LEZIONE II. breve storia di Israele - WebDiocesi · il racconto della presenza di Dio in mezzo al...

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Breve Storia di Israele 1 BREVE STORIA DI ISRAELE il racconto della presenza di Dio in mezzo al popolo Leggere e ascoltare il racconto biblico significa scoprire la storia di un popolo, perché la Bibbia è nata lentamente, grazie all’esperienza storica che alcuni uomini hanno fatto di Dio. La Bibbia è infatti l’attestazione scritta della memoria del popolo di Dio, e la Sacra Scrittura è una letteratura religiosa nata all’interno della storia d’Israele. Per poter studiare la Bibbia è pertanto indispensabile una pur minima conoscenza della storia d’Israele, che il popolo ha vissuto ed i saggi del popolo hanno meditato, interpretato, scritto e tramandato a noi. La Bibbia, dunque, recepisce la tradizione soprattutto orale, e rielabora in un lungo lavoro redazionale le vicende della storia di Israele, con l’intenzione teologica di mostrare la presenza di Dio in mezzo al popolo. Lo studio parte dal testo biblico in nostro possesso, e va intelligentemente comparato anche con dati extrabiblici come documenti e ritrovamenti archeologici, che puntualizzano l’ambiente storico di riferimento. In questo capitolo intendo mostrare che la Bibbia, frutto di una lunga rielaborazione attuata specialmente a partire dalla fine dell’esilio in Babilonia, presenta la coscienza che il popolo ha maturato di se stesso nel corso dei secoli, ed esprime l’accompagnamento di Dio lungo la storia di Israele. Si vedrà che sin dall’antichità Dio appare come colui che è sempre presente, che parla all’uomo mediante la sua Parola (e il popolo deve custodire le sue parole) e lo guida con il suo Spirito. In quest’ambito, la costruzione del Tempio (970-933 a.C.) di Gerusalemme sancisce storicamente l’identità religiosa e nazionale di Israele, e la concretizzazione in larga scala dell’antica tenda dell’esodo, dove le parole di Dio contenute nell’arca erano custodite sino ai tempi di Davide, per mostrare la volontà di Dio di abitare con gli uomini. La distruzione del Tempio (587-586 a.C.) e la scomparsa dell’arca in esso contenuta, costringeranno il popolo esiliato a riflettere sul fatto che Dio non è costretto in un luogo, e che continua ad accompagnare il popolo che lo ascolta. È proprio in questo periodo caratterizzato dalla presenza dei profeti, a partire dal ritorno dell’esilio (dal 538 a.C.), che sorge la grande produzione letteraria, che farà in un paio di secoli quella che oggi chiamiamo Bibbia, raccogliendo e rielaborando le tradizioni orali e i testi antichi tramandati. Nel post-esilio babilonese il popolo acquista pienamente la consapevolezza che Dio è presente nella sua Parola, mentre il Tempio, ricostruito (515 a.C.), ma ridimensionato rispetto al precedente, rimane il centro fondamentale del culto.

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BREVE STORIA DI ISRAELE il racconto della presenza di Dio in mezzo al popolo

Leggere e ascoltare il racconto biblico significa scoprire la storia di un popolo, perché la Bibbia è nata lentamente, grazie all’esperienza storica che alcuni uomini hanno fatto di Dio. La Bibbia è infatti l’attestazione scritta della memoria del popolo di Dio, e la Sacra Scrittura è una letteratura religiosa nata all’interno della storia d’Israele. Per poter studiare la Bibbia è pertanto indispensabile una pur minima conoscenza della storia d’Israele, che il popolo ha vissuto ed i saggi del popolo hanno meditato, interpretato, scritto e tramandato a noi. La Bibbia, dunque, recepisce la tradizione soprattutto orale, e rielabora in un lungo lavoro redazionale le vicende della storia di Israele, con l’intenzione teologica di mostrare la presenza di Dio in mezzo al popolo. Lo studio parte dal testo biblico in nostro possesso, e va intelligentemente comparato anche con dati extrabiblici come documenti e ritrovamenti archeologici, che puntualizzano l’ambiente storico di riferimento. In questo capitolo intendo mostrare che la Bibbia, frutto di una lunga rielaborazione attuata specialmente a partire dalla fine dell’esilio in Babilonia, presenta la coscienza che il popolo ha maturato di se stesso nel corso dei secoli, ed esprime l’accompagnamento di Dio lungo la storia di Israele. Si vedrà che sin dall’antichità Dio appare come colui che è sempre presente, che parla all’uomo mediante la sua Parola (e il popolo deve custodire le sue parole) e lo guida con il suo Spirito. In quest’ambito, la costruzione del Tempio (970-933 a.C.) di Gerusalemme sancisce storicamente l’identità religiosa e nazionale di Israele, e la concretizzazione in larga scala dell’antica tenda dell’esodo, dove le parole di Dio contenute nell’arca erano custodite sino ai tempi di Davide, per mostrare la volontà di Dio di abitare con gli uomini. La distruzione del Tempio (587-586 a.C.) e la scomparsa dell’arca in esso contenuta, costringeranno il popolo esiliato a riflettere sul fatto che Dio non è costretto in un luogo, e che continua ad accompagnare il popolo che lo ascolta. È proprio in questo periodo caratterizzato dalla presenza dei profeti, a partire dal ritorno dell’esilio (dal 538 a.C.), che sorge la grande produzione letteraria, che farà in un paio di secoli quella che oggi chiamiamo Bibbia, raccogliendo e rielaborando le tradizioni orali e i testi antichi tramandati. Nel post-esilio babilonese il popolo acquista pienamente la consapevolezza che Dio è presente nella sua Parola, mentre il Tempio, ricostruito (515 a.C.), ma ridimensionato rispetto al precedente, rimane il centro fondamentale del culto.

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Nello schema seguente indico i periodi fondamentali che caratterizzano la memoria e la storia di Israele, e metto in evidenza il modo con cui la Bibbia presenta in ogni epoca la speciale presenza di Dio tra le vicende del popolo. Per un approfondimento personale dell’intero argomento consiglio un’opera, breve e semplice, ma precisa e preziosa: MAZZINGHI L., Storia d’Israele. Dalle origini al periodo romano (coll. Studi Biblici 56), EDB, Bologna 2007. PRE-STORIA:

• L’epoca patriarcale e la promessa di Dio dal 1800 a.C. • L’esodo: evento fondatore e l’arca delle Parole di Dio 1250 a.C. • Il periodo dei giudici guidati dallo Spirito 1200-1000 a.C.

STORIA:

• Gli inizi della monarchia e costruzione del Tempio (I) 1010-933 a.C. • Lo scisma del popolo unificato da Davide 933 a.C. • Il regno di Israele 933-721 a. C. • Il regno di Giuda 933-587 a.C. • Caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio 587/586 a.C. • L’esilio in Babilonia sotto Nabucodonor e il Profetismo 587-538 a.C. • Editto di Ciro e ritorno dall’esilio 538-445 a.C. • Ricostruzione del Tempio (II) 515 a.C. • La Riforma di Esdra e Neemia: Torah definitiva 445-399 a.C. • Molti ebrei in Alessandria: Libri sapienziali III secolo a.C. • L’epoca dei Maccabei: redazione di Mac e Daniele 167-63 a.C. • La Giudea è annessa alla provincia romana 63 a.C.

L’EPOCA PATRIARCALE … i racconti della promessa di Dio per il suo popolo Mio padre era un arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa (Dt 26,5-6) Al di fuori dei testi biblici non possediamo alcun’altra testimonianza sull’esistenza dei patriarchi, e questo non deve sorprenderci vista la scarsa rilevanza storica che essi potevano avere. Proprio a causa di tale assoluta mancanza di dati, i patriarchi (così come i racconti della creazione) sono considerati da alcuni storici quali figure mitiche immaginate a partire dall’epoca dell’esilio babilonese, cioè all’inizio della grande produzione letteraria dei testi biblici. D’altro canto è possibile pensare all’esistenza di una memoria di vicende

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molto antiche e quindi non meglio storicamente qualificabili, tramandata oralmente dal popolo sin da epoche precedenti l’esilio. Non possiamo stabilire l’origine dei patriarchi: si è pensato che potessero fare parte di un gruppo di semitici emigrati verso ovest all’inizio del secondo millennio. Effettivamente all’inizio del II millennio le popolazioni amorree si espandono dalla Mesopotamia verso occidente: con l’avanzata amorrea entrano nella terra di Canaan numerosi clan seminomadi che, col tempo, si fondono per formare un unico popolo e, per manifestare questa raggiunta unità, le varie tradizioni degli antenati vengono fuse, e questo popolo per condizioni climatiche, sociali ed economiche era portato frequentemente a scendere in Egitto. Inoltre alcune delle usanze che la Genesi attribuisce ai patriarchi potrebbero effettivamente essere poste in relazione con usanze analoghe note, all’inizio del secondo millennio, dai testi recentissimamente ritrovati negli archivi della città di Ebla, dove si citano a questo proposito l’uso di adottare un figlio avuto da una schiava (come fa Abramo con Ismaele), l’uso di avere una schiava come concubina (Abramo e Agar), oppure la cosiddetta “legge del levirato” per cui si era tenuti a sposare la moglie del fratello morto senza figli. In realtà la questione è lontana dall’essere risolta, e il libro della Genesi è il risultato di una lunga rielaborazione di tradizioni specialmente nel post-esilio e dopo la ricostruzione del tempio, e che si concluse solo con Esdra nel IV secolo a.C. L’ESODO COME EVENTO FONDATORE … la memoria fondamentale: Dio parla e libera il suo popolo Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore, nostro Dio, vi ha dato?”, tu risponderai a tuo figlio: “Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Ci fece uscire di là per condurci nella terra che aveva giurato ai nostri padri di darci. Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi”. (Dt 6,20-24) Tenendo conto delle nostre conoscenze storiche non si può più raccontare l’uscita dall’Egitto come un fatto unico che riguardi tutto Israele. Anche il testo biblico sembra parlare di due uscite: una uscita-espulsione ed una uscita-fuga. Secondo la Bibbia il gruppo guidato da Mosé ha vissuto questa fuga come momento drammatico ed intensamente religioso: l’esperienza della libertà è divenuta l’evento decisivo dell’incontro con Dio, un Dio che libera e salva, un Dio vicino e favorevole ai suoi amici. L’esodo è il momento che Israele considera come “fondatore”, cioè quello in cui comincia ad esistere come popolo (anche se ancora

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diviso in tribù). Ciò che caratterizza la presenza di Dio in mezzo al suo popolo in cammino nel deserto sono le tavole delle dieci parole di Dio, vale a dire la prima indicazione biblica di un testo scritto che esprime la presenza del Signore: le tavole della Legge.

La prima scrittura delle parole di Dio, le tavole, saranno contenute in un’arca, la quale dovrà stare in una tenda, luogo che esprime sia la vicinanza che la separazione/trascendenza di Dio. qui accanto si vede una riproduzione dell’arca dell’alleanza secondo la descrizione che ne fa la Bibbia.

I testi biblici che parlano dell’esodo raccolgono le antiche tradizioni dell’uscita dall’Egitto, dell’incontro con Dio sulla santa montagna del Sinai (o Oreb) e del dono della legge: tuttavia, sono frutto di riletture e reinterpretazioni durante lunghi secoli, cosicché i definitivi libri di Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio sono un racconto teologico in stile epico, normativo e catechistico, non resoconti di cronaca: dietro il ricordo di fatti che non ci è possibile meglio precisare e tramandati oralmente, si colloca il chiaro intento teologico dei narratori, i quali scoprono in quei lontani eventi la presenza di Dio nella storia del popolo e li trasmettono in questo modo agli uomini del loro tempo. D’altro canto, al Museo Egizio del Cairo è ben visibile la stele del faraone Merneptah, scoperta nel 1895 e databile intorno al 1250 a.C. Si tratta di una stele propagandistica, ma è un testo molto importante perché, per la prima volta, viene attestata l’esistenza di una entità Israele preceduta, secondo l’uso egizio, del determinativo che non indica una città ma un gruppo di persone. Si tratta proprio di Israele di cui parla la Bibbia? Non lo sappiamo, però è menzionato questo gruppo!

La stele riporta un’iscrizione di 28 righe con l’elenco delle vittorie ottenute dal faraone. Alle righe 26 e 27 il testo parla della sottomissione delle popolazioni dell’Asia e si dice: Israele è annientato, non ha più seme.

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IL PERIODO DEI GIUDICI … Il Signore è il vero re che infonde lo Spirito ai capi carismatici Quando il Signore suscitava loro dei giudici, il Signore era con il giudice e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice; perché il Signore si lasciava commuovere dai loro gemiti sotto il giogo dei loro oppressori (Gdc 2,28). La parola giudice non deve far pensare al giudice di un tribunale, quanto piuttosto a un leader carismatico, un capo militare con poteri precisi nel momento del bisogno. Sappiamo che in questi anni regna una grande anarchia e le tribù sono guidate occasionalmente da tali capi carismatici. Di questi giudici il testo biblico ne ricorda dodici, numero chiaramente simbolico: ben noti sono i nomi di Gedeone e di Sansone, le cui gesta occupano larga parte del libro dei Giudici (Gdc 6,1-8,35; 13,1-16,31). Ogni giudice è una figura animata dallo Spirito del Signore, mandata da Dio a liberare il suo popolo, secondo uno schema teologico che mette in luce la precisa finalità dell’autore: il libro dei Giudici interpreta in chiave teologica ogni guerra sostenuta da Israele. In tutto questo periodo emerge la presenza del Signore che guida il suo popolo e lo protegge, come si comprende dalle parole di Gedeone in risposta alla proposta del popolo di farlo re: Il Signore regnerà su di voi! (Gdc 8,22-23) Ignoriamo l’origine dell’istituzione dei giudici; sappiamo invece quando essa finisce, poiché l’ultimo è Samuele: su richiesta popolare egli sarà costretto ad instaurare la monarchia in Israele. Una volta insediatesi al centro di Canaan, le tribù di Giuseppe allacciano rapporti anche con le tribù del nord: il libro di Giosuè parla di un’assemblea a Sichem, in cui si rinnova l’alleanza del Sinai. Possiamo immaginare che Giosuè chieda alle tribù di Neftali, Issacar e Zabulon, Dan a Aser, se desiderano entrare nell’alleanza con il Dio che li ha liberati dall’Egitto e ha loro rivelato la sua legge sul Sinai: Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè in quel giorno concluse un’alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem (Gs 24,1.25). Viene così a costituirsi progressivamente una lega di tribù, che si radunano attorno ad una legge cultuale, pur mantenendo i propri distinti santuari, come Sichem, Betel, Gilgal e Silo. L’unione di queste tribù porta pian piano alla nascita della monarchia.

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GLI INIZI DELLA MONARCHIA … la richiesta di un re e la costruzione del Tempio Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta del popolo perché avevano detto “Dacci un re che ci governi”… Il popolo rifiutò di ascoltare la voce di Samuele e disse: “No! Ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie”. Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all’orecchio del Signore. Il Signore disse a Samuele: “Ascoltali: lascia regnare un re su di loro” (1Sam 8,19-20). La causa principale che ha portato Israele a crearsi una monarchia, in analogia con gli altri popoli del Medio Oriente antico, è rappresentata da uno stimolo esterno identificabile nella pressione esercitata dai filistei. I filistei si stabilirono in quella striscia costiera che si trova a sud dell’attuale Tel Aviv nella zona di Gaza. La superiorità militare dei filistei è ricordata dalla Bibbia stessa: 1Sam 13,19-22 annota che essi possedevano il monopolio del ferro. La scelta del popolo d’Israele cade su Saul della tribù di Beniamino, ma Saul non può considerarsi un vero re, né il suo è un autentico regno. Ben poco conosciamo di Saul, se non ciò che la Bibbia riferisce: egli è un capo militare che esercita autorità sulle tribù del centro e del sud (cioè tra la Samaria e la Giudea) ed organizza sortite militari contro i vari nemici all’intorno: non vi è alcuna amministrazione centralizzata, né una vera capitale. La vicenda di Saul finisce tragicamente nella battaglia sui monti di Gelboe verso il 1010, dove l’esercito israelita subisce una tremenda sconfitta ad opera dei Filistei. Saul e Gionata, suo figlio, muoiono in battaglia, senza lasciare un popolo organizzato né unito. La Bibbia mette in evidenza come il regno di Saul non potesse avere lunga durata, perché il re non era stato scelto da Dio, e invocando un sovrano il popolo aveva disprezzato la signoria di Dio. D’altro canto, è ora Dio stesso a scegliere il suo consacrato che regni sulla casata d’Israele: Davide. L’opposizione tra Saul e Davide, fortemente teologizzata dal redattore del primo libro di Samuele, esprime il contrasto tra il prescelto di Dio e il suo antagonista. Ho trovato Davide mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza (Sal 89,21-22). Davide (1010-970 a.C.) è una delle figure centrali dell’Antico Testamento ed è presentato come la figura attorno alla quale nasce Israele come nazione (cioè un popolo con un territorio, una capitale e un re). Quando le tribù del nord riconoscono a Ebron Davide come loro re si realizza per la prima volta l’unità tra

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nord (Israele) e sud (Giuda). Davide sceglie Gerusalemme, antica fortezza in splendida posizione collinare e dotata di una abbondante sorgente d’acqua, come capitale, espugnandola ai Gebusei e rendendola la Città di Davide, e vi fa trasportare l’arca dell’alleanza. Posero l’arca di Dio su un carro nuovo… Davide e tutta la casa d’Israele fecero salire l’arca del Signore alla Città di Davide con grida e al suono del corno (2 Sam 6,15). In questo modo la capitale diventa anche il centro religioso d’Israele. È da questo momento che si può dire che inizia davvero la storia d’Israele! L’importanza della figura di Davide va molto al di là della sua portata storica: a lui saranno attribuiti molti salmi, così da farne un modello di fede. Egli diventa una figura messianica, tanto che Gesù stesso potrà essere definito “Figlio di Davide”. A Davide, dopo intrighi, rivolte e guerre interne, succede sul trono il figlio Salomone (970-931 a.C.). Salomone dette inizio alla costruzione del tempio e lo portò a termine. Costruì i muri del tempio… all’interno costruì il sacrario, cioè il Santo dei Santi… eresse il sacrario del tempio nella parte più interna, per collocarvi l’arca dell’alleanza del Signore (1Re 6,14.16.19). La grande opera di Salomone è la costruzione del Tempio desiderato e progettato da Davide. Il tempio è un grande santuario per lo più a cielo aperto, ha un pavimento sopraelevato raggiungibile con una grande scala. Là vi sono grandi cortili: per i gentili separati da un muro, per le donne e per gli uomini. Poi c’è la costruzione nel mezzo che è fatta di due parti di separazione, indicanti la trascendenza di Dio che abita a Gerusalemme: 1. IL SANTO dove entrano a turno i sacerdoti; 2.IL SANTO DEI SANTI dove entra solo il sacerdote una volta all’anno e (unica persona a poterlo fare) pronuncia il nome di YHWY aspergendo con sangue sacrificale la pietra posta presso l’arco dell’alleanza, cioè il luogo che conteneva le “dieci parole di Dio”. Sotto: immagini di come era il tempio.

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LO SCISMA DEL POPOLO UNIFICATO DA DAVIDE … il popolo che non ascolta la Legge si divide da Dio e da se stesso Se si eccettuano Davide, Ezechia e Giosia, tutti commisero peccati; poiché avevano abbandonato la legge dell’Altissimo, i re di Giuda scomparvero. Lasciarono infatti la loro potenza ad altri, la loro gloria a una nazione straniera. (Sir 49,4-5). La principale fonte sulla storia della monarchia dopo Salomone e fino all’esilio a Babilonia è il racconto che si estende da 1Re 12 fino a 2Re 25, dove la prospettiva dell’autore – senz’altro più teologica che storica – mette in risalto quei re che hanno avuto importanza in materia di riforme religiose. Rispetto al periodo precedente, tuttavia, le fonti extrabibliche e archeologiche iniziano a parlarci con abbondanza di Israele e ci permettono un confronto con il dato biblico. Al termine della vita di Salomone, il suo regno è segnato da caratteristiche opposte: dal punto di vista delle arti, della ricchezza e della cultura è all’apice dello splendore, ma dal punto di vista politico è sull’orlo dello sfacelo: una pressione fiscale eccessiva e l’incubo dei lavori forzati per l’edilizia regale hanno creato nel paese un gravissimo malcontento. Dal punto di vista religioso, inoltre, la situazione è tutt’altro che florida: alla sapiente purezza di fede nell’unico Dio YHWH sognata dai saggi si oppone, nella realtà, un sincretismo sempre più invadente, cioè una pericolosa mescolanza di elementi e pratiche religiose provenienti da un po’ tutte le culture vicine ad Israele. Il grande harem di Salomone, in cui vivevano principesse straniere di culture e religioni diverse, ha avuto senz’altro un grave influsso sulla confusione religiosa e le deviazioni della corte. Alla morte di Salomone (933 a.C. circa), il regno unitario creato da Davide non resiste più. Il figlio di Salomone designato come successore al trono, Roboamo, si reca a Sichem per essere riconosciuto anche re d’Israele; ma qui le tribù del nord gli presentano le proprie esigenze come condizione al regno. Roboamo sceglie la linea dura, rifiuta le condizioni e impone la propria autorità. E’ la rivolta. Roboamo deve ritornare a Gerusalemme, rassegnato per aver perso il controllo sull’Israele del nord; gli resta soltanto il regno di Giuda. L’unità del regno sarà d’ora in poi soltanto un sogno. Le tribù del nord, liberatesi dal giogo della casa di Salomone, eleggono come nuovo re Geroboamo, che intende rendere completa la separazione da Gerusalemme. Così la divisione politica diventa anche scisma religioso. Geroboamo, infatti, edifica due santuari, a Betel e a Dan, facendo innalzare in onore di YHWH due tori, una specie di supporto per la divinità secondo le pratiche cananee. In questo modo il regno d’Israele ha i propri centri di culto e rompe ogni relazione con il tempio e le tradizioni di Gerusalemme.

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LA CADUTA DI GERUSALEMME E DEL TEMPIO … la condanna per mezzo di Geremia: Dio punisce il peccato Contro Ioiakim re di Giuda dichiarerai: “Dice il Signore contro Ioiakim re di Giuda: egli non avrà un erede sul trono di Davide; il suo cadavere sarà esposto al calore di giorno e al freddo della notte. Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi ministri per le loro iniquità” (Ger 36,27-31). A Gerusalemme molti parlano di resistenza e di lotta anti babilonese. Il profeta Geremia, invece, predica con insistenza la resa ed interpreta le difficoltà del momento come intervento punitivo di Dio per le gravi colpe di Gerusalemme. Non è creduto ed il re ritiene giunto il momento di sollevarsi. Nabucodonosor re di Babilonia assedia Gerusalemme nel 597: il giovane figlio di Ioiakim, Ioiachin, è costretto ad uscire dalla città ed arrendersi. Viene deportato a Babilonia con una parte della famiglia regale, le persone ricche, una parte di sacerdoti, di artigiani e di soldati. Questo evento è attestato anche dalle ritrovate Cronache babilonesi:

Il testo cuneiforme delle Cronache babilonesi dice: “L’anno 7 del mese di Kislew il re di Akkad (Nabucodonosor) mosse il suo esercito nella terra di Hatti, pose l’assedio alla città di Giuda (Gerusalemme) e catturò la città e prese prigioniero il re (Ioiachin). Vi mise un re di suo gradimento, prese molto bottino e lo inviò a Babilonia”.

Sul trono è posto Sedecia, un altro figlio di Giosia. Come i suoi predecessori, anche Sedecia non vuole dare ascolto alle parole di Geremia e, illudendosi nell’appoggio dell’Egitto, tenta una nuova disperata rivolta. Questa volta è proprio la fine. Nel 587 l’esercito babilonese occupa Gerusalemme e la rade al suolo; saccheggia e distrugge il tempio; deporta in Babilonia gran parte della popolazione. Il regno di Giuda non esiste più ed anche la storia del popolo sembra proprio finita. In questi anni drammatici sono redatti i testi più importanti della predicazione di Geremia, le sue memorie e racconti della sua vita; viene così a formarsi: l’opera profetica di Geremia.

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L’ESILIO IN BABILONIA E IL PROFETISMO … senza più il Tempio sorge la riflessione teologica Giuda va in esilio, è deportato, soffre per la sua schiavitù. Abita in mezzo alle nazioni, e non trova riposo. Voi tutti che passate per via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che mi tormenta (Lam 1,3.12). Circa 20.000 persone di Giuda sono deportate a Babilonia e collocate lungo i canali dell’Eufrate: svolgono lavori agricoli e godono di una certa libertà; molti sacerdoti e sapienti di Gerusalemme possono guidare la comunità e tener vivo il ricordo. Però vivono tutti in esilio, hanno perduto la terra, oggetto della promessa divina; il re, rappresentante di Dio, non ha più potere; il tempio, centro del culto, è raso al suolo ed ogni sacrificio è ormai impossibile. Gli dei babilonesi sembrano aver sconfitto il Dio d’Israele! La splendida città di Babilonia sembra agli esuli la prova concreta del loro fallimento; le grandi feste religiose in onore del dio Marduk a cui assistono sembrano dimostrare l’umiliazione e la debolezza di YHWH. La disperazione e la perdita di fede erano le tentazioni più forti. Nonostante tutto, però, l’esilio è un momento di grande riflessione teologica e di feconda produzione letteraria, ad opera soprattutto dei sacerdoti, e riaffiora la speranza. Quello più noto è il profeta Ezechiele, animatore e guida degli esuli nei primi anni della deportazione: Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e v condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. (Ez 36,24-28) Qualche tempo dopo si impone un anonimo profeta, discepolo di Isaia, annunciatore della consolazione e della fine dell’esilio. La scuola sacerdotale, inoltre, proprio a causa della completa perdita delle strutture religiose, si impegna nella raccolta e nella riorganizzazione delle leggi; ma soprattutto intraprende una nuova rilettura della storia d’Israele, componendo un’opera di sintesi storica con lo scopo di interpretare teologicamente la loro vicenda ed aprire prospettive nuove per il futuro. Il movimento «deuteronomista» completa la raccolta di testi storici e vi aggiunge particolari e sfumature che rivelano lo stato d’animo degli esiliati.

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RITORNO DALL’ESILIO E RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO … sviluppo della grande letteratura biblica: si forma la Bibbia Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù. (Is 40,1-2). Nell’anno 539 il re persiano Ciro occupa Babilonia e fonda così un impero con pretese davvero universali. Avendo il potere assoluto e mancando potenti rivali, l’impero persiano si mostra molto più liberale di assiri e babilonesi; l’immenso territorio è governato da funzionari persiani, ma poiché il potere è incontestato, ogni stato può regolarsi secondo le proprie usanze. Inoltre Ciro pone molta cura a ristabilire le divinità locali: suo progetto politico è che ogni popolo viva in pace, segua la propria religione, purché preghi per il re. L’anno seguente, il 538, è ricordato come l’anno dell’ editto di Ciro, ovvero il permesso ufficiale concesso ai Giudei di ritornare nella loro terra e di ricostruire il tempio. L’esilio è finito! In questi anni tremendi e angosciosi la fede d’Israele non si è spenta; anzi ha prodotto alcuni testi letterari molto significativi: Approfittando del desiderio di Ciro di vedere ristabiliti nel suo impero tutti i culti antichi, alcuni Giudei di Babilonia chiesero l’autorizzazione di rientrare in patria, cioè nella provincia di Giudea, domandando l’autonomia per un piccolo territorio di circa 2000 kmq, retto da un governatore attorniato dagli anziani capi famiglia, ed intraprendono la ricostruzione della città e del Tempio, anche se ridotto rispetto al precedente. La situazione non è per niente facile e i rimpatriati devono affrontare mille difficoltà e superare notevoli ostacoli: alcuni profeti guidano le speranze del popolo, incoraggiano i lavori e correggono errati comportamenti. Finalmente nell’anno 515 il nuovo tempio viene consacrato e la vita di Gerusalemme riprende quasi come prima. Ormai però manca il re e la sua corte; l’unico centro di potere è il tempio con la classe sacerdotale ed i saggi che hanno dato vita a nuove forme di studio e di ricerca culturale e teologica. Per il resto la vita del piccolo governatorato di Giudea si volge tranquillamente per circa un secolo, senza grandi eventi storici, nell’impegnativo compito della ricostruzione, materiale e morale. Il V secolo a Gerusalemme può considerarsi l’epoca d’oro della letteratura biblica, perché in questo tempo vedono la luce grandi opere, originali o raccolte di materiali antichi:

a) Profeti: ISAIA (capitoli 56-66); AGGEO; ZACCARIA (capitoli 1-8); MALACHIA; ABDIA;

b) grandi raccolte: il libro dei PROVERBI; il libro dei SALMI; il CANTICO DEI CANTICI; la raccolta del materiale SACERDOTALE;

c) opere originali: il libro di RUT; il libro di GIONA.

Breve Storia di Israele

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LA RIFORMA DI ESDRA E NEEMIA … la Parola di Dio deve accompagnare sempre la vita del popolo Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi insegnamenti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,4-9). Circa un secolo dopo l’editto di Ciro, un influente giudeo rimasto in Persia, viene mandato dal re Artaserse I a ricostruire le mura di Gerusalemme per farne una sicura fortezza. Neemia giunge a Gerusalemme una prima volta nel 445 e vi ritorna per una seconda missione nel 432: non si occupa solo di mura, ma anche di costumi e di istituzioni. In sostanza impone un sistema molto più chiuso e conservatore, in difesa della particolarità giudaica. Il coronamento della riforma è compiuto da Esdra, sacerdote e scriba, a cui il re Artaserse Il avrebbe affidato il compito di regolare i problemi dei Giudei e di riorganizzare la regione Con il pugno di ferro Esdra ristabilisce la purezza della fede, annulla i matrimoni contratti con donne straniere, impone come legge di stato la «Legge del Dio del Cielo». Con ogni probabilità questa legge è l’attuale Pentateuco che Esdra e la classe degli scribi hanno composto compilando le vane tradizioni preesistenti. Da questo momento il Giudaismo si chiude definitivamente in se stesso, l’unico interesse è il Tempio e soprattutto la Legge-Parola di Dio, uniche guide sono i sacerdoti. Israele esce dalla storia! Il grande evento letterario di questo periodo è la composizione del PENTATEUCO, il grande libro della Legge TORAH (= istruzione) viene diviso in cinque torni (da cui il nome greco Pentateuco): GENESI-ESODO-LEVITICO-NUMERI-DEUTERONOMIO. Nel periodo successivo verranno elaborati gli altri testi biblici, particolarmente durante la diaspora ad Alessandria d’Egitto sorgono molti testi sapienziali, in lingua greca, come il libro di SAPIENZA e di BARUC. La storia di Israele viene dunque presentata dalla Bibbia come la storia della presenza di Dio in mezzo al suo popolo: Dio è presente sempre, e lo si ascolta tramite la Scrittura, anche se il Tempio rimane centrale per la celebrazione del culto.