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Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (Terza parte)
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 EDUCAZIONE E TRATTAMENTO -------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 I METODI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (Terza parte)
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Educazione e trattamento
Inizia la terza ed ultima lezione sui disturbi pervasivi dello sviluppo; quella che dovrebbe
essere incentrata sull’operatività. Ricette non ce ne sono (lo sappiamo bene). Agire con un allievo
con disturbo pervasivo dello sviluppo è sempre una grande, grande sfida. Può essere opportuno
iniziare con una citazione.
"Anzitutto un bambino autistico ha bisogno di amore, proprio come chiunque altro. (...)
Sarebbe desiderabile che fosse fornito un ambiente strutturato, senza badare all'età e al livello
intellettivo. (...) Un approccio all'insegnamento che sia fermo, tranquillo e rassicurante va bene per
i bambini autistici nello stesso modo in cui è raccomandabile per qualsiasi altro bambino. Gli
insegnanti dotati sono un lusso raro, ma se persone del genere si prendono cura di un bambino
autistico l'effetto può essere eccellente. Possono essere insegnate molte cose, nei limiti delle
capacità del bambino: il linguaggio, il comportamento sociale, le abilità scolastiche, conoscenze
sul mondo, le tecniche artistiche, la cura della casa e della salute e specifiche abilità lavorative.
Nella mia personale esperienza sono stata colpita dalla capacità e dalla devozione di molti
genitori, insegnanti e terapisti che hanno ottenuto risultati pur senza credere nei miracoli. Posso
anche comprendere come dei genitori disperati siano stati catturati da "campagne" pubblicitarie
che costituiscono solo un danno per la riabilitazione. Va ricordato che questo, dopotutto, è un
affare di miliardi.
Ci vuole ancora molto perché si arrivi a formulare raccomandazioni precise basate su una
solida base scientifica. Non possiamo attendere una pillola magica o una scorciatoia segreta verso
la normalità. È invece ancora una buona idea quella di proseguire con i migliori metodi disponibili
di educazione e cura. È altresì necessario considerare criticamente quei trattamenti che si basano
su fondamenti cosiddetti scientifici, ma non dimostrati e che fanno un gran danno senza aiutare
affatto il bambino. Quando l'efficacia e il successo sono garantiti da persone di successo, allora è
chiaro che mancano le prove scientifiche! (...)
Questo deficit è di natura più simile alla cecità o alla sordità che, diciamo, alla timidezza.
Immaginate di crescere un bambino cieco senza che vi rendiate conto che è cieco. E' facile che ci si
spazientisca con un bambino che urta continuamente le cose! Un bambino non apprende bene da
un insegnante impaziente o nervoso. Quindi è importante per tutti gli insegnanti, i terapisti, i
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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genitori e gli amici avere una qualche conoscenza della natura del deficit". (Uta Frith 1989; pp.
226-227).
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)
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2 I metodi
Molteplici sono gli approcci abilitativi ed educativi. Il più famoso è il metodo TEACCH
(Treatment and Education of Autistic and related Communication handicapped Children), utilizzato
da più di 40 anni, nato in Carolina del Nord e diretto da Eric Schopler. 1
Invece di fornire un elenco di metodi di intervento2, mi sembra opportuno proporre alcune
riflessioni di base.
1. Ogni intervento richiede innanzitutto il coordinamento di tre diversi tipi di
conoscenze: lo sviluppo normale, quello degli individui con ritardo mentale (nella
grande maggioranza dei casi) e quello che caratterizza i disturbi pervasivi dello
sviluppo (socializzazione, comunicazione, interessi). Non si può essere esperti di
disturbo autistico, senza conoscere molto bene lo sviluppo tipico e quello in caso di
ritardo mentale.
2. Poiché è fondamentale un programma mirato che veda il coinvolgimento di familiari,
insegnanti ed operatori socio-sanitari, è necessario un operatore che si assuma la
responsabilità di seguire il caso per favorire la definizione del programma, il suo
monitoraggio e il coinvolgimento di tutti.
3. È utile un ambiente strutturato e familiare, che non solo sia fonte di tranquillità, ma
che in quanto conosciuto costituisca lo “sfondo” che meglio permette la
comunicazione. Questa condizione, facilmente realizzabile negli ambienti in cui si fa
abilitazione, costituisce una autentica sfida (da cogliere) nell’ambiente scolastico se
si cerca, come è auspicabile, di far restare l’allievo con disturbo pervasivo dello
sviluppo il più possibile in classe. L’obiettivo di eliminare le fonti di distrazione può
essere irraggiungibile in una classe attiva. Risulta allora cruciale creare punti di
riferimento stabili e sempre raggiungibili: uno o più contenitori vicino alla cattedra
dove prendere o porre i simboli, un luogo riservato dove si trovano le figure critiche.
Cruciale può essere il ruolo dell’insegnante di sostegno nel suo essere non elemento
1 Per approfondimenti si può iniziare, in lingua italiana, con Schopler, E., Mesibov, G. B. (1995), Maurice, 1996; Cumine, Leach, Stevenson, 2000. 2 In Cumine, Leach e Stevenson (2000) oltre al metodo TEACCH, ne sono descritti altri 12, basati ad esempio sull’interazione intensiva, sulla musica, sull’uso di figure per comunicare, sulle metodiche comportamentali, sul
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di separazione (segue solo lui o lei), ma strumento attivo per recuperare sempre i
punti di riferimento che rendono l’ambiente familiare e quindi non sconosciuto.
4. Rispetto a molte situazioni di ritardo mentale (almeno quelle non gravi) è necessaria
una competenza specifica nelle modalità di comunicazione aumentativa ed
alternativa, al fine di ovviare alle (spesso gravi) carenze linguistiche con
comunicazioni che si realizzano con la mediazione di figure (ad esempio la figura di
un bicchiere d’acqua per comunicare che si ha sete), simboli (di cibo, ad esempio) o
azioni (ad esempio mettere un gettone in un contenitore per far capire che si è finito
un compito o prenderlo per far capire che lo si vuol iniziare e si ha bisogno del
materiale).
5. Importante è anche la strutturazione delle attività tipiche (ad esempio mettere degli
oggetti nei propri contenitori) con comportamenti, figure o simboli che danno i tempi
dell’inizio, del lavoro e della fine. Questo riduce l’imprevedibilità e scandisce il
dosaggio delle energie.
6. È necessaria esperienza, competenza e sensibilità particolare per dare significato a
molti comportamenti che sembrano assurdi e non collegati con il contesto.
Sono opportuni alcuni esempi, ripresi (molto semplificati) da Cumine, Leach e Stevenson
(2000).
• Justin, di 3 anni, non riuscendo a comunicare, sbatteva la testa ... al fine di far cessare
situazioni per lui fonte di stress.
• Bashar, di 3 anni, metteva in atto comportamenti come far cadere le piante dal
davanzale ... perché disorientato da troppa luminosità e da colori troppo vivaci nelle
stanze dell’Asilo Nido.
• Joshua, di 5 anni, voleva scappare dalla scuola ... perché non riusciva a sostenere le
relazioni sociali con i compagni.
7. Si deve sempre considerare con molta attenzione l’ipotesi che l’allievo con disturbo
autistico rischi di essere molto disturbato da quello che per lui può essere un
“bombardamento sensoriale”, mentre per altri richiede un semplice coordinamento di
percezioni legate a sensi diversi.
coinvolgimento soprattutto dei genitori, sul lavoro di gruppo, sul training di integrazione uditiva, su particolari diete,
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8. Si deve tenere nella più ampia considerazione la possibilità che il linguaggio verbale
sia per la persona con autismo molto impegnativo. Bisogna fare attenzione a non
parlargli troppo e/o troppo velocemente.
9. Come emerso nei paragrafi precedenti il comportamento dell’individuo con autismo
non deve ingannare e non deve portare a sottovalutare (ma nemmeno sopravvalutare)
la presenza di emozioni e sentimenti per molti aspetti paragonabili ai nostri.
10. Fondamentale è il counselling alle famiglie: mirato e continuo. Mi sembra opportuno
sottolinearlo perché mi pare che nella prassi italiana, rispetto all’intervento diretto
con il bambino o il ragazzo, esso sia molto sacrificato.3
farmaci e lenti colorate. 3 Ho cercato di considerare in questo elenco solo punti critici e specifici. Ho evitato, credo opportunamente, molte altre riflessioni, valide per ogni intervento educativo o abilitativo (ad esempio considerare l’importanza dell’autostima, proporre compiti adeguati alle possibilità, quando utilizzare opportune tecniche di rinforzo) o per il ritardo mentale in generale (considerare che l’area di apprendimento potenziale è minore che nei normodotati, che le aspettative di successo sono inferiori ecc.).