1 +1> –2x2+1.

La () ammette la funzione inversa 2

1)(1 +−=− x

xf .

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2.6 FUNZIONI LIMITATE

DEFINIZIONE. Sia f : A → ℝ, A ⊆ ℝ ; la funzione f si dice :

• Limitata superiormente se esiste L ∈ ℝ ; f(x) ≤ L ∀ x ∈ A

(cioè se f(A) è superiormente limitato)

• Limitata inferiormente se esiste L ∈ ℝ ; f(x) ≥ L ∀ x ∈ A

(cioè se f(A) è inferiormente limitato)

• Limitata se esistono L, L ∈ ℝ ; L ≤ f(x) ≤ L ∀ x ∈ A

(cioè se f(A) è limitato)

Graficamente una funzione limitata superiormente o inferiormente ha il grafico tutto compreso al di sotto, rispettivamente al di sopra, di una retta y = t e analogamente se una funzione è limitata il suo grafico è compreso fra due rette y = h e y = k .

0 x

y y = 7 7

0 x

y

y = −1 −1

y

0 x

y = 1

0,2

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2.7 LE FUNZIONI ELEMENTARI. Sono così chiamate le funzioni mediante le quali vengono costruiti i modelli matematici. Si può anche dire che sono le funzioni che si usano come “mattoni” per costruire tutte le altre funzioni. Descriviamo brevemente le caratteristiche delle principali funzioni elementari.

2.7.1. La funzione valore assoluto

∣∣∶ ℝ → ℝ ,

<−≥

=0

0||

xsex

xsexx

Qualunque sia il numero reale x , il valore assoluto (o modulo ) di x si indica con il simbolo |x|. E’ strettamente decrescente in (−∞, 0) , mentre è strettamente crescente in (0, +∞) . Del valore assoluto è importante ricordare che per ogni numero reale r ≥ 0 risulta :

|x| < r se e solo se −r < x < r cioè ∈ F(0, G) |x| ≤ r se e solo se −r ≤ x ≤ r cioè ∈ F(0, G)⋃−G⋃G

| − | < G vuol dire – G < − < G cioè − G < < + G o, con notazione equivalente, ∈ F(, G) Inoltre |x| ≥ r se e solo se x ≤ − r oppure x ≥ r

|x| > r se e solo se x < − r oppure x > r.

0

f(x)=|x|

x

− r ≤ x ≤ r

y=|x|

x

r

r −r

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2.7.2. Le funzioni lineari f(x) = mx , m ∈∈∈∈ ℝ e le funzioni lineari (affini) f(x )= mx + q , m, q ∈∈∈∈ ℝ

Queste importanti funzioni hanno tutte come grafico una retta, nel capitolo 0 sono riportate le principali formule relative alla retta. LE FUNZIONI f(x) = mx , m ∈ ℝ

: ℝ → ℝ,() = K, m ∈ ℝ

Sono dette funzioni lineari ; hanno il rapporto delle due variabili costante: m xy = e per

questo si dice che le due variabili sono direttamente proporzionali. Dunque le funzioni () = K sono quelle che esprimono la proporzionalità diretta . Il loro grafico è sempre una retta passante per l’origine. Precisamente risulta :

LE FUNZIONI f(x) = mx + q , m, q ∈ ℝ

: ℝ → ℝ,() = K + L, m, q ∈ ℝ

Con abuso di linguaggio è consuetudine chiamare lineari anche le funzioni lineari affini () = K + L con q ≠ 0 , il loro grafico è sempre una retta non verticale che si ottiene traslando il grafico della funzione lineare () = K di q unità verso l’alto se q è positivo, di –q unità verso il basso se q è negativo.

0

m = −1 m = 1

m < −1 1 < m

0 < m < 1 −1 < m < 0

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Il numero q è dunque l’ordinata del punto in cui il grafico di () = K + L interseca l’asse delle y e si chiama intercetta o ordinata all’origine. ATTENZIONE Le funzioni () = K + L, q ≠ 0 , non esprimono più la proporzionalità diretta. Significato di m .

Sia () = K + L, m, q ∈ ℝ e sia r la retta grafico della funzione f(x). Si ha che : Il valore K esprime la pendenza della retta. Il valore di K indica di quanto aumenta la y quando si aumenta di una unità la x .

Dimostrazione - Siano M(; @) e M( + 1; @) due punti della retta r di equazione y = Kx + q . Poiché i punti appartengono ad r , risulta :

qxmy ++= )1( 12 e qmxy += 11 sottraendo membro a membro e semplificando si ottiene myy += 12 . . Se ad esempio si ha la funzione f(x) = y = 0.5 x , ad ogni aumento di una unità di x , corrisponde un aumento di 0.5 unità di y . Se si considera invece la funzione f(x) = y = −4 x + 7 , all’aumentare di x di una unità, la y “aumenta” di –4 unità, ossia diminuisce di 4 unità.

Da quanto dimostrato segue che la funzione () = K + L è

Strettamente crescente se m > 0

Strettamente decrescente se m < 0

Costante se m = 0

y = mx −2

0 x

y = mx

y = mx + 2

−2

2

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32

il segno di m indica se la funzione è crescente o decrescente;

il valore assoluto di m indica la velocità con cui y varia rispetto a x .

In particolare: se K = 1 la x e la y variano allo stesso modo; se K = 0 la y rimane costante. Esempi.

1. y = 7x –2 , y = 6x + 2 Confrontando le pendenze si può affermare che la prima funzione cresce più rapidamente della seconda (indipendentemente dal valore di q) .

2. y = –0,5 x + 7 , y = –x + 1340 Confrontando le pendenze si può affermare che decresce più rapidamente la seconda funzione perché |−1| > |−0.5| .

PROPRIETA’ del rapporto OPOQ

Consideriamo la funzione @ = K + L e sia ∆y = @ − @ la variazione della funzione in corrispondenza dell’incremento ∆x = − dato alla variabile x in .

Il rapporto xy

∆∆

(detto rapporto incrementale o tasso medio di variazione) è una costante:

il rapporto incrementale è indipendente sia dal pun to in cui si considera la

variazione sia dall’incremento e vale mx

y =∆∆

.

Dimostrazione - Comunque si prendano due punti M(; @) e M(; @) appartenenti alla retta r di equazione @ = K + L , risulta qmxxfy +== 111 )( ,

qmxxfy +== 222 )( da cui sottraendo membro a membro si ottiene :

mxx

yy =−−

12

12 ossia xy

m∆∆= .

x1 x2

x2 −x1

P2(x2; y2) y

P1(x1; y1) y2 −y1

0

α

x

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33

Per la funzione () = K + L, il valore della costante m=12

12

xxyy

xy

−−=

∆∆

è anche detto

coefficiente angolare della retta r . OSSERVAZIONE Le funzioni @ = K + L hanno come grafico una retta, ma non esauriscono tutte le rette del piano, rimangono escluse le rette parallele all’asse y (rette verticali). Queste rette infatti non rappresentano una funzione, la loro equazione è del tipo x = k e si dice, per convenzione, che hanno pendenza infinita . Esercizio. Rappresentare graficamente le seguenti funzioni:

a) f(x) = −x ; b) f(x) =−x + 1 ; c) f(x) = −x −2 ;

d) f(x) = 2x ; e) f(x) = 2x −2 ; f) f(x) = 2x + 3 . Soluzione a) Retta con pendenza m = −1 . b) Si ottiene traslando il grafico di a) di una unità verso l’alto. c) Si ottiene traslando il grafico di a) di due unità verso il basso. d) Retta con pendenza m = +2 . e) Si ottiene traslando il grafico di d) di due unità verso il basso. f) Si ottiene traslando il grafico di d) di tre unità verso l’alto.

x 0

y

Soluzione a)

x 0

y

Soluzione b)

1

x 0

y

Soluzione c) −2

y

x 0

Soluzione d) Soluzione e)

y

x 0 −2

Soluzione f)

y

x 0

3

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34

∆ > 0

∆ < 0 y

∆ = 0

0 x

∆ > 0

∆ < 0

y

∆ = 0

0 x

2.7.3. Le funzioni f(x) = ax2+ bx + c ; a, b, c ∈∈∈∈ ℝ,,,, a≠≠≠≠ 0

f:ℝ → ℝ,f(x) = ax2+ bx + c ; a, b, c ∈ ℝ, a≠ 0

Il grafico di questa funzione si chiama parabola. I suoi punti hanno la stessa distanza

dalla retta di equazione a

y4

1 ∆+−= e dal punto

∆−−aa

bF

41

;2

con acb 42 −=∆ ; la retta

e il punto sono detti rispettivamente la direttrice e il fuoco della parabola. Il grafico di una parabola dipende : dal segno di a , dall’avere oppure no intersezioni con l’asse delle ascisse, ossia se esistono dei valori x per i quali ax2 + bx + c = 0 , ossia dipende dall’essere acb 42 −=∆ maggiore, uguale o minore di zero. I punti di intersezione con l’asse delle ascisse sono due se ∆ > 0 , uno se ∆ = 0 , nessuno se ∆ < 0 . Risulta : • a > 0 (concavità verso l’alto)

o convessità • a < 0 (concavità verso il basso) Come si vede questi grafici hanno :

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35

a > 0

a < 0

y

0 x

una retta di simmetria, detta asse della parabola; essa è parallela all’asse delle

ordinate ed ha equazione : ab

x2

−=

un punto di intersezione con l’asse di simmetria; questo punto è detto vertice della

parabola ed ha coordinate

+−−a

acbab

V4

4;

2

2

. Quando a > 0 il vertice è il

punto in cui la funzione raggiunge il minimo valore; quando a < 0 il vertice è il punto in cui la funzione raggiunge il massimo valore.

Il caso f(x) = ax 2 , a ≠≠≠≠ 0

Queste funzioni hanno come grafico una parabola con vertice nell’origine degli assi e con asse di simmetria l’asse y delle ordinate. La funzione f(x) = ax2 , a ≠ 0 , è particolarmente importante perché rappresenta la

proporzionalità quadratica ( 2x

y = costante ) che troviamo in molti modelli economici.

Esercizio. Si descriva il grafico delle seguenti funzioni :

a) f(x) = 2x2 ; b) f(x) = 1 −x2 ; c) f(x) =− 2x −x2 ; d) f(x) = x2 −10x + 6 . Soluzione. a) Parabola con la concavità verso l’alto; asse di simmetria la retta x = 0 (asse delle

ordinate); vertice nel punto (0; 0) che è anche il punto in cui la funzione raggiunge il minimo valore.

b) Parabola con la concavità verso il basso; asse di simmetria la retta x = 0 (asse delle ordinate); vertice nel punto V(0; 1) che è anche il punto in cui la funzione raggiunge il massimo valore.

c) Parabola con la concavità verso il basso; asse di simmetria la retta x = −1 ; vertice nel punto V(−1; 1) che è anche il punto in cui la funzione raggiunge il massimo valore.

d) Parabola con la concavità verso l’alto; asse di simmetria la retta x = 5 ; vertice nel punto V(5; −19) che è anche il punto in cui la funzione raggiunge il minimo valore.

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36

k > 0

y

0 x

k < 0

y

0 x

2.7.4. Le funzioni f(x) = k/x, k ∈∈∈∈ ℝ− 0

∶ ℝ∗ → ℝ∗,() = S−1,S ∊ ℝ∗

Il grafico di questa funzione è una curva detta iperbole equilatera : Il grafico è costituito da due parti dette rami dell’iperbole ed è simmetrico rispetto l’origine degli assi cartesiani. Esistono due rette dette asintoti dell’iperbole a cui i rami dell’iperbole si avvicinano infinitamente senza intersecarle (nelle figure sopra sono gli assi cartesiani di equazione x = 0 e y = 0 ). Posto () = @, l’equazione @ = S/ , ossia @ = SVWXS ≠ 0 , esprime la legge di proporzionalità inversa : due variabili non nulle x e y sono inversamente proporzionali se il loro prodotto è costante.

Si noti che kyxkxy =−−⇔= )0)(0( e gli asintoti sono gli assi cartesiani di equazione x=0 e y=0 .

Se gli asintoti anziché essere gli assi cartesiani sono paralleli agli assi cartesiani, l’equazione dell’iperbole equilatera è ( )( ) kyyxx =−− 00 e gli asintoti sono le rette

di equazione 0xx = , 0yy = .

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37

n = 4 n = 2

y

0 x 1

1

−1

k > 0

Anche la funzione 0,)( ≠++= c

dcx

baxxf , è una iperbole equilatera con asintoti

paralleli agli assi cartesiani e di equazioni c

dx −= e

c

ay = . Il punto ? = (− Y

Z , [Z)

è il punto di simmetria della funzione.

2.7.5. Le funzioni potenza f(x) = xn Distinguiamo tre casi a seconda che l’esponente sia intero positivo, intero negativo, razionale.

1° caso )

: ℝ ⟶ ℝ, () = ],X ∈ ℕ − 0

Ha proprietà diverse a seconda che l’esponente sia pari o dispari.

a) n pari : la funzione è nulla per x = 0 e sempre positiva per x ≠ 0 , inoltre è strettamente decrescente per x ≤ 0 e strettamente crescente per x ≥ 0 , ha minimo assoluto in (0, 0) . In figura sono rappresentati i casi f(x) = x2 e f(x) = x4 .

y

0 x

y0

x0

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38

n = 3

n = 1

y

0 x 1

1

−1 −1

n = 3

n = 1

y = xn

0 x 1

1

−1 −1

n = 2

n = 3 n = 2

x 3 1

0

1

−1

n = 1

b) n dispari: la funzione è sempre strettamente crescente, in figura sono rappresentati i

casi f(x) = x e f(x) = x3 . OSSERVAZIONE La funzione potenza f(x) = xn , n ∈ ℕ* , nell’intervallo [ 0, + ∞ ) è strettamente crescente sia nel caso n pari sia nel caso n dispari e quindi, essendo strettamente monotona, in questo intervallo la funzione ammette la funzione inversa. La funzione inversa di f(x) = xn , x ≥ 0 , si chiama funzione radice n-esima e si indica con

nn xxxf1

1 )( ==− , 0≥x .

Le figure sotto illustrano, rispettivamente, i grafici delle funzioni nxxf =)( e n xxf =)( per n = 1, 2, 3 .

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39

y = x−2

0 x 1

1

−1

y = x−3

0 x 1

1

−1 −1

2° caso )

∶ ℝ∗ → ℝ,() = −X,X ∈ ℕ∗

Il campo di esistenza è ℝ − 0 perché ] = ^ . Questa funzione, per ogni n ∈ ℕ*,

può anche vedersi come quoziente (x)f

(x)f

2

1 delle funzioni definite da f1(x) = 1 e f2(x) = xn.

In figura sono rappresentati i valori di f(x) = x−2 e f(x) = x−3 . 3° caso )

f : D → ℝ , nm

xxf =)( , n

m ∊ ℚ

Ricordiamo che 10 =x e che n mn

m

xx = , n m

nm

xx

1=−

, per ogni m, n ∈ ℕ* , x ∈ ℝ+ .

La funzione potenza nm

xxf =)( con esponente razionale, è la funzione composta

ottenuta componendo le funzioni mxg(x) = e n xh(x) = , ovviamente limitatamente al dominio D in cui si può effettuare l’operazione di composizione.

A conclusione, ricordiamo le principali proprietà delle potenze :

` = ` , : ` = `

(a) = a ,bac

=

a

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40

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41

0 < a < 1

0 x 1

1

−1

y = ax

a >1

2.7.6. La funzione esponenziale f(x) = ax , a >>>> 0, a ∈∈∈∈ ℝℝℝℝ + .

: ℝ ⟶ ℝ,() = , a>0

E’ una funzione definita per ogni x ∈ ℝ e risulta sempre positiva. • se a = 1 la funzione esponenziale è costante • se a > 1 la funzione esponenziale è strettamente crescente • se 0 < a < 1 la funzione esponenziale è strettamente decrescente Si noti che per a ≠ 1 , a > 0 , la funzione esponenziale f(x) = ax è strettamente monotona e quindi la funzione è invertibile. La funzione inversa è definita sui numeri reali positivi (dato che l’immagine di f(x) = ax è costituita dai numeri reali positivi), essa si chiama funzione logaritmo. Più in generale, una funzione esponenziale ha la forma f(x) = k a

x , dove k è l’intercetta y , cioè f(0) = k .

() = S,S ∈ ℝ∗

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42

2.7.7. La funzione logaritmo f(x) = loga x , a >>>> 0 , a ≠≠≠≠ 1 Fissato un qualunque numero reale positivo a , a ≠ 1 , la funzione logaritmo f(x) = loga x è una funzione che ha come campo di esistenza ℝ+ (reali positivi) e come codominio ℝ (coincidente con l’insieme delle immagini). La funzione logaritmo è l’inversa della funzione esponenziale e quindi f(x) = loga x = y se solo se ay = x ; il numero a è detto base del logaritmo e x argomento del logaritmo.

Come si vede dai due grafici riportati in figura, la funzione logaritmo ha comportamenti diversi a seconda che sia a > 1 oppure 0 < a < 1 . Se a > 1 la funzione è strettamente crescente ; è negativa per 0 < x < 1 ; è nulla per x = 1 ; è positiva per x > 1 . Se 0 < a < 1 la funzione è strettamente decrescente ; è positiva per 0 < x < 1 ; è nulla per x = 1 ; è negativa per x > 1 .

Particolarmente importante è il caso in cui la base del logaritmo è il numero di Nepero e = 2,7182818… ; in questo caso si parla di logaritmi naturali e la notazione per indicarli si abbrevia con ln x . Se la base è il numero 10 , si parla di logaritmi decimale e, generalmente, si omette di indicare la base e si scrive semplicemente log x . A conclusione, ricordiamo le principali proprietà dei logaritmi :

( ) yxxy aaa logloglog +=

yxyx

aaa logloglog −=

xrx ar

a loglog =

bx

xa

ab log

loglog = .

0 < a < 1

0 x 1

1

−1

y = loga x a >1

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43

x O

y

Angolo positivo + α

III

III IV

P + αααα

−−−− αααα

x O

y

Angolo negativo − α

III

III IV

P

2.8 FUNZIONI TRIGONOMETRICHE Da quanto visto nel paragrafo 2.7, le funzioni reali di variabile reale mediante le quali vengono costruiti i modelli matematici, appartengono essenzialmente a due famiglie: le funzioni potenza (con le loro inverse) e le funzioni esponenziali (con le loro inverse). Oltre a queste due, vi è una famiglia di funzioni che compare prevalentemente nei modelli atti a descrivere fenomeni periodici. Sono le funzioni trigonometriche. Per la loro importanza vengono richiamate a fine di questo capitolo anche se il loro dominio non è l’insieme ℝ dei numeri reali o un sottoinsieme di ℝ. Il loro dominio ( o codominio se si tratta delle loro funzioni inverse ) è un insieme i cui elementi sono angoli. Inizieremo pertanto riportando le nozioni di base relative agli angoli.

2.8.1 Segno di un angolo Dato un sistema di assi cartesiani ortogonali e una circonferenza di centro l’origine O degli assi, sia P un qualunque punto sulla circonferenza. Facendo muovere sulla circonferenza il punto P si ottengono gli angoli con vertice in O e lati OP e l’asse positivo delle ascisse. Si dice angolo giro l’angolo determinato da un giro completo di P sulla circonferenza, a partire da P sull’asse positivo delle ascisse. Per poter assegnare un segno positivo o negativo ad un angolo occorre fissare sulla circonferenza un verso di percorrenza per il punto P . Di norma si fissa il verso antiorario e perciò ad un angolo si assegna il segno positivo se P si muove in senso antiorario, il segno negativo se P si muove in senso orario. Le quattro regioni I, II, III, IV in cui gli assi cartesiani dividono il piano, sono dette quadranti .

2.8.2 Misurare gli angoli Per misurare gli angoli vi sono vari sistemi di misura, i due principali sono quello sessagesimale e quello in radianti. Nel sistema sessagesimale l’unità di misura è l’angolo grado definito come la 360-esima parte dell’angolo giro.

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44

y

O

P

+ αααα

1

1

−1

−1

x

Nel sistema in radianti si definisce 1 radiante l’angolo che stacca sulla circonferenza con centro il vertice dell’angolo, un arco uguale al raggio della circonferenza (NON dipende dal raggio della circonferenza considerata).

Come passare dai Gradi ai Radianti e viceversa Dato un angolo si può passare dalla sua misura in gradi a quella in radianti, e viceversa, mediante la proporzione:

°=° α:α360:2π r

da cui 360

2 °α⋅π=αr e π

α⋅=°α2

360 r dove rα e °α indicano la misura

dell’angolo α rispettivamente in radianti e in gradi. Esempi.

1. Se α°= 33° allora π=⋅π=α6011

360332

r radianti.

2. Se π=α2

3r allora °=

π

π⋅=°α 270

22

3360

gradi.

3. Se 1=αr allora ''44'1757180

2

1360 °≅π

=π⋅=°α gradi.

2.8.3 Circonferenza Goniometrica Fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, si chiama circonferenza goniometrica la circonferenza di centro O (0 ,0) e raggio 1; essa ha pertanto equazione:

x2 + y2 = 1

Si noti che nella circonferenza goniometrica un angolo e il suo arco associato sulla circonferenza hanno la stessa misura in radianti.

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45

O

P

H

C

A

B

D

K

2.8.4 Funzioni seno, coseno, tangente Dato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale e una circonferenza di centro l’origine O degli assi, sia P un qualunque punto sulla circonferenza. Sia K la proiezione di P sull’asse delle ordinate e H la proiezione di P sull’asse delle ascisse. Quando il punto P si muove sulla circonferenza, il punto K si sposta sull'asse delle ordinate da C a D , mentre il punto H si sposta sull’asse delle ascisse da A a B . Le funzioni trigonometriche principali (seno e coseno) studiano il movimento di K e H rispettivamente sull’asse delle ordinate e sull’asse delle ascisse, quando il punto P percorre la circonferenza. Poiché dopo un giro completo i punti P, K, H, si ritrovano nelle stesse posizioni, si è in presenza di funzioni periodiche . Per questo le funzioni trigonometriche sono atte a descrivere fenomeni di natura periodica. Per uniformità di linguaggio con le funzioni reali di variabile reale, da ora in avanti un angolo verrà indicato con la lettera x .

Sia Ω l’insieme degli angoli .

Funzione seno

f : Ώ → e−1, 1f , f(x)=sin x

La funzione seno descrive il movimento di K fra C e D al muoversi di P sulla circonferenza.

E’ definita da OPPH

xsin = per ogni x ∈ Ω .

Il valore del rapporto OPPH

non dipende dalla misura del

raggio e pertanto nel caso 1OP = , circonferenza goniometrica, risulta OK PH x sin == .

O

P

H

C

A

B

D

K

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46

O

P C

A

B

D

K + +

−−−− −−−−

y=sin x

−1

1

O π 2π x

Dalla definizione segue che i valori di sin x variano fra −1 e 1 perché è sempre OP PH ≤ . Inoltre sin x è positivo per gli angoli del I e II quadrante e negativo per gli angoli del III e IV quadrante. Segno di sin x :

≡ Valore del seno degli angoli fondamentali

x 0° h6 ≡ 30°

h4 ≡ 45°

h3 ≡ 60°

h2 ≡ 90° h ≡ 180° 3

2 h ≡ 270°

sin x 0 2

1

2

1

2

3 1 0 −1

Grafico Alcune proprietà della funzione sin x

sin x = sin (x+2π) , ossia è periodica di periodo 2π . sin (−x) = − sin x . Assume tutti e soli i valori dell’intervallo [−1, 1 ].

E’ crescente fra 2

π− e 2

π (quarto e primo quadrante).

E’ decrescente fra 2

π e π

2

3 (secondo e terzo quadrante).

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47

y=cos x

−1

1

O π 2π x

+

+

−−−−

−−−− O

P

H

C

A

B

D

K

Funzione coseno

f : Ώ → e−1, 1f , f(x)=cos x

La funzione coseno descrive il movimento di H fra A e B al muoversi di P sulla circonferenza.

cos: Ω → [−1, 1] , OPOH

xcos = per ogni x ∈ Ω .

Il valore del rapporto OPOH

non dipende dalla misura

del raggio e pertanto nel caso 1 OP = , circonferenza goniometrica, risulta OH x cos = . Dalla definizione segue che i valori di cos x variano fra −1 e 1 perché è sempre OP OH ≤ . Inoltre cos x è positivo per gli angoli del I e IV quadrante e negativo per gli angoli

del II e III quadrante. Segno di cos x : Valore del coseno degli angoli fondamentali

x 0° h6 ≡ 30°

h4 ≡ 45°

h3 ≡ 60°

h2 ≡ 90° h ≡ 180° 3

2 h ≡ 270°

cos x 1 2

3

2

1

2

1 0 −1 0

Grafico

O

P

H

C

A

B

D

K

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48

O

P

S

T

Alcune proprietà della funzione cos x

cos x = cos (x+2π) ,ossia è periodica di periodo 2π. cos x = cos (−x) . Assume tutti e soli i valori dell’intervallo [−1, 1 ]. E’ crescente fra π e 2π (terzo e quarto quadrante). E’ decrescente fra 0 e π (primo e secondo quadrante).

Funzione tangente

f : Ω → ℝ , f(x)=tg x

Ω = Ω \

Ζ∈π+π

mm2

: sia l’insieme degli angoli il cui coseno è diverso da

zero. La funzione tangente è la funzione così definita

tg : Ω → ℝ , xcosxsin

xtg = per x ∈ Ω .

Se si considera la circonferenza goniometrica, anche la tangente di un angolo può essere rappresentata geometricamente da un segmento. Infatti, considerata la circonferenza di raggio 1 , sia S = (1 , 0) e sia T il punto di intersezione di OP con la retta parallela all’asse delle ordinate e passante per S . Il segmento ST rappresenta la tangente dell’angolo x determinato da P , ossia T = (1 , tg x) . E’ una funzione che assume tutti i valori reali ed è positiva nel I e III quadrante, è negativa nel II e IV quadrante

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49

O

P C

A

B

D

K +

+ −−−−

H

−−−−

y=tg x

x

O π 2 π

3

6

−6

−3

segno di tg x Valore della tangente degli angoli fondamentali

x 0° h6 ≡ 30°

h4 ≡ 45°

h3 ≡ 60°

h2 ≡ 90° h ≡ 180° 3

2 h ≡ 270°

tg x 0 3

1 1 3

non esiste 0

non esiste

grafico Alcune proprietà della funzione tg x E’ periodica di periodo π : tg x = tg ( x + π ), E’ dispari : tg ( −x ) = − tg x . Assume tutti e soli i valori di R . E’ sempre crescente. Rappresenta il coefficiente angolare della retta OP .

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50

Riassumendo

OPPH

xsin = , OPOH

xcos = , xcosxsin

xtg =

Tabella del valore degli angoli fondamentali

x 0° h6 ≡ 30°

h4 ≡ 45°

h3 ≡ 60°

h2 ≡ 90° h ≡ 180° 3

2 h ≡ 270°

sin x 0 2

1

2

1

2

3 1 0 −1

cos x 1 2

3

2

1

2

1 0 −1 0

tg x 0 3

1 1 3

non

esiste 0

non

esiste

2.8.5 Funzioni Trigonometriche Inverse Le funzioni sin x , cos x , tg x essendo periodiche non sono funzioni biettive nel loro dominio naturale. Se però restringiamo il loro dominio in modo che su di esso siano biettive, su tale dominio si può considerare la loro funzione inversa.

Funzione arcoseno: f(x) = arcsin x E’ la funzione inversa della funzione sin x .

arcsin x : [ −1 , 1 ] →

ππ−2

,2

x

y = arcsin x

0 1 −1

−1

1

O

P T

S

K

H

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51

x

y = arccos x

1

0 1 −1

21

3

x

y=arctg x

0

−1

−2 2 6 10 −6 −10

1

Funzione arcocoseno: f(x) = arccos x E’ la funzione inversa della funzione cos x . arccos x : [ −1 , 1 ] → [ ]π,0

Funzione arcotangente: f(x) = arctg x E’ la funzione inversa della funzione tg x .

arctg x : ℝ →

−2

π,

2

π

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52

2.8.6 Formule della Trigonometria

FORMULA FONDAMENTALE Nel piano, un punto della circonferenza goniometrica ha coordinate M = (sin , cos ). Per il teorema di Pitagora si ha pertanto

( ) ( ) 1xx 22 =+ cossin

da cui si ricava

x1x 2cossin −±= , x1x 2sincos −±= Questa formula assicura che basta conoscere una funzione trigonometrica per conoscere tutte le altre e in questo senso si può dire che esiste una sola funzione trigonometrica.

ALTRE FORMULE della TRIGONOMETRIA • Angoli associati

( )( )( )

−=−=−

−=−

xx

xx

xx

tgtg

coscos

sinsin

( )( )( )

−=−π−=−π

=−π

xx

xx

xx

tgtg

coscos

sinsin

( )( )( )

=+−=+−=+

xx

xx

xx

tgtg

coscos

sinsin

πππ

( )

( )

( )

−=−π

=−π

−=−π

xx

xx

xx

tg2tg

cos2cos

sin2sin

=

=

=

xx

xx

xx

cotg2

tg

sin2

cos

cos2

sin

π

π

π

−=

π+

−=

π+

=

π+

xx

xx

xx

cotg2

tg

sin2

cos

cos2

sin

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53

• Formule di sottrazione

( )( )

( )

+−=−

+=−−=−

yx

yxyx

yxyxyx

xyyxyx

tgtg1

tgtgtg

sinsincoscoscos

cossincossinsin

• Formule di addizione

( )( )

( )

−+=+

−=++=+

yx

yxyx

yxyxyx

xyyxyx

tgtg1

tgtgtg

sinsincoscoscos

cossincossinsin

• Formule di duplicazione

−=

−=−=−=

=

x

x

xxxxx

xxx

2

2222

tg1

tg2x2tg

1cos2sin21sincos2cos

cossin22sin

• Formule di bisezione

+−±=

+±=

−±=

x

x

x

x

cos1

cos1

2

xtg

2

cos1

2

xcos

2

cos1

2

xsin

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54

2.9 APPLICAZIONI In questo paragrafo vengono riportati alcuni esempi di come problemi concreti si possono risolvere traducendoli in modelli matematici.

2.9.1 Applicazioni nei modelli economici In economia un modello è un insieme di relazioni fra più variabili. Tali relazioni possono essere rappresentate graficamente o scritte come equazioni. In particolare con le funzioni lineari, le parabole e le iperboli equilatere si studiano problemi quali l’equilibrio di mercato, i costi di produzione, il punto di indifferenza. I prossimi esercizi sono degli esempi che illustrano alcune applicazioni. Riportiamo la legenda delle principali notazioni usate: q quantità merce; Cu costo variabile unitario (costo variabile per una unità di merce) ; Cv costo variabile (dipende dalla quantità di merce prodotta Cv = Cu q) ; Cf costo fisso (non varia al variare della quantità) ; Ct costo totale (dato da Ct = Cv + Cf = Cu q + Cf) ; Ru ricavo unitario (ricavo per una unità di merce); Rt ricavo totale (dato da Rt = Ru q); π profitto (dato da π = Rt – Ct ). Esercizio 1. (applicazione punto di equilibrio) I costi fissi Cf di una impresa ammontano a € 30.000 indipendentemente dalla quantità q di merce prodotta. I costi variabili ammontano a € 2.000 per ogni unità di merce prodotta. Il prezzo di vendita (ricavo unitario) Ru del bene è pari a € 5.000. Riportare graficamente la situazione e discuterla. Soluzione. Il costo totale Ct e il ricavo totale Rt sono espressi rispettivamente dalle funzioni Ct = Cu q + Cf , Rt = Ru q , ossia Ct = 2.000 q + 30.000 , Rt = 5.000 q . Entrambe le funzioni hanno come grafico una retta; le due rette si intersecano nel punto E(10; 50.000) detto punto di equilibrio perché in corrispondenza della quantità q0 = 10 risulta Ct = Rt ossia non si ha né perdita né profitto e poiché l’intercetta di Ct è maggiore dell’intercetta di Rt si deduce che per una produzione q < q0 l’attività è in perdita mentre per una produzione q > q0 si ha un profitto che, relativamente alla quantità q1 , è rappresentato dal segmento AB .

30.000

60.000

q0 q1

A

B

E

Ct

Rt

0

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55

Esercizio 2. (applicazione punto di equilibrio) Nella produzione di un bene si ha un costo fisso di € 3.000.000 e un costo di € 50 per unità di bene prodotto. Se il ricavo totale è espresso dalla funzione Rt = 75 q , determinare : a) il valore di q in corrispondenza del quale si ha il punto di equilibrio; b) la funzione costo totale se il governo introduce una tassa fissa di € 500 e il nuovo

punto di equilibrio; c) la funzione costo totale se il governo, anziché una tassa fissa, introduce una tassa di

€ 5 per ogni unità di bene prodotto. Soluzione. Il punto di equilibro si ha per q tale che Ct(q) = Rt(q) . a) Ct = 50q + 3.000.000 e quindi deve essere 50q + 3.000.000 = 75q da cui q =

120.000, in tale punto Ct(120.000) = Rt(120.000) = 9.000.000 . b) Ct = 50q + 3.000.000 + 500 e quindi deve essere 50q + 3.000.000 + 500 = 75q da

cui q = 120.020 . c) Ct = (50 + 5)q + 3.000.000 e quindi deve essere 55q + 3.000.000 = 75q da cui

q = 150.000 . Esercizio 3. (applicazione domanda e offerta) La quantità di domanda Qd e di offerta Qo di un bene dipendono dal prezzo p (p ≥ 0) dello stesso in base alle seguenti funzioni: Qd(p) = 7 – p Qo(p) = –5 + 3p a) si giustifichi perché al crescere del prezzo la quantità domandata decresce e la

quantità offerta cresce; b) si rappresentino nel piano cartesiano le funzioni Qd(p) e Qo(p) ; c) si determini il punto di equilibrio di mercato indicando sia il valore di p che quello di

Qd(p) = Qo(p) . Soluzione. a) Al crescere di p la funzione Qd(p) è decrescente perché la pendenza della retta che

la rappresenta è negativa; la funzione Qo(p) è invece crescente perché la pendenza della retta che la rappresenta è positiva.

b) Grafico; c) p = 3, Qd(3) = Qo(3) = 4. Esercizio 4 (applicazione costi fissi e variabili) Il costo totale di un processo produttivo è di 8500€ per 2000 unità di prodotto e di 18500€ per 4500 unità di prodotto. Determinare a. il costo fisso e il costo variabile unitario

0

-3

-5

3

5

5 10 15 20

Q0(p)

p

Qd(p)

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56

b. il costo totale per 4000 unità di prodotto Rappresentare graficamente i risultati ottenuti. Soluzione. a. La funzione del costo è fufV CxCCxCxC +⋅=+= )()(

+⋅=+⋅=

fu

fu

CC

CC

450018500

20008500

⋅−+⋅=⋅−=

20008500450018500

20008500

uu

uf

CC

CC

=⋅−==

500200048500

4

f

u

C

C xxC 4500)( +=

b. 16500)4000(4500)4000( =+=C

Esercizio 5 (applicazione vendite). Le vendite cumulate di acidulato di riso presso NaturaSì sono, a tutt’oggi, pari a 20 litri, e aumentano a un ritmo di 2 litri al mese. a. Se oggi è il 31 dicembre, quanti litri di acidulato di riso avrà complessivamente venduto

fra un anno NaturaSì ? b. Qual è il tasso medio di incremento delle vendite cumulate tra febbraio e giugno? E tra

gennaio e agosto ?

Soluzione. Sia t = tempo espresso in mesi (t =0 è dicembre) e sia ( )tl = litri di acidulato di riso venduto nell’intervallo [ ]t,0 . a. Basta usare l’espressione di una retta passante per un punto:

tttl 220)0(220)( +=−+=44)12(220)12( =+=l

2000

500

C(x)

8500

4500

18500

x

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57

b. r(0)r()

0 = /(( = s

( = 2 Il tasso medio di incremento delle vendite è di 2 litri per unità di tempo, cioè ogni mese si vendono due litri di acidulato di riso. Nel periodo tra gennaio e agosto il tasso medio di incremento delle vendite cumulate è lo stesso, poiché la funzione è affine e il rapporto incrementale è costante.

Esercizio 6 (applicazione ricavi e profitto). Il responsabile marketing di un’azienda monoprodotto stima che l’equazione di domanda per l’azienda sia 4606.0 +−= pq dove q è il numero di prodotti venduti e p è il prezzo unitario. I costi di gestione ammontano a 5000. a. Esprimere ricavi e profitti come funzioni del prezzo p.

50004606.05000)()(

4606.0)4606.0()()(2

2

−+−=−=+−=+−=⋅=

pppRp

pppppqppR

π

b. Determinare a quale prezzo dovrebbe essere offerto il prodotto per pareggiare il bilancio.

12.131,55.635050004606.00)( 212 ≈≈⇒=−+−⇒= pppppπ

c. Determinare a quale prezzo dovrebbe essere offerto il prodotto per ottenere il massimo profitto.

Il vertice ha ascissa 383.330.06)2(

46

2a

b =−−=− . Pertanto il profitto massimo è

3816.65000)33.383(46)33.383(06.0)33.383( 2 =−+−=π .

d. Determinare se è possibile ottenere il pareggio anche se i costi di gestione salgano a 10 000.

0000104606.0)( 2 =−+−= pppπ .

No, perché questa equazione non ha soluzioni reali. Infatti

04.118300010)33.383(46)33.383(06.0)33.383( 2 <−=−+−=π

383.3 635.5131.12

3816.6

−1183.4

p

π(p)

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58

2.9.2 Applicazioni in vari campi della scienza Esercizio 1 (applicazione zoologia). Il frinire del grillo dipende linearmente dalla temperatura. Una sera d’estate sentite il grillo frinire a un ritmo di 140 volte al minuto, e notate che la temperatura è di 24°. Più tardi, la stessa sera, il grillo ha rallentato a 120 volte al minuto, e notate che la temperatura è calata a 20°. Il giorno dopo volete misurare la temperatura, ma si è rotto il termometro. Sentite il grillo frinire a una frequenza di 100 volte al minuto. Esprimete la temperatura T come funzione della frequenza r del frinire del grillo e calcolate la temperatura mattutina. Soluzione La retta che descrive graficamente la funzione passa per i punti )24,140( e )20,120( .

24)140(5

1

140

24

140120

2420

1

1

12

12 −=−⇒−−=

−−

⇒−−=

−−

Trr

T

rr

TT

rr

TT

42.0)( −= rrT

164)100(2.0)100( =−=T

Esercizio 2 (applicazione epidemiologia). Nelle prime fasi dell’epidemia dell’AIDS, il numero delle persone infette raddoppiava ogni sei mesi, e il 1 gennaio 1985 gli infetti erano 1.3 milioni. 1- Assumendo che la diffusione dell’epidemia sia esponenziale, trovare un modello che

permetta di prevedere il numero di persone infette dopo t anni. 2- Utilizzare il modello per stimare il numero di persone infette alla data dell’1 ottobre

1985.

Soluzione. 1. Ogni anno il numero di persone infette dopo un anno si quadruplica, cioè

)(4)1( tntn =+ , e inoltre 3.1)0( =n . Quindi ttn )4(3.1)( =

2. 1 Ottobre 1985 corrisponde a t=9/12=0.75. Pertanto, 68.3)4(3.1)75.0( 75.0 ≈=n

−4

T(r)

120 140

24 20

20 r)

t

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Matematica. Capitolo 2: funzioni reali di una variabile reale e applicazioni ________________________________________________________________________________________________________________________

59

NOTA Il modello esponenziale non può essere valido per un tempo molto lungo. Ad esempio, dopo 20 anni il nostro modello fornisce un numero di infetti pari a

0000000001163654291)4(3.1)20( 20 ≈=n Più di un miliardo di miliardi, ossia più di 200 milioni di volte la popolazione umana I modelli esponenziali sono utilizzati nelle prime fasi di un’epidemia (gli epidemiologi prevedono un fenomeno di livellamento da un certo punto in poi). Esercizio 3 (Applicazione previsioni). Di seguito sono riportati i dati storici di due aziende relativi agli ultimi 2 anni, nonché le previsioni per quest’anno (anno 0) e per i prossimi due anni. Da quali funzioni possono essere formalmente rappresentati questi dati? Si trovi la previsione a 3 anni per il profitto delle due aziende.

Soluzione

La f(x) aumenta di 6 per ogni incremento unitario della x. In generale 6=∆∆

x

y.

Si tratta di una funzione affine con pendenza m=6. L’intercetta y è f(0) = 4. Quindi,

f(x) = 6x + 4. f(3) = 6·(3) + 4 = 22.

La g(x) cresce di un fattore moltiplicativo pari a 3 per ogni incremento unitario. Quindi si

tratta di una funzione esponenziale del tipo g(x)= xka con = 3. Si ha g(0)=k=2, quindi

g(x) =2·(32)

g(3) = 2· (3)2 = 54 Esercizio 4 (applicazione colonia di battèri). Una colonia di batteri è composta inizialmente da 1000 batteri e la sua dimensione raddoppia ogni 3 ore. Trovate un modello esponenziale che esprima la dimensione della colonia come funzione del tempo t in ore, e utilizzate il modello per predire quanti batteri vi saranno dopo 1 giorno. Soluzione.

tkatB =)(

)(2)3( tBtB =+ tt akak 23 =+ 33 22 =⇒= aa

x −2 −1 0 1 2 f(x) −8 −2 4 10 16 g(x) 2/9 2/3 2 6 18

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Matematica. Capitolo 2: funzioni reali di una variabile reale e applicazioni ________________________________________________________________________________________________________________________

60

( ) ( ) 3/3 2100021000)( tttB ==

( ) 00025621000)24(243 ==B

Esercizio 5 (applicazione tasso alcolico). Dopo diversi drink il tasso alcolico del sangue di una persona è 0.2 mg\dL. Se la quantità di alcool nel sangue diminuisce esponenzialmente riducendosi di un quarto ogni ora, qual è il tasso alcolico del sangue della persona dopo 4 ore ? Soluzione. A(t)=quantità di alcool nel sangue dopo t ore

tktA )4

3()( = 2.0)0( == kA ttA )

4

3(2.0)( =

06328125.0)4

3(2.0)4( 4 ==A

Esercizio 6 (applicazione decadimento radioattivo). Il carbonio-14, un isotopo radioattivo del carbonio, è utilizzato per calcolare l’età dei reperti archeologici. Esso decade trasformandosi in azoto: la quantità di carbonio-14 rimanente in un campione che in origine ne conteneva k grammi, è data da

tktC )999879.0()( = dove t è il tempo in anni. Recentemente è stata scoperta una pianta contenente 0.5 grammi di carbonio-14 e con un’età di 50000 anni. Quanto carbonio-14 conteneva in origine la pianta? Soluzione. C(50000)=0.5 per cui 5.0)999879.0( 50000 =k da cui k=212.13 k=C(0)

Esercizio 7 (applicazione decadimento radioattivo). Il peso del carbonio-14 che rimane in un campione che inizialmente pesava k grammi è dato da

tktC )999879.0()( = dove t è il tempo in anni. Trovate il tempo di dimezzamento, ovvero il tempo perché metà del carbonio-14 di un campione decada. Soluzione.

tktCk )999879.0()(5.0 ==

da cui t)999879.0(5.0 = e quindi 57285.0log 999879.0 ==t anni circa.

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Matematica. Capitolo 3: elementi di calcolo differenziale ______________________________________________________________________________________

61

CAPITOLO 3

LIMITI. CONTINUITA’. ASINTOTI.

ELEMENTI DI CALCOLO DIFFERENZIALE.

3.1 LIMITE DI UNA FUNZIONE Si consideri la funzione f(x)=2+x. Cosa accade a f(x) quando x si avvicina (tende) a 3 ? x tende a 3 da sinistra → ←x tende a 3 da destra

x 2.9 2.99 2.999 2.9999 3 3.0001 3.001 3.01 3.1 f(x) 4.9 4.99 4.999 4.9999 5.0001 5.001 5.01 5.1

Il valore cui tende f(x) quando x si avvicina a 3, sia da destra che da sinistra, è 5. Questo valore è detto “limite di f(x) per x che tende a 3” . Si scrive

5)(lim3

=→

xfx

Analogamente, anche se la funzione 2

8)(

3

−−=

x

xxf non esiste in 2=x , quando 2→x si ha

x tende a 2 da sinistra → ←x tende a 2 da destra x 1.9 1.99 1.999 1.9999 2 2.0001 2.001 2.01 2.1

f(x) 11.41 11.9401 11.9940 11.99940 non definito

12.0006 12.0060 12.0601 12.61

e pertanto 122

8lim

3

2=

−−

→ x

xx

DEFINIZIONE. Si dice che ∈ ℝ è punto di accumulazione per un insieme ⊆ ℝ se

in ogni intorno di 0x esiste almeno un elemento di A diverso da 0x .

Ossia: 0x è un punto di accumulazione per un insieme A se esistono punti di A vicini a 0x

quanto si vuole.

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62

Esempio – Il numero 6 è punto di accumulazione per l’insieme dei numeri reali, perché in ogni intorno di 6 esiste almeno un numero reale diverso da 6. Esso non è però punto di accumulazione per l’insieme dei numeri naturali, perché, ad esempio, l’intorno (5.5, 6.5) non contiene nessun numero naturale diverso da 6. La nozione di punto di accumulazione si estende anche a +∞ e -∞ (che non sono numeri reali). In ogni intorno di +∞ e in ogni intorno di -∞ esiste almeno un elemento di ℝ perché ne esistono sempre infiniti, quindi essi sono punti di accumulazione per ℝ. Ricordiamo che

)(lεI = ),( εε +− ll e ),()( 000 δδδ +−= xxxI e che

εεεε +<<−⇔<−⇔∈ llll ccIc ||)(

DEFINIZIONE. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆ ℝ ∪ −∞ ∪ +∞, sia 0x un

punto di accumulazione per A. Si dice che f ha come limite ℓ ∈ ℝ ∪ −∞ ∪ +∞ per x che tende a 0x , e si scrive

l=→

)(lim0

xfxx

se per ogni intorno )(lεI si può determinare in corrispondenza un intorno )( 0xI δ tale

che risulti )()( lεIxf ∈ per tutti gli ∈ distinti da 0x e appartenenti a )( 0xI δ .

INTUITIVAMENTE : f(x) assume valori prossimi a l quanto si vuole in corrispondenza di tutti gli x abbastanza vicini a 0x

∈=+∞→

l)(lim xfx

A seconda che x0 tenda ad un numero reale oppure tenda a ∞+ oppure tenda a ∞− e che l sia un numero reale oppure sia +∞=l oppure sia −∞=l , la definizione di limite si caratterizza nei seguenti nove casi.

0 1 2 δ 3 4 5

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63

DEFINIZIONE 1. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ e sia 0x un punto di accumulazione per A . Si dice che f

ha come limite il numero reale l per x che tende a 0x , e si scrive

l=→

)(lim0

xfxx

se per ogni ε > 0 esiste 0>δ tale che per ogni 00 ),( xxxIAx ≠∈ δI , si ha ε<− |)(| lxf .

DEFINIZIONE 2. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ e sia 0x un punto di accumulazione per A . Si dice che f

ha come limite ∞+ per x che tende a 0x , e si scrive

+∞=→

)(lim0

xfxx

se per ogni M > 0 esiste )( 0xI M tale che per ogni 00),( xxxIAx M ≠∈ I , si ha )(xf > M .

DEFINIZIONE 3. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ e sia 0x un punto di accumulazione per A . Si dice che f

ha come limite ∞− per x che tende a 0x , e si scrive

−∞=→

)(lim0

xfxx

se per ogni M > 0 esiste )( 0xI M tale che per ogni 00),( xxxIAx M ≠∈ I , si ha )(xf < M− .

DEFINIZIONE 4. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite il numero reale l per x che tende a ∞+ , e si scrive

l=+∞→

)(lim xfx

se per ogni ε > 0 esiste )(+∞εI tale che per ogni ),(+∞∈ εIAx I si ha ε<− |)(| lxf .

DEFINIZIONE 5. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite ∞+ per x che tende a

∞+ , e si scrive

+∞=+∞→

)(lim xfx

se per ogni M > 0 esiste )(+∞MI tale che per ogni ),(+∞∈ MIAx I si ha )(xf > M .

DEFINIZIONE 6. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite ∞− per x che tende a

∞+ , e si scrive

−∞=+∞→

)(lim xfx

se per ogni M > 0 esiste )(+∞MI tale che per ogni )(+∞∈ MIAx I , si ha )(xf < M− .

DEFINIZIONE 7. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite il numero reale l per x che tende a ∞− , e si scrive

l=−∞→

)(lim xfx

se per ogni ε > 0 esiste )(−∞εI tale che per ogni ),(−∞∈ εIAx I si ha ε<− |)(| lxf .

DEFINIZIONE 8. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite ∞+ per x che tende a ∞− , e si scrive

+∞=−∞→

)(lim xfx

se per ogni M > 0 esiste )(−∞MI tale che per ogni )(−∞∈ MIAx I , si ha )(xf > M .

DEFINIZIONE 9. Sia f una funzione definita nell’insieme ⊆A ℝ. Si dice che f ha come limite ∞− per x che tende a ∞− , e si scrive

−∞=−∞→

)(lim xfx

se per ogni M > 0 esiste )(−∞MI tale che per ogni )(−∞∈ MIAx I , si ha )(xf < M− .

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64

Nella ricerca del limite, si possono dunque presentare le seguenti situazioni:

• il limite esiste ed è finito (la funzione è convergente ) • il limite esiste ed è +∞ oppure −∞ (la funzione è divergente ) • il limite non esiste (la funzione è indeterminata )

Senza darne dimostrazione, riportiamo i principali teoremi sui limiti.

Teorema 1 – Se il limite esiste, esso è unico.

Teorema 2 (teorema della permanenza del segno) – Se il limite di una funzione per

x che tende a 0x , è un numero reale ,0≠l allora esiste un intorno )( 0xI di 0x

(escluso al più 0x ) in cui f(x) e l sono entrambi positivi o entrambi negativi.

Ossia: se per → la funzione tende a un numero positivo, allora esiste un intorno di dove la funzione assume sempre valori positivi. (Analogamente per 0<l esiste un intorno di dove la funzione assume sempre valori negativi).

Teorema 3 (teorema del confronto) – Siano h(x), f(x), g(x) tre funzioni definite

nello stesso dominio ⊂ ℝ escluso al più 0x . Se in ogni punto 0xx ≠ , Ax∈ si

ha )()()( xgxfxh ≤≤ e l==→→

)(lim)(lim00

xgxhxxxx

, allora l=→

)(lim0

xfxx

.

Se si considera solo un intorno destro o un intorno sinistro di 0x , allora si parla

rispettivamente di limite a destra e di limite a sinistra di 0x le cui definizioni si ottengono

dalla definizione di limite imponendo la restrizione 0xx > (per il limite destro) e 0xx < (per il limite sinistro) e si usano i simboli

)(lim0

xfxx +→

)(lim0

xfxx −→

Il )(lim0

xfxx→

esiste se esistono i limiti destro e sinistro e questi sono uguali:

)(lim

0

xfxx +→

= )(lim0

xfxx −→

⟹ )(lim0

xfxx→

Esempio . Si consideri la funzione:

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65

1

−1 0 x

y

<=>+

=4

43

41

)(

xx

x

xx

xf

Risulta 4lim)(lim,5)1(lim)(lim

4444===+=

−−++ →→→→xxfxxf

xxxx ⇒ non esiste ).(lim

4xf

x→

3.2 FUNZIONI CONTINUE L’esempio sopra riportato aiuta ad introdurre ed illustrare una prima applicazione del concetto di limite. DEFINIZIONE. Si dice che una funzione f(x) è continua nel punto x0 del suo dominio se

)()(lim 00

xfxfxx

=→

.

Intuitivamente . Una funzione è continua in un intervallo [a, b] , se in questo intervallo il grafico della funzione non presenta “buchi” o “salti”. Esempio La seguente funzione è non continua nel punto x = 0 ma continua per x ≠ 0 .

<−≥

=0xse1

0xse1f(x)

→ 4 ←

5

x

y

4

3

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66

0 x

y

2

5

3

Esempio .La funzione

=≠+

=2xse5

2xse1xf(x)

è continua per x ≠ 2 ma discontinua in x = 2 . Esempio . Le funzioni elementari considerate nel loro campo di esistenza sono funzioni continue.

Esempio. La funzione 2

)(2

−=

x

xxf è continua nel punto 4=x perché

)4(82

16

)2lim(

lim)(lim

4

4

2

4f

x

xxf

x

x

x===

−=

La funzione è discontinua in ?2=x No, la funzione in = 2 non è definita. TEOREMA (di B. Bolzano). Una funzione f(x) definita e monotona in un intervallo

chiuso [a, b] , che assume tutti i valori compresi tra f(a) ed f(b) , è continua in [a, b] .

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67

3.3 CALCOLO DEI LIMITI Per calcolare il limite di una funzione, di norma, non si utilizza la definizione di limite ma si applicano teoremi operativi. Valgono infatti le seguenti uguaglianze (sempre che esistano i limiti indicati nei secondi membri e l’uguaglianza non perda di significato).

1) )(lim)(lim))()((lim000

xgxfxgxfxxxxxx →→→

+=+

2) )(lim)(lim00

xfxfxxxx →→

= λλ

3) )(lim)(lim)()(lim000

xgxfxgxfxxxxxx →→→

⋅=

4) )(lim

)(lim

)()(

lim

0

0

0 xg

xf

xg

xf

xx

xx

xx

→=

5) lim→ (()) = lim→ () , continua.

• lim→ !(()) = ! lim→ ()

• lim→ "() = # lim→ ()

6) lim→ ()$() = %lim→ ()&'()*→* $() = lim→+$() ', -() = +'()*→*[$() ', -()] • lim→ +$() = +'()*→* $()

Regole operative Per calcolare il limite di una funzione f , nell’espressione analitica di f(x) , alla variabile x si sostituisce il valore a cui tende x e si esegue il calcolo. E’ pertanto necessario estendere le usuali operazioni definite nell’insieme ℝ , all’insieme ℝ∞ dei numeri reali a cui sono stati aggiunti “ ∞+ ” e “ ∞− ” . L’estensione delle operazioni a ℝ ∞ è così definita (il segno di infinito è determinato con l’usuale regola dei segni).

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68

k ∈ ℝ : +∞ ± k = +∞, k +∞ = +∞, 0k =∞

, ∞=∞k

, −∞ ± k = −∞, k −∞ = −∞ ,

k ∈ ℝ , k ≠ 0 : ∞=∞⋅=⋅∞ kk , ∞=0k

,

000 =⋅ , ∞=±∞⋅±∞ )()( , (+∞)01 = +∞,(+∞)31 = 0.

Ma si possono presentare anche i seguenti casi :

−∞ +∞ , +∞ −∞ , ∞⋅0 , ∞∞

, 00

, 1∞ , ∞0 , 00

detti forme indeterminate perché non si può dire nulla sul risultato, per determinare quanto valgono si deve procedere caso per caso (vedremo qualche esempio). Attenzione che 1∞ è forma indeterminata solo quando la base 1 indica una quantità che tende a 1 , se la base 1 è costante, la quantità 1∞ non è una forma indeterminata perché 1+∞ = 1 e 1−∞ = 1 .

ESEMPI di calcolo di limiti Esempio 1.

+∞=−+∞=−=

−+∞→+∞→+∞→

02

limlim2

limx

xx

xxxx

Esempio 2.

+∞=+=+=

+ ∞+

+∞→+∞→+∞→0

1limlim

1lim e

xe

xe

x

x

x

x

x

Esempio 3.

( ) 201224lim2lim42lim 3

333=+=+=+

→→→xx

x

x

x

x

x

Esempio 4.

515252500

=⋅=⋅=⋅→→

x

x

x

xlimlim

Esempio 5.

48

1

48

1

3lim

3lim

3

3lim

3

2

4

3

42

3

4−=−=

+=+

−→

−→

−→ x

x

x

x

x

x

x

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69

Esempio 6. lim→6736836 = 39:0;7 = 3967 = −∞

Esempio 7. lim→31| + 1|

Da un certo punto in poi, + 1 < 0 ⟹ | + 1| = −1 − e pertanto lim→31| + 1| = lim→31(−1 − ) = −1 − (−∞) = +∞

Esempio 8. lim→3; +?36 = + '()*→@A ?36 = +9;

Esempio 9. lim→01 ln(3 − 5)?36 = ln[ lim→01(3 − 5)?36] = ln(+∞) = +∞

Esempio 10. lim→01( + 3)? = lim→01 +? ',(0E) = + '()*→7F(? ',(0E)) = +01∙01 = +∞

Esempio 11.

lim→01 H3 + 1 = H lim→01(3 + 1) = √3

Calcolo di Forme Indeterminate Se nel calcolare il limite di una funzione si ottiene una forma indeterminata, occorre cercare un artificio che permetta di “superare” la forma indeterminata. Come vedremo, in particolari casi esistono artifici “standard” e/o teoremi che aiutano a superare le forme indeterminate.

Esempio lim→7 J 9√8 − 9√80K = +∞ − ∞

1√xE − 1√xE + x = √xE + x − √xE√xE√xE + x = √E M−1 + √E + √E N

√E√E + = −1 + #1 + 16√E +

lim→7−1 + #1 + 16

√E + = −1 + √+∞√0 = +∞

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70

Infiniti e Infinitesimi

Se ∞=

→)(lim

0

xfxx

la funzione f si dice un infinito .

Se 0)(lim0

=→

xfxx

la funzione f si dice un infinitesimo.

Spesso le forme indeterminate che si incontrano coinvolgono funzioni il cui limite è ∞ oppure 0. Per risolvere queste forme indeterminate è molto utile considerare la “velocità” con cui le funzioni tendono a ∞ oppure a 0. Ad esempio per → +∞ la funzione () = E va a +∞ più velocemente della funzione

() = 6 e pertanto se dovessimo calcolare 12

3

++∞→ x

x

xlim , “vince” () = E e quindi

+∞=++∞→ 12

3

x

x

xlim mentre 0

13

2

=++∞→ x

x

xlim .

Quando per → +∞ consideriamo la funzione potenza () = OP!QQ ∈ ℕ∗, la funzione logaritmo () = !TP!QU > 1, e la funzione esponenziale () = U, U > 1, si dimostra che valgono le seguenti “gerarchie”.

1) In una funzione polinomiale il termine più “veloce” è quello di grado massimo e

quindi basta considerare questo termine.

2) La funzione potenza è più “veloce” della funzione logaritmo (Q, W ∈ ℕ∗, U > 1)

+∞=+∞→ b

a

n

x x

x

)(loglim , 0

)(loglim =

+∞→ n

b

a

x x

x .

3) La funzione esponenziale è più “veloce” della funzione potenza (Q ∈ ℕ∗, U > 1) +∞=

+∞→ n

x

x x

alim , 0lim =

+∞→ x

n

x a

x .

In sintesi : l’esponenziale (con base maggiore di 1) è più veloce della potenza (con esponente positivo) la quale è più veloce del logaritmo (con base maggiore di 1). Queste “gerarchie” permettono di risolvere subito alcune forme indeterminate.

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71

Esempio 1.

+∞===−++−

+∞→+∞→ 2

3

5

45 x

x

x3

4

x3

4

x 2x

3xlim

2x7

3xlim

Esempio 2.

3

5545

2

45 −=−=+

+−=+++

+−+∞→+∞→+∞→ 3xlim

x2xlim

x2xlim

x2x2x

xx

x

x

Esempio 3.

0lnln

2

2

==++

+∞→+∞→ xe

x

x

xxxxxlim

elim

Limiti delle funzioni polinomiali per X → ±∞

In un polinomio il termine più “veloce” è quello di grado massimo, perché UY + U9Y39 +⋯+ UY = Y(U + U9 + ⋯ + UYY)

∞→xlim (UY + U9Y39 +⋯+ UY) =

∞→xlim Y(U + U9 + ⋯ + UYY) = ∞Y(U + 0 + ⋯ + 0) = ∞

Per calcolare il lim→1 delle funzioni polinomiali intere e fratte, basta pertanto considerare il

termine di grado massimo dei polinomi. Risulta:

<∞−>∞+

=+++ −

+∞→ 0ase

0aseaxaxalim

0

0r

1r1

r0x

)( L

se −∞→x si procede in modo analogo tenendo conto della regola dei segni.

<

=

<>∞−

>>∞+

=++++++

+∞→

srse0

srseb

a

0b

aesrse

0b

aesrse

bxbxb

axaxalim

0

0

0

0

0

0

s1s

1s

0

r1r

1r

0

x L

L

se −∞→x si procede in modo analogo tenendo conto della regola dei segni.

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72

Esempio 1. Il seguente limite risulta una forma indeterminata.

∞+∞−=

−+−−

+∞→ 72

4lim

23

4

xx

xxx

ma

∞−=−=−=−+

−−+∞→+∞→+∞→

2

4lim

2

4lim

72

4lim

3

4

23

4 x

x

x

xx

xxxxx

Esempio 2.

05

45 =−++−

+∞→ x

x4

2

x 2x73x

lim

Esempio 3.

+∞=+−+∞→ 1-3x

125xlim

2

x

x

Esempio 4.

−∞=+−+∞→ 2-2x

235xlim

4

x

x

Esempio 5.

5

7

4x-5x

173xlim

2

2

x−=+−

−∞→

x

Esempio 6.

+∞=++

+−∞→ 2x-xx

2x-lim

25

26

x

x

Limiti notevoli

Quando nel calcolare il limite di una funzione si ottiene una forma indeterminata, un artificio è quello di riportare il calcolo del limite al calcolo di un limite già noto. Per questo sono fondamentali alcuni limiti detti limiti notevoli; ricordiamone alcuni:

ex

x

x=

++∞→

11lim , a

x

xe

x

a =

++∞→

1lim , ax

ax

xln

1lim

0=−

→ , 1lim

0=

→ x

xsenx

Esempio 1.

eexxx

x

x

x

x=⋅=

+

+=

++∞→

+

+∞→1

11

11lim

11lim

1

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73

Esempio 2. Calcolare .3

11lim

3+

+∞→

++

x

x x

Ponendo 3+= xt , si ha +∞→t per +∞→x e pertanto

et

t

t=

++∞→

11lim , e

x

x

x=

++

+

+∞→

3

3

11lim .

Esempio 3. Calcolare .1

1limx

x x

+−∞→

Si ha x

x

x

x xx

+−−−=

+−∞→−∞→ 11

11lim

11lim

Ponendo )1( +−= xt , si ha +∞→t per −∞→x e pertanto

eettt

t

t

t

t

t

t

t

t

t

t

t

t=⋅=

+

+=

+=

+=

+−+∞→

+

+∞→

+−

+∞→

−−

+∞→1

11

11lim

1lim

1lim1

11lim

11)1(1

.

Esempio 4. Calcolare x

xx

1

0)1(lim +

→.

Ponendo x

t1= si ottiene e

tt

x=+

±∞→)

11(lim .

Esempio 5. Calcolare x

xa

x

)1(loglim

0

+→

.

aexx

x

xa

x

xa

xa

x

a

x ln

1log)1(limlog)1(loglim

)1(loglim \1

0

1

00==+=+=+

→→→

in particolare per U = + , x

x

x

)1ln(lim

0

+→

=1 .

Esempio 6. Calcolare x

tgxx 0lim

→.

111cos

1lim

sinlimcos

sin

limlim0000

=⋅=⋅==→→→→ xx

x

xx

x

x

tgxxxxx

.

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74

Esempio 7. Calcolare 20

cos1lim

x

xx

−→

.

( ) ( )( )

( )( ) ( ) =

+=

+−=

++⋅−=−

→→→→ xx

x

xx

x

xx

xx

x

xxxxx cos1

sinlim

cos1

cos1lim

cos1

cos1cos1lim

cos1lim 2

2

02

2

02020

2

1

2

11

cos1

1lim

sinlim

cos1

1lim

sinlim 2

0

2

002

2

0=⋅=

+⋅

=+

⋅=→→→→ xx

x

xx

xxxxx

.

3.4 ASINTOTI Nello studio delle funzioni elementari si è osservato che alcune di esse hanno un grafico che si avvicina infinitamente ad una o più rette. Le rette che, rispetto al grafico di una funzione, hanno un comportamento di questo tipo sono dette asintoti e poiché sono rette possono risultare verticali, orizzontali, oblique.

La retta 0xx = è un asintoto verticale se ±∞=→

)(lim0

xfxx

asintoto verticale destro se ±∞=+→

)(lim0

xfxx

asintoto verticale sinistro se ±∞=−→

)(lim0

xfxx

La retta retta [ = ℎ è un asintoto orizzontale se lim→1() = ℎ ∈ ℝ

asintoto orizzontale destro se lim→01() = ℎ ∈ ℝ

asintoto orizzontale sinistro se lim→31() = ℎ ∈ ℝ

La retta qxmy += è un asintoto obliquo se esistono ], ^ ∈ ℝ tali che

x

xfm

x

)(lim

∞→= , ( )xmxfq

x−=

∞→)(lim .

asintoto obliquo a destra se x

xfm

x

)(lim

+∞→= , ( )xmxfq

x−=

+∞→)(lim

asintoto obliquo a sinistra se x

xfm

x

)(lim

−∞→= , ( )xmxfq

x−=

−∞→)(lim

NOTA – Sia l’asintoto orizzontale che l’asintoto obliquo possono esistere solo dove il dominio va a +∞ oppure a −∞ e pertanto dove si trova un asintoto orizzontale è inutile cercare un asintoto obliquo. L’asintoto verticale va cercato negli eventuali punti di accumulazione in cui la funzione non è definita.

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75

Esempio 1.

Poichè 2

1

52

52lim

6

6

−=−−−+

∞→ x

xxx m

la retta 2

1−=y è un asintoto orizzontale destro e sinistro per la funzione () = _0`6336_3`

Esempio 2.

Poiché −∞==− +

→0log

21

loglim 33

2

1x

x

la retta 21=x è un asintoto verticale per la funzione

21

log)( 3 −= xxf .

Grafico di 21

log)( 3 −= xxf

Esercizio 3. Si verifichi l’esistenza di eventuali asintoti orizzontali e verticali per la funzione

133 )42

1)(()( −++= xxxxf

Soluzione – Il campo di esistenza della funzione è ( ) ( ).,22, +∞−−∞− U Poiché

24

2

1

11

lim4

2

1lim

3

2

3

3

=+

+=

+

+±∞→±∞→

x

x

x

xxxx

la retta 2=y è asintoto orizzontale destro e sinistro.

La retta 2−=x è asintoto verticale destro e sinistro perché

.)()10(0

28

42

1lim,)()10(

0

28

42

1lim

3

3

23

3

2+∞=−∞⋅−=+−=

+

+−∞=+∞⋅−=−−=+

+−−→+−→ −+

x

xx

x

xxxx

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76

Esercizio 4. Determinare gli eventuali asintoti della funzione

4

2)(

2 −=

xxf

Soluzione – Il campo di esistenza della funzione è ( ) ( ).,2)2,2(2, +∞++−−∞− UU

• −∞=−+−→ 4

2lim

22 xx , +∞=

−−−→ 4

2lim

22 xx

allora la retta è asintoto verticale destro e sinistro.

• +∞=−+→ 42

lim22 xx

, −∞=−−→ 42

lim22 xx

allora la retta = 2 è asintoto verticale destro e sinistro.

• 04

2lim

2+=

−+∞→ xx , 0

4

2lim

2+=

−−∞→ xx

allora la retta [ = 0 è asintoto orizzontale destro e sinistro. Poiché c’è un asintoto orizzontale sia a destra che a sinistra, non possono esserci asintoti obliqui. Esercizio 5. Determinare gli eventuali asintoti della funzione

32

124)(

2 −−−=

xx

xxf

Soluzione – Il campo di esistenza della funzione è ( ) ( ).,3)3,1(1, +∞++−−∞− UU

• +∞=−−

−+−→ 32

124lim

21 xx

x

x , −∞=

−−−

−−→ 32124

lim21 xx

x

x

allora la retta = −1 è asintoto verticale destro e sinistro.

• 032

124lim

2+=

−−−

+∞→ xx

x

x , 0

32

124lim

2−=

−−−

−∞→ xx

x

x

allora la retta [ = 0 è asintoto orizzontale destro e sinistro.

• 1)3)(1(

)3(4lim

32124

lim323

=−+

−=−−

−++ →→ xx

x

xx

x

xx , 1

)3)(1()3(4

lim32

124lim

323=

−+−=

−−−

−− →→ xx

x

xx

x

xx

allora in = 3 non c’è un asintoto, è solo un punto di discontinuità. Esercizio 6. Determinare gli eventuali asintoti della funzione

2−=x

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77

1

82)(

2

23

−−−=

x

xxxxf

Soluzione – Il campo di esistenza della funzione è ( ) ( ).,1)1,1(1, +∞++−−∞− UU

• −∞=−

−−+−→ 1

82lim

2

23

1 x

xxx

x , +∞=

−−−

−−→ 1

82lim

2

23

1 x

xxx

x

allora in = −1 asintoto verticale destro e sinistro.

• −∞=−

−−+→ 1

82lim

2

23

1 x

xxx

x , +∞=

−−−

−→ 1

82lim

2

23

1 x

xxx

x

allora in = 1 asintoto verticale destro e sinistro.

• +∞=−

−−+∞→ 1

82lim

2

23

x

xxx

x allora a destra non ci sono asintoti orizzontali, cerco

obliqui:

1)1(

82lim

2

23

=−

−−+∞→ xx

xxx

x , 21

1

82lim

2

23

−=

−−

−−+∞→

xx

xxx

x

allora [ = − 2 è asintoto obliquo a destra.

• −∞=−

−−−∞→ 1

82lim

2

23

x

xxx

x allora a sinistra non ci sono asintoti orizzontali, cerco

obliqui:

1)1(

82lim

2

23

=−

−−−∞→ xx

xxx

x , 21

1

82lim

2

23

−=

−−

−−−∞→

xx

xxx

x

allora [ = − 2 è asintoto obliquo a sinistra.

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78

P

Q

f(x0) f(x0+h)

x0 x0+h x

f(x)

3.5 DERIVATA DI UNA FUNZIONE Nello studio di una funzione reale di variabile reale ha particolare importanza il rapporto

incrementale xy

∆∆

, detto anche tasso medio di variazione, perché indica quanto varia

la y al variare di x . Se y = f (x) indica la funzione e h l’incremento che si dà alla variabile indipendente nel punto x0 risulta

hxfhxf

xy )()( 00 −+=

∆∆

.

Se consideriamo il caso più semplice di funzione, ossia le funzioni lineari, come abbiamo dimostrato nel Capitolo 2, per esse il rapporto incrementale rimane costante ossia è indipendente sia dal punto x0 dove si calcola la variazione di x sia dal valore dell’incremento h . In particolare si è dimostrato che per f(x) = m x + q risulta

α=∆∆= tg

xy

m

dove α è l’angolo che la retta grafico della funzione forma con l’asse positivo delle ascisse. Se anziché una funzione lineare si considera una generica funzione y = f (x) definita in

[a,b] , il rapporto xy

∆∆

non è più costante ma dipende dal punto in cui si calcola e dalla

ampiezza dell’incremento ∆x . Rimane però molto stretto il legame tra xy

∆∆

, calcolato in

prossimità di x0 , e la retta tangente in x0 alla curva grafico della funzione. Pensiamo di esaminare “molto da vicino”, o con una lente di ingrandimento, il grafico della funzione f(x) in prossimità del punto P(x0; f (x0)) : Se ad x0 si dà un incremento ∆x = h , rimane determinato il punto Q(x0 + h; f (x0 + h)) e la pendenza (o coefficiente angolare) della retta PQ è

( ) xy

xhxxfhxf

m∆∆=

−+−+=

00

00 )()(

Rimpicciolendo sempre più l’incremento ∆x , il punto Q si avvicina sempre di più al punto P e la retta PQ viene a sovrapporsi alla retta tangente al grafico in P . Dunque

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79

quando ∆x diventa piccolissimo (ossia quando h→0 ), il rapporto xy

∆∆

approssima la

misura m della pendenza della tangente al grafico in P . Prima della fondamentale prossima definizione, ricordiamo che le seguenti scritture sono

tutte equivalenti: ∆b∆ = -()3-()3 = -(0$)3-()$ (conℎ = − )

DEFINIZIONE. Una funzione: (U, W) → ℝ si dice derivabile in ),( ba∈ se esiste, finito, il

limite

0

0)()(lim

0 xx

xfxf

xx −−

Tale limite si chiama derivata di f in e si indica con f() . In modo equivalente, la derivata può essere definita da un punto di vista geometrico. DEFINIZIONE. Una funzione : → ℝ, intervallo aperto di ℝ , si dice derivabile

in Xg se nel punto (, ()) del suo grafico esiste la retta tangente e questa ha

pendenza ] ∈ ℝ . Il numero ] si dice derivata di in e si indica con f(). Una funzione non è derivabile in se il grafico della funzione in

• non ha tangente (fig. 1, punto angoloso); • ha tangente una retta di equazione x = k (fig. 2, cuspide)

In questi due casi il limite del rapporto incrementale non esiste (punto angoloso) oppure è ±∞ (punto cuspide).

x0 0 x

f(x)

x0 0

f(x)

x

fig. 1 fig. 2

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80

Se esiste finito il limite destro (rispettivamente sinistro), si dice che la funzione è derivabile a destra (rispettivamente sinistra) e si parla di derivata destra (rispettivamente sinistra):

0

0)()(lim

0 xx

xfxf

xx −−

+→

0

0)()(lim

0 xx

xfxf

xx −−

−→

Ovviamente, una funzione è derivabile se e solo se esistono finiti i limiti destro e sinistro e questi sono uguali: 0f() = 3f() La derivata destra e la derivata sinistra rappresentano evidentemente la pendenza della retta tangente a destra e a sinistra nel punto P=(x0, f(x0)). Analizziamo il seguente grafico

• In = 0 la funzione non è derivabile perché esiste solo la derivata destra: 0f(0) < 0.

• In la funzione non è derivabile perché lim$→ -(0$)3-()$ = ∞.

• Risulta f(9) > 0, f(6) = 0, f(E) < 0 perché le tangenti hanno, rispettivamente, pendenza positiva, nulla, negativa.

• In ; la funzione non è derivabile perché 3f(;) < 0 , 0f(;) > 0 .

• In ` la funzione non è derivabile a sinistra 3f(`) = −∞ .

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81

DEFINIZIONE. Una funzione si dice derivabile nell’intervallo (i, j) (può essere tutto

ℝ) se è derivabile in ogni punto dell’intervallo. La derivata (o derivata prima) si indica con:

⋅⋅⋅= 0

,)(

,)(,)(' 000

xxx

f

x

xfxDfxf

d

d

d

d

Se f è derivabile in ogni punto di A , allora si può considerare la funzione derivata f : A → ℝ che ad ogni x ∈ A associa )(' xf , questa funzione può essere, oppure no, derivabile. Se in x0 la funzione 'f è derivabile, la sua derivata )''(f si chiama derivata seconda della f calcolata in x0 e si indica con )('' 0xf . Analogamente

si può definire )(''' 0xf e così via.

Riassumendo

La derivata di una funzione in un punto

1. è il limite del rapporto incrementale di quando l’incremento ℎ tende a zero ;

2. rappresenta il tasso di variazione istantaneo di nel punto ;

3. esprime la pendenza della retta tangente al grafico di nel punto .

3.6 DERIVATA DELLE FUNZIONI ELEMENTARI.

REGOLE DI CALCOLO DELLE DERIVATE • Sia : ℝ → ℝ, () = P, P ∈ ℝ, una funzione costante. Allora f() = 0 , infatti:

00limlim)()(

lim)('000

==−=−+=→→→ hhh h

cc

h

xfhxfxf

• Sia : ℝ → ℝ, () = 6. Allora f() = 2 , infatti:

f() =0

lim→h

( + ℎ) − ()ℎ =0

lim→h

( + ℎ)6 − 6ℎ =

0lim

→h

ℎ6 + 2ℎℎ =0

lim→h

(ℎ + 2) = 2

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82

Si dimostra che le funzioni elementari ammettono la derivata in ogni punto del loro campo di esistenza, fa eccezione la funzione valore assoluto per la quale deve essere ≠ 0.

Tabella delle derivate delle funzioni elementari

funzione )(xf derivata )(' xf

cxf =)( , ∈c ℝ

nxxf =)( , n ∊ ℚ

xxf =)( , ∈x ℝ0

xaxf =)( , 0>a

xexf =)(

xxf alog)( = , ∈x ℝ0

xxf ln)( =

xxf sin)( =

xxf cos)( =

xxf tg)( =

xxf arctg)( =

0xf =)('

1nxnxf −=)('

x2

1xf =)('

aaxf x ln)(' =

xexf =)('

ex1

xf alog)(' =

x1

xf =)('

xxf cos)(' =

xxf sin)(' −=

xxf 2cos

1)(' =

21

1)('

xxf

+=

Esempi. 1. () = 9 ha come derivata f() = 0

2. () = E ha come derivata f() = 36

3. () = ?8 ha come derivata f() =

6

E3

o8

4. () = 3` ha come derivata f() = −53:

5. () = 7 ha come derivata f() = 7 Q 7

6. () = !E ha come derivata f() =

9

!E+ =

9

qOE

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83

In seguito, se non è specificatamente richiesto verrà calcolata la derivata “formale” della f (x) , tralasciando la ricerca degli eventuali punti del campo di esistenza di f (x) in cui la funzione non è derivabile. REGOLE DI DERIVAZIONE

Regola 1 . Se f e g sono due funzioni derivabili in un punto x , allora sono derivabili in x anche la loro somma, il loro prodotto e il loro quoziente (purché il denominatore sia diverso da zero). Valgono le seguenti regole di calcolo:

1. )(')(')()'( xgxfxgf +=+

2. )(')(')()'( xgxfxgf −=−

3. )(')()()(')()'( xgxfxgxfxgf +=

4.

2)(

)(')()()(')('

xg

xgxfxgxfx

g

f −=

, 0)( ≠xg .

5. P)f() = Pf(),P ∈ ℝ

Esempi. a) () = 96 E + √ ha come derivata f() = 96 ∙ 3 ∙ 6 + 96√

b) () = 6 − 7 + 8 ha come derivata f() = 2 − 7

c) () = 6 Q ha come derivata f() = 2 Q + 6 ∙ 9

d) () = 80609? ha come derivata f() = (E?06)?3(80609)6(?)? = 836368

e) () = 7E ha come derivata f() = 7 ∙ 36

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84

Regola 2. DERIVATA della FUNZIONE COMPOSTA Se g è una funzione derivabile in x e se f è una funzione derivabile nel punto g(x) , allora la funzione composta gf o è derivabile in x e si ha :

( ) )(')(')()'( xgxgfxgf ⋅=o

In particolare risulta :

s Q() = f()()

s()O = Q()O39 ∙ f() s "()Ot = s()Ou = Q] ()Ou39f()

Esempi.

a) 1)( 2 += xxh ha come derivata xx

xh 212

1)('

2⋅

+= .

b) x)x(h(x) += 32ln ha come derivata )16(2

1)('

3+⋅

+= x

xxxh

c) 32 523 )xx(h(x) −+= ha come derivata )26()523(3)(' 22 +−+= xxxxh

d) 2ln)( xxh = ha come derivata xx

xh 21

)('2

⋅=

e) xxh 2ln)( = ha come derivata x

xxh1

ln2)(' ⋅=

Per la Regola 2. si ha : ( ∘ ∘ w)′() = ′ yzw()| ∙ fzw() ∙ wf() Esempio. h() = "ln(6 + 3)

ℎf() = 12"ln(6 + 3) ⋅ 16 + 3 ∙ (2 + 3)

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85

Esempio. t) = ln √3E

~f() =1

√3E⋅

1

2√3E∙ (−33;) = −

33;

23E = −3

2

Regola 3. - Se f e g sono funzioni derivabili in x e f è una funzione positiva, si ha :

⋅+⋅=

)(

)(')()(ln)(')()( )()(

xf

xfxgxfxgxfxfD xgxg

questa uguaglianza è ottenuta ricordando che )(ln)()()( xfxgxg exf = . In particolare si ha

)('ln)()( xgaaaD xgxg ⋅⋅= , U ∈ ℝ0

)(')()( xgeeD xgxg ⋅=

Esempi.

1. xxxh =)( ha come derivata )1(ln1

ln1)(' +=

⋅+⋅= xxx

xxxxh xx

2. xxexh 32

)( += ha come derivata )32()(' 32

+⋅= + xexh xx

3. 1210)( += xxh ha come derivata 10ln210)(' 12 ⋅⋅= +xxh

PRIME APPLICAZIONI della DERIVATA

3.7 TEOREMI di de L’ Hôpital Lo “strumento” derivata fornisce utili teoremi per calcolare limiti che si presentano nella

forma indeterminata 00

oppure ∞∞

. A completamento di quanto presentato per il calcolo

dei limiti, riportiamo i teoremi di de L’Hôpital (1661 - 1704).

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86

TEOREMA. Siano f(x) e g(x) due funzioni derivabili in un intorno di 0x , dove 0x è un

numero reale oppure ∞± , e siano tali che ( ) ( ) 0xglimxflim00 xxxx

==→→

. Supponiamo inoltre

che ( ) 0≠′ xg per x “vicino” ad 0x . Se esiste ( )( )xg

xfxx ′

′→ 0

lim allora esiste anche ( )( )xg

xfxx 0

lim→

e si ha

( )( )

( )( )xg

xf

xg

xfxxxx ′

′=

→→ 00

limlim

TEOREMA. Siano f(x) e g(x) due funzioni derivabili in un intorno di 0x , dove 0x è un

numero reale oppure ∞± , e siano tali che ( ) ( ) ±∞==→→

xglimxflim00 xxxx

. Supponiamo inoltre

che ( ) 0≠′ xg per x “vicino” ad 0x . Se esiste ( )( )xg

xfxx ′

′→ 0

lim allora esiste anche ( )( )xg

xfxx 0

lim→

e

si ha

( )( )

( )( )xg

xf

xg

xfxxxx ′

′=

→→ 00

limlim .

Esercizio 1. Calcolare, se esiste, x

elim

x

x

10

−+→

.

Soluzione Siamo nella forma indeterminata 0

0 , le funzioni sono derivabili e ( ) 01≠=′ xg ,

quindi possiamo applicare il teorema di de L’Hôpital. Otteniamo ( )( ) 1

1e

limxgxf

limx

0xx==

′′

+→+→ 0

quindi anche il limite della funzione data esiste e si ha 11

0=−

→ xe

limx

x.

Esercizio 2. Calcolare, se esiste, 1-x

xlim

a

x

11

−→

.

Soluzione Siamo nella forma indeterminata 0

0 , le funzioni sono derivabili e ( ) 01≠=′ xg ,

quindi possiamo applicare il teorema di de L’Hôpital. Otteniamo ( )( ) a

1a

limxgxf

lim1-a

1x1x==

′′

→→

x

quindi anche il limite della funzione data esiste e si ha a1-x1x

lima

1x=−

→.

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87

Esercizio 3. Calcolare, se esiste, x

xx

loglim

+∞→ .

Soluzione Siamo nella forma indeterminata ∞∞

, le funzioni sono derivabili e ( ) 01≠=′ xg ,

quindi possiamo applicare il teorema di L’Hôpital. Otteniamo ( )( ) 0

1x1

limxgxf

limxx

==′′

+∞→+∞→

quindi anche il limite della funzione data esiste e si ha 0log

lim =+∞→ x

xx

.

3.8 DERIVABILITA’ e CONTINUITA’

TEOREMA. Se una funzione è derivabile nel punto , allora in questo punto

la funzione è continua.

Dimostrazione - Per x ≠ x0 risulta )()()(

)()( 0

0

00 xx

xx

xfxfxfxf −

−−=− e pertanto

00)(')()()(

lim))()((lim 00

0

00

00

=⋅=−−−=−

→→xfxx

xx

xfxfxfxf

xxxx

)()()( 000

xfxfxfxx

==→→limlim

0xx ∎

ATTENZIONE - Il viceversa del teorema non vale, ossia se una funzione è continua nel punto non è detto che in sia anche derivabile (esempio nei punti angolosi e cuspidi).

3.9 EQUAZIONE della RETTA TANGENTE in (Xg; (Xg)) Sia f(x) una funzione derivabile in ogni punto dell’intervallo aperto A e sia (; ()) un punto del suo grafico. Ricordando che l’equazione della generica retta per P con pendenza m ∈ ℝ è [ − [ = ]( − ) e che ] = f(), l’equazione della retta tangente al grafico di f nel punto (; ()) è

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88

[ = () + f()( − )

Esercizio 1. Scrivere l’equazione della retta tangente alla curva di equazione [ = 36−2 + 7 nel punto di ascissa = 2. Soluzione La curva è il grafico della funzione () = 36−2 + 7 , e quindi l’equazione della retta tangente in P(2; f(2)) è [ = (2) + ′(2)(−2). Poiché ′() = 6−2 risulta ′(2) = 10 ed essendo (2) = 15 , la retta tangente cercata ha equazione: [ = 15 + 10(−2) =‒ 5 + 10.Esercizio 2. Scrivere l’equazione della retta tangente alla curva di equazione y = e3x + 1 nel punto di ascissa = 2 . Soluzione La curva è il grafico della funzione f(x) = e3x + 1 , e quindi l’equazione della retta tangente in P(2; f(2)) è y = f(2) + f ′(2) (x − 2) . Poiché f ′(x) = 3e3x + 1 risulta f′(2) = 3e7 ed essendo f(2) = e7 , la retta tangente cercata ha equazione:

y = 3e7x − 5e7 . Esercizio 3. Scrivere l’equazione della retta tangente alla curva di equazione y = 2x + ln x nel punto di ascissa = 1 . Soluzione La curva è il grafico della funzione f(x) = 2x + ln x , e quindi l’equazione

della retta tangente in P(1; f(1)) è y −f(1) = f′(1) (x −1) . Poiché x

xf1

2)( +=′ risulta

3)1( =′f ed essendo f(1) = 2 , la retta tangente cercata ha equazione: y = 3x − 1 .

La retta tangente gioca un ruolo importante nello studio della funzione che descrive un determinato fenomeno. Ma non solo, infatti diamo un esempio numerico di utilizzo dell’equazione della retta tangente, esaminando un problema di calcolo approssimato dei valori di una funzione . Normalmente non è immediato il calcolo del valore numerico di una funzione in un punto. Ad esempio, è facile calcolare i valori numerici della

funzione x solo per particolari valori della x . Al contrario, è sempre elementare calcolare i valori numerici delle funzioni y = mx + q , che hanno per grafico una retta. L’idea è quella di “sostituire” una funzione data, con l’equazione della sua retta tangente in un punto di

ascissa x0 , con x0 vicino al punto x in cui si vuole calcolare la funzione. Dalla figura si intuisce l’errore che si commette quando nel passare da x0 a x = x0 + h anziché la funzione si considera la tangente in x0, Questo errore è rappresentato dal segmento

f(x0) + f ′(x0) (x − x0) P

T

x0 x x

f(x)

S

R

f(x0)

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89

RT ed è tanto più piccolo quanto più x è vicino all’ascissa x0 del punto di tangenza. Cioè la quantità )()(')( 00 xxxfxf 0 −+ rappresenta una approssimazione di f(x) , tanto migliore quanto più x è vicino ad x0 ; scriveremo

() ≈ () + f()( − ) per →

( + ℎ) ≈ () + f() ∙ ℎ per ℎ → 0 (ℎ = − )

Segue che la differenza tra primo e secondo membro tende a zero quando tende a zero l’incremento dato a . Cioè, la retta tangente rappresenta una “buona” approssimazione della funzione nel punto se il punto x è sufficientemente vicino a . Il termine f() ∙ ℎ si chiama differenziale (primo) della funzione in relativo all’incremento ℎ . Il differenziale rappresenta l’incremento della [ quando nel passare da a = + ℎ anziché la funzione si considera la tangente in , in figura è rappresentato dal segmento TS. Il differenziale di una funzione () si indica con () = f() oppure () = f() .

ESERCIZI 1. Calcolare la derivata prima delle seguenti funzioni applicando le regole di derivazione

a) xxf(x) 3 ln+= b) xxf(x) ln=

c) 32x

1x3xf(x)

2

−++= d) 12xf(x) 2 −=

e) )x(xxf 2 −= ln)( f) 2xef(x) =

g) x

1xf

ln)( = h) 32 7)(2xf(x) +=

i) x3f(x) ln= l) 3x1)(2xf(x) +=

m) )(ln)( 1xxxf −= n) 1x

2xf(x)

2 +=

o) ( )( )7xllnf(x) 2 += og p) 73x2f(x) ++=

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90

2. Siano f(x) e g(x) due funzioni da ℝ in ℝ aventi le derivate prime uguali. Questo fatto è sufficiente per affermare che f(x) è uguale a g(x)?

3. Si consideri la funzione f : ℝ → ℝ definita da f(x) = |x2 −3x + 2| ; si determini per

quali valori di x essa non è derivabile.

4. Trovare l’equazione della retta tangente alla curva grafico della funzione f(x) = x3 −2x nel punto di ascissa x = 2 . Soluzione f ’(x)=3x2 − 2 , da cui f ’(2)=12 − 2=10. Essendo f(2)=4, si ha l’espressione della retta tangente: y = f(2) + f ’(2)(x − 2) =4 + 10 (x − 2)= −16 + 10x.

5. Trovare i punti in cui la tangente alla curva di equazione x

xxf

2)(

+= ha pendenza

uguale a − 2 . Soluzione La pendenza della retta tangente è la derivata della funzione, quindi deve

essere f() = −2 . Si ha, quindi 22)2(

)('22

−=−=+−=xx

xxxf se e solo se 12 =x ,

cioè 11 −== xoppurex

6. Trovare i punti in cui la tangente alla curva di equazione 2

)(−

=x

xxf è

perpendicolare alla retta di equazione x − 2y + 4 = 0 . Soluzione I punti richiesti sono quelli in cui la tangente ha pendenza −2 e pertanto sono i punti di ascissa x tali che f() = −2 da cui

36(36)? = −2 e pertanto sono i

punti con = 3+ = 1. 7. Trovare l’equazione della retta tangente alla curva grafico della funzione

1)(

2 −=

x

xxf nel punto di ascissa x = 3 .

Soluzione

22

2

22

2

)1(

1

)1(

)2()1()('

−−−=

−−−=

x

x

x

xxxxf quindi 15625.0

64

10

)13(

13)3(' 22

2

−=−=−

−−=f , da cui

xxxffy 15625.084375.0)3(15625.08

3)3)(3(')3( −=−−=−+=

8. Trovare gli eventuali punti in cui la tangente al grafico della funzione ( ) 172 23 +−+−= xxxxf ha pendenza zero o pendenza positiva.

Soluzione Non esistono di questi punti perché la derivata della funzione è sempre negativa.

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91

CAPITOLO 4

APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE Studio del grafico di una funzione reale ad una variabile reale

L’uso delle derivate consente l’individuazione di algoritmi che permettono di risolvere problemi matematici. In particolare gli algoritmi che verranno qui presentati, sono molto utili quando si vuole studiare l’andamento di una funzione e tracciarne il grafico.

4.1 FUNZIONI CRESCENTI E DECRESCENTI Per le sue importanti conseguenze riportiamo il seguente Teorema di Lagrange noto anche come teorema del valor medio : TEOREMA DI LAGRANGE . Sia f(x) una funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b) . Esiste almeno un punto ∈ (, ) per cui

() =() − ()

Da un punto di vista geometrico, il Teorema di Lagrange afferma che, per una funzione f(x) continua in [a, b] e derivabile in (a, b) , esiste un punto ∈ (a, b) in cui la retta tangente è parallela alla corda di estremi i punti (a, f(a)) e (b, f(b)) . Si ricordi che il coefficiente angolare della retta tangente in è () , mentre il

coefficiente angolare della corda è () ()

.

Una importante conseguenza del Teorema di Lagrange è il seguente criterio di monotonia. Esso stabilisce il legame fra il segno della derivata prima di una funzione e la crescenza o decrescenza della funzione.

x

y

a b

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92

Criterio di monotonia

Sia f(x) una funzione derivabile in (a, b).

f(x) è crescente in [a, b]

⟺ f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b)

f(x) è decrescente in [a, b]

⟺ f ′(x) ≤ 0 per ogni x ∈ (a, b)

f(x) è costante in (a, b) ⟺ f ′(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b)

Quale esempio, dimostriamo la prima e la terza affermazione.

Dimostrazione prima affermazione

(a) condizione necessaria: (è ⇒ () ≥ 0) Se è crescente, per ogni , ∈ (, ) (sia nel caso < che nel caso < ) si ha () − () − ≥ 0

allora per il Teorema della permanenza del segno, 0)()(

lim0

0

0

≥−−

→ xx

xfxf

xx ⟹ () ≥ 0.

(b) condizione sufficiente : ( () ≥ 0 ⇒ è) Sia () ≥ 0 per ogni ∈ (, ). Comunque presi < ! ∈ (, ), per il Teorema di Lagrange esiste almeno ∈ ( , !) tale che () = (!) − ( )! − ≥ 0

e poiché ! − > 0 , si ha (!) − ( ) ≥ 0 da cui ( ) ≤ (!) e pertanto la funzione è crescente. ∎.

Dimostrazione terza affermazione

(a) Condizione necessaria : (è% ⇒ () = 0) Sia () = &. Allora, per ogni ),( bax∈ si ha

() = lim*→ ( + ℎ) − ()ℎ = lim*→ & − &ℎ = lim*→0 = 0

(b) Condizione sufficiente : ( () = 0 ⇒ è%)

Sia () = 0 nell’intervallo (a, b). Comunque presi , ! ∈ (, ), < !, per il Teorema di Lagrange esiste almeno ∈ ( , !) tale che () = (!) − ( )! −

e poiché per ipotesi () = 0,si ha (!) − ( ) = 0, ( ) = (!) e pertanto la funzione è costante. ∎

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93

NOTA

Si presti attenzione al fatto che si parla di derivata nulla non in un punto ma in tutto un intervallo (a, b) . Solo in tal caso la funzione è costante in tutto (a, b) .

Una funzione strettamente monotona su un intervallo [a, b] e derivabile in (a, b) , può anche avere derivata nulla in qualche punto di (a, b) ma non su tutto un intervallo contenuto in (a, b) . Ad esempio la funzione f(x) = x3 è strettamente crescente su tutto ℝ e ha derivata nulla in x = 0

Una funzione strettamente monotona su un intervallo [a, b] e derivabile in (a, b) , può anche avere derivata nulla in qualche punto di (a, b) ma non su tutto un intervallo contenuto in (a, b) . Ad esempio la funzione f(x) = x3 è strettamente crescente su tutto ℝ e ha derivata nulla in x = 0 . Esempi. 1. La funzione f(x) = ex è strettamente crescente su tutto ℝ perché la sua derivata

f ′(x) = ex è positiva per ogni x ∈ ℝ . 2. La funzione f(x) = ln x è strettamente crescente su tutto il dominio ℝ + perché la sua

derivata f ′(x) = 1/x è positiva per ogni x ∈ ℝ + . 3. La funzione f(x) = x2 ha derivata f ′(x) = 2x che risulta positiva per ogni x > 0 e

negativa per x < 0 . La funzione è allora strettamente crescente per x > 0 e strettamente decrescente per x < 0 .

4. La funzione f(x) = x3 − 3x + 2 ha derivata f′(x) = 3x2 − 3 e risulta f ′(x) ≥ 0 per ogni

x ≤ −1 e x ≥ 1 e f′(x) ≤ 0 per −1 ≤ x ≤ 1 . La funzione considerata è pertanto crescente per x ≤ −1 e x ≥ 1 e decrescente per − 1 ≤ x ≤ 1 .

Esercizi .

Studiare la monotonia delle seguenti funzioni sul proprio campo di esistenza.

1. 23)( −= xxf Soluzione Dom f = ℝ e risulta () = 3 > 0∀ ∈ ℝ . Quindi la funzione è

strettamente crescente in tutto il suo campo di esistenza. 2. xxf

x += ln3)(

Soluzione Dom f = R+ e risulta () = 312 3 (ln 3) 3 + 1 > 0∀ ∈ ℝ6 . Quindi

la funzione è strettamente crescente in tutto il suo campo di esistenza.

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94

3. 1

1)(

−=

xxf

Soluzione Dom f = ),1()1,( ∞+∪−∞ ; fDomxx

xf ∈∀<−

−= 0)1(

1)('

2.

Quindi la funzione è strettamente decrescente in ognuno dei due intervalli )1,(−∞ e ),1( ∞+ . Attenzione che solo con questa specifica la risposta è corretta

perché se consideriamo ),1()1,( 21 ∞+∈∞−∈ xx e , si ha

)()(1

1

1

1101 21

21

2121 xfxfxx

xxxx <⇒−

<−

⇒−<<−⇒<

Quindi non è corretto dire che la funzione è decrescente in tutto il dominio, ma si deve dire che è decrescente separatamente nei suoi intervalli di esistenza.

4. Si studi la monotonia della seguente funzione 12

)(2 +−=

x

xxf

Soluzione 22

2

22

22

22

2

)1(

14

)1(

)42()1(

)1(

2)2()1()('

+++−=

+−−+=

+−−+=

x

xx

x

xxx

x

xxxxf

Si ha 0)(' ≥xf se e solo se 0142 ≥++− xx da cui

52520)(' +≤≤−⇐⇒≥ xxf .

Pertanto, la funzione è crescente in )52,52( +− e decrescente in

),52()52,( ∞++−−∞ ine .

5. Si studi la monotonia della seguente funzione () = ln(! − 2)

Soluzione Per l’esistenza deve essere 022 >− xx , allora Dom f= ),2()0,( ∞+∪−∞

0222

)('2

≥−−=

xx

xxf se e solo se numeratore e denominatore hanno lo stesso segno.

Pertanto, la funzione è crescente in (2, +∞) e decrescente in (−∞, 0).

6. Determinare i valori di & ∈ ℝ per i quali la famiglia di funzioni 13)( 2 +−= xkxxf è

strettamente decrescente nel punto di ascissa x=3.

Soluzione 2/10)3('36)3(',32)(' <<⇒−=−= kperfkfkxxf .

Pertanto la funzione è strettamente decrescente per & < ! .

7. Determinare i valori di & ∈ ℝ per i quali la famiglia di funzioni 1

2)(

2

3

++=

x

kxxxf è

strettamente crescente nel punto di ascissa x=0. Soluzione

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95

.00)0(')0(',)1(

2)2()6)(1()('

22

322

>>⇒=+

+−++= kperfkfx

xkxxkxxxf

Pertanto la funzione è strettamente crescente per & > 0.

4.2 MASSIMI e MINIMI DEFINIZIONE. Sia : 9 → ℝ , 9 ⊆ ℝ , e sia ∈ 9 . Si dice che in la ha

• massimo assoluto se () ≤ () Ax∈∀

• minimo assoluto se () ≥ () Ax∈∀

Il massimo M (minimo m) assoluto di una funzione : 9 → ℝ è dunque il massimo (minimo) dell’insieme (9).

In simboli: :;(9), : ≥ <%=>;(9) e ?;(9),? ≤ <%=>;(9). DEFINIZIONE. Sia : 9 → ℝ , 9 ⊆ ℝ , e sia ∈ 9 . Si dice che in la ha un

• massimo relativo se esiste tale che () ≤ () ∀ ∈ @(, ) ∩ 9

• minimo relativo se esiste tale che () ≥ () ∀ ∈ @(, ) ∩ 9

Ossia se esiste un intorno di tale che, per ogni appartenente all’intorno e al dominio della funzione, si abbia () ≤ () (massimo relativo) oppure () ≥ () (minimo relativo). NOTA - Con la locuzione “ >B<C%èC?>?%(?>>?%)" si intende che il massimo (minimo) si ha nel punto (, ()) di cui è l’ascissa e () è il valore del massimo (minimo) Nel caso che il dominio della funzione non sia un aperto ma sia un intervallo che include almeno un estremo, nella ricerca dei massimi e minimi relativi si considera anche questo estremo. I massimi e minimi relativi di una funzione sono detti anche estremanti della funzione o punti di estremo relativo (o locale). I massimi e i minimi assoluti di una funzione sono detti anche gli estremi della funzione.

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96

Secondo le definizioni date, un punto di massimo (rispettivamente minimo) assoluto è anche un punto di massimo (rispettivamente minimo) relativo. In generale non vale il viceversa, ossia il valore assunto dalla funzione f : A →ℝ , A ⊆ ℝ , in un punto di massimo o di minimo relativo, non è necessariamente il più grande o il più piccolo valore fra quelli che essa assume in tutto A , ma è soltanto il più grande o il più piccolo valore fra quelli che la funzione assume in un intorno di . Ne segue che la funzione può avere più di un massimo o più di un minimo relativi, come può anche accadere che un massimo relativo sia più piccolo di un minimo relativo. Esempio.

Sia f : [0, 6] → ℝ la funzione così definita :

≤<≤<≤≤

=6x2se5.0

2x1se1

1x0sex

f(x)

2

x

per x = 0 si ha un punto di minimo relativo in cui la funzione assume il valore f(0) = 0 per x = 1 si ha un punto di massimo relativo in cui la funzione assume il valore f(1) = 1 per x = 2 si ha un punto di minimo relativo in cui la funzione assume il valore f(2) = 1 per x = 6 si ha un punto di massimo relativo in cui la funzione assume il valore f(6) = 3 per x = 0 si ha anche un punto di minimo assoluto (il punto P(0; 0)) per x = 6 si ha un punto di massimo assoluto (il punto Q(6; 3)) tutti i punti dell’intervallo [1, 2) sono punti di massimo relativo tutti i punti dell’intervallo (1, 2] sono punti di minimo relativo.

A conclusione del paragrafo, riportiamo, limitandoci all’enunciato, due importanti teorema.

1 2 3 4 5 6 x

f(x)

1

3

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97

TEOREMA di Weierstrass

Sia f(x) una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] . Allora la funzione

in tale intervallo ammette il minimo e il massimo assoluti, ossia

esistono x1 , x2 ∈ [a, b] tali che per ogni x ∈ [a, b] risulta f(x1) ≤ f(x) ≤ f(x2) .

TEOREMA di Darboux dei valori intermedi

Sia f(x) una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b] . Allora la funzione

assume, almeno una volta, tutti i valori compresi tra il massimo e il minimo.

4.3 MASSIMI E MINIMI RELATIVI Ora ci occuperemo della ricerca dei punti di massimo e minimo relativi di una funzione definita in un intervallo [a, b] e derivabile in (, ). Le considerazioni che verranno esposte sono valide per i punti di massimo e minimo relativo che cadono internamente all’intervallo [a, b] (ossia ∈ (a, b)). Se è un punto di massimo o minimo relativo in cui, come ipotizzato, la funzione è derivabile, la situazione che si presenta geometricamente è rispettivamente rappresentata dalle figure sotto riportate Come si vede, la tangente al grafico in è parallela all’asse delle x , ossia è una retta con pendenza nulla, ossia f′() = 0 . Questa proprietà è espressa dal seguente teorema. TEOREMA DI FERMAT. Sia (x) una funzione definita in un insieme A e sia un punto

di massimo o di minimo relativo interno ad A . Se è derivabile in , risulta () = 0

x0 x0

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98

Dimostrazione Sia un punto di minimo relativo interno (dimostrazione analoga se punto di massimo relativo interno). Allora, esiste un intorno @(, ) tutto contenuto in 9 e tale che )()( 0xfxf ≥ per ogni ∈ @(, ). Pertanto per ogni ∈ @(, ), a seconda che sia > oppure < si ha rispettivamente

0)()(

0

0 ≥−−

xx

xfxf ⟹ 0

)()(lim

0

0

0

≥−−

+→ xx

xfxf

xx.

0)()(

0

0 ≤−−

xx

xfxf ⟹ 0

)()(lim

0

0

0

≤−−

−→ xx

xfxf

xx.

Poiché f è derivabile in , i due limiti devono coincidere, e quindi deve essere 0)(' 0 =xf .

∎ NOTA - Il teorema precedente fornisce solo una condizione necessaria per avere punti di massimo o minimo relativo. La condizione non è sufficiente , vale a dire: in un punto può essere nulla la derivata senza che in quel punto la funzione abbia un massimo o un minimo relativo. Ad esempio la funzione f(x) = x3 ha derivata nulla nel punto x = 0, ma in tale punto non si ha né un massimo né un minimo relativo. Punto critico è un punto x in cui f′(x) = 0 oppure la derivata non esiste. Punto stazionario è un punto x0 in cui f′(x) = 0. NOTA - Un punto critico non stazionario (ossia un punto in cui la derivata non esiste) può essere massimo o minimo relativo anche se per esso non si può applicare il Teorema di Fermat.

0 x

y

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99

Esempi. 1. La funzione f(x) = |x| ha un punto di minimo relativo in x = 0 pur non essendo

derivabile in questo punto (fig.1).

2. La funzione ||)( xx =f ha un punto di minimo relativo in x = 0 pur non essendo derivabile in questo punto (fig.2).

3. La funzione 3)( xf =x è tale che nel punto x = 0 ha derivata nulla (e quindi x = 0 è

un punto critico, anzi stazionario), ma in esso la funzione non ha né massimo né minimo relativo (fig.3).

4.4 RICERCA DEI MASSIMI E MINIMI RELATIVI E ASSOLUT I

Ricerca dei massimi e minimi relativi mediante lo s tudio della derivata prima.

Sia f(x) una funzione derivabile in (a, b) e sia x ∈ (a, b) tale che f′(x) = 0 . Se risulta

1.

>><<

′0

0

0

0

xxper

xxper(x)f allora x è un punto di minimo relativo .

2.

><<>

′0

0

0

0

xxper

xxper(x)f allora x è un punto di massimo relativo .

3. (x)f ′ mantiene lo stesso segno sia prima che dopo x , allora il punto x

non è né un massimo né un minimo relativo.

0

f(x)

x fig. 1

x 0

f(x)

fig. 2 fig. 3 0

f(x)

x

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100

GRAFICAMENTE. Supposto f′(x) = 0 , si hanno i casi rappresentati in figura

Esercizio. Determinare gli eventuali punti di minimo e di massimo relativi della funzione

f(x) = 4x3 − 18x2 + 24x − 21 .

Soluzione La funzione è ovunque derivabile ed ha derivata f′(x) = 12x2 − 36x +24=0 . La derivata si annulla per x= 1 e x = 2 e pertanto questi punti possono essere dei massimi e minimi. Dal segno della derivata prima si trae che la funzione è strettamente crescente per x < 1 e x > 2 , mentre è strettamente decrescente per 1 < x < 2 . Si conclude che x = 1 è punto di massimo relativo, x = 2 è punto di minimo relativo.

Nel punto di massimo relativo x = 1 la funzione vale f(1) = −11 ; nel punto di minimo relativo x = 2 la funzione vale f(2) = −13 . Ricerca dei massimi e minimi relativi mediante lo s tudio delle derivate successive. Sia () una funzione derivabile volte (n ≥ 2) nell’intervallo (, ) e sia ∈(, ) . Se risulta

x

f′(x)>0 f′(x)<0

x massimo relativo.

x

f′(x)>0 f′(x)<0

x minimo relativo.

x né massimo né minimo.

x

f′(x)>0 f′(x)>0

x

f′(x)<0 f′(x)<0

x né massimo né minimo.

1

f′(x)>0 f′(x)<0

2

f′(x)>0

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101

1. F ′() = 0′() < 0 allora è un punto di massimo relativo.

2. F ′() = 0′() > 0 allora è un punto di minimo relativo.

3. H ′() = 0′() = 0′′() ≠ 0 allora non è né di massimo né di minimo (è un flesso)

Il metodo ora esposto si può generalizzare. In questa trattazione, per semplicità, ci si è limitati ad esporre il caso che coinvolge al più la derivata terza. Esercizio. Determinare gli eventuali punti di massimo e minimo relativi della funzione

f(x) = 2x3 − 3 x2 −12 x − 8 .

Soluzione. La funzione è ovunque derivabile più volte.

a) Cerchiamo gli eventuali punti stazionari: f ′(x) = 6 x2 − 6 x − 12 , f ′(x) = 0 per

x = − 1 e x = 2 che risultano pertanto punti stazionari. b) Calcoliamo la derivata seconda nei punti stazionari trovati: f ′(x) = 12 x − 6 ,

f ′′(−1) = − 18 < 0 e quindi x = − 1 è punto di massimo relativo; f ′ ′(2) = 18 > 0 e quindi x = 2 è punto di minimo relativo.

Ricerca dei massimi e minimi relativi in punti in c ui la funzione è continua ma non derivabile. Si è già osservato che una funzione può avere dei massimi o dei minimi relativi in punti in cui non è derivabile, si pensi ad esempio alla funzione f(x) = |x| che in x = 0 ha un minimo pur non essendo derivabile in questo punto. Per la ricerca di questi eventuali punti di massimo e minimo non si possono quindi applicare i due metodi precedenti, ma se la funzione è continua nell’intervallo in cui si fa la ricerca, studiando il segno della derivata prima, ossia la crescenza e la decrescenza della funzione, si può stabilire se un punto è di massimo o di minimo relativo. Precisamente: Sia f(x) continua [a, b] e sia x0 ∈ (a, b) un punto in cui la funzione non è derivabile. Se risulta:

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102

1.

>>′<<′

0

0

0

0

xxper(x)f

xxper(x)f allora è un punto di minimo relativo.

2.

><′<>′

0

0

0

0

xxper(x)f

xxper(x)f allora è un punto di massimo relativo.

Di norma massimi e minimi di questo tipo si trovano nello studio delle funzioni nella cui espressione analitica figurano dei valori assoluti oppure delle radici di indice pari. Esempio. La funzione () = | − 2| presenta un minimo nel punto = 2 dove la funzione esiste ma non è derivabile perché è un punto angoloso.

() = K − 2 ≥ 22 − ≤ 2 , () = K1 > 2−1 < 2

Per ≠ 2 la derivata assicura che per > 2 la funzione cresce mentre per < 2 decresce. Dunque il punto = 2 è un punto di minimo e il minimo vale (2) = 0. Esempio. La funzione () = L| − 1| ha un minimo nel punto = 1 dove esiste ma non è derivabile.

Ricerca dei massimi e dei minimi assoluti.

Ricordando il Teorema di Weierstrass, il massimo e il minimo assoluto di una funzione () continua in un intervallo M, N, è assunto in:

(i) punti interni stazionari (ii) punti interni di non derivabilità (iii) estremi dell’intervallo.

Per determinare il massimo e minimo assoluti, occorre pertanto trovare tutti i massimi e minimi relativi. Il valore più grande assunto dalla funzione in questi punti sarà il massimo assoluto della funzione, il valore più piccolo sarà il minimo assoluto della funzione. Esercizio . Determinare il valore del massimo assoluto e il valore del minimo assoluto della

funzione xxexf 22

)( −= nell’intervallo [0, 4] .

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103

Soluzione Poiché la funzione è derivabile in tutto l’intervallo (0, 4) , per cercare i massimi e minimi relativi si può usare il metodo basato sullo studio della derivata

prima; xxexxf 22

)22()( −−= ′ e quindi f′(x) = 0 per x = 1 ossia x = 1 è un punto stazionario; inoltre f′(x) > 0 per x > 1 e f′(x) < 0 per x < 1 e pertanto x = 1 è punto di minimo relativo. Non ci sono altri punti di minimo o di massimo relativi interni. Confrontiamo ora i valori f(1) = e−1 , f(0) = e0 = 1 , f(4) = e8 . Poiché il valore più grande fra questi è f(4) , il massimo assoluto della funzione è per x = 4 e vale e8 ; il minimo assoluto della funzione è per x = 1 e vale e−1 . OSSERVAZIONE. Se la funzione f(x) è continua in un intervallo non chiuso o illimitato, oppure se è discontinua in un intervallo, il teorema di Weierstrass non si può applicare per quella funzione in quell’intervallo e f(x) può essere oppure non essere dotata di massimo e di minimo assoluti. In questi casi la ricerca degli eventuali massimo e minimo assoluti va fatta con considerazioni di varia natura a seconda del tipo di funzione che si sta studiando.

Esercizio.

Trovare massimi e minimi per la funzione ∶ P ! ; 2R → ℝ,() = ST3

Soluzione Cerchiamo i punti stazionari: () = 3STST3U = ST(3 )3U () = 0 ⟺ = 1; () > 0< > 1; () < 0< < 1. Allora = 1 è punto di minimo relativo e il minimo è (1) = .

Negli estremi del dominio la funzione vale ( !) = 2√ e (2) = SU! .

Poiché SU! > 2√ > , si ha che = 1 è un punto di minimo assoluto e = 2 è un

punto di massimo assoluto.

Esercizio. Rappresentare graficamente la seguente funzione ed individuare i punti di massimo e minimo:

() =WXY−12 ! + 2, ∈ M1, 3)3, = 3LZ, ∈ (3, 4N

Soluzione Dom f = [1, 4]. La funzione non è derivabile agli estremi (in 1 esiste solo derivata destra, in 4 solo derivata sinistra) e non è derivabile in = 3 perché non è ivi continua.

() = \− + 2, ∈ (1, 3)Z!√, ∈ (3, 4) , 0 20)(' ==⇔= xxxf .

Il punto = 0 non è accettabile perché )4,3(0∉ . La funzione è strettamente crescente in (3, 4) perché f’(x) > 0 in (3,4). Il punto x=2 è di massimo relativo perché in

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104

un intorno sinistro di x=2 la derivata è positiva, mentre in un intorno destro la derivata è negativa. Il massimo relativo è f(2)=2. Inoltre f(1)=0.5, f(3)=3, f(4)=8, allora il massimo assoluto è 8 ed il minimo assoluto è 0.5.

4.5 FUNZIONI CONVESSE E CONCAVE. PUNTI DI FLESSO Formalizziamo una nozione già incontrata quando si è studiata la parabola. E’ la nozione di funzione convessa (o concava verso l’alto) e di funzione concava (o concava verso il basso) in un intervallo [a, b] . Questa nozione è molto utile per studiare il comportamento di una funzione. Iniziamo con il definire i concetti di funzione convessa e di funzione concava in un intervallo.

f(x)

0.5

1 2 3 4

2

3

1.5

4

5.19

6

7

8

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105

DEFINIZIONE. Si dice che una funzione () è in [a, b]

• convessa se () ≤ ( ) + (3U) (3])3U3] ( − ) per ogni , ! ∈ [a, b]

• concava se () ≥ ( ) + (3U) (3])3U3] ( − ) per ogni , !∈ [a, b]

DEFINIZIONE. Si dice che una funzione () è in [a, b]

• convessa se per ogni ∈ [a, b] il grafico della funzione è al di sopra della

retta tangente nel punto ( , f())

• concava se per ogni ∈ [a, b] il grafico della funzione è al di sotto della

retta tangente nel punto ( , f())

DEFINIZIONE. Sia f(x) una funzione derivabile in (a, b). Si dice che f(x) è in [a, b]

• convessa se e solo se f(x) ≥ f() + f′() (x −) per ogni x , ∈ (a, b) ;

• concava se e solo se f(x) ≤ f() + f′() (x −) per ogni x , ∈ (a, b) .

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Esempi • La funzione f(x) = x2 è strettamente convessa in ℝ. • La funzione f(x) = −x2 è strettamente concava in ℝ. • La funzione f(x) = x3 è strettamente convessa in (0, +∞), è strettamente concava in

(−∞, 0), mentre non è né concava né convessa in ℝ. • La funzione f(x) = 1/x è strettamente convessa in ℝ + , è strettamente concava in ℝ −. • La funzione f(x) = x è sia convessa che concava in tutto ℝ. Questa “particolare”

proprietà vale in generale per tutte le funzioni lineari (affini). OSSERVAZIONE - Se f(x) è convessa in [a, b], al crescere di x “cresce la pendenza della retta tangente” nel punto di ascissa x e quindi, supposta la funzione derivabile, la “derivata della pendenza deve essere positiva”, ossia deve essere f′′(x) ≥ 0 poiché la pendenza è data da f′(x). Analogamente per le funzioni concave. L’osservazione precedente giustifica il seguente criterio di convessità e concavità.

Sia una funzione derivabile in (a, b) . Allora in (a, b) si ha che convessa

⟺ crescente ⟺ () ≥ 0∀ ∈ (, )

concava

⟺ decrescente ⟺ () ≤ 0∀ ∈ (, )

ATTENZIONE. Se f(x) è definita in [a, b] e in (a, b) è derivabile almeno due volte, allora il criterio afferma che sono equivalenti le seguenti condizioni a), b), c) e, analogamente, sono equivalenti le seguenti condizioni d), e), f):

x

f(x)

a b

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107

a) f(x) è convessa in (a, b) ; b) f′(x) è crescente in (a, b) ; c) f′′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b) .

d) f(x) ) è concava in (a, b) ; e) f ′(x) è decrescente in (a, b) ; f) f ′′(x) ≤ 0 per ogni x ∈ (a, b) .

ATTENZIONE che i punti b) ed e) non significano necessariamente f ′(x) ≥ 0 e f′ (x) ≤ 0 rispettivamente, ma solo che f ′(x) è crescente e f′(x) è decrescente, rispettivamente. DEFINIZIONE. Sia f(x) una funzione definita in [a, b] e sia ∈ (a, b) . Si dice che la

funzione ha in un punto di flesso se è convessa per x < e concava per x > , o

viceversa.

Per cercare i punti di flesso di una funzione due volte derivabile, si studia il segno di f′′(x) (studiando la disequazione f′′(x) > 0) al fine di verificare se ci sono punti in corrispondenza dei quali il segno cambia (ossia cambia la concavità). Se la concavità cambia allora è un punto di flesso. NOTA - E’ possibile che in un punto di flesso la funzione non sia derivabile. Ad esempio, () = |! − 4| ha un punto di flesso sia in = −2 sia in = 2, ma in questi punti la funzione non è derivabile.

Natura di un punto di flesso ^_ Orizzontale () = 0

Verticale in tangente con pendenza ±∞

Obliquo () ≠ 0

OSSERVAZIONE. Sappiamo che () = 0 è solo condizione necessaria perché in vi sia un massimo o un minimo. Infatti se () = 0 e non è né massimo né minimo, allora è un flesso perché significa che si verifica una delle due situazioni rappresentate nelle seguenti figure :

p.to flesso orizzontale crescente

f′(x)>0 f′(x)>0

f′(x)<0 f′(x)<0

p.to flesso orizzontale decrescente

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108

ESERCIZI SVOLTI Esercizio.

Considerata la funzione () = B(! − 5 + 4), determinare il campo di esistenza, massimi e minimi, intervalli di crescenza e decrescenza, concavità e convessità, flessi, eventuali asintoti. Soluzione

Campo di esistenza: Deve essere ! − 5 + 4 > 0 ⟹ poiché ! − 5 + 4 = 0 per = 1 = 4, si ha c%? = (−∞, 1) ∪(4, +∞). Massimi e minimi: Cerchiamo eventuali punti stazionari ponendo () = !efeUfe6g = 0.

Risulta () = 0 per = f! ma questo valore non appartiene al dominio e pertanto, non

essendoci dei punti stazionari, non possono esserci massimi o minimi interni.

Crescenza e decrescenza: () = !efeUfe6g > 0 per > f!. Pertanto, la funzione è

strettamente crescente nell’intervallo (4, +∞) e strettamente decrescente nell’intervallo (−∞, 1). Concavità, convessità, flessi: Occorre studiare il segno di ().

() = 2(! − 5 + 4) − (2 − 5)!(! − 5 + 4)! = −2! + 10 − 17(! − 5 + 4)!

() = 0< = −10 ± √100 − 1364 ∉ ℝ Pertanto, poiché il polinomio (−2! + 10 − 17) è graficamente rappresentato da una

parabola concava senza intersezioni con l’asse delle ascisse, si ha () < 0∀, ossia

la funzione in )1,(−∞ e in ),4( ∞+ è strettamente concava.

Asintoti verticali: lim3→ k ln(! − 5 + 4) = ln lim3→ k(! − 5 + 4) = ln 06 = −∞⟹ = 1è>%%l>B lim3→gm ln(! − 5 + 4) = ln lim3→gm(! − 5 + 4) = ln 06 = −∞⟹ = 4è>%%l>B Asintoti orizzontali: Nessuno perché lim3→±n ln(! − 5 + 4) = ln lim3→±n(! − 5 + 4) = ln lim3→±n! o1 − 5 + 4!p = +∞

Esercizio.

Determinare gli intervalli di concavità e convessità nonché i flessi della seguente funzione: () = (! + 1)3

Soluzione Dom f = ℝ .

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Occorre studiare il segno della derivata seconda: () = 2 ∙ 3 + (! + 1)3 = 3(2 + ! + 1) () = 3(2 + ! + 1) + 3(2 + 2) = 3(! + 4 + 3) La funzione è strettamente convessa se e solo se () > 0, cioè se e solo se ! + 4 +3 > 0. Le radici del polinomio sono = −1 = −3 e il polinomio è positivo per valori

esterni alle radici, quindi () > 0 se e solo se < −3oppure > −1 .

La funzione è strettamente convessa in (−∞,−3) e in (−1,+∞) e strettamente concava

in (−3,−1). I punti x = −1 e x = −3 sono punti di flesso.

Esercizio

Determinare l’intervallo in cui è decrescente la funzione () = B(2g + ! + 7). Soluzione La funzione è decrescente dove risulta () ≤ 0. Poiché () = w3x6!3!3y63U6z deve essere

w3x6!3!3y63U6z ≤ 0 e quindi la funzione è decrescente in (−∞, 0) . Esercizio

Determinare i valori del parametro k ∈ ℝ per i quali la funzione () = ! − 2& + 5 è

strettamente crescente nel punto di ascissa = 4. Soluzione Deve essere (4) > 0 e poiché () = 2 − 2& e (4) = 8 − 2& si

deve porre 8 − 2& > 0 da cui & < 4 .

Esercizio

Dire per quale valore di x la funzione () = 1 + 3x ha un massimo nell’intervallo

M0,01; 50N . Soluzione Occorre studiare la derivata prima () = − Z3y ; essa è sempre negativa e

quindi la funzione è sempre strettamente decrescente. Da ciò segue che nell’intervallo

chiuso M0,01; 50N la funzione avrà massimo in = 0,01 e tale massimo vale (0,01) =1000001.

Esercizio

Determinare i punti di flesso e l’equazione della relativa retta tangente, della funzione () = Z − 2 + 1

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110

Soluzione Studiamo la derivata seconda () = 6. Risulta () = 0 per = 0; () < 0 per < 0; () > 0 per > 0. In = 0 si ha quindi un punto di flesso.

L’equazione della retta tangente in ha equazione | − () = () ∙ ( − ) e

pertanto in = 0, essendo (0) = 1, (0) = −2, l’equazione della retta tangente è | − 1 = −2( − 0), | = −2 + 1

ESERCIZI da SVOLGERE

1. Si consideri la funzione f : ℝ∗ → ℝ definita da x

xf1

3)( += . Dal segno della

derivata che cosa si può dedurre relativamente all’andamento della funzione?

2. Trovare per quali valori di x le seguenti funzioni sono crescenti o decrescenti:

a) 12

)(2 +−=

x

xxf b) 3)( += xxf

c) )2(ln)( 2xxxf −= d) 12

)( += xexf

3. Determinare i valori del parametro k ∈ ℝ per i quali la funzione f : ℝ → ℝ definita

da f(x) = kx2 −3x + 1 è decrescente nel punto di ascissa x = 3 . 4. Determinare i valori del parametro k ∈ ℝ per i quali la funzione f : ℝ → ℝ definita

da 1

2)(

2

3

++=

xkxx

xf è crescente nel punto di ascissa x = 0 .

5. Determinare le ascisse dei punti di massimo relativo, di minimo relativo e di flesso delle seguenti funzioni considerate nel rispettivo dominio:

a) 42)( 23 −+−= xxxxf b) 410827103)( 234 ++−−= xxxxxf

c) 2

2

1

21)(

xxx

xf+

−+= d) 56

4)(

2 +++=xx

xxf

e) 24)( xxxf −= f) 3

)(2

−−=

x

xxxf

g) xxexf

−=2

)( h) x

xxf

ln)( =

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111

6. Determinare l’ascissa del massimo assoluto e del minimo assoluto delle seguenti funzioni relativamente all’intervallo scritto a lato :

a) 32)( 2 −−= xxxf [−2, 3] b) 2

2)(

2 −−+=xx

xxf [−5, −3]

c) xxexf

22

)( −= [0, 4] d) x

exf

x

=)( [1, 2]

7. Delle seguenti funzioni studiare la concavità, la convessità e determinare gli eventuali

punti di flesso:

a) xexxf )1()( 2 −= b) xxxf ln)( 2=

c) 22ln)( xxxf += d) 112

)(2

−+=

x

xxf

8. Determinare i punti di flesso delle seguenti funzioni e l’equazione della tangente in

ciascuno di essi: a) 12)( 3 +−= xxxf b) x

exxf22)( −=

9. Delle seguenti funzioni studiare dominio, crescenza, decrescenza, massimi e minimi

relativi, concavità, convessità, asintoti e tracciare il grafico qualitativo:

1. 23 23 xxy −= .

2. 23 24 xxy += .

3. xxy 33 += .

4. ( ) ( ) ( )xxxy −−+= 3321 .

5. x

y−

−=1

13 .

6. 1234

+−=

x

xy .

7. 32

1−

−=x

xy .

8. 312

−−=

x

xy .

9. 112

−+=

x

xy .

10. 142

+−=

x

xy .

11. 3

4 4x

xy

−= .

12. 1

42

−−−=

x

xxy .

13. 4545

2

2

+++−=

xx

xxy .

14. 3+= xy .

15. 24 xy −= .

16. 1

1

+−=

x

xy .

17. x

xy

+−=

1

1.

18. xey −= 1 .

19. 1−

=x

x

e

ey .

20. ( )45log 2 +−= xxy .

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Matematica. Capitolo 6: elementi di teoria dell’intergrazione di funzioni reali ________________________________________________________________________________________________________________________

130

CAPITOLO 6

ELEMENTI DI TEORIA DELL’INTEGRAZIONE DI FUNZIONI RE ALI

La teoria dell’integrazione permette di risolvere: a) Problemi di misura: calcolo di aree, volumi, ecc.. b) Il problema inverso delle tangenti: data la funzione f(x) trovare una

funzione F(x) la cui derivata sia f(x). Fra le due tipologie di problemi c’è uno stretto legame messo in evidenza dalla Formula fondamentale del Calcolo integrale. Inizieremo con i problemi di tipo b) anche se storicamente la teoria della integrazione si fa risalire a Eudosso da Cnido, IV sec. a.C., per risolvere problemi di tipo a).

6.1 L’INTEGRALE INDEFINITO Nel capitolo 3 è stato affrontato il problema di determinare la derivata di una funzione f(x). Con il calcolo differenziale si è risolto, per esempio, il problema delle tangenti, infatti si è visto che la retta tangente al grafico di una funzione f in un punto di ascissa x ha la pendenza uguale alla derivata )(' xf di f in x. Con l’integrale indefinito si affronta il problema inverso della derivazione: si tratta di determinare una funzione della quale sia nota la derivata. Ciò risolve anche il cosiddetto problema inverso delle tangenti che consiste nel costruire il grafico di una funzione definita in un intervallo [a,b] conoscendo soltanto la pendenza delle rette tangenti in tutti i punti del grafico stesso. In modo formale il problema si pone nei seguenti termini: data una funzione f(x) definita in un intervallo I , determinare una funzione F(x) derivabile in I tale che )()(' xfxF = in ogni x di I . Si è detto una e non la funzione F(x) perché se F(x) è tale che )()(' xfxF = allora, qualunque sia il numero c , anche la funzione G(x) = F(x) + c è tale che la sua derivata è f(x) perché ).()(')(')(' xfxF0xFxG ==+= DEFINIZIONE. Sia f(x) una funzione reale di variabile reale definita su I . Si chiama

primitiva di f(x) una qualsiasi funzione F(x) tale che )()(' xfxF = in ogni punto di I.

Data una funzione f(x) si può sempre trovare una sua primitiva?

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131

La risposta è no, ma, come già notato, se ne esiste una ne esistono infinite ottenute una dall’altra sommando una costante. Inoltre questo (sommare una costante) è il solo modo per ottenere primitive diverse, ossia se F1(x) e F2(x) sono entrambe primitive della stessa f(x) su un intervallo I si ha

F2(x) = F1(x) + c dove c è un numero. Infatti la funzione F2(x) − F1(x) ha derivata

0xfxf(x) F(x)F 12 =−= − )()('' e quindi, avendo derivata nulla, è una funzione costante. Anche se in generale non è vero che ogni funzione ha una primitiva, esistono delle condizioni sufficienti che assicurano l’esistenza della primitiva per ogni funzione appartenente a particolari classi. Ad esempio vale il seguente teorema. TEOREMA Se f(x) è una funzione continua in [a,b ] allora esiste una funzione F(x) tale che

)()(' xfxF = per ogni x ∈ (a,b ).

DEFINIZIONE. L’insieme delle infinite primitive di f(x) è detto integrale indefinito

di f(x) rispetto alla variabile x , si indica con

∫ dxxf )(

e si legge «integrale indefinito di f(x) in di x».

Per quanto osservato sopra si può scrivere:

cxFdxxf +=∫ )()( con )()(' xfxF = e c ∈ R .

Esempi. 1. cxdx(2x) 2 +=∫ , c ∈ R ;

infatti .2xc)(xD 2 =+

2. cxdxx +=∫ sincos , c ∈ R ;

infatti .xc)x(D cossin =+

3. c7ln

7dx7

xx +=∫ , c ∈ R ;

infatti .xx

7c7ln

7D =

+

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132

E’ importante ricordare che il simbolo ∫ di integrale non dipende dalla variabile x ,

mentre il differenziale dx indica che l’operazione di integrazione viene effettuata rispetto alla variabile x . Ciò per evitare confusioni quando nell’espressione della funzione f(x) compaiono altre lettere che fungono da parametri o coefficienti. Ad esempio, si ha:

( ) cxttxdx)tt(2x 2 +++=++∫ coscos

perchè la funzione da integrare è una funzione nella variabile x e la t è da ritenersi una costante. Ma si ha

ctt21

t2xdtt)t(2x 2 +++=++∫ sincos

perchè la funzione da integrare è una funzione nella variabile t e la x è da ritenersi una costante. Per verificare il risultato dell’esempio precedente basta verificare che la funzione integranda si ottiene come derivata della funzione al secondo membro, ovviamente nel primo caso si deve derivare rispetto ad x mentre nel secondo caso si deve derivare rispetto a t .

6.2 COME CALCOLARE UN INTEGRALE INDEFINITO Il calcolo degli integrali indefiniti è una delle parti della matematica dove si incontrano maggiori difficoltà perché il problema non si può risolvere con una “formula”. Si può dire che ogni caso è a sé anche se esistono varie tecniche che forniscono metodi di integrazione applicabili ad ampie classi di funzioni. Per trovare una primitiva di una funzione esistono attualmente sistemi di computer algebra grazie ai quali la ricerca “a mano” di una primitiva si può limitare ai casi più semplici. Come nel passato i sistemi di calcolo numerico ci hanno liberato dal bisogno di estrarre a mano una radice quadrata o di consultare una tavola di logaritmi, così oggi i sistemi di calcolo simbolico forniscono un prezioso aiuto per i casi più difficili di ricerca di una primitiva. Rimane comunque indispensabile sapere calcolare, quando esiste, la primitiva di funzioni esprimibili mediante funzioni elementari; anche senza l’ausilio di un sistema di calcolo simbolico. Illustriamo di seguito le tecniche “manuali” basilari per la ricerca di integrali indefiniti.

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133

6.2.1. Integrali elementari Ogni tabella di derivate letta al contrario diventa una tabella di primitive e pertanto dalla tavola di derivazione delle funzioni elementari si ottengono gli integrali indefiniti delle stesse. Nella seguente tabella 1 è riportato l’integrale indefinito delle funzioni elementari; con c si indica un qualunque numero reale.

Tabella 1

funzione )(xf primitiva F(x)

f(x) = h

nxxf =)(

x1

xf =)(

xaxf =)(

xexf =)(

xxf sin)( =

xxf cos)( =

( ) xtg1xcos

1xf 2

2 +==

0kkx

1xf

22≠

+= ,)(

.)( chxdxhxF +== ∫

.1,1

)(1

−≠++

==+

∫ ncnx

dxxxFn

n

.0,||ln)( ≠+== ∫ xcxdxx1

xF

.ln

)( ca

adxaxF

xx +== ∫

.)( cedxexF xx +== ∫

.cossin)( cxdxxxF +−== ∫

.sincos)( cxdxxxF +== ∫

( ) cxtgdxxcos

1xF 2 +== ∫

.,arctg)( 0kckx

k1

dxkx

1xF

22≠+

=+

= ∫

Oltre agli integrali indefiniti riportati nella tabella 1, valgono le seguenti regole e i seguenti teoremi conseguenza delle regole e dei teoremi di derivazione.

Regola 1

.,)()( ∫∫ = costantehdxxfhdxxfh

Regola 2

( ) .)()()()( dxxgdxxfdxxgxf∫ ∫ ∫+=+

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134

TEOREMA 1 .|)(|ln)(

)('cxfdx

xfxf +=∫

TEOREMA 2 .1n,c1n

f(x)dx(x)f(x)'f

1nn −≠+

+=

+

TEOREMA 3 .ln

)(')(

ca

adxaxf

xff(x) +=∫

TEOREMA 4 .)(' )( cedxexf xff(x) +=∫

TEOREMA 5 [ ] .)(arctg cxfdx(x)f1

(x)'f2 +=

+∫

TEOREMA 6 ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) cxfcosdxxfsinxf

.cxfsindxxfcosxf

+−=′

+=′

Illustriamo con alcuni esempi come applicare le regole e i teoremi sopra riportati. Come si vedrà, spesso occorre trasformare la funzione integranda operando opportunamente con costanti o utilizzando altri artifici. Calcolare i seguenti integrali indefiniti.

1. ( ) .cos dxxxx3 2∫ ++

Soluzione.

( ) ==++==++ ∫ ∫ ∫∫ 1regolalaperdxxdxxdxx32regolalaperdxxxx3 22 coscos

= .sincos2 cx2x

3x

31tabelladadxxdxxdxx323

+++

⋅==++∫ ∫ ∫

2. .dxxx∫

Soluzione.

.cxx52

cx52

c1

23x

1tabelladadxxdxxx 22

512

3

2

3

+=+=++

===+

∫∫

3. .71

5dxe

xx

−+

Soluzione.

==−+==

−+ ∫∫∫∫− 1tabellada7dxdxedxx2regolalaperdx7e

x1 x5x5

.c7xe4x1

c7xe4

x x4

x4

+−+−=+−+−

=−

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135

4. .dx15x3x

56x2∫ +−

Soluzione.

.c15x3xln1teoremailperdx15x3x

56x 22

++−==+−

−∫

5. .cos sin dxex x⋅∫

Soluzione. .4teoremailpercos sinsin cedxex xx +==⋅∫

6. ( ) .dx13x7

∫ +

Soluzione.

( ) ==+∫ 2 teorema il applicare di fine al 3 per moltiplico e dividodx13x7

( ) ( ).c

813x

31

dx13x331 8

7 ++⋅=+⋅= ∫

7. ∫ .dxx

e x

Soluzione.

==∫ 4 teorema il applicare di fine al 2 per moltiplico e dividodxx

e x

.ce2dxx2

e2 x

x

+== ∫

8. .cos dxnx∫

Soluzione. ==∫ n costante la per moltiplico e dividodxnxcos

.sincos cnxn1

dxnxnn1 +== ∫

9. .dσσsin2σcos

∫ +

Soluzione.

.sinlnsin

cosc|σ2| 1 remaper il teodσ

σ2σ ++==

+∫

10. .dxex32x

Soluzione.

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136

il applicare di fine al 2 per moltiplico e dividodxex3 1 regola la perdxex322 xx === ∫∫

.22

ce23

dxex223

4 teorema xx +== ∫

11. ∫ ++

.dx1x3x2

Soluzione. La funzione integranda ha il numeratore di grado maggiore del denominatore; per risolvere l’integrale dividiamo il numeratore per il denominatore. Otteniamo:

( ) .1x

41x

1x3x2

++−=

++

Possiamo pertanto scrivere:

=+

+−==

++−=

++

∫ ∫ ∫ ∫∫ dx1x

4dx1dxx 2 regola la perdx

xxdx

xx

1

41

1

32

.||ln c1x4xx21

1 teorema il per e 1 tabella dalla 2 +++−==

12. .dxe1

1x∫ +

Soluzione.

Si ha: .x

x

x

xx

x e1e

1e1

ee1e1

1+

−=+

−+=+

Possiamo pertanto scrivere:

∫ ∫∫∫ ++−=+

−=

+−=

+.c|e1|lnxdx

e1e

dx1dxe1

e1dx

e11 x

x

x

x

x

x

6.2.2. Integrazione per sostituzione Questo metodo consiste nel sostituire opportunamente la variabile indipendente x con un’altra variabile in modo da ottenere un integrale risolvibile più facilmente perché riconducibile alla tabella 1 o ad uno dei teoremi riportati all’inizio di questa trattazione.

Sia dxxf∫ )( l’integrale indefinito da calcolare e sia x = g(t) una funzione di t derivabile.

Allora il differenziale dx espresso in funzione della nuova variabile t è dato da dttgdx )('= e pertanto vale la seguente identità:

( )[ ] dttgtgfdxxf )(')( ⋅= ∫∫ .

Naturalmente dopo aver calcolato l’integrale a destra dell’uguaglianza occorre ritornare alla variabile x . Illustriamo il metodo con alcuni esempi.

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137

1. .dx2

3x∫

+

Soluzione.

Poniamo t2

3x =+ ossia 3t2x −= da cui dx = 2 dt . Applicando la sostituzione

si ottiene:

.c2

3x34

ct34

c1

21t

2dtt2dtt2dt2tdx2

3x 23

231

21

21

+

+=+=+

+===⋅=+

+

∫∫ ∫∫

2. ( )∫ + .cos dx2x3

Soluzione.

Poniamo t2x3 =+ ossia 3

2tx

−= da cui dt31

dx = . Applicando la sostituzione

si ottiene:

( ) ( ) .sinsincoscoscos c2x331

ct31

dtt31

dt31

tdx2x3 ++=+==⋅=+ ∫∫ ∫

3. .dxx1

1∫ −

Soluzione. Poniamo tx1 =− ossia t1x −= da cui ( ) dt1dx −= . Applicando la sostituzione si ottiene:

( ) .ln||ln c|x1|ctdt1t1

dxx1

1 +−−=+−=−=− ∫∫

4. .∫ −+dx

eee

xx

x

Soluzione.

Poniamo tex = ossia tx ln= da cui dtt

dx1= . Applicando la sostituzione si

ottiene:

.|ln||ln c|1e21

c1t21

dt1t

t221

dt1t

tdt

t1

ttt

dxee

e 2x2221xx

x

++=++=+

=+

=⋅+

=+ ∫∫∫∫ −−

6.2.3. Integrazione per parti Questo metodo può essere di aiuto per trovare la primitiva di una funzione la cui espressione è il prodotto di due funzioni. Il metodo si avvale della seguente formula:

∫∫ −= .)()(')()()(')( dxxvxuxvxudxxvxu

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138

La formula non risolve l’integrale dato, ma lo “trasforma” in una espressione in cui figura un altro integrale. E’ detto “per parti” in quanto prima si integra la parte )(' xv della funzione integranda e poi si integra la funzione )()(' xvxu . Il metodo è efficace solo se la funzione )(' xv e la funzione )()(' xvxu si possono integrare con metodi elementari. La funzione )(xu è chiamata fattore finito, mentre )(' xv è chiamata fattore differenziale. Quando nel prodotto della funzione integranda figura la funzione esponenziale, di norma, questa conviene considerarla come fattore differenziale; quando figura la funzione logaritmo, di norma, questo conviene considerarla come fattore finito. Negli altri casi non esiste una regola con cui scegliere quale funzione è da considerare fattore finito e quale funzione è da considerare fattore differenziale, occorre solamente che la scelta renda risolubile l’integrale assegnato. I seguenti esempi illustrano in modo concreto l’idea che sta alla base di questo metodo d’integrazione. Esercizi svolti Calcolare l’integrale indefinito applicando l’integrazione per parti. 1. .cos dxxx∫

Soluzione. Integriamo per parti prendendo x come fattore finito e xcos come fattore differenziale; poniamo quindi xxu =)( , xxv cos)(' = .

Allora 1xu =)(' e xdxx(x)v sincos == ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

.cossinsinsincos cxxxdxxxxdxxx ++=−= ∫∫

2. .dxex 4x

Soluzione. Integriamo per parti prendendo x come fattore finito ed 4xe come fattore differenziale; poniamo quindi xxu =)( , 4xexv =)(' .

Allora 1xu =)(' e 4x4x e41

dxe(x)v == ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

.c16e

4ex

dx4e

4e

xdxex4x4x4x4x

4x +−=−= ∫∫

3. .ln dxx1

x∫

Soluzione.

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139

Integriamo per parti prendendo x1

ln come fattore finito ed x come fattore

differenziale; poniamo quindi x1

xu ln)( = , xxv =)(' .

Allora x1

xu −=)(' e 2x

dxx(x)v2

== ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

.c4x

x1

2x

dx2x

x1

x1

2x

dxx1

x2222

++=⋅−−= ∫∫ lnlnln

4. .ln dxxx3∫

Soluzione. Integriamo per parti prendendo xln come fattore finito 3 x come fattore differenziale; poniamo quindi xxu ln)( = , x3xv =)(' .

Allora x1

xu =)(' e 2x23

dxx3(x)v == ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

.c4x3

x2x3

dxx23

x2x3

dx2x3

x1

x2x3

dxxx322222

+−=−=⋅−= ∫∫∫ lnlnlnln

5. .ln dxx∫

Soluzione. Conviene leggere xln come prodotto 1ln ⋅x , in questo modo xln è il fattore finito e 1 è il fattore differenziale; poniamo quindi xxu ln)( = , 1xv =)(' .

Allora x1

xu =)(' e xdx1(x)v == ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

.lnlnlnln cxxxdx1xxdxx1

xxxdxx +−=−=−= ∫∫∫

6. ( ) .dxe1x2 x

∫ −

Soluzione. Integriamo per parti prendendo ( )1x2 − come fattore finito ed xe come fattore

differenziale; poniamo quindi ( )1x2xu −=)( , xexv =)(' .

Allora 2xu =)(' e xx edxe(x)v == ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

( ) ( ) ( ) .ce2e1x2dxe2e1x2dxe1x2 xxxxx +−−=−−=− ∫∫

7. ( ) .sin dxx1x∫ +

Soluzione. Integriamo per parti prendendo ( )1x + come fattore finito e xsin come fattore differenziale; poniamo quindi ( )1)( += xxu , xxv sin)(' = .

Allora 1xu =)(' e xdxx(x)v cossin −== ∫ e pertanto applicando la formula si ha:

( ) ( ) ( ) ( ) .sincoscoscossin cxx1xdxxx1xdxx1x +++−=−−−⋅+=+ ∫∫

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140

ESERCIZI DA SVOLGERE Calcolare per parti i seguenti integrali indefiniti verificando il risultato indicato.

1. dxxx∫ sin = .ccosxxsinx +−

2. dxxx ln∫ = .ln c4x

x2x 22

+−

3. dxex x∫ = .ceex xx +−

4. ( ) dxe2x x2

∫ − = ( ) ( ) .ce2e2x2e2x xxx2 ++−−−

5. dxxex∫ sin = ( ) .cxcosxsine

21 x +−

6. dxxcosx2∫ = .csinx2cosxx2sinxx 2 +−+

7. dxx2∫ ln = .lnln2 cx2xx2xx ++−

8. ( )∫−+ dxe52x x = ( ) .ce2e5x2 x-x +−+− −

9. ( ) dxe5x2 -x2

∫ + = ( ) ce28e8x52xe xx2x +−−+− −−−

10. dxx3x∫ cos =

( ).

ln

coslnsin2

c31

x3x3x

++

⋅+

6.2.4. Integrazione delle funzioni razionali fratte Le funzioni razionali fratte sono quelle espresse da un rapporto di polinomi. Se )(xA e )(xB indicano due polinomi nella variabile x , per

determinare dxxBxA

∫ )(

)( si fa uso di un metodo, a volte laborioso come calcoli, ma che

assicura di arrivare sempre alla soluzione. Per illustrare il metodo si presuppone il grado di )(xA minore del grado di )(xB . Se così non fosse basta eseguire la divisione fra )(xA e )(xB , indicando con )(xQ e )(xR rispettivamente il quoziente e il resto della divisione,

risulta A(x) = Q(x) )(xB + R(x) da cui )(

)()(

)(

)(

xBxR

xQxBxA += e

pertanto dxxBxR

dxxQdxxBxA

∫∫∫ +=)(

)()(

)(

)( ossia l’integrale risulta la somma dell’integrale

di un polinomio, dxxQ∫ )( , per risolvere il quale basta ricordare che 1n

xdxx

1nn

+=

+

, 1n −≠ , e dell’integrale dxxBxR

∫ )(

)( in cui il grado del numeratore (essendo il resto) è

minore del grado del denominatore, ecco perché nell’illustrare il metodo ci si limita alla trattazione di quest’ultimo caso.

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141

Dopo aver controllato che l’integrale non sia risolubile con metodi “elementari”, per

risolvere dxxBxR

∫ )(

)(, con grado di R(x) minore del grado di B(x), si scompone in modo

opportuno la funzione integranda in modo tale che l’integrale sia ricondotto alla somma di integrali del tipo del Teorema 1 e del Teorema 2 se B(x) ha tutte le radici reali; sia ricondotto alla somma di integrali del tipo del Teorema 1 e del Teorema 5 se B(x) non ha tutte radici reali. In questa trattazione non approfondiamo ulteriormente il metodo ma ci limitiamo ad illustrarlo con alcuni esempi. Calcolare i seguenti integrali indefiniti di funzio ni razionali fratte.

1. .dx1)(xx12x

2∫ +−

Soluzione.

( ) 1x3

x1

x3

1xx12x

22 +−+−+=

+− e pertanto si ha:

.|ln||ln c|1x3x1

x3dx1x

3dx

x1

dxx3

dx1)(xx12x

22++−+=

+−+−+=

+−

∫∫∫∫

2. .dx1x

15x3x2

∫ −−+

Soluzione. Poiché il grado del numeratore è maggiore del grado del denominatore, occorre anzitutto effettuare la divisione:

( )1x

783x

1x15x3x2

−++=

−−+

e pertanto si ha:

( ) =−

++=−

++=−

−+∫ ∫ ∫∫∫∫ dx

1x1

7dx8dx3xdx1x

7dx83xdx

1x15x3x2

.||ln c1x78xx23 2 +−++=

3. ( ) .dx1x

2x2∫ −

+

Soluzione.

1x5x3 2 −+ 1x −

x3x3 2 +− 8x3 +

1x8 −=

8x8 +

7+=

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142

( ) ( ) ( )1x1

1x

3

1x

2x22 −

+−

=−+

e pertanto si ha:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )∫ ∫∫ ∫∫ =−

+−=−

+−

=−+

dx1x

1dx1x3dx

1x1

dx1x

3dx

1x

2x 2-

22

( )( ) .||ln||ln c1x

1x3

c1x11x

31

+−+−

−=+−+−−⋅=

4. .dx3x

12∫ +

Soluzione.

( ) .arctg c3

x

3

1 dx

3x

1 dx

3x1

222+

=+

=+ ∫∫

5. ∫ +.dx

14x22

Soluzione.

( ) .arctgarctg c2xc

21x

211

42

dx

21

x

142

dx

41

x

142

dx14x

22

222 +=+

⋅=

+=

+=

+ ∫∫ ∫

6. .dx3x1x2

2∫ ++

Soluzione.

3x1

3xx2

3x1x2

222 ++

+=

++

e pertanto si ha:

==+

++

=++

∫∫∫ 5 teorema il per e 1teorema il perdx3x

1dx

3xx2

dx3x1x2

222

.arctg||ln 2 c3

x

3

13x +

++=

7. .dx7x2x

2∫ ++−

Soluzione.

( ) =+

++

−=+

++

−=++−

∫∫∫∫∫ dx7x

12dx

7xx2

21

dx7x

2dx

7xx

dx7x2x

222222

.arctg||ln 2 c7

x

7

127

21 +

⋅++−= x

8. .dx1x

2x2∫ +−

Soluzione.

=+

−+

=+

−+

=+

−∫∫∫∫∫ dx

1x1

2dx1x

x221

dx1x

2dx

1xx

dx1x

2x22222

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143

( ) .arctg||ln cx21x21 2 +−+=

6.3 L’INTEGRALE DEFINITO Sia f(x) una funzione continua sull’intervallo [a,b] e sia F(x) una sua primitiva. Si definisce integrale definito della f(x) in [a,b] il numero reale dato da )(aFF(b) −

. Il numero )(aFF(b) − viene usualmente espresso con il simbolo dxxfb

a∫ )( e si legge

« integrale tra a e b di f(x) in di x »; a è l’estremo inferiore di integrazione, b è l’estremo superiore di integrazione, f(x) è la funzione integranda, x è la variabile di

integrazione. E’ convenzione scrivere [ ] baxF )( per indicare la differenza )(aFF(b) − .

Possiamo dunque scrivere:

.)()(,)()()( xfxFconaFbFdxxfb

a=′−=∫

Questa uguaglianza è detta formula fondamentale del calcolo integrale . L’integrale definito gode delle seguenti proprietà di immediata verifica:

Proprietà 1 .0)( =∫ dxxfa

a

Proprietà 2 .)()( dxxfdxxfa

b

b

a ∫∫ −=

Proprietà 3 .,)()()( bcacondxxfdxxfdxxfb

c

c

a

b

a<<+= ∫∫∫

Calcolare i seguenti integrali definiti.

1. .dxx1

0

3∫

Soluzione.

La funzione 3xf(x) = è continua nell’intervallo [0,1] e una sua primitiva è 4x

F(x)4

= ;

risulta pertanto: .41

40

41

4x

dxx441

0

41

0

3 =−=

=∫

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144

2. .dxx12

1 2∫

Soluzione.

La funzione 2x

1f(x) −= è continua nell’intervallo [1, 2] e una sua primitiva

è x1

F(x) = ;

risulta pertanto: .21

121

x1

dxx1

2

1

2

1 2−=−=

=−∫

3. .cos dxx2

π

0∫

Soluzione.

La funzione xf(x) cos= è continua nell’intervallo

π2

0 , e una sua primitiva è

xF(x) sin= ; risulta pertanto: [ ] .10102

xdxx 2

π

0 2

π

0=−=−π==∫ sinsinsincos

4. .dx1x

3x2

0 2∫ +−

Soluzione.

La funzione 1x

3xxf 2 +

−=)( è continua nell’intervallo [0,2] perciò l’integrale definito

considerato esiste. Poiché ( ) ;||ln c1x23

dx1x

2x21

3 dx1x

3x 222

++−=+

⋅−=+

−∫∫

risulta:

.523

1023

1223

1x23

dx1x

3x 222

0

22

0 2ln||ln||ln||ln −=

+−−+−=

+−=+

−∫

5. ∫ −

1

1

x .dxex

Soluzione. La funzione xexf(x) = è continua nell’intervallo [ ]1,1− e una sua primitiva è

;xx eexF(x) −= risulta pertanto:

[ ] ( ) ( ) .111111

1

1

1

xxx e2ee1ee1eexdxex −−−

−−=−−−−=−=∫

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145

6.4 SIGNIFICATO GEOMETRICO DELL’INTEGRALE DEFINITO DI UNA FUNZIONE

Consideriamo la funzione 3xf(x) = sull’intervallo [ ]4,9 e sia A la parte di piano racchiusa fra il grafico di xxf 3)( = , l’asse delle ascisse e le due rette verticali 4x = e 9y = (Figura 6.4.1). Indichiamo con I l’area di A che è un trapezio di altezza 9 – 4 = 5 , base minore 12 , base maggiore 27.

y=f(x)

x4 9

27 f(x)=3x

12

Figura 6.4.1

Dalla geometria elementare sappiamo che l’area di A vale 2

1952

527)(12 =⋅+=I .

Poiché 3xxf =)( nell’intervallo [ ]4,9 è continua, possiamo calcolare l’integrale definito e risulta:

.2

1952

163

281

32x

3dxx39

4

29

4=⋅−⋅=

⋅=∫

Abbiamo dunque trovato che l’integrale definito vale esattamente l’area di A . Ciò non è un caso ma questa proprietà vale sempre ogniqualvolta la funzione integranda )(xf è positiva o nulla nell’intervallo di integrazione. Dunque non solo si è trovato un altro modo per calcolare l’area di figure piane quali il trapezio ma quello che è importante è che in questo modo si può trovare l’area di superfici con contorni curvilinei perché non è richiesto che il grafico di )(xf sia lineare ma è richiesto solamente che )(xf , oltre che integrabile, sia non negativa. In sintesi:

L’integrale ∫=b

adxxf )(I di una funzione f non negativa da “a” a “b” è esattamente

l’area della parte di piano compresa fra il grafico della funzione f , l’asse delle ascisse e le

rette ax = e bx = .

A

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146

Esercizio 1. Sia data la parabola 2)( xxf = . Calcolare l’area della parte di piano delimitata dal grafico nell’intervallo [ ]3,0 e indicata in figura.

0 3

f(x)=x²

Soluzione. La funzione è non negativa e integrabile e pertanto l’area richiesta è data da:

.930

33

3x

dxx333

0

33

0

2 =−=

=∫

Esercizio 2. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dal grafico della funzione xxf sin)( = e dall’asse delle ascisse nell’intervallo [ ]π,0 (vedi figura).

f(x)=sin x

x0 π

Soluzione. La funzione nell’intervallo [ ]π,0 è non negativa e integrabile e pertanto l’area richiesta è

data da: [ ] .)cos(coscossin 20xdxx 00=−−π−=−= ππ

Esercizio 3. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dal grafico della

funzione x1

xf =)( nell’intervallo [ ]31, e dall’asse delle ascisse (vedi figura).

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147

1x

x1 3

f(x)=

Soluzione. La funzione nell’intervallo [ ]31, è non negativa e integrabile e pertanto l’area richiesta è

data da: [ ] .lnlnlnlnln 313

13xdxx1 3

1

3

1=

=−==∫

Se nell’intervallo [ ]ba, la funzione )(xf anziché positiva o nulla è sempre negativa o nulla , l’area della parte di piano compresa fra il grafico di )(xf , l’asse delle ascisse e le

rette ax = e bx = è ancora l’integrale definito dxxfb

a∫ )( ?

Esaminiamo la questione studiando il seguente caso. Consideriamo la

funzione xxf cos)( = nell’intervallo

ππ23

,2

, in questo intervallo la funzione è sempre

negativa o nulla.

f(x)=cos x

π x2 3

2 π

Calcoliamo [ ] .21122

3xdxx 2

3

2

2

3

2

−=−−=π−π==π

π

π

π∫ sinsinsincos

Abbiamo ottenuto il valore 2− che non può certo essere la misura di un’area perché negativo. Dunque nel caso in cui nell’intervallo [ ]ba, la funzione )(xf sia negativa o nulla non è

vero che il valore dell’integrale definito ∫b

adxxf )( sia la misura dell’area della parte di

piano delimitata dal grafico di )(xf , dall’asse delle ascisse e dalle rette ax = e bx = . Osserviamo che se )(xf è negativa o nulla in [ ]ba, allora la funzione )(xf− è positiva o nulla in [ ]ba, e inoltre le due parti di piano 1A e 2A delimitate dall’asse delle ascisse, dalle rette ax = e bx = e, rispettivamente, dal grafico di )(xf e dal grafico di )(xf−, hanno la stessa area perché sono simmetriche rispetto all’asse delle ascisse (vedi Figura 6.4.2).

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148

-f(x)

a b

f(x)

Figura 6.4.2

Questa osservazione ci permette di esprimere l’area 1A di 1A con l’integrale definito

dxxfb

a∫ )( , infatti si ha: .)()( dxxfdxxfAb

a

b

a1 ∫∫ −=−=

Esercizio 4. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dal grafico della funzione x6xf(x) 2 −= , dall’asse delle ascisse e dalle rette 1x = e 5x = .

1 5x

f(x)=x -6xx2

Soluzione. Nell’intervallo [ ]51, la funzione è sempre negativa e pertanto l’area A richiesta vale:

( ) .392

21

6.31

225

6.35

26x

3x

dxx6xA2335

1

235

1

2 =

−−

−−=

−−=−−= ∫

Infine per calcolare l’area di una parte di piano delimitata dall’asse delle ascisse, dalle rette ax = e bx = e dal grafico di una funzione che nell’intervallo [ ]ba, è a tratti positiva e a tratti negativa (vedi parte evidenziata in Figura 6.4.3), basta applicare la proprietà degli integrali definiti enunciata nel paragrafo 6.3 (Proprietà 3). Si suddivide l’intervallo [ ]ba, nei sottointervalli in cui la funzione è solo positiva o solo negativa e si calcola l’area come somma di aree applicando opportunamente i rispettivi integrali definiti.

a b xc1 c2

f(x)

Figura 6.4.3

∫ ∫ ∫+−= 1 2

1 2

c

a

c

c

b

cdxxfdxxfdxxfA )()()( è la misura dell’area della zona evidenziata.

A1

A2

−5

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149

Esercizio 5. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dal grafico della funzione xxf cos)( = ,

dall’asse delle ascisse e dalle rette 0x = e π=23

x .

1

0 π 3 x2 2 π

f(x)

Soluzione.

Nell’intervallo

π23

0 , la funzione xcos è positiva in

π2

0 , e negativa in

ππ23

2, e

pertanto l’area della parte di piano indicata è:

.sinsinsinsinsinsincoscos 322

30

2xxdxxdxxA 2

3

2

20

2

3

2

20

=

π−π−

−π=−=−=π

π

ππ

π

π

∫∫

6.5 APPLICAZIONI DELL’INTEGRALE DEFINITO Calcolo di aree e di volumi.

6.5.1. Area di figure piane Nel paragrafo 6.4 si è già visto come l’integrale definito permetta di calcolare l’area di figure piane. Il metodo usato si può applicare anche per calcolare l’area di figure piane delimitate da contorni curvilinei che sono grafici di più funzioni, basterà operare con opportune somme o differenze di aree. Illustriamo con alcuni esempi. Esempio 1. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dalle curve x6xxf 2 +−=)( e xxg =)( nell’intervallo [ ]5,0 , (vedi area evidenziata in figura).

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150

0 5

f(x)g(x)

Soluzione. L’area richiesta si ottiene come differenza delle aree delle parti di piano delimitate dall’asse delle ascisse, dalle rette 0x = e 5x = e, rispettivamente, da )(xf e ).(xg L’area richiesta è pertanto data da:

( ) .6

125

2

x3x

3

xdxxdxx6xA

5

0

25

0

235

0

5

0

2 =

+−=−+−= ∫∫

Esempio 2. Calcolare l’area della parte di piano delimitata dalle curve 1xf(x) 2 += e 1xxg 3 +=)( nell’intervallo [ ]1,0 (vedi area evidenziata in figura).

f(x)

2

g(x)1

0 1

Soluzione. L’area richiesta si ottiene come differenza delle aree delle parti di piano delimitate dall’asse delle ascisse, dalle rette 0x = e 1x = e, rispettivamente, da )(xg e )(xf . L’area richiesta è pertanto data da:

( ) ( ) .125

34

47

x3x

xx43

dx1xxd1xA1

0

31

0

3

41

0

21

0

3 =−=

+−

+=+−+= ∫∫

Esempio 3.

Calcolare l’area della parte di piano delimitata dalle curve 4xxf(x) 2 +−= e 3x

12x

g(x)2

−=

nell’intervallo [ ]4,0 (vedi area evidenziata in figura).

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151

0 4

g(x)

f(x)

Soluzione. L’area richiesta si ottiene come somma delle aree delle parti di piano delimitate dall’asse delle ascisse, dalle rette 0x = e 4x = e, rispettivamente, da )(xf e ).(xg L’area richiesta è pertanto data da:

( ) .9

104

6

x

36

x

2

x4

3

xdx

3

x

12

xdx4xxA

4

0

234

0

234

0

24

0

2 =

−−

+−=

−−++−= ∫∫

6.5.2. Volume di solidi di rotazione Esiste una particolare classe di solidi dei quali è possibile calcolare il volume mediante integrali. Essi sono i solidi di rotazione. Sia dato il rettangoloide A (vedi Figura 6.5.1) relativo alla funzione )(xf continua nell’intervallo [ ]ba, . Facendo ruotare il rettangoloide di un giro completo intorno all’asse delle ascisse viene generato un solido che si chiama solido di rotazione della funzione )(xf intorno all’asse delle ascisse (vedi Figura 6.5.2).

a b a b

f(x)

Figura 6.5.1 Figura 6.5.2 Il volume V del solido di rotazione si può calcolare mediante l’integrale definito utilizzando la seguente formula

dxf(x)Vb

a

2∫π=

Illustriamo con alcuni esempi.

A

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152

Esempio 1. Si consideri la funzione xxf =)( nell’intervallo [ ]5,2 e il trapezio delimitato dal grafico della funzione, dall’asse delle ascisse e dalle rette 2x = e 5x = . Calcolare il volume del tronco di cono generato dal trapezio nella rotazione di un giro completo intorno all’asse delle ascisse.

2 5

Soluzione.

Il volume del solido è dato da: .π=

−π=

π=π= ∫ 39

32

35

3x

dxxV335

2

35

2

2

Esempio 2. Calcolare il volume del solido ottenuto da una rotazione completa intorno all’asse delle ascisse del grafico di xxf =)( nell’intervallo [ ]0,6 .

06

Soluzione.

Il volume del solido è dato da: .π=

−π=

π=π= ∫ 810

236

2x

xdxV6

0

26

0

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Matematica. Capitolo 7: successioni numeriche ________________________________________________________________________________________________________________________

153

CAPITOLO 7

SUCCESSIONI NUMERICHE Una particolare classe di funzioni è quella delle successioni numeriche.

7.1 DEFINIZIONE ED ESEMPI DEFINIZIONE Si chiama successione (numerica) ogni funzione ℕ → ℝ avente come

dominio l’insieme ℕ dei numeri naturali.

Per convenzione sono ritenute successioni anche i casi in cui dal dominio ℕ si esclude un numero finito di elementi. Esempi. 1. f : ℕ → ℝ , f(n) = (−1)n

2. f : ℕ → ℝ , ( )1n

nnf

+=

3. f : ℕ → ℝ , f(n) = n2

4. f : ℕ → ℝ , f(n) = −n

5. f : ℕ* → ℝ , n1)(

f(n)n−=

6. f : ℕ → ℝ , f(n) = (−1)n+1 n Si usa indicare con an il numero reale corrispondente del numero naturale n . Volendo indicare una successione, si usa spesso indicare l’elemento n-esimo an detto termine generale della successione, oppure a volte si usa elencare i primi termini della successione. Riprendendo gli esempi precedenti le successioni possono essere così indicate: 1. an = (−1)n oppure 1, −1, 1, −1, …, (−1)n, …

2. 1n

n an += oppure 0,

21

, 32

, 43

, …, (1n

n+

) , …

3. an = n2 oppure 0, 1, 4, 9, …, n2, …

4. an = −n oppure 0, −1, −2, −3, …, −n , …

5. n1)(

an

n

−= oppure −1, 21

, 31− ,

41

, …, n1)( n−

, …

6. an = (−1)n+1 n oppure 0, 1, −2, 3, …, (−1)n+1 n , …

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154

Anche una successione può essere rappresentata in un piano cartesiano dai punti di coordinate (n; an) . Si noti però che essendo ℕ un insieme “discreto”, il grafico della successione non è una linea continua ma è formato da tanti punti “staccati” fra loro. Per evidenziare meglio l’andamento della successione, a volte i punti del suo grafico vengono congiunti con una linea tratteggiata. Vediamo, per esempio, i grafici delle successioni precedenti: Essendo delle funzioni, anche per le successioni valgono le definizioni date nella Parte1 e nella Parte 2 quali quelle di successione limitata superiormente, limitata inferiormente, limitata. In particolare poiché il dominio di una successione è l’insieme ℕ dei numeri naturali (o un suo sottoinsieme), l’importante nozione di successione monotona si può esprimere dicendo che:

an crescente se an ≤ an+1 per ogni n ∈ ℕ

an strettamente crescente se an < an+1 per ogni n ∈ ℕ

an decrescente se an ≥ an+1 per ogni n ∈ ℕ

an strettamente decrescente se an > an+1 per ogni n ∈ ℕ

ATTENZIONE. Si faccia sempre attenzione che an+1 significa l’immagine dell’elemento n+1 e non an+1 . Ad esempio se an = 3n −7 si ha an+1 = 3(n+1) −7 = 3n −4 , mentre an+1 = (3n −7) +1 = 3n −6 .

1

−1

0 1 3 2 4 5

Fig. 1 – esempio 1

1

1 3 0 2 4 5

Fig. 2 – esempio 2

10

1 3 0 2 4 5

Fig. 3 – esempio 3

−5

−5

3 2 4 5

Fig. 4 – esempio 4

0

1

−1

0 1 2 4

Fig. 5 – esempio 5

5

−5

0 1 4

Fig. 6 – esempio 6

3 5

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Matematica. Capitolo 7: successioni numeriche ________________________________________________________________________________________________________________________

155

7.2 CARATTERE O COMPORTAMENTO ASINTOTICO DI UNA SUCCESSIONE

Spesso nello studio di un dato fenomeno non interessa tanto sapere cosa succede in un determinato istante, ma piuttosto come si evolve il fenomeno alla lunga, ossia quale è il suo comportamento asintotico o comportamento all’infinito . Il comportamento asintotico di una successione è detto CARATTERE della successione. Data una successione an , quando n → +∞ , si possono avere tre casi: a) I valori an si avvicinano indefinitamente ad un numero reale l detto limite della

successione (vedi in 7.1 esempi 2. e 5.) . In questo caso si dice che la successione CONVERGE ad l e si scrive

=+∞→ nn

alim l .

b) I valori di an aumentano o diminuiscono indefinitamente (vedi in 7.1 esempi 3. e

4.) . In questo caso si dice, rispettivamente, che la successione DIVERGE positivamente o DIVERGE negativamente e si scrive rispettivamente

+∞=+∞→ nn

alim , −∞=+∞→ nn

alim .

c) Non si verifica nessuno dei casi precedenti, ossia la successione non è convergente e

nemmeno divergente (vedi in 7.1 esempi 1. e 6.) . In questo caso si dice che la successione è OSCILLANTE o indeterminata.

IMPORTANTE. Poiché quando si parla di carattere di una successione si intende il suo comportamento all’infinito, non ha importanza da quale valore di n in poi si considera la successione e quindi: una successione non cambia carattere se si toglie o si aggiunge alla successione un numero finito di eleme nti .

7.3 SUCCESSIONI CONVERGENTI Approfondiamo l’argomento trattando alcuni esempi (vedi anche esempi 2. e 5. in 7.1). Esempio 1

Consideriamo la successione n1

3bn −= .

n 1 2 3 4 5 …

bn 2 25

3

8

411

5

14 …

A mano a mano che n cresce, il corrispondente valore bn si avvicina sempre più a 3. Supponiamo per esempio di volere stabilire per quali interi positivi n risulta

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156

0,1|b3| n <− . Il valore 0,1 è la tolleranza che noi fissiamo.

Risolvendo la disequazione 0,1n1

33 <

−− otteniamo 100,11

n => .

Pertanto per tutti gli interi n superiori a 10 siamo sicuri che risulta 0,1|b3| n <− , diremo anche che l’intero n* = 10 è il punto critico dopo il quale è rispettata la tolleranza di 0,1 precedentemente fissata. Se cambio tolleranza muterà il punto critico ma qualitativamente il discorso non viene modificato; per esempio, se fissiamo una tolleranza

di 0,01 , ossia poniamo 0,01|b3| n <− si ha 0,01n1

33 <

−− e si ottiene

1000,01

1n => , dunque una tolleranza di 0,01 ha come punto critico n* = 100 .

Qualunque tolleranza si scelga, esiste n sufficientemente grande tale che la differenza (in valore assoluto) fra 3 e il valore bn è inferiore alla tolleranza. In questo caso si dice che la successione bn converge al valore finito 3 e si scrive

3=+∞→ nn

blim (il limite, per n che tende a più infinito, di bn è tre) .

Esempio 2.

Consideriamo la successione n1

1)(c nn −= .

n 1 2 3 4 5 …

cn −1 21

31−

41

51− …

A mano a mano che n cresce, il corrispondente valore cn si avvicina sempre più a 0 , risulta 0=

+∞→ nnclim . Infatti qualunque tolleranza r si scelga esiste un punto critico n*

tale che per ogni n > n* risulta |cn −0| < r . Per esempio, scelto una tolleranza di 0,01 ,

ponendo |cn −0| < 0,01 si ottiene 1000,01

1n => da cui n* = 100 .

Il dominio di una successione an è un insieme discreto e pertanto non si può parlare di punto di accumulazione, ma per n → +∞ valgono considerazioni e proprietà analoghe a quelle studiate per le funzioni reali di una variabile reale. DEFINIZIONE Si dice che la successione an converge al numero reale llll , e si scrive

=+∞→ nn

alim l , se comunque si fissa un numero reale positivo r , esiste un intero n* tale

che per ogni n > n* risulta verificata la disugualianza | an − l | < r .

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157

Esempio Considerata la successione 14n43n

an −+= , verifichiamo che

43

alim nn

=+∞→

.

Sia r la tolleranza fissata (r è un qualunque numero reale positivo). Cerchiamo per quali n risulta verificata la disugualianza

(1) r43

14n43n <−

−+

Risolvendo la (1) si trova 4

1+>r16

19n . Si è dunque trovato il punto critico

41

r1619

n* += , ciò significa che per ogni n > n* la (1) è vera e quindi si può affermare

che 43

14n43n

limn

=−+

+∞→ . La seguente tabella mostra come il punto critico n* dipenda dalla

tolleranza r e che n* risulta tanto più grande quanto più è piccolo r .

r 0,1 0,01 0,001 0,0001 0,00001 …

41

r1619

n* += 12,125 119 1187,75 11875,25 118750,25 …

7.4 SUCCESSIONI DIVERGENTI Anche per le successioni divergenti approfondiamo l’argomento con alcuni esempi (vedi anche esempi 3. e 4. di 7.1 ). Esempio 1. Consideriamo la successione 2

n n1a += . Comunque si scelga un numero M > 0 siamo sicuri che a partire da un certo punto critico n* in poi i valori an superano questo numero. Per esempio sia M = 10 000 :

00010an >

00010n1 2 >+

9999n2 >

9999n > 99>n

Abbiamo dunque trovato il punto critico n* = 99 , ossia per ogni n > n* risulta an > 10 000 . Aumentando M cambia il punto critico ma non la situazione. Per esempio, se ora fissiamo M = 1 000 000 si ha:

0000001an >

0000001n1 2 >+

999999n2 >

999999n > 999n >

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158

Abbiamo trovato un nuovo punto critico, precisamente n* = 999 . In tali casi si dice che la successione diverge positivamente e si scrive +∞=

+∞→ nnalim .

Con più rigore possiamo porre la seguente definizione:

DEFINIZIONE Si dice che la successione an diverge a +∞, si scrive +∞=+∞→ nn

alim ,

se comunque si fissa un numero reale M > 0 esiste un intero n* tale che per ogni n > n*

risulta an > M .

DEFINIZIONE Si dice che la successione an diverge a −−−−∞∞∞∞ , si scrive −∞=+∞→ nn

alim ,

se comunque si fissa un numero reale M > 0 esiste un intero n* tale che per ogni n > n*

risulta an < −M .

7.5 SUCCESSIONI OSCILLANTI Esistono successioni che sono né convergenti né divergenti (vedi esempi 1. e 6. di 7.1), esse vengono dette oscillanti o indeterminate. Esempio. Sia an= (−1)n n . Essa non può convergere ad alcun valore l ∈ ℝ , se infatti si sceglie

tolleranza 21

, qualunque sia l esistono infiniti n per i quali an non verifica la

disugualianza |an− l| < 21

, ossia an si trova al di fuori dell’intervallo ( l 21− , l

21+ ) .

La successione non può nemmeno divergere a +∞ perché scelta una qualunque soglia M > 0 esistono infiniti valori di n (tutti i dispari) per i quali an è negativo e quindi stanno al di sotto della soglia M . Analogamente non può divergere a −∞ .

7.6 OPERAZIONI CON LE SUCCESSIONI. FORME INDETERMINATE A volte una successione si presenta come la somma, il prodotto, il quoziente o la potenza di successioni. Per stabilire il carattere di queste successioni vengono in aiuto alcune

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159

proprietà che possiamo riassumere nel seguente schema. Per comodità di scrittura, con il simbolo “∞” intenderemo che vale sia per “+∞” che per “−∞” .

PROPRIETA’.

Siano an e bn due successioni tali che aalim nn=

+∞→ , bblim nn

=+∞→

con a , b ∈ ℝ oppure

a = ∞ , b = ∞ . Risulta: 1. La successione sn = an ± bn è tale che baslim n

n±=

+∞→ .

2. La successione pn = an bn è tale che baplim nn⋅=

+∞→ .

3. La successione n

nn b

ad = , bn ≠ 0 , b ≠ 0 è tale che

ba

dlim nn=

+∞→ .

4. La successione nbnn at = , an > 0 , a > 0 è tale che b

nnatlim =

+∞→ .

Le proprietà sopra riportate rendono necessario estendere le usuali operazioni definite nell’insieme ℝ , all’insieme ℝ∞ dei numeri reali a cui sono stati aggiunti “+∞” e “−∞” . Come già riportato nel Capitolo 3 l’estensione delle operazioni a ℝ∞ è così definita : Se k ∈ ℝ risulta :

+∞ ± k = +∞ , k +∞ = +∞ , −∞ ± k = −∞ , k −∞ = −∞ ; 0k =∞

, ∞=∞k

,

000 =⋅ , ∞=±∞⋅±∞ )()( .

Se k ∈ ℝ , k ≠ 0 , risulta :

∞=∞⋅=⋅∞ kk , ∞=0k

.

In tutti i casi il segno di infinito è determinato con l’usuale regola dei segni. Ma si possono presentare anche i seguenti casi :

−∞ +∞ , +∞ −∞ , ∞⋅0 , ∞∞

, 00

, 1∞ , ∞0 , 00

detti FORME INDETERMINATE perché non si può dire nulla sul risultato, per determinare quanto valgono si deve procedere caso per caso.

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160

7.7 RICERCA DEL CARATTERE DI UNA SUCCESSIONE a n: REGOLE

PER CALCOLARE nnalim

+∞→

Il carattere di una successione an si determina calcolando il limite di an per n → +∞ . Per calcolare tale limite, nell’espressione di an si sostituiscce +∞ ad n e si esegue il calcolo. Ad esempio : 1. Sia an = (3 −n) ; −∞=∞−=−

+∞→3n)(3lim

n e dunque an diverge negativamente.

2. Sia an = n2 ; +∞=+∞=+∞→

22

n)(nlim e dunque an diverge positivamente.

3. Sia an =n2− ; 0

2n2

limn

=∞+

−=−+∞→

e dunque an converge a 0 .

4. Sia an = 2n− ; −∞=−

+∞→ 2n

limn

e dunque an diverge negativamente.

CALCOLO DI FORME INDETERMINATE Nel calcolare il n

nalim

+∞→ si può però ottenere una forma indeterminata, in questo caso si

cerca un artificio che permetta di superare la forma indeterminata. Illustriamo con degli esempi iniziando con l’affrontare il caso di successioni espresse con dei polinomi o dei quozienti di polinomi. Come si vedrà questi casi possono essere facilmente ricondotti ad una regola generale. Esempi. 1. Sia an = 2n3 −4n ; si ha ∞−+∞=−

+∞→4n)(2nlim 3

n che è una forma indeterminata.

Raccogliendo la potenza di grado massimo si può scrivere

+∞=+∞=−+∞=∞+

−+∞=−=−+∞→+∞→

2)(0))(2()4

)(2()n4

(2nlim4n)(2nlim 23

n

3

n .

2. Sia an = −n2 +n ; si ha ∞+−∞=+−+∞→

n)n(lim 2

n che è una forma indeterminata.

Procedendo come nell’esempio precedente risulta

−∞=−+∞=+−=+−+∞→+∞→

1))(()n1

1(nlimn)n(lim 2

n

2

n .

3. Sia an = 14n

5n3n2

2

+−−

; si ha ∞−∞+=

+−−

+∞→ 14n5n3n

lim 2

2

n che è una forma indeterminata.

Si può scrivere: 43

n1

4

n5

3lim

)n1

4(n

)n5

(3nlim

14n5n3n

lim

2

n

22

2

n2

2

n−=

+−

−=

+−

−=

+−−

+∞→+∞→+∞→ .

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161

4. Sia an = n3n15n

2

3

++

; si ha ∞+∞+=

++

+∞→ n3n15n

lim 2

3

n che è una forma indeterminata.

Si può scrivere: +∞==+

+=

++

+∞→+∞→ 35n

)n1

(3n

)n1

(5nlim

n3n15n

lim2

33

n2

3

n .

5. Sia an = 3

2

2n1n +

; si ha ∞+∞+=+

+∞→ 3

2

n 2n1n

lim che è una forma indeterminata.

Si può scrivere : 01

2n1

lim2n

)n1

(1nlim

2n1n

limn3

22

n3

2

n=

∞+==

+=+

+∞→+∞→+∞→ .

Gli esempi visti possono ricondursi alle seguenti due regole generali : REGOLA 1.

<∞−>∞+

=+++ −

+∞→ 0ase

0aseaxaxalim

0

0r

1r1

r0n

L

REGOLA 2.

<

=

<>∞−

>>∞+

=++++++

+∞→

srse0

srseba

0ba

esrse

0ba

esrse

bxbxbaxaxa

lim

0

0

0

0

0

0

s1s

1s

0

r1r

1r

0

n L

L

Un altro caso che ricorre frequentemente è la forma indeterminata 1∞ per la quale occorre fare attenzione. Essa è indeterminata solo quando la base 1 indica una quantità che tende a 1 , se la base 1 è invece una costante, la quantità 1∞ non è una forma indeterminata perché 1+∞ = 1 e 1−∞ = 1 .

UNA SUCCESSIONE NOTEVOLE: n

n n1

1a

+=

La successione il cui termine generale è n

n n1

1a

+= si chiama successione di

Nepero . Apparve per la prima volta in problemi bancari per il calcolo del montante di un capitale. Questa successione è monotona, limitata, strettamente crescente e converge ad un numero reale compreso fra 2 e 3 . Questo numero reale, detto numero di Nepero,

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162

viene usualmente indicato con la lettera e in onore del matematico svizzero Eulero (Leonhard Euler 1707 - 1783) che studiò a fondo questo numero e molte questioni ad esso collegate. Il numero e è un numero irrazionale trascendente (ossia non è radice di alcun polinomio a coefficienti in ℚ), il suo valore approssimato è

e = 2,718281828459045235360287471352662497757247093699…

Risulta en1

1limn

n=

++∞→

. Questo è un limite notevole fondamentale per tutta la

matematica e le sue applicazioni; spesso si usa la sua espressione più generale:

c

a

nn

eac

1limn

=

+

+∞→ con ∞=

+∞→ nnalim

Esempio 72n

en1

71lim =

++

+

+∞→

21 n

.

Esempio.

+∞+

+∞→= 11lim 2n

n

2

non è una forma indeterminata ma vale 1 , ossia 11lim 2n

n

2

=+

+∞→ .

La forma indeterminata 1+∞ si risolve ricordando il limite notevole en1

1limn

n=

++∞→

o la

sua espressione più generale. Esempi.

1. Sia an = 2n

1n1n

−+

, si ha ∞+

+∞→=

−+

12n

n 1n1n

lim che è una forma indeterminata.

Cerchiamo di scrivere il limite in modo da utilizzare il limite notevole precedente :

42e===

−+=

−+=

−−++=

−+

−+∞→

+∞→+∞→+∞→+∞→

21n1

2n2

n

1n1

2n1-n

n

2n

n

2n

n

2n

neelim

1n2

1lim1n

21lim1

1n1n

1lim1n1n

lim

2. Sia an = 1n

3

2

32nn3

1+

+−+ ;

1n

3n

2

32nn3

1lim+

+∞→

+−+ è una forma indeterminata del

tipo 1∞ che si elimina utilizzando il limite notevole precedente:

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163

=

+−+=

+−+=

+−+

+−⋅+−⋅+

+∞→

+

+∞→

+

+∞→

32nn

33

32nn1)(n

3n

1n

3n

1n

3n

3

322

2

332nn

11lim

332nn

11lim

32nn3

1lim

1eelim

332nn

11lim 032nn

1)3(n

n

32nn

1)3(n

332nn

3n

3

2

3

2

3

===

+−+= +−

+

+∞→

+−+

+−

+∞→ essendo

( )0

32nn1n3

lim 3

2

n=

+−+

+∞→.

7.8 APPLICAZIONI. Regimi di Capitalizzazione. Supponiamo di avere a disposizione un capitale che vogliamo investire per un certo numero di anni in un deposito fruttifero. Vogliamo sapere quale sarà il montante (capitale maturato) dopo n anni, sia in regime di capitalizzazione semplice (gli interessi maturati ogni anno vengono sempre calcolati solo sul capitale iniziale), sia in regime di capitalizzazione composta (gli interessi maturati al termine di ciascun anno vengono aggiunti al capitale sul quale calcolare gli interessi per l'anno successivo). Sia M0 il capitale iniziale. Sia r il tasso (fisso) d'interesse annuo (per esempio 2% cioè 0,02). Indichiamo con sn e con cn il montante maturato dopo n anni di deposito in regime di capitalizzazione semplice e composta rispettivamente. Al termine del primo anno (cioè per n = 1) il montante sarà lo stesso per i due regimi, cioè

s1 = c1 = M0 + rM0 = (1 + r) M0 .

Ma già a partire dal termine del secondo anno le cose cambiano

s2 = s1 + rM0 = (1+r) M0 + rM0 = (1 + 2r) M0 c2 = c1 + rc1 = (1+r) c1 = (1 + r)2 M0

Al termine del terzo anno s3 = s2 + rM0 = (1 + 2r) M0 + rM0 = (1 + 3r)M0 c3 =c2 + rc2 = (1+r)c2 = (1+r)3M0

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164

In generale avremo dunque sn = (1 + nr)M0 cn = (1 + r)nM0

Vediamo i primi valori di n

n s n cn

1 (1 + r)M0 (1 + r)M0

2 (1 + 2r)M0 (1 + r)2M0

3 (1 + 3r)M0 (1+ r)3M0

4 (1 + 4r)M0 (1 + r)4M0

5 (1 + 5r)M0 (1 + r)5M0

M M M Entrambe le successioni sn e cn divergono positivamente +∞=

+∞→ nn

slim , +∞=+∞→ n

nclim .

Verifichiamolo per la capitalizzazione semplice. Scegliamo una soglia positiva M e discutiamo la disuguaglianza

sn = (1 + nr)M0 > M

Risolvendo rispetto a n si ha 0

0

rMMM

n−> . Il punto critico è

0

0

rMMM

n*−= ed è tanto più

grande, quanto più grande è la soglia M : riuscire a determinare un punto critico a partire dal quale la disuguaglianza è vera prova che la successione diverge positivamente. Per quanto riguarda la successione cn osserviamo che per n > 2 abbiamo

cn = (1 + r)n M0 > (1 + n r) M0 = sn

Dunque per ogni intero n che supera il punto critico abbiamo cn > sn > M e quindi anche la successione che descrive il regime di capitalizzazzione composta diverge positivamente. La successione sn è un esempio di progressione aritmetica (ciascun termine sn si ottiene dal termine precedente sn-1 aggiungendo a quest'ultimo la quantità fissa r M0) La successione cn è un esempio di progressione geometrica (ciascun termine cn si ottiene dal termine precedente cn-1 moltiplicando quest'ultimo per la quantità fissa (1 + r)) Nonostante entrambe le progressioni divergano positivamente, quella geometrica lo fa più rapidamente. Il senso preciso di questa affermazione di nuovo si riconduce al calcolo di un limite, dal momento che, per i primi valori di n (nel caso esaminato r = 0,02), i valori della successione differiscono molto poco.

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165

n sn cn

0 M0 M0

1 1,02M0 1,02M0

2 1,04M0 1,0404M0

3 1,06M0 1,0612M0

4 1,08M0 1,0824M0

5 1,10M0 1,1040M0

6 1,12M0 1,1261M0

7 1,14M0 1,1486M0

8 1,16M0 1,1716M0

9 1,18M0 1,1950M0

10 1,20M0 1,2189M0

… … …

50 2,00M0 2,6916M0

… … …

100 3,00M0 7,2446M0

… … …

200 5,00M0 52,4849M0

… … …

Occorre allora calcolare 0

0n

nn

n

n nr)M(1Mr)(1

limsc

lim++=

+∞→+∞→ . Per n > 2 abbiamo

nr1

1)rn(n21

1nr)(1

)rnrr2

1)n(nnr(1

nr)(1r)(1

nr)M(1Mr)(1

2n1n2n

0

0n

+

−+≥

+

+++−++=

++=

++

−L

La successione definita ponendo nr1

1)rn(n21

1g

2

n +

−+= diverge positivamente (il secondo

addendo è una funzione razionale in cui il numeratore ha grado superiore al

denominatore) pertanto possiamo concludere +∞=+∞→

n

n

n sc

lim , ossia “il numeratore va a

+∞ più velocemente del denominatore” .

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166

ESERCIZI SVOLTI Esercizio 1.

Calcolare 1n5n3

n3n2lim

3

3

n −−−

+∞→ .

Soluzione.

Si tratta di una forma indeterminata del tipo ∞∞

, si procede mettendo in evidenza la

potenza di n con esponente maggiore e si elimina la forma indeterminata semplificando:

53

n

15

n3

n

3n2

nlim

1n5n3

n3n2lim

1n5n3

n3n2lim

23

23

23

n23

21

23

21

n3

3

n=

−−⋅

−⋅=

−−

−=−−

−+∞→+∞→+∞→

.

Esercizio 2 .

Calcolare 2n7n

lim 2

3

n ++

+∞→ .

Soluzione.

E’ una forma indeterminata del tipo ∞∞

, si procede ricordando la regola sul quoziente di

polinomi, oppure mettendo in evidenza la potenza di n con esponente maggiore e si elimina la forma indeterminata, semplificando:

+∞=

+

+⋅=

+

+

+∞→+∞→

2

3

n

22

33

n

n2

1

n7

1nlim

n2

1n

n7

1nlim .

Esercizio 3.

Calcolare 32nn

13nlim 3

2

n +++

+∞→ .

Soluzione.

Si ha : 0

n3

n2

1n

n1

3lim

n3

n2

1n

n1

3nlim

32nn13n

lim

32

2

n

323

22

n3

2

n=

++⋅

+=

++

+=

+++

+∞→+∞→+∞→ .

Esercizio 4.

Determinare il carattere della successione: an = 2

1)(2 n−+ .

Soluzione.

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167

La successione assume valore 21

quando n è dispari, assume valore 23

quando n è

pari. Pertanto non converge nè diverge, ossia an è oscillante. Esercizio 5.

Determinare il carattere della successione: an = n

1n1)( n +− .

Soluzione.

La successione assume valore n1+−1 quando n è dispari, assume

valore n1

1+ quando n è pari. I valori del primo tipo convergono a − 1 quelli del

secondo tipo convergono a 1 , pertanto la successione, complessivamente, non converge nè diverge. La successione an è oscillante. Esercizio 6.

Determinare il carattere della successione: an = 2

n

n1n1)( +−

,

Soluzione.

La successione assume valore 2n1

n1 +− quando n è dispari, assume valore 2n

1n1 +

quando n è pari. I valori di entrambi i tipi convergono a 0 , pertanto risulta

0n

1n1)(lim 2

n

n=+−

+∞→ e quindi la successione an è convergente a 0 .

Esercizio 7.

Data la successione an =n

12n − , stabilire:

a) il carattere; b) se è monotona; c) se è limitata.

Soluzione.

a) 2n

12nlimn

=−+∞→

allora la successione è convergente.

b) Occorre studiare il segno di an+1 −an ; si ha

01)n(n

1n

12n1)(n

11)2(naa n1n >

+=−−

+−+=−+ per qualunque n ≠ 0 , allora risulta

sempre an+1 −an > 0 , an+1 > an e quindi la successione è monotona strettamente crescente.

c) Essendo strettamente crescente, il primo termine della successione 11

112a1 =−⋅= è

il limite inferiore e quindi la successione è limitata inferiormente.

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168

Poiché 2alim nn

=+∞→

, la successione è anche limitata superiormente da 2 . La

successione è dunque limitata. Esercizio 8.

Data la successione an = n

31

, stabilire :

a) il carattere; b) se è monotona; c) se è limitata. Soluzione.

a) 0=∞+

==

+∞→+∞→

131

lim31

lim nn

n

n allora la successione è convergente.

b) Occorre studiare il segno di an+1 −an ; si ha:

031

32

131

31

31

31

aannn1n

n1n <

−=

=

=−+

+

qualunque sia n , allora risulta sempre an+1 −an < 0 , an+1 < an e quindi la successione è monotona strettamente decrescente.

c) Essendo strettamente decrescente, il primo termine della successione 31

a1 = è il

limite superiore e quindi la successione è limitata superiormente. Poiché 0alim n

n=

+∞→ , la successione è anche limitata inferiormente da 0 . La

successione è dunque limitata. Esercizio 9.

Data la successione an = n

21

− , stabilire :

a) il carattere; b) se è monotona; c) se è limitata.

Soluzione.

a) 021

limn

n=

−+∞→

allora la successione è convergente.

b) Occorre studiare il segno di an+1 −an ; si ha: nnn1n

n1n 21

23

121

21

21

21

aa

−−=

−−

−=

−−

−=−+

+

che ha segno positivo o negativo a seconda che n sia pari o dispari. Poiché il segno di n1n aa −+ dipende da n , la successione non è monotona. La successione è limitata essendo limitata superiormente da a0 = 1 e limitata

inferiormente da 21

a1 −= .

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169

CAPITOLO 8

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE

8.1 MATRICI E DETERMINANTI

8.1.1. Matrici Una matrice A di tipo m x n è una tabella di m·n elementi disposti in m righe ed n colonne e racchiusi tra due parentesi tonde ( o quadre):

A=

mnmm

n

n

aaa

aaa

aaa

L

LLLL

L

L

21

22221

11211

Gli elementi di una generica matrice si indicano mediante una lettera con due indici il primo dei quali indica la riga e il secondo la colonna a cui l’elemento appartiene. La matrice soprascritta è formata dalle m righe ( )naaa 11211 L

( )naaa 22221 L LLLL

( )mnmm aaa L21 dalle n colonne

1

21

11

ma

a

a

M ,

2

22

12

ma

a

a

M , L ,

nm

n

n

a

a

a

M

2

1

L’elemento aij prende il nome di elemento di posto i,j della matrice e si trova all’incrocio della riga i-esima con la colonna j-esima

mnmm

n

n

aaa

aaa

aaa

L

LLLL

L

L

21

22221

11211

2° colonna

1° riga

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170

La matrice il cui elemento di posto i,j è aij , a volte è indicata brevemente con il

simbolo ( )ija , ossia = () , = 1, 2,⋯,, = 1, 2,⋯, .

Una matrice 1 x n è detta vettore riga . Ha la forma

( )naaaA 11211 L=

Una matrice m x 1 è detta vettore colonna . Ha la forma

=

1

21

11

mb

b

b

BM

Matrice trasposta AT di una matrice A è la matrice che si ottiene da A scambiando

le righe con le colonne.

=

mnnn

m

m

T

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

21

22212

12111

Esempi.

= 1 045 −513 −6

= 1 45 130 −5 −6

= (1 2 5)

⟹ = 125

Se m = n la matrice si dice quadrata , di ordine n .

Una matrice quadrata si dice simmetrica se =

Esempio. = 1 2 02 9 −10 −1 5 ! =

Una matrice quadrata si dice triangolare superiore se = 0 per >

Esempio. 1 2 −20 9 −10 0 5 !

Una matrice quadrata si dice triangolare inferiore se = 0 per <

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171

Esempio. 1 0 02 10 03 −1 −2

Una matrice si dice diagonale se = 0 per ≠

Esempio. 1 0 00 −14 00 0 23

La matrice diagonale tale che = 1, = 1,2, … , , si chiama matrice identità

& = 1 0 00 1 00 0 1

NOTA – In questa trattazione gli elementi delle matrici saranno sempre numeri.

8.1.2. Operazioni con le matrici

1) Se ( )ijaA = e ( )ijbB = sono due matrici m x n , si definisce somma di A e B e

si indica con C = A + B, la matrice m x n il cui elemento cij di posto i,j è dato da

cij = aij + bij

Esempio. '2 −1 30 1 5( + ' 1 3 −1−2 0 1 ( = ' 3 2 2−2 1 6(

2) Se ( )ijaA = e ( )ijbB = sono due matrici m x n , si definisce differenza

di A e B e si indica con C = A - B, la matrice m x n il cui elemento cij di posto i,j è dato da

cij = aij - bij .

Esempio. '2 −1 30 1 5( - ' 1 3 −1−2 0 1 ( = '1 −4 42 1 4(

3) Se ( )ijaA = è una matrice m x n e ) ∊ ℝ , si definisce prodotto di λλλλ per A , e

si indica con λ A, la matrice m x n il cui elemento di posto i,j è

ija⋅λ

Esempio. 7 '2 −1 30 1 5( = '14 −7 210 7 35(

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172

4) Date le matrici A di tipo 1 x n e B di tipo m x 1, si definisce prodotto del vettore

riga A per il vettore colonna B, il numero

( ) .2211

1

1 nn

n

n bababa

b

b

aa +++=

LML

Esempio.

( ) .192127)(34021

7

4

2

301 −=−=−⋅+⋅+⋅=

5) Date le matrici A di tipo m x r e B di tipo r x n ,

=

mrmm

r

r

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

21

22221

11211

,

=

nrrr

n

n

bbb

bbb

bbb

B

L

LLLL

L

L

21

22221

11211

si definisce prodotto righe per colonne di A per B, la matrice C tale che l’elemento di posto è ottenuto moltiplicando la -esima riga di A con la -esima colonna di B.

( ) rjirji

rj

j

iriij baba

b

b

aac ++=

⋅= LML 11

1

1 =∑ ./.0.12

Esempio. Considerate le matrici

=

43

21A ,

=

01

01B ,

si ha

=⋅

07

03BA ≠

=⋅

21

21AB

Si noti che il prodotto righe per colonne non gode della proprietà commutativa, ossia anche quando esistono sia BA ⋅ che AB ⋅ in generale risulta ABBA ⋅≠⋅ .

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173

Valgono le seguenti proprietà : + ( + 4) = ( + ) + 4 Proprietà associativa + = + Proprietà commutativa )( + ) = ) + )) ∈ ℝ Proprietà distributiva () + 6) = ) + 6), 6 ∈ ℝ Proprietà distributiva ()4 = (4) Proprietà associativa ( + 4) = + 4 Proprietà distributiva )() = ())) ∈ ℝ Proprietà associativa ( + )4 = 4 + 4 Proprietà distributiva ( + ) = + Trasposta di una somma () = Trasposta di un prodotto fra matrici ) = ()) ) ∈ ℝ Trasposta di una matrice per uno scalare () = Trasposta di una trasposta

Esempio.

Date le matrici = 70 −32 15 45 −18 , = 710 00 1−5 20 −18 si ha

(2( + )) = 2910 −32 20 65 −2: = 210 2 0 5−3 2 6 −2 = 20 4 0 10−6 4 12 −4 = 2( + )

Esercizio 1. Calcolare il prodotto (righe per colonne) delle matrici

=13

52

31

A e

−−

=13

12B .

Soluzione: ( ) 73321c11 =⋅+−⋅= ; ( ) 21311c12 −=−⋅+⋅= ;

( ) 113522c21 =⋅+−⋅= , ( ) 31512c22 −=−⋅+⋅= , ( ) 33123c31 −=⋅+−⋅= , ( ) 21113c32 =−⋅+⋅= ;

pertanto risulta

−−−

=⋅23

311

27

BA .

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174

Esercizio 2. Calcolare il prodotto delle matrici:

=

204

121A e

−=

22

51

43

B

Soluzione.

AB=( ) ( )( ) ( )

−=

⋅+⋅+−⋅−⋅+⋅+⋅⋅+⋅+−⋅−⋅+⋅+⋅

=

−⋅

128

83

225044221034

215241211231

22

51

43

204

121 .

Esercizio 3. Calcolare il prodotto delle matrici:

−=

201

112A e

−=0101

2211

0102

B

Soluzione.

AB=

−=

−⋅

−0304

2114

0101

2211

0102

201

112 .

Esercizio 4. Calcolare il prodotto delle matrici:

=

654

321A e

−=

111

2-13

011

B

Soluzione.

−−

=⋅4725

1410BA .

Esercizi da svolgere

Esercizio 1 . Trovare la matrice X tale che A+X=B dove = 2 −13 1 , = 5 −20 −3 .

Esercizio 2 . Eseguire i seguenti prodotti righe per colonne

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175

a) 2 13 −1·5 2−3 0 ; b) (8 5 −1) ∙ 024.

Esercizio 3 . Date le matrici = 2 0 30 −1 2 e B = 1 0−1 12 3 verificare che ≠ .

Esercizio 4 . Date le matrici = 2 13 −1 e = 5 −20 −3

verificare che ( + ) = + . Risposte

Esercizio 1 : X= 3 −1−3 −4

Esercizio 2 : a) 7 418 6 ; b) (6) Esercizio 3 : 8 95 5 ≠ 2 0 3−2 −1 −14 −3 12

Esercizio 4 : ( + ) = 7 3−1 −4 ; + = 7 3−1 −4.

8.1.3. Determinante di una matrice quadrata

Il determinante di una matrice quadrata

=

nnn2n1

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

è un numero. Si indica con det A oppure con la notazione fra linee verticali:

nnn1

n221

n111

aa

aa

aa

Adet

L

LLL

L

L

= .

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176

1. Determinante di una matrice 1x 1

Data la matrice = () si definisce determinante di il numero =>? = .

• Determinante di una matrice 2 x 2

Data la matrice

=

2221

1211

aa

aaA

si definisce determinante di A il numero =>? = 22 ∙ @@ − 2@ ∙ @2 Esempio

28124054

38=−= , 4248 -6

38-

62-=+= .

• Determinante di una matrice 3 x 3

Data la matrice

=

333231

232221

131211

aaa

aaa

aaa

A (1)

per calcolare il determinante presentiamo due metodi. 1° metodo: Regola di Sarrus Il determinante si calcola utilizzando lo schema della figura sotto riportata. La linea continua sta a significare il prodotto dei tre termini, mentre la linea tratteggiata significa il prodotto dei tre termini cambiato di segno . ATTENZIONE che questa regola vale solo per le matrici di ordine n = 3 .

3231

2221

1211

333231

232221

131211

aa

aa

aa

aaa

aaa

aaa

=>? = 22@@AA + 2@@AA2 + 2A@2A@ − (2A@@A2 + 22@AA@ + 2@@2AA)

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177

2° metodo: Regola generale Indichiamo con 2 la matrice ottenuta da eliminando la riga 1-esima e la colonna j-esima . Il determinante di è definito da

=+−= 131312121111 AdetaAdetaAdetaAdet

312213322113312312332112322311332211

3231

222113

3331

232112

3332

232211

aaaaaaaaaaaaaaaaaa

aa

aaa

aa

aaa

aa

aaa

−++−−=

+−=

Esempio Considerata la matrice

A=

−210

113

021 , (2)

si ha

=

−=21

11

210

113

021

A11 ,

−=

−=20

13

210

113

021

A12 .

.131210)6(21)(2110

130

20

132

21

111Adet =+=−−⋅−−⋅=

−⋅+

−⋅−⋅=

Sia ∈ con i,j indici compresi fra 1 e 3 , si definisce

minore complementare di BCD il numero det Aij ,

complemento algebrico di BCD il numero E−1FG det .

La definizione di det A data con il 2° metodo si può allora esprimere dicendo che il determinante di A è la somma dei prodotti degli e lementi della prima riga di A per i rispettivi complementi algebrici . Questo procedimento si generalizza: fissata una qualunque riga o una qualunque colonna (non necessariamente la prima riga come fatto sopra), il =>? si ottiene sommando i prodotti dei suoi elementi per i rispettivi complementi algebrici.

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178

Esempio. Sviluppando rispetto alla seconda riga il determinante della matrice (1) si ha

( ) ( ) ( )232322222121 AdetaAdetaAdetaAetd −++−=

3231

121123

3331

131122

3332

131221 aa

aaa

aa

aaa

aa

aaa −+−= .

Nel caso della matrice A data in (2) si ha

( ) 13121210

211

20

011

21

023Adet =−+=⋅−⋅+⋅−−= .

• Determinante di una matrice n x n Quanto visto nella Regola generale illustrata per il caso n = 3 si può generalizzare ad una qualunque matrice quadrata A di ordine n con n ≥ 2 .

=

nnn2n1

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

(3)

Se i,j sono due indici compresi fra 1 ed n , con Aij indichiamo la matrice (n−1) x (n−1) ottenuta da A eliminando la riga i-esima e la colonna j-esima. Si definisce

minore complementare dell’elemento BCD il numero det ,

complemento algebrico dell’elemento BCD il numero E−1FG det . TEOREMA DI LAPLACE . Il determinante di una matrice quadrata A di ordine n è uguale

alla somma dei prodotti degli elementi di una riga (o di una colonna) per i rispettivi

complementi algebrici.

Si noti che questo teorema riconduce la nozione di determinante di una matrice n x n a quella di determinante di n matrici (n –1) x (n –1) . Calcolare il determinante applicando questo teorema è d’uso dire “calcolo con il metodo di Laplace”.

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179

Se per esempio calcoliamo con il metodo di Laplace il determinante di (3) sviluppando secondo la prima riga risulta:

det A = (−1)1+1 a11 det A11 + (−1)1+2 a12 det A12 + … + (−1)1+n a1n det A1n =

( ) 1j1j

j1n

1j

Adeta1+

=∑ −=

dove A1j indica la matrice (n – 1) x (n – 1) ottenuta da A eliminando la prima riga e la

colonna j-esima .

Il determinante di una matrice quadrata A si può pertanto esprimere con una delle

seguenti due formule a seconda che il calcolo venga fatto a partire da una riga o da una

colonna.

Considerando la i-esima riga ( 2 , @, …, K) della matrice A :

( ) ijij

jin

1j

Adeta1Adet+

=∑ −= ,

Considerando la j-esima colonna ( 2 , @ ,…, K ) della matrice A si ha :

( ) ijij

ijn

1i

Adeta1Adet+

=∑ −= ,

Esercizio

Calcolare con il metodo di Laplace il determinante della seguente matrice

= 3 1 −12 0 11 −1 0

Soluzione . Sviluppando secondo la prima riga si ha

L3 1 −12 0 11 −1 0 L = 3 M 0 1−1 0M − 1 M2 11 0M + (−1) M2 01 −1M = 3 ∙ 1 − 1 ∙ (−1) − (−2) = 6

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180

NOTA – Il determinante di una matrice diagonale

=

mn

22

11

a00

0a0

00a

A

L

LLLL

L

L

è

a a a A det nn2211 ⋅…⋅⋅=

Proprietà dei Determinanti

1. det A = det AT .

2. Date due matrici A e B quadrate di ordine n, si ha B det A det B A det ⋅= .

3. Se la matrice A′ si ottiene da A scambiando tra loro due righe o due colonne, allora

det A = − det A′ .

4. Se la matrice A′ si ottiene da A moltiplicando tutti gli elementi di una riga (o di una

colonna) per una costante λ ∈ ℝ , allora det A′ = λ det A .

5. Se due righe (o due colonne) della matrice A sono uguali, allora è det A = 0 . Più in

generale, se gli elementi di una riga (rispettivamente colonna) sono proporzionali a

quelli di un’altra riga (rispettivamente colonna), allora il determinante è nullo.

6. La somma dei prodotti degli elementi di una riga (o colonna) per i complementi

algebrici degli elementi analoghi di un’altra riga (o colonna) è uguale a zero.

7. Se si somma ad una riga (o colonna) un’altra riga (o colonna) moltiplicata per un

numero, il determinante non cambia.

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181

8.1.4. Matrice Inversa Per ogni ∈ ℕ∗ esiste la matrice quadrata di ordine n

&K =

100

010

001

L

LLLL

L

L

detta matrice identità perché &K = &K = qualunque sia la matrice di ordine n. Sia A una matrice quadrata di ordine n . Diremo che A è invertibile se esiste una matrice P2 di ordine n tale che P2 = P2 = &K

La matrice P2 si chiama matrice inversa di A . Si può verificare che, se esiste, l’inversa di una matrice è unica.

Esempio. La matrice inversa di

−−−−

=23

34A è la matrice

−−

=43

32B perché

risulta A·B = B·A =

10

01 e dunque B = A-1.

TEOREMA. Condizione necessaria e sufficiente affinché una matrice quadrata ammetta

l’inversa è che il suo determinante sia diverso da zero.

In simboli: esiste P2 ⇔ =>? ≠ 0

TEOREMA. Se A = (aij) è una matrice di ordine n invertibile , gli elementi bij della matrice inversa RPS sono dati da

( )

Adet

Adet1b

ji

ji

ij

+−= ,

dove ( ) jiji Adet+−1 è il complemento algebrico di aji .

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182

Siano A e B matrici quadrate di ordine n con det A ≠ 0. Poiché esiste A-1 , per risolvere le equazioni matriciali

A·X = B e Y·A = B

basta moltiplicare, rispettivamente, a sinistra e a destra per A-1 :

X = A-1 B e Y·= B·A-1

NOTA - Poiché det = det , indicato con ∗ la matrice che ha come elementi i complementi algebrici degli elementi di , per calcolare la matrice inversa di si può procedere in questo modo R RT R∗

RPS Esempio. = '1 31 2(, det = −1

= '1 13 2( ∗ = ' 2 −3−1 1 ( P2 = −1 ' 2 −3−1 1 ( = '−2 31 −1(, P2 = '1 31 2( '−2 31 −1( = '1 00 1( NOTA – Nel caso di una matrice A di ordine 2 , per determinare P2 si può procedere in questo modo:

• si scambiano gli elementi sulla diagonale principale, • si cambia segno agli elementi sulla diagonale secondaria, • si divide ogni elemento per det A.

trasposta complementi algebrici

premoltiplica per 1/ det

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183

Esempio. = −3 17 2 , =>? = −13 ⇒ P2 = 2P2A 2 −1−7 −3 = 7P@2A 22AX2A A2A8

Esercizi sui Determinanti e sulla Matrice Inve rsa 1. Calcolare il determinante della seguente matrice:

−−

=

0010

2012

4322

0524

A .

Soluzione. La presenza di tre elementi nulli nella quarta riga della matrice suggerisce lo sviluppo secondo tale riga:

( )202

432

054

11Adet 24

−−⋅⋅−= + .

Sviluppando ora secondo la terza riga, si ottiene:

4444010)(12220)(232

542

43

052Adet −=−−=−⋅−−⋅=⋅−

−⋅= .

2. Calcolare il determinante della seguente matrice:

−=

621

73

4112

a100

4100

A .

Soluzione. Sviluppando il determinante secondo la prima colonna si ottiene:

411

a10

410

3

621

7

a10

410

2Adet

−⋅−⋅= .

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184

Sviluppando ancora secondo la prima colonna entrambi i determinanti di ordine 3 , otteniamo:

( )4a11a1

4113

a1

4172Adet −⋅=⋅⋅−⋅⋅= .

3. Calcolare il determinante della seguente matrice:

−−

−−=

11021

04200

01213

032a0

03201

A .

Soluzione. Sviluppiamo il determinante secondo la quinta colonna che presenta i primi quattro elementi nulli; si ottiene:

4200

1213

32a0

3201

1Adet−−

⋅= .

Sviluppando ancora secondo la prima colonna della matrice, otteniamo:

2

420

32a

320

3

420

121

32a

1Adet =−−⋅+−−

⋅= .

4. Calcolare il determinante della seguente matrice:

−−=

312

153

3106

A .

Soluzione. Applichiamo la regola di Sarrus:

12

53

106

312

153

3106

−−−

( ) ( ) ( ) ( ) 6525311633101332110356Adet =−⋅⋅−⋅−⋅−⋅⋅−⋅⋅+−⋅−⋅+⋅⋅= .

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185

5. Determinare la matrice inversa di

=110

211

011

A .

Soluzione. Calcoliamo prima il det A . Sviluppiamo secondo la prima colonna:

211

01

11

21

110

211

011

Adet −=−== .

Essendo det A ≠ 0 , A è invertibile. I complementi algebrici degli elementi di A sono:

( ) 111

21Adet1 11

11 −=+=− + ; ( ) 1

10

21Adet1 12

21 −=−=− + ;

( ) 110

11Adet1 13

31 +=+=− + ; ( ) 111

01Adet1 21

12 −=−=− + ;

( ) 110

01Adet1 22

22 +=+=− + ; ( ) 1

0

11Adet1 23

32 −=−=− +

1 ;

( ) 221

01Adet1 31

13 +=+=− + ; ( ) 2

21

01Adet1 32

23 −=−=− + ;

( ) 011

11Adet1 33

33 =+=− + .

Ricordando che gli elementi bij della matrice inversa P2 sono dati

da ( )Adet

Adet1b jiji

ij+−= otteniamo:

=

−−−

−−−=

021

21

121

21

121

21

011

211

211

21

A 1- .

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186

6. Determinare la matrice inversa di

=300

410

021

A .

Soluzione. Calcoliamo prima il det A . Sviluppiamo secondo la prima colonna:

330

411

300

410

021

Adet =⋅== .

Essendo det A ≠ 0 , A è invertibile. I complementi algebrici degli elementi di A sono:

( ) 330

41Adet1 11

11 =+=− + ; ( ) 0

30

40Adet1 12

21 =−=− + ;

( ) 000

10Adet1 13

31 =+=− + ; ( ) 630

02Adet1 21

12 −=−=− + ;

( ) 3=+=− +

30

01Adet1 22

22 ; ( ) 0

0=−=− +

0

21Adet1 23

32 ;

( ) 8=+=− +

41

02Adet1 31

13 ; ( ) 4

40

01Adet1 32

23 −=−=− + ;

( ) 110

21Adet1 33

33 =+=− + .

La matrice inversa P2 è:

=

−−

=

31

00

34

10

38

21

100

430

863

31

A 1- .

7. Determinare la matrice inversa della matrice:

=100

a10

0a1

A con a ∈ ℝ .

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187

Soluzione. La matrice A è invertibile sempre perché det A = 1 ≠ 0 per ogni ∊ ℝ e risulta:

−−

=100

a10

aa1

A

2

1- .

Esercizi da svolgere Esercizio 1. Calcolare il determinante delle seguenti matrici = Y1 − √3 1 − √21 + √2 1 + √3 [ , = \ + 1 1\@ + 1 \ + 1 , 4 = Y − / @1 + /[ .

Esercizio 2. Applicando la regola di Sarrus, calcolare i seguenti determinanti:

det = L6 9 −94 0 32 5 −6L ; det = L1 4 32 −5 6−3 6 −9L. Esercizio 3. Calcolare, se esistono, le inverse delle seguenti matrici:

= 5 33 2 , = Y\ 11 ][ , 4 = 1 1 10 1 10 0 1 .

Esercizio 4. Trovare la matrice X in modo che risulti −1 2−1 1 ∙ ^ = −7 −4−5 −3 .

Esercizio 5. Determinare per quali valori di _ ∈ ℝ risultano invertibili le seguenti matrici:

= 0 2 32_ 2 + 2_ 6_ 4 − 2_ 3 , = _ + 3 3 2 + _2 2 _5 4 3 + _ .

Risposte

1. =>? = −1; =>? = 2\; =>?4 = −/@. 2. =>? = 0; =>? = −72. 3. P2= 2 −3−3 5 . P2>aa?>b>c\ ≠ 0, ] ≠ 0, P2 = ] −1−1 \ . 4P2 = 1 −1 00 1 −10 0 1 . 4. ^ = 3 2−2 −1. 5. èe>c?/f>b>c_ ≠ 0>_ ≠ 1.èe>c?/f>b>c_ ≠ X±√2Xh .

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188

8.1.5. Rango (o caratteristica) di una matrice La nozione di determinante di una matrice è definita solo per le matrice quadrate, ossia se A è una matrice di tipo m x n con m ≠ n , non esiste il determinante di A. Data una qualunque matrice (quadrata o rettangolare)

=

nmm2m1

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

da essa si possono “estrarre” delle sottomatrici quadrate i cui determinanti si dicono minori della matrice A . Il numero di righe (o colonne) della sottomatrice quadrata estratta si chiama ordine del minore. DEFINIZIONE. Si chiama rango (o caratteristica ) della matrice A l’ordine massimo dei

minori non nulli che si possono estrarre da A .

In altre parole, l’intero positivo k ≤ min m, n è il rango di A se :

1) dalla matrice A si può estrarre almeno un minore non nullo di ordine k ;

2) tutti i minori di ordine maggiore di k , che si possono estrarre da A , sono nulli.

Esempio . La matrice

−9631

5231

2201

può avere al massimo rango 3 perché tale è l’ordine massimo delle matrici quadrate in essa contenute. Si verifica che i quattro minori di ordine 3 estraibili dalla matrice sono tutti nulli e perciò la caratteristica sarà minore di 3 . Poiché tra i minori di ordine 2 ve ne è almeno uno non nullo, ad esempio

331

01=

si ha che il rango della matrice è 2 . Esercizio 1. Determinare il rango della matrice

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189

−−

−=

10462

3426

5231

A .

Soluzione. Si osservi che i quattro minori di ordine 3 che si possono estrarre da questa matrice

1046

342

523

− ,

1042

346

521

− ,

1062

326

531

−−

− ,

462

426

231

−−

− ,

sono tutti nulli, ossia hanno tutti determinante uguale a zero. Poiché risulta ad esempio:

01626

31≠−=

−−

,

rimane provato che esiste almeno un minore di ordine 2 con determinante diverso da zero e perciò il rango della matrice considerata è 2 : r(A) = 2 . Esercizio 2. Determinare il rango della matrice

=531

321

753

A .

Soluzione. Poiché det A = 0 e, per esempio,

0121

53≠= ,

segue che il rango della matrice considerata è 2 : r(A) = 2 . Per determinare il rango di una matrice, si possono ridurre i calcoli se si utilizza il seguente teorema: TEOREMA DI KRONEKER. Se la matrice A , quadrata o rettangolare, possiede un

minore D non nullo di ordine r , e sono nulli tutti i minori d’ordine r + 1 di A ottenuti

“orlando” D con una riga e una colonna qualsiasi di A , allora il rango di A è uguale

a r .

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190

In pratica, si procede nel seguente modo. Supponiamo di aver trovato un minore D , d’ordine r , non nullo. Calcoliamo i minori d’ordine (r + 1) ottenuti “orlando” il minore D :

• se tutti questi minori sono nulli, il rango della matrice è r ; • se almeno uno di essi è non nullo, bisogna ripetere il procedimento considerando

quest’ultimo minore.

Esercizi svolti 1. Determinare il rango della matrice:

=40

1

0

21

324

421

A :

Soluzione. Applichiamo il procedimento di Kronecker.

Consideriamo la sottomatrice

24

21 , essa è tale che 06

24

21≠−= , da cui

43,min3r(A)2 =≤≤ . Consideriamo ora le sottomatrici di ordine 3 ottenute orlando la sottomatrice considerata:

=210

124

421

M e

=410

324

021

N .

Poiché det M = 3 ≠ 0 , si conclude che r(A) = 3 .

2. Determinare il rango della matrice:

=

916

100

304

312

B .

Soluzione. Applichiamo il procedimento di Kronecker.

Consideriamo la sottomatrice

04

12 , essa è tale che 04

04

12≠−= , da cui

)min(4,33r(A)2 =≤≤ . Considerata la sottomatrice di ordine 3

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191

=100

304

12

M

3

,

risulta det M = −4 ≠0 ; si conclude pertanto che r(B) = 3 .

3. Trovare il rango della matrice

−−−

−−−

=

54474

13110

24121

01342

A

Soluzione. La matrice contiene il minore non nullo di ordine 2

0212

34M ≠=

−−

= .

Orlando il minore M si ottiene il minore di ordine 3

01

110

121

342

N ≠=−

−−

= .

Poiché i due minori del quarto ordine ottenuti orlando N sono nulli:

0

4474

3110

4121

1342

=

−−−

−−−

; 0

5474

1110

2121

0342

=

−−

−−

,

il rango della matrice A è uguale a 3 .

4. Trovare il rango della matrice

=

1918171615

1413121110

98765

87654

76543

A .

Soluzione. La matrice contiene il minore non nullo di ordine 2 :

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192

0154

43M ≠−== .

Poiché tutti i nove minori di ordine 3 ottenuti orlando M sono nulli:

0

765

654

543

= ; 0

865

754

643

= ; 0

965

854

743

=

0

121110

654

543

= ; 0

131110

754

643

= ; 0

141110

854

743

= ;

0

171615

654

543

= ; 0

181615

754

643

= ; 0

191615

854

743

= ;

si conclude che il rango della matrice A è 2 .

8.1.6. Matrici dipendenti da un parametro A volte è importante determinare il rango di una matrice, discutendo il problema in relazione ai parametri reali che vi figurano. Trattiamo l’argomento presentando qualche esempio. Esercizio 1. Calcolare, per ogni valore del parametro _ ∊ ℝ, il rango delle seguenti matrici = _ 2−1 _ , = 1 −_2 _@ ,4 = _ 2_−_ −2_ Soluzione.

1) detA = k@ + 2, quindidetA ≠ 0perognik ∊ ℝepertantor(A) = 2perognik ∊ ℝ. 2) detB = k@ + 2k = k(k + 2)quindidetB ≠ 0perk = 0eK = −2.

• Se _ ≠ 0>_ ≠ −2aℎ=>? ≠ 0>b>c??vc() = 2. • Se _ = 0vbbwc>_ = −2aℎ=>? = 0>=>?x ≠ 0yvx = (1) >b>c??vc() = 1.

3) detC = −2k@ + 2k@ = 0perognik ∊ ℝquindir(C) < 2. • >_ ≠ 0aℎc(4) = 1. • >_ = 0aℎc(4) = 0.

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193

Esercizio 2. Calcolare, per ogni valore del parametro t , il rango della matrice:

+−=

2tt4

102

412t

A .

Soluzione. Troviamo i valori di t per i quali si annulla il determinante della matrice A .

0

2tt4

102

412t

=+

− .

Sviluppando il determinante si ottiene l’equazione t2 + 3 t −4 = 0 che ammette le soluzioni t = 1 e t = −4 . Dobbiamo quindi distinguere i seguenti casi: Caso 1. Per t ≠ 1 , t ≠ −4 , il determinante della matrice A è diverso da zero, allora

essa ha rango 3 . Caso 2. Per t = 1 , si ha:

0

314

102

412

=− , 0202

12≠−= ,

allora il rango della matrice A è 2 , cioè r(A) = 2 .

Caso 3. Per t = −4 , si ha :

0

244

102

418

=−−−

− , 02

02

18≠−=

− ,

allora il rango della matrice A è 2 , cioè r(A) = 2 . Esercizio 3. Determinare, per ogni valore del parametro t , il rango della matrice:

−−−=

22t22tt

01tt

00t

A .

Soluzione. Troviamo i valori di t per i quali si annulla il determinante della matrice A , cioè risolviamo l’equazione t (t −1) (2t −2) = 0 che ammette le soluzioni t = 0 e t = 1 .

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194

Dobbiamo quindi distinguere i seguenti casi: Caso 1. Per t ≠ 0 , t ≠ 1 , il il determinante della matrice A è diverso da zero, allora

essa ha rango 3 . Caso 2. Per t = 0 , si ha

0

220

010

000

=−−

− , 0222

01≠=

−−−

,

allora il rango della matrice A è 2 , cioè r(A) = 2 .

Caso 3. Per t = 1 , si ha :

0

001

001

001

= ,

e anche tutti i minori di ordine 2 sono uguali a zero perché la matrice A ha due colonne tutte di zeri, allora il rango della matrice A è 1 , cioè r(A) = 1 .

Esercizi da svolgere Esercizio 1 . Determinare il rango delle seguenti matrici. = 1 2 −13 6 −3 ; = −1 2 3−8 0 4 ; 4 = 10 11 08 1 02 −3 6 .

Esercizio 2 . Studiare il rango delle seguenti matrici in funzione di k. = _ 18 2_ , = _ 0 −_1 0 −12 4 2 .

Risposte. 1. c() = 1 ; c() = 2 ; c(4) = 3 . 2. c() = 2 per _ ≠ ±2 ; c() = 1 per _ = ±2 . c() = 2 per ogni _ ∊ ℝ .

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195

8.2 SISTEMI LINEARI

8.2.1. Sistemi lineari di m equazioni in n incognite Un sistema lineare di m equazioni in n incognite è della forma

=+++

=+++=+++

mnnm22m11m

2n2n222121

1n1n212111

bxaxaxa

bxaxaxa

bxaxaxa

L

LLLLLLLL

L

L

Il sistema soprascritto è costituito da m equazioni nelle n incognite \2, \@, …, \K . Il sistema si dice lineare perché nelle equazioni ogni termine incognito figura al primo grado. I numeri reali 22, 2@, … , che compaiono nel sistema, vengono indicati brevemente con e prendono il nome di coefficienti del sistema; i numeri reali /2, /@, …, /| prendono il nome di termini noti . Se i termini noti sono tutti nulli, il sistema lineare si dice omogeneo . Il sistema è caratterizzato dalla matrice A dei coefficienti , detta anche matrice del sistema, dal vettore dei termini noti e dal vettore ^ delle incognite.

=

nmm2m1

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

,

=

mb

b

b

BM

2

1

,

=

nx

x

x

XM

2

1

.

Il sistema si può rappresentare

1. in forma matriciale esplicita :

\2922@2⋮|2:+ \@92@@@⋮|@

:+⋯+ \K92K@K⋮|K: = 9/2/@⋮/|:

2. in forma matriciale compatta :

BXA =⋅

dove XA⋅ è il prodotto righe per colonne della matrice A per il vettore X. Si osservi che si tratta del prodotto di una matrice m x n per una matrice n x 1 (matrice colonna) che dà per risultato una matrice m x 1 .

Esistono delle condizioni sui coefficienti e sui termini noti affinché il sistema ammetta delle soluzioni, ossia affinché esistano dei valori reali \2, \@, …, \K per i quali tutte le equazioni del sistema risultino contemporaneamente soddisfatte; in tal caso la n-pla (\2, \@, … , \K) è detta una soluzione del sistema.

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196

8.2.2 . Caso m = n con det A≠0. Il teorema di Cramer

=+++

=+++=+++

nnnn22n11n

2n2n222121

1n1n212111

bxaxaxa

bxaxaxa

bxaxaxa

L

LLLLLLLL

L

L

(1)

In modo analogo a quanto fatto precedentemente, indichiamo con A , B , X le matrici:

=

nn2n1n

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

L

LLLL

L

L

A ,

=

nb

b

b

BM

2

1

,

=

nx

x

x

XM

2

1

.

Sia det A≠0 , ossia A sia invertibile. Allora il sistema ha una ed una sola soluzione. Per trovare la soluzione del sistema (caso m=n, det A ≠ 0) illustriamo due metodi generali. Primo metodo : Metodo matrice inversa. Risolvere il sistema significa risolvere l’equazione AX = B : ^ = P2(^) = P2 (P2)^ = P2 &^ = P2 ^ = P2

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197

Esempio

Consideriamo il sistema rappresentato da AX = B con

= 1 −3 00 1 −12 0 3 ,^ = ~\] , = −132

Determiniamo dapprima la matrice P2 : det = 3 + 6 + 0 − (0 + 0 + 0) = 9 ,

= 1 0 2−3 1 00 −1 3

∗ = 3 9 3−2 3 1−2 −6 1

P2 = 1/3 1 1/3−2/9 1/3 1/9−2/9 −2/3 1/9

^ = P2 = 1/3 1 1/3−2/9 1/3 1/9−2/9 −2/3 1/9−132 = 10/313/9−14/9

Pertanto il sistema dato ha come unica soluzione (\ = 103 , ] = 139 , = −149 ). Esempio

Date le matrici

=

34

23A e

+−

=53

71B cavfe>c>f′>wv>^ = .

Soluzione.

Poiché =>? ≠ 0 e

−−

=−

34

23A 1 si ha:

−−

=

−⋅

−−

=⋅= −

1313

119

53

71

34

23BAX 1

Secondo metodo : Metodo di Cramer. Senza ricorrere alla matrice inversa, un metodo generale per risolvere il sistema (1) è dato dal seguente teorema.

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Matematica. Capitolo 8: elementi di algebra lineare ________________________________________________________________________________________________________________________

198

TEOREMA DI CRAMER . Il sistema lineare AX = B con A matrice quadrata di ordine n e

det A ≠ 0, ammette una ed una sola soluzione data da

\2 = det 2det , \@ = det @det , … . .\K = det Kdet

dove è la matrice che si ottiene sostituendo la colonna i-esima di A con la colonna B

dei termini noti, per i = 1, 2, … ,n .

In forma matriciale compatta il teorema di Cramer è espresso da

^ = P2 = 1det 9det 2det @⋮det K

: Esercizio 1 Risolvere con il metodo di Cramer il seguente sistema di equazioni lineari:

=++−=−+=++

12xxx

2x3xx

14x6x2x

321

321

321

Soluzione La matrice del sistema è :

−−=

211

131

462

A e risulta det A = 24 .

Poiché det A ≠ 0 , per il teorema di Cramer, il sistema lineare ammette una ed una sola soluzione (\2, \@, \A) fornita dalla regola di Cramer:

27

211

132

461

Adet 1 −=−= ,

21

211

121

412

Adet 2 =−

−= ,

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199

12

111

231

162

Adet 3 −=−

= .

−=−==

===

−=−==

2

1

24

12

Adet

Adetx

8

7

24

21

Adet

Adetx

8

9

24

27

Adet

Adetx

33

22

11

Esercizio 2 Risolvere il seguente sistema di equazioni lineari:

=−+−=+−−=−+

.11z3y2x

15z2yx

22zy3x

Soluzione.

42

132

521

213

det A −=−

−−

= ,

Poiché det A ≠ 0, il sistema si può risolvere applicando il teorema di Cramer. Risulta:

42

1311

521

212

det A1 =−

−−−−

= ; 210

1112

511

223

det A2 −=−

−−−

= ; 84

1132

121

213

det A3 −=−−−

= ;

e pertanto la soluzione cercata è:

142

42

det A

det Ax 1 −=

−== ; 5

42

210

det A

det Ay 2 =

−−== ; 2

42

84

det A

det Az 3 =

−−==

8.2.3. Il teorema di Rouché - Capelli Consideriamo un sistema lineare di tipo generale, formato da m equazioni nelle n incognite \2, \@, … , \K

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200

=+++

=+++=+++

mnnm22m11m

2n2n222121

1n1n212111

bxaxaxa

bxaxaxa

bxaxaxa

L

LLLLLLLL

L

L

(2) La matrice A dei coefficienti è detta matrice incompleta del sistema (2) :

=

nmm2m1

n22221

n11211

aaa

aaa

aaa

A

L

LLLL

L

L

Si definisce matrice completa del sistema (2) , la matrice C ottenuta aggiungendo alle colonne di A la colonna dei termini noti :

=

mnmm2m1

n22221

n11211

baaa

baaa

baaa

C

L

LLLLL

L

L

2

1

.

Il seguente importante teorema fornisce un criterio per stabilire se il sistema (2) ammette o no soluzioni (si tenga presente che m ed n non sono necessariamente uguali). TEOREMA DI ROUCHÈ-CAPPELLI . Condizione necessaria e sufficiente affinchè un sistema

di m equazioni lineari in n incognite abbia soluzioni è che le matrici completa ed

incompleta del sistema abbiano lo stesso rango, c() = c(4). Se il sistema ha soluzioni, detto k il rango delle due matrici (completa ed incompleta), per risolvere il sistema si procede nel seguente modo: 1) Dalla matrice incompleta A si estrae una sottomatrice quadrata . con k = r(A) e =>? . ≠ 0.

2) Si scrive un “nuovo” sistema formato dalle k equazioni i cui coefficienti sono le righe di . . Inoltre si portano al secondo membro tutti gli eventuali n-k termini i cui coefficienti non compaiono in . .

3) Si risolve questo sistema di k equazioni in k incognite, con determinante non nullo, mediante la regola di Cramer;

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201

4) Le soluzioni del sistema iniziale sono le n-ple ottenute con la soluzione del sistema costruito nel punto 3) e con gli n-k parametri se k < n . In questo caso si dice che il sistema ha ∞KP. soluzioni.

Ad esempio sia k , k < n , il rango di A e di C e sia D la sottomatrice di A avente rango k . Per semplicità supponiamo che D sia costituita dalle prime k righe e dalle prime k colonne.

=

kkk2k1

k22221

k11211

aaa

aaa

aaa

D

L

LLLL

L

L

, det D ≠ 0 .

Consideriamo il sistema nelle incognite x1 , x2 , … , xk

−−−=++

−−−=++

++

++

nkn1k1kkkkkk11k

n1n1k11k1k1k111

xaxabxaxa

xaxabxaxa

LL

LLLLLLLLLLLLLLLLL

LL

(3)

Poiché det D ≠ 0 , per il teorema di Cramer, il sistema (3) ammette una ed una sola soluzione nelle incognite \2, \@, …, \. , in questa soluzione figurano come parametri \.F2, …, \K a cui si può attribuire qualunque valore reale. In definitiva il sistema (2) ammette pertanto infinite soluzioni, ciascuna delle quali si ottiene ricavando, con la regola di Cramer, i valori di \2, \@, … , \. e fissando arbitrariamente \.F2, … , \K . Esempio 1 Consideriamo il sistema

−=−=−

4

2

3

2

xx

xx

2

1 ,

la matrice incompleta A e la matrice completa C sono

−−

=110

011A ,

−−−

=4110

2011C

ed hanno entrambe rango 2 e pertanto il sistema ammette soluzioni. Dalla matrice A estraiamo una sottomatrice quadrata di ordine 2 e rango 2. Sia per esempio

−=

10

11D

Si considera allora il sistema

+−==−

32

21

x4x

2xx

ottenuto considerando come incognite quelle relative ai coefficienti delle colonne di D mentre le altre incognite si portano al secondo membro e si considerano “termini noti”.

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202

Per ogni \A ∊ ℝ questo sistema ammette la soluzione \2 = −2 + \A, \@ = −4 + \A. Perciò il sistema dato ammette le infinite ∞2 soluzioni (−2 + \A , −4 + \A , \A ) ottenute al variare di \A in ℝ . Esempio 2 Consideriamo il sistema

\2 + \@ = 33\2 − \@ = 12\2 + 3\@ = 8

la matrice incompleta A e la matrice completa C sono

= 1 13 −12 3 ,4 = 1 1 33 −1 12 3 8

ed hanno entrambe rango 2 e pertanto il sistema ammette soluzioni. Dalla matrice A estraiamo una sottomatrice quadrata di ordine 2 e rango 2. Sia per esempio = 1 13 −1

Si considera allora il sistema \2 + \@ = 33\2 − \@ = 1

ottenuto considerando come incognite quelle relative ai coefficienti delle colonne di D mentre le altre incognite si portano al secondo membro e si considerano “termini noti”. Risolvendo questo sistema (per esempio con Cramer) si ottiene la soluzione \2 = 1, \@ =2 che è anche l’unica soluzione del sistema dato perché il rango k è uguale al numero n delle incognite. Esempio 3 Discutere e risolvere al variare del parametro h il sistema ℎ\ + ] = 1\ + ℎ] = 1 − ℎ

Matrice incompleta è = ℎ 11 ℎ, matrice completa è 4 = ℎ 1 11 ℎ 1 − ℎ. Risulta =>? = ℎ@ − 1 e pertanto:

1) Se ℎ = ±1 si ha =>? = 0 , rango r(A)=1 mentre rango r(C)=2 e perciò il sistema non ammette soluzioni.

2) Se ℎ ≠ ±1 si ha =>? ≠ 0 , rango r(A)=rango r(C)=2 e perciò il sistema ammette soluzioni. Applicando, per esempio, il teorema di Cramer si trova la soluzione ~2ℎ − 1ℎ@ − 1 ,ℎ − ℎ@ − 1ℎ@ − 1 .

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203

8.2.4. Sistemi omogenei Un sistema lineare avente tutti i termini noti nulli, ossia del tipo

=+++

=+++=+++

0xaxaXa

0xaxaxa

0xaxaxa

nnm22m11m

n2n222121

n1n212111

L

LLLLLLL

L

L

(4)

prende il nome di sistema omogeneo . Tale sistema ha sempre soluzione perché ammette la soluzione banale (\2, \@, … , \K ) = ( 0 , 0 , … , 0 ) . Diremo che (\2, \@, … , \K ) è una soluzione non banale, detta anche soluzione propria , se almeno uno dei numeri reali \2, \@, …, \K non è nullo. Se il sistema (4) ammette una soluzione propria ( \2, \@, … , \K ), allora ammette anche infinite soluzioni, della forma ( \2, \@, … , \K ) qualunque sia a ∈ ℝ . Basta infatti sostituire questa soluzione nel sistema (4) e raccogliere il fattore a . Da quanto detto, nel caso sia m = n , il sistema lineare omogeneo (4) ammette una soluzione non banale (e quindi infinite) se e soltanto se risulta det A = 0 .

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204

Esercizi da svolgere Esercizio 1. Risolvere il sistema ^ = essendo = 3 −2 51 5 −1 , ^ = ~\] , = 17 .

Esercizio 2. Discutere e risolvere, al variare del parametro reale k, il sistema ^ = con:

= _ 1 _0 _ _−_ −1 0 , ^ = ~\] , = 02_−1 .

Esercizio 3. Risolvere i seguenti sistemi lineari:

a) \ + ] + = 62\ + ] − = 1\ − ] + 2 = 5 ; b) \ + ] − 2 = 3\ − ] + = −12\ − = 0 ; c) \ + ] − 3 = 0\ + ] = 0\ − ] + 2 = 0 ;

d) 2\ − ] + = 0\ + ] + = 0\ − 5] − = 0 e) \ + ] = ℎ − 1\ + ℎ] = 0−\ + (ℎ − 1)] = 3 ; f) \ + ℎ] = 1ℎ\ + ] = 2 − ℎ

Risposte:

1. 2P@A2X , @F2X , per ogni ∈ ℝ .

2. Per _ ≠ 0 unica soluzione P.P2. , @.F2. , P2. .

Per _ = 0 sistema impossibile .

3.a) (1, 2, 3) .

3.b) Non ammette soluzioni.

3.c) (0, 0, 0) .

3.d) (2], ], −3]) per ogni ] ∈ ℝ .

3.e) Sistema impossibile per ℎ ≠ ±1 . Per ℎ = 1 unica soluzione (−3, 3) . Per ℎ = −1 unica soluzione (−1, −1) .

3f) Per ℎ ≠ ±1 unica soluzione 2P2F , @2F . Per ℎ = 1 soluzioni: (1 − ], ]) per ogni ] ∈ ℝ . Per ℎ = −1 sistema impossibile .