LETTERA APERTA - labirinto magico...(p. 116, n. 151) confessa (p. 314) præstantii præstantis...

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ALFREDO PERIFANO LETTERA APERTA SU UNA RECENTE EDIZIONE DELLA STRIX DI GIOVAN FRANCESCO PICO DELLA MIRANDOLA CURATA DA IDA LI VIGNI Banca Dati “Nuovo Rinascimento” www.nuovorinascimento.org immesso in rete il 13 febbraio 2014

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  • ALFREDO PERIFANO

    LETTERA APERTASU UNA RECENTE EDIZIONE DELLA STRIX DI

    GIOVAN FRANCESCO PICO DELLA MIRANDOLACURATA DA IDA LI VIGNI

    Banca Dati “Nuovo Rinascimento”www.nuovorinascimento.org

    immesso in rete il 13 febbraio 2014

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    Gentile Direttore,

    qualche mese fa sono venuto a conoscenza della pubblicazione del vo-lume: Giovanfrancesco Pico della Mirandola, La Strega, ovvero degli in-ganni dei demoni, saggio introduttivo, traduzione e note a cura di Ida Li Vi-gni, Milano, Mimesis, 2012. Nella quarta di copertina, riportata da Ama-zon.it, leggevo: «Questo volume è la prima traduzione moderna dal latinoed edizione critica dell’opera di un laico rinascimentale, il conte Giovan-francesco Pico della Mirandola […]». Due affermazioni in una breve fraseche non potevano lasciarmi indifferente, perché io stesso avevo pubblicato,nel 2007, la prima edizione critica del Dialogus in tres libros divisus: titulusest Strix, sive de ludificatione demonum di Giovanfrancesco Pico della Mi-randola e la prima traduzione ‘moderna’ (in francese)1 ‒ se per moderna in-tendiamo a noi contemporanea, essendo il testo del Pico già stato tradottonel 1555 dall’abate Turino Turini, come sa bene la dottoressa Li Vigni a-vendo lei stessa ripubblicato tale edizione nel 1988, e senza dimenticare ilvolgarizzamento del 1524 dell’inquisitore Leandro Alberti, riedito da Alba-no Biondi nel 1989. Procuratomi il suddetto volume, ho cercato inutilmentel’immancabile “nota al testo” in cui il curatore di un’edizione critica esponei criteri di trascrizione che ha adottato per il suo lavoro. Mancava anche lalista usuale delle abbreviazioni dei riferimenti bibliografici più citati, tra cuiquelli delle edizioni dei classici latini e greci che non sono nemmeno men-zionate almeno una volta nelle note al testo. Il risultato è che i rinvii riman-gono vaghi nella misura in cui non appare mai il riferimento ad una paginaprecisa che permetta al lettore di verificare rapidamente il passo. Ma se ciòpuò apparire meno grave per i classici, anche se ai miei occhi è una man-canza di rispetto per le «sudate carte» di coloro che hanno lavorato su talitesti, ciò diventa ingiustificabile e particolarmente grave per il celebre Mal-

    1 JEAN-FRANÇOIS PIC DE LA MIRANDOLE, La Sorcière. Dialogue en trois livres sur la trom-perie de démons. Dialogus in tres libros divisus: Titulus est Strix, sive de ludificationedaemonum (1523). Texte établi, traduit et commenté par Alfredo Perifano, De diversis arti-bus, Collection de Travaux de l’Académie Internationale d’Historie des Sciences, Turnhout,Brepols, 2007.

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    leus Maleficarum che ebbe molte edizioni tra la fine del XV secolo e ilXVI. Nella rubrica «altre fonti» della bibliografia sono menzionate le tradu-zioni italiana, francese e inglese del Malleus, ma nessuna edizione latina: nededuco che nel commento della Strega si rinvii alla traduzione italiana, co-me avviene nel saggio introduttivo. Anche questo non mi sembra che rientrinei canoni di un’edizione ‘critica’ di un testo latino, come il fatto di ignora-re completamente, per lo stabilimento di tale testo, l’altra edizione dellaStrix, pubblicata a Strasburgo nel 1612. Peraltro la dottoressa Li Vigni rin-grazia l’amico e collega professor Roberto De Pol per averla aiutata «ad ot-tenere in tempi velocissimi la versione digitalizzata» della Bayerische Staat-Bibliothek, ma non è dato sapere se abbia consultato altre edizioni, speran-do ovviamente che almeno una l’abbia avuta tra le mani. In un’edizione‘critica’ di un testo a stampa del Cinquecento non è inutile procedere ad unesame comparativo di diversi esemplari della stessa stampa, meglio se con-servati in biblioteche diverse, per verificare se esistono varianti interne, co-me prescrive la cosiddetta textual bibliography. Insomma, mi sembra cheoltre al fatto che non si tratta della prima edizione e traduzione dell’operadel Pico, non si tratta nemmeno di un’edizione ‘critica’, secondo i canoniche tale aggettivo implica. Si aggiunge a quanto osservato che la dottoressaLi Vigni non pubblica neanche l’edizione del 1523 della Strix, ma pubblicail testo latino da me emendato e stabilito. Si tratta di un evidente plagio, chela citazione, peraltro incompleta, della mia edizione nella rubrica «opereconsultate di Giovanfrancesco Pico» della bibliografia, che personalmenteritengo estremamente succinta, non può certo dissimulare. La prova più evi-dente di quanto dico è la ripresa letterale da parte della dottoressa Li Vignidi varianti testuali da me avanzate senza nessuna precisazione che indichi allettore che si è in presenza di emendamenti al testo. Queste varianti non sitrovano quindi nel testo latino di Giovanfrancesco Pico che la curatrice delvolume afferma di aver pubblicato per la prima volta. Nella mia edizione hoemendato il testo latino in due modi: in primo luogo con mie correzioni per-sonali, in secondo luogo utilizzando varianti che appaiono nell’edizione del1612, di cui la dottoressa Li Vigni sembra ignorare l’esistenza. Tengo a pre-cisare che nel mio lavoro tutte le varianti dell’edizione di Strasburgo sonosegnalate in nota. Nel primo caso segnalo il mio intervento sul testo in notacon la dicitura: Ego; nel secondo caso preciso sempre in nota la forma te-stuale adottata seguita da quella che appare nell’edizione del 1523.

    Accludo qui un noioso ma necessario riscontro (non esaustivo) destina-to a dimostrare quanto detto. Indico con Sorcière la mia edizione, con Stre-ga, il volume pubblicato dalla dottoressa Li Vigni e infine con Strix le edi-zioni del 1523 e del 1612.

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    Correzioni personali:

    Strix 1523 Strix 1612 Sorcière Strega

    ut ut et(p. 62, n. 16)

    et(p. 162)

    qui qui quae(p. 70, n. 70)

    quae(p. 184)

    laeto letho leto(p. 71, n. 76)

    leto(p. 190, n. 80)

    quicquam2 quicquam quam(p. 87, n. 80)

    quam(p. 234)

    temporibusconvenisse

    temporibus nonfuisse

    temporibus nonconvenisse

    (p. 102, n. 21)

    temporibus nonconvenisse

    (p. 268)ut venereis

    oblectari queuntut veneriisoblectare

    queant

    ut venereisoblectari queant(p. 108, n. 63)

    ut venereisoblectari queant

    (p. 290)iis in quos illu-

    debantiis, quos illude-

    bantiis in quos illu-

    debat(p. 108, n. 69)

    iis in quos illu-debat

    (p. 292)Procli et Plato-

    niciProcli et Plato-

    niciet Procli Plato-

    nici(p. 112, n. 119)

    et Procli Plato-nici

    (p. 302)

    Varianti adottate dell’edizione del 1612:

    Strix 1523 Strix 1612 Sorcière Strega

    pertractatus pertractus pertractus(p. 67, n. 50)

    pertractus(p. 174)

    dignata dignate dignate(p. 72, n. 83)

    dignate(p. 190)

    et vel vel(p. 67, n. 55)

    vel(p. 174)

    aliis alii alii( p. 78, n. 25)

    alii(p. 208)

    2 Corretto negli errata in quidemque.

  • 5nosce nosse nosse

    (p. 84, n. 58)nosse

    (p. 226)quæsita quæsitis quæsitis

    (p. 84, n. 61)quæsitis(p. 226)

    Scytiam Scythiam Scythiam(p. 84, n. 62)

    Scythiam(p. 228)

    eorum earum earum(p. 85, n. 63)

    earum(p. 228)

    ossis ossibus ossibus(p. 87, n. 79)

    ossibus(p. 234)

    parteis partes partes(p. 88, n. 86)

    partes(p. 236)

    instituebar instituebat instituebat(p. 92, n. 110)

    instituebat(p. 250)

    nosce nosse nosse(p. 97, n. 139)

    nosse(p. 260)

    quicquam obori-tur ex malis

    quicquam bonioboritur ex ma-

    lis

    quicquam bonioboritur ex ma-

    lis(p. 100, n. 8)

    quicquam bonioboritur ex ma-

    lis(p. 264)

    rapiuntur raperentur raperentur(p. 104, n. 38)

    raperentur(p. 278)

    levor livor livor(p. 106, n. 53)

    livor(p. 288)

    rethia retia retia(p. 110, n. 86)

    retia(p. 296)

    cerusa cerussa cerussa(p. 110, n. 94)

    cerussa(p. 298)

    quam quem quem(p. 110, n. 97)

    quem(p. 300)

    solicitatum sollicitatum sollicitatum(p. 111, n. 107)

    sollicitatum(p. 300)

    rhete rete rete(p. 111, n. 109)

    rete(p. 300)

    Quanquam utpauci compara-

    tione

    Quamquam utpauci sunt com-

    paratione

    Quamquam utpauci sunt com-

    paratione(p. 111, n. 111)

    Quamquam utpauci sunt com-

    paratione(p. 300)

    Non equidem Non vi equidem Non vi equidem(p. 113, n. 126)

    Non vi equidem(p. 306)

    confessum confessa confessa(p. 116, n. 151)

    confessa(p. 314)

    præstantii præstantis præstantis præstantis

  • 6(p. 118, n. 166) (p. 316)

    præterque præterquam præterquam(p. 118, n. 170)

    præterquam(p. 318)

    Nelle due edizioni della Strix del 1523 et del 1612 c’è un lungo passonel quale il discorso di Fronimo integra anche quello di Apistio, che spari-sce quindi come interlocutore. Ho ripristinato l’intervento di Apistio resti-tuendo così senso allo scambio tra i due personaggi; Li Vigni ripete (Sorciè-re, p. 65, n. 35 = Strega, p. 172). Stessa cosa per un intervento attribuito aFronimo al posto di Apistio (Sorcière, p. 81, n. 38; Strega, p. 216).

    Aggiungo un fatto curioso: alcune parole, che nella Sorcière sono divi-se in sillabe a fine rigo per rispettare la giustezza, appaiono divise anchenella Strega senza che questo sia giustificato da necessità tipografiche, ri-sultando in questo modo parole autonome dal senso incomprensibile. Peresempio: Sorcière, p. 96: Hispa- niense; plu- res = Strega, p. 258: Hispaniense, plu res; Sorcière p. 97: gra- diantur = Strega, p. 260: gra diantur.Altri esempi di refusi di questo tipo alla p. 307, n. 90. Alcuni refusi in latinostranamente non influiscono sulla traduzione in italiano. In effetti la tradu-zione italiana non segue il testo latino della Strega, ma quello della Sorcièree della Strix. Per esempio: Strega, p. 220: «Observatum identidem ipsiusante ora simulacrum [...]» viene tradotto «Gli accadeva che un simulacro gliapparisse davanti»; cioè la dottoressa Li Vigni scrive Observatum, ma tra-duce il corretto Obversatum della Sorcière (p. 82) e della Strix; Strega, p.158: «[…] eum sese occasio præstat […]» tradotto: «quando si presental’occasione», che traduce «cum sese occasio præstat», secondo la versionelatina della Sorcière (p. 61) e della Strix.

    Inoltre alla pagina 65 della Sorcière ho dimenticato di segnalare unamia correzione: «Ita enim videbatur eis nocturnus corvus, quem (al posto diqui nella Strix) aut intuebantur: […]» La Strega, p. 172, riproduce il quem.

    Tutte le mie integrazioni al testo, che segnalo tra parentesi angolari< >, sono sistematicamente riprese nella Strega, anche quelle che propongoper le citazioni in greco (cfr. per esempio la Sorcière, p. 112 = Strega, p.302; Sorcière, p. 65 = Strega, p. 170). Peraltro le citazioni in greco che ap-paiono nella Strix sono a volte riportate in modo non corretto e spesso diffi-cilmente decifrabile; le ho quindi sistematicamente riviste/riscritte basan-domi sulle edizioni di autori greci precedenti all’edizione del 1523, verifi-candole poi con le edizioni critiche correnti. Le revisioni della Strega sonoidentiche.

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    Last but not least. Ogni filologo conosce l’importanza della punteggia-tura per capire e ben tradurre un testo antico. Essa è parte integrante del la-voro di stabilmento del testo. Ho completamente rivisto, nella mia edizione,la punteggiatura della Strix, che, tra l’altro, abbondava nell’impiego dei duepunti e non utilizzava mai le virgolette per le citazioni. La Strega riproducesempre ed esattamente la punteggiatura proposta da me.

    Quanto detto mi sembra sufficiente per affermare che la dottoressa LiVigni non ha solamente “consultato” la mia edizione, ma ha riprodotto iltesto latino da me stabilito. A partire da questa costatazione non posso nonnotare la contiguità tra le mie note al testo e quelle fornite dalla dottoressaLi Vigni. Non si tratta di rilevare qui quelle note che seguono le indicazioninei marginalia dell’edizione del 1523, anche se, come ho già detto, la dotto-ressa Li Vigni non indica le edizioni di riferimento sulle quali avrebbe ri-scontrato i passi citati dal Pico; si tratta non solo di autori e testi che Piconon indica, ma dell’argomentazione logica che il commento fornisce ricol-legando il testo di Pico ad autori antichi, medievali e/o a lui contemporanei.Non si tratta di esercizio di erudizione ma del tentativo di ricostruire le basidell’elaborazione intellettuale che ha presieduto al lavoro del Mirandolano.Da questo punto di vista è impossibile non rilevare che le note della dotto-ressa Li Vigni spesso seguono l’ordine di citazione degli autori e dei passiche appaiono nel mio commento. Di seguito alcune note che ritengo tradottedal francese ed altre parafrasate. Tutti gli autori e tutte le opere da me citaterinviano ad un’edizione precisa ed indicata nella rubrica «abbreviazioni» onel mio commento.

    Note tradotte (in corsivo le mie osservazioni nella colonna della Strega):

    Sorcière Strega

    Il s’agit du couvent dominicain prèsde l’Église de S. Maria dei Miracoli,citée plus haut, dont la constructionavait commencée en 1522. (p. 127, n.1)

    Si tratta del convento domenicano neipressi della chiesa di Santa Maria deiMiracoli, la cui costruzione era co-minciata nel 1522 […]. (p. 149, n. 1)

    Il s’agit de Gygès roi de Lydie. Lalégende de la bague qui le rend invi-sible est racontée par PLATON, Répu-blique, II, 3, 359b-360a. Cicéron la

    Si tratta del re di Lidia Gige, la cuileggenda dell’anello che lo rende in-visibile è narrata in Platone, Repub-blica, II, 3, 359-360a ed è poi ripresa

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    reprend de Platon, comme le dit lui-même, De officiis, III, 38-39. […] (p.135, n. 34)

    da Cicerone nel De officiis, III, 38-39.(p. 163, n. 36)

    Si noti il refuso 359 al posto di 359b.

    Déméter donna à Triptolème un chartraîné par des dragons ailés avec le-quel il parcourait le monde en semantdes grains de blé, voir APOLLODORE,Biblioteca, I, 5, 2 (32); HYGIN, Fabu-larum liber, CXLVII […]. (p. 140, n.52)

    Cfr. Apollodoro, Biblioteca, I, 5, 2(32) et Igino, Fabularum liber,CXLVII, dove viene narrato di comeDemetra donò a Trittolemo un carrotrainato da draghi alati con il qualeegli sorvolava il mondo per seminarviil grano. (p. 171, n. 52)

    Pic se réfère ici à l’ouvrage de Philos-trate Heroicus. (p. 145, n. 77)

    Pico fa riferimento all’Heroicus diFilostrato. (p. 179, 74)

    PLUTARQUE, De def. or., 5 [412] et 45[434d-e], décrit les rêves du Lydienau sanctuaire d’Amphiaraos et del’envoyé du gouverneur de Cilicieprès de l’oracle de Mopsos. HÉRO-DOTE, Hist., VIII, 134, et PAUSANIAS,I, 34, 5 rappellent également le rituelde dormir au temple d’Amphiaraospour obtenir des oracles. (p. 148, n.97)

    Cf. Plutarco, De defectu oraculorum,5 [412] e 45 [434d-e] che narra delsogno di Lidia [sic] nel santuario diAmfiarao e dell’inviato del governa-tore du [sic] Cilicia presso l’oracolodi Mopso. Ma anche Erodoto, Histo-riae, VIII, 134 e Pausania, Periegesis,I, 34, 5 parlano della consuetudine didormire nel tempio di Amfiarao perottenere vaticinii. (p. 185, n. 92)

    Se la dottoressa Li Vigni avesse con-sultato il De defectu oraculorum a-vrebbe certamente capito il “du Ly-dien” della mia nota francese inquanto nel testo di Plutarco non ap-pare nessuna “Lidia”, ma l’autoreracconta del “Lidio” inviato all’ora-colo di Anfiarao (cfr. Iside e Osiridee Dialoghi delfici, a cura di VincenzoCilento, Bompiani, 2002, p. 285). Danotare l’ortografia di «Amfiarao»(due volte) al posto dell’italiano An-fiarao.

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    DIODORE, Bibliotheca, XVII, L, 6,raconte les processions ayant lieu ausanctuaire d’Ammon où des statues,couvertes d’ornements, émettaient desbruits ou des voix mystérieuses, dé-cryptées ensuite par les prêtres; JAM-BLIQUE, Myst. Aeg., III, 28. AUGUS-TIN, De civ. Dei, III, 11 […]. En rap-pelant les platoniciens, PRIERIAS, Destrigimagarum, l. I, chap. VIII, punc-tum quartum, p. 60, avait évoqué luiaussi les statues parlantes: […] velquod operibus magorum factæ imagi-nes loquantur responsa dantes, autetiam se moveant: horum autem om-nium causa secundum Platonicos as-signabitur, si per dæmones fieri di-cantur. (p. 149, n. 102)

    Ne parlano Diodoro, in Biblioteca,XVII, L, 6 che racconta del tempio diAmmone in cui le statue emettevanobrusii e voci misteriose ch [sic] poivenivano interpretati dai sacerdoti,Giamblico, in De mysteriis AEgypto-rum, III, 28, ma anche Agostino, inDe civitate Dei, III, 11. Anche Prie-rias, in polemica con i platonici, nelDe strigimagarum, l. I, chap. VIII,punctum quartum, parla di statue cheparlano e camminano ad opera deidemoni. (p. 187, n. 97)

    HÉRODOTE, Hist., II, 55, raconte lemythe des deux colombes noires qui,envoyées par les prêtres de Thèbes enEgypte, se seraient rendues l’une àDodone et l’autre en Libye. La pre-mière, en parlant avec une voix hu-maine, aurait poussé les habitants àconsacrer un oracle à Zeus. (ibid., n.103)

    In Erodoto, II, 55 troviamo il mito didue colombe nere che, inviate dai sa-cerdoti tebani in Egitto, si stabilironouna a Dodona e l’altra in Libia. Laprima parlava con voce umana e que-sto spinse gli abitanti a erigere untempio-oracolo dedicato a Zeus.(ibid., n. 98)

    Sur les oracles donnés sousl’impulsion d’une fureur soudaine,voir De praenotione, IV, 9, p. 502 oùPic, entre autres, en souligne le carac-tère démoniaque: Hos aliquando di-cunt arrepticios, alii phanaticos, aliipythones pythios, alii vates, quando-quidem et maligno arripiuntur spirituet Pythio Apolline, hoc est, dæmoneeo cognomine gaudente replebantur,et in phanis dare solebant responsa

    Nel De rerum praenotione, IV, 9, p.502 Pico sottolinea la natura demo-niaca di questi furori improvvisi:«Hos aliquando dicunt arrepticios, aliiphanaticos, alii pythones pythios, aliivates, quandoquidem et maligno arri-piuntur spiritu et Pythio Apolline, hocest, dæmone eo cognomine gaudentereplebantur, et in phanis dare solebantresponso [sic] emota et alienatamente, quale illud de Phemonoe apud

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    emota et alienata mente, quale illudde Phemonoe apud Lucanum in quin-to Pharsaliæ. (p. 150, n. 106)

    Lucanum in quinto Pharsaliæ. (p.187, n. 101)

    […] Pic mentionne les trois catégoriesde nymphes citées dans le De praeno-tione, IV, 9, p. 489; elles sont unemanifestation ancienne des démons.(p. 158, n. 1)

    Pico riporta queste tre categorie dininfe anche nel De rerum prænotione,IV, 9, p. 489 quale prova della pre-senza nel mondo antico dei demoni.(p. 201, n. 2)

    CÆSAR, Bellum Gallicum, VII, 37.Litaviccus (variantes: Litavictus etLitavius) fut l’instigateur de la révoltedes Gaulois contre César. (p. 162, n.13)

    Giulio Cesare, Bellum Gallicum, VII,37. Litaviccus (varianti: Litavictus etLitavius) è l’istigatore della rivoltadei Galli contro Cesare. (p. 211, n.12)

    PLINE, Nat. hist., X, 51. Pline parle enréalité de la poétesse Glauce de Chio,qui vécut sous le règne de PtoléméePhiladelphe, voir l. II, note 34 de no-tre édition du texte latin. (p. 164, n.22)

    Pico legge erroneamente il passo pli-niano in cui si fa riferimento a Glauco[sic] di Chio, la poetessa vissuta altempo di Tolomeo Filadelfo. (p. 215,n. 23)

    anseritia ] ansericia. Un néologismede Pic semble-t-il. (ibid., p. 81, n. 40)

    Anseritia potrebbe essere un neologi-smo inventato da Pico. (p. 217, n. 32)

    La vie de Saint Ambroise, rédigée parPaul de Milan, attribuée parfois àPaulin de Nole […]. (p. 166, n. 35)

    Pico fa riferimento alla vita diSant’Ambrogio composta da Paolo daMilano, ma talvolta attribuita a Paoli-no di Nola. (p. 219, n. 36)

    Malleus, 1.3, p. 25a; Girolamo VI-SCONTI, Lamiarum, f. B6v.-B7r. Surcette question, voir THOMAS D’AQUIN,Sum. Theol., Prima pars, q. 51, 3, 6.(p. 203, n. 49)

    Cfr. Malleus, 1.3 e Girolamo Viscon-ti, Lamiarum, f. B6v.-B7r. Si veda aproposito Tommaso d’Aquino, Sum-ma Theoogica [sic], Prima pars, q.51, 3, 6. (p. 293, n. 54)

    Il se peut que Pic ait entendu cettehistoire à l’occasion de ses séjours enAllemagne où il rencontra l’empereur

    È probabile che Pico abbia avuto mo-do di sentire questo racconto duranteil suo soggiorno in Germania e forse

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    Maximilien […]. (p. 213, n. 102) proprio alla corte dell’imperatore Mas-similiano. (p. 313, n. 99)

    Esempi di note parafrasate (in corsivo le mie osservazioni nella colon-na riquadro della Strega). A eccezione di quelli utili alla comprensione delriscontro, ho soppresso nella citazione delle mie note i riferimenti bibliogra-fici:

    Sorcière Strega

    SÉNÈQUE, Herc. Fur., 688. Je traduisstrigis par “strige” au lieu de “chou-ette” comme dans l’édition citée [latraduzione francese], pour respecterl’enchaînement des citations donnépar Pic. (p. 128, n. 5)

    Ovidio, Metamorfosi, VII, 629. Inquesto verso e nei seguenti utilizzo,per rispettare l’intenzione pichiana, iltermine strega anche laddove l’origi-nale utilizza barbagianni o civetta. (p.151, n. 4)

    Seneca, Herculens furens, 688 dovein luogo di ‘strega’ si trova ‘civetta’.(ibid., n. 6)

    Queste note iniziali sono significativedella leggerezza, per impiegare uneufemismo, della dottoressa Li Vigniche riprende senza capire ciò che èdetto nella nota della Sorcière: nel-l’originale, cioè nelle opere di Ovidioe Seneca, appare la parola «strix»declinata secondo i casi; «l’origina-le» dunque non utilizza «barbagiannio civetta», sono le traduzioni moder-ne (ma non è dato sapere quali abbiausato la curatrice) che traducono cosìil termine «strix».

    Pic rapproche de façon implicite leterme de striga (du verbe stringo), quidésigne une “rangée d’herbes cou-pées” (voir GAFFIOT, Dictionnaire,op. cit., a. v .) de son homonyme stri-ga, forme tardive de strix, voir PÉ-

    In questo passo Pico riconduce il ter-mine strega a striga, vocabolo chedesigna un rimedio composto da erbe,suggerendo così il legame fra streghee guaritrici, come testimoniano i pro-cessi. Va ricordato anche che in ita-

  • 12TRONE, 63, 4. Cette étymologie à par-tir de striga s’explique par les remè-des à base d’herbes que les sorcièresavaient l’habitude de confectionner.En italien, on parle encore de nosjours d’erba strega qui désigne diver-ses herbes dont le lycopode. […]. LeMalleus, 1.9, p. 58c-d et 2.1.2., p.95d, évoque trois types de sorcières“guérisseuses”: celles qui procurentdes lésions, sans être capables de lesguérir; celles qui soignent sans être àl’origine des lésions et celles qui lesprocurent et les soignent. Ces pou-voirs sont le résultat du pacte expli-cite entre sorcières et démons. (p.130, n. 14)

    liano abbiamo ‘erba strega’ per desi-gnare diverse erbe della famiglia delleLicopodiacee. Quanto ai tipi di stre-ghe i manuali, e prima di tutto il Mal-leus, ne individuano tre: le stregheche procurano malattie, ma non sannoguarirle; le guaritrici vere e proprie,che curano senza essere causa dellamalattia; coloro che curano le malat-tie da loro stesse procurate.

    Una sorta di riassunto troppo strin-gato che unisce l’ignoranza dellaquestione trattata e l’incomprensionedella nota della Sorcière in quanto‘striga’ non designa ‘un rimedio com-posto da erbe’, ma una “rangée d’her-bes coupées”. La curatrice avrebbetrovato la stessa definizione consul-tando un dizionario latino-italiano,vedi per esempio il Dizionario dellalingua latina Castiglioni-Mariotti, s.v.‘filare, mucchi di grano, erbe etc.messi in fila […]’, a meno che la dot-toressa Li Vigni non sia a conoscenzadi fonti che potrebbero giustificare lasua interpretazione, fonti che in ognicaso non cita.

    Je n’ai pas trouvé la source de cetteanecdote. BIONDI, La strega, note 29,p. 205, pense qu’il pourrait s’agir deGirolamo Manfredi (†1492?) astrolo-gue à la cour des Ordelaffi de Forlì etil cite à ce propos les Disputationes inastrologiam, II, chap. 9, de son oncleGiovanni Pico. […] il en parle pres-que dans les mêmes termes, dans leDe rerum praenotione libri novempro veritate religionis contra supers-titiosas vanitates, IV, 9, p. 493 […] inOpera, II. On remarquera qu’ici c’estHector qui est évoqué et non pas

    Non si trova la fonte di questo ane-dotto, Biondi suggerisce che si trattidi Girolamo Manfredi (morto forsenel 1492), astrologo alla corte di Or-delaffio di Forlì e cita le Disputatio-nes in astrologiam, II, chap. 9, diGiovanni Pico. Gianfrancesco riportala storia nel De rerum praenotione,IV, 9, p. 493, in Opera, II dove sosti-tuisce Ulisse con Ettore e non compa-re il cerchio, elemento diabolico adat-to alla Strix. (p. 167, n. 43)

    Questo riferimento a «Ordelaffio da

  • 13Ulysse comme dans la Strix. Commeon peut le constater, Pico ajoute, dansla Strix, quelques éléments «diaboli-ques», comme celui du cercle, absentsdans le De praenotione. (p. 137, n.43)

    Forlì» mostra chiaramente che lacuratrice non domina la materia dicui tratta e che la sua nota è il fruttodi una lettura erronea della nota del-la Sorcière poiché tale personaggionon esiste: si tratta della famigliadegli Ordelaffi.

    Questa è una lunga nota storico-filologica che vuole spiegare le mieipotesi; ne trascrivo qui solo alcunipassi.

    Pic semble évoquer ici le De mirabi-libus auscultationibus, 147, où il estdit que le parfum des roses est mortelpour les scarabées. “Âne” au lieu de“scarabée” peut s’expliquer sans dou-te par la proximité des deux mots engrec, et ce bien que le mot le pluscourant en grec pour “âne” soit “ὂ-νος”. En effet, le mot grec qui dans leDe mirabilibus auscultationibus esttraduit par scarabées est: “κανθά-ρους”. Dans son Dictionnaire étymo-logique de la langue grecque. His-toire des mots, Paris, Klincksieck,1999, p. 141, Pierre CHANTRAINE si-gnale au mot κάνθαρος (scarabée)“Un rapprochement avec le nom del’âne κάνθων […]”. […] À cette pro-ximité philologique des mots “âne” et“scarabée” s’ajoute aussi une proxi-mité d’ordre physique comme le rap-pelle Sextus Empiricus, Hyp. Pyr., I,14 [41] (les scarabées s’engendrent àpartir des ânes), que Pic mentionnedans son Examen, l. II, 22, p. 855 (exasinis item nascuntur scarabei). Dansl’édition princeps d’Aristote (1495-1498), parue en six volumes, chezAlde Manuce, III, 4r., f. 419r., on lit“κανθάρους ”, comme dans les édi-

    Pico traduce, o forse travisa volonta-riamente, il passo del De mirabilibusauscultationibus, 147 in cui Aristoteledice che il profumo delle rose è mor-tale per gli scarabei, forse per la so-miglianza in greco fra i due termini oforse anche sulla base della credenzache gli scarabei nascano dagli asini,come dichiara Sesto Empirico nelPyrrhoneæ Hypotyposes, I, 14 [41],citato da Pico nell’Examen I, II, 22, p.885. A riprova dell’uso strumentale diquesta lettura va ricordato che, in ef-fetti, Pico tace del fatto che in Lucia-no non le rose ma i rododendri sononefasti per l’asino. Quanto al legamemortale scarabei-rose cfr. Eliano, A-nimalium natura, 38 [sic] e IV 17 do-ve l’autore dichiara che gli scarabeimuoiono per l’odore di un unguentoprofumato e che quando muoionosono ricoperti di petali di rose. (p.175, n. 62)

    Anche questa nota della Strega sipresenta come una sorta di riassuntodella nota della Sorcière, ma senza iriferimenti filologici necessari, diconseguenza essa non spiega nulla.Nella parte finale, la frase «gli sca-

  • 14tions modernes. Pic étant un excellentconnaisseur du grec, on peut émettreplusieurs hypothèses: mauvaise lec-ture, possession d’un manuscrit fautifau bien d’autres. Mais, il se peut aussique Pic ait apporté une correction àpartir de cette étrange relation mor-telle, ou tout au moins nuisible, entrela rose et l’âne que l’on trouvait dansles textes anciens; ce qui expliqueraitla mention de la part de Pic de Lucienet d’Apulée tout de suite après celled’Aristote. Chez Apulée, L’âne, VII,13-14, la rose a le pouvoir de trans-former (donc en quelque sorte de“tuer”) l’âne: Lucius retrouve sa for-me humaine en dévorant une couron-ne de roses. Chez Lucien aussi, Lu-cius, 42 [39], 54, la rose a le pouvoirde redonner sa forme humaine à sonhéros. Pic aurait pu interpréter, volon-tairement, cette allégorie de la rose aupremier degré, trouvant une sorte deconfirmation chez Aristote. Ce fai-sant, il oublie toutefois ou ne tient pascompte que pour Lucien, Lucius, 42[39], 17, ce n’est pas la rose qui estnéfaste pour l’âne mais le laurier-rose: Lucius, transformé en âne, estvolé par des bandits. Pendant le voy-age, il voit un jardin potager avec desroses qu’il veut manger en espérantainsi redevenir humain, mais il s’a-perçoit qu’il ne s’agit pas de vraiesroses mais de κανθάρους (laurier-roseou rhododendron), fleurs mortellespour l’âne et le cheval. Pline, Nat.hist., XVI, 79, assimile ce rhododaph-nen au laurier-rose et au rhododen-dron, tout en soulignant que ses fleursressemblent à celles de la rose. Il af-firme que cette plante est venimeusepour les bêtes de somme et d’autres:

    rabei muoiono per l’odore di un un-guento profumato e che quando muo-iono sono ricoperti di petali di rose»in luogo di «muoiono se sono rico-perti di petali di rose», costituisce uncontro senso imbarazzante che spingea domandarsi se la curatrice, noncapendo forse bene il francese, abbiaalmeno consultato la traduzione ita-liana di Eliano. La risposta a questadomanda è purtroppo negativa poi-ché la dottoressa Li Vigni riprende ilrefuso della Sorcière (Élien, IV, 17 inluogo di Élien, IV, 18). A titolo di e-sempio, la traduzione di FrancescoMaspero (BUR) dice: «e se spargi deipetali di rosa sopra gli scarabei, lifarai morire». Ci si potrebbe anchedomandare cosa voglia mai dire «Ariprova dell’uso strumentale di que-sta lettura […]»: «strumentale» a co-sa?

  • 15Rhododendron, ut nomine apparet, aGræcis venit. Alii nerium vocarunt,alii rhododaphnen, sempiternum fron-de, rosæ similitudine, caulibus fruti-cosum. Iumentis caprisque et ovibusvenenum est, idem homini contra ser-pentium venena remedio. Mais Plinerapporte aussi cette histoire du parfumde rose mortel pour les scarabées,Nat. hist., XI, 279. Élien, Nat. Anim.,I, 38, raconte que le parfum, sans pré-ciser de rose, est mortel pour les sca-rabées; même concept en VI, 46: lesscarabées succombent à l’odeur d’unonguent parfumé; en IV, 17, affirmequ’ils meurent s’ils sont couverts despétales de rose. (p. 142, n. 63)

    Le traité de Synésios, De somniis, futédité dans la traduction latine de Mar-sile Ficin en 1497, à Venise, par AldeManuce, avec d’autres traductions duchanoine médicéen […]. En 1518,sortit le texte grec avec le traité sur lerêve d’Artémidore. (p. 143, n. 68)

    Sinesio, De somniis. La prima tradu-zione latina fu opera di Marsilio Fici-no e fu stampata a Venezia da AldoManuzio nel 1497 insieme ad altretraduzioni di opere mediche; nel 1518fu pubblicato il testo greco insiemeall’opera sui sogni di Artemidoro. (p.175, n. 66)

    Quali sono dunque queste altre «tra-duzioni di opere mediche» ? Forse ladenominazione «chanoine médicéen»,impiegata per la prima volta da Ra-ymond Marcel e ben conosciuta daglispecialisti di Marsilio Ficino, hafuorviato la dottoressa Li Vigni. Di-fatti, come indica chiaramente il tito-lo che segue, l’edizione del 1497 noncomprende alcuna traduzione di ope-re mediche: Jamblichus De mysteriisAegyptiorum, Chaldaeorum, Assyrio-rum. Proclus in Platonicum Alcibia-dem de anima atque daemone. Pro-clus De sacrificio et magia. Porphy-rius De divinis atque daemonibus.

  • 16Synesius Platonicus de somniis. Psel-lus de dæmonibus. Expositio Priscianiet Marsilii in Theophrastum de sensu,phantasia et intellectu. Alcinoi Plato-nici philosophi liber de doctrina Pla-tonis. Speusippi Platonis discipuli li-ber de Platonis difinitionibus. Pytha-gorae philosophi aurea verba. Symbo-la Pithagorae philosophi. Xenocratisphilosophi platonici liber de morte.Marsilii Ficini liber de voluptate.

    Pour les oracles de Pasiphaé, voir CI-CÉRON, De div., I, 96; PLUTARQUE,Vie de Cléomène,7, 3, [807f]; PAUSA-NIAS, III, 26; STRABON, Geo., VI, 3, 9;Asclepius, § 205, p. 99 [...]. (p. 148, n.98)

    Ne parlano Cicerone, De divinatione,I, 96, Plutarco, Vita di Cleomene, 7, 3[807f], Pausania, Periegesis, III, 26 eStrabone, Geografia, VI, 3, 9 e A-sclepius, § 205. (p. 185, n. 93)

    STRABON, Geo., VI, 3, 9; Asclepius, §205, p. 99 [...]. (ibid., n. 99)

    Cfr. Strabone, VI, 3, 9 e Asclepius, §205. Podalirio era medico come ilpadre Esculapio. (ibid., n. 94)

    Les temples consacrés à Esculape oùl’on recevait des remèdes en songesont nombreux […]. Pic avait déjàabordé la question de la vanité desoracles anciens dans le De praeno-tione, IV, 9, p. 489-504 […] où il citenotamment les oracles prophétiquesdonnés en songe aux temples d’Escu-lape et de Pasiphaé. Dans le chapitreVII du livre VI “Adversus superstitio-sa somnia”, Pic opère la distinctionentre les vrais songes prophétiques desource biblique (Moïse, p. 626) et lessonges faux des païens, inspirés par leDémon […]. (ibid., n. 100)

    Merita di ricordare che Pico affrontail problema della falsità degli oracoli,facendo riferimento ai templi di Escu-lapio e di Pasife, nel De rerum prae-notione, IV, 9, p. 489-504, e riprendeil problema nella stessa opera, attac-cando Sinesio, nel cap. VI [sic], A-dversus superstitiosa somnia del l.VI, e distinguendo i sogni profeticiveri attestati dalla Bibbia dai sognifalsi degli incolti [sic], ispirati da Sa-tana. (ibid., n. 95)

    Nelle note 93 e 94 appare improvvi-samente un riferimento bibliografico:‘Asclepius’ che la dottoressa Li Vigninon ha mai menzionato precedente-mente in extenso e dunque risulta dif-ficile capire a cosa corrisponda. Inrealtà, la dottoressa Li Vigni riprende

  • 17la mia citazione nella quale Asclepiusè l’abbreviazione del libro di E. andL. Edelstein, Asclepius a collectionand interpretation of the testimonies,Baltimore, The Johns Hopkins Press,1945, e come tale segnalata a p. 41della Sorcière.

    PHILOSTRATE, Vie, IV, 11-12. Apollo-nius qui évoque et questionne l’ombred’Achille est rappelé par Pic dans leDe praenotione, VII, 10, qui est entiè-rement consacré à la réfutation de lamagie d’Apollonius de Tyane: “Ad-versus Magica Apollonii Tyanei ”, p.667-674 (ici p. 672). (p. 153, n. 125)

    Filostrato Vita, IV, 11-12. L’appari-zione dell’ombra di Achille ad Apol-lonio è riportata da Pico nel De rerumpraenotione VII, 10, laddove confutala magia di Apollonio di Tiana (A-dversus Magica Apollonii Tyanei), p.667-674. (p. 193, n. 119)

    HOMÈRE, Hym., VII, 57, À Dionysos.C’est par cette expression que Diony-sos rappelle les amours de sa mèreSémélé avec Zeus. Voir aussi “ἐν φι-λότητι μιγεῖσα ”, dans Hym., IV, 4, ÀHermès. Aux vers 1-19, l’on racontela naissance de Mercure, fruit desamours de Zeus et de la nympheMaia, p. 295 et p. 179. Pic mentionneles trois catégories de nymphes citéesdans le De praenotione, IV, 9, p. 489;elles sont une manifestation anciennede démons. (p. 158, n. 1)

    Omero, Inni omerici, VII, 57, doveDionisio usa questa locuzione perricordare l’amore fra la madre Semelee Zeus e Inni omerici, IV, 4, A Ermes,in cui ricompare in riferimento agliamori di Zeus con la ninfa Maia, daiquali nacque Mercurio. Anche nell’I-liade, III, 445 e VI, 25 si trova la lo-cuzione ‘philotéti migheisa’, ‘con-giunta o mischiata in amore’ per indi-care il rapporto sessuale. (p. 201, n. 1)

    Pico riporta queste tre categorie dininfe anche nel De rerum praenotioneIV, 9, p. 489 quale prova della pre-senza nel mondo antico dei demoni.(ibid., n. 2)

    Per quanto riguarda l’espressione«philotéti migheisa», l’autrice dellaStrega aggiunge un riferimento bi-bliografico all’Iliade rispetto alla no-ta della Sorcière, cosa meritevole senon si trattasse di un errore per difet-to. Infatti questa espressione non ap-pare nei passi dell’Iliade da lei citati,

  • 18dove è presente solo la parola φιλότη-τι. Ancora una volta la dottoressa LiVigni mostra di citare di secondamano, senza procedere ad alcuna ve-rifica. Si tratta in effetti di un riferi-mento bibliografico dato da A. Biondi(Strega, Marsilio, 1989, p. 209, n. 1),il quale però non menziona gli Innid’Omero.

    Il est évident que pour Pic cette ami-citia est la conséquence du pacte entrele diable et la sorcière. Cette sorte deliaison amoureuse, qui sera soulignéeplus loin par Dicastes (prætereaquefingunt se captos ipsarum amore, quonihil gratius miseris mulierculis) per-met au premier d’intervenir sur l’ima-gination de la seconde. Pic résume icice qui est dit à ce propos dans le Mal-leus, 1. 7, p. 48d-49a: Quia ut Philo-sophus in praefato libro dicit, quodaliquis in passione existens ex modicasimilitudine movetur sicut amans exmodica similitudine amati, et sic e-tiam odium habenti. Ideo demones quiperactus hominum experiuntur quibuspassionibus magis subduntur, illos adhuiusmodi amorem vel odium inordi-natum instigant eo fortius in eorum i-maginationem et efficacius imprimen-do hoc quod intendunt, quanto etiamid facilius possunt […]. (p. 166, 36)

    Le Malleus, 2.1.4, p. 110d-111a, rap-pelle que le démon est visible par lasorcière puisqu’il y a un pacte expli-cite entre eux. En revanche, il resteinvisible aux autres […]. (p. 175, n.67)

    L’amicizia è ovviamente un riferi-mento al patto che la strega ha sug-gellato con Satana; a causa di questolegame amoroso il Demonio riesce adagire sull’immaginazione della stregache lo ‘vede’. È possibile che Picoabbia ripreso un passo del Mal-leus,1.7, dove la teoria della forzadell’immaginazione è applicata allademonologia. Sempre nel Malleus,2.1.4 si afferma, in relazione ai rap-porti carnali tra le streghe e i demoni,che il diavolo è visibile solo dallastrega e non da altri in forza del pattostretto tra loro. (p. 219, n. 37)

    Dans les Météorologiques, 373b, Ari-stote parle d’un homme, sans préciser

    In realtà Pico non sta citando Aristo-tele, ma Sesto Empirico, Schizzi Pir-

  • 19qu’il était de Thasos, à la vue faible,qui croyait qu’une image le précédaitcontinuellement et le regardait enface. C’est Sextus Empiricus, Hyp.Pyr., I, 84, qui ajoute qu’il s’agit dequelqu’un de Thasos. Ce que dit Picest une traduction très proche de cepassage de Sextus Empiricus et pourses fins, il y ajoute: quod aliorum ob-tutibus hominum minime patuisset. Ilfaut remarquer que rien de diaboliquen’apparaît ni chez Aristote – qui faitcet exemple à propos de l’air ambiantfaisant fonction de miroir, notammentquand celui-ci est condensé –, ni chezSextus Empiricus – qui le cite à pro-pos de différentes réactions des êtreshumains selon les constitutions quisont propres à chaque individu. Picprend cet exemple de l’homme deThasos et le relie à Aristéas et à Her-motime pour appuyer sa démonstra-tion sur les manifestations diaboli-ques. De fait, dans une constructionconceptuelle assez hardie, il conjugueles argumentations d’ordre physiqued’Aristote et de Sextus Empiricus etcelles d’ordre religieux des païens (lesrécits sur Aristéas et Hermotime) avecla démonologie qui attribue au démon– lequel ne peut enfreindre les lois dela nature, sauf concession divine – àla fois un corps composé essentielle-ment d’air condensé, ce qui lui permetde prendre plusieurs formes, et la fa-culté d’intervenir sur l’imaginationdes êtres humains […]. (p. 167, 40)

    roniani, I, 84, e lo fa in maniera nonsolo approssimativa ma anche inter-polatrice, caricando di valenze demo-niache due vicende che non hanno,nelle fonti antiche, nulla di magico. InAristotele e in Sesto Empirico, infatti,i due casi sono sviluppati in base adargomentazioni di natura fisica, men-tre Pico li legge sulle basi delle teoriedemonologiche del tempo in cui siattribuisce ai demoni la capacità sia dirivestire diverse forme avendo assun-to un corpo costituito di aria conden-sata, sia di intervenire sull’immagina-zione degli uomini. (p. 221, 42)

    La dottoressa Li Vigni afferma che sitratta si Sesto Empirico senza dareperò nessuna spiegazione delle ra-gioni che la inducono a confutarel’attribuzione di Pico ad Aristotele.Inoltre la sua allusione ad una ‘ar-gomentazione di natura fisica’ senzaulteriori precisazioni non permette dicomprendere ciò che segue. Insom-ma, la dottoressa Li Vigni fornisce unriassunto approssimativo della mianota restando vaga (per necessità?).

    Dans son De strigibus ou Quaestio destrigibus (chap. 1, p. 3), BartolomeoSpina raconte que, selon des témoi-gnages, la “Dame du jeu”, suivie parla multitude de ses adeptes, se rendait

    La fonte è sicuramente BartolomeoSpina che nel suo Quaestio de strigi-bus, c. I, racconta che, secondo alcu-ne testimonianze, la Dama del gioco,con i suoi accoliti, si recava sulle

  • 20près du fleuve Jourdain pour en tou-cher les eaux, ce qui lui aurait permisde devenir la Maîtresse du monde[…]. (p. 171, n. 50)

    sponde del Giordano per bagnarvisi ediventare così la Signora del mondo[…]. (p. 227, n. 53)

    HOMÈRE, Od., XII, 395-96. Cette lé-gende est rappelée par Girolamo VIS-CONTI, Lamiarum, f. A5r., qui men-tionne le pouvoir attribué à la dominaludi de faire ressusciter ce qui reste del’animal mangé. Il ajoute: Sed hoc estmanifeste falsum […]. (p. 173, n. 57)

    Omero, Odissea, XII, 395-396. Unodei primi a parlare del presunto poteredella domina ludi di resuscitare lebestie mangiate ridando la vita ai lororesti è Girolamo Visconti nel Lamia-rum, il quale però nega che questopossa essere vero. (p. 233, n. 60)

    Nessun riferimento riguardo alla lo-calizzazione del passo del Visconti.

    OVIDE, Met., IV, 615-16 […]. Dansce passage, Pic pose comme manifes-tations diaboliques, en les liant de fa-çon étroite, les prophéties et le voldans les airs […]. (ibid., n. 60)

    Ovidio, Metamorfosi, IV, 615-616.Affiancando esempi di profezia e divolo aereo Pico ribadisce la naturademoniaca di entrambe le manifesta-zioni. (ibid., n. 63)

    […] Le Malleus, 2.1.4, p. 111c af-firme plus modestement que le plaisirque ces femmes prennent lors de leursaccouplements avec les démons n’estpas inférieur à celui qu’elles prennentavec les hommes. (p. 175, n. 70)

    […] Più contenuti rispetto a Pico gliautori del Malleus che si limitano asostenere che il piacere provato dallestreghe è come quello che provanocon gli uomini (2.1.4). (p. 235, n. 68)

    Sur ces qualités de “charmeur” duDémon, Pic avait été plus éloquentdans le De praenotione, VII, 5, p. 640[segue citazione del passo]. (p. 177, n.71)

    Sulla natura degli amplessi con i de-moni e sul fascino di questi Pico sidilunga nel De rerum praenotione,VII, 5, p. 640 [segue citazione delpasso comme nella Sorcière]. (p. 237,n. 70)

    Dans son Oratio adversus Graecos,P. G., VI, 15, col. 839, Tatien, quePic cite dans son De Praenotione, IX,1, p. 685 et passim, affirme que lesdémons ont une constitution spiri-tuelle, comme le feu et l’air […]. (p.177, n. 78)

    Nel De rerum Praenotione, IX, 1, p.685 Pico cita Taziano il Siriano, ilquale nella Oratio adversus Graecosaveva dichiarato che i demoni hannouna costituzione spirituale simile alfuoco e all’aria. (p. 241, n. 77)

  • 21Bartolomeo Spina, De strigibus, chap.17, p. 49-50, rapporte le témoignage,recueilli en 1519, d’un certain Sozzi-no Benzi (Bentius), médecin à Fer-rare. Celui-ci, après avoir entendu lerécit d’un des paysans qui travail-laient pour lui, lequel rapportait à sontour ce que lui avait raconté un com-patriote lui aussi originaire de Miran-dole, interrogea le témoin direct desévénements. Ce dernier lui avait parléd’une assemblée nocturne se dérou-lant dans la plaine de Mirandole àlaquelle avaient participé environ sixmille personnes, telle était son estima-tion, qui mangeaient autour de tablesrichement garnies. Outre ce genre deplaisir: plures etiam lascivire licen-tius, quam fas sit eloqui. Au chap. 13,p. 36-37, Bartolomeo Spina affirmeque chaque année, dans le seul dio-cèse de Côme, plus d’un millier desorcières étaient jugées et plus d’unecentaine exécutées […]. (p. 178, n.83)

    Stando a Bartolomo [sic] Spina i sab-ba di Mirandola erano assai frequen-tati. Nel De strigibus, cap. 17 egliinfatti, dopo aver ascoltato un medicodi Ferrara, Sozzino Benzi, circa quan-do [sic] aveva appreso da un compae-sano relativamente a quanto avvenivaa Mirandola, interroga un testimoneoculare il quale confessa che all’ul-tima assemblea tenutasi nella piana diMirandola avevano partecipato circaseimila persone le quali avevano lau-tamente banchettato e si erano date aipiaceri carnali. (p. 243, n. 83)

    Sempre Bartolomo [sic] Spina, a pro-posito della diocesi di Como, affermache ogni anno più di mille streghepartecipavano al gioco e più di uncentinaio erano state bruciate (Destrigibus, cap. 13). (ibid., n. 86)

    […] Tertullien, Apol., XXII, 11 dé-nonce les tromperies du Démon quid’abord nuit et ensuite fait semblantde guérir […]. (p. 180, n. 84)

    Tertulliano nell’ Apologeticum, XXII,denunciando i vari inganni dei demo-ni, afferma che essi, dopo aver provo-cato malattie, fingono di guarirle. (p.247, n. 87)

    La référence est ici assez générale.Parmi les sources déjà utilisées parPic, la révélation de remèdes en songeest rappelée par CICÉRON, De div., II,123; OVIDE, Met., XV, 650-653; PHI-LOSTRATE, Vie, IV, 11; JAMBLIQUE,Myst. Eg., III, 3. STRABON, Geo., XV,2, 7, raconte qu’on montra en songe àAlexandre une racine à utiliser com-me antidote au poison des flèches bar-bares […]. (p. 180, n. 86)

    Probabili fonti di Pico sono Cicerone,De divinatione, II, 123; Ovidio, Me-tamorfosi, XV, 650-653; Filostrato,Vita, IV, 11; Giamblico, De mysteriisAegyptiacis, III, 3. In Strabone Geo-grafia, XV, 2, 7 troviamo raccontatoche Alessandro avrebbe visto in so-gno una radice da utilizzare come an-tidoto contro le frecce avvelenate deibarbari. (p. 247, n. 89)

  • 22PLUTARQUE, Vie d’Alexandre, 37, 4[686d] parle de dix mille paires demules et cinq mille chameaux. Quin-te-Curce cite trente mille mules […].(p. 180, n. 88)

    Plutarco, Vita di Alessandro, 37, 4,[686d]. Quinto Curzio, nelle Histo-riae Alexandri Magni, VIII, 7, 34-37parla invece di trentamila muli. (ibid.,n. 91)

    HÉRODOTE, Hist., VI, 127 […] Smyn-diridès et Sardanapale sont cités éga-lement par Maxime de Tyr dans sesDissertationes, le premier en III, 9, lesecond en I, 5 et III, 3. Maxime deTyr est mentionné par Pic dans le li-vre III de la Strix. (p. 181, n. 89)

    Il s’agit probablement de Straton, roides Sidoniens, dont les richesses sontmentionnées par Élien, dans Var.Hist., VII, 2. (ibid., n. 90)

    Erodoto, Historiae, VI, 127. Sardana-palo e Smyndiride [sic] sono menzio-nati anche nelle Dissertationes (ri-spettivamente I, 5 e III, 3 e III, 9) diMassimo di Tiro, autore citato da Pi-co anche nel libro III della Strix.Quanto a Stratone potrebbe essere ilre di Sidone, delle cui immense ric-chezze parla Eliano in Variae Histo-riae, VII, 2. (ibid., n. 92)

    Da notare l’ortografia di ‘Smyndiri-de’; la traduzione in italiano del no-me greco è Smindiride. Cfr., a titolod’esempio, l’edizione italiana a curadi Fulvio Barberis: ERODOTO, Le Sto-rie, Libri V-VI-VII, Milano, Garzanti,1990.

    […] Il se différencie ici du Malleus,2.1.16, p. 147d qui, dans une perspec-tive de symétrie cultuelle entre lesrites diaboliques et les rites chrétiens,affirme que le diable préfère le nom-bre trois, comme forme de négationde la Trinité. Toutefois, dans le Mal-leus, 1.4, p. 28d, parmi les différentesétymologies du mot “diable”, est évo-quée celle dérivée de l’union des motsdya, deux, et bolus […] pour indiquerque le démon tue le corps et l’âme:Est enim usus scripture et locutionisquem libet immundum spiritum nomi-nare diabolum a dya quod est duo etbolus quod est morsellus; quia duooccidit scilicet corpus et animam. (p.182, n. 92)

    Diversa la posizione del Malleus,2.1.16 dove si dichiara, con l’intentodi sottolineare come il patto diabolicocomporti per simmetria il ribaltamen-to del rito cristiano, che il numeropreferito dal diavolo è il tre in quantoforma di negazione della Trinità. Lanatura binaria di Satana è però soste-nuta nello stesso testo, I.4 in relazionealla doppia etimologia «isidoriana»del termine diavolo dal dya (due) ebolus (colpi di dado) (laddove il ter-mine originariamente deriva dal grecodia-ballo, nel senso di ingannare,mettere discordia, essere avversario,da cui Avversario) per indicare che ildiavolo uccide tanto il corpo quantolo spirito: «Est enim usus scripture et

  • 23locutionis quem libet immundum spi-ritum nominare diabolum a dya quodest duo et bolus quod est morsellus;quia duo occidit scilicet corpus et a-nimam. (p. 251, n. 95)

    PLUTARQUE, De animae procreationein Timaeo, 1012e. Édition consultée,Franco FERRARI, Laura BALDI, Plu-tarco. La generazione dell’anima nelTimeo, Napoli, M. D’Auria Editore,2002. Dans ce passage, s’appuyantsur l’autorité de Zarata (voir ici note94), le maître de Pythagore, Plutarquerappelle la supériorité de la monadepar rapport à la dyade […]. (ibid.)

    Plutarco, De anima [sic] procreationein Timaeo, 1012e, dove Plutarco so-stiene la superiorità della monade ri-spetto alla diade. (p. 251, n. 98)

    Pic rappelle ici la double étymologiedu mot “démon”: PLATON, Cratyle,398b […] voir également LACTANCE,Div. Inst., II, 14, 6, qui lie la “scien-ce” des démons à leur connaissancedes choses à venir, et AUGUSTIN, Deciv. Dei, IX, 20. Pour la crainte […],voir EUSÈBE DE CÉSARÉE, Praeparatioevangelica, IV, 5, 4: […] pour ce quiest des démons, s’il faut que nous ex-pliquions l’étymologie du mot, ellen’est pas à rechercher, comme le pen-sent les Grecs, dans le fait qu’ils sonthabiles (daèmonas) et savants, maisdans le terme deimanein, ce qui veutdire qu’ils sont sujets et objets decrainte […]. Je cite d’après la traduc-tion parue dans EUSÈBE DE CÉSARÈE,La Préparation évangélique, l. IV-V,1-17, introduction, traduction et anno-tation par Odile ZINK, Paris, Les Édi-tions du Cerf, 1979, Sources Chré-tiennes, n° 262, p. 117. (p. 183, n. 95)

    Le fonti pichiane per la doppia etimo-logia della parola ‘demone’ sono perla scienza Platone, Cratilo, 398b, Lat-tanzio, Divinae institutiones, II, 14, 6e Agostino, De civitate Dei, IX, 20 eper il timore Eusebio di Cesarea, Pra-eparatio evangelica, IV, 5, 4, il qualeafferma che l’etimologia del terminedemone non va fatta risalire, secondola spiegazione dei greci, al fatto che idemoni sono ‘abili e sapienti’, ma alfatto che ‘sono soggetti e oggetti ditimore’. (p. 253, n. 100)

    JUSTIN, Apol., 28.1 […]. C’est Augus-tin qui, dans son commentaire au

    Giustino, Apologia, 28.1. Agostino,nel commento al Salmo 71, dice:

  • 24Psaume 71, dit: Nullus melius quamdiabolus hic calumniator agnoscitur,P.L., XXXVI, col. 905. (ibid., n. 101)

    ‘Nullus melius quam diabolus hic ca-lumniator agnoscitur’ (in P.L.XXXVI, col. 905). (p. 253, n. 101)

    Voir G. VISCONTI, Lamiarum, f. A3r.:Quarto tales confitentur obtulisse ali-quando verum corpus Christi: quandonamque illud in ecclesia summunt fin-gunt os abstergere: et ipsum ex oreextrahunt: et post in tali ludo vel ip-sum pedibus conculcant vel demoniofferunt. (p. 184, n. 97)

    Anche in Girolamo Visconti si legge.«Quarto tales confitentur obtulissealiquando verum corpus Cristhi [sic]:quando namque illud in ecclesiasummunt fingunt os astergere [sic]: etipsum ex ore extrahunt: et post in taliludo vel ipsum pedibus conculcantvel demoni offerunt». (p. 255, n. 103)

    Le Malleus, 3.1.15, actus X, p. 211d,décrit l’habitude des sorcières de cou-dre des “maléfices” dans leurs vête-ments sous instruction du démon,d’où l’obligation de les déshabiller.Elles pouvaient également cacher ces“maléfices” in pilis corporis et inter-dum in locis secretissimis non nomi-nandis, Malleus, 3.1.15, actus XI, p.214c, d’où le conseil de les raser […].(ibid., n. 98)

    Nel Malleus, 3.1.15, actus X si af-ferma che le streghe hanno l’abitu-dine, per ordine dei demoni, di cucire‘malefici’ nelle vesti o di nasconderlinelle parti intime o fra i peli (3. 1. 15actus XI), da cui la consuetudine didenudare e rasare le imputate alla ri-cerca di possibili amuleti per la taci-turnità. (ibid., n. 104)

    J’ai conservé ici le terme latin [reali-ter] pour marquer le fait que Dicastèsveut désigner ici une particularitétechnique du langage scholastique. (p.185, n. 99)

    Pico usa realiter, secondo l’accezionetecnica del linguaggio scolastico. (p.257, n. 105)

    La question soulevée ici par Pic neconcerne pas l’évocation des âmesdes morts, mais bien des phénomènesde résurrection. Parmi les sources dé-jà utilisée par Pic, APULÉE, L’âne, II,28; LUCAIN, Bellum civile, VI, 686 etsqq.; PLINE, Nat. hist., VII, 178-179.[…] Pour Platon, Pic évoque ici larésurrection d’Er in Resp., X, 614b.(ibid., p. 101)

    Platone, Respublica, X, 614b, dove siparla della resurrezione di Er. Si trattanon di evocazione dei morti, ma pro-prio di casi di resurrezione, anche senel mondo classico sono rarissimi.Possibili fonti pichiane Lucano, Bel-lum civile, VI, 686 et sgg.; Apuleio,Metamorfosi, II, 28. (p. 257, n. 106)

  • 25L’expression employée par Dicastes,l’inquisiteur, renvoie à Job, III, 11;Jérémie, XX, 14; Mathieu, XXVI, 24.Sur la question évoquée ici, voir l’Ex-positio super Job ad litteram, III etXI, de Thomas d’Aquin. (p. 189, n. 1)

    Cfr. Giobbe, III, 11; Geremia, XX,14; Matteo, XXVI, 24, ma ancheTommaso D’Aquino, Expositio superJob ad litteram, III e XI. (p. 263, n. 3)

    PHILON D’ALEXANDRIE, De Josepho,voir l’édition avec traduction fran-çaise de Jean LAPORTE, in Roger AR-NALDEZ, Jean POUILLOUX, Les oeu-vres de Philon d'Alexandrie, Paris,Édition du Cerf, 1964, vol. 21, 14-15,p. 48-49. La référence biblique estGen., 37, 2-34. (p. 191, n. 4)

    Cfr. Filone di Alessandria, De Jose-pho. Il riferimento biblico è in Gene-si, 37, 2-34. (p. 265, n. 4)

    Anche qui nessun riferimento precisoper la citazione del passo del De Jo-sepho.

    Dans cette défense du ‘style parisien’,c’est-à-dire du traité organisé par que-stions et réponses utilisé par les scho-lastiques de l’Université de Paris, onpeut reconnaître cette exigence deprécision que Pic évoque dans sa dé-dicace à Mainardo en parlant de cet“ordre qui convient pour connaître lanature des choses”; précision à la-quelle avait aussi fait recours son on-cle Jean Pic […]. Dans sa Quaestio devanitate astrologiae, rédigée entre1504 et 1510, Jean-François souligneson choix de traiter le sujet en styleparisien, pour mieux réfuter les argu-mentations de ses adversaires […]. (p.192, n. 8)

    In altre sue opere, ad esempio nel-l’Examen vanitatis doctrinae gentium(IV, 10), Pico fa riferimento allo stilefilosofico parigino, ‘Parisiensi stiloper quaestiuncula’. In particolare que-sta difesa della trattazione per que-stioni e risposte utilizzata dai filosofiscolastici dell’università di Parigi, peraltro comune allo zio Giovanni, com-pare nella dedica di Pico a Mainardoladdove sostiene la necessità di espor-re con precisione per ‘conoscere lanatura delle cose’ e nella Quaestio devanitate astrologiae (1504-1510) do-ve dichiara di aver scelto lo stile pari-gino perché più adatto a confutare leargomentazioni dei suoi avversari. (p.269, n. 9)

    Il s’agit d’Innocent VIII et de Maxi-milien, empereur depuis 1508, roi desRomains à l’époque de l’édition duMalleus. […] Dans le De praenotio-ne, VII, 4, p. 641, Pic rapporte les té-moignages de Maximilien lui-mêmeet de son conseiller Mattheus Langconcernant l’apparition d’un fantôme

    Il riferimento è a Innocenzo III e aMassimiliano I d’Asburgo, imperato-re a partire dal 1508 e re dei Romaniall’epoca della prima edizione delMalleus. […] Quanto ai rapporti fraPico e Massimiliano, avvenuti duran-te l’esilio del primo in Germania, siveda il De rerum praenotione, VII, 4,

  • 26de femme qui répondait aux questionsqu’on lui posait […]. (p. 194, n. 13)

    p. 641 dove Pico riporta la testimo-nianza di Massimiliano e del suo con-sigliere Mattheus Lang su un fanta-sma femminile [sic] che rispondevaalle questioni che le venivano poste.(p. 271, n. 14)

    Éthique à Eudème 1214a 24; 1247a27-28; Éthique à Nicomaque 1122b21; 1141b 7; 1169b 8; Politique1322b 31; Rhétorique 1398a 15;1399b 23; 1419a 9-10. Dans ce pas-sage, on pourrait voir une réfutationdes thèses dont se fait l’écho le Deincantationibus de Pomponazzi quiniait la présence de démons dans lacosmologie aristotélicienne et expli-quait tout prodige par la seule in-fluence des astres. Le De incantatio-nibus fut édité pour la première foisen 1556, mais sa rédaction est de1520. Les thèses soutenues par Pom-ponazzi dans son Tractatus de immor-tatalite animae, publié en 1516, maisaussi dans le De incantationibus fu-rent dénoncées par les inquisiteursPrierias, Spina et Armellini, dont on adéjà souligné les rapports avec Pic,voir Paola ZAMBELLI, L’ambigua, op.cit., p. 220-226. Paola Zambelli, (p.210) émet l’hypothèse, fort convain-cante, qu’avec le De incantationibusPomponazzi voulait réfuter non seu-lement les positions d’un certain aris-totélisme dominicain incarné, entreautres, par les inquisiteurs Prierias,Spina, Alberti, Armellini, mais éga-lement celles d’una sfera cultural-mente più elevata e non aristotelicareprésentées par Pic, dont Pomponaz-zi connaissait le De praenotione. Enoutre, en mentionnant Aristote, Pic sereliait implicitement à ce courant de

    Etica Eudemia, 1214a 24; 1247a 27-28; Etica Nicomachea, 1122b 2 [sic];1141b 7 e 1169b 8; Politica, 1322b31; Retorica, 1399b 23; 1419a 9-10.Riprendendo la tesi di Paola Zambel-li, L’ambigua natura della magia, chea proposito del De incantationibus diPomponazzi sottolinea come quest’o-pera contesti non solo l’aristotelismodi inquisitori come Prierias, Spina,Alberti, Armellini, ma altresì le posi-zioni di un’élite laica non aristotelicadi cui Pico è un significativo rappre-sentante, è possibile ipotizzare chePico entri nella polemica avviata daPomponazzi già nel 1516 con il tratta-to Tractatus de immortatalite animaee ripresa nel De incantationibus (edi-to nel 1556 ma composto nel 1520)relativamente alla natura dei prodigi,schierandosi dietro lo schermo di Ari-stotele con i teologi e gli inquisitoridel suo tempo che si avvalevano delleopere dello Stagirita per spiegare ipoteri dei demoni. Pomponazzi, atti-randosi le ire di Prierias e di Spinasoprattutto, negava la presenza deidemoni nella cosmologia aristotelicae spiegava i prodigi esclusivamentecon l’influenza degli astri. (p. 273, n.16)

  • 27théologiens qui s’appuyaient sur lesouvrages du Stagirite pour expliquerles pouvoirs des démons […]. (p. 195,n. 17)

    Voir AUGUSTIN, De civ. Dei, IX, 18-19. Le rapprochement suggéré par Picentre Platon et les néoplatoniciensd’un côté, et Aristote de l’autre s’in-scrit dans un cadre conceptuel quiapparente la démonologie à la démo-nolâtrie […]. (ibid., n. 18)

    Cfr. Agostino, De civitate Dei, IX,18-19. Il passo è estremamente im-portante dal momento che, attraversola combinazione fra Platone e i neo-platonici da un lato e Aristotele dal-l’altro, si introduce la similitudine frademonologia e demonolatria, fonda-mentale per sostenere le accuse con-tro la natura malvagia della magia e,per riflesso, della stregoneria. (p. 275,n. 17)

    Ps., 95, 5. Cette citation se trouveégalement dans le De praenotione,VII, 4, p. 641. (ibid., n. 19)

    Ps., 95, 5: «quotiamo [sic] omnes diigentium daemonia». Pico riporta lastessa citazione nel De rerum praeno-tione, VII, 4, p. 461 [sic]. (ibid., n.18)

    L’assimilation de devins, diseurs desonges, astrologues, sorciers etc., jus-tifie cette lecture des Écritures, Deut.,18, 9-12 […]; Deut., 18, 20 [...]. EnLev., 19, 31 […]. Cette condamnationbiblique des astrologues est rappeléepar Pic dans le De praenotione, IV, 9,p. 502. (p. 196, n. 22)

    L’assimilazione forzata fra divinatori,interpreti dei sogni, astrologi, etc.trova il suo punto di forza, anche se sitratta di una lettura funzionale allagenerale condanna che Pico fa dellearti divinatorie, in Deuteronomio, 18,9-12 e Levitico, 19, 31. Cfr Pico, Dereum praenotione, IV, 9, p. 502.(ibid., n. 23)

    Corpus Iuris Canonici […] instruxitÆmilius Friedberg, I, Causa XXIV, ettout particulièrement le chapitreXXXIX, col. 1001, Quot sint sectaehereticorum, qui commence en men-tionnant Simon le magicien et sonélève Ménandre. L’intention de Picest de souligner le rapport entre héré-sie et sorcellerie. Plusieurs chapitresde la Causa XXVI, quest. III et IV,

    Corpus Iuris Canonici […] instruxitÆmilius Friedberg, I, Causa XXIV,cap. XXXIX, col. 1001 per il riferi-mento a Simon Mago; Causa XXVI,quest. III et IV, per il tema della divi-nazione come arte ispirata dai demo-ni. Nell’economia del dialogo è u-n’ulteriore affermazione dell’identitàdi eresia e stregoneria. (p. 275, n. 24)

  • 28sont consacrés à la divination en tantqu’art inspiré par le démon […].(ibid., n. 24)

    […] Pic consacre le chapitre V dulivre VII du De praenotione (“Quæmagiæ, et quo ordine particulariterconfutandæ: Item contra Procli Pla-tonici magiam”), à réfuter la magie deProclus, en en soulignant la filiationdémoniaque. Il y mentionne Jambli-que et Porphyre également. Pic définitPorphyre stultissimus, voir ici note93. (ibid., n. 27)

    Pico svolge la stessa polemica sullanatura demoniaca della magia nel Dererum praenotione, l. VII, cap. V‘Quæ magiæ, et quo ordine particula-riter confutandæ: Item contra ProcliPlatonici magiam’ dove oltre a Pro-clo, ricorda Giamblico e lo ‘stultissi-mus’ Porfirio, ovvero i filosofi dellateurgia tardo antica riproposti daMarsilio Ficino e le cui opere conob-bero diverse edizioni a stampa a parti-re dalla fine del Quattrocento. (p. 277,n. 28)

    […] Aux pages 31-32, Hansen citeégalement un passage d’une lettre deJules II adressée à Georgius de Casali,inquisiteur de Piacenza et Cremona(1502-1511) et de 1511 de Brescia etCremona: […] certam sectam facien-tes fidem […] abnegantes, sanctamcrucem pedibus conculcantes et op-probia super eam perpetrantes, eccle-siasticis et præsertim eucharistiæ sa-cramentis abutentes, diabolum in su-um dominum et patronum assumenteseique obedientiam et reverentiam ex-hibentes et suis incantationibus, car-minibus, sortilegiis aliisque nefandissuperstitionibus homines, animalia etfructus terræ multipliciter lædentesaliaque quamplurima nefanda exces-sus et crimina eodem diabolo insti-gante committentes. Cette lettre devaitêtre bien connue car elle est mention-née par Bartolomeo Spina, De strigi-bus, chap. III, p. 9: Unde Inno VIII scribens Inquisitoribus Ale-maniæ, necnon Iulius II scribens In-

    Giulio II è il papa che aiutò Pico ariconquistare Mirandola nel 1511.L’Hansen in Quellen …, cita un passodella lettera (ben nota a BartolomeoSpina che la cita nel De strigibus, c.III) inviata da Giulio II a Giorgio diCasale, inquisitore di Piacenza eCremona nel 1502-1511 e inquisitoredi brescia e Cremona nel 1511: «cer-tam sectam facientes fidem […] ab-negantes, sanctam crucem pedibusconculcante set [sic] opprobia supeream perpetrantes, ecclesiasticis etpræsertim eucharistiæ sacramentis a-butentes, diabolum in suum dominumet patronum assumentes eique obe-dientiam et reverentiam exhibentes etsuis incantationibus, carminibus, sor-tilegiis aliisque nefandis superstitio-nibus homines, animalia et fructusterræ multipliciter lædentes aliaquequamplurima nefanda excessus etcrimina eodem diabolo instigantecommittentes […]. (p. 283, n. 35)

  • 29quistori Bergomensi, sic sanxerunt, uthæc quæ sequuntur Innocentii eius-dem præferunt verba. Rappelons queJules II avait aidé Pic à récupérer sondomaine en 1511. (p. 198, n. 34)

    Cette maxime attribuée à Aristote setrouve déjà dans le Formicarius, l. V,chap. 9, p. 397, de Johann Nider: Idenim quod multis videtur non potestomnimo falsum esse, secundum philo-sophum in De somno et vigilia, infine, et in VII Ethicorum, et, dans lesmêmes termes, dans le Malleus, 1. 3.p. 24a. À la différence de ces textescités, Pic mentionne le Stagirite sansdonner des références précises. Eneffet, cette maxime, avec l’indicationdes deux ouvrages d’Aristote men-tionnés ci-dessus, apparaît dans leCommentum in quatuor libros senten-tiarum Magistri Petri Lombardi, II,distinct. VIII, quæst. 1, art. IV, quæs-tiuncula 5, solutio 2, de Thomasd’Aquin: Sed quia contrarium a mul-tis dicitur, et quod multis videtur nonpotest omnino falsum esse, secundumPhilosophum (in 7 Eth., cap. 14 et infine de Somn. et Vig.) […]. (p. 199, n.35)

    Pico non specifica in quale opera diAristotele si trovi questa frase cheinvece viene così riferita nel Formi-carius del Nider a due opere: ‘Id enimquod multis videtur non potest omni-mo falsum esse, secundum philoso-phumin in De somno et vigilia, in fi-ne, et in VII Ethicorum’. La fontepotrebbe essere Tommaso d’Aquinoche nel Commentum in quatuor librossententiarum Magistri Petri Lombar-di, II, VIII, quæst. 1, art. IV, quæ-stiuncula 5, solutio 2 dice: ‘Sed quiacontrarium a multis dicitur, et quodmultis videtur non potest omnino fal-sum esse, secundum Philosophum (in7 Eth., cap. 14 et in fine de Somn. etVig.)’. (ibid., n. 36)

    HOMÈRE, Hym., Hymne à Aphrodite,(I), 81-82. Je modifie très légèrementla traduction de J. Humbert. Danscette hymne et dans la tradition my-thologique classique, Vénus se pré-senta à Anchise comme la fille du roide Phrygie, Otrée (voir les vers 110-113 de ce même hymne). Admètè esten revanche la fille d’Euristhée. Ellen’est mentionnée qu’une seule foisdans les Hymnes d’Homère, dansl’Hymne à Déméter, (I), 421, avec

    Omero, Inno ad Afrodite, (I), 81-82.In realtà in questo inno Afrodite sipresenta ad Anchise nelle sembianzedella figlia del re Otreo, mentre Ad-meta, figlia di Euristeo, compare nel-l’Inno a Demetera, (I), 421. Il nomeAdmeta nasce da un equivoco di tra-duzione, essendo nel testo greco uti-lizzato il sostantivo admete, ovvero«intatta», trascritto da Pico corretta-mente nella frase in greco, ma riporta-to nel testo latino con la ‘a’ maiusco-

  • 30une multitude d’autres personnagesmythologiques. Dans l’Hymne à A-phrodite, ἀδμήτη est un simple subs-tantif qui veut dire “vierge” et non pasun nom propre comme semble l’in-diquer le A majuscule du texte latinde Pic (mais en minuscule dans lacitation grecque). Alberti et Turinitraduisent “Admeta”, en l’interprétantdonc comme un nom propre. (p. 201,n. 42)

    la. Nello stesso equivoco cadono idue volgarizzatori, Alberti e Turini.(p. 289, n. 45)

    […] Pic s’inspire sans doute ici dudæmon quispiam sub nomine Venusd’Augustin, De civ. Dei, XXI, 6. Ter-tullien lui aussi évoque le démon Vé-nus, voir De spect., X, 6: Sed Veneriet Libero convenit. Duo ista dæmoniaconspirata et coniurata inter se suntebrietatis et libidinis. Nider, Formi-carius, II, 4, p. 124, raconte qu’unesorcière, après s’être huilée d’on-guent, rêvait de Dame Vénus (Domi-na Venere) […]. (ibid., n. 43)

    Sul demone Venere cfr. Agostino, Decivitate Dei, XXI, 6: ‘ dæmon qui-spiam sub nomine Venus’ e Tertullia-no, De spectaculis, X, 6: ‘Sed Veneriet Libero convenit. Duo ista dæmoniaconspirata et coniurata inter se suntebrietatis et libidinis’. Anche nei pro-cessi compare talvolta la Dama Vene-re, e nel Formicarius, II, 4, Nider ri-porta il caso di una strega che, untasicon l’unguento, si trasforma nellaDomina Venere. (p. 291, n. 46)

    La parte finale di questa nota mostraancora una volta che la curatrice del-la Strega cita senza verificare e anchesenza capire la fonte della sua cita-zione, nel caso specifico la mia nota.Nel quarto capitolo del secondo libro,Nider non dice assolutamente che lastrega in questione: “si trasformanella Domina Venere” ma che lastrega sogna di Domina Venere. Ec-co il testo latino del Formicarius (II,4) di Nider: “At illa cubellam in quapasta formari solet supra scampnumpositam intravit et sedere ibi cepit,applicatisque verbis maleficis et un-guento reclinato capite obdormivit.Statimque opere demonis sompnia dedomina Venere et de aliis supersticio-

  • 31nibus tam forcia habuit, ut in iubiloquoddam voce submissa clamitaret.”Cito dall’edizione, indicata nella miaSorcière, di Cathérine Chène in L’i-maginaire du sabbat, Lausanne, 1999.Il capitolo 4 del secondo libro iniziaalla p. 128, come indicato nella mianota qui a fronte; il passo si trovaalla p. 136. Come spesso accade ladottoressa Li Vigni non fornisce al-cuna indicazione bibliografica sull’e-dizione che avrebbe utilizzato.

    En suivant une certaine théologie mé-diévale, le Malleus, 1. 4, p. 28c sou-tenait en revanche que même les dé-mons estimaient honteux la sodomieet tout acte contre nature […]. Nider,dans le chap. V, du. l. V de son For-micarius rappelait l’ancienne ‘nobles-se’ du Démon pour expliquer l’hor-reur que ce dernier nourrit pour lasodomie. Mais au chapitre X, de cemême livre V, p. 401, partant d’uneconstatation d’ordre physique et nonthéologique – les démons ne sontconstitués ni de chair ni d’os –, Nideren déduit que les démons ne sont passoumis à la concupiscence. Toutefois,il soutient que si les démons avaientdes pulsions sexuelles, rien ne lesempêcherait de pratiquer la sodomie,notamment avec des hommes, ce quin’a jamais été constaté, et il remercieDieu d’avoir préservé l’humanité decette turpitude: […] quia spiritus car-nem et ossa non habet, neque genera-tionis instrumenta, per quæ sola etvoluptas concupiscibilis, et generatiocarnalis explentur. Præterea, ut ver-bis utar Uuillelmi, si concupiscentiamlibidinosam haberent, cum pessimisint, utique a sodomitico vitio se non

    Le note 56 e 62 p. 295 e 297 che se-guono riassumono, in un ordine diffe-rente, la nota 57 p. 204 della Sorciè-re.

    Il riferimento è a Orfeo, che qualcheriga sotto viene citato da Fronimo. Lafonte è Ovidio, Metamorfosi, X, 83-85, già citato da Pico nel De rerumpraenotione, IV, 4. La condanna disodomia e pederastia rientra nella ge-nerale condanna della cultura classi-ca, ritenuta causa del degrado moralee violentemente espressa dal Savona-rola nelle sue prediche. Peraltro nel-l’ambiente mediceo l’omosessualitàera diffusa e tollerata come provano iben noti amori di Poliziano, MarsilioFicino e Giovanni Pico della Miran-dola. I bersagli ‘moderni’ di Pico so-no comunque sicuramente il Polizia-no dell’Orfeo (o Fabula di Orfeo) eMarsilio Ficino, il filosofo della pri-sca teologia ritenuta da Pico una for-ma di pericoloso paganesimo. È inte-ressante osservare come Pico nel cor-so del dialogo, allorché si fa riferi-mento alle testimonianze, non presen-ti alcun caso di rapporto omosessualefra demoni e uomini, ma solo relazio-

  • 32continerent in viros, quod tamen nul-libi reperimus: benedictus autem al-tissimus, qui virilem speciem in homi-nibus a flagitio eorum usque hodie sicservavit. […] Pic constate en revan-che l’existence de ces unions homo-sexuelles démons/hommes, mais ilsemble les reléguer à une époque ré-volue dans la mesure où les exemplessur lesquels il s’appuie sont tirés de latradition antique (Jupiter/Ganymède,Branchos/Apollon) et non de l’époquemoderne. Toutefois, quelques lignesplus loin, il affirme par la bouche deDicastes: omni tempore omni ætatequæpiam contingere. Il souligne ainsiun acte que les démons peuventcommettre, non pas à cause d’unepulsion sexuelle, mais dans l’intentionde plonger l’humanité encore plusprofondément dans le péché, voir l. I,note 93. […] Comme le passage en-tier le montre, en énumérant les peu-ples païens idolâtres, Pic associe l’ho-mosexualité à la mauvaise religioncomme il l’avait déjà fait dans le Depraenotione, IV, 4, p. 471-2. À cetteoccasion, en évoquant la pédérastied’Orphée, il accuse de ce péché unintellectuel de son époque, ibid., p.472-3, probablement Marsile Ficincomme l’a suggéré Paola ZAMBELLI,L’ambigua, op. cit., p. 199, c’est-à-dire le philosophe de la prisca theolo-gia que Pic apparentait au paganisme.C’est l’avènement du christianisme,comme l’affirme Phronimus, qui vafaire condamner ce genre de moeursen distinguant le bien du mal […]. (p.204, n. 57)

    ni carnali fra maschi e demoni succu-bi. Il tema dell’omosessualità in Picova chiaramente condotto alla denun-cia degli effetti immorali della mal-vagia religione pagana, cosa che ave-va già fatto nel De rerum praenotio-ne, IV, 4, pp. 471-473 dove, parlandodella pederastia di Orfeo attribuiscequesto peccato a un intellettuale, dicui non fa il nome, del suo tempo, mache Paola Zambelli identifica in Mar-silio Ficino. Peraltro nel De rerumpraenotione Pico affianca i vizi diidolatria e pederastia. (p. 295, n. 56)

    Sulla relazione omosessualità-sodo-mia demoni teologi e demonologisembrano concordare nel dichiarareche in realtà i demoni, vista la loroorigine ‘nobile’ aborrono questo pec-cato e tutti gli atti contro natura. Cfr.Malleus, 1. 4. Del pari nel Formica-rius, l. V, cap. V si dichiara la repul-sione dei demoni per questi tipi dipeccato e nel cap. X si precisa megliola questione: non possedendo un cor-po fatto di carne e di ossa i demoninon sono vittime della concupiscenza;tuttavia, potendo provare impulsi ses-suali potrebbero anche volgersi all’o-mosessualità, anche se a detta del Ni-der questo non è mai stato testimonia-to. La posizione del Pico è legger-mente difforme [sic]: egli è convintoche nell’Antichità i demoni abbianoeffettivamente avuto rapporti carnalisodomitici, ma che questo non accadenei tempi moderni. Afferma ancheche comunque se questo è accaduto opuò ancora accadere non è per impul-so sessuale, vista la natura dei demo-ni, ma per la loro malvagità che lispinge a far sprofondare nel baratro

  • 33del peccato gli uomini. (p. 297, n. 62)

    Da notare un grave contro senso nel-la frase seguente: “non possedendoun corpo fatto di carne e di ossa i de-moni non sono vittime della concupi-scenza; tuttavia, potendo provare im-pulsi sessuali potrebbero anche vol-gersi all’omosessualità, anche se adetta del Nider questo non è mai statotestimoniato.” Come possono i demo-ni non essere vittime della concupi-scenza e sentire delle pulsioni sessua-li? Il testo del Nider, citato nella Sor-cière, dice: si concupiscentiam libi-dinosam haberent, e cioè ‘se i demo-ni avessero delle pulsioni sessuali’,potrebbero praticare la sodomia, maciò non è mai stato verificato, diceNider. Cfr. la mia nota con il testo delNider.

    La vie de S. Antoine écrite par Atha-nase était très répandue. Toutefois, lapremière édition, en latin, est de 1572et complète celle des oeuvres d’Atha-nase de 1566 […]. Sans exclure uneconnaissance directe d’Athanase de lapart de Pic, qui le mentionne d’ail-leurs dans le De praenotione, IV, 9, p.497, il semblerait que Pic cite plutôtde deuxième main et notamment àpartir de La Légende Dorée, I, 21, Desancto Antonio, p. 155-160. Cette hy-pothèse me semble confirmée par lescitations suivantes concernant S.François et S. Benoît […]. (p. 206, n.62)

    Il riferimento di Pico alla Vita di san-t’Antonio scritta da Atanasio è certa-mente attinto da altra fonte, visto chela prima edizione in latino di questaopera risale al 1572; più probabileche la fonte sia Jacopo da Varagine,Leggenda aurea, I, 21. (p. 299, n. 66)

    Ci si può domandare da dove vengala certezza della dottoressa Li Vigniche Pico non abbia consultato peresempio un manoscritto, eventual-mente anche in greco, dell’opera diAtanasio.

    ORPHÉE, Hymne à Aphrodite, 55, 10[…]. Par ce propos, on voit bien latentative de Pic de relier la Vénus vi-sible et invisible de la tradition reli-

    ORFEO, Inno ad Afrodite, 55, 10. Lavisibilità e invisibilità del ‘demone’Venere rimanda al passo del Malleus,1.7 dove si parla delle manifestazioni

  • 34gieuse païenne au dæmon quispiamsub nomine Venus (voir ici note 43).Ce faisant, il opère la liaison entrecette tradition païenne et ce que dit leMalleus, 1.7, p. 47a-c, à propos desmanifestations visibles et invisiblesdu Démon. Celui-ci ne peut s’imposerà la volonté de l’homme mais peutagir sur lui par persuasion, notam-ment de deux façons: visible et invi-sible […]. (p. 208, n. 73)

    visibili e non visibili dei demoni chenon possono imporsi alla volontà u-mana, ma la possono traviare ingan-nandola con manifestazioni appuntoesterne o interne. (p. 303, n. 75)

    La citation est tirée de l’Hymne àAphrodite, 55, 10, mentionné ci-des-sus. La seule occurrence de “visible”et “invisible” dans un autre des Hym-nes orphiques, apparaît dans l’hymne51, 7, mais les deux adjectifs sont at-tribués aux Nymphes. Ici Pic cite pro-bablement de mémoire en confondantles deux textes. (ibid., n. 74)

    In realtà la frase che compare in que-sto secondo inno, l’Inno 51, è riferitanon a Venere ma alle Ninfe. Il cheprova come spesso Pico citi a memo-ria. (ibid., n. 76)

    Cette citation n’est pas tirée d’Or-phée, mais de Proclus, Hym., II, 4-5(Hymne à Aphrodite) […]. (ibid., n.75)

    In realtà non si tratta di un inno diOrfeo ma dell’Inno ad Afrodite diProclo (Inni, II, 4-5). (ibid., n. 77)

    Parmi les sources déjà utilisées parPic, voir pour Orphée, PHILOSTRATE,Her., 28, 8. Pour Trophonios, PHI-LOSTRATE, Vie, VIII, 19. (p. 209, n.90)

    Le possibili fonti dovrebbero esseredue opere di Filostrato: Heroicus, 28,8 per Orfeo et Vitae, VIII, 19 per Tri-fonio. (p. 305, n. 88)

    La dottoressa Li Vigni ha sempre ci-tato l’opera di Filostrato col titolo di‘Vita’, qui invece abbiamo ‘Vitae’(latino?).

    Pic évoque ce genre de divinationdans le De praenotione, VII, 7, p. 660et y relate également, à titre d’exem-ple, un épisode qui avait eu lieu à Mi-randola: Solet dæmon vel minis [sic]cautos, vel minis [sic] secretorum a-

    Cfr. Pico, De rerum praenotione, VII,7, p. 660, dove riporta un episodioaccaduto a Mirandola: ‘Solet dæmonvel minis cautos, vel minis secretorum [sic] avidos aggredi, quibus, sci-licet, facilius imponit hinc ad formina

  • 35vidos aggredi, quibus, scilicet, faci-lius imponit hinc ad foeminas sæpecommeat apparetque modo afficit, etin ecstasim ponit, modo revelat occul-ta: unde et Cassandra et Phemonoë etinnumeræ vates, et ipsa Medæa atqueCanidia, plures quoque veneficæ aliænostra etiam tempestate repertæ, qui-bus dæmon assisteret, et ex ventreillorum vel coxa responsa redderetinsanis: fingit quandoque se amorecaptum, et hodie in castro in quo hæcscribimus duo sunt nequam spiritus,domos duas identidem vexantes, utaffirmant incolæ, quorum alter uxo-rem molestat unius eorum qui mihi aditinera famulantur, is asservit sæpenumero ab ea visum induto corpore,spiritum se autem non vidisse, sed suoincommodo frequenter sensisse, in-versis vasis domus, direpta suppellec-tile, iactatisque lapidibus, pari pacto,quanquam tum amorem non fingerent,ad cupidos, et lucri, et futurorum, sa-cerdotes, olim ibant in lucis, in tem-plis, in antris, fantes oracula, in quo-rum cultu insaniores philosophorumfrequentes fuere, et prae omnibusstultissimus ille Porphyrius, tempori-bus nostris, qui dæmonum responsisconcredunt sese vel ignari principessunt, vel tyranni rudiores. […] Dansla tradition antique, pour ne citer queles auteurs déjà mentionnés par Pic,Callimaque, Hymnes, 64, chante A-pollon qui avait prophétisé du ventrede sa mère. Pour la cuisse, Jamblique,De vita Pyth., 28, (135), évoque lacuisse d’or de Pythagore qui étaitconsidéré comme l’incarnation d’A-pollon et avait le pouvoir de prophéti-ser […]. (p. 210, n. 93)

    [sic] sæpe commeat apparetque modoafficit, et in ecstasi [sic] ponit, modorevelat occulta: unde et Cassandra etPhemonoe et innumeræ vates, et ipsaMedaea atque Canidia, plures quoqueveneficae aliæ nostra etiam tempes-tate repertæ, quibus dæmon assisteret,et ex ventre illorum vel coxa responsaredderet insanis: fingit quandoque seamore captum, et hodie in castro inquo hæc scribimus duo sunt nequamspiritus, domos duas identidem ve-xantes, ut affirmant incolæ, quorumalter uxorem molesta [sic] unius eo-rum qui mihi ad itinera famulantur, isasservit sæpe numero ab ea visuminduto corpore, spiritum se autem nonvidisse, sed suo incommodo frequen-ter sensisse, inversis vasis domus, di-repta suppellectile, iactatisque lapidibus [sic], pari pacto, quanquam tumamorem non fingerent, ad cupidos, etlucri, et futuro rum [sic], sacerdotes,olim ibant in lucis, in templis, in an-tris, fantes oracula, in quorum cultuinsaniores philosophorum frequentesfuere, et prae omnibus stultissimusille Porphyrius, temporibus nostris,qui dæmonum responsis concreduntsese vel ignari principes sunt, vel ty-ranni rudiores.’ Per le fonti antichenote a Pico si possono ricordare Cal-limaco, Inni, 64, dove Apollo profe-tizza dal ventre materno; e Giambli-co, De vita Pythagora, 28, in cui siricorda la coscia d’oro di Pitagora cheavrebbe avuto la capacità di vaticina-re. (p. 307, n. 90)

  • 36BIONDI, Strega, p. 216, note 40, attri-bue à Pic une erreur qu’en fait il n’apas commise: Patrocle serait le fils deThétis. Ce n’est pas Pic, mais Alberti,son traducteur, qui a dû lire Thetidaeau lieu de Thetidem. (p. 212, n. 99)

    L’Alberti sbaglia a tradurre, attri-buendo a Teti la maternità di Patro-clo: ‘Patroclo figliuolo di Thete’. (p.311, n. 96)

    Réminiscence peut-être de MARTIAL,Epigr., X, 30, v. 19 sqq. (p. 212, n.101)

    Una probabile fonte potrebbe essereMarziale, Epigrammi, X, 30, v. 19 esgg. (ibid., p. 98)

    Dopo questa lunga disamina, non posso certo soffermarmi sulle oltrecento pagine che precedono l’edizione della dottoressa Li Vigni, benché allasola lettura molte cose mi appaiano più che familiari. Dirò solo che nel pa-ragrafo intitolato Il genere letterario del secondo capitolo, si parla dellascelta della forma dialogica da parte di Pico. Nell’introduzione alla mia edi-zione, nel paragrafo intitolato L’événement et la forme littéraire, analizzoappunto le ragioni che a mio parere avevano potuto spingere Pico ad avven-turarsi nella scrittura di un genere che non aveva mai praticato precedente-mente e che resterà esercizio unico nella sua produzione letteraria. A miaconoscenza, nessuno studioso di Pico aveva prima attirato l’attenzione suquesto aspetto della Strix collegandolo, come ho fatto io, alla particolare si-tuazione di Mirandola e ai processi che si stavano svolgendo in loco.

    In conclusione, questo maldestro plagio del mio lavoro, al di là degliaspetti giuridici che esso pone e che saranno eventualmente discussi nellesedi appropriate, sollecita una riflessione sul danno culturale che simili ope-razioni producono, ovvero sulla falsità di dati, inesatti e ambigui, che sonomessi in circolazione. Difatti qualsiasi testo che copia un altro, negando emascherando più o meno abilmente tale origine, inganna a sua volta tutticoloro che in buona fede lo riterranno ‘originale’. La falsa ‘novità’ dellacontraffazione altera il senso storico del processo scientifico, fatto di unacatena successiva di studi che costituiscono le tappe filologiche di un te-sto/edizione/commento e della sua fortuna critica. Catena tanto più preziosaperché pone in rilievo le diverse ottiche interpretative e permette ulterioriapprofondimenti secondo un continuo sviluppo. Il plagio inevitabilmentenon solo disattende tutto ciò (e non potrebbe essere altrimenti), ma ne steri-lizza la vitalità e la ricchezza.