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REGGIOBATTELACRISI Lʼesperienza RE UP della Provincia di Reggio Emilia RE UP

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REGGIOBATTELACRISILʼesperienza RE UP della Provincia di Reggio Emilia

REUP

REGGIOBATTELACRISILʼesperienza RE UP della Provincia di Reggio Emilia

REUP

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Questo volume è stato realizzato da Manuela Brusoni e Veronica Vecchi, docenti della Scuola di Management dell’Università Bocconi, per la Provincia di Reggio Emilia.Il volume è stato realizzato con il supporto di Francesca Casalini e Niccolò Cusumano.

L’impaginazione e la grafica del volume sono state realizzate da Niccolò Alessandri.

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SOMMARIO

Prefazione

Introduzione

Parte I - RUOLO DELLA PA A SUPPORTO DELLO SVILUPPO Alcuni spunti di riflessioneIl ruolo della PA per lo sviluppo e la competitivitàUn possibile percorso per l’attuazione delle politiche di sviluppo a livello localeI gap dello sviluppo e il managerial flow

Parte II - L’INIZIATIVA RE UP PROMOSSA DALLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIAIl contesto economico territoriale e il piano anti-crisiRE UP dietro le quinteLa prima edizione RE UP 2010 Gli obiettiviLa struttura del programmaIl bando di selezioneLa selezione delle idee imprenditorialiLa formazione e l’accompagnamentoLa valutazione finale e il finanziamento a fondo perdutoI risultati della prima edizione

La seconda edizione RE UP 2012/13Il bando di selezioneLa selezione delle idee imprenditorialiLa formazione e l’accompagnamentoI risultati della seconda edizione

Conclusioni

Parte III - LE VOCI DI RE UPIl tutorLa coachI partecipantiLe voci fuori campo

Bibliografia

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Per diventare imprenditori, non basta un’idea di business vincente o un finanziamento se

questi non sono accompagnati da un’adeguata formazione sulle dinamiche aziendali

e del mercato, dal coraggio con cui li si affronta, dalla capacità di misurare rischi e

opportunità.

La Provincia di Reggio Emilia ha promosso in questi anni una serie di iniziative volte a

sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare per i giovani e le donne.

Lo ha fatto con RE UP, puntando sulle idee innovative dei giovani reggiani; lo ha fatto

con il progetto sul microcredito per incentivare l’imprenditoria femminile; lo ha fatto con

lo sportello “autoimprenditoria” attivo nei Centri per l’impiego per affiancare le persone

che vogliono aprire una nuova impresa. Un impegno che ha portato alla nascita di una

cinquantina di attività che, a loro volta, hanno creato molti posti di lavoro.

Reggio Emilia è diventata una delle province più dinamiche e ricche anche grazie ai

propri imprenditori e costituisce l’esempio di un modello di successo dove il sistema lo-

cale ha saputo trainare, con forte autonomia dal contesto nazionale, crescita, sviluppo,

benessere.

È la storia dell’esperienza emiliana che mostra come politiche locali adeguate possano

contrastare e invertire situazioni nazionali non positive. La lezione di questa storia, pur

essendo completamente mutate le condizioni, è ancora di grande attualità e andrebbe

assunta come uno dei parametri di riferimento per attuare le politiche europee previste

dalla multilevel governance: favorire nuova crescita e coesione come prevede la strate-

gia di Lisbona.

Essa è una realtà pienamente europea, di quell’Europa più avanzata in cui il mix im-

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PREFAZIONE

Presidente della Provincia di Reggio Emilia Sonia Masini

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presa, servizi pubblici qualificati, coesione sociale e territoriale costituisce ancora un

vantaggio competitivo notevole. È un patrimonio da difendere e rigenerare, perché tra

i migliori al mondo.

È stato un impegno grande, dal dopoguerra ad oggi, che continua incessantemente an-

che nel mezzo della durissima crisi economica: a Reggio Emilia si continua a ingegnar-

si, a innovare. Anche il progetto avviato dalla Provincia di Reggio Emilia e giunto alla

sua seconda edizione, RE UP, dimostra che le competenze, la creatività, le intelligenze,

la voglia di “scommettere” sul futuro non mancano.

Non ci sono soltanto “cervelli in fuga”, ci sono anche tanti giovani che restano qui, in Ita-

lia, che cercano di inventarsi nuove imprese o di riconvertire e rilanciare quelle familiari,

giovani che hanno nuove idee e nuove competenze e vanno sostenuti, “accompagnati”

nelle forme giuste.

Si deve avere fiducia in quello che sappiamo fare e pretendere che sia riconosciuta la

propensione all’ingegno, alla realizzazione della propria vocazione: bisogna premiare

chi ha iniziativa e sa e vuole mettersi in gioco affrontando i necessari sacrifici.

La Provincia di Reggio Emilia, rispetto ai compiti tradizionali dell’ente in materia di la-

voro, ha scelto di compiere un passo ulteriore e di essere al fianco di quanti vogliano

fare impresa, nella consapevolezza del sistema virtuoso che si può attivare quando

progetti giusti incrociano la domanda del mercato.

Da qui, dalla fiducia in se stessi e da una visione del futuro, si può ripartire per creare

nuove opportunità; il successo delle nuove imprese testimonia che è ancora possibile

farcela, basta non arrendersi.

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Questo volume ha l’obiettivo di illustrare e discutere il progetto RE UP, intrapreso dalla

Provincia di Reggio Emilia nell’ambito di un ampio programma con il quale ha cercato

di dare una risposta alla crisi che ha colpito duramente il sistema produttivo reggiano e

che ha messo in discussione il paradigma di riferimento su cui l’economia della provin-

cia si era sempre fondata.

RE UP, acronimo di “Reggio Emilia per le imprese start up”, è un’iniziativa volta alla pro-

mozione dell’innovazione e della creatività d’impresa attraverso l’accompagnamento e

il supporto di giovani imprese innovative.

Il supporto all’imprenditorialità è elemento fondamentale all’interno degli obiettivi di

competitività e sviluppo, che sempre più costellano i programmi elettorali, catalizzando

le risorse e l’attenzione di coloro che definiscono le politiche pubbliche, e la cui criticità

è sempre più spesso ribadita dalle imprese e dalle loro associazioni di riferimento. Se

tali obiettivi sembrano essere definiti in modo chiaro a livello europeo, non sempre a

livello nazionale e locale le amministrazioni pubbliche riescono a tradurli in programmi

e azioni efficaci.

Il progetto RE UP condotto dalla Provincia di Reggio Emilia, invece, si differenzia e si

contraddistingue per un approccio nuovo, volto alla chiusura di alcuni gap che spesso

ostacolo a livello locale un’allocazione mirata delle risorse verso programmi realmente

capaci di generare risultati per i loro destinatari.

Il presente lavoro si pone l’obiettivo di mettere in evidenza come un processo manage-

riale, nella definizione e nell’implementazione di programmi e progetti di sviluppo lo-

cale, sia essenziale per generare quegli impatti che attuino con successo le aspirazioni

delle politiche regionali, nazionali e comunitarie.

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INTRODUZIONE

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Infine esso può fornire un supporto metodologico e operativo a tutte le amministrazioni

locali italiane, che, basandosi sull’esperienza della Provincia di Reggio Emilia, vogliano

derivarne utili spunti per personalizzare un proprio progetto a supporto dell’imprendito-

rialità e dello sviluppo economico del territorio. Si ritiene, infatti, che il progetto RE UP

della Provincia di Reggio Emilia costituisca un esempio di come un’amministrazione sia

riuscita, partendo dall’analisi delle specificità e dei fabbisogni territoriali, a realizzare

un programma di supporto allo start up d’impresa, che, benché mirato, possa generare

effetti positivi sulla capacità del territorio di avviare nuove attività imprenditoriali.

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PARTE I RUOLO DELLA PA A SUPPORTO DELLO SVILUPPO*

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ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE

Il tema dello sviluppo imprenditoriale è considerato una delle determinanti più impor-

tanti dello sviluppo economico locale e, per tale motivo, deve ricoprire un ruolo fonda-

mentale nella definizione e nell’implementazione delle politiche pubbliche. Il supporto

all’imprenditorialità è anche una delle principali priorità nelle politiche dell’Unione Eu-

ropea tese al rilancio della competitività e della crescita, così come si evince dal piano

strategico Europa 2020. Queste politiche devono essere programmate e implementate

principalmente a livello regionale attraverso la gestione dei Fondi Strutturali Europei, i

quali sono co-finanziati dagli stati membri e dalle regioni (secondo il cosiddetto principio

di addizionalità) e gestiti in autonomia dalle seconde, coerentemente con le loro priorità

territoriali (secondo il principio di concentrazione) [1].

Dato l’interesse diffuso nei confronti dell’imprenditorialità quale elemento essenziale delle

politiche di sviluppo locale, risulta meritevole di sempre maggiore attenzione il dibattito

sulle azioni che le amministrazioni pubbliche e altri attori locali (le camere di commercio,

le associazioni di imprese, le agenzie per lo sviluppo, e così via) dovrebbero implemen-

tare per massimizzare il raggiungimento dei loro obiettivi strategici.

Tale dibattito è al centro anche dell’interesse della letteratura accademica, dalla quale

provengono alcuni suggerimenti molto specifici, che riguardano:

Iniziative di venture capital miste pubblico-privato [2];

Incubatori [3];

Programmi di supporto mirati per nuove imprese ad alto potenziale di crescita [4];

Do not harm approach, che prescrive un approccio di tipo non invasivo da parte

della Pubblica Amministrazione [5].

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Qualunque sia la linea di intervento prescelta, il livello locale, con le sue articolazioni

istituzionali, dovrebbe rappresentare la cinghia di trasmissione delle politiche di sviluppo

definite a livello macro strutturale e il territorio, inteso come il luogo in cui si realizzano

gli interventi.

Spesso, però, l’interazione di fattori quali la complessità delle problematiche a cui

dare risposta, la molteplicità degli stakeholder coinvolti, la presenza di ingenti risorse

finanziarie stanziate nell’ambito dei programmi di competitività e sviluppo (molti dei

quali cofinanziati dai fondi strutturali) ha determinato risultati sub ottimali: problema-

tiche complesse sono state affrontate attraverso iniziative concepite con un approccio

di breve termine finalizzato a dimostrare la capacità di spesa delle risorse piuttosto

che all’investimento [6]. E, infatti, i più recenti dati sulla competitività del nostro Paese

mostrano una situazione molto critica: tra i paesi OECD, l’Italia si classifica al terzultimo

posto nel 2013 e anche nel 2014 nella scala della World Bank che misura la facilità

di fare business [7] ed è considerata un innovatore moderato dallo European Innovation

Scoreboard [8].

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IL RUOLO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER LO SVILUPPO E LA COMPETITIVITA’

Evidenze dalla letteratura

Negli ultimi due decenni, abbiamo assistito, specialmente in Europa, a una crescente

rilevanza degli attori a livello regionale e locale nell’implementazione delle politiche

pubbliche per lo sviluppo economico, in conseguenza di alcune tendenze, tra cui:

Il decentramento delle competenze e la crescente autonomia delle autorità ter-

ritoriali [9];

Il ruolo centrale ricoperto dai fondi strutturali dell’Unione Europea, il cui funziona-

mento è basato sui principii di sussidiarietà e di governance a più livelli [10];

Il processo di globalizzazione, che, in generale, ha colpito il lavoro e l’economia,

costringendo gli attori a livello locale a battersi per predisporre e implementare azioni a

supporto delle comunità e dei sistemi produttivi del loro territorio [11]; nei paesi sviluppati,

inoltre, la globalizzazione e il passaggio a un’economia basata sulla conoscenza (la

cosiddetta knowledge-based economy) [12] hanno reso le politiche monetarie e fiscali

tradizionali meno efficaci, stimolando gli organi governativi a tutti i livelli a pensare a

nuove politiche per il supporto dell’imprenditorialità [13].

Di conseguenza, è sempre più rilevante il numero di attori coinvolti nella definizione

e nell’implementazione delle politiche di sviluppo locale [14], attori che molto spesso si

collocano al di fuori della tradizionale giurisdizione e operano secondo modelli di gover-

nance a network [15], stimolando lo sviluppo di varie forme di partnership (orizzontali o

inter-organizzative, e verticali o inter-governative) [16], all’interno delle quali la collabora-

zione è determinante per il successo dell’implementazione [17].

Nonostante si attribuisca un ruolo centrale agli attori a livello territoriale e si cerchi-

no casi concreti che ne possano rappresentare evidenze empiriche, la letteratura sul

tema dello sviluppo, assimilando le teorie provenienti da altre discipline [18] come la

macroeconomia e l’imprenditorialità, si concentra principalmente su quelle determinanti

delle politiche che si considerano più adatte ai fini dello sviluppo economico e della

competitività. Sebbene si invochino politiche più efficaci [19] e si cerchi di analizzare i

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programmi pubblici per lo sviluppo [20], l’approccio adottato in letteratura è sempre di tipo

macrostrutturale, mancante nell’indicare chiaramente le adeguate azioni manageriali da

intraprendere.

In alcuni casi, in particolare quando ci si riferisce all’area geografica italiana a noi

ben nota, si osservano numerosi e controversi risultati, nonché esempi fuorvianti riferiti

a casi trattati troppo superficialmente [21], probabile conseguenza della volontà degli

autori di condurre ricerche esaustive in termini di numero di osservazioni considerate.

Da altri autori, invece, provengono alcuni interessanti spunti ai quali ispirarsi: un sistema

basato sui risultati per legittimare le amministrazioni coinvolte nelle politiche di sviluppo

locale [22] e il suggerimento offerto da Cheshire e Magrini [23] di investire in interventi

value added, a valore aggiunto, che prevedono un utilizzo delle risorse pubbliche per

l’erogazione di servizi reali o per il miglioramento degli asset materiali e immateriali del

territorio (investimenti in educazione e formazione, infrastrutture, miglioramenti del quadro

normativo e regolamentare), piuttosto che in interventi pure waste, di mero spreco di

risorse (marketing territoriale e promozione), o zero sum, a somma zero (attrazione degli

investimenti basata su incentivi fiscali o finanziari).

In ogni caso, ciò che è utile evidenziare dalla letteratura qui analizzata è che la pubbli-

ca amministrazione, soprattutto quella locale, può avere un ruolo importante in relazione

all’implementazione delle politiche di sviluppo. Ruolo che non si deve limitare alla tra-

duzione acritica di un piano in un’azione fine a se stessa, ma che deve essere motivato

e articolato sulla base delle specifiche caratteristiche del territorio.

Spunti di riflessione, definiti secondo un approccio di management, per le pubbliche

amministrazioni chiamate a implementare politiche e programmi di sviluppo, possono

essere rappresentati dalle otto regole suggerite da Waits, Kahalley e Heffernon [24], di

seguito sintetizzate e commentate.

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Pensare in termini di processi di sviluppo, non di agenzie di sviluppo. 1

Il supporto allo sviluppo non dovrebbe esaurirsi nell’istituzione di un soggetto ad hoc; esso dovrebbe piuttosto fondarsi sulla costruzione e alimentazione di reti di attori capaci di attivare e gestire processi convergenti.

Pensare al sistema, non ad azioni specif iche.2

Incubatori, parchi tecnologici, fondi di venture capital non rappresen-tano soluzioni valide di per sè; essi possono essere il punto di arrivo di programmi di sviluppo o strumenti da inserire in una programmazi-one definita sulla base delle esigenze del territorio e delle imprese.

Pensare ai building blocks, non ai dettagli.3

Il successo dei programmi di sviluppo dipende dalla loro capacità di rispondere alle reali esigenze di sviluppo del territorio e dalla verifica dell’esistenza delle cosiddette condizioni igieniche. Concentrare le risorse sui dettagli risponde solo a logiche contingenti e di ricerca del consenso.

Pensare ai cluster, non alla singole imprese.4

L’individuazione di soluzioni mirate per rispondere alle esigenze delle singole imprese o di poche di esse (come il caso dell’aiuto finanziario) non consente di creare le condizioni per la nascita o il rafforzamento di un sistema locale competitivo.

Pensare in qualitàdi catalizzatori, non

di esecutori.6Le amministrazioni dovrebbero agire come registi e coordinatori di un sistema di attori, ai quali demandare, in funzione dei ruoli istituzionali e competenze, la gestione di iniziative e programmi complementari.

Pensare in termini di aree economiche, non in base ai confini amministrativi.7

I programmi di sviluppo, quando definiti in funzione delle esigenze delle imprese, dovrebbero essere concepiti in relazioni ad aree eco-nomiche, indipendentemente dai confini amministrativi.

Pensare agli impatti e all’accountability, non alla quantità.

La programmazione di nuove iniziative di sviluppo dovrebbe fondarsi anche sull’analisi dei risultati e degli impatti generati dai programmi conclusi, la cui performance non dipende certamente dalla quantità di risorse investite o imprese supportate o finanziati.8

5Pensare in termini di bisogni delle imprese,

non di spesa.

L’efficacia dei programmi di sviluppo dipende dalla capacità di rac-cogliere, analizzare e sintetizzare i fabbisogni delle imprese e non dal finanziamento di soluzioni sperimentate, magari anche con risultati soddisfacenti, in altre realtà territoriali.

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UN POSSIBILE PERCORSO PER L’ATTUAZIONE DELLE POLITICHE DI SVILUPPO A LIVELLO LOCALE

Il modello Condizioni-Azioni-Risultati

Fonte: Rielaborazione da Brusoni e Vecchi 2009a

Le condizioni di sistema rappresentano i fattori igienici, ovvero gli elementi da cui non

si può prescindere per avviare efficaci programmi di sviluppo, anche di tipo imprendi-

toriale. Una volta generato l’humus, le amministrazioni possono definire il portafoglio di

attività e servizi, in modo coerente ai fabbisogni e alle specificità del territorio, diversifi-

cando, ove necessario, le azioni.

Tra le condizioni di sistema si ritengono particolarmente importanti una dotazione infras-

trutturale adeguata, la riduzione del red tape, ovvero della burocrazia eccessiva, il rico-

noscimento dell’amministrazione pubblica stessa quale partner privilegiato nei processi

di sviluppo delle imprese e la coevoluzione tra attori pubblici e privati.

Sulla base della letteratura e dell’osservazione di molteplici casi nell’ultimo decennio, è

possibile definire un modello articolato in tre passaggi, che può essere utile per guidare

l’azione delle amministrazioni pubbliche nello sviluppo locale.

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RetentionInnovazione

AttrattivaCompletitività

Servizi Locali Formazione

Finanziamenti

Infrastrutture Legittimazione & Coevoluzione

Semplificazione

C O N D I Z I O N I

A Z I O N I P A

R I S U L T A T I

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In relazione alle infrastrutture, va detto che esse rappresentano l’ossatura di un sistema

competitivo: si tratta non solo di infrastrutture di trasporto, ma soprattutto di telecomuni-

cazione, di ricerca e di formazione, quali università e laboratori. Essi sono considerati

un fattore igienico, un elemento su cui fare leva per stimolare la competitività: purtroppo

molto spesso l’infrastruttura hard è stata considerata il punto di arrivo e non di partenza

delle politiche pubbliche di sviluppo.

In relazione al red tape, ovvero alle azioni per la semplificazione amministrativa, è im-

portante evidenziare che molte sono state le azioni intraprese in questa direzione, non

sempre caratterizzate da una reale capacità di rispondere in modo efficace alle esigenze

delle imprese [25]. E’ fondamentale evidenziare che non basta definire un sistema snello

di norme e regolamenti, o adottare soluzioni che hanno dimostrato di funzionare in altri

contesti, ma che è necessario individuare, a livello di sistema amministrativo e territoriale

locale, soluzioni condivise, tra pubblico e privato, basate su una comprensione delle

reali esigenze locali. A tal proposito si sono dimostrate efficaci iniziative pilota promosse

congiuntamente da amministrazioni locali e associazioni imprenditoriali volte a promuo-

vere servizi alla creazione di impresa o attività di controllo più flessibili, definite sulla base

dell’incontro tra obblighi normativi e peculiarità del tessuto produttivo locale [26].

La coevoluzione può essere declinata nella capacità di ascolto del territorio e nella

definizione di percorsi di sviluppo integrati. Raggiungere obiettivi collettivi non dipende,

infatti, semplicemente dall’azione di un unico soggetto, quanto piuttosto dal contributo

di una pluralità di attori, sia pubblici sia privati, ognuno portatore di specifiche risorse,

di tipo economico, di consenso, di conoscenze, ecc. L’efficacia dell’azione pubblica

dipende, infatti, dalla capacità di coinvolgimento, coordinamento e integrazione di tutti

i soggetti che possono utilmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo.

Fondamentale a questo fine è il “mettersi nei panni dei propri interlocutori”, attraverso

indagini e ricognizioni, al fine di comprendere meglio i fabbisogni del territorio e delle

imprese per la programmazione del mix più adeguato di servizi e risorse finanziarie,

riducendo quindi il gap tra domanda e offerta.

In relazione al portafoglio delle attività che possono essere gestite, quale mo-

dalità per implementare le politiche pubbliche di sviluppo, è possibile far

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riferimento a tre categorie: servizi reali, servizi finanziari e formazione. Nella categoria

servizi reali rientrano quelli erogati dalle agenzie di sviluppo, le agenzie per l’attrazione

di investimenti, per l’innovazione e le organizzazioni che operano a supporto dell’in-

ternazionalizzazione delle imprese, i parchi scientifici e tecnologici, ma anche quelli

erogati attraverso forme di partnership con università e centri di ricerca. Si tratta, cioè,

di servizi che possono supportare la creazione di impresa, oppure piani di sviluppo,

processi di innovazione o strategie di internazionalizzazione. Generalmente si tratta

di servizi che non si trovano sul mercato, oppure, quando esistono, sono difficilmente

accessibili, anche per gli elevati costi, oppure sono standardizzati e quindi non in gra-

do di supportare efficacemente le aziende di un sistema produttivo o di un territorio.

Nella categoria servizi finanziari rientrano gli strumenti di finanza agevolata in tutte le

loro forme, dai contributi a fondo perduto alle altre forme di agevolazione più efficienti,

quali i contributi in conto capitale sociale o in conto interessi o il venture capital misto

pubblico privato.

La formazione, sia degli operatori pubblici sia di quelli privati, assume un ruolo im-

portante. In relazione alla formazione degli amministratori e funzionari pubblici può

essere emblematico quanto citato da Porter [27], secondo cui le amministrazioni hanno la

necessità di fare investimenti per “saper fare investimenti”. La formazione orientata agli

operatori privati risulta fondamentale per supportare la loro capacità di fare impresa

e di fare innovazione. Spesso il finanziamento e il coordinamento di programmi di for-

mazione mirati e innovativi può essere ben più efficace di un supporto di tipo finanziario.

Gli interventi formativi congiunti, per operatori pubblici e privati, rappresentano poi un

altro ambito di azione di rilevante importanza, specie a supporto della progettazione di

nuovi servizi rivolti alle imprese. La creazione di un terreno comune di conoscenze e la

condivisione di un lessico appropriato risulta essere un efficace agente di facilitazione,

che assicura un più agevole percorso di comprensione dei fabbisogni e di condivisione

di attività e risultati.

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I GAP DELLO SVILUPPO E IL MANAGERIAL FLOW

GAP DI PROGRAMMAZIONEGap dovuto a un frazionamento di programmi, progetti e strumenti di supporto allo sviluppo, spesso concepiti in una logica di spesa e non di investimento, recentemente esasperato anche dall’incertezza finanziaria.

GAP DI GOVERNANCE

Gap causato dalla difficoltà di coordinamento tra i soggetti che intervengono in diversi ambiti di sviluppo territoriale con responsabilità spesso sovrapposte, concorrenti e frammentate.

GAP DI SELEZIONEGap identificabile in una scarsa propensione a concentrare le risorse finanziarie e gli interventi in poche iniziative strategiche. Da ciò deriva un’illusione di equità distributiva, che tuttavia non è in grado di gen-erare impatti duraturi e percepibili per la polverizzazione delle risorse finanziarie a cui dà luogo.

GAP DI COLLABORAZIONE E INTEGRAZIONEGap identificabile nella difficoltà di promuovere iniziative capaci di mettere a sistema le risorse umane e finanziarie del pubblico e del privato, attivando quel volano di sviluppo che, al contrario, iniziative parcellizzate, portate avanti in autonomia dal pubblico o dal privato, non sono in grado di generare.

GAP DI CONOSCENZA E ASCOLTOGap da cui dipende una scarsa capacità di progettare e gestire interventi in grado di rispondere ai fab-bisogni delle imprese, accentuato spesso da una marcata asimmetria informativa che riduce la capacità di accesso delle imprese ai servizi e agli incentivi pubblici.

Fonte: Rielaborazione da Brusoni e Vecchi 2010a

Non sempre, come si è già detto, le azioni pubbliche a supporto dello sviluppo ven-

gono definite e implementate in modo efficace. È pertanto necessario che le pubbliche

amministrazioni responsabili dell’implementazione di tali politiche definiscano non solo

che cosa fare, ma anche quando farlo, con che grado di intensità, con chi. Serve cioè

un sistema di lenti con cui analizzare il contesto di riferimento, gli elementi che lo carat-

terizzano e le loro interazioni.

Questo sistema di lenti può essere rappresentato dal modello dei gap [28], in cui sono

state sistematizzate le osservazioni condotte dagli autori nel corso degli ultimi quattro

anni. Tale schema non ha solo finalità di tipo descrittivo delle possibili aree di debolezza

e di limitata efficacia degli interventi pubblici. Esso, piuttosto, è stato definito con finalità

di tipo diagnostico.

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I gap rappresentano delle categorie logiche rilevanti per condurre un’analisi del contesto

territoriale, da cui possono essere individuati percorsi di intervento fattibili e indicazioni

utili per concentrare azioni e risorse. Spesso, infatti, la definizione di interventi pubblici a

supporto dello sviluppo segue logiche di tipo contingente, fondate sulla ricerca di un con-

senso immediato, influenzate da pressioni esterne o guidate dalla volontà di realizzare

una iniziativa differente, e magari migliore, rispetto a programmi gestiti da altre istituzioni

sul territorio. Inevitabilmente questo approccio può condurre a interventi pure waste,

ovvero di spreco di risorse, come definiti da Cheshire e Magrini [29] o può alimentare

quella polverizzazione di azioni e risorse che non consente di creare la massa critica

necessaria per supportare un rilancio di competitività. Come strumento di diagnosi, i

gap posso essere quindi utilizzati per analizzare in modo specifico le caratteristiche che

essi assumono nel territorio di riferimento, per comprendere il grado di influenza che

ogni attore istituzionale può avere rispetto alla loro “chiusura o risoluzione” e per orien-

tare gli interventi prioritari. L’utilizzo dei gap durante il processo diagnostico consente di

avviare un percorso di definizione delle soluzioni con il coinvolgimento dei destinatari

finali, nella formulazione dei fabbisogni, e degli stakeholder rilevanti, eventualmente in

un percorso a fasi progressive, che consenta all’attore promotore di consolidare la sua

legittimazione.

E’ importante sottolineare che soltanto l’applicazione di capacità e metodi manageriali

può supportare la chiusura dei gap o prevenirne la manifestazione. In questo senso, è

importante distinguere i “fattori abilitanti” in due ambiti: le managerial actions, le tipologie

di azioni essenziali per realizzare/implementare un programma o progetto di sviluppo, e

i managerial assets, che possono essere considerati un valore caratterizzante e abilitante

per generare un risultato. Essendo le managerial actions e i managerial assets degli

elementi dinamici e interrelati, la loro azione sinergica verso la chiusura dei gap può

essere paragonata a una sorta di flusso manageriale (managerial flow) che abilitala

definizione e l’implementazione di programmi e progetti di sviluppo.

Il managerial flow può rappresentare dunque un metodo di lavoro per gli enti a livello

locale per tradurre gli orientamenti politici in progetti e in azioni.

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GAP DI PROGRAMMAZIONE

GAP DI GOVERNANCE

GAP DI COLLABORAZIONEE INTEGRAZIONE

GAP DI CONOSCENZAE ASCOLTO

CONOSCENZA DEI PROBLEMI E CONSAPEVOLEZZA DELLE POSSIBILI

SOLUZIONI

LEADERSHIP E

LEGITTIMAZIONE

APPRENDIMENTOE

RIORIENTAMENTO

GAP DI SELEZIONE

ANALISI CONTESTO LOCALEFabbisogni, Aspettative, Risorse

MONITORAGGIO E REVISIONE

ANALISI DEL CONTESTO ESTERNOTrend, Esperienze, Pratiche

DESIGN E IMPLEMENTAZIONE PROGETTI

MANAGERIAL ACTION

MANAGERIAL ASSET

18

Fonte: Rielaborazione da Brusoni e Vecchi 2013

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NOTE

[1] Ansell, 2000; Bachtler e Mendez, 2007.[2] Aernoudt, 1999; Lerner, 1999; Mason, 2009; Murray, 1998.[3] Acs and Szerb, 2007; Aernoudt, 2004; Pena, 2002; Sternberg e Wennekers, 2005.[4] Mason e Brown, 2011; Shane, 2009.[5] Hospers et al., 2008.[6] Brusoni e Vecchi, 2010a.[7] Doing Business 2012 e 2013.[8] Hollanders e Es-Sadki, 2013.[9] Pollit et al., 1998.[10] Governa e Salone, 2004; Percoco e Giove, 2009; Pichierri, 2002.[11] Ansell e Gash, 2007.[12] Cooke, 2001.[13] Audretsch, 2004; Gilbert et al., 2004.[14] Agranoff e McGuire, 1998.[15] Agranoff e McGuire, 1998; Ansell, 2000; Cooke e Morgan, 1993.[16] Marks, 1992; Percoco e Giove, 2009.[17] Ansell e Gash, 2007; O’Toole, 1995, 1997.[18] Becattini, 2011.[19] Karlsson e Andersson, 2009, p.127.[20] OECD, 2010; Storey, 2004.[21] tra gli altri: Ansell, 2000; Storey e Theter, 1998.[22] Malecki, 2002; Rondinelli, 2003.[23] Cheshire e Megrini 2012[24] Waits, Kahalley e Heffernon, 1992. [25] Brusoni e Vecchi, 2009b.[26] Brusoni e Vecchi, 2011.[27] Porter, 2000. [28] Brusoni e Vecchi, 2008 e 2010a.[29] Cheshire e Megrini 2012.

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PARTE II L’INIZIATIVA RE UP PROMOSSA DALLA PROVINCIA REGGIO EMILIA

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IL CONTESTO ECONOMICO SOCIALE E IL PIANO ANTI-CRISI

L’iniziativa RE UP è nata nell’ambito di un ampio programma messo in atto dalla Pro-

vincia di Reggio Emilia per contrastare gli effetti della profonda crisi economica che

ha colpito il territorio nel 2009. Quello che era uno tra i territori più ricchi e sviluppati

d’Italia e d’Europa a inizio 2009 ha dovuto affrontare un calo dell’industria locale (in

particolare della meccanica e della ceramica), con un tasso di disoccupazione cresciuto

in pochi mesi e un tasso di giovani inoccupati quasi raddoppiato. Benché colpita forte-

mente dalla crisi, la situazione della provincia reggiana era comunque migliore rispetto

alla media nazionale.

Nel corso del 2009 è stato avviato un piano di interventi di portata rilevante per molti

aspetti: la molteplicità delle azioni programmate, il numero di stakeholder coinvolti e

l’ammontare delle risorse investite. Le linee di azione del piano comprendevano: am-

mortizzatori sociali, formazione, microimprenditoria femminile, accesso al credito alle

imprese e servizi reali, innovazione e rilancio economico, legalità e trasparenza, con-

trasto alla povertà, aiuti alle famiglie. Le azioni sono state progettate e gestite attraverso

il tavolo anticrisi, che raccoglieva i quarantacinque comuni della Provincia, le associ-

azioni di categoria, la camera di commercio, i sindacati e, di volta in volta, altri attori

rilevanti, quali, a titolo di esempio, le banche locali, la Fondazione Cassa di Risparmio

di Reggio Emilia “Pietro Manodori”, la Banca Europea per gli Investimenti, operatori del

micro-credito.

Nell’ambito dell’ampio piano messo in atto dalla Provincia, il progetto RE UP è finaliz-

zato a supportare la nascita di nuove imprese.

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RE UP è stato concepito sin dall’inizio non come iniziativa volta a sovvenzionare idee

imprenditoriali o start up di impresa, ma piuttosto come percorso di accompagnamento

volto a supportare i neo o aspiranti imprenditori nella messa a punto della propria idea

imprenditoriale. Alla base di RE UP c’è la convinzione che il finanziamento di una ge-

nerica idea di business potrebbe non essere efficiente ed efficace (sia nella prospettiva

dell’allocazione di risorse pubbliche, sia nella prospettiva dello sviluppo del territorio).

Molto più coerente appare, invece, un accompagnamento specifico e personalizzato

finalizzato a verificare e rafforzare la bontà delle idee imprenditoriali, la loro fattibilità

e finanziabilità. Al termine del percorso, alle idee imprenditoriali migliori è stata rico-

nosciuta la possibilità di beneficiare di un finanziamento provinciale a fondo perduto

(definito sulla base del business plan elaborato) e di essere inseriti nel network dei busi-

ness angel e venture capital, grazie al coinvolgimento di IBAN, Associazione Italiana

dei Business Angles, e AIFI, Associazione Italiana del Venture Capital e Private Equity.

Il successo dell’iniziativa ha portato la Provincia a realizzare una seconda edizione, nel

2012-2013. 22

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RE UP DIETRO LE QUINTE

La necessità di rispondere alla crisi del sistema produttivo, le ristrettezze e i vincoli

finanziari, la necessità di salvaguardare la forte legittimazione acquisita negli anni han-

no indotto la Provincia a riflettere attentamente sull’appropriatezza delle sue azioni. Il

problema, infatti, non era l’individuazione delle politiche di intervento, quanto piuttosto

la scelta e la messa in funzione degli strumenti più adeguati per supportare le imprese,

i lavoratori, i giovani e le famiglie.

Per ridurre i margini di errore, evitare quelle trappole che in altri contesti avevano

compromesso l’efficacia dell’azione pubblica e per catalizzare risorse e idee, la Pro-

vincia ha adottato il modello del gap per analizzare il contesto e ha definito e gestito il

progetto RE UP secondo l’approccio del managerial flow. In particolare, alcune scelte

effettuate dalla Provincia sono state dettate dalla volontà di chiudere alcuni gap al fine

di impostare il progetto in modo più coerente all’obiettivo di supportare la nascita di

imprese innovative.

MANAGERIAL ACTIONGAP MANAGERIAL ASSET

PROGRAMMAZIONE

Analisi dei fabbisogni delle imprese reggiane attraverso il tavolo anticrisi;Analisi degli orientamenti politici europei, del-la letteratura sul tema e delle principali espe-rienze condotte.

Acquisizione degli elementi per caratterizzare RE UP come azione di supporto all’innovazione e all’imprenditorialità basata sull’erogazione di servizi reali, quali l’accompagnamento.

GOVERNANCECondivisione dell’iniziativa nell’ambito del Ta- volo anticrisi e regia unica.

Progettazione di una iniziativa che non si po-nesse in sovrapposizione ma in sinergia con quelle avviate dalla Regione (legittmazione)

SELEZIONE

Coinvolgimento di rappresentanti dei poten-ziali investitori nella selezione delle imprese, condotta sulla base di un primo business plan di impresa.

Selezione di imprese ad alto potenziale di svi-luppo.

COLLABORAZIONEE INTEGRAZIONE

Coinvolgimento di potenziali investitori.(banche, investitori informali – business angels)

Facilitazione dell’incontro tra domanda e offer-ta di investimenti;Acquisizione di feedback (anche informali) sul-la bontà dei business plan.

CONOSCENZA E ASCOLTO

Coinvolgimento di esperti durante la proget-tazione di RE UP e durante l’accompagnamen-to alle imprese;Ascolto continuo dei fabbisogni delle imprese e valutazione dell’apprendimento.

Calibrazione dell’accompagnamento;“Rimodulazione” in itinere dell’accompagna-mento e supporto customizzato;Acquisizione dei feedback per riprogettazione seconda edizione.

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L’impostazione e la gestione del progetto RE UP secondo il metodo proposto dal mana-

gerial flow hanno consentito alla Provincia di Reggio Emilia di realizzare un’iniziativa di

supporto allo start up di impresa che si distinguesse dai programmi generalmente avviati

in questo ambito dalle amministrazioni italiane, soprattutto con riferimento a questi ele-

menti:

selezione e personalizzazione degli interventi;

integrazione del contributo finanziario (erogato al termine del percorso e calibrato sulla

base del business plan) con lo sviluppo di competenze distintive finalizzate al rafforza-

mento delle capacità imprenditoriali e manageriali dei partecipanti;

attivazione della leva finanziaria pubblico – privato, attraverso la facilitazione dell’in-

contro tra le imprese start up e i potenziali investitori;

monitoraggio delle imprese per ridurne la mortalità post – intervento e per capitalizzare

l’esperienza ai fini di future iniziative.24

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LA PRIMA EDIZIONE RE UP 2010Gli Obiettivi

L’iniziativa RE UP è stata concepita in un’ottica di sviluppo locale, al fine di contribuire a

rilanciare l’economia reggiana. La Provincia di Reggio Emilia ha adottato un approccio

manageriale per la realizzazione di un progetto che contribuisse efficacemente a fertiliz-

zare il territorio facilitando la nascita di ulteriori idee imprenditoriali.

OBIETTIVI DI SVILUPPO

Sviluppare una cultura imprenditoriale nel territorio e sup-

portare altri imprenditori, specialmente giovani, nella crea-

zione di nuove imprese.

Riorientare le competenze professionali di professionisti o

manager a rischio di disoccupazione o in uscita dal mercato

del lavoro per diventare tutor di imprese start up.

Attrarre investimenti sul territorio accrescendo la qualità del-

la domanda di capitale per la realizzazione di idee di busi-

ness.

Sviluppare una cultura del corporate venturing come canale

alternativo ai metodi tradizionali per la crescita aziendale e

lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali.

Individuare il potenziale di innovazione del territorio reggia-

no e quindi le opportunità per nuove attività imprenditoriali

anche con l’obiettivo di fornire indicazioni alla Provincia e

agli altri stakeholder istituzionali per orientare azioni future.

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Agli obiettivi di sviluppo fanno seguito anche una serie di obiettivi specifici che l’am-

ministrazione si è posta nei confronti dei destinatari diretti del progetto. Attraverso RE

UP la Provincia ha inteso formare, accompagnare e incubare le imprese partecipanti al

programma affinché potessero affrontare con maggiore consapevolezza le prime fasi

del loro percorso imprenditoriale, realizzando pienamente il loro potenziale.

Sviluppare lo spirito imprenditoriale dei destinatari della formazione.

Fornire ai destinatari gli strumenti idonei a sfruttare com-mercialmente la propria idea imprenditoriale.

Sviluppare nei destinatari una mentalità orientata al mer-cato esterno e recettiva dell’innovazione.

Accompagnare i destinatari nelle prime fasi (costituzione e start-up) del loro percorso imprenditoriale.

OBIETTIVISPECIFICI

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La Struttura del Programma

Le idee imprenditoriali candidate al bando sono state selezionate secondo le modalità

proprie dei business angel e venture capital, sulla base di alcuni criteri, tra cui: inno-

vatività dell’idea imprenditoriale; sostenibilità, completezza e coerenza del business

plan; potenziale grado di interesse per i finanziatori privati; sostenibilità ambientale

e pari opportunità. L’attività formativa, di durata di circa 6 mesi, è stata incentrata

sulle tematiche del business plan e sugli adempimenti normativi e fiscali per l’avvio e

la gestione d’impresa. Il successivo percorso di accompagnamento, che si è svolto in

collaborazione con IBAN, è stato prevalentemente dedicato alla redazione dei business

plan, alla risoluzione di alcuni problemi legati allo sviluppo dei prodotti/servizi e alla

preparazione degli incontri con gli investitori. Ciascun partecipante ha terminato la fase

di accompagnamento avendo realizzato un business plan completo, un set di slides e un

elevator pitch, elementi fondamentali per sostenere la fase successiva di presentazione

finale. Durante la fase conclusiva del progetto, infatti, tutte le iniziative in gara sono state

giudicate da una commissione tecnica, che ha attribuito un punteggio sulla base di al-

cune valutazioni, tra cui: la potenzialità del successo imprenditoriale; l’appetibilità finan-

ziaria, anche in considerazione di un eventuale interesse espresso dai business angel; il

percorso formativo compiuto nell’ambito del progetto e l’effettiva crescita manageriale.

Proprio il punteggio ottenuto in sede di valutazione finale ha permesso di assegnare alle

iniziative migliori un contributo finanziario erogato a fondo perduto.

Scouting e Screening delle prime idee imprenditoriali

Formazione in aula

Accompagnamento e Coaching

Presentazione dei Business Plan

Erogazione di un finanziamento a fondo perduto

Fase 1

Fase 2

Fase 3

Fase 4

Fase 5

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Il Bando di Selezione

La prima edizione del progetto, avviata nell’aprile del 2010 con la pubblicazione di

un bando per la selezione di 10 idee imprenditoriali, ammetteva la partecipazione di:

Persone fisiche, singole o in gruppi di 3 individui al massimo

Neo Imprese costituite da non più di 3 anni

Ai fini della candidatura al bando, ai neo/aspiranti imprenditori era richiesta una breve

descrizione dell’idea imprenditoriale, ed era specificato che i progetti imprenditoriali

selezionati avrebbero seguito un percorso di formazione e accompagnamento finalizza-

to alla stesura di un business plan, i cui costi sarebbero stati interamente sostenuti della

Provincia di Reggio Emilia. Il bando, inoltre, prevedeva la possibilità che al termine della

fase di formazione e accompagnamento i progetti migliori ricevessero un finanziamento

a fondo perduto dalla Provincia.

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La Selezione delle Idee Imprenditoriali

Le idee imprenditoriali candidate al bando sono state selezionate sulla base dei seguenti

criteri:

Bontà dell’idea progettuale;

Innovatività dell’idea imprenditoriale;

Sostenibilità, completezza e coerenza del Business Plan;

Potenziale grado di interesse per i finanziatori privati;

Sostenibilità ambientale;

Pari opportunità.

Le 10 idee partecipanti al programma, selezionate tra un gruppo di 20 candidature,

coinvolgevano settori molto diversi tra loro:

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ENERGIA

3PROGETTI

BIOMEDICALE

2PROGETTI

SICUREZZA

1PROGETTO

SIDERURGIA

1PROGETTO

ELETTRONICA

1PROGETTO

TECNOLOGIA COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE

1PROGETTO

ALIMENTARE

1PROGETTO

30

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La formazione e l’accompagnamento

Per l’attività di formazione e accompagnamento, completamente gratuita per i destinatari

e sovvenzionata con un finanziamento proveniente dal Fondo Sociale Europeo (FSE), è

stato selezionato attraverso bando di concorso l’ente di formazione reggiano CIS.

CIS – Scuola per la gestione d’impresa, in partenariato con AIFI e IBAN, è stato il sog-

getto erogatore dell’attività di formazione e accompagnamento. Il progetto formativo,

invece, è stato coordinato da un Comitato tecnico–scientifico, costituito da tre membri

nominati dal partenariato e da un membro rappresentante della Provincia. Una volta

insediato, il Comitato ha incontrato i dieci imprenditori selezionati per comprendere i

fabbisogni formativi e organizzare in maniera proficua le attività previste dal progetto.

Il percorso formativo si è composto di 80 ore d’aula, organizzate in 10 giornate nel

periodo maggio – giugno 2010, alle quali si sono aggiunte 2 giornate di follow-up nel

mese di novembre 2010. Più specificatamente, il programma di formazione si è artico-

lato secondo il seguente ordine:

32 ORE BUSINESS PLANNING

ORE ADEMPIMENTI NORMATIVI E FISCALI

ORE ICT ELEMENTI BASE

ORE SOFT SKILLS IMPRENDITORIALI

ORE ACQUISTI E NEGOZIAZIONE

16 16

8 8

+16 ORE AGGIUNTIVE DI FOLLOW UP

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Il percorso di accompagnamento, coordinato dal Presidente di IBAN Paolo Anselmo, si

è concentrato sul perfezionamento del business model, sul completamento del business

plan e sulla preparazione degli incontri con gli investitori. In questa fase, durante la

quale erano previsti incontri individuali dedicati a ogni progetto imprenditoriale, sono

emerse criticità particolarmente rilevanti rispetto a due idee progettuali, i cui titolari han-

no scelto di concludere anticipatamente la partecipazione al progetto, essendo venute

meno le condizioni di fattibilità tecnica.

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La Valutazione finale e il Finanziamento a Fondo Perduto

L’attività di accompagnamento è culminata in una valutazione finale dei progetti impren-

ditoriali da parte di una commissione di valutazione, la quale ne ha valutato la bontà

sulla base dei seguenti criteri:

La potenzialità del successo imprenditoriale della iniziati-va, alla luce dei Business Plan presentati.

La presenza femminile nell’impresa.

La sostenibilità ambientale del progetto.

L’appetibilità finanziaria dell’iniziativa, anche in considera-zione dell’interesse espresso dai Business Angels.

Il percorso formativo compiuto nell’ambito del progetto ed effettiva crescita manageriale.

A seguito della fase valutativa finale, i progetti partecipanti sono stati coinvolti in una

giornata di presentazione pubblica, che è stata occasione per la Provincia per illustrare

l’iniziativa e i suoi esiti alla cittadinanza e agli stakeholder del territorio.

A seguito dell’evento di presentazione finale, la Giunta Provinciale ha accolto le proposte

della commissione di valutazione assegnando un finanziamento totale di €100.000,

erogati a fondo perduto in maniera proporzionale al punteggio ottenuto da ogni singolo

progetto.

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I Risultati della Prima Edizione

Al termine del programma, sette dei dieci partecipanti hanno intrapreso il loro progetto

imprenditoriale; ai due che avevano deciso di non proseguire in fase di accompagna-

mento, se ne è aggiunto uno, il quale ha ritenuto di implementare la propria attività come

consulente, senza l’apertura formale di una società. Un’impresa ha aumentato il capitale

sociale grazie all’ingresso di nuovi socie e altre sono state contattate da potenziali in-

vestitori. Le imprese partecipanti alla prima edizione impiegano complessivamente 70

persone. Il tasso di sopravvivenza dei progetti del 70% (che ancora oggi, trascorsi tre

anni, si è mantenuto molto alto, pari al 60%) ha spinto la Provincia di Reggio Emilia a

replicare l’esperienza di RE UP e a diffondere questo modello di accompagnamento

imprenditoriale.

7SU10 PARTECIPANTIINTRAPRESO IL LORO PROGETTO IMPRENDITORIALE

70%DI SOPRAVVIVENZADEI PROGETTI

34

70 CREATI COMPLESSIVAMENTEPOSTI DI LAVORO

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LA SECONDA EDIZIONE RE UP 2012-2013

Il successo della prima edizione di RE UP e il trend occupazionale provinciale ancora

negativo nel 2012 (con gli avviamenti al lavoro in calo del 6,8 % rispetto al 2011) hanno

spinto la Provincia di Reggio Emilia a promuovere una seconda edizione del progetto.

Data la riduzione degli stanziamenti del Fondo Sociale Europeo, la Provincia ha realizzato

la seconda edizione di RE UP con risorse proprie e con il contributo di Banca Reggiana,

Banca di Cavola e Sassuolo e da Banca popolare dell’Emilia Romagna.

Ulteriori differenze rispetto alla prima edizione sono da evidenziarsi nel numero di progetti

imprenditoriali selezionati (15 invece di 10) e nella riduzione delle ore di formazione

d’aula a favore della fase di accompagnamento.

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Il Bando di Selezione

Dopo la firma del protocollo con le banche che hanno aderito al progetto, ha preso

formalmente il via la seconda edizione di RE UP, con la pubblicazione di un bando per

la selezione di 15 idee imprenditoriali. Il bando ammetteva la partecipazione di:

Neo Imprese costituite da non più di 12 mesi

In aggiunta ai suddetti requisiti per la partecipazione, il bando della seconda edizione

incentivava l’imprenditoria giovanile, specie quella under 40, e poneva particolare

attenzione ai settori dei servizi all’infanzia e della promozione e accoglienza turistica,

settori che la Provincia ha identificato di potenziale crescita per l’intero territorio.

La Selezione delle Idee Imprenditoriali

A fronte di ben 38 candidature, le 15 idee imprenditoriali sono state selezionate da una

apposita commissione di valutazione sulla base dei criteri applicati nella prima edizione,

tra cui: la qualità del progetto imprenditoriale; l’innovatività dell’idea; la sostenibilità

economica e la completezza del Business Plan; il potenziale grado d’interesse per i

finanziatori privati; l’applicazione delle pari opportunità. In questa seconda edizione è

stato assegnato un punteggio aggiuntivo ai proponenti under 40 e alle idee inerenti i

servizi all’infanzia e la promozione e accoglienza turistica.

A seguito del ritiro spontaneo di uno dei quindici selezionati, quattordici idee hanno

partecipato al programma di formazione e accompagnamento, suddivise tra i seguenti

settori:

Persone fisiche, singole o in gruppi di 3 individui al massimo

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GREEN

1PROGETTO

ELETTRONICA

1PROGETTO

PROMOZIONE PRODOTTI TIPICI LOCALI

3PROGETTI

BIOMEDICALE

2PROGETTI

TURISMO

2PROGETTI

SERVIZI ALL’INFANZIA

2PROGETTI

INTERMEDIAZIONE COMM.LE

1PROGETTO

WELNESS E TEMPO LIBERO

1PROGETTO

DESIGN

1PROGETTO

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La formazione e l’accompagnamento

In questa seconda edizione, in considerazione delle criticità emerse nel corso della pri-

ma esperienza, si è scelto di ridurre le ore di attività formativa frontale d’aula, favorendo

il project working e il percorso di accompagnamento.

In seguito alla pubblicazione di un bando, l’attività formativa è stata assegnata all’ente

reggiano ECIPAR.

Il percorso formativo si è composto di 54 ore, di cui 44 ore di lezione frontale d’aula

e 10 di project working assistito. Più specificatamente, il programma di formazione si è

articolato secondo il seguente ordine:

26 ORE DALL’IDEA AL BUSINESS PLAN

ORE LA RICERCA DI FINANZIAMENTI & ACCESSO AL CREDITO8ORE L’INTERNAZIONALIZZAZIONE COME OPPORTUNITA’ DI CRESCITA E SVILUPPO8

10ORE PROJECT WORKING ASSISTITO

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Anche il percorso di accompagnamento, separato dall’attività di formazione, è stato

interamente finanziato da fondi provinciali. L’attività di accompagnamento, affidata a

IBAN, è stata organizzata in 30 giornate full-time ripartite tra i quattordici progetti. Tutti

i partecipanti hanno concluso il percorso con la predisposizione di tre documenti: un

business model canvas; un executive summary o, per i progetti più avanzati, un business

plan; un set di slide di presentazione finale.

Durante la fase di accompagnamento, ogni partecipante ha avuto l’occasione di scon-

trarsi con alcune criticità del proprio progetto e ha dovuto affrontarle; ad alcuni è stato

richiesto di perfezionare la propria idea iniziale, mentre altri hanno visto il proprio pro-

getto significativamente modificato.

Proprio dal confronto individuale durante l’attività di accompagnamento, è emersa la ne-

cessità di un supporto di tipo trasversale, che andasse oltre gli aspetti tecnici e finanziari

afferenti al progetto e che si focalizzasse invece sulla tenuta motivazionale dei parte-

cipanti. Inoltre, poiché ognuno di loro sarebbe stato chiamato, al termine del percorso

formativo, a presentare la propria idea imprenditoriale davanti a una platea altamente

qualificata, la Provincia ha deciso di mettere a disposizione degli aspiranti imprenditori

un ulteriore percorso di supporto, caratterizzato da strumenti di public speaking ed ele-

menti di coaching individuale.

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Strumenti di individuazione dei propri punti di forza e del-le proprie aree di miglioramento per il raggiungimento de-gli obiettivi imprenditoriali.

Modalità e strumenti per attivare e mantenere l’interesse del pubblico.

Tecniche di organizzazione di una presentazione: durata, tempi di realizzazione e contenuti.

Elementi di Public Speaking

Il percorso di coaching, composto di sessioni sia collettive che individuali, ha fornito ai

destinatari competenze in merito a:

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La Valutazione Finale e il Finanziamento a Fondo Perduto

Al termine dell’attività di accompagnamento e coaching, 13 dei 14 partecipanti hanno

consegnato la documentazione necessaria per essere ammessi alla fase di valutazione

finale.

I 13 imprenditori arrivati alla fase finale del percorso hanno esposto il loro progetto

davanti a una commissione di valutazione.

La commissione ha espresso un giudizio di apprezzamento generale delle idee proget-

tuali, in termini di qualità, creatività e innovazione, caratteristiche che seppur in diversa

misura sono riscontrabili in tutti i progetti, e ha deciso di attribuire un contributo finan-

ziario a fondo perduto per la costituzione delle aziende nel territorio della Provincia di

Reggio Emilia.

La commissione ha assegnato un punteggio finale a ciascun partecipante, attribuendo

un’importanza del 70% alla bontà del business plan presentato e del 30% al docu-

mentato fabbisogno finanziario dei progetti. In base a tale punteggio, sarà erogato un

finanziamento complessivo di €49.000 stanziato con fondi provinciali.

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I Risultati della Seconda Edizione

In attesa di verificare la tenuta delle nuove imprese, è importante sin d’ora sottolineare

alcuni risultati che la seconda edizione di RE UP ha consentito di raggiungere in termi-

ni di capitalizzazione di esperienze da diffondere come best practice per il supporto

all’imprenditoria locale.

L’edizione 2012-13 del progetto ha permesso alla Provincia di Reggio Emilia un miglio-

ramento in diverse aree:

nel numero di progetti selezionati, al fine di accrescere il numero di imprese

presenti sul territorio;

nei criteri di selezione iniziale, che devono tenere conto dei settori di potenziale

crescita del territorio;

nella promozione dell’innovazione;

nella progettazione dell’attività di formazione tradizionale, che deve essere più

specifica e alleggerita di tutti quei corsi che sono disponibili a prezzi modesti

anche sul mercato;

nella progettazione dell’attività di accompagnamento individuale, che deve es-

sere potenziata al fine di costruire articolati business plan, che consentano di

evidenziare e gestire eventuali criticità di implementazione;

nella progettazione di un’attività di coaching complementare a quella di accom-

pagnamento, finalizzata all’accrescimento della motivazione dei partecipanti

per una maggiore focalizzazione sugli obiettivi professionali e imprenditoriali.

nel carattere maggiormente innovativo delle idee, dato che tre dei progetti

partecipanti a questa edizione hanno iscritto il psogetto alla sezione delle star

up innovative del registro delle imprese.

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CONCLUSIONI

Ciò che in questo momento le amministrazioni pubbliche non possono permettersi è

un’erronea allocazione delle risorse, già scarse, e la delegittimazione derivante dall’in-

capacità di generare risultati anche nel breve termine. A livello locale, quindi, emerge la

necessità di concentrare le forze su azioni mirate, sui servizi piuttosto che sugli incentivi

finanziari, su poche imprese con maggiore possibilità di crescita (“gazzelles”) piuttosto

che sulla distribuzione a pioggia di fondi.

Attraverso il progetto RE UP la Provincia di Reggio Emilia ha inteso creare un modello

di riferimento per supportare la nascita di start up e orientarle in modo coerente nelle

fasi di sviluppo successive, per esempio verso potenziali investitori, partner commerciali

o incubatori. In particolare – come ha sottolineato l’Assessore regionale alla scuola,

forma- zione professionale, università e ricerca, lavoro Patrizio Bianchi – è importante

evidenziare non tanto il numero di imprese accompagnate (misura comunque rilevante),

ma di input, quanto piuttosto il risultato di sviluppo del sistema nel complesso, ovvero

l’aver saputo valorizzare con il percorso differenti tipologie di impresa, la “gazzelle”

innovativa con elevate potenzialità di crescita anche internazionale, la piccola impresa

a vocazione locale e la micro impresa per l’autoimpiego, da orientare verso percorsi

necessariamente differenti.

L’esperienza di RE UP, nelle sue due edizioni, ha permesso alla Provincia di dimostrare

che soltanto attraverso un adeguato processo di management è possibile definire e

gestire progetti capaci di generare gli obiettivi di sviluppo e competitività indicati dalle

politiche comunitarie, nazionali e regionali.

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PARTE III LE VOCI DI RE UP *

*Le interviste e i questionari sono stati raccolti nel periodo novembre - dicembre 2013.

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IL TUTOR

Su quali aspetti ha voluto concentrare il percorso di accompagnamen-

to?

“Il percorso di accompagnamento, a differenza di quello precedente di for-

mazione necessariamente univoco e indifferenziato per tutti i partecipanti, è

andato incontro alle esigenze individuali di ciascun partecipante. Con coloro

il cui progetto era ancora in fase embrionale ho lavorato molto sul perfeziona-

mento dell’idea e del business model, conducendo verso una maggiore focaliz-

zazione sulle modalità di costruzione del prodotto/servizio, sulle modalità di

segmentazione dell’offerta e di distribuzione finale. Sui progetti in fase d’avan-

zamento più inoltrata, invece, abbiamo lavorato per portare i business model a

un buon livello manageriale, strategico e finanziario, completando il successo

delle idee già buone e strutturate in partenza.”

Come giudica il percorso intrapreso dai partecipanti?

“Tutti i neo e aspiranti imprenditori hanno partecipato attivamente a questa

fase del programma, mettendo a profitto nuove conoscenze, suggerimenti e

interloquendo positivamente con il tutor. Ognuno di loro ha dovuto scontrarsi

con alcune criticità del proprio progetto; alcuni hanno reagito positivamente e

proattivamente, altri invece in modo controproducente. In ogni caso, per tutti i

progetti è evidente un miglioramento rispetto alla partenza iniziale.”

Vista la sua esperienza, crede che l’iniziativa RE UP possa dare un

reale contributo allo sviluppo di giovani imprenditori?

“Per quanto riguarda gli obiettivi specifici del programma, io credo che il

supporto offerto da RE UP ai giovani imprenditori sia molto utile per orientarli

nelle fasi preliminari e costituire una base per le fasi di sviluppo successive, per

esempio l’incontro con investitori, partner commerciali o incubatori. La redazio-

ne del business plan è una fase imprescindibile e molto delicata; è importante

Paolo AnselmoPresidente di IBAN

Esperto di business planning e imprendito-rialità.

Responsabile dell’at-tività di accompagna-mento della prima e seconda edizione di RE UP.

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assistere i neo o aspiranti imprenditori in questa fase, ancora più che elargire

loro risorse finanziarie. Per quanto riguarda, poi, gli obiettivi di sistema, credo

che la misura provinciale sia corretta per realizzare politiche proattive sul terri-

torio finalizzate allo sviluppo dell’imprenditorialità.”

Quali sono i punti di debolezza del programma che a suo avviso an-

drebbero perfezionati in eventuali prossime edizioni del programma?

“Ravviso una prima criticità nelle tempistiche di svolgimento del programma,

che a mio avviso dovrebbe durare un semestre dalla pubblicazione del bando

all’evento conclusivo. E poi, come è emerso anche dal confronto con alcuni

partecipanti, andrebbero distinti due segmenti di destinatari del programma,

soprattutto nella fase di formazione frontale che per sua natura non può essere

personalizzata, separando le imprese già costituite da quelle che sono ancora

ipotesi.”

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LA COACH

In che modo ha impostato il percorso di coaching?

“Il percorso di coaching si è composto di due giornate full-time di sessione

collettiva, alle quali si sono aggiunte 2 ore dedicate a ogni progetto individual-

mente. Nelle sessioni collettive ho voluto fornire ai ragazzi strumenti di public

speaking, perfezionando le loro capacità di esposizione in pubblico e aiutan-

doli nell’impostazione delle slides di presentazione, nella modulazione del

tono di voce e nella gestione dei movimenti del corpo. Con videocamera alla

mano, li ho ripresi e insieme abbiamo individuato gli aspetti sui quali avrebbe-

ro dovuto perfezionarsi. Per quanto riguarda le sessioni individuali, invece, in

questa parte mi sono concentrata sui loro punti di forza e di debolezza emersi

nelle fasi precedenti (formazione e accompagnamento). L’idea che ho voluto

trasmettere loro è stata quella di andare a recuperare le loro risorse personali

e lavorare sulla loro identità e motivazione imprenditoriale.”

Come giudica il percorso intrapreso e quanto lavoro ci sarebbe ancora

da fare?

“Tutti i partecipanti si sono mostrati molto interessati a questo percorso trasver-

sale di auto-analisi. Alcuni avevano già all’inizio del percorso una struttura

individuale molto forte, con buoni livelli di motivazione e fermezza caratteriale.

Altri, invece, pur avendo idee imprenditoriali molto valide, hanno bisogno di

lavorare sulle loro caratteristiche personali, al fine di allontanare la paura del

fallimento e maturare una consapevolezza più solida della propria identità. In

ogni caso, il percorso di auto-analisi non potrà terminare con RE UP. Quello

che ho cercato di fare è stato dare a ognuno dei partecipanti spunti di riflessio-

ne per poter continuare il percorso in autonomia.”

Anna ZippaCounsellor Professionista

Esperta di tecniche di co-municazione, motivazione, team building e problem solving.

Responsabile dell’attività di coaching per la seconda edizione di RE UP.

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Il percorso di coaching è stata una novità della seconda edizione. Quali

feedback ha raccolto dai partecipanti e quali suggerimenti per miglio-

rare?

“I feedback che ho raccolto sono stati tutti molto positivi. Tutti i partecipanti han-

no sfruttato al massimo l’attività di coaching, interpretandola come opportunità

sia ai fini della preparazione delle presentazioni finali, sia a fini più generali

di costruzione dell’identità personale. Dal confronto con i partecipanti, inoltre,

è emersa la necessità non solo di aumentare il numero di tempo dedicato a

questa fase, ma soprattutto di sovrapporre il percorso di coaching a quella di

accompagnamento. In questo modo, credo sia possibile offrire efficaci stru-

menti per un miglioramento parallelo sulle aree tecniche e su quelle personali.”

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I PARTECIPANTI Il punto di vista dei 24 partecipanti

Grado di SODDISFAZIONE

dell’iniziativa

94%

6%

0%

49

Soddisfatto Atteggiamento neutro Poco soddisfatto

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PUNTI DI FORZAdel programma

8,3%

46,7%

50,0%

58,8%

62,5%

Attività di formazioneAccompagnamento all’attività d’impresa

Possibilità di confronto con altri neo-imprenditori

Possibilità di confronto con operatori del settorePossibilità di entrare in contatto con finanziatori

.1

.2

.3

.4

.5

.1

.2

.3

.4

.5

50

*Nel grafico è stato espresso in percentuale il solo valore di soddisfazione.

Soddisfatto Atteggiamento neutro Poco soddisfatto

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87,5%

68,8%

61,5%

27,3%

0,0%

.1

.2

.3

.4

.5

GliINSEGNAMENTI

tratti

.2

.3

.4

.5

.6

.6

94,1%

Valutazione della fattibilità e sostenibilità della propria idea imprenditorialeMiglioramento della propria idea imprenditoriale

Disincentivo a investire ulteriori risorse nel progetto

Maggior consapevolezza della propria attitudine a diventare imprenditore

Comprensione dell’importanza di avere un piano e le competenze idonee per sviluppare l’idea imprenditoriale

Coscienza del fatto che per i progetti più validi i capitali sono disponibili

.1

51

*Nel grafico è stato espresso in percentuale il solo valore di soddisfazione.

Soddisfatto Atteggiamento neutro Poco soddisfatto

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I PARTECIPANTI I suggerimenti

“Offrire meno ore di formazione e più di accompagnamento personalizzato”Jessica Giusti, RE UP Prima edizione

“Ridurre le tempistiche. E poi dare un sostegno finanziario non solo a fondo perduto, ma an-

che con garanzie presso gli istituti di credito che si dimostrano interessati al progetto”Daniela Semeghini, RE UP Prima edizione

“Suddividere i progetti in fase ancora embrionale dalle neo-imprese già costituite, in modo tale

da dare a ciascun gruppo un supporto ad hoc” Valentina Ferretti, RE UP Seconda edizione

“Aumentare le ore di lezione sugli aspetti di valutazione economico-finanziaria dei progetti,

soprattutto per chi non possiede una formazione economica”Massimo Braglia, RE UP Seconda edizione

“Mantenere invariato il quantitativo di ore di lezione ma aumentare la densità degli argomenti

trattati. Inoltre, fissare qualche incontro con il tutor già durante la fase formativa”Francesca Lò, RE UP Seconda edizione

“Coordinare meglio attività di formazione e accompagnamento”Marco Gorini, RE UP Seconda edizione

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“Iniziare l’attività di accompagnamento contestualmente a quella di formazione”Claudia Tagliavini, RE UP Seconda edizione

“Favorire incontri individuali tra i partecipanti e aziende operanti nel settore di riferimento per

confrontarsi su problematiche e opportunità” Patrizia Bezzi, RE UP Seconda edizione

“Progettare simulazioni in aula su progetti imprenditoriali avviati con successo.”Debora Reggiani, RE UP Seconda edizione

“Consentire lo sviluppo del programma in un tempo più lungo”Giorgio Ambrosetti, RE UP Seconda edizione

“Aumentare le ore di lezione per la strutturazione del piano economico finanziario, per capire bene come strutturare il piano degli investimenti con relativi fabbisogni di finanziamento e il conto economico previsionale” Sabrina Basoni, RE UP Seconda edizione

“Migliorare la struttura della prima fase di accompagnamento, concentrandosi più appro-fonditamente sulle stime economiche di costi, ricavi e margini, in un orizzonte di medio-lungo termine” Daniele Annunziata, RE UP Seconda edizione

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Come è nata l’idea di Spire?

“L’idea di Spire è nata sul campo, tra le mura del laboratorio diagnostico dove

io, Stefano e Fabio (gli altri due soci fondatori di Spire, ndr) eravamo impiegati

come dipendenti. Da utilizzatori diretti non eravamo soddisfatti dei kit d’analisi

fino ad allora disponibili, e così abbiamo deciso di metterci in gioco per pro-

durne di migliori.”

Più precisamente, come funziona il servizio offerto da Spire?

“Il servizio che offriamo è a 360 gradi, dalla produzione dei kit diagnostici

fino alla comunicazione dei risultati d’analisi ai pazienti. Grazie al network

che abbiamo implementato, siamo in grado di distribuire i nostri kit alle farma-

cie e ai centri specializzati convenzionati, ritirare e procedere all’analisi dei

campioni prelevati, e infine pubblicare i risultati sul nostro software gestionale

in modo tale che siano consultabili da remoto dai pazienti. Ad oggi il nostro

servizio è totalmente privato, ma vi sono le potenzialità perché possa essere

convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale. Lo sviluppo per il futuro

sarà quello di istruire medici e farmacisti a compilare le richieste affinché siano

congruenti con il tariffario del SSN.”

Spire oggi e Spire ai tempi di RE UP. Cosa è cambiato? Quali sono le

prospettive per il futuro?

“Ai tempi di RE UP, Spire era un’idea in costruzione priva di struttura. Allora

eravamo solo noi tre soci e fatturavamo a malapena 100.000 euro all’anno.

Oggi Spire impiega a tempo pieno 10 dipendenti, 4 collaboratori e 6 soci e

fattura più di 100.000 euro al mese. Dal 2010 siamo cresciuti, ci siamo strut-

turati e abbiamo aumentato sempre la qualità e la gamma dei nostri prodotti

e servizi. Recentissima novità è stata l’applicazione delle nostre competenze

diagnostiche anche in ambito veterinario, per le intolleranze alimentari nei

Jessica Giusti SPIRE

Servizi Diagnostici Personalizzati per l’analisi delle Intolle-ranze Alimentari.

RE UP Prima Edizione 2010

“La parte divertente è proprio intraprendere con le proprie idee e le proprie forze”

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cani. La sfida per il futuro sarà quella di continuare a migliorarci sempre e,

contemporaneamente, espanderci all’estero.”

Qual è stato il ruolo di RE UP? Che cosa vi ha insegnato?

“Noi avevamo un’idea ma non sapevamo come implementarla al meglio.

Nessuno prima di allora ci aveva insegnato come gestire un’impresa. RE UP

ha avuto un ruolo fondamentale in questo, nell’insegnarci a essere imprendi-

tori. RE UP ci è stato di grande aiuto non solo a focalizzare il nostro modello

di business e a impostare il business plan, ma anche a gestire la liquidità e i

rapporti con le banche. Gli strumenti e le competenze che ci sono state fornite

sono stati fondamentali per intraprendere un percorso faticoso, ma anche di-

vertente, contando sulle nostre forze senza dover accettare il compromesso del

controllo da parte di investitori esterni. La parte divertente, infatti, è proprio

intraprendere con le proprie idee e le proprie forze.”

Che consigli daresti ai neo-imprenditori?

“Il consiglio più importante è quello di avere coraggio, senza lasciarsi abbat-

tere dalle prime difficoltà. E poi, andare avanti determinati e umili allo stesso

tempo, chiedendo aiuto a chi è in grado di darlo.”

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Come è nata l’idea di ViviVeg?

“La nostra idea imprenditoriale è nata, prima di tutto, da una scelta etica. Io e

mio marito Giancarlo 11 anni fa decidemmo di diventare vegani, escludendo

dalla nostra tavola tutti gli alimenti di origine animale. Da subito, ci accorgem-

mo che il mercato dei piatti pronti non era in grado di offrirci le soluzioni che

cercavamo: la varietà dei piatti acquistabili nei supermercati non solo era scar-

sa, ma anche la qualità e il gusto erano insoddisfacenti. Quindi, mescolando

la filosofia vegana con la passione per la tavola di buongustai emiliani, è nata

ViviVeg. La sfida è stata quella di produrre i piatti tipici della nostra cucina,

tradizionalmente carichi di uova, latticini e carne, al 100% vegetali.”

Piatti pronti per soli vegani o anche per altri gruppi di consumatori?

“Quando siamo partiti, la nostra intenzione era quella di soddisfare i bisogni

dei soli consumatori vegetariani, che sono circa 7 milioni in Italia. Ci siamo poi

accorti che ViviVeg aveva la potenzialità di andare incontro anche alle esigen-

ze di altri numerosi gruppi di persone: gli intolleranti al lattosio, gli allergici alle

uova, gli anziani con problemi di colesterolo, e infine anche tutti coloro attenti

agli apporti calorici dei cibi senza rinunciare al gusto.”

Quali sono state le difficoltà che ViviVeg ha incontrato nello svilupparsi?

“Le maggiori difficoltà sono state di certo quelle finanziarie, perché l’impresa,

pur piccola che sia, ha bisogno di capitali per svilupparsi. E poi, la difficoltà

ad orientarsi nel campo dell’imprenditoria. Pur avendo esperienza nel settore

alimentare, non avevo idea di come fare l’imprenditrice.”

Quanto è stato importante partecipare a RE UP?

“Tantissimo. Grazie a RE UP ho potuto colmare quelle lacune di competenze

imprenditoriali e manageriali necessarie per sviluppare con successo la mia

Daniela Semeghini VIVIVEG

Piatti pronti della cucina emiliana per vegani.

RE UP Prima Edizione 2010

“Grazie a RE UP ho potuto colmare quelle lacune di competenze imprenditoriali e manageriali necessarie per sviluppare con successo la mia idea di business”

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idea di business. Il supporto di RE UP mi è stato d’aiuto nel definire più precisa-

mente il mercato potenziale di ViviVeg, aumentando le possibilità di vendita

dei nostri prodotti.”

Quali sono le prospettive di sviluppo per ViviVeg?

“Stiamo crescendo tantissimo e la capacità del nostro laboratorio di produzio-

ne e confezionamento non è più sufficiente per sostenere aumenti del 20% al

mese nelle vendite. Abbiamo già un progetto nel cassetto per l’ampliamento

del laboratorio, per il quale abbiamo appena trovato il finanziamento da

parte di capitali privati. Una volta che avremo capacità produttiva disponi-

bile, potremo pensare all’espansione in altri canali di vendita –ad esempio, le

mense– e all’estero.”

Che consigli daresti ai neo-imprenditori?

“Siate pronti ad affrontare una lunga gavetta. Soltanto con impegno e pazien-

za otterrete i risultati sperati.”

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Come è nata l’idea di Feligan?

“Tutto è iniziato quasi per caso all’interno dell’Università degli Studi di Modena

e Reggio Emilia, dove ero ricercatore esperto in meccatronica. Ho sempre

odiato cavi, fili e adattatori: sono brutti e scomodi! Allora mi chiesi se fosse

possibile eliminarli tutti. Quindi inventai una tecnologia wireless iper-ecologica

per alimentare tutti i miei amati gadget elettronici, come telefono, tablet e com-

puter. Feligan fu fondata nel 2009 insieme a un imprenditore reggiano che fu

disposto a dare un finanziamento iniziale per il progetto.”

Purtroppo la tua avventura in Feligan si è conclusa. Cosa è successo?

“Da startupper alla prima esperienza, appena uscito dall’Università, ho com-

piuto un po’ ingenuamente alcune scelte, a partire da quella del socio finanzia-

tore. A costui ho concesso una quota societaria ampia rispetto alla mia di fon-

datore, e questo mi ha poi impedito di avere un pieno controllo sulle scelte più

importanti. Proprio a causa di disallineamenti e dissidi tra noi soci, ho preferito

terminare la mia esperienza in Feligan e uscire completamente dalla società.”

In che cosa RE UP vi ha aiutato?

“Partecipare a RE UP è stato importante per far capire al mio socio quali fos-

sero le scelte più importanti da intraprendere e quali le parti del business plan

da sviluppare meglio. Io non riuscivo ad avere credibilità presso di lui e fonda-

mentale è stato, quindi, il parere altamente autorevole degli esperti coinvolti in

RE UP per predisporre un piano di sviluppo formalizzato.”

Igor SpinellaFELIGAN

Multicaricatori da tavolo per dispositivi elettronici mobili.

RE UP Prima Edizione 2010

“Fondamentale è stato il parere altamente autorevole degli esperti coinvolti in RE UP per predisporre un piano di sviluppo formalizzato.”

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Dopo la tua esperienza, che consigli daresti ai neo-imprenditori?

“Prima di tutto, concentratevi su una buona idea. Se posso essere sincero, in

giro vedo poche idee innovative. Conosco un sacco di start-up che hanno

creato una nuova app. Ovunque ci si volti, sono tutte nuove app, che noia!

Perché un’idea abbia la potenzialità di essere buona, dovete testarla e met-

terla alla prova attraverso il confronto con altre persone. Se l’idea è davvero

buona, allora datevi un piano di crescita rapido e sostenibile.”

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Come è nata l’idea di Tutti giù per terra?“Tutti giù per terra è nato molto velocemente e, forse, anche un po’ inconscia-

mente. Ancora oggi mi domando cosa mi sia saltato in testa quel giorno, quan-

do ho deciso di confermare la struttura che avrebbe ospitato lo spazio bambi-

ni! Da qualche anno ero nel mondo della scuola, e sopportavo la frustrazione

delle continue sostituzioni, che non mi davano la soddisfazione di seguire il

percorso formativo dei bambini nella sua interezza, perdendo credibilità nei

confronti dei genitori. Da tempo, quindi, coltivavo l’idea di uno spazio per

bambini tutto mio, che andasse incontro alle esigenze delle madri lavoratrici.

A malapena ho fatto in tempo a confrontarmi e a presentare l’idea a qualche

mamma amica, che avevo già i primi iscritti. E così mi sono buttata a capofitto

nel progetto.”

Ad oggi, qual è la fase di sviluppo del progetto?“Quando ho deciso di partecipare a RE UP lo stato di avanzamento del proget-

to era già piuttosto inoltrato rispetto a quello degli altri partecipanti. La società

era già stata costituita e cospicui investimenti erano stati effettuati per sistemare

la struttura, grazie al finanziamento del gruppo Cariparma che aveva creduto

nell’iniziativa fin dal principio. Iniziato l’inserimento dei primi bambini il 4

marzo 2013, già a giugno avevamo raggiunto la capacità massima di 36

bambini iscritti e 24 frequentanti in contemporanea. Mi ritengo soddisfatta dei

risultati raggiunti fin d’ora, confermando la volontà di ampliare l’offerta forma-

tiva del mio spazio bambini organizzando laboratori ludico-didattici pomeridi-

ani. Inoltre, non escludo la possibilità di replicare questo progetto in altre zone

dove la richiesta di questa tipologia di servizio educativo dovesse farsi strada.”

Per quale motivo hai deciso di partecipare a RE UP? “Nonostante avessi già affrontato molte delle fasi di preparazione del busi-

ness plan e avessi già ottenuto un finanziamento bancario, mi sentivo molto

impreparata dal punto di vista burocratico sulla gestione di un’impresa. Parte-

cipare a RE UP mi ha permesso di diventare responsabile a tutti gli effetti non

solo della gestione didattica dell’asilo, ma anche della gestione manageriale,

Valentina FerrettiTUTTI GIU’ PER TERRA

“Partecipare a RE UP mi ha permesso di diventare responsabile non solo della gestione didattica, ma anche della gestione manageriale, finanziaria e fiscale del

mio asilo.”

Servizio educativo privato per bambini da 1 a 3 anni.

RE UP Seconda Edizione 2012/13

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finanziaria e fiscale della mia impresa. Dal confronto con gli esperti coinvolti

in RE UP ho anche acquisito capacità manageriali fondamentali a livello di

delega delle mansioni operative, per costituire un organico di risorse umane

efficace ed efficiente.”

Che consiglio vorresti dare ai neo-imprenditori?“Se avete un’idea, non abbiate paura. Non lasciatevi scoraggiare dalla buro-

crazia, anche quando può sembrare troppo farraginosa per essere superata.

Provateci, perché se nessuno ci prova nessuno farà mai nulla.”

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Come è nata l’idea di Bioecology?

“Bioecology è nata nel 2012 come azienda di servizi di sanificazione ambi-

entale. Già dopo pochi mesi di attività ci siamo resi conto che il problema di

cui tutti i nostri clienti si lamentavano era quello delle zanzare e, proprio da lì,

abbiamo pensato di offrire non solo servizi ma anche veri e propri prodotti da

commercializzare contro l’intrusione degli insetti molesti, lanciando il progetto Defense.”

Che cosa ti ha spinto a partecipare a RE UP?

“Mi ha spinto principalmente l’idea di fare conoscere Bioecology ed essere

supportato nelle prime fasi del nuovo progetto. Nonostante l’attività principale

– quella dei servizi di sanificazione – fosse già avviata, la mia intenzione era

quella di ottenere un aiuto, anche economico, per l’avvio del nuovo progetto.”

Quali aspetti hai maggiormente apprezzato del programma RE UP?

“Indubbiamente, la parte di sviluppo del business plan è stata quella più im-

portante dal mio punto di vista, mentre le sessioni formative sono state per me

un po’ ripetitive, dato che già avevo una conoscenza di come fare impresa. Le

sessioni di accompagnamento con l’Ing. Anselmo sono state d’estremo aiuto

per definire un piano di business concreto, strumento fondamentale per capire

le potenzialità del nuovo progetto Defense.”

Ad oggi, a che punto sei arrivato nello sviluppo del progetto?

“L’idea del dispositivo Defense, come dicevo, è nata a fine del 2012. Ad

oggi abbiamo realizzato un piccolo prototipo che abbiamo testato nel corso

dell’estate, che è necessariamente l’unico periodo durante il quale verificare

l’efficacia del prodotto. Ora è necessario concentrarsi sulla fase di messa a

punto del dispositivo. Nel frattempo stiamo intrattenendo rapporti con l’Univer-

sità Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e l’Università di Modena e Reggio

Daniele AnnunziataBIOECOLOGYProgetto DEFENSE

“Le sessioni di accompagnamento sono state d’estremo aiuto per definire un piano di business concreto e per capire le potenzialità del nuovo progetto. ”

Dispositivo applicabile sugli infissi contro l’intrusione degli insetti molesti negli immobili.

RE UP Seconda Edizione 2012/13

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Emilia e anche predisponendo le pratiche per iscrivere il progetto Defense al

registro delle start up innovative.”

Quanto ti aspetti di crescere nel primo triennio di attività?

“La mia previsione di crescita della attività è sicuramente positiva! Fino ad oggi

il fatturato di Bioecology è aumentato del 20% annualmente; le stesse aspet-

tative di crescita le ho sull’avvio del nuovo progetto Defense, che permetterà

di incrementare il fatturato del 10-15%. Per quanto riguarda le risorse umane

occupate, le stime prevedono il coinvolgimento di altre 3-4 nuove figure. A

seguito di ricerche di mercato, prevedo inoltre di espanderci all’estero, ad

esempio in Australia e nei paesi emergenti.”

Che motivazione ti spinge a diventare imprenditore?

“Sono sempre stato del parere che nella vita bisogna darsi da fare e seguire

i propri ideali. Ho sempre pensato che il lavoro da dipendente non sod-

disfacesse pienamente le mie ambizioni morali ed economiche. Quindi, con

tanta fatica, mi sono impegnato per creare un piccolo capitale che ho investito

in una mia idea di business. Quando ho iniziato ero un po’ scettico, ma poi

mi sono detto: Perché non provarci, cercando di migliorare la mia condizione

personale? Perché non dare vita ad un’idea di business che se funziona può

dar da lavorare ad altre persone ?“

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Come è nata l’idea di Rewise?

“Durante un viaggio di lavoro in Serbia, a Belgrado, rimasi affascinato dal

servizio di ricarica pubblica per dispositivi elettronici che la città metteva

gratuitamente a disposizione dei cittadini. Da lì, l’idea di proporre lo stesso

servizio in Italia, dove la concentrazione di cellulari e smartphone è tra le più

alte al mondo.”

Rewise sarebbe utilissima per tutti noi sempre a corto di batteria sullo

smartphone! Ma chi sarebbero i clienti – ovvero i veri acquirenti – della

stazione?

“I target di clienti che ho individuato sono essenzialmente due, uno pubblico e

uno privato. I comuni – ad esempio – potrebbero disporre stazioni di ricarica

all’aperto nei parchi e nei centri delle città o in spazi chiusi come le biblio-

teche. Tra i clienti privati, invece, potrebbero esservi i centri commerciali, le

fiere e anche le aziende di largo consumo che potrebbero utilizzare le stazioni

di ricarica come strumento di pubblicità, apponendo il loro logo su tutta la

stazione.”

Ad oggi, a che punto sei arrivato nello sviluppo del progetto?

“Ancora non sono giunto alla fase di commercializzazione. Per il momento, ho

completato la fase di prototipazione e mi appresto a iniziare quella di indus-

trializzazione. Per quanto riguarda, invece, la registrazione della società, sto

verificando insieme ai consulenti di RE UP la forma societaria migliore da im-

plementare. Spero di essere effettivamente pronto a partire a gennaio 2014.”

Quanto ti aspetti di crescere nel primo triennio di attività?

“Prevedo, alla fine del terzo anno di attività, di aver raddoppiato il fattura-

to e contestualmente di aver assunto 2 collaboratori a supporto delle attività

tecniche e commerciali. Il mercato di riferimento per i primi tre anni di attività

Marco GoriniREWISE

“Molte altre iniziative richiedevano il business plan come requisito per la candidatura, mentre RE UP faceva al caso mio che avevo solo un’idea priva di

struttura.”

Stazione pubblica per la ricarica di disposi-tivi elettrici mobili.

RE UP Seconda Edizione 2012/13

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passerà dall’Emilia Romagna del primo anno a tutta la penisola italiana. Si

prevede, inoltre, l’internazionalizzazione della start up.”

In che cosa ti ha aiutato RE UP?

“RE UP è stata una guida fondamentale nella realizzazione del business plan,

strumento principale per una start-up che si voglia presentare a banche e investi-

tori. Questo è stato il motivo per cui ho deciso di parteciparvi, perché RE’UP

era l’unico programma che accompagnava le start-up durante la fase antece-

dente a quella del business plan. Molte altre iniziative richiedevano il business

plan come requisito per la candidatura, mentre RE UP faceva al caso mio che

avevo solo un’idea priva di struttura.”

Che motivazione ti spinge a diventare imprenditore?

“Ho scelto di diventare imprenditore per mettermi in gioco, occupandomi in

prima persona di tutti quegli aspetti tecnici, organizzativi ed economici che si

incontrano portando avanti un progetto dalla sua ideazione alla sua realizzazi-

one. In questo modo posso dettare io i tempi e i modi per il raggiungimento di

un obiettivo senza condizionamenti o imposizioni dall’esterno.”

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Pannolindo – un nome esplicativo! Come è nata l’idea?

“L’idea mi venne in Germania, dove, grazie a un senso ecologico più sviluppato,

da qualche tempo si sta diffondendo l’utilizzo di pannolini lavabili in sostituzione

a quelli usa e getta molto inquinanti. Al mio ritorno in Italia pensai di riproporre

qualcosa di simile anche qui. Mi piacque molto l’idea di un prodotto innovativo

che, però, attingeva le sue origini nella tradizione delle nostre nonne.”

Che cosa ti ha spinta a partecipare a RE UP?

“RE UP è stata un’opportunità che mi si è presentata al momento giusto nel

posto giusto. Quando il mio compagno (Matteo Taschini, socio al 40% di

Pannolindo, ndr) mi ha sottoposto il bando RE UP, era da un po’ di tempo che

desideravo migliorare la mia condizione di dipendente precaria, coltivando

l’idea del pannolino ecologico. RE UP faceva al caso mio, che avevo solo

un’idea e non ancora un business plan definito. Il fatto, poi, che l’iniziativa

fosse della Provincia di Reggio Emilia mi ha ulteriormente convinta a can-

didarmi. Mi sento molto legata al mio territorio e desidero che anche la mia

attività imprenditoriale vi sia legata.”

Che cosa ti ha dato RE UP?

“Se oggi ho un business plan lo devo di certo a RE UP. Da sola non sarei mai

stata in grado di completarlo tutto. Gli esperti coinvolti nel programma sono

stati una risorsa incredibile, in quanto mi hanno aiutato a trasformare un’idea

sfuocata in un progetto ben strutturato e definito. Grazie alle sessioni di accom-

pagnamento sono anche riuscita a focalizzare il mio modello di business. Infat-

ti, mentre all’inizio pensavo di offrire solo il servizio di lavanderia, oggi sono

consapevole che tale servizio ha senso solo se prima ancora dò la possibilità

di acquistare i pannolini stessi.”

Gaia Di SalvatorePANNOLINDO

“Quando sono partita non sapevo come arrivare al mio obiettivo, però sapevo di averlo. RE UP mi ha messa sulla giusta strada per raggiungerlo.”

Servizio di noleggio e lavanderia di pannoli-ni ecologici in cotone.

RE UP Seconda Edizione 2012/13

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Ad oggi, a che punto sei arrivata nello sviluppo del progetto?

“Prima di tutto, ho condotto qualche indagine di mercato e dei canali distribu-

tivi locali in essere. Successivamente, ho predisposto un primo kit di prodotto

e contattato il fornitore che si occuperà di produrlo. La mia intenzione è com-

pletare tutte le fasi preliminari entro gennaio 2014, data in cui dovrei costituire

la società.”

Quanto ti aspetti di crescere nel primo triennio di attività?

“Ipotizzo un fatturato di circa €30.000 il primo anno, che in 3 anni può ar-

rivare a €130.000. In un primo momento, il mercato di riferimento sarà solo

quello italiano, ma poi verranno fatti investimenti per portare il prodotto anche

in Spagna e Portogallo, paesi nei quali non vi è molta concorrenza in quanto

il prodotto non è ancora diffuso.”

Che consigli daresti ai neo-imprenditori?

“Il primo suggerimento è quello di non arrendersi troppo presto, dando ascolto

alle persone che stroncano a priori qualunque idea. E poi, anche se non si co-

nosce bene la strada da percorrere, avere un obiettivo finale chiaro. Quando

sono partita non sapevo come arrivare al mio obiettivo, però sapevo di averlo.

RE UP mi ha messa sulla giusta strada per raggiungerlo.”

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Come è nata l’idea di Passobio?

“L’idea di Passobio mette insieme la mia passione per il biologico e la man-

canza di tempo da mamma lavoratrice. Mi è sempre piaciuto andare alla

scoperta di mercatini di prodotti biologici locali, ma da quando sono diventata

mamma ho dovuto rinunciare a un po’ di tempo libero. Non potendo più uscire

all’aria aperta alla ricerca di prodotti biologici, mi sono messa a cercare on-

line qualche portale che consegnasse a domicilio prodotti a km zero. Risultato:

nessun sito esistente era in grado di soddisfare pienamente le mie richieste.

Quindi ho deciso di crearne uno tutto mio.”

Perché pensi che il tuo modello sia unico o il migliore?

“Ci tengo a precisare che il mio servizio non è unico. Nel progettarlo mi sono

ispirata molto a quello del sito Le Zolle, caso di successo attivo sul territorio ro-

mano. Credo però che sia unico se si considera il territorio dell’Emilia Romagna,

dove non esiste portale online che consegni a domicilio prodotti da aziende

locali biologiche, biodinamiche e a lotta integrata. Io credo che questo tipo di

modello possa davvero funzionare perché apporta benefici diretti e immediati a

produttori e consumatori, favorendo lo sviluppo economico locale.”

In che cosa ti è stato utile RE UP?

“RE UP mi è stato utile davvero in tutto, dalla formazione all’accompagnamen-

to. Mentre la fase formativa mi ha aiutata a riflettere sul mio ruolo di impren-

ditrice, dalla fase di accompagnamento ho tratto il vero valore aggiunto del

programma. Grazie a RE UP, e in particolare grazie ai tutor che mi hanno

accompagnata, oggi ho un business plan. Da sola avrei fatto molta fatica

a orientarmi, mentre attraverso il sistema che mi è stato fornito sono riuscita

Claudia TagliaviniPASSOBIO

“Mentre la fase formativa mi ha aiutata a riflettere sul mio ruolo di impren-ditrice, la fase di accompagnamento mi ha dato il vero valore aggiunto.”

Consegna a domicilio di prodotti enogastro-nomici locali.

RE UP Seconda Edizione 2012/13

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a declinare la mia idea in un piano dettagliato ed effettivamente utile per lo

sviluppo futuro del mio progetto.”

Ad oggi, a che punto sei arrivata nello sviluppo del progetto?

“Prima di tutto, ho condotto qualche indagine di mercato e una mappatura dei

piccoli produttori locali agrofood di nicchia. L’architettura del sito web attraverso

il quale venderò i miei prodotti sarà ultimata a dicembre mentre la registrazione

della società avverrà a gennaio 2014. Già a gennaio inizierò la campagna

promozionale volta a far conoscere Passobio, mentre la vendita vera e propria

online inizierà successivamente, intorno ai primi di marzo.”

Quanto ti aspetti di crescere nel primo triennio di attività?

“Aspiro a una crescita media annua del 20% in termini di fatturato e a un’es-

pansione geografica del modello di business. In termini di impiego di risorse

umane, essendo l’attività soggetta a stagionalità, si prevede l’impiego di ad-

detti part-time ma non escludo, nel caso di una forte crescita della domanda,

di creare un sistema diretto per la distribuzione della merce.”

Che motivazione ti spinge a diventare imprenditore?

“Il mio desiderio è quello di impegnarmi in qualcosa in cui credo e continuare

a crescere professionalmente, al tempo stesso riuscendo a conciliare meglio

necessità familiari e lavorative.”

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LE VOCIFUORICAMPO

In che cosa consiste l’iniziativa a sostegno delle start up promossa da

Banca Intesa Sanpaolo?

“Il nostro è un percorso di accelerazione, che seleziona idee di business in-

novative, start-up e spin-off. La prima fase prevede che le start-up, che dispon-

gono già di un business plan ben definito, partecipino a un breve percorso di

coaching e mentoring finalizzato al perfezionamento della comunicazione agli

investitori in termini di contenuti della presentazione e modalità di esposizione

pubblica. Le start-up selezionate come finaliste, poi, partecipano a giornate di

networking dove hanno l’opportunità di presentare la propria idea a investitori

e aziende del settore con l’obiettivo di ottenere i primi finanziamenti.”

Quanto è importante per una start up dedicare tempo e risorse alla

predisposizione del business plan?

“Nonostante la nostra iniziativa dia un po’ per scontata la fase di business

planning, questa fase è vitale per qualunque start up. Infatti, per potersi presen-

tare a potenziali investitori ogni start up deve avere molto chiaro qual è il pro-

prio business plan e il proprio fabbisogno di investimenti. Per quanto riguarda

il supporto alla predisposizione del business plan, credo che sia utile aiutare

le start up in questa fase ma al tempo stesso è importante ricordare che il team

deve dimostrare di saper padroneggiare gli elementi fondamentali che carat-

terizzeranno l’implementazione e lo sviluppo del progetto imprenditoriale. ”

Qual è il ruolo degli enti locali all’interno dell’ecosistema per il suppor-

to delle start up?

“E’ importante ricordare, come afferma anche molta ricerca sul tema, che non

si crea un ecosistema favorevole alle start up se non vi sono fondamentali ele-

menti che vi concorrono, tra cui l’eccellenza accademica e il supporto delle

istituzioni locali. Il supporto dell’ente locale è importante per dare alle start up

Andrea Contri

Responsabile del programma Startup Initiative di Banca Intesa Sanpaolo

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gli strumenti per iniziare, per far subito capire loro qual è la portata dell’in-

novazione insita nel progetto ed eventualmente accompagnarle in un percorso

di mercato più ampio.”

Quali indicazioni vorrebbe dare alle pubbliche amministrazioni locali

perché possano partecipare attivamente alla creazione dell’ecosiste-

ma?

“Per valorizzare il proprio ruolo all’interno dell’ecosistema, gli enti locali dovreb-

bero agire su alcune dimensioni, tra cui: ridurre le barriere all’entrata, facendo sì

che più start up possano entrare più velocemente sul mercato per verificare qual

è la loro effettiva rispondenza alle esigenze dei clienti; non drogare con finanzia-

menti eccessivi le aspettative di una start up creando un mercato locale protetto

che non sia altrettanto competitivo quanto quello con cui si scontrerà in fase di

crescita; far leva sui centri di eccellenza presenti sul territorio identificando le start

up con maggiori potenzialità e lanciarle su un mercato competitivo più ampio.”

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LE VOCIFUORICAMPO

A chi si è rivolto e come è stato strutturato il programma di formazione

ideato e gestito dal Gruppo Giovani dell’Unione degli Industriali della

Provincia di Pavia?

“Il programma Masterclass Start-up si è rivolto a giovani laureandi, laureati,

ricercatori e in generale potenziali imprenditori con meno di 40 anni compiuti.

Hanno anche partecipato i figli di imprenditori pavesi o soggetti interessati,

segnalati da Università o Associazioni esterne alla provincia di Pavia. Requisito

discriminante per la partecipazione era la presentazione di un’idea innovativa.

Il percorso aveva l’obiettivo di sviluppare, con il supporto di un team di esperti,

il processo che è alla base della creazione di una nuova impresa, unendo alla

formazione d’aula un innovativo percorso di action learning e lo studio di case

histories di successo ed insuccesso con testimonianze dirette di imprenditori.”

Quali riscontri avete raccolto tra i partecipanti?

“La strutturazione del programma è stata molto equilibrata, come hanno sotto-

lineato i partecipanti stessi. In particolare, è stato apprezzato il coinvolgimento

di esperti esterni e funzionari interni di Confindustria, i quali hanno fornito sug-

gerimenti molto precisi e altamente tecnici in materie fondamentali come, ad

esempio, la proprietà intellettuale, il diritto del lavoro e la revisione contabile.

Allo stesso modo, è stata estremamente utile dal punto di vista dei partecipanti

anche la parte di visite presso le aziende che ha offerto la possibilità di confronto

con imprenditori già affermati.”

Quali impatti ha avuto l’iniziativa sui partecipanti al programma di for-

mazione?

“Sicuramente un risultato importante è stato il fatto che più di 10 progetti su 15

partecipanti sono effettivamente divenuti imprese, e alcuni hanno addirittura vinto

premi. Un ulteriore risultato, che non ci aspettavamo all’inizio, è stato la creazio-

Annalisa TocchioImprenditrice presso TOCCHIO SRL

Presidente del Gruppo Giovani dell’Unione degli Industriali della Provincia di Pavia.

Nel 2011, in collabora-zione con IBAN e SDA Bocconi, ha ideato e gestito il programma di formazione Masterclass Start-Up.

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ne di un ottimo clima d’aula, che ha stimolato una proficua collaborazione e

scambio di idee tra i partecipanti. Alcuni partecipanti appartenenti a gruppi di-

versi, proprio grazie al clima di scambio che si era creato, hanno fatto leva sulla

complementarietà delle loro competenze, diventano soci dello stesso progetto.”

Quanto è stata importante questa esperienza in termini di creazione di

best practice per lo sviluppo locale?

“Il Masterclass Start-up è stata un’esperienza molto utile dal punto di vista della

nostra associazione di categoria proprio in termini di creazione di best practice.

Infatti, sulla base della ottima e riuscita esperienza del Masterclass Start-Up, sono

state strutturate e proposte altre due iniziative: il Corso di Entrepreurship, rivolto ai

dottorandi dell’Università degli Studi Pavia, e lo Sportello Start-Up, supporto che

l’Unione Industriali mette a disposizione degli aspiranti imprenditori e dei neo-im-

prenditori, di qualunque età, con servizi di orientamento, informazione, formazi-

one e assistenza per l’avvio di una nuova attività imprenditoriale. Inoltre, grazie

all’esperienza e alle conoscenze capitalizzate nel corso di queste iniziative, il

Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Pavia ha patrocinato e supportato

operativamente anche la Scuola di imprenditoria SIPavia dell’Amministrazione

Provinciale per la promozione dell’imprenditorialità sul territorio pavese. Credo

che proprio il caso di Pavia possa costituire un esempio di come gli attori terri-

toriali, ad esempio un’associazione di categoria e l’ente provinciale, possano

collaborare e mettere a sistema le proprie risorse e competenze a beneficio del

territorio.”

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LE VOCIFUORICAMPO

L’imprenditorialità rappresenta un fondamentale motore di crescita; la

ricchezza della provincia di Reggio Emilia largamente dipende dalle

piccole e medie imprese. Quali potrebbero essere le strategie e gli in-

gredienti per stimolare una maggior imprenditorialità tra i giovani?

“Credo che l’introduzione dell’imprenditorialità tra gli obiettivi espliciti di un

piano di studi sarebbe un chiaro segnale di importanza, elemento che oggi

manca totalmente nella educazione scolastica italiana. Anche il mondo im-

prenditoriale e la comunità locale dovrebbero essere attivamente coinvolti nei

programmi di studio e nella successiva offerta di formazione pratica. Con il

concetto di “educazione dei giovani all’imprenditorialità” dovremmo intendere

un approccio innovativo, che inviti a sviluppare una mentalità e un comporta-

mento, uno “stile di vita” in cui rientrano la creatività, l’innovazione e l’assun-

zione del rischio, così come la capacità di pianificare e di gestire progetti per

raggiungere obiettivi concreti. Sono competenze indispensabili per tutti noi

cittadini che viviamo in un mercato globalizzato, sia per i lavoratori autonomi

sia per i lavoratori dipendenti con mansioni direttive e organizzative.”

Le istituzioni pubbliche sono spesso chiamate ad intervenire quando

si manifestano situazioni di fallimento di mercato o di crisi economica.

Quale a suo avviso dovrebbe essere il ruolo della Pubblica Amministra-

zione e del sistema educativo-universitario nel promuovere l’imprendi-

toria?

“A mio parere la pubblica amministrazione e il sistema educativo, soprattutto

universitario, possono organizzare una serie di attività coordinate e coerenti

con l’obiettivo di promuovere l’imprenditoria tra i giovani. Ad esempio mettere

a disposizione borse di studio per studenti brillanti che abbiano una innovativa

idea imprenditoriale. Si potrebbe favorire l’accesso a finanziamenti, coinvol-

gendo gli attori locali e selezionati sponsor privati. Inoltre credo che sia utile

Renato Brevini

Presidente del gruppo industriale Brevini, azienda reggiana leader nel settore dei riduttori epicicloidali e delle trasmissioni meccaniche.

Vicepresidente di In-dustriali Reggio Emilia.

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prevedere incontri sui settori chiave dell’economia locale, per incoraggiare e

informare gli studenti (e tutte le giovani generazioni) sulle soddisfazioni e sul

potenziale connessi con il diventare lavoratori autonomi. Infine consiglio di

promuovere le esperienze pratiche imprenditoriali extra-scolastiche, incorag-

giando lo sviluppo di attitudini e di “spirito di impresa” attraverso tutte le forme

di educazione, incluso il volontariato e la collaborazione con le nostre orga-

nizzazioni imprenditoriali.”

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L’accesso al credito ha sempre rappresentato una variabile critica per le

piccole imprese, ancor di più in un periodo di crisi e come conseguenza

di Basilea 3. Quanto ritenete questa difficoltà possa incidere sulle po-

tenzialità dell’imprenditorialità reggiana?

“Sicuramente la simbiosi banca-impresa è da sempre stata necessaria ed utile

per uno sviluppo dell’economia. L’ultimo decennio, gravato da problematiche

gestionali del sistema finanziario, ha modificato questo equilibrio di collabora-

zione. Di conseguenza anche la nuova classe di imprenditori (ovvero i nostri

giovani) ne ha risentito ed è stata poco motivata e/o sostenuta nel creare nuovi

progetti d’impresa. Sono cresciute alcune aziende focalizzate in “nicchie” di

mercato o chi ha investito sui canali di comunicazione web, purtroppo la tipici-

tà reggiana, ovvero la meccatronica, si è fermata.”

Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a sostenere l’iniziativa

RE UP? Quali sono le vostre valutazioni?

“Il progetto ha permesso a nuovi/futuri soggetti economici di presentare pro-

getti, idee e la particolarità è stata di non focalizzarsi su un’idea che doveva

partire con una richiesta di contributo economico (erogato da pubblico o priva-

to era indifferente) ma dalla volontà di farsi affiancare nei processi da un tutor

che potesse validare il progetto, modificarlo, affrontando tutte le tematiche utili

per il successo finale (marketing, strategia, analisi di mercato, business plan e

anche rapporto con le banche). Penso che i risultati ottenuti possano motivare

a ripetere il progetto anche per il futuro.”

LE VOCIFUORICAMPO

Carlo Rodolfi

Responsabile progetti speciali e consulenza d’impresa, Banco Emiliano.

Banco Emiliano è una delle banche soste-nitrici della seconda edizione di RE UP.

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Quale ritenete debba essere il ruolo del Pubblico a supporto dell’im-

prenditorialità e magari del rapporto banca e impresa, con specifico

riferimento alle start up?

“Il progetto ha avuto il suo successo anche grazie alla stretta collaborazione

pubblico/privato. L’intervento ed il supporto della banca è elemento utile per

far comprendere la mentalità e lo schema operativo che oggi il mondo finan-

ziario esamina e richiede; invece il ruolo del Pubblico deve rappresentare un

partner formativo autorevole, quale elemento di garanzia, per analizzare e svi-

luppare idee e progetti, indipendentemente dalla mera valutazione creditizia.”

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L’accesso al credito ha sempre rappresentato una variabile critica per le

piccole imprese e a maggior ragione in un periodo di crisi e come con-

seguenza di Basilea 3. Quanto ritenete questa difficoltà possa incidere

sulle potenzialità dell’imprenditorialità reggiana?

“Per rispondere occorre fare una premessa. Oggi, rispetto al periodo pre-crisi

(2005-2006) c’è una consapevolezza. Nel mondo delle finanza liquidità,

patrimonio e quantità di risorse a disposizione non sono più grandezze illimi-

tate. Quindi vanno canalizzate in modo oculato e selettivo, in particolare verso

le aziende che puntano su export, innovazione e ricerca. Certo, le banche

devono chiedere più rassicurazioni rispetto al passato, ma quando un’azienda

(anche una piccola e media impresa) è solida e ha prospettive di crescita non

incontra ostacoli nell’accedere al credito.

La liquidità in molti casi non manca: il sistema delle imprese deve riprendere a

fare investimenti, ripristinando un clima di fiducia necessario per la ripresa. Ci

sono però aziende ben patrimonializzate che preferiscono ancora non inve-

stire e restano alla finestra. Il mestiere delle banche è fare credito. Nonostante

la crisi BPER sostiene le Pmi. Resta un problema generale di costo del credito

legato all’instabilità politica, di cui pagano le conseguenze anche le banche.

Reggio Emilia, come tutte le altre province in cui siamo presenti, è un territorio

strategico per BPER. Siamo infatti presenti da tempo con una rete di 40 sportelli

distribuiti sull’intero territorio provinciale, nei quali operano oltre 300 colleghi.

Abbiamo tutte le caratteristiche idonee per intercettare la domanda di credito

e di consulenza che il territorio reggiano esprime. La nostra intenzione è quella

di continuare a investire adeguando la nostra offerta, senza venir meno alla

nostra vocazione di banca locale. Lo testimonia il fatto che, in un anno di crisi,

non abbiamo mai diminuito l’erogazione del credito.”

LE VOCIFUORICAMPO

Paolo Vacondio

Responsabile corporate per l’area territoriale di Reggio EmiliaBanca Popolare dell’Emilia Romagna

BPER è una delle banche sostenitrici del-la seconda edizione di RE UP.

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Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a sostenere l’iniziativa

RE UP? Quali sono le vostre valutazioni?

“La nostra banca vede con favore tutte le iniziative che stimolano nuova im-

prenditorialità. Crediamo che nei territori di riferimento di BPER, e nell’area

emiliana in particolare, il ruolo di una banca che per vocazione è vicina da

sempre alle imprese e alle famiglie sia quello di accompagnare con varie mo-

dalità le aziende nel loro percorso di crescita: non solo con un’accorta politica

di impieghi, quindi, ma anche – ad esempio – con il supporto tecnico nella

stesura di business plan e con l’agevolazione dei contatti d’affari, in partico-

lare all’estero. Og gi le qualità necessarie per competere sul mercato globale

– valide per tutti, quindi anche per una start-up – sono legate all’internaziona-

lizzazione, all’innovazione e alla capacità di mettersi in rete. Tutti fattori di

cui un istituto di credito deve tenere conto nell’esercizio della propria attività.”

Quale ritenete debba essere il ruolo del Pubblico a supporto dell’im-

prenditorialità e magari del rapporto banca e impresa, con specifico

riferimento alle start up?

“Il pubblico, o meglio il sistema Paese, deve agevolare chi ha il coraggio di

fare impresa. Questo però oggi non accade. Occorre un mix di comporta-

menti virtuosi: imprese, sistema bancario, settore pubblico devono concorrere,

ognuno per la propria parte, a generare una ripresa di competitività. In Italia

ci sono rigidità e situazioni penalizzanti da rimodulare. Tre esempi: il costo

dell’energia più alto del 40% rispetto ai competitor esteri, il costo del dena-

ro, gli eccessi della burocrazia. C’è però un patrimonio nei nostri distretti di

eccellenza che né il tracollo di alcuni comparti dell’economia come l’edilizia,

né la morsa del fisco, il costo troppo elevato dell’energia o gli eccessi della

burocrazia sono riusciti a scalfire. Questo patrimonio è fondato sulla creatività

e sulla ricerca, che confermano la superiorità del made in Italy.”

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