L'Estate dei miei undici anni

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    L’estate dei miei undici anni

    Qualche anno fa, stavo per compiere undici anni, trascorsi le vacanze estive al

    mare. A dire il vero lo facevamo ogni anno, ma questa volta era diverso. Avevo

    finito le scuole elementari e finalmente il prossimo anno sarei andato alle medie.Ovviamente non potevo immaginare quanto avrei odiato quel periodo, che avrei

    imparato a sopportare gli sputi e gli insulti dei miei compagni. - “thailandese di

    merda !! rocio, finocchio, ga di merda"# Questi erano solo trai tanti modi in cui

    venivo chiamato, e non erano neanche i peggiori. $no dei miei preferiti era

    “culattone#, all’epoca non sapevo %ene cosa significasse ma mi faceva

    a%%astanza ridere, che diavolo potevano centrare le lattine con i culi & - 'n ogni

    caso, queste cose ancora non le sapevo, ancora non avevo imparato adisprezzare le mie origini e, completamente ignaro di tutto ci(, mi preparavo a

    vivere l’ultima mia estate da %am%ino, l’anno dopo sarei diventato adulto, ne ero

    sicuro. )icordo che il giorno in cui arrivammo a Laigueglia il sole era

    particolarmente caldo. * cos+, aprendo la portiera davanti a casa, fui accolto da

    una calura incredi%ile, dal frinire senza sosta delle cicale e dall’odore di salsedine

    del mare. on potevo essere pi felice. - -“topino, aiutaci a scaricare le cose dalla

    macchina che poi pap va a cercare parcheggio# - All’epoca ascoltavo quasisempre mia madre, non litigavamo mai, ma le volte in cui era arra%%iata non

    fiatavo e facevo quello che mi ordinava. - -“ce la fai con quella valigia & / troppo

    pesante, ti rovini la schiena!# -

    -“ma si che ce la faccio# risposi io fingendo di non sentire quanto in realt fosse

    pesante per me. - on avevano ancora installato l’ascensore, solite dispute tra

    vicini che non vogliono spendere un centesimo per la propria casa e quindi dovetti

    farmi quattro piani di scale pi rampa di accesso. 0er( una volta arrivati su era

    come aprire gli occhi sul paradiso. 1al terrazzo, il mio posto preferito della casa,

    si vedeva tutto il golfo, da capo mele passando per Laigueglia, Alassio, Al%enga e

    oltre. ei giorni in cui il cielo era a%%astanza limpido si riusciva addirittura a

    vedere l’estrema punta della Liguria, La 2pezia, o che so io, non ho mai %en

    capito. $na leggenda locale voleva che, nei giorni particolarmente ventosi e

    limpidi, si vedesse la 3orsica. 'o non la vidi mai, ma non era certo quella la cosa

    che saltava su%ito all’occhio in quel %el

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    golfo. 0roprio davanti ad Al%enga si trovava l’isola 4allinara, ecco quella s+ che

    era il mio sogno. $na grande isola a forma di tartaruga, su cui nessuno poteva

    salire. 1a %am%ini, tutti avre%%ero dato qualsiasi cosa per poter dire di essere

    stati gli unici ad andarci, e non mancava chi sostenesse di averlo fatto madicevano solo %ugie. u proprio mentre mi godevo quella vista con occhi sognanti

    che mia madre mi richiam(. - -“pietrino dai, vieni ad aiutarci che poi andiamo# -

    *ra sento e dolce con me. 3ontrovoglia, mi staccai dalla %alaustra e tornai di

    sotto ad aiutare a portare su il resto dei %agagli.

    1opo pranzo, scendemmo finalmente in spiaggia. 2aranno state le tre e mezza,

    era ancora a%%astanza presto per il ritorno sul lungo mare ma sapevo che verso

    le quattro sare%%ero scesi tutti gli altri %am%ini e avrei ritrovato i miei amici, che

    non vedevo pi da un anno. ' miei genitori non fecero neanche in tempo di

    accordarsi con il gestore della spiaggia, che ormai conoscevano da anni, su

    quale om%rellone prendere, che io ero gi in acqua. Ah, quanto adoravo quel

    mare! Aspettavo ogni anno con impazienza che arrivassero quei caldi mesi estivi,

    cos+ allegri e pieni di divertimento. uotai, mi tuffai, cavalcai le onde, feci tutto

    quello che un ragazzino avre%%e fatto il primo giorno di mare, non che non lofacessi il resto della mia permanenza, ma il primo e l’ultimo giorno erano speciali.

    on so quanto tempo trascorsi in acqua ma so che ad un certo punto mi ritrovai

    circondato dai miei vecchi amici cresciuti di un anno. on c’era %isogno di tanti

    convenevoli, eravamo %am%ini, a noi importava essere l+ e %asta. on capivo

    perch5 i miei genitori trascorressero tanto tempo a parlare con i ritrovati vicini di

    sdraio, n5 perch5 insistessero tanto che io fossi presente con loro. -“giochiamo a

    scaccia sette 0ropose uno dei miei amici.-“s+, chi ha la palla -“ma siamo in pochi !# -“si marco e gli altri devono ancora

    arrivare"# 4iocammo lo stesso, i ritardatari si sare%%ero uniti a noi dopo, non

    c’era pro%lema. on eravamo dei grandi palleggiatori, raramente riuscivamo ad

    arrivare ai fatidici sette passaggi, cos+ scendemmo a cinque e di colpo il gioco

    cominci( a funzionare. -“ciao pietro !!# 6i voltai e vidi 2tefano, il grande sorriso

    stampato sulla

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    faccia, che mi veniva incontro. -“ciao# risposi io “come va Adesso i convenevoli

    avevano senso, l’avevano sempre avuto. -“tutto %ene, tu 2palanc( le %raccia e

    mi a%%racci(. )icordo che la cosa un p( mi mise in im%arazzo, non avevo

    a%%racciato nessuno dei miei amici, s+ lui sicuramente qui al mare era il miomigliore amico, ma lo trovai lo stesso un po’ fuori posto. -“tutto %ene, tutto

    %ene"# )isposi riprendendomi un po’ “stiamo giocando a schiaccia sette"

    cinque, giochi con noi 0assammo quelle che pro%a%ilmente furono pi di un

    paio d’ore in acqua, finch5 uno per uno i nostri amici, richiamati dalle madri

    preoccupate. 'n acqua restammo poi solo io e 2tefano, i nostri genitori non erano

    cos+ preoccupati che prendessimo un po’ di sole. 3on la mia pelle un po’ pi

    scura da mezzo thailandese non mi scottavo tanto facilmente e 2tefano"%eh, isuoi lo lasciavano giocare in pace. -“il prossimo andiamo alle medie, eh

    2tefano ed io eravamo dello stesso anno.

    -“gi"# -“mi hanno detto che sono terri%ili# continu( lui “me l’hanno detto tutti#

    -“ah s+ & 'nvece a me hanno detto che sono %ellissime#. 2+, come no & -“mia

    mamma mi ha detto che dovr( andare in pullman da solo, dice che devo

    imparare# -“ah s+& 7eato te !#. Avrei dato qualsiasi cosa per quella li%ert, ancora

    non avevo idea che prendere il pullman a volte significasse aspettare pi di ventiminuti sotto tutti gli elementi infuriati. 7eata ignoranza. -“*hi, hai visto quanti

    crucchi quest’anno

    -“quanti -“crucchi, non sai che vuol dire 3on mio grande im%arazzo, scossi la

    testa. Lui gonfi( il petto, assumendo un’aria importante8 -“mio nonno dice che

    durante la guerra l+ chiamavano cos+ i tedeschi# e indic( un paio di famiglie stese

    all’om%ra degli om%relloni in prima fila. -“come fai a sapere che sono"crucchi Lui

    mi guard( incredulo. -“hai visto quanto sono %ianchi & Quelli se vanno al sole si

    %ruciano su%ito. idati, sono crucchi. 1i sicuro# 0ortai una mano sulla fronte per

    schermarmi dal sole e guardai meglio. *ffettivamente erano davvero %ianchi, “come

    il latte#, pensai. Anche da una certa distanza si notava che i loro capelli erano di un

    %iondo chiarissimo, quasi %ianco. 4uardai la mia pelle, a confronto era nera. Quella

    fu la prima volta che pensai di essere diverso. ' miei genitori, in realt solo mia

    mamma, che era la met italiana e quindi %ianca della mia pelle, mi dicevano

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    sempre che ero fortunato ad avere una pelle cos+. -“non sai quanto sei fortunato

    ad avere una pelle cos+, hai l’a%%ronzatura naturale tutto l’anno e appena ti metti

    al sole ti a%%ronzi ancora di pi. 3’9 gente che passa ore sotto il sole e diventa

    solamente rossa come un gam%ero, come me#. / cos+ dicendo mi mostrava unpezzo di %raccio che effettivamente si stava gi tingendo di un colorito rosso vivo,

    “gam%ero# per usare le sue parole. 6agari fossi riuscito a rimanere convinto della

    mia fortuna anche per i tre anni che avre%%ero seguito, pro%a%ilmente avrei

    pensato che tutte le prese in giro di quei piccoli %astardi fossero dovute all’invidia.

    -“stasera vieni al cinema & 3i vengono tutti# -“cosa danno -“non mi ricordo, per(

    9 troppo %ello!# *cco cosa avrei detto a mia madre, non so che film sia, non so di

    cosa parli ma 9 %ello. 6olto convincente. Alla fine alle nove di sera ero gi l+, incoda insieme ai miei amici e ai nostri genitori.

    L’unico momento della giornata che non mi piaceva era il dopo pranzo. 1i solito

    la mattina scendevamo a%%astanza presto, per le nove e mezza massimo dieci

    eravamo gi in acqua. :erso la mezza tornavamo su e dopo mangiato

    arrivavano i compiti delle vacanze. Odiavo quei momenti. La mia mente era

    continuamente proiettata qualche ora pi avanti, quando sarei stato in acqua agiocare. 0er quale astruso motivo dovevo passare il mio tempo seduto ad un

    tavolo a risolvere pro%lemi e operazioni & 2e non fosse stato per mia madre non

    avrei fatto granch5, ma lei era sempre l+, attenta che facessi i miei compiti. :erso

    le tre e mezza poi si riscendeva in spiaggia e la vita acquisiva di nuovo un

    senso. u proprio uno di quegli afosi pomeriggi, quando il sole era ancora alto e

    il caldo estenuante esigeva un %el %agno, che e%%i il mio primo incontro

    ravvicinato del terzo tipo con quelle creature cos+ aliene che erano i tedeschi, icrucchi. 2tavamo giocando in acqua, come tutti i pomeriggi. 2i trattava solo di

    palleggi, ormai dopo quasi un paio di settimane la nostra a%ilit pallavolistica era

    migliorata e non %astava tutto il nostro nutrito gruppo a tenere conto dei nostri

    record. -“;

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    acqua. -“ma dai 2imo come hai fatto a non prenderla & 2ei uno scemo !!# -“scemo

    sarai tu !# -“no tu !# 6entre la mia com%riccola si esi%iva in tutti gli insulti leggeri, le

    parolacce cercavamo di evitarle, che conosceva, io mi affrettai a rincorrere la palla,

    che nel frattempo era stata portata a riva dalle onde. u allora che ne vidi uno per laprima volta cos+ da vicino. La palla fin+ esattamente fra i piedi di un ragazzino, in

    piedi sulla riva, una tavola da onde sotto un %raccio. onostante fossimo al mare

    indossava una maglietta, nera con strisce verdi e fradicia come una spugna.

    *ra alto pi o meno come me, forse giusto un pelino di pi, la carnagione era

    %ianchissima, vicino a me doveva sem%rare lo strato di crema in mezzo ad un

    %iscotto al cioccolato. ' capelli, %iondissimi, gli cadevano in ciocche disordinate

    sugli occhi, di un azzurro cielo che non avevo mai visto prima, parola mia. Legam%e, dritte e %en piantate nella sa%%ia, erano ricoperte da uno spesso strato di

    crema solare, come ogni centimetro della sua pelle esposta al sole. 6i fermai a

    pochi passi da lui e dalla palla e lo squadrai di s%ieco, come si fissa qualcosa di

    insolito e fuori dal naturale. Lui si chin( e armeggi( un momento con la palla, con

    qualche difficolt riusc+ a sollevarla con una mano sola, si alz( e me la porse, un

    enorme sorriso sulla faccia. 'o fissai le sue la%%ra senza dire una parola. -“@e !#

    *sclam( lui vivace. 6e ne vergogno molto ma in quel momento proprio non miriusc+ di rispondergli, lo guardavo semplicemente. ese ancora di pi il %raccio e

    io, come riscosso da un sogno, presi l’ora palla senza %en capire quello che stava

    succedendo. )iusc+ a mormorare un “grazie# ma a meno che lui non avesse

    avuto con se’ uno di quegli strumenti per ascoltare gli uccelli che amplificano i

    rumori, non mi poteva aver sentito. ornai in acqua dai miei amici, voltandomi

    ancora una volta a vedere quella strana creatura candida che mi stava ancora

    fissando, il sorriso sulle la%%ra. 0iuttosto taciturno e distratto, ripresi a giocare, la

    palla che ogni volta che mi toccava mi rimandava indietro a quell’incontro che era

    stato quasi magico. ' miei amici dovevano essersene accorti perch5 ad un certo

    punto 2tefano mi si avvicin(, mi mise un %raccio attorno al collo e mi chiese se

    fosse tutto a posto. *ra molto a suo agio nell’entarre in contatto fisico con le altre

    persone, l’esatto opposto di me. 6a il

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    suo %raccio sta volta non mi diede il minimo pensiero, ancora frastornato da

    quell’incontro, avre%%ero potuto colpirmi con un pugno e non me ne sarei accorto.

    Quella sera feci un sogno strano, non ricordo tutto con esattezza ma io stavo

    nuotando verso una piattaforma in mezzo all’acqua. utti i miei amici erano gi l+sopra e si s%racciavano facendomi segno di raggiungerli. La piattaforma per( era

    lontana e sem%ravo non raggiungerla mai. $na volta raggiunta guardavo in su e i

    miei amici erano spariti, allora ecco che giravo attorno alla piattaforma per vedere

    se non fossero nascosti sull’altro lato. 'n quel momento mi accorgevo che non

    c’era nessuna scaletta per salire ed era troppo alta. 0oi una mano s%ucava dal

    nulla, tesa verso di me, offrendomi aiuto. 4uardavo in su e vedevo Lui, i capelli

    %iondi e la maglietta questa volta asciutta, che mi porgeva la mano per aiutarmi asalire. 'o per( a quel punto non volevo pi salire e cominciavo ad allontanarmi

    verso riva, ma la riva non c’era pi. on ricordo altro del sogno che feci quella

    notte, ma ci volle una %ella colazione e tutta la mattinata per dimenticarsene.

    -“dormito %ene, amore 3hiese mia madre preoccupata dal mio sguardo assente.

    6i limitai ad annuire.

    -“vuoi un altro toast -“no, grazie# 2cesi a%%astanza presto in spiaggia e diedi

    un’occhiata ai presenti, assicurandomi che non ci fosse anche lui. on sapevo %ene

    cosa mi stesse prendendo ma ero sicuro che fosse colpa sua e non volevo certo

    vederlo. Quel giorno 6arco, uno del nostro gruppo con cui per( non avevo mai

    parlato pi di tanto, era gi in spiaggia. on avendo nessun altro con cui fare

    qualcosa, sopratutto 2tefano, andai a pescare con il retino insieme a lui sugli scogli.

    La caccia ai granchi finalmente mi rimise il %uon umore e dimenticai presto i miei

    tur%amenti. $n’oretta dopo tutto il nostro gruppo era riunito e non potevo essere

    pi contento che fosse finalmente arrivato anche 2tefano, io e lui ci capivamo alla

    velocit della luce. u una pesca piuttosto fruttuosa e riuscimmo, con la

    rassegnazione delle nostre madri, che gi si preparavano a tenere sotto la sdraio un

    secchiello pieno di granchi e ricci di mare per tutto il giorno, a pescare un %uon

    numero di quelle povere creature marine. 3i radunammo sotto al mio om%rellone a

    paragonare le prede, come dei gran cacciatori. -“guarda qua ! 'l mio 9

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    grandissimo"# -“ma che dici 2te & ' miei sono molto pi grandi !!# -“questo che ho

    pescato io sar almeno almeno due quinti del tuo, 2te, vinco io#. OB, non ero

    molto forte in matematica, sopratutto con le frazioni. 3ontinuammo a discutere chi

    avesse avesse pescato il pesce pi grosso, senza %adare ai curiosi che sifermavano a dare un’occhiata al nostro pescato. 2tavo contemplando le mie

    prede, quando vidi un piede estremamente %ianco entrare nel mio campo visivo.

     Alzai gli occhi e proprio di fianco a me c’era il ragazzo tedesco, la stessa maglietta

    fradicia del giorno prima. *ra impegnato a giudicare quale fosse il pescato

    migliore e nel frattempo %is%igliava qualcosa a una %am%ina pi piccola, %ionda e

    %ianca come lui. 0ensai che non poteva essere che la sorella. )imase l+ in piedi

    per un pezzo, seguendo le nostre conversazioni con lo sguardo, ma ovviamentesenza riuscire a capire una singola parola. 'l suo sguardo saettava da una parte

    all’altra, attento a ogni nostro commento, gli veniva spontaneo sorridere quando

    qualcuno di noi rideva, ma d’altronde non 9 un riflesso naturale quando non

    capisci una lingua & 0oi, cos+ com’era venuto, se ne and(, senza dire una parola.

    Lo guardai andarsene via, ma non mi preoccupai pi di tanto, tutto quello che

    volevo stava in un secchiello ai miei piedi. ei giorni successivi arriv( quella che

    noi %am%ini aspettavamo tutto l’anno con ansia, la mareggiata e con essa le onde.Quella mattina mi alzai di %uon’ora, consumai una colazione frugale che mandai

    gi a forza, non avevo alcuna intenzione di sprecare tempo in casa e per le nove

    e mezza ero gi diretto verso la spiaggia, la tavola per le onde sotto un %raccio. 1i

    solito mia madre mi lasciava andare da solo alla spiaggia. A%itavamo a non pi di

    cinque minuti dal mare e, a parte l’Aurelia, non c’era nessuna strada pericolosa da

    attreversare. 6ia madre non era certo un genitore degenere, semplicemente si

    fidava e sapeva che avrei attraversato la strada con giudizio, guardando pi volteprima a sinistra e poi a destra. *ro forse l’unico dei miei amici a poter andare al

    mare da solo all’epoca e andavo molto fiero di questa mia autonomia.

    -“%uongiorno pietro, siamo mattinieri oggi, eh 6i salut( il padrone della spiaggia

    con un sorrisetto %effardo. 'o gli feci un sorriso di rimando ma non dissi nulla, a

    volte sapevo essere piuttosto timido. Apr+ l’om%rellone con non poca

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    fatica, cosa che ovviamente mi adoperavo a nascondere nei migliori dei modi, era

    da femminucce non saper aprire il proprio om%rellone, nessuno di noi avre%%e

    chiesto aiuto nell’operazione, questione di principi. 'n acqua un paio di quei

    furfantelli dei miei amici si stava gi impegnando a spaventare delle vecchiette,passando loro vicinissimo con le tavole, sparati a tutta velocit. -“ciao 1avi, ciao

    6arco# salutai. -“vieni 0ie’, laggi si prendono delle onde fighissime!!# Aveva

    ragione, anni e anni di esperimenti ci avevano portato a individuare la zona esatta

    in cui si rompevano le onde. 2e riuscivi a saltare sulla tavola nel momento esatto,

    potevi cavalcare un’onda che con ogni pro%a%ilit ti avre%%e portato fino a riva. La

    fine del mondo. -“questa, questa, questa!!# -“ma no quella dopo 9 molto pi

    grande!# -“guarda quella dopo ancora# -“ecco, questa questa"vai !!# *h s+,passavamo pi tempo a discutere quale onda fosse la migliore e nel frattempo ce

    ne perdavamo un %el poC, sare%%e stato uno smacco troppo grande dover

    ammettere che l’onda che aveva suggerito un altro fosse effettivamente pi

    grossa. 'nutile dire che facevamo a gara a chi arrivasse pi vicino agli om%relloni

    della prima fila che, nei giorni di alta marea scomparivano, venivano rivendicati

    dal mare. -“2te !!#, urlai, “vieni in acqua, 9 troppo forte !!!# -“arrivo !!# 4rid( lui di

    rimando lanciandosi in acqua. on potevo essere pi felice, io e 2tefano leprovavamo tutte, prendevamo le onde uno vicino all’altro, in due sulla stessa

    tavola, uno legato alla tavola dell’altro e cos+ via. Ogni volta che riuscivamo ad

    arrivare a riva, mezzi affogati ma sorridenti come non mai, 2tefano trovava

    sempre occasione per darmi una pacca sulla schiena, darmi un %uffetto

    amichevole, un colpetto nelle costole, un %raccio attorno alle spalle. Quell’anno

    era pi espansivo del solito, ma non mi dava fastidio, ormai mi ero a%ituato al suo

    modo di fare e anzi, mi sentivo in un certo modo lusingato dal fatto che riservassequelle attenzioni soltanto a me e a nessun altro. A volte provavo anche io il

    desiderio di ricam%iare quel gesto, per mostragli che l’avevo notato e che anche io

    lo consideravo un amico pi speciale degli altri, ma non avevo mai il coraggio di

    farlo. 1opo innumerevoli onde e discussioni riguardo le onde, uscimmo infreddoliti

    dall’acqua. 1ovemmo rassegnarci a fare una doccia gelida, il pi in fretta

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    possi%ile. 'l proprietario della spiaggia non concedeva mai acqua calda gratis e,

    per avere il privilegio di una doccia che non fosse fredda come il ghiaccio,

    %isognava inserire un gettone. 'l gettone per( si doveva pagare ed era anche

    a%%astanza caro a dire il vero. * cos+ i nostri genitori, esasperati dalla quantitastronomica di %agni che facevamo, ci avevano condannanto a soffrire il freddo

    polare sotto quelle stupide docce. -“%rrr, che freddo# esclamai uscendo da quella

    cascata di ghiaccio.

    -“lascia stare fa freddissimo!!# 6i tastai le tasche dei pantaloncini e mi accorsi di

    aver lasciato le chiavi della ca%ina alla sdraio. -“oh no, ho lasciato le chiavi alla

    sdraio# -“e vieni in ca%ina da me, tanto ho due asciugamani !# 0ropose 2tefano.

    Quel giorno tirava un sacco di vento, faceva freddo e non avevo alcunaintenzione di andare a recuperare le chiavi. -“oB dai, ma s%righiamoci perch5 qui

    si muore dal freddo# )aggiungemmo la ca%ina, 2tefano armeggi( un attimo con

    le chiavi e entrammo.

    inalmente trovammo tregua dal vento, e in quel piccolo %ozzo di calore,

    potemmo asciugarci e riacquistare un po’ di calore. -“che asciugamano vuoi &

    Quello verde o quello giallo -“9 lo stesso, dammi quello che vuoi# 6i pass( il

    primo che gli capit( sotto tiro e cominciai ad asciugarmi la schiena. 6entre miasciugavo la pancia, sentii 2tefano appoggiarmi il suo asciugamano sulla mia

    testa e cominciare a massaggiarmi. -“che fai 4li chiesi io stupito -“ti asciugo i

    capelli, no )ispose lui come se fosse la cosa pi ovvia del mondo. 3on gesti

    estremamente premurosi, prese ad asciugarmi i capelli, massaggiandoli

    delicatamente. Lo lasciai fare, non avrei saputo dire di no e in fondo mi piaceva

    che si prendesse cura di me. 'o non avevo mai voglio di asciugarmeli e lasciavo

    sempre che si asciugassero all’aria aperta. 6ia mamma per fare in fretta me loadicugava sempre in modo troppo violento e non mi piaceva, ma 2tefano era

    cos+ paziente e delicato" -“togliti il costume# ordin( -“cosa -“cos+ ti asciugo

    anche l+ prima che ti cam%i il costume#

    -“ma il costume di ricam%io 9 nella mai ca%ina# -“ti do uno dei miei, tanto non li

    uso# $n po’ titu%ante, mi a%%assai i pantaloni. *ro girato di schiena e lui cominci(

    a tamponarmi con delicatezza le natiche. 0ensai che in fin dei conti fosse

    piacevole.

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    0roprio in quel momento la maniglia gir( e la mamma di 2tefano fece il suo

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    ingresso. -“che fate qui voi due 3hiese quasi divertita. -“stavo asciugando 0ietro#

    rispose 2tefano col massimo del candore. 'o arrossii come un pomodoro, con un

    movimento velocissimo mi tirai su i pantaloncini e uscii come un razzo dalla ca%ina.

     Arrivato alla sdraio mi rannicchiai su un asciugamano e a%%assai la retina anti sole,volevo scomparire senza che nessuno se ne accorgesse.

    -“6arco, mi passi il secchiello Accucciato su uno scoglio, stavo raccogliendo

    delle patelle per usarle come esca nelle nostre %attute di pesca selvaggia. Quei

    piccoli molluschi erano %en ancorati alle rocce e non si staccavano con facilit. 'l

    sole era alto nel cielo e sentivo la pelle delle spalle tirare, mentre con un piccolo

    sasso cercavo di staccare quei piccoli gusci, il giusto prezzo di una giornata

    passata sotto il sole. Avevo appena staccato un’altra patella quando vidi qualcosa

    muoversi in mezzo alle rocce. Allungai il collo e distinsi chiaramente il profilo di

    una chela enorme. -“6arco 6arco 6arco, vieni presto c’9 una pelosa#. Le

    “pelose#, come le chiamavano noi, non erano nulla di sconcio, era il nostro modo

    di chiamare dei grossi granchi con dei piccoli e irsuti peli sulla corazza, di

    dimensioni notevolmente maggiori rispetto agli altri crostacei che si trovavano

    sugli scogli. 1ue erano gli animali leggendari che si potevano pescare su quegliscogli e se avevi la fortuna o l’a%ilit di pescarli entravi sicuramente nel pantheon

    dei %am%ini pi rispettati per qualche giorno, chi era pi fortunato addirittura una

    settimana. Le creature mitiche erano le “pelose# e le “%avose#, piccoli pesci con

    delle specie di %affi in stile carpa asiatica, non ho mai capito perch5 avessero quel

    nome. 2i pu( dire che le %avose fossero ancora pi leggendarie in quanto,

    essendo pesci, non trascorrevano met del loro tempo storditi sotto il sole a farsi

    pescare dai ragazzini, erano pesci e nuotavano e raramente si riuscivano apescare. 3erto erano considerate meno pericolose delle pelose che pinzavano

    regolarmente i nostri retini, %ucandoli, e un paio di volte erano riuscite a prendere

    il dito di qualche ragazzino troppo ingenuo, ma erano comunque prede pi

    pregiate. Avevo %isogno di quel secchiello e su%ito, non potevo rischiare di

    acchiappare quel mostro e poi di non poterlo rinchiudere in

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    quella piccola prigione cilindrica. 6i voltai. -“6arco ma mi passi sto secchie"#

    6arco non c’era, troppo assor%ito a staccare ricci di mare, era all’estremit

    opposta degli scogli e non poteva sentirmi. Al suo posto, per(, trovai il ragazzo

    tedesco. on mi soffermai tanto a ragionare, mossi la mano come un ossesso per richiamare la sua attenzione e indicai circa ottanta volte in un secondo il secchio.

    Lui cap+ al volo, raccolse il secchiello e me lo pass(, andandosi ad accucciate

    proprio accanto a me.

    -“guarda# %is%igliai indicando un punto preciso “proprio l+, in mezzo alle due

    rocce"c’9 una pelosa che sar grande cos+ !# 'l suo guardo si fece attento e

    quando individu( il grosso granchio lanci( una esclamazione che presi per un

    “DoD#. 6i guard(, sorrise e annu+ con foga. acendo attenzione a non fare ilminimo rumore, si allung( a prendere il secchiello e cerc( una posizione sta%ile,

    pronto a porgermi il secchio non appena glielo avessi chiesto. 6i piaceva il suo

    modo di fare, silenzioso e deciso. on faceva troppo rumore e i granchi non si

    spaventavano, mi sem%rava una cosa piuttosto ovvia, ma a spiegarlo ai miei amici

    ci avevo rinunciato. on appena vedevano qualcosa si mettevano a urlare tanto

    forte dall’eccitazione che un paio di volte il %agnino ci aveva chiesto di a%%assare

    la voce, non che distur%assimo cos+ tanto a dire il vero, a parte i pesci. L’altra cosache mi aveva colpito del mio incredi%ilmente pallido amico era il fatto che non

    avesse minimamente accennato a voler prendere il retino, di solito nessuno

    voleva tenere pronto il secchio, tutti volevano compiere l’azione di prima persona.

    Lui invece era stato al suo posto, senza lamentarsi, forse era perch5 non ci

    conoscevamo tanto %ene. Avrei capito molto pi avanti che c’9 una %ella

    differenza fra i %am%ini italiani e quelli tedeschi e la differenza non si ferma solo

    all’educazione. La pelosa si mosse, portandosi al centro di un piccolo scoglio. 'l

    retino in mano, ero pronto ad acchiappare la %estia. 2i ferm(, punt( una chela

    verso l’alto e la schiocc(, come per avvertirci di lasciarla stare, ma niente e

    nessuno poteva farci desistere. 2cattai in avanti e catturai la %estiola, il ragazzo

    tedesco fu pronto a portare il secchiello sotto il granchio e lo catturammo.

    *ravamo al settimo cielo, dico davvero. -“raga !!# 2trillai con quanto fiato avevo in

    gola “venite qui, l’a%%iamo presa !!# 'n meno di due minuti venimmo accerchiati dai

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    miei amici urlanti, chi incredulo, chi invidioso, chi eccitato come noi. 2entii una

    mano che si chiudeva sulla mia spalla e vidi una testa che si sporgeva per vedere

    meglio. onostante pochi istanti prima fosse stato in prima linea, il mio nuovo

    amico adesso allungava il collo per vedere meglio quello che avevamo catturato.Questo nuovo tipo di contatto non mi dava fastidio, la sua mano era calda e

    delicata e nonostante fossimo sotto il sole era quasi piacevole. -“pieC, chi 9 questo

    &“ Quando mi voltati mi accorsi che ora tutti gli occhi erano puntati sul mio nuovo

    amico e mi accorsi con im%arazzo che non conoscevo neanche il suo nome.

    -#come ti chiami &“ 3hiesi, ma ovviamente lui non aveva idea di cosa stessi

    parlando. -#come ti chiami &“ 'nsist9 un altro %am%ino. -#magari 9 scemo“ )isatine

    di approvazione. 6i sentii su%ito in pena per lui, tutti ridevano e lui ci guardavacon un’espressione interrogativa, senza riuscire a capire la ragione della nostra

    ridarola. u allora che mi venne un’idea, avevo visto film e anche cartoni animati

    dove i protagonisti erano riusciti a comunicare senza conoscere una parola della

    lingua dell’altro. 6i puntati una mano aperta sul petto. -#0ietro“ scandii

    sentendomi come arzan. 0oi appoggiai la stessa mano sul suo torace, non

    senza arrossire un poco, all’epoca arrossivo un sacco.

    3ome speravo, lui cap+ al volo e pronunci( un chiaro #Earl“. 2entii poi i genitoriche lo chiamano e li vidi s%racciare nella nostra direzione. Lui url( qualcosa di

    rimando, ci fece un cenno timido con la mano e corse dai suoi genitori. -#9 un po’

    strano# cominci( qualcuno. -“si 9 vero 9 molto strano"# -“non dice una parola#

    -“scemo ma per forza, guarda che quello non 9 italiano"# -“scemo sarai tu !#

    3ontinuarono i discorsi per decidere chi fosse il pi scemo ma era solo un %rusio

    per me, avevo solo una parola in testa, Earl, e non dovevo dimenticarla.

    el corso della settimana riuscii ad assimilare gli orari di Earl e della sua

    famiglia. 2cendevano in spiaggia al mattino presto ma non oltre mezzogiorno e

    un quarto si ritiravano nel loro hotel, per poi uscirne non prima delle quattro. 0er

    noi altri quegli orari erano fuori dal mondo. 3erto, gli orari del mattino non erano

    poi tanto diversi dai nostri che prevedevano un piccolo ritardo nella discesa

    verso la spiaggia e la

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    risalita verso casa verso la mezza o l’una, ma il pomeriggio scendevamo il prima

    possi%ile, su%ito dopo esserci levati la palla al piede dei compiti delle vacanze.

    1opo l’episodio degli scogli ci eravamo quasi legati a Earl, certo la %arriera

    linguistica era un grosso ostacolo, ma cominciavamo ad apprezzare la suacompagnia, sopratutto io. )iuscivamo in qualche modo strano quasi a comunicare,

    doveva essere un ragazzo estremamente intelligente. Lui aveva anche provato a

    parlarci un po’ in inglese ma noi in materia eravamo piuttosto ignoranti, i classici

    studenti italiani. L’unico che sem%rava non apprezzare tanto la sua compagnia era

    forse 2tefano. on so per quale motivo, o meglio, allora non lo sapevo, ma

    sem%rava non soffrirlo pi di tanto. 3ominciammo a frequentarci sempre di pi, io e

    Earl. 2uccesse senza che ce ne accorgessimo, arrivati in spiaggia ci cercavamo e poi

    giocavamo insieme. Anche i nostri genitori sem%ravano aver legato, forse

    vedendoci sempre assieme avevano pensato di presentarsi. 6i piaceva stare con lui,

    non capivo una sola parola di quello che diceva, ma riuscivamo a intenderci a gesti,

    sorrisi e qualche colpetto sulle %raccia. u allora che cominciai a realizzare qualcosa

    di me che mi avre%%e spaventato cos+ tanto durante tutti gli anni delle medie, in

    quel periodo di prese in giro, %otte e isolamento. 3redo di aver avuto dei lividi quasi

    permanenti per tutti quei tre anni. Lividi che guarivano in estate, durante le vacanze

    e che poi ricomparivano entro il primo mese di scuola. * c’era sempre qualcuno a

    mantenerli violacei, per tutto l’anno. Questo per( avvenne dopo, quell’estate vivevo

    ancora nell’innocenza. 0er le due settimane successive la mai vita fu cos+. 6olti

    giochi, tanto divertimento e Earl. on mi stavo accorgendo che in quel dolce idillio

    mi stavo allontanando sempre pi dalla mia vecchia compagnia. on sapevo dove

    stavo per finire. Earl era sempre al mio fianco, ormai mi sentivo completamente

    assuefatto dalla sua presenza. :oltarmi e vedere la sua pelle %ianca e i capelli

    %iondissimi era una cosa che semplicemente mi riempiva di gioia, mi faceva sentire

    %ene. ' nostri %uffetti per richiamare l’attenzione dell’altro erano diventati pi delicati,

    quasi delle carezze. on era come con 2tefano, il suo tocco era pi raro e non veniva

    dispensato tanto facilmente. Anche il suo sorriso appariva raramente sul suo viso ma

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    era come il sole che emerge dalle nu%i, un faro nella notte. * questo mi %astava.

    $n giorno per( le cose si complicarono definitivamente e non potei pi tornare

    indietro. 6ai pi. -“raga, rivincita -“nah %asta dai, avete perso !! 2ono due ore

    che giochiamo# -“1avide, 1avide !! *sci dall’acqua, do%%iamo andare# -“arrivomamma ! )aga io devo andare# -“si anche io, sono quasi le sette# 6i sent+

    toccare su una spalla, Earl mi stava chiamando. 6i voltai verso di lui, cerc( di

    dirmi qualcosa ma non riuscii a capirlo. -“non ti capisco# provai a dire. Lui scosse

    la testa, allung( un %raccio e mi prese la mano, portandola all’altezza del petto,

    proprio in mezzo a noi. 'o arrossii violentemente e cominciai a guardarmi attorno

    im%arazzato. on riuscivo a capire il motivo di quel gesto e i miei occhi che

    guizzavano da una parte all’altra del suo corpo tradivano la mia irrequietezza. 6apoi il mio sguardo incontr( il suo, fermo, deciso, puntava dritto nei miei occhi e

    non potei evitare di ricam%iare quell’intensit. ece un passo verso di me, sentii

    una piccola onda infrangersi sulla mia gam%a. Ancora un piccolo passettino, ora

    era veramente vicino. 0otevi quasi avvertire il calore del suo corpo, come un’aura

    che emanava da quella pelle candida come la neve. on sapevo che stava

    succedendo ma quella vicinanza mi chiudeva la %occa dello stomaco. 6i guard(

    ancora e per un momento e%%i come la sensazione che stesse ripensando aquello che faceva. 0oi copr+ quei pochi centimetri che ancora ci dividevano e mi

    %aci(. Le sue la%%ra erano calde, mor%ide sulle mie e si schiusero delicatamente

    in quello che fu il mio primo %acio. 3i( che segn( per sempre la mia vita. -“@e

    guardate,0ietro e Earl si %aciano !!# 6i allontani in un attimo da Earl e, in preda al

    panico, mi resi conto di quello che era successo. ' miei amici erano l+, sui %agni

    asciuga e non staccavano gli occhi da me e Earl. Qualcuno cominci( a ridere, poi

    qualcun altro e qualcun altro ancora, finch5 non divenne virale. 2entii il mondocrollarmi addosso. -“finocchio !# Quella parola mi colp+ come una vergata, la prima

    delle tante che avrei dovuto sopportare. on fu certo la pi pesante ma la prima 9

    forse la peggiore. -“pietro"# Earl poggi( una mano sulla mia spalla. -“lasciami!!#

    s%ottai divincolandomi “lasciami stare# Lasciai i miei amici a deridermi sulla

    spiaggia, corsi tra gli om%relloni e mi %uttai sotto una doccia. Avrei

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    dato qualcunque cosa in quel momento per cancellare quello che era successo,

    qualunque cosa. on so quanto tempo rimasi l+ sotto ma quando chiusi l’acqua mi

    accorsi della fila che si era creata. $na signora mi scocc( un’occhiata di

    rimprovero.-“scusi# %ofonchiai 3ercando di muovermi come un’om%ra mi diressi verso la

    mia ca%ina. Quando apr+ la porta mi sentii chiamare8 -“pieC“ on feci in tempo

    a realizzare la cosa che 2tefano era sgusciato dentro. 3hiuse la porta dietro di

    se’.

    -#pie’, io non ho riso"# 2i vedeva che era nervoso, non riusciva a stare fermo e

    sem%rava sul punto di scoppiare. 'o non riuscivo a dire una parola, non capivo pi

    nulla. -“io non ho riso# ripet9 “non ho fatto come gli altri# on lo stavo neancheguardando, il pavimento sem%rava l’unica cosa che potessi guardare. rasalii

    quando mi diede un %acio sulla guancia. A quel punto lo guardai e lui si avvicin(

    per darmene un altro ma io lo allontanai. -“no, 2te# La sua espressione mut(

    all’improvviso, mi fiss(, lo sguardo ferito, non avrei potuto fargli una cosa

    peggiore, cosa di cui non mi rendevo conto. Avevo lasciato che Earl mi %aciasse e

    lui invece no, lo realizzai solo anni dopo. :idi una grossa lacrima scendergli per la

    guancia mentre scuoteva la testa quasi incredulo. -“sei proprio un finocchio#s%rait( con voce spezzata. 6i allontan( con un solo gesto, apr+ la porta e

    scomparve. * cos+, l’unico ancora dalla mia parte, che ancora voleva essere mio

    amico, se n’era andato.

    Quella sera non toccai ci%o, mi sedetti a tavola solo perch5 non avevo altra

    scelta8 mia madre era inflessi%ile sulla presenza o%%ligatoria a tavola. ui

    particolarmente silenzioso quella sera e mia mamma se ne accorse8 -“tesoro,cosa c’9 -“niente#

    -“cosa 9 successo Alzai le spalle. -“sei triste per Earl La guardai con uno

    sguardo interrogativo. -“Earl -“s+, domani va via, partono di mattina. e l’ho detto

    l’altro giorno !! 6a non mi ascolti mai )icordo solo che sprofondai nella sedia.

    ino ad un momento prima ero arra%%iato con Earl, per colpa sua i miei amici mi

    avre%%ero preso in giro per sempre. *ro confuso dal suo comportamento e da me

    stesso e non potevo negare che una parte di me aveva goduto nel sentire le sue

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    la%%ra appoggiarsi sulle mie. orse l’avevo sempre desiderato ma mai creduto

    possi%ile.

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    on potevo negare che godevo della sua vicinanza fisica, pi eravamo vicini pi mi

    sentivo vicino al mio vero essere. on aspiravo alla divinit ma soltanto al calore del

    suo corpo. * quando quella vicinanza era finalmente diventata contatto, ecco che il

    peggio era capitato. 2entivo che qualcosa era cam%iato per sempre, come unmeccanismo di un orologio che dopo un lungo travaglio, all’improvviso si spezza e

    viene sostituito da un altro, nuovo, che per( non si adatta agli ingranaggi che lo

    circondano. Quei giorni d’estate fino al culmine di quel %acio erano statiil lento

    morire di ci( che avevo smesso di essere e lo svelamentoFrivelazioneG di ci( che ero

    sempre stato. 6entirei se dicessi che non presi sonno quella notte e purtroppo non

    ricordo cosa sognai esattamente, ma il mattino dopo mi svegliai cosciente di essere

    diverso, solo che ancora non capivo qual era la mia diversit. *ro spaventato

    dall’idea di tornare in spiaggia quel giorno, l’avvenimento del giorno prima era

    ancora molto fresco e sapevo che i miei amici non avre%%ero dimenticato presto la

    cosa. 1urante la colazione mi venne per( un’idea8 avrei fatto fitta di niente, li avrei

    salutati e mi sarei messo a giocare con loro, come ogni altro giorno. 1ovevo solo

    essere normale, come al solito, come loro. 2cesi per tutta la strada che collegava la

    nostra casa alla spiaggia, la paura che cresceva nel petto ad ogni passo. 2e solo Earl

    non mi avesse mai %aciato !! orse non avrei dovuto sopportare tutto quello che

    venne dopo. Avevo ancora in %occa quel gusto salato della sua pelle, era cos+ che

    me la ricordavo8 calda e salata"meravigliosa. 0assai delicatamente la lingua sulle

    la%%ra, cercando di rievocare quel momento. 6a che diavolo mi prendeva & orse

    ora cominciava a piacermi & orse meritavo davvero di essere chiamato finocchio. u

    con la testa %assa e piena di pensieri che rischiai per poco di farmi investire ma

    arrivai lo stesso all’ingresso della mia spiaggia. on so quanto rimasi l+ davanti a

    girare come un ossesso, in fondo non sapevo come avre%%ero reagito. 6olto

    titu%ante scesi le poche scale che conducevano alla sa%%ia e l’inferno cominci( per

    davvero. -“finocchio!# La parola arriv( come una stilettata nello stomaco, fece male.

    4uardai da chi proveniva l’insulto, 1avide. 6i sfrecci( davanti cos+ veloce che non

    feci in tempo a dire una parola ma vidi %ene il suo volto. 3’erano disprezzo,

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    schernimento, paura e anche senso di colpa. on potei fare a meno di sentirmi in

    colpa, mi dispiacevo a vederlo cos+. 6i cam%iai rapidamente in ca%ina e uscii.

    3ercai di individuare i miei amici e li trovai vicino agli scogli. Appena mi videro

    camminare verso di loro cominciarono a %is%igliare qualcosa e a tirarsi dellegomitate complici. Quello che mi fece pi male fu vedere qualcuno che sorrideva

    malizioso. -“ciao raga# provai a dire in tono sicuro ma la mia voce trem( come una

    foglia al vento d’autunno. -“oh guarda c’9 0ietro finocchio# )isatine idiote. -“0ietro

    finocchio, finocchio"# 0erch5 si accanivano tanto & 3ercai di ignorarli. -“che

    fate 3hiesi.

    -“non sono affari tuoi# mi rispose 6arco con tono da leader “e poi non

    vogliamo giocare con un finocchio#. -“non sono finocchio# provai a difendermiinutilmente.

    -“certo, e chi se la %eve & 4uarda che ti a%%iamo visto tutti che %aciavi Earl# -“non

    l’ho %aciato io, 9 lui che ha %aciato me!!# 6i accorsi per( che questo non mi

    avre%%e aiutato minimamente a tirarmi fuori dai pasticci. -“e allora perch5 non gli

    hai tirato un pugno& 2e lo faceva a me gli tiravo un pugno# 6i trattenni dal dire

    “avrei tirato# come avrei fatto di solito, quello non era il momento per le correzioni.

    -“9 vero, solo un finocchio non gli avre%%e tirato un pugno#. -“ti ho detto che nonsono finocchio# ringhiai di rimando. 3ontinuarono a ridere, ormai non vedevo pi

    via d’uscita.

    -“acciamo cos+# propose 6arco “se vuoi giocare con noi devi dire che sei

    finocchio, altrimenti non ti facciamo pi giocare#. -“no"# Lo supplicai. -“che c’9 hai

    paura 6i canzon( qualcuno. -“2te, diglielo tu che non sono finocchio, ti prego#

    3ercai invano i suoi occhi, che per( tenne %assi. Quello che disse dopo mi

    spezz( definitivamente8

    -“2econdo me 9 finocchio, cerca sempre di toccarmi e di a%%racciarmi. /

    sicuramente finocchio# Lo fissai incredulo, la %occa spalancata e gli occhi

    sgranati. on riuscii a emettere un suono, non una parola di difesa usc+ dalla mia

    %occa, ormai ero perduto. 0er 6arco non ci fu neanche pi il %isogno di mettermi

    alla prova, il fatto che 2tefano, quello che credevano tutti il mio migliore amico, mi

    avesse pu%%licamente %uttato nella fossa dei leoni senza il minimo

    tentennamento fu sufficiente a escludermi dai loro giochi. 1a quel giorno cam%i(

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    tutto, non scelsi io la solitudine, chi l’avre%%e mai fatto & Quando scendevo in

    spiaggia mi stendevo al

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    riparo dell’om%ra sulla sdraio e quando mi accorsi che dopo un po’ la cosa

    diventava noiosa, provai a tenermi impegnato con un li%ro. 0resi a leggere molto,

    la gente cominci( a credermi un lettore appassionato, come mia madre del resto,

    e nonostante gli adulti spesso mi spronarono ad andare a giocare con qualcuno iorimanevo sempre a leggere. on avevo pi nessuno ormai, Earl era lontano e

    non lo vidi mai pi. u cos+ che la gente cominci( a pensare che la solitudine

    fosse una mia scelta e chi mi piacesse stare solo ma a nessuno piace la

    solitudine, semplicemente impariamo a conviverci. *pilogo Quell’estate fin+ cos+,

    dopo una settimana tornai finalmente a casa e fui davvero sollevato di essermene

    andato via da quel posto. *ra strano, non avevo mai avuto nostalgia di casa

    prima di quel momento e ora mi ritrovavo a desiderare che finissero le vacanze.2ono passati ormai un po’ di anni da quell’estate, siamo tutti cresciuti, la

    compagnia si 9 sciolta poco per volta, ora qualcuno di noi va all’universit,

    qualcuno lavora, qualcuno non fa nulla. 3he io sappia 2tefano non ha mai fatto

    coming out, 9 stato fidanzato pi volte, spesso con delle ragazze molto %elle ma a

    cui non ha mai detto la verit. / diventato un %ellissimo ragazzo, ammetto che mi

    piace molto, alto, muscoloso, ma non lo desidero. :edo come guarda le sue

    ragazzeH amorevole, premuroso ma quando passa un ragazzo capisco che 9 tuttofalso. on c’9 niente di vero in quello che dice di provare e non potr essercene.

    orse 9 cos+ che deve andare, almeno fino a quando non far i conti con chi 9

    davvero. 3ol tempo i miei eI compagni d’estate non hanno pi %adato a

    quell’episodio o forse se ne sono semplicemente dimenticatici e ora ci salutiamo e

    scam%iamo qualche convenevolo come se nulla fosse mai accaduto. on ho mai

    parlato con nessuno di loro riguardo a cosa successe quell’estate e credo che

    molti, negli ultimi anni, non a%%iano mai pensato a me come ga, neanchequando mi hanno visto in intima compagnia di qualche ragazzo. on sanno

    quanto la loro discriminazione mi a%%ia segnato, per parecchi anni. orse non li

    ho mai perdonati completamente ma ormai 9 passato e cerco di non rivangare

    quei momenti. ' momenti %ui delle scuole medie sono terminati e ora desidero

    solamente poter essere me stesso, niente di pi.

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