LETTERA APERTA alla Ministra dellIstruzione Senatrice...

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Centro Studi Abate Stoppani [email protected] / 21 settembre 2017 Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola» Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 1/48 LETTERA APERTA alla Ministra dell’Istruzione Senatrice Valeria Fedeli e a tutte le strutture interessate alle tematiche manzoniane • 21 settembre 2017 Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola» Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo. Centro Studi Abate Stoppani CENTRO STUDI ABATE STOPPANI * Nostra traduzione: «Questo documentario su Alessandro Manzoni vuole presentare al pubblico ogni aspetto della vita e delle opere dello scrittore. Partendo dalla sua casa, il documentario mostra tutti i luoghi nei quali visse Manzoni. Ognuno in qualche modo già li conosce, perché quelle immagini, quelle città, furono dall’autore riproposte artisticamente nelle sue opere. Attraverso interviste, com- menti e letture, questo documentario offre l’opportunità di saperne di più sull’importanza di Alessandro Manzoni nella storia della let- teratura e della lingua italiane.» «This documentary about Alessandro Manzoni means to show to the public each aspect of the writer’s life and works. Starting from his house, it shows all the places where Manzoni had lived. Everybody already knows them in a certain way, because those images, those cities, were fictionally recreated by the author in his poems. Throught many different interviews, comments and readings, this documentary gives opportunity to learn more about the importance of Alessandro Manzoni in the history of Italian literature as well as in the Italian language.»*

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 1/48

LETTERA APERTAalla Ministra dell’Istruzione Senatrice Valeria Fedeli

e a tutte le strutture interessate alle tematiche manzoniane • 21 settembre 2017

Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film«Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»

Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati.Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti.

Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

Centro Studi

Abate Stoppani

CENTRO STUDI ABATE STOPPANI

* Nostra traduzione: «Questo documentario su Alessandro Manzoni vuole presentare al pubblico ogni aspetto della vita e delle operedello scrittore. Partendo dalla sua casa, il documentario mostra tutti i luoghi nei quali visse Manzoni. Ognuno in qualche modo già liconosce, perché quelle immagini, quelle città, furono dall’autore riproposte artisticamente nelle sue opere. Attraverso interviste, com-menti e letture, questo documentario offre l’opportunità di saperne di più sull’importanza di Alessandro Manzoni nella storia della let-teratura e della lingua italiane.»

«This documentary about Alessandro Manzoni means to show to the public each aspect of the writer’s life and works.Starting from his house, it shows all the places where Manzoni had lived. Everybody already knows them in a certain way,because those images, those cities, were fictionally recreated by the author in his poems. Throught many differentinterviews, comments and readings, this documentary gives opportunity to learn more about the importance of AlessandroManzoni in the history of Italian literature as well as in the Italian language.»*

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LETTERA APERTAalla Ministra dell’Istruzione Senatrice Valeria Fedeli

e a tutte le strutture interessate alle tematiche manzoniane • 21 settembre 2017

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Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film

«Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola».Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti.

Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

Ministero Istruzione Università e RicercaCortese attenzioneMinistra Senatrice Valeria Fedeli

Milano, 21 settembre 2017

Oggetto: Osservazioni critiche in merito all’adeguatezza didattica del docu-film«Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»

Gentile Ministra Fedeli,con la presente il nostro Centro Studi Abate Stoppani Le chiede di valutare l’adeguatezza didattica del docu-film«Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola», la cui diffusione nelle Scuole medie delterritorio di Milano, è stata annunciata dalla circolare “MIUR.AOOUSPMI.REGISTRO UFFICIALE(U).0002884.27-02-2017” della USR Lombardia - Ufficio X - AT di Milano.Dal marzo 2017 è in vendita su DVD (14 Euro) il docu-film “«Alessandro Manzoni, milanese d’Europa–L’immaginedella parola». È una proposta editoriale di Pino Farinotti (noto per il suo “Dizionario di tutti i film”), con la regiadi Andrea Bellati (regista, documentarista, Responsabile Formazione e Progetti Educativi presso FondazioneEni Enrico Mattei). È prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani (d’ora in poi CNSM) con il contributo diFondazione Cariplo; di MiBACT – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; di MIC – Museo In-terattivo del Cinema (progetto di Fondazione Cineteca Italiana e di Regione Lombardia). Il testo è firmato dalprofessor Angelo Stella (Presidente del Centro Nazionale Studi Manzoniani) e dallo stesso Pino Farinotti.Nella confezione di vendita al pubblico, il docu-film si presenta con queste parole (in nota la nostra traduzione*):«This documentary about Alessandro Manzoni means to show to the public each aspect of the writer’s life andworks. Starting from his house, it shows all the places where Manzoni had lived. Everybody already knows them ina certain way, because those images, those cities, were fictionally recreated by the author in his poems. Throughtmany different interviews, comments and readings, this documentary gives opportunity to learn more about the im-portance of Alessandro Manzoni in the history of Italian literature as well as in the Italian language.»* Il docu-filmè quindi da considerarsi a tutti gli effetti un’opera documentaristica.Il docu-film è stato presentato in anteprima il 17 dicembre 2016 allo “Spazio Oberdan” di Milano. Emanazionedella “Fondazione Cineteca Italiana”, lo “Spazio Oberdan” è un riconosciuto centro di cultura, la cui attività cine-matografica gode del sostegno, tra gli altri, di Provincia di Milano Settore Cultura, Regione Lombardia Culture,Identità e Autonomie della Lombardia, Comune di Milano. La sinossi di promozione dell’evento del 17 dicembresi concludeva con queste parole: «Ospite d’eccezione è infine papa Francesco, che in un prezioso intervento invideo esorta i giovani a leggere i Promessi sposi, “capolavoro della letteratura italiana.”».Nel quadro del positivo accoglimento del docu-film presso le più prestigiose sedi della cinematografia milanese,e dell’implicito apprezzamento delle Istituzioni a ciò collegate, su iniziativa dell’Ufficio Scolastico Lombardia, il31 marzo 2017, il docu-film è stato presentato presso Casa del Manzoni in Milano (Via Morone 1), ai docentidegli Istituti secondari Statali e Paritari di I e II grado del territorio di Milano. Nella circolare di invito alla pre-sentazione, si dice che il docu-film “sarà successivamente distribuito alle nostre scuole”. Ricordiamo che sitratta di un bacino di riferimento di 213.000 giovani dagli 11 ai 18 anni, per 640 scuole.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 2/48

* Nostra traduzione: «Questo documentario su Alessandro Manzoni vuole presentare al pubblico ogni aspetto della vita edell’opera dello scrittore. Partendo dalla sua casa, il documentario mostra tutti i luoghi nei quali visse Manzoni. In qualche modoognuno di noi già li conosce, perché quelle immagini, quelle città, ci sono state offerte nelle sue opere dalla fantasia dell’autore.Attraverso interviste, commenti e letture, questo documentario offre l’opportunità di saperne di più sull'importanza di AlessandroManzoni per la storia della letteratura e per la lingua italiane.»

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Gentile Ministra Fedeli,riteniamo che, a dispetto degli ampi consensi di cui gode, il docu-film “Alessandro Manzoni, milanese d’Eu-ropa” del CNSM non sia adeguato sotto il profilo didattico e quindi non possa essere distribuito nelle scuolemedie di Milano. Il film, prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani con testo del Presidente dellostesso, professor Angelo Stella, e di Pino Farinotti, presenta infatti a nostro avviso, e sulla base di elementidi fatto che andremo ad esporre, aspetti di superficialità; dimenticanze; deformazione di dati storici; mini-mizzazioni di elementi fondanti della vita di Manzoni (per esempio, il suo rapporto con Lecco); tutti elementiche impongono al nostro Centro Studi Abate Stoppani di non rimanere silenziosi.

Il perché della nostra analisi critica – Il nostro Centro Studi ha in generale come obiettivo la conoscenzadella vita e delle opere dell’Abate Stoppani, di cui stiamo predisponendo l’Opera Omnia. Nel 1873 l’AbateStoppani pubblicò un libro «I Primi Anni di A. Manzoni» che fece scuola nell’analisi della formazione psi-cologica dello scrittore e della sua biografia giovanile.Nel quadro delle ricerche per contestualizzare questa particolare opera dell’Abate Stoppani, ci siamo im-battuti in questo docu-film del CNSM, che, come abbiamo già evidenziato, contiene a nostro avviso elementipregiudizievoli, sul piano culturale, sia della figura di Manzoni sia (seppure indirettamente) delle personalitàche operarono attorno alla figura del poeta, tra cui l’Abate Stoppani.Da qui la nostra attenzione e impegno perché, anche con riferimento a questo particolare prodottoeditoriale, la ricerca storica sia tenuta al riparo da facili “effetti cinematografici”, e sia conservata nella suaintegrità metodologica.Di seguito troverà gli elementi di analisi a sostegno delle nostre affermazioni e della richiesta che Le avan-ziamo di valutare l’adeguatezza didattica di questo documentario su Manzoni.

La struttura del docu-film – Il docu-film del CNSM si sviluppa attraverso nove capitoli (durata in minuti:se-condi): 1. Milanese d’Europa (5:58) / 2. La vita (8:31) / 3. Gli ospiti di Casa Manzoni (10:04) / 4. I PromessiSposi (6:55) / 5. L’immagine della parola (5:54) / 6. Il cinema (3:05) / 7. Le opere (5:57) / 8. Storia della Co-lonna Infame (4:04) / 9. I grandi manzoniani (5:30).Il tempo di trasmissione è di 55 minuti. Il “parlato” si compone di 6.900 parole, quasi esclusivamente pro-nunciate da Pino Farinotti. Vi sono anche sette brevi interventi di operatori della cultura. Quattro di essiriteniamo siano da considerarsi organici al progetto: Angelo Stella, Presidente del CNSM (1:23); Jone Riva, Se-gretaria del Centro Nazionale Studi Manzoniani (1:54); Fernando Mazzocca, critico d’arte, supervisore del re-centemente rinnovato allestimento del Museo Manzoniano di Casa del Manzoni di Milano (1:50); Rossella Fa-rinotti, critico d’arte, figlia e collaboratrice di Pino Farinotti (1:12), per un tempo complessivo di 6:19. Per labrevità o il carattere dei loro interventi, le altre tre personalità, apparirebbero essere state incluse più come te-stimoni di prestigio che come co-autori del progetto: Francesco Alberoni, sociologo e scrittore (1:00); EmilioIsgrò, artista (1:32); Andrea Camilleri, scrittore (0:45), per un tempo complessivo di 3:17.

La struttura della nostra analisi – Abbiamo estrapolato dal docu-film esclusivamente le parti che a nostroavviso contengono errori e travisamenti di fatti storici ben verificabili, lasciando ad altra sede il dibattito suimodelli di analisi storica adottati dal docu-film. Di queste parti / episodi del docu-film che riteniamo non idoneisul piano didattico, abbiamo estrapolato le “scene” relative nonché il testo integrale del commento narrante. Lenostre osservazioni sono poste in immediata e inconfondibile vicinanza agli elementi estrapolati.

Questi i venti “episodi” analizzatiSegnaliamo che l’analisi critica è riportata – con maggiore completezza iconografica e con i corrispondenti spezzoni deldocu-film – anche sul nostro sito www.abatestoppani.it. Ognuno degli episodi sotto indicati reca – in colore blu –l’indirizzo della corrispondente pagina del sito (cliccandovi sopra si attiva il collegamento).Episodio 1 – Conversione a Saint-Roch / Il luogo indicato come di Saint-Roch a Parigi è un ambiente che a detta dei suoiamministratori NON è di quella chiesa. Sulla conversione si ripete un racconto puramente aneddotico, lontano dai dati storici. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/manzoni-conversione-saint-roch/ pag. 5Episodio 2 – Incontro con Papa Francesco / La consequenzialità delle scene e del parlato potrebbe essere suggestivoe indurre così a ritenere che il Papa abbia elogiato «I Promessi Sposi» con un video realizzato appositamente per il docu-filme come riflesso immediato di un “incontro” avuto dal Papa con il professor Stella. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/papa-francesco-udienza-stella/ pag. 8Episodio 3 – Storia della Colonna Infame / La disposizione di immagini e parole potrebbe indurre lo spettatore a pensare che la «Storia della Colonna Infame» sia stato stampato da Manzoni come “racconto autonomo”. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/storia-colonna-infame/ pag. 11Episodio 4 – Lapide della Colonna Infame / Non si dice che la lapide della “colonna infame” è espostaal Castello Sforzesco di Milano; si recita un testo mentre le immagini ne propongono un altro. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/lapide-colonna-castello-sforzesco/ pag. 13

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 3/48

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Episodio 5 – Addio, monti / Si recita il brano “Addio, monti” de “I Promessi Sposi” con tre errori di lettura,uno dei quali con effetti goliardici. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/milanese-europa-addio-monti/ pag. 14Episodio 6 – Stessa attrice ma film diversi / È scambiato il film «Conquest-Maria Walewska» con il film «Ninotcka». >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/milanese-europa-conquest-ninotcka/ pag. 15Episodio 7 – Edizioni ‘pirata’ / La consequenzialità delle immagini di edizioni ‘pirata’ de «I Promessi Sposi» potrebbeindurre lo spettatore a ritenerle come pensate da Manzoni e realizzate da Gonin. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/milanese-europa-edizioni-pirata/ pag. 16Episodio 8 – Filmografia mutilata / Non vengono indicate opere importanti del cinema muto dedicate a “I Promessi Sposi”. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/milanese-europa-filmografia-muto/ pag. 17Episodio 9 – Geografia falsata / Per il passaggio dell’Adda di Renzo si presenta un luogo diversoda quanto indicato con voluta precisione da Manzoni. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/trezzo-renzo-passaggio-adda/ pag. 18Episodio 10 – Località manzoniane / Si presentano come “manzoniane” località non collegabili a “I Promessi Sposi”. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/luoghi-manzoniani-garlate-abbadia/ pag. 19Episodio 11 – Lui veniva da qui, anche / Si minimizza, fino ad ometterne ogni preciso riferimento, il rapporto esistenzialee biografico tra Manzoni e Lecco. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/lecco-citta-manzoni/ pag. 20Episodio 12 – Contorsioni topografiche / Con una non motivata deambulazione per Lecco, si dà un’immaginedei “luoghi manzoniani” che potrebbe apparire riduttiva. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/lecco-luoghi-manzoniani/ pag. 21Episodio 13 – La casa del giovane Manzoni e il suo Monumento / Non si attribuisce l’opportuna importanzaa due importanti testimonianze a Manzoni in Lecco, tra cui un Monumento Nazionale. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/caleotto-lecco-la-casa-di-manzoni/ pag. 22Episodio 14 – Come era la Milano di fine ’700 / Si indicano per la Milano in cui nacque Manzoni tecnologie e topografieposteriori di cinquant’anni. Si indica come Palazzo Blondel (demolito nel 1872) l’edificio realizzato da Pascoletti nel 1952. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/milano-teresiana-fine-700/ pag. 29Episodio 15 – “Illuminismo” di Maria Teresa d’Austria / Si presenta come condizionata dalle idee di Beccarial’arretrata e inumana realtà giuridica della Milano asburgica. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/barbarie-del-codice-teresiano/ pag. 31Episodio 16 – Vittorio Emanuele II a Milano / Errore documentario sull’incontro tra Manzoni e il Re VittorioEmanuele II nel 1860; riduttive interpretazioni su un importante episodio del nostro Risorgimento. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/clero-conciliatorista-milanese/ pag. 33Episodio 17 – Stesso nome ma Imperatori diversi / Si attribuisce a Manzoni una supplica di cui ha scritto solo il testo;all’Imperatore Francesco I (1768-1835) si da il volto di un altro Imperatore, Francesco Giuseppe I (1830-1916). >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/due-franceschi-imperatori-austria/ pag. 37Episodio 18 – Incontri, o mai avvenuti, o in date diverse / Si colloca al 1856 e in Milano un incontro conGladstone avvenuto nel 1838 e a Brusuglio; si dà per dato un mai avvenuto incontro con Newmann. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/gladstone-newmann-manzoni/ pag. 38Episodio 19 – Perché Giulia Beccaria sposò Pietro Manzoni? / Dei fratelli Verri si mostra Pietro per Giovanni;si presenta come obbligo ineludibile per salvare i Beccaria un matrimonio che convenne a entrambi gli sposi;la posizione sociale di Pietro Manzoni sembra essere minimizzata. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/giulia-moglie-pietro-manzoni/ pag. 39Episodio 20 – Di chi fu figlio Alessandro Manzoni? / A riprova dell’attribuzione della paternità biologica a Giovanni Verrisi porta un “si sapeva” e un quadro forse regalatogli da Giulia Beccaria. Che però potrebbe non essere quello che conosciamo. >> vedi anche sul nostro sito: http://abatestoppani.it/padre-alessandro-manzoni/ pag. 41

Gentile Ministra Fedeli,ringraziandoLa per la cortese attenzione, a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, nell’auspicio di una Suaautorevole riflessione circa l’adeguatezza 0 meno del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola» sul piano pedagogico-didattico, Le porgo i più cordiali saluti.

Fabio Stoppani – Presidente Centro Studi Abate [email protected] / 335 135.44.57Via A. Soffredini 39/A – 20126 Milano – MI___________Allegato• Analisi e commento del docu-film «A. Manzoni, milanese d’Europa» (successive 44 pagine)• l’’intera analisi critica è esposta anche sul sito del Centro Studi Abate Stoppani

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Parlato docu-film / Farinotti: [1] e [2] «Questa è la Senna, rive gauche. [3] Molto importante e decisivaè la conversione di Alessandro Manzoni. Ci sono dei racconti. [4] Uno è questo. Alessandro e sua moglieEnrichetta si trovavano il 2 aprile del 1810 a Parigi in occasione delle nozze di Napoleone Bonaparte conMaria Luisa d’Austria. Ci furono dei disordini dovuti semplicemente a dei mortaretti. Ma la folla si spaventòe nel fuggi fuggi generale i due sposi, erano ragazzi, lui aveva 25 anni, lei 19, si separarono. Il Manzoni sitrovò di fronte a una chiesa, questa, San Roccò [sic!]. Entrò, spaventato e pregò: se fosse riuscito aritrovare la sua Enrichetta si sarebbe convertito. [5] Subito dopo, Enrichetta entrò in chiesa, e lui siconvertì. La seconda opzione è questa: è possibile che la conversione arrivasse da più lontano. Con una ri-cerca sul sentimento, sulla mistica. Ragionata e maturata nel tempo. Comunque sia, la conversione ci fu.»

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[ 1 ] 23:22 [ 2 ] 23:24 [ 3 ] 23:32 [ 4 ] 23:34

[ 5 ] 24:07

Episodio 1 – Conversione a Saint-Roch / Viene presentato come facente parte della Chiesa di Saint-Roch a Parigi un am-biente che a detta dei suoi amministratori NON è di quella chiesa. Un racconto lontano dai dati storici.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 5/48

Nostri commenti – In un articolo del 20 ot-tobre 2016 (rivista on-line «Filmaker’s»), aproposito del docu-film del Centro NazionaleStudi Manzoniani (d’ora in poi CNSM), Fari-notti scrive: «La produzione è stata anche aParigi a documentare la lunga permanenza diManzoni in quella città». Quindi, le cinquescene sopra riportate dovrebbero essere il ri-sultato della “trasferta” a Parigi. Vediamole.[1] Farinotti è sul Quai Malaquais, a lato delPort des Saints-Pères, sulla riva sinistra dellaSenna. Non si comprende l’enfasi anche ge-stuale con cui il presentatore segnala esseresulla “rive gauche”. Mai nessuno ha collegatotale luogo a Manzoni, né Farinotti ne dice al-cunché. La Chiesa, dove il “racconto” dice siaavvenuta la conversione di Manzoni, è sulla“rive droite” della Senna, in Rue Saint-Honoré,a circa un chilometro e mezzo da questa primatappa della “trasferta”. [2] Farinotti si trovasul Pont des Art (a 100 metri da [1]) ed è ap-parentemente diretto verso la riva destra. Lospettatore si aspetta di essere condotto versola Chiesa. Ma viene deluso. [3] Farinotti sitrova infatti in Place de Saint-Germain-des-Prés (sulla Rive Gauche), proprio dalla parteopposta. Per ragioni non dichiarate, il nostronarratore, anziché avvicinarvisi, si è allontanatoda Saint-Roch. [4] Farinotti compare in unambiente molto scuro, con in primo pianopanche da chiesa, che lo spettatore è autorizzatoa ritenere essere la Chiesa di Saint-Roch. EFarinotti lo conferma: «Il Manzoni si trovò difronte a una chiesa, questa, San Roccò [sic!].»[5] Si mostra la lapide in marmo della Chiesadi Saint-Roch, che ricorda la “conversione”.

Tutto bene quindi? Purtroppo no!Infatti l’affermazione di Farinotti: «una chiesa,questa, San Roccò», riporta cosa non vera.L’ambiente che Farinotti dice essere diSaint-Roch non è di quella chiesa, comeabbiamo verificato.

L’immagine [5] della lapide, ci aveva in-curiosito: si tratta di una fotografia daanni su Internet (http://offbeat-paris.net/1arr.htm), che chiunque puòscaricare con un click, senza impegnativetrasferte a Parigi. Abbiamo quindi guar-dato con maggiore attenzione l’immagineche Farinotti dice riprendere Saint-Roch[4]; e l’abbiamo schiarita per compren-dere cosa ci fosse nell’oscurità del filmato(vedi qui a lato). Ci è parso immediata-mente che la parete a mattoni pieni nonavesse nulla a che fare con l’ambientebarocco di Saint-Roch dove, da moltianni, non vi sono panche ma sedie. Ab-biamo quindi inviato il fotogramma aParigi (oscurando la figura di Farinotti)e la responsabile della Segreteria diSaint-Roch ci ha segnalato – per iscritto – che«Il ne s’agit pas du tout de l’église Saint-Roch àParis …».

Il docu-film del CNSM propone quindi la sualettura della conversione di Manzoni in mododeprimente.

Il mostrare il reale aspetto di Saint-Roch (vedi[A]) riteniamo sia non soltanto necessario peruna corretta informazione ma anche un dovereper chi vi collega un evento cui attribuisce grande

rilievo. Ma il racconto del CNSM sulla “con-versione” di Manzoni trova scarsi riscontrianche sotto il profilo storico.

La “conversione” che sarebbe avvenuta aSaint-Roch – Farinotti è categorico: «[a SanRoccò] la conversione ci fu». Il CNSM ha quindifatto proprio quel racconto che tutti ripetonoda quasi 150 anni ma che si basa esclusivamentesu un assemblaggio di frammenti di realtà,cementato da fantasie letterarie. È curiosaquesta scelta di campo del CNSM perché giànel 1975 il suo Direttore e Presidente di allora(Claudio Cesare Secchi) ne aveva evidenziatol’infondatezza (pur erroneamente datando al

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1927 l’apposizione della targa, che è invecedel 1937).Il racconto della “conversione” di Manzoni,che si sarebbe verificata il 2 aprile 1810 nellaChiesa di Saint-Roch è stato costruito neglianni successivi alla morte di Manzoni da “cri-tici”, “storici”, “studiosi della religione”, “nar-ratori”, che però non hanno considerato il ca-lendario, che pure è molto istruttivo.A proposito della “conversione” di Manzoni o,come dice la targa della Chiesa di Saint-Roch, il“ritorno alla fede del suo battesimo”, esistonodue testimonianze di intimi a Manzoni, che pos-siamo considerare come degne di attenzione. Laprima è di Giorgini (il genero di Manzoni) che,in una lettera del 1876 a Carlo Magenta, scriveche la moglie Vittoria, già adulta, chiese al padrein che modo egli “divenne credente”. Manzonirispose solo: «Figliuola mia, ringrazia Iddioch’ebbe pietà di me… quel Dio che si rivelò asan Paolo sulla via di Damasco» (V. Giorgini-Manzoni «Manzoni intimo», II, p. 257).Interrogato sullo stesso tema dal figliastro Ste-fano Stampa, Manzoni rispose più stringato:«è stata la grazia di Dio». A entrambi maiManzoni parlò di un legame tra Saint-Roch eil 2 aprile 1810.Manzoni avrebbe parlato a Giulio Carcano diuna forte esperienza emotivo-religiosa occorsaglinella Chiesa di Saint-Roch («Vita di A. Manzoni»,1873, p. 11): «Fin da quando egli stava a Parigi(se non è indiscreto confidare le più intime con-fidenze) era un giorno entrato nella chiesa diSan Rocco, pieno l’animo de’ gravi pensieri cheda lungo tempo lo tormentavano. “O Dio!” avevadetto “se tu esisti, rivelati a me!”. E da quellachiesa era uscito credente.» Il lettore noti chele parole di Carcano non riferiscono affatto diuna situazione di pericolo, di“folle spaventate”o altro.A Visconti Venosta Manzoni aveva invece rac-contato di un episodio di angosciosa confusioneoccorsogli a Parigi il 2 aprile 1810, pressatoda un folla spaventata. Ma mai Manzoni legòtra loro le due esperienze (e mai lo fecero lepersone a lui vicine, lui in vita e anche dopo).Il Barbiera è forse il primo pubblicista conlargo pubblico che reinventa il racconto mettendoinsieme le due cose («Il salotto della ContessaMaffei», 1895, p. 270): «La contessa Claranarrava che, un giorno, a Parigi, il poeta,sposo della soave Enrichetta Blondel, la smarrìin una grande folla, e a lungo e invano lacercò. Angosciato, smarrito, entrò nella primachiesa che vide, (in quella di San Rocco), esupplicò Iddio di fargliela ritrovare, escla-mando: “Dio, se tu esisti, fammela trovare, erivelati e me!”»

Ma il brillante giornalista Barbiera (che usavaspesso il virgolettato, facendo intendere diavere sotto mano un “diario” della contessaMaffei, visto, ci sembra, solo da egli stesso)per questo particolare “ricordo” evitò di esporsie si limitò a un “la contessa narrava”. Barbierascriveva queste cose 9 anni dopo la mortedella Maffei, che su molte cose attribuiteleavrebbe potuto sollevare qualche obiezione.Barbiera aveva sdoganato la cucitura tra i dueepisodi, e dopo di lui il ricamo poté arricchirsiper penna dei vari commentatori, a forza direciproche citazioni e invenzioni (ci sarebbeda scriverne un opuscoletto con aspetti umo-ristici). Ma torniamo ai fatti.Porre il 2 aprile 1810 come momento della“conversione” di Manzoni postula che primadi quella data egli fosse lontano dalla praticadel cattolicesimo. Ma non è così.Fantasia e realtà. Il ritorno alla fede di Manzoniè passato attraverso momenti ben documentatidella vita dello scrittore, tutti svoltesi proprio aParigi, e tutti prima del 2 aprile 1810.Come noto, Alessandro ed Enrichetta Blondelsi sposarono civilmente il 6 febbraio 1808 alComune di Milano e, tre quarti d’ora dopo econ rito calvinista, nel vicino Palazzo Blondel.Ma nel giugno 1808 la famiglia Manzoni si tra-sferisce a Parigi, probabilmente con l’intenzionedi farne la propria stabile dimora. Ed è in queltorno di tempo che avvengono mutamenti nel-l’orientamento di Alessandro. Infatti, dietro suaesplicita pressione sulla moglie Enrichetta:• Parigi, 23 agosto 1809 – I coniugi Manzonibattezzano secondo il rito cattolico la loro primafiglia Giulia Claudia, nata il 23 dicembre 1808. • Parigi, settembre 1809 – I coniugi Manzonichiedono al Papa la dispensa per la celebrazionedel proprio matrimonio con il rito cattolico:«A S.S. Pio VII / B.mo Padre, [Alessandro Manzoni] cat-tolico del Regno Italico, ed [Enrichetta Blondel] diReligione detta riformata della Comunione di Ginevra,riempite le formalità civili, sonosi congiunti in matrimonioinnanzi a un ministro della sud.a Religione riformata.L’Oratore cattolico […] mal volentieri sì ma pure s’adattòall’esposta celebrazione; ed ora è disposto a riparare ilsuo fallo secondo i principi della S. Religione Cattolica.Quindi è, che godendo Egli piena libertà dell’esercizio diSua Cattolica Religione, e dell’educazione della proledell’uno, e dell’altro sesso, secondo la stessa CattolicaReligione, ed essendo rimosso ogni pericolo di sua sov-versione, col consenso della suddetta sua compagna,pentito del fallo commesso, implora dall’Autorità Apostolicaun opportuno riparo, capace di rendere tranquilla la dilui Coscienza, e di cancellare ogni sinistra idea ne’Cattolici, fra’ quali debbono ambedue abitare, benchévengano reputati legittimamente congiunti.».

A proposito di questa richiesta è opportunoricordare che fu rivolta a Pio VII. Il qualepochi mesi prima (luglio 1809) era stato “se-questrato” in Roma dall’esercito d’occupazione

francese, e si trovava “recluso” in Francia, peril suo rifiuto di aderire al napoleonico “bloccoeuropeo” e di consentire una più larga auto-nomia alla Chiesa francese (sotto, l’illustrazionedel “sequestro”).

La volontà da parte dei Manzoni di confermarele proprie nozze con il rito cattolico (quindicon un esplicito riconoscimento del “potere”di un Pontefice, in realtà privato della libertàanche personale) potrebbe essere oggetto diuno studio particolare (per esempio su comeil clero costituzionale francese si pose di fronteallo scontro Napoleone-Pio VII).• Parigi, 15 febbraio 1810 – Avuta la licenzapapale, i Manzoni celebrano il matrimoniocattolico presso la Residenza del Ministro degliEsteri del Regno Italico a Parigi, FerdinandoMarescalchi, che fa da testimone ad Alessandrodando così all’evento un evidente colore di“ufficialità”.Abbiamo appena visto che il ritorno di Manzonialla pratica religiosa avvenne a rapidi passi. Etali furono anche i successivi di consolidamentonel nuovo orientamento.• Parigi, 9 aprile 1810 – L’abate EustachioDegola, conosciuto dai Manzoni nell’autunnoprecedente, avvia con Enrichetta (presenteanche Alessandro) una serie di incontri neiquali le illustra i fondamentali della fede cat-tolica, evidentemente con grande efficacia.• Parigi, 3 maggio 1810 – Infatti, dopo soletre settimane, Degola accoglie l’atto di abiuradi Enrichetta.• Parigi, 22 maggio 1810 – Passate altre tresettimane, pronunciata formale e pubblicaabiura del calvinismo nella Chiesa di Saint-Séverin, Enrichetta entra ufficialmente a fareparte della comunità cattolica.• Parigi, 8 giugno 1810– Dopo diciotto giornida questa cerimonia la famiglia Manzoni alcompleto lascia Parigi e rientra in Italia. Nes-suno di loro rivedrà più la capitale francesefino al 1819, essendo ormai definitivamenteNapoleone fuori giuoco.Esattamente in 60 giorni si compie quindi ilpassaggio di Enrichetta Blondel dal calvinismoal cattolicesimo, consentendo ad Alessandrodi aprire un nuovo capitolo nella sua vicenda.E quindi, che ne è del 2 aprile 1810, comegiorno della “conversione”? Ben poco, senon nulla.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 6/48

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Quando il 23 agosto 1809 faceva battezzare lafiglia e quando nell’ottobre seguente imploravail Papa di consentirgli di rimediare ai proprierrori, Manzoni era già un cattolico rientratopienamente nello spirito della Chiesa. E ansiosodi entrare a pieno titolo anche nella comunitàdei cattolici, per condividerne la vita quotidiana.Per gli orientamenti religiosi della famigliaManzoni riteniamo sia quindi più utile ri-cordare il 2 aprile 1810 come il giorno delmatrimonio di Napoleone I con Maria Luisad’Austria.Con quella cerimonia Napoleone cancellavaogni legame con il grande movimento dell’89e si presentava a livello europeo come il garantedel ritorno all’assolutismo anti democratico.Ma nella stessa occasione mostrava l’incapacitàdi comprendere il ruolo della religione e dellaChiesa cattolica nella società che pensava dipotere controllare con la forza militare.Il 2 aprile 1810, nel giorno del suo matrimonio,ben 13 Cardinali (tutti italiani) sui 26 del SacroCollegio residenti a Parigi, in aperto dissensodalla sua azione violenta contro il Vaticano eil Papa, si astennero dal partecipare alla ceri-monia e lasciarono vuote le 13 poltrone lororiservate, sotto gli occhi dei 6.000 invitati datutta Europa.Infuriato, nel giro di due giorni (attraverso ilCardinale Fesh, fratello di sua madre e nel1796 già ai suoi ordini nella campagna d’Italia –avendo temporaneamente lasciata la tonaca)Napoleone li fece destituire dalla carica, ne se-questrò i beni, li privò di ogni remunerazione,proibì loro di portare gli abiti cardinalizi e limise agli arresti domiciliari.Nonostante la segretezza con cui l’azione vennecondotta, negli ambienti italiani di Parigi sene sparse ben presto la notizia. Ciò grazieanche a Pio Bruno Lanteri di Torino, a capo diun gruppo segreto, attivo a favore di Pio VII.Riteniamo che fossero questi gli avvenimenticollegati al 2 aprile 1810, da cui gli ormaiferventi cattolici Manzoni nel giugno si senti-rono spinti a “fuggire” – è il caso di dirlo –dalla Francia per ritornarvi solo nove annidopo, essendo Napoleone definitivamente fuorigiuoco.Per quanto riguarda Saint-Roch, sulla com-mozione vissuta da Manzoni in quella chiesa,oltre ai pochi documenti già citati, possiamoricordare alcuni elementi di fatto.I Manzoni abitavano a Parigi dal giugno del1808, in Boulvard des Italiens, a poche centinaiadi metri da Saint-Roch. È da presumere cheAlessandro vi sia entrato – e più volte – per ri-flettere sul suo riavvicinamento alla religione.Tanto più che a Parigi quella Chiesa era bennota. Sulle sue gradinate il 5 ottobre 1795 le

truppe della Repubblica (guidate anche dalgiovane Bonaparte, che vi si era distinto per labrutalità), avevano stroncato, con 300 morti,un tentativo insurrezionale legittimista. Treanni dopo e nel quadro della campagna discristianizzazione, Saint-Roch era stata dichia-rata «Tempio del Genio» e tale era rimastafino al 1804.Nel 1805, quando Manzoni andò a Parigi, e nel1808-1809, quando vi maturò il ritorno al cat-tolicesimo, tutto ciò era ancora molto presentetra gli “ideologi” (che egli frequentò assiduamente)alcuni dei quali erano stati in prima linea nelmovimento di scristianizzazione, al quale i sa-cerdoti “progressisti” avevano cercato di frapporrela costituzionalizzazione del clero. In questo ten-tativo fu in prima linea l’Abate Grégoire (attivis-simo anche contro la tratta dei neri, assieme aNicolas Condorcet, già marito di Sophie, piùtardi molto legata ai Manzoni) il quale fu vici-nissimo a Eustachio Degola, il sacerdote che –lo abbiamo visto – guidò Enrichetta nella suarapida abiura dal calvinismo nel maggio 1810.Nulla di strano che in quella chiesa, ricolma dimemorie, in un momento non noto (ma verosi-milmente tra il giugno 1808 e l’ottobre 1809)Manzoni abbia potuto vivere un’esperienza emo-tiva di tipo religioso, cosa niente affatto “so-prannaturale” né eccezionale, ma frutto di unaintensa riflessione (la storia ci dà innumerevolicasi analoghi che la psicoanalisi riconosce, purdescrivendoli nei termini suoi propri).

E la lapide che ricorda la “conversione”? Per concludere questo capitolo sulla conversionedi Saint-Roch secondo il CNSM, può essereutile dire qualche cosa sulla lapide, il cui testocosì recita: «In questa Chiesa / il celebre scrittoreitaliano / Alessandro Manzoni / ritrovò la fededel suo battesimo / il 2 aprile 1810». Qualcunopotrebbe erroneamente pensare sia stata postaattorno a quegli anni o forse per la morte diManzoni. Dal momento che il docu-film delCNSM ne tace del tutto, riteniamo possa esseredi interesse dirne qualche cosa.La lapide fu posta il 21 dicembre 1937, per ini-ziativa di un Comitato italo-francese presiedutodal Cardinale Verdier (Arcivescovo di Parigi) eda Dalla Torre, direttore de l’Osservatore Ro-mano. E comprendente Padre Gemelli, il senatoreCrispolti, l’accademico Papini, nonché personalitàcivili e religiose francesi.La data prescelta non coincideva né con l’annoné con il giorno di una ricorrenza manzonianama venne presa sulla base di elementi emi-nentemente politici.Nel 1937 la Francia era retta dal Fronte Popo-lare. Di fronte alla crescente affermazionedella Germania nazista nonché alla politicaaggressiva dei fascisti (nel giugno verranno

uccisi i fratelli Rosselli), il Partito ComunistaFrancese aveva lanciato la politica “delle manitese” rivolta a tutte le forze antifasciste e alproletariato di ispirazione cattolica.Dal canto suo Pio XI (il Papa del Concordatodel 1929, ora preoccupato per l’azione aggressivadel nazismo contro la Chiesa di Roma) nonescludeva una qualche forma di collaborazionecon le forze anti-autoritarie. Alla politica delle“mani tese” rispose con una mezza apertura:con la sinistra miscredente non abbiamo nullain comune ma siamo aperti a chiunque vogliaavvicinarsi alla visione cristiana. Pio XI (ingioventù, con Fogazzaro e Contardini, vicinoalle posizioni conciliatoriste) era grande esti-matore di Manzoni (lo citò nella «Divini illiusmagistri» del 1929. Per dare un segnale fortein termini di comunicazione, in Vaticano sipensò quindi al poeta, figura esemplare dilaico (che vedeva nella religione il mezzo perl’emancipazione sociale) e di italiano, ammi-ratore della Francia. La cerimonia del 21 di-cembre, con il suo esplicito riferimento alla“conversione”, voleva essere a livello culturaleuna anticipazione del tradizionale discorsoche il 23 dicembre l’Arcivescovo Verdier avrebbefatto ai parigini per le feste natalizie, ripren-dendo i temi della posizione pontificia, piùsopra sintetizzati. Non a caso le Istituzionigovernative italiane a Parigi cercarono di mi-nimizzarla (partecipò alla cerimonia solo ilrappresentante consolare). Accanto a questielementi di carattere politico generale, non èdifficile cogliere da parte del Vaticano ancheil tentativo di presentare di Manzoni soprattuttoil lato religioso. Ciò in chiara concorrenza conil Centro Nazionale di Studi Manzoniani, isti-tuito proprio nel giugno 1937 dal MinistroGentile, nel quadro dell’azione di normalizza-zione ai piani culturali mussoliniani del patri-monio letterario nazionale (nella stessa occa-sione vennero istituiti analoghi Centri Nazionalidi Studio, dedicati a Dante e a Leopardi).L’evento registrò una notevole partecipazione evenne ripreso da molti quotidiani francesi. Danoi il governativo “Popolo d’Italia” non ne fececenno, mentre il “Corriere della Sera” volle evi-denziare il passato di “scristianizzatore” del gio-vane Manzoni e il suo nuovo orientamento reli-gioso, sottacendo i riflessi politici dell’evento.L’ “Osservatore Romano” vi dedicò invece (il 22e il 23 dicembre) due lunghi e bene evidenziatiinterventi. Con buona pace della realtà fattuale,come abbiamo visto sopra.Ma forse a Manzoni, nonostante l’evidente for-zatura sul piano storico, quel ruolo di mediatoretra diverse ispirazioni ideali tese a un obiettivodi progresso, che l’evento e la targa gli intessevanoaddosso, non sarebbe dispiaciuto.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 7/48

• FINE DELL’EPISODIO 1 •

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Episodio 2 – Incontro con Papa Francesco / La consequenzialità di scene e parlato potrebbe suggerire che il Papa abbiaelogiato «I Promessi Sposi» con un video realizzato per il docu-film e come riflesso immediato di un incontro con il professorAngelo Stella.

Farinotti: [1]: «Il Presidente della Fondazione del Centro Studi Manzoniani è stato ricevuto da Papa Francesco, e gli ha donato una copiapreziosa de “I Promessi Sposi”. [2] E l’incontro non è stato formale e istituzionale. Ma ha avuto uno sviluppo. E che sviluppo!»[3] Papa Francesco: «E voi italiani, nella vostra letteratura avete un capolavoro sul fidanzamento. È necessario che i ragazzi lo conoscano,che lo leggano; un capolavoro dove si racconta la storia dei fidanzati che hanno subito tanto dolore, hanno fatto una strada di tante difficoltàfino ad arrivare alla fine, al matrimonio. Ma non lasciate da parte questo capolavoro sul fidanzamento che la letteratura italiana ha proprioofferto a voi. Andate avanti, leggetelo e vedrete la bellezza, anche la sofferenza, ma la fe-del-tà dei fidanzati.»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 8/48

Nostre osservazioni – Quella successionedi parole e di immagini, molto accattivantie suggestive, nell’immediato a noi ha fattopensare che, dopo avere “ricevuto” il pro-fessor Stella (Presidente del Centro NazionaleStudi Manzoniani – d’ora in poi CNSM), eavere avuto dallo stesso in dono una “copiapreziosa de “I Promessi Sposi”, Papa Fran-cesco abbia voluto esprimere con un brevefilmato, realizzato per il docu-film del CNSM,un giudizio molto favorevole su un “capola-voro” della letteratura italiana (il Papa noncita né Manzoni né “I Promessi Sposi”).Il lettore lo avrà notato: né nelle parole diFarinotti né attraverso didascalie o altro,emerge alcun riferimento di tempo o diluogo. La nostra percezione era quindi pie-namente giustificabileTanto più che un rapporto privilegiato trail docu-film del CNSM e Papa Francescoera già stato anticipato dall’autorevoleSpazio Oberdan di Milano. Nella comuni-cazione Web (http://oberdan.cinetecami-lano.it/film/alessandro-manzoni-milane-se-deuropa-limmagine-della-parola/) de-dicata all’anteprima dello stesso docu-film,la presentazione dell’anteprima del 17 di-cembre 2016 si concludeva con queste pa-role: «Ospite d’eccezione [del docu-film] èinfine papa Francesco, che in un prezioso in-tervento in video esorta i giovani a leggere iPromessi sposi, “capolavoro della letteraturaitaliana.”» Detto nella sinossi di una pre-stigiosa struttura specializzata anche nellacinematografia, le espressioni “Ospite d’ec-cezione” e “prezioso intervento in video” ap-paiono avere un significato inequivocabile:nel “cast” del docu-film, Papa Francesco

ricopre il ruolo di “Ospite d’eccezione”; ilsuo intervento è cioè parte organica deldocu-film; è stato programmato ed è infunzione del docu-film. Ma è così? Dando per “visto” che almeno un “incontro”tra Papa Francesco e il professor Stella èeffettivamente avvenuto, è opportuno illu-strare quando l’incontro si è verificato, inche occasione e con quali modalità.Il professor Stella è “ricevuto” da PapaFrancesco – Il docu-film del CNSM non neindica le circostanze, ma è certo che l’in-contro mostrato nel docu-film è avvenutomercoledì 11 giugno 2014, in Piazza SanPietro, Sagrato destro, nel corso della set-timanale Udienza Generale.Per valutarne a ragion veduta la portatache, secondo la suggestione proposta daldocu-film del CNSM, avrebbe avuto sulleparole dette dal Pontefice a proposito de“I Promessi Sposi”, è opportuno sapere chele settimanali Udienze Generali del Papa (sitengono generalmente il mercoledì) sonoaperte a chiunque desideri parteciparvi(basta prenotare un bi-glietto di ingresso – gra-tuito).A ognuna di questeUdienze Generali parte-cipano migliaia di per-sone, collocate in precisisettori di Piazza SanPietro. E molti recanodoni: libri, quadri, ma-gliette, anche prodottialimentari. Non ci sonoappuntamenti, non cisono liste. Il visitatore

segnala per fax la sua presenza, fa la fila perritirare il biglietto e per accedere al-l’Udienza, dietro le transenne di sicurezza.Chi vuole fare un dono al Papa deve un po’sgomitare e farsi strada tra una folla varie-gata, di poveri e ricchi, incerti anziani e gio-vani gagliardi. Se il donatore è timido, èfacile non riesca a fendere la folla.Il Papa, camminando al di qua delle tran-senne, riceve i doni, sorridendo, stringendomani, scambiando qualche parola.L’11 giugno 2014, sul Sagrato destro diPiazza San Pietro, Papa Francesco è statoprotagonista di molti “incontri non formaliné istituzionali”, tutti documentati: 112strette di mano; 8 benedizioni sul capo; 1carezza alla gobba di un’anziana signora; 8baci a bimbi; 3 abbracci; 1 selphie. Gli sonostati donati: 8 libri; 3 quadri; 4 cofanetticon targhe e oggetti; 3 vassoi; 1 maglietta;1 quaderno di appunti; 2 lettere; 1 cesto dibellissime ciliegie.L’incontro con Stella è stato uno di questi“incontri non formali né istituzionali”. Sono

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passati 15 minuti e 22” dall’inizio del per-corso a piedi del Papa lungo il Sagrato destro.Nel video del Centro Televisivo Vaticano, dacui sono tratti i fotogrammi che mostriamo,

domina un vociare assordante. Tutti urlano:«Papa, Papa! Francesco, Francesco! Quiiii,quiiiii!». Sono impressionanti l’entusiasmodei pellegrini e la bonomia del Papa.

[link alla versione Web per una visionepiù di dettaglio delle illustrazioni ]

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 9/48

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Questi 11 fotogrammi registrano i 10 se-condi dell’incontro “non formale” tra il pro-fessor Stella e il Papa: cinque o sei parole daparte di Stella; due o tre parole e un sorri-dente “Grazie!” da parte di Sua Santità.Molto curiosi di sapere come nel cofanetto sipresentasse la “edizione preziosa de I PromessiSposi” (non immediatamente riconosciuta dalPapa) urge la domanda: cosa è avvenuto dopoquesto “incontro non formale né istituzionale”dell’11 giugno 2014?

Per saperlo, dobbiamo atten-dere che passi un anno!

[1] Il professor Stella vince la timidezza: sifa largo tra il bimbo seduto sulla transennae la signora con la maglietta a strisce.

[2] Questa si gira e si ritrae con espressioneche pare di sorpresa per ciò che vede nel co-fanetto (così come la figlia, che ne sorride).

[3] Stella sporge il cofanetto verso Francesco, mo-strandogliene il contenuto. La signora fissa inten-samente il Papa, come per coglierne la reazione.

[4] Il Papa non comprende immediatamentecosa vi sia nel cofanetto; guarda Stella e gli ri-volge un paio di parole (non distinguibili).

[5] Stella gli risponde con due o tre parole(non distinguibili).

[6] Francesco guarda con maggiore atten-zione ma ancora non comprende.

[7] Stella nuovamente rivolge un paio di parole(anch’esse non comprensibili) al Papa, che con-tinuare a fissare con attenzione il dono.

[8] Francesco finalmente comprende ciòche è posto nel cofanetto. Sorride e dice:«Grazie!» (questa parola è chiarissima).

[10] Francesco stringe la mano alla dotto-ressa Riva (semi-nascosta da Stella).

[11] Stretta la mano a Stella (che consegna ilcofanetto all’assistente del Pontefice) Fran-cesco prosegue per stringere altre mani, be-nedire i pellegrini.

[9] Il Papa, accetta il dono.

*****

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Un anno dopo, 27 maggio 2015.Udienza Generale, Piazza San Pietro.Papa Francesco: «Nel quadro di queste ca-techesi sulla famiglia, oggi vorrei parlaredel fidanzamento».Con queste parole inizia la catechesi del Papasul tema della famiglia, del fidanzamento edel matrimonio, del 27 maggio 2015. Un di-scorso molto interessante, anche per i noncattolici, denso di riflessioni acute. La catechesidura 16 minuti. Al minuto 7:55, e per 59secondi (filmato del Centro Televisivo Va-ticano), Papa Francesco pronuncia le paroleriferite al “capolavoro” della letteratura, ri-portate all’inizio dell’Episodio.Parole che il docu-film del CNSM presentacon modalità tali da potere indurre lo spet-tatore a ritenere siano: 1. frutto dell’intenso“incontro” con il professor Stella (avvenuto,lo ricordiamo, un anno prima, l’11 giugno2014); 2. pronunciate appositamente per ildocu-film in esame. È una suggestione cherafforza quanto già lo spettatore può averesupposto in occasione della promozionepubblica del docu-film per l’anteprima del17 dicembre 2016 allo “Spazio Oberdan” diMilano. La sinossi di promozione si conclu-deva con queste parole: «Ospite d’eccezioneè infine papa Francesco, che in un preziosointervento in video esorta i giovani a leggerei Promessi sposi, “capolavoro della lettera-tura italiana.”»L’indicazione del Papa come “Ospite d’ec-cezione” del docu-film del CNSM (e quindidelle sue parole come parte coordinatadello stesso) è cosa piuttosto audace e po-trebbe prestarsi a considerazioni da parte

della struttura diplomatica della Santa Sede.Ma questo è un aspetto che non ci compete.Qui vogliamo invece richiamare l’attenzionesugli aspetti culturali della questione.Il messaggio suggestivo del docu-film delCNSM può portare lo spettatore a ritenereche Papa Francesco non avesse – primadell’incontro con Stella – le idee moltochiare su Manzoni e «I Promessi Sposi». Ècosì? Vediamo!

La Civiltà Cattolica, 2013, vol. III, pp. 449-477Intervista a Papa Francesco.Il direttore de La Civiltà Cattolica, AntonioSpadaro, attraverso questa intervista fa co-noscere aspetti inediti del Papa. L’intervista,di 29 pagine, verrà pubblicata anche sumolte delle riviste dirette da gesuiti.Pag. 471: «Ho amato molto autori diversi traloro. Amo moltissimo Dostoevskij e Hölderlin.[…] Ho letto il libro I Promessi Sposi tre voltee ce l’ho adesso sul tavolo per rileggerlo. Man-zoni mi ha dato tanto. Mia nonna, quand’erobambino, mi ha insegnato a memoria l’iniziodi questo libro: “Quel ramo del lago di Como,che volge a mezzogiorno, tra due catene noninterrotte di monti…”. Anche Gerard ManleyHopkins mi è piaciuto tanto».

Avvenire.it, 17 marzo 2013 – Stefania Falasca.Nei «Promessi sposi» le parole più amatedal nuovo Papa. Il Manzoni di Bergoglio.«Un pomeriggio di qualche anno fa stavoaccompagnando padre Bergoglio alla Casadel clero, in via della Scrofa 70 […]. Stavamocamminando […] e gli chiesi quali fosserogli autori italiani che amava di più. Mi ri-spose subito d’istinto: «Alessandro Manzoni.Le pagine dei Promessi Sposi le ho lette e

rilette tante volte. Soprattutto i capitoli incui si parla del cardinale Federigo Borromeo,le pagine dove viene descritto l’incontro conl’Innominato... Ricordi?». «Sì», risposi, lericordo benissimo. «Sono le pagine– riprese– in cui si descrive l’Innominato nel momentoimmediatamente precedente alla sua con-versione, quando, dopo una notte vissuta neltormento, dalla finestra della sua stanzasente uno scampanare a festa, e di lì a poco,sente un altro scampanio più vicino, poi unaltro: ‘Che allegria c’è? Cos’hanno di bellotutti costoro?’. Saltò fuori da quel covile dipruni e, vestitosi, corse ad aprire una finestrae guardò. Al chiarore che pure andava apoco poco crescendo si distingueva nellastrada in fondo alla valle gente che passava,altra che usciva dalle case e s’avviava, tuttidalla stessa parte, e con un’alacrità straor-dinaria. ‘Che diavolo hanno costoro? Che c’èd’allegro in questo maledetto paese? Doveva tutta quella canaglia?’» […]. Padre Ber-goglio parlava piano, mentre camminavamonel centro di Roma. E ripeteva le paroledel Manzoni mandate a memoria, con quelsuo modo lieve e insieme incisivo di dire.Proprio questo mi è tornato in mente quandocon sorpresa l’ho visto affacciarsi dallaloggia centrale di San Pietro, dopo l’elezioneche l’ha fatto diventare Papa Francesco.»

L’Eco di Bergamo, 20 settembre 2013.Manzoni, Chagall, Mozart e Fellini.Gli autori più amati da Papa Francesco.«Ho letto i Promessi sposi tre volte e ce l’hoadesso sul tavolo per rileggerlo. Manzoni miha dato tanto. Mia nonna quando ero bam-bino mi ha insegnato a memoria l’inizio,“Quel ramo del lago di Como che volge amezzogiorno, tra due catene ininterrotte dimonti”. “La strada” di Fellini è forse il filmche ho amato di più. Mi identifico con quelfilm, nel quale c’è un implicito riferimento aSan Francesco.»Ciò ricordato, se non possiamo dire quantol’ “incontro” con il professor Stella e la “edi-zione preziosa de I Promessi Sposi” ricevutain dono abbia potuto influenzare Papa Fran-cesco, possiamo dire con sicurezza che, pri-ma di “ricevere” Stella, il Santo Padre avevagià un bella conoscenza de «I PromessiSposi» e di Manzoni. Del resto, Papa Fran-cesco è un intellettuale di ampia cultura. El’Argentina, il suo Paese di nascita e di vita,conta oltre 25 milioni di cittadini di origineitaliana, nelle valigie dei cui nonni il nostroromanzo ha attraversato l’Atlantico.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 10/48

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Nostri commenti – Mentre Farinotti pro-nuncia le ultime parole, scorre sullo schermoun’immagine che ha [3] come primo e [4]come ultimo fotogramma. Guardando questedue immagini lo spettatore può essere in-dotto a ritenere di avere visto la copertinadi un libro, intitolato “Storia della Colonnainfame” ed edito da Sonzogno.Ascoltando le contestuali parole di Farinottipuò inoltre dedurne che nel 1840 Manzonipubblicò con l’editore Sonzogno un “raccontoautonomo” dal titolo “Storia della ColonnaInfame”. È così? o si tratta di un possibileeffetto cinematografico? Vediamo.

La copertina intera – Il docu-film ha sceltodi mostrare allo spettatore quella che do-vrebbe essere una copertina, dividendolain due pezzi [B] e [C], con uno scorrimentocinematografico dal basso verso l’alto. Manella realtà le due immagini mostrate daldocu-film non formano una copertina intera.Sono invece la parte inferiore di una co-pertina, di cui il docu-film ha scelto di nonmostrare la parte superiore.Il lettore si chiederà come possiamo esserecosì assertivi. È semplice! Siccome ci occu-piamo di Manzoni non abbiamo avuto dif-ficoltà a riconoscere la copertina intera, dicui il docu-film del CNSM ha voluto mostraresolo la parte inferiore.Si tratta della copertina di un’edizione de«I promessi Sposi – Storia della ColonnaInfame» pubblicata da Sonzogno nel 1941,caratterizzata per indicare solo nel retro dicopertina la data di edizione – 1941 (Bibl.

Naz. Braidense, inventario 000385016).Riassumendo – Farinotti ci dice che nel1840 Manzoni pubblicò un libro a sé, inti-tolato “Storia della Colonna Infame”. Con-temporaneamente il docu-film ci mostrain due pezzi quella che potrebbe essere unacopertina.Come biasimare quello spettatore che ritengacosì di avere visto la copertina del libro cheFarinotti dice essere stato pubblicato daManzoni nel 1840 con il titolo “Storia dellaColonna infame”?.Come abbiamo visto – invece – quelle mo-

strate nel docu-film sono solo le parti infe-riori della copertina di una edizione di unsecolo dopo (1941) che riprende esattamentel’edizione curata da Manzoni nel 1840, in-titolata «I Promessi Sposi – Storia dellaColonna infame».Ciò che Manzoni NON HA pubblicato. Ciòchiarito, affermiamo che: 1º. Mai Manzoniha pubblicato, nel 1840 o poi, con Sonzognoo altri editori, un “racconto autonomo” daltitolo “Storia della Colonna Infame”; 2º.Sonzogno, con quella copertina, ha stampatonel 1941 una riedizione integrale del libro

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Episodio 3 – Storia della Colonna Infame / La disposizione di immagini e parole potrebbe suggerire allo spettatore che la “Storiadella Colonna Infame” sia stato stampato da Manzoni come “racconto autonomo”.

Farinotti: [1] «Qui c’era la bottega di Gian Giacomo Mora. La sua povera bottega di barbiere, piena di tutti i suoi oggetti. Lui faceva il suolavoro. Cercava di essere sereno, tranquillo, in una città che certo non lo era. Ed era ignaro della tragedia che lo aspettava.[2] Milano, 1630, nel quadro della peste devastante descritta da Alessandro Manzoni nel suo romanzo, accadde uno dei fatti più tragici,crudeli e ingiusti della storia della città, e non solo, che si chiamò la Colonna Infame. Questa è la lapide, che venne posta accanto alla colonnainfame.[3] Alessandro Manzoni scrisse uno dei capitoli del romanzo dell’edizione del 1827, ma poi la tolse perché era troppo lunga e ritenne cheandasse a scardinare gli equilibri drammaturgici del romanzo. Cercò di inserirla nell’edizione successiva del 1840. Ma anche lì non ci riuscì.[4] E allora ne fece un racconto autonomo, nello stesso anno, che si chiama la Storia della Colonna Infame.»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 11/48

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«I Promessi Sposi – Storia della ColonnaInfame», con i disegni di Gonin, quellivoluti da Manzoni.In questo Episodio 3, il docu-film, il cuitesto è stato scritto anche dal professorStella, fa quindi riferimento a una pubbli-cazione di Manzoni che non risulta mai av-venuta. Il “Domenicale” del Sole 24 Ore del11-01-2014 aveva già segnalato questo orien-tamento del CNSM a staccare la «Storia dellaColonna Infame» da «I Promessi Sposi», dicui invece è parte organica conclusiva.Commentando «I Promessi Sposi», editonel 2013 dal CNSM, il Domenicale scriveva:«Questa edizione del romanzo ha il pregiodi radiografare magistralmente la linguadi Manzoni. Ha il difetto di non avere laStoria della Colonna infame e di dare soloqualche limitato esempio delle illustrazioni.Purtroppo la Colonna è stata pubblicatatempo fa, sempre dallo stesso Centro Man-zoniano, in diverso e autonomo volume:come opera a parte; e senza le illustrazionioriginarie, sostituite (inspiegabilmente)con quelle di Gaetano Previati, che nullahanno a che fare con le vignette fortementevolute da Manzoni. L’errore sarà corretto,inserendo i due volumi in un cofanetto. Cisi accontenterà della toppa.»Ciò che Manzoni HA pubblicato nel 1840-1842 – Manzoni pubblicò tra il 1840 e il1842 la nuova e ultima edizione del suo ro-manzo (l’edizione princeps), con il titolo «IPromessi Sposi / Storia milanese del secoloXVII / scoperta e rifatta / da / AlessandroManzoni / Edizione riveduta dall’autore. –Storia / della / Colonna Infame / Inedita»,stampata da Guglielmini e Redaelli [B].

Questo il dato reale.Il racconto della “Colonna Infame” era statoda Manzoni previsto come “Appendice”(già allora, quindi, non come “racconto au-tonomo”) per l’edizione de «I PromessiSposi» del 1827, dove però non venne in-serito per ragioni di opportunità politica.Nel 1840 volle che la vicenda della Colonnacomparisse come parte organica e conte-stuale del libro «I Promessi Sposi – Storiadella Colonna Infame», senza alcun ele-mento tipografico o artistico che evidenziasseun qualche “salto” narrativo o di contenuto(vedi [E]), e anche senza interruzione nellanumerazione delle pagine (746, ultima pa-gina de “I Promessi” – 747, prima paginadella “Storia”).Tra il 1825-1827 si era nel pieno dei processiai congiurati del 1821 (principale imputatol’amico fraterno Confalonieri) e Manzonisapeva perfettamente che la censura avrebbesia bocciata la pubblicazione sia controllatoi suoi movimenti con occhio più attento.Nella “Storia della Colonna Infame” era trop-po trasparente il collegamento tra le torturedegli inquisitori contro gli innocenti e ter-rorizzati “untori” del 1630 e i metodi violentidella polizia giudiziaria austriaca del 1821nella persecuzione di “eversori” che poco onulla avevano fatto ma che erano spinti a“confessioni” senza riscontri reali (come feceingenuamente Confalonieri).Nel 1825-1827 Manzoni sapeva che nonavrebbe potuto difendere né il propriolavoro né se stesso.Nel 1840 invece ritenne di potere rischiare.Nel 1835 Confalonieri era stato graziato e,

dopo un periodo di esilio negli Stati Uniti,era rientrato in Europa. Così come CristinaTrivulzio di Belgioioso, che era tornata inItalia dopo dieci anni di esilio a Parigi.Il docu-film pare non tenere conto dei tanticontributi che sull’argomento ha prodottonegli anni il professor Salvatore SilvanoNigro, Consigliere del medesimo CNSM estimato esperto delle vicende manzoniane.Su tutto questo, il professor Stella (Presi-dente del CNSM, il produttore del docu-film) avrebbe potuto dare un’occhiata aitanti contributi che sull’argomento ha pro-dotto negli anni il professor SalvatoreSilvano Nigro, Consigliere del medesimoCNSM e stimato esperto delle vicende man-zoniane.Per tutti, e solo come esempio dei tanti, ri-cordiamo il “Commento” a “I PromessiSposi” (1827) (Mondadori, 2002, pag.LXVI):«La Quarantana sembra una replica dellaVentisettana. E non lo è. Si presenta ai lettoricon una novità, che il frontespizio evidenzia:I Promessi Sposi … Edizione rivenuta dal-l’autore. Storia della Colonna infame. Inedita.La Colonna infame è una nuova, inedita, re-gione del romanzo. A esso con-testuale. E daesso inseparabile. Tanto che la parola Fine,messa nell’ultima pagina dell’ultima dispensa,la include. E la rende indispensabile all’inte-rezza del progetto narrativo.»

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Episodio 4 – Lapide della Colonna Infame / Non si dice che la lapide della “colonna infame” è esposta al Castello Sforzesco diMilano; si recita un testo mentre le immagini ne propongono un altro.

Farinotti, [1] [4]: «Qui, ove s’apre questo largo, sorgeva un tempo la bottega del barbiere Gian Giacomo Mora che, ordita con ilCommissario della pubblica sanità Guglielmo Piazza e con altri una cospirazione, mentre un’atroce pestilenza infuriava, cospargendodiversi lochi di letali unguenti, molti condusse ad un’orrenda morte. Giudicati entrambi traditori della patria, il senato decretò chedall’alto di un carro prima fossero morsi con tenaglie roventi, mutilati della mano destra, spezzate l’ossa degli arti, intrecciati allaruota, dopo sei ore sgozzati, bruciati e poi, perché di cotanto scellerati uomini nulla avanzasse, confiscati i beni, le ceneri disperse nelcanale. Parimenti diede ordine che ad imperituro ricordo la fabbrica ove il misfatto fu tramato fosse rasa al suolo né mai piùricostruita; sulle macerie eretta una colonna da chiamare infame. Lungi adunque da qui, alla larga, probi cittadini, che un esecrandosuolo non abbia a contaminarvi! Addì 1 agosto 1630».

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Nostri commenti – [1] Non è chiaro perquale ragione Farinotti ne tace ma si trova alCastello Sforzesco di Milano. Precisamentein fondo alla Corte Ducale, nel “Portico del-l’Elefante”, di fronte alla massiccia lastra inmarmo che, in latino, ricorda gli eventi del1630, narrati da Manzoni ne «I PromessiSposi – Storia della Colonna Infame» [A].La lastra è assicurata a un pesante supportoin ferro, sul retro del quale è posta una targain materiale sintetico, che riporta la traduzionein lingua italiana.In [2] e [3]Farinotti è di fronte a quest’ultimatarga con espressione concentrata, mentre ilsonoro riporta le sue parole sopra riportate.Lo spettatore è portato a ritenere che il testoche sente sia lo stesso che Farinotti fissaespressivamente. Ma non è così! Infatti il

testo che Farinotti “guarda” è tutt’altro daquello che Farinotti “dice”: basta confrontarei due testi: quello che Farinotti recita è riportatoin alto, mentre quello che realmente c’è, è ri-portato qui di seguito.Testo della targa posta al Castello sforze-sco: «Qui dove si apre questo spiazzo / sorgevaun tempo la bottega di barbiere di / Gian GiacomoMora / che, con la complicità di Guglielmo Piazzacommissario di pubblica sanità / e di altri scellerati,nell’infuriare più atroce della peste / aspergendodi qua e di là unguenti mortali / procurò atrocefine a molte persone. / Entrambi giudicati nemicidella Patria / il Senato decretò che / issati su uncarro / e dapprima morsi con tenaglie roventi / eamputati della mano destra / avessero poi rottele ossa con la ruota / e intrecciati alla ruotafossero, trascorse sei ore, scannati / quindi in-ceneriti / E perché nulla restasse d’uomini cosìdelittuosi / stabilì la confisca dei beni / le ceneri

disperse nel fiume. / A perenne memoria dei fattilo stesso Senato comandò / che questa casa,officina del delitto / venisse rasa al suolo / condivieto di mai ricostruirla / e che si ergesse unacolonna da chiamarsi infame. / Gira al largo diqua buon cittadino / se non vuoi da questo tristesuolo infame / essere contaminato. 1630 alleCalende di Agosto.»Per dovere di realtà abbiamo dovuto evi-denziare questa inspiegabile “lettura a duelivelli”, ma saremmo veramente grati alCentro Nazionale Studi Manzoniani di co-noscere la ragione di questa curiosa discrasiavisual/sonora.

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Voce narrante, da [1] a [4] (sottolineature nostre): «Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo. Cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi eimpresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto dei suoi più famigliari […] dei quali distingue lo scroscio come il suono delle voci domestiche; villesparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti. Addio, quanto è triste il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana.».

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Episodio 5 – Addio, monti / Si recita il brano “Addio, monti” de «I Promessi Sposi» con tre errori di lettura, uno dei qualiappare avere effetti goliardici.

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Vediamo perché, anticipando che le cifre cheriporteremo sulle occorrenze potrebbero nonessere esattissime, non essendo l’analisi lin-guistica il nostro mestiere (a differenza delprofessor Stella, che ha scritto il testo deldocu-film del CNSM).Nella “Ventisettana” Manzoni usa in assolutaprevalenza l’etimologico “egual” e derivati, ri-spetto al labiale “ugual” (32 occorrenze delprimo, contro le 4 del secondo). Nella lungarielaborazione che porterà alla “Quarantana”,Manzoni decise invece di passare al labiale“ugual”, e derivati (41 occorrenze contro 1 solaper “egual” – Cap. XVII, quello del passaggiodell’Adda da parte di Renzo – una evidente di-strazione redazionale).Il recitatore del brano “Addio, monti” haquindi ricorretto Manzoni, ricondotto suomalgrado all’etimologia.Ma forse il CNSM ha voluto seguire la lezionedel suo primo Presidente. Incredibilmente, nelpresentare il primo volume degli Annali Man-zoniani, 1939, Giovanni Gentile (non certo sottoquesti profili uno sprovveduto) incespicò infattinella medesima distrazione (p. 15).Qual è il monte di Lecco veramente “sorgentedall’acque”?Ricondotto il recitato del CNSM al testo scrittoda Manzoni, vorremmo proporre al lettoreun’altra osservazione.Forse per rinforzare il concetto di “monti sor-

Nostre osservazioni. – Più sopra abbiamoriportato esattamente ciò che la voce recitanteci propone. Di seguito, perché il lettore possacon agio seguirci nelle nostre osservazioni,riportiamo il testo scritto da Manzoni nellaedizione “princeps” del romanzo (“I PromessiSposi – Storia della Colonna Infame” – Redaelli1840), evidenziando i tre punti nei quali lavoce recitante si discosta dal Manzoni:«Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati alcielo. Cime inuguali, note a chi è cresciuto travoi e impresse nella sua mente, non meno chelo sia l’aspetto dei suoi più famigliari; torrentidei quali distingue lo scroscio come il suonodelle voci domestiche; ville sparse e biancheg-gianti sul pendio, come branchi di pecore pa-scenti. Addio, quanto è tristo il passo di chi,cresciuto tra voi, se ne allontana.»Riteniamo di non esagerare nel ritenere questobrano tra i più citati di tutta la letteratura ita-liana. È quindi abbastanza conturbante con-statare come il CNSM, custode in Italia dellamemoria di Manzoni, sia potuto inciamparecosì rovinosamente negli errori che di seguitoevidenziamo.Primo– Leggendo la nostra trascrizione fedeledel recitato nel docu-film, il lettore si sarà ac-corto che la voce narrante ha saltato la parola“torrenti” e dice “l’aspetto dei suoi più fami-gliari dei quali distingue lo scroscio”. Ma iltesto di Manzoni è ben diverso: «l’aspettodei suoi più famigliari; torrenti dei quali di-stingue lo scroscio».Il brano propostoci dal CNSM, da nostalgico,è così divenuto inevitabilmente goliardico.Inoltre, l’attore narrante si è preso anche unpaio di licenze e dice: “Cime ineguali” anziché“Cime inuguali”; così come dice: “triste ilpasso” anziché “tristo il passo”.È chiara la differenza tra “triste” e “tristo”.È bene invece dire qualche cosa sull’altroerrore di recitazione – “ineguali” al posto di “inuguali”. È più di un errore: è un vero eproprio dispetto a Manzoni.

genti dall’acque”, come prima immagine dellascena [1] il docu-film del CNSM pone al centroottico dello spettatore il Monte Barro, postosulla sponda destra dell’Adda che in quelpunto, dopo la stretta di fronte a Pescarenicoridiventa Lago (di Garlate). Dobbiamo rilevareche di tutta quell’area il Barro è quello meno”sorgente dall’acque” in assoluto.E in effetti il monte del lecchese “sorgentedall’acque” per eccellenza è il San Martino, lacui parete occidentale forma una squilibrantemuraglia quasi a piombo sul lago.Non a caso la rappresentazione del San Martinocome immenso macigno dominante comparenell’edizione illustrata del romanzo, per manodi Gonin, a tre pagine dall’inizio (I PromessiSposi – Storia della colonna infame – Redaelli1840, frontespizio Cap. 1, pag. 11).È quello il “monte sorgente dall’acque” (fissonell’immaginario di chiunque sia lecchesed’origine o d’adozione) che si presenta allamente di Lucia nel suo discorso interiorementre fugge dalle proprie radici.Come vedremo più avanti – però – da partedei produttori del docu-film il mostrare il SanMartino avrebbe di necessità imposto di farevedere Lecco come centro focale di uno scenarionaturale particolarissimo e unico.Cosa che – per ragioni che vedremo più avanti– il docu-film preferisce non fare.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 15/48

Farinotti: «La storia racconta che gli occhi del Generale equelli dello studente si incrociassero per un momento. Que-gli occhi che ne «Il Cinque Maggio» lo scrittore avrebbe de-finito “i rai fulminei”.

Episodio 6 – Stessa attrice ma film diversi / Si scambia il film «Conquest-Maria Walewska» con il film «Ninotcka». A chiera rivolto lo sguardo fulmineo di Napoleone?

Nostre osservazioni – Cominciamo col ri-levare che Farinotti (noto per il suo “Dizio-nario di tutti i film”) si è qui sbagliato eproprio nel suo settore.Mentre Farinotti pronuncia queste frasi sui“rai fulminei”, scorrono immagini da un filmparlato [1]. e da un film muto [2] (si trattadi Napoléon di Abel Gance).

Per il primo [1] la didascalia in sovrimpres-sione ci informa che si tratta di “Ninotchkadi Ernst Lubitch, 1939”. Ma non è così. Queste immagini sono infatti del film “Con-quest” (noto anche come “Maria Walew-ska”), di Clarence Brown e GustavMachatýha, 1937, con protagonisti CharlesBoyer (Napoleone) e Greta Garbo nella parte

della nobildonna polacca, forse innamoratadi Napoleone.La quale Greta Garbo era protagonista (conMelvyn Douglas) anche del film “Ninot-chka”, che però non c’entra nulla.E a fine docu-film, nei titoli di coda, si ripeteil medesimo errore.

Per quanto riguarda i “rai fulminei”, la“storia” e ciò che avrebbe certificato sull’epi-sodio del teatro, rileviamo che questo aned-doto è stato riportato per la prima voltadall’Abate Stoppani nel suo «I Primi anni diAlessandro Manzoni», 1873.A scanso di equivoci, ricordiamo che Stop-pani precisava essere “i rai fulminei” rivoltinon al quindicenne Manzoni ma a una si-gnora che gli era seduta a fianco nel palco deiSomaglia al Teatro alla Scala il 4 giugno1800.

Si trattava della veneta contessa Massimi-liana Cicognara, assolutamente ostile (e nonsottovoce) a Napoleone per il trattato di Cam-poformio. Il generalissimo non gradiva i cri-tici e lo ricordò ai Cicognara alla primaoccasione. Due anni dopo, come è ricordato daDe Gubernatis che cita Giovanni Rosini («A.Manzoni. Studio biografico», 1879, pag. 212):«Col cuore sempre vòlto a compiangere la cadutae il destino della veneta Repubblica, sua cara pa-tria, ella [la Cicognara, nel 1802] fece gran plausoa certi versi del poeta Ceroni Mantovano, che trat-

tavano quell’argomento [dispotismo di Napoleone]e che furon letti, per quanto mi venne riferito, traun gran numero di convitati, a pranzo da lei.Per l’arditezza dei sentimenti levaron grido, e men-tre alcuni se ne ripetevano imparati a memoria,pochi giorni appresso comparvero stampati collaintitolazione: Versi di Timone Cimbro a Cicognara.Colui che comandava in Milano le armi francesi,partir fece un giandarme, che, cambiatosi di bri-gata in brigata, recò velocissimamente i Versi aNapoleone, il quale colla stessa sollecitudine or-dinò la destituzione del Cicognara, e la sua cac-ciata da Milano.»

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Rossella Farinotti: [1] «Dalla prima edizione del 1827 fino all’edizione del 1840, la cosiddetta “Quarantana”, sono state realizzate circasessanta edizioni illustrate, [2] senza l’autorizzazione di Alessandro Manzoni. [3] Dal 1840, dunque, Alessandro Manzoni inizia aseguire anche la parte dell’illustrazione dei Promessi Sposi. Quindi chiama degli autori, degli illustratori, disegnatori del tempo e lisegue passo per passo durante [4] l’elaborazione iconografica. Alessandro Manzoni chiama [5] a interpretare i Promessi Sposi [6]l’illustratore e artista Francesco Gonin, che realizza più di 400 vignette [7] del romanzo. […] [8] Una pubblicazione che merita unacitazione è quella realizzata da Ulrich Höpli nel 1900, che porta un nome importante, quello di Gaetano Previati, che si è occupatodelle illustrazioni.»

Nostri commenti: Sì, il lettore ha intesobene. Dalla scena [4] alla [7], Rossella Fa-rinotti dice al nostro udito che «Manzonichiama a interpretare i Promessi Sposi Fran-cesco Gonin, che realizza più di 400 vignettedel romanzo». Ma per 15 secondi, davantiai nostri occhi, vengono proposte quattroillustrazioni, che lo spettatore potrebbe le-gittimamente ritenere essere parte delle«più di 400 vignette» realizzate da Gonin,su incarico di Manzoni. È così?Purtroppo no! Proprio al contrario, le quattroillustrazioni mostrate nel docu-film sonoalcune delle dodici illustrazioni (prodottedalla Litografia Ricordi), inserite cometavole fuori testo in vendite ‘pirata’ della‘Ventisettana’. Ma con vivo disappunto diManzoni. Le immagini ‘pirata’, oltre che diuna modesta qualità artistica, erano infattisul tono di quelle usate per i romanzi diScott, da cui Manzoni intendeva differen-ziarsi nettamente.In proposito suggeriamo al lettore di consultare«Quale Manzoni? Vicende figurative dei Pro-messi Sposi» (Milano, Il Saggiatore, 1985) diFernando Mazzocca (anch’egli “ospite” deldocu-film).

A scanso di equivoci riportiamo nella lorointerezza – e secondo la loro numerazione –le quattro stampe utilizzate da Ricordi per lavendita “pirata” del romanzo.Va da sé che tali stampe nulla hanno a chevedere con le 405 illustrazioni che Manzonielaborò con un grande impegno artisticoed economico per la seconda edizione delromanzo – la famosa Quarantana – pub-blicata vent’anni dopo, tra il 1840 e il 1842.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Episodio 7 – Edizioni ‘pirata’ / Immagini di edizioni ‘pirata’ de «I Promessi Sposi» vengono presentate con unaconsequenzialità tale da potere indurre lo spettatore a ritenerle come pensate da Manzoni e realizzate da Gonin.

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Farinotti: «I Promessi Sposi ha avuto sullo schermo meno successo di alcunigrandi capolavori della letteratura del mondo. C’è una versione di Mario Bonnarddel 1923, dunque muta. Renzo era Domenico Serra, Lucia, Emilia Vidali. C’èun’edizione del 1963 di Mario Maffei, dimenticabile. Vale quella del 1941 di Ca-merini.»

Nostre osservazioni – Tralasciando il re-fuso redazionale (Farinotti errando dice“di Mario Bonnard del 1923” – la sua di-dascalia correttamente riporta: “di MarioBonnard, 1922”) per dovere di comple-tezza documentaria segnaliamo che il filmmuto di Bonnard del 1923, venne una de-cina di anni dopo dallo stesso regista ri-proposto in una versione in parte parlata,che ebbe larga diffusione.Inoltre non possiamo non rilevare un si-lenzio poco comprensibile in un docu-filmedito dal Centro Nazionale di Studi Man-zoniani (d’ora in poi CNSM).Il film di Bonnard del 1922, citato da Fa-rinotti, è stato infatti l’ultimo di una seriedi film muti dedicati in Italia a «I Pro-messi Sposi», due dei quali di ottimo li-vello.A partire dal 1908, ne erano infatti uscitiben sei. Quattro di questi erano brevi fil-mati di cui si hanno scarne notizie e

quindi ci limitiamo a ricor-darli (1908, di Mario Morais /1908, di Giuseppe de’ Liguoro/ 1911, Produzione “film d’arteitaliana” / 1916, di Ugo Fa-lena). Ma gli altri due, en-trambi del 1913

(quarantesimo della morte di Manzoni),erano film muti di 60-70 minuti, di buonaqualità tecnica e artistica, che vennerorappresentati in tutta Italia (e anche inSpagna, Stati Uniti e America Latina).Il «I Promessi Sposi» di Ubaldo Mariadel Colle (Casa Pasquali), uscito nel mag-gio 1913, e quello di Eleuterio Rodolfi(Società Ambrosio), uscito immediata-mente dopo, con lo stesso titolo, si con-tesero i favori del pubblico e della criticadi tutta Italia, aprendo uno dei primiampi dibattiti sul cinema, il suo rapportocon la letteratura e con il pubblico. Per ri-cordarne l’importanza sul costume na-zionale, è sufficiente richiamare duetestimonianze. Renzo Chiosso (drammaturgo e sceneg-giatore) scrive su «Il Secolo» del 22 set-tembre 1913: «[…] È suonata l’ora, in cuiin ogni redazione di giornale importantesi apra un nuovo posto: quello del critico

cinematografico!» E su «La Vita Cinema-tografica» (31 ottobre 1913) un recensorefa il punto nell’articolo “I Promessi Sposidelle Case Pasquali e Ambrosio”: «Sem-pre al Politeama Chiarella, si è svolto il se-condo interessantissimo esperimento dellanobile gara fra le case “Ambrosio” e “Pa-squali & C.”. Tanto da parte di “Ambrosio”che da parte di “Pasquali”, il capolavororomantico fu amorosamente studiato e sa-pientemente saccheggiato per lo schermocinematografico. […] Tanto il librettista-riduttore quanto il metteur en scène, chel’operatore, delle due Case, hanno fatto mi-rabili sforzi per infondere nel lavoroquanto di meglio era nella loro anima diesecutori, riuscendo così a farci un filmche, oltre alla virtù educativa, ha quello didilettare e commuoverci.»I “Promessi Sposi” di Rodolfi-Ambrosioè stato recentemente restaurato e presen-tato al pubblico nel corso della XXXIIedizione del festival “Le Giornate del Ci-nema Muto” di Pordenone (5-12 ottobre2013).Ne proponiamo sotto alcuni fotogrammi,chiedendoci: perché non accennarneneppure di sfuggita?

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[ 1 ] 37:58

Episodio 8 – Filmografia incompleta / Mancano riferimenti a opere importanti del cinema muto dedicate a “I Promessi Sposi”.

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[ 1 ] 29:55 [ 2 ] 30:04 [ 3 ] 30:33 [ 4 ] 31:20

Episodio 9 – Geografia falsata / Per il passaggio dell’Adda di Renzo si mostra un luogo diverso da quanto indicato con volutaprecisione da Manzoni.

Farinotti, da [2] a [3]: «Questo è l’Adda. È molto importante. Renzo è stato coinvolto dunque nei disordini di Milano. Ha parlato troppo.È stato anche arrestato. Poi è stato liberato. Però deve lasciare la città. È molto pericoloso. E allora arriva qui sull’Adda. Deve passare dal-l’altra parte. Perché dall’altra parte c’è Venezia, non ci sono più gli Spagnoli. Vede un uomo su una barca. Gli fa un cenno. Quello siavvicina. Renzo gli chiede: “potete portarmi dall’altra parte?” L’altro accetta. Lo porta dall’altra parte, finalmente. E Renzo ha un urlo li-beratorio: “Viva San Marco”!»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 18/48

Nostri commenti– 1º. La sintassi di Fa-rinotti ci pare zoppicante. Rileggiamo lasua frase: «È stato anche arrestato. Poi èstato liberato. Però deve lasciare la città.»Se non si dice “da chi” Renzo è stato li-berato, il periodo appare privo di senso.Certo, Renzo “è stato liberato”, ma dallafolla minacciosa (Manzoni: «alle gridasi aggiunsero gli urtoni»), la quale hamesso in fuga i birri. E quindi deve la-sciare la città. Certo, quando si parla puòaccadere di essere imprecisi. Ma “questa”imprecisione a nostro avviso è sintomodi attenzione discontinua sul propriodocu-film da parte del CNSM.2º. Il racconto di Farinotti sul passaggiodell’Adda da parte di Renzo è precedutoe seguito dalle immagini da [1] a [4].Da esse lo spettatore può arguire cheRenzo ha attraversato l’Adda più o menoin quel tratto del fiume. Farinotti tacesul “dove” egli si trovi e dice solo “quisull’Adda” (che è lungo 315 chilometri).Nonostante ciò – con molta, moltabuona volontà – queste immagini po-trebbero essere prese per una forma dicontestualizzazione geo-topografica delromanzo, seppur grossolana. Ma è cor-retto questo suggerimento solo visivodel CNSM?Purtroppo no. Proprio al contrario, ildocu-film trasmette un’informazione che

non è corretta, come è facilmente verifi-cabile.Farinotti ne tace ma Manzoni indicò ilpaese di Trezzo come l’abitato presso cuiRenzo attraversò l’Adda. Non a caso (e aragione) sul campanile della Parrocchiadi San Gervaso e Protaso di Trezzo sul-l’Adda è posta una targa che riporta leparole del Capitolo XVII: «[…] sentiva inquel vasto silenzio rimbombare i tocchid’un orologio: m’immagino che dovesse es-sere quello di Trezzo […]».Si sa che Manzoni conosceva perfetta-mente quei luoghi, perché contigui a Ges-sate (lì aveva la villa suo zio Giulio Bec-caria, dove Alessandro soggiornavaspessissimo come ospite).Il gran camminatore Manzoni conoscevaperfettamente quei luoghi. E dalle sue ri-cerche storiche sapeva perfettamente chela più comoda (per Renzo) “chiatta di Ca-nonica” portava ancora in terra milanesee non di San Marco. Manzoni indicòquindi a ragion veduta Trezzo, perché lìl’Adda faceva da confine.Le immagini indicate dal docu-film delCNSM indicano però altro e NON ap-partengono affatto alle vicinanze diTrezzo sull’Adda. Riguardano invece ilpunto di partenza/attracco del cosid-detto “traghetto di Leonardo” del paesedi Imbersago. Che si trova certo sul-

l’Adda ma alla bella distanza di 15 chi-lometri da Trezzo. Il docu-film delCNSM fornisce quindi allo spettatoreuna informazione non corretta. Critica-bile anche per un altro aspetto.Il lettore de «I Promessi Sposi” ricorderàche Renzo, avvicinandosi all’Adda, avevavisto «il vasto piano, sparso di paesi, e aldi là i colli, e sur uno di quelli una granmacchia biancastra, che gli parve doveressere una città, Bergamo sicuramente.»Non bisogna essere cartografi per sapereche da Imbersago non si può vedere lacittà di Bergamo, essendo la vista impe-dita dalla collina di Sotto il Monte, ilpaese che diede i natali a Papa GiovanniXXIII (un grazie al responsabile della ProLoco di Imbersago per la cortese colla-borazione).Solo per inciso: ricordiamo che il docu-film del CNSM non si propone comeopera di fantasia o di invenzione.In cui quindi è certo consentito il ri-corso a tecniche che sottendono unacerta “manipolazione” emotiva dellospettatore ma in cui, secondo chi scrive,non è ammessa l’alterazione dei dati difatto.Quando ciò si verifica, non si è piùnell’ambito della “documentaristica”ma della fantasia.

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[ 1 ] 26:49 [ 2 ] 27:01 [ 3 ] 27:08 [ 4 ] 27:15

Episodio 10 – Località manzoniane / Si presentano come “manzoniane” località da nessuno mai collegate a “I Promessi Sposi”.

Farinotti da [1] a [4]: «Questo è l’addio ai monti di Lucia. È una raffigurazione, ma poi ci sono i luoghi veri, o presunti tali...»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 19/48

di attracco dei battelli di AbbadiaLariana. Ma questa volta con unbattello che attracca.Queste tre scene sono tratte dadue laghi diversi e distanti tra diloro molti chilometri. Così comeentrambe sono distanti parecchichilometri da Lecco. Il loro unicopunto di contatto è di essere am-bienti lacustri formati dal corsodell’Adda e di non avere alcun ri-ferimento con la “geografia man-zoniana”.

È da rilevare che, in questi agilipassaggi tra Abbadia Lariana eGarlate, Lecco – la città del Man-zoni e de «I Promessi Sposi» –non viene mai mostrata, nono-stante il viandante sia obbligatoa passarci.

E ciò, nonostante l’ambiente na-turalistico di Lecco sia l’epicentrodel romanzo e l’iconografia ci sisia sempre attenuta fedelmente(il lettore confronti il profilo disinistra del Monte Martino con il già ricordatoquadro di Bianchi).La rappresentazione geografico-paesaggisticaproposta dal Centro Nazionale di Studi Man-zoniani sembra essere, per i motivi sopraesposti, la conferma di un orientamento ge-

Nostri commenti – Farinotti ne accenna solocon la mano, ma si riferisce al quadro “Addio,monti” di Luigi Bianchi del 1861 (il lettore guardiil profilo del monte dipinto dall’artista).Poi, anziché mostrare il luogo vero de “I PromessiSposi” che il pittore Bianchi ci ha proposto nelsuo dipnto – ossia il San Martino, che dominaLecco e che è il più caratteristico dei “luoghimanzoniani” – in 50 secondi, nel docu-film scor-rono tre sequenze che ci si aspetta siano i “luoghiveri” di cui parla Farinotti: [2] un paesaggio la-custre con un pontile per barche; [3] lo scorciodi un lago con lontane abitazioni sulla spondaopposta; [4] la stessa situazione di [2] ma conl’attracco al pontile di un battello. Le tre sceneappaiono inevitabilmente come momenti di unamedesima situazione, relative al paesaggio de «IPromessi Sposi». Ma non è così.Farinotti ha voluto presentarci quelli che egliadombra essere “luoghi manzoniani“ con agilispostamenti di circa 15 chilometri.La scena [2] mostra il pontile di attracco deibattelli di Abbadia Lariana (sul medio lago di Lec-co), visto dal Parco di Chiesa Rotta, a circa ottochilometri nord-ovest da Lecco.La scena [3] è invece ripresa dalla Passeggiatadi Garlate, sul lago omonimo, di fonte a Mag-gianico, a 14 chilometri a sud-est da AbbadiaLariana.La scena [4] ci riproietta verso la parte superioredel Lario, mostrandoci nuovamente il pontile

nerale, teso a presentare di Manzoni esclusi-vamente l’esperienza milanese, mettendo inombra lo stretto rapporto umano e artisticotra Manzoni e la città di Lecco.

AbbadiaLariana

e Lecco?

Garlate

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Farinotti: [1] «Dietro di me c’è Pescarenico, Lecco, il Resegone: luoghi manzoniani. Quandodico “luoghi manzoniani” intendo quelli della vicenda dei Promessi Sposi ma anche quelli dellavita del Manzoni, perché lui veniva da qui, anche. Ed è importante, perché anche se adAlessandro Manzoni non mancava la creatività e l’inventiva, però qui lui aveva i luoghi veri.C’era la casa di Lucia, c’era il sentiero dove i bravi affrontano Don Abbondio. C’era la casa diDon Abbondio. Qui c’è il castello dell’Innominato. Ed erano tutti elementi di sentimento e diverità, che certo aiutavano.»

Nostri commenti – Anziché da una po-sizione di fronte a Lecco, Farinotti parladalla sponda del Lago di Garlate, a 5chilometri dalla città. Alle sue spalle èvisibile la costa del lago su cui si affacciaMaggianico, mai da nessuno considerato“luogo manzoniano”.Da rilevare che il nome di Lecco vienequi detto per la prima e ultima volta nei55 minuti del docu-film del CNSM. Cosìcome per la prima e ultima volta vieneaccennato – e di sfuggita – il legame traManzoni e Lecco.Farinotti dice: «ma anche quelli della vitadel Manzoni, perché lui veniva da qui, an-che.» In nessun’altra parte del docu-filmsi dice come la famiglia paterna di Manzonifosse la più influente di Lecco, proprietariada 200 anni della Villa del Caleotto, con isuoi vasti ottimi terreni (in figura, la por-zione del Catasto Teresiano con i lotti oc-cupati dal Caleotto a metà ’700), nonchédi molte terre del Lariano (oltre 100 ettaridi coltivo).Non si dice che tra Galbiate e Lecco, pro-prio al Caleotto, Manzoni passò tutta l’in-fanzia, gran parte dell’adolescenza e moltimomenti della vita sua e della famiglia,fino ai suoi 33 anni. Dove condusse un’in-tensa vita di relazioni economiche e sociali(tra il 1814 e il 1816 ne fu anche il rappre-sentante ufficiale).Di tutti questi elementi, fondamentaliper comprendere personalità e fisionomiaartistica di Manzoni, il CNSM nulla dice,limitandosi a citare l’ambiente larianocome un “supporto alla creatività” delloscrittore e non — come fu — un irrinun-ciabile generatore/contenitore di quelleforze vive, sociali e individuali, che attra-versano da protagoniste il suo romanzo.Ci pare un atteggiamento poco coerentecon la funzione del CNSM, forse tropposensibile alle aspettative della città me-neghina che – naturalmente – di Manzoni

ama evidenziare solo ed esclusivamentela “milanesità”. E comunque per nullasintonico all’atteggiamento dei suoi pre-sidenti del passato (ricordiamo per tuttiCesare Secchi), sempre impegnati perchéapparisse chiaro il legame organico e ne-cessitante tra Manzoni e la città di Lecco,sua vera patria naturale.Ma su questo atteggiamento, vediamoanche più avanti.Nella pagina successiva, a partire da [2]fino a [9], con l’unica lettura dell’incipitdel Cap. I del romanzo (per il resto il so-noro è affidato a una anonima musica disottofondo), Farinotti transita per am-bienti cittadini (solo tre identificati dadidascalie, ma senza indicazione dellacittà di appartenenza) che solo uno spet-tatore già informato può supporre sianodi Lecco.La passeggiata è caratterizzata da contorsionitopografiche che, nella loro successione,presentano una curiosa rappresentazionedella realtà fisica della città, rischiandoinevitabilmente di far sfumare la tematicadei “luoghi manzoniani” “reali o presunti”,come chiosa Farinotti.

Con buona pace degli Assessori al Turismoe alla Cultura di Lecco, in questo periodoimpegnati in un tentativo di stabilire elementidel paesaggio cittadino, coerenti con la vi-cenda manzoniana. Diciamo “tentativo” per-ché l’Amministrazione comunale continuaad attenersi alla ingenua Delibera del 2014secondo cui l’autunnale rassegna annualededicata ai temi manzoniani ha mutatonome da «Lecco, città del Manzoni» in«Lecco, città dei Promessi Sposi».A nostro avviso questa Delibera del 2014ha depotenziato il ruolo storico di Leccocome “patria” naturale (non semplicementeanagrafica) di Manzoni aprendo autostradea operazioni “culturali” o “editoriali” inte-ressate a minimizzare il legame storico-esistenziale tra Manzoni e la città.A favore dell’idea di una esclusiva “mila-nesità” del poeta. Basata – udite! udite! –su una paternità biologica (che sia reale omeno non importa) con un milanese – ilcavalier Giovanni Verri.Su questo torneremo più avanti e per ilmomento torniamo alle contorsioni topo-grafiche.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Episodio 11 – Nascondere Lecco / Si minimizza il rapporto biografico ed esistenziale tra Manzoni e Lecco.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 20/48

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[1] Senza proferire parola, Farinotti passa difronte alla “Casa di Lucia”. Proseguendo dirittoper altri 100 metri si troverebbe di fronte allaChiesa di Don Abbondio in Olate [4]. Macambia idea.[2] Infatti, appena vede un arco in muratura(nulla a che vedere con “I Promessi Sposi”)posto poco sotto il sagrato della chiesa diOlate, gira a destra e lo varca, allontanandosicosì dalla Chiesa.[3]Di colpo, Farinotti si ritrova a oltre 1,5 chilo-metri di distanza, nell’angolo nord-ovest di PiazzaEra a Pescarenico (ma ignorando il Conventodei Cappuccini, uno degli epicentri del romanzoe per ciò Monumento Nazionale).[4] Cambia di nuovo idea e, con un balzo al-l’indietro, si ritrova di fronte alla Chiesa diOlate.[5] Si sposta a destra, verso la Chiesa diAcquate; la supera e passa sotto un altroportico (anch’esso non riferibile ad alcunchéde “I Promessi Sposi”) posto dietro la chiesastessa.[6] Scende verso il lago e si trova all’imboccodi via Tonio e Gervaso di Acquate, dove èposta la targa commemorativa dell’incontrotra Don Abbondio e i bravi. Sale lungo la via.[7] Fa dietro front e torna sui suoi passi. Finqui la passeggiata si è svolta senza alcun com-mento.[8] Finalmente il silenzio viene spezzato. Fa-rinotti legge il brano de “I Promessi Sposi” dicui abbiamo già fatto memoria.Il lettore non deve pensare a una nostra espo-sizione maliziosa. È proprio ciò che viene rap-presentato nel docu-film del CNSM, per mostrarei “luoghi manzoniani” di Lecco. Come abbiamo

visto, non solo quelli “immaginati” ma anchequelli “à la carte”, che forse incontrano il sensoestetico del regista Bellati, come gli archi inmuratura.Con buona pace degli Assessori al Turismo ealla Cultura di Lecco, che stanno cercando dicostituire un “percorso manzoniano” che abbiaun qualche senso.Il recentemente re-staurato Conventodei Cappuccini, inPiazza Padre Cristo-foro, a Pescarenico inLecco (di cui il CNSMnel suo “tour lecche-se” si è dimenticato),è il terzo MonumentoNazionale dedicatoalla figura di Ales-sandro Manzoni – ol-tre a Villa Manzonial Caleotto di Leccoe alla casa natale diMilano in Via Viscon-ti di Modrone 16 (giàVia San Damiano).Dopo la parentesi fu-nambolica dedicataai “luoghi manzonia-ni reali o presunti”,veniamo al come, neldocu-film del CNSM,si opera una sostan-ziale censura nei con-fronti di due impor-tanti monumenti –questi reali, realissimi

– che esprimono da sempre il legame tra Man-zoni e Lecco: Villa Manzoni al Caleotto e il Mo-numento bronzeo al poeta del 1891, voluto for-temente dall’Abate Stoppani alla testa di tuttala città, consapevole – allora – della forza chequesto legame avrebbe dato alla collettività.

• FINE DELL’EPISODIO 12 •

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[ 5 ] 28:42 [ 6 ] 28:47 [ 7 ] 28:55 [ 8 ] 29:15

[ 1 ] 28:17 [ 2 ] 28:28 [ 3 ] 28:29 [ 4 ] 28:34

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7-86

3

Episodio 12 – Contorsioni topografiche / Si offrono immagini di alcuni “luoghi manzoniani” (ma escludendone altri) senzaalcun commento e attraverso un percorso la cui logica appare oscura.

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[10] Sempre in silenzio, Farinotti passa a fianco di un edificio.La didascalia informa: «Villa Manzoni (Lecco)».

[11] Una inquadratura fissa mostra una statua su basamento.La didascalia informa: «Piazza Manzoni (Lecco)»...

Nostri commenti – Con queste due scenedi 17 secondi senza alcun commento ildocu-film del Centro Nazionale Studi Man-zoniani (d’ora in poi CNSM) liquida duetestimonianze storiche e culturali della vitae dell’opera di Manzoni, uniche nel nostroPaese.Una notazione curiosa. Nella prima scena,nella quale Farinotti passa lungo la facciatadi Villa Manzoni, egli istintivamente siferma un attimo, attratto dalla targa postasulla facciata dagli Scola nel 1885 con testodi Cesare Cantù: «Alessandro Manzoni /in questa villa sua fino al 1818 / si ispiravaagli Inni all’Adelchi / ai Promessi Sposi /ove i luoghi i costumi i fatti nostri / e sestesso immortalava / la famiglia Scola /nel 1º centenario 7 marzo 1885 / a perpetuoculto pose / C. Cantù dettò».

È da segnalare che nel docu-film si evita dimostrare questa targa. Sulla casa del giovaneManzoni Cesare Cantù avrebbe potuto la-sciarci parole più utili e significanti ma latarga (vedine più sotto la fotografia) è unatestimonianza storica precisa che sarebbedoveroso mostrare sempre, soprattutto allegiovani generazioni cui è anche destinato ildocu-film.Ma di Villa Manzoni al Caleotto di Leccovediamo di dare noi qualche notizia.Innanzitutto un chiarimento formale.

______Regio Decreto 29 febbraio 1940-XVIII,

n. 1354.Dichiarazione di monumenti nazionali dellacasa nativa di Alessandro Manzoni in Milano,della Villa del Caleotto a Lecco e dell’exConvento dei Cappuccini di Pescarenico.

Vittorio Emanuele III [ecc.]Volendo che i luoghi dove nacque, studiò e

visse Alessandro Manzoni siano particolar-mente conservati all’ossequio degli Italiani,oltre che tutelati come edifici di importanteinteresse storico; / Sulla proposta del NostroMinistro Segretario di Stato per l’educazionenazionale; / Abbiamo decretato e decretia-mo:

Sono dichiarati monumenti nazionali i seguentiimmobili:

1º Casa nativa di Alessandro Man-zoni sita al n. 16 della via UbertoVisconti di Modrone (ex via S.Damiano) di Milano;

2º Villa del Caleotto a Lecco;3º Ex Convento dei Cappuccini di

Pescarenico.

Dato a Roma, addì 29 febbraio 1940-XVIII /Vittorio Emanuele III.

________

Per il lettore che non conosce Milano, ri-cordiamo che la “Casa nativa di Alessan-dro Manzoni sita al n. 16 della via UbertoVisconti di Modrone”, indicata come Mo-numento Nazionale nel Decreto appenacitato, non è la “Casa Manzoni” di ViaMorone 1, sede del CNSM e recentementeristrutturata da Intesa Sanpaolo, che èconsiderata “Bene di interesse storico-artistico particolarmente importante”.Abbiamo quindi in Italia tre monumentinazionali dedicati ad A. Manzoni e duedi essi sono in Lecco: il Convento degliex-Cappuccini a Pescarenico, recente-mente ristrutturato, e Villa Manzoni alCaleotto.Una domanda esplicita ai professori delCNSM: perché nel vostro docu-film nonviene neppure accennato che Villa Manzonial Caleotto di Lecco è Monumento Nazio-nale? Si comprende che la questione inquesto caso non è puramente formale.

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[ 10 ] 29:32 [ 11 ] 29:35

Episodio 13 – Caleotto e statua bronzea /Viene data scarsa importanza a due note testimonianze a Manzoni in Lecco, tracui un Monumento Nazionale.

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E infatti la motivazione del Decreto del1940 è molto precisa: «…i luoghi dovenacque, studiò e visse Alessandro Manzoni…». Perché il problema è proprio questo.La Villa del Caleotto è il documentostorico, immediatamente percepibile dachiunque, del legame organico, neces-sitante tra Manzoni e Lecco. Che va aincidere sull’immagine di esclusiva “mi-lanesità” del Manzoni che parrebbe es-sere perseguita dal CNSM.Lecco è stata posta da Manzoni comescenario di una parte ampia de «I Pro-messi Sposi» perché nella comunità di

quel borgo, formata prevalentemente dauomini e donne autonomi e aperti alnuovo, egli vedeva l’esempio di unasocietà basata sulla libertà individuale ediretta, nelle sue ultime istanze, da unanon mediocre visione del destino del-l’uomo. Manzoni identificò quella visionein un cattolicesimo aperto, liberale. Altrilo identificarono in un laicismo non irri-gidito dal positivismo dogmatico. Maalla base di entrambe le scelte vi eraquel tipico e caratteristico ambiente so-ciale non servile, quell’inconfondibileambiente naturale insieme aspro e dolce,

infinitamente vario ma severo, perfettamentecoerente con le figure – anch’esse tipiche ecaratteristiche – di Lucia e Renzo.E il Caleotto di Lecco costituì per Manzonila “casa” nella quale maturare e farepropri i messaggi della bellezza e “abevere a larghi sorsi l’aura della libertà”,come scrisse l’Abate Stoppani, che quel-l’aura conosceva bene.E di quel Caleotto il docu-film del CNSMsi limita a mostrare un’inquadraturaanonima e a dichiararne l’identità solocon una sintetica e impersonale dida-scalia.

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Lecco e il Monte San Martino

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Villa Manzoni del Caleotto di Lecco èun grande complesso, ristrutturato neiprimi anni del 1600 su precedenti edifici,dove per primo abitò Giacomo Maria, ilquadrisavolo di Alessandro, spostatosidefinitivamente a Lecco dall’originariaBarzio. Pietro Manzoni, il padre di Ales-sandro, passava il periodo invernale aMilano ma il resto dell’anno a Lecco, a

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Per la documentazione relativa alle planimetrie di Villa Manzoni in Leccononché per i dati relativi alla proprietà di Villa Manzoni, ringraziamo:• Direzione Polo museale di Villa Manzoni Lecco.• Settore Lavori Pubblici – Servizio Programmazione, Gestione e Controllo del Comune di Lecco.• Direzione Archivio del Comune di Lecco.

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curare relazioni e affari. E il Caleotto, lavilla di famiglia, era il centro fisico dellasua condizione di proprietario terrierodel lariano e di aspirante patrizio milanese.E quando Alessandro la ereditò, la abbellìperché continuasse a essere simbolo diprestigio e di forza.L’edificio si sviluppa su circa 3.504 metriquadri coperti, con un appezzamento di4.600 mq a parco. Negli anni in cui vi

visse Alessandro e fino al 1818, quandovendette l’intera proprietà agli Scola, lavilla dominava un grande appezzamentodi terreno, coltivati a vigneto e a gelso,allora fonte della materia prima per lacoltivazione dei bachi da seta. Per questogli Scola, impegnati nell’industria serica,acquistarono non a buon mercato – oltre110.000 Lire (circa 12 milioni di Euro)– il Caleotto e il suo terreno.Qui, in questo ambiente, e più precisa-mente nella Cascina Costa di Galbiate,Alessandro fu messo a balia due giorni

COrTILE dELLE SCUdErIE

PARCO 4.600 mq

COrTILE d’ONOrE

POrTICATI

POrTICATI

SALA 1

SALA 2

SALA 3 SALA 4

SALA 6SALA 5

ABSIDE

CAPPELLADELL’ANNUNZIATA

SALA 7

SALA 8 SALA 9

SALA 10

COrTILE dELLE SCUdErIE

COrTILE d’ONOrE

SALA 1

SALA 2

SALA 3SALA 4

SALA 5

SALA 7

SALA 8

SALA 6

• Museo Manzoniano• Fondo Manoscritti e autografi manzoniani• Fondo Abate Antonio Stoppani• Cappella dell’Annunziata.

• Galleria Comunale d’Arte• Fototeca Comunale.

Primo Piano

Piano Terra

Museo Manzoniano

Galleria d’Arte

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dopo la nascita. E allevato dalla signoraCaterina Panzeri (una contadina del luo-go) che lo trattò per anni come figlio trai propri figli. Dei quali Manzoni man-tenne sempre un ricordo vivo e affettuoso,memore delle libere giornate trascorsenella natura, a fissare negli occhi e nelcuore quei particolari paesaggi e quelleparticolari figure umane.Lì Manzoni visse fino alla prima adole-scenza, e poi per molti periodi estivi eautunnali, fino ai suoi 33 anni.Lo scrisse egli stesso:«Lecco è la principale di queste terre e dàil nome alla riviera […] i contorni, le vistelontane, tutto concorre a renderlo un paeseche chiamerei uno dei più belli del mondo,se avendovi passata una gran parte dellainfanzia e della puerizia, e le vacanze au-tunnali della prima giovinezza, non riflet-tessi che è impossibile dare un giudiziospassionato dei paesi a cui sono associatele memorie di quegli anni.» (“Fermo eLucia”, Cap. I).Un luogo che sentiva talmente suo dainvitarvi, ormai diciottenne, VincenzoMonti, per passare insieme qualche giornodi villeggiatura, con il consenso pienodel padre Pietro, ovviamente ben lietoche il figlio mostrasse un tale talento dasuscitare l’attenzione di quello che eraallora considerato un nuovo Dante.Dove accolse i sacerdoti (come Tosi) chefurono al suo fianco nella scelta religiosa.Dove condusse riusciti esperimenti agrari.Dove tenne stretti rapporti di fiducia edi collaborazione economica con perso-nalità come l’avvocato Francesco Ticozzi(tra l’altro zio della madre dell’AbateAntonio Stoppani), uno dei primi espo-nenti della Repubblica Cisalpina e poiPrefetto napoleonico (fu l’estensore deltestamento del padre Pietro e per annifiduciario di Alessandro per la gestionedegli affari di famiglia nel Lariano).Alessandro certo conosceva anche il dilui fratello Stefano, già brillante allievoa Milano di Parini e laureato in Teologiaall’Università di Pavia, anche se è pro-babile non lo frequentasse per la parti-colare vicenda di questa figura di spiccodella storia lecchese.All’arrivo dei Francesi nel 1796 Stefano

Ticozzi era infatti da dieci anni apprezzatosacerdote a Castello di Lecco; lasciata latonaca fu oratore di talento della politicagiacobina; col breve ritorno degli Au-striaci nel 1798 emigrò a Parigi dove fuin stretti rapporti con Vincenzo Monti(che frequentava abitualmente il salottoImbonati-Beccaria); poi, con Napoleone,sposata Domenica Giannone (nipote delcelebre Pietro), come il fratello fu altofunzionario del Regno Italico. Con laRestaurazione per campare dovette met-tere a frutto i propri talenti critico-let-terari e così, nel 1818 tradusse in italianol’opera del Sismondi sulle Repubblicheitaliane, dalla quale aveva tratto spuntoManzoni per la elaborazione delle sue«Osservazioni sulla Morale Cattolica».Lì, a Lecco, Manzoni nella puerizia avviòuna grande amicizia (che durò inalteratatutta la vita) con Giuseppe Bovara, ilnoto architetto cui si devono tante operedel territorio lecchese, nipote del nonmeno noto Giovanni Bovara, Ministroper il culto del Regno Italico.Come più facoltoso proprietario del ter-ritorio, tra il 1814 e il 1816 fu anche ilprimo deputato (un sindaco ante-litte-ram) in alcuni “Convocati Generali” diLecco.Vi compose certamente alcuni degli «InniSacri», che inaugurarono il “modo nuovo”della sua poetica e gran parte della tra-gedia «Adelchi», che lo collocò all’at-tenzione europea.Lì, definì in sé quel vasto mondo natu-ralistico-sociale-esistenziale che costi-tuisce lo sfondo di gran parte de «I Pro-messi Sposi».Dal 14 dicembre 1963 Villa Manzoni èproprietà del Comune di Lecco ed è sedesia del “Museo Manzoniano” sia del “FondoManzoniano” (comprende tutte le edizionioriginali delle opere manzoniane, le piùimportanti edizioni italiane e straniere deiPromessi Sposi, saggi critici di argomentomanzoniano pubblicati dalla fine dell’Ot-tocento ai giorni nostri); della “Galleriad’Arte Comunale”, che ospita immaginilecchesi di Massimo d’Azeglio, Carlo Pizzie Giovan Battista Todeschini, nipote del-l’Abate Stoppani.Ma su tutto ciò silenzio nel docu-filmdel CNSM. Che propone un Manzoni

solo “milanese”.Sul punto l’amministrazione lecchesedovrebbe attivarsi perché il Caleotto di-venti ciò che potrebbe essere: un centrodi coordinamento internazionale distudi manzoniani.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 25/48

Dall’alto: i fratelli Francesco e StefanoTicozzi; Giuseppe Bovara.

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Il monumento a Manzoni in Lecco –Nel docu-film del CNSM, al monumentoa Manzoni in Lecco è riservata una ri-presa fissa di cinque secondi, senza alcuncommento di Farinotti. Una didascaliainforma: «Piazza Manzoni (Lecco)», sen-za neppure indicare la parola “monu-mento”.Sì, perché in Italia, di vie, piazze, ecc.,intitolate a Manzoni ve ne sono esatta-mente 1.000. Ma, all’aperto, di veri “mo-numenti” al nostro scrittore ve ne sonosolo due. Il primo è a Milano, in PiazzaSan Fedele, opera dell’artista FrancescoBarzaghi, inaugurato il 22 maggio 1883.Il secondo è a Lecco, in Piazza Manzoniappunto, opera dell’artista FrancescoConfalonieri, inaugurato l’11 ottobre1891.Forse il CNSM, la cui missione (vediStatuto, Art. 1) è di «promuovere e coor-dinare gli studi e le ricerche intorno allavita ed alle opere di Alessandro Manzoni

e ai

mo-v i -menti

culturali che si connettono alla sua per-sonalità di letterato e di pensatore», avreb-be potuto, nel “tour” lecchese del suodocu-film dedicato a Manzoni, spenderviqualche parola. Tanto più che questidue unici monumenti all’aperto del no-stro poeta sono profondamente diversisia per la loro storia sia per la loro fisio-nomia artistica.Quello di Milano fu deliberato dallaGiunta municipale il 23 maggio 1873(giorno successivo alla morte di Manzoni),come parte delle diverse iniziative adottateper la scomparsa del poeta. Il monumentodi Lecco fu deliberato il 24 maggio, an-ch’esso dalla Giunta locale, che istituì unComitato ad hoc di cinque personalità,tra le quali il lecchese Abate Stoppani,parte influente del gruppo dei rosminianidi Milano (da sempre molto vicino aManzoni, anche nelle scelte politiche)che poco prima della morte dello scrittore,nel 1872, si era attivato con iniziativepubbliche a difesa di Manzoni dall’attaccodi Settembrini, molto pubblicizzato dallastampa.La contemporaneità delle iniziative deidue Comuni creò un ovvio problema, dicui si prese atto immediatamente. Datala “priorità” temporale (anche se di 24ore) di Milano, per non creare inopportuneconcorrenze, la raccolta fondi per il mo-numento in Lecco venne sospesa; il denaroraccolto depositato su un conto bancario;lo stanziamento deliberato dal Comunesospeso, in attesa che si realizzasse ilmonumento a Manzoni nella capitalelombarda. Il che si riteneva dovesse av-venire in un tempo ragionevolmente bre-ve. Ma così non fu. Per varie ragioni,anche economiche, il progetto milanesesi dilatò nel tempo e prese ben dieci anni,costringendo i lecchesi a rinviare la loroiniziativa.Quando a Milano si inaugurò il monu-mento di Piazza San Fedele, il progettodei lecchesi subì un altro arresto. Nel1882 era morto Garibaldi e i tanti gari-baldini di Lecco chiesero si procedesseimmediatamente alla realizzazione diun monumento in città al condottiero(con il pieno accordo dell’Abate Stoppani,nel 1860 convinto sostenitore dell’im-presa dei Mille). Il monumento venneinaugurato nell’ottobre 1884.All’indomani, l’Abate Stoppani si fecepromotore per la ripresa del progetto

del monumento a Manzoni e venne no-minato Presidente del Comitato promo-tore, composto da trenta personalitàdella città, appartenenti a tutti gli orien-tamenti politici, tranne il clero reazio-nario. Il 10 febbraio 1885 il Comitatolanciò la campagna di raccolta fondi conun’azione al livello nazionale, che po-trebbe essere presa a modello.Il memorandum/manifesto della cam-pagna, scritto dall’Abate, venne apprez-zato unanimemente per i contenuti nonretorici e perché vi si evidenziava il le-game profondo tra la fisionomia demo-cratica di Manzoni e l’ambiente socialelecchese.Tra l’altro, vi si legge: «i franchi abitatoridi questa vallata, non umiliati dal ser-vaggio della gleba, né infiacchiti dal lussodelle corrotte metropoli, fin da secoliemancipati e nobilitati dal genio fecon-datore delle industrie serica e siderurgica,sentì nascersi nell’animo i primi nobilisdegni contro i prepotenti piccoli e grandi,e le prime aspirazioni alla rivendicazionedei diritti conculcati dalla codarda tirannìadei ricchi e dei potenti oppressori».Il “Memorandum” – supportato dal-l’azione incisiva del Comitato – stimolòil concorso di sottoscrittori da tuttaItalia. “Né il ricco reputi troppo gene-roso il suo oro, né il popolo troppomeschino il suo soldo”, così concludeval’appello dell’Abate. E gli faceva eco il lecchesissimo AntonioGhislanzoni (anch’egli inspiegabilmenteignorato dal docu-film del CNSM), ilgeniale librettista di Verdi e della ridu-zione operistica de «I Promessi Sposi»di Errico Petrella, che in una letteraaperta a Stoppani scriveva:«[…] all’illustre amico Don Antonio […] Ilgenio è ciò che vi ha di più eminentementedemocratico, qualora la sua gran luce siespanda su tutti. Tutti gli operai del territoriodovrebbero dare una pallanca ad onore dichi ha creato quel bel tipo di onesto ribelleche era Renzo Tramaglino.»Amministrazioni comunali, borghesi,maestri e professori, sacerdoti, osti, ma-novali, Camere di commercio, Circolioperai di mutua assistenza, signore diogni condizione ed età, in tremila diederoil loro obolo (ne abbiamo i nominativi).E furono centinaia gli alunni delle ele-mentari di Lecco e di tante città d’Italiaa dare il contributo, anche di pochi cen-

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 26/48

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tesimi. E con 500 lire (10.000 Euro) adare la sveglia ai pigri nobili d’Italia esu sollecitazione di Stoppani, si attivòDon Pedro d’Alcantara, il liberale-intel-lettuale Imperatore del Brasile, traduttorein portoghese del “5 Maggio”, per anniin corrispondenza con Manzoni, che lostimava per la sua azione contro la schia-vitù. In alcuni mesi di intensa attivitàvennero raccolte oltre 40.000 lire (circa900.000 Euro), con cui si poté dar corsoal progetto (per approfondimenti, vediun nostro recente documento[http://abatestoppani.it/125-anniversa-rio-monumento-manzoni-lecco/].Per realizzare in Lecco un monumentoimponente e artisticamente valido, sim-bolo di un patto d’amore e fedeltà alpoeta, a ricambio del dono che Manzoniaveva voluto dare alla “sua quasi cittànatale” (lo diceva sorridendo l’AbateStoppani) col farne l’epicentro geograficoed etico del suo romanzo.Qui, in due parole, diciamo che perl’Abate e compagni il monumento a Man-zoni in Lecco costituiva sia la prima fasedi un più vasto progetto di affermazionedella proposta politica rosminiano/con-ciliatorista (di cui Manzoni era statopunta di lancia nell’ambito culturale),sia un momento forte per il posiziona-mento di Lecco sulla scena della culturanazionale.Il primo aspetto si infranse contro la chiu-sura del Vaticano. Ma riuscì a realizzareil monumento a Rosmini in Milano nel1896 (essendo però lo Stoppani già scom-parso il 1 gennaio 1891). Il secondo –rendere sentire comune della nazione illegame indissolubile tra Manzoni e Lecco– ebbe invece un grande successo. Chefece sentire i suoi effetti a lungo e chefino agli anni 1970 fece di Lecco il puntodi riferimento della cultura manzonianain Italia, grazie anche alla consapevolezzadelle Amministrazioni di allora.Purtroppo l’attuale Amministrazione co-munale tende a fare identificare Leccoesclusivamente con «I Promessi Sposi»,mettendo in sottordine il legame con lafigura esistenziale e storica di Manzoni.Facendo così di Lecco un semplice sfondodi scena, attraente sul piano estetico maprivo di solidi contenuti culturali. Chesolo una attenta valorizzazione dei legamistrutturali tra Manzoni e la sua “quasi

città natale” potrebbe fornire, con svi-luppi, anche organizzativi ed economici,di straordinaria importanza per la città.Senza questo ancoraggio alla storia per-sonale di Manzoni e al suo mondo com-plessivo, etico, culturale, politico, i ciclicie scoordinati tentativi dell’Amministra-zione di ridare lustro al “patrimoniomanzoniano” della città sono destinatia finire nel nulla,lasciando solo“gadget”, “piatta-forme informati-che”, ecc. ecc., fa-vorendo l’arruola-mento forzato delManzoni a unasua esclusiva “mi-lanesità”, di cui èesempio il docu-film del CNSM, dicui ci stiamo oc-cupando.Ma prima di con-cludere questa pa-rentesi, a tuteladella fisionomia“manzon iana”della città di Lec-co, vorremmo tor-nare alla grandedifferenza – diforma artistica edi contenuti – trai due monumentia Manzoni di Mi-lano e Lecco.Quando in Milanosi discusse di comestrutturare il monumento a Manzoni,così si espresse Giulio Carcano, conside-rato uno dei più lucidi intellettuali deltempo: «La posizione sia seduta o in piedi,secondo le scelte dell’artista … L’insiemesia di forma elegante ma severa, escludendoogni elemento figurato, sia simbolico, siaallegorico.» E infatti il monumento diMilano è dignitoso sul piano formale manon trasmette un granché. Manzoni èraffigurato in piedi (Barzaghi conoscevabene le difficoltà della fusione di unafigura seduta) e attorno a lui non vi èalcun elemento contenutistico. Parte dellastampa dell’epoca non ne fu entusiasta ene rilevò il carattere “innaturale e diposa”, lontano dall’immagine del Manzoni,ben presente alla memoria dei milanesi.

In esplicita difformità con gli orienta-menti di Giulio Carcano, Stoppani volleinvece realizzare in Lecco un monumentospontaneo e vicino alla sensibilità po-polare. Si impegnò inoltre perché il mo-numento esprimesse esplicitamente icontenuti etici del romanzo. Insistettequindi col Comitato lecchese perché siaggiungessero al basamento del monu-

mento tre altorilievi (non previsti nelprogetto iniziale). I pannelli dovevanotrasmettere un preciso orientamentoideale trasferendo tre messaggi etico-sociali.1. Il pannello alla destra (per chi guarda)illustra il rapimento di Lucia. È la rap-presentazione della sopraffazione controi deboli, che devono essere tutelati.Ma qui Manzoni attua un rovesciamento.Lucia non viene liberata da un interventoesterno: piega l’Innominato dimostran-dosi più forte del violento e favorendonela maturazione.Manzoni esprime una idea estremamenteevoluta del ruolo della donna nella so-cietà, e della sua funzione liberatoria.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 27/48

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2. Il secondo pannello raffigura il mo-mento in cui Renzo accorda il perdono aDon Rodrigo. Qui Manzoni rappresentalo scioglimento dei conflitti attraversol’accettazione della comune natura umana.La giustizia (ineludibile e garantita dalladivinità) deve essere inflessibile ma nonannichilente. Il rapporto di Renzo con lagiustizia è fallimentare: un avvocato ven-duto; una polizia pronta a colpire un in-nocente; un Podestà (complice del suopersecutore) che gli manda i birri, i qualigli saccheggiano la casa. Anche qui Man-zoni opera un rovesciamento. Renzo, vit-tima di una giustizia malata, ne ristabiliscela dignità, esercitandone la funzione fon-damentale – la riabilitazione del colpevole– attraverso il perdono a don Rodrigo. 3. Il terzo pannello del monumento, lan-cia un ulteriore messaggio forte: qua-lunque sia l’oppressione, se sapremoimpegnarci con onestà e umanità, trion-feremo. Renzo e Lucia hanno vinto per-ché si sono battuti per ciò che conside-ravano giusto – nel loro caso il matri-monio. Non è però difficile leggere dietrola ‘cantafavola’ del Manzoni altri esplicitiriferimenti. Il romanzo dice della invin-

cibilità degli umili quando si muovonoper la giustizia e la libertà. Non solo,ma dice che i due vincono proprio perchésono umili: non hanno vincoli se nonquelli dell’onestà e dell’amore. Non pianidi potere; non obblighi di relazioni in-teressate da salvaguardare. Non solo.Questi due umili vincono ma insiemeeducano: l’Innominato, che si fa tutoredei deboli; il Marchese (erede di DonRodrigo), umile, almeno per un giorno;Don Abbondio, che ritrova la sua dignitàcol celebrare quel matrimonio impeditocon malizia.

Quante cose da dire su questo monu-mento, su cui il docu-film del CNSM nonha speso neppure una parola. Quantecose utili alla riflessione, soprattutto perquegli studenti cui è programmata la suadiffusione!

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

• FINE DELL’EPISODIO 13 •

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 28/48

Lecco in una stampa del ??

recentemente, il Monumento a Manzoni in Lecco

è stato molto ben restauratodal Maestro Giacomo Luzzana.

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Episodio 14 – Come era la Milano di fine ’700 / Si indicano per la Milano in cui nacque Manzoni tecnologie e topografie po-steriori di cinquant’anni. Si indica come Palazzo Blondel (demolito nel 1872) l’edificio realizzato da Pascoletti nel 1952.

Farinotti da [1] a [4]: «È anche il momento delle grandi Istituzioni come la Scala, l’Accademia di Brera, la Biblioteca Braidense e laCassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Prende forma il Catasto, che farà testo in Europa, e si sviluppano alcune delle primeferrovie italiane. Alessandro Manzoni nasce dunque in un grande momento della città di Milano.»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 29/48

Nostri commenti – Prima di mettere inluce le manifestazioni di un vero e proprio“marasma storico-cronologico” del docu-film del Centro Nazionale Studi Manzoniani(d’ora in poi CNSM), richiamiamo l’atten-zione sulla confusione iconografica relativaalla Milano “degli anni attorno alla nascitadi Manzoni” (1785), come appare dalleimmagini del docu-film sopra riportate.La [1] è fedele (seppure con un abbelli-mento prospettico dell’artista) nella ri-costruzione temporale-ambientale. La [2]molto meno. Il Cortile d’Onore del Palazzodi Brera era certo presente nei primi annidi Manzoni ma la foto usata riprende unasituazione posteriore al 1859. Vi compareinfatti l’ossequiente statua a Napoleone I/ Marte Pacificatore, lì posta appunto inquell’anno, per compiacere NapoleoneIII, nostro alleato nella Seconda Guerradi Indipendenza (Napoleone I aveva or-dinato che l’originale in marmo, portatoa Parigi, venisse nascosto in qualche ma-gazzino – “è troppo atletico”, disse, nonsenza spirito).Le immagini [3] (foto di Brogi / Alinari,circa 1900) e [4] (foto di Giulio Rossi,circa 1885) sono invece completamentefuori luogo e fuorvianti. Piazza della Scala,così come si vede nelle foto proposte, èstata creata nel 1859, demolendo i caseggiatiche si trovavano tra il teatro e palazzoMarino (vedi in [A] come era l’area pro-spiciente al Teatro alla Scala nel 1850).Quando nacque Manzoni, e fino ai suoi 74anni, piazza della Scala non esisteva.E allora perché presentare quelle immagini,compiendo un vero e proprio “falso cultu-rale”? Un docu-film (tanto più se pensatoanche per le scuole) non può permettersiquesti “incitamenti alla superficialità”. Inquesti casi le soluzioni da adottare sonodue: o si propongono stampe, disegni,quadri, ecc. che mostrino qual era la strut-tura della città a fine ’700; oppure si mo-strano fotografie attuali, chiarendo ciò chedeve essere chiarito.

Cosa che il docu-film del CNSM preferiscenon fare.Ma veniamo al marasma storico-cronolo-gico.Rileggete le frasi pronunciate da Farinotti,sopra riportate: secondo il docu-film delCNSM, nel 1785 (nascita di Manzoni) inItalia erano attive “alcune delle primeferrovie” e, insieme a Teatro alla Scala,Accademia di Brera, Biblioteca Braidense,era già bene avviata anche la Cassa diRisparmio delle Provincie Lombarde.Siamo certi che sia così? Vediamo.1. Alla nascita di Manzoni erano attivi:l’Accademia di Belle Arti (1776); il Teatro

alla Scala (1778); la Biblioteca Braidense(1786). Ma la “Cassa di Risparmio delleProvincie Lombarde”, di cui dice il docu-film, venne istituita nel 1890, quasi ven-t’anni dopo la morte di Manzoni. L’or-ganismo cui forse si intendeva è la “Cassadi Risparmio di Milano”, istituita nel1823 (quando Manzoni andava sui qua-rant’anni), emanazione della Commis-sione Centrale di Beneficenza del 1817,creata per “soccorrere gli indigenti”, erimasta tale fino al 1860, quando assunsela denominazione di “Casse di Risparmiodelle Provincie di Lombardia”, per di-ventare nel 1890 “Cassa di Risparmio

[A]

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delle Provincie Lombarde”, la quale rimasein vita fino al 1980, con struttura e finalitàdel tutto diverse rispetto alle origini.2. E le ferrovie? Il docu-film ci raccontadi “alcune delle prime ferrovie” attive versoil 1785.Nel mondo la prima linea ferroviaria Li-verpool-Manchester fu inaugurata nel1830.Nella penisola italiana il primo tratto fer-roviario venne inaugurato il 3 ottobre1839, tra Napoli e Portici.A Milano, si iniziò a parlarne solo nel1835 e se ne ebbe un primo risultato (Mi-lano-Monza) nel 1840, quindi mezzo secolodopo di quanto suggeritoci dal docu-filmdel CNSM.Ma allora, a quale periodo si riferisce ildocu-film? Alla metà del ’700 o alla metàdell’800? Incuriositi da questa confusione,forse abbiamo trovato la fonte di ispirazionedel CNSM. Su Internet.Al https://it.wikipedia.org / wiki/ Storia_di_Milano, si può leggere:

«Primo periodo austriaco e periodo napo-leonico – Un periodo di vivaci riforme iniziaintorno alla metà del secolo XVIII sotto il regnodi Maria Teresa d'Austria (1740-1780) e pro-segue con il regno di Giuseppe II d’Austria(1780-1790). In questo periodo Milano riprendead avere un ruolo primario sia sul pianoculturale (sensibilità e contributi verso l’Illumi-nismo) che su quello economico. Svolgonoruoli importanti figure come Pietro Verri, Ales-sandro Verri, Cesare Beccaria, Paolo Frisi,Ruggero Boscovich, Giuseppe Parini e Giu-seppe Piermarini. Vi sono diverse istituzioniattuali che sono state fondate o patrocinatedagli austriaci, nel primo o secondo periodo.Tra queste il Teatro alla Scala, le scuole el’Accademia di Brera (ospitate in un conventoconfiscato ai Gesuiti), la Biblioteca Braidense(Maria Teresa la rese pubblica essendo primaprivata), la Cassa di Risparmio delle ProvinceLombarde e varie altre importanti istituzionitra cui l’Università (prima occorreva recarsi aPavia). Da segnalare il famoso Catasto (checostituì un modello per gli altri stati) e la for-mazione di alcune delle prime ferrovie italiane(la Ferdinandea) al punto che all’Unità d’Italia

i domini austriaci avevano una rete ferroviariatra le più estese tra gli stati confluiti nel Regnod’Italia (la rete era seconda sola a quella delRegno di Sardegna).»

«Secondo periodo austriaco e risorgimento[segue la descrizione degli avvenimenti mi-lanesi dal 1814 al 1859].Bene, il parlato di Farinotti sembra essereuna sintesi di quel testo di Wikipedia.Riscontro ne sarebbe che Farinotti neriprende la evidente non chiarezza.Il CNSM non si è accorto che in Wikipediac’è un po’ di confusione sui “periodi” (intitolo si dice per es. di un “periodo na-poleonico”, di cui nel testo non v’è traccia)e poi si accavallano in libertà un “primoperiodo” della dominazione austriaca(periodo Teresiano e ultima parte del’700) e un “secondo periodo” (quellodella restaurazione post-napoleonica,1814-1859).Questa non chiarezza espositiva puòtrarre in inganno il lettore frettoloso oinesperto – come evidentemente è statoin questo caso il CNSM.

Come era la Milano di fine ’700 – 2Farinotti [1] e [2]: «Il palazzo alle mie spalle, adesso contieneuna banca. Ma un tempo era Palazzo Blondel. I Blondel eranodei banchieri svizzeri, ricchissimi, naturalmente. Enrichetta Blon-del fu la prima moglie di Alessandro Manzoni. Il 6 febbraio del1808, in questo palazzo, Alessandro Manzoni e Enrichetta Blon-del si sposarono con rito calvinista.

Nostre osservazioni – Farinotti non lodice ma è in Piazza San Fedele a Milano,di fronte al monumento a Manzoni. Fari-notti afferma che «il palazzo alle miespalle» «era un tempo Palazzo Blondel» epoi ripete l’affermazione: «in questo pa-lazzo Alessandro Manzoni ed EnrichettaBlondel si sposarono». È così?Il palazzo alle spalle di Farinotti (ora oc-cupato da CIB BNP Paribas e da una filialedella Banca Nazionale del Lavoro), è statocostruito tra il 1948 e il 1952 su progettodell’architetto Cesare Pascoletti (già allievoe collaboratore di Piacentini) dal dopo-guerra progettista di riferimento quasiesclusivo per la Banca Nazionale del Lavoro.L’edificio si innalza sullo spazio occupatofino all’agosto 1943 dal Teatro Manzoni, di-strutto dai bombardamenti alleati. A suavolta il Teatro Manzoni (prima della mortedel poeta, Teatro della Commedia) era statocostruito nel 1872 sullo spazio prima occu-

pato dal palazzo, edificato tra il 1500 e il1600, che era stato degli Imbonati e poi, dal1804, della famiglia Blondel.Il docu-film del CNSM con quella affer-mazione “in quel palazzo si sposarono” hacancellato 200 anni di storia.Ha cancellato esistenza ed esperienze diGiuseppe Maria Imbonati (padre di Carlo,il compagno di Giulia Beccaria, madre diManzoni), animatore della Galleria deiTrasformati, ospitata nel suo grande pa-lazzo dove, sotto l’influenza di Parini, sierano formati Beccaria e i Verri.Ha cancellato momenti importanti dellastoria milanese. Di fronte a quello stessopalazzo era stato ucciso nel 1814 il MinistroGiuseppe Prina, nella fase agitata della ca-duta di Napoleone, nella quale i milanesipiù evoluti (tra questi, tra i primi ma nonfisicamente in prima fila, Manzoni) cerca-vano la via per conquistare l’indipendenza,

non sempre riuscendo a controllare lapiazza.Con quel fraseggio superficiale (ed estre-mamente diseducativo se rivolto a un pub-blico giovane o inesperto) il CNSM nel suodocu-film ha cancellato poi settant’anni diuno dei principali teatri di Milano.E cancellata una parte della contempora-nea architettura commerciale italiana.A questo Manzoni si sarebbe opposto contutte le proprie risorse. Ed è ciò che noicontinueremo a fare.Sempre con riferimento a Milano, nelprossimo capitolo “Cosa successe a Milanonel febbraio 1860?” illustriamo altre lievitàdel docu-film del CNSM.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 30/48

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CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Da [1] a [4] – continuando a parlare della Milano di metà e fine ’700 – Farinotti: «Ed è un modello di dottrina illuminista. Ospitapersonalità come Alessandro e Pietro Verri, Giuseppe Parini e altri, soprattutto Cesare Beccaria. Gente che ha accolto, col pensiero chedominava con la sua potenza illuminata e laica, consacrata alla ricerca della verità. «Dei delitti e delle pene», il testo del Beccaria, harivoluzionato la giurisprudenza delle potenze d’Europa e il giudizio delle epoche a venire. È stato assunto da regnanti come Caterina diRussia e Maria Teresa d'Austria. Ha stabilito il rapporto fra crimine e condanna, con ragionamenti sulla pena di morte che valgono ainostri giorni.»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 31/48

Nostri commenti– A parte l’insistenza sulladeformazione temporale (la [1] è una foto diCorso Vittorio Emanuele II a fine ’800), l’in-sieme del discorso di Farinotti è inequivoca-bile: «Milano è un modello di dottrina illumi-nista» «Dei delitti e delle pene ha rivoluzionatola giurisprudenza delle potenze d’Europa […].È stato assunto da regnanti come Caterina diRussia e Maria Teresa d’Austria.»È un quadro elogiativo del periodo “teresiano”di Milano comune a molti, la cui congruitàstorica è forse opportuno verificare.La Milano nell’ultimo quarto del 1700, quan-do nacque Manzoni, era dominata da unPatriziato e una borghesia d’affari moltoricchi, ma con una popolazione miserabile.Le disparità sociali erano enormi. Nel 1782Cesare Beccaria come alto burocrate avevauno stipendio di 10.000 lire annue(1.100.000 Euro) mentre con giornate la-vorative anche di 12 ore, in un anno, tuttauna famiglia (un manovale, sua moglie e isuoi figli – a partire dagli 8 anni) ne guada-gnavano non più di 220. Ma 70 se ne anda-vano solo per il pane, per il rincaro delquale scoppiavano infatti tumulti sanguinosi. Per il clima culturale allora dominante nella“Milano modello di dottrina illuminista” èutile leggere proprio Cesare Beccaria. AdAndré Morellet (che aveva tradotto in fran-cese il suo libro, ristrutturandolo e favo-rendone la diffusione internazionale), nelmaggio 1766, scrive: «Questo paese è ancorasepolto sotto i pregiudizi […]. I milanesi nonperdonano a chi vorrebbe farli vivere nel18º secolo. In una capitale popolata da120.000 abitanti, a malapena si possono

contare venti persone che amano istruirsi, eche si dedicano alla verità e alla virtù.»In verità il Patriziato milanese era estrema-mente arretrato. Quando nel 1764 uscì (ano-nimo e fuori dai domini austriaci) il libro«Dei Delitti e delle Pene», a Milano e aVienna non ci fu nessunissima adesione alleidee di Beccaria. Anzi. Cinque anni dopo,nel 1769 (quando il libro di Beccaria circolavain tutta Europa nella sua versione francese),Maria Teresa d’Austria emanò il nuovo codicepenale Constitutio Criminalis Theresiana nelquale si faceva riferimento alla pena di mortee alla tortura negli stessi termini usati nel1630 dai giudici della “colonna infame”.Solo un breve cenno:Parte prima / Articolo Quinto / Delle penecapitali: § 2. «Le più severe [pene di morte]consistono primieramente: nel vivo abbruc-ciamento a fuoco; premessa però la decapi-tazione del malfaccente nel caso che le circo-stanze accordassero una mitigazione. Secondo:nello squartare. Terzo: nel ruotare dal di sottoin su, o dal di sopra in giù […]» § 3. «Questidetti supplizi di morte possono inoltre venireaccresciuti, a misura delle circostanze piùgravi che vi concorressero, o col trascinamentoal luogo del supplizio, o con strappate dicarne a tenaglie infuocate, ossia con tanagliatea fuoco, o con svellimento di correggie dipelle, o col taglio della lingua […]».

E sulla tortura non andiamo meglio:Parte Seconda / Articolo Trentottesimo /Sulla tortura: § 12, punto quinto:«Essendo da porsi alla tortura, per un mede-simo delitto, un uomo ed una donna; o un de-bole e un gagliardo, si dovrà sempre cominciare

dalla donna o dal più debole…» «§ 17 –«Nelle nostre provincie [la tortura deve consi-stere]: 1º nei ‘sibili’, ossia nel torchietto deipollici con o senza picchiare sopra lo strettorio;2º nella legatura, ossia allacciamento per didietro con uno, o più, al sommo tre intermessilegamenti; 3º nella corda, ossia nella puraelevazione per aria con una, o più, al sommotre intercalate […]» § 11, punto sesto – «Nondovranno venire poste alla tortura le personedel più alto rango, insertite nella matricoladegli stati Nostri ereditari; e nè manco quelle,che sono costituite in dignità cospicue, e dialto onore, e così neppure Nostri consiglieri,Dottori, ed incoli nobilitati, fuorché si trattassedi crime di lesa maestà, ed umana Maestà, ditradimento dello Stato, e di altri sopragravidelitti.»

Il Codice si chiudeva con una serie di tavolecon accurati disegni tecnici sugli strumentidi tortura e sui modi per stritolare pollici egambe; disarticolare le spalle dell’interrogatoe altre tecnicalità inquisitorie.Il Codice Criminale Teresiano non prevedevaqueste procedure solo retoricamente. Il 25settembre 1775, esattamente come prescrittodalla “illuminata” Maria Teresa d’Austria,venne a Milano giustiziato Carlo Sala, ar-restato nel maggio 1774 e reo confesso perfurti di opere d’arte nelle chiese. Torturatolungo il tragitto fino a Piazza Vetra, venneimpiccato dopo il previsto taglio della manodestra.Secondo Ferrajoli, la tortura fu abolita inqueste date: Napoli, 1738; Prussia, 1740;Stati d’Aosta, 1760; Baden, 1767; Mecklem-burg, 1769; Sassonia, 1770; Svezia, 1772;Toscana, formalmente nel 1786; Austria,

Episodio 15 – “Illuminismo” di Maria Teresa d’Austria / Si presenta come condizionata dalle idee di Beccaria l’arretrata edisumana realtà giuridica della Milano asburgica.

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1776 da Maria Teresa; Francia, 1788; Ve-nezia, 1787; Lombardia, 1789 da GiuseppeII; Piemonte, 1798; Baviera, 1807; Wür-tenberg, 1809; Sicilia e Sardegna, 1812.Il cannibalesco codice penale della “illuminata”Maria Teresa d’Austria (del 1769) fu quindiemanato in controtendenza rispetto ai moltiStati che (anche prima di Beccaria) avevanogià avviato la revisione dei codici. In Lom-bardia venne abolito solo nel 1789, quandoin tutta Europa il processo di riforma era giàquasi compiuto. Ciò non per sminuire lafunzione del libro di Beccaria ma per dareun quadro storicamente corretto dell’epocain cui nacque Manzoni.E della “illuminata” Milano di allora.Infatti, quando, il 2 gennaio 1776, MariaTeresa abolì la tortura nei suoi domini, ilSenato di Milano (che godeva di larga au-tonomia in questi ambiti – padroni per-mettendo) respinse l’Editto dell’Imperatrice,mantenendo quel Codice Penale di cui ab-biamo detto sopra. E Presidente del Senatoera Gabriele Verri, il padre del nostro PietroVerri, il co-autore (anonimo) con Beccariadel fortunato libro di denuncia. Questo perindicare il tasso di “illuminismo” della Mi-lano di fine Settecento, di cui il docu-filmdel CNSM delinea un quadro idilliaco.Abbiamo dedicato un po’ di spazio a questoargomento perché pena di morte e torturasono tuttora argomenti di grande peso politico,etico e culturale (da qui la grande attualità diManzoni, che deve essere visto storicamentee non imbalsamato in vuoti fraseggi). Maanche perché sulla “Milano austriaca illumi-nista” vi è una vulgata e un vissuto cultural-mondano decisamente fuorvianti.Basti pensare alla “Marcia di Radetski”, cheviene proposta ogni inizio anno dall’eccellenteorchestra di Vienna a oltre un miliardo dispettatori in Mondovisione. Da nessuno vienericordato che quella musica fu composta daJohann Strauss padre, per i festeggiamentidel 31 agosto 1848, in onore di Radetzky il 6agosto rientrato da trionfatore in quellaMilano che lo aveva cacciato pochi mesiprima, al prezzo di oltre 1.500 tra morti eferiti. La musica è certamente accattivante,ma sarebbe opportuno che, prima di eseguirlaal primo di ogni anno, il direttore dell’or-chestra ricordasse a tutto il mondo l’esosaarretratezza con cui Lombardia e Milano fu-rono dominate dall’Austria, da Maria Teresae dai suoi successori.

Verso i quali Manzoni fu sempre inflessi-bilmente ostile, nonostante le continueprofferte che dai governanti austriaci glivenivano perché assumesse un atteggia-mento più conciliante e collaborativo.

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• FINE DELL’EPISODIO 15 •

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A lato e sotto, in Appendice al Codice Penaledi Maria Teresa d’Austria del 1769, disegni

tecnici e prescrizioni operative per lasomministrazione della tortura.

Che venne abolita solo nel 1789, dopo lamorte della “illuminata” Imperatrice.

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Farinotti: «Un mese decisamente importante della vicenda diquesta casa è il febbraio del 1860. Il 15 di quel mese arrivò quiCamillo Benso Conte di Cavour. Beh! visita importante. Ma tregiorni dopo arrivò nientemeno che il Re Vittorio Emanuele II. Idue erano latori di una bella notizia per Alessandro Manzoni.Sarebbe stato fatto Senatore del Regno d’Italia. Fino a quel mo-mento Manzoni non aveva dato tanta importanza a questacarica e dovettero muoversi personaggi rilevanti per farglielaaccettare, col sorriso.»

Nostri commenti – Il brano citato èesemplare del metodo suggestivo spessofatto proprio dal docu-film del CentroNazionale Studi Manzoniani (d’ora in poiCNSM): sono richiamati alcuni dati reali– la nomina a Senatore di Manzoni (29febbraio 1860) nonché la visita allo stesso(nella casa di Via Morone) di Cavour (15febbraio 1860). A questi dati reali si ag-giungono poi dati “quasi reali”, che tra-sformano profondamente la realtà. Fari-notti dice infatti che «Il 15 di quel mesearrivò qui Camillo Benso Conte di Cavour.Beh! visita importante. Ma tre giorni dopoarrivò nientemeno che il Re Vittorio Ema-nuele II.»Lo spettatore è indotto a ritenere cheoltre a Cavour anche Vittorio EmanueleII (tre giorni dopo, ossia il 18 febbraio) sisia recato nella casa di Via Morone inMilano. Le parole succesive possonoinoltre indurre a credere che queste duevisite si fossero rese necessarie per con-vincere un riottoso Manzoni, indifferenteall’importanza della carica senatoriale.Riteniamo che questa sia una lettura nonancorata alla realtà di ciò che Manzonipensava sulla propria nomina a senatoree soprattutto di ciò che realmente avvennein quel febbraio 1860. Vediamo perché.

Il 20 gennaio 1860 Vittorio Emanuele IInomina Cavour Presidente del Consiglio,Ministro degli Esteri e dell’Interno peraffrontare la situazione determinatasi aseguito della pace di Villafranca (l’Austriacedeva la Lombardia, tenendosi il Veneto).Con le insurrezioni nei territori vaticani(Emilia, Marche) e l’imminenza di grandinovità (era in preparazione la spedizione

dei Mille), si aprivano al Regno di Sarde-gna prospettive di un suo straordinarioallargamento, proiettando la “questioneromana” al centro dell’attenzione ancheinternazionale.Per determinare un clima favorevole allaCorona, per la seconda metà del febbraio1860 viene decisa una lunga visita ufficialedel Re e del Governo piemontese a Mi-lano. Qui la co-gestione straordinariaprovvisoria da parte dell’esercito pie-montese e di quello francese stava cre-ando forti malumori. E Milano era ilcentro di raccolta per l’acquisto di unmilione di fucili, promosso da Garibaldi.La monarchia sabauda doveva dare unsegnale forte e dimostrare di poter gestirela realtà politico-economica in rapidodivenire.Il 19 gennaio 1860 Pio IX emette l’Enciclica«Nullis certe» il cui contenuto politicoviene così espresso: «Noi facciamo ognisforzo per mantenere costantemente integreed inviolate le possessioni temporali dellaChiesa e i suoi diritti, i quali spettano a

tutto l’Orbe cattolico; con ciò provvediamoaltresì alla giusta causa degli altri Principi.»Il 9 febbraio Vittorio Emanuele II rispondedi essere disposto ad affidare al Vaticanoil vicariato per le Romagne, Marche e Um-bria. Il 14 febbraio Pio IX ribatte in terminiduri: «La idea che V.M. ha pensato di ma-nifestarmi, è una idea non savia, e certa-mente non degna di un Re cattolico e di unRe della Casa di Savoja.»La programmata visita a Milano assumequindi una nuova dimensione determi-nata da questa particolare frizione con ilVaticano. Nella città era infatti presenteuna forte componente del clero favorevolealla soluzione conciliatorista e da tempoin lotta per un superamento della politicatemporalistica del Vaticano.Viene indicato come Governatore Mas-simo d’Azeglio, già apprezzato dalla cittàcome artista, letterato, patriota, generodi Manzoni. Il compito assegnatogli ècreare le condizioni per il miglior pas-saggio alla nuova amministrazione (chesarebbe uscita dalle elezioni previste per

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Episodio 16 – Vittorio Emanuele II a Milano / Errore documentario sull’incontro tra Manzoni e il Re Vittorio Emanuele II nel1860; riduttive interpretazioni su un importante episodio del nostro Risorgimento.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 33/48

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il maggio successivo). Il 13 febbraio d’Aze-glio giunge a Milano. Il 15 è la volta diRe Vittorio Emanuele II, con Cavour e ilGoverno, accolti con grandi manifesta-zioni di simpatia (nell’illustrazione il ri-cordo dell’accoglienza alla stazione fer-roviaria di Porta Nuova).La sera stessa (15 febbraio) Cavour, dopoessersi lungamente consultato con d’Aze-glio, si reca con lui da Manzoni («LaLombardia», 16 marzo 1860, pag. 3:«Jeri [mercoledì 15 febbraio] S.E. il ConteCavour accompagnato dal nostro Gover-natore, marchese d’Azeglio, si recò a visi-tare Alessandro Manzoni; s’intrattennecon lui più d’un’ora.»). Il giorno seguenteManzoni si recò dal Re («La Lombardia»,17 febbraio 1860, pag. 3: «Il nostro illustreconcittadino Alessandro Manzoni ebbeieri [16 febbraio] particolare udienza daS.M.»).Abbiamo quindi stabilito che:1º in un momento di crisi acuta nei rap-porti con il Vaticano, il Re e Cavour sirecarono a Milano (entrambi il 15 feb-braio) in visita ufficiale per consolidareil passaggio della Lombardia al Regnodi Sardegna (non per convincere Manzonia farsi nominare Senatore);2º che il 16 febbraio Manzoni si recò aPalazzo Reale dal Re – e non il 18 il Reda Manzoni, in via Morone, come sot-tintende il docu-film (ricordate cosa diceFarinotti: «Il 15 di quel mese arrivò quiCamillo Benso Conte di Cavour. Beh!visita importante. Ma tre giorni dopoarrivò nientemeno che il Re Vittorio Ema-nuele II.» e come del resto si scrive nelsito di Casa Manzoni (www.casadelman-zoni.it /content/la-vita) o in testi di ac-cademici (Amedeo Quondam, «Risorgi-mento a memoria: le poesie degli italiani»,pag. 187).Ci si chiede il perché di questi erroriagevolmente evitabili.Resta da chiarire di cosa parlassero inostri personaggi negli incontri del 15 edel 16 febbraio. Due parole intanto sulla“nomina a Senatore”. In vista dell’in-grandimento del Regno di Sardegna, Ree Governo avevano interesse a rafforzarela struttura del Senato con uomini legatialla monarchia provenienti dai nuoviterritori. Nel 1860 vennero infatti no-minati ben 68 nuovi senatori (in tutti i

dieci anni precedenti erano stati 44), dicui 31 il 29 febbraio 1860 (tra questiManzoni) e i rimanenti nel successivomese di marzo.Cavour, molto attivo in questa azione direclutamento, pensò anche a Manzoni, chegli aveva già espresso la propria simpatia.Il poeta, il 26 agosto 1859, all’indomanidelle dimissioni di Cavour, in dissensosulla pace di Villafranca, gli aveva scritto:«noi siamo fissi a non credere ch’Ella sia di-soccupata, né che, a cose non finite, il suoanimo possa volere un riposo che l’Italianon vorreb-be.»Il docu-filmdel CNSM fai n t e nd e r eche Manzoniavesse unascarsa consi-derazione delS e n a t o(“Fino a quelm o m e n t oManzoni nonaveva datotanta impor-tanza a que-sta carica”),da qui le sueres i s tenzealla nomina. Non sembrerebbe questaperò la realtà a lettore terzo. Manzoniaveva perplessità di tipo solo personali.Ai primi di febbraio ne scrisse a EmilioBroglio, che a sua volta scrisse a Cavour:«Manzoni mi prega […] di approfittaredell’amicizia di cui tu mi onori, per trarlod’impiccio. Ha sentito dire, e anche lettosu qualche giornale, che tu abbi intenzionedi proporlo alla carica di senatore, e miscrive “se mi cadesse sul capo questa sven-tura, io mi troverei nella insopportabileposizione di non potere né accettare né ri-cusare […] Lascio stare che a 75 anniviaggiare, mutare domicilio e abitudini,separarsi da una moglie inferma […] Mav’ha di peggio. Di parlare in Senato non ènemmeno il caso di pensarci, giacché sonobalbuziente […] sicché farei, certamente,ridere la gente alle mie spalle anche sol-tanto a voler rispondere, lì per lì, alla for-mula del giuramento, giu … giu… giuro!Andare in Senato, è già una grossa diffi-coltà per un uomo che da quarant’anni,in causa di attacchi nervosi, non osa mai

uscir solo di casa sua […]” conchiude sup-plicando la maestà del Re e la bontà delGoverno a volergli risparmiare un calicepieno di tanta amarezza.» Broglio con-cludeva suggerendo di «trovare un mezzotermine da salvare capra e cavoli […], difar la cosa evitandone gli inconvenienti[…], una nomina condizionale alla possi-bilità d’intervento». Evidentemente la so-luzione proposta da Broglio (la possibilitàche Manzoni potesse evitare una presenzacostante in Senato) venne accolta.In effetti, Manzoni (in tredici anni) fu

presente inSenato soloin poche oc-casioni: si-curamenteall’inaugu-razione delParlamento(Torino, 2a p r i l e1860); algiuramentocome Sena-tore (8 giu-gno 1860) eal voto per iltrasferimen-to della ca-pitale a Fi-

renze (9 dicembre 1864 – non 10 di-cembre, come indicato nel sito Web diCasa Manzoni –www.casadelmanzoni.it/content/la-vita).E allora, salvo confermare ciò che eragià stato deciso a proposito delle “con-dizioni” per la nomina a Senatore, diche altro parlarono d’Azeglio, Cavour eil Re Vittorio Emanuele II con Manzonitra il 15 e il 16 febbraio 1860? Di seguitodiamo la nostra risposta. Ma per questodobbiamo toccare un tema che nel docu-film del CNSM è del tutto ignorato, ossiail legame strettissimo tra Manzoni, Ro-smini e il movimento rosminiano-con-ciliatorista di Milano. Proprio ai primi del 1860, in Milano, ilcanonico Giovanni Avignone aveva datovita a «Il Conciliatore». Questo giornale(prima trisettimanale e presto divenutoquotidiano) era curato da un corpo re-dazionale formato in gran parte da sa-cerdoti (tra questi l’Abate Antonio Stop-pani). La quarta pagina era dedicata auna corposa rubrica “politica”, tenuta

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 34/48

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in un primo momento da Luigi Sailer epoi da Giuseppe Merzario. Il giornale,sostenitore della linea conciliatorista eantitemporalista, era vicino al Regno diSardegna (in vista del suo evolversi inRegno d’Italia) e rifletteva le opinioni diuna parte consistente (e la più attiva)del numeroso clero milanese. Importante,nel quadro dei rapporti ufficiali e ufficiositra il Regno di Sardegna e il Vaticano,per la questione dei destini dello StatoPontificio. Nel luglio del 1860, attornoal giornale, si costituì anche una “SocietàEcclesiastica” con intenti più strettamente“politici”.Il Ministro degli Interni Cavour aveva fa-vorito la nascita de «Il Conciliatore». In-termediario tra Camillo Cavour e il movi-mento rosminiano milanese era suo fratelloGustavo Cavour, per due decenni intimodi Rosmini. Il quale, nel 1848 e per contodi Carlo Alberto, aveva svolto in Roma unamissione diplomatica presso Pio IX. Lamissione era fallita ma aveva fissato unprecedente per un rapporto speciale traquella parte innovativa del clero e la Cortesabauda, orientata all’unità d’Italia.Manzoni aveva conosciuto Rosmini nel1825 e fino al 1855 (morte del religioso diRovereto) aveva intessuto con lui unostrettissimo rapporto culturale e personale,fondamentale per la fisionomia religiosae filosofica di Manzoni (più sotto, sulla la-pide presso il Centro Internazionale diStudi Rosminiani a Stresa, l’epigrafe diFogazzaro: «Duplice vertice sublime di unicafiamma»).Alla morte di Rosmini, Manzoni avevamantenuto stretti rapporti con il clero ro-sminiano di Milano e rosminiani erano isacerdoti che ruotavano attorno al poeta.Alcuni dei quali anche strettamente legatialla sua vita personale.Tra questi ricordiamo don Giulio Ratti(1801-1869), dal 1831 alla morte parrocodi San Fedele, confessore quotidianodel Manzoni, suo fiduciario su questioniriservate e intimo amico per trent’anni;in ottimi rapporti epistolari e personalicon Massimo d’Azeglio.Giulio Ratti, stimato tra il 1830 e il 1840per l’impegno a favore dell’educazionepopolare e per il caldeggiato patronatoai carcerati; molto attivo nelle Cinquegiornate del 1848 (il 9 maggio avevasvolto in San Fedele una apprezzatissimaallocuzione in favore della lotta di indi-

pendenza, dando la benedizione allaneo-costituita Guardia Nazionale), nel1858, dalla Corte piemontese, era statoproposto come Vescovo di Alessandria(proposta bocciata dal Vaticano), nel1860 fu tra i principali esponenti delgiornale “Il Conciliatore” (sarebbe dive-nuto poco più avanti Presidente dellaSocietà Ecclesiastica, di cui abbiamodetto sopra).Uno degli uomini di punta del concilia-torismo milanese, quindi, che abitavainoltre a due passi dal Manzoni.Tornando al nostro tema, abbiamo dettoche il 15 febbraio Cavour va a trovareManzoni in Via Morone con d’Azeglio evi rimane più di un’ora; il 16 Manzoni sireca invece in udienza particolare da ReVittorio Emanuele II, a Palazzo Reale. Il18 febbraio viene stampato un “Indirizzo”dei sacerdoti milanesi favorevoli alla “cau-sa nazionale”. L’ “Indirizzo” è distribuitoin Milano per la raccolta di firme di con-senso dei sacerdoti. La sede di raccoltadelle firme è la redazione de«Il Conciliatore». Pochi giorni dopo, il23 febbraio, una delegazione unitaria delclero milanese si reca dal Governatored’Azeglio chiedendogli di adoperarsi perottenere un’udienza dal Re. D’Azeglio liaccoglie molto cordialmente e si fa me-diatore dell’incontro. Che avviene il giornodopo, 24 febbraio. Nel corso dell’incontrole Deputazioni consegnano al Re l’ “In-

dirizzo” già ricordato, firmato da oltre400 sacerdoti.Dell’incontro con il Re abbiamo unadettagliata relazione riportata dalla Gaz-zetta Ufficiale del Regno del 25 febbraio1860, che riprende integralmente l’ “In-dirizzo”, a testimonianza della grandeimportanza attribuita dal Governo edalla Corte piemontese al rapporto conl’ala liberale del clero milanese. Ripor-tiamo il documento, che non è un ineditoovviamente, ma che è stato scarsamenteutilizzato dalla ricerca.

Gazzetta Ufficiale – Torino 25 febbraio 1860Leggesi nella Lombardia del 24: Come ab-biamo già accennato, i reverendi prevostiparochi di questa città, riunitisi in congrega-zione fra loro, nominarono una Deputazioneche andasse a nome di tutto il Clero parroc-chiale ad ossequiare S.E. il Governatore diMilano, chiedendo insieme che volesse ot-tenere loro un’udienza da S. M. il Re, alquale desideravano di presentare un Indirizzoche manifestasse quali siano i veri sentimentidel clero milanese. Alla deputazione parro-chiale se ne aggiunse un’altra nominata daireverendi sigg. coadiutori e dagli altri sacerdotidi questa città, la quale avendo già in prontaun consimile Indirizzo a S. M. coperto da600 firme, si unirono ai prevosti parochi, e sirecarono con essi ad ossequiare S. E. il Go-vernatore. Queste congiunte Deputazioni fu-rono accolte con molta benevolenza dalsignor Governatore, il quale encomiò gran-demente questa mirabile unione di tutto ilClero milanese nei sentimenti di piena eleale adesione al Governo del Re ed allelibere nazionali istituzioni.Oggi [24/2] le Deputazioni si presentarono aS.M. al quale dissero queste parole: A Suamaestà il Re Vittorio Emanuele II. Sire! Alleacclamazioni ed ai voti del popolo lombardoche dappertutto vi accompagnano in questacittà, permettete, o Sire, che si uniscanoanche le voci del clero, che, rappresentatodai prevosti parrochi, dai coadiutori e dai sa-cerdoti addetti alla pubblica istruzione, datanenotizia a monsignor vescovo vicario genera-le-capitolare, sente il bisogno di ripetervi convive parole i propri sentimenti.

La nostra fedeltà al Re posa sulla co-scienza, e il nostro attaccamento alle libereistituzioni ha le sue radici nell’amore di Cristoe della Sua Chiesa, Quegli affrancatoredivino dell’uman genere, questa maestra diperfetta civiltà. — Religione e Patria, ecco lanostra divisa: santi e cari nomi che non indi-cano un partito, ma racchiudono in sé tutti inostri doveri, e come sacerdoti della Chiesacattolica, e come cittadini di libero Stato.

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Esultanti dalla fortunata annessione dellaLombardia alla gloriosa vostra corona siamolieti di ordinarci sotto il vessillo dello Statuto,confidando che colla tutela delle nuove politicheistituzionali la religione cattolica, perpetuagloria d’Italia, sarà all’ingrandito regno il piùsaldo appoggio.

A questo intento, noi siamo stretti insiemeper associare in leale e stabile accordo per lacausa della Religione colla causa Nazionaleper promuovere colla nostra missione alienada ogni temporale interesse la morale dignitàdi un gran popolo ricostituitosi in nazione, perconservare immacolate e forti a questa Chiesadi Ambrogio le gloriose sue tradizioni.

Le vostre virtù, o Sire, il vostro amoreper l’Italia, la saviezza del vostro Governo, ilretto uso delle civili libertà ci condurranno araggiungere questo grande scopo che noiriassumiamo in questi voti. Viva la ReligioneCattolica! Viva lo Statuto! Viva il Re VittorioEmanuele!

Ossequiosissimi Sudditi I deputati daiPrevosti Parochi, dai Coadiutori, dai Sacerdotiaddetti alla pubblica istruzione a nome ditutto il Clero. Milano, il giorno 24 febbraio1860.S.M. il Re accolse con molta affabilità la De-putazione del Clero, e manifestò la sua vivacompiacenza pei sentimenti espressi nell’In-dirizzo. «In un momento» disse il Re «nelquale i partiti politici cercano di turbare le co-

scienze, traendo pretesto dalle questioni presentisul potere temporale e spirituale, mi è moltocaro l’accogliere i sentimenti del clero milanesecosì giusti, così prudenti, così moderati, edegni dell’antica fama del clero lombardo.»

E soggiunse in ultimo: «Vedo con soddi-sfazione ch’esso concorda con me nel ricono-scere quanto importi all’Autorità spirituale ilnon discendere dall’alta sua sfera mescolandosiin questioni di politica terrena.»

Conosciuto questo quadro di riferimento,riteniamo che il lettore saprà darsi da séla risposta alla domanda: di che avrannoparlato i nostri personaggi in Milano, trail 15 e il 16 febbraio 1860?Si saranno affannati a fare “accettare conun sorriso” la nomina a Senatore a unManzoni recalcitrante, come sostenuto neldocu-film del CNSM, oppure avranno di-scusso da esperti politici, abili comunicatorie buoni patrioti sul come rendere pubblicae con la massima efficacia propagandistical’adesione della gran parte del clero mila-nese alla politica del Regno sabaudo?Il lettore malizioso avrà già pensato che,anche se i giornali non ne fecero cenno, èaltamente probabile che alla riunione incasa Manzoni, con Cavour e d’Azeglio,

partecipasse anche don Ratti, il buon vicinodi casa di Alessandro (e a breve Presidentedella Società Ecclesiastica dei preti conci-liatoristi di Milano), di cui abbiamo giàparlato.A proposito dell’ “Indirizzo” dei preti ro-sminiano-conciliatoristi milanesi, alcunivollero insinuare che fosse stato concordatoin anticipo tra il clero “patriottico” e laCorte. Naturalmente gli interessati smen-tirono con forza.Ma a distanza di tanti anni possiamo tran-quillamente dire che fu proprio così. La“combine” tra Corte, Manzoni e clero li-berale ci fu. Ma fu a fin di bene.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 36/48

24 febbraio 1860 – Le deputazioni del clero pro-gressista milanese presentano a Vittorio Ema-nuele II un “Indirizzo” di adesione alla politica delregno di Sardegna, in vista della sua rapidaevoluzione in regno d’Italia.

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Episodio 17 – Stesso nome ma Imperatori diversi / Si attribuisce a Manzoni una supplica di cui ha scritto solo il testo; all’Im-peratore Francesco I (1768-1835) si da il volto di un altro Imperatore, Francesco Giuseppe I (1830-1916).

Farinotti: [1] «Dunque eroi ed eroine del Risorgimento. [2] Teresa Casati era moglie di Federico Confalonieri, patriota, liberale,nemico degli austriaci e di Napoleone. [3] Affiliato alla Carboneria cercò di organizzare una rivolta a Milano. Fu condannato a mortema la pena fu commutata nel carcere a vita allo Spielberg. [4] Teresa lottò per la sua libertà. Alessandro Manzoni, che stimava la donna,scrisse una supplica all’Imperatore Francesco I nel 1830, senza esito. Teresa continuò instancabile nel suo impegno e alla fine, nel 1835,la grazia arrivò. Arrivò tardi. Teresa era morta logorata, stremata.»

Nostri commenti– Anche in questo epi-sodio vi è un po’ di confusione nel docu-film del CNSM. Compagni al collegio Lon-gone e poi amici fraterni da adulti, Manzoniera stato molto vicino a Federico Confa-lonieri anche nell’esperienza de «Il Con-ciliatore». Nella preparazione della con-giura del 1821, Confalonieri pensò a donSozzi (Vicario della Diocesi di Milano eben conosciuto da Manzoni) come mem-bro del governo provvisorio a venire.Chiese ad Alessandro di parlargliene edon Sozzi non escluse a priori la sua di-sponibilità. Il 13 febbraio 1821 Confalonierivenne arrestato. Adottando una difesaimprudente, il congiurato parlò dei suoipiani e anche delle sue aspettative suSozzi. Sentito dalla polizia, questi dichiarò(senza mentire) di non avere mai vistoConfalonieri in vita sua. La polizia nonapprofondì. Ma Manzoni si ritirò a Bru-suglio (l’altra casa di Alessandro di cuinel docu-film non si pronuncia mai nep-pure il nome).Qui, spinto dal crollo di ogni speranza dilibertà affidata alle congiure, cominciò ascrivere la prima bozza dei futuri «I Pro-messi Sposi».Per fare sospendere la pena di mortecomminata a Confalonieri, il 30 dicembre1823 venne inviata da 300 personalitàdella nobiltà, della cultura e della Chiesadi Milano – tra i primi firmatari ancheManzoni – una petizione alla Corte diVienna, che commutò la pena nel carcereduro a vita. Teresa Casati, nel 1829 etramite la marchesa A. Parravicini, chiesea Manzoni di stendere il testo di una nuovasupplica che essa stessa, come moglie diConfalonieri, avrebbe sottoposto all’im-peratore Francesco I.

Manzoni accettò, in nome dell’antica ami-cizia con Confalonieri, delle comuni aspi-razioni politiche, del rispetto e la stimaper la moglie dell’amico. Scrisse per TeresaConfalonieri il testo della supplica, che siconcludeva con queste parole (è una moglieche scrive): «che mi sia concesso di termi-nare i giorni miei accanto a quello che laProvvidenza mi aveva dato per compagno».La supplica, datata 12 febbraio 1830, nonricevette risposta. Teresa Casati morì il 26settembre dello stesso anno.Abbiamo quindi appurato che Manzoninon “scrisse una supplica all”ImperatoreFrancesco I” (che sarebbe stata cosa as-surda) – come proposto dal CNSM – mascrisse il testo di una supplica che la mogliedi Confalonieri rivolse all’Imperatore (ilche rientrava in una logica relazionale).Ma nel docu-film c’è anche un problemadi identificazione del destinatario dellasupplica.Infatti Farinotti mostra in [4] come desti-natario della supplica del 1830 un signoreben noto. Che nulla però ebbe a che farecon i Confalonieri, anche per ragioni ana-grafiche.La supplica del 1830 di Teresa Confalonieriera rivolta a Francesco I (1768-1835), Im-peratore d’Austria (sino al 1806, FrancescoII, ultimo imperatore del Sacro RomanoImpero Germanico), protagonista del Con-gresso di Vienna del 1815 (il suo ritratto èqui a lato in [A]).L’altro signore, mostrato nel docu-film in[4], è invece Francesco Giuseppe I d’Au-stria-Ungheria (1830-1916), protagonista,tra l’altro, della prima guerra mondiale (diun secolo dopo), di cui fu sposa la celebreSissi.

Un grazie ai colti e attenti “Illuminati delLario” per la segnalazione di questo errore(e di altri) del docu-film del CNSM.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 37/48

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Farinotti: [1] [2] «Nei molti anni in cui Manzoni visse qui,questa casa […] era frequentata da persone che venivano dalontano, da tutta Europa. Un inglese, William Gladstone, chefu primo ministro, cinque volte. Era un uomo di assoluto rigore.Piaceva a uno come Alessandro Manzoni. I due ebbero un rap-porto epistolare intenso. E lui venne qui nel 1856.»

Farinotti: [3] [4]«Nella casa di Via Morone venne ancheJohn Henry Newmann. Era un religioso e filosofo inglese, unanglicano che si convertì al cattolicesimo. Divenne cardinalee beato. Col Manzoni aveva dunque in comune la conversione.Oltre ad altre affinità di spirito e di cultura.»

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

[ 1 ] 14:53 [ 2 ] 15:02

[ 3 ] 20:51 [ 4 ] 20:52

Episodio 18 – Incontri, o mai avvenuti, o in date diverse / Si colloca al 1856 e in Milano un incontro con Gladstone avvenutonel 1838 e a Brusuglio; si dà per dato un mai avvenuto incontro con Newmann.

Nostro commento 1 – Gladstone.Intanto qualche precisazione di fatto.Gladstone (1809-1898) fu Primo mini-stro 4 volte (non 5, come detto da Fari-notti): 1868-1874 / 1880-1885 / 1886 /1892-1894. Alla prima nomina a PrimoMinistro aveva 59 anni.Vide Manzoni (per la prima e ultimavolta) a Brusuglio nel settembre 1838(non nel 1856), quando aveva 29 anni(per alcuni mesi del 1835 era stato Sot-tosegretario di Stato per la Guerra e leColonie). Nel 1838 (quando incontròManzoni) non ricopriva cariche gover-native, che avrebbe assunto esattamente30 anni dopo.Non ebbe con Manzoni un “rapportoepistolare intenso” né per quantità néper contenuti. Dello scambio tra i dueabbiamo quattro lettere: Prima: Glad-stone a Manzoni (30-07-1840), racco-mandandogli l’amico G.R. Hope, in Italiaper ragioni di salute. Seconda: Manzonia Gladstone (5-05-1845) per raccoman-dargli l’amico barone Trechi. Terza:Gladstone a Manzoni (16-07-1845) di-spiaciuto di non avuto molte occasioniper vedere Trechi e prospettandogli bre-vemente la figura di Newmann, neo con-vertito al cattolicesimo. Quarta e ultima:Quindici anni dopo ancora Gladstone aManzoni (da Torino, 4-03-1859), dispia-ciuto di non potere passare da Milanoper rivederlo.Quindi tra i due vi fu un rapporto moltosuperficiale e possiamo presumere dinon grande sintonia.

Negli anni successivi all’incontro conManzoni, Gladstone mutò di idee ma nel1838 era ancora a favore della schiavitù(suo padre aveva piantagioni con 1.600schiavi neri – la legge di abolizione entròin vigore subito dopo) e contrario allalegislazione sul lavoro salariato.Su questi temi il dialogo con Manzoninon dovette svilupparsi molto. Contra-rissimo alla schiavitù, come gli amici“ideologi” di Parigi e il clero costituzio-nalista (Grégoire e Degola) Manzoni sucerte cose sapeva essere molto incisivo. Gladstone conosceva l’opera di Manzoni(studiata da alcuni anni negli ambientianglicani inglesi) e aveva appena conse-gnato alle stampe un libro (uscito nel di-cembre del 1838) intitolato «The statein its relations with the church» all’ori-gine del quale era la questione se lo Statoinglese dovesse o meno sovvenzionarele religioni non anglicane (Gladstone so-steneva che no). Nel giugno dello stessoanno aveva tradotto in inglese il «5 Mag-gio» (venne però stampato nel 1861 e diciò cui non risulta traccia nel suo reso-conto del colloquio con Manzoni).Fra i due il colloquio (durò un’ora emezza, Gladstone conosceva abbastanzabene l’italiano) si sviluppò su temi rela-tivi ai rapporti tra le componenti delmondo cristiano, le cui divisioni (se-condo Manzoni) erano alla base dellosviluppo delle tendenze irreligiose.L’unità del mondo cristiano poteva ve-nire solo dal riconoscimento del magi-

stero unico del Papa, cosa su cui l’angli-cano Gladstone non poteva convenire. Idue, rimasti ognuno sulle proprie posi-zioni, si salutarono promettendosi reci-proche amichevoli preghiere. Gladstoneriassunse i temi del colloquio in una fittapagina del suo Diario. Non si sentironopiù, se non per quei due obblighi di re-lazione personale che abbiamo ricordatonella scarna corrispondenza.Nostro commento 2 – Newmann.Per Newmann, arruolato dal docu-filmdel CNSM come “visitatore” di casaManzoni, il commento è molto piùbreve. Lo stesso Newmann nelle sue let-tere dice chiaro e tondo che, nel suo viag-gio a Milano nell’autunno del 1846 (eradiretto a Roma per l’ordinazione a sa-cerdote), NON incontrò né Rosmini, néManzoni. Nonostante si fosse fatto rac-comandare da comuni conoscenti perpoterli incontrare.Rosmini si scusava ma “non aveva tro-vato un interprete”. Manzoni si scusavama “si trovava in vacanza a Lesa” – incompenso gli fece avere un cesto di mele.Newmann ci rimase male e con entrambinon cercò più di avere rapporti perso-nali. Più tardi divenne Cardinale, fedelealla linea anti rosminiana di Leone XIII.Forse i due amici, gentili ma attenti, ave-vano colto qualche dissonanza e prefe-rito fare a meno dell’incontro.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 38/48

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Nostri commenti – Mentre Farinottiparla di Teresa de Blasco (la madre diGiulia) sul video [2] viene presentato ilritratto di una giovane donna. Lo spet-tatore è inevitabilmente portato a ritenereche sia della madre di Giulia. Non è così.L’immagine che ci viene mostrata è unritratto della stessa Giulia, eseguito daMaria Cosway verso il 1796-97, poco dopo

il trasferimento di Giu-lia a Parigi con CarloImbonati.A lato l'immagine diTeresa de Blasco, ma-dre di Giulia.

A proposito delle figure frequentate daGiulia, Farinotti pone tra i primi: «iVerri, tre fratelli. Uno dei quali, Giovanni,ebbe con Giulia rapporti intensi.» Ainostri occhi è intanto proposto un ritratto.Lo spettatore è autorizzato a ritenere siadel citato Giovanni Verri. Ma non è così.Il ritratto mostrato nel docu-film è infattiquello di PietroVerri [A]. Che era fratellomaggiore di Giovanni (a lato in [B]).Farinotti scambia un fratello con l’altro.Ma non solo: ne dimentica uno.Farinotti dice che erano tre fratelli. Einvece erano quattro: Pietro (1728-1797),Alessandro (1741-1816), Carlo (1743-1823), Giovanni (1745-1818).Restituita la sua propria fisionomia allamadre di Giulia; alla famiglia Verri ilquarto figlio, disperso dal CNSM, e datoa Giovanni il volto di Giovanni, possiamopassare a Giulia.

Notorietà di Giulia in Milano?–Secondoil docu-film, Giulia ventenne era «unadelle donne più conosciute in Milano».Ci sembra non fosse proprio così. Giulia,dodicenne nel 1774 alla morte della ma-dre, venne affidata al collegio presso ilConvento in Milano delle Agostinianein San Paolo. E lì rimase fino all’autunnoinoltrato del 1780. Il padre Cesare, ri-sposatosi pochi mesi dopo la morte dellamadre di Giulia, la trascurò completa-mente. Del suoambiente, Pie-tro Verri ful’unico che laincontrasseogni tanto, inoccasione dellevisite che face-va alla sua pro-pria sorellaAnna, che lìera monaca davent’anni. Peril periodo dellasua formazio-ne Giulia non ebbe quindi alcuna fre-quentazione con l’ambiente milanese.

La madre di Giulia, la vivace Teresa, nondi Milano né di nobile famiglia (i Beccariasi erano opposti al matrimonio di Cesarecon lei proprio per questo) nella suabreve esistenza, caratterizzata solo daun gran gusto per i divertimenti, nonaveva lasciato grandi tracce nella co-scienza della città. In una parola, quandoGiulia uscì dal collegio, era in Milanopressoché sconosciuta, e tale rimase per

quei due anni che abitò (mal sopportata)nella casa del padre Beccaria. L’unicoambiente con un minimo di eco mondanoche di certo frequentò – ma solo dalfebbraio 1781 – fu quello di Giovanni Verri.Questi, galante e spiantato cadetto, fre-quentava intellettuali, musicisti e cantanti,certo colti e simpatici, ma tutto tranneche rappresentanti del mondo milaneseche contava. Così li descriveva Pietro Verrial fratello Alessandro in una lettera del 31

maggio 1777:«Una folla digiovinetti spen-sierati, occupa-tissimi dei lororicci, calzonilarghi e grossis-simo collo, im-pegnati a farcredere d’averequanti capellinon ha cavallonella coda, ve-getano sfioran-do leggermente

tutto, e singolarmente si fanno pregio dinon dire mai una verità.»

Se vogliamo essere precisi, l’unica ragioneper cui Giulia potesse godere di una qual-che notorietà – ma negativa – era il suoscoperto legame con Giovanni Verri.

Se il costume consentiva che una donnasposata avesse una pubblica relazione amo-rosa, in una nubile non era per nulla benvisto avere una vita sentimental-sessualeal di fuori delle regole.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Episodio 19 – Perché Giulia Beccaria sposò Pietro Manzoni? / Dei Verri si mostra Pietro per Giovanni; si presenta come ineludibileper salvare i Beccaria un matrimonio che convenne a entrambi gli sposi; la posizione sociale di Pietro Manzoni sembra essere ridicolizzata.

Farinotti [ 1 ]:«Alessandro nacque bene, nobile e ricco. Sua mamma era Giulia Beccaria, una delle donne più conosciute inMilano. Vivace, intelligente, Giulia era figlia di Cesare Beccaria. Sua mamma era Teresa de Blasco, di origine siciliane e spa-gnole. Le frequentazioni erano quelle della cultura illuminista milanese, a cominciare dai Verri, tre fratelli. Uno dei quali,Giovanni, ebbe con Giulia rapporti intensi. Ventenne dovette – il termine è corretto (i Beccaria erano in difficoltà finanziarie),sposare don Pietro Manzoni. “Don” significava un sottile strato di nobiltà. Pietro era più grande di lei di 26 anni.»

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 39/48

[A]

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Un matrimonio forzato? Parlando diGiulia, continua Farinotti: «dovette – iltermine è corretto (i Beccaria erano indifficoltà finanziarie), sposare don PietroManzoni. “Don” significava un sottile stratodi nobiltà.»Lo spettatore ne trae l’idea che: 1º. dalmatrimonio di Giulia dipendesse la so-pravvivenza dei Beccaria (“dovette”, “iBeccaria erano in difficoltà finanziarie”);2º che la situazione fosse così grave dacostringerla a sposare anche una figuradi nessun rilievo sociale («“Don” signi-ficava un sottile strato di nobiltà»).Questa rappresentazione ha qualche ri-scontro con la realtà storica? Vediamo,cominciando dalla “nobiltà”.Come si sa, signori si nasce, nobili si di-venta.E infatti, negli ordinamenti europei,il titolo di “nobile” veniva accordato dalmonarca per meriti di ogni tipo (ancheerotici – vedi Luigi XIV nei confronti dellesue signore di compagnia) o per norma(lo svolgimento di una funzione per uncerto numero di anni) o per l’acquisto diterre.Essendo la nobiltà un “ordine” ne eranoprevisti vari livelli (e il passaggio da unoall’altro), alcuni legati al rapporto di sanguecon il sovrano, altri all’entità dei meriti odegli acquisti. Dire di un nobile che avevaun “sottile strato di nobiltà”, come affermatoda Farinotti, è come dire di un sacerdoteche ha un “sottile strato di appartenenzaalla Chiesa”, perché non Cardinale. E si-gnifica destinarsi a non comprendere comeun Verri “conte” potesse guidare a bacchettaun Beccaria “marchese”, e quindi con più“strati di nobiltà”.Nel caso della famiglia Manzoni di Lecco,cui apparteneva don Pietro, il titolo di“nobile” era stato acquisito da tempo.Secondo sentenza del tribunale araldicodella Lombardia, in data 13 giugno 1771,i Manzoni vengono descritti nel catalogodelle famiglie nobili, e più precisamente:Manzoni don Paolo, canonico ordinariodella Metropolitana, e don Pietro Antonio,fratelli – già in possesso del feudo ono-rifico e nobile di Moncucco, nel territoriodi Novara, di cui, in virtù di reale dispacciodi Carlo II di Spagna, era stato investito(23 febbraio 1691) il loro avo paternodon Pietro Antonio.I Manzoni erano quindi “nobili” primadei Beccaria, che divennero tali nel 1705(Teatro Genealogico delle Famiglie Illustri,Nobili, e Cittadine di Milano), con l’ac-quisizione di due roccaforti a Gualdrascoe a Villareggio (provincia di Pavia); eprima dei Verri, nel 1695.

Ma veniamo al matrimonio tra il “nobile”don Manzoni e “donna” Giulia Beccaria (aven-do un fratello, era “marchesa” solo per cortesiamondana). Giulia Beccaria non poteva essere“costretta” proprio da nessuno a sposare donPietro. Certo, il matrimonio fu “combinato”,come molti matrimoni di allora quando fosseroin gioco rendite, terre, quattrini. Ma è da se-gnalare che ne era pronubo interessato PietroVerri, per ragioni molto precise. Uscita dalcollegio conventuale, la diciannovenne Giuliadivenne infatti cara amica di Giovanni Verri.Il primogenito Pietro, senza figli maschi eancora senza titolo (il vecchio padre ConteGabriele si rifiutava di morire), aveva interessea evitare che il proprio fratello cadetto gene-rasse un figlio con una esponente del PatriziatoMilanese, privandolo quasi sicuramente deltitolo a venire.D’altro lato Cesare Beccaria non aveva certobisogno del matrimonio della figlia per campare.Tra stipendio e rendite gli entravano in casal’equivalente di oltre 2 milioni di Euro annui.Diciamo invece che Cesare era noto come im-penitente taccagno. Dal matrimonio di Giulianon aveva da guadagnare altro che liberarsidi una figlia che aveva da ridire sull’eredità la-sciatale dalla madre e che notoriamente eglinon amava (ricambiato). Una liberazione cuiteneva, tanto da sborsare 200 zecchini (circa100.000 Euro) in più di dote, quando si sparsevoce che Pietro Manzoni fosse ambito comesposo anche da un’altra famiglia, che aveva“offerto di più”.E donna Giulia (qui sotto in un ritratto diAndrea Appiani) cosa poteva guadagnare dalmatrimonio con don Pietro? Intanto la siste-mazione con un possidente di non piccolotaglio (la famiglia Manzoni possedeva tra ilterritorio Lariano e l’area di Pavia terre varie

con una rendita di circa 55.000 Lire – più omeno 5 milioni di Euro, nettamente superiorea quella dei Beccaria). Che poteva aspirare aentrare nel Patriziato milanese, con tutti ivantaggi annessi. E che (sul parere dei comuniconoscenti) era persona normale, non gretta(il quadretto disastroso che essa ne fece perla separazione, è altra cosa – ne parliamopiù avanti).E don Pietro, oltre alla naturale e sana piace-volezza della gioventù di Giulia (per la veritàda nessuno mai giudicata come “bella” –l’acuto ritrattista Appiani si tenne fedele allanatura e Pietro Verri, uscita dal convento,l’aveva definita “sana e robusta”) cosa gua-dagnava dal matrimonio con la giovane? Que-sto è forse più interessante.I Manzoni tra il 1600 e il 1700 avevano pos-seduto miniere di minerale ferroso, fucine,opifici, altiforni, ed erano stati fornitori del-l’esercito spagnolo di stanza in Lombardia. Econ tutte le caratteristiche del potere di allora:compresi anche scontri violenti con i con-correnti d’affari. Con la diminuzione deiprofitti dell’attività siderurgica, la famigliaManzoni aveva indirizzato le proprie risorseverso la rendita fondiaria, con investimentiin immobili e in terre. Verso l’ultimo quartodel ’700, i due fratelli eredi della casata, Paolo(canonico al Duomo di Milano) e Pietro (padredi Alessandro), avevano accentuato l’orien-tamento verso la proprietà terriera. E decisodi dare la scalata al Patriziato milanese cuiera già appartenuta la loro madre Maria Mar-gherita Porro, una delle più illustri famigliemilanesi.Al Patriziato di Milano si accedeva su valuta-zione della Commissione municipale dei Con-servatori degli Ordini, a ciò preposta. Laquale si basava non sui “gradi di nobiltà”(definiti dal sovrano) ma sulla valutazionecirca il rapporto che un nobile poteva dimo-strare di avere avuto per almeno cento annicon la città.Ovviamente in queste cooptazioni non codi-ficate da elementi oggettivi, erano importantile relazioni. Anche per ciò, Pietro Manzoniaveva accettato di sposare Giulia Beccaria,contando di rafforzare la progettata domandadi adesione all’élite cittadina, che infattiavanzò nel 1791.A don Pietro andò male, anche per il Pa-triziato. La sua domanda, esaminata solonel 1792 (a separazione da Giulia già av-venuta) venne respinta. La Commissioneritenne che i Manzoni non avessero ma-turato un sufficiente legame con la cittànel cui Patriziato chiedevano di entrare.Indipendentemente dagli “strati” di no-biltà.

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Nostri commenti – Giunti al ventesimo eultimo Episodio della nostra analisi critica,chiediamo al lettore di considerarlo con unaparticolare attenzione.In esso infatti si discute su aspetti importantiper il dibattito sul mondo manzoniano, comel’attribuzione della sua paternità.Per la verità riteniamo che la cosa in sé –suo padre naturale fu Pietro Manzoni o Gio-vanni Verri? – non abbia alcuna importanzané per la fisionomia di Manzoni né per ilsuo posto nella nostra cultura.È interessante invece per il come un pro-blema di carattere storico-scientifico vienetrattato dalle strutture che (come il CentroNazionale di Studi Manzoniani (d’ora in poiCNSM) sono preposte a dare risposte veri-tiere e documentate a domande attitenti lanostra cultura nazionale.Richiamiamo inoltre l’attenzione del lettoresu un aspetto che trattiamo nella secondaparte dell’analisi di questo Episodio, al notoquadro che raffigura Giulia Beccaria eAlessandro Manzoni bambino.Su questo aspetto riteniamo di avereespresso una valutazione mai prima da altriavanzata e di cui quindi rivendichiamo lapriorità.Ma veniamo al tema dell’analisi riprendendole parole di Jone Riva, citate all’inizio.La differenza di età e di nobiltà come causedel fallito matrimonio.Per quanto riguarda la “differenza di età”, aparte l’essere gli anni di Pietro Manzoni cosanota a Giulia prima delle nozze, in tutti itempi sono falliti matrimoni tra coetanei eandati benissimo matrimoni tra contraentimolto distanti negli anni (tra Dacia Marainie Alberto Moravia – per esempio – vi fu unlungo e appassionato rapporto d’amore, no-nostante i 29 anni in più dello scrittore).Per rimanere alla Milano del ’700 e all’am-biente dei nostri personaggi, tra i genitoridi Carlo Imbonati (notoriamente una coppiamolto affiatata) vi erano 26 anni di diffe-

renza (come tra Pietro e Giulia). E nel 1782Pietro Verri, a 54 anni, sposò Vincenza Melzid’Eril di anni 20 (differenza, 34 anni) da cuiebbe 9 figli.Per quanto riguarda la “differenza di no-biltà” è opportuno ricordare che, al mo-mento del matrimonio, Giulia Beccaria erasemplicemente “donna Giulia”, potendoaspirare al titolo di “marchese” Giulio, suofratello minore. Giulia era chiamata “mar-chesa” per pura cortesia sociale, e “ridi-venne” nobile proprio sposando PietroManzoni, con il suo “sottile strato di no-biltà”.Esattamente ciò che era successo alla madredi Pietro Manzoni, la milanesissima MariaMargherita Porro, figlia di Fermo Porro, unfigura influente del patriziato milanese e, aiprimi del ”700, anche capo dell’Ammini-strazione della città.L’affermazione di Jone Riva è quindi nonsignificativa sul piano generale e anche perla realtà del costume dell’epoca.Ma può essere fuorviante per uno spettatoreignaro delle vicende sentimental-amorosedella Milano di fine ’700, quale può essereuno studente della scuola media.La paternità biologica di Alessandro. Que-sto argomento è più interessante.Ma per ragioni opposte di chi mostra diaverne grande considerazione. Riteniamoinfatti che il “peso del sangue” (blu o rosso),determinante sul piano biologico (caratte-ristiche somatiche, malattie, aspettativa divita, ecc.), sia assolutamente nullo sul pianodella fisionomia psico-moral-intellettuale.Gli individui vengono formati dall’ambientein cui nascono e vivono, soprattutto finoalla primissima maturità (a lato immaginidel territorio lecchese come doveva vederliAlessandro nella sua puerizia e prima gio-ventù, proposti nel 1873 dall’Abate A. Stop-pani nel suo «I Primi Anni di A. Manzoni»).Ci pare di offendere il lettore nel ricordarequesti elementi, oggi universalmente accet-

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 41/48

Jone Riva: [5] «La differenza di età e di nobiltà tra Giulia Bec-caria e Pietro Manzoni furono la causa del fallimento del loromatrimonio. Dalla relazione tra Giulia e Giovanni Verri nacqueAlessandro, che venne riconosciuto legalmente da Pietro Man-zoni. Nella Milano intellettuale e nobile di quel tempo si sapevadella paternità di Giovanni Verri. Una testimonianza della pa-ternità di Giovanni Verri è il quadro che Giulia Beccaria si fecefare da Andrea Appiani. È il ritratto di Giulia e sulla sinistra,quasi inserito in un secondo tempo, quasi un ripensamento, c’èil ritratto di Alessandro bambino. Questo quadro venne regalato

da Giulia a Giovanni Verri quando, dopo essersi separata da Giovanni Verri, si unì a Carlo Imbonati.»

[ 5 ] 6:41 [ 6 ] 6:10Episodio 20 – Di chi fu figlio Alessandro Manzoni? /A riprova dell’attribuzione della paternità biologica a Giovanni Verri siporta un “si sapeva” e un quadro forse regalatogli da Giulia Beccaria. Che però potrebbe non essere quello che conosciamo.

La Cascina Costa di Galbiate

Il Monte Barro, di fronte a Lecco

Lecco e il resegone

Pescarenico di Lecco

Il Caleotto di Lecco

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tati, ma il docu-film del CNSM non dice pra-ticamente nulla sui primi vent’anni di Ales-sandro Manzoni se non – rileggete le paroledi Jone Riva – che egli nacque dalla «rela-zione tra Giulia e Giovanni Verri». Il CNSMpone come primario un dato che – in man-canza di circostanze esperienziali e socialiprecise, in questo caso inesistenti – è sem-plicemente irrilevante.È da sempre acquisito che – se veramentepadre biologico di Alessandro fu GiovanniVerri – tale elemento non ebbe alcuna in-fluenza sulla vita dello scrittore. Allora nes-suno si agitò. Nessuna azione di nessun tipovenne avviata da nessuno in relazione a que-sto supposto dato biologico. Né esso ebberiflesso sulle relazioni sociali dei Manzoni,allora e poi.È solo ora, dopo oltre 200 anni, che questodato (supposto che sia tale) sembra avereassunto un peso determinante. Tale da mi-nimizzare ogni altra attenzione circa la for-mazione psicologica e culturale del giovaneManzoni nonché sulle sue relazioni affettivee sociali. Si è studiato veramente poco sul-l’ambiente di Galbiate e della Lecco di fine’700, dove Alessandro passò notoriamentei suoi primi 5 anni di vita e poi lunghi pe-riodi fino ai suoi 33 anni. Ma si cita comeelemento determinante di chissà che il sup-posto dono di un quadro di Giulia a Gio-vanni Verri.Non si è ancora fatto uno studio documen-tato sulla formazione scolastica di Alessan-dro, né attorno ai suoi istitutori e professori.E neppure sui suoi compagni di collegio. Al-cuni di questi (per esempio, del Longone)furono determinanti per l’orientamento gia-cobino dell’adolescente Manzoni. ComeGiambattista Pagani, figlio e nipote di notipatrioti rivoluzionari, prima accarezzati daNapoleone e poi messi bruscamente in di-sparte per il loro carattere indipendente. Laproduzione poetica giovanile di Manzoni(ignorata dal docu-film del CNSM) deve es-sere attribuita a questi legami.Ma su questo non si dice parola.E si discetta invece sugli scambi amorosi(più o meno “puri”, a seconda dei punti divista) di Giulia Beccaria e del suo entouragesentimental-mondano.È interessante notare che questo aspettobiologico dell’esistenza di Manzoni interessioggi molto più che 200 anni fa.A fine ’700, anche nella non mondanissimaMilano, ogni signora che si rispettasse, ap-pena sposata poteva cercarsi – e pronta-mente trovare – un cavalier servente, prontoa tutte le occorrenze, sociali e personali. Emolti dei mariti, di questi rapporti non soloerano perfettamente a conoscenza, ma nefavorivano nascita e sviluppo. Perché con-sentivano di coltivare a loro volta relazioni

amorose libere e non subìte, come eranofrequentemente quelle matrimoniali.Il giovane Pietro Verri fu per anni amanteufficiale della marchesa Maddalena, sorelladi Cesare Beccaria e sposata a Isimbardi. ETeresa, la vivace e un po’ fatua moglie diCesare Beccaria e madre di Giulia, tenneper anni una relazione, perfettamente notae accettata da Cesare, con il nobile conteCalderara. Le “infedeltà” delle mogli (e deimariti) erano quindi aspetti costitutivi dimolti matrimoni. Così come lo erano gli ine-vitabili “incidenti” biologici che ne segui-vano, a cui non sembra si facesse gran caso,essendo considerati con grande attenzionegli aspetti legal-patrimoniali delle nascite.È curioso che proprio oggi, apparentementein un clima molto più aperto di allora, que-sto aspetto sia così intensamente conside-rato. O forse non è solo curioso.Ci pare che, dietro questa attenzione, espressada Jone Riva (ma evidentemente propria delCNSM) vi sia il congelamento della riflessionesulla storia come insieme di relazioni com-plesse. A favore di una storia vista solo da unaprospettiva intimista e soggettiva.Nel caso di Manzoni, un frammento di que-sta visione è stata espressa alcuni anni fada Natalia Ginzburg nel suo «La famigliaManzoni» (vedi in proposito una nostra ri-flessione su http://abatestoppani.it/fami-glia-manzoni-ginzburg/); e più recente-mente in contributi più o meno romanzati,come quello di Marta Boneschi «Quel che ilcuore sapeva».Nulla di male se i romanzieri sviluppano leloro creazioni seguendo anche i suggeri-menti dell’invenzione (che romanzieri sa-rebbero altrimenti?). Meno bene se un certomodo di presentare le vicende umane vieneproposto come criterio scientifico.Ci sembra che da parte di scienziati dellastoria e della lingua italiana (non è il CNSMda 80 anni autorevole consesso di specialistiin queste discipline?) non si possa trattaredi Manzoni con il linguaggio e l’orizzontedel “commento-rosa” – seppure non più“bacchettone” ma “moderno”, “libero”,“aperto alle istanze esistenziali”, ecc. ecc.Nel caso del docu-film del CNSM ci sembrache si sia voluto andare anche oltre, for-nendo a questo approccio intimistico e sog-gettivo il supporto del dato “biologico”.Quasi a dire – questa è quanto meno l’im-pressione che ne abbiamo ricavata noi – chel’origine della complessa personalità diManzoni debba essere ricercata soprattuttonel fatto di essere figlio genetico di GiovanniVerri. Non a caso, nella pagina introduttivadella sezione del sito di Casa Manzoni de-dicata alla nuova sistemazione museale(www.casadelmanzoni.it /content /il-per-corso-museale), si legge: «Alessandro Man-

zoni, figlio legale di Pietro e di Giulia Becca-ria, crebbe “senza famiglia”: eppure il destino[…] lo aveva voluto discendente delle due piùillustri famiglie milanesi, di Cesare Beccariae dei Verri, che avevano dettato all’Europauna nuova civiltà giuridica e culturale.»Sono interessanti queste parole: non solodanno per acquisito che padre biologico diManzoni fu Giovanni Verri (il che è tutt’altroche certo sul piano della ricerca storico-scien-tifica – giriamo al CNSM il suggerimento giàavanzato da un brillante storico lecchese dipromuovere una prova tecnica basata sul DNAdello scrittore) ma ignorano l’aspetto legalee fattuale della vita di Manzoni.Cancellano il dato storico che il giovaneManzoni con i Verri (e anche con CesareBeccaria) non ebbe nessunissimo rapporto(l’attento Pietro Verri nella sua fitta corri-spondenza ne accenna al fratello Alessandroresidente a Roma solo per segnalare – nel1784 e tra altre “novità cittadine”– che Giu-lia era incinta). Cancellano il dato storicoche Pietro Manzoni allevò Alessandro comefiglio a tutti gli effetti fino alla sua maggioreetà; fanno di Alessandro un “milanese” inquanto – eventualmente – figlio biologicodi un milanese. Quanto dice in modo discorsivo Jone Rivasembrerebbe seguire il pensiero del CNSM,in relazione sia alla paternità biologica diManzoni sia del riflesso che ciò avrebbeavuto sulla sua personalità, orientamenti,sensibilità. Ci era parso che il tempo di que-ste facezie (fonte però anche di tragici epi-loghi) fosse passato, ma evidentemente nonè così.Il cosiddetto “riconoscimento” da partedi Pietro. Jone Riva dice che, nato da Giuliae Giovanni Verri, Alessandro «venne ricono-sciuto legalmente da Pietro Manzoni». Lospettatore potrebbe ricavarne l’idea che Giu-lia (travolta da passione) vivesse more-uxoriocon Giovanni Verri una bella storia d’amore,allietata dalla nascita di un figlio. E benedettadalla compiacenza di un marito, lontano madisponibile a mettere a tacere la cosa dandoil proprio nome al piccolo. Ovviamente tuttociò con la realtà ha solo un vago rapporto.Pietro Manzoni (più avanti le partecipazionidi nozze con Giulia) non aveva alcun bisognodi “riconoscere legalmente” Alessandro. Pie-tro era marito a tutti gli effetti – e regolar-mente convivente – di Giulia. Alla nascitaAlessandro era quindi de jure e de facto de-finito e considerato da chiunque come figliodi Pietro. Semmai, Pietro avrebbe potuto –eventualmente ma con scarse probabilità disuccesso – attivarsi proprio per l’azione con-traria – ossia “disconoscere” Alessandro, de-nunciando una relazione extra-coniugale dellamoglie Giulia. Cosa che non avvenne e nonvenne da nessuno presa in considerazione.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 42/48

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A due giorni dalla nascita, Alessandro fumesso a balia a Galbiate, in una tenuta deiManzoni a due passi da Lecco, e per i suc-cessivi vent’anni fece riferimento al territoriolariano come suo ambiente di relazione e diformazione.Pietro considerò infatti Alessandro come pro-prio figlio – sempre – e fino al testamentocon il quale lo dichiarò suo erede universale.Dal 1792 (anno della separazione da Giulia)e per i successivi 13 anni, fu anzi l’unico aoccuparsi di Alessandro, essendo Giulia inaltre relazioni, e poi, dal 1796, residente al-l’estero.Era così “noto” che Giovanni fosse padrenaturale di Alessandro? Cominciamo coldire che dai diretti interessati (Giulia, Pietro,Giovanni, Alessandro) non abbiamo asso-lutamente nessuna testimonianza.A sostegno delle sue parole, Jone Riva portaun “si sapeva”: «Nella Milano intellettuale enobile di quel tempo si sapeva della paternitàdi Giovanni Verri.» e una “testimonianza”:«Una testimonianza [del concepimento ex-tra-matrimoniale di Alessandro] è il quadroche Giulia Beccaria si fece fare da Andrea Ap-piani. […] Questo quadro venne regalato daGiulia a Giovanni Verri quando, dopo essersiseparata da Giovanni Verri, si unì a Carlo Im-bonati.» Da un lato è pochino per un CNSM,dall’altro, veramente troppo.“A Milano si sapeva” – Ci pare che questaespressione “si sapeva” possa essere fuor-viante. Si “sa” di qualche cosa a seguito diun’azione conoscitiva specifica, basata su datioggettivi e riconosciuti come tali. Circa la pa-ternità di Giovanni Verri, l’unico soggettoche eventualmente potesse “sapere” era Giu-lia Beccaria, ma solo nell’ipotesi che essa, inun periodo dato, non avesse avuto rapportisessuali se non esclusivamente con Giovanni.Ma Giulia non lasciò mai in proposito alcun

documento (e anche in quel caso se ne do-vrebbe valutare la veridicità).Eventualmente, quindi, a Milano sulla pa-ternità biologica di Alessandro, si poteva“dire”, ma non “sapere”.La questione non è ovviamente terminolo-gica, ma attiene al metodo con cui una strut-tura scientifica analizza, testimonia e “creacultura” su un dato storico. Sotto questo pro-filo, su questa questione specifica, il CNSMha sviluppato una valutazione che riteniamodi potere definire superficiale, non avendo neldocu-film neppure citato le poche fonti chepure potrebbero essere valutate.Delle migliaia di studi che ormai da due secolisi sono condotti sulla fisionomia di Manzonie sulla sua epoca, attorno alla “paternità bio-logica” di Manzoni (distinta dalla “paternitàgiuridica”), abbiamo solo tre testimonianzedatabili e non anonime, che potrebbero aspi-rare a una pur vaga validità “storica”:1º Lettera di Giuseppe Gorani a GiovanniVerri del 16 gennaio 1808. All’interno di unalunga lettera su un proprio caso personale,Gorani scrive: ««Dona Giulia Manzoni col-loca il di lei figlio e vostro e gli dà in moglieuna figlia di quel Blondel di Vevay il quale[ecc.]». Questa lettera rimase ignota per117 anni; venne pubblicata solo parzial-mente nel 1925 da A. Giulini e integralmentenel 1998 da P. Campolunghi.2º Note dalla Collection Custodi–Ms. ital.1555, fol. 201, datato 20 ottobre 1827: «GiuliaBeccaria, ripugnando di vivere col marito D.Pietro Manzoni, si era decisa a provocare ildivorzio per il fondato motivo di essere egliinabile al matrimonio, per la mancanza de’ te-sticoli.» – Ms. ital. 1555, fol. 203 rº, senzadata: «Per asseveranza di Pietro Taglioretti,di Sigismondo Riva e di altri amici della GiuliaBeccaria-Manzoni, il vero padre di AlessandroManzoni fu il cavalier Giovanni Verri.» Questenote rimasero ignote per 78 anni; venneropubblicate nel 1905 da L. Auvray, che assem-blò secondi propri criteri (e dandovi titoli pro-pri) frammenti sparsi qua e là tra le centinaiadelle carte Custodi (di questo vedi più avanti).3º Frase di Niccolò Tommaseo. «Colloquicon Manzoni», Cap. I, paragrafo II: C. Bec-caria): «Anco di Pietro Verri (il Manzoni)ragiona con riverenza, tanto più ch’egli sa,e sua madre non glielo dissimulava, di essernipote di lui, cioè figliolo d’un suo fratello,cavaliere di Malta». Queste memorie diTommaseo, scritte nel 1855-1856, vennerorese pubbliche nel 1928.Come si vede, pur dando per dovere d’ufficioascolto alla testimonianza di Tommaseo, perla verità abbastanza ridicola – e non solo perla sua pessima fama di patologica tendenzaal pettegolezzo (in realtà Tommaseo “ven-deva” le sue "notizie riservate” ai giornali percui scriveva) – si tratta di tre riferimenti

molto sintetici redatti dai 23 ai 70 anni dopola nascita di Manzoni e rimasti non solo ine-diti ma anche ignoti (salvo forse che per po-chi intimi degli autori) fino ai primi decennidel 1900 (oltre 115 anni dopo).Rinviando ad altra sede per una valutazionecomplessiva su queste tre testimonianze (utilicomunque a contestualizzare la figura delgiovane Manzoni), per il momento vor-remmo limitarci a sottolineare che nessunadi esse fu nota fino a molti anni dopo la mortedi Manzoni e dei suoi figli. E nessuna di esseebbe alcuna influenza né sui primi né sugliultimi anni di Manzoni; né su di lui né sullasua famiglia, ambiente, città, nazione.Una nuova testimonianza proposta dalCNSM sotto forma di dipinto.Come abbiamo visto, nel docu-film non sicita alcun elemento a sostegno del “si sa-peva”. Ma si giuoca un’altra carta, evidente-mente considerata di peso: una “testimo-nianza” pittorica.Riprendiamo le parole pronunciate da JoneRiva all’inizio del capitolo: «Una testimo-nianza della paternità di Giovanni Verri è ilquadro che Giulia Beccaria si fece fare da An-drea Appiani. È il ritratto di Giulia e sulla si-nistra, quasi inserito in un secondo tempo,quasi un ripensamento, c’è il ritratto di Ales-sandro bambino.»Il dipinto (proprietà privata e conservato aVilla Manzoni di Brusuglio) è noto per letante riproduzioni: rappresenta Giulia e Ales-sandro ai suoi 5 anni e passa, ossia nell’estatedel 1790 (vedi alla pagina seguente).Ma torniamo a Jone Riva: «Questo quadrovenne regalato da Giulia a Giovanni Verriquando, dopo essersi separata da GiovanniVerri, si unì a Carlo Imbonati.» La frase èbreve ma comprende ben tre elementi:dono – separazione – unione. Li conside-riamo lasciando come ultimo l’argomento“dono”.«[…] dopo essersi separata da Giovanni»– Che significato dobbiamo dare a questaespressione? La “separazione” è un atto for-male, a modifica di un dato altrettanto for-male – un matrimonio, per esempio. Ma Giu-lia non era sposata con Giovanni Verri. Erasposata con Pietro Manzoni. Come potevaquindi “separarsi” da Giovanni Verri? ForseJone Riva intendeva dire che Giulia, con Gio-vanni, si era “lasciata” (oggi i giovani dicono“mollata”) nell’autunno del 1790. Ma è moltoprobabile che il rapporto tra Giulia e Gio-vanni si fosse interrotto già prima dell’au-tunno 1790. E che, dopo Giovanni, Giuliaavesse avuto una relazione con l’architettoTaglioretti, già amico dello stesso Giovanni(lo dice Custodi, anche se le sue parole sonostate piegate ad altre interpretazioni, e coninaccettabili “aggiustamenti” come vedremopoi) . Questa parte della frase di Jone Riva

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 43/48

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appare quindi di non facile interpretazione.«[…] si unì a Carlo Imbonati.» – E a questaseconda parte della frase che significato pos-siamo attribuire? Dobbiamo forse vedervi daparte di Jone Riva la propensione a collocarele relazioni di Giulia in un quadro di norma-lità istituzionale? Con Giovanni si “separa”,con Imbonati si “unisce”.Lo spettatore potrebbe associare la parola“unione” a quelle “unioni civili” recente-mente approvate in parlamento ed equipa-rate per molti aspetti a un matrimonio.Nell’autunno del 1790 Giulia – e fino al 23febbraio 1792 – viveva nella medesima casadel marito Pietro Manzoni. Con Imbonati,quindi, non poteva “unirsi”. Semmai potevaavere avviato con lui una relazione extra-co-niugale, dopo avere interrotto (non sappiamoquando) un’altra relazione extra-coniugalecon Giovanni e – con ogni probabilità –un’altra ancora con Taglioretti.Ma veniamo al “dono” del dipinto, rileg-gendo la frase di Jone Riva, molto assertiva:«Questo quadro venne regalato da Giulia aGiovanni Verri quando, dopo essersi separatada Giovanni Verri, si unì a Carlo Imbonati.»Il quadro donato: il fatto – Jone Riva dàper scontato che Giulia abbia regalato a Gio-vanni Verri il quadro che tutti conosciamo eche è a Brusuglio. In proposito però i docu-menti dicono altro – lo vedremo più avanti.Per il momento rileviamo che esistono diversevarianti di quella che è una invenzione lettera-ria, predisposta da Flori nel 1934 ma espressaesplicitamente la prima volta – ci sembra – daChiomenti Vassalli nel 1956 («Giulia Becca-ria, la madre del Manzoni», pag. 74): «poichéquesto ritratto era stato regalato da Giulia aGiovanni Verri […]».Dopo qualche anno l’aveva seguita Guido Bez-zola, rinforzando anche i toni e introducendouna nuova figura («Giulia Manzoni Beccaria»,1985, pag. 259): «Il ritratto dell’Appiani erastato di sicuro donato a Giovanni Verri e nonal Taglioretti».Marta Boneschi («Quel che il cuore sapeva:Giulia Beccaria, i Verri, i Manzoni», 2004,pag. 175): «Il ritratto dell’Appiani, un regaloa Giovanni, non è un messaggio d’amore ma didisapprovazione. L’amabile cavaliere […] si èlegato a Bambina […] Perché donargli un ri-tratto di sé con il bambino, se quel bambino nonè appunto un figlio suo, che però lui ignora cometrascura la madre?».Ma Boneschi non dice da dove le viene questaconvinzione del “dono”, se non dalla propriacreatività letteraria.Grazia Maria Griffini Rosnati («Giulia Bec-caria: Lettere», Introduzione, pag. XXVIII)sul ritratto è a volte più prudente: «Si trattadi un dipinto un tempo attribuito ad Andrea

Appiani giovane […] Se l’opera va attribuita,come sembra, al 1790 circa, e se fu vera-mente offerto da Giulia al Verri […]», a volteinvece è assertiva: «il ritratto è effettivamentequello che Giulia donò a Giovanni Verri».Ma è comunque cauta su Taglioretti: «le let-tere mai rinvenute potrebbero essere statedirette al Verri stesso oppure al Taglioretti,che frequentatore assiduo del gruppo, non siesclude sia stato anche di Giulia il devoto ca-valier servente … e niente di più, oppure sì?».Come si vede, molte ipotesi letterarie ma ele-menti con un minimo di veridicità storica:nessuno. Sta di fatto che non esiste docu-mento che ci dica essere stato quel quadroa noi ben noto regalato da Giulia a Gio-vanni Verri, come affermato assertivamenteda Jone Riva.Il lettore si chiederà a partire da cosa sia nataquesta congerie di parti letterari più o menostrutturati e da dove salti fuori quel Taglio-retti, su cui balenano cose dette a metà.La risposta è semplice: si parte dalla elabo-razione di un appunto di Pietro Custodi del1827 a opera, nel 1935, di Ezio Flori (uno deipiù prolifici pubblicisti sulle tematiche man-zoniane della prima metà del ’900), alla qualesi sono accodati quasi tutti i commentatorisuccessivi. E su cui è opportuno fare un po’di chiarezza.Le carte Custodi. Alla morte di Pietro Cu-stodi (1842) una parte consistente delle suecarte venne svenduta dagli eredi e varia-mente smembrata, finendo nel 1862 nelledisponibilità della Bibliothèque Imperialede France, dove tra il 1902 e il 1903 vennerocatalogate dal bibliotecario Lucien Auvray.Questi, stimolato forse dalla pubblicazionenel 1905 del libro “Brani inediti dei Pro-messi Sposi”, curato da Giovanni Sforza,volle ritagliarsi uno spazio proprio.Pubblicò infatti, in appendice alla propria

meritoria catalogazione delle carte Custodi,una raccolta di appunti dello scrittore, ap-parentemente dedicata a vari personaggipolitici e letterari del primo ’800 italianoma in realtà focalizzata su Manzoni, o me-glio sull’intimità della famiglia Manzoni.Per essere sicuro di attirare l’attenzione, Au-vray utilizzò alcuni “frammenti” di Custodiconfinanti con la coprolalia. Per insaporireil tutto, si inventò il titolo «Contre Man-zoni», inesistente negli scritti di Custodi.E inoltre li presentò (Bulletin Italien – TomeV / n ° 1 Janvier-Mars 1905 – Annexe III -Fragments des Memoires de Custodi – pp.360-364) in una forma così ordinata da in-durre inevitabilmente il lettore a ritenerliredatti in quella successione da Custodi. Inrealtà Auvray assemblò annotazioni, spunti,“frammenti” di fatti e idee, sparsi qua e làtra le numerosissime carte di Custodi.La raccolta compilata da Auvray relativamentea Manzoni si compone di cinque Capitoli, ilPrimo e il Secondo dei quali dedicati ad aspettidella vita intima di Giulia Beccaria.Il Capitolo Secondo (questo reso da Auvrayperfettamente aderente al manoscritto) èquello a partire dal quale si sono sbrigliatele fantasie dei letterati sopra citati (e delCNSM) circa il “quadro” presuntivamenteregalato da Giulia a Giovanni.Come anticipato, su questo argomentostiamo preparando uno studio approfonditonel quale illustreremo che il vero danneg-giato dall’operazione di Auvray fu Custodi,che vi appare come uno storico d’accatto,superficiale, disponibile a rimasticare qual-siasi diceria, ignorante di fatti storici facil-mente verificabili, maligno, stupidamentee inutilmente volgare.Insomma, tutto il contrario di ciò che pen-siamo di Custodi e sicuramente tutto il con-trario di ciò che di se stesso lo scrittore vo-leva trasmettere. Ma di ciò in altro luogo.Per il momento ci limitiamo a riportare: a)i primi due capoversi del Capitolo Primo el’intero Capitolo Secondo delle carte Cu-stodi proposte da Auvray; b) il testo di Flori,così come stampato nel 1935.Il lettore avrà così modo di comprendere ilperché della nostra valutazione così negativanei confronti di quanto propostoci da Flori.Ecco di seguito il testo di Custodi, 1827 (ri-preso correttamente da Auvray nel 1905):

Capitolo Primo«Note biografiche di Alessandro Manzoni»

20 Ott.e 1827.La famiglia Manzoni è originaria di Barzo, nella Val-sassina, dove esiste ancora la non piccola casa de’suoi antenati.

N. Fino al 1814, non aveva egli ancora stampato

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 44/48

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se non che il bel poemetto in morte d’Imbonati equalche Inno.Giulia Beccaria, ripugnando di vivere col marito

D. Pietro Manzoni, si era decisa a provocare il divor-zio per il fondato motivo di essere egli inabile al ma-trimonio, per la mancanza de’ testicoli; ma siccometrovavasi gravida, ne fu dissuasa dagli amici per nonpubblicare la sua vergogna; onde partorì al marito ilfiglio non suo, Alessandro.

Morto il padre, il di lui cadavere fu seppolto nelpiccolo vestibolo della sagrestia annessa all'oratoriodel suo palazzo del Galeotto, […]»**[Il testo continua per altre due pagine a stampa – Ndr].

Capitolo Secondo«1)Per asseveranza di Pietro Taglioretti, di SigismondoRiva e di altri amici della Giulia Beccaria-Manzoni, ilvero padre di Alessandro Manzoni fu il cavalier Gio-vanni Verri, che morì in Como pochi anni sono.

2) Alla morte di Pietro Taglioretti, questi mostravasiinquieto dell’esito che avrebbero avuto cinque volumi,nei quali egli aveva fatto legare la sua corrispondenzaconfidenziale colla Giulia; e l’amico che l’assisteval’assicurò che, per questa parte, morisse tranquillo,ch’egli stesso s’incaricava di sottrarli alle ispezionigiudiziarie e rimetterlo all’amica; il che eseguì, pas-sandole anche in aggiunta il di lei ritratto, opera dellagioventù di A. Appiani, di che essa indennizzò glieredi col pagamento di tre doppie di Genova.

3) La conversione religiosa della Giulia era stata in-cominciata, vivente ancora Giuseppe Imbonati, inParigi, dall’ex-vescovo Grégoire, e da un prete italiano/ ivi dimorante… /.»

E leggiamo ora come Flori ha riportato iltesto di Custodi/Auvray («Soggiorni e vil-leggiature manzoniane», 1934, pag. 25-26).Lo riportiamo esattamente come è nellostampato di Flori (dove nell’intero branonon vi è alcun accapo):«Che il Custodi sia acido nei riguardi del Manzoni,non si nega; ma, insomma, delle sue affermazionicirca la paternità del grande nostro reca testimo-nianze e prove, davanti le quali non è possibile farle viste di non vedere o di non sentire. Scrive egliadunque: “Giulia Beccaria, repugnando a viverecol marito d. Pietro Manzoni, s’era decisa a provo-care il divorzio per il fondato motivo di essere egliinabile al matrimonio… (nota 15: Il Custodi dichiaraapertamente, a questo punto, il motivo di tale ina-bilità); ma siccome trovavasi gravida, ne fu dissuasadagli amici per non pubblicare la sua vergogna;onde partorì al marito il figlio non suo, Alessan-dro… Per asseveranza di Pietro Taglioretti, di Sigi-smondo Silva e di altri amici della Giulia BeccariaManzoni, il vero padre di Alessandro Manzoni fu ilcavaliere Giovanni Verri, che morì in Como pochianni or sono. Alla morte di Pietro Taglioretti, questimostravasi inquieto dell’esito che avrebbero avutocinque volumi, nei quali aveva egli fatto legare lasua corrispondenza confidenziale colla Giulia, el’amico che l’assisteva l’assicurò che, per questaparte, morisse tranquillo, chè egli stesso s’incari-cava di sottrarli alle ispezioni giudiziarie e rimetterliall’amica: il che eseguì, passandole in aggiunta ildi lei ritratto, opera della gioventù di A. Appiani diche essa indennizzò gli eredi col pagamento di tredoppie di Genova».

Flori concludeva la citazione con una frasemolto assertiva: «Custodi non era uomo damentire, e le sue affermazioni e le sue provefurono poi confermate e riprovate ineccepi-bilmente».Come appare a evidenza, il Capitolo Secondodi Custodi è composto da tre paragrafi, nu-merati, nettamente distinti come esposizionee come contenuti, pro-memoria per tre diversiargomenti relativi alla vita di Giulia: il primoè sulla paternità di Verri; il secondo sulrapporto tra Giulia e Taglioretti; il terzosul riavvicinamento di Giulia alla reli-gione (tra l’altro con un errore incredibile dialmeno cinque anni sul quando ciò si sarebbein realtà verificato e sul nome del compagnodi Giulia, indicato come “Giuseppe”).Altrettanto a evidenza (riguardate i due testiuno di seguito all’altro), dal testo di CustodiFlori ha:a)messo di seguito il terzo capoverso del Ca-pitolo Primo e i due primi capoversi del Capi-tolo Secondo, lasciando in mezzo semplice-mente punti di sospensione, senza neppureindicare il salto di parole (in realtà si tratta diben due pagine a stampa);b) del Capitolo Secondo ha cancellato la nu-merazione dei tre paragrafi, che nell’originaledi Custodi è chiaramente segnato;c) di questi ultimi tre paragrafi ha cassato siala numerazione sia l’accapo tra il primo e ilsecondo paragrafo, senza inserire alcun segnodi sospensione, facendo quindi da due distintiparagrafi una unica frase continua.d) ha eliminato del tutto il terzo paragrafo.Quest’ultima rasoiata era indispensabile perdue ragioni. La prima: perché riusciva impos-sibile farne un continuo coerente rispetto aiprimi due. La seconda: perché segnalava a evi-denza l’obbligo di leggere con grande prudenzagli appunti di Custodi, stesi esclusivamenteper sé e non per la stampa. Ma su questi ap-punti invece Flori giurava, come abbiamo giàvisto (“Custodi non era uomo da mentire, ele sue affermazioni e le sue prove furono poiconfermate e riprovate ineccepibilmente”).Questa bella operazione di Flori – una liberarivisitazione sia di Custodi che di Auvray – èstata ripresa (candidamente o meno non im-porta) dai suoi seguaci in fantasia, ognuno amodo proprio.Cercando però tutti (grazie al bel lavoro disposta e taglia di Flori) di togliere Tagliorettidalla lista dei possibili amanti di Giulia e difarne un semplice amico, compiacente tra idue innamorati Giovanni e Giulia.Il che è eventualmente ipotizzabile solo am-putando e modificando il testo di Custodi.Non è che la cosa in sé abbia grande impor-tanza (fu ininfluente per la vita di AlessandroManzoni il “se” e il “quanti” amanti avesse

avuto sua madre Giulia) ma abbiamo volutoentrare nel dettaglio perché fin qui non ab-biamo proprio compreso in che modo questoquadro sarebbe una «testimonianza» del fattoche Giovanni fosse il padre naturale di Ales-sandro, come affermato da Jone Riva.Tanto più che ci sembra che il presup-posto di tutto il discorso sia assoluta-mente nullo.Riteniamo infatti sia da escludere cheil ritratto di Giulia e Alessandro bam-bino, che tutti conosciamo (conservatoa Brusuglio e mostrato nel docu-filmdel CNSM), sia quello che era nelle di-sponibilità di Taglioretti alla sua mortee che fu acquistato da Giulia BeccariaManzoni dagli eredi di Taglioretti, se-condo quanto ne scrive Custodi. Ve-diamo perché.

La prima domanda che è opportuno porsi è:Chi è l’autore del ritratto?Sull’identità dell’artista che realizzò il quadro,per molti anni infatti i pareri non sono statiunanimi.Da un lato c’era (nella scheda già citata, de-dicata a Manzoni e alla madre Giulia) la frasedi Pietro Custodi del 1827, Capitolo Secondo,paragrafo 3: «Alla morte di Pietro Taglioretti,questi mostravasi inquieto dell’esito cheavrebbero avuto cinque volumi, nei quali egliaveva fatto legare la sua corrispondenza con-fidenziale colla Giulia; e l’amico che l’assi-steva l’assicurò che, per questa parte, morissetranquillo, ch’egli stesso s’incaricava di sot-trarli alle ispezioni giudiziarie e rimetterloall’amica; il che eseguì, passandole anchein aggiunta il di lei ritratto, opera della gio-ventù di A. Appiani, [sottolineatura nostra]di che essa indennizzò gli eredi col paga-mento di tre doppie di Genova.»In casa Manzoni era quindi acquisito che ilquadro fosse opera del quotatissimo AndreaAppiani, tanto che il quadro fu sempre inbella vista nella Villa dei Manzoni a Brusu-glio, offrendo lo spunto ad Alessandro adultoper ricordare divertito agli amici che essendoegli irrequieto al momento della posa delquadro, gli facevano vedere una arancia perdistrarlo.Di tali autorevoli testimonianze i critici d’artehanno certo tenuto conto ma, curiosamente,con riserva. Ai conoscitori di Appiani quelquadro non convinceva del tutto per una evi-dente goffaggine nella composizione delledue figure, del tutto insolita nel celebre pit-tore milanese, sempre molto preciso nellarappresentazione del corpo umano e dellegeometrie spaziali.E infatti anche tra gli scrittori che si sonooccupati della famiglia Manzoni, le posizionisono state differenziate.

CENTRO STUDI ABATE STOPPANIOsservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa –L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti con la regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella ePino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 45/48

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Grazia Maria Griffini Rosnati («GiuliaBeccaria: Lettere», Introduzione, pag.XXVIII) era prudente: «Si tratta di un di-pinto un tempo attribuito ad Andrea Ap-piani giovane […] Se l’opera va attribuita,come sembra, al 1790 circa».Guido Bezzola è invece per attribuire senzariserve il quadro ad Appiani («Giulia Man-zoni Beccaria», 1985, pag. 259): « Il ritrattodell’Appiani era stato di sicuro donato aGiovanni Verri».Altrettanto assertiva si mostra Marta Bo-neschi («Quel che il cuore sapeva: GiuliaBeccaria, i Verri, i Manzoni», 2004, pag.175): «Il ritratto dell’Appiani, un regalo aGiovanni».Dal canto suo, Jone Riva in «Immagini diCasa Manzoni» del 2011, lo indicava come«attribuito ad Appiani». Mentre oggi (an-che se ne rileva la goffa esecuzione) nel suointervento del docu-film ci dice: «il quadroche Giulia si fece fare da Andrea Appiani».E oggi la critica sembra sia orientata in que-st’ultima direzione.Ne dà testimonianza un recente utile e bellavoro di Francesco Leone («Andrea Ap-piani, pittore di Napoleone») in cui si attri-buisce senz’altro ad Appiani il quadro.A sostegno, Leone presenta le note stese daFrancesco Reina (avvocato ma anche criticod’arte e collezionista) a commento del-l’opera del coevo Appiani (per ora ne ripro-duciamo solo due righe): «Il Taglioretti[1820] ha qui presso di sé finito il ritratto[opera di Appiani] / di Giulia Manzonigrande quasi al vero in sala / abbigliata concappello nero ed abito all’inglese» [Mano-scritto 203].Sembrerebbe quindi che la questione di chisia l’autore del ritratto debba considerarsichiusa.E invece a nostro avviso rimane aperta.Anzi! Apertissima.Per la semplice ragione che il quadro de-scritto da Reina (la fonte primaria di ogniconsiderazione sul dipinto), di tutta evi-denza NON è il quadro che ci è noto e cheè custodito a Villa Manzoni di Brusuglio.Siamo volutamente assertivi per richiamarel’attenzione del lettore su alcuni elementi,noti da sempre, ma sui quali crediamo nes-suno ha prestato la dovuta attenzione.Guardiamo insieme il quadro e leggiamo perintero sia la descrizione fattane da TeresaBorri Manzoni, di cui più sopra abbiamo an-ticipato una frase sia la descrizione che nefece per la prima volta il collezionista e criticod’arte Francesco Reina, ripresentata con curada Leone nel suo bel libro (più sopra ne ab-biamo ripreso solo le prime due righe).

Testo di Teresa Borri Manzoni, (a com-mento del dagherrotipo del quadro, eseguitonel 1852 – nostra la sottolineatura):«Cappello nero / Capelli rossi incipriati –occhi verdi – colorito roseo / e bianchissimo– vestito color verde, con rebord / colorciocolatte. Fazzoletto di garza bianca. / Ilbambino ha un giubbino di seta rossa, conuna chemi/-sette, bianca, guarnita di mus-sola.»Testo di Reina, ripreso da Leone (nostresottolineature)«Il Taglioretti [1820] ha qui presso di sé fi-nito il ritratto / di Giulia Manzoni grandequasi al vero in sala / abbigliata con cappellonero ed abito all’inglese con / rovesci neri.Ella collocata alla sinistra del riguardante /sta mirando il proprio figliuoletto, che staalla / destra (del riguardante) rivolto allamadre. È dipinto / pieno di vezzo (migno-nerie) e di voluttà benché castigatissimo etutto / coperto. Quest’effetto nasce dal ca-rattere della fisionomia / della celebredonna figliuola del march.e Cesare Beccaria,/ il cui nome è un elogio».La descrizione di Teresa Borri Manzoni èprecisa e descrive esattamente il quadroquale lo possiamo vedere con i nostri occhi.Ma per la descrizione di Reina le cose nontornano e il lettore attento se ne sarà giàaccorto.Quest’ultima descrizione “sembra” riferirsial nostro quadro ma rispetto a esso presentatre evidenti discrepanze:• una di carattere “geometrico”;• la seconda di carattere “cromatico”;• la terza di carattere “psicologico”.Di Giulia Reina scrive: «sta mirando il pro-prio figliuoletto».

Del colore dice «con cappello nero ed abitoall’inglese con / rovesci neri».Del “tono” del quadro, dice che è « pieno divezzo (mignonerie) e di voluttà». Ma, guar-dando il quadro, le cose stanno in tutt’altromodo:1. Nel “nostro” quadro, Giulia non “mira”affatto il proprio figliuoletto. Guarda in-vece fisso negli occhi lo spettatore, con undistacco psichico nei confronti del bimboche le sta accanto che è stato rilevato damolti come indizio di uno scarso interessedi Giulia per il piccolo Alessandro.2. Nel “nostro” quadro, il cappello è neroma i rovesci dell’abito all’inglese sono co-lor marrone. A seconda della qualità delleriproduzioni, questo “marrone” risulta piùo meno scuro, ma il colore è indubitabil-mente quello che Teresa Stampa Manzoniindica con precisione (lo abbiamo già ci-tato):«Cappello nero / Capelli rossi incipriati –occhi verdi – colorito roseo / e bianchissimo– vestito color verde, con rebord / colorciocolatte. Fazzoletto di garza bianca. / Ilbambino ha un giubbino di seta rossa, conuna chemi/-sette, bianca, guarnita di mus-sola.»Una curiosità su questa testimonianza dellamoglie di Alessandro. Nel libro di Jone Riva«Immagini di Casa Manzoni» (1998 e2008), a proposito di quella nota di TeresaManzoni sul dagherrotipo, viene riportato“quasi” tutto il testo (vedi pag. 130). La frase« vestito color verde, con rebord / colorciocolatte!» è invece omessa.3. Nel “nostro” quadro, di «voluttà», contutta la buona volontà, se ne coglie poca,come rilevato dai commentatori, con tonidiversi ma univoci nella sostanza.Chiomenti Vassalli (cit.): «Nella fisionomiadella gentildonna si legge una stanchezzainteriore che sembra già riflettere un’ombradi precoce vecchiaia sul volto. Vi si legge unsenso di distacco e di disinteresse […].»Romano Amerio (Brusuglio: guida alla vi-sita di Villa Manzoni, 1977): «Nel ritrattoGiulia ha […], lo sguardo attonito e spento.La fisionomia insomma è velata di tristezzae pende al mascolino.»Natalia Ginzburg («La famiglia Manzoni»,1985):«Nel ritratto, Giulia è vestita da amaz-zone. Ha una faccia dura, ossuta e stanca.Guarda nel vuoto. Nessuna visibile tene-rezza per quel bambino che le sta appog-giato al ginocchio.»Francesco Cordero («La Fabbrica della pe-ste», 1985): «nel ritratto col figlio bambinoappare nasuta, col mento a punta e una lucefissa piuttosto sinistra negli occhi».

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 46/48

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I casi sono due.O Reina, nella sua nota sopra riportata, si èclamorosamente distratto su forma, colorie tono del dipinto (nonostante in tutte lesue descrizioni dimostri una grande atten-zione anche al dettaglio).Oppure:A. La descrizione di Reina si riferisce a unaltro quadro – che però non ci è noto – nelquale: 1. Giulia guardava Alessandro; 2. i“rebord” dell’abito erano neri; 3. vi erauna nota evidente di voluttà.e quindi:B. Il “nostro” quadro (quello conservato aBrusuglio) è una copia, nella quale com-mittente e pittore hanno voluto: 1. modifi-care la direzione dello sguardo di Giulia;2. cancellare ogni traccia di femminile ab-bandono “voluttuoso”: 3. rendere i “re-bord” dell’abito di “colore ciocolatte”, an-ziché neri.oppure:C. Quando nel 1823 il quadro venne nelledisponibilità piene di Giulia, un artista di-verso da Appiani (che era morto nel 1814)ha messo pennelli e colori sul quadro in ori-gine dipinto da Appiani, portandovi le mo-difiche che abbiamo già rilevato.L’artista che realizzò il quadro “copia” o“sovra dipinto”, per la postura del volto diGiulia, potrebbe avere preso come riferi-mento (speculare) il ritratto opera della Co-sway (circa 1797, ai primi tempi di Giulia aParigi con Carlo Imbonati, in mezzo nel trit-tico sotto riportato); mentre per la fisiono-mia di Giulia aveva naturalmente a dispo-sizione l’originale (a lato un ritratto che cela presenta come doveva essere dopo il1823, superati i sessanta e consolidata nellaridefinizione della propria immagine pub-blica).Da qui quella artificiosità del ritratto (oggiattribuito decisamente ad Appiani ma annifa con molte riserve) e la rigidità psicologicache trasmette, evidenziate da tanti acutiscrittori, come abbiamo visto più sopra.Dando praticamente per certo che del qua-dro sia stata fatta una copia ex-novo, o sisia lavorato sopra l’originale di Appiani(quest’ultima ipotesi sarebbe facilmente ve-rificabile con una adeguata analisi pura-mente tecnica), resta da rispondere a un’al-tra domanda.Perché il ritratto è stato rifatto?Nel 1823, quando venne in possesso delquadro (fino ad allora nelle mani di Taglio-retti) Giulia Manzoni si trovava nel pienodel suo riavvicinamento alla religione e allasocietà ben pensante milanese.Il suo libero passato sentimentale a Milano

non era stato visto di buon occhio, ancheper le malevoli considerazioni circa il testa-mento con cui Carlo Imbonati, suo compa-gno di vita tra il 1795 e il 1805, la lasciavaunica erede di una fortuna di grande rilievo,collocando i Manzoni ai primi posti dellascala sociale (non solo milanese) ma la-sciando briciole alle proprie numerose so-relle, alcune delle quali di condizioni rela-tivamente modeste. E anche il matrimoniodi Alessandro con una calvinista non avevagiovato all’immagine della famiglia pressogli ambienti più tradizionali.

Il rimaneggiamento (o copia ex-novo) delquadro si collocava per Giulia in questo per-corso di reinserimento nell’ambiente dellapropria città, da cui si era allontanata moltianni prima, anche fisicamente. Doveva perlei essere importante non lasciare alcun ri-cordo della propria libertà sentimentale (ri-cordate la “voluttà” indicata da Reina comenota dominante del ritratto), e anzi di daredi sé un’immagine severa (quella che gliscrittori citati hanno percepito come rigiditàe fissità), più consona a quel ruolo di ”ma-trona”, unicamente dedita alla famiglia ealla religione, che si era assunta con impe-gno (e anche con qualche esagerazione).In realtà il ritratto Giulia-Alessandro che ciè noto e che è a Brusuglio non sembra ap-parisse allora carico di chissà quali signifi-cati erotico-sentimentali, proponendosi in-vece come un normalissimo ricordo di unagiovane madre con il proprio piccolo. Incaso contrario, difficilmente sarebbe statoposto per tanti anni in posizione di rilievonella casa del Manzoni a Brusuglio.E difficilmente Manzoni, se lo avesse cono-sciuto come elemento confermativo di unasua nascita irregolare, avrebbe ricordatocon bonomia le circostanze che lo videromodello nella sua realizzazione.Riassumendo su questa questione del qua-dro che il CNSM vuole “testimonianza” delfatto che Giovanni Verri sia da considerare ilpadre naturale di Alessandro Manzoni, pos-siamo dire due cose semplici ma precise.

Primo– L’unico ”documento” noto che puòfarne una testimonianza di un legame pa-rentale tra Giovanni Verri-Giulia Beccaria-Alessandro Manzoni è la frase di Custodi.Questa è stata forzata a una interpretazionediversa da Flori, ma solo con arbitrari in-terventi, che si potrebbero intendere comevicini alla manipolazione.La tesi del CNSM già a questo livello apparemolto fragile e richiede tutta una serie di“concessioni” puramente ipotetiche.Secondo – Il quadro, portato come “testi-mone” dal CNSM, è di tutta evidenza unacopia – o un rifacimento – del quadro diproprietà di Taglioretti, di cui parla Cu-stodi.Ma se il quadro presentato dal CNSM come“testimone” non è il quadro di cui parlaReina-Custodi, allora è inutile proseguireogni discussione, venendo a mancarne ilpresupposto.In conclusione, per gli elementi che ab-biamo, riteniamo di potere concludere che“quel” quadro (quello attribuito ad Appianie che è presso Villa Manzoni a Brusuglio)può essere “testimonianza” di un’infinità dicose ma non della paternità di GiovanniVerri nei confronti di Alessandro Manzoni.E con ciò torniamo a quanto abbiamo quae là già anticipato. Che cosa ci dice di piùsulla fisionomia e sulla vicenda di Manzoniquesta discussione sulla “vera paternità bio-logica”? Nulla!Per come si svolse la vita di Alessandro, chefosse o meno figlio naturale di GiovanniVerri, non ebbe alcuna importanza. Nessunoaccampò rivendicazioni di nessun tipo (si-curamente non Giovanni, che non ne fecemai memoria) o se ne preoccupò (sicura-mente non Pietro Manzoni, che si comportòsempre da “padre”). Non ne vennero né con-flitti né scelte traumatiche di vita. Alessandrosi formò e visse come figlio di don PietroManzoni.E allora perché concentrare su questo forse-evento l’attenzione? Solo per sostenere la

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 47/48

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milanesità biologica del Manzoni? Siamo si-curi che ne valga la pena?Ci pare che sarebbe molto più produttivo de-dicare le risorse e i talenti del CNSM a inve-stigare anche sulla formazione del giovaneManzoni. A definire l’insieme delle relazionisue e del padre Pietro nel milanese e nel La-riano, in particolare a Lecco. Su questi teminon si è fatto ancora quasi nulla, salvo i me-ritori studi di Stoppani nel 1873 e, in parte,di Bognetti cento anni dopo.Non è forse opportuno accantonare gli effetticinematografici e avviare un lavoro di cono-

scenza VERA sul giovane Manzoni – che vuoldire il nascere della sensibilità e della creativitàe del pensiero e dell’azione? Forse così po-tremmo darci ragione di molti elementi an-cora poco investigati sulla sua adesione alleidee della rivoluzione e ai perché del suo suc-cessivo indirizzo verso la religione.E potremmo – forse – trovare anche ele-menti di maggiore comprensione su sua ma-dre Giulia, donna, tutto sommato e nono-stante le sue furbizie e piccole miserie,tristemente sola di fronte alla vita.

Siamo giunti al termine della nostra analisisul docu-film del CNSM. Ci pare di averne asufficienza illustrato la non idoneità, per lomeno sul piano didattico.

È possibile che nelle nostre osservazioni visiano imprecisioni – o anche errori. Saremolieti di ricevere dal lettore, in particolare dagliamici del CNSM, le eventuali correzioni esuggerimenti su come studiare e fare meglio.

FINE

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Osservazioni critiche sull’adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola»Lettera aperta alla Senatrice Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione – 21 settembre 2017 pag. 48/48

• La Cascina Costa di Galbiate in una incisione del 1873 (Stoppani, I Primi Anni di A. Manzoni) a eviden-ziare che Manzoni era da considerare figlio del territorio lariano.

• La lapide murata nel 1873 da Giuseppe Bertarelli all’ingresso della Cascina Costa di Galbiate, allora disua proprietà. Vi si legge: «In questo casolare ebbe il primo nutrimento Alessandro Manzoni nell’anno1785».

• La Cascina Costa di Galbiate oggi. Lasciata andare in rovina dall’insipienza delle Autorità culturali dellariano (in qualsiasi altro Paese, della Cascina dove Manzoni passò i suoi primi cinque anni di vita,avrebbero dichiarato Monumento Nazionale anche il pollaio).

• Sotto, il paesaggio che Manzoni vide quotidianamente nei suoi primi anni di vita.