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Momento drammatico e prilegiato E’ un momento drammatico e privilegiato. Guai se non me ne rendo conto. Se il momento della comunione mi coglie impreparato, rovino l’incontro e ne porto tutta la responsabilità. E’ necessario sensibilizzarci alla nostra resposabilità. Quando Cristo si incontrava con una persona, anche una sola volta, la vita di quell’individuo era spesso toccata per sempre. Nel vangelo ne abbia- mo tanti di questi incontri decisivi: Zaccheo, l’adultera, la samaritana, Pietro, Andrea, Giovanni.... Quante comunioni ho già fatto nel mio passato! Che cosa è cambiato? Nulla? Potrebbe essere questa la tragica realtà. Una comunione può creare un santo, e in me forse non ha mosso di un milimetro la rotta della mediocrità. L‘EUCARESTIA Il primo passo Il primo passo è sapere se posso o no ricevere L’Eucarestia alla messa. Una volta il problema era di far andare i fedeli alla comunione, oggi sembra rovesciato: oggi il problema è trattenerli, o almeno renderli coscienti dell’atto che stanno per compiere. Prima della comunione occorre dunque porsi davanti all’interrogativo: la mia coscienza mi dice che posso ricevere l’Eucarestia? La coscienza dev’essere l’eco del giudizio della Chiesa. Rompere la routine! Sono due le comunioni della Messa. La prima è la comunione con la Parola di Dio, e la seconda è la comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo. Le due comunioni sono interdipendenti. Ogni volta che andiamo alla Messa ricordiamoci che dobbiamo fare due comunioni perchè la Messa abbia senso pieno. Mi dilungo sulla comunione eucaristica perchè sembra sovente essa sia una tragedia del nostro vivere cristiano. La routine ci gioca! E’ vergognoso, ma tutti ci portiamo dentro questo delitto: le comunione banalizzate, ridotte a un rito vuoto, noi assenti e lui assente, noi distratti e lui che tace.

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Momento drammatico e prilegiato

E’ un momento drammatico e privilegiato. Guai se non me ne rendo conto. Se il momento della comunione mi coglie impreparato, rovino l’incontro e ne porto tutta la responsabilità.

E’ necessario sensibilizzarci alla nostra resposabilità. Quando Cristo si incontrava con una persona, anche una sola volta, la vita di quell’individuo era spesso toccata per sempre. Nel vangelo ne abbia-mo tanti di questi incontri decisivi: Zaccheo, l’adultera, la samaritana, Pietro, Andrea, Giovanni....

Quante comunioni ho già fatto nel mio passato! Che cosa è cambiato? Nulla? Potrebbe essere questa la tragica realtà. Una comunione può creare un santo, e in me forse non ha

mosso di un milimetro la rotta della mediocrità.

L‘EUCARESTIA

Il primo passo Il primo passo è sapere se posso o no ricevere L’Eucarestia alla messa. Una volta il problema era di far andare i fedeli alla comunione, oggi sembra rovesciato: oggi il problema è trattenerli, o almeno renderli coscienti dell’atto che stanno per compiere. Prima della comunione occorre dunque porsi davanti all’interrogativo: la mia coscienza mi dice che posso ricevere l’Eucarestia? La coscienza dev’essere l’eco del giudizio della Chiesa. Rompere la routine!

Sono due le comunioni della Messa. La prima è la comunione con la Parola di Dio, e la seconda è la comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo. Le due comunioni sono interdipendenti. Ogni volta che andiamo alla Messa ricordiamoci che dobbiamo fare due comunioni perchè la Messa abbia senso pieno. Mi dilungo sulla comunione eucaristica perchè sembra sovente essa sia una tragedia del nostro vivere cristiano. La routine ci gioca! E’ vergognoso, ma tutti ci portiamo dentro questo delitto: le comunione banalizzate, ridotte a un rito vuoto, noi assenti e lui assente, noi distratti e lui che tace.

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Le comunioni surgelate non servono a drizzare nulla e la nostra vita cristiana è rovinata alla radice perchè non riceve alimento dall’Eucarestia.Il problema è rompere a ogni costo la routine! Come fare? Dobbiamo riuscirci. Forse occorre trovare un sistema di rottura con la routine che risponda a questi dati:- un metodo semplice,. adatto e adattabile a tutti- rispettoso del senso liturgico della comunione.

Quando un amico arriva in casa

Quando un amico molto gradito vi arriva in casa, prima di tutto gli fate festa!Poi ci affrettiamo a offrirgli qualcosa. Non pensiamo affatto a chiedergli dei favori, è vero assurdo. Lo portiamo in un luogo adatto di casa nostra, gli diciamo le cose che lui interessano molto e lo lasciamo parlare il più possibile.Se poi c’è un favore da chiedergli non ne facciamo un problema, sap-piamo bene che gli facciamo un piacere a parlagliene.Generalmente, soprattutto se il favore che vogliamo chiedergli è un problema difficile e delicato, lo facciamo alla fine di tutto, quasi come un congedo.Bene, questo potrebbe essere veramente lo schema di comportamen-to per la nostra comunione. Se noi facciamo così, la nostra routine la rompiamo di sicuro e, la comunione prende vita.

1. Cominciamo col far festa. Esprimamo a Cristo tutta la nostra gioia perchè ci siamo incontrati con Lui. Non occorre parlare, immaginare chissà cosa, ma è logico essere contenti, ed è ancor più logico imparare ad esprimerlo.

2. Poi offriamo. Che cosa? Ma qualcosa che gli farà piacere! Offriamo qualcosa che ci costa molto. Offriamo una carità difficile in casa.

3. Poi ascoltiamo. E’ il punto dove Lui ci aspetta. Se siamo distratti certo non parla. Lui viene per un incontro di persona con persona.

L‘ascolto avviene solo se noi abbiamo la volontà di comunicare vera-mente. Lui comunica sempre, ma è il nostro filo che è tagliato, perchè Lui non violenta la nostra libertà.Cristo non ha bisogno di tante cose per parlarci, nè parole, nè di fanta-sie. Cristo parla anche col silenzio.

4. chiediamo. Lui lo aspetta. Proviamo la potenza di questa preghiera: “ Signore, se vuoi puoi guarirmi!”; “Gesù insegnami a pregare!”; “Signore, ti ascolto! ”; “Gesù, non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

1. FARE FESTA E DIALOGARE

Se sboccia la gioia vera quando mi incontro con Gesù è segno che è sbocciata la fede in me.La fede è puro dono, ma è dono che non va mai disgiunto dalla riflessione e non va mai d’accordo con la superficialità. Lo sforzarmi dunque di esprimere a Cristo la mia gioia comporta l’aprirmi profondamente a Lui, e dunque lo svegliarmi alla fede.

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Come esprimere la nostra gioia?Il momento di incontro con Gesù è solenne ma è anche intimo; è potente ma è anche segreto; è un avvenimento grande, ma che si compie nel silenzio della mente e del cuore. La gioia quindi che dobbiamo esprimere a Cristo ha tante limitazioni di espressione. Ci sembra utile esprimerla attraverso una profonda gratitudine.Serviranno le parole ma di per sè non occorrono molte parole. A ripetere a Gesù un grazie gioioso e profondo non ci vuole molto. Può essere questo il modo più efficace di esprimergli la nostra gioia. Il nostro grazie può continuare a lungo anche quando usciamo dalla Chiesa.Non temiamo di essere eccessivi nel nostro calore affettivo con Cristo: se cala il calore affettivo, normalmente cala quello effetti-vo. Non siamo mummie e Cristo lo è meno di noi!

2.OFFRIAMO

Mettiamoci a cercare con cura ciò che gli fa piacere e offriamoglielo con entusiasmo. Interpelliamolo personalmente. E’ bello questo dialogo affettuoso con Gesù.

1. Nella carità. Proviamo a domandargli: Signore, cos’è che ti aspetti di più da me? Che cosa non ti ho ancora data? C’è qualcosa che faccio finta di non vedere?Più in concreto: hai da esprimere qualche desiderio riguardo al mio comportamento con i miei familia-ri? Sul lavoro o a scuola, nel gruppo degli amici o in parrocchia? C’è qualche egoismo nascosto che blocca la mia carità? La mia capacità di ascoltare, di accettare, di condividere? Ho dei rancori? Faccio abbastanza per i poveri? Vado dai malati? In casa trascuro qualcuno?

2. Nei doveri. Mi devo interrogare interrogando Lui:- in che cosa sei contento di me?- qual’è il dovere che ti sembra io trascuri di più?- qual’è il dovere che mi danneggia di più o danneggia maggior-mente gli altri?- qual’è lo stile con cui porto avanti i doveri i più pesanti: bronto-lo? Mi arrabbio? Sono pigro?

3. Nel distacco dal male. Anche qui il campo di ricerca è immen-so. Devo scovare se c’è qualcosa che Cristo rifiuta in ne e non sop-porta, qualcosa di cui mi vergogno davanti a Cristo. abitudini sba-gliate, pericoli di male, patteggiamenti col male, comodismi che infiacchiscono, compromessi, ipocrisie, atteggiamenti di peccato.

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Nell’Imitazione di Cristo, il suo autore fa dire a Gesù queste parole: “ Che cosa mi sta più a cuore di te nella comunione, se non che tu ti sforzi di abban-donarti a me in modo assoluto? Tutto l resto che tu puoi darmi non mi interessa, perchè io cerco te e non le tue cose.”“Per te ho dato tutto. Ti ho dato anche il mio corpo e il mio sangue, per poter essere interamente tuo, e perchè tu fossi interamente mio. Ma se in te continua a sussistere parte del tuo io, se non ti dài alla mia volontà spontaneamente, l’offerta non è completa, nè è completa l’unione tra me e te.”“Vuoi raggiungere la libertà interiore? Mettiti nelle mie mani in modo completo. Il motivo per cui sono pochi queli che vivono nella libertà e nella luce, è proprio questo: non sanno rinunciare a se stessi. Non può essere mio discepolo chi non rinuncia a tutto ciò che possiede. Vuoi essere mio discepolo? Fà il sacrificio di tutto te stesso e di tutte le cose che ami”.

IMPORTANTE E DIFFICILE : L’ASCOLTO

1. Ascoltare è importante

Di tutti questi atti, il più importante è l’ascolto. E’ il più importante perchè dall’ascolto parte la rispo-sta personale di Cristo, che Lui è venuto a sollecitare. Cristo non viene a noi per nulla. Cristo ha inventato questo privilegio unico dell’uomo.E’ la prova dell’amicizia. Ed è un rischio forte. Se un amico viene a cercarti per passare qualche ora con te, se viene sapendo che ci sei, e tu non ti lasci trovare, tu ti giochi la sua amicizia.L’ascolto è l’atto più logico ed urgente eppure il più trascurato. Se due persone s’incontrano, e dopo l’incontro non sanno che si sono dette, in realtà quelle persone non si sono incontrate.Quante volte, dopo l’incontro con Cristo nell’Eucarestia, non sappiamo quello che ci ha detto!

2. Ascoltare è difficile

E’ un atto passivo ed attivo insieme. Per noi sono più facili gli atti attivi che quelli passivi. Parlare è un atto “attivo”. Fare silenzio è un atto “passivo”. Ascoltare invece è fare silenzio e agire, è un ricevere e un dare, è passività e attività insieme.Ascoltare Dio è poi difficile, perchè è comunicare con una persona che sfugge ai sensi e che non dice una parola.L’ascolto nella comunione, essendo tanto difficile, diven-ta normalmente l’atto più trascurato. Parlare, leggere, meditare, anche pregare a voce distinta o sottovoce è tutto più semplice che ascoltare. Eppure ascoltare è l’atto decisivo della comunione. La comunione che non ha risposta è difficile poterla consi-derare comunione.

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3. Come ascoltare. Ad ascoltare Cristo, nella comunione, ci vuole una certa attrezzatura. Se c’è, Cristo può comuni-care; se non c’è Cristo normalmente non comunica.Sono necessari:il silenzio, la volontà di comunicare con Dio, e un amore almeno incipiente per Lui.

Il silenzio. Dio non comunica nel chiasso. Non parliamo del chiasso esteriore, è il meno grave; parliamo del chias-so interiore, del disordine, della dissipazione, della vanità, della mondanità.Il silenzio interiore non si improvvisa, esige sforzo, biso-gna proprio volerlo dal profondo. Il silenzio interiore è anche profonda purificazione da noi stessi.

La volontà di comunicare con Dio. A chi ha una volontà ferma di comunicare con Dio, di sentire la sua voce, di interpellare la sua volontà, Dio risponde. Quasi sempre si fa attendere un poco. Non è per fare il prezioso ma per prepararci. Senza quegli sforzi di attesa, noi non sapremo cogliere la sua Voce, perchè impercettible ai sensi. Lo è persino allo spirito. Basta poco per soffoccare la voce di Dio in noi. Ma Dio comunica e come! Non in modo sensibile, ma attraverso la ragione e il cuore.

Ci sia un amore incipiente. Ci sia un desiderio vero di rispondere a Lui, di dargli quel che ci chiede, di venire incontro ai suoi desideri. Ci sia “ Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”.

4. Mezzi concreti per l’ascolto.

. Riperere lentamente una Parola di Dio che ci ha colpito nella Liturgia. Dio ci parla proprio attraverso la Scrittura. E’ bello ripeterci con calma e attenzione, durante la comunione, quella parola. Sovente da una Parola della Scrittura ascoltata con molta fede, Dio si rivela, Dio parla, Dio irrompe.

. Far passare davanti alla mente i principali doveri della giornata. “Signore, che cosa ti aspetti da me per questo preciso dovere?”. Una voce che non si sente con i sensi ma ci tocca nello spirito, ci pungola, ci fa riflettere, ci fa desiderare, ci fa proporre, ci fa decidere, qualche volta ci fa pentire.

. Passare in rassegna i problemi più importanti, quelli che ci preoc-cupano di più. E’ necessario metterci davanti ai problemi, chiedendo bene a Cristo: “ Signore, voglio far solo la tua volontà, ma qual’è la tua volontà?”. Dio parla all’uomo che lo interroga, e lo interroga con volon-tà retta.

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5. Non sarà un gioco di fantasia?

In questo dialogare con Cristo dopo la comunione, non si può cadere in un gioco di fantasia, per cui al limite non è affatto Cristo l’interpellato, ma è la mia testa che dialoga con me? Potrebbe darsi. Ma è da osservare: Dio, quando mi parla, oltre la Scrittura e alla voce dei fratelli, parla alla mia ragio-ne proprio attraverso la mia ragione. Normalmente non segue altre vie. E ci sono dei segni che rivelano quando non è la mia testa che parla, ma è la volontà di Dio. Eccone alcuni:

- quando quella voce non è secondo i miei gusti, ma è esattamente l’opposto dei miei gusti;- quando quella voce mi richiama al dovere, mi dispone ad accogliere la verità, mi stimola al bene;- quando quella voce è anche la voce del buon senso;- quando quella voce è portatrice di serenità e pace.

6. Problemi pratici dell’ascolto di Dio.

Dunque, quanto tempo dovrò dare all’ascolto? Quello necessario a concentrar-si in profondità. Esso varia da individuo a individuo. Una buona regola può essere: dedicare il tempo che segue subito la comunione a esprimere la nostra gioia e la nostra riconoscenza, offendo a Cristo ciò che ci sembra più opportuno, riservare invece un buon quarto d’ora durante la giornata a riprendere contatti con Cristo. Se fosse possibile l’ascolto subito la comunio-ne sarebbe meglio; ma se non è possibile, non fa problema: Lui è fuori dal tempo... Per Lui lo spazio e il tempo non contano. E’ sempre pronto a parlarci, purchè lo voglia-mo veramente.

. Che medodo usare. La più importante è mettersi in un clima di grande calma interiore. Scegliamo la posizione adatta. Certe posizioni del corpo aiutano la concentrazione , certe altre la impediscono. Se sei sdraiato sul sofà, non puoi concentrarti (almeno è molto difficile). Se invece scegli un angolo di silenzio, ti inginocchi, socchiudi gli occhi, ti rilassi interiormente, la concentrazione diventa facile.

. Nell’ascolto è meglio essere attivi o passivi? C’è chi riesce a rima-nere concentrato anche senza parole. Lo “stare presenti a Cristo” senza dire nulla è bellissimo, ma è difficile. In certi periodi in cui la nostra vita è agitata o provata, sembra impossibile. A volte succede che la con-centrazione è resa talmente difficile dalla distrazioni che tutto si riduce a “cacciare” i pensieri profani. Un buona tattica è quella di “uti-lizzare le distrazioni”. Le distrazioni infatti vertono quasi sempre sui nostri centri di interes-se, cioè sui nostri problemi reali, sulle nostre preoccupazioni.

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Alla fine, chiedere. Cristo viene a mani piene.

Alla fine di tutto è bello chiedere. E’ meschino farlo prima; sa di arrivismo un pò degenerato la consuetudine di tanti cristiani che appena hanno ricevuto l’Eucarestia si precipitano a chiede-re..... chiedere..... chiedere.Intanto Cristo viene sempre a mani piene, dà anche se non chiediamo, dà quello di cui abbiamo più bisogno, e dà senza misura. Ma è pericoloso, quando viene in noi, puntare la nostra attenzione sui doni più che sulla sua persona, sulle grazie , più che sulla sua Parola. Questo è consumismo religioso.La cosa più importante da chiedere è la sua amicizia, la fedeltà a Lui, perchè con questo viene ogni altro dono: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in soprag-giunta”.Dio non risponde alla preghiera come un distributore automa-tico. Dio non è per la preghiera magica. Dio è per la preghiera intelligente e corresponsabile, che ci fa progredire.

I ritardi di Dio

Sovente Dio non risponde subito, ha l’abitudine di arrivare un quarto d’ora in ritardo. Ma arriva sempre se chiediamo con fede, umiltà e costanza, e arriva dando più di quello che chiediamo.I ritardi di Dio sono di un’importanza grandissima, perchè sono quasi sempre in vista della nostra maturazione alla fede, all’umiltà, all’amore. quando Dio ritarda ci aiuta già come se rispondesse, perchè è proprio quando Dio ritarda che mi rimbocco le maniche e mi metto a fare la mia parte.Quasi sempre è quando Dio ritarda che io maturo al problema, ho tempo a riflettere sulle mie responsabilità, mi apro alla fede, capisco la mia impotenza e cresco nell’abbandono in Dio. Il quarto d’ora di ritardo vale spesso la grazia che sto chiedendo.

Quando Dio non ci esaudisce

Dio risponde sempre alla preghiera costante. Chi non l’ha mai provato lo provi. Esperimenti!E quando Dio non ci esaudisce, come la mettiamo? Sì, Dio qualche volta non ci esaudisce. Se il bam-bino chiede al suo papà di dargli la luna, certo il papà non gliela può dare. Quando Dio non ci esaudi-sce, è segno che stiamo chiedendo la luna, una cosa non necessaria, o che stiamo chiedendo una cosa che ci sarebbe di danno. Ma Dio risponde sempre, dando di più.Voi non lo credete, se non l’avete ancora provato! Ma affrettatevi a provarlo, e così crederete.