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Alexandre Dumas

STORIA DI UNO SCHIACCIANOCI (liberamente tratta dal racconto di Alexandre Dumas)

Traduzione e cura di Gabriella Messi

Edizioni Angolo Manzoni

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PREFAZIONE (di Gabriella Messi) Forse i bambini moderni non conoscono la Storia di uno schiaccianoci di Alexandre Dumas (1844). Forse neanche i loro genitori la conoscono… mentre, ai “nostri” tempi era uno dei classici della letteratura per l’infanzia. Ma adesso ci sono i videogiochi, c’è il computer, ci sono i fumetti e anche i bambini che vengono educati al gusto della lettura amano “altri” racconti. Eppure Dumas padre (sì, proprio l’autore de I Tre Moschettieri, Il Conte di Montecristo eccetera) è stato, con il suo Schiaccianoci, un precursore della letteratura fantastica: pupazzi animati, un mostro a sette teste, il sorprendente mondo dei Giocattoli… Tutti questi elementi, sapientemente mischiati, hanno sicuramente creato, all’epoca, un precedente in seguito molto imitato nella letteratura e nel cinema per i giovanissimi: penso, ad esempio, a La Fabbrica del cioccolato. Ma forse non tutti sanno che si trattava già di un’imitazione. Infatti, Dumas s’ispira a un’opera di Hoffmann, Schiaccianoci e il Re dei Topi (1816), tradotta in francese da uno sconosciuto traduttore nel 1838. Il racconto di Hoffmann e poi quello di Dumas ebbero un tale successo da ispirare, a loro volta, il celebre balletto di Čajkovskj, sul finire del XIX secolo. Molto umilmente, ho cercato di seguire le orme di tali illustri predecessori in questo utilissimo audiolibro in EasyReading. Ho infatti rielaborato il testo di Dumas, adattandolo al gusto dei giovanissimi lettori moderni. Per fare questo, ho dovuto innanzitutto alleggerire la narrazione e trasformare, qua e là, alcuni dettagli che sarebbero risultati incomprensibili ai ragazzi, sostituendo talvolta alla realtà del tempo quella di oggi, ma sempre nel rispetto di tanta arte. Ho rispettato anche l’articolata struttura del testo, che prevede una “storia nella storia”, perché l’autore francese ha inserito la favola della Noce Krakatuk e della principessa Pirlipata in una narrazione fatta ai suoi piccoli amici: la storia acquisisce un’ulteriore cornice che la trasferisce ai nostri giorni, per poi riportarla indietro nel tempo e farla terminare nel 2010. Lasciando una porta aperta: l’avventura non è finita…

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Per rendere più fluido il racconto, poi, ho eliminato i titoli, che, a mio avviso, rendevano il décalage temporale meno efficace di un unicum narrativo: saranno alcuni riferimenti sparsi un po’ ovunque a far “spostare” i bambini nel tempo, aumentando, spero, il piacere della lettura. Questa edizione, grazie ai caratteri speciali e al CD allegato, è sicuramente fruibile da un gran numero di lettori- ascoltatori che potranno così passare la vigilia di Natale a Norimberga e ammirare il sontuoso albero di Natale dei Silberhaus, assistere al duello del mostruoso e malvagio re dei Topi contro il coraggioso Schiaccianoci, ritrovarsi a viaggiare su un’imbarcazione a forma di conchiglia sul fiume di essenza di rose, assaggiare la crema della fantastica torta- fontana, e, magari, essere invitati al matrimonio della dolce Maria con Nathaniel, il re del Regno dei Giocattoli…

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PROLOGO Norimberga, 2010. Da qualche giorno, la piccola Maria, è attratta dalla porta chiusa della soffitta, in casa della nonna. La nonna si chiamava Maria, proprio come lei, come la bisnonna e… Che strano, quasi tutte le donne della famiglia, tranne sua madre e una prozia, si chiamavano Maria. La porta della soffitta è lì, massiccia, chiusa da una grossa chiave annerita dal tempo. La piccola Maria la guarda, poi, finalmente, la fa girare: tac tac, un rumore secco, come di noci rotte, due giri. Ora appoggia la mano sulla maniglia, che cede facilmente. La porta si sta aprendo, si apre, gira piano sui cardini, senza rumore: - Vieni, vieni, piccola Maria, ti stavamo aspettando. La bimba entra, senza paura. La soffitta riceve luce da una finestrella aperta sul tetto. Non è buio, lì dentro, non è sporco e non fa freddo. Vecchi oggetti, disposti sul pavimento, sugli scaffali di legno, in grandi bauli. Ma Maria non guarda altro che il grosso baule giallo che si trova sulla destra. Sembra avvolto da una luce, ma no, è la luce del sole che arriva dall’alto. Il raggio di sole, però, cade qualche metro più in là, il baule si trova nella penombra… Eppure sembra illuminato! - Vieni, vieni, piccola Maria, ti stavamo aspettando, dobbiamo raccontarti una storia! La bambina, attratta da una forza misteriosa, tende le mani verso il coperchio della vecchia cassapanca. Esita solo per un secondo, poi lo sfiora appena e il coperchio si solleva. Pof ! uno strano ometto di legno, con un mantello di legno, stivaletti di legno e berretto di legno salta su come spinto da una molla. Ha una grande bocca rossa, due file di grossi denti bianchi, ma gliene mancano tre, proprio davanti. - Ciao, bambina. Ti chiami Maria Silberhaus, vero? Dobbiamo raccontarti una storia. Maria, rimasta senza parole, fa segno di sì, scuotendo i lunghi capelli biondi. Poi sobbalza e sembra ricordare qualcosa. Con gesto rapido, si strappa via gli auricolari. Ma certo! Stava sentendo musica con l’i- Pod del fratello Federico. Forse la voce veniva da lì.

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- Maria, ti dobbiamo parlare. Sono io, l’omino di legno, ascoltami! Tu sei la predestinata, la prescelta per tramandare la storia ai tuoi figli, ai figli dei tuoi figli e ai loro figli… - Ma quali figli? Ho solo sette anni e mezzo. È vero che Nicolas, a scuola, dice di essere il mio fidanzato, ma non sono mica sposata e non mi sposerò mai! - Non c’è tempo, Maria, stanno per arrivare, siediti e ascolta. Maria, obbediente, si siede per terra senza sapere bene perché. Il buffo uomo di legno comincia la sua storia... Mia cara Maria, è passato tanto, tanto tempo, so che tutto è cambiato nel vostro mondo. Ma nel nostro mondo no e, in fondo, nemmeno nell’animo innocente di un bambino. Mentre il buffo ometto di legno parla, dal baule escono bambole magnifiche, con abiti di seta un po’ ingialliti (“Non somigliano alle Winx, sembrano Barbie con l’abito da sera”, pensa Maria) e soldati a cavallo, soldati a piedi, soldati con la testa bendata (“Sono soldati, perché hanno il fucile, ragiona la bambina, ma che strani!”). Tutti questi personaggi si siedono intorno all’omino e lo ascoltano con grande rispetto. (“Si siedono, ascoltano? Saranno extraterrestri nani? I soldati hanno la divisa come quella del capitano dell’Enterprise, ma più brutta”, pensa Maria. Vorrebbe guardare in fondo al baule, per cercare una porta temporale, ma non osa). - So che ti sembra tutto molto strano, ma cercherò di raccontarti la storia in modo che tu possa capirla, MI PROGRAMMERÒ sul linguaggio moderno (storce la bocca, CRAC CRAC), ecco fatto. È importante, dobbiamo salvare il nostro mondo e il vostro e impedire che si spezzi il legame, la forza che ci unisce contro il male, contro chi ci vuole separare. Non c’è più molto tempo, quindi ascolta. Maria (mentre sta pensando che, forse, in fondo al baule c’è una schifosa colla gialla che avvolge tutti quei… quei…nanetti, come i Gormiti di Federico) resta in silenzio e guarda l’ometto di legno. Lui si fa passare qualcosa dalla bella Barbie bionda seduta ai suoi piedi. Crac! Con la sua bocca rossa ha rotto un’enorme noce, una noce vera, e, strizzando l’occhio, la porge a Maria. - Non mi sono presentato, signorina Maria “Casadargento”! Io sono lo Schiaccianoci, per servirti! Fa un bell’inchino e la bambina ride.

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Cominciamo la nostra storia. A Norimberga, circa due secoli fa, cioè molto, molto tempo fa, viveva il signor Silberhaus (che è anche il tuo cognome e che, come sai, nella nostra lingua, il tedesco, significa «Casa d’argento»), un importante uomo politico. Aveva un figlio e una figlia: Federico, detto Fritz, di nove anni, e Maria di sette e mezzo: due bambini simpaticissimi e vivaci, ma molto diversi tra loro. Fritz era cicciottello, spaccone, saccente e capriccioso, urlava e strepitava se non otteneva tutto quello che voleva e continuava finché il padre, stanco dei suoi capricci, non usciva dal suo studio e non lo minacciava della più terribile delle punizioni: “Fritz, se continui così, niente allenamento di scherma, domani…”Allora il ragazzino si calmava subito. Maria, invece, era una bimbetta esile, pallida, dai lunghi capelli biondi che arrivavano fino a metà schiena. Era gentile, dolce, così buona che non sopportava che qualcuno soffrisse, nemmeno una delle sue bambole. Obbediente al primo cenno della mamma, faceva quello che le veniva chiesto senza discutere, e obbediva anche alla sua baby- sitter, la signorina Trudchen. Perciò, tutti le volevano bene. Era il 24 dicembre, la vigilia di Natale, giorno in cui il Bambino Gesù è nato in una mangiatoia fra un bue e un asinello. Ogni paese possiede le proprie tradizioni e questa città della Germania, Norimberga, era famosissima per la produzione dei giocattoli di ogni tipo, che venivano spediti in tutti gli altri paesi della terra. Per questo i bambini di Norimberga erano i più felici del mondo, soprattutto durante le feste di Natale. Dunque, anche allora, la vigilia di Natale, si mettevano sotto i rami di un enorme abete decorato i regali per i bambini e gli si diceva che Gesù Bambino gli mandava una parte dei doni che aveva ricevuto dai Re Magi. In altri paesi, i bambini credono che i regali li porti Babbo Natale oppure…Come dicevo, ogni paese ha le sue tradizioni, che, a quel tempo, venivano rispettate un po’ ovunque. Perciò, i due bambini ricevevano molti doni, anche dal loro padrino, un personaggio molto buffo che si chiamava Drosselmayer. Il dottor Drosselmayer era alto, magro e così curvo che, nonostante le sue lunghissime gambe, poteva raccogliere il fazzoletto, se gli cadeva, senza nemmeno chinarsi.

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- Curvo? - Sì, come dire… gobbo, ecco. - Ah… Aveva la faccia rugosa, una benda nera sull’occhio destro ed era completamente calvo, ma portava una folta parrucca ricciuta, bianca e spettinata, che lo faceva somigliare a… a… Un soldato a cavallo si avvicina e mormora qualcosa all’orecchio del nostro omino. - Lo faceva somigliare a Doc Brown, lo scienziato pazzo di Ritorno al futuro, ecco. - L’ho visto, ho visto il DVD di Federico! - Ehm, sì, bene. Per il resto, l’unico occhio sano di Drosselmayer era vivo e brillante e si guardava attorno roteando e poi si fissava sulle persone delle quali voleva conoscere i pensieri più nascosti. Il padrino Drosselmayer era medico, ma, invece di ammazzare secondo le regole la gente viva, faceva vivere secondo le regole le cose morte: a forza di studiare, cioè, il corpo umano e quello degli animali, era arrivato a conoscere così bene gli organismi viventi che riusciva a C.O.S.T.R.U.I.R.E uomini che camminavano, salutavano e facevano ginnastica, signore che ballavano e si truccavano, cani che correvano e abbaiavano, fate che volavano, pesci che nuotavano, streghe che agitavano la bacchetta magica. Era riuscito anche a far parlare bambole e pupazzi ed era convinto che, un giorno o l’altro, avrebbe potuto fabbricare uomini veri, donne vere, cani veri, fate vere, streghe vere. E i suoi due figliocci aspettavano quel momento con grande impazienza. - Figo! Maria interrompe lo Schiaccianoci battendo le mani. Già si immagina di potersi costruire un altro fratello, un’altra maestra, un’altra baby- sitter… E magari anche qualche streghetta tipo le Winx! Allora, Drosselmayer, grazie alla sua abilità, era considerato un aiuto prezioso dai suoi amici. Ad esempio, se un orologio antico o moderno “si ammalava” in casa Silberhaus, e, nonostante le cure dei comuni orologiai, non riprendeva a funzionare, mandavano a chiamare Drosselmayer, che arrivava subito di corsa e si faceva condurre dal “malato”: posava la parrucca per terra e lo operava subito, e quello risuscitava immediatamente e ricominciava a fare tic tac.

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E non basta. Pregato dalla piccola Maria, che provava una gran pena per il cane di casa, Turco, che doveva trainare lo slittino di Federico al parco ogni volta che nevicava, Drosselmayer, dall’alto della sua scienza, si era degnato di costruire un cane robot che trascinava il bambino cicciottello, mentre Turco si scaldava da gran signore muso e zampe vicino al camino, senza aver altro da fare che osservare il suo successore, il quale, una volta premuto il pulsante, cominciava a fare il suo lavoro di cane da slitta senza dar fastidio a nessuno. Dunque, la sera di quella vigilia di Natale, Fritz e Maria se ne stavano in un angolo della sala da pranzo. Mentre la signorina Trudchen, la baby- sitter, leggeva vicino alla finestra per approfittare dell’ultima luce del giorno, i bambini parlottavano sottovoce, come si parla quando, appunto, si aspetta con ansia qualcosa di speciale. - Fritz, dice Maria, papà e mamma si stanno occupando di certo del nostro albero di Natale, perché da stamattina non fanno altro che andare avanti e indietro nel salone dove ci hanno proibito di entrare. - Dieci minuti fa, dice Fritz, ho capito dal modo di abbaiare di Turco che è arrivato il padrino. - Evviva! esclama Maria battendo le mani, cosa ci avrà portato? Sono quasi sicura che ci sarà un castello, la scuola di magia con maghi, maghetti e streghe che svolazzano sulle loro scope, e le partite di QUINCID e… - Prima di tutto, si dice QUIDDICH e non QUINCID, replica Fritz con quel suo tono saccente. Poi credo di sapere che il padrino MI porterà un campo di battaglia con soldati che combattono a piedi, a cavallo, con spade e fucili, come quelli che ho visto sul libro di storia e come faccio io quando vado a scherma… - Non mi piacciono le battaglie, dice Maria. Ma se porta i soldati che combattono, come dici tu, saranno per te; io mi prenderò i feriti, per curarli. - Qualunque cosa porti, lo sai che non sarà né per me né per te, perché i “piccoli capolavori” del padrino ce li tolgono subito e li chiudono nell’armadio a vetri dove solo papà può arrivare e anche lui salendo su una sedia. A me piacciono di più i giocattoli che ci regalano papà e mamma, perché almeno ci possiamo giocare finché non li abbiamo distrutti. - Anche a me, dice Maria, ma non bisogna dirglielo, questo, al padrino. - E perché?

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- Perché gli farebbe dispiacere sapere che i suoi giocattoli ci piacciono di meno di quelli di papà e mamma. Ce li regala credendo di farci piacere! - Ha ragione Maria, Fritz, interviene la Trudchen, non bisogna mai offendere la sensibilità delle persone! - Allora, riprende Maria, vediamo di indovinare che cosa ci regaleranno! Io avevo chiesto una Winx, oppure le scarpe a rotelle, oppure… - Io, la interrompe Fritz, ho fatto capire a papà che avrei voluto il videogioco di Harry Potter, quello nuovo, poi quello dei Duellanti, così imparo altre mosse di scherma, e i modellini dell’armata spaziale… Intanto è scesa la sera e i bambini parlano a voce sempre più bassa, vicini. Si sente all’improvviso lo squillo di un campanello, la porta si apre di colpo e la stanza è invasa da una luce così forte che i bambini hanno appena la forza di emettere un lungo oooh! di meraviglia. A quel punto entrano papà e mamma e, prendendoli per mano: - Venite a vedere, bambini, dicono, venite, c’è qualcosa per voi! - Che meraviglia! I bambini vedono allora un grande abete magnificamente decorato e, sotto l’albero, parecchi pacchetti colorati. Maria trova la bambola che aveva chiesto, con un corredo di abiti e trucchi e gioielli per crearle ogni giorno un nuovo aspetto. Un altro pacchetto contiene una “pixie” e, inoltre, ci sono le famose scarpe a rotelle (i rollers sono ormai superati…), poi una giacca di piuma rosa e… Fritz ha aperto alcuni dei suoi regali. Mette da parte i videogiochi che desiderava e comincia a scartare un grosso pacco. Una nuova consolle… - Graaande!!! Mentre Fritz sistema la consolle e Maria ammira la sua Roxy, si sente squillare un campanellino. In un angolo del salone nascosto da una tenda, proviene una musichetta che dice chiaramente che là sta accadendo qualcosa. Allora i bambini si ricordano di colpo che non hanno ancora visto il dottore: - Padrino Drosselmayer! La tenda scivola da un lato. In un prato pieno di fiori, un meraviglioso castello con due torri dorate sui lati. Una musica proviene dall’interno, le porte si aprono e dame e cavalieri si dirigono verso il prato per assistere a un torneo.

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- Sono i cavalieri di re Artù! Gli stallieri in miniatura conducono per le briglie splendidi cavalli, le dame prendono posto all’ombra, mentre i cavalieri indossano l’armatura e i giocolieri intrattengono il pubblico. Ma… lo stesso padrino Drosselmayer, vestito col suo solito cappotto giallo, con la benda nera sull’occhio e la parrucca tutta spettinata, alto appena nove o dieci centimetri, entra ed esce freneticamente dal castello! Le dame tornano anch’esse verso il castello, poi tornano a sedersi, i cavalieri mettono e tolgono l’armatura. Dopo un primo momento di vero stupore, Fritz, non può trattenersi: - Padrino, perché ripetono tutti quanti gli stessi movimenti? Fai cominciare il torneo! - Impossibile, caro Fritz, i personaggi non sono programmati per fare altro. - Ma Padrino, se non sanno fare altro che questo, puoi riprenderteli anche subito, perché entro domani ne avrò abbastanza di loro. Preferisco il mio videogioco dei Duellanti: quelli sì che ne fanno di mosse! Fritz volta le spalle a Drosselmayer e si dedica agli altri regali. Anche Maria si è pian piano allontanata, perché il gioco le sembrava monotono. Solo che, siccome è una brava bambina, di natura gentile, non ha detto nulla, per non far dispiacere al padrino. Infatti, il dottore, seccato, dice ai genitori: - Un capolavoro simile non è fatto per dei bimbetti viziati! Ora rimetto il castello nella scatola e me lo riporto via. Mentre mamma e papà cercano di rimediare al comportamento sgarbato di Fritz, facendosi spiegare come funzionano i robot, Maria, immobile, sta fissando un altro personaggio che ha scoperto in quel momento tra i suoi giocattoli. Cara bambina, ti prego di concentrarti, perché si tratta proprio dell’eroe della nostra storia. Appoggiato al tronco dell’albero di Natale, un grazioso omino (e qui, il nostro schiaccianoci si schiarisce la voce e si drizza in tutta la sua…piccolezza!), silenzioso e pieno di dignità, aspetta che qualcuno si accorga di lui. Ha una testa, ehm, un po’ grossa rispetto al resto del corpo, perché è molto intelligente, certo. È molto elegante, però, porta infatti un soprabito di

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velluto viola con una gran quantità di bottoni d’oro, pantaloni viola e graziosi stivaletti, così aderenti da sembrare dipinti sulle sue gambette. L’omino, però, ha due cose molto strane: un mantello di legno brutto e stretto, simile a una coda, e un berretto da montanaro in testa. Maria pensa che, nonostante tutto, l’ometto possiede grazia ed eleganza e lo trova subito simpatico. Più lo guarda, più si accorge che il suo viso è dolce e buono. I suoi occhi azzurri, solo un tantino troppo sporgenti, esprimono soltanto serenità e benevolenza. La barba riccia di cotone bianco gli sta proprio bene, perché fa risaltare il simpatico sorriso della sua bocca, forse un po’ troppo larga, ma rossa e viva. Perciò, dopo averlo guardato con crescente simpatia per più di dieci minuti senza osare toccarlo esclama: - Oh! Dimmi, papà, per chi di noi è quel bell’omettino appoggiato contro l’albero di Natale? - Di nessuno in particolare e di tutti e due insieme, risponde il papà. È il vostro servitore comune, d’ora in poi sarà incaricato di rompere per voi le noci e le nocciole che mangerete e appartiene a Fritz come a te, a te come a Fritz. Sollevando lo stretto mantello di legno, il padre gli fa aprire la bocca, che mostra così due file di denti bianchi e aguzzi. Allora Maria gli infila in bocca una noce e crac! crac!, l’omino la schiaccia con una tale abilità che il guscio cade in mille pezzi e il gheriglio intatto resta in mano a Maria. La bambina capisce allora che il simpatico omino è un discendente della famosa razza degli Schiaccianoci, la cui origine, antica quanto quella della città di Norimberga, si perde nella notte dei tempi, e continuava ad esercitare l’onorata e filantropica professione dei suoi antenati. - Dal momento che lo Schiaccianoci ti piace tanto, dice il papà, sarai incaricata di prendertene cura. Lo metto sotto la tua protezione. Crac, crac! Lo Schiaccianoci rompe per la bambina noci sempre più piccole, perché la dolce Maria non vuole che si stanchi né che apra troppo la bocca, per non farlo sembrare ancora più ridicolo. Fritz continua a occuparsi dei suoi giochi, ma ha sentito anche lui il crac, crac, crac, e quel suono ripetuto una ventina di volte, lo ha incuriosito. Vedendo l’omino aprire la grande bocca, scoppia a ridere e subito reclama la sua parte di noci e nocciole e poi chiede di potergliele far schiacciare lui stesso. Solo che, all’opposto della sorella, Fritz sceglie, per ficcargliele in bocca, proprio le noci e le nocciole più grosse e più dure. Alla quinta o alla

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sesta noce, si sente a un tratto uno strano crrrraaaac! e tre denti cadono di colpo dalle gengive dello Schiaccianoci. La sua mandibola diventa nello stesso momento debole e tremante come quella di un vecchio. - Oh, povero il mio Schiaccianoci, esclama Maria, strappando l’omino dalle mani del fratello. - Che stupido imbecille, dice Fritz, vuol fare lo Schiaccianoci e ha la mascella debole! Non sa fare il suo mestiere. Dammelo, Maria! Deve continuare a rompere le noci, dovesse perdere tutti i denti e slogarsi la mandibola! - No no no!, esclama Maria, stringendosi lo strano ometto sul cuore, Non te lo darò più, il mio povero Schiaccianoci! Vedi com’è triste? Vedi che mi fa capire che la bocca gli fa male? Va’, sei cattivo, tu, Picchi i tuoi giocattoli e, qualche giorno fa, hai condannato a morte uno dei tuoi soldatini! - Picchio i miei pupazzi quando non mi obbediscono. E ora voglio lo schiaccianoci! - Oh, papa, aiuto! Fritz mi vuol prendere lo Schiaccianoci! Alle grida di Maria, accorrono mamma, papà e il padrino Drosselmayer. I bambini dicono ognuno le proprie ragioni, Maria per tenersi lo Schiaccianoci, Fritz per riprenderlo. Con grande stupore di Maria, il padrino dà ragione a Fritz con un sorriso che alla bambina sembra cattivo. Per fortuna del povero Sciacchianoci, mamma e papà sono però d’accordo con Maria. - Caro Fritz, dice il padre, ho messo lo Schiaccianoci sotto la protezione di tua sorella. Mi sembra che il povero malato sia proprio in cattive condizioni e abbia bisogno di cure. Quindi, sarà Maria a occuparsene. Fritz voleva insistere, ma il papà lo guarda e dice soltanto: - Le lezioni di scherma… Abbiamo già detto che potenza avessero queste parole sul ragazzo: perciò, tutto mortificato, Fritz se la svigna pian piano senza fiatare. Intanto Maria raccoglie i dentini dello Schiaccianoci e gli benda il viso con un fazzoletto. Il padrino allora comincia a ridere sguaiatamente. - Ah ah ah! Mia cara figlioccia, non capisco proprio come una graziosa bambina possa essere così affettuosa con quell’orribile omino! Maria, tutta rossa in faccia per la rabbia, ribatte:

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- Padrino Drosselmayer, ti credi forse più bello? Chissà se con i bei vestiti che indossa faresti una figura migliore di lui! A quelle parole i genitori di Maria cominciano a ridere e il naso del dottore si allunga, si allunga… Abbiamo già parlato di un grande armadio a vetri nel quale i bambini tenevano i loro giocattoli. Questo armadio si trovava nello studio del signor Silberhaus e aveva quattro scaffali. Sul più alto, venivano messi i capolavori del padrino Drosselmayer. Subito sotto c’era lo scaffale dei libri. Infine, gli altri due ripiani erano riservati a Maria e a Fritz, che li riempivano con ciò che volevano. Fritz metteva le sue cose sul piano superiore, mentre Maria si prendeva quello inferiore per le bambole, per le loro camerette e i loro vestiti. La sera di quella vigilia di Natale, dunque, Fritz dispone i nuovi giocattoli sullo scaffale superiore e Maria mette a dormire la sua pixie nell’ “appartamento” delle Winx. Intanto, si era fatto tardi e stava per suonare la mezzanotte. Il padrino era andato via già da un po’, ma nessuno riusciva a convincere i bambini a lasciare l’armadio.

Contrariamente al solito, Fritz è il primo a ubbidire ai genitori e, stanco di tutte quelle emozioni, sbadigliando se ne va a letto. Maria, però, non fa altrettanto e chiede con tono supplichevole alla mamma che insiste perché vada a riposare: - Ancora un momento, un attimo solo, mamma... […]

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SCHEDA

Dati: Ottobre 2010 ISBN 978- 88- 6204- 076- 1 Età: dai 9 anni in poi Illustrazioni Leonardo Ríos Allegato CDmp3 - Voci Narranti: Franco Collimato, Simona Massera JUNIOR D «ad alta leggibilità» anche per i dislessici: Nuovo carattere EasyReading cm. 15 x 21 pp.208 Tre volte più accessibile, la nuova collana JUNIOR D di Edizioni Angolo Manzoni ad alta leggibilità: per il nuovo font di caratteri europei, EasyReading, mirato alla Dislessia; per le illustrazioni originali, a colori, di giovani artisti; per il CDmp3 allegato

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