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Lezione 5 Innovazione e sviluppo industriale: l’approccio evolutivo Corso Analisi dei settori produttivi Sandrine Labory

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Lezione 5Innovazione e sviluppo industriale:

l’approccio evolutivo

Corso Analisi dei settori produttiviSandrine Labory

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In questa lezione analizziamo l’economia della conoscenza, o economia intangibile, per 2 ragioni:

1. Mostrare i cambiamenti recenti e ancora in corso nell’economia mondiale, dovuti alla diffusione dell’economia della conoscenza (dove gli intangible assets prendono importanza fondamentale, quindi anche economia intangibile)

2. Presentare la teoria evolutiva (o evoluzionistica) dell’innovazione che si rivela quadro teorico adatto a spiegare i fenomeni dell’economia della conoscenza, quindi dei cambiamenti attuali nei settori produttivi

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La lezione si basa su due capitoli del libro di D. Foray, “L’economia della conoscenza” (Il Mulino, 2006)

Capitolo 1: presenta i fondamenti teorici dell’economia della conoscenza, che sono i fondamenti teorici dell’approccio evolutivo

Capitolo 2: mostra come i cambiamenti nell’economia di oggi stanno portando alla diffusione dell’economia della conoscenza

Successivamente vedremo le conseguenze per le strategie d’impresa e per le politiche industriali

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Premessa: attenzione

1. conoscenza tecnologia

La tecnologia è un insieme di conoscenze

2. conoscenza informazione

Polanyi: l’informazione è conoscenza codificata,

Mentre la conoscenza comprende sia le informazioni che le conoscenze tacite, non codificabili

La teoria neoclassica considera conoscenza come informazione, codificabile e quindi trasmissibile a costo zero

La teoria evolutiva considera la conoscenza in tutti i suoi aspetti

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1. Conoscenza nella teoria economica

- Smith, Marx, Schumpeter: analizzano la conoscenza (divisione, utilizzo, appropriazione)

- Pionieri più moderni che analizzano la conoscenza (anni ’60): Simon, Hayek, Arrow, Machlup

Simon: studia i processi di apprendimento, i tipi di conoscenza, la razionalità degli individui, ecc. Dimostra che la razionalità degli individui è limitata

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Hayek: studia i problemi di diffusione della conoscenza nell’economia

Arrow: neoclassico, sostiene che si può riassumere la conoscenza alla sola informazione, ipotesi semplificatrice che i neoclassici dopo adottano nei modelli

Machlup: studio della presa di decisione (sviluppa una teoria delle decisioni e aspettative in situazione di incertezza e incompletezza dell’informazione)

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Infatti tutti questi autori situano il processo di decisione (ragionamento, apprendimento per arrivare alla decisione) al cuore dell’economia

Teoria evolutiva: unità di analisi = conoscenza, intesa non solo come informazione ma anche come conoscenza tacita, che è competenza o capacità cognitiva

Alcuni studiosi esaminano a fondo le competenze, a livello di individuo e di impresa:

- competence-based theory of the firm (Foss, Lundvall, ecc.)

- Impresa vista come creatore di conoscenze, organizzazione che apprende, organizzazione che risolve i problemi (Fransman, Dosi, Orsenigo, ecc.)

Imprese come insieme di contratti della teoria neoclassica

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“Universo della conoscenza”

- Se conoscenza = informazione, allora l’universo è un insieme finito di possibili stati, ad ognuno dei quali si può attribuire una probabilità (trattamento in modelli matematici semplificato)

Allora la conoscenza è un vettore di probabilità legate ad un insieme determinato di “stati del mondo” (tutte le situazioni che possono accadere)

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“Universo della conoscenza”- Se conoscenza = informazione + competenze, allora

l’universo è un insieme infinito

perché conoscenza = attributo di capacità cognitiva

mentre informazioni = dati strutturati che rimangono passivi o inerti fin quando non sono usati da qualcuno che possiede la conoscenza necessaria per interpretarli ed elaborarli

Trasmissione informazione = costo zero

Ma trasmissione conoscenze = molto difficile, dipende da capacità di assorbimento dell’apprendista e dalla complessità della conoscenza stessa

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Altre differenze tra informazioni e conoscenze:

- l’informazione è separabile dall’individuo, mentre la conoscenza no

- L’informazione è un bene pubblico (non rivale e non escludibile) mentre la conoscenza è un bene parzialmente pubblico (non rivale ma escludibile)

=> Implicazioni in termini di politica tecnologica diverse a seconda che consideriamo informazione oppure conoscenza

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2. Indicatori e misurazione della conoscenza

a) Limiti delle misure della teoria neoclassica- La misura delle attività di innovazione dipende dal

quadro teorico adottato e della sua definizione della conoscenza

- Teoria neoclassica: misura dell’innovazione essenzialmente con le spese di R&S, ma anche con numero di brevetti

- Nelle pubblicazioni ufficiali (dell’UE o dell’OCSE), l’economia della conoscenza è misurata da livello di capitale umano (% popolazione con livelli di qualifiche alte) + spese R&S + importanza settori legati all’informazione, vale a dire software, telecomunicazioni, ecc.

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Se si adotta la definizione più ampia della teoria evolutiva, queste misure sono insufficienti a cogliere tutti i fenomeni legati alla creazione di conoscenze:

i. Tutti i settori hanno delle attività di produzione di conoscenza (ad es. anche il settore moda, dove la creatività, l’invenzione costante di nuovi modelli e nuovi design è creazione di conoscenza)

ii. L’impresa crea conoscenze non solo nei dipartimenti di R&S, ma anche in tutti gli altri dipartimenti e unità dell’impresa: anche gli ingegneri che adattano le macchine ai nuovi prodotti creano conoscenza, anche gli addetti alle relazioni pubbliche che promuovono l’impresa e raccolgono informazioni dall’esterno, ecc.

Il processo di apprendimento è diffuso nell’impresa È difficile da misurare nel suo insieme

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Eliasson (1990) non misura l’estensione dell’economia della conoscenza considerando solo un settore particolare (quello delle TIC), ma parte dall’idea che

“l’avvento dell’economia fondata sulla conoscenza non è tanto legato all’espansione di un settore specializzato, ma piuttosto alla proliferazione di attività ad alta intensità di conoscenza in tutti i settori dell’economia”

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b) Difficoltà di misura della conoscenzaLa conoscenza è difficile da misurare a causa delle sue

caratteristiche:i. La conoscenza è eterogenea: va dall’invenzione della

scrittura all’invenzione della padella alla scoperta di una nuova stella

ii. La conoscenza è, in massima parte, non osservabile: la conoscenza tacita è incorporata nei pensieri e nelle azioni, quindi non si può osservare

iii. Non esiste un modello stabile con cui collegare gli input (spese R&S) con gli output (creazione di conoscenza); l’impatto della creazione di conoscenza sul resto dell’economia è altrettanto difficile da misurare: una nuova idea può avere un grande impatto o niente impatto, a seconda della presenza o meno di un imprenditore pronto a cogliere l’idea, a seconda della rilevanza dell’idea per i bisogni della popolazione, ecc.

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E’ anche impossibile attribuire un effetto economico ad una conoscenza: le esternalità e gli effetti cumulativi, tipici del PT, rendono impossibile l’identificazione della particolare conoscenza che può spiegare un particolare andamento dell’economia.

iv. La misurazione dello stock, già difficile nel caso del capitale fisico, è impossibile nel caso della conoscenza.

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Come dice Foray (p. 24):“E’ come se si cercasse di misurare uno stock

di fiamme; chiunque può accendere la propria torcia senza ridurre lo stock di fuoco della persone che ne era in possesso prima”

Esiste anche il problema del deprezzamento della conoscenza: oblio, obsolescenza, sono rilevanti ma non sembra che si possano elaborare delle regole in grado di catturarne la complessità (Machlup, 1984)

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Indicatori della conoscenza:Ci sono vari indicatori che misurano- Gli input della creazione di conoscenza (innovazione):

. Spese di R&S

. Capitale umano impiegato

. % personale nei dipartimenti di R&S, progettazione, marketing.. Ecc.

- Gli output della creazione di conoscenza (dell’innovazione):. Brevetti. Pubblicazioni scientifiche. Nuovi prodotti. Nuovi processi

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Però permettono di approssimare il volume di conoscenze presenti in un’economia ad un certo momento e create in un certo periodo

Studi recenti:

Jaffé – Tratjenberg (1996) (OCSE): modelli dei flussi di conoscenza nell’economia

Misurano solo l’attività di creazione di conoscenze nei settori high-tech, dove l’attività di R&S formale è importante

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Altro problema:

Non esistono dei mercati delle conoscenze dove le conoscenze possano essere valutate con un prezzo; quindi non si può misurare dal valore che il mercato assegna alla conoscenza

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3. Caratteristiche della conoscenza

Caratteristiche della conoscenza da tenere in considerazione nell’analisi:

1. La nuova conoscenza deriva da una scoperta o invenzione; buona parte della conoscenza è “creata dall’uomo”, nel senso che non esiste nella natura.

2. La conoscenza è spesso un prodotto congiunto: la nuova conoscenza si scopre spesso insieme ad un’altra (esempi: si fa ricerca su un medicinale contro il tumore e si scopre un medicinale con un’altra cosa; oppure si scoprono delle applicazioni di una conoscenza in campi nuovi, come l’applicazione del laser in campo medicale e non solo militare, ecc.)

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3. La conoscenza non è un bene pubblico puro (non rivale ma, almeno parzialmente, escludibile): vuol dire che il tradeoff tra diffusione e appropriazione non è così forte; le imprese hanno diversi modi per proteggere le loro invenzioni (vantaggio della prima mossa; segreto industriale; ecc.)

4. La conoscenza è cumulativa: quindi l’impresa crea nuove conoscenze solo se ha uno stock di conoscenze a sua disposizione

5. I rendimenti della conoscenza sono infiniti: è una risorse non esauribile

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Paul David (2001) (p. 32 F)

“La conoscenza non è come il foraggio, che si esaurisce con il consumo; non si rischia di fare un raccolto eccessivo. Al contrario, è probabile che essa venga arricchita e resa più accurata se aumenta il numero di ricercatori, ingegneri o artigiani a cui è consentito di misurarsi con essa.”

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6. La conoscenza spesso rimane a livello locale e non si diffonde; alle volte diventa obsoleta velocemente. Il processo con il quale la conoscenza si diffonde non è ancora ben conosciuto. La conoscenza si può deprezzare.

7. La conoscenza è dispersa e frammentata: quando la divisione del lavoro aumenta, la conoscenza diventa più dispersa e frammentata => difficile avere una visione globale e generale dei fenomeni.

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Conclusioni: scopo della disciplina che studia l’economia della conoscenza

= studiare le istituzioni, le tecnologie e le politiche che facilitano la produzione e un uso efficiente della conoscenza

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4. Lo sviluppo delle economie fondate sulla conoscenza

Economia della conoscenza = economia di oggi dove il contenuto in conoscenza dei prodotti e dei servizi aumenta notevolmente

Per le imprese, diventa fondamentale la gestione della conoscenza e dei processi di apprendimento

Perché?

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Secondo Foray, 2 ragioni principali:

1. Tendenza secolare a fattori intangibili nell’economia (il capital intangibile diventa più importante di quello tangibile nello stock totale di capitale dell’economia da circa gli anni 1950)

2. Diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TCI), che offrono nuovi modi per stoccare e diffondere la conoscenza

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Bianchi e Labory (2004) spiegano (v. lezione 9) la crescente importanza degli intangible assets, il cui denominatore comune è la conoscenza

Distinzione conoscenza / sapere:

Sapere = denota una conoscenza che è stata in qualche modo legittimata, certificata da un meccanismo istituzionale

= “conoscenza istituzionalizzata”

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4.1. Ruolo economico del sapere sempre più importante

Abbiamo già sottolineato: importanza relativa del capital intangibile

nel PIL importanza delle industrie legate alla

conoscenza (TCI), dal 29% del PIL nel 1958 al 34% del PIL nel 1980

- Maggiore importanza della forza lavoro qualificata: % lavoratori qualificati nella maggior parte dei paesi

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Forza lavoro: % della popolazione con diploma della

maturità, ma anche con diploma universitariL’aumento della forza lavoro qualificata è segno del

consolidamento dell’economia della conoscenza, ma è anche il risultato di altri fenomeni che spiegano la crescente importanza degli intangibles nell’economia (globalizzazione e PT concorrenza sempre più intensa aumento contenuto dei prodotti in conoscenza (innovazione costante) necessari investimenti in intangibles, di cui capitale umano)

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4.2. Sviluppo delle TCI

- Lo sviluppo delle TCI non rappresenta una rivoluzione nell’economia: lo sviluppo si è realizzato progressivamente, da circa la metà del 20imo secolo

- Però tale diffusione si è accelerata da circa gli anni ’90

- E tale diffusione (di cellulari, internet, trasmissione televisiva, e convergenza tra telefonia, computer e TV) ha permesso grandi progressi

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Steinmueller (1999): le TCI hanno 3 effetti principali sull’economia

1. produttività: in particolare nell’ambito dell’elaborazione, la conservazione e lo scambio di informazione

2. Sviluppo nuovi settori: multimedia, commercio elettronico, programmi informatici, ecc.

3. Diffusione nuovi modelli organizzativi: decentralizzazione, lavoro di squadra, SAP, ecc.

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Paradosso di Solow:Diceva che “si vedono i computer ovunque tranne

nelle statistiche sulla produttività”Per dire che i computer si diffondevano

velocemente ma l’impatto sulla crescita non si faceva sentire

Perché?1. Problemi di misura della produttività2. Tempo di apprendimento dell’uso dei computer

che implica ritardo dell’effetto sulla produttività

3. Inerzia delle forme organizzative (costo del cambiamento organizzativo che implica ritardo nella sua adozione)

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Ci vuole tempo per realizzare tutti i benefici di una nuova tecnologia

Ora però esistono molti studi che dimostrano l’impatto delle TCI sulla produttività delle imprese (Black and Lynch; Greenan and Mairesse; ecc.)

Effetto sulle imprese: diffusione organizzazione a rete (v. lezione sugli intangibles)

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4.3. il cambiamento come attività economica principale

- L’affermazione dell’economia della conoscenza si traduce in importanza crescente del cambiamento: le imprese devono innovare costantemente, sempre introdurre nuovi prodotti, nuovi processi, ecc.

- L’intensità del cambiamento è difficile da misurare; Carter misura con tasso di introduzione di nuovi prodotti e % personale non addetto alla produzione (con ipotesi che tale personale è occupato in attività di preparazione e realizzazione del cambiamento)

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Perché il cambiamento continuo?1. Le TCI si rinnovano di continuo (nuovi

software, nuovi computer, nuovi cellulari, ecc.) necessità di adattare di continuo l’organizzazione dell’impresa

2. Le TCI permettono di costo di trasmissione dell’informazione e miglioramento comunicazione creazione di conoscenze maggiore e cambiamenti più frequenti

3. Le imprese hanno paura di essere imitate quindi innovano di continuo

4. % di lavoratori dedicati al cambiamento il cambiamento, in una sorta di “isteresi”

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Costo di questi cambiamenti continui?

1. I cambiamenti costanti destabilizzazione costante + obsolescenza rapida

2. Per le imprese, i costi di apprendimento, di aggiustamento e di adattamento esplodono … quindi esiste un limite del tasso di cambiamento oltre al quale il cambiamento non è più sostenibile per l’impresa

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4.4. implicazioni in termini di politica tecnologica

Le politiche tecnologiche implementate a livello regionale, nazionale ed europeo sono cambiate negli ultimi 15 anni:

Si sono aggiunti nuovi obiettivi e nuovi strumenti

Grazie all’apporto della teoria evolutiva

Ora vediamo:

a) Teoria neoclassica e politica tecnologica: il mercato delle idee (riassunto: si veda lezione 4)

b) Critiche alla teoria neoclassica e nuovi strumenti

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a) Teoria neoclassica e politica tecnologica: il mercato delle idee

La giustificazione tradizionale alla politica tecnologica risulta dai fallimenti nel mercato delle idee

L’innovazione è creazione di conoscenze e le conoscenze sono considerate come informazioni, vale a dire sono codificabili e quindi trasmissibili a costo zero.

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I fallimenti del mercato delle idee sono 4:1) Spillovers = esternalità positiva legata alle idee: più

un idea si diffonde, maggiori i benefici per la società ma l’inventore perde l’esclusività della sua idea e non ne tira tutti i rendimenti.

2) Rischio e incertezza: l’attività d’innovazione è rischiosa (le spese di R&S sono elevate, quindi rischio, e uno non è sicuro di innovare quando spende - incertezza)

3) Non convessità: (rendimenti crescenti) le spese di ricerca sono molto elevate (costi fissi alti) e quindi ci sono economie di scala nell’uso delle idee, mentre il costo marginale della sua diffusione (con ipotesi di idea=informazione=conoscenze codificabili) è zero; ci sono anche delle economie di scopo nel suo uso, in quanto un’idea può essere usata in contesti diversi

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4) Problema dell’appropriabilità: nasce dal fatto che le idee hanno le proprietà di non-rivalità e non-esclusione (vale a dire, di beni pubblici) che implica difficoltà per l’inventore di appropriarsi i rendimenti della sua innovazione:

- Valutazione (fissazione di un prezzo sul mercato delle idee): è difficile valutare un’idea prima di conoscerla, quindi l’agente che compra l’idea sul mercato vuole conoscerla per valutarne il prezzo; però una volta che conosce l’idea, non ha più bisogno di comprarla!=> tendenza a sottovalutare le idee=> rendimenti bassi per l’inventore=> mancanza di incentivi all’innovazione

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- concorrenza: i rendimenti sociali dell’innovazione sono maggiori dei rendimenti privati

- Spillovers: si può ricavare l’innovazione dal prodotto che ne deriva => imitazione facile => quello che copia tira i benefici dell’innovazione senza pagarne il prezzo

Problema di politica: vogliamo la massima diffusione delle idee perché MC = 0 e ciò permette di sfruttare gli spillovers; però allora incentivi all’innovazione sono bassi

Tradeoff: diffusione / incentivi all’innovazione

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Strumenti di politica per risolvere i fallimenti del mercato delle idee:

1. Sussidio: l’inventore riceve un sussidio per abbassare i costi dell’innovazione; la diffusione è garantitaProblema: difficile verificare cosa l’impresa fa col sussidio, quindi può essere usato per altre cose; l’impresa riceve il sussidio e magari avrebbe investito comunque in ricerca (addizionalità)

2. Ricerca pubblica: realizzare tutta la ricerca nelle istituzioni pubbliche, con accesso alle idee a tutti; problemi sono addizionalità (programmi che sarebbero stati comunque realizzati nel privato) e priorità della ricerca che risultano da pressioni elettorali o di lobbies invece che da massimizzazione del benessere

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3. brevetti: proteggono l’invenzione per una certa durata (20-30 anni); come ad esempio nel settore farmaceutico. Problema = diffusione limitata (costosa)

=> Sono gli strumenti usati nell’UE sia a livello nazionale che europeo (sussidi della ricerca; ricerca pubblica a livello nazionale o nelle organizzazioni internazionali come l’Agenzia Europea dello Spazio; un brevetto europeo è stato creato solo nel 2004).

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b) Critica alla teoria neoclassica e nuovi strumenti:

Le raccomandazioni di politica tecnologica della teoria neoclassica derivano da 2 ipotesi fondamentali:

1. Tutta la conoscenza è informazione: codificabile e comunicabile a costo zero

2. Tutte le interazioni avvengono su mercati competitivi

Queste due ipotesi sono criticabili:

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Prima ipo: conosc = info- E’ un ipotesi restrittiva perché buona parte della

conoscenza è tacita (non codificabile e difficile da comunicare; esempio: sapere andare in bicicletta)

Se MC di trasmissione della conoscenza ≠ 0, allora ci possono essere rendimenti crescenti della conoscenza:

Machlup (1982), Scotchmer (1991) sostengono che più un agente inventa, maggiore la probabilità di inventare di nuovo

Infatti i rendimenti sono sia crescenti che decrescenti: duplicare il numero dei ricercatori non implica necessariamente una duplicazione dell’innovazione

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- MC di trasmissione della conoscenza ≠ 0 non solo perché parte della conoscenza è tacita, ma anche perché l’ “acquisto” di conoscenza è costoso: richiede degli investimenti in apprendimento, prova, comprensione, ecc.

La teoria evolutiva sostiene che il costo di acquisto della nuova conoscenza aumenta con la distanza tra la nuova conoscenza e la base di conoscenze. Esempio: costo ‘acquisto’ biotecnologie nel settore farmaceutico molto alto perché le nuove tecnologie rivoluzionano totalmente il modo di produrre le medicine

=> conseguenza: la conoscenza è un bene pubblico impuro (non rivale ma escludibile), la cui diffusione richiede costi di apprendimento e di transazione

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Seconda ipo: tutte le interazioni avvengono su mercati competitivi

Mercati competitivi: grande numero di acquirenti e venditori che non si conoscono; nessun costo di transazione, nessun problema di informazione, ecc.

Infatti le interazioni tra agenti coinvolti nel processo di innovazione non avvengono solo sui mercati:

- Possono firmare contratti bilaterali- La diffusione della conoscenza può anche avvenire

(almeno parzialmente) senza una transazione, durante conversazione tra individui che magari abitano la stessa città e s’incontrano oppure s’incontrano durante un seminario organizzato dalla loro associazione industriale; oppure ancora in legami tra centri di ricerca pubblici o università e imprese.

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La teoria evolutiva pone l’accento sul ruolo delle istituzioni e della prossimità nella diffusione della conoscenza e nei processi di creazione di conoscenza (innovazione)

Politiche tecnologiche raccomandate:

1. sempre sussidi alla R&S, brevetti, ricerca pubblica

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2. Soprattutto favorire le interazioni tra tutti gli agenti coinvolti nel processo d’innovazione (imprese, università, governo locale e nazionale, centri di ricerca, ecc.):

- legami imprese – università

- parchi scientifici (cluster)

Accento in Europa negli ultimi 15 anni, sia a livello nazionale che sovranazionale (e regionale)

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Gli attori dell’innovazione (imprese, centri di ricerca pubblici e non, autorità pubbliche che sostengono l’innovazione) e le loro relazioni costituiscono dei sistemi:

- A livello nazionale: il sistema innovativo nazionale

- A livello regionale: il sistema innovativo regionale

=> La politica tecnologica deve essere sistemica per funzionare, cioè deve, per funzionare, tener conto dei vari attori e dei loro legami.

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Esempio: politica regionale in Emilia-Romagna

Obiettivo: costituire e far funzionare il sistema innovativo regionale

Strumenti:- Aster, organizzazione che favorisce l’interazione

tra imprese, centri di ricerca (specialmente le università) e la autorità locali

- Sostegno alla cooperazione tra imprese innovative- Sostegno alla creazione d’imprese

dall’innovazione (sostegno agli spinoff) Valorizzazione della ricerca realizzata nella

regione

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5. Conclusioni

Politica tecnologica attuale è:

1. Sostegno finanziario (sussidi, oppure incoraggiamento dell’investimento in R&S, da parte di venture capitalist in particolare)

2. Protezione dei diritti di proprietà intellettuale: necessità di sistema dei brevetti efficiente, di modo che una nuova invenzione possa essere brevettata rapidamente a costo ragionevole); e internazionale, di modo che l’invenzione è riconosciuta subito in tutto il mondo (senza dover chiedere un brevetto in tutti i paesi del mondo)

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3. Una politica che favorisce i legami, le reti di relazioni, tra tutti gli attori del sistema innovativo (contatti importanti soprattutto se conoscenza non è solo informazione)

Nota: i legami non sono circoscritti alla regione o il paese: l’innovazione richiede (sempre più con la globalizzazione) legami internazionali, con imprese straniere e centri di ricerca in altri paesi

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La politica tecnologica europea

La Strategia di Lisbona pone accento particolare sulla necessità di sviluppare la R&S e l’innovazione nell’UE e di sostenere le PMI.

Vediamo qui la politica tecnologica e, in un terzo paragrafo, la politica per le PMI.

Strategia di Lisbona: obiettivo di arrivare, nel 2010, a spese di R&S nell’UE pari al 3% del PIL (circa 1,5% attualmente)

La politica tecnologica europea esiste dagli anni 1980. Ha due livelli d’azione:

- Livello europeo: programmi quadro con accento sul favorire la collaborazione e la creazione di reti

A livello europeo la politica è rivolta alle esternalità tra paesi

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- Livello nazionale: i paesi hanno vari programmi di spese pubbliche in R&S. Le azioni sono anche definite e implementate a livello sub-nazionale, cioè regionale e locale:Esempi:- creazione di parchi scientifici (locale; es. Ferrara)- Sistema d’innovazione regionale dell’Emilia-Romagna (con ruolo ASTER, coinvolgimento dell’università e delle imprese, promozione degli spinoffs, ecc.)

Alcuni studiosi sostengono che quello che manca in Europa non è tanto l’innovazione quanto la capacità di trasformare le innovazioni in successo commerciale.

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Perché la mancanza di commercializzazione dell’innovazione in Europa (rispetto agli Stati Uniti in particolare)?

Varie ragioni:1. Mancanza di spirito d’imprenditorialità: negli USA spesso la

commercializzazione delle innovazioni avviene con l’alleanza di uno scienziato con un manager che creano una nuova impresa; in Europa spesso gli scienziati non tirano prestigio dalla commercializzazione delle loro innovazioni

2. Mancanza di capitale ‘venture’: i.e. risorse finanziarie per imprese nuove e molto rischiose

3. Orientamento ricerca verso ricerca fondamentale (di base) più che verso ricerca applicata: mancano quindi le competenze per inventare un nuovo prodotto dalla ricerca di base

4. Sistema di diritti di proprietà: negli USA un scienziato pubblico può chiedere un brevetto per la sua invenzione; nell’UE è più difficile.

5. Frammentazione del mercato europeo che impedisce la realizzazione di progetti su grande scala.

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1. Approccio della politica tecnologica europeaCi sono 2 possibilità di intervento:1. orientamento: Le autorità provano ad anticipare i cambiamenti, definiscono

le industrie del futuro e forniscono l’informazione alle industrie

2. ‘inquadramento’:Le autorità forniscono le condizioni nelle quali la flessibilità e

l’adattabilità delle imprese sono incoraggiate. Bangemann: le autorità dovrebbero essere dei

“catalizzatori e dei pionieri dell’innovazione” Quindi identificazione delle tecnologie del futuro e

sostegno allo sviluppo di queste tecnologie.Problema definizione dei settori tecnologici:Dov’è l’high tech?Quali settori sono tecnologici?

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Definizione delle tecnologie del futuro: dibattito.a) Dibattito sulla natura strategica di alcuni settori:

Si può sostenere che è l’intero settore che è strategico: allora la politica dovrebbe essere mirata all’intero settore, dalla ricerca di base al prodotto.Si può sostenere che è solo la tecnologia che è strategica: la tecnologia generica è strategica: allora la politica dovrebbe essere mirata all’attività che ha delle applicazioni potenziali in un grande numero di settori.

b) Difficoltà di definizione della tecnologia generica:Definizione formale: una tecnologia è generica se è:- Una tecnologia generale, nel senso di coprire diversi

settori,- Generica nel senso di avere la capacità di generare

combinazioni tecnologiche molteplici.Esempi di tecno generiche: TCI, biotecnologie, tecnologia dei

materiali

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Ambiguità in pratica:Ogni impresa decide se una tecnologia è generica, a seconda

delle sue opzioni e arme strategiche.

UE:- Ha favorito la politica tecnologica orientata all’attività:

sussidio alla ricerca di base pre-competitiva (mentre la politica tecnologica orientata ai settori può ostacolare la concorrenza ai stadi finali di produzione)

- Ha deciso di definire le tecnologie generiche: considerando una tecnologia come generica se gli esperti dicono che lo è e se le imprese sono d’accordo su una sorta di standard comune.

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2. Storia della politica tecnologica europeaLa Comunità ha cominciato ad interessarsi alle industrie del

futuro dagli anni 1980 in poi (mentre prima la politica industriale era rivolta principalmente alle industrie in crisi).

L’Eurosclerosi e il gap tecnologico con gli USA spingono a questo cambiamento.

Base legale della politica tecnologica europea:1987 – AUE Titolo VI; ora Trattato della CE:Art 163: l’UE deve rafforzare la sua base scientifica e

tecnologica e incoraggiare la competitività internazionaleArt 165: La Commissione Europea e gli Stati Membri devono

coordinare la azioni nazionaliArt 166: L’UE adotta programmi quadro per i suoi progetti di

R&SArt 170: l’UE può collaborare con paesi esterni all’Unione o

con organizzazioni internazionali nell’implementazione dei suoi programmi di R&S di lungo termine.

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Sussidiarietà e politica tecnologica

L’azione a livello europeo è giustificata dai seguenti criteri:

- La ricerca contribuisce alla coesione economica e sociale

- Si realizzano programmi di ricerca su grande scala che un paese solo non riesce a finanziare

- I benefici sono comuni a tutti i paesi membri- Sfruttamento delle complementarietà tra le attività di

ricerca dei vari paesi- La ricerca contribuisce a costruire lo Spazio

Tecnologico Europeo.

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Le strategie della politica tecnologica europea sono definite nei Programmi Quadri (definiti per 5 anni):

- I PQ integrano e coordinano tutto l’aiuto alla R&S nell’UE

- I PQ definiscono gli obiettivi, le priorità e il bilancio per la R&S europea.

Il livello europeo spinge alla collaborazione in R&S.

Vantaggi e svantaggi della collaborazione delle imprese in R&S?

Cf. D’Aspremont e Jacquemin (1989) e lavori seguenti (di altri autori che arrichiscono il loro lavoro)

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Benefici della collaborazione in R&S:Privati:- Economie di scala (scala minima efficiente negli

investimenti di R&S)- Benefici dinamici: maggiore creazione di

conoscenze; innovazione più veloce (technology race)

- Condivisione dei rischi: spese distribuite tra le imprese; distribuzione delle risorse tra vari progetti; sinergie: combinazione di risorse complementari

Pubblici:- Messa insieme di informazioni pubbliche e private- Investimento in R&S nell’economia raggiunge

livello ottimale (inferiore al livello ottimale in assenza di collaborazione)

- Migliore diffusione dell’informazione

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Costi della collaborazione in R&S:Privati:- Stabilità degli accordi: alcune imprese potrebbero

partecipare per approfittare dell’accesso all’informazione ma con contributo minimo

- Difficile il coordinamento: le imprese hanno vari obiettivi, progetti, bisogni.

Pubblici:- La collaborazione in R&S può essere un mezzo per

l’impresa per controllare i concorrenti- Alcune imprese rimangono fuori: es. PMI- Possibilità che la collaborazione si estenda fino alle

fasi finali (antitrust)- La collaborazione in R&S può risultare nella

condivisione del mercato tra i ‘campioni nazionali’.

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Programmi europei della collaborazione in R&S:Volontari: es. Eureka, AirbusLe imprese e i governi scelgono se entrare o meno; non vi

è un finanziamento europeo ma finanziamento da parte delle imprese e dei governi che partecipano.

Vantaggi:- Flessibilità- No free-riding- Vicino al mercato e ai bisogni del consumatore- Partecipazione anche delle PMISvantaggi:- Non conduce alla riduzione delle disparità tra paesi- Ogni governo tende a favorire il suo ‘campione’

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Obbligatori: Programmi QuadroFinanziato dal bilancio europeo, partecipazione e accordo

di tutti i paesi membri necessari.Definiti per 5 anni, dal 1984:Primo PQ: 1984-87Secondo PQ: 1987-91Terzo PQ: 1990 – 94Quarto PQ: 1994-98Quinto PQ: 1998-2002Sesto PQ: 2002-2006Settimo PQ: 2007-13 (attualmente in corso di definizione)Il PQ definisce le tecnologie del futuro e il finanziamento

per ciascuna.Ricercatori di enti privati e pubblici e imprese possono

presentare dei progetti di ricerca; i progetti vengono selezionati dalla Commissione Europea e quelli scelti, finanziati.

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I PQ includono anche programmi specifici come:ESPRIT (dal 1983): R&S in tecnologie

dell’informazioneRACE: tecnologie dell’informazione avanzate (reti di

telecomunicazioni nell’UE)BRITE (dal 1985): tecnologie industriali (favorire

introduzione di nuove tecnologie nelle industrie tradizionali)

BRIDGE: biotecnologieEURAM: nuovi materialiJESSI: chips & semi-conductors

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La politica tecnologica europea in pratica è un consenso tra le visioni divergenti dei paesi membri:

La cooperazione è incoraggiata, con antitrust per assicurare che la collaborazione non si estenda fino alle fasi finali della produzione.

Un quadro legislativo è fornito per stabilizzare la collaborazione.

Lo strumento principale è il sussidio in programmi comuni di R&S.

Lo Spazio Tecnologico EuropeoProposto dalla Commissione Europea nel 2000.Obiettivo: rafforzare la collaborazione in R&S e

coordinare gli sforzi nazionaliStrumento: 6° PQ Nuovo concetto per denominare obiettivi e azioni già

esistenti

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Valutazione politica tecnologica europea?

Esistono pochi studi che valutano la politica tecnologica condotta in Europa:

- Caloghirou, Ioannides e Vonortas (2003): mostrano che le politiche di collaborazione in R&S variano molto da paese membro e paese membro (da poca attenzione nel RU a programmi forti in Francia e Spagna). Non misurano l’effetto dei programmi sull’economia

- Luukkonen (2002) valuta la ricerca realizzata nel quadro dei PQ in Finlandia; trova effetto positivo, anche se rischio dei programmi di collaborazione sono collusione sui mercati dei prodotti e addizionalità

- Cosa si può dire?

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Negativo:La gap tecnologico con Stati Uniti e Giappone esiste

ancoraAddizionalità difficile da valutareParchi scientifici e altre reti: alcune esperienze di

successo (Heidelberg, Sophia Antipolis, Cambridge, Leuven) ma anche fallimenti: manca ricerca per capire i fattori e condizioni di successo

Positivo:L’UE è sempre nella corsa tecnologicaI programmi europei hanno aiutato a creare reti di

ricerca tra imprese e tra imprese e università di vari paesi membri

I programmi europei hanno contribuito a definire priorità e tecnologie generiche a livello europeo