LEGGERE UN EMOCROMO - Altervista
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LEGGERE UN EMOCROMO L’emocromo da informazioni su 3 compartimenti delle
cellule ematiche: WBC, eritrociti e piastrine.
GLOBULI BIANCHI (WBC) Il valore normale di WBC è 4.000-10.000/uL.
La formula leucocitaria fornisce la percentuale di neutrofili,
linfociti, monociti eosinofili e basofili; a partire da questa
bisogna calcolare la quota assoluta almeno di neutrofili e
linfociti.
Esempio: WBC= 5340 uL e neutrofili= 55.1% → conta
assoluta di neutrofili= 2942 uL.
Se le cellule bianche fossero tutti blasti, la macchina non
riesce a individuarli e rileva “formula non leggibile” o la
somma delle percentuali non fa 100%. In questo caso, si
procede con l’analisi dello striscio al microscopio ottico.
Valori normali di formula leucocitaria:
PERCENTUALE NUMERO ASSOLUTO
(/microL)
NEUTROFILI 40-74 % 1800-8140
LEUCOCITI 19-48 % 900-5300
MONOCITI 4-9 % 200-1000
EOSINOFILI 0-7 % 0-800
BASOFILI 0-2 % 0-200
COMPARTIMENTO ERITROIDE Calcola il numero di globuli rossi, che però non serve a niente; anche l’RDW non è molto utile.
Quello che serve è la concentrazione di emoglobina (Hb); il valore normale nelle donne è 12-14 gr/dL, negli uomini 13-15
gr/dL.
Nell’emorragia acuta, la concentrazione di emoglobina non è un indice affidabile in quanto si perdono sia liquidi che parte
corpuscolata, dunque la accentazione è identica. Con il passare delle ore, la concentrazione si abbassa perché si ha una
ritenzione di liquidi. Il midollo impiega una settimana a riformare nuovi globuli rossi.
Se il paziente è anemico, interessano altri due parametri:
• MCV: volume corpuscolare medio. Il valore è 80-100 fL.
• MCH: contenuto media di emoglobina per globulo rosso. il valore normale è di 25-30 pg.
• MCHC: concentrazione media di emoglobina per globulo rosso ma non ci interessa.
PIASTRINE Altro valore importante è il numero di piastrine: valore normale è di 150.000-450.000 per uL.
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ESERCIZI
Neutrocitosi neutrofila.
Anemia macrocitica.
Trombocitosi
Neutropenia: il rischio è di infezioni batteriche e fungine
(solo i miceti controllati dai neutrofili come Candida,
Aspergillus e Zigomiceti).
Linfopenia.
Anemia normocitica e normocromica
Trombocitopenia
Ipotesi diagnostiche:
• Insufficienza midollare, che può essere dovuta da:
aplasia midollare (da farmaci o immunoterapico),
infiltrazione neoplastica (mieloftisi), leucemia
acuta (ATTENZIONE che molte leucemie acute si
presentano con un quadro di aplasia midollare e
non di leucocitosi).
→ quadro di pancitopenia, cioè povertà di tutte le
cellule.
Come fa una leucemia a causare aplasia midollare? I
cloni prodotti non è detto che passino in periferia,
potrebbero anche rimanere nel midollo occupandolo e
bloccando la produzione di tutte le altre cellule ma in
periferia non vengono rilevate.
Come si procede con il paziente? Sarebbe meglio non
portarlo in PS; bisogna subito controllare la coagulazione
(il rischio più grave è quello di emorragia cerebrale) e
controllare la pressione arteriosa. Bisogna prendere
subito una decisione operativa perché a rischio.
Bisogna subito avvisare in ematologia e accordarsi
direttamente con il medico di guardia.
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Neutropenia
Linfopenia
Anemia normocitica e normocromica
Trombocitopenia
→ PANCITOPENIA.
Leucocitosi: non si può definire che tipo di leucocitosi sia
in quanto la somma delle percentuali della conta
leucocitaria non fa 100%, quindi significa che la
macchina non è in grado di rilevare le WBC→ sono blasti.
I 23% dei linfociti rilevati dalla macchina in realtà non è
detto che siano linfociti; potrebbero essere blasti che la
macchina non ha riconosciuto e ha classificato come
linfociti.
Potrebbe trattarsi di una leucemia acuta.
Anemia normocitica e normocromica
trombocitopenia
Linfocitosi relativa: i linfociti sono aumentati ma i globuli
bianchi totali sono normali, quindi si parla di “relativa”.
Non è neutropenica (2600 uL, dovrebbe essere sotto i
1000).
Anemia microcitica e ipocromica
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Linfociti sono nella norma (750 uL).
Lieve trombocitosi
Anemia microcitica e ipocromica Ipotesi diagnostiche:
• Anemia sideropenica: suggerita anche dalla trombocitosi.
• Talassemia: non si può escludere a priori in quanto proviene da una regione a rischio. si può chiedere di visionare gli esami passati: se presente anche negli esami pregressi, si può sospettare
• Anemia da disordine cronico
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TRAPIANTO DI MIDOLLO La cellula staminale emopoietica differenzia in:
• VIA LINFOIDE: porta alla formazione di linfociti T, linfociti B e cellule NK
• VIA MIELOIDE: porta allo sviluppo di eritrociti, granulociti, monociti, megacariociti e piastrine. I precursori degli
eritrociti sono i reticolociti: questi mantengono residui di RNA, ma non il nucleo.
Pensiamo al trapianto allogenico: l’emopoiesi dopo il trapianto sarà del donatore; il sistema immunitario dopo il trapianto
sarà sempre quello (quasi completamente) del donatore, questo perché la cellule progenitrice è la stessa→ quindi nel
trapianto allogenico il rigetto non ci sarà mai, quello che si può sviluppare è il graft versus host (reazione diretta contro
cute, fegato e intestino).
La cellula staminale si differenzia in una via o nell’altra in base al pattern citochinico a cui viene esposta; in particolare, la
presenza di CSF indirizza la cellula staminale verso la via mieloide.
FATTORI DI CRESCITA GRANULOCITARI IN USO CLINICO La scoperta dell’importanza dell’attività citochinica sulle cellule staminali ha fatto sì che alcune di esse venissero utilizzate
come farmaci: prima estratte da animali, poi prodotte con metodi basati sul DNA-ricombinante (ricorda che per avere un
farmaco ottenuto con la tecnica di DNA-ricombinante occorre che esso abbia un gene!! Quindi ad esempio non si potrà
ottenere l’eparina ricombinante).
Tra queste conosciamo:
❖ EPO è un ormone glicoproteico prodotto principalmente dal rene, ma anche da cervello e fegato. Viene utilizzata come
farmaco sotto forma di:
o Eritrpoietina per e.v., s.c. o intraperitoneale. È utilizzata nell’anemia secondaria a IRC, nell’anemia da AIDS,
nell’anemia secondaria a infiammazioni croniche e in seguito a trattamento con chemioterapici.
o CERA: attivatore continuo del recettore per l’eritropoietina. L’emivita è molto lunga per cui la somministrazione
può arrivare fino ad 1/mese. È costituito da una molecola di eritropoietina a cui è legata una catena peptidica
molto lunga; il peso molecolare è elevato.
o Darbopoietina.
❖ G-CSF: stimola le colonie di granulociti neutrofili sia aumentando il pool di precursori, sia accorciando il periodo di
maturazione di questi. Viene prodotto con tecniche di DNA-ricombinante (rhG-CSF) e i principali farmaci sono:
FILGRASTIN (1/die), Lenograstin e PEG-Filgrastin.
Il Filgrastin è un farmaco biosimilare: quando scade il brevetto di un farmaco biologico si possono produrre i biosimilari,
cioè un’altra azienda può produrre un farmaco molto simile ma non identico; questo perchè essendo ricombinante
deriva da un clone di DNA di una particolare cellula e siccome i cloni sono simili ma non identici possono avere
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caratteristiche leggermente diverse. Come G-CSF oggi si usano soprattutto i biosimilari perchè permettono un enorme
risparmio economico in modo da far spazio alla produzione di nuove molecole che richiedono un costo molto elevato
La forma PEG-Filgrastin è solubile in acqua, occupa in ambiente acquoso un volume relativamente grande (10 volte il
volume di una proteina di simile peso molecolare), ha un profilo tossicologico favorevole, non è immunogenico ed è
inerte farmacologicamente Questa forma presenta un’emivita più lunga in quanto, aumentando le dimensioni della
molecola, la rende meno eliminabile a livello renale mentre a livello epatico è meno soggetta a proteolisi ed escrezione
biliare. L’unica modalità che ha la forma PEG per essere eliminata è il legame con i recettori dei neutrofili: se il numero
dei neutrofili è basso, la concentrazione plasmatica del farmaco rimarrà elevata; un aumento dei neutrofili causerà una
riduzione della concentrazione plasmatica del farmaco. È quindi un’autoregolazione. La forma PEG ha
somministrazione di 1/15 die.
Gli effetti collaterali del rhG-CSF sono: febbricola alla prima dose e dolori ossei per espansione midollare; per cui si
consiglia la somministrazione serale e la possibile associazione con un antidolorifico (non si dà un farmaco con azione
antiaggregante come ASA, possono invece dare paracetamolo o tramandolo).
RICONOSCIMENTO E MOBILIZZAZIONE DELLE CSE La cellula staminale emopoietica (CSE) ha 2 principali caratteristiche: è totipotente e può automantenersi.
Tuttavia, è morfologicamente indistinguibile dalle altre cellule; per cui si utilizza l’immunoistochimica (o meglio con
citofluorimetria), che, tramite un anticorpo marcato con un fluorocromo, evidenzia le CS legandosi all’antigene di superficie
CD34 da esse espresso.
Le CS si trovano ancorate all’interno delle nicchie emopoietiche, adese allo stroma tramite VCAM4 e SDF1. Le cellule
stromali forniscono segnali di “committment” e producono citochine e fattori di crescita, li trattengono sulla propria
superficie e ne aumentano la concentrazione locale. Le CS sono normalmente assenti nel sangue periferico dell’adulto, ma
possono essere mobilizzate usando due metodi:
• G-CSF: si usa nel trapianto eterologo, in quanto sarebbe non etico utilizzare la chemioterapia sul donatore sano.
• Chemioterapici + G-CSF: si usa soprattutto nel trapianto autologo; il chemioterapico che aiuta anche a uccidere
le ultime cellule malate nella terapia.
Le CS superano quindi la membrana basale del midollo ed entrano in circolo.
Se non si riuscisse a mobilizzare le cellule staminali (nei soggetti definiti poor mobilizer), bisognerebbe prelevare
direttamente il midollo osseo. Si utilizza allora qualcosa che interferisca con il legame chemochine-recettore che le tiene
ancorate alla nicchia; questo qualcosa è G-CSF: va a stimolare i granulociti che sono ricchi di elastasi e altre proteasi→ le
rilasciano nell’ammbiente midollare e queste proteasi vanno a rompere i legati chemochina-recettore.
Una volta che viene staccata dalla nicchia emopoietica, è spinta a superare la barriera emato-midollare a migrare e passare
nel lume vascolare; da qui si prelevano con una tecnica non molto diversa dalle piastrinoferesi.
Perché la chemioterapia dovrebbe spingerle a migrare? Perché danneggia la barriera emato-midollare, creando dei buchi e
facilitando la mobilitazione.
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TIPI TRAPIANTO DI MIDOLLO Sarebbe meglio dire trapianto di CSE, in quanto non è più un trapianto di midollo integrale.
Relazione donatore-ricevente Il trapianto di midollo può essere:
▪ AUTOLOGO: consiste nella reinfusione, dopo chemioterapia ad alte dosi, di cellule staminali emopoietiche dello stesso
paziente, precedentemente prelevate e criopreservate.
▪ ALLOGENICO: può provenire da:
o Familiare o matched, cioè un sibling HLA-identico: è la forma di trapianto favorita. La probabilità di avere un aplotipo
HLA identico è del 25%. Il problema è che la probabilità di trovare un sibling HLA-identico dipende dal numero di figli,
che sta scendendo sempre di più.
o Non-familiare (MUD=marrow unrelated donor). I problemi clinici che possono interferire nel trovare un donatore MUD
sono dovuti all’etnia: la maggior parte dei donatori sono caucasici (europei e statunitensi), che però non sono compatibili
con pazienti di altre etnie e questo può essere un problema in un mondo globalizzato. Non tutte le etnie hanno pari
accesso a donatori MUD sia per la diversità del corredo HLA, sia per problemi di tipo socio-economico.
o Aploidentico: la probabilità di avere un sibling aploidentico è del 50%, ma sono possibili anche altri parenti (genitore,
figlio, sibling, cugino).
▪ SINGENICO: consiste nella trasfusione di CS prelevate da un gemello monozigote.
Ricorda che i geni HLA si trovano sul cromosoma 6 sul braccio corto (p).
Fonti di cellule staminali 1) Inizialmente le CS venivano prelevate dalla CRESTA ILIACA con espianto in anestesia generale; non si pratica più
molto.
2) In seguito alla scoperta dell’efficacia del G-CSF nel mobilitare le CSE, queste vengono prelevate dal SANGUE
PERIFERICO. Questo metodo prevede l’utilizzo di G-CSF per un trapianto autologo mentre l’associazione di G-CSF con
chemioterapici è indicata nel trapianto allogenico. La raccolta delle CSE viene detta STAMINOAFERESI: si
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mobilizzano le cellule staminali, ci si accerta che le cellule siano in un numero adeguato (marcando CD34 con
fluorocromo) e poi si prelevano→ si esegue l’immunoistochimica anche sulle cellule raccolte.
3) La raccolta di CS può essere eseguita anche sul CORDONE OMBELICALE; questo contiene circa 100-200 ml di sangue
fetale molto ricco di CSE. Le cellule raccolte vengono congelate con una sostanza chiamata dimetilsulfossido (un
crioconservante) che permettono una sopravvivenza fino a 10 anni all’interno di banche pubbliche. Prima di
conservare bisogna screenare: gruppo sanguigno, HCV e HBV.
Chi può utilizzarle? Secondo la visione dell’UE, tutti possano utilizzare queste cellule; il problema è che se quelle
cellule dovessero servire allo stesso donatore entro 10 anni, quelle cellule non sarebbero più disponibili per un
trapianto autologo. In Europa le banche possono essere solo pubbliche.
Negli Stati Uniti invece esistono banche private, in cui le cellule staminali vengono conservate solo per utilizzo
personale; in Italia questo non è possibile ma ci si può recare in Svizzera o a San Marino→ sconsigliato dalla comunità
scientifica!!
L’utilizzo di queste cellule è limitato dall’età del paziente e dalla corporatura: infatti il trattamento necessita di 2×106
cell/kg. Una soluzione potrebbe essere l’espansione della popolazione staminale prima del congelamento.
FASI DEL TRAPIANTO 1. Mobilizzazione nel sangue periferico
2. Raccolta o staminoaferesi: si raccolgono in una sacca di raccolta; a questo punto possono essere utilizzate come
tali (sonel trapianto autologo) o dopo congelamento.
3. Eventuale manipolazione ex vivo
a. Selezione positiva delle CD34 (autologo)
b. Purging (autologo)
c. Deplezione delle cellule T (allogenico)
d. Espansione in vitro (trapianto di cordone)
4. Congelamento e criopreservazione con dimetilsulfossido. Permette la conservazione fino a 10 anni, non oltre.
5. Programma di condizionamento: la chemioterapia e/o radioterapia ad alte dosi ha l’effetto di:
a. Distruggere l’emopoiesi neoplastica, in questo modo l’emopoiesi dopo il trapianto non potrà più
riprendere.
b. Creare spazio per il graft
c. Ridurre l’immunità ricevente per evitare il rigetto.
6. Scongelamento a 37° in pochi minuti e poi si reinfondono il 10-15 minuti. Per essere pronti a reinfondere, bisognerà
avere già il paziente con un accesso venoso centrale di ampio calibro adatto a far passare delle cellule.
7. Infusione del graft: le cellule attraverso il sangue ritrovano le nicchie ematopoietiche e vi si posizionano. Per farle
crescere ed espandere i utilizza G-CSF ricombinante umano. La fase complessa è la successiva, perché è la fase di
aplasia midollare, in cui bisogna dar tempo alle cellule di crescere che dura qualche settimana.
8. Fase di aplasia post-condizionamento e post-infusione: è il periodo di massimo rischio per il paziente. La durata
dell’aplasia è di 10-14 giorni per il trapianto autologo e di 15-30 giorni per il trapianto allogenico.
COMPLICANZE Le principali complicanze sono:
INFEZIONI: Le complicanze infettive sono rappresentate principalmente da batteri (sia Gram + che -) ma anche alcuni tipi
di virus e miceti. Le fonti primarie di infezione sono: i cateteri venosi centrali, le cause nosocomiali e quelle endogene
(intestino).
Precauzioni: lavaggio delle mani, camice monouso, fonendo personalizzato, aria ambiente a pressione positiva, che quindi
tenda a uscire e eviti il ristagno, ricambi di aria frequenti con aria filtrata da 3 ordini (l’ultimo sono filtra ETHA: protegge da
batteri e funghi, non virus).
GVHD (copia della parte sotto): i fattori di rischio per GVHD sono l’età del ricevente, l’intensità del condizionamento del
ricevente, il mismatch HLA e il fatto che il donatore sia un MUD (maggiore è il grado di distanza genetica, maggiore è rischio
di GVHD).
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La GVHD acuta avviene entro 30 giorni dall’infusione; gli organi bersaglio più colpiti sono cute, intestino, fegato;
l’interessamento cutaneo è quello più rapidamente manifesto e facilmente osservabile.
La GVHD cronica si presenta invece come simil-connettivite. La GVHD non è però solamente dannosa per il ricevente:
l’equilibrio fra l’immunità del graft e l’immunità residua del ricevente determina l’equilibrio fra GVHD e rigetto. Le cellule T
del donatore attaccano i tessuti normali del ricevente (GVHD) e/o le cellule neoplastiche residue del ricevente (Graft versus
Tumor o Graft versus Leukimia).
C’è rischio di GVHD nel…
- Trapianto autologo? No.
- Allogenico da donatore da registro? Sì: anche se il donatore è identico per i loci HLA maggiori, avrà differenze per i
loci HLA minori. Può essere dovuto anche a differenze HLA non identificabili con tecniche convenzionali (sierologiche
o molecolari).
- Aploidentico? Sì, perchè compatibile solo per il 50%.
- Singenico? No, perché proviene da gemello omozigote.
C’è una qualche utilità nella GVHD o è solo un evento negativo? Il sistema immunitario del donatore aggrediranno le cellule
residue tumorali del ricevente, e prende il nome di GVT (Graft Versus Tumor), quindi un aspetto positivo c’è.
Terapia: si inizia con prednisone ad alte dose (1 mg/kg), poi monoclonali come rituximab.
La MORTALITÀ peritrapiantologica (entro i primi 100 giorni) è dell’1% nel trapianto autologo, mentre è del 30%
nell’allogenico.
In seguito al trapianto di midollo, tutte le cellule emopoietiche del ricevente vengono progressivamente sostituite dalle
cellule del donatore differenziatesi dalle CS trapiantate. Per cui, eritrociti, granulociti, monociti, piastrine e linfociti saranno
quelli del donatore.
Mini-allotrapianto: generare una chimera immunologia. Si utilizzano dosi chemioterapiche non massimali, ma che creano
un po’ di spazio per l’emopoiesi del donatore. Si genera quindi una “chimera”, ossia il SI sarà formato sia da quello del
paziente che da quello del donatore. Serve per evitare una mieloablazione (in alcune categorie di pazienti è controindicato)
e per evitare la GVHD. (non da sapere).
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INSUFFICIENZA MIDOLLARE
CASI CLINICI
Leucopenia neutrofila e linfocitica
Anemina normocitica e normocromica
Tromboitopenica
→ Pancitopenia
La riduzione dei bianchi è molto più marcata rispetto alla
riduzione di emoglobina; come mai?
Perché l’emivita di globuli rossi è maggiore, di circa 120 giorni:
nel momento in cui si instaura il quadro di aplasia midollare, i
globuli rossi saranno l’ultimo valore a scendere.
→ PANCITOPENIA
I neutrofili sono 80 è a rischio di infezioni batteriche e
micotiche.
Quale può essere la causa della sua pancitopenia?
- Il rigetto è molto raro, soprattutto a 4 anni dal trapianto.
- Una graft cronica non darebbe un esordio così improvviso
(un mese prima gli esami erano normali).
- Recidiva di leucemia.
- Aplasia da farmaci
Quali esami posso fare?
o PCR
o Striscio di sangue periferico (sarà quasi vuoto)
o Aspirato midollare con biopsia ossea: apparirà pieno in
caso di recidiva, ma di cellule che non riescono a
maturare. Potrà apparire anche vuoto: in questo caso si
tratterà di aplasia verosimilmente da farmaci.
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Blastocitosi periferica
Leucocitosi
Anemia
Posso sospettare una leucemia acuta? Certo, devo subito
mandare il PS, potrebbe morire di:
- Emorragia cerebrale
- Infezione→ sepsi→ shock settico (ha brividi e febbre)
Sono 3 casi di insufficienza midollare: il midollo cioè non è in grado di produrre i costituenti del sangue.
È una condizione che può essere dovuta a uno di questi meccanismi:
1. Riduzione della cellularità del midollo osseo, con
sostituzione delle cellule midollari da parte di tessuto
adiposo.
2. Sostituzione dell’emopoiesi normale da parte di:
a. Emopoiesi neoplastica
b. invasione dello spazio midollare da parte di tumori
solidi (mieloftisi)
c. infezione miliare da TBC
3. Emopoiesi inefficace: l’emopoiesi avviene ma la differenziazione non è efficace.
MORFOLOGIA Nel sangue periferico si rivelerà pancitopenia, con riduzione del numero di tutte le linee cellulari normali (e questo vale
anche per le leucemie).
Nel midollo osseo potrà invece essere ipocellulare (aplasie), normocellulare o ipercellulare (emopoiesi neoplastica).
CAUSE Le cause di questi meccanismi sono:
- Dell’ipocellularità, l’aplasia midollare.
- Dell’emopoiesi neoplastica: leucemie acute, disordini linfoproliferativi con invasione midollare (LLC, HCL, MM, LNH).
- Della mieloftisi: carcinomi, TBC miliare, granulomatosi sistemiche.
- Dell’emopoiesi inefficace: sindromi mielodisplastiche, carenza di folati e B12.
CLINICA L’insufficienza midollare si manifesta con:
❖ NEUTROPENIA: predispone ad infezioni prevalentemente batteriche (Gram negativi: E. coli, K. pneumoniae, P.
aeruginosa, enterobacteriaceae; Gram positivi: stafilococchi, anaerobi) e fungine (Aspergillus, Candida, Zigomiceti).
I virus non costituiscono un problema serio in quanto la linea linfocitaria è in grado di automantenersi ed è meno
coinvolta nell’IM rispetto alla linea mieloide.
Se < 500 PMN/μL: rischio grave.
Se < 200 PMN/μL: rischio gravissimo.
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❖ ANEMIA: si presenta con differenti manifestazioni a seconda di:
o Livelli di Hb
o Età: un ultra70enne si scompensa più in fretta.
o Tempo di insorgenza: se insorge lentamente, il corpo si adatta meglio.
o Funzionalità cardiaca: eventi cardioischemici (e cardiologici in generale); il rischio di infarto è maggiore in un
soggetto con anemia.
❖ PIASTRINOPENIA: si presenta con emorragie; il rischio è grave se < 5.000 plts/μL; tuttavia le petecchie sono già
possibili con valori di piastrine < 10.000/μL. Importante è cercare la presenza di petecchie:
- Punti di sfregamento: elastico delle calze, degli slip, del reggiseno.
- Estremità inferiori: la pressione idrostatica è maggiore.
- Mucose: esplorare il cavo orale.
Ricordarsi che le petecchie non scompaiono con la digitopressione; tante petecchie insieme si chiamano porpora
Compare prima la piastrinopenia rispetto all’anemia perché le piastrine hanno una vita media di soli 7 giorni, mentre gli
eritrociti di circa 120 giorni.
APLASIA MIDOLLARE Condizione rara in Europa Occidentale e USA (3-6 casi/1.000.000/anno) ma l’incidenza è 3-4 volte maggiore in Cina, Sud-
Est asiatico e Messico. La differenza epidemiologica non è correlata al background genetico (dopo emigrazione in USA,
incidenza simile a popolazione USA). Colpisce fasce di età differenti: in Asia: < 30 anni; in USA e Europa Occidentale: > 60
anni. Sono state riscontrate possibili associazioni con sostanze tossiche (benzene), farmaci (cloramfenicolo, ticlopidina,
clopidogrel), HLA-DR15 e forse alcuni virus.
Classificazione L’aplasia midollare viene classificata in 2 forme: (non tutte da sapere)
A. ACQUISITA:
a. Idiopatica: è causata da un danno immunomediato da cellule T dirette contro HSC. Le HSC sono fortemente ridotte
di numero ma le cellule stromali sono generalmente integre. Si ha pancitopenia periferica con midollo osseo
ipocellulare e sostituito da tessuto adiposo. Il paziente con aplasia midollare deve sempre essere indirizzato ad un
centro specialistico: è una condizione più grave delle altre.
La terapia si basa sull’immunospressione, che però in alcuni pazienti può richiedere anche un trapianto allogenico.
Richiede anche supporto trasfusionale, utilizzo di rhG-CSF ma non con Epo. È necessario prestare attenzione a come
vengono trasfusi i pazienti CMV negativi. È meglio evitare sempre trasfusioni da familiari perché potrebbero essere
usati come donatori di midollo.
b. Emoglobinuria parossistica notturna (PNH): è un disordine acquisito clonale dell’emopoiesi dovuto a mutazioni
(eterogenee) del gene PIG-A sul cromosoma X. PIG-A è coinvolto nella biosintesi del glicosilfosfatidilinositolo (GPI).
La mutazione di PIG-A causa la ridotta/mancata espressione di proteine GPI-linked che mediano l’ancoraggio in
membrana tramite il GPI. Queste proteine sono CD55 e CD59 che normalmente prevengono l’attivazione della
cascata del complemento: una loro carenza causa un aumento dell’emolisi, soprattutto di notte, quando il pH
diventa più acido. Un deficit di UPA e CD59 è coinvolto nell’emostasi, per cui si avrà un aumento del rischio di
trombosi. Carenze di CD16 predispone ad infezioni batteriche. Questa patologia può evolvere in aplasia midollare
o LMA. La diagnosi si fa tramite citofluorimetria per GPI-linked proteins, indici di emolisi ed emosiderinuria. La
terapia si basa sull’utilizzo di Eculizumab, un anticorpo ricombinante umanizzato diretto contro la proteina C5, che
gioca un ruolo centrale nella cascata del complemento, con riduzione dell’emolisi. Tuttavia, è un farmaco molto
costoso, per via della rarità della malattia.
c. CHT, RT
d. Farmaci
e. Infezioni virali (EBV, CMV, HIV), Epatite non-A, non-B, non-C
f. Altre: gravidanza, GVHD, Fascite eosinofila, CVI, Timoma, (T-LGL, HCL)
B. EREDITARIA:
a. Anemia di Fanconi (test al DEB = diepossibutano)
b. Altre: discheratosi congenita, Sindrome di Schwachman-Diamond.
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ANEMIE
ERITROPOIESI NORMALE L’eritropoiesi dura circa 6-7 giorni a partire dalla cellula staminale ematopoietica sotto stimolo dell’eritropoietina (EPO): si
generano poi i progenitori degli eritrociti (BFU-E, CFU-E e proeritroblasto); essi sono molto sensibili all’EPO, mentre dallo
stadio di eritroblasto in poi la sensibilità all’EPO viene persa. Nell’eritropoiesi il contenuto di DNA si riduce progressivamente
ma permangono residui di RNA. L’immediato precursore dell’eritrocita si chiama reticolocita: si distingue dal globuli rosso
definitivo SOLO per la presenza di RNA; gli ultimi residui vengono poi persi e si trasforma in eritrocita. Particolari colorazioni
per l’RNA permettono di distinguere i reticolociti dagli eritrociti maturi→ utile per capire la funzionalità del midollo. Se
reticolociti sono bassi in presenza di anemia, si pensa a una ipofunzionalità midollare, mentre se sono alti si pensa a
un’elevata distruzione.
In caso di ingenti perdite di sangue (distruzione di globuli rossi), il midollo può compensare rilasciando un numero di globuli
rossi che può essere fino a 6-8 volte il valore normale (riserva eritropoietica)→ la CAPACITÀ DI RISERVA FUNZIONALE è
esclusiva dell’eritropoiesi.
TERAPIA Il trattamento dell’anemia viene fatto con rhEPO: glicoproteina altamente glicosilata, formata da 3 catene N-glicosidiche
contenenti fino a 14 residui di acido sialico. La glicosilazione è fondamentale per l’attività biologica. Aumentando il
contenuto di carboidrati si è giunti alla Darbopoietina, con emivita tale da permettere la somministrazione fino a una volta
ogni 2-3 settimane. Somministrando rhEPO le richieste di Fe da parte dell’organismo aumentano; in mancanza di questo,
può verificarsi una mancata risposta alla terapia.
Attualmente si usano i biosimilari.
VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELL’ERITROPOIESI Per valutare l’eritropoiesi si possono utilizzare la biopsia midollare (valuta l’eritropoiesi totale) oppure l’esame
emocromocitometrico e i reticolociti del sangue periferico (per valutare l’eritropoiesi efficace).
Ogni giorno lo 0.8-1% degli eritrociti è distrutto e sostituito da reticolociti. In condizioni normali, i reticolociti trascorrono 2
giorni nel midollo osseo e 1 giorno nel sangue periferico, poi maturano ad
eritrociti.
In caso di stress eritropoietico, per effetto di EPO, i reticolociti non solo
vengono prodotti in numero maggiore, ma vengono anche rilasciati in circolo
più precocemente rispetto al normale, per cui maturano più a lungo nel
sangue periferico.
I reticolociti vengono ricercati nel sangue periferico attraverso una colorazione vitale per l’RNA, che deve essere eseguita a
breve tempo dal prelievo di sangue.
La valutazione quantitativa dei reticolociti si esegue tramite:
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➢ %RET: reticolociti totali/globuli rossi totali.
➢ CONTA RETICOLOCITARIA ASSOLUTA: (%RET x
RBC)/100
Queste metodiche non sono ottimali; queste precedenti
valutazioni infatti non riescono a distinguere tra i reticolociti
prodotti oggi e quelli prodotti ieri→ darà una sovrastima della
vera produzione di eritrociti. In alcune occasioni però occorre
conoscere solo la produzione di reticolociti odierna per vedere se essa è aumentata o no.
In base a questo aspetto si è calcolato l’INDICE RETICOLOCITARIO: tiene conto dell’indice di shift dei reticolociti (che
dipende dall’emoglobina), cioè del passaggio dal midollo al sangue periferico più precoce (lo calcola la macchina, non è un
nostro problema sapere come si calcola!).
Se l’IR è >3, il compenso midollare è adeguato
Se l’IR è <2, il compenso midollare è inadeguato.
→ Le anemie da aumentata distruzione hanno IR aumentato.
→ Le anemie da ridotta produzione hanno un IR basso: carenza di ferro, carenza di B12, invasione midollare, …
VALUTAZIONE CLINICA DEI GLOBULI ROSSI La valutazione dei globuli rossi viene eseguita tramite l’esame emocromocitometrico. Esso fornisce:
o Numero assoluto di globuli rossi: tuttavia non è fondamentale. 4,5-5,5 x 106/μL
o Emoglobina (Hb): indispensabile per la diagnosi di anemia. 13-16 g/dL in M; 12-16 g/dL in F
In caso di emorragia acuta, il valore di Hb è fuorviante perché la perdita sia di globuli rossi che di plasma mantiene
la [Hb] su valori normali. Solo successivamente si evidenzierà l’anemia.
o Ematocrito (Ht): percentuale del volume ematico occupato da RBC. È misura della massa eritrocitaria. 37-53 % in
M; 36-46 % in F.
o RDW: misura l’anisocitosi, cioè le variazioni del diametro dei globuli rossi.
o MCV: volume corpuscolare medio. 80-100 fL: RBC normocitici. Se > 100 fL, RBC macrocitici; se < 80 fL, RBC
microcitici NB! Pseudomacrocitosi: reticolociti ed agglutinine.
o MCH: contenuto medio mi Hb. Indica la quantità di Hb contenuta nel globulo rosso. 25-35 pg: RBC normocromici;
< 25 pg: RBC ipocromici; > 35 pg: in associazione a megaloblastosi.
o MCHC: concentrazione media di Hb. 31-37 g/dL: RBC normocromici; < 31 g/dL: RBC ipocromici; > 37 g/dL:
sferocitosi. NB! I RBC NON possono accomodare > 37 g/dL di Hb.
I valori dei parametri MCV e MCH forniscono le informazioni più utili sulle possibili cause di anemia.
Si può eseguire anche un’analisi morfologica dei globuli rossi; hanno normalmente dimensioni pari a 2/3 del diametro di un
linfocita; non dovrebbero esserci anisocitosi (es: drepanociti) e anisocromia (es: target cells).
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FISIOPATOLOGIA DELLE ANEMIE L’eritropoiesi può essere pensata come una catena di montaggio che provvede alla formazione di globuli rossi a partire dai
pezzi di montaggio: emoglobina (prodotta a partire da ferro, eme, globina) e DNA (prodotto grazie a vitamine).
Consideriamo tutte le possibili cause di anemie con IR inferiore a 2:
• Se manca la catena di montaggio, vengono prodotti pochi globuli rossi, ma quei pochi che sono prodotti saranno
normali→ un difetto nell’emopoiesi porta a ANEMIA NORMOCROMICA NORMOCITICA.
• Se mancano dei pezzi di montaggio, la catena di montaggio continua a funzionare ma produrrà globuli rossi anomali;
se la produzione di emoglobina è carente, il globulo rosso, essendo un sacchetto contenente emoglobina, sarà
piccolo→ carenza di Fe, eme o globina porta a ANEMIA MICROCITICA IPOCROMICA (anemia sideropemica e
talassemica).
• Se mancano i componenti della sintesi del DNA (vitamina B12 e folati), gli eritroblasti non riescono a dividersi perché
necessitano di DNA; non riuscendo a dividersi, accumulano emoglobina e “ingrassano”→ carenza di B12 e folati porta
a ANEMIA MACROCITICA NORMOCROMICA.
Consideriamo ora le anemie con IR maggiore di 3: esse sono dovute ad un aumento della distruzione dei globuli rossi. Il
midollo osseo è però perfettamente funzionante; fino a 6-8 volte il midollo riesce a compensare, ma poi si instaura una
ANEMIA NORMOCROMICA-NORMOCITICA; dopo un po’ di tempo, l’aumentata produzione o la continua emolisi causa
deplezione di folati (elemento che ha meno riserve nell’organismo che dura pochi mesi), con sviluppo di un’ANEMIA
NORMOCROMICA-MACROCITICA.
Cosa succede se un paziente beta-talassemico sviluppa anemia emolitica? Avrà una anemia normocromica normocitica: i
globuli rossi infatti si ingrossano ma partono da una condizione di microcitosi.
→ Di fronte ad un’anemia NC/NC, è comunque utile dosare folati e vitamina B12 e il profilo marziale, in quanto è possibili
che ci sia una doppia carenza!
Prima di trasfondere un paziente anemico è sempre necessario prelevare un campione di sangue, in modo tale da conoscere
la situazione prima della trasfusione.
In caso di emorragia, cosa valuto in tempi rapidissimi? Indice reticolocitario. In un secondo momento posso dosare anche
tutti gli indici di emolisi: LDH, bilirubina indiretta, aptoglobina, …
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ANEMIE MACROCITICHE
Si può mandare un paziente come questo in sala
operatoria?
Se si tratta di un intervento in urgenza sì, ma altrimenti no,
prima bisogna risolvere il problema dell’anemia e capirne
la causa.
Si dividono in:
◊ Megaloblastiche: difetto di maturazione per difettosa sintesi di DNA. È presente asincronia nucleo-citoplasmatica
(nucleo immaturo e citoplasma maturo). L’eritropoiesi è inefficace e si verifica megaloblastosi di tutta la emopoiesi.
◊ Non megaloblastiche: non sono presenti difetti maturativi. Le principali cause sono:
o Reticolocitosi (ø > RBC)
o Emolisi (ø RBC giovani > vecchi)
o Epatopatie (alterazioni lipidi)
o Macrocitosi spuria (agglutinine).
◊ Mielodisplasie: si evidenziano clonalità dell’emopoiesi, atipie morfologiche (displastiche), eritro/ematopoiesi
inefficace uni- o multilineare (bi-/tri-).
Una marcata reticolocitosi può causare un aumento di MCV, configurando un quadro di macrocitosi; la macrocitosi dovuta
alla reticolocitosi, comunque, non è mai di entità simile alle anemie megaloblastiche.
ANEMIE MEGALOBLASTICHE Le cause di anemia megaloblastica sono:
1. Deficit di vitamina B12
2. Deficit di folati
3. Abuso di etanolo (che interferisce con il metabolismo dei folati)
4. Farmaci inibitori della sintesi del DNA (AZT, Idrossiurea, AraC) o DHFR (MTX, Pirimetamina). La macrocitosi da
idrossiurea raggiunge i valori più alti di MCV tra le cause di macrocitosi; è un effetto ATTESO del farmaco.
5.
Carenza di folati Il folato (vit. B9) è una vitamina idrosolubile presente in natura come poliglutamato; sotto forma di tetraidrofolato (THF), è
necessario per la sintesi del DNA e il metabolismo dell’omocisteina. Viene introdotto con la dieta tramite vegetali a foglia
larga, frutta, latticini; è termolabile.
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Nell’organismo, i depositi di folati sono limitati (5-10 mg, sufficienti per 3-6 mesi); in gravidanza la richiesta aumenta di
circa 3 volte (300-400μg/die).
Le CAUSE di deficit di folati sono:
➢ Dieta inadeguata (“tea & toast”), soprattutto negli anziani che non riescono a uscire di casa.
➢ Abuso di alcol
➢ Gravidanza
➢ Anemie emolitiche, soprattutto se croniche causano il consumo di folati dovuto all’esaltata eritropoiesi.
➢ Sferocitosi ereditaria
➢ Malassorbimento (Crohn esteso, sprue, morbo celiaco; l’ileite terminale non è una causa, in quanto il sito di
assorbimento dei folati differisce da quello delle vit. B12).
QUADRO EMATOLOGICO:
➢ Si avrà quindi un’ANEMIA MACROCITICA-NORMOCROMICA, con MCV e MCH aumentati.
➢ SANGUE PERIFERICO: si avrà:
o Macrocitosi
o PMN ipersegmentati perché anche i precursori delle altre linee cellulari si sono divisi poco (l’ipersegmentazione
dei PMN può essere una rapido ausilio alla diagnostica differenziale nelle anemie macrocitiche; 6-10 lobi:
diagnosi differenziale con MDS, in cui LDH aumenta poco), piastrine giganti.
Se la carenza è grave, si avrà PANCITOPENIA. È da ricordare il fatto che la macrocitosi precede sempre l’anemia; ma
la macrocitosi stessa può essere mascherata da una talassemia o da una concomitante carenza di Fe.
➢ IR è minore di 2.
➢ MIDOLLO OSSEO: è ipercellulare con eritropoiesi inefficace; la biopsia del midollo è inutile.
SEGNI E SINTOMI:
Il paziente si presenta con:
- Anemia
- Può essere anche un reperto occasionale
- Può esserci una patologia di base (gastrointestinale…)
La sindrome anemica ha solitamente insorgenza graduale. Possono esserci lesioni epiteliali, glossite e macrocitosi in tutti i
tessuti ad alto indice mitotico.
DIAGNOSI:
La diagnosi si fa analizzando il quadro ematologici, con l’emocromo (MCV, MCH, ANC, Plt) e lo striscio di sangue; è utile
anche la ricerca di:
• LDH→ aumentato a causa dell’eritropoiesi inefficace e della morte cellulare all’interno del midollo osseo.
• Bilirubina indiretta
• Dosaggio della vit. B12 e dei folati.
TERAPIA:
Consiste nella somministrazione di acido folico 1 mg/die x 3 mesi per os. Se la causa è un malassorbimento persistente si
somministra a. folico 2-5 mg/die indefinitivamente. Se impossibile la somministrazione per os. si somministra per I.V. a.
folico 5 mg x 2/sett. La profilassi si esegue in caso di gravidanza, allattamento ed emolisi cronica: acido folico 1 mg/die.
Se la terapia funziona, già dopo una settimana si verifica una crisi reticolocitaria, ossia un brusco aumento dell’IR perché il
midollo osseo compensa producendo grandi quantità di globuli rossi, prima dell’Hb; LDH e biulirubina indiretta si
normalizzano in 1-2 settimane, ma il calo dell’LDH è più precoce. La normalizzazione del quadro ematologico (Hb o altre
citopenie) avviene in 1-2 mesi; se è presente malassorbimento o malnutrizione, valutare se è possibile un’eventuale
concomitante deficit di Fe.
→ Valutazione della risposta:
• Crisi reticolocitaria (IR > 3) dopo 5-7 gg
• Normalizzazione LDH e bilirubina indiretta in 1-2 settimane, MA discesa di LDH inizia più precocemente
• Normalizzazione quadro ematologico (Hb o altre citopenie) in 1-2 mesi
• Se malassorbimento/malnutrizione, valutare eventuale concomitante deficit di Fe.
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Carenza di B12 La vit. B12 è una vitamina idrosolubile, contenuta esclusivamente in prodotti alimentari animali e non in quelli di origine
vegetale. È necessario distinguere la dieta vegetariana da quella vegana: infatti solo la dieta vegana è a rischio di deficit di
B12, per cui necessita di supporto vitaminico.
Nell’organismo è presente un deposito epatico di 1-10 mg, deposito sufficiente per 3-6 anni.
La B12 è necessaria per la sintesi del DNA, il metabolismo dell’omocisteina e la produzione di mielina→ una carenza può
avere complicanze neurologiche.
Le CAUSE di carenza di B12 sono:
• Anemia perniciosa
• Dieta
• Gastrectomia: in questo caso la B12 deve essere somministrare
intramuscolo.
• Distruzione chimica (caustici) di mucosa gastrica
• Insufficienza pancreatica grave
• Sindrome dell’ansa cieca
• Infestazioni da D. latum
• Ileiti o resezioni ileali
Un tipo di anemia da carenza di B12 è l’ANEMIA PERNICIOSA: è una
malattia autoimmune, in cui sono presenti anticorpi anti-cellule parietali
(diretti contro le pompe protoniche) e anti-fattore intrinseco (questi
ulimì meno specifici, presenti in circa 60 % di a. perniciosa). È stata
associata ad altre patologie autoimmuni d’organo (Hashimoto, Basedow,
Addison, vitiligine)
Il tipo 1 blocca il legame delle Cbl al IF; il tipo 2 blocca il legame del complesso Cbl-IF al recettore ileale.
Questi pazienti hanno un aumento rischio di degenerazione neoplastica dello stomaco (necessario follow up con EGDscopia
annuale).
QUADRO EMATOLOGICO:
➢ ANEMIA MACROCITICA-NORMOCROMICA, con MCV e MCH aumentati.
➢ SANGUE PERIFERICO: si avrà macrocitosi, con PMN ipersegmentati e piastrine giganti.
Se la carenza è grave, si avrà pancitopenia.
È da ricordare il fatto che la macrocitosi precede sempre l’anemia; ma la macrocitosi stessa può essere mascherata
da una talassemia o da una concomitante carenza di Fe.
➢ MIDOLLO OSSEO: è ipercellulare con eritropoiesi inefficace; la biopsia del midollo è inutile.
➢ IR è minore di 2.
SEGNI E SINTOMI:
Il paziente si presenta con anemia, che può essere anche un reperto occasionale, oppure può esserci una patologia di base
(gastrointestinale…). La sindrome anemica ha solitamente insorgenza graduale. Possono esserci lesioni epiteliali, glossite e
macrocitosi in tutti i tessuti ad alto indice mitotico.
Solo in carenza di B12 si avranno parestesie e alterazioni della pallestesia (neuropatia da difettosa sintesi di mielina); talora
deficit neurologico irreversibile.
DIAGNOSI:
La diagnosi si fa analizzando il quadro ematologici, con l’emocromo (MCV, MCH, ANC, Plt) e lo striscio di sangue; è utile
anche la ricerca di:
• LDH→ aumentato a causa dell’eritropoiesi inefficace e della morte cellulare all’interno del midollo osseo.
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• Bilirubina indiretta
• Dosaggio della vit. B12 e dei folati.
Si esegue anche una ricerca di Ab anti-IF o anti-cellule parietali e il test di Schilling (basale + con IF + con antibiotici + con
enzimi pancreatici).
TERAPIA:
Consiste in somministrazione intramuscolo di cianocobalamina con il seguente regime: 1° settimana - 1000 μg/die; 2°
settimana - 1000 μg x 2/sett; 3°-6° settimana - 1000μg x 1/sett; mantenimento - 1000 μg/mese. La terapia per os consiste
in CianoCbl 1000 μg/die (assorbimento passivo, sufficiente anche in assenza di IF).
La profilassi nei vegani consiste in CianoCBl 50 μg/die.
Non si evidenzia un reale vantaggio nell’uso di idrossiCbl rispetto a cianoCbl (Dobetin 1000). Se la terapia funziona, già dopo
una settimana aumentano i reticolociti, prima dell’Hb; LDH e bilirubina indiretta si normalizzano in 1-2 settimane, ma il calo
dell’LDH è più precoce. La normalizzazione del quadro ematologico (Hb o altre citopenie) avviene in 1-2 mesi; se è presente
malassorbimento o malnutrizione, valutare se è possibile un’eventuale concomitante deficit di Fe. È importante ricordare
che i folati possono correggere parzialmente il quadro ematologico da carenza da B12, ma non quello neurologico.
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ANEMIE MICROCITICHE
ANEMIA SIDEROPENICA Il circolo del ferro è un circolo chiuso per il 99%: solo l’1% del ferro è assorbito e perso ogni giorno. Il Fe in eccesso è
accumulato nei parenchimi (fegato) in quanto non c’è una via di escrezione regolabile del ferro in eccesso.
Abbiamo quindi:
- Ferro funzionale usato dall’emopoiesi
- Ferro di trasporto, legato alla transferrina
- ferro di deposito a livello dei parenchimi
In carenza di ferro, prima di tutto viene consumato il ferro di deposti, cioè quello non attivo; se continua la carenza marziale,
i depositi sono esauriti e quindi si consuma il ferro di trasporto legato alla transferrina, in modo da preservare quello
funzionale. Se la carenza è ancora più marcata, si avrà un consumo anche del ferro funzionale con sviluppo di anemia.
Elementi per la valutazione delle variazioni del profilo marziale:
• TRANSFERRINA e SATURAZIONE DELLA TRANSFERRINA.
• FERRITINA: riflette il ferro dei depositi.
• SIDEREMIA: riflette il ferro di trasporto.
Il primo indice che scende è la ferritina: si è già ridotta ma l’eritropoiesi è ancora normale; in un secondo momento aumenta
la transferrina come compenso e la sua saturazione si riduce. Alla fine, scende la sideremia e si diventa anemici.
In caso di terapia marziale, come prima cosa si normalizza l’emoglobina e solo in un secondo momento si riempiono i
depositi di ferritina: infatti come prima cosa è importante andare a recuperare l’emopoiesi.
Cause • Aumentate richieste di Fe: fasi di crescita rapida; gravidanza; allattamento.
• Introito inadeguato: dieta priva di Fe.
• Deficit di assorbimento: celiachia, acloridria, diminuita superficie di assorbimento.
• Perdita cronica: mestruazioni, GI, emorroidi, salassoterapia, VWD silente.
La dieta occidentale apporta una quantità di Fe sufficiente, ma comunque al limite, durante la gravidanza.
È necessaria l’acidità gastrica per la conversione del Fe2+ a Fe3+. Questa anemia è spesso SPIA DI ALTRE PATOLOGIE→ è
una malattia gestibile dagli internisti e dai vari specialisti, non richiede l’intervento di un ematologo.
Segni e sintomi Il paziente si presenta con patologie di base (gastrointestinale, …) ed anemia. La sindrome anemica ha generalmente
insorgenza graduale. Ci possono essere lesioni epiteliali, quali stomatite angolare, atrofia papillare della lingua e coilonichia.
Particolari atteggiamenti del paziente, quali pagofagia (ghiaccio) e picafagia (terra) permettono il riconoscimento della
patologia con alta specificità.
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Anamnesi o Dieta
o Flusso mestruale: intensità e durata
o Colore delle feci per perdite di sangue: se di colore piceo indica una emorragia acuta, quindi non sarebbe la causa
dell’anemia microcitica. Bisogna indagare quindi il sangue occulto fecale: indica un carcinoma dello stomaco o
comunque una condizione cornica.
o Assunzione di FANS e steroidi
o Età
o Sesso
Quadro ematologico ANEMIA MICROCITICA IPOCROMICA
STRISCIO DI SANGUE: microcitosi, ipocromia, anisocitosi.
IR < 2
PROFILO MARZIALE: calo della sideremia, della ferritina e della %Sat della transferrina; aumento della transferrina.
SOF: Ricerca di Hb nelle feci (tre campioni di feci in 3 giorni diversi).
Terapia Consiste principlamente nella risoluzione della causa; si può somministrare anche terapia marziale e, se indispensabile,
trasfusione in acuto (es: Ima secondario). La terapia marziale ha come obiettivi quello di fornire Fe per la ripresa
dell’eritropoiesi e per ricostruire i depositi marziali. La terapia marziale permette di controllare anche la crisi reticolocitaria
(IR > 3 dopo 7-10 giorni dall’inizio della terapia); dopo la crisi reticolocitaria l’Hb torna a valori normali in 6-8 settimane.
Dopo il raggiungimento dei valori normali di Hb bisogna continuare la terapia per ripristinare i depositi di ferro. L’aumento
della ferritina segue la ripresa dell’eritropoiesi.
La terapia può essere a somministrazione orale con solfato ferroso (Ferrograd, compresse da 325 mg, di cui 65 mg di Fe
elementare); iniziare con 1 cp/die, poi se tollerato, 2 cps/die. Dopo correzione dell’anemia, proseguire per 4-6 mesi fino a
che si raggiunge un valore di ferritina di 50 μg/L (fase di ricostituzione dei depositi).
Ci sono però effetti collaterali, quali dolori crampiformi gastrointestinali, nausea e vomito, dovuti all’intolleranza
gastrointestinale.
Si può effettuare anche terapia marziale endovena ma può causare anafilassi quindi è da fare in ospedale e non per lunghi
tempi.
ANEMIA DA DISORDINE CRONICO Le CAUSE principali comprendono:
1) Malattie infettive croniche (TBC, osteomieliti, AIDS, endocarditi subacute ed altre infezioni croniche)
2) Malattie immunologiche (LES, artrite reumatoide, altre)
3) Malattie neoplastiche (carcinomi, linfomi)
4) Indotte da chemioterapia.
La frequenza di questa patologia è molto alta, seconda solo all’anemia sideropenia. È la più frequente causa di anemia nei
pazienti ospedalizzati.
In particolare, l’anemia causata da una malattia neoplastica si verifica nel 75% dei pazienti sottoposti a chemioterapia e si
manifesta a seguito di: ridotta produzione di EPO, ridotta risposta all’EPO, infiltrazione tumorale del midollo osseo,
chemioterapia, fatigue (stato di astenia-depressione), complicazione cardiorespiratorie e ridotta QOL.
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Patogenesi L’anemia da disordine cronico presenta una patogenesi
relativamente comune; lo stimolo infiammatorio cronico o la
neoplasia inducono la produzione di citochine pro-infiammatorie
IL-1, IL-6 e TNFα. Queste agiscono sul fegato, inducendo la
produzione di EPCIDINA. L’epcidina viene prodotta sulla base di vari
stimoli, tra cui l’infiammazione, i livelli sierici di ferro e l’ipossia;
essa agisce regolando fisiologicamente i livelli di ferro sierico
inibendo l’esportazione di Fe, mediato dalla ferroportina, dagli
enterociti e dai macrofagi verso la circolazione.
→ Per cui, un aumento dell’epcidina causa un aumento dei depositi
di ferro ma una riduzione del ferro realmente utilizzabile; questo
comporta una diminuzione della sideremia e un possibile aumento della ferritina.
Ha senso fare una terapia con ferro? No, perché il ferro c’è e se anche viene dato viene immagazzinato nei depositi.
È una anemia non marcata, che non scende mai sotto gli 8 μg/dL.
Diagnosi La diagnosi è in genere di esclusione in quanto manca un marcatore specifico. Si presenta come un’anemia
NORMOCROMICA-NORMOCITICA, oppure lievemente MICROCITICA-IPOCROMICA; è molto variabile perché dipende dallo
stato di infiammazione e quindi dal grado di epcidina.
L’IR è <2; la sideremia e la TIBC sono basse, la % saturazione della transferrina è normale mentre la ferritina è elevata o
normale. Una carenza di ferro, associata ad un quadro di disordine cronico, può mascherare la reale natura dell’anemia.
Clinica e Terapia All’esame del paziente prevale la malattia di base, con anemia in genere lieve-moderata.
La terapia spesso non è necessaria; la somministrazione di ferro è di solito controindicata a meno che il paziente non sia già
in terapia con rhEPO. È possibile associare una terapia trasfusionale, se necessario.
Se il paziente è sottoposto a chemioterapia: rhEPO 10.000 UI 3/settimana (effetti clinici visibili dopo 4-8 settimane) e
Darbopoetina 150-500 μg/settimana (effetti clinici visibili dopo 4-8 settimane). Studi hanno dimostrato che l’utilizzo di EPO
causa un aumento della mortalità generale; tuttavia questo si verifica solo nei pazienti per cui non sono state rispettate le
linee guida di utilizzo. (< 11Hb in UE, < 10Hb in USA) e per i pazienti in chemioterapia. Infatti, per pazienti con Hb sotto i 12,
si possono verificare fenomeni trombotici.
ANEMIE DA PERDITA Le anemie da perdita si dividono in:
• PERDITA CRONICA: ridotta capacità di trasportare O2.
• PERDITA ACUTA: deplezione del volume circolante, rischio di shock cardiocircolatorio, ridotta capacità di
trasportare O2.
Le cause di anemia da perdita acuta sono molteplici, tra cui:
o Trauma
o Complicanze ostetriche
o Rottura aneurisma aortico
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o Emorragie del tratto GI
o Interventi chirurgici
o Rottura della milza.
È importante ricordare che un paziente con anemia cronica potrebbe avere un’emorragia acuta (come nel caso di un
carcinoma gastrico che si ulcera); in questo caso, l’anemizzazione acuta avrebbe i segni di un’anemia cronica (ipocromia e
macrocitosi).
Può essere presente trombocitosi indotta da sideropenia.
IR nell’anemia cronica è basso perché mancano i pezzi della catena di montaggio, mentre nella acuta è alto perché il midollo
è spinto a produrre più eritrociti.
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DISORDINI DELL’EMOGLOBINA
I disordini dell’emoglobina si dividono in:
• Talassemie: patologie ereditarie che inducono un difetto quantitativo della sintesi di globine (β-talassemia).
• Emoglobinopatie: difetto qualitativo della sintesi delle globine; vengono prodotte globine difettose (drepanocitosi).
Esistono diversi tipi di emoglobina, in base al tipo di catene globuliniche da cui sono formate:
- HbA: è l’emoglobina dell’adulto, formata dalle catene alfa2beta2.
- HbF: è l’emoglobina fetale ed è formata da alfa2gamma2.
- HbA2: è formata da alfa2delta2.
TALASSEMIE Deficit quantitativo di una o più catene globuliniche; ci sono diverse entità nosologiche a seconda del difetto genico. La
trasmissione è mendeliana, in quanto sono malattie monogeniche. Sono autosomiche recessive.
L’area di diffusione principale è definita “Thalassemia belt” e corrisponde al 40° parallelo;
comprende il bacino del Mediterraneo, il Medio Oriente, l’India e il Sud-Est asiatico. In
Italia le zone con prevalenza maggiore sono le regioni di Sicilia e Sardegna, ma anche le
province di Padova, Rovigo e Ferrara (delta del Po). In provincia di Novara, nei comuni di
Suno e Barengo sono presenti foci ectopici di talassemia, dovuto ad un “effetto del
fondatore”.
Esiste un gradiente beta-alfa: la β-talassemia ha diffusione maggiore nelle aree occidentali, mentre la α- talassemia nelle
aree orientali. Al mondo ci sono 80-90 milioni di portatori; ogni anno nascono nel mondo 60-70.000 bimbi talassemici. Il
talassemico eterozigote ha un vantaggio verso il plasmodio della malaria.
Le β-globine hanno 2 geni codificanti che mappano sul cromosoma 11, mentre le α ne hanno 4 (due per ogni allele, α1 e
α2; perché duplicati) e mappano sul cromosoma 16.
β-Talassemie La β-talassemia è causata da una MUTAZIONE PUNTIFORME sul gene della beta-globina. Questa mutazione causa un difetto
in una delle fasi del processo di sintesi della globina:
1. Mutazione nel promoter: causa una riduzione della sintesi dell’mRNA, con sviluppo di fenotipo β+.
2. Mutazione del sito di splicing: causa una riduzione dell’efficienza dello splicing, con sviluppo di fenotipo β+, perché
permettono una residua formazione di β-globina.
3. Formazione di un codone di stop o mutazione frameshift: causano la terminazione prematura della traduzione,
con sviluppo di fenotipo β0→ portano la totale cancellazione della formazione della beta-globina.
Il fenotipo β0 corrisponde ad una completa assenza di sintesi di beta-globina; il fenotipo β+ corrisponde ad una sintesi di
βglobina ridotta al 5-30% del normale, a seconda di β+ “mild” versus β+ “severe”. In Italia la mutazione più frequente è la
beta0-39, tuttavia ci sono molte mutazioni differenti.
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GENOTIPI: Nelle varie fasi della vita sono prodotte diverse globuline; nel feto sono presenti solo HbF (catene alfa e gamma), e man
mano che si avvicina al parto avviene lo switch delle globine, passando dalla HbF alla HbA (catene alfa e beta). Le β iniziano
ad essere prodotte circa 3-4 mesi dopo la nascita; per cui il feto è protetto dalla sintomatologia talassemica fino al
momento in cui comincia la produzione delle β-globine.
A seconda del numero di alleli interessati dalla mutazione, si parla di:
❖ TALASSEMIA MAJOR o MORBO DI COOLEY: se presente in omozigosi. Vengono prodotte nulle o ridotte quantità
di di HbA, a seconda del grado di attività dell’allele β+; si ha quindi un aumento compensatorio di produzione di
HbF per compensare; il problema è che la F ha una affinità maggiore per l’ossigeno e quindi cede meno ossigeno
ai tessuti→ non è ottimale in un organismo che deve crescere e ha bisogno di ossigeno.
Un’altra conseguenza è l’aumento percentuale di HbA2→ indice utile ai fini diagnostici.
❖ TALASSEMIA MINOR o TRATTO β TALASSEMICO: se presente in eterozigosi. Solo un allele produce la HbA normale
quindi è prodotta in quantità minore→ non c’è aumento compensatorio di HbF ma c’è un aumento di HbA2.
CONSEGUENZE: Un deficit di HbA causa un’anemia IPOCROMICA-MICROCITICA sia per la talassemia major che minor: infatti il globulo rosso
è un sacchetto che deve essere riempito di emoglobina→ essendo poca, il sacchetto sarà vuoto.
IR è basso.
Nella major si ha inoltre un eccesso di catene α libere, che continuano a essere prodotte, precipitano formando complessi
insolubili e danneggiando la membrana degli eritrociti; si avrà quindi due condizioni:
- A livello periferico emolisi periferica (LDH e bilirubina ind. elevati; aptoglobina ridotta)
- A livello midollare, causa morte dei precursori eritrocitari per apoptosi→ eritropoiesi inefficace.
È quindi un’anemia complessa: ipocromica-microcitica, da emolisi e da ridotta produzione.
→ Minor: anemia microcitica ipocromica
Major: anemia microcitica ipocromica + eritropoiesi inefficace + emolisi periferica.
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ASPETTO MORFOLOGICO: Soprattutto nella major, i globuli rossi assumono un aspetto definito target cells
o cellule a bersaglio.
STORIA NATURALE SENZA TRASFUSIONI (MAJOR): Se non si eseguono trasfusioni, l’anemia causerà ritardo della crescita,
sovraccarico cardiaco, insufficienza cardiaca (per cardiomiopatia dilatativa) ed aritmie; l’aumentata distruzione di globuli
rossi causa accumulo a livello della colecisti con aumento di bilirubina.
La produzione di EPO è aumentata ma non è in grado di far aumentare i valori di Hb, in quanto l’eritropoiesi è inefficace,
per cui si avrà iperplasia eritroide del midollo osseo, con sua espansione ed invasione della corticale ossea ed anomalie
scheletriche (facies talassemica, cranio a spazzola). L’iperplasia eritroide causa anche un maggiore assorbimento di ferro
nel tubo digerente: siccome poi questo ferro non viene usato per l’eritropoiesi, si sviluppa un quadro di emocromatosi con
danno a gonadi, fegato e pancreas→ ipogonadismo, diabete mellito insulino-dipendente secondario, cirrosi epatica e
alterazioni cardiache. Il decesso si verifica in circa 20 anni.
STORIA CLINICA CON TERAPIA TRASFUSIONALE INTENSIVA (MAJOR): Se viene eseguita la terapia trasfusionale e si mantiene l’emoglobina superiore a 9, l’anemia è molto ridotta, ma c’è
comunque accumulo di ferro trasfusionale, con due conseguenze:
- Sviluppo di emocromatosi (con le sue conseguenze a livello di pancreas, fegato e gonadi), e c’è anche maggiore rischio
di contrarre epatiti virali attraverso le trasfusioni.
- Soppressione della produzione endogena di EPO. Il decesso si verifica entro 30 anni.
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Il problema della terapia trasfusionale è proprio il sovraccarico marziale; il ferro
in eccesso è dannoso perché non è legato alla transferrina (NTBI), in quanto ne
eccede la capacità di legame; questo ferro libero si coniuga con altri composti ed
induce la produzione di ROS che causano danno ossidativo ai parenchimi di vari
organi.
Si è pensato quindi di utilizzare un CHELANTE DEL FERRO come la
Desferroxamina: si va cioè a trasfondere ma si allontana la componente nociva
della terapia, cioè l’eccesso di ferro. Questa terapia ha portato la sopravvivenza
fino ai 40 anni. La Desferroxamina deve essere somministrata per via
sottocutanea con pompa di infusione, per almeno 5 volte alla settimana (di solito
5 notti)→ problema di compliance, impatta molto sulla qualità di vita perché è
da eseguire a vita, fin nel bambino.
Si è però sviluppato un nuovo farmaco chelante orale, DEFERASIROX: è stato il primo ferro-chelante non tossico, e non
ha efficacia inferiore alla Desferroxamina. È somministrabile per via orale, da assumere sciolto in acqua o succhi di frutta
(arancio, mela) al pranzo principale 1 volta/die; tuttavia è necessario monitorare la funzionalità epatica e renale. Nel caso
la tolleranza per questo farmaco sia ridotta, o l’effetto non sia sufficiente a contrastare l’emocromatosi, si può associare al
Deferasirox il trattamento con Desferroxamina.
CLINICA E DIAGNOSI: Nella MAJOR i segni clinici compaiono a partire dal 3-4 mese di vita post-natale, nel sangue periferico si avrà ipocromia,
macrocitosi, anisopoichilocitosi, target cells.
Nella MINOR non ci sono segni clinici, è un portatore sano; si riscontra ipocromia, macrocitosi poche target cells, un numero
di RBC elevato (rispetto a identico MCV di sideropenia) e Hb ridotta di 1-2 g/dl rispetto a valore normale.
La talassemia minor entra in diagnosi differenziale con l’anemia sideropenica, quindi è importante un’approfondita
anamnesi: etnia, familiarità ed esami precedenti, l’analisi del quadro ematologico e l’elettroforesi dell’Hb [aumento in % di
HbA2 (4-7%)]. Se l’esame precedente è assolutamente normale, si sospetta di più un’anemia sideropenica.
Per fare diagnosi di minor, è molto importante:
1. L’elettroforesi dell’HbA2, che solitamente è aumentata (aumento in % di HbA2).
2. La biochimica clinica (aumento di indici di emolisi: LDH e bilirubina indir).
3. L’analisi mutazionale dei geni β-globinici.
4. Bisogna sempre fare lo screening marziale in quanto l’aumento di HbA2 può mascherare una anemia sideropenica.
La TALASSEMIA INTERMEDIA è una sindrome talassemica che per combinazioni geniche varie non richiede trasfusioni. Dà
vita a anemia emolitica cronica on splenomegalia→ positivizzazione degli indici di emolisi:
- aumento LDH e bilirubina indiretta
- Aumento aptoglobina
α-Talassemie La α-talassemia è una patologia più rara, con maggior prevalenza nel sudest asiatico e nel Medio Oriente. È causata da una
delezione sul gene della α-globina. Le α-globine sono molto importanti sia nella vita in utero che nella vita post-natale, per
cui i segni clinici compaiono già nella vita intrauterina.
Il difetto fenotipico dipende da numero di geni α deleti: due geni α sono praticamente sufficienti a garantire la normale
funzione in quanto siamo dotati di 4 geni alfa.
La carenza di catene α può provocare un eccesso di catene libere γ (in utero) o β (in vita post-natale) con formazione di
tetrameri γ4 (Hb di Bart) e tetrameri β4 (HbH), che hanno altissima affinità per O2, portando quindi all’ipossia tessutale. A
differenza di α4, i tetrameri γ4 e β4 sono però relativamente più solubili, per cui non si avrà emolisi.
CORRELAZIONI CLINICO-MOLECOLARI: 1) Normale: presenti 4 geni alfa.
2) Portatore silente: manca un solo gene alfa su 4.
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3) Alfa-talassemia minor: presenti solo due geni alfa, sia sullo stesso cromosoma o su due cromosomi differenti: la
clinica è silente ma il quadro ematologico è dato da microcitosi, ipocromia e target cells.
4) Malattia da HBH: un solo gene α, porta a anemia emolitica cronica che porta a splenomegalia; si può convivere.
5) Idrope fetale di Bart: zero geni α, porta alla morte in utero o perinatale.
DIAGNOSI: La diagnosi è complessa; il sospetto diagnostico è confermato dall’osservazione clinica e dallo striscio di sangue;
l’elettroforesi dell’Hb non è utile. La metodica principale è l’indagine molecolare: PCR dei geni α-globinici su cellule nucleate
del paziente (non RBC e piastrine).
Su quale materiale si fa indagine molecolare? Su qualsiasi cellula tranne i globuli rossi, quindi i globuli bianchi sono ottimali.
DREPANOCITOSI Chiamata anche ANEMIA FALCIFORME, dove è presente l’emoglobina HbS
(Sicckle, falce).
La distribuzione è diversa da quella della talassemia: è molto diffusa in Africa,
Sud-Est asiatico e tra gli afroamericani.
PATOGENESI: È causata da una mutazione puntiforme della β-globina che
causa una sostituzione amminoacidica nella catena 6; genera una mutazione
missense (Glu→Val). Si trasmette in modo autosomico recessivo. L’omozigote
SS presenterà anemia drepanocitica, mentre l’eterozigote AS avrà solo il tratto drepanocitico.
Con normali livelli di ossigenazione, non ci sono alterazioni; in caso di deossigenazione, i globuli rossi falcizzano e
favoriscono l’occlusione vascolare, con ischemia (micro e macro, arrivando anche all’ictus giovanile).
La HbS è meno solubile dell’HbA in condizioni di ossigenazione ed è insolubile in condizioni di deossigenazione, per cui
polimerizza e forma corpi tattoidi (polimeri di Hb), che deformano i globuli rossi. Inoltre, la HbS è anche una HB instabile.
L’HbF interferisce con polimerizzazioni di HbS (controllo genico di cellule F) ed è un “regolatore” della eterogeneità clinica
della drepanocitosi: si è infatti pensato di inibire la trascrizione di β-globina a scopo terapeutico.
La SINTOMATOLOGIA compare 4-5 mesi dopo nascita e consiste in: ritardo della crescita, anemia emolitica cronica, infarti
tessutali e crisi dolorose (spesso senza causa evidente; infezioni, disidratazione), crisi aplastiche (Parvovirus B19), priapismo
(erezione dolente), ulcere arti inferiori, acute chest syndrome (vascolari, infettive), sequestri splenici acuti (anemia,
splenomegalia, ipovolemia) in fase precedente a fibrosi splenica, in fase di autosplenectomia: infezioni ricorrenti da St.
pneumoniae ed Haemophilus influenzae tipo b.
Il QUADRO EMATOLOGICO si presenta con anemia NORMOCROMICA-NORMOCITICA, allo striscio di sangue periferico
appare grave anisocitosi e drepanocitosi; il MO presenta iperplasia eritroide.
La DIAGNOSI si fa tramite striscio di sangue, elettroforesi dell’Hb, diagnosi molecolare e laboratoristica (aumento di LDH e
bilirubina indiretta, diminuzione aptoglobina).
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La TERAPIA consiste nell’utilizzo di Idrossiurea e butirrati per aumentare la HbF, TMO allogenico e trattare le infezioni e la
disidratazione per prevenire la crisi dolorose→ non esiste una terapia medica vera e propria, vengono seguiti da centri
specializzati.
CASI CLINICI
Anemia ipocromica microcitica
Diagnosi?
- beta talassemia major non può essere perché sarebbe
già morto a 85 anni.
- Beta tal minor: più plausibile ma l’Hb è troppo bassa.
Cosa chiedere?
• Casi in famiglia
• Da quanto tempo si sente così
• Indagare sulle perdite: il problema è che spesso
sono perdite occulte. Quindi si può chiedere
• Se ha notato variazioni dell’alvo: una neoplasia
può causare stipsi, mentre un polipo può causare
un alvo stitico o diarroico.
• esami precedenti
→ non è sufficiente una beta-tal minor per questi livelli di
Hb.
Cosa si monitora? Pressione e saturazione.
Cosa si fa in PS?
1) Emocromo e profilo marziale
2) Gruppo sanguigno, prove crociate e 2 sacche di
sangue: ogni sacca alza di 1 il livello di Hb, ma no si
può rischiar il sovraccarico quindi si comincia con 2.
Ferritina ridotta, sideremia ridotta, transferrina
aumentata con saturazione ridotta→ ho i requisiti per fare
diagnosi di anemia sideropenica? Sì.
Cosa altro faccio? Sangue occulto fecale (3 campioni) e se
positivo valuto cosa fare (gastroscopia e colonscopia, ma
ha già 85 anni).
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Sospetto anemia da disordine cronico.
Non necessita di ricovero né di consulto specialistico
ematologico.
Chiederei:
- PCR e VES
- Profilo marziale: me lo aspetto con: ferritina alta,
sideremia ridotta.
Anemia ipocromica microcitica
DD:
- anemia sideropenica (più plausibile)
- talassemia minor: anche se il Kenya è fuori dall’area, non
si può escludere.
La si gestisce territorialmente. Si richiede:
- Profilo marziale
- Familiarità
- Esami precedenti
- Ciclo mestruale: durata, flusso, ….
- Alimentazione: carne,
- Alvo: sospetto qualche forma di malassorbimento
- Calo ponderale: se ha dovuto cambiare taglia dei vestiti.
Terapia? Ferro per bocca.
Che esami fare?
- SOF
- Screening della celiachia: anti-transglutaminasi, anti-
endomisio, …
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ANEMIE EMOLITICHE Con anemia emolitiche si intende anemie da alterata distruzione, in cui i globuli rossi vengono rotti lisati.
Le anemie emolitiche si distinguono in base alla causa:
❖ CAUSA INTRINSECA: difetto intra-eritrocitario, generalmente ereditarie; i globuli rossi sarebbero emolizzati anche
se venissero trasfusi in un paziente sano. Al contrario, globuli rossi sani avrebbero emivita normale sia nel soggetto
malato che nel soggetto sano.
Le cause di anemia emolitica intrinseca sono:
1. Difetto di membrana: la membrana dei globuli rossi ha una struttura complessa particolare, Alcuni difetti
genetici predispongono al pitting eritrocitario da parte del sistema monocito-macrofagico della milza (li capta
e li distrugge). Un difetto di membrana è la sferocitosi.
2. Enzimopatie eritrocitarie (carenza di enzimi redox, come la glucosio 6-fosfato deidrogenasi (via dei pentosi,
per la rigenerazione del NADPH.).
3. Emoglobinopatie (Hb instabili): come le talassemie major e intermedia.
4. Difetti GPI-linked proteins, come la emoglobinuria parossistica notturna.
Si tratta di cause tutte ereditarie, tranne l’ultima che è acquisita.
❖ CAUSA ESTRINSECA: difetto extra-eritrocitario, generalmente acquisite; l’evento emolitico si verifica solo nel
paziente con quel determinato difetto, in modo indipendente dallo stato dei globuli rossi trasfusi.
Al contrario, globuli rosi trasfusi, a seconda dell’espressione o meno dell’antigene, andranno anch’essi in contro ad
emolisi→ richiede una attenta analisi prima di trasfondere, perché potrebbero mettere il paziente ancora più a rischio
di emolisi.
Le cause di anemie emolitiche estrinseche sono: Cause immunologiche: anticorpi anti-globulo rosso (AIHA).
1. Anemia microangiopatica: si ha la formazione di un reticolo di fibrina: quando il globulo rosso tenta di passare
in questo setaccio spinto dalla pressione e viene spezzettato → microangiopatie trombotiche come la porpora
trombotica trombocitopenica (PTT).
2. Anemia macroangiopatica perché riguarda grossi vasi prossimali alle valvole cardiache.
3. Cause meccaniche.
4. Cause metaboliche (IRC, insufficienza epatica grave).
5. Abetalipoproteinemia.
Si tratta di cause tutte acquisite, tranne l’ultima che è ereditaria.
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IL PROCESSO DI EMOLISI Solitamente l’emolisi tende ad essere prevalentemente extravascolare: i globuli rossi vengono fagocitati maggiormente da
milza e fegato (dove il sistema monocito-macrofagico è maggiore). Qui l’emoglobina viene scissa in parte proteica e gruppo
eme, formato da ferro e anello tetrapirrolico: il ferro viene riciclato (ricorda che solamente l’1% di Fe viene eliminato ogni
giorno), mentre l’anello tetrapirrolico viene convertito in bilirubina indiretta (non glucuronata). Questa poi passa a livello
del fegato dove viene glucuronata e vien escreta attraverso la bile come bilirubina diretta.
Nel sangue possiamo dosare sia la bilirubina indiretta che la diretta: in corso di emolisi aumenteranno considerevolmente
i livelli di BILIRUBINA INDIRETTA→ è un indice di emolisi.
Nell’emolisi intravascolare, l’emoglobina libera in circolo, in prima battuta viene captata da una proteina chiamata
APTOGLOBINA: è prodotta dal fegato e in circolo è in grado di complessare a sé emoglobina, poi il complesso viene
fagocitato dal fegato e distrutto. Se la capacità legante di aptoglobina viene superata perchè c’è troppa emoglobina un
circolo, si potrà avere metemoglobina e poi emoglobina libera in circolo: quest’ultima raggiunge il rene viene convertita in
emosiderina→ genera emosiderinuria che può essere dosata.
Quando l’emoglobina supera la capacità di conversione renale in emosiderina, si ha saturazione con presenza di emoglobina
nelle urine. Se passa tanta emoglobina libera nel rene, il rischio è che precipiti e formi cilindri→ genera insufficienza renale
acuta. Questa complicanza si può verificare nel caso in cui si trasfonda in modo scorretto, peggiorando un quadro di emolisi
extra-eritrocitario.
Gli INDICI DI EMOLISI sono:
• Aumento di bilirubina indiretta. È un indice molto aspecifico: esso aumenta infatti anche nelle epatopatie.
• Aumento di LDH. È un indice molto aspecifico: esso aumenta infatti anche in caso di necrosi, riassorbimento di grossi
ematomi e raccolte ematiche, tumori.
• Diminuzione di aptoglobina→ viene consumata, fino a esaurimento. Questo è un indice un po’ più specifico di
emolisi.
• Emoglobinemia (siero/plasma rosato): poter dosare o anche visualizzare l‘emoglobina libera nel sangue.
• Emosiderinuria e emoglobinuria.
• Se emolisi cronica: calo dei folati.
L’emolisi extravascolare è il meccanismo predominante, eccetto le
microangiopatie trombotiche e emolisi meccanica in cui meccanismo
predominante è l’emolisi (indici specifici: emoglobinemia, emosiderinuria,
emoglobinuria).
Emosiderinuria e emoglobinuria sono praticamente assenti nell’emolisi
extravascolare, in quanto il sistema monocito-macrofagico distrugge i
globuli rossi senza possibilità che l’emoglobina libera raggiunga il rene.
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EMOLISI EXTRA-ERITROCITARIA
CAUSE IMMUNOLOGICHE I RBC esprimono sulla superficie molti antigeni; se questi antigeni vengono riconosciuti dalla porzione Fab dell’anticorpo,
l’eritrocita si riveste di autoanticorpi che tramite il segmento Fc può attivare 3 vie:
• Via FcR: viene riconosciuto dall’FcR sui monociti-macrofagi, che attivano la lisi→extra-vascolare, avviene nella
milza.
• Via C3bR: gli Fc attivano solo parzialmente il complemento fino a C3: quando i globuli rossi sono rivestiti da C3b,
sono riconosciuti dal C3bR sui monocito-macrofagi del fegato, con esito di lisi→ extra-vascolare, avviene nel fegato.
• Via lisi: attiva il complemento completamente. Se la cascata è completa fino al C9, il globulo rosso viene ucciso per
lisi→ intravascolare.
Per evitare di aumentare l’emolisi e causare IRA, quale accorgimenti faresti in urgenza prima di trasfondere?
1. Plasmaferesi? Questo procedimento si basa sulla dimensione del filtro, quindi ha un significato soprattutto nelle
anemie emolitiche dovute a IgM: infatti essendo i più grandi verrebbero fermati dal filtro ma gli altri no.
2. Trasfondere con globuli rossi che non abbiano gli stessi antigeni contro il quale sono diretti gli autoanticorpi.
3. Bloccare l’FcR, infondendo con immmunoglobuline prese da donatori sani→ alti dosaggi di immunoglobuline, con
la loro porzione Fc, vanno a saturare l’FcR, che non possoon quindi legare più i globuli rossi lisandoli.
TEST DI COOMBS Per stabilire se l’emolisi è immunologica o no, esiste il test di Coombs: valuta la presenza di Ab rivolti contro i globuli rossi
(AIHA).
➢ Il test DIRETTO viene usato per visualizzare anticorpi incompleti
attaccati ad antigeni dei globuli rossi. Gli eritrociti del paziente sono
rivestiti di Ig; si incubano i globuli rossi con un anti-siero anti Ig: se
l’autoanticorpo è presente avvera il fenomeno dell’agglutinazioni, in
quanto questi anti-anticorpi si legheranno a 2 anticorpi di 2 globuli rossi
diversi.
→ La positività del risultato del test è data dalla presenza dell'anticorpo
sulla superficie delle emazie, la negatività dall'assenza. Ci sono vari tipi
di siero di Coombs (IgG, IgM, complemento).
È un test rapido, che in poche decine di minuti rivela se è presente una
componente autoimmune: si testano anche sieri diversi in modo da
individuare se si tratta di IgG, IgM o C3 ad esempio.
Il test diretto non rivela l’antigene verso cui sono rivolti gli AIHA (in quanto analizza anticorpi che sono già legati agli
antigeni), ma solo di che tipo di Ab si tratta.
➢ Il test INDIRETTO consente di visualizzare anticorpi incompleti presenti nel siero. L'esame avviene prelevando al
paziente del siero, che viene incubato con globuli rossi a specificità antigenica nota (in cui siano noti gli antigeni
presenti sulla membrana). Ottenuti così dei globuli rossi sensibilizzati, se aggiungendo il siero di Coombs avviene la
reazione di agglutinazione il test è positivo, cioè nel siero sono presenti gli anticorpi in esame. Il test indiretto rivela
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l’antigene contro cui reagiscono gli AIHA. Se l’antigene in questione è troppo raro, non si riesce ad individuare in
quanto non presente tra i normali sieri utilizzati.
CAUSE L’anemia emolitica da autoanticorpi viene chiamata ANEMIA IMMUNOEMOLITICA (AIHA); sono causate da:
1. Autoanticorpi da:
• Ab caldi: si legano a RBC preferenzialmente a 37° C più comuni.
• Ab freddi: si legano a RBC preferenzialmente a basse temperature; questi anticorpi prendono il nome di agglutinine.
Sono maggiormente coinvolte le porzioni periferiche del corpo e avvengono maggiormente nei mesi freddi dell’anno.
• Ab bifasici: si legano a RBC preferenzialmente a freddo ma attivano il complemento solo a 37 °C (Emoglobinuria
parossistica a frigore).
2. Alloanticorpi: anemia emolitica alloimmune (contro Ag della specie non presenti in paziente). (malattia emolitica
neonatale, reazione trasfusionale).
3. Farmaci: anemia emolitica da farmaci (aptene, IC, autoimmune).
AIHA da Ab caldi La AIHA da Ab caldi può essere:
➢ Primaria: è una reazione autoimmune nel 30% dei casi.
➢ Secondaria ad altre patologie: m. linfoproliferative, m. autoimmuni sistemiche, immunodeficienze, mielofibrosi
idiopatica, m. autoimmuni organospecifiche) nel 70%. È una forma rara e costituisce il 75% delle AIHA; colpisce
maggiormente le donne, soprattutto dopo i 40 anni.
Una forma particolare è la sindrome di Evans (anemia associata piastrinopenia autoimmuni).
➢ Da farmaci
Gli Ab caldi sono prevalentemente IgG1 o IgG3 e attivano il complemento; sono incompleti (emolisine, non agglutinano) e
sono specifici per Rh. Causano prevalentemente emolisi extravascolare (FcR in milza; talora anche C3bR in fegato se c'è alto
titolo o alta affinità per Ag). La AIHA da Ab caldi si manifesta clinicamente con un esordio graduale o acuto di sindrome
anemica con ittero; è possibile la carenza di folati in emolisi cronica.
DIAGNOSI: si basa sul rilevamento di:
1) ANEMIA NORMOCROMICA-NORMOCITICA
2) IR > 3 (a meno che non ci sia infiltraizone proliferativa midollare che fa abbassare l’IR)
3) Positività degli indici di emolisi; escludere sempre malattie sottostanti (AIHA secondarie).
4) Si esegue anche il Test di Coombs: diretto positivo (α-IgG e α-C3d), indiretto positivo (nell'80% di casi); se basso
titolo di IgG, Coombs può essere negativo.
5) Valutare l’autoimmunità: anticorpi anti-C3 e C4, anti-nucleo (ANA).
TERAPIA: consiste in:
• Immunosoppressione:
1)Prednisone: 1-2 mg/kg/die;
2) IVIG (per saturare FcR su mø)
3) Rituximab
4) Splenectomia
5) CyA
6) Ciclofosfamide: 2 mg/kg/die
7) Azatioprina 1.5 mg/kg/die.
→ prima si prova con corticosteroidi, poi se non funziona con rituximab e poi in caso splenectomia.
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• Terapia trasfusionale (rischio di emolisi massiva se non eseguita correttamente): la dosa migliore è l’infusione di Ig
in vena (così da saturare gli FcR del paziente).
Trasfusioni di RBC se Hb < 4 g/dL e in alle dipendenza di funzioni vitali; trasfondere RBC compatibili se possibile e
dopo infusione di Ig in vena.
Esempio: se si presenta una paziente con emolisi autoimmune, dopo Ig in vena si decide di non trasfondere perché l’Hb non
è sufficientemente bassa: posso dare prednisone, gastroprotettore e controllo la glicemia. Decido anche di tenerla in
osservazione: infatti ho una sola misurazione di Hb, non so com’è la sua cinetica di distruzione dei globu li rossi→ serve
costruire una curva cinetica di distruzione. Nel caso posso anche mandarla a casa e vederla di giorno in giorno.
AIHA da Ab freddi L’emolisi è prevalentemente extravascolare a meno che gli autoanticorpi non riescano a raggiungere la loro efficacia anche
a temperature fredde.
La AIHA da anticorpi freddi può essere:
• Primaria
• Secondaria: dovuta a malattie linfoproliferative, post-infettiva da M. pneumoniae, EBV.
La PATOGENESI può essere dovuta da:
• Ab monoclonali (m. linfoproliferative o idiopatica).
• Ab policlonali (post-infettiva).
Gli Ab freddi sono IgM che si legano a 4-18 °C; le IgM sono molto efficienti ad attivare il complemento, ma limitate
dall'ampiezza termica poiché a 37° C l'Ab si eluisce. Ci sono variabili biologiche di Ab in base a titolo e ampiezza termica (è
la variabile più importante per la clinica).
Si verifica emolisi in periferia (zone “fredde” del corpo); le IgM attivano il complemento fino a C3b, causando modica emolisi
extra-vascolare. Se l'ampiezza termica è permissiva o esiste un difetto di C3b inhibitor, allora l'emolisi sarà intravascolare.
Gli Ab hanno specificità: anti-I (post-Mycoplasma), (feto i+/I-; adulto i-/I+); anti-Pr.
CLINICA: comprende:
- Emolisi immunologica prevalentemente extra-vascolare (fegato per la presenza di C3bR).
- Agglutinazione: le IgM creano agglutinati, andando a rallentare la circolazione→ sulla cute si disegna la livedo
reticularis, associata episodi di acrocianosi associati a fenomeno di Raynaud con cianosi dei lobi delle orecchie e del
naso in caso di esposizione al freddo.
DIAGNOSI:
o RBC agglutinati in PB; IR > 3; indici di emolisi +positivi.
o Test di Coombs: diretto (a-IgM e a-C3d) +; indiretto + in 80 % di casi.
o Emocromo (da eseguirsi a caldo = 37° C): alterazioni artefattuali se eseguito a RT (aumento di MCV, MCH, MCHC,
calo del numero di RBC e del valore del'Ht).
o Ricerca agglutinine a frigore (e definizione ampiezza termica).
o Cercare sempre neoplasia B.
TERAPIA: consiste nell'evitare temperature fredde; in acuto:
▪ Plasma-exchange: essendo IgM, non passano il filtro della plasamferesi e quindi si riescono a depurare bene dal
plasma del paziente.
▪ Prednisone 1-2 mg/kg/die (scarsa utilità).
▪ Rituximab.
▪ Splenectomia (scarsa utilità, se non per rimuovere fonte di produzione di Ab; infatti, emolisi è nel fegato).
▪ CyA o ciclofosfamide o azatioprina. Si possono eseguire trasfusioni.
Terapia trasfusionale (Rischio di emolisi massiva se non eseguita correttamente): trasfusioni di RBC se Hb < 4 g % e in alle
dipendenza di funzioni vitali; trasfondere RBC compatibili se possibile e dopo infusione di Ig in vena.
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EMOLISI INTRA-ERITROCITARIA
1. DIFETTO DI MEMBRANA La membrana dei RBC contiene proteine integrali (Glicoforina C, Banda 3) e proteine periferiche (Spectrina, Actina).
L’alterato apporto lipidi/proteine causa una riduzione della superficie dei RBC, con maggiore rigidità e resistenza alla
deformazione; si avrà quindi un maggiore intrappolamento sferico e ridotta emivita degli eritrociti. Il tipo di difetto di
membrana condiziona il fenotipo clinico:
• Difetti di interazioni verticali: sferocitosi ereditaria.
• Difetti di interazioni orizzontali: ellissocitosi ereditaria piropoichilocitosi.
Sferocitosi ereditaria È una malattia autosomica dominante, con eterogeneità genetica e fenotipica (diverse mutazioni: deficit Spectrina a o b,
alterazione di Ankirina, Banda 3, Banda 4.2). È la più frequente anemia emolitica nel Nord Europa, più rara nel Sud Europa.
I globuli rossi hanno perso la biconcavità centrale, con perdita dell’alone chiaro centrale.
CLINICA:
La sintomatologia si evidenza solo se il paziente non è stato splenectomizzato; la splenectomia infatti corregge la sferocitosi
e normalizza la sopravvivenza dei RBC.
La sintomatologia si presenta prevalentemente come una TRIADE CLINICA di anemia modica, ittero e splenomegalia; sono
possibili ulcere agli arti inferiori (per problemi di vascolarizzazione), colelitiasi (50% dei casi; bilirubinato di Ca++) e crisi
aplastiche (se c’è infezione da Parvovirus B19). Il quadro ematologico presenta microsferocitosi, MCV lievemente ridotto,
MCHC aumentato e buon compenso eritropoietico (IR > 3).
DIAGNOSI: è fatta valutando la positività agli indici di emolisi, lo striscio di sangue periferico, il test di fragilità osmotica
(aumentata) e il test di autoemolisi. Il test di Coombs sarà negativo.
TERAPIA: consiste in somministrazione di folati; splenectomia e colecistectomia (in genere è calcolotica quindi si toglie
anche quella). Prima della splenectomia è necessario fare una profilassi antibiotica rivolta principalmente contro i capsulati
(Haemophilus, Meningococco, Pneumococco) e vaccini.
2. ENZIMOPATIE ERITROCITARIE I RBC non avendo il nucleo, posseggono un corredo enzimatico adibito alla glicolisi e al ciclo dei pentosi, con il fine di
produrre NADPH ridotto; esso serve per produrre glutatione ridotto (da glutatione ossidato), che a sua volte serve per
mantenere l’emoglobina in stato ridotto e non ossidato.
Molto importante è l’enzima G6PDH, collocato sul cromosoma X (prevalente negli uomini). Molte sono le mutazioni che
coinvolgono questo gene, di cui la maggior parte sono missense. Nelle donne la malattia si manifesta solo se omozigote o
in presenza di un fenomeno di Lyonizzazione sbilanciata estrema. La G6PDH ha molte varianti: le varianti A e B sono
fisiologiche, la A- è la variante africana (la meno grave; 5-15 % di attività normale) mentre Med è la variante mediterranea
(la più grave; < 1 % di attività normale).
Il FAVISMO è più frequente con la variante africana; la Divicina e l’Isouramide contenuti nelle fave causano la crisi emolitica
dovuta a stress ossidativo per ridotta formazione di GSH, tuttavia non tutti i pazienti con deficit di G6PDh sono favici.
La G6PDH ha emivita di 60 giorni, per cui i pazienti carenti di G6PDH mostrano forte riduzione dei livelli di G6PDH nei
globuli rossi vecchi, mente quelli più giovani mantengono dei livelli nella norma (anche se < 5 volte rispetto a reticolociti).
La riduzione del GSH causa una maggiore denaturazione ossidativa dell’Hb con formazione di corpi di Henz, “pitting”
splenico→ emolisi extravascolare. Durante le crisi, si possono avere anche fenomeni di emolisi intravascolare, scatenate
da agenti ossidanti (anche qualsiasi farmaco come ASA) o durante infezioni sistemiche.
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CRISI EMOLITICHE: qualunque crisi scatenata da un agente ossidante elimina i globuli rossi più vecchi in quanto contengono
già meno G6PDH: se quindi esso si dosa subito dopo la crisi emolitica in un paziente con già delle carenze, questo causa
l’eliminazione dei globuli rossi vecchi e la produzione di globuli rossi nuovi. La G6PDH subito dopo la crisi emolitica sarà
quindi apparentemente normale→ se si sospetta una carenza di enzima, bisogna sempre dosarlo a distanza dalla crisi
altrimenti si stanno dosando solamente globuli rossi giovani.
Sono crisi che si autolimitano in quanto globuli rossi giovani prodotti poi si mantengono, quindi la crisi termina dopo la
distruzione dei globuli rossi vecchi.
Durante la crisi, basta solo supportare il rene con idratazione in quanto potrebbe causare IRA da emolisi intravascolare, ma
il dosaggio deve essere effettuato dopo.
I segni clinici consistono in crisi emolitiche, tipicamente autolimitantesi, dopo l’esposizione ad agenti scatenanti (farmaci,
infezioni, fave).
DIAGNOSI:
Si basa su un’accurata anamnesi (sesso M > F, familiarità e geografia) e il riscontro di un’ANEMIA NORMOCROMICA-
NORMOCITICA con corpi di Heinz. Importante è eseguire il dosaggio di G6PDH lontano dalle crisi (altrimenti si osserverà
solo una pseudonormalizzazione dei livelli per eccesso di RBC giovani).
La terapia consiste nell’evitare gli agenti scatenanti e nella terapia di supporto durante la crisi.
CASI CLINICI Problemi laboratoristici:
- Anemia normocitica normocromica
- Piastrinopenia (non a rischio di sanguinamento)
Problemi clinici:
- Subittero
- Ca della mammella in anamnesi
Ipotesi diagnostiche:
- Anemia emolitica
- Anemia da perdita acuta→ cons: non segnalata in anamnesi alcuna
perdita ematica.
- Anemia da insufficienza renale cronica da carenza di EPO.
- Anemia da mieloftisi da parte di cellule tumorali metastatiche.
Avrebbe potuta essere anche pancitopenica, ma non è detto.
- Anemia da causa mista: sideropenica + folati.
- Mielodisplasia della serie rossa in paziente con chemioterapia e
radioterapia in anamnesi.
Pertinenti anamnestici:
- Farmaci assunti (per a. Emolitica)
- Esami pregressi per la cinetica.
- Feci, alvo, calo ponderale→ nel sospetto di un malassorbimento.
- Familiarità per malattie autoimmuni o sa di averla.
Pertinenti obiettivi:
- Splenomegalia
- Palpazione della mammella (controlaterale se mastectomizzata)
- Linfonodi
Accertamenti strumentali e di laboratorio:
- IR per capire come sta funzionando l’emopoiesi.
- LDH, aptoglobina e bilirubina indiretta.
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- Se l’emolisi c’è, chiedo il Test di Coombs: se l’indiretto è positivo, faccio test diretto per capire qual è l’antigene
target.
- Dosaggio sierico di folati, B12.
- Profilo marziale.
- Creatinina: nel caso ci sia IRA.
- Marker del tumore alla mammella o mammografia.
- ANA, anti-C3 e anti-C4.
- Anticorpi anti-transglutammminasi.
Decisione operativa:
- Trasfusione con Ig in vena
- Ospedalizzazione per qualche in Medicina interna per individuare la causa, non in ematologia.
- Se sideropenica, si può anche non ricoverare e gestire territorialmente.
- Se creatinina nella norma, ferro e vitamine normali, è probabile sia mieloftisi→ biopsia ossea.
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NEOPLASIE MIELOIDI Le neoplasie mieloidi comprendono:
1. Leucemia Mieloide Acuta (LAM)
2. Neoplasie MieloProliferative (MPN)
3. Sindrome MieloDisplastica (MDS).
Sia le MPN che le MDS col tempo possono evolvere il LAM, ma il contrario no. A volte può esserci
un collegamento tra MPN e MPS.
LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA Leucemia significa “sangue bianco”, in qann una volta la diagnosi veniva fatta sulla basse del cambio di colore e consistenza
del sangue dovuto a valori di GB molto molto alti.
Sono un gruppo molto eterogeneo di neoplasie mieloidi caratterizzate dall’accumulo nel midollo osseo e nel sangue
periferico di cellule mieloidi immature clonali (mieloblasti) con ridotte o abolite capacità differenziative, dovuto al
disaccoppiamento di proliferazione e differenziazione in un precursore mieloide: il precursore alterato perde la capacità
di differenziare ma non quella di proliferare, quindi dopo un certo stadio non si differenzia più. L’emopoiesi viene pian piano
soppiantata dall’emopoiesi neoplastica: questo causa il crollo di neutrofili, eritrociti e piastrine in numero adeguato, infatti
la nuova emopoiesi blastica ha un problema di differenzione.
Rimane una quota ridotta di emopoiesi residua, che è il razionale della terapia. Serve cioè distruggere l’emopoiesi blastica
per ripristinare quella normale.
Le LAM sono malattie dei progenitori mieloidi (mieloblasti) e non delle cellule staminali.
Il grado di staminalità della cellula colpita varia nei diversi tipi di LMA, in generale originato dal pool dei progenitori, che
può essere più basso o più alto. Essendo colpita una sola cellula, una parte dell’emopoiesi normale permane: il clone
leucemico si espande ma rimarrà sempre un residuo di cellule emopoietiche, fondamentale per la remissione del paziente
dopo la terapia.
Sono stati ipotizzati 2 modelli di crescita per le LAM:
• Stocastico: ipotesi secondo cui tutte le cellule hanno lo stesso potenziale; questo modello è stato ormai scartato in
quanto non tutte le cellule leucemiche sono in grado di generare una colonia e quindi una leucemia.
• Cellule staminali leucemiche (CSL): la crescita è sostenuta da pochissime cellule (10%) che sono le vere cellule
staminali leucemiche e dovrebbero essere eradicate per evitare una recidiva.
Si pensa che il modello delle CSL sia quello più veritiero; questo indirizza la ricerca verso farmaci più selettivi contro queste
cellule staminali.
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La terapia non ha come effetto principale quello di ridurre il numero di blasti (è solo un “effetto cosmetico” della terapia);
il vero obiettivo è quello di eliminare il pool di cellule staminali leucemiche nel midollo.
Sulla base del fenotipo CD si riescono ad isolare sottopopolazioni di cellule, che permettono di mantenere il clone
leucemico, da altre che invece non sono in grado di farlo.
CELLULE STAMINALI LEUCEMICHE Le CSL:
• Sono in maggior parte quiescenti (fase G0), per cui hanno ridotta sensibilità ai chemioterapici ciclo cellulare-
dipendenti (citarabina).
• Esprimono trasportatori MDR, per cui sono relativamente resistenti alle antracicline.
EPIDEMIOLOGIA Le LAM sono un “unmet clinical need” (bisogno clinico irrisolto) in
quanto la sopravvivenza è aumentata pochissimo dagli anni 60 fino
ad oggi; questo miglioramento è dovuto a un miglioramento nella
terapia di supporto. Infatti, lo schema della chemioterapia non è
migliorato per nulla, non si ricercano nuovi farmaci.
L’anziano è molto più colpito del giovane.
Le LAM rappresentano il 90% delle leucemie acute nell’adulto, con
un’incidenza di 3 casi su 100.000/anno. A 36 mesi, la
sopravvivenza è intorno al 35%; nell’anziano è ancora più bassa
(15%).
EZIOLOGIA L’eziologia è per lo più ignota. Una cellula che è impazzita mutando il proprio DNA; questo le ha causano un acquisizione di
vantaggio in termini di sopravvivenza e proliferazione ed è prevalsa sulle alte.
Ci sono però condizioni predisponenti come:
➢ Sindrome di Down
➢ DNA repair syndromes (Fanconi e Bloom),
➢ Sindromi mielodisplastiche: predispongono.
➢ PNH
➢ Aplasie midollari
➢ Esposizione a radiazioni ionizzanti
➢ Pregressa chemioterapia con alchilanti ed epipodofillotossine. È frequente in seguito a chemioterapia per il
tumore della mammella. È infatti un tumore che può permettere anche lunghi anni di vita dopo, con insorgenza a
lungo termine di problematiche leucemiche. Un tumore del polmone non potrebbe farlo perché uccide prima.
Non si è trovata correlazione con particolari infezioni, stili di vita e sostanze tossiche (forse benzene).
DIAGNOSI Cosa fare all’arrivo di un paziente con leucemia mieloide acuta? Oltre all’emocromo è importante fare:
1. MORFOLOGIA su sangue periferico e midollare. I blasti solitamente non vengono letti come cellule inconoscibili
dalla macchina dell’emocromo, quindi si ottiene una formula leucocitaria illeggibile che suggerisce la leucemia.
2. IMMUNOFENOTIPO: tramite citofluorimetria; serve conoscere i fenotipo per confermare che sia una leucemia
mieloide e non linfoide; può essere fatto sia su sangue midollare che periferico.
3. CARIOTIPO: su sangue midollare serve per conoscere l’assetto dei cromosomi completi. Occorre però anche un
cariotipo FISH per ricercare le mutazioni più comuni che si associano a leucemie acute mieloidi.
4. ANALISI MOLECOLARE su sangue midollare o periferico. È fondamentale in quanto esistono farmaci biologici
che sono diretti contro un assetto molecolare preciso, quindi è fondamentale per poter decidere la terapia.
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Altre, meno urgenti, sono:
5. Biochimica clinica importante: Uricemia, creatinina, LDH, Na, K, Ca.
6. Rx torace.
7. ECG, Ecocardiogramma (per FE).
8. Posizionamento CVC (se plt e coagulazione permissive).
Morfologia SI effettua con colorazione Giemsa; è essenzialmente utile per porre diagnosi di LAM e per porre un sospetto diagnostico
di APL. In urgenza, la morfologia può essere l’unico strumento disponibile per sospettare la APL, in attesa del risultato
dell’analisi molecolare.
Non dobbiamo sapere troppo in particolare la morfologia; la cosa più importante che tutti devono saper fare è saper
riconoscere i PROMIELOCITI: contengono una grande quantità di granuli primari citoplasmatici, alcuni dei quali condensati
a formare i bastoncelli di Auer→ sono conglomerati di granuli nel citoplasma e sopra al nucleo.
CLASSIFICAZIONE WHO: (Non ci saranno domande in esame sulla precisa classificazione perché troppo specifiche, basta conoscere i criteri guida).
La classificazione WHO suddivide le LAM in 5 classi:
1) con traslocazioni citogenetiche ricorrenti
2) con displasia multilineare
3) correlate a terapia
4) non altrimenti classificate
5) leucemia acute bi-fenotipiche.
I criteri guida di WHO per le LAM (da sapere):
➢ Le lesioni molecolari “fondanti” identificano categorie diagnostiche con prognosi omogenea.
➢ L’ importante definire la presenza di displasia nel midollo.
➢ È importante desumere se in anamnesi vi sia pregressa chemioterapia per altra causa.
➢ In assenza di uno degli elementi di cui sopra, classifico secondo FAB.
→ la cosa più importante è conoscere l’asseto fenotipico e molecolare per poter impostare la terapia.
Immunofenotipo: la citofluorimetria Quanto tempo ci vuole per ottenere il fenotipo? Bisogna incubare le cellule con gli anticorpi, poi analizzarla al
citofluorimetro. I risultati si possono ottenere da un giorno per l’altro.
L’analisi citofluorimetrica è una sine qua non nella diagnostica delle leucemie acute mieloidi. È importante la collaborazione
tra laboratorista ed ematologo per la scelta degli antigeni da ricercare.
Cariotipo Il cariotipo è un elemento prognostico fondamentale e determina anche la terapia da utilizzare.
È un esame che richiede tempo, soprattutto se fatto con la tecnica tradizionale del bandeggio; infatti per l’analisi del
cariotipo sono necessarie cellule in metafase, per cui potrà essere necessario che questa venga indotta, con tempo di attesa
fino ad alcune settimane. Per un’analisi più rapida si può utilizzare la FISH, che utilizza cellule in interfase, ma rivela solo le
alterazioni ricercate
In base ai risultati del cariotipo, si possono dividere i pazienti in gruppi prognostici differenti:
• Favorevoli: t(8;21); inv(16) o t(16;16); t(15;17).
• Intermedi (senza mutazioni riscontrate, ma non privi di mutazioni sconosciute)
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• Sfavorevoli (cariotipi complessi, monosomia di 5 o 7).
Indicazione al trapianto?
I cariotipi favorevoli corrispondono ad una migliore responsività alla terapia e non necessitano di TMO.
I cariotipi sfavorevoli sono invece indirizzati verso il TMO: infatti il
rischio di morte peritrapiantologica in trapianto allogenico si aggira
intorno al 30% e dunque è suggerito solo nelle classi che già hanno
un rischio elevato.
E per il cariotipo intermedio? Si fa l’analisi mutazionale del genoma:
in questo modo si può capire se hanno caratteristiche sfavorevoli
che ne peggiorano la prognosi o no→ indagine mutazionale è
fondamentale per capire la prognosi.
Negli anziani i cariotipi sfavorevoli hanno una frequenza maggiore.
Analisi molecolari Come prima cosa, nelle LAM si ricercano i TRASCRITTI DI FUSIONE (TdF): nei mieloblasti si genera un gene di fusione tra
una proto-oncogene e un gene partner; da questo gene si genera un trascritto di fusione che codifica per una proteina
chimerica alterata. Affinché questa proteina sia patologica, la mutazione deve essere avvenuta in frame, altrimenti il
trascritto verrebbe eliminato. Normalmente si accumulano trascritti di fusione (anche in noi in questo momento), ma la
maggior parte delle volte sono out of frame e quindi vengono individuati e distruttati. Se questo non avviene e sfuggono al
controllo, si instaura la leucemia.
Oggi i trascritti di fusione si conoscono bene e corrispondono a conosciute traslocazioni come ad esempio:
- 8-21
- 15-17: dà luogo al trascritto di fusione PML/RARalfa.
Come regola generale, i geni coinvolti sono quasi sempre fattori di trascrizione che regolano l’emopoiesi.
In condizioni normali, un fattore trascrizionale recluta l’istone acetilasi ed attiva la trascrizione dei geni target a valle. Se il
fattore trascrizionale è mutato (chimerici) recluta l’enzima opposto, cioè l’istone deacetilasi (HDAC) e reprimono la
trascrizione dei geni che mediano la maturazione dei blasti→ vanno a spegnere l’espressione di geni per la differenziazione
ematopoietica, dunque le cellule rimangono allo staio indifferenziato di blasti.
I metodi di analisi molecolare per ricercare i trascritti di fusione sono molti, ma quello più usato è la RT-PCR: si ricercano a
partire da DNA che viene retrotrascritto a cDNA; si costruiscono due primer, uno per ogni gene: che daranno un segnale
solo in presenza del trascritto di fusione. Questa procedura impiega circa 2 o 3 giorni.
I trascritti di fusione sono presenti in circa il 30-40% dei casi, tuttavia ci sono anche LAM con cariotipi normali, che non
presentano TdF ma solo mutazioni puntiformi. Le mutazioni puntiformi sono moltissime; tra le più importanti se ne
ricordano 2:
➢ FLT3: è una tirosina chinasi; mutazioni di questa proteina causano un’attivazione costitutiva in assenza di ligando
con trasmissione continua del segnale mitogenico.
Oggi esistono molti farmaci rivolti contro questa proteina, uno è la midostaurina; esistono anche tanti inibitori
biologici (anticorpi monoclonali che permettono una terapia target).
➢ NPM (Nucleofosmina) è una fosfoproteina nucleolare che funge da “shuttle” fra il nucleo e il citoplasma. NPM
veicola particelle periribosomali dal citoplasma al nucleo, lega il centrosoma non ancora duplicato e ne regola la
duplicazione durante la divisione cellulare, interagisce con p53 e con le sue molecole regolatorie (ARF,
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Hdm2/Mdm2) influenzando il pathway oncosoppressorio ARF-Hdm2/Mdm2-p53. Mutazioni NPM causano una
delocalizzazione della proteina nel citoplasma. Identifica una prognosi particolarmente favorevole.
Per riconoscere mutazioni puntiformi su geni non conosciuti si usava l’approccio del “gene candidato” (geni intuitivamente
coinvolti); ora si usa il sequenziamento dell’exoma.
Biochimica Tra le analisi di biochimica clinica bisogna sempre eseguire l’uricemia, la creatinina, LDH, elettroliti. Sono dettagli
importantissimi in quanto il clone neoplastico è ad alta proliferazione quindi ha un alto metabolismo del DNA: esso può
precipitare e dare danno renale con insufficienza renale acuta.
Cosa somministro?
- Allopurinolo? Sì, ma questo andrebbe a bloccare la produzione, non l’acido urico che già c’è.
- Posso dare quindi la rasburicasi, che distrugge l’acido urico in eccesso.
- Altra cosa che si può fare è infondere liquidi per diluire l’acido urico in eccesso.
Esami strumentali RX TORACE: si fa sempre per analizzare i sintomi riferiti.
ECOCARDIOGRAFIA e ECG: si fa sempre per analizzare la FE (si fa sempre a fini terapeutici).
POSIZIONAMENTO DEL CVC: per fare questo bisogna analizzare che piastrine e coagulazione siano permissive.
QUADRO CLINICO La presentazione clinica è molto eterogenea: astenia, petecchie, infezioni, ecc.
Il quadro clinico dominante consiste in un’INSUFFICIENZA MIDOLLARE: neutropenia, anemia e piastrinopenia.
Criterio diagnostico: blasti mieloidi midollari >20% degli elementi nucleati.
Un quadro di pancitopenia non esclude una possibile LAM ma anzi impone di porla in DD→ di fronte a una pancitopenia
bisogna sempre porsi il problema che ci sia un leucemia acuta (mieloide o linfoide).
La leucocitosi periferica di un paziente con LAM non protegge dalle infezioni, dato che la leucocitosi è costituita da blasti
che non hanno maturato a sviluppare le proprietà antimicrobiche proprie dei granulociti.
Ci sono 2 quadri da considerare urgenza:
➢ Sindrome da leucostasi: se le conte sono molto elevate, i blasti tendono ad aderire all’endotelio dei vasi,
danneggiandolo e ostruendo il lume. Si verifica con un numero di blasti > 50.000/μl. Si verifica soprattutto a livello
polmonare ed encefalico.
➢ Emorragia: i fattori di rischio sono un numero di blasti > 50.000/μl, trombocitopenia, CID e Leucemia promielocitica
(APL). La APL presenta un rischi emorragico molto elevato, che aumenta ulteriormente se si avvia CHT di induzione
in assenza di terapia differenziante con ATRA.
È importante quindi conoscere anche l’emostasi di base per escludere la presenza di una CID; richiedo quindi i test di
base della coagulazione e cioè:
• INR
• aPTT
• fibrinogeno
È possibile che si verifichi una Sindrome da lisi tumorale (TLS); i fattori di rischio sono un numero di blasti > 50.000/μl,
iperuricemia ed IRC. La TLS consiste in un rilascio di metaboliti contenuti nelle cellule leucemiche, tra cui il DNA. Si
formeranno quindi grandi concentrazioni di acido urico→ L’Allopurinolo non elimina l’acido urico, ma ne blocca la
formazione; la Rasburicasi elimina invece l’acido urico già prodotto.
Dopo aver avviato la terapia con Rasburicasi, i prelievi destinati al monitoraggio della uricemia devono essere trasportati
in ghiaccio, in modo tale da inattivare l’enzima e non falsare il reale valore dell’uricemia.
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Infezioni Complicanza frequente sono le infezioni controllate dai neutrofili quindi quelle fungine (Aspergillus e Candida) e batteriche,
dovute alla neutropenia, alla chemioterapia e al CVC.
Per evitare contatto con agenti infettivi, si pone il soggetto in una camera a bassa carica microbica (sterile sarebbe
impossibile). Abbiamo già detto le caratteristiche che un reparto del genere deve avere.
Localizzazioni extramidollari Spesso le LAM possono avere localizzazioni extraembrionali, in particolare gengive (ipertrofia gengivale), cute e fegato.
Vengono detti sarcomi mieloidi.
TERAPIA La terapia comprende una fase di Induzione e una fase Post-remissione.
❖ FASE DI INDUZIONE: la terapia ha come obbiettivo la remissione completa con eliminazione di tutti i blasti leucemici
(controllo con M.O.) e viene definita “3+7”: 3 giorni di trattamento con Antraciclina o Idarubicina seguiti da 7 giorni
di AraC (citarabina).
❖ Nei 21-28 giorni successivi si avrà una fase di aplasia midollare
in cui la mortalità è intorno al 30%: è quindi la fase più critica e
bisogna aspettare che ricresca qualcosa e vedere cosa ricresce.
Il rischio è quello di sviluppare febbre: si dà piperacillina e
tazobactam (si possono anche analizzare gli indici di flogosi,
fare rx torace, …). Se la febbre si mantiene alta, si dà
paracetamolo, non FANS.
Dopo questo periodo di aplasia si vedrà se la terapia ha fatto
effetto: la LAM può riprendere oppure esserci remissione
completa con espansione delle cellule emopoietiche normali
residue.
Perché non si fa subito un trapianto? Perché l’invasione nel midollo delle cellule neoplastiche vincerebbe sul trapianto,
prima bisogna avere la remissione completa.
Non sempre si ottiene la remissione completa purtroppo: può succedere che ricresca la linea neoplastica; in questo caso si
tenta un’altra strategia combinando la chemioterapia con un farmaco molecolare.
❖ FASE DI POST-REMISSIONE: se si ha remissione completa, si avranno ancora comunque almeno 10-12 cellule
neoplastiche (malattia minima residua, MMR), che potranno essere ricercate tramite PCR; si effettua a questo punto
la terapia di consolidamento→ fatta quando la neoplasia può ancora essere definita MMR, allora la prognosi sarà
migliore.
La terapia di consolidamento varia a seconda del gruppo di rischio e dell’età e consiste in: CHT di consolidamento a
dosi convenzionali, CHT di consolidamento ad alte dosi, TMO, TMO allogenico, approcci investigativi.
I motivi del fallimento sono: una malattia biologicamente meno chemiosensibile, una performance di status peggiore,
impossibilità di terapie aggressive, impossibilità di TMO e mancata disponibilità di terapie dedicate.
Il fallimento della terapia dipende dal genotipo della LAM; nell’anziano si hanno spesso genotipi svantaggiosi e quindi meno
responsivi, associati a condizioni di salute già compromesse→ gli anziani infatti non hanno la possibilità di trapianto
allogenico e inoltre c’è il rischio di cardiotossicità data dalla chemioterapia.
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LEUCEMIA ACUTA PROMIELOCITICA La APL ha sopravvivenza elevata (86% a 3 anni) con terapia AIDA2000; prima di questa terapia, tutti i pazienti morivano
all’inizio della chemioterapia per coagulopatia (iperfibrinolisi). Essa ha un comportamento diverso dalla LMA e quindi deve
essere individuata subito.
La leucemia promielocitica ha come base patogenetica il trascritto di fusione 15-17 che genera PML-RARα: RARα è la
catena ala del recettore dell’acido retinoico.
I cinesi hanno visto che l’uso di ACIDO TRANS-RETINOICO (ATRA) in questi pazienti, sia in vitro che in vivo, permetteva la
maturazione dei promielociti a granulociti e risolveva la CID molto marcata→ induce la differenziazione del clone
neoplastico.
PML-RARα insieme reclutano l’istone deacetilasi, bloccando la trascrizione di geni importanti per la differenziazione dei
promielociti; l’ATRA ad alti dosaggi è in grado di bloccare il reclutamento di HDAC e permettere la trascrizione dei geni.
Questa patologia è bene che venga identificata subito, infatti iniziando subito con alti dosaggi di ATRA la sopravvivenza è
alta, in associazione a chemioterapia; il solo utilizzo di chemioterapia porta a una CID gravissima che peggiora notevolmente
la prognosi.
MALATTIA MINIMA RESIDUA Esiste un marcatore biologico che permette di monitorare la
leucemia acuta promielocitica; infatti una volta finita la terapia, si
può andare a individuare la malattia residua con meccanismi che
sono molto più sensibili dell’occhio nudo, come la PCR.
In base al risultato, in presenza di recidiva molecolare possiamo
avviare una terapia di salvataggio prima ancora della recidiva ematologica→ i pazienti ritrattati precocemente in corso di
recidiva hanno una prognosi molto migliore di quelli che non vengono trattati durante la recidiva.
NUOVI FARMACI Le prospettive per il trattamento delle LAM sono la ricerca di nuovi farmaci e la terapia direzionata contro le cellule staminali
leucemiche; in particolare si stanno aprendo gli studi a:
• Inibitori delle tirosin chinasi
• Inibitori di FLT3
• Anti-BCL2
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CASI CLINICI Michele, un uomo di 73 anni, Ti chiama a domicilio
per febbre con brividi da tre giorni. L'esame
emocromocitometrico da Te richiesto rivela:
Anemia normocitica normocromica
Leucocitosi
Formula leucocitaria non leggibile
Piastrinopenia
Diagnosi probabili?
- Infezione batterica: è molto probabile che ci sia ma non è la
patologia principale.
- Leucemia acuta: per determinare se è mieloide o linfoide ci servirà
lo striscio e la citofluorimetria→ serve il fenotipo.
Quali complicanze possono verificarsi?
- Emorragia cerebrale: servirebbe il monitoraggio degli indici di
coagulazione.
Come si gestisce? Lo si ospedalizza e lo si manda in PS con il 118.
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SINDROMI MIELODISPLASTICHE Sono disordini clonali acquisiti della cellula staminale pluripotente caratterizzati da:
• Emopoiesi inefficace (assenza di un blocco maturativo assoluto)
• Emopoiesi clonale displastica: possono essere displastiche 1 o più linee: può riguardare prevalentemente
l’eritropoiesi, la granulocitopoiesi o la megacariocitopoiesi con le relative conseguenze:
o Citopenia periferica refrattaria (di 1 o più linee): piastrinopenia, eritropenia o granulocitopenia.
o Pancitopenia (se tutte e tre linee sono interessate) e rischio di trasformazione blastica (LAM).
Inizialmente queste patologie venivano curate con somministrazione di folati e vitamina B12; se vi era risposta alla terapia,
allora erano definite “carenziali”, se non vi era risposta, venivano definite “anemie refrattarie”.
Sono malattie della cellula staminale emopoietica, stanno quindi a monte rispetto alle leucemie (che coinvolgono invece i
precursori); è possibile un’evoluzione in leucemia acuta, sia in senso mieloide che linfoide, con caratteristiche di maggiore
staminalità rispetto alle LAM.
EPIDEMIOLOGIA Più dell’80% dei casi colpisce soggetti con età superiore ai 60 anni; ci sono
però anche MDS che colpiscono i giovani: forme più gravi, che hanno
quindi più tempo per progredire il LA.
PATOGENESI MOLECOLARE Le MDS sono causate da un difetto molecolare noto grazie alla next
generation sequencing (anche se ancora non hanno un implicazione clinica), e si conoscono svariate anomalie
citogenetiche: monosomia 7, trisomia 8, 5q-, 7q-, cariotipi complessi).
Nel 2011, sequenziando esoni di cellule di MDS, si è evidenziato un coinvolgimento di geni regolatori dello splicing: questi
geni sembrano favorire uno splicing alternativo di altri geni, con un conseguente vantaggio proliferativo.
Si è altresì visto che una parte delle MDS è correlata a chemioterapia e radioterapia cui il paziente è stato precedentemente
sottoposto; sono effetti che si possono vedere anche dopo anni.
REPERTI LABORATORISTICI In base alla linea cellulare coinvolta, agli esami laboratoristici si possono
riscontrare:
❖ Anemia MACROCITICA: in assenza di deficit di folati (sempre
eseguire il dosaggio dei folati); LDH è poco aumentato e sono
presenti PMN displastici iposegmentati.
→ DD con anemia megaloblastica: LDH è aumentato e PMN sono
ipersegmentati.
❖ Leucopenia (neutropenia)
❖ Piastrinopenia (singole o combinate a seconda selle linee coinvolte.)
❖ Quadri midollari in genere ipercellulari con tipiche alterazioni
morfologiche (dismielopoiesi) ed emopoiesi inefficace.
CLINICA La sindrome anemica comporta tachicardia, tachipnea, soffio sistolico, pallore mucoso-cutaneo, astenia e angina.
La piastrinopenia comporta emorragie, ecchimosi, petecchie e porpora.
Lla leuco-neutropenia favorisce infezioni, febbre di ndd, cistiti e polmoniti.
Le MDS possono evolvere in LAM, dopo un peggioramento della citopenia e un aumento della quota dei blasti (> 20%). Le
LAM dell’anziano hanno prognosi peggiore perché condividono spesso le stesse lesioni delle MDS; anzi, forse sono talora
l’evoluzione di una MDS misconosciuta.
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DIAGNOSI Il sospetto diagnostico è dato da:
▪ Citopenia periferica, non altrimenti spiegata, di 1 o più linee
▪ Macrocitosi
▪ PMN iposegmentati e ipogranulati
▪ Anamnesi di fattori di rischio (CHT o RT).
La conferma diagnostica è basata su:
o Morfologia del sangue periferico e midollare
o BOM
o citochimica (colorazione di Pearls) e sulla citogenetica
o citofluorimetria e diagnostica molecolare hanno un ruolo minore.
La diagnosi differenziale comprende anche anemie da carenza di folati e vitamina B12 e LMA aleucemiche.
Ricordarsi che dietro a una pancitopenia ci può essere:
- aplasia midollare
- Sindrome mielodisplastica
- Leucemia acuta
- Mieloftisi
- ….
CLASSIFICAZIONE WHO Divide le MDS in 5 classi:
1. Anemia Refrattaria: si chiama refrattaria in quanto non si conosceva ancora questa malattia e di fronte a una
anemia megaloblastica, alcuni pazienti non rispondevano alla terapia con b12 e folati
a. Con sideroblasti ad anello
b. Senza sideroblasti ad anello.
2. Citopenia refrattaria con displasia uni, bi o multilineare.
3. Anemia refrattaria con eccesso di blasti (AREB):
a. AREB-I blasti midollari < 10%
b. AREB-II blasti midollari > 10% < 20%.
4. Sindrome 5q-.
5. MDS inclassificabili.
PROGNOSI e TERAPIA Sono malattie non eradicabili; esistono terapia che aumentano la sopravvivenza ma non la eradicano, c’è da considerare
che colpiscono soprattutto pazienti anziani.
Si può calcolare uno score prognostico (IPSS) che si basa su:
• Percentuale di blasti midollari
• Alterazioni citogenetiche
• Numero e grado citopenie.
IPSS fornisce anche un valore della sopravvivenza e del rischio di evoluzione a LAM. Un valore di IPSS basso o intermedio 1
indica una sopravvivenza nell’ordine di anni (3- 10); un valore intermedio 2 o alto indica una sopravvivenza di mesi (4-12).
Per rischio basso/intermedio 1 la terapia consiste nell’osservazione, trasfusioni (+ Deferasirox), agenti eritrostimolanti
(rhEPO), Lenalidomide (se 5q-).
Per valori di rischio più elevato si instaura una terapia in grado di prolungare la sopravvivenza e ridurre il rischio di
evoluzione a LAM:
1) Trapianto allogenico (giovani/disponibilità di un donatore)
2) Agenti demetilanti: sono farmaci che manipolano lo stato di metilazione del DNA; le CpG island situate nel
promotore sono siti di metilazione a livello della citosina; questo induce un silenziamento del gene corrispondente.
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I farmaci demetilanti: sono in grado di revertire la metilazione del promotore e renderlo nuovamente demetilato
permettendo l’espressione del gene. Sono essenzialmente due: decitabina e 5-azacitidina→ conferiscono un
vantaggio di sopravvivenza molto migliore rispetto alla sola terapia di supporto.
3) Inibitori delle istone deacetilasi.
→ terapia di supporto + farmaci demetilanti, somministrati sottocute o endovena.
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NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE Nelle MPN l’emopoiesi è neoplastica ed esaltata, ma efficace; la differenziazione è mantenuta. Originano da cellule
staminali emopoietiche multi(toti)potenti.
Comprendono:
• LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA (LMC): espansione prevalente della granulopoiesi G-CSF-dipendente che diventa
granulopoiesi G-CSF-indipendente.
• POLICITEMIA VERA (Malattia di Vequez) (PV): espansione prevalente dell’eritropoiesi EPO- dipendente, che diventa
eritropoiesi EPO-indipendente.
• TROMBOCITEMIA ESSENZIALE (TE): espansione prevalente della piastrinopoiesi.
• MIELOFIBROSI IDIOPATICA CON METAPLASIA MIELOIDE SPLENO-EPATICA (TMF): espansione extramidollare
di tutta l’emopoiesi, con fibrosi del midollo.
Se nelle leucemie acute si ha un blocco della differenziazione e una proliferazione esaltata, nelle mieloproliferative croniche
la proliferazione è accentuata ma si mantiene la differenziazione: si producono cioè eritrociti, piastrine e globuli bianchi
termicamente rappresentati.
Ci sarà principalmente l’esaltazione di una delle linee di emopoiesi: ad esempio nella policitemia essenziale ci sarà un
aumento della corte eritrocitica.
Come nelle SMD, l’origine è alta, dalle cellule staminali ematopoietiche multipotenti.
La mielofibrosi può anche essere secondaria a tutte le altre forme; infatti una esaltata emopoiesi può con il tempo esitare
in una fibrosi.
PATOLOGIA MOLECOLARE Hanno basi molecolari simili ma non identiche: l’alterazione prevalente
è l’attivazione costitutiva di una tirosin chinasi (TK). Le principali TK
coinvolte sono ABL e JAK2.
ABL La LEUCEMIA MELOIDE CRONICA è positiva nel 100% alla traslocazione 9-22 BCR/ABL (cromosoma
philadelphia).
Come si indentifica una traslocazione philadephia?
La FISH è la tecnica più veloce: in condizioni normali si utilizzano solo le due sonde ABL e BCR (non
le sonde centromeriche): se positivo, anziché vedere verde e rosso, vedrei due sonde gialle (dovute
all’insieme dei due colori) sul cromosoma 9 e 22 coinvolti; sugli altri due cromosomi 9 e 22 la
traslocazione non è avvenuta quindi vedo comunque anche una sonda verde e una rossa.
Dalla traslocazione 9-22 si forma un gene chimera BCR/ABL (Cromosoma Philandelphia). La proteina prodotta nella LMC è
p210, in cui l’attività del dominio tirosin chinasico di ABL (9) è esaltata dalla fusione con BCR (22) e resa costitutiva.
Affinché la mutazione sia efficace, la traslocazione deve avvenire in frame. A seconda del punto in cui avviene la
traslocazione, si possono generare proteine con pesi specifici diversi; nella LMC si generanno principalmente la p210 e
p230. La stessa mutazione si trova anche nella leucemia linfoblastica acuta (LLA).
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JAK2 Le altre neoplasie mieloproliferative (PV, MF e TE) sono spesso positive per JAK2 e negative per BCR/ABL.
JAK2 è una proteina chinasi che viene attivata quando il ligando si lega al recettore; JAK2 fosforila così il recettore stesso e
la proteina STAT. JAK2 è implicato nella trasmissione dei segnali mitotici indotti dai fattori di crescita (G-CSF, GM-CSF, TPO,
EPO). Il legame del recettore con la citochina provoca l’attivazione di JAK2, che si autofosforila, fosforila il recettore sesso
e STAT: questo dimerizza e qui migra nel nucleo dove agisce come fattore di trascrizione per geni dell’emopoiesi.
Che mutazioni possono causare un’attivazione costituzionale?
- Esistono delle mutazioni dei recettori citochinici che li rendono costitutivamente attivi; sono però molto rare, come
mutazioni del recettore EPO.
- Esistono mutazioni di JAK2 che lo rendono costitutivamente attivo; sono le più frequenti.
- Esistono anche mutazioni di STAT, ma non rientrano in queste patologie (ma in malattie T).
→La mutazione più frequente di JAK2 è una mutazione puntiforme missenso nel codone 617 del gene (V617F, cioè una
valina muta in una fenilalanina); questo comporta un’attivazione costitutiva della trasmissione del segnale, in assenza di
ligando.
FREQUENZA:
nella PV il 90-95% dei pazienti presenta mutazioni JAK2 V617F, mentre il 5-10% presenta mutazioni di JAK2 ma in altre sedi.
Nella TMF e TE il 50-60% dei pazienti porta mutazioni di JAK2.
Come si effettua l’analisi mutazionale di JAK2? Si preleva il sangue periferico e si analizza il DNA dei neutrofili: anche se la
granulocitopoiesi non è tanto espansa, fa comunque parte del colone, quindi si può facilmente fare una buona diagnosi.
Si può pensare che JAK2 sia un marcatore diagnostico per la poliglobulia?
Anche la sindrome di Budd-Chiari presenta positività per JAK2: una malattia mieloproliferativa è alla base della trombosi
dei vasi addominali; tuttavia, l’ipersplenismo impedisce di evidenziare le alterazioni del sangue periferico.
Oltre a JAK2, ci sono molte altre mutazioni coinvolte nella patogenesi delle MPN; sono però tutte mutazioni che coinvolgono
lo stesso pathway di trasmissione di JAK2: importante è la mutazione di Mpl, recettore per TPO. Le patologie JAK2+ possono
interscambiarsi tra di loro; in particolare TE e PV possono diventare TMF (perché l’accelerata attività midollare conduce il
midollo alla fibrosi). Tutte possono evolvere in LAM.
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Tuttavia, in presenza di negatività di mutazioni di JAK2, non si possono escludere una PV, una TMF o una TE (infatti la
percentuale non è 100%); sono presenti quindi altre mutazioni→ per poterle individuare, non posso fare sequenziamento
con Sanger perché sarebbe una procedura infinita; si fa quindi il sequenziamento dell’esoma, ossia di tutta la parte
codificante dell’DNA→ l’85% delle mutazioni associate a malattie nell’uomo si trovano nell’esoma, che costituisce
solamente il 2% di tutto il DNA, quindi con un processo molto meno costoso e lungo si può ottenere una risposta.
INIBITORI DI JAK2: RUXOLITINIB: è relativamente specifico per JAK2, la silenzia e ne spegne la risposta a valle. È
comunemente usato nella mielofibrosi idiopatica. si sperava che fosse efficiente tano quanto l’Imatinib nelle neoplasia JAK2
associate, ma è solamente un sintomatico: riduce le dimensioni della milza e i sintomi, ma non ha lo stesso effetto degli
altri farmaci biologici → non riduce la malattia minima residua e non causa la negativizzazione della malattia. Si è tentato
anche di produrre altri farmaci che però non hanno avuto l’efficacia di ruxolitinib.
ALTRE PROTEINE Bisogna allargare i propri orizzonti, passando dal gene al pathway: infatti sullo stesso pathway possono andare ad agire
diverse proteine, codificate da geni diversi→ oltre JAK2 sono state individuate altre mutazioni (anche grazie alla next
generation sequencing):
❖ MPL: recettore della trombopoietina: viene attivato direttamente il recettore. È una mutazione rara (5% delle
mieloproliferative).
❖ CALRETICULINA: è una chaperonina che alla fine va anch’essa ad attivare il pathway di JAK/STAT. È una
mutazione che colpisce fino al 70% delle mielofibrosi e TE che sono risultate JAK2 negative.
→ pazienti che risultano negativi per JAK2, MPL e calreticulina sono definiti “triple negative”.
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LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA
Un reperto occasionale:
Ipotesi diagnostiche:
▪ Leucemia acuta? No, perché la piastroni ce la fa escludere:
infatti in un midollo invaso da blasti sarebbe soppressa
anche la megacariocitosi, quindi la piastrinosi non è
possibile.
▪ Anemia da doppia carenza? No, perché non spiegherebbe
l’aumento di piastrine e globuli bianchi; infatti nelle
carenze aumentate di b12 e folati ci possono essere anche
piastrinopenia e trombopenia. Bisognerebbe quindi
sospettare anche un terzo problema oltre all’anemia
mista→ ma è una ipotesi troppo complicata quindi la
escludiamo.
▪ Anemia emolitica autoimmune? La si può escludere.
▪ Aplasia midollare? Da escludere perché piastrinosi.
▪ Infezione delle vie urinarie? No perché la formula sarebbe
leggibile, non ci sarebbe l’anemia e la piastrinosi.
→ più probabile è una displasia mieloproliferativa.
Come lo gestisco? Se sono sicuro che non sia leucemia acuta,
posso non ospedalizzare e aspettare fino a giorno dopo per fare
una visita ematologica; ha un rischio di trombosi ma è basso.
PATOGENESI In una e in una sola cellula staminale si genera la traslocazione Philadelphia; questa dà origine a progenitori sia mieloidi
che linfoidi Philadelphia positivi→ s può avere una evoluzione in crisi blastica linfoide oltre che mieloide.
EFFETTI DI BCR/ABL:
- Stimola la proliferazione tramite RAS
- Diminuisce l’adesione dell’emopoiesi neoplastica alla matrice del midollo osseo
- Inibisce l’apoptosi
- Causa instabilità genomica diminuendo l’attività di ABL a livello nucleare→ complessità genomica maggiore man
mano che la proliferazione va avanti.
Nel modello animale, BCR/ABL è condizione necessaria ma anche sufficiente per lo sviluppo di LMC: infatti è in grado di
provocare da solo la leucemia→ è quindi un bersaglio terapeutico.
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PRESENTAZIONE CLINICA Nel 50% dei casi è asintomatica (diagnosi casuale); altrimenti si manifesta con splenomegalia, anemia moderata, febbricola
ed altri sintomi generali e trombocitosi isolata.
Il sangue periferico contiene tutta la linea differenziative delle cellule ematiche.
DIAGNOSI È fatta tramite la ricerca del cariotipo con citogenetica convenzionale, FISH o RT-PCR. In pochi giorni si stabilisce la presenza
di LMC.
DECORSO CLINICO In assenza di terapia, si moriva nel giro di 4-5 anni, caratterizzata da:
• Fase cronica: durata media di 3-5 anni.
• Fase accelerata: durata media di 3-18 mesi.
• Fase blastica: sopravvivenza media di 3-6 mesi. Refrattaria alla
CHT. In passato si giungeva a questa fase di crisi blastica nel
100% dei casi. Dall’inziale clone Philadelphia positiva, pina piano
si verificava l’accumulo di molte alterazioni genetiche, che
rendeva i blasti ancora più aggressivi conducendo fino alla crisi
blastica. L’evoluzione consiste in un’espansione neoplastica sia
mieloide (70-80%) che linfoide (20-30%).
L’unica soluzione era il trapianto allogenico, che però aumentava di molto il rischio di morte in pazienti con un’aspettativa
di vita già ridotta.
TERAPIA Gli obiettivi della terapia sono quelli di ottenere una risposta ematologica, citogenetica e molecolare completa.
Inizialmente si usavano la RT, il Busulfano e l’Idrossiurea, che però non erano efficaci; successivamente è stato introdotto
l’INTERFERON-α, che deva una risposta ematologica completa nel 70- 100% dei casi, ma una risposta citogenetica
completa solo nel 10-15% dei casi.
I farmaci di svolta sono stati gli INIBITORI DI TK (TKI); il farmaco di prima scelta è l’IMATINIB (Gleevec), un derivato della
2-fenildiamminopirimidina, attivo su BCR/ABL, ABL, c-KIT e PDGRF.
Per fare una terapia target efficace, ci deve essere:
1. Frequenza elevata della lesione molecolare nei casi di malattia.
2. La lesione molecolare deve essere patogenetica.
3. Devono esserci composti con un indice terapeutico accettabile.
→ nella leucemia cronica questi 3 requisiti sono soddisfatti; infatti BCR/ABL è presente in tutti i casi di LMC ed è
patogenetica; è quindi nato Imatinib, un farmaco per bocca che ha un buon indice terapeutico.
MECCANISMO D’AZIONE: Imatinib occupa il sito di legame dell’ATP sulla TK, riducendo la capacità dell’enzima di fosforilare
i suoi substrati (infatti l’ATP è indispensabile per il funzionamento delle TK); quindi anche se attivata costitutivamente non
è più in grado di fosforilare le proteine substrato e di attivare la cascata.
La risposta ematologica completa si ottiene nel 95% dei casi, la risposta citogenetica completa si ha nell’80% dei casi, mentre
una risposta molecolare soddisfacente si ha nel 50%. Ha bassa tossicità e buona tollerabilità; ora è diventato un farmaco
generico.
I pazienti trattati con Imatinib sono molto “specialistici” e devono raggiungere vari traguardi sempre più avanzati con la
terapia; vengono monitorati ogni 3 mesi con FISH, RQ-PCR e citogenetica. Se il paziente non raggiunge determinati
traguardi, viene dichiarato refrattario alla terapia e sottoposto ad un’altra.
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Il FALLIMENTO DELLA TERAPIA è dovuto ad intolleranza, ridotta compliance alla terapia e resistenza: la resistenza è ottenuta
per selezione positiva di cloni BCR/ABL con mutazione vantaggiose della tasca per l’ATP; in questo caso si sequenzia il gene
e si imposta la nuova terapia.
Gli INIBITORI DI SECONDA GENERAZIONE (NILOTINIB e DASATINIB) sono attivi verso quasi tutte le mutazioni insorte
in corso di terapia con Imatinib. Ora è possibile utilizzare questi farmaci di seconda linea già come terapia iniziale; non ci
sono tuttavia ancora linee guida sul loro utilizzo.
Si sa però che iniziando la terapia con farmaci di seconda generazione la risposta è minore rispetto a quella che si otterrebbe
con Imatinib (<95%). Farmaci di seconda linea tuttavia sono migliori nel controllare la negatività della MMR→ l’endpoint è
diverso: non sono migliori di imatinib in fatto di remissione clinica, ma in fatto di abbassare il rischio di MMR.
Esiste anche un farmaco di terza generazione, il POMATINIB.
La mutazione T315i è l’unica che resiste a tutti i TKI; è resistente a Imatinib, Nilotinib e Dasatinib e comporta l’indicazione
al TMO allogenico.
EFFETTI COLLATERALI: lieve ritenzione di liquidi (monitorare il peso), crampi muscolari di lieve entità (monitorare elettroliti),
irritazione gastrica se assunto senza acqua; è necessario un attento monitoraggio ematologico, un’ottima compliance del
farmaco, fare attenzione al Paracetamolo (rischio di insufficienza epatica (e non assumere melograno).
CASI CLINICI Problemi laboratoristici:
- Anemia normocromica normocitica
- Formula leucocitaria non leggibile
Problemi clinici:
- Astenia e mialgie: un problema midollare può causare
compressione a livello midollare che si ripercuote a livello
muscolare.
Ipotesi diagnostiche:
- Leucemia acuta
- Leucemia cronica: no perché c’è piastrinopenia e non
piastrinosi.
Pertinenti obiettivi più rilevanti:
- Epato e splenomegalia
- Presenza di petecchie: cavo orale, arti inferiori, zone di sfregamento.
- Precedenti emocromi
- Pressione arteriosa: condiziona il rischio di eventi ischemici cerebrali.
- Temperatura e saturazione
- Esame obiettivo polmonare, soprattutto auscultazione.
Accertamenti da eseguire:
- Prove di coagulazione. INR, aPTT e fibrinogeno.
- Uricemia, elettroliti, creatinina.
- Striscio di sangue periferico per confermare la diagnosi.
- Citofluorimetria
- Analisi molecolare e analisi citogenetica da aspirato midollare (i progenitori potrebbero avere caratteristiche un po’
diverse da quelle periferiche): potrei individuare mutazione FLT3.
- Posizionare CVC: aspetto esami ci coagulazione e di correggere la CID.
- Si trasfonde? La soglia per la trasfusione di piastrine è 10.000 a meno di quadro emorragico. Non trasfondiamo
nemmeno con globuli rossi.
- Rx torace
Decisione operativa:
- Mandare in pronto soccorso.
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- Idratazione con fisiologica, rasburicasi e allopurinolo per uricemia elevata.
- Ha la CID: la correggo con la trasfusione di plasma.
Si alza la febbre: faccio emocolture per gram + e -, dò paracetamolo e piperacillina+tazobactam.
Anemia normocitica normocromica.
Ipotesi diagnostiche:
- se è portatrice potrebbe avere CARENZA: FOLATI E DI B12
(anemia microcitica determinata dal pattern genetico si associa
ad una anemia macrocitica)
Se non fosse beta-talassemica (che è possibile perché avrebbe
valori di Hb di 9-10 gr/dl qui i valori sono molto bassi):
- CRISI EMOLITICA da carenza di GP6DH
- ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE
- ANEMIA DA DISORDINE CRONICO
- DOPPIA CARENZA: ferro e B12 e folati
Domande da fare in anamnesi
- ha avuto una sincope associata?
- ha delle malattie cardiache non note?
- da quanto tempo lamenta la sintomatologia
- è vegana e non prende il supplemento di B12?
- ha visto un dimagrimento negli ultimi mesi.
Pertinenti da ricercare in EO:
- Fc
- SaO2
- pressione
- auscultazione cardiaca
- splenomegalia (per anemia emolitica cronica)
Come gestiamo la pz? A livello territoriale, alla fine è una pz giovane e non più di tanto sintomatica.
Esami:
- ECG
- Indice reticolocitario.
- profilo marziale e dosaggio plasmatico di folati e B12
- Elettroforesi Hb (per confermare la sua β-tal minor)
- indici di flogosi PCR, VES
- Indici di emolisi e se positivi esecuzione di test di Coombs
Si evidenzia dagli esami: LDH aumentata, bilirubina indiretta aumentata, un po’ consumata aptoglobina. Profilo marziale
nella norma e carenza di B12. Indice reticolocitario < 2. HbA2 elevata all’elettroforesi.
Conclusione: Abbiamo una pz PORTATRICE SANA DI BETA-TALASSEMIA + DEFICIT DI B12 (la morte endomidollare di
blasti determina aumento di LDH e bilirubina indirettae consuma un po’ l’aptoglobina)
Occorre capire la causa del deficit: la pz non è vegana, e non abusa di alcol (genera carenza di folati in genere).
Sospettiamo malassorbimento.
La celiachia è una patologia dell’ileo, e non determina un malassorbimento selettivo di B12.
Il morbo di Chron può causare un deficit di B12 ma la pz non ha sintomi intestinali.
Il problema è più a monte a livello dello stomaco.
Sospettiamo che abbia una GASTRITE ATROFICA: la diagnosi si fa con la gastroscopia. È una malattia autoimmune che
ha la possibilità di evolvere in carcinoma gastrico.
Se fosse gastrite atrofica avviamo trattamento con B12 intramuscolo.
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Se vogliamo vedere che la terapia con B12 è efficace possiamo dopo 5-7 giorni ricerchiamo la crisi reticolocitaria
(l’eritropoiesi riprende e libera reticolociti in periferia).
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PIASTRINOSI
Condizione caratterizzata da un marcato aumento delle piastrine nel sangue periferico.
Si distinguono piastrinosi:
• REATTIVE: sideropenia, flogosi e infezioni, paraneoplastiche (neoplasie solide), emorragia acuta.
• NEOPLASTICHE: sindromi mieloproliferative croniche. A volte la LMC assume le vesti di una piastrinosi e basta, quindi
è importante andare a sequenziare BCL/ABL per distinguere le due condizioni
• POST-SPLENECTOMIA: non allarmanti anche se si raggiungono valori molto elevati. Il 30% delle piastrine è localizzato
nella milza e costituisce un pool di riserva; nel momento in cui viene tolta la milza, questo 30% viene ancora prodotto
e si localizza nel sangue periferico. Ci vuole un po’ di tempo prima che il midollo si stabilizzi e cominci a produrre
meno piastrine.
CASI CLINICI Caterina, una donna di 56 anni, è in terapia
immunosoppressiva per artrite reumatoide. Attualmente,
Caterina si presenta alla Tua attenzione per disuria.
Anemia e piastrinosi associata possono essere una causa dell’artrite
reumatoide→ piastrinosi reattiva da flogosi.
Kishor, uomo di 42 anni di Mumbai (India), si rivolge a te per
astenia. La causa può essere carenza marziale, visibile tramite emoglobina
e ematocrito molto ridotti.
Si somministra ferro e si monitora se dopo qualche giorno le
piastrine si sono ridotte.
Caterina, una donna d i 56 anni, e ' in t erapia immunosoppressiva per artrite
reumatoide. Attualmente, Caterina si presenta al la Tua a ttenzione per disuria.
L'emocromo da Te richiesto rileva:
APTT 30. 8 sec 28- 40
rat io 0. 97 0. 8- 1. 2
PT/ I NR 1. 09 0. 8- 1. 2
f ibrinogeno 352 mg/ dl 150- 400
WBC 13. 49 x mille/ ul 4- 10
RBC 3. 88 x milione/ ul 3. 8- 5. 2
Emoglobina 11. 2 gr/ dL 12- 15. 5
Emat ocrit o 33. 4 % 36- 46
MCV 86. 1 f l 82- 98
MCH 28. 9 pg 27- 32
MCHC 33. 5 g/ dL 32- 36
Piast rine 640 x mille/ ul 150- 450
neut rof ili 78. 6 %
linf ocit i 12. 3 %
monocit i 7. 6 %
eosinof ili 1. 0 %
basof ili 0. 5 %
61
Sabina, una ragazza di 24 anni, ha eseguito alcuni esami dopo
ripetuti aborti spontanei.
Pertinente anamnestico positivo: ripetuti aborti→ suggerisce una
causa neoplastica, ma non possiamo escludere la trombocitemia
essenziale→ sono le uniche due forme di piastrinosi che danno un
rischio trombotico aumentato danno un rischio trombocito
aumentato.
→ Per avvalorare l’ipotesi di una trombocitemia essenziale, si può
fare:
1) Analisi molecolare di JAK2, MPL, calreticulina
2) Se risulta negativa a tutti e 3, è utile fare un aspirato
osteomidollare.
Cesare, un uomo di 47 anni, si è sottoposto ad alcuni
accertamenti durante la visita di assunzione lavorative. All'APR,
IMA 3 anni fa e fumo di sigaretta (30 sigarette/die dall'età di 20
anni).
L’origine della sua piastrinosi potrebbe essere:
- Paraneoplastica da tumore polmonare, quindi potrei fare RX
torace.
- Leucemia mieloide cronica mascherata da piastrinosi, quindi
potrei fare indagine di BCR/ABL.
- Due problemi insieme.
- Trombocitemia essenziale: non si può escludere questa
possibilità a priori, bisogna per forza includerla tra le DD→
ricerca di mutazioni dette prima.
- Carenza di ferro: difficile che ce l’abbia, possiamo escluderlo
ma conviene comunque fare un profilo marziale.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLE PIASTRINOSI Le piastrinosi associate ad anemia microcitica-ipocromica devono essere considerate inizialmente come sideropeniche.
Anamnesi:
- Splenectomia recente?
- Malattia infiammatoria cronica?
- Neoplasia nota?
- Clinica trombotica o emorragica?
Esame obiettivo:
- Splenomegalia? Diventa indicativo soprattutto delle neoplasie mieloproliferative.
Biochimica clinica:
- Indici di flogosi
Kishor, un uomo di 4 2 anni di Mumbai (India), docente di sa nscrito presso
l'Universita' di Mumbai, e' nella Tua citta' per tenere un ciclo di conferenze
sulla esegesi della Bhagavad Gita . Su consiglio di alcuni amici comuni, K ishor si
rivolge alla Tua attenzione per astenia . Gli accer tamenti da Te prescritti
rilevano:
APTT 29. 0 sec 28- 40
rat io 0. 9 0. 8- 1. 2
PT/ I NR 1. 1 0. 8- 1. 2
f ibrinogeno 300 mg/ dl 150- 400
WBC 8. 59 x mille/ ul 4- 10
RBC 3. 78 x milione/ ul 3. 8- 5. 2
Emoglobina 6. 3 gr/ dL 12- 15. 5
Emat ocrit o 24. 5 % 36- 46
MCV 59. 4 f l 82- 98
MCH 15. 4 pg 27- 32
MCHC 25. 9 g/ dL 32- 36
Piast rine 634.000 x mille/ ul 150- 450
neut rof ili 68. 4 %
linf ocit i 17. 1 %
monocit i 7. 6 %
eosinof ili 5. 7 %
basof ili 1. 2 %
Sabina, una ragazza di 24 anni, ha eseguito alcuni esami dopo ripetuti aborti
spontanei. L'emocromo ha rilevato i seguenti valori:
APTT sec 28- 40
rat io 0. 8- 1. 2
PT/ I NR 0. 8- 1. 2
f ibrinogeno mg/ dl 150- 400
WBC 5. 48 x mille/ ul 4- 10
RBC 4. 16 x milione/ ul 3. 8- 5. 2
Emoglobina 11. 2 gr/ dL 12- 15. 5
Emat ocrit o 35. 1 % 36- 46
MCV 84. 4 f l 82- 98
MCH 26. 9 pg 27- 32
MCHC 31. 9 g/ dL 32- 36
Piast rine 1079 x mille/ ul 150- 450
neut rof ili 73. 97 %
linf ocit i 15. 87 %
monocit i 5. 40 %
eosinof ili 2. 18 %
basof ili 0. 06 %
Cesare, un uomo di 47 anni, si e' sottopo sto ad alcuni accertamenti durante la
visita di assunzione lavorative. All'AP R, IMA 3 anni fa' e fumo di sigaretta (30
sigarette/die dall'eta' di 20 anni). L'esame emocromocitometrico rivela:
APTT sec 28- 40
rat io 0. 8- 1. 2
PT/ I NR 0. 8- 1. 2
f ibrinogeno mg/ dl 150- 400
WBC 11. 78 x mille/ ul 4- 10
RBC 4. 11 x milione/ ul 3. 8- 5. 2
Emoglobina 11. 9 gr/ dL 12- 15. 5
Emat ocrit o 36. 8 % 36- 46
MCV 89. 5 f l 82- 98
MCH 29. 0 pg 27- 32
MCHC 32. 3 g/ dL 32- 36
Piast rine 717 x mille/ ul 150- 450
neut rof ili 75 %
linf ocit i 20 %
monocit i 5 %
eosinof ili 1 %
basof ili - - %
62
- Profilo marziale
- Diagnostica molecolare
- Mutazioni di JAK2, MPL e calreticulina.
Altro:
- Ricerca neoplasia occulta
TROMBOCITEMIA ESSENZIALE È un disordine mieloproliferativo cronico clonale caratterizzato da:
• PLT > 450.000/μl persistenti.
• Iperplasia megacariocitaria in midollo osseo.
• Splenomegalia (non sempre presente).
• Esclusione di cause di piastrinosi reattiva.
• Negatività per BCR/ABL→ escludere LMC (alcune forme si mascherano da TE).
Con l’aumento delle megacariocito poiesi aumenta la conta piastrinica e aumenta quindi il rischio trombotico; inoltre sono
piastrine anomale che di per se si attivano più facilmente→ aumento del rischio trombotico.
Le piastrini in superfice anno il rettore GP1B per il fattore di VW; se aumenta il numero di piastrine, aumenta il numero di
recettori leganti VW→ quando le piastrine sono superiori a 1.000.000, si verifica un tendenza emorragica per consumo del
fattore di VW→ MALATTIA DI VW ACQUISITA.
Questo è importante dal punto di vista terapeutico: in un paziente con piastrinosi bisogna dare un antiaggregante (ASA),
ma se il numero di piastrine è troppo elevato bisogna prima ridurre la piastrinosi e poi dare ASA.
Presentazione clinica La TE si presenta clinicamente con:
• Trombosi: 80% arteriose e 20% venose; età è un fattore di rischio cardiovascolare.
• Trombosi arteriole microvascolari:
o SNC: complicanze simil-TIA;
o Dita: in sintomo è l’eritromelalgia: consiste in dolore ischemico in presenza di normosfigmia di polsi periferici.
L’eritromelagia è alleviata dal freddo e scatenata da caldo (DD con Raynaud).
• Emorragie (vWD acquisito) se PLT > 1.000.000/μl (vWD acquisito scompare se le PLT diminuiscono).
• Splenomegalia modica in 40-50 % di casi.
• In gravidanza si può avere aborto spontaneo in 40% dei casi, per trombosi delle arterie della placenta→ da tenere in
considerazione in pazienti giovani.
Si possono avere anche altri segni e sintomi molto generici (sintomi del microcircolo o del macrocircolo): cefalea, vertigini,
parestesie, disturbi visivi, TVP/TEP, trombosi portale o v. sovraepatiche, ischemia cerebrali (TIA, ictus) e cardiovascolari,
splenomegalia. Molti pazienti sono comunque asintomatici.
Diagnosi La diagnosi è spesso di esclusione (no sideropenia, no PV, no cause di piastrinosi reattiva, no BCR/ABL):
- Esame del sangue periferico rivela piastrinosi
- Biopsia ossea: mostra iperplasia megacariocitaria.
- Analisi del cariotipo rivela anomalie citogenetiche clonali.
- Diagnostica molecolare: mostra mutazioni di JAK2 o Mpl; BCR/ABL negativo.
63
Terapia Può essere:
➢ CITORIDUTTIVA: si somministra ai pazienti ad alto rischio trombotico (> 60 anni, precedente trombosi) e a pazienti
ad alto rischio emorragico (ptl > 106μl). Si somministra Idrossiurea (1-2 g/die), Anagrelide o IFN; in seguito si dà
ASA a dosi antiaggreganti (100mg/die).
Se si desidera una gravidanza ma è necessaria la citoriduzione, bisogna usare solo IFN.
➢ ANTIPIASTRINICA: consiste nel solo antiaggregante (ASA 100mg/die). Mai utilizzare farmaci alchilanti perché
aumentano il rischio di evoluzione verso LA.
Importante è dare consigli di stile id vita:
- smettere di fumare
- dieta sana
- Non usi indiscriminatamente i FANS (rischio emorragico).
Prognosi Il 70% dei pazienti sono vivi a 10 anni; si ha evoluzione a LMA nel 2-3% dei pazienti trattati con alchilanti o idrossiurea, 0,5-
1% se non trattati. È possibile anche l’evoluzione in altre CPN. Possibile una evoluzione in mielofibrosi se non trattata (per
esaurimento del midollo osseo).
64
POLIGLOBULIE
Le poliglobulie sono divise in:
• Primarie: la principale è la policitemia vera. L’Ht è aumentato in seguito all’aumento della massa eritrocitaria, ma
l’EPO sierica è ridotta. Il difetto risiede nei progenitori, possono essere acquisite o ereditarie. La mutazione di JAK2
è presente nelle acquisite. Si ha una risposta esaltata dei progenitori agli stimoli eritropoietici (crescita “autonoma”).
Si può avere emopoiesi neoplastica (PV) ed emopoiesi non neoplastica (eritrocitosi familiare con mutazioni attivanti
EPO-R).
• Secondarie: il difetto risiede al di fuori dei progenitori (in genere, un aumento dell’EPO serica); possono essere
acquisite o ereditarie. In vitro vi è una normale risposta all’EPO. Le cause possono essere:
o Condizioni di ipossia cronica centrale:
▪ BPCO, altre pneumopatie
▪ Cardiopatie con shunt cardiovascolari destro-sinistro
▪ Malattia d’alta quota: tipica di zone come le Ande in sud America, in Nepal e Tibet in Asia.
▪ Avvelenamento da CO
▪ Fumo di sigaretta
▪ Ipoventilazione.
o Condizioni di ipossia cronica periferica:
▪ Stenosi dell’arteria renale
▪ Emoglobinopatie ad alta affinità per O2.
o Cause farmacologiche: doping
o Cause da secrezione inappropriata: sindromi paraneoplastiche di tumori secernenti EPO.
• Spurie: l’Ht è aumentato in seguito a riduzione della massa plasmatica. Le cause possono essere:
o Cause ovvie: disidratazione, diarrea, vomito, diuretici, ustioni
o Contrazione del volume plasmatico “apparentemente” senza causa clinica ovvia:
▪ Sindrome di Gaisbock: lieve obesità, ipertensione e diminuzione del volume plasmatico, in associazione
a un aumento relativo dell'ematocrito, della viscosità sanguigna, del colesterolo sierico, dei trigliceridi
e dell'acido urico. La riduzione del volume del plasma sembra essere dovuta all'aumento della
pressione diastolica.
▪ Stress cronico
▪ Fumo
→ l’esame più importante per discriminare una poliglobulia primaria da una secondaria è l’ANALISI MUTAZIONALE DI JAK2.
Anche il dosaggio dell’EPO piò essere utile, ma non è sicuro quanto l’analisi di JAK2.
Luciana, una donna di 66 anni, si riferisce a Te per astenia e
mialgie. Riferisce di aver sempre goduto di buona salute, eccetto
l’obesità che cronicamente l’affligge (Kg 110 all’ultimo controllo)
e per la quale non sa proprio cosa fare. Fuma 4-5 sigarette/die. Tu
Non posso escludere la diagnosi di policitemia vera: è poco
probabile perché non ha la mutazione JAK2 V617F ma potrebbe
avere una mutazione dell’esone 12 (10% circa).
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hai prescritto in prima linea un emocromo, il cui l’esito è riportato
di sotto.
In seguito al risultato dell’emocromo, hai poi richiesto alcuni
accertamenti di approfondimento.
La saturazione va bene, quindi escludo una causa di ipossiemia
(shunt destro-sinistro, alta quota, ecc).
Potrebbe essere una policitemia spuria di Gaisbock: infatti è
obesa e fumatrice da anni.
Vincenzo, un uomo di 56 anni, si riferisce a Te per dispnea e
ripetuti episodi di tosse produttiva, della durata anche di alcuni
giorni. Finora, Vincenzo non ha cercato attenzione medica, anche
perché è “stufo” di sentirsi dire di smettere di fumare. Da quando
aveva 15 anni, Vincenzo, che è operatore edile in pensione, fuma
circa 30-40 sigarette/die e, a sua detta, “non ha mai avuto
problemi”. Ora però ammette di avere difficoltà a fare 2 piani di
scale a piedi. Gli accertamenti di 1a linea da Te prescritti rilevano:
Quale causa è più probabile?
- BPCO: la saturazione infatti è bassa; mi aspetto EPO aumentata.
- Paraneoplastica
Maria, una donna di 76 anni, si riferisce a Te per vertigini e
sensazione di “testa pesante” da più settimane. La visita ORL ha
escluso cause labirintiche delle vertigini. Per altro, durante la
visita, noti alcune lesioni da grattamento su varie parti del corpo
e rilevi PA 160-90 mmHg. Interrogata, Maria Ti confida che
avverte da tempo un intenso prurito, acquisito dal contatto con
l’acqua. Poiché da qualche mese la nuora e il figlio di Maria si sono
offerti di lavarle il bucato, Maria pensa che il prurito possa
dipendere da un cambio di detersivo. Gli accertamenti che Tu
consigli a Maria rilevano:
L’ipotesi più plausibile è una policitemia vera→ emopoiesi
neoplastica.
L’intolleranza all’acqua può essere un sintomo plausibile delle
neoplasie mieloproliferative.
L’EPO è ridotta perché è aumentata la massa eritrocitaria, la
saturazione è normale.
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POLICITEMIA VERA È una malattia della cellula staminale emopoietica; si ha espansione monoclonale dell’emopoiesi, in particolare
dell’eritropoiesi. Il disordine mieloproliferativo cronico è caratterizzato da:
1) Aumento della massa dei RBC
2) Leucocitosi (granulociti)
3) Trombocitosi
4) Splenomegalia.
È una patologia rara (2.5/100.000/anno), l’età media alla diagnosi è 60 anni.
Criteri WHO (Non da sapere nel dettaglio)
• Maggiori:
- Hb >18.5 g/dl nei maschi o > 16.5 g/dl nelle femmine o aumento massa eritrocitaria.
- Presenza di mutazione JAK2 V617F o JAK2 esone 12.
• Minori:
- Panmielosi su BOM.
- EPO sierica bassa.
- Colonie eritroidi spontanee.
Fisiopatologia La viscosità ematica aumenta, e con essa aumenta il rischio trombotico→ costituisce gran parte della clinica e bisogna
stare attenti. Aumenta anche la trombocitemia essendo una malattia della cellula staminale ematopoietica.
I salassi costituiscono la terapia principe della policitemia vera, ma essi generano sideropenia.
Può esseri acque uricemia ma non così marcata come nelle leucemie acute.
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Segni e sintomi I segni e sintomi della PV sono:
➢ Eritrosi al volto (facies rubizza)
➢ Eritromelalgia: dolore a estremità e arti
➢ Prurito esacerbato dall’acqua (prurito acquagenico)
➢ Sintomi da iperviscosità come scotomi, cefalea, vertigini e acufeni.
➢ Complicanze ischemiche, frequenti nel SNC (ictus cerebrale, TIA, IMA e trombosi arteriose e venose in vari distretti)
➢ Complicanze emorragiche (epistassi, sanguinamento gastrico).
Come si vede dalla curva, il rischio di episodi ischemici aumenta considerevolmente quando l’ematocrito supera i 40-45%.
Terapia L’ASA è fondamentale per prevenire gli eventi trombociti ischemici→ migliora decisamente la sintomatologia.
La terapia citoriduttiva si differenzia tra i pazienti giovani e quelli anziani:
▪ Nei giovani si esegue in prima linea il salasso: si tolgono 250-300 cc di sangue, per ridurre l’ematocrito. L’obbiettivo
della salassoterapia non è quella di ridurre i globuli rossi, ma di ridurre la sideremia inducendo sideropenia, in modo
da avere una ridotta eritropoiesi.
Gli effetti collaterali sono l’ipotensione, la piastrinosi e la microcitosi→ sono effetti legati alla sideropenia indotta
dal salasso, quindi se si somministra ferro si annulla l’effetto del salasso fatto.
▪ Un’altra terapia può esser quella di somministrare idrossiurea, che va a spegner l’emopoiesi (preferita negli anziani).
Storia clinica Col tempo, la policitemia vera può spegnersi e diventare una MIELOFIBROSI POST-PV; diventa quindi citopenico (e quindi
bisogna sospendere terapia con salassi).
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Diagnosi Il sospetto diagnostico si ha in presenza di poliglobulia, leucocitosi, Hb > 18.5 in M e > 16.5 in F; Epo sierica bassa, SaO2 >
92%, CoHb < 4%. La conferma diagnostica si ha tramite la determinazione isotopica della massa RBC, con la BOM
(ipercellulare, diminuiti depositi di Fe), con l’analisi del cariotipo, con le colture eritroidi (BFU-E e CFU-E) endogene.
Fondamentali sono le mutazioni di JAK2 V617F o JAK2 esone 12.
La diagnosi differenziale si fa con altre poliglobulie e con LMC (BCR/ABL +).
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MIELOFIBROSI IDIOPATICA
È un disordine mieloproliferativo cronico caratterizzato da emopoiesi clonale (eritroide, mieloide, Mk), che ha generato
una fibrosi reattiva nel midollo osseo→ i megacariociti aumentati sono ricchi di PDGF, che rilasciano nel midollo; questo
fattore di crescita va a stimolare i fibroblasti e si genera fibrosi.
Una volta che il midollo è fibrotico, l’emopoiesi si sposta e diventa una emopoiesi extramidollare (che rimane comunque
insufficiente)→ genera epatosplenomegalia, leucoeritroblastosi nel sangue periferico e dacriocitosi.
L’incidenza è 1-2/100000/anno, con un’età media alla diagnosi di 60 anni.
Criteri WHO (non li ha fatti)
• Maggiori:
- Fibrosi midollare e/o anomalie megacariocitarie.
- Marcatore di clonalità (JAK2V617F o MPL W515L/K o anomalia citogenetica).
• Minori:
- Leuco-eritroblastosi.
- Anemia.
- Splenomegalia.
- Aumento LDH.
- Assenza di criteri diagnostici per TE, PV, LMC, MDS.
Clinica Evidenzia fibrosi midollare, splenomegalia massiva (sazietà precoce, senso di peso ai quadranti sinistri, infarti splenici),
anemia e successivamente citopenie periferiche, astenia, sudorazioni notturne, calo ponderale, anoressia, fenomeni
autoimmuni nel 15% dei casi (talora anemia emolitica autoimmune). La storia clinica prevede un passaggio dalla fase florida
a quella spenta.
Diagnosi Si basa sul quadro clinico ed ematologico, sullo striscio di sangue periferico che evidenzia dacriociti e leucoeritroblasti, e
sulla BOM (punctio sicca).
Terapia Prevede supporto trasfusionale, TMO allogenico nei giovani, inibitori di JAK2 (Ruxolitinib)→ questo ha dato una buona
riposta in termini di riduzione della milza, ma ricordiamoci che è solo un farmaco sintomatico, non altera la storia della
malattia.
Eseguire prima la splenectomia.
70
NEOPLASIE LINFOIDI Le cellule B che si originano dai precursori midollari permangono nel idollo osseo come cellule B immature; il primo
marcatore è il riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline, chiamato ricombinazione V(D)J, che avviene ad opera di
due enzima RAG1 e RAG2. I linfociti B midollari a questo punto fuoriescono dal MO come B-naive (cioè non hanno mai
incontrato l’Ag) e migrano negli organi linfoidi periferici (milza, linfonodi, MALT). Nei linfonodi, si localizzano nel centro
germinativo: è il sito dell’organismo dove la crescita è più rapida; questo significa anche che c’è più possibilità di compiere
errori, soprattutto da parte dei centroblasti. I linfociti B del centro germinativo subiscono fenomeni di plasticità del DNA,
che sono l’ipermutazione somatica dei geni delle Ig (possono avvenire errori che colpiscono altri geni oltre a quelli delle Ig
e portano a mutazioni neoplastiche) e lo switch isotipico: è il passaggio da IgM alle alte Ig, dove le più rappresentate saranno
le IgG (anche in questo passaggio possono esserci errori del meccanismo per cui vengono riarrangiati altri geni portando
alla traslocazione cromosomica).
Da questo momento la cellula B matura potrà avere diversi destini: andare incontro ad apoptosi o sopravvivere e diventare
plasmacellula o cellula memoria (poche rispetto a tutte le cellule del centro germinativo).
EVENTI MOLECOLARI Gli eventi molecolari importante per la differenziazione sono:
1) Riarrangiamento dei geni globulinici: i diversi geni V, D e J vengono riarrangiati a formare un unico gene tramite gli
enzimi RAG1 e RAG2.
I geni delle catene pesante mappano sui cromosomi 14,
mentre i geni delle catene leggere κ mappano si 2p11 mentre
λ su 22q11. Questi geni si ricombinano a formare un gene VDJ,
che è in grado di essere trascritto, dare un mRNA messaggero
che verrà traforato in un anticorpo.
La ricombinazione avviene prima sulle catene pesanti; se
avviene correttamente, la cellula procede riarrangiando i geni
delle catene leggere: prima tenta di riarrangiare il primo allele
κ e poi il secondo allele; se fallisce anche questo, la cellula
tenta di riarranngiare gli alleli λ. Se falliscono anche questi, la
cellule va incontro ad apoptosi.
2) Ipermutazione somatica: sono dei meccanismi aggiuntivi che permettono una maggiore variabilità delle globuline e
aumentare il repertorio antigenico. Negli organi linfoidi periferici, l’enzima che media il processo di ipermutazione
somatica è l’AID (activation induced cytidine deaminase).
Avviene nel centro germinativo ed è un meccnaismo complicato: molte cellule vanno in apoptosi e sopravvivono
solo le celle B che hanno sviluppato una affinità per il BCR in seguito all’permutazione somatica da parte di AID.
In alcune neoplasie, il fenomeno di ipermutazione somatica continua nel tempo, per cui si sviluppa una eterogeneità
intraclonale.
71
VDJ possono formare una serie quasi infinita di combinazioni (4x106); a questo si aggiungono le permutazioni somatiche,
quindi si arriva a una variabilità di 1012→ garantisce la capacità di rispondere a moltissimi epitopi antigenici diversi tra di
loro; dal punto di vista molecolare permette di utilizzare il riarrangiamento dei geni delle Ig come di monoclonalità→ un
clone infatti porteranno lo stesso riarrangiamento VDJ.
DAL LINFOBLASTO ALLA PLASMACELLULA Una volta riarrangiati i geni delle catene pesanti (IgH) e poi quelli delle catene leggere (Igκ e Igλ) (pre-B), le Ig vengono
espresse in superficie (B maturi) per poi essere tolte e riespresse solamente a livello citoplasmatico (plasmacellule).
MARCATORI:
❖ I linfociti B esprimono il marcatore CD19 o panB: non è un buon marcatore di monoclonalità in quanto tutti i linfociti B
sia normali che neoplastici esprimono CD19. CD3 invece è un buon marcatore panT→ si possono distinguere leucemie
linfoidi B dalle T.
❖ CD20 invece è espresso solo dai linfociti maturi; nemmeno questo è un buon marcatore di monoclonalità.
❖ TdT: è espressa solo nelle fasi di blasti linfoidi immaturi (permette di distinguere linfoidi da mieloidi e per distinguer
neoplasie delle cellule mature o immature).
❖ CD38, CD138: marcatori della plasmacellula.
A ogni stadio differenziativo, corrispondono neoplasie differenti:
- Leucemia acuta linfoblastica deriva da precursori di cellula B
- Linfoma di Hodgkin e non Hodgkin, leucemia linfatica cronica originano da linfociti B maturi
- Mieloma multiplo e gammopatia monoclonale deriva da plasmacellule.
ANALISI DELLA CLONALITÀ IN FASE DIAGNOSTICA Sono eventi molto precoci, soprattutto quelli a carico delle catene pesanti, per cui è possibile trovare riarrangiamenti anche
in neoplasie di cellule immature: possono essere sfruttate come marcatori di clonalità. La clonalità può essere valutata
facendo:
▪ Analisi dei geni delle immunoglobuline
▪ Restrizione clonale k/λ in citofluorimetria
▪ Restrizione clonale in IHC
Analisi dei geni delle Ig Si valuta il passaggio da una popolazione policlonale ad oligoclonale
e successivamente a monoclonale. Si fa PCR dei geni Ig e si vede se
si osservano smir (tante piccole bande che formano una sola
strisciata in quanto no c’è nessun clone predominante) o se si
formano 1 o 2 bande predominanti, che sono i cloni.
72
Restrizione clonale k/λ in citofluorimetria e restrizione clonale in IHC Ogni cellule può scegliere se esprimere solo κ o solo λ.
Normalmente l’80% delle cellule B esprime κ e il 20% λ→ rapporto kappa/lamba di 4 a 1.
Nei casi di monoclonalità, tra le cellule neoplastiche ci sono anche quelle normali ma non si riescono a distinguere.
Nell’ultimo caso, sono presenti delle cellule che hanno riarrangiato in maniera produttiva sia κ che λ; è meglio in questo
caso rifare il test perché può darsi che non siano stati lavati via bene gli anticorpi (devono accorgersene i clinici!).
73
LEUCEMIA ACUTA LINFOIDE (LAL)
È un disordine caratterizzato dalla proliferazione monoclonale di precursori linfoidi B (75-85% dei casi) o T (25-15% dei
casi).
Vi è una grande eterogeneità biologica, che causa stratificazione prognostica e terapeutica. Colpisce prevalentemente due
fasce d’età distinte: bambini ed anziani. È il tumore pediatrico più frequente (infant leukemia) e colpisce bambini sotto i 6-
12 mesi; rappresenta meno del 20% delle leucemie acute dell’adulto (> 65 anni); non si capisce perché la fascia intermedia
sia risparmiata.
PATOGENESI La patogenesi rispecchia verosimilmente meccanismi di fusione genica inframe; come nelle LMA, avvengono alterazioni
molecolari e traslocazioni cromosomiche (con formazione di trascritto di fusione e proteine chimeriche).
Per quanto riguarda la t(9;22) (cromosoma Philadelphia), condivisa dalla LMC, si ha la produzione di due proteine, p190
(solo il LAL) e p210 (LMC e LAL); la traslocazione 9-22 causa una attivazione costitutiva di BCR/ABL (come già visto).
La prognosi inizialmente era molto negativa in presenza di questa traslocazione, ma con i nuovi trattamenti è molto
migliorata.
Sono state individuate anche altre traslocazioni.
Le LAL sono classificate in 3 forme FAB in base alla forma dei blasti: L1 (piccoli blasti con scarso citoplasma), L2 (blasti più
grandi, di dimensioni variabili) e L3 (grandi blasti, con citoplasma intenso; ora classificata come Linfoma di Burkitt).
La classificazione WHO prevede la distinzione in:
• LAL/Linfoma dei precursori B [sottogruppi citogenetici t(9;22), der(11)(q23), t(1;19)].
• LAL/Linfoma dei precursori T.
• Leucemia a tipo Burkitt.
SINTOMI E SEGNI Le LAL si presentano in tanti modi diversi, in certi casi simile alle LMA:
▪ Febbre da neutropenia
▪ Linfoadenopatie: nelle mieloidi è più rara.
▪ Epatosplenomegalia
▪ Dolori ossei da espansione midollare
▪ Insufficienza midollare
▪ Localizzazioni extramidollari a testicolo e SNC: sono localizzazioni complesse anche dal punto di vista terapeutico;
infatti la tonaca albuginea e le meningi creano una barriera all’ingresso di farmaci, quindi sono necessarie terapie
mirate a queste due sedi.
DIAGNOSI Ai fini della diagnosi si eseguono:
• Emocromo
• Striscio di sangue periferico (morfologia)
• Biopsia osteomidollare
• Aspirato midollare
• Ricerca del fenotipo su sangue periferico e midollare: per capire se è mieloide o linfoide B o linfoide T.
• Cariotipo e genotipo.
PROGNOSI E TERAPIA Sono stati individuati fattori prognostici sfavorevoli:
o GB > 50.000/μL alla diagnosi
74
o Età < 1 o > 9 anni
o t(9;22) senza terapia molecolare e der(11)(q23).
Non ci addentriamo anella sterpai in quanto ci sono tanti protocolli differenti a seconda dell’età; ricordiamoci che dove c’è
un target terapeutico, la terapia si basa sull’inibitore delle proteina target→ esiste terapia solo contro BCR/ABL quindi si
usano inibitori di tirosin chinasi (TKI).
Si utilizzano principalmente i TKI di seconda generazione, ma è possibile usare anche imatinib; si può effettuare una
procedura terapeutica chemio-free: non è ancora ottimale, ma si è migliorata notevolmente negli ultimi anni.
Il trapianto allogenico è un'altra opzione in caso di non risposta alla terapia con TKI o in caso di prognosi molto sfavorevole.
Le LAL tendono ad accumulare mutazioni in ABL: le mutazioni posso causare refrattarietà e resistenza, quindi può esser
utile sequenziare ABL per comprendere s vi siano mutazioni.
PROBLEMATICHE TERAPEUTICHE:
a) 70-80 % delle LAL dell’adulto falliscono la terapia
b) I chemioterapici, vecchi o nuovi, continuano a fallire
c) Un target molecolare (BCR/ABL) contro cui disponiamo di farmaci attivi (dasatinib) è disponibile solo nel 30% delle
LAL dell’adulto.
Che fare? Si può usare Rituximab? No, perché CD20 è espresso solo dalle cellule mature, mentre le LAL derivano da blasti
che quindi non esprimono CD20.
→ BiTE (Bispecific T cell Engager): sono anticorpi monoclonali ricombinanti bispecifici in grado di riconoscere due
antigeni diversi: è al tempo stesso un anticorpo anti-CD3 (recettore dei T-citotossici) e anti-CD19 (recettore di linfociti B
immaturi)→ provoca l’avvicinamento dei linfociti T citotossici ai blasti, favorendone l’apoptosi.
Ricordiamo che per uccidere i blasti è necessario indurre l’apoptosi; essa può essere indotta da un anticorpo che lega
il blasto tramite CD19 in vari modi:
- Tramite attivazione del complemento (l’anticorpo con la sua porzione costante attiva il complemento)
- Tramite fagocitosi (i linfociti T citotossici o NK riconoscono la porzione costasnte dell’anticorpo intorno al blasto).
→ per favorire ll’apoptosi anticorpo dipendente cellulo-mediata (ADCC) è necessario richiamare specificatamente un
linfocita T citotossica tramite un suo marccatore, cioè CD3→ creando un anticorpo doppio anti-CD19 e anti-CD3 si
avvicinano le cellule e si favorisce l’apoptosi.
Il farmaco di riferimento è il BLINATUMOMAB; si è dimostrato efficace nel far scomparire linfoadenopatie pelviche e
mediastiniche, splenomegalia, cellule neoplastiche nel MO e in localizzazioni epatiche. Il farmaco è però ancora in Fase 3 di
sperimentazione.
Come si può cercare di migliorare ancora di più la terapia?
Il limite del Blinatumomab è che bisogna continuare a inoculare anticorpo per avere un effetto costante; si può allora
costruire un recettore ingegnerizzato che riconosce il CD19 (CAR: chimeric antigen receptor) → è stato costruito un super-
linfocita T che porta un recettore per l‘antigene chimerico costruito con una porzione anti-CD19 e nel dominio intracellulare
ha gli stessi domini del CD3 che permettono la proliferazione del linfocita citotossico.
Procedimento: si prendono le cellule T del paziente, si ingegnerizzano in vitro con vari vettori virali (transfert virali) e le
rendiamo ricche di recettori chimerici anti-CD19, si fanno crescere in vitro e si inoculano nel paziente.
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Quali sono i vantaggi delle CAR T-cells rispetto a Blinatumomab?
- Il linfocita continua a vivere e proliferare quindi continuerà a uccidere blasti anche a distanza di anni
- Non serve continuare a inoculare
EFFETTI COLLATERALI DI CAR T-CELLS THERAPY:
Aplasia di cellule B: in questi soggetti, le cellule B vengono prodotte ma continuano a venire uccise dai linfociti T citotossici.
Al momento dell’infusione di CAR T-cells si possono avere numerosi effetti collaterali seri (anche neurologici) che possono
richiedere anche la rianimazione (occorrono centri specializzati).
- L’uccisione dei blasti provoca un enorme rilascio di citochine→ cytokine release syndrome: possono portare allo
shock da rilascio di citochine. Si può generare un anticorpo anti-IL6.
- Tossicità neurologica: encefalopatia (alterazione della scrittura può essere indice di alterazioni), fino a edema
cerebrale.
Costo della terapia: mezzo milione di dollari per paziente.
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STUDI CLINICI Sono volti a determinare la sicurezza e l’efficacia di farmaci, dispositivi e protocolli di terapia; sono indispensabili
l’immissione in uso clinico commerciale di un nuovo farmaco. Vengono registrati su data base nazionale ed internazionale
con codici specifici.
Si distinguono in:
• Osservazionali: si osserva l’outcome senza introdurre nuove terapie.
• Intervenzionali: si introducono nuove terapie.
Possono essere:
- Non-industry sponsored o spontanei (lo sponsor scientifico è un singolo investogatore o un gruppo scientifico)
- Sponsorizzati (lo sponsor è un’azienda).
Gli studi clinici sono suddivisi in 3 fasi.
FASE 1 La Fase 1 corrisponde al primo stadio di un nuovo farmaco. Ha come obiettivi la sicurezza e la tollerabilità del farmaco, lo
studio della farmacocinetica e della farmacodinamica, e l’individuazione della dose escalation. Serve inoltre per individuare
l’MTD (dose massima tollerata)→ non riguarda l’efficacia del farmaco.
Viene condotta su pazienti in stadi di malattia avanzati o su volontari sani, in centri di alta specializzazione o dedicati a
questa tipologia di studi.
Se si supera la fase 1 si passa alla 2.
FASE 2 La Fase 2 ha come obiettivi la rifinizione del dosaggio (Fase 2A) e la conferma dell’efficacia clinica (Fase2B).
Viene condotta su pazienti recidivati o in prima linea e condotta in genere senza randomizzazione (ma talora random), in
uno o più centri si studio.
Questa fase non dice se questo nuovo farmaco è meglio sello standard of care, ma solo se è efficace.
FASE 3 La Fase 3 ricerca la definitiva conferma dell’efficacia e della sicurezza del farmaco rispetto al “gold standard” o placebo
(più altri farmaci che costituiscono sempre lo standard of care). Lo studio avviene con randomizzazione (tipologia di random
tra farmaco vecchio e nuovo: 1:1; 2:1, ...).
Lo studio può essere a double blind, single blind oppure open label.
→ fondamentale è che nessun paziente riceve meno dello standard of care, cioè mal che vada sta ricevendo lo standard of
care.
SVILUPPO DI UN FARMACO La “vita” di un farmaco si divide in 3:
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1. Fase preclinica: dal momento dell’ideazione fino alla realizzazione, 3-6 anni.
2. Fase di trial clinici: dura 6-7 anni.
3. Vita commerciale del farmaco: il brevetto di un farmaco dura 20 anni, quindi sommando le fasi precedenti,
rimangono 6-7 anni di monopolio (in cui i guadagni coprono i costi delle fasi precedenti), dopo di che le altre
aziende possono creare farmaci generici.
Per poter essere commercializzato deve ottenere l’approvazione dell’EMA e poi l’approvazione di ogni singolo
paese (in Europa non tutti gli stati arrivano nello stesso momento).
FIGURE COINVOLTE Negli studi clinici sono coinvolti:
- Sponsor
- CRO (Clinical Research Organization)
- Equipe medica (medico, infermiere, data menager, laboratorista, farmacista e paziente). Possono anche essere
coinvolti laboratori internazionali centralizzati ed External rewiew panels.
Il compito dell’infermiere e quello di dare spiegazioni al paziente riguardo allo studio, per aspetti infermieristici e gestionali;
istruire il paziente alla autosomministrazione sc (se prevista); monitorare la qualità di vita; condividere con il medico il ruolo
del data manager in centri in cui questa figura non sia disponibile; contribuire alla farmacovigilanza (con medico e data
manager) e alla gestione dei prelievi e degli esami clinici.
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REPARTO A BASSA CARICA MICROBICA
Misure per il personale sanitario:
1. Indossare calzari per entrare in reparto.
2. Lavaggio delle mani in ingresso.
3. Vestizione (divisa e zoccoli dedicati). Sovradivisa e sovrascarpe.
4. Togliere anelli, bracciali, orologi,…
5. Lavaggio delle mani con sapone disinfettante (in ingresso e in uscita dalle stanze).
6. Accesso controllato dei famigliari.
Misure ambientali:
1. Segnalazione di “ingresso controllato”.
2. Stanze a pressione positiva.
3. Filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air Filters).
4. Filtri dell’acqua in ogni stanza e in ogni punto del corridoio.
5. Manutenzione periodica dei dispositivi sopra indicati.
Misure per i visitatori:
1. È consentito l’accesso ad un solo visitatore per turno.
2. Lavaggio delle mani con disinfettante in antistanza.
3. Vestizione con mascherina, sovracamice, calzari e cappello prima della linea di demarcazione.
4. Togliere anelli, bracciali, orologi,…
5. Lavaggio delle mani in entrata e in uscita dalla stanza.
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COAGULAZIONE La cascata coagulativa viene presentata in un modello classico (via intrinseca, estrinseca e comune, derivata da studi in
vitro), e un modello “cell activation”, imperniato su TF/FVII e riflette le vere dinamiche che avvengono in vivo.
Nella cascata coagulativa agiscono:
❖ FATTORI: sono enzimi serin proteasi che tagliano in specifici siti di riconoscimento:
- Fattore VII: può esser attivato da TF
- Fattore IX
- Fattore X
- Fattore II o protrombina; la sua versione attivata è chiamata tombina.
Sono enzimi sintetizzati dal fegato e hanno una caratteristica comune di essere gamma-carbossilati: la loro gamma-
carbossilazione richiede la vitamina K.
❖ COFATTORI: sono amplificatori della reazione biochimica: - TF è cofattore del VII
- Fattore VIII è cofattore del fattore IX
- Fattore V è il cofattore del X
La trombina non ha cofattore.
❖ PIASTRINE
❖ IONI CALCIO: sono indispensabili, infatti nelle provette per i prelievi si mette un chelante del calcio (EDTA per
l’emocromo o citrato di sodio per la coagulazione) che va a bloccare la cascata coagulativa.
CASCATA COAGULATIVA IN VIVO I punto cardine della cascata coagulativa in vivo è il fattore tissutale (TF): esso normalmente non è presente e non è
prodotto, dunque non avviene la coagulazione; viene espresso dal subendotelio quando l’endotelio leso lo espone al
plasma circolante → il TF a contatto con il plasma è in grado di attivare la cascata coagulativa.
In condizioni patologiche, il TF può essere espresso da granulociti o endotelio steso in condizioni di flogosi o neoplastiche;
si attiva quindi la cascata coagulativa in maniera impropria, senza una vera lesione endoteliale.
FT e fattore VII attivano insieme il fattore X in Xa, il quale recluta il suo cofattore V; Xa e V attivano il fattore II in trombina:
la quale trasforma il fibrinogeno in fibrina→ elemento finale della cascata coagulativa, cioè i fibrin-monomeri: essi sono
instabili e bisogna formare polimeri di fibrina→ questa successiva reazione è catalizzata dal fattore XIII: stabilizza in reticolo
di fibrina.
Questa condizione fisiologia si bilancia con gli anticoagulanti naturali, tra cui il TFPI (TF pathway inhibitor): è un inibitore
specifico della reazione di attivazione del fattore VIIa; la reazione si bloccherebbe troppo presto, prima che la lesione vasale
sia tamponata. Il fattore VII però fa un’altra cosa; oltre ad attivare il X attiva anche il fattore IX→ è una “allungatoia”; il
fattore IX a sua volte recluta il cofattore VIII; IXa e VIII agiscono attivando il X e unendosi alla via di prima.
→ L’intera cascata quindi viene sostenuta dall’attivazione di IX e VIII→ sono quindi fattori fondamentali perché la loro
carenza genera emofilia A (carenza di VIII) e emofilia B (carenza di fattore IX).
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A questo schema mancano fattori della coagulazione che sono presenti nel modello classico: XI, XII, chininogeno ad alto
peso molecolare, precallicreina, …. Essi mancano perché nella cacata in vivo non hanno NESSUN RUOLO o hanno un ruolo
molto limitato→ hanno un ruolo sono in provetta ma non in vivo.
EFFETTO “BILANCIA” A FFRONTE di fattoei con azione pro-coagulante, abbiamo fattori con azione anticoagulante, cioè gli anticoagulanti naturali:
➢ Proteina C e proteina S (è un cofattore della proteina S, cioè attiva la sua funzione): bloccano fattori VIII e V.
➢ Antitrombina III: blocca le serin proteasi ad eccezione di fattore VII (esso infatti è così importante che un suo
specifico inibitore)→ blocca X, II e IX.
➢ TFPI: blocca il complesso TF-fattore VII.
Cosa succede in caso di carenza di vitamina S? Aumenta l’attività del fattore VIII e V, quindi si possono verificare fenomeni
trombotici → trombofilia.
Cosa succede in caso di carenza di fattore V? si avrà un problema emorragico.
ESPLORAZIONE DIAGNOSTICA DELLA CASCATA La diagnostica si è però evoluta in vitro, per cui si basa ancora sul modello classico. Si utilizzano i test:
1) PT/INR Una volta l’INR (International Normalized Ratio) era chiamato tempo di protrombina: valuta l’attivazione della via estrinseca
e della via comune; non esplora la via alternativa→ valuta i fattori VII, X, V e II: se uno o più di questi fattori è carente, l’INR
sarà allungato.
Viene calcolato su plasma con citrato, a cui si aggiunge FT e calcio; si calcola il tempo che ci vuole per formare fibrina nella
provetta. Questo PT in secondi viene corretto con un PT di un plasma controllo (di soggetto sano); dividendo questi due
tempi si ottiene un numero assoluto che dovrebbe essere pari a 1 (se paziente è uguale al controllo).
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INR = 0,8 - 1,2
Un INR sotto 1 non ha un significato patologico, ce l’ha se è allungato, quindi superiore a 1,2.
2) aPTT È il tempo di tromboplastina parziale attivata: esplora i fattori IX e VIII, V e X, II, il fibrinogeno e la fibrina. L’aPTT non risente
di alterazioni del fattore VII; valuta quindi la via che sostiene la coagulazione, ma non l’attiva: infatti TFPI inibisce
rapidamente il FVII.
Viene calcolato su plasma citratato, a cui è aggiunto del caolino (polvere inerte), fosfolipidi e Ca2+. Il caolino non è
fisiologico e non è presente in vivo; esso è utile perché agisce su quello che c’è a monte del fattore IX: agisce su quei fattori
che in vivo sono poco importanti che dicevamo prima, cioè fattore XI, XII, MHWK e precallicreaina→ si avrà una componente
inutile nel risultato del test, in quanto questi fattori non hanno ruolo nella coagulazione in vivo.
In caso di carenze di fattori IX, VIII, V, X, II, l’aPTT sarà allungato; se invece sono carenti fattore XII, MHWK e precallicreina,
l’aPTT sarà allungato ma questo non corrisponde a un elevato rschio emorragico, in quanto non sono presenti in vivo.
Il valore normale dell’aPTT è di un massimo di 30 secondi: valori più bassi non indicano alterazioni.
Cascata esplorata da INR Cascata esplorata da aPTT
3) Combinazione di INR e aPTT Alcuni fattori, come il X, II e fibrinogeno, sono esplorati da entrambi i valori; in caso di carenza, sia l’aPTT che l’INR saranno
allungati. Si può quindi costruire una tabella:
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Il fattore XIII non è esplorato né dall’aPTT né dall’INR, in quanto rappresenta il passaggi da fibrin-monomero a fibrin-
polimero.
Fibrinogeno: non è un indice di trombosi anche se allungato.
Nei deficit di un singolo fattore, INR e aPTT si modificano solo se i livelli del fattore sono < 30%: i test sono infatti tarati per
riconoscere alterazioni di rilievo clinico.
Nel momento in cui si presenta un paziente con aPTT e PT, non so qual è il fattore carente; esempi:
Giovanni, di 5 anni, ha un allungamento isolato di
INR.
carenza di:
• VII→ unica possibilità.
• TF (carenza non nota)
Cause:
- Deficit congenito
- Nei primissimi giorni dopo l’inizio di terapia anticoagulante orale:
è il fattore che ha emivita più breve, quindi prima scende solo lui,
poi scendono anche gli altri e si ha allungamento di aPTT.
Caterina, di 32 anni, ha un allungamento isolato di
APTT.
Carenza di:
• VIII
• IX
• Una delle componenti non clinicamente rilevanti
→ sulla base di questo dato non si può dire che Caterina ha un
rischio emorragico; bisognerà quindi:
- Indagare episodi emorragici spontanei o per traumi minori.
- Dosare i singoli fattori
Se prima di un intervento si riscontra un aPTT elevato con clinica
emorragica, non si può procedere con chirurgica in presenza idu n
possibile difetto di coagulazione, bisogna sempre chiarirlo prima
per capire se è un deficit che comporta un rischio emorragico o no.
Alma, di 93 anni, ha una clinica emorragica
cutanea e mucosa con ecchimosi e diarrea
ematica. Sia INR sia APTT sono allungati.
Carenza di
• V
• X
• Protrombina
Un deficit congenito è poco probabile per via dell’età; potrebbe
essere di causa autoimmune, ma ancora più comune è un consumo
di molteplici fattori→ CID.
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Un allungamento isolato dell’INR può essere dovuto a un deficit congenito di FVII o ad una TAO appena iniziata (il FVII è il
primo a scendere).
Si possono riscontrare allungamenti isolati di aPTT in pazienti asintomatici, soprattutto bambini: si deve chiarire la
situazione con dosaggi individuali, per ricercare una possibile componente inutile. Un allungamento isolato dell’aPTT può
essere suddiviso in base alla clinica emorragica:
ALLUNGAMENTI ISOLATI DI aPTT
Rischio emorragico
Deficit congenito di FVIII (emofilia A)
Deficit congenito di FIX (emofilia B)
Deficit congenito di FXI (emofilia C): è una via di mezzo.
Inbitore anti-FVIII o anti-FIX (emofilia acquisita).
Non rischio emorragico
Deficit congenito di FXII.
Deficit congenito di HMWK.
Deficit congenito di prekallicreina.
Rischio trombotico LAC
Monitoraggio terapeutico
Terapia con eparina sodica (UFH), cioè non frazionata: viene utilizzata
solo per circolazione extracorporea, altrimenti si usa sempre eparina
frazionata.
Deficit di fibrinogeno: molto raro, più prequente la mutazione.
Un allungamento sia dell’INR che dell’aPTT può essere dovuto a TAO di lunga data, deficit dei fattori VII, V, X o deficit doppi
acquisiti (i deficit acquisiti sono il 90% dei casi; insufficienza epatica, sindrome nefrosica, deficit di vitamina K, CID…). È
necessario monitorare anche il numero delle piastrine e i valori del fibrinogeno.
COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA (CID) È la manifestazione clinica di un’attivazione inappropriata della trombina. È una sindrome più che una malattia. Non è mai
idiopatica ma consegue sempre ad altre patologie. È la coagulopatia acquisita più frequente.
La CID è causata da un massivo rilascio di TF in seguito a danno
endoteliale, traumi e sepsi (rilascio di citochine). Questo causa
un’attivazione generalizzata della coagulazione associata ad
aggregazione piastrinica e a fibrinolisi. Si genera trombina che
consuma i fattori della coagulazione; si ha una continua formazione
di trombi rapidamente dissolti dalla fibrinolisi ed una diminuzione
degli inibitori della trombina.
Il fibrinogeno quidni viene ocntinuamente ocnsumato e risulterà baso;
il prodotto della fibrinolisi è il D-dimero, che quindi sarà elevato.
→ sempre guardare anche fibrinogeno e piastrine.
La CID acuta può essere dovuta a sepsi, cause ostetriche, neoplasie
ematologiche, traumi tissutali ed ustioni (in questi ultimi due infatti c’è
un danno tissutale massivo che provoca rilascio di TF).
La CID cronica può essere dovuta a neoplasie solide ed epatopatie.
QUADRO COAGULATIVO DI CID:
• Allungamento di PT e PTT
• Ipofibrinogenemia
• Piastrinopenia
• Aumento del D-dimero.
Nelle forme di CID croniche PT, PTT, fibrinogeno e piastrine sono variabili (anche nella norma) mentre l'aumento del D-
dimero è costante.
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Clinicamente può presentarsi in modo asintomatico, oppure più frequentemente con episodi emorragici (emorragie dovute
a piastrinopenia da consumo, deplezioni dei fattori della coagulazione, PLTpatia da FDP, esaltazione fibrinolisi) o eventi
trombotici.
D-dimero:
- è più specifico dei prodotti di degradazione del fibrinogeno (FDP).
- è il prodotto di degradazione, da parte di plasmina, di fibrin monomeri organizzati dal FXIII.
- può aumentare aspecificamente in varie condizioni (post-intervento…); i FDP non discriminano fra prodotti di
degradazione di fibrinogeno e fibrina.
I globuli rossi nel sangue periferico sono alterati dal reticolo di fibrina in cui cercano di passare, per cui si avrà emolisi
microvascolare e presenza di schistociti.
TERAPIA:
Consiste principalmente nel rimuovere la causa. Bisogna monitorare PT, aPTT, D-dimero, fibrinogeno e PLT.
Se INR > 2 e PTT allungato, allora è utile una trasfusione di 2-4 unità di plasma; le trasfusioni di piastrine devono essere
eseguite secondo necessità (mantenere PLT > 30-50.000/μl se il paziente è sanguinante).
Se il fibrinogeno è < 125 mg/dL, somministrare 10 U di plasma crioprecipitato (1 U = 100-250 mg fibrinogeno). In caso di
trombosi possibile la somministrazione di eparina.
COAGULOPATIA DA DEFICIT DI VITAMINA K Il fabbisogno di vitamina K è modesto rispetto alla disponibilità dietetica, inoltre viene prodotta dai batteri colici ed è quindi
assorbita passivamente dalla mucosa.
Le cause di deficit di vitamina K sono: deficit dietetico, antibioticoterapia, maldigestione e massorbimento, colestasi (difetto
enteroepatico che causa un difetto nell’assorbimento delle vitamine liposolubili), TAO ed avvelenamento da rodenticidi
(inibitori di vit. K).
La terapia si differenzia in vari casi:
• Sanguinamento non critico:
o Vit. K, 10 mg ev lenta sotto monitoraggio (rischio di anafilassi).
o Vit. K, gtt p.o. (in caso di sovradosaggio TAO senza emorragia).
• Sanguinamento critico:
o Plasma (contiene tutti i F vit K-dipendenti).
o Vit. K, 10 mg ev lentamente.
• Malassorbimento cronico:
o Vit. K, 1 f s. c.
La vit. K richiede 24-36 ore per normalizzare PT, in quanto è necessario che riprenda la sintesi dei fattori della coagulazione
vitamina K-dipendenti (II, VII, IX, X).
EMOFILIE Si presentano con manifestazioni cliniche eterogenee: ematomi, emartri ed ecchimosi in seguito a superficializzazione di
ematomi.
La trasmissione è X-linked, quindi colpisce prevalentemente i maschi; si potrà avere anche una donna affetta solo nei
seguenti casi:
• Padre affetto e madre portatrice: condizione molto rara in quanto la mutazione emofilica non comporta un vantaggio
selettivo. Maggiore probabilità per unioni tra consanguinei.
• Sindrome di Turner (X0).
• Lyonizzazione estrema a favore del cromosoma X mutato.
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La genetica delle emofili era già chiara all’inizio dell’800; la terapia consisteva in trasfusioni con sangue intero. Ora si utilizza
il fattore VIII ricombinante. Moltissimi pazienti trattati con trasfusioni negli anni ’70 e ’80 sono stati persi a causa di infezioni
trasmesse attraverso le trasfusioni (HCV, HBV, HIV, malattia da siero).
Si conoscono due tipi di EMOFILIA EREDITARIA:
▪ Emofilia A: dovuta a un deficit di fattore VIII
▪ Emofilia B: dovuta a un deficit di fattore IX
Si conosce un solo tipo di EMOFILIA ACQUISITA: causata dalla presenza di Ab rivolti contro il fatttore VII o fattore IX
EPIDEMIOLOGIA:
L’emofilia ha un’incidenza di 1/5000 maschi nati e non ha preferenze etniche. L’emofilia A è 6 volte più frequente della B.
È una patologia estremamente eterogenea dal punto di vista genetico: l’inversione (42%) è molto frequente, più rare sono
le delezioni (8%), mentre la maggior parte delle alterazioni consiste in mutazioni puntiformi (50%).
EMOFILIA A Il fattore VIII mappa sul cromosoma X; è prodotto dal fegato e dall’endotelio. In circolo è stabilizzato dal vWF, altrimenti
avrebbe un’emivita estremamente breve. È il cofattore di FIX ed è necessario nella via di mantenimento della coagulazione.
La conferma diagnostica di emofilia A è data dal dosaggio di FVIII.
Classificazione clinica La valutazione dell’attività residua del FVIII permette la classificazione clinica:
CLASSIFICAZIONE CLINICA ATTIVITÀ RESIDUA % DEI CASI CLINICA EMORRAGICA
Emofilia severa < 1% 50-60 % Sanguinamenti spontanei
Emofilia moderatamente severa 1-5% 25-30 % Sanguinamenti dopo traumi lievi
Emofilia lieve 5-30% 15-20 % Sanguinamenti dopo traumi gravi o chirurgia
No clinica >30%
Le emofilie lievi possono non essere riconosciute, ma è bene che prima di un intervento venga valutato l’aPTT.
Manifestazioni cliniche Le manifestazioni cliniche si manifestano nel bambino quando comincia a gattonare: l’età
del 1 sanguinamento correla inversamente con severità di malattia. Si avranno:
- Sanguinamenti intramuscolari (ematoma)
- Sanguinamenti articolari (emartro); sono molto dolorosi e diventano problematici
verso i 2-3 anni di età. Si somministra paracetamolo.
- Sanguinamenti più rari sono cerebrali.
L’emartro può essere acuto, con dolore, tumefazione e flessione antalgica, o cronico.
Nell’emartro cronico si ha flogosi della sinovia, che sviluppa pannus, con anchilosazione
fino alla deformazione articolare. Le articolazioni sono sedi frequenti di sanguinamento
a causa del continuo attrito e della scarsità di TF a fronte di molto TFPI nell’endotelio del plesso venoso subsinoviale.
Diagnosi La diagnosi si basa su:
• aPTT allungato e PT nella norma
• aPTT corretto da mix test 50:50: si mescolano il plasma del paziente con il plasma di un individuo sano e si vede
se il plasma del sano corregge l’aPTT del paziente; infatti il 50% di un fattore è in grado di colmare i difetti di
coagulazione (50% perché il fattore del plasma sano deve essere usato anche dal plasma del paziente).
Il Mix-Test 50:50 consente di discriminare l’origine ereditaria o acquisita dell’emofilia; infatti se l’aPTT non si
corregge, allora sarà un’emofilia acquisita (perché la causa è immunologica e gli autoanticorpi inibiscono
comunque il fattore VIII del donatore); se si corregge, allora sarà un’emofilia ereditaria. In caso di emofilia
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ereditaria la correzione dell’aPTT si avrà anche in assenza completa di FVIII o FIX (0 + 100 = 50; l’aPTT risulta
corretto fino ad un valore del 30%).
• Dosaggio dell’attività del FVIII o FIX
• Dosaggio immunologico del FVIII o FIX
• Tempo di sanguinamento/PFA: nella norma.
Terapia Il paziente dovrà sempre essere riferito ad un centro specialistico.
La terapia consiste nella somministrazione sostitutiva del FVIII nelle varie forme (crioprecipitato, concentrato,
ricombinante): 1 U/Kg di FVIII alza del 2% la concentrazione plasmatica di FVIII.
Ricordando che il 100% di attività del FVIII si ha per 1 U/ml.
L’emostasi per i traumi minori è raggiunta a livelli di 25-30% (0.25-0.30 U/ml); per i traumi maggiori è necessaria un’attività
del 50% (0.5 U/ml). I vari preparati sono equivalenti come effetto a parità di unità, tuttavia è presente un rischio di
trasmissione infettiva (HCV, HIV, ...) nel FVIII crioprecipitato e concentrato: pazienti già affetti possono continuare la terapia
con questi.
L’emività è di 8-12 ore, la somministrazione è ogni 24 ore per ev. è una terapia in acuto; la profilassi non esiste perché i
costi sono elevati e non è realmente necessaria (i pazienti devono però sempre avere con sé del FVIII in caso di emergenza).
Mai somministrare FANS; si utilizzano oppiacei contro il dolore (Tramadolo).
La Desmopressina (DDAVP) è utile per i sanguinamenti minori nell’emofilia lieve/moderata.
Mai eseguire iniezioni intramuscolo.
EMOFILIA ACQUISITA Ha un’incidenza di 1/106/anno, ma si stima che solo il 50% degli affetti sia conosciuto. È dovuta alla presenza di inibitori
della coagulazione, che possono essere:
• Specifici: Ab anti-F della coagulazione (anti FVIII in emofilici;LNH o MM producenti Ab; AR, LES).
• Aspecifici: APS/LAC.
Il Mix-Test 50:50 non corregge l’aPTT.
La terapia consiste nella somministrazione di steroidi (Prednisone 1mg/Kg/die) associato ad un gastroprotettore e al
monitoraggio della pressione e della glicemia.
Si possono anche utilizzare IVIG e FVII ricombinante in dosi molto elevate (10x), ma può dare trombosi. Non è possibile
utilizzare la Plasmaferesi in quanto le IgG sono troppo piccole per essere rimosse.
CASI CLINICI Durante una serie di controlli pre-operatori per
colecistectomia, hai sottoposto Laura, una donna di 56
anni, ad alcuni accertamenti, che hanno rivelato, fra
l'altro:
Problema laboratoristico: anemia microcitica ipocromica.
Problema clinico: nessuno.
Ipotesi diagnostiche:
- Sideropenica
- Anemia da disordine cronico (anche se MCV troppo basso)
- Beta Talassemia minor (portatrice)
Pertinenti anamnestici:
- Luogo di provenienza geografica
- Esami precedenti (gli esami di 4 anni fa erano sovrapponibili a
quelli attuali)
- Anamnesi familiare
- Calo ponderale
- Dieta
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- Alvo e caratteristiche feci
- Farmaci da banco e medicina alternativa
Pertinenti obiettivi: non ci sono reperti obiettivi da ricercare così
importanti.
Esami di approfondimento:
- Elettroforesi di emoglobina per analizzare carenza di catene
beta→ aumento di percentuale di HbA2 compensatoria.
- Profilo marziale: carenza di ferro maschera aumento di HbA2.
Ahmed, un uomo di 28 anni di Rabat (Marocco) che da
sei mesi vive nella Tua città, si presenta alla Tua
attenzione per progressiva astenia. L'emocromo da Te
prescritto rileva:
Problemi clinici: astenia
Problema laboratoristico: anemia macrocitica.
Ipotesi diagnostiche:
- Deficit di folati e B12
- Mielodisplasia: un contro è che è giovane; un pro è che i
neutrofili sono un po’ bassi (circa 2000), anche le piastrine
sono un po’ basse.
Pertinenti anamnestici:
- Dieta (verdura e frutta, salta i pasti)
Accertamenti:
- Dosaggio di B12 e folati
- striscio di sangue per vedere se neutrofili sono polisegmentati
(per DD con sindrome mielodisplastica).
- Dosaggio di LDH e emoglobina indiretta.
Non serve l’intervento di un ematologo se c’è carenza di B12 e
folati, basta una gestione territoriale o internistica; se non ci fosse
questa carenza, l’ematologo è fondamentale.
In due emocromi precedenti, hai notato che Maria Pace,
una donna di 54 anni originaria di Rovigo, presenta PLT
> 600.000/uL.
Problemi clinici: nessuno.
Problema laboratoristico: anemia macrocitica.
Ipotesi diagnostiche:
- Trombocitemia essenziale.
- Trombocitemia nei 20 giorni precedenti.
- Trombocitemia paraneoplastica
- Sideropenia preclinica
Reperti anamnestici:
- Astenia, perdita di peso
- Storia di tumori
- Interventi chirurgici
- Anamnesi familiare
- Fumo, alcol
- Indagare malattia infiammatoria cronica: dolore articolare,
rigidità mattutina, rush cutanei, secchezza oculare.
- Indagare sindromi mieloproliferative: dolori alle estremità,
prurito, ….
- Alvo
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Reperti obbiettivi:
- Palpazione milza e fegato
- Palpazione mammella (se paraneoplastica)
La si gestisce territorialmente o volendo anche dall’ematologo dato
che sono due emocromi consecutivi.
Accertamenti:
- Ricerca di mutazioni di JAK2, calreticulina e MPL.
- Anticitrullina, FR, ANA
- RX torace, mammografica e ECO addome per sospetto di tumore
(i marcatori tumorali non sono uno strumento diagnostico). Se
tutto negativo allora fatto la TAC.
- Ricerca di sangue occulto fecale per sideropenia preclinica.
Maurizio, un ragazzo di 21 anni, si presenta a Te per
malessere, vistose ecchimosi e importante
sanguinamento dal cavo orale. L'APR è muta, eccetto
frattura traumatica del femore cinque anni fa.
Problemi clinici: malessere, ecchimosi, sanguinamento cavo orale.
Problema laboratoristico: leucemia mieloide acuta.
Ipotesi diagnostiche:
- Leucemia mieloide acuta: formula leucocitaria non leggibile, WBC
elevatissimi, anemia, CID (aPTT e PT elevati, fibrinogeno
consumato).
Accertamenti:
- Pressione arteriosa: ha già molti fattori di rischio per emorragia
cerebrale, se fosse anche iperteso il rishcio sarebbe ancora
maggiore.
Si manda subito in PS o ambulanza (se lungo percorso).
MALATTIA DI VON WILLEBRAND (VWD) Il gene mappa sul cromosoma 12; viene prodotto come pre-pro-vWF. È sintetizzato dalle cellule endoteliali e dai
megacariociti, raccolto nei corpi di Weibel-Palade. Presenta diversi domini ripetuti:
• A1: legame a GpIb.
• C1: legame al sito RGDS di GpIIb/IIIa.
• D1: legame a FVIII.
• A1 e A3: legame a collagene.
• A1: legame a eparina.
Il vWF circola come multimeri di varia taglia.
- I multimeri ad alto peso molecolare intervengono nell’emostasi primaria e formano un ponte tra collagene e piastrine
(legando i recettori Gp1b e Gp2b3a). Il legame del vWF al collagene altera la conformazione della molecola rendendola
capace di riconoscere il GpIb delle piastrine.
- Tutti i multimeri (indipendentemente dalla loro taglia) legano il fattore VIII in circolo e lo stabilizzano→ interviene sia
nella fase piastrinica che nella fase propriamente coagulativa.
→ Il vWF ha un ruolo nell’emostasi primaria (interazione tra collagene e piastrine) e nella secondaria (stabilizzazione del
FVIII).
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La malattia di von Willebrand è un disordine emorragico di tipo piastrinico→ sanguinamenti cutanei-mucosi e non
profondi come nell’emofilia); è il più frequente disordine ereditario dell’emostasi (1 % di popolazione) ed è spesso
clinicamente silente.
C’è grande eterogeneità genetica e clinica (non c’è un singolo difetto molecolare); la trasmissione è autosomica dominante,
ma ci sono rarissimi casi di autosomica recessiva (vWD tipo 3).
Alcuni tipi di difetti sono quantitativi (si riduce il numero di molecole) mentre altri difetti sono qualitativi (alterata funzione)
di vWF.
Esiste una forma di vWD acquisito, associato a LNH o MM producenti Ab anti-vWF.
VWD ereditario È una malattia solitamente a trasmissione autosomica dominante.
Dividiamo in:
• VWD di tipo 1: si tratta di difetti quantitativi: viene prodotto in numero ridotto ma quelli prodotti sono normali,
quindi sono ridotti tutti i multimeri in maniera armonica→ deficit parziale.
Sono pazienti eterozigoti→ pattern genetico autosomico dominante.
• VWD di tipo 2: comporta una perdita della capacità del vWF di formare multimeri ad alto peso molecolare.
• VWD di tipo 3: difetti qualitativi che causano un deficit totale→ assenza completa di vWF; si manifesta in
omozigosi, in quanto ha trasmissione autosomica recessiva. C’è grande eterogeneità molecolare per le mutazioni
che causano il tipo 3.
Diagnosi La diagnosi si basa su:
• PFA (o tempo di sanguinamento) allungato: diagnosi funzionale.
• Dosaggio immunologico vWF e FVIII (anch’esso ridotto perché manca lo stabilizzatore).
• RIPA (ristocetin induced platelet aggregation): la ristocetina necessita del vWF, quindi n caso di carenza il RIPA
risulta alterato.
• Elettroforesi dei multimeri di vWF: per vedere com’è la composizione.
I livelli di VW possono oscillare per molti fattori: stress, estrogeni, gruppo AB0, gravidanza (aumenta fisiologicamente come
meccanismo protettivo per il parto) e da altri fattori, quindi una sola valutazione non è sufficiente, servono valutazioni
multiple.
Terapia La terapia aè bisogno, in caso di emorragia; connsiste nell’uso di un analogo della Desmopressina (DDAVP) per endovena
(0.3 μg/kg in 30’ ogni 24 h) oppure per spray intranasale (150 μg/ogni narice). La desmopressina induce tutte le cellule
endoteliali e megacariociti a rilanciare il VW stoccato nei corpi di Weibel -Palade; dopo il suo utilizzo bisogna dare il tempo
a queste cellule di risintetizzare e immagazzinare VW, quindi una seconda somministrazione troppo ravvicinata non avrà
effetto.
In caso di manovre invasive (es. estrazione dentaria) si può usare DDAVP 45 min prima di manovra e poi ogni 24 ore per 3-
4 giorni.
Per emorragie importanti si può utilizzare un concentrato di FVIII che contiene anche vWF.
La gravidanza normalizza i livelli di vWF (per via degli estrogeni) per cui non ci sono rischi particolari.
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TROMBOFILIE Le trombofilie di pertinenza ematologica sono causate da un difetto primitivo del sangue; sono quindi uno stato di
ipercoagulabilità e predisposizione a formare trombi.
Le trombofilie dovute a una lesione endoteliale non sono di pertinenza ematologica.
I fattori predisponenti acquisiti per le trombofilie sono: post-chirurgico, immobilizzazione prolungata, obesità,
gravidanza/puerperio, uso di contraccettivo orale.
Le trombofilie si dividono in ereditarie (carenza di anticoagulanti naturali, iperomocisteinemia) ed acquisite (sindrome APA,
iperomocisteinemia, comportamentali).
TROMBOFILIA EREDITARIA Consiste in una predisposizione familiare al tromboembolismo VENOSO (a differenza delle emofilie acquisite che formano
trombi sia arteriosi che venosi). Sono determinate da mutazioni genetiche germinali. Il primo evento clinico si presenta di
solito in età giovanile (< 45 anni) ma non sempre, spesso in assenza di ovvi fattori predisponenti ma può essere facilitato
da essi.
Frequente è la recidiva.
Ricordiamo che gli anticoagulanti naturali sono:
• TFPI: inibisce il FVIIa.
• AT: inibisce FIXa, FXa e FIIa/PT.
• PrC e PrS: inibiscono FVIIIa e FVa.
Le cause della trombofilia ereditaria possono essere:
1. Carenza di PrC
91
2. Carenza di PrS
3. Carenza di AT: fenotipo molto grave.
→ sono 3 mutazioni molto rare
4. MUTAZIONI 3’ DEL GENE DELLE PROTROMBINA: causano una maggiore trascrizione e traduzione del gene della
PT, con maggiore produzione di questa. I test che misurano la PT non risultano alterati in quanto poco sensibili; si
ricerca quindi direttamente la mutazione puntiforme missenso G20210A (G→A).
Ha trasmissione autosomica dominante.
Diagnosi: con i test molecolari la mutazione è facilmente riconoscibile anche senza il sequenziamento tramite la
PCR allele-specifica.
5. RESISTENZA ALLA PrC ATTIVATA o MUTAZIONE “FATTORE V LEIDEN”: il fattore V è il cofattore del FX, e viene
inattivato dalla PrC/PrS tramite taglio proteolitico. La mutazione di Leiden è una mutazione puntiforme missenso
(R→Q) localizzata nel sito di taglio proteolitico, per cui la PrC non è più in grado di degradare il FV.
Ha trasmissione autosomica dominante, e dà un fenotipo detto “Resistenza alla PrC attivata”.
Diagnosi: sia test funzionali (per valutare la resistenza di PcR) che molecolari per vedere la presenza della
mutazione.
È possibile che si ci sia resistenza alla proteina C attivata dovuta ad altre mutazioni del FV, ma sono rare. La
resistenza alla proteina C attivata causa un’apparente deficit funzionale di proteina S con bassi livelli di questa: è
un artefatto del test, in quanto la PrS è il cofattore della PrC. La penetranza è altamente variabile sia all’interno
della singola famiglia sia tra famiglie diverse; non tutti gli eterozigoti per trombofilia infatti manifestano la clinica
tromboembolica. Talvolta, la trombofilia ereditaria diventa clinicamente evidente in concomitanza di un fattore
predisponente. A volte la penetranza clinica dipende dalla eterozigosi composita per più di un difetto molecolare
(fattore V Leiden + mutazioni del gene protrombina).
Queste mutazioni spiegano solo il 45% delle trombofilie ereditarie; a questo proposito si è pensato di sequenziare famiglie
in cui c’è evidenza di trombofilia, per confrontare i tracciati di coloro che hanno già avuto eventi trombotici con quelli che
non hanno ancora manifestato la clinica.
Frequenza della trombofilie nelle TVP giovanili: il 30% è coperto dalle
mutazioni del fattore V di Leiden, il 20% da mutazione di T.
Queste mutazioni sono polimorfismi: la mutazione FV Leiden ha una
prevalenza del 5% nella popolazione generale; la mutazione della PT ha
prevalenza del 2%. Sono quindi mutazioni molto frequenti e non sono
per forza associati alla clinica; costituiscono un rischio relativo aumentato: 5-10 volte amentato per eterozigoti di
mutazione di Leiden, che aumenta se si aggiungono fattori di rischio come contraccettivi. Per l’omozigote il rischio relativo
è ancora più aumentato. Esistono anche gli eterozigoti compositi: sono soggetti che portano sia fattore V Leiden che
mutaizone PT.
La penetranza è altamente variabile sia all’interno della stessa famiglia che tra famiglie diverse; non tutti nella stessa
famiglia hanno clinica. Non tutti gli eterozigoti manifestano clinica tormboembolica, e spesso la clinica si manifesta in
presenza di fattori di rischio.
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DOMANDE DA PORSI NEL SOSPETTO DI TROMBOFILIA
Chi screenare? Non c’è evidenza di fare uno screening generale sulla popolazione, sia per via dei costi elevati che per lo scarso apporto di
informazioni utili. È necessario screenare:
• Pazienti con un episodio di TVP sotto i 50 anni.
• Pazienti con TVP ricorrenti senza fattori di rischio maggiori.
• Pazienti con familiarità per TVP.
• Pazienti con TVP in sedi anomale.
• Familiare sano di 1° grado di eterozigote già diagnosticato.
Quando screenare? Lo screening deve essere eseguito al primo episodio di TVP, prima dell’inizio della terapia UFH o TAO (Leiden e PT
rimangono alterati, gli altri test vengono corretti); terapie con LMWH non alterano i test.
Come screenare? Lo screening viene eseguito su prelievo di sangue periferico. Si usano test coagulativi funzionali (non si possono fare in caso
di TAO):
• INR e apTT
• Dosaggio Proteina C e S
• Dosaggio AT
• Resistenza a Proteina C attivata
• LAC
Test molecolari:
• Ricerca mutazione FV Leiden
• Ricerca mutazione del gene protrombina
Test immunologici tramite ELISA:
• Anticorpi anti-cardiolipina, antib2GPI
Questi ultimi si possono fare anche in corso di terapia.
TROMBOFILIE ACQUISITE
1. Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi Si presenta con trombosi venose e/o arteriose (a differenza delle forme ereditarie), con possibile o frequente
coinvolgimento del circolo cerebrale (eseguire screening in caso di infarto o ictus), aborti ricorrenti, possibile piastrinopenia
e positività laboratoristica persistente per:
• Allungamento di APTT→ sempre considerare sindrome anti-fosfolipidi in presenza di aPTT allungato!!
• LAC (drVVT)
• Anticorpi anti-cardiolipina (ACA).
• Anticorpi anti-B2GPI
• Lieve piastrinopenia
Se il paziente è già in TAO, la diagnosi conclusiva di sindrome APA non potrà essere raggiunta fino a che non si sospende la
terapia (e si passa a LMWH). Bisogna riconfermare la positività del test (a 6 settimane di distanza) per escludere LAC para-
infettivi ed altri falsi positivi.
Se APA, ACA, AB2GPI sono < 20 U hanno scarso valore clinico e diagnostico.
La terapia:
• Riscontro occasionale di APS: non terapia antitrombotica in assenza di evento clinico; tromboprofilassi se a rischio.
• TEV: LMWH + TAO (INR 2-3) per 6 mesi; se ricorrenti: long term TAO.
• Trombosi arteriosa: LMWH + Long term TAO.
• Poliabortività: LMWH (+ ASA 75 mg/die).
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2. Iperomocisteinemia (non ci interessa)
TERAPIA DI TVP ASSOCIATA A TROMBOFILIA (non fatto a lezione)
• LMWH (Nadroparina 1000 UI/Kg/12 ore = 0.7 ml; Seleparina x 2/die in un individuo di 70 kg). Non è necessaria
l’ospedalizzazione né il monitoraggio dell’aPTT. Seguire questa terapia in caso di chirurgia generale, chirurgia ad alto
rischio (ortopedica, oncologica, ginecologica), gravidanza e puerperio. Astenersi dall’uso di contraccettivi orali (non
necessario).
• Terapia Anticoagulante Orale (TAO): induzione a partire dal 1° o 2° giorno di LMWH e continuare per 6 mesi. Continuare
a vita se > 2 TVP; se TEP massiva; se > 2 fattori trombofilici (eterozigosi composita).
Si sconsiglia l’uso della pillola contraccettiva nelle donne che hanno una storia precedente di trombosi venosa. Tuttavia i
test per la trombofilia ereditaria non evidenziano un reale aumento del rischio associato alla contraccezione orale. Neanche
pillole di soli progestinici sembrano essere associate ad un rischio aumentato.
In gravidanza:
o Pre-parto e post-parto (6 settimane): LMWH 100 u/Kg x 2/die in donne ad alto rischio (deficit AT
indipendentemente da pregresso VTE; TAO sine die) o donne a rischio moderatamente aumentato (pregresso VTE
+/- trombofilia ereditaria; eterozigoti combinati per FV Leiden e PT G20210A; omozigoti per FV Leiden o PT
G20210A; deficit di proteina C).
o Post-parto (6 settimane): LMWH 100 u/Kg x 2/die in donne a rischio lievemente aumentato (eterozigoti per
proteina S, FV Leiden, PT G20210A senza precedenti VTE).
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MONITORAGGIO TERAPIA
ANTICOAGULANTE
EPARINA È una miscela di polisaccaridi solfatati di vario peso molecolare. Si distinguono:
➢ EPARINE AD ALTO PESO MOLECOLARE (UFH): Hanno maggiore affinità per il PF4; contengono solo una piccola
percentuale di molecole utili per il legame con l’AT. Sono la Na-eparina (protocollo obsoleto) e la Ca-eparina;
modificano l’aPTT, sono usate ormai solo per la cardiochirurgia ed altre specifiche situazioni. Il rischio di
trombocitopenia indotta da eparina è alto, perché la farmacocinetica non è prevedibile→ è necessario
monitoraggio tramite aPTT.
Il protocollo Na-eparina si somministra per endovena ed è utilizzato in caso di TEP e TVP.
➢ EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE (LMWH): legano meglio la AT, ma non legano il fattore piastrinico IV.
Sono la Dalteparina, l’Enoxaparina, la Parnaparina e la Tinzaparina; non necessitano di monitoraggio clinico, rischio
di HIT molto basso, non modificano aPTT. Il rischio di trombocitopenia indotta da eparina è molto ridotto;
utilizzabile in gravidanza, perché l’eparina non passa la placenta.
Dosaggio: 100 U/kg nelle 24 ore a scopo profilattico. 100 U/kg nelle 12 ore a scopo terapeutico.
Controllo aPTT dopo 6 ore e dopo 12 ore; è necessario regolare l’infusione di conseguenza (il target è aPTT ratio = 2-3).
Nel caso, embricatura precoce con TAO, sospendere eparina 24 h dopo aver raggiunto INR terapeutico (in genere 5 giorni).
In caso di infusione/sovradosaggio di Na-eparina si può avere sanguinamento: si sospende l’eparina, si somministra solfato
di protamina ev lentamente: 1 mg di protamina/1000 UI di eparina.
TAO Nel corso di ematologia non si parla della NAO (molto diffusa in alcuni ambiti).
I principali sono: WARFARIN (Coumadin, emivita 36 ore; compresse da 5 mg; prima scelta), ACENOCUMAROLO (12 ore;
1 mg o 4 mg) e Fenprocumone (60 ore).
La terapia anticoagulante orale blocca la sintesi degli enzimi della coagulazione: riduce la sintesi di VII, IX, X e protrombina.
Ne riduce la sintesi epatica ma non riduce i livelli dei fattori già preformati→ agisce con qualche giorno di latenza (4-5),
perché persistono i fattori già preformati dal fegato.
Va a bloccare nello specifico la carbossilazione dei fattori di origine
epatica in quanto è un antagonista della vitamina K (cofattore
indispensabile); il fattore VII è il primo ad essere ridotto (ha emivita
più breve→ nei primi giorni si avrà un allungamento dell’INR isolato e
solo dopo si allunga l’aPTT), poi proteina C, poi gli altri.
C’è un periodo finestra tra il calo della Proteina C e quello del fattore
IX, in cui c’è rischio paradosso di trombosi. Si monitora con il PT-INR:
il primo si fa 3-4 giorni dopo l’inizio della terapia.
Inizio terapia TAO: Warfarin 5 mg per os, simultaneamente a infusione eparinica a basso peso molecolare per 4-5 giorni
(concomitante eparina permette anticoagulazione precoce e riduce rischio di necrosi cutanea da warfarin).
Monitoraggio: il PT-INR è molto sensibile al FVII, avendo bassa emivita (è il fattore che si riduce per primo, per cui PT/INR
si allunga circa 24 ore prima di aver raggiunto il vero effetto anticoagulante).
Il PT-INR target è scelto a seconda della patologia di base: 2,5-3 per i pazienti normali; 3 per i pazienti con protesi.
Il monitoraggio viene eseguito ogni 28 giorni se il paziente è stabile, altrimenti più ravvicinato.
Ogni volta che si aggiunge o toglie un farmaco bisogna rivalutare anche la TAO in quanto i farmaci che interferiscono con
warfarin sono tanti.
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È consigliato il monitoraggio presso un centro TAO: è dimostrata la riduzione degli effetti collaterali della TAO (50-70%). In
futuro, monitoraggio domiciliare.
Regole base per la TAO:
- Orario fisso a stomaco vuoto, a 2-3 ore di distanza da pranzo e cena (metà mattina o metà pomeriggio).
- Dieta libera: non ci sono regole così rigide in realtà.
- Fare attenzione alle interazioni farmacologiche.
Sovradosaggio: sospendere la TAO.
Se necessario, si somministra vitamina K come Fitonadione (Konakion:) per os o endovena. Tuttavia, gli effetti sono visibili
dopo 24-36 ore; se c’è emorragia in atto, infondere 2-3 U di plasma fresco→ fornisce tutti i fattori vitamina K-dipendenti
già pronti all’uso. Valutare sempre il rischio infettivo trasfusionale.
Il Warfarin può indurre necrosi cutanea su base trombotica: 2-7 giorni dopo l’inizio della TAO, senza concomitante eparina,
in soggetti eterozigoti per deficit di PrC (PrC diminuisce dopo il FVII ma prima di altri Fattori).
In caso di chirurgia, manovre invasive, estrazioni dentarie: sospendere TAO 4-5 giorni prima di un intervento; sostituire la
TAO con eparina s.c.; sospendere l’eparina subito prima dell’intervento; riprendere la TAO in associazione a eparina il
pomeriggio dell’intervento (a meno di complicanze emorragiche); sospendere l’eparina e proseguire con la TAO.
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PIASTRINOPENIE
SEMEIOTICA DELL’EMOSTASI • Petecchie: microsanguinamenti; microstravasi che non scompaiono alla digitopressione. Si accumulano nelle parti del
corpo dove la pressione idrostatica è maggiore (piedi, zona sacrale) e nelle aree soggette a microtraumatismi (cavo
orale per masticazione) ed attriti (abiti, elastici, cinture). Sono una spia di ciò che avviene negli organi interni. Causate
da piastrinopenie.
• Porpora emorragica: accumulo di molte petecchie; non palpabile.
• Ecchimosi: sanguinamenti cutanei diffusi su vaste aree. Causate da piastrinopenie.
• Sanguinamenti mucosi:
o Epistassi: ha cause locali e cause sistemiche (crisi ipertensive, piastrinopenia severa, piastrinopatia,
coagulopatia).
o Gengivorragia: ha cause locali (parodontopatia) e cause sistemiche (crisi ipertensiva, piastrinopenia severa,
piastrinopatia, coagulopatia).
o Macroematuria.
• Ematomi: sanguinamenti delle fasce muscolari. Si può verificare un ematoma anche in sede subdurale. Causati da
coagulopatie.
• Emartro: sanguinamento all’interno delle sinovie. Causato da coagulopatie.
DIAGNOSTICA LABORATORISTICA DI 1° LIVELLO DELL’EMOSTASI Bisogna valutare sempre:
1. COAGULAZIONE (visto sopra):
▪ PT/INR
▪ aPTT
▪ Fibrinogenemia
▪ D-dimero
2. PIASTRINE:
▪ N° PLT: si raccolgono in provette con EDTA (chelante del calcio) e citrato: è alterata in tutte le forme di
piastrinopenia, comprese quelle da consumo.
▪ Se le piastrine sono ridotte, sempre guardare anche i WBC e i RBC, per capire se si tratta di un deficit isolato o
combinato→ le piastrine possono diminuire per prime in caso di insufficienza midollare.
▪ Striscio di sangue periferico: ricerca di aggregati di PLT.
▪ Tempo di sanguinamento: Valuta il vWF, l’adesione e l’aggregazione delle PLT. Si esegue facendo un’incisione
superficiale sulla cute volare dell’avambraccio; è necessario personale addestrato (riproducibilità). Il valore
normale è < 9 minuti. È allungato in piastrinopenia, piastrinopatie, vWD e afibrinogenemia.
▪ Aggregometria: si utilizzano ADP, fibrinogeno e trombina come stimolanti. Il valore critico non è ben definito;
è utile in campo scientifico.
3. vWF:
▪ Tempo di sanguinamento.
▪ PFA (Platelet Function Activity): sospensione di FANS, antiaggreganti 7-10 giorni prima del test.
PIASTRINE Le piastrine sono frammenti anucleati del citoplasma dei megacariociti (ø 2-3 μ); non hanno capacità biosintetiche ma
contengono l’enzima COX-1 necessario alla sintesi di prostaglandine e trombossani. Hanno grandi capacità retrattili (actina
e miosina molto abbondanti).
La vita media è di 7-10 giorni, e il loro normale valore plasmatico è 150.000-450.000/μl. Normalmente, circa il 30% delle
PLT è sequestrato nella milza; per cui, in seguito a splenectomia si avrà una fase di piastrinosi post-splenectomia, che
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scompare quando il midollo ha riassettato la produzione piastrinica. Allo striscio di sangue periferico normalmente si ha 1
PLT/10-40 RBC. Le PLT circolano individualmente nel sangue periferico e non come aggregati.
Le piastrine esprimono il recettore GpIb che lega il vWF. Il vWF media il legame tra la piastrina e il collagene della membrana
basale sottoendoteliale. Si ha poi la liberazione del contenuto dei granuli piastrinici (ADP, FV, vWF e fibrinogeno), inducendo
un’elevata concentrazione locale di fattori protrombotici.
Viene poi espresso il recettore GpIIb/IIIa che lega il fibrinogeno: questo permette l’aggregazione con altre piastrine.
APPROCCIO AL PAZIENTE PIASTRINOPENICO La diagnosi di primo livello si basa sull’anamnesi, l’EO, l’emocromo e le prove di coagulazione di base. È necessario sapere
se c’è un sanguinamento in atto: questo condiziona molto l’approccio al paziente. Si deve sempre eseguire un prelievo
doppio in EDTA e citrato per escludere la pseudopiastrinopenia.
Importante è anche verificare la presenza di leucopenia, anemia o entrambe: insufficienza midollare.
All’anamnesi è importante valutare l’assunzione recente di nuovi farmaci (potrebbe dare una piastrinopenia da farmaci),
mentre una terapia eparinica recente o in corso potrebbe essere causa di HIT. Altri fattori importanti sono l’esecuzione di
trasfusioni nella settimana precedente (Porpora post-trasfusionale) o una sepsi in atto (CID).
All’EO possono essere rilevati segni evidenti di aumentata distruzione, come la splenomegalia. Importante è anche la
valutazione di PT/INR, aPTT, fibrinogeno, D-dimero (per distinguere CID da MAT).
Bisogna escludere la PSEUDOPIASTRINOPENIA: è un artefatto di laboratorio che si verifica su sangue raccolto in EDTA→
solo in vitro e non in vivo. Ha una frequenza di 1/1000.
EDTA chela il Ca2+ e può provocare l’esposizione di epitopi di GpIIb/IIIa riconosciuti da un autoanticorpi anti-GpIIb/IIIa non
patogenetici ma causanti l’aggregazione delle piastrine. Non si evidenziano segni o sintomi clinici.
La diagnosi si esegue su un doppio prelievo citrato e EDTA: si avrà piastrinopenia in EDTA ma non in citrato, allora si fa
diagnosi di pseudopiastrinopenia. Sullo striscio di sangue si vedranno aggregati di piastrine in EDTA ma non in citrato.
Se la piastrinopenia risulta in entrambe le provette, si fa diagnosi di piastrinopenia vera.
RISCHIO EMORRAGICO In base al numero di piastrine al μL si stabilisce un rischio emorragico:
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• Per PLT > 50.000/μl non si hanno sanguinamenti eccetto in caso di traumi o chirurgia.
• per PLT < 50.000/μl si hanno sanguinamenti per traumi lievi
• per PLT < 5-10.000/μl si hanno sanguinamenti spontanei e l’emorragia cerebrale è l’evento più temibile.
Quest’ultimo valore è anche la soglia decisionale per la trasfusione. Importante è anche considerare sempre la
funzione coagulativa (INR, APTT) per definire il rischio emorragico del singolo paziente.
La terapia generale consiste nel curare la causa della piastrinopenia: si interrompono eventuali nuovi farmaci assunti; in
assenza di fattori di rischio si trasfonde se PLT < 5-10.000/μl; in presenza di fattori di rischio (trauma cranico, altro trauma,
necessità di chirurgia d’urgenza): portare PLT a > 50.000/μl.
Mai trasfondere in caso di PTT, HUS e HIT.
CLASSIFICAZIONE DELLE TROMBOCITOPATIE Le malattie delle piastrine si dividono in:
• PIASTRINOPATIE: clinica emorragica. Si dividono in:
o Ereditarie: Glantzman, Bernard-Soulier, Wiskott-Aldrich, Storage pool disease, M. di von Willebrand.
o Acquisite: farmaci (FANS), IRC, disproteinemie, s. mieloproliferative croniche.
• PIASTRINOSI: aumento del numero di PLT; clinica trombotica, emorragica se >106/μL. Si dividono in:
o Reattive: sideropenia, flogosi ed infezioni, paraneoplastiche, da emorragia acuta.
o Neoplastiche: sindromi mieloproliferative croniche.
o Post-splenectomia.
• PSEUDOPIASTRINOPENIA.
• PIASTRINOPENIE: riduzione del numero di PLT; clinica emorragica. Hanno varie cause:
1. Ridotta produzione: aplasie midollari, mieloftisi, piastrinopoiesi inefficace, carenza B12 e folati, PNH, MDS.
2. Aumentata distruzione: autoimmune (PTI), post-trasfusionale (PPT), farmaci (immunomediata), non
immunologica (ipersplenismo).
3. Aumentato consumo: microangiopatie trombotiche (PTT, HUS, HELLP), CID, sepsi.
4. Aumentato sequestro splenico: in corso di splenomegalia la conta piastrinica può scendere (es. cirrosi).
PIASTRINOPENIE DA RIDOTTA PRODUZIONE possono essere dovute ad un diminuito numero di megacariociti (mieloftisi, aplasia midollare, CHT e RT, alcol, HIV che può
infettare i megacariociti: può essere l’unica citopenia che presenta il pazinte) o ad una megacariocitopoiesi inefficace
(carenza di B12 e folati, MDS, PNH).
La sintomatoogia clinica è tipica del deficit emostatico piastrinico; possono esserci anemia e neutropenia concomitanti. La
diagnosi si fa con biopsia e aspirato BM (presenza/assenza di Mk; micromegacariociti in MDS). Esistono marcatori periferici
quali PLTs contenenti mRNA (arancio di acridina), il dosaggio TPO e la glicocalicina (frammento di GpIb rilasciata in circolo
durante trombocitopoiesi).
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La terapia consiste nel curare la patologia di base. Sospendere antiaggreganti, FANS e anticoagulanti; evitare iniezioni IM
ed esposizione a traumi o fattori di rischio. Eseguire trasfusioni di PLT (aferesi o pool):
• se < 5000/μl, anche in assenza di manifestazioni emorragiche lievi (petecchie) in atto.
• se < 15-20.000/μl, in presenza di petecchie nuove.
• se < 50.000/μl, in caso di rischio (trauma ) o manovre invasive urgenti .
PIASTRINOPENIA IMMUNOLOGICA (PTI) Porpora trombocitopenica immunologica: è una piastrinopenia causata da autoanticorpi anti-PLT, rivolti in genere contro
GpIIb/IIIa, e causano un’aumentata clearance delle piastrine.
Ha incidenza di 1/10-20.000/anno; sono colpite più frequentemente le donne, con insorgenza maggiore nella 2°-4° decade
(> età anziana; spesso donne in gravidanza). Frose ha una associatzione con H. Pylori (se positivo, lo si eradita).
Nel bambino è autolimitante e solitamente post-virale, mentre nell’adulto ha andamento cronico.
Clinica: la PTI primaria si presenta con petecchie/porpora, ecchimosi, epistassi, gengivorragia, ematuria, menorragia ed
altre manifestazioni emorragiche.
Milza e linfonodi sono nella norma; non c’è leucopenia o anemia (eccetto sindrome di Evans, cioè una anemia
immunoemolitica).
La PTI può essere secondaria a malattie sistemiche autoimmuni (les) o linfoproliferative; oltre a segni e sintomi di PTI si
presentano anche segni e sintomi di malattia di base.
Diagnosi:
- Esame emocromocitometrico e lo striscio di sangue periferico (no schistocitosi, no clumps PLT; ø PLT aumentato).
- Biopsia midollare rivela un aumento dei megacariociti; siccome non esiste un equivalente piastrinico dei reticolociti,
per indagare una eventuale aumentata produzione bisogna andare a valutare il pool di megacariociti midollari.
- Indagine sierologica: si ricercano Ab anti-PLT (negativi in 20% delle PTI)→ hanno poco valore perché molto aspecifici
(no esiste un equivalente del test di Coombs per le piastrine).
- Ricerca di H. Pylori: serologia, ricerca dell’antigene fecale e/o breath test.
Terapia:
• Sospendere IM, antiaggreganti, anticoagulanti (se PLT < 40-50.000/μl).
• Eradicare HP se positivo.
• Prednisone 1-2 mg/kg/die. sono frequenti le recidive. Trattamento di prima linea.
• Immunoglobuline: vanno a saturare l’FcR, quindi le piastrine verranno meno distrutte (stesso meccanismo di anemia
emolitica); effetto persiste 2-3 settimane.
• Splenectomia: nella milza vengono distrutte le piastrine ed è il luogo dove sono prodotti gli Ab. La probabilità di
eradicare la malattia è del 70% ma l’intervento non è eseguibile su tutti i pazienti per motivi d’età e della conta
piastrinica. La splenectomia causa un aumentato rischio infettivo da Streptococco, H. influenzae tipo b, Meningococco,
quindi è necessario vaccinare prima.
• Rituximab, di seconda linea. Le recidive sono più probabili rispetto alla splenectomia, ma è più sicuro. È un anticorpo
monoclonale chimerico che targetta CD20 espresso sui linfociti B maturi; ha una porzione murina che targetta CD20 e
una porzione Fc umana costante che attiva la risposta CDC e ADCC.
• TPO mimetici (Romiplostim e Eltrombopag): mimano l’azione della trombopoietina e stimolano la produzione di
megacariociti, legandosi al recettore per la trombopoietina. Sono due:
o Romiplostim è un Peptibody: presenta un dominio peptidico ed un dominio Fc e si lega direttamente al
recettore. Ha un’azione molto potente, ed è necessario un attento controllo della conta piastrinica, onde
evitare il rischio trombotico.
o Eltrombopag è invece un TPO mimetico non peptidico: non si lega al recettore ma stimola il pathway più a
valle.
Con questi farmaci bisogna stare attenti all’overshooting, cioè un aumento eccessivo delle piastrine (poi diventa rischio
trombotico).
• Ciclofosfamide 1-2 mg/Kg/d (monitorare WBC) oppure 1-1.5 g/m2 ogni 3 sett.
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• Danazolo 10-15 mg/kg/die x 4-6 mesi.
MICROANGIOPATIE TROMBOTICHE (MAT) Si presentano con 5 sintomi principali, ma non è detto che tutti si manifestino contemporaneamente (solo nel 30%).
Questi sintomi sono:
• Anemia emolitica Coombs negativa
• Piastrinopenia Triade semeiologica
• Manifestazioni neurologiche fluttuanti Pentade semeiologica
• IRA.
• Febbre.
Tra le MAT si annoverano:
o Porpora trombotica trombocitopenia (PTT ) o malattia di Moschkowitz (idiopatica: acquisita o
familiare/ereditaria).
o Sindrome emolitico-uremica (HUS): Tossine (Shigatoxin e Verotoxin = Shiga-like toxin).
o Trapianto.
o Neoplasie e CHT.
o HIV.
o Gravidanza (HELLP = Hemolytic anemia, Elevated Liver function tests, Low PLT).
o Farmaci: ticlopidina e clopidogrel; CyA e tacrolimus (FK506).
Fisiopatologia → Trombosi microangiopatica disseminata: esiste un qualche meccanismo che attiva l’aggregazione piastrinica: queste
formano dei trombi nel microcircolo e si formano dei clumps di aggregazione intravascolare. Questo causa una
piastrinopenia da consumo e una anemia emolitica (perché i GR tentano di passare nel filtro di fibrina si tagliuzzano); la
coagulazione è normale (non c’è CID).
Il motivo per cui inizia l’aggregazione piastrinica non è chiaro; inizialmente i pazienti morivano tutti, poi si è iniziato a trattarli
con PLASMA EXCHANGE (veniva tolto tutto il plasma e rimesso un altro plasma; è più di una plasmaferesi). Ci si è accorti
che nella PPT e in altre MA c’è un eccesso di multimeri di fattore di VW ad alto peso molecolare, che sono quelli che legano
il recettore piastrinico. Esso si trova dii solito nei corpi di Weibel-Palade,
ma quando passa dalla cellula endoteliale nel sangue, questi multimeri ad
alto peso molecolare viene tagliuzzato dalla proteina ADAMTS-13,
riducendone le proprietà protrombotiche.
O per un danno endoteliale o per un deficit di ADAMTS-13, nel circolo si
trova un eccesso di multimeri ad alto peso molecolare, che sono
responsabili della microangiopatia trombotica.
Esistono forme di deficit di ADAMTS-13 di tipo ereditarie (mutazioni) ma
nella maggior parte dei casi sono forme acquisite, in cui si producono
autoanticorpi anti-ADAMTS-13.
ADAMTS13 è presente in misura minore del 5% nella PTT idiopatica, nella PTT gravidica/puerperale e nelle MAT da farmaci;
un valore maggiore del 5% è sufficiente a prevenire le MAT. Solo nelle neoplasie e in CHT si potranno avere MAt anche con
valori di ADAMTS13 del 20-30%.
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La terapia è il PLASMA EXCHANGE, che consiste in una plasmeferesi associata ad una trasfusione: la plasmaferesi rimuove
i multimeri ad alto peso molecolare e gli Ab anti-ADAMTS13, mentre la trasfusione infonde ADAMTS13.
Porpora trombotica trombocitopenica (PTT) è una patologia rara ma molto grave, bisogna saperla riconoscere e inviare subito in centri specializzati.
È un’anemia emolitica microangiopatica con schistocitosi, piastrinopenia e sintomi e segni neurologici (cefalea,
sonnolenza, coma ma non segni di lato, tipico andamento fluttuante con formazione e dissoluzione di microtrombi a livello
cerebrale). Possono associarsi ipertermia ed insufficienza renale.
La diagnosi si basa su:
- Striscio di sangue, che evidenzia un’anemia schistocitica, aggregati di piastrine e reticolocitosi
- PT, PTT e fibrinogeno nella norma
- Modico aumento del D-dimero
- Spiccato aumento di LDH (emolisi intravascolare e danno tissutale ischemico).
Senza la terapia la mortalità è del 100%. Per la PTT acquisita, la terapia consiste nel Plasma Exchange associato alla terapia
immunosoppressiva (PDN 1mg/kg/die). Per la PTT ereditaria, la terapia consiste nel Plasma-Infusion; in futuro si cercherà
di creare ADAMTS13 ricombinante.
La Plasmaferesi non è utile (se non per la PTT familiare) e neanche le trasfusioni di piastrine, che sono controindicate.
Sindrome emolitico-uremica (HUS) È causata dalle tossine Shigatoxin e Verotoxin (SLT-1) dell’E. Coli. SLT-1 si lega al CD77, presente prevalentemente
sull’endotelio glomerulare. Colpisce prevalentemente i bambini ed è spesso preceduta da diarrea ematica.
La sintomatologia comprende la triade di anemia schistocitica, piastrinopenia ed insufficienza renale. La prognosi è buona.
TROMBOCITOPENIA INDOTTA DA EPARINA (HIT) Abbiamo già distinto le eparine a alto e basso peso molecolare: le prime legano meglio PF4, mentre le seconde legano
meglio AT.
La HIT si distingue in:
• Tipo 1, comune, non-immunomediata e clinicamente nds.
• Tipo 2, rara, immunomediata e potenzialmente grave; si formano complessi immunogenici tra eparina e PF4 e
quando questi complessi raggiungono il linfonodo possono indurre la formazione di anticorpi. Gli Ab riconoscono
l’immunocomplesso da una parte, e il recettore Fc delle piastrine dall’altra, causando trombosi e inducendo
deplezione piastrinica.
È quindi un paradosso: la piastrinopenia indotta da eparina ha MAGGIORE RISCHIO TROMBOTICO che emorragico!
I criteri di riconoscimento della HIT sono:
▪ Diminuzione del numero di piastrine al di sotto di 15000/μL in pazienti con conta piastrinica inizialmente normale.
▪ Decremento del 50% della conta piastrinica in pazienti inizialmente piastrinopenici.
All’anamnesi ed EO si avranno:
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- Relazione temporale fra trombocitopenia e avvio della terapia eparinica (7-12 giorni dall’avvio di eparina; un paziente
è definito “esposto a eparina recentemente” se ha assunto eparina nei 3 mesi precedenti).
- Sintomi e segni di trombosi venosa o arteriosa.
- Ricerca di pertinenti per altre cause di trombocitopenia: febbre/brividi (sepsi), chirurgia recente e/o emotrasfusioni
(emodiluizione), shock o MOFS.
- Cute: placche eritematose o necrosi franca in sede di iniezione sottocutanea (tuttavia solo 10-20% di HIT sviluppano
chiare alterazioni cutanee).
Diagnosi: si possono ricercare Ab anti-complesso EP/PF4, ma pochi centri offrono la possibilità di test per la HIT, per cui la
diagnosi e l’avvio della terapia sono in base al giudizio clinico.
In sospetto di HIT bisogna sospendere la terapia eparinica (qualunque sia, non basta cambiare tipo di eparina), non
trasfondere piastrine e valutare la tendenza alla trombofilia. Nel caso c’è indicazione a terapia antitrombotica (con
Fondaparinux, pentasaccaride dell’eparina che non cross-reagisce con gli Ab).