Leggendaria - Faccia a faccia con la doppia morale

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26 REPORTAGE V E N E Z U E L A Leggendaria 74 Marzo 2009 TESTO E FOTO DI BARBARA MEO EVOLI* « L a rivoluzione deve at- tuarsi sia in piazza che dentro casa». Questo il motto delle femministe argentine negli anni Settanta. È lo stesso motto che riprende oggi Maria Santini, la coordina- trice della prima “Casa Abrigo” costruita in Venezuela. In spagnolo “abrigo” signi- fica letteralmente casa “riparo” o “cap- potto”. Le donne che subiscono la violen- za domestica lì trovano rifugio. Lì viene data loro la possibilità di costruirsi una nuova vita lontana dal marito. «Quando mi nascondevo in montagna durante la guerriglia – ricorda Maria, che tuttora vi- ve in un quartiere umile di Maracay – mi dicevo che se un giorno avessimo vinto, il mio sogno sarebbe stato costruire una fattoria e una scuola per bambini poveri. Ma dopo tanti anni e la sconfitta della no- stra guerriglia, il movimento bolivariano – guidato dall’attuale presidente Hugo Chávez – nel quale non avevamo fiducia all’inizio, mi ha permesso di recuperare il sogno della mia giovinezza». «Quando avevo 20 anni, nella fabbrica tessile dove lavoravo – racconta la donna, che è riuscita a tirare avanti vendendo fo- tografie di matrimoni – ho dovuto sop- portare il sessismo dei padroni. Ho vissu- to una doppia discriminazione: come donna e come operaia. Ho dovuto affron- tare la tendenza femminile a delegare il potere agli uomini quando lavoravo nel programma di attenzione alla salute delle donne. In realtà, noi donne portiamo il peso di quasi tutte le responsabilità nella vita». Ma la sinistra ha tutelato, scavalcan- do gli schemi sociali tradizionali, l’egua- glianza dei diritti delle donne? «Un mio amico cubano – ricorda Maria – mi rac- contava della doppia morale comunista: il compagno ha ancora il diritto di tradire la moglie, ma se è la compagna a tradirlo la Rivoluzione è in pericolo». Santini, ve- nezuelana di origine italiana, da quando nel 2001 è stata creata la “Casa de Abrigo” Argelia Laya, ha lavorato dando anima e corpo al programma promosso dal gover- no di Chávez e diretto dall’Istituto nazio- nale della donna (Inamujer) in attuazione delle “Legge sui diritti delle donne a una vita senza violenza”. Oltre agli obiettivi raggiunti con le Case rifugio, la ministra per gli Affari della donna, María Leon, ha messo in rilievo, fra i più importanti risul- tati nella lotta alla disparità fra sessi, l’as- segnazione alle donne del 50 per cento delle candidature nelle liste elettorali. Con l’obbligo, inoltre, che nella lista com- paia alternatamente il nome di una don- na e quello di un uomo, affinché le donne non si ritrovino, come è sempre stato, in fondo all’elenco. CRESCE LA RAPPRESENTANZA «Prima del governo di Chávez – ha ribadi- to la ministra ed ex sindacalista – solo il 30 per cento delle candidature era asse- Faccia a faccia con la A dieci anni dall’inizio del mandato di Hugo Chávez – uscito vincitore dal referendum costituzionale al 14 febbraio – a che punto sono i diritti delle donne e la lotta per l’emancipazione

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A dieci anno dall'inizio del mandato di Hugo Chávez, uscito vincitore dal referendum costituzionale del 14 febbraio scorso, a che punto sono i diritti delle donne e la lotta per l'emancipazione. “La rivoluzione deve attuarsi sia in piazza che dentro casa”. Questo il motto delle donne femministe argentine negli anni '70. E' lo stesso motto che riprende oggi Maria Santini, la coordinatrice della prima ‘Casa Abrigo’ costruita in Venezuela. In spagnolo ‘Abrigo’ significa letteralmente casa ‘riparo’ o ‘cappotto’. Le donne che subiscono la violenza domestica lì trovano rifugio. Lì viene data loro la possibilità di costruirsi una nuova vita lontana dal marito.

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TESTO E FOTO DI BARBARAMEO EVOLI*

«La rivoluzione deve at-tuarsi sia in piazzache dentro casa».Questo il motto dellefemministe argentine

negli anni Settanta. È lo stesso motto cheriprende oggi Maria Santini, la coordina-trice della prima “Casa Abrigo” costruitain Venezuela. In spagnolo “abrigo” signi-fica letteralmente casa “riparo” o “cap-potto”. Le donne che subiscono la violen-za domestica lì trovano rifugio. Lì vienedata loro la possibilità di costruirsi unanuova vita lontana dal marito. «Quandomi nascondevo in montagna durante laguerriglia – ricorda Maria, che tuttora vi-ve in un quartiere umile di Maracay – midicevo che se un giorno avessimo vinto, ilmio sogno sarebbe stato costruire unafattoria e una scuola per bambini poveri.Ma dopo tanti anni e la sconfitta della no-stra guerriglia, il movimento bolivariano

– guidato dall’attuale presidente HugoChávez – nel quale non avevamo fiduciaall’inizio, mi ha permesso di recuperare ilsogno della mia giovinezza».

«Quando avevo 20 anni, nella fabbricatessile dove lavoravo – racconta la donna,che è riuscita a tirare avanti vendendo fo-tografie di matrimoni – ho dovuto sop-portare il sessismo dei padroni. Ho vissu-to una doppia discriminazione: comedonna e come operaia. Ho dovuto affron-tare la tendenza femminile a delegare ilpotere agli uomini quando lavoravo nelprogramma di attenzione alla salute delledonne. In realtà, noi donne portiamo ilpeso di quasi tutte le responsabilità nellavita». Ma la sinistra ha tutelato, scavalcan-do gli schemi sociali tradizionali, l’egua-glianza dei diritti delle donne? «Un mioamico cubano – ricorda Maria – mi rac-contava della doppia morale comunista:il compagno ha ancora il diritto di tradirela moglie, ma se è la compagna a tradirlola Rivoluzione è in pericolo». Santini, ve-

nezuelana di origine italiana, da quandonel 2001 è stata creata la “Casa de Abrigo”Argelia Laya, ha lavorato dando anima ecorpo al programma promosso dal gover-no di Chávez e diretto dall’Istituto nazio-nale della donna (Inamujer) in attuazionedelle “Legge sui diritti delle donne a unavita senza violenza”. Oltre agli obiettiviraggiunti con le Case rifugio, la ministraper gli Affari della donna, María Leon, hamesso in rilievo, fra i più importanti risul-tati nella lotta alla disparità fra sessi, l’as-segnazione alle donne del 50 per centodelle candidature nelle liste elettorali.Con l’obbligo, inoltre, che nella lista com-paia alternatamente il nome di una don-na e quello di un uomo, affinché le donnenon si ritrovino, come è sempre stato, infondo all’elenco.

CRESCE LA RAPPRESENTANZA«Prima del governo di Chávez – ha ribadi-to la ministra ed ex sindacalista – solo il30 per cento delle candidature era asse-

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A dieci anni dall’inizio del mandato di Hugo Chávez – uscito vincitore

dal referendum costituzionale al 14 febbraio – a che punto sono

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gnato alle donne e la norma non venivaneanche rispettata». Ma cosa è cambiatoper la donna nei dieci anni di governo diChavez (1998-2008) e di “socialismo delXXI secolo”? «La lotta per l’uguaglianzaprima era solo ad appannaggio di una éli-te di donne borghesi, adesso vi è una po-litica di massa contro la nostra discrimi-nazione. Il presidente del Venezuela hasempre affermato che le donne sono leavanguardie in questa rivoluzione». «Undato che rivela come le donne, dal ‘98 adadesso, siano diventate parte attiva e pro-duttiva della società – ha ricordato la mi-nistra facendo una pausa con la voce – èla loro presenza negli organi decisionali:tre poteri dello stato su cinque sono pre-sieduti da donne. Inoltre è donna: il 60per cento dei membri dei consigli comu-nali – ovvero gli organismi popolari di au-togoverno composti da circa 200 famiglieognuno – e il 70 per cento del personalenelle nuove istituzioni create per garanti-re l’istruzione a coloro che ne erano statida sempre privati».

La psicologa Susana Medina, facendoun quadro della realtà venezuelana, hainvece sottolineato come nel paese si siaancora lontani da una reale eguaglianza.«La violenza, in tutto il mondo, nasce dauna disuguaglianza fra i due sessi – haspiegato – e all’uomo la società tuttora at-tribuisce maggior potere. Le donne han-no interiorizzato una gerarchia di valoriimposta dalla società che è sbagliata:l’unione della famiglia deve essere salva-

guardata a costo della propria vita. Pren-dere la decisione di allontanare un uomoche ti picchia viene ancora visto come unerrore commesso dalla donna».

Tante, troppe volte, il marito, o com-pagno, abbandona la casa di famiglia escompare senza assumersi la responsa-bilità dei propri figli. La donna rimanecon il carico dei piccoli, oltre a doverlimantenere, si occupa della loro educa-zione. La nota antropologa Iraida Vargasha così spiegato il fenomeno, che non èsolo venezuelano: «La famiglia apparen-temente “madrecentrica”, in cui tutto vie-ne deciso dalla donna e l’uomo non assu-me le proprie responsabilità di padre, siconcretizza in realtà in un patriarcato e ifigli maschi finiscono per riprodurre lostesso modello». Riguardo alla violenza èintransigente sull’argomento: «È un maledella società, non solo dell’individuo, epuò essere risolto solo collettivamente».

MA RESISTE IL PATRIARCATOMa come fare affinché la società, non so-lo venezuelana, prenda coscienza delladiscriminazione che ancora subisce ladonna? Forse a volte si fa finta di non ve-derla, ma c’è. Se il governo di Chavez pro-pugna la costruzione di un nuovo Uomodel “socialismo del XXI secolo”, quale è lanuova Donna che si dovrebbe costruire? Equali sono gli strumenti statali capaci digarantire un’eguaglianza integrale e darealla donna uno spazio che le è sempre sta-to negato nella storia? Secondo i dati del-

l’Onu, tuttora nel mondo le donne guada-gnano un 30 per centro in meno di quelloche guadagnano gli uomini per lo stessolavoro, ogni 10 persone povere sono ben 7le donne e i due terzi degli analfabeti sonodonne.Ancora oggi la principale violazio-ne dei diritti umani nel mondo rimane laviolenza sulle donne.

Il governo di Chávez si è mosso e unodei programmi sociali istituiti è stato laMissione “Madres del barrio”. Con que-st’iniziativa le donne, con dei figli a caricoe in situazione di necessità economica, ri-cevono dallo stato uno stipendio mensileal di sotto del salario minimo, a condizio-ne che studino o intraprendano un’attivi-tà commerciale. «Le donne che partecipa-no al programma sono attualmente 100mila in tutto il paese – afferma la giovanis-sima direttrice della Missione, Maria Edil-mar - Nel momento in cui le madri comin-ciano ad avere un proprio reddito, grazieai corsi di formazione impartiti, non vienepiù erogato il sussidio». Per quanto ri-guarda i contenuti della formazione pun-tualizza: «Non finanziamo i corsi da par-rucchiera o estetista: sarebbe un contro-senso perché riprodurremmo il modellodi “donna-corpo senza mente”». Edilmar,mentre gioca con la penna,non nascondeche in Venezuela «fra le donne che ricevo-no il sussidio del programma Madres vi èun settore apatico che non si risveglia conl’incentivo e che non modifica la propriadipendenza dall’uomo». Ma bisogna ri-cordare che «noi donne veniamo da de-cenni di vita in posizione di inferiorità ri-spetto all’uomo. Fino a poco tempo fa,non c’erano donne che parlavano nelleriunionie prima di Chávez non esistevanopolitiche efficaci per la parità dei sessi». «Visono poi funzionarie statali che – ammettecon franchezza Edilmar – non avevanoproprio problemi economici e stavanonella lista di «Madres del barrio. Questa sichiama corruzione e ovviamente ogni an-no abbiamo dovuto depurare l’elenco dachi lo ha usurpato illegittimamente».

Maria Corina Machado, ingegnere epresidente dell’organizzazione non go-vernativa Sumate, allineata con l’opposi-zione, ci tiene a precisare che non esisto-no statistiche attendibili sulla famiglia inVenezuela e perciò «è impossibile con-cludere se le politiche per la parità del-l’attuale governo siano effettive». Sumatericeve una grossa parte delle sue sovven-zioni dall’agenzia di cooperazione statu-nitense Usaid ed è stata al centro di unoscandalo perché i dollari incassati veni-vano cambiati in bolivares al tasso di

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cambio in nero molto favorevole all’orga-nizzazione rispetto a quello ufficiale, mavietato dalla legge. Sull’imposizione dellaquota a favore delle candidate-donne,Machado con un eterno sorriso affermache «è come riconoscere che le donnenon ce la possono fare da sole». E rispet-to ai risultati del programma Madres ha ipropri dubbi: «Il sussidio crea una dipen-denza della cittadina dallo stato e inoltrecosì il governo può controllare l’operatodelle donne che ricevono l’aiuto econo-mico, limitando la loro libertà di sceltapolitica». Su come funzionano i rapportifra i due sessi nella società venezuelana,Machado, anche lei madre di tre figli, sul-la quarantina, ricorda che «la donna rice-ve tradizionalmente l’intero peso dellafamiglia. Qui gli uomini “aiutano” in casa,quando non si dovrebbe parlare di aiutoma di condivisione degli incarichi. Iopenso di essere stata una delle poche adavere più opportunità per il fatto di esse-re donna. Nell’aula dove studiavo a inge-gneria eravamo 8 ragazze rispetto a 70 ra-gazzi, così ci distinguevamo».

PROGRAMMI COMUNITARIÈ vero che vi sono molte donne parte delprogramma “Madres del barrio” che sonopagate dallo stato per continuare a tra-scorrere la loro vita in casa, filando la cal-zetta al marito e prendendosi cura dei figli.Sono donne che non fanno alcuno sforzoper migliorare la propria vita: non comin-ciano a studiare né intraprendono unapiccola attività produttiva.È il caso,per fa-re un esempio, di Genesis di 22 anni e Mi-lagro, la zia, di 53. Per arrivare nella lorocasupola bisogna inerpicarsi per un ertovicolo incastonato nel quartiere umile LaPastora a Caracas. Entrambe chiacchiera-no mentre i bambini giocano. Ventilatoresempre acceso, tv, lettore dvd e statuettedella Vergine e di eroi indigeni come Guai-caipuro sul comò, non hanno una granvoglia di uscire dalle mura domestiche.

La Missione potrà garantirea tutte le don-ne non abbienti e a lungo termine un’au-tentica integrazione nel sistema produtti-vo e nella società? E quelle che non vota-no Chávez?Lavorare per la gente della co-munità del proprio quartiere è uno degliobblighi che si prendono quando si co-mincia a far parte del programma. «Delle64 Madres della mia circoscrizione – rac-conta senza mai alzare lo sguardo AyaríMartinez, anche lei beneficiaria del sussi-dio – solo 15 vengono alle riunioni chefacciamo per organizzare il lavoro comu-nitario». «Ho fatto per 30 lunghi anni le pu-lizie nella casa della stessa famiglia»: cosìracconta la sua storia Emilda Ahumaraquasi con le lacrime agli occhi, oggi socia diuna cooperativa tessile. «Adesso a 50 anni,Madres mi ha dato la possibilità di usciredalla routine: lavare-pulire-lavare. Mi èstata data l’opportunità di studiare e cre-scere». «Io non sapevo far nulla, stavo tuttoil tempo in casa – spiega interrompendol’amica, la giovane madre Ana Carolina Ri-bero – adesso abbiamo messo in piediun’impresa di mattoni e li produciamo pertutto il barrio. Se la gente della comunitànon ha i soldi per pagarci la mano d’opera,gli prepariamo i mattoni e gli facciamo pa-gare solo il prezzo del materiale».

«È fondamentale che oltre al propriosviluppo personale, la Madre del barrioimpari anche a offrire il proprio tempo ele proprie competenze alla comunità do-ve vive. Attraverso il lavoro, la donna as-sume un ruolo di rilievo e acquisisce po-tere decisionale nella comunità. La mag-gior parte delle Madres del barrio appog-

giano il governo, ma noi aiutiamo tutte ledonne indifferentemente dall’opinionepolitica, non tolleriamo ovviamente il sa-botaggio» spiega Magali Gonzalez, unaex Madre fuoriuscita dal programma e at-tualmente docente universitaria.

«È necessario maggior interventodello stato per combattere la discrimi-nazione della donna in una società for-temente maschilista – afferma la exguerrigliera Maria – Due Case Rifugiosono troppo poche per tutto il paese. Laviolenza è determinata da molteplicifattori: la storica posizione di inferioritàdella donna, la carenza di posti di lavo-ro, la mancanza d’istruzione e la diffi-coltà di avere una casa propria».Forse adesso in Venezuela vi sono almenole condizioni affinché la donna possa fi-nalmente alzare la testa e far sentire lapropria voce.Ma la strada è ancora lungae difficile per raggiungere l’eguaglianza. Eanche in Bolivia oggi vi sono le condizio-ni per un cambiamento. Il 26 gennaioscorso è stata approvata la nuova Costitu-zione in cui si garantisce l’eguaglianza so-stanziale fra i generi, si obbliga lo stato asanzionare specificamente i responsabilidi violenze fisiche e psicologiche sulledonne e si salvaguarda la maternità. «Lanuova Costituzione è superiore alla pre-cedente – afferma con risoluzione Clau-dia Espinoza, attivista femminista boli-viana – perché è la chiave per garantire idiritti della donna e dei popoli indigeni inBolivia. Nel corso della storia, noi donneindigene siamo sempre state doppia-mente discriminate. Adesso basta».

_______________________________________________________________* Barbara Meo Evoli italo-francese, nata il 15 gennaio 1982, è giornalista e fotografa free lance. Si è

laureata in giurisprudenza a Roma e subito dopo è partita per il Venezuela per uno stage presso

l’Ambasciata d’Italia. Ha vissuto un anno a Caracas dove ha creato un’associazione civile per la di-

fesa dei diritti umani in una favela e lavorato come analista internazionale. Ha viaggiato per l’Ame-

rica latina per fotografare la gente nella propria vita quotidiana, per essere in contatto con gli abi-

tanti e scrivere su ciò che accade nei paesi. Cuba, Haiti, Messico, Guatemala e Bolivia sono state le

sue mete. Ha lavorato presso l’agenzia Ansa a Buenos Aires e lavora da agosto nel quotidiano La Vo-

ce d’Italia a Caracas. Per ulteriori informazioni: www.meoevoli.eu

Bibliografia e siti internet: Revista venezolana de Estu-

dios de la Mujer, volume 13, num. 30, 2008. Centro de

Estudios de la Mujer dell’Universidad Central de Vene-

zuela: http://www.ucv.ve/cem/ Sito dell’Istituto nazio-

nale della donna e della ministra degli Affari della don-

na Maria León: http://www.inamujer.gob.ve/. Sul sito vi

sono anche le informazioni sulle “Case rifugio” in Vene-

zuela. Il sito del governo bolivariano in cui si trovano

delle brevi introduzioni alle Missioni sociali:

http://www.gobiernoenlinea.ve/miscelaneas/mi-

siones.html Il sito dell’Associazione civile per la difesa

dei diritti degli elettori Sumate, che appoggia l’opposi-

zione: http://www.sumate.org/

L’agenzia di stampa pubblica boliviana:

http://www.abi.bo Il sito dell’Osservatorio dei diritti

sessuali e riproduttivi delle donne in Bolivia:

http://www.observadsdr.org.bo/index.php