Letture della memoria della B.V. di Lourdes

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11 febbraio 2012 – Montefalco. Incontro con i Formatori. Omelia. Letture della memoria della B.V. di Lourdes Vorrei fermarmi un po’ su questo canto del Magnificat, e sottolineare due aspetti. Il primo aspetto è la sua relazione con quanto è avvenuto a Nazaret: penso che non si possa comprendere questo canto di Maria se non si parte dal momento della chiamata, della vocazione di Maria. Cosa è successo a Nazaret, cosa ha vissuto Maria in quella grotta a noi tanto cara? È successo che Maria si è resa completamente disponibile all’opera di Dio, si è fidata. E fidarsi significa appunto giocarsi la vita sulla Parola di un Altro, non avere altro progetto, altra vita, che quella che Dio va facendo crescere in lei. È entrare in un vuoto di sé per accogliere la promessa di vita che gli viene da Dio. È non essere più nient’altro se non una totale accoglienza di Lui. Maria c’è stata, ha creduto, ha legato la propria vita a quest’opera, l’ha scelta, se n’è assunta la responsabilità, e ha rinunciato a tutto il resto. Quindi da Nazaret Maria parte, arriva dalla cugina Elisabetta, e subito ha una conferma che questo fidarsi in qualche modo “funziona”, che l’opera di Dio è vera, che Dio è veramente all’opera. Allora Maria può cantare il Magnificat e lodare il Signore; perché la lode non è quella cosa per cui si dicono delle cose belle del Signore. La lode, la preghiera di lode, la vita come lode, non è semplicemente dire che il Signore è buono, è fedele, è misericordioso, la lode non è una poesia. La lode è l’abbandono totale alla volontà di Dio, è l’acconsentire profondo alla sua opera, è la sintonia con Lui. E’ il si che nasce quando ci si abbandona al Signore. È la libertà di lasciarlo fare, anche se Dio non facesse niente, anche se sembra dormire, come Gesù sulla barca durante la tempesta. La lode è un riconoscere stupito che, se ti fidi anche quando non hai nessuna garanzia, poi la vita ti viene data. La lode scaturisce da un’esperienza di salvezza che ti ha toccato nella carne: i salmi di lode nascono per la maggior parte dopo un evento drammatico, in cui ci si è fidati e si è sperimentato che davvero il Signore è intervenuto a nostro favore, e ci ha tirati fuori da una situazione da cui, da soli, non saremmo mai potuti uscire... Anche per Francesco la lode scaturisce dopo un momento drammatico, e cioè dopo le stimmate. Prima delle stimmate Francesco è sempre un po’ protagonista del proprio cammino, delle proprie imprese. Ma dopo le stimmate Francesco canta semplicemente l’opera di Dio: Tu sei santo... Quindi, concretamente, la lode nasce quando una persona diventa semplicemente cosciente della presenza e dell’opera di Dio in lei. Il secondo aspetto riguarda più il contenuto del Magnificat, che è il contenuto dell’opera di Dio, il modo in cui Lui decide di agire. Se volessimo riassumerlo in una sola parola, potremmo usare il termine “ribaltare”. Maria vede che quando Dio entra nella storia ribalta la vita della gente: chi sta in alto finisce in basso, chi sta in basso finisce in altro. Chi è ricco diventa povero, e chi è povero diventa ricco. I piccoli diventano grandi e i grandi piccoli. Le sterili partoriscono, i ciechi vedono, e cosí via. Mi sembra che questo testo abbia echi profondi in altri brani del Nuovo Testamento (oltre ai tanti dell’Antico), pensiamo alle Beatitudini, o pensiamo anche a Luca 4, quando Gesù, nella sinagoga di Nazaret, legge il profeta Isaia e dice di essere stato mandato proprio per questo, per questo ribaltare le sorti della storia. Il Signore fa questo semplicemente perché Lui stesso, per primo, ribalta la propria situazione, e si mette dalla parte dell’uomo. Anzi, ancor più, si mette dalla parte dell’uomo povero, dei piccoli. Lui, che è Dio, si fa uomo. E, quando entra nella storia, abitualmente rovescia la situazione, e fa questo fino alla Pasqua, quando anche il regno della morte viene rovesciato, quando il peccatore viene giustificato, quando la vita nasce dalla morte...

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11 febbraio 2012 – Montefalco. Incontro con i Formatori. Omelia.

Letture della memoria della B.V. di Lourdes Vorrei fermarmi un po’ su questo canto del Magnificat, e sottolineare due aspetti. Il primo aspetto è la sua relazione con quanto è avvenuto a Nazaret: penso che non si possa comprendere questo canto di Maria se non si parte dal momento della chiamata, della vocazione di Maria. Cosa è successo a Nazaret, cosa ha vissuto Maria in quella grotta a noi tanto cara? È successo che Maria si è resa completamente disponibile all’opera di Dio, si è fidata. E fidarsi significa appunto giocarsi la vita sulla Parola di un Altro, non avere altro progetto, altra vita, che quella che Dio va facendo crescere in lei. È entrare in un vuoto di sé per accogliere la promessa di vita che gli viene da Dio. È non essere più nient’altro se non una totale accoglienza di Lui. Maria c’è stata, ha creduto, ha legato la propria vita a quest’opera, l’ha scelta, se n’è assunta la responsabilità, e ha rinunciato a tutto il resto. Quindi da Nazaret Maria parte, arriva dalla cugina Elisabetta, e subito ha una conferma che questo fidarsi in qualche modo “funziona”, che l’opera di Dio è vera, che Dio è veramente all’opera. Allora Maria può cantare il Magnificat e lodare il Signore; perché la lode non è quella cosa per cui si dicono delle cose belle del Signore. La lode, la preghiera di lode, la vita come lode, non è semplicemente dire che il Signore è buono, è fedele, è misericordioso, la lode non è una poesia. La lode è l’abbandono totale alla volontà di Dio, è l’acconsentire profondo alla sua opera, è la sintonia con Lui. E’ il si che nasce quando ci si abbandona al Signore. È la libertà di lasciarlo fare, anche se Dio non facesse niente, anche se sembra dormire, come Gesù sulla barca durante la tempesta. La lode è un riconoscere stupito che, se ti fidi anche quando non hai nessuna garanzia, poi la vita ti viene data. La lode scaturisce da un’esperienza di salvezza che ti ha toccato nella carne: i salmi di lode nascono per la maggior parte dopo un evento drammatico, in cui ci si è fidati e si è sperimentato che davvero il Signore è intervenuto a nostro favore, e ci ha tirati fuori da una situazione da cui, da soli, non saremmo mai potuti uscire... Anche per Francesco la lode scaturisce dopo un momento drammatico, e cioè dopo le stimmate. Prima delle stimmate Francesco è sempre un po’ protagonista del proprio cammino, delle proprie imprese. Ma dopo le stimmate Francesco canta semplicemente l’opera di Dio: Tu sei santo... Quindi, concretamente, la lode nasce quando una persona diventa semplicemente cosciente della presenza e dell’opera di Dio in lei. Il secondo aspetto riguarda più il contenuto del Magnificat, che è il contenuto dell’opera di Dio, il modo in cui Lui decide di agire. Se volessimo riassumerlo in una sola parola, potremmo usare il termine “ribaltare”. Maria vede che quando Dio entra nella storia ribalta la vita della gente: chi sta in alto finisce in basso, chi sta in basso finisce in altro. Chi è ricco diventa povero, e chi è povero diventa ricco. I piccoli diventano grandi e i grandi piccoli. Le sterili partoriscono, i ciechi vedono, e cosí via. Mi sembra che questo testo abbia echi profondi in altri brani del Nuovo Testamento (oltre ai tanti dell’Antico), pensiamo alle Beatitudini, o pensiamo anche a Luca 4, quando Gesù, nella sinagoga di Nazaret, legge il profeta Isaia e dice di essere stato mandato proprio per questo, per questo ribaltare le sorti della storia. Il Signore fa questo semplicemente perché Lui stesso, per primo, ribalta la propria situazione, e si mette dalla parte dell’uomo. Anzi, ancor più, si mette dalla parte dell’uomo povero, dei piccoli. Lui, che è Dio, si fa uomo. E, quando entra nella storia, abitualmente rovescia la situazione, e fa questo fino alla Pasqua, quando anche il regno della morte viene rovesciato, quando il peccatore viene giustificato, quando la vita nasce dalla morte...

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E tutto questo cosa dice a noi, oggi? Mi sembra che ci dica almeno due cose. La prima, che il cammino della formazione, alla luce del percorso di Maria, può essere pensato come un cammino da Nazaret ad Ain Karem. Ciò che Maria ha vissuto a Nazaret, poi fiorisce, esplode nella lode nell’incontro con Elisabetta. Il momento della vocazione, il momento iniziale, poi deve divenire cammino quotidiano dove, dentro l’incontro con l’altro, con la vita, si realizza l’opera di Dio. La vita intera è chiamata a diventare questo inno, non nel senso poetico del termine, ma come abbiamo detto, dentro un quotidiano affinare i propri sentimenti su quelli di Cristo, dentro un abbandono –a volte drammatico, segnato dall’esperienza della croce- alla Volontà del Padre. Questa è una vita che loda Dio. La seconda riguarda quanto abbiamo detto sul Dio che “ribalta”. Anche qui, se pensiamo al nostro cammino, e a quello dei giovani in formazione, vediamo come sia vero questo modo di agire di Dio. Perché Lui opera in questo modo con chiunque, entra e rovescia: si serve dei nostri limiti, va ad abitare nella nostra debolezza, sceglie proprio le zone più buie per portare una novità di vita, e cosí via... Ma vediamo anche come non sia scontato “lasciarsi ribaltare”, lasciarsi fare, lasciarsi trasformare. È molto più facile formare dei perfetti osservanti della Regola che delle persone capaci di lasciarsi “rovesciare” dal Signore, cioè delle persone libere. È molto più facile essere persone che riescono, che ce la fanno, piuttosto che persone che si lasciano fare. E si può formare gli altri a questa libertà solo se noi per primi ce l’abbiamo dentro. Il Signore ci doni la grazia di fare, come Maria, questo cammino da Nazaret ad Ain Karem, e nel cammino, passo dopo passo, cresca il nostro essere lode, e la nostra libertà.