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I edizione Arcana: 2011

© 2011 Arcana Edizioni Srl

Via Isonzo 34, Roma

Tutti i diritti riservati

Cover: Laura Oliva

La presente opera di saggistica è rivolta all’analisi e alla promozione di autori e opere di ingegno.

Si avvale dell’articolo 70, 1° e 3° comma, del Codice Civile circa le utilizzazioni libere,

nonché dell’articolo 10 della Convenzione di Berna.

ISBN: 978-88-6231-175-5

www.arcanaedizioni.com

HHAAMMIILLTTOONN SSAANNTTIIÀÀ

OOAASSIISS..

BBEE MMYYSSEELLFF..

TESTI COMMENTATI

OOAASSIISS[[MMaanncchheesstteerr aaggoossttoo 11999911]]

Ecco cosa fai. Prendi la chitarra, scopiazzi canzoni da un po’ di gente, lecambi un po’, metti tuo fratello nella band, gli tiri pugni in testa ognimomento… e (la cosa) vende.– NOEL GALLAGHER

Gli Oasis sono dei ragazzi veramente simpatici.– DAMON ALBARN

Sono uno scherzo, no? È solo un mucchio di gente della media borghesiache applaude un gruppo di tizi che si comportano da stupidi e scrivonomusica veramente primitiva.– THOM YORKE

Dio ha suonato a Knebworth di recente?– NOEL GALLAGHER

Gli Oasis? Se ci fosse stato qualcuno di un’altra casa discografica se nesarebbe semplicemente andato. Ne sono convinto. Penso che nessun altroavrebbe capito. Lui l’ha capito subito. E questo è Alan McGee.– JEFF BARRETT

Sapevo che gli Oasis erano la rivoluzione, ma non immaginavo che la cosasarebbe diventata così grande.– ALAN MCGEE

Noel! Vivremo per sempre!– BOBBY GILLESPIE

Per certo, anche il mondo che gira attorno agli Oasis è cambiato, e nonsarà mai più lo stesso; nessuno di loro potrà mai più tornare indietro: sonopartiti, sono fuggiti nei propri sogni e li hanno resi realtà. Che si può farepiù di questo?– PAOLO HEWITT

Tutte quelle parole, come Champagne Supernova, non volevano dire asso-lutamente nulla… Puoi riflettere su quelle parole per i prossimi 500 annima continueranno a non voler dire nulla.– NOEL GALLAGHER

Siamo ancora la miglior band del mondo, almeno finché lo dirò io… capito?– LIAM GALLAGHER

SSOOMMMMAARRIIOO..

Introduzione 12DEFINITELY MAYBE 17Intermezzo #1 65(WHAT’S THE STORY) MORNING GLORY? 69Intermezzo #2 115BE HERE NOW 119Intermezzo #3 171STANDING ON THE SHOUDLER OF GIANTS 175Intermezzo #4 213HEATHEN CHEMISTRY 219Intermezzo #5 255DON’T BELIEVE THE TRUTH 261Intermezzo #6 301DIG OUT YOUR SOUL 305Intermezzo #7 339THE MASTERPLAN 345

Note 388Bibliografia 395Keyword 397Ringraziamenti 398

BBEE MMYYSSEELLFF..

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IINNTTRROO..

Mentre mi apprestavo a finire questo libro, i Beady Eye – lanuova band di Liam Gallagher – hanno pubblicato il loroprimo singolo. Una canzone che, con tutti i suoi limiti, ha subi-to acceso un ampio dibattito. Segno che gli Oasis sono ancoraattuali. Segno che quello che hanno fatto è ancora attuale. Nonsono molte le band capaci di dividere in maniera tanto netta eappassionare così acriticamente milioni di fan in giro per ilmondo. Non è questione di prendere una posizione o cercareuna via di mezzo tra esaltazione aprioristica (mad fer it, come sichiamavano i fan dei Gallagher) e chi invece crede che si siatrattato solo di un abbaglio collettivo: quel che conta è cercaredi capire cosa sono stati gli Oasis e come sono riusciti a diventa-re ciò che sono diventati. Probabilmente, tutte le riflessionipossono essere raccolte in un’unica frase: la band giusta almomento giusto. Non si tratta di raccontare la storia di ungruppo di enormi qualità ma incapace di svincolarsi dall’iden-tità fortissima con la natìa Inghilterra; questo, piuttosto, è un

INTRO

gruppo con qualche stilla di talento e tanta voglia di lavorareper un obiettivo che rappresenti al meglio un sentimento con-diviso prima in tutta l’Europa, poi tutto il mondo.

Ricordo ancora il mio primo impatto con il gruppo. Ero inInghilterra per una di quelle vacanze-studio che si organizzanod’estate per i ragazzi delle scuole medie. Stavamo entrando aLondra e notai delle isole in mezzo al Tamigi piene di edifici inrovina: uno di questi scheletri era la centrale del gas di Beckton.Stava in Full Metal Jacket, ma per me era il luogo dove gli Oasisavevano girato il video di D’You Know What I Mean, una canzo-ne che aveva avuto su di me un impatto devastante. Quell’epica,quelle chitarre, quella sensazione di incosciente onnipotenza,furono un nuovo inizio: lasciai da parte gli ascolti musicali “dafase orale” per buttarmi a capofitto in un universo di sensazioniche mi sembravano nuove, inedite, importanti.

Ma non è solo un’epifania personale. Gli Oasis hanno rap-presentato la punta di diamante di una fase di transizione benpiù considerevole: l’uscita dell’Inghilterra dal thatcherismo, ildelicato travaglio verso una nuova era (quella che negli StatiUniti avrebbero chiamato “nuovo individualismo” e che inInghilterra definiranno semplicemente “New Labour”) matura-ta anche grazie a una nuova renaissance che sbocciava sul terre-no fertilizzato – non senza difficoltà e sfruttando da un lato ilfuoco rivoluzionario “punk”, dall’altro la furia politica anti-governativa – dai vari Hanif Kureishi e Stephen Frears, DerekJarman e gli Smiths, Alan McGee e Geoff Travis. Se a caldo siparlava di Brit Pop, più in là si comincerà a dire Cool Britannia.Un movimento di grande fermento artistico e culturale capacedi scuotere il Paese dalle fondamenta, non limitandosi solo alleclassi popolari o alle élite culturali. Forse non tutti coloro chesono stati all’Hacienda o a Spike Island a vedere gli Stone Roseshanno preso in mano una chitarra (tanto per parafrase la famo-sa massima sui Velvet Underground), ma si sono resi conto dipoter essere “parte” di qualcosa, un nuovo modo di intendereche stava crescendo tra il pulsare neo-psichedelico della AcidHouse e le distorsioni dello shoegaze: in coda, come tutti, a

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prendere il sussidio, ma con la speranza di un mondo migliore.Aveva ragione Mike Leigh: il suo sguardo al futuro che chiudeHigh Hopes, proprio rivolto verso quella zona di Londra domi-nata dai gasdotti, si spingeva oltre la piccola realtà di precarietà,malessere e disagio della working class di quegli anni. Guardavaa quello che si stava cercando di costruire. A quell’underworldartistico che aspettava solo l’occasione di uscire fuori.

Non è richiesto considerare i testi degli Oasis per cercare rive-lazioni estetiche o apprezzare costruzioni di poesia trascendenta-le. Noel Gallagher non è un poeta laureato, non legge Withmanné si reca sulla tomba di Marx discettando di utopia e sociali-smo. Eppure, nell’elementare semplicità della sua produzione, èstato capace di raccogliere l’umore di quel mondo, descriverealla perfezione quella generazione che aspettava solo un big banga caso. Le sue canzoni sono diventate dei successi intercontinen-tali proprio perché, come l’Inghilterra stava fuggendo dagli anniOttanta, tutto il mondo cercava di reagire a quel decennio edo-nista e fondamentalmente assuefatto al capitalismo.

DEFINITELY MAYBE è l’album dell’incoscienza: l’esplosionefuriosa che fa tesoro degli anni di apprendistato, esperienze tra-dotte in canzoni sparate con l’impeto di un Malcolm McDowell.Rock’n’Roll Star, Supersonic, Live Forever: ideologia di una gene-razione che desidera alzare la testa, lasciarsi dietro la polveredelle metropoli industriali ed entrare in una nuova fase. (WHAT’STHE STORY) MORNING GLORY? è la presa di coscienza: i tempisono finalmente maturi, il futuro è arrivato, l’Inghilterra ce l’hafatta. Londra è di nuovo il centro del mondo. Musica. Moda.Letteratura. Arte. Calcio (non a caso, terminata la squalificadelle squadre inglesi dalle competizioni europee per i fattidell’Heysel, la Premier League diventa il campionato più avvin-cente e seguito del mondo). Un nuovo uragano, un nuovoswing, con i ragazzi che non cantano più She Loves You ma Don’tLook Back In Anger, Wonderwall e Champagne Supernova. Da lìall’evento politico il passo è breve: i giovani inglesi hanno ritro-vato la gioia di vivere e sperano in un cambiamento, rappresen-tato da Tony Blair (“Tutti l’hanno votato. Non era un politico,

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INTRO

era una moda”. Robert Harris, Il ghost writer, Mondadori,Milano, 2007). Un’elezione su cui gli Oasis hanno indiretta-mente influito in quanto massimi esponenti di una new waveprogressista capace di rinnovare gli stanchi meccanismi dell’im-pero, farsi forti degli stessi simboli nazionali e caricarli di unnuovo significato (vedi l’uso della Union Jack).

Ascesa vertiginosa e altrettanto rovinosa caduta. BE HERE

NOW, o dell’onnipotenza. È appena il 1997 e sembra già tuttofinito. STANDING ON THE SHOULDER OF GIANTS, o della busso-la che non c’è. HEATHEN CHEMISTRY come punto più basso:vero funerale di un cambiamento “monco”, di una corsa che,esaurito l’entusiasmo iniziale, ha mostrato un serbatoio pococapiente. I Radiohead hanno cambiato il pop, i Blur hanno cer-cato di allargare i loro confini, gli Oasis non sono riusciti ariconfermare il proprio ruolo occupato negli anni Novanta erappresentano quindi un paranoico cambio di atteggiamentonei confronti del futuro. Dal “nuovo individualismo” alla “soli-tudine del cittadino globale”, ben rappresentata dal cambioradicale della politica ex-progressista di Blair (“Non mi interes-sa la politica, non mi ispira. Sono cresciuto con i laburistiall’opposizione, combattevano per i disoccupati. Sentivi i lorodiscorsi su salari minimi, scuola, sanità e gli davi ragione. Li hovotati per anni. Poi quando sono andati al governo li ho cono-sciuti e ho scoperto che sono come tutti gli altri. È come sco-prire che non esiste Babbo Natale. Non erano il cambiamento.E io non voterò più”, Noel nel 2003). E infine la nuova e ridi-mensionata rinascita: DON’T BELIEVE THE TRUTH e DIG OUT

YOUR SOUL. Un colpo di coda prima di morire come dei gran-di che per qualche anno hanno avuto il mondo in mano pro-prio perché sono stati in grado di riconoscerlo e ricostruirlo.

Nelle pagine che seguono, le canzoni verranno analizzatetenendo conto di questo approccio. So bene che gli Oasis nonsono gli Smiths e che la valenza poetica di Noel Gallagher nonsfiora nemmeno quella di Morrissey. Ma il discorso è un altro.Nelle pieghe di queste canzoni c’era (c’è ancora?) un universoin espansione. Un messaggio che è stato colto. Che ha toccato,

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allo stesso modo, un ragazzo in viaggio studio, un liceale checercava di tirare su due sterline per la birra del sabato sera, unamericano che non sapeva che fare della sua vita, e così via. Chiè passato “attraverso” gli Oasis non è rimasto fermo. È cresciu-to, ha fatto tesoro di quel cambiamento che si predicava cosìnervosamente ed è passato ad altri ascolti, altri mondi, altri modidi intendere la musica. Ma sono certo che sarà in grado di ricor-dare perfettamente come quelle strofe, quei giri di accordi, que-gli assoli e quei ritornelli urlati a squarciagola hanno indottouna crescita personale. Bastano i primi secondi di Wonderwall.Di D’You Know What I Mean. Di Slide Away. Di quel brano,qualunque esso sia, che in un imprecisato “ognidove” tra il1994 e il 1997 ha contribuito, nel proprio piccolo, a cambiar-gli la vita.

(Dicembre 2010)

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DDEEFFIINNIITTEELLYY MMAAYYBBEE..

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RROOCCKK’’NN’’RROOLLLL SSTTAARR

Un gruppo di ragazzi del Nord che inizia a suonare rock’n’rolle riesce a farsi mettere sotto contratto da una delle più impor-tanti etichette indipendenti del mondo, la Creation Records,non può permettersi di sbagliare l’apertura del primo disco.Noel Gallagher gode della fiducia incondizionata di AlanMcGee – che li avrebbe comunque messi sotto contratto senzanemmeno aver dato un ascolto al demo1 – e sa di non poterbruciare un’occasione del genere. Troppo furbo. Troppo appas-sionato di musica. La sicurezza nei propri mezzi, qualità chenon mancherà mai al leader degli Oasis, unita alla faccia tostache assieme al fratello mostra in pubblico, porterà Noel a con-cepire la solita canzone escapista che idealizza la fuga, la giovi-nezza e la sfrontatezza e a renderla irresistibile al punto da farladiventare una delle più rappresentative della sua produzione.

I live my life in the cityThere’s no easy way outThe day’s moving just too fast for me

DEFINITELY MAYBE

I need some time in the sunshineGotta slow it right down

Vivo nella cittàE non c’è facile via d’uscitaI giorni si muovono troppo velocemente per meHo bisogno di passare del tempo alla luce del soleDi rallentare un po’

…passare del tempo alla luce del sole, mettere il naso fuoridai confini della grigia e operaia Manchester per vedere checosa succede in un mondo che, pur muovendosi troppo veloce-mente, rappresenta la dimensione adatta di chi si sente soffoca-to in un luogo le cui uniche occupazioni possono essere farsi,rubare e andare a vedere una partita di calcio2.

Per Liam Gallagher, Manchester è:

La città più provinciale di tutto il fottuto pianeta: un saccodi nostri concittadini considerano gli Oasis un gruppo distronzi solo per il fatto che abbiamo cominciato a suonarefuori città e perché abbiamo un batterista originario diLondra […] Bevo, fumo e sniffo. Se cresci in una cittàcome Manchester o ti tieni alto il morale in questa manie-ra oppure vieni preso dalla depressione e finisci per sparar-ti un colpo in testa!3

Non male per essere la città dei Joy Division, dei Fall di MarkE. Smith, degli Smiths, degli Stone Roses e di Tony Wilson,l’uomo che aveva cercato di re-inventarla prima con la FactoryRecords, poi con la Hacienda4.

Rock’n’Roll Star è il manifesto della band. Cinque ragazzimalvestiti, fatti fino al collo, con un’istruzione sommaria e lafedina penale non certo brillante che urlano non tanto di volerdiventare qualcuno, ma di essere destinati a diventarlo. Nonsiamo nel mondo delle possibilità, non è quel grande forse sug-gerito dal titolo dell’album quanto il loro destino. L’ordinenaturale delle cose.

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I live my life for the stars that shine People say: “It’s just a waste of time”When they said: “I should feed my head”That to me was just a day in bedI’ll take my car and drive real farThey’re not concerned about the way we areIn my mind my dreams are realNow you concerned about the way I feelTonight I’m a rock’n’roll star

Vivo per le stelle che splendonoLa gente dice che è solo una perdita di tempoQuando mi dicono di imparare qualcosaPer me è solo un altro giorno a lettoPrenderò la macchina e guiderò molto lontanoDove a nessuno interessa chi siamoNella mia mente i miei sogni sono veriOra capisci come mi sentoStasera sono una rockstar

L’elemento veramente interessante e ambiguo, nel bridge, èquel “feed your head”. Da un lato può essere una rivendicazio-ne di status sociale: gli Oasis sono ragazzi della classe operaiacui non interessa studiare per cambiare la loro condizione. Nonè quella la strada e loro sono comunque fieri di essere “puri” e“normali”. Ma dall’altro può essere un riferimento a WhiteRabbit dei Jefferson Airplane, canzone che Noel sicuramenteconosce in quanto grande appassionato di musica degli anniSessanta. In questo caso, la frase diventa un’esortazione ironicaperché detta da non meglio citati “benpensanti” di Manchester auna banda di ragazzini che non faceva altro che drogarsi (non acaso, in Champagne Supernova spunterà l’interrogativo: “Wherewere you while we were gettin’ high?”).

Ma questo non deve sviare dalla strada maestra, quella da per-correre per scappare da Manchester. Se per Liam l’unica soluzio-ne è stonarsi, Noel non la vede tanto diversamente. Non appe-

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na ne ha l’occasione, infatti, il leader della band comincia a fareil pendolare spostandosi a Londra – dove il glasvegiano AlanMcGee ha aperto gli uffici della Creation – prima di trasferirvi-si definitivamente dopo la pubblicazione del disco: “Me ne sonoandato da Manchester non appena ho potuto. Là tutti cercanosempre di trovare qualcosa di sbagliato in quello che fai. Se tichiedono di offrirgli da bere e non lo fai, dicono che sei un tir-chio. Se lo fai, dicono che sei un bastardo. Non hai via d’usci-ta”5. Ma tutta questa insofferenza, dicevamo, non si traduce nelrinnegare le proprie radici. Anzi. Noel e Liam saranno semprefieri di appartenere alla classe operaia di Manchester. Quello chenon sopportano è la dimensione provinciale e il moralismo dichi finge di essere qualcos’altro (e, nella visione dei fratelli, contutta probabilità tifa per il Manchester United): “Certo chesiamo dei casinisti! In un certo senso per noi questa è una mis-sione, perché noi rappresentiamo la gente di Manchester, genteche ha la fama di essere casinista, violenta e attaccabrighe, e nonsaremo noi a rinnegare questa bella tradizione”6.

Rock’n’Roll Star diventa quindi un cavallo di battaglia soprat-tutto per quanto riguarda le esibizioni live. È un brano che cercadi creare un senso di consapevolezza, quasi a dire che i ragazzi sulpalco hanno gli stessi sogni, le stesse aspirazioni e le stesse frustra-zioni dei giovani che li guardano in platea. Non a caso, NoelGallagher ha più volte affermato che questa canzone è una dellepoche in cui ha voluto veramente dire qualcosa di importante.Quello che in realtà sembra essere un vecchio stereotipo ammuf-fito (prendi, parti, lasciati tutto alle spalle, segui la tua strada)viene riproposto sotto una nuova prospettiva. Tornano le chitar-re elettriche, tornano i riff pesanti e l’insolenza. Se per AlanMcGee la miscela degli Oasis è un misto di punk-rock e psiche-delia, per Noel la questione si risolve tutta nel verso che Liamripete ossessivamente sotto la coltre di feedback finale.

It’s just rock’n’roll

È solo rock’n’roll

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SSHHAAKKEERRMMAAKKEERR

Secondo singolo (esce il 13 giugno 1994, un paio di mesi primadi DEFINITELY MAYBE), nonché prima canzone suonata dal vivoa Top Of The Pops, Shakermaker suggerisce quello che McGeeintende per mix di punk-rock e psichedelia. La canzone prose-gue con una certa monotonia e senza particolari stacchi per cin-que minuti. La ritmica è inflessibile. La chitarra solista di Noeldisegna arpeggi che rimandano direttamente a Flying, strumen-tale dei Beatles incluso in MAGICAL MISTERY TOUR. La compo-nente psichedelica è gonfiata da un testo senza senso, fatto disuccessioni irrazionali di immagini prese qua e là dalla vita ditutti i giorni. Chi vuole trovare un significato alle parole diShakermaker, però, rischia di rimanere deluso perché lo stessoautore ha dichiarato più volte che non parla di niente, che iltesto è fatto di scene osservate andando in giro e che è statoconcluso in fretta e furia su pressione di Liam.

I’d like to be somebody else and not know where I’ve beenI’d like to build myself a house out of plasticane

DEFINITELY MAYBE

Shake along with meI’ve been driving in my car with my friend Mr. SoftMr. Clean and Mr. Ben are living in my loft

Vorrei essere qualcun altro e non sapere dove sono statoVorrei costruirmi una casa di plastilinaTrema con meHo guidato la mia macchina con il mio amico Mr. SoftMr. Clean e Mr. Ben stan vivendo nel mio appartamento

In realtà la canzone è piena di rimandi all’infanzia di Noel.Lo shaker maker, ad esempio, era un gioco per bambini in voganegli anni Settanta che permetteva di “creare” dei pupazzi, percui Noel andava pazzo7. Mr. Clean è il nome di un detergente(oltre che una canzone dei Jam, uno dei gruppi preferiti diNoel), mentre Mr. Ben è una marca di salse da cucina.

Mr. Sifter sold me songs When I was just sixteenNow he stops at traffic lights But only when they’re green

Mr. Sifter mi vende canzoniDa quando ho sedici anniOra si ferma ai semaforiMa solo quando sono verdi

Mr. Sifter è Sifter Records, un negozio di dischi di Manchesterdove i Gallagher erano soliti comprare dischi e parlare di musi-ca con il proprietario Peter Howard.

La seconda parte della strofa, invece, non ha nessun riferi-mento biografico particolare se non il fatto di essere stata scrit-ta sul retro di un taxi proprio alla fermata di un semaforo.

Non si può certo dire che Noel Gallagher pecchi di modestiadichiarando che la canzone non parla di niente. La musica,invece, dice tutt’altro. La melodia e l’attacco della canzone (“I’d

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like to…”) sono un calco svergognato della celeberrima I’d LikeTo Teach The World To Sing, canzone dei New Seekers diventa-ta famosa in tutto il mondo grazie alla pubblicità della Coca-Cola. Questo plagio può essere parzialmente giustificato dalfatto che la melodia, così popolare negli anni Settanta, siainconsapevolmente entrata in testa a Noel8.

Ma perché perdere l’occasione di far parlare di sé? Dopo esser-si resi conto della somiglianza, gli Oasis hanno cominciato a farcircolare voci sull’esistenza di una versione della canzone il cuiverso iniziale recitava I’d like to but the world some coke (inutilerimarcare il doppio senso) beccandosi minacce di azioni legali daparte della potente corporation. La reazione di Noel, in vero spi-rito New Mancunian, non era certo conciliante: “Magari perde-remo metà delle royalties, ma chi se ne fotte. Se qualcuno in giac-ca e cravatta pensa di potersene venire fuori a dirci che dobbia-mo cambiare una canzone che suoniamo ormai da due anni, èpazzo”9. Questa controversia si è rivelata poi falsa proprio perchéla band non aveva mai inciso una versione del brano con il versoincriminato. Noel aveva manipolato la stampa – e, in particola-re, il «New Musical Express» – per creare scalpore e accrescere lacuriosità nei confronti del nuovo singolo.

L’elemento autobiografico della canzone è esplicitato dalvideo (diretto da Mark Szaszy). Mentre la band si esibisce nelgiardino sul retro di una casa tipicamente mancuniana – secon-do alcune fonti si tratta dell’abitazione di Bonehead, il secondochitarrista della band, secondo altre è invece il retro della casain cui i Gallagher si erano spostati dopo la nascita di Liam10 –vengono mostrate immagini di loro che giocano a calcio nellostesso parco in cui, da ragazzi, trascorrevano pomeriggi rincor-rendo (o meglio, cercando di, visto che i Gallagher già ai tempierano fervidi fumatori non certo attenti alla propria resistenzaatletica) un pallone. A un certo punto, si vede Liam brandireuna copia di Red Rose Speedway di Paul McCartney proprio nelnegozio Sifter Records mentre per pochi secondi viene mostratoun filmato amatoriale di Noel all’età di sei anni.

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DEFINITELY MAYBE

Si continua quindi sul canovaccio della fuga, rafforzandol’atmosfera escapista e post-adolescenziale che permea tuttoDEFINITELY MAYBE. Del resto, il “disco dell’incoscienza” nonpuò prescindere da brani come questo, che sembra essere statoscritto perché c’era bisogno di una canzone pronta per le provedella band.

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LLIIVVEE FFOORREEVVEERR

Canzone simbolo non solo della band, ma di un’intera genera-zione di fan – che l’hanno votata in massa fino a farla eleggere,nel 2006, la più grande canzone di tutti i tempi sulle pagine di«Q Magazine» – Live Forever si impone da subito come un clas-sico. Quando Noel comincia a farla ascoltare, tutti hanno lastessa reazione: sconfinata ammirazione. Pare che proprio dopoaver sentito una versione embrionale di questo pezzo, nel 1991,Liam chiese per la prima volta al fratello di entrare nella suaband. Quando McGee ebbe il demo, non poté fare a meno ditelefonare all’autore dall’altra parte del mondo (era in vacanzaalle Hawaii, in quel momento la Creation andava decisamenteforte) per dirgli quanto fosse entusiasta della canzone. Nelrecensire il brano, John Mulvey dell’«NME» scrisse: “Si ha l’im-pressione che i Gallagher credano di poter far girare il mondo aproprio piacimento – cosa che oggigiorno possono fare”11.Insomma, non si pecca di indulgenza nel considerare LiveForever uno dei momenti fondamentali della musica degli anni

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Novanta. Gli addetti ai lavori e il pubblico cominciarono aprendere sul serio gli Oasis anche come autori di canzoni. Nona caso, questo fu il loro primo singolo a entrare nella Top 10.

La genesi del pezzo dimostra come Noel fosse in grado di pren-dere ispirazione da qualunque cosa in qualsiasi momento.Costretto a letto per un infortunio sul lavoro – si era rotto il piedementre lavorava per una ditta di costruzioni – una sera si ritrovòa suonare la chitarra sopra EXILE ON MAIN STREET dei RollingStones12. Arrivato a Shine A Light rimase colpito dal modo in cuiMick Jagger cantava la parola maybe. Il resto è storia:

[…] chissà perché, la parola gli rimase particolarmente intesta: prese la chitarra e cominciò a suonare alcuni accordi,ripetendola più e più volte. Quindi scoprì che se lasciavauna pausa tra due accordi e inseriva la parola magari proprioin quello spazio, ne veniva fuori qualcosa di buono.Ecco come Noel compose Live Forever, la sua prima canzo-ne destinata a diventare un classico, ed ecco come scoprì diessere non solo un autore di indiscusso talento, ma cheadesso poteva finalmente prendersi sul serio; in occasionedi tutti i suoi precedenti tentativi compositivi, era statoabbastanza onesto e intelligente da rendersi conto di nonavere ancora raggiunto quello standard che cercava e siaspettava, di raggiungere. Composta Live Forever, ebbe lacertezza di avere un futuro. Era una sensazione strana, chenon aveva mai provato in vita sua13.

Quella parola, quel maybe che ormai nella musica poprimanda a Live Forever, è presente all’inizio di ogni strofa e ogniritornello (anche se, tecnicamente, non esiste nessun ritornello:il giro è pressoché identico, così come l’andamento e la struttu-ra, c’è solo un sovrapporsi di strumenti e di cantato – come ilfalsetto di Noel che si unisce per cantare il titolo della canzone).È il filo conduttore. È la curiosa incertezza in una canzone chedichiara la granitica convinzione di vivere per sempre, scavalca-re le barriere, andare oltre. Quel maybe suona come un piccoloe ironico Grillo Parlante, un’inevitabile presa di coscienza sulfare i conti con la realtà. Partire dalla realtà.

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Maybe I don’t really want to know How your garden grows cos I just want to fly Lately did you ever feel the pain In the morning rain as it soaks it to the bone?

Forse non voglio veramente sapereCome cresce il tuo giardino, perché io voglio solo volareUltimamente hai mai avvertito il doloreNella pioggia del mattino che ti bagna fino alle ossa?

Il brano, una ballata piena d’ottimismo che si contrappone alnichilismo grunge per ammissione dello stesso autore (che l’hascritta in parziale contraddizione al brano dei Nirvana I HateMyself And I Want To Die), si apre con una dedica a PeggyGallagher, madre dei due fratelli. Il giardino infatti, era il luogoin cui la donna si rifugiava e in cui riusciva a trovare la pace dallatravagliata relazione con Thomas Gallagher14. Quest’ultimo,infatti, non solo non si faceva mai vedere, attardandosi nei pube con altre donne senza dar mai il becco d’un quattrino permandare avanti la baracca (costringendo così Peggy a trovarsiun lavoro e lasciare solo per parecchio il tempo l’ultimo natoLiam), ma quando era in casa picchiava figli e moglie. Dallatestimonianza di Peggy Gallagher:

Ce l’aveva con Noel, non c’è dubbio. Non so perché; forseperché era molto più affezionato a me. Comunque, neanchePaul e Liam venivano trattati coi guanti; se c’era uno pron-to a rendergli la pariglia, quello era proprio Liam: se ne stavalà e tu potevi leggergli in faccia Non osare toccare mia madre.Noel, però… insomma, era quello che veniva trattato peg-gio di tutti. […] Ricorderò sempre che un giorno mi disse:“Non appena sarò in grado di rendergliele, mamma, ti giuroche lo ammazzo di botte”. Una sera suo padre gliene dettetante e poi tante. Non ricordo perché, forse perché, primadi uscire, Thomas gli aveva detto: “Alle nove a casa”. Noelera una testa dura e lo faceva apposta a tornare a casa piùtardi, oppure, anche se tornava puntuale, aspettava fuori

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casa finché suo padre non era uscito. Comunque, non eral’entità del ritardo a essere importante: anche se tardava solodi cinque minuti, le buscava comunque, e non era un sem-plice ceffone, ma autentici pestaggi, schiaffi, pugni, calci,che gli mollava senza battere ciglio. Ovviamente, sfogava sudi noi i sensi di colpa che aveva per quello che faceva fuoricasa. Gli dissi per anni: “Perché non te ne vai di casa?”. Tigiuro che se lo avesse fatto, probabilmente i suoi figli un bri-ciolo di rispetto per lui l’avrebbero avuto; invece non se neandava preferendo restare a terrorizzarli […]15.

E ancora:

Ovunque andassi, veniva anche Liam, che così vedeva chesuo padre mi picchiava. Quando arrivava, Noel diceva:“Che ti è successo, mamma? Come te lo sei fatto quell’oc-chio nero?”, e io rispondevo: “Oh, niente, ho sbattuto con-tro una porta”. Cercavo di mascherare la cosa, capisci, maera chiaro che Noel sapeva cos’era accaduto. E anche Paul16.

Vista quindi la rabbia per la propria condizione, Noel sognavauna vita migliore e di raggiungerla attraverso la musica. Per que-sto si dichiarava lontano all’autocommiserazione grunge. Lui nonvoleva morire, ma vivere per sempre e fare musica tutta la vita.

Maybe I just want to flyI want to live I don’t want to dieMaybe I just want to breathMaybe I just don’t believeMaybe you’re the same as meWe see things they’ll never seeYou and I are gonna live forever

Forse io voglio solo volareVoglio vivere, non voglio morireForse voglio solo respirareForse io semplicemente non ci credoForse io e te siamo uguali

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Vediamo cose che gli altri non vedranno maiTu e io vivremo per sempre

Il ritornello agisce su due livelli. Alla classica retorica rock del“noi contro loro” (We see things they’ll never see) si unisce questoslogan corale, questa sensazione di immortalità, questa ventatadi ottimismo che non solo cerca di creare un contatto con l’a-scoltatore (diversamente da altre canzoni di DEFINITELY MAYBE

in cui, come vedremo e abbiamo visto, il testo è un puro acces-sorio), ma di indurlo a pensare che sì, alla fine tutto è possibi-le. E grazie alla musica. Come dichiara Liam: “Volevo una bandin grado di suonare musica capace di mandarti fuori di testasenza drogarti”. E non a caso, Paolo Hewitt riporta un episodioin cui un drogato DOC come Bobby Gillespie dei PrimalScream usa il titolo della canzone degli Oasis come slogan peraccomiatarsi dai fratelli dopo che la sua bodyguard personalel’ha portato via da un after-party particolarmente turbolento17.

Noel stesso dichiara che Live Forever è stato il primo branoserio che abbia scritto. “[…] i primi due singoli degli Oasis ave-vano fatto intuire che sarebbe potuto accadere qualcosa di spe-ciale, Live Forever fu l’inconfutabile prova che qualcosa eraaccaduto: in pratica, si trattò di un disco storico”18.

Maybe I will never be All the things that I want to be But now is not the time to cry Now’s the time to find out why I think you’re the same as me We see things they’ll never see You and I are gonna live forever

Forse non saròTutto quello che voglio essereMa non è il momento di piangereOra è il momento di capire perchéPenso che tu sia come me

BE MYSELF

DEFINITELY MAYBE

Vediamo cose che loro non vedranno maiTu e io vivremo per sempre

Noel prende le distanze da un certo tipo di attitudine. Forsenon riuscirà a realizzare tutti i suoi sogni, forse resterà con unpugno di mosche in mano ma già solo il fatto di provarci, diavere un contatto con qualcosa di diverso da “loro”, essere ingrado di scegliere di fare musica, scrivere canzoni per personeche, come lui, non si accontentano di campare col sussidio eaccettare lavoretti saltuari giusto per dimostrare ai propri vecchidi non essere dei falliti, lo rende felice.

Ma il fatto che Noel prenda le distanze dal grunge non vuoldire che non lo apprezzi. Anzi. Pur non amando in senso asso-luto il guitar rock americano, l’autore degli Oasis stima moltis-simo Kurt Cobain come scrittore di canzoni pop. Il suo scon-certo riguarda solo il coté autodistruttivo e autolesionista. Noelnon scriverebbe mai un pezzo sul fatto di odiare se stessi e divolersi uccidere, semmai scriverebbe di quanto è bello compor-re pezzi da far cantare a migliaia di persone e guadagnare unsacco di soldi. Per Noel, la musica è una via per scappare daManchester e farsi una nuova vita, non un modo per vomitarebile e frustrazioni. A chiusura del cerchio, il giorno in cuiCobain decise di spararsi, gli Oasis si stavano esibendo dal vivoe Noel ritenne doveroso tributare al leader dei Nirvana un giu-sto omaggio dedicandogli proprio Live Forever.

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UUPP IINN TTHHEE SSKKYY

La sfortuna di una canzone può dipendere anche da come èposizionata in scaletta. Nick Hornby, attraverso il suo alter-egoRob Fleming in Alta Fedeltà, stila una lista di regole per l’alle-stimento di una perfetta compilation che possiamo applicareanche agli album originali. È giusto che un brano come LiveForever sia in terza posizione. Dopo due brani che caricano epreparano l’atmosfera, l’esplosione epica di un singolo poten-zialmente (ai tempi) generazionale risulta avere un impattomaggiore. Ma che ne è di quello che viene subito dopo? Nonha senso mostrare subito gli altri assi (come Supersonic – tra l’al-tro già pubblicato come 7” – Bring It On Down e Slide Away) eallora ecco un brano interlocutorio, minore, che non ha maiavuto troppa fortuna e non viene mai citato nei sondaggi deifan. Up In The Sky.

Hey you! Up in the skyLearning to fly

DEFINITELY MAYBE

Tell me how high Do you think you’ll go Before you start falling Hey you! Up in a tree You wanna be me But that couldn’t be Cos the people here they don’t hear you calling How does it feel when you’re inside me?

Ehi tu, lassù nel cieloChe stai imparando a volareDimmi quanto in alto pensi di poter andare Prima di cominciare a cadereEhi tu, là sull’alberoVorresti essere meMa questo non può succederePerché le persone qui non sentono che le stai chiamandoCome ti senti quando sei dentro di me?

Liam canta un robusto rock’n’roll in 4/4 scritto da Noel chesi ispira alle cose di cui sembra essere convinto in quei giorni.Gli Oasis sono destinati ad avere successo e a suscitare le invi-die della gente, soprattutto di Manchester. Gente che vorrebbeessere al loro posto senza riuscirci, gente che per quanto possaandare in alto, è destinata a cadere proprio perché cadere è nelloro destino. Non sono destinati al successo, a differenza deifratelli Gallagher che non solo vivranno per sempre, ma diven-teranno le più grandi rockstar del mondo.

Ricordando la sera in cui ha ingaggiato la band, Alan McGee dice di Liam Gallagher: “Ti guardavi in giro e ti fissavi suquesto tizio – questo succedeva prima che la roba sportivadiventasse una fottuta moda – che se ne stava seduto in Adidascome un giovane Weller, capito, e non potevi fare a meno dipensare: ‘Questo tipo è maledettamente figo’”19. E questo primaancora di sentirli suonare.

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Hey you! Wearing the crown Making no sound I heard you feel down Well that’s too bad Welcome to my world

Ehi tu, che ti metti la coronaSenza fare rumoreMi han detto che ti senti giùBe’, maleBenvenuto nel mio mondo

È una pressione a cui devi resistere. Ti può stritolare e gli Oasisstanno cominciando a sentirlo. I tour per la promozione di DEFI-NITELY MAYBE sono massacranti e acuiscono il lato riottoso dellaghenga. È in quelle occasioni che nasce la fama privata deiGallagher: due bastardi di Manchester che non si fanno alcunproblema a prendere a pugni qualunque cosa gli si para davanti.

You’ll need assistance with the things that you have never ever seenIt’s just a case of never breathing out Before you’ve breathed it in

Ti servirà una mano con le cose che non hai mai visto [prima d’ora

Ricordati che non puoi resprirareSe prima non hai inspirato

Liam, la più grande rockstar del decennio, si propone giàcome guida del torbido mondo dello show business. Ovvi, qui,i riferimenti al sesso e alla droga (che ritroviamo un po’ ovun-que se ci basiamo sui doppi sensi di espressioni come “tell mehow high do you think you’ll go before you start falling” oppure“Stealing the light I heard that the shine’s / Gone out of your life”)come a dire: se non sei pronto per questa roba, stanne fuori.

BE MYSELF

DEFINITELY MAYBE

La vista di cui possono godere gli Oasis, lassù nel cielo, sem-bra niente male. L’accoglienza che la critica e il pubblico stariservando al loro esordio va oltre ogni più rosea previsione diMcGee20 e i giochi sembrano farsi seri per davvero. Ma gli Oasisne hanno viste tante. Il loro atteggiamento strafottente, propriodi chi può essere spaventato da ben poche cose, è un antidotoche sembra funzionare. Quello che stanno cominciando a vede-re, è effettivamente il loro mondo.

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NNOOTTEE..

DDEEFFIINNIITTEELLYY MMAAYYBBEE

1. Paolo Hewitt, Come ho resuscitato il Brit Rock, Roma,Arcana, 2001, pp. 112-113.

2. Paolo Hewitt, Oasis. Fuori di testa, Firenze, Tarab, 1997,capitoli 1-6.

3. Luca Bonanni, Gli Oasis e il Brit-Pop, Genova, LoVecchio, 2006, p. 52.

4. Peter Hook, The Hacienda: How Not To Run A Club,London, Simon & Schuster, 2009 e Mick Middles, Factory:The Stroy Of The Record Label, London, Virgin Books, 2009.

5. Bonanni, op. cit., p. 52-536. Ibidem, corsivi nostri.7. http://www.bbc.co.uk/dna/h2g2/A132752278. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 56.9. Ivi, p. 184.10. Ivi, p. 185.

NOTE

11. http://www.nme.com/reviews/oasis/750212. http://www.blender.com/guide/68580/greatest-songs-

ever-live-forever.html13. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 88.14. Cfr. Luca Bonanni, op. cit., p. 58.15. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 61.16. Ibidem.17. Ivi, p. 206.18. Ivi, p. 205.19. Hewitt, Come ho resuscitato il Brit Rock, cit., pp. 111-112.20. Ivi, p. 112.21. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 151.22. http://www.nme.com/reviews/oasis/750323. Hewitt, Come ho resuscitato il Brit Rock, cit., p. 112.24. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 167.25. Ivi, p. 180.26. Ibidem.27. http://it.wikipedia.org/wiki/Supersonic_(Oasis)28. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 167.29. “Uscire con Bono e Johnny Depp vuole dire far parte

della serie A. Questa lista cambia, e cambia spesso. Quando trai tuoi amici puoi annoverare Bono, Depp e, giusto per fare unnome, Naomi Campbell, e un altro, Kate Moss, significa chesei in serie A. Questa catalogazione è un meccanismo che imedia usano per quantificare l’importanza delle persone famo-se, per soppesarle e misurarle come le verdure che tu e io dob-biamo andare a comperarci da soli […] La cosa fondamentaledell’appartenenza alla serie A è che te ne infischi di tutto, o perlo meno hai l’espressione ‘infischiarsene’ nel tuo repertorio dicomportamenti. Se invece ‘ti preoccupi’, che sia in pubblico oin privato, ti ritroverai a guardare quelli della serie A dall’ester-no. Noel Gallagher se ne infischiava alla grande. NoelGallagher è di serie A”, Ian Robertson, Oasis. What’s The Story,Milano, Mondadori, 1997, pp. 194-195.

30. Hewitt, Oasis. Fuori di testa, cit., p. 167.31. Ivi, p. 168.

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