L'evolutione degli ammassi di...

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L'evolutione degli ammassi di galassie di J. Patrick Henry, lilrich G. Briel e Hans Bòhringer Gli oggetti più massicci dell'universo sono immensi agglomerati di galassie e gas che si sono aggregati lentamente nel corso di miliardi di anni; ma questo processo potrebbe essere prossimo alla fine I o Stanacomete reale era impegnato a seguire la sua preda. La notte J del 15 aprile 1779, Charles Messier scrutava dal suo osservatorio parigino la grande cometa che passava lentamente fra le costellazioni della Vergine e della Chioma di Berenice nel suo viaggio attraverso il sistema solare. Era stata la fama di Messier come abi- lissimo cercatore di comete a ispirare lo scherzoso nomignolo a re Luigi XV, ma quella notte l'astronomo entrò nel- la storia per un motivo ben diverso. Egli notò tre chiazze vaporose che so- migliavano a comete, ma restavano nella stessa posizione una notte dopo l'altra; le aggiunse così al suo elenco di «impostori», per poterle riconoscere e non essere sviato nel suo vero lavoro, la ricerca di comete. In seguito egli commentò che una piccola regione al confine tra Vergine e Chioma contene- va ben 13 delle 109 chiazze immobili che, con l'aiuto di Pierre Mechain, ave- va finito per identificare: gli oggetti Messier ora notissimi agli astronomi, professionisti o dilettanti che siano. Come spesso accade in astronomia, Messier trovò qualcosa di completa- mente diverso da ciò che cercava: aveva scoperto il primo di quelli che sono gli oggetti più massicci dell'universo, tenu- ti uniti dalla loro stessa attrazione di gravità: gli ammassi di galassie. Si trat- ta di enormi agglomerati, corrispon- denti a ciò che le galassie stesse sono per le stelle. A livello di organizzazione cosmica, sono quanto di più enorme e- sista, a parte l'universo nel suo insieme. Lo studio degli ammassi di galassie è quanto di più vicino sia possibile a uno studio dell'universo dall'esterno. Dato che un ammasso contiene stelle e galas- sie di tutte le età e tipi, è un campione medio di materia cosmica, compresa la materia oscura che, pur non essendo osservabile, con la sua presenza deter- mina i moti visibili degli oggetti celesti. E dato che un ammasso è il risultato dell'azione della gravità su scale im- mense, la sua struttura ed evoluzione sono legate a quelle dell'universo stes- so. Lo studio degli ammassi può così fornire elementi per chiarire tre fonda- mentali problemi cosmologici: la com- posizione, l'organizzazione e il destino dell'universo. Due galassie luminose nell'ammasso della Chioma di Berenice, una ellittica (in alto a sinistra) e l'altra a spirale (in alto a de- stra), appaiono in questa immagine com- posita realizzata nel 1994 dallo Hubble Space Telescope. L'ammasso della Chio- ma, che si trova a circa 300 milioni di an- ni luce di distanza, fu uno dei primi am- massi di galassie a essere identificato. La maggior parte delle altre macchioline so- no galassie situate ancora più lontano. Alcuni anni dopo le osservazioni di Messier a Parigi, William Herschel e sua sorella Caroline cominciarono a esaminare gli oggetti Messier dal loro giardino in Inghilterra. Incuriositi, de- cisero di cercare se ve ne erano altri e, usando telescopi notevolmente miglio- ri del loro predecessore francese, sco- prirono oltre 2000 chiazze sfumate, di cui 300 solo nell'ammasso della Vergi- ne. William e suo figlio John notarono che questi oggetti tendevano a riunirsi in gruppi sulla volta celeste. Che cosa poteva organizzarli nelle strutture che si osservavano? Un secondo problema emerse negli anni trenta, quando Fritz Zwicky e Sinclair Smith misurarono la velocità delle galassie nell'ammasso della Ver- gine e in un altro un po' più distante, situato nella Chioma. Proprio come i pianeti orbitano intorno al centro di massa del sistema solare, le galassie or- bitano intorno al centro di massa del loro ammasso. Ma le velocità misurate delle galassie erano così elevate che la loro massa totale non bastava a fornire l'attrazione gravitazionale necessaria per tenere unito l'ammasso. La massa contenuta negli ammassi doveva essere quasi 100 volte superiore a quella di tutte le galassie visibili; in caso contra- rio, queste sarebbero da lungo tempo sfuggite all'ammasso. La conclusione inevitabile era che gli ammassi doveva- ro essere costituiti in gran parte da ma- teria invisibile, «oscura». Ma di che ti- po era questa materia? Questi due misteri - la distribuzione non omogenea delle galassie nello spa- zio e la natura ignota della materia oscura - continuano a lasciare perplessi gli astronomi. Il primo divenne partico- larmente spinoso dopo la scoperta, a metà degli anni sessanta, della radiazio- ne cosmica di fondo a microonde. Que- sta radiazione, un'«istantanea» dell'u- niverso dopo il big bang e prima della formazione di stelle e galassie, è quasi perfettamente uniforme. Le sue minu- scole disomogeneità si sono accresciute fino a generare le strutture attuali, ma il processo non è ancora chiaro. Quanto alla materia oscura, gli astronomi oggi ne sanno un po' di più che all'epoca di Zwicky, ma sono tuttora nell'imbaraz- zante posizione di non sapere da che cosa è composta gran parte dell'univer- so (si veda l'articolo La materia oscura dell'universo di Lawrence M. Krauss in «Le Scienze» n. 222, febbraio 1987). Luce dalla materia oscura Stimolate da questi perduranti e- nigmi, le scoperte sugli ammassi di ga- lassie si sono intensificate negli ultimi 40 anni. Oggi se ne conoscono circa 10 000. George Abell compilò il primo ampio elenco all'inizio degli anni cin- quanta, basandosi sulle lastre fotogra- fiche del cielo settentrionale realizzate presso il Palomar Observatory, in Ca- lifornia. Prima degli anni settanta, gli astronomi erano ormai convinti di comprendere almeno le proprietà di base degli ammassi: questi erano og- getti stabili e immutabili, costituiti da galassie in moto a elevata velocità, le- gate gravitazionalmente da quantità immense di materia oscura. Poi, nel 1970, il satellite Uhuru ( «li- bertà» in swahili), così chiamato in onore del suo sito di lancio in Kenya, cominciò a effettuare osservazioni nella banda dei raggi X. Edwin M. Kellogg, Herbert Gursky e colleghi della Ameri- can Science and Engineering, una pic- cola società del Massachusetts, punta- rono Uhuru verso gli ammassi della Vergine e della Chioma. Scoprirono co- sì che gli ammassi consistono non solo di galassie, ma anche di enormi quan- tità di gas che si estendono nello spazio intergalattico. Il gas è troppo rarefatto per essere osservato nel visibile, ma è così caldo - oltre 25 milioni di gradi - da emettere raggi X. In breve, gli astronomi avevano tro- vato una parte della materia oscura, pari al 20 per cento della massa. Seb- bene questo gas non sia sufficiente a ri- solvere definitivamente il mistero della materia oscura, rappresenta comunque una massa superiore al totale di tutte le galassie. In un certo senso, il termine «ammasso di galassie» non è corretto: questi oggetti sono agglomerati di gas nei quali le galassie sono inglobate co- me i semi in un'anguria (si veda l'arti- colo Ammassi di galassie ricchi di Paul Gorenstein e Wallace Tucker in «Le Scienze» n. 125, gennaio 1979). Dall'inizio degli anni settanta, le e- missioni nei raggi X sono state analiz- zate da altri satelliti, come l'Einstein X- -Ray Observatory, il Roentgen Satelli- 40 LE SCIENZE n. 366, febbraio 1999 LE SCIENZE n. 366, febbraio 1999 41

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•L'evolutione degli ammassi di galassiedi J. Patrick Henry, lilrich G. Briel e Hans Bòhringer

Gli oggetti più massicci dell'universosono immensi agglomerati di galassie e gasche si sono aggregati lentamente nel corso

di miliardi di anni; ma questo processopotrebbe essere prossimo alla fine

I o Stanacomete reale era impegnatoa seguire la sua preda. La notte J del 15 aprile 1779, CharlesMessier scrutava dal suo osservatorioparigino la grande cometa che passavalentamente fra le costellazioni dellaVergine e della Chioma di Berenice nelsuo viaggio attraverso il sistema solare.Era stata la fama di Messier come abi-lissimo cercatore di comete a ispirarelo scherzoso nomignolo a re Luigi XV,ma quella notte l'astronomo entrò nel-la storia per un motivo ben diverso.Egli notò tre chiazze vaporose che so-migliavano a comete, ma restavanonella stessa posizione una notte dopol'altra; le aggiunse così al suo elenco di«impostori», per poterle riconoscere enon essere sviato nel suo vero lavoro,

la ricerca di comete. In seguito eglicommentò che una piccola regione alconfine tra Vergine e Chioma contene-va ben 13 delle 109 chiazze immobiliche, con l'aiuto di Pierre Mechain, ave-va finito per identificare: gli oggettiMessier ora notissimi agli astronomi,professionisti o dilettanti che siano.

Come spesso accade in astronomia,Messier trovò qualcosa di completa-mente diverso da ciò che cercava: avevascoperto il primo di quelli che sono glioggetti più massicci dell'universo, tenu-ti uniti dalla loro stessa attrazione digravità: gli ammassi di galassie. Si trat-ta di enormi agglomerati, corrispon-denti a ciò che le galassie stesse sonoper le stelle. A livello di organizzazionecosmica, sono quanto di più enorme e-

sista, a parte l'universo nel suo insieme.Lo studio degli ammassi di galassie è

quanto di più vicino sia possibile a unostudio dell'universo dall'esterno. Datoche un ammasso contiene stelle e galas-sie di tutte le età e tipi, è un campionemedio di materia cosmica, compresa lamateria oscura che, pur non essendoosservabile, con la sua presenza deter-mina i moti visibili degli oggetti celesti.E dato che un ammasso è il risultatodell'azione della gravità su scale im-mense, la sua struttura ed evoluzionesono legate a quelle dell'universo stes-so. Lo studio degli ammassi può cosìfornire elementi per chiarire tre fonda-mentali problemi cosmologici: la com-posizione, l'organizzazione e il destinodell'universo.

Due galassie luminose nell'ammasso dellaChioma di Berenice, una ellittica (in altoa sinistra) e l'altra a spirale (in alto a de-stra), appaiono in questa immagine com-posita realizzata nel 1994 dallo HubbleSpace Telescope. L'ammasso della Chio-ma, che si trova a circa 300 milioni di an-ni luce di distanza, fu uno dei primi am-massi di galassie a essere identificato. Lamaggior parte delle altre macchioline so-no galassie situate ancora più lontano.

Alcuni anni dopo le osservazioni diMessier a Parigi, William Herschel esua sorella Caroline cominciarono aesaminare gli oggetti Messier dal lorogiardino in Inghilterra. Incuriositi, de-cisero di cercare se ve ne erano altri e,

usando telescopi notevolmente miglio-ri del loro predecessore francese, sco-prirono oltre 2000 chiazze sfumate, dicui 300 solo nell'ammasso della Vergi-ne. William e suo figlio John notaronoche questi oggetti tendevano a riunirsiin gruppi sulla volta celeste. Che cosapoteva organizzarli nelle strutture chesi osservavano?

Un secondo problema emerse neglianni trenta, quando Fritz Zwicky eSinclair Smith misurarono la velocitàdelle galassie nell'ammasso della Ver-gine e in un altro un po' più distante,situato nella Chioma. Proprio come ipianeti orbitano intorno al centro dimassa del sistema solare, le galassie or-bitano intorno al centro di massa delloro ammasso. Ma le velocità misuratedelle galassie erano così elevate che laloro massa totale non bastava a fornirel'attrazione gravitazionale necessariaper tenere unito l'ammasso. La massacontenuta negli ammassi doveva esserequasi 100 volte superiore a quella ditutte le galassie visibili; in caso contra-rio, queste sarebbero da lungo temposfuggite all'ammasso. La conclusioneinevitabile era che gli ammassi doveva-ro essere costituiti in gran parte da ma-teria invisibile, «oscura». Ma di che ti-po era questa materia?

Questi due misteri - la distribuzionenon omogenea delle galassie nello spa-zio e la natura ignota della materiaoscura - continuano a lasciare perplessigli astronomi. Il primo divenne partico-larmente spinoso dopo la scoperta, ametà degli anni sessanta, della radiazio-ne cosmica di fondo a microonde. Que-sta radiazione, un'«istantanea» dell'u-niverso dopo il big bang e prima dellaformazione di stelle e galassie, è quasiperfettamente uniforme. Le sue minu-scole disomogeneità si sono accresciutefino a generare le strutture attuali, ma ilprocesso non è ancora chiaro. Quantoalla materia oscura, gli astronomi oggine sanno un po' di più che all'epoca diZwicky, ma sono tuttora nell'imbaraz-zante posizione di non sapere da checosa è composta gran parte dell'univer-so (si veda l'articolo La materia oscuradell'universo di Lawrence M. Krauss in«Le Scienze» n. 222, febbraio 1987).

Luce dalla materia oscura

Stimolate da questi perduranti e-nigmi, le scoperte sugli ammassi di ga-lassie si sono intensificate negli ultimi40 anni. Oggi se ne conoscono circa10 000. George Abell compilò il primoampio elenco all'inizio degli anni cin-quanta, basandosi sulle lastre fotogra-fiche del cielo settentrionale realizzatepresso il Palomar Observatory, in Ca-lifornia. Prima degli anni settanta, gliastronomi erano ormai convinti dicomprendere almeno le proprietà dibase degli ammassi: questi erano og-getti stabili e immutabili, costituiti dagalassie in moto a elevata velocità, le-gate gravitazionalmente da quantitàimmense di materia oscura.

Poi, nel 1970, il satellite Uhuru ( «li-bertà» in swahili), così chiamato inonore del suo sito di lancio in Kenya,cominciò a effettuare osservazioni nellabanda dei raggi X. Edwin M. Kellogg,Herbert Gursky e colleghi della Ameri-can Science and Engineering, una pic-cola società del Massachusetts, punta-rono Uhuru verso gli ammassi dellaVergine e della Chioma. Scoprirono co-sì che gli ammassi consistono non solodi galassie, ma anche di enormi quan-tità di gas che si estendono nello spaziointergalattico. Il gas è troppo rarefattoper essere osservato nel visibile, ma ècosì caldo - oltre 25 milioni di gradi -da emettere raggi X.

In breve, gli astronomi avevano tro-vato una parte della materia oscura,pari al 20 per cento della massa. Seb-bene questo gas non sia sufficiente a ri-solvere definitivamente il mistero dellamateria oscura, rappresenta comunqueuna massa superiore al totale di tutte legalassie. In un certo senso, il termine«ammasso di galassie» non è corretto:questi oggetti sono agglomerati di gasnei quali le galassie sono inglobate co-me i semi in un'anguria (si veda l'arti-colo Ammassi di galassie ricchi di PaulGorenstein e Wallace Tucker in «LeScienze» n. 125, gennaio 1979).

Dall'inizio degli anni settanta, le e-missioni nei raggi X sono state analiz-zate da altri satelliti, come l'Einstein X--Ray Observatory, il Roentgen Satelli-

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L'ammasso della Chioma ha un aspetto ben diverso se osservato nel visibile (a sinistra) enei raggi X (a destra). In luce visibile appare come un agglomerato di galassie, ma neiraggi X è un'immensa sfera di gas caldo del diametro di circa cinque milioni di anni luce.

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DI RAFFREDDAO n

L'assorbimento di gruppi di galassie permette a un ammasso dicrescere fino a raggiungere dimensioni gigantesche. Attrattodalla gravità, il gruppo collide con l'ammasso, spostando il gasverso i lati. Le galassie passano attraverso l'ammasso, senza

trovare impedimento nel gas rarefatto. Alla fine, galassie e gassi mescolano, formando un ammasso unificato che continuaad attrarre ulteriori gruppi di galassie fino a che non ve ne so-no più nelle vicinanze.

PRIMA DELLA FUSIONEAMMASSO

GALASSIE

GRUPPO

GAS SPOSTATO

DAL GRUPPO AVANZANTE

DURANTE LA FUSIONE

Misurare la temperaturaDa quando hanno ottenuto le prime

buone immagini nei raggi X, all'iniziodegli anni ottanta, gli astronomi cerca-no di misurare la variazione della tem-peratura del gas entro gli ammassi. Macompiere queste misurazioni è conside-revolmente più difficile che ottenereimmagini, perché è necessario analiz-zare lo spettro X per ciascun puntodell'ammasso. Solo nel 1994 si ebberole prime mappe di temperatura.

Queste hanno dimostrato che la for-mazione degli ammassi è un processoviolento. Le immagini di Abell 2256,per esempio, mostrano che l'emissionenei raggi X non ha uno, bensì due pic-chi: quello occidentale è leggermenteappiattito, il che fa supporre che ungruppo di galassie in collisione conl'ammasso principale abbia sospintomateria di fronte a sé proprio come fauno spazzaneve. Una mappa di tempe-ratura conferma questa interpretazione(si veda l'illustrazione nella pagina afronte). Si è visto che il picco occiden-tale è relativamente freddo; la sua tem-peratura è caratteristica di quella delgas all'interno di gruppi di galassie.Dato che questi ultimi sono più piccolidegli ammassi, le forze gravitazionalial loro interno sono inferiori; ne conse-gue che la velocità delle molecole digas che vi si trovano - che equivale allaloro temperatura - è più bassa.

Un tipico gruppo di galassie ha unamassa pari a 50 000 miliardi di unitàsolari e una temperatura di 10 milionidi gradi. Per confronto, un tipico am-masso è pari a un milione di miliardi dimasse solari e ha una temperatura di75 milioni di gradi; l'ammasso più pe-sante conosciuto ha una massa cinquevolte superiore e una temperatura qua-

si tre volte più alta di quello «medio».Due regioni molto calde di Abell

2256 sono visibili lungo una linea per-pendicolare alla direzione di moto pre-sunta del gruppo di galassie entrante.L'elevata temperatura sembra esseredovuta al fatto che la materia sospintain avanti da quest'ultimo sguscia fuoriverso i lati e collide con il gas dell'am-masso principale. In effetti, queste os-servazioni confermano i modelli al cal-colatore della fusione di gruppi di ga-lassie. Il gruppo dovrebbe penetrare fi-no al centro dell'ammasso in diversecentinaia di milioni di anni; perciò,Abell 2256 è ancora nelle prime fasidella fusione.

Gli stadi più avanzati del processosono evidenti in un altro ammasso, A-beti 754, il quale presenta due caratte-ristiche peculiari. In primo luogo, leimmagini nel visibile mostrano che legalassie si raccolgono in due aggregati;inoltre le osservazioni nei raggi X rive-lano una struttura a barra da cui il gascaldo si espande a ventaglio. Uno degliaggregati di galassie si trova nella zonadella barra e l'altro ai margini della re-gione di alta temperatura a ovest.

I teorici spiegano questa strutturacon un'analogia. Si immagini di gettarein una piscina un pallone pieno d'ac-qua che contiene anche qualche sassoli-no. Il pallone rappresenta il gruppo chesta subendo fusione: l'acqua è il gas e isassolini sono le galassie, mentre la pi-scina corrisponde all'ammasso princi-pale. Quando il pallone colpisce l'ac-qua, si rompe. L'acqua in esso contenu-ta rimane in superficie e si miscela mol-to lentamente, ma i sassolini possonocadere fino in fondo alla piscina. Unprocesso simile sembra sia avvenuto inAbell 754. Il gas del gruppo entrante èstato bloccato dal gas dell'ammasso,mentre le galassie attraversavano l'am-masso fino al margine opposto.

Un terzo ammasso, Abell 1795, mo-stra l'aspetto di uno di questi oggettimiliardi di anni dopo un episodio difusione. Il suo margine esterno è per-fettamente regolare e la temperatura èquasi uniforme, a indicazione del fattoche esso ha assimilato tutti i gruppi digalassie inglobati, raggiungendo l'equi-librio. L'eccezione è la regione freddaposta proprio nel centro. Qui si hannotemperature più basse perché il gas èdenso e quindi emette raggi X in modopiù efficiente di un gas rarefatto. Se ri-mane indisturbato per due o tre miliar-di di anni, questo gas può irradiaregran parte della propria energia inizia-le e raffreddarsi.

Via via che il gas si raffredda, si ac-cumula materia «tiepida», in quantitàsufficiente a formare un'intera nuovagalassia. Allora, dove è finita tutta que-

O

MATERIA DISLOCA

Tre ammassi di galassie in differenti stadi di evoluzione sono mostrati in queste im-magini nei raggi X (colonna di sinistra) e nelle relative mappe di temperatura (colon-na di destra). Il primo ammasso, Abell 2256, sta inghiottendo attivamente un picco-lo gruppo di galassie, che è identificato dalla sua temperatura relativamente bassa.Sulla mappa il rosso corrisponde a materia comparativamente fredda, l'arancione amateria a temperatura intermedia e il giallo alla più calda.

CENTRO DELL'AMMASSO GRUPPO DI GALASSIE

Il secondo ammasso, Abell 754, è già di diverse centinaia di milioni di anni più evolu-to nel processo di «digestione» di un gruppo di galassie. Quest'ultimo è probabil-mente penetrato nell'ammasso da sud-est, perché l'ammasso appare allungato inquella direzione. Le galassie del gruppo si sono separate dal gas loro associato e sonopassate attraverso l'ammasso.

Il terzo ammasso, Abeti 1795, ha avuto il suo ultimo «pasto» diversi miliardi di annifa. Sia la luminosità nei raggi X sia la temperatura del gas sono simmetriche. Nel cen-tro dell'ammasso vi è una zona più fredda, una regione di gas denso che ha perso perirradiazione gran parte del proprio calore.

te (ROSAT) e l'Advanced Satellite forCosmology and Astrophysics (ASCA).Per le nostre ricerche ci basiamo preva-lentemente su ROSAT, il primo tele-scopio a raggi X a registrare immaginidi tutto il cielo. Esso è adatto all'osser-vazione di grandi oggetti diffusi comegli ammassi di galassie, ed è ora impe-gnato a realizzare immagini dettagliatedelle regioni più interessanti. Grazie aquesta nuova tecnologia, gli astronomihanno potuto ampliare le scoperte diMessier, Zwicky e altri pionieri.

Quando viene osservato nei raggi X,l'ammasso della Chioma ha una formagrosso modo regolare, con alcune pro-tuberanze (si veda l'illustrazione a sini-stra in basso a pagina 44) che sembra-no essere raggruppamenti di galassie,vale a dire ammassi in miniatura. Unaprotuberanza nella zona sudorientalesta ritraendosi nel corpo dell'ammas-so, dove già se ne vedono altre. L'am-masso della Vergine, in confronto, ap-pare amorfo. Sebbene in esso vi sianoregioni di intensa emissione nei raggi

X, questi punti brillanti sono prodottida alcune delle galassie di Messier an-ziché da agglomerati di gas (si veda l'il-lustrazione a destra in basso a pagina44). Solo la regione centrale nella partesettentrionale dell'ammasso della Ver-gine ha una struttura quasi simmetrica.

Queste immagini nei raggi X hannocondotto gli astronomi a concludereche gli ammassi si formino dall'aggre-gazione di gruppi di galassie. Le protu-beranze nel corpo principale dell'am-masso della Chioma presumibilmenterappresentano gruppi che sono già statiattratti, ma non ancora pienamente as-similati. L'ammasso della Vergine sem-bra essere in uno stadio evolutivo piùprecoce: sta ancora attraendo la mate-ria circostante e, alla velocità attuale,impiegherà qualche miliardo di anniper assomigliare a quello della Chioma.Questa visione dinamica di ammassiche «inghiottono» e «digeriscono» lamateria vicina è in assoluto contrastocon l'immagine statica accettata dagliastronomi fino a pochi anni fa.

O GRUPPODI GALASSIE

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Dall'evoluzione degli ammassi all'evoluzione cosmica

Fin dal big bang, l'universo è andato espandendosi: tutti gli og-getti che non sono legati l'uno all'altro dalla gravità o da qualche

altra forza si allontanano costantemente. Ma l'espansione cosmicacontinuerà per sempre o la forza di gravità esercitata da tutta la ma-teria dell'universo sarà sufficiente a bloccarla? I tentativi tradizionalidi rispondere a questa domanda hanno fatto naufragio perché im-pongono di calcolare con esattezza la quantità totale di materia nel-l'universo: un compito difficile, dato che la maggior parte di essa èmateria oscura invisibile.

Ora vi è un nuovo approc-cio, reso possibile dallo studiodell'evoluzione degli ammassidi galassie. Col tempo, questisi accrescono inglobando ma-teria, finché non ne rimanepiù nel raggio d'azione dellaloro gravità. Quanto più gran-de è la quantità di materia di-sponibile, tanto più veloce-mente essi possono accrescer-si, raggiungendo anche di-mensioni maggiori. Se l'uni-verso contiene abbastanzamateria da bloccarne l'espan-sione, allora quattro miliardi dianni fa doveva esistere meno

del 10 per cento degli ammassi che si osservano oggi, e nuovi am-massi dovrebbero ancora essere in via di formazione e accrescimen-to. Ma se l'universo contiene solo un quarto della materia necessariaa fermare l'espansione, allora tutti gli ammassi massicci dovevanoesistere già quattro miliardi di anni fa, e da allora non dovrebbe es-sersi verificato alcun ulteriore accrescimento.

La velocità di evoluzione osservata per gli ammassi dà sostegno alsecondo scenario: dato che essi hanno essenzialmente cessato di ac-

crescersi, l'universo deve conte-nere relativamente poca mate-ria. Pertanto il cosmo si espan-derà per sempre (a meno chenon esista materia dotata diproprietà fisiche esotiche, comeuna repulsione gravitazionalevariabile nel tempo). Altre re-centi misurazioni dell'espansio-ne cosmica, che si basano su su-pernove e altre sorgenti di riferi-mento lontane, sono in accordocon questa conclusione. Sebbe-ne la questione non sia definiti-vamente risolta, parecchi datiindipendenti ci permettono dipensare che ormai conosciamoil destino ultimo dell'universo.

-INTERVALLO

CORRISPONDENTE

ALLE OSSERVAZIONI

100

90

80

70

60

50

40

30

20

10E

o 0 0, 1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1

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Le immagini nei raggi X degli ammassi della Chioma (a sinistra) e della Vergine (adestra) mostrano il gas intergalattico caldo che predomina nelle regioni luminose diqueste strutture. Il gas nell'ammasso della Chioma ha una forma più regolare, il chefa pensare che questo ammasso si trovi in uno stadio più avanzato di evoluzione. En-trambi gli ammassi sono circondati da materia in caduta.

sta materia? Nonostante le ricerche piùscrupolose, gli astronomi non hannoancora localizzato con certezza alcunatasca di gas a temperatura intermedia.Che il gas dell'ammasso stia perdendocalore è evidente dalle mappe di tempe-ratura. Forse questa perdita è iniziatasolo in un momento abbastanza recen-te, o forse le collisioni fra gruppi di ga-lassie impediscono al gas tiepido di ac-cumularsi in uno stesso punto. Questicosiddetti flussi di raffreddamento re-stano tuttora un mistero irrisolto.

Crescita dal basso

La sequenza di eventi rappresentatada questi tre ammassi è probabilmentequella a cui sottostanno tutti gli am-massi. Occasionalmente gruppi di ga-lassie si uniscono all'ammasso, e ognivolta questo acquisisce gas caldo, ga-lassie luminose e materia oscura. Lamassa che si aggiunge crea forze gravi-tazionali più intense, che a loro voltariscaldano il gas e accelerano le galas-sie. Secondo la maggior parte degli a-stronomi, quasi tutte le strutture co-smiche si sono aggregate in questo mo-do, a partire dal basso. Gli ammassistellari si sono fusi in galassie, che a lo-ro volta hanno dato origine a gruppi digalassie, i quali si stanno unendo inammassi. In futuro toccherà agli am-massi fondersi in strutture ancora piùgrandi. Vi è tuttavia un limite, che èdato dall'espansione dell'universo: pri-ma o poi, gli ammassi saranno troppo

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lontani tra loro per potersi fondere. Ineffetti, può darsi che il cosmo stia giàper arrivare a questo punto.

Secondo gli standard cosmologici,tutti gli ammassi citati finora (Chioma,Vergine e Abeti 2256, 754 e 1795) so-no oggetti vicini. Il tentativo di com-prenderne l'evoluzione può essere pa-ragonato a quello di descrivere la cre-scita degli esseri umani a partire dauna singola fotografia di un gruppo dipersone. Con un po' di attenzione, è

possibile classificare gli individui ritrat-ti nel giusto ordine di età; si può alloradedurne che, col progredire dell'età, gliesseri umani, fra gli altri cambiamenti,generalmente diventano più alti.

Si può anche studiare la crescita u-mana esaminando una serie di fotogra-fie, ciascuna delle quali contiene solopersone di una certa età: per esempio,foto di classe della scuola elementare,media e superiore. Così pure, gli astro-nomi possono osservare ammassi a di-

Page 4: L'evolutione degli ammassi di galassiedownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_366_2.pdf · Messier trovò qualcosa di completa-mente diverso da ciò che cercava: aveva

AMMASSO --„PARETEDI GALASSIE: 2VUOTI: 10 17 Ms10 15 Ms

STELLA E SISTEMA/PLANETARIO: DA10 -1 A 102 Ms

GRUPPO SUPERAMMAS- UNIVERSODI GALASSIE: / 50:1 016 Ms OSSERVABILE:10 1022 Ms

AMMASSOSTELLARE:DA 102 A 106M

DIAMETRO APPROSSIMATIVO IN ANNI LUCE (SCALA LOGARITMICA)

10 102 103 104 105 106 10' 108 109 1010

La gerarchia delle strutture cosmiche va dai pianeti e dalle stelle fino all'intero uni-verso. I più grandi oggetti tenuti uniti dalla gravità sono ammassi di galassie con massepari anche a 10" volte quella solare (Ms). Sebbene esista un livello più elevato diorganizzazione, comprendente superammassi e grandi »pareti», queste strutture nonsono legate gravitazionalmente. A scale ancora più grandi, l'universo è uniforme. Gliastronomi ritengono che la maggior parte delle strutture cosmiche abbia origine dal-la progressiva aggregazione di unità più piccole.

stanze sempre crescenti, che corrispon-dono a epoche sempre più antiche. Inmedia, gli ammassi di un campione piùlontano sono più giovani di quelli ap-partenenti a uno vicino; pertanto sipossono comporre «foto di classe» diammassi di età differenti. Questo me-todo permette di lavorare su un vastocampione anziché su pochi ammassi;lo svantaggio è che gli oggetti più gio-vani sono troppo lontani per poter es-sere studiati in dettaglio: se ne possonodiscernere solo le proprietà medie.

Uno di noi (Henry) ha applicatoquesto metodo a osservazioni realizzatedal satellite ASCA per raggi X, trovan-do che gli ammassi lontani e giovanisono più freddi di quelli più vicini evecchi. Questo cambiamento di tempe-ratura indica che gli ammassi diventa-no più caldi - e quindi più massicci - colpassare del tempo: un'altra prova dellavalidità del modello di crescita dal bas-so. Da queste osservazioni, si è potutastimare la velocità media di evoluzionedegli ammassi di galassie. Questa velo-cità, correlata all'evoluzione globaledell'universo e alla natura della materiaoscura, implica che il cosmo si espan-derà per sempre (si veda l'illustrazionenella finestra a pagina 44).

Nuove osservazioni nei raggi X po-trebbero chiarire il problema di quellafrazione di materia oscura negli am-massi che resta inspiegata. Verso la fi-

vano supposto che la maggior parte de-gli ammassi non fosse visibile a questelunghezze d'onda. Ma recentementeRichard Lieu dell'Università dell'Ala-bama a Huntsville, C. Stuart Bowyerdell'Università della California a Berke-ley e colleghi hanno studiato cinqueammassi con un satellite a sensibilitàelevata, l'Extreme Ultraviolet Explorer.

Hanno così constatato che questiammassi sono assai luminosi nell'ul-travioletto estremo. Per certi versi,questa scoperta è stata altrettanto inat-tesa del primo rilevamento, all'iniziodegli anni settanta, di raggi X prove-nienti dagli ammassi. Sebbene una par-te della radiazione sia emessa dallostesso gas che genera i raggi X, sembrache almeno in alcuni ammassi vi siauna ulteriore sorgente. Questa scoper-ta è recentissima, e per il momento nonè stata spiegata. Forse gli astronomistanno osservando per la prima voltaun'altra componente della materia o-scura negli ammassi di galassie. I satel-liti che entreranno in funzione fra bre-ve tempo potranno forse identificarequesta nuova componente.

Quelli fra noi che si occupano diquesto settore di ricerche sentono unlegame particolare con Charles Mes-sier, che si sforzava di individuarequelle fioche chiazze di luce nella co-stellazione della Vergine, non cono-scendo il loro vero significato. Perquanto la nostra tecnologia sia progre-dita da allora, anche noi dobbiamo fa-re grandi sforzi per comprendere gliammassi di galassie. Sentiamo un lega-me anche con gli osservatori del futu-ro, perché la scienza avanza in un pro-cesso continuo di piccoli incrementi.Siamo stati aiutati da coloro che cihanno preceduto e dobbiamo condivi-dere le nostre nuove conoscenze concoloro che ci seguiranno.

ne del 2000 saranno in orbita tre os-servatori per raggi X: l'Advanced X--Ray Astrophysics Facility statuniten-se, l'X-Ray Multi-minor Mission eu-ropeo e ASTRO-E giapponese.

Nel frattempo, osservazioni in un'al-tra regione dello spettro, quella dell'e-stremo ultravioletto, stanno producen-do la loro dose di enigmi. Questa radia-zione ha un'energia solo di poco infe-riore a quella dei raggi X e viene forte-mente assorbita dalla materia della no-stra galassia, sicché gli astronomi ave-

J. PATRICK HENRY, ULRICH G. BRIEL e HANS BOHRINGER sono a-stronomi specializzati in osservazioni nei raggi X che studiano gli ammassi digalassie. Henry e Briel si sono conosciuti alla fine degli anni settanta, quandoerano allo Smithsonian Astrophysical Observatory. Henry è ora professore diastronomia all'Università delle Hawaii, mentre Briel e BOhringer lavorano all'I-stituto Max Planck di fisica extraterrestre a Garching. Briel ha messo a punto ecalibrato lo strumento di ROSAT che ha prodotto le mappe di temperatura de-scritte; BOhringer è un teorico che si occupa di ammassi di galassie, cosmologiae del mezzo interstellare.

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