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LEGGE DI STABILITÀ 2016 a cura di Antonio Gigliotti

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GLI AUTORI

Antonio Gigliotti

Direttore e autore della collana di aggiornamento professionale “Fiscal-Focus.it”.

Dottore Commercialista dello “Studio Tributario Gigliotti & Associati”, revisore legale,

pubblicista, specializzato in materia tributaria, autore di diverse pubblicazioni in materia fiscale.

Collabora con importanti quotidiani di carattere nazionale.

Esperto fiscale in materia tributaria per le rubriche di RAI 1 e Radio Rai 1

Hanno collaborato:

Gioacchino De Pasquale

Lucia Recchioni

Devis Nucibella

Paola Mauro

Daniele Bonaddio

Andrea Amantea

Si ringraziano per la fattiva collaborazione il Dr. Marco Brugnolo e il Dr. Pasquale Pirone

I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche, i film didattici e i microfilm) sono riservati per tutti i Paesi. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze.

Testo chiuso in redazione in data 13 GENNAIO 2016

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Indice

Indice

PREMESSA Pag. 1

1. NOVITÀ IMU E TASI Pag. 25

1.1. Il contenuto della manovra Pag. 25

1.1.1. Premessa: una sintesi dei cambiamenti Pag. 25

1.2. Novità TASI Pag. 25

1.2.1. Che cosa cambia per l’abitazione principale Pag. 25

1.2.2. Immobili concessi in comodato tra genitori e figli Pag. 27

1.2.3. Unità immobiliari escluse dalla TASI Pag. 32

1.2.4. Agevolazione TASI per i fabbricati locati a canone concordato Pag. 34

1.2.5. Immobili merce: fissato un limite massimo per l’aliquota TASI Pag. 35

1.3. Novità IMU Pag. 35

1.3.1. IMU immobili in comodato tra genitori e figli Pag. 35

1.3.2. Unità immobiliari escluse dall’IMU Pag. 36

1.3.3. Agevolazione IMU per i fabbricati locati a canone concordato Pag. 37

1.3.4. L’abolizione dell’IMU agricola Pag. 37

1.3.5. IMU/TASI imbullonati Pag. 39

1.3.6. Altre novità Pag. 40

1.4. NOVITÀ TARI Pag. 42

1.4.1. Il rinvio delle prescrizioni sulla TARI Pag. 42

1.4.1.1. La proroga del criterio medio-ordinario Pag. 42

1.4.1.2. Rinvio al 2018 dei fabbisogni standard Pag. 42

2. ASSEGNAZIONE E CESSIONE AGEVOLATA IMMOBILI: LA NUOVA CHANCE PER LE SOCIETÀ

Pag. 43

2.1. Premessa Pag. 43

2.1.1. I principi generali della nuova disciplina Pag. 43

2.1.2. Il quantum da pagare per la fuoriuscita “agevolata” degli immobili Pag. 45

2.1.3. Le imposte indirette Pag. 48

2.1.4. I profili impositivi in capo ai soci Pag. 53

2.2. La Trasformazione agevolata: ulteriore opzione per le società Pag. 56

2.2.1. Premessa Pag. 56

2.2.2. Le condizioni Pag. 60

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2.2.3. Trasformazione agevolata e società di comodo Pag. 61

2.2.4. Analisi di un caso pratico Pag. 62

2.3. Imprese individuali: possibile l’estromissione degli immobili strumentali Pag. 65

2.3.1. Premessa Pag. 65

2.3.2. Caratteristiche generali Pag. 65

2.3.3. IVA e altre imposte indirette Pag. 67

2.3.4. La classificazione degli immobili per l’imprenditore individuale Pag. 78

2.4. Il super ammortamento Pag. 70

2.4.1. Caratteristiche generali Pag. 70

2.4.2. Ambito soggettivo Pag. 71

2.4.3. Ambito oggettivo di applicazione Pag. 72

2.4.4. Ambito temporale Pag. 74

2.4.5. Meccanismo di funzionamento Pag. 75

2.4.6. Autovetture Pag. 77

2.4.7. Acconti Pag. 84

3. RIVALUTAZIONE BENI D’IMPRESA Pag. 85

3.1. Premessa Pag. 85

3.1.1. Ambito soggettivo Pag. 85

3.1.2. Ambito oggettivo Pag. 88

3.1.3. Limite quantitativo Pag. 90

3.1.4. Modalità di rivalutazione Pag. 92

3.1.5. Categorie omogenee Pag. 96

3.1.6. Imposta sostitutiva ed effetti fiscali Pag. 98

3.1.7. Saldo attivo di rivalutazione Pag. 101

3.2. Le modifiche al regime forfettario Pag. 108

3.2.1. Il limite dei ricavi Pag. 108

3.2.2. Adeguamento studi di settore Pag. 110

3.2.3. Criterio Pag. 110

3.2.4. Ragguaglio ad anno e più codici attività Pag. 111

3.2.5. Attività di lavoro dipendente Pag. 113

3.2.6. Regime previdenziale Pag. 114

3.2.7. Start up Pag. 116

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3.2.8. Convenienza Pag. 118

3.3. Abrogazione costi black list, patent box e voluntary disclosure Pag. 123

3.3.1. Costi black list e CFC Pag. 123

3.3.2. Le modifiche al patent box Pag. 125

3.3.3. Voluntary disclosure: notifica via PEC Pag. 126

3.4. Aliquota IRES invariata per il 2016 Pag. 128

4. NOVITÀ IVA 2016 Pag. 131

4.1. Le novità IVA 2016 Pag. 131

4.2. Le modifiche alla disciplina delle note di variazione Pag. 131

4.2.1. Estensione del reverse charge ai consorzi Pag. 139

4.2.2. La nuova aliquota del 5% per le cooperative sociali Pag. 141

4.2.3. Aliquota IVA ridotta per i quotidiani on line Pag. 144

4.2.4. Aliquota IVA Pellet ferma al 22% Pag. 145

4.2.5. Produttori agricoli: dietrofront del Legislatore Pag. 146

4.2.6. Annullamento clausola di salvaguardia? Pag. 148

5. RIVALUTAZIONE QUOTE E TERRENI Pag. 151

5.1. Premessa Pag. 151

5.1.1. Ambito soggettivo Pag. 151

5.1.2. Ambito oggettivo Pag. 153

5.1.3. Perizia Pag. 155

5.1.4. Rivalutazioni precedenti Pag. 157

5.2. Limite del contante e pagamenti elettronici: normativa in continua evoluzione Pag. 158

5.2.1. Premessa: il quadro delle novità Pag. 158

5.2.2. Circolazione del contante: le eccezioni Pag. 162

5.2.3. I canoni di locazione e le spese di trasporto Pag. 164

5.2.4. Le novità in tema di pagamenti elettronici Pag. 165

5.2.5. Conclusioni: il quadro delle novità Pag. 170

5.3. 730 precompilato: cosa cambia dal 2016 Pag. 171

5.3.1. Premessa Pag. 171

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5.3.2. Le sanzioni Pag. 172

5.3.3. I controlli preventivi Pag. 174

5.3.4. Novità per i CAF Pag. 176

5.3.5. Nuovi adempimenti per i sostituti d’imposta Pag. 178

5.3.6. Novità in tema di oneri detraibili Pag. 179

5.3.7. Conclusioni. Il quadro generale delle novità Pag. 180

5.4. La revisione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario Pag. 182

5.4.1. La legge delega tributaria Pag. 182

5.4.2. Violazioni in materia dichiarativa Pag. 182

5.4.3. Violazioni in materia di imposta sul valore aggiunto Pag. 190

5.4.4. Violazioni comuni al settore impositivo diretto e all’Iva Pag. 194

5.4.5. Violazioni in materia di versamenti Pag. 196

5.4.6. Le modifiche di ordine procedurale Pag. 197

5.4.7. Osservazioni finali Pag. 199

5.5. Le novità Irap per il settore agricolo Pag. 202

5.5.1. Estensione della deducibilità del costo del lavoro Pag. 203

5.5.2. Altre modifiche alla deduzione Irap Pag. 204

5.5.3. Esclusione Irap per i medici ospedalieri Pag. 204

5.6. Cosa cambia nei rapporti con Equitalia: nuova rateazione e compensazione cartelle esattoriali

Pag. 206

5.6.1. La compensazione delle cartelle esattoriali Pag. 206

5.6.2. Rateazioni decadute Pag. 208

5.6.3. I crediti da gratuito patrocinio Pag. 209

5.7. Canone RAI ordinario in bolletta Pag. 211

5.7.1. Pagamento in 10 rate con la bolletta elettrica Pag. 211

5.7.2. Premessa Pag. 211

5.7.3. La riforma. I punti salienti Pag. 211

5.7.4. Modalità di addebito e riversamento all’Erario dei canoni riscossi Pag. 214

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5.7.5. Prime indicazioni dell’Authority per l’energia Pag. 215

5.8. Medici e IRAP Pag. 216

5.8.1. Medici ospedalieri. Quando sono esclusi dall’IRAP Pag. 216

5.8.1.1. Premessa Pag. 216

5.8.2. La novità per i medici ospedalieri Pag. 216

5.8.3. Professionisti. Il concetto di autonoma organizzazione secondo la

giurisprudenza Pag. 217

5.9. Novità in tema di accertamento Pag. 220

5.9.1. La delega per la revisione della disciplina sul raddoppio dei termini ai fini

accertativi Pag. 220

5.9.2. L’attuazione della delega Pag. 221

5.9.3. Gli interventi della Legge di Stabilità Pag. 221

5.9.4. L’introduzione della disciplina sul raddoppio dei termini accertativi Pag. 222

5.9.5. La sentenza n. 247/2011 della Corte Costituzionale Pag. 223

5.9.6. La revisione dell’istituto del raddoppio dei termini accertativi: il D.Lgs n.

128/2015 Pag. 225

5.9.7. La disciplina transitoria Pag. 227

5.9.8. Strategie difensive alla luce della revisione dell’istituto del raddoppio dei

termini Pag. 229

5.9.9. Le modifiche operate dalla legge di stabilità 2016 Pag. 230

5.9.10. Il raddoppio dei termini accertativi nel contrasto ai Paradisi Fiscali Pag. 232

5.9.11. L’introduzione della disciplina sulla tassazione dei proventi illeciti Pag. 234

5.9.12. L’obbligo comunicativo introdotto dalla legge di stabilità Pag. 235

5.9.13. Il problema del coordinamento normativo Pag. 236

6. PROROGA BONUS EDILIZIA Pag. 239

6.1. Premessa Pag. 239

6.1.1. Detrazione per lavori di riqualificazione energetica Pag. 239

6.1.2. Ristrutturazione Pag. 241

6.1.3. La proroga Pag. 241

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6.1.4. Misure antisismiche Pag. 242

6.1.5. Risparmio energetico nei condomini Pag. 242

6.1.6. Acquisto arredi Pag. 243

6.1.7. Incapienti Pag. 245

6.2. Art bonus: profili generali e novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 Pag. 246

6.2.1. Caratteristiche generali Pag. 246

6.2.2. Operatività del beneficio fiscale Pag. 247

6.2.3. Modalità di impiego del credito d’imposta Pag. 248

6.2.4. Rilevanza del credito d’imposta Pag. 249

6.2.5. Inserimento nel modello Unico Pag. 250

6.2.6. Il caso delle Fondazioni bancarie Pag. 251

6.2.7. Le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 Pag. 252

6.3. Tax credit per l’industria cinematografica ed audiovisiva: disposizioni generali e novità della Legge di Stabilità 2016

Pag. 254

6.3.1. La digitalizzazione delle sale cinematografiche Pag. 255

6.3.2. Le novità previste dalla Legge di stabilità 2016 Pag. 257

6.3.3. Imprese di produzione cinematografica e le previsioni del Credit Tax Pag. 258

6.3.4. Cosa cambia con la Legge di Stabilità 2016 Pag. 260

6.3.5. Il credito di imposta per le imprese di distribuzione cinematografica e la Legge di Stabilità 2016

Pag. 261

6.4. Credito d’imposta per la riqualificazione degli alberghi e le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016

Pag. 264

6.4.1. Profili generali del credito d’imposta per la riqualificazione degli alberghi Pag. 265

6.4.2. Le novità previste dalla Legge di stabilità 2016 Pag. 272

6.5. Detrazione Iva per l’acquisto della casa Pag. 274

6.5.1. Caratteristiche generali Pag. 274

6.5.2. Applicazione dell’Iva Pag. 274

6.5.3. La nuova detrazione Pag. 275

6.5.4. Caratteristiche della nuova agevolazione Pag. 276

6.6. Acquisto prima casa in leasing Pag. 279

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6.6.1. Caratteristiche generali Pag. 279

6.6.2. Disciplina civilistica Pag. 279

6.6.3. Detrazione Irpef Pag. 281

6.6.4. Imposta di registro Pag. 281

6.7. Agevolazione prima casa con meno vincoli Pag. 283

6.7.1. Agevolazione prima casa con meno vincoli Pag. 283

6.7.2. Agevolazione prima casa: regole generali Pag. 283

7. LE NOVITÀ SUL FRONTE LAVORO Pag. 289

7.1. Sgravio contributivo per il 2016 Pag. 289

7.1.1. Natura dell’esonero Pag. 291

7.1.2. Datori di lavoro interessati Pag. 292

7.1.3. Rapporti di lavoro incentivati Pag. 292

7.1.4. Ulteriori condizioni Pag. 293

7.2. Proroga “Opzione donna” Pag. 295

7.2.1. I requisiti Pag. 296

7.3. Part-time agevolato per i più anziani Pag. 297

7.4. Pensione anticipata senza sanzioni Pag. 300

7.5. Rifinanziato il premio di produttività Pag. 301

7.5.1. Decreto di attuazione Pag. 302

7.6. Blocco aliquota GS INPS Pag. 303

7.7. Settima salvaguardia Pag. 304

7.7.1. I beneficiari Pag. 305

7.7.2. Presentazione istanze Pag. 307

7.8. Le altre novità Pag. 309

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Premessa

1

PREMESSA

La Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015, pubblicata nella GU Serie Generale n. 302 del 30-12-2015 -

Suppl. Ordinario n. 70) - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato

– ha apportato significative novità in campo fiscale e non solo.

Il testo della Legge di Stabilità 2016 si compone di un articolo unico e 999 commi. I commi sono

divisi in cinque parti: commi 1-225 (parte 1); commi 226-472 (parte 2); commi 473-713 (parte 3);

commi 714-962 (parte 4); commi 963-999 (parte 5).

Nella seguente tabella vi elenchiamo le principali novità che andremo ad analizzare nella presente

guida, fornendo per ciascun intervento i commi di riferimento e una breve descrizione della novità.

TEMATICA COMMI DESCRIZIONE

SALDO NETTO E

GESTIONI

PREVIDENZIALI

Da 1 A 3 fissazione

livelli massimi del

saldo netto da

finanziare

Vengono fissati i livelli massimi del saldo netto da finanziare

e del ricorso al mercato finanziario. Viene poi determinato

l’adeguamento, per il 2016, dei trasferimenti dovuti dallo

Stato verso la «gestione degli interventi assistenziali e di

sostegno alle gestioni previdenziali» Inps, a favore di alcune

specifiche gestioni pensionistiche.

PREVIDENZA

ESPERTI

CONTABUILI

Comma 4 iscrizione

obbligatoria alla

Cassa dei ragionieri

Gli esperti contabili, iscritti nella sezione B dell’Albo dei

dottori commercialisti, dovranno obbligatoriamente iscriversi

alla Cassa dei ragionieri e non a quella dei dottori

commercialisti.

ALIQUOTE IVA Commi da 5 a 7

Aumento aliquote Iva

− dal 1° gennaio 2017 l’aliquota Iva del 10% dovrebbe

subire un aumento di tre punti percentuali;

− sempre dal 1° gennaio 2017 l’aliquota IVA del 22%

dovrebbe subire un aumento di due punti percentuali

e un ulteriore amento dell’0,5% a partire dal 1°

gennaio 2018.

FRINGE BENEFIT

ATLETI

PROFESSIONISTI

Comma 8

costo sostenuto

dalle società sportive

per l’assistenza nelle

trattative

Per gli atleti professionisti non costituisce fringe benefit il

costo sostenuto dalle società sportive per l’assistenza nelle

trattative.

DIPENDENTI

AMMINISTRAZIONE

ECONOMICO-

FINANZIARIA

Comma 9 -dipendenti

dell’amministrazione

economico-

finanziaria

Continueranno ad essere pagati, a titolo individuale e in via

provvisoria, fino a quando non verrà stabilita una specifica

disciplina contrattuale, gli emolumenti ai dipendenti

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Premessa

2

con mansioni della

terza area, assunti

con i

concorsi banditi nei

quadrienni 1998-

2001

e 2002-2005

dell’amministrazione economico-finanziaria con mansioni

della terza area, assunti con i concorsi banditi nei quadrienni

1998-2001 e 2002-2005.

IMU - TASI

Comma 10 -

Riduzione al 50%

della base imponibile

IMU per gli immobili

dati in comodato a

genitori o figli

Per chi concede in comodato gratuito un appartamento ad

un figlio o ai genitori, dal 2016 opera una riduzione del 50%

della base imponibile ai fini IMU e TASI. A tal riguardo

devono essere rispettati i seguenti requisiti:

a) il contratto di comodato sia regolarmente registrato;

b) il comodante possieda un solo immobile in Italia e

risieda anagraficamente, nonché dimori

abitualmente nello stesso comune in cui è ubicato

l’immobile concesso in comodato.

L’agevolazione in questione si estende anche al caso in cui il

comodante sia possessore, nello stesso comune in cui si

trova l’immobile concesso in comodato, di un altro immobile

adibito a propria abitazione principale (non di lusso).

IMU- TASI

Comma 11

Abrogazione

esenzioni

previste dall'articolo

7, comma 1, lettere

b), c), d), e), f), h), ed

i) decreto legislativo

n. 504 del 1992

Sono abrogate le esenzioni previste per:

b) i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie

catastali da E/1 a E/9;

c) i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui

all'articolo 5- bis del decreto del Presidente della Repubblica

29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni;

d) i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto,

purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19

della Costituzione, e le loro pertinenze;

e) i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli

articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto

l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio

1929, n. 810;

f) i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle

organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione

dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad

accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

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Premessa

3

h) i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina

delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre

1977, n. 984;

i) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'articolo 87,

comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi,

approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22

dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati

esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,

previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali,

ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16,

lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.

2. L'esenzione spetta per il periodo dell'anno durante il quale

sussistono le condizioni prescritte.

IMU- TASI

Comma 12 esenzione

IMU

Provincia autonoma

di Bolzano e di Trento

L’esenzione si applica, dal periodo d’imposta 2014, anche

all’imposta municipale immobiliare della provincia autonoma

di Bolzano, e all’imposta immobiliare semplice della

provincia autonoma di Trento.

IMU - TASI

Comma 13 - Nuovi

criteri per l’esenzione

IMU dei terreni

agricoli

È confermata l’esenzione per i terreni agricoli ubicati in

comuni montani e parzialmente montani (questi ultimi solo

se posseduti da coltivatori diretti e IAP iscritti alla previdenza

agricola) ed è introdotta l’esenzione per tutti i terreni agricoli

posseduti e condotti da coltivatori diretti e IAP iscritti alla

previdenza agricola, a prescindere dalla loro ubicazione.

Per l’individuazione dei terreni montani viene fatto

riferimento del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno

1993.

IMU - TASI

Comma 14 -

Esenzione della TASI

per abitazione

principale e riduzione

per gli immobili

merce

È stata prevista l’abolizione della TASI per gli immobili adibiti

ad abitazione principale e relative pertinenze, sempre se

trattasi di categorie catastali non di lusso (diverse da A/1,

A/8 e A/9). La TASI non sarà dovuta neanche dall’inquilino,

per la sua quota di competenza, qualora l’immobile occupato

sia la sua abitazione principale. L’abolizione della TASI si

applica anche all’immobile assegnato all’ex coniuge

legalmente separato e all’immobile degli appartenenti alle

forze dell’ordine trasferiti per ragioni di servizio. Per i

fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla

vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano

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Premessa

4

in ogni caso locati, l'aliquota è ridotta allo 0,1 per cento. I

comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento,

sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all'

azzeramento.

IMU-TASI Comma 15 –16

Esenzione Tasi

Vengono assimilati all’abitazione principale (che resta quella

dove dimora e risiede il possessore): gli immobili delle

cooperative edilizie a proprietà indivisa assegnate ai soci

studenti universitari, anche in assenza della residenza

anagrafica; gli alloggi sociali; le unità non locate dei

dipendenti delle Forze armate. non si applica al possesso

dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa e

alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di

provvedimento di separazione legale, annullamento,

scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio,

ad eccezione delle unità immobiliari che in Italia risultano

classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le

quali si applica l’aliquota nella misura ridotta dello 0,4 per

cento e la detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare,

di euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si

protrae tale destinazione;

IMU-TASI

Commi 17-18 Fondo

di solidarietà

comunale e mancato

gettito IMU e TASI

Vengono modificate le regole di alimentazione e gestione del

fondo di solidarietà comunale per garantire ai Comuni il

rimborso del mancato gettito determinato dall’abolizione

della Tasi sull’abitazione principale e dell’imposta Imu sui

terreni agricoli.

IMU-TASI

Comma 19 –Mancato

gettito Comuni di

Valle

d'Aosta e Friuli

Venezia

Giulia

Ai Comuni di Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia vengono

riconosciuti 85.978 milioni: viene concesso un minor

accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi

erariali.

IMU-TASI Comma 20 Fondo

Tasi

Per l’anno 2016 è attribuito ai comuni un contributo di

complessivi 390 milioni di euro (Fondo Tasi) che non entra

nei calcoli del pareggio di bilancio.

IMU - TASI

Comma 21 -

Esenzione IMU per i

macchinari

A decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della

rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e

particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed

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Premessa

5

“imbullonati” E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo

e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi

strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e

l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento. Si prevede

l’esenzione ai fini IMU dei macchinari aziendali, congegni,

attrezzature ed altri impianti, fissati a terra e funzionali allo

specifico processo produttivo (cosiddetti imbullonati).

IMU - TASI

Comma 22-

Riaccatastamento

immobili

D ed E.

La rendita catastale secondo le nuove regole sarà praticabile

dal 1° gennaio 2016.

IMU - TASI

Comma 23- Effetto

retroattivo

Rideterminazione

rendite catastali

Solo per l'anno di imposizione 2016 per gli atti presentati

entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate

hanno effetto dal 1° gennaio 2016, con effetto retroattivo.

IMU-TASI

Comma 24 –

contributo

compensativo del

minor gettito

derivante

dall’esenzione IMU

per gli “imbullonati”

Altri 155 milioni sono destinati al rimborso dell'esenzione

IMU per i macchinari imbullonati; tale contributo assume

carattere compensativo del minor gettito derivante dalle

norme (commi 11-13) sull'accatastamento degli immobili

produttivi e a destinazione speciale.

IMU - TASI

Comma 25 -

Cancellata

l’introduzione

dell’imposta

municipale

secondaria IMUS

2016

È prevista l’abrogazione della IMUS 2016, ovvero l’imposta

municipale secondaria che doveva sostituire la tassa per

l'occupazione di spazi e aree pubbliche, TOSAP e il relativo

canone COSAP, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti

sulle pubbliche affissioni e il canone per l’autorizzazione

all’installazione dei mezzi pubblicitari.

TARI

Comma 26 -

Sospensione

eventuali aumenti di

tributi e addizionali

spettanti a Regioni e

Comuni con

esclusione della TARI

E’ prevista per il 2016 la sospensione dell'efficacia di leggi

regionali e deliberazioni degli enti locali nella parte in cui

prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle

regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli

di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Tale

sospensione non opera per la tassa sui rifiuti (TARI) di cui

all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n.

147.

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Premessa

6

TARI

Comma 27- deroghe

criteri standard

calcolo TARI

Sono confermate per due anni le deroghe ai criteri standard

ai fini Tari.

TASI

Comma 28 -

Possibilità per i

Comuni di

confermare la stessa

maggiorazione TASI

del 2015

E’ prevista per il 2016 la possibilità per i comuni con

espressa deliberazione del consiglio comunale di prevedere

la maggiorazione della TASI di cui al comma 677 dell'articolo

1 della legge 27 dicembre 2013, 147, nella stessa misura

applicata per l'anno 2015. Tale maggiorazione pertanto potrà

essere pari fino allo 0,8 per mille.

PROMOTORI

FINANZIARI

Comma 35- iscrizione

Albo

Per iscriversi all’albo dei promotori finanziari (ora consulenti)

si pagheranno 168 euro di tassa di registro.

PROMOTORI

FINANZIARI

Comma da 36 a 41

Consulenti finanziari

Un nuovo organismo di vigilanza sostituisce la Consob ai fini

del controllo dei consulenti finanziari. La Consob quindi vigila

e stabilisce principi; il nuovo organismo invece ha poteri

sanzionatori anche d’urgenza. Viene eliminato l’albo dei

promotori finanziari e dei consulenti finanziari, rimangono in

vigore gli obblighi previdenziali per i promotori. L’Albo dei

promotori finanziari diventa Albo dei Consulenti finanziari,

con tre sezioni: due di consulenti persone (abilitati all’offerta

fuori sede o autonomi) e uno di società di consulenza.

All’Albo unico dei consulenti possono essere iscritti su

richiesta gli agenti di assicurazione iscritti al registro unico

intermediari assicurativi sez. A (agenti), diventando

consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede. Sono

richiesti requisiti di onorabilità e professionalità e aver

superato una prova valutativa semplificata.

Ex agenti di assicurazione e consulenti finanziari abilitati

all’offerta fuori sede avranno uguali regole di condotta.

Entro sei mesi Consob e organismo di vigilanza consulenti

stabiliscono modalità operative e adempimenti necessari per

l’iscrizione senza prova valutativa delle persone fisiche

consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza

finanziaria. I promotori finanziari diventano consulenti

finanziari abilitati all’offerta fuori sede; i consulenti finanziari

diventano consulenti finanziari autonomi. L’organismo di

vigilanza dei consulenti finanziari avrà personale distaccato,

proveniente da altre amministrazioni;

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Premessa

7

FONDO PER LA

TUTELA DEI

RISPARMIATORI E

DEGLI INVESTITORI

Commi 44 e 48

Tutela nell’ambito di

procedure di

risoluzione

stragiudiziale

Il fondo è alimentato da somme derivanti in parte dalle

sanzioni comminate alle società di gestione del risparmio.

IMU - TASI

Commi 53 e 54 -

Riduzione del 25% di

IMU e TASI per gli

immobili locati a

canone concordato

È prevista una riduzione del 25% delle aliquote IMU e TASI

deliberate dai comuni per chi stipula (o ha già stipulato) un

contratto di locazione a canone concordato.

IMPOSTA DI

REGISTRO

AGEVOLATA

Comma 55-

Agevolazione prima

casa

Potrà avvalersi dell’agevolazione “prima casa” anche chi non

abbia già venduto la casa precedentemente posseduta, a

condizione però che questa vendita avvenga entro un anno

dalla data del nuovo acquisto.

IVA ABITAZIONI Comma 56

Detrazione Iva

Le persone fisiche, possono detrarre dall’imposta lorda, fino

alla concorrenza del suo ammontare, il 50 per cento

dell’importo corrisposto per il pagamento dell’imposta sul

valore aggiunto in relazione all’acquisto, effettuato entro il 31

dicembre 2016, di unità immobiliari a destinazione

residenziale, di classe energetica A o B ai sensi della

normativa vigente, cedute dalle imprese costruttrici delle

stesse; potrà essere detratto dall’Irpef dell’acquirente in dieci

quote.

AFFITTI

Comma 59- canone

superiore a quello

risultante dal

contratto

scritto.

È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del

canone di locazione superiore a quello risultante dal

contratto scritto e registrato, Nei casi di nullità il conduttore,

con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla

riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione

delle somme corrisposte in misura superiore al canone

risultante dal contratto scritto e registrato.

IRES Comma da 61-64

Riduzione aliquota

A decorrere 1° gennaio 2017, con effetto dal periodo

d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016,

aliquota Ires ridotta dal 27,5% al 24%. Passa dal 1,375% al

1,20% l’aliquota della ritenuta sui dividendi distribuiti a

società Ue o See.

IRES Commi da 65-69

Addizionale Ires

Dal 2017 è introdotta un’addizionale Ires del 3,5% per banche

e finanziarie, il cui livello di imposizione nominale resta

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Premessa

8

invariato; sempre dallo stesso anno viene soppressa

l’indeducibilità del 4% degli interessi passivi delle banche e

finanziarie (ai fini Ires e Irap) che resta applicabile solo per le

assicurazioni.

IRAP Comma da 70-72

La Legge 28 dicembre 2015 n° 208 (Legge di Stabilità 2016)

esclude l’intero settore agricolo dall’imposizione IRAP; a

decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso

al 31 dicembre 2015 ai sensi del comma 70 della Legge di

Stabilità 2016 non sono considerati soggetti passivi IRAP

quanti esercitano un’attività agricola (senza più alcun limite

di volume d’affari, le cooperative e loro consorzi che

esercitano attività selvicolturale e di sistemazione idraulico-

forestale nonché attività di allevamento di animali o della

piccola pesca.

IRAP

Comma 73 -

Deduzione Irap

dipendenti stagionali

Attraverso l’intervento in questione viene estesa la

deducibilità del costo del lavoro dall’imponibile IRAP di cui

all’art. 11 comma 4 octies del D.Lgs. 446/1997 anche per i

lavoratori stagionali nei limiti del 70 %. Tuttavia, i lavoratori in

questione devono risultare impiegati per almeno centoventi

giorni per due periodi d'imposta, a decorrere dal secondo

contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell'arco

temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del

precedente contratto.

DETRAZIONI CASA E

ARREDI

Commi 74 e 75 -

Detrazioni IRPEF

Proroga per il 2016 della detrazione del 50% delle spese per

recupero edilizio, del 65% per il risparmio energetico e del

bonus mobili; Concesso alle giovani coppie, anche conviventi

da 3 anni, e acquirenti di una prima casa, di detrarre dall’Irpef

il 50% delle spese del 2016 per l’arredo.

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Premessa

9

LEASING

IMMOBILIARE

Commi da 76 a 84-

Acquisto immobile in

leasing

La legge di stabilità 2016 ha introdotto una disciplina

civilistica e fiscali sulla locazione finanziaria di immobili

adibiti ad uso abitativo.

Sul versante fiscale, oltre alle agevolazioni in materia di

imposta di registro, si segnala la deducibilità ai fini IRPEF

nella misura del 19% dei costi, relativi al contratto di

locazione finanziaria, e in particolare:

dei canoni e dei relativi oneri accessori, per un importo

non superiore a 8.000 euro,

del costo di acquisto dell’immobile all’esercizio

dell’opzione finale, per un importo non superiore a

20.000 euro, ove le spese siano sostenute da giovani di

età inferiore a 35 anni, con un reddito complessivo non

superiore a 55.000 euro all’atto della stipula del

contratto di locazione finanziaria e non titolari di diritti

di proprietà su immobili a destinazione abitativa.

La detrazione spetta alle medesime condizioni previste per la

detrazione degli interessi passivi sui mutui contratti per

l’abitazione principale.

Per i soggetti di età pari o superiore a 35 anni, ferme

restando le altre condizioni richieste con le norme in esame,

l’importo massimo detraibile a fini IRPEF è dimezzato

(dunque al massimo 4.000 euro per i canoni e 10.000 euro

per il costo di acquisto).

EFFICIENZA

ENERGETICA

Comma 88-

detrazione IRPEF

Detraibili al 65% le spese sostenute per l’acquisto,

l’installazione e la messa in opera di dispositivi per il

controllo da remoto degli impianti di riscaldamento o

produzione di acqua calda o di climatizzazione.

SUPER

AMMORTAMENTO

Commi da 91 a 97 -

Super ammortamento

La Legge di stabilità 2016 introduce una norma volta ad

agevolare gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi

per i titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo.

CREDITO

D’IMPOSTA BENI

STRUMENTALI

Commi da 98 a 108

Alle Imprese del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata.

Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) che dal 1°

gennaio 2016 al 31 dicembre 2019 acquistano anche in

leasing beni strumentali nuovi, verrà riconosciuto un credito

d’imposta nelle seguenti misure:

1. del 20% di un investimento massimo di 1,5 milioni di euro

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Premessa

10

per le piccole imprese;

2. del 15% di un investimento massimo di 5 milioni di euro

per le medie imprese;

3. del 10% di un investimento massimo di 15 milioni di euro

per le grandi imprese.

Condizione per maturare il credito d’imposta è che il costo

complessivo dei beni debba essere eccedente gli

ammortamenti dedotti nello stesso periodo di beni della

stessa categoria con esclusione di quelli relativi ai beni

agevolati.

L’agevolazione riguarda l’acquisto di macchinari, impianti e

attrezzature varie destinati a strutture produttive sia nuove

che già esistenti.

Non è cumulabile con aiuti de minimis e altri aiuti di Stato

che abbiano ad oggetto i medesimi beni.

Non si applica alle imprese in difficoltà finanziarie a quelle

del settore dell’industria siderurgica, carbonifera, della

costruzione navale delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle

relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione

di energia, delle infrastrutture energetiche, del credito, della

finanza e delle assicurazioni.

Chi intende richiedere il credito d’imposta deve presentare

istanza all’Agenzia delle Entrate che provvederà a

comunicare l’autorizzazione alla fruizione. Naturalmente tale

autorizzazione ha natura formale e non sostanziale nel

senso che se in sede di controlli o accertamenti dovesse

emergere il mancato rispetto delle condizioni richieste,

l’Agenzia delle Entrate provvederà al recupero delle somme

indebitamente utilizzate maggiorate di sanzioni ed interessi.

Tale procedura sarà regolamentata con apposito

provvedimento del Direttore dell’Agenzia Delle Entrate entro

60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della

presente legge. Il bonus sarà utilizzabile esclusivamente in

compensazione con decorrenza dal periodo d’imposta

dell’investimento e dovrà essere esposto nella dichiarazione

dei redditi relativa al periodo di maturazione ed in quelle

successive fino alla cessazione dell’utilizzo.

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Premessa

11

L’utilizzo non soggiace alla limitazione di cui alla legge

244/2007 ovvero la soglia annuale di 250.000 euro.

Al fine di evitare fenomeni elusivi e garantire una corretta

applicazione della normativa, il legislatore ha previsto una

serie di condizioni necessarie per usufruire e mantenere il

credito d’imposta che sono le seguenti.

1. I beni devono entrare in funzione entro due anni

dall’acquisizione;

2. I beni non possono essere dismessi, ceduti a terzi,

destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o

destinati a strutture produttive diverse entro il quinto anno

dalla entrata in funzione salvo che nel periodo d’imposta in

cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquistati

beni della stessa categoria di quelli agevolati.

REGIME AGEVOLATI Commi 111-114

La Legge di Stabilità 2016 prevede delle importanti modifiche

al regime forfettario. In particolare è stabilito che, il “sistema”

fiscale di vantaggio è soltanto quello forfettario di cui alla

Legge 190/2014, nel quale viene di fatto “incorporato” il

regime previsto per l'imprenditoria giovanile ex D.L. 98/2011

per le nuove attività.

ASSEGNAZIONE E

CESSIONE

AGEVOLATA

IMMOBILI: LA

NUOVA CHANCE

PER LE SOCIETÀ

Commi 115-120

Con la Legge di Stabilità 2016 è stata reintrodotta la

possibilità di far fuoriuscire determinati beni dal perimetro

dell’impresa fruendo di una tassazione di favore rispetto alla

normale tassazione IRES/IRAP/imposta di registro.

ESTROMISSIONE

DEGLI IMMOBILI

STRUMENTALI PER

L’IMPRESA

INDIVIDUALE

Comma 121

Una delle novità introdotte nell’iter di approvazione della

Legge di Stabilità 2016 riguarda la possibilità per gli

imprenditori individuali di estromettere dal regime d’impresa

i beni immobili, fruendo di una tassazione “agevolata”

rispetto alle ordinarie modalità impositive.

INCREMENTO

DEDUZIONI IRAP Commi da 123 a 124

L’articolo 11, comma 4-bis, del D.Lgs. 446/97 stabilisce una

deduzione forfettaria di 8mila euro per i soggetti Irap la cui

base imponibile sia pari o inferiore a 180.759,91 euro. La

deduzione è ridotta a 6mila euro se il valore della produzione

è fino a 180.839,91 euro, a 4mila euro in presenza di valore

della produzione fino a 180.919,91 euro, a 2mila euro in

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Premessa

12

presenza di valore della produzione fino a 180.999,911 euro.

È stabilito che per le società di persone commerciali,

imprenditori individuali e lavoratori autonomi l’importo della

deduzione sia aumentato di 2.500 euro, prevedendosi anche

questo caso con un meccanismo di riduzione per gli

scaglioni, da 1.875 fino a 625 euro. Pertanto le imprese e i

lavoratori autonomi “minori” hanno diritto a una deduzione

forfettaria dalla base imponibile Irap fino a 10.500 euro. La

legge di Stabilità 2016 interviene su tale previsione

stabilendo che all’’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), del

decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive

modificazioni, le parole: «di euro

2.500, di euro 1.875, di euro 1.250 e di euro 625» sono

sostituite dalle seguenti: «di euro 5.000, di euro 3.750, di euro

2.500 e di euro 1.250».

MEDICI E IRAP Comma 125

La Legge di Stabilità 2016 al comma 125 stabilisce che non

sussiste autonoma organizzazione ai fini dell’imposta

regionale sull’attività produttive (IRAP) nel caso di medici che

abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture

ospedaliere per lo svolgimento della professione all’interno di

tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l’attività

svolta presso le medesime strutture più del 75 per cento del

proprio reddito complessivo

NOTE DI CREDITO

IVA

Commi 126-127

Emissione della note

di variazione Iva

La normativa sulle note di variazione, contenuta nell’art. 26

del D.P.R. 633/72 è stata riscritta integralmente dalla Legge

di stabilità 2016;.Le disposizioni degli articoli 21 e seguenti

devono essere osservate, in relazione al maggiore

ammontare, tutte le volte che successivamente all’emissione

della fattura o alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24

l’ammontare imponibile di un’operazione o quello della

relativa imposta viene ad aumentare per qualsiasi motivo,

compresa la rettifica di inesattezze della fatturazione o della

registrazione. Se un’operazione per la quale sia stata emessa

fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli

23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce

l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di

nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili

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Premessa

13

o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti

previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del

servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo

19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a

norma dell’articolo 25.

REVERSE CHARGE

Comma 128-

Estensione del

Reverse Charge ai

consorzi

La Legge di Stabilità 2016 prevede l’applicazione del reverse

charge alle prestazioni rese dalle imprese consorziate al

consorzio che fattura in regime di split payment e cha ha

dunque come committenti prevalentemente enti pubblici.

COMPENSAZIONE

CREDITI Comma 129

Si estende, anche al 2016, la possibilità, per imprese e

professionisti di compensare i crediti maturati nei confronti

delle amministrazioni pubbliche con le somme dovute a

seguito di iscrizione a ruolo.

NOVITA’ IN TEMA DI

ACCERTAMENTO

Commi da 130 a 132

La legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208)

interviene in materia di accertamento con due disposizioni

importanti; da un lato, viene prevista una sostanziale

modifica dei termini ordinari di cui dispone l’Amministrazione

finanziaria per procedere all’accertamento ai fini delle

imposte sui redditi e dell’Iva, con la contestuale abrogazione

della disciplina sul raddoppio dei termini accertativi in

presenza di responsabilità penal tributarie; dall’altro viene

introdotta una norma procedurale rivolta agli organi

inquirenti i quali, nell’accertare reati di ogni genere, da cui

possano derivare in capo al reo proventi illeciti, dovranno

notiziare tempestivamente l’Agenzia delle entrate, per

consentire alla stessa di attivare le ordinarie procedure

accertative.

LA REVISIONE DEL

SISTEMA

SANZIONATORIO

AMMINISTRATIVO

TRIBUTARIO

Comma 133

La legge 11 marzo 2014, n. 23, rubricata “Delega al Governo

recante disposizioni per un sistema fiscale più equo,

trasparente e orientato alla crescita” prevedeva, tra l’altro, la

revisione del sistema sanzionatorio tributario, sia penale che

amministrativo.

Sul punto, è proprio l’art. 8 di tale legge a dettare i criteri di

riferimento cui doveva attenersi il legislatore delegato

nell’opera di restyling, disponendo una revisione del sistema

sanzionatorio penale tributario secondo criteri di

predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità

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Premessa

14

dei comportamenti; il Governo, in particolare, era delegato:

• ad individuare i confini tra le fattispecie di elusione e

quelle di evasione fiscale e le relative conseguenze

sanzionatorie;

• alla revisione del regime della dichiarazione infedele

e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di

meglio correlare, nel rispetto del principio di

proporzionalità, le sanzioni all'effettiva gravità dei

comportamenti;

• all’introduzione della possibilità di ridurre le sanzioni

per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni

amministrative anziché penali, tenuto anche conto di

adeguate soglie di punibilità.

Le elencate disposizioni di delega sono state recepite con il

D.Lgs 24/09/2015, n. 158 contenente, nel titolo I, la revisione

del sistema sanzionatorio penale tributario, entrata in vigore

il 22 ottobre scorso (allo spirare della vacatio legis); di contro,

il titolo II reca le modifiche normative al sistema

sanzionatorio amministrativo tributario, la cui vigenza veniva

prevista, a mente dell’art. 32, comma 1 del medesimo

decreto, a partire dal 1° gennaio 2017.

La disposizione da ultimo, tuttavia, è stata modificata dall’art.

1, comma 133 della Legge di stabilità 2016 (Legge 28

dicembre 2015, n. 208), la quale ha previsto un’anticipazione

dell’entrata in vigore della revisione normativa al 1° gennaio

2016.

RIAPERTURA

TERMINI DI

RATEAZIONE DI

ATTI TRIBUTARI

Commi da 134 a 138

È prevista la riapertura dei termini per i contribuenti che

abbiano proceduto alla definizione di atti di accertamento

con adesione ovvero si siano avvalsi dei benefici previsti nei

casi di omessa impugnazione ai sensi del decreto legislativo

n. 218 del 1997.

Sono interessati i contribuenti che, nei trentasei mesi

antecedenti al 15 ottobre 2015 sono decaduti dal beneficio

della rateazione.

La riammissione riguarda le imposte dirette ed è

condizionata al versamento della prima delle rate scadute

entro il 31 maggio 2016.

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Premessa

15

Una volta effettuato il pagamento, il contribuente trasmette,

nei dieci giorni successivi, copia della quietanza all'ufficio

competente il quale procede alla sospensione dei carichi

eventualmente iscritti a ruolo anche nel caso fossero stati

ratei rateizzati dal concessionario.

COSTI BLACK LIST Commi da 142 a 147

Con la Legge di Stabilità 2016 è stabilito che nessun criterio

speciale sia applicabile per la deducibilità dei costi sostenuti

con operatori paradisiaci. Sempre sul fronte dei rapporti con

soggetti esteri, un altro emendamento approvato dalla

Commissione Bilancio della Camera prevede modifiche

all’individuazione dei paradisi fiscali ai fini della normativa

sulle controlled foreign companies (CFC) ex art. 167, D.P.R.

917/1986. In base alla nuova normativa per l’individuazione

degli Stati paradisiaci ai fini della disciplina CFC, dovrà farsi

riferimento ad un unico parametro: quello dell’aliquota

nominale di tassazione inferiore al 50%.

PATENT BOX Comma 148- ambito

oggettivo

Il co. 148 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016

modifica l’ambito oggettivo del patent box; 48. Si realizza

coordinamento tra la normativa di riferimento che

classificava le “opere dell’ingegno” e il Decreto attuativo che

invece faceva riferimento al Software protetto da copyright.

Qualora più beni tra quelli di cui sopra, appartenenti a un

medesimo soggetto, siano collegati da vincoli di

complementarietà e vengano utilizzati congiuntamente ai fini

della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti

o di un processo o di un gruppo di processi, tali beni possono

costituire un solo bene immateriale

CANONE RAI Commi 152-153

Da quest’anno l’abbonamento alla TV pubblica si paga con la

bolletta elettrica e il suo importo scende da 113,50 a 100

euro da suddividere in 10 rate mensili. La Legge di Stabilità

per il 2016, infatti, prevede il pagamento rateale del canone

RAI con addebitato sulle fatture emesse dalle aziende di

distribuzione di energia elettrica.

SGRAVIO

CONTRIBUTIVO PER

IL 2016

Commi da 178 a 181

Lo sgravio contributivo (art. 1, co. 118 e ss. della L. n.

190/2014), prorogato anche per il 2016, è stato ridotto sia

nella misura che nella durata, in quanto varrà 3.250 euro

annui (contro gli 8.060 euro originariamente previsti) e

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Premessa

16

durerà solo 24 mesi (anziché 36 mesi).

PREMIO DI

PRODUTTIVITÀ PER

IL 2016

Commi 182 e 184-

191

È stato reintrodotto per il 2016 il regime fiscale agevolato

relativo ai premi di risultato. In particolare, l’agevolazione

consiste nell’applicazione, per i soggetti con reddito da

lavoro dipendente fino a 50.000 euro (10.000 euro in più

rispetto al 2014), di una imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al

10% entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi

(5.000 euro in meno rispetto al 2014).

WELFARE

Commi 190 e 191-

Esenzione Irpef

Esenzione da Irpef di somme, servizi e prestazioni erogati dal

datore di lavoro ai dipendenti per la fruizione, da parte dei

familiari, dei servizi di educazione e istruzione (non più solo,

dunque, per asili nido) in relazione ad accordi per il welfare

aziendale. Intervento sulle risorse del Fondo per il

finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la

contrattazione di secondo livello.

Riviste le risorse finanziarie destinate alla promozione della

conciliazione tra vita professionale e vita privata.

BLOCCO ALIQUOTA

GS INPS Comma 203

Per il 2016 è stato bloccato – per il terzo anno consecutivo –

l’aliquota contributiva posta a carico dei lavoratori autonomi,

titolari di partita Iva, iscritti in via esclusiva alla Gestione

separata INPS introdotta dall’art. 2, co. 26 della L. n.

335/1995 (i c.d. “senza cassa”). Per questi ultimi quindi,

l’aliquota contributiva dovuta rimane fissata nella stessa

misura del 2015, ossia al 27,72%.

CONGEDO DI

PATERNITÀ Comma 205

Viene prorogata al 2016 la nuova disciplina del congedo di

paternità, elevando da uno a due giorni quello obbligatorio

TURNOVER NEL

PUBBLICO IMPIEGO

commi 227-228 e

commi 466-467, 469-

470

Con riferimento al pubblico impiego, vengono previste più

stringenti limitazioni al turn over nelle pubbliche

amministrazioni (che, nel triennio 2016-2018, potranno

procedere ad assunzioni di personale nel limite di una spesa

pari al 25%) e viene disposto uno stanziamento di 300 milioni

di euro per i rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche

amministrazioni (commi 466-467, 469-470). Per le ulteriori

misure in materia di lavoro pubblico si rinvia al paragrafo

"pubblico impiego e amministrazioni pubbliche"

SETTIMA

SALVAGUARDIA Comma da 265 a 270

È stato realizzato un ulteriore intervento (il settimo) in favore

dei soggetti salvaguardati, garantendo l'accesso al

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Premessa

17

trattamento previdenziale con i vecchi requisiti (precedenti

all’entrata in vigore dell’art. 24 del D.L. n. 201/2011,

convertito nella L. n. 214/2011) a un massimo di ulteriori

26.300 soggetti.

PROROGA “OPZIONE

DONNA” Comma 281

La possibilità di avvalersi dell’”opzione donna”, anche per il

2016, è rimesso a un monitoraggio, effettuato dall'INPS, il

Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con

il Ministro dell'Economia e delle Finanze, entro il 30

settembre di ogni anno. Qualora da tale attività risulti un

onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa,

verrà disposto l'impiego delle risorse non utilizzate.

PART-TIME

AGEVOLATO Comma 284

I lavoratori più anziani potranno ridurre volontariamente

l’attività lavorativa, in una percentuale compresa tra il 40 e il

60%, purché maturino il requisito anagrafico per la vecchiaia

a fine 2018 (66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti

maschi, per le lavoratrici del settore privato 65 anni e 7 mesi

per il biennio 2016-2017 e 66 anni e 7 mesi per il 2018).

PEREQUAZIONE

AUTOMATICA DEI

TRATTAMENTI

PENSIONISTICI

Comma 286

Ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri

derivanti dalle disposizioni su "opzione donna" (comma 281)

e "no tax area pensionati" (commi 290-291), la disciplina

transitoria in materia di perequazione automatica dei

trattamenti pensionistici, già posta per gli anni 2014-2016 e

diversa da quella generale, viene estesa agli anni 2017 e

2018.

RIVALUTAZIONE

DEGLI ASSEGNI

PENSIONISTICI

Comma 287 Si esclude che l'andamento negativo dell'inflazione incida

sulla rivalutazione degli assegni pensionistici.

AUMENTO DELLA

“NO TAX AREA” PER

I PENSIONATI

Commi 290-291

A decorrere dal 2016 (2017 nel testo iniziale del disegno di

legge), viene elevata la misura delle detrazioni dall'imposta

lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione

(cd. no tax area per i pensionati).

RISCATTO DEGLI

ANNI DI LAUREA Commi 298 e 303

Si introduce la possibilità di cumulare il riscatto degli anni di

laurea con il riscatto del periodo di maternità facoltativa fuori

dal rapporto di lavoro e si provvede alla rivalutazione degli

indennizzi per il danno biologico.

AMMORTIZZATORI

SOCIALI IN DEROGA Commi 304 e 307

Viene disposto il rifinanziamento di 250 milioni di euro (per

l'anno 2016), degli ammortizzatori sociali in deroga (di cui 18

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Premessa

18

milioni per il settore della pesca).

PROROGA DELLA

DIS-COLL Comma 310

Viene prorogata anche per il 2016 la DIS-COLL (il

meccanismo di disoccupazione per i collaboratori); a tal fine,

verranno stanziati 54 milioni di euro per il 2016 e 24 milioni di

euro per il 2017. Il nuovo ammortizzatore sociale,

disciplinato dall’art. 15 del D.Lgs. n. 22/2015, è stato

introdotto dal 1° maggio 2015 solo in via sperimentale solo

fino al 31 dicembre 2015. Esso è rivolto ai rapporti di

co.co.co. e co.co.pro. – che sono stati aboliti dal 25 giugno

2015, ad esclusione di quelli in essere fino alla loro naturale

scadenza – iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata,

non pensionati e privi di partita IVA. Restano esclusi, invece,

gli amministratori e i sindaci.

ART-BONUS Comma 318-319

La legge di stabilità 2016 assegna un carattere di

permanenza a tale agevolazione stabilisce per le erogazioni

liberali in oggetto un credito d’imposta pari al 65% delle

erogazioni effettuate anche per gli anni successivi al 2015.

RIQUALIFICAZIONE

ALBERGHI Comma 320

Il credito d’imposta è riconosciuto anche nel caso in cui la

ristrutturazione edilizia comporti un aumento della cubatura

complessiva della struttura; Al fine di migliorare la qualità

dell’offerta ricettiva per accrescere la competitività delle

destinazioni turistiche, e per promuovere l’adozione e la

diffusione della “progettazione universale” e l’incremento

dell’efficienza energetica, la Legge di Stabilità 2016 dispone

che vengano aggiornati gli standard minimi, uniformi in tutto

il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la

classificazione delle strutture ricettive e delle imprese

turistiche, compresi i condhotel e gli alberghi diffusi.

TAX CREDIT

CINEMA Commi da 331 a 334

La legge 28 dicembre 2015 n° 208 ( Legge di stabilità 2016)

rinnova parecchi punti del credito d’imposta riservato

all’industria cinematografica e audiovisiva; gli interventi

riguardano il credito d’imposta per le imprese di distribuzione

cinematografica, che ora comprende anche le spese

sostenute per la distribuzione internazionale di opere

nostrane, il credito d’imposta relativo ai produttori esecutivi

che realizzano pellicole straniere; infine non per rilevanza le

modifiche apportate al tax credit digitale che nella previsione

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Premessa

19

contenuta nella Legge di stabilità non si realizza solo per

l’acquisto ma anche per la sostituzione di impianti e

apparecchiature destinate alla proiezione digitale;

TRIBUTI SOSPESI O

DIFFERITI Commi da 429 a 431

La Legge di Stabilità attraverso il comma 429, integrando il

precedente disposto ha stabilito che la ripresa dei

versamenti dei tributi sospesi o differiti disposta a favore dei

contribuenti interessati da eventi eccezionali e imprevedibili

avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri

accessori relativi al periodo di sospensione, anche mediante

rateizzazione fino a un massimo di diciotto rate mensili di

pari importo, a decorrere dal mese successivo alla data di

scadenza della sospensione. Inoltre, con decreto del Ministro

dell'economia e delle finanze saranno definite le modalità e i

termini della ripresa dei versamenti, tenendo anche conto

della durata del periodo di sospensione, nei limiti delle

risorse preordinate allo scopo.

C.A.F.

Comma 591-

riduzione risorse

finanziarie

le dotazioni finanziarie a favore dei CAF sono ridotte di 40

milioni di euro per l’anno 2016, di 70 milioni di euro per

ciascuno degli anni 2017 e 2018 e di 100 milioni di euro

annui a decorrere dall’anno 2019.

PATRONATI Commi 605-607

Le risorse per il funzionamento dei patronati sono ridotti di

15 milioni. Inoltre dall’esercizio 2017 degli importi erogati a

titolo di acconto sono pari al 68% degli stanziamenti

previsionali (attualmente è il 72%) mentre l’aliquota applicata

sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori da destinare

ai patronati è dello 0,199%, invece dell’attuale 0,226 per

cento.

AVVOCATI Comma 618

Si rende strutturale il credito d’imposta concesso per il

compenso erogato agli avvocati abilitati ad assistere le parti,

nei procedimenti di negoziazione assistita per la risoluzione

stragiudiziale delle controversie. Il credito d’imposta,

comunicato dal ministero della Giustizia e riconosciuto in

caso di successo della negoziazione o di

conclusione dell’arbitrato con lodo, è commisurato al

compenso fino a concorrenza di 250 euro.

PMI Commi da 614 a 644 Viene abbassato da 15 a 5 il numero minimo dei dipendenti

delle imprese che possono unirsi in Ati (associazione

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Premessa

20

temporanea di imprese) o in raggruppamento temporaneo di

imprese (Rti) o in reti di impresa e che possono beneficiare

dei fondi messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo

economico.

AUTOTRASPORTO

Comma 645-

abolizione credito

d’imposta

Dal 1° gennaio 2016 il credito d’imposta sul gasolio per

autotrazione degli autotrasportatori non spetta più ai veicoli

di categoria euro 2 o inferiore.

DEDUZIONI

FORFETARIE

DELLE SPESE NON

DOCUMENTATE

Comma 652-

deduzioni

Dal 1° gennaio 2016 le deduzioni forfetarie delle spese non

documentate disposte per l’autotrasporto spettano in

un’unica misura per i trasporti effettuati personalmente

dall’imprenditore oltre il territorio del Comune in cui ha sede

l’impresa e, nella misura del 35%o dell’importo per i trasporti

effettuati all’interno del Comune.

TRASORTI

INTERNAZIONALI

Comma 653-

documentazione

Viene modificata la documentazione relativa allo

svolgimento di trasporti internazionali e vengono stabilite

nuove sanzioni per chi non fornisce le prove documentali

richieste.

PAREGGIO DI

BILANCIO ENTI

LOCALI

Comma 709-711-

introduzione pareggio

di bilancio

Il Patto di stabilità viene sostituito con l’obbligo di

raggiungere un risultato non negativo in termini di saldo

finale di competenza. Per il solo 2016, i calcoli considerano il

fondo pluriennale vincolato per la quota non rinveniente

dall’utilizzo dell’indebitamento.

PROFESSIONISTI

Comma 821 –

equiparazione alle

PMI

I professionisti, in quanto esercenti attività economica, sono

equiparati alle Pmi per l’accesso ai fondi strutturali europei.

BANCHE Commi 845-849

salvabanche

Per le società costituite ex novo per la gestione della banche,

La Banca d’Italia con proprio provvedimento adotta lo statuto

delle società, nomina i primi componenti degli organi di

amministrazione e controllo e ne determina i compensi; dalla

data di entrata in vigore del DL 183/2015

per le obbligazioni sociali rispondono soltanto le società con

il proprio patrimonio, gli adempimenti societari sono

perfezionati dagli amministratori delle società nel più breve

tempo possibile dall’atto del loro insediamento;

Le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane

di banche extracomunitarie, qualora i contributi ordinari e

straordinari già versati al Fondo di risoluzione nazionale,

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Premessa

21

al netto dei recuperi derivanti da operazioni di dismissione

poste in essere dal Fondo, non siano sufficienti alla

copertura delle obbligazioni, perdite, costi e altre spese a

carico del Fondo di risoluzione nazionale in relazione alle

misure previste dai Provvedimenti di avvio della risoluzione,

versano contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione

nazionale nella misura determinata dalla Banca d’Italia,

comunque entro il limite complessivo, inclusivo delle

contribuzioni versate al Fondo di risoluzione unico. In caso di

inadempimento dell’obbligo di versare al Fondo di risoluzione

nazionale scattano le sanzioni ex articolo 96 Dlgs 180/2015.

FONDO DI

SOLIDARIETÀ

Comma 855- tutela

investitori

È istituito il Fondo di solidarietà per l’erogazione di

prestazioni in favore degli investitori che alla data di entrata

in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183,

detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla

Banca delle Mar he Spa, dalla Banca popolare dell’Etruria e

del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di

Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di

Chieti Spa. L’accesso alle prestazioni è riservato agli

investitori che siano persone fisiche, imprenditori individuali,

nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti.

INCENTIVI PER IL

SUD

Comma 886-

Fondo di garanzia

PMI

Una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse

disponibili del fondo di garanzia PMI è riservata alle imprese

localizzate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria,

Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

RIVALUTAZIONI Commi da 887-897

La Legge di stabilità 2016 ripropone le agevolazioni fiscali

introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e 7 della L. n. 448/2001

riguardanti la rideterminazione:

• del valore di acquisto delle partecipazioni, detenute da

persone fisiche non esercenti attività di impresa, non

negoziate in mercati regolamentati;

• dei terreni edificabili e con destinazione agricola

detenuti dalle persone fisiche; La rivalutazione riguarda i

beni posseduti alla data del 1° gennaio 2016, e richiede

l'effettuazione della perizia ed il pagamento della prima

rata dell'imposta sostitutiva entro il 30 giugno 2016. Le

aliquote delle imposte sostitutive vengono portate al 8%

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Premessa

22

sia per le partecipazioni che per i terreni. La Legge di

Stabilità 2016 ha anche, di fatto, riaperto i termini per

eseguire le rivalutazioni dei beni d’impresa e delle

partecipazioni riservata alle società di capitali ed enti

commerciali che nella redazione del bilancio non

adottano i principi contabili internazionali.

La possibilità di procedere alla rivalutazione di cui alla Legge

n. 342/2000 è riproposta, infatti, anche relativamente ai beni

risultanti nel bilancio dell’esercizio chiuso entro il 31

dicembre 2014 e potrà essere effettuata nel bilancio

dell’esercizio successivo e prevede il pagamento di

un'imposta sostitutiva del 16% per i beni ammortizzabili e del

12% per i beni non ammortizzabili.

Le imposte sostitutive sono versate in un'unica soluzione

entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui

redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al

quale la rivalutazione è eseguita (giugno 2016 nella

generalità dei casi).

LIMITE ALLA

CIRCOLAZIONE DEL

CONTATE

Comma 898 e 899 Sale a 3.000 euro il limite previsto per la circolazione del

contante.

CARTE DI CREDITO Commi 900 e 901

Viene introdotta la possibilità di pagare con carte di

credito/debito anche importi inferiori ai 5 euro.

Prevista l’introduzione di apposite sanzioni per chi non

accetta i pagamenti con moneta elettronica.

“CANONI DI

LOCAZIONE DI

UNITÀ

ABITATIVE” E I

SERVIZI DI

TRASPORTO

Commi 902-903

Limiti contante

Il limite generale dei 3.000 euro, si applicherà anche ai

pagamenti riguardanti i “canoni di locazione di unità

abitative” e i servizi di trasporto resi dai soggetti della filiera

dei trasporti.

PAGAMENTI PA

Comma 904

Limite contante

pagamento

emolumenti

Resta fermo per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di

procedere alle operazioni di pagamento degli emolumenti a

qualsiasi titolo erogati di importo superiore a mille euro,

esclusivamente mediante l’utilizzo di strumenti elettronici

bancari o postali.

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Premessa

23

SETTORE AGRICOLO Commi da 905 a 917-

normativa fiscale

L'imposta di registro per i trasferimenti di terreni agricoli e

pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e

dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti alla

previdenza ed assistenza viene aumentata fino al 15%; le

agevolazioni dell’imposta di registro ed ipotecaria in misura

fissa e quella catastale dell'1%, a favore di coltivatori diretti e

dagli imprenditori agricoli professionali che si applica ai

trasferimenti a titolo oneroso d tali agevolazioni opera anche

in riguardo agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni

agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di

proprietari di masi chiusi o al coniuge o ai parenti in linea

retta purché coltivatori diretti e conviventi, della provincia

autonoma di Bolzano, da loro abitualmente coltivati.

Vengono innalzate le percentuali di compensazione per

alcuni prodotti del settore lattiero-caseario in misura non

superiore al 10%, e le percentuali di compensazione per gli

animali vivi della specie bovina e suina rispettivamente in

misura non superiore al 7,7% e all'8%.

Ai fini delle imposte sui redditi, dal 2016 il reddito dominicale

e agrario sono rivalutati del 30%; la produzione e la cessione

di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili

agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche,

sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti

chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente

dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono

attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma,

del codice civile e si considerano produttive di reddito

agrario. Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il

reddito ai Irpef e Ires è determinato applicando il coefficiente

di redditività del 25% ai corrispettivi. L'esenzione dall'accisa

per l'energia elettrica è estesa anche a quella prodotta con

impianti azionati da fonti rinnovabili, con potenza disponibile

superiore a 20 kw, consumata dai soci delle società coop di

produzione e distribuita in locali e luoghi diversi dalle

abitazioni. Tutte le controversie in materia di masi chiusi

sono esenti da imposta di bollo, registro, e da ogni altra

imposta e tassa e dal contributo unificato.

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Premessa

24

CERTIFICAZIONE

UNICA E MODELLO

770, VISTO DI

CONFORMITÀ E

RESPONSABILITÀ

SOLIDALE

Comma 949

Si stabilisce che per le trasmissioni all’Agenzia delle Entrate

delle CU effettuate:

1) Nell'anno 2015, relative all'anno 2014;

2) E comunque per quelle effettuate nel primo anno

previsto per la trasmissione all'Agenzia delle entrate dei

dati e delle certificazioni uniche utili per la

predisposizione della dichiarazione precompilata n on

troveranno applicazione le sanzioni di cui al comma 5-

bis dell’art. 3 del D.Lgs. 175/2014, all'articolo 78, comma

26, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, all'articolo 4,

comma 6-quinquies, del regolamento di cui al D.P.R. 22

luglio 1998, n. 322, in caso di lieve tardività o di errata

trasmissione dei dati stessi, se l'errore non determina

un'indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella

dichiarazione precompilata.

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

25

1. NOVITÀ IMU E TASI

1.1. Il contenuto della Manovra

1.1.1. Premessa: una sintesi dei cambiamenti

La Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28 dicembre 2015 contenente “Disposizioni per la

formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”) è stata pubblicata nella Gazzetta

Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2015 – Supplemento Ordinario n. 701.

Gran parte dell’incidenza sul bilancio dello Stato per l’anno 2016 della Manovra è data dalle

misure adottate in merito alla tassazione degli immobili.

Tra conferme e abbandono degli interventi preannunciati dal governo a fine estate, il valore

degli interventi che interessano IMU, TASI e TARI è stato stimato in circa 3,7 miliardi di euro.

È stata confermata l’abolizione della TASI per le abitazioni principali non di lusso e dell’IMU

agricola. Sono state altresì introdotte delle agevolazioni per gli immobili concessi in comodato

tra genitori e figli e per gli immobili locati a canone concordato.

Alcune misure riguardano altresì le aziende, ed in particolare le regole da seguire per la

determinazione della rendita catastale dei fabbricati strumentali, con la previsione di una

definitiva norma che risolve il dilemma dei macchinari “imbullonati”.

Ulteriori misure riguardano le possibilità di manovra degli enti locali, con la previsione, ad

eccezione che per la TARI, della sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle

deliberazioni comunali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali

rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l’anno 2015.

1.2. Novità TASI

1.2.1. Che cosa cambia per l’abitazione principale

Per il 2015 la TASI (Tassa sui servizi indivisibili) era dovuta sia sull’abitazione principale

(indipendentemente dalla categoria catastale di appartenenza), sia sulle seconde case.

A decorrere dal 2016, invece, è cancellata la TASI sull’abitazione principale di categoria

catastale non di lusso (e pertinenze, nei limiti di tre, ciascuna appartenente a categoria C/2, C/6

e C/7).

In particolare, il comma 14 lett. a) della Legge di Stabilità 2016, modifica il comma 639 della

Legge n. 147/2013, il quale nella sua nuova formulazione dispone che la TASI “ è a carico sia del

possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione

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Novità IMU E TASI

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pricnipale dal possessore nonché dell’utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione di

quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9”.

È altresì modificato il presupposto impositivo del tributo, poiché la lettera b) del predetto

comma 14, sostituisce il comma 669 della Legge n. 147/2013, disponendo che “il presupposto

impositivo della TASI è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree

edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti

ai sensi dell’imposta municipale propria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6

dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,

escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9”.

Conseguenza dell’abolizione della TASI sulle abitazioni principali non di lusso è che è altresì

cancellata la quota dovuta dall’inquilino qualora l’immobile occupato rappresenti la sua

abitazione principale (non di lusso).

Infatti, in base alla normativa in vigore fino al 2015, la TASI è dovuta dall’occupante l’immobile

(es. inquilino) nella misura percentuale fissata dalla delibera comunale (tra il 10% e il 30%) e

qualora la delibera nulla dovesse prevedere al riguardo la misura è da intenderesi nel 10%.

Con la Legge di Stabilità 2016, invece, è stabilito che “nel caso in cui l’unità immobiliare è

detenuta da un soggetto che la destina ad abitazione principale, escluse quelle classificate nelle

categorie catastali A/1, A/8 e A/9, il possessore versa la TASI nella percentuale stabilita dal

comune nel regolamento relativo all’anno 2015. Nel caso di mancato invio della delibera entro il

termine del 10 settembre 2014 di cui al comma 688 ovvero nel caso di mancata determinazione

della predetta percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo al 2015, la percentuale di

versamento a carico del possessore è pari al 90 per cento dell’ammontare complessivo del

tributo”.

Ciò è quanto stabilisce la lettera d) del comma 14 della Manovra 2016, che, pertanto, prevede

come soggetto passivo TASI il solo possessore, qualora l’immobile occupato sia abitazione

pirncipale (non di lusso) per l’inquilino.

La TASI, continua, invece ad essere dovuta da entrambi, qualora l’immobile occupato sia

seconda casa per l’occupante o comunque abitazione principale (di lusso) per quest’ultimo.

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

27

Novità TASI abitazione principale

Categoria catastale

Abitazione principale per il

proprietario (o per chi ha

altro diritto reale di

godimento)

Abitazione principale per l’inquilino

A2, A3, A4, A5, A6 e A7 Non dovuta

Non dovuta dall’inquilino (versa

solo il possessore nella misura

fissata dalla delibera comunale o in

mancanza di previsione nella

misura del 90%)

A/1, A/8 e A/9 Dovuta

È dovuta da possessore ed inquilino

(il possessore versa nella misura

fissata dalla delibera comunale o in

mancanza di previsione nella

misura del 90% e la restante parte è

dovuta dall’inquilino)

1.2.2. Immobili concessi in comodato tra genitori e figli

Il comma 10 della Legge di Stabilità 2016, prevede, a decorrere dal 2016, la riduzione del 50%

della base imponibile TASI (ed IMU) per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle

classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto

passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale.

Ciò potrà avvenire alle seguenti condizioni:

• il contratto sia registrato;

• il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché

dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in

comodato.

Tuttavia, il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante oltre all’immobile concesso in

comodato possieda nello stesso comune (in cui è situato l’immobile concesso in comodato) un

altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative

classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Qualora, l’immobile concesso in comodato al figlio, per esempio, fosse in comproprietà tra i

genitori, potrebbero verificarsi due ipotesi:

1) entrambi i genitori lo cedono in comodato ciascuno per la sua quota;

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Novità IMU E TASI

28

2) solo un genitore lo cede in comodato per la sua quota.

Nella prima ipotesi, l’agevolazione opera sul 100% della base imponibile. Nella seconda ipotesi,

invece, l’agevolazione opera solo sul 50% della base imponibile.

Al fine di ottenere l’agevolazione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei suddetti

requisiti nel modello di dichiarazione IMU/TASI (quindi nella dichiarazione IMU/TASI da

presentare entro il 30 giugno 2017 con riferimento all’immobile concesso in comodato nell’anno

2016).

Immobili in comodato e agevolazione IMU/TASI

Condizioni

comodante e comodatario devono essere parenti in linea retta entro il primo grado

(quindi, il comodato deve avvenire tra genitori e figli o viceversa);

l’immobile oggetto del comodato deve essere di categoria non di lusso (cat. A2, A3, A4,

A5, A6 e A7);

il comodatario deve utilizzare l’immobile ricevuto in comodato come propria abitazione

principale (deve risiedervi anagraficamente nonché dimorarvi abitualmente);

il comodante, oltre alla casa data in comodato, può essere proprietario solo di un’altra

abitazione la quale deve rappresentare la sua abitazione principale (non di lusso) e deve

essere altresì situata nello stesso comune in cui si trova l’immobile concesso in

comodato;

il contratto di comodato deve essere regolarmente registrato presso gli uffici

dell’Agenzia delle Entrate.

La tabella che segue, illustra una serie di casi che potrebbero verificarsi, al riguardo.

Casi possibili

Ipotesi Agevolazione

IMU/TASI

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta e la concede in comodato al figlio il quale lo utilizza come

abitazione principale. Il genitore vive, invece, in affitto

Si

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta, un secondo immobile (non di lusso) che

concede in comodato al figlio il quale lo utilizza come abitazione principale

Si

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

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Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta, un secondo immobile (non di lusso) che

concede in comodato al figlio il quale lo utilizza come abitazione principale

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede nel

comune di Napoli, un secondo immobile che concede in comodato al figlio il

quale lo utilizza come abitazione principale

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta, un secondo immobile (di lusso) che

concede in comodato al figlio il quale lo utilizza come abitazione principale

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta, un secondo immobile che concede in

comodato al figlio (il quale lo utilizza come abitazione principale) e

possiede altresì nel comune di Napoli altro immobile

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta altri due immobili di cui uno lo concede in

comodato al figlio il quale lo utilizza come abitazione principale

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta che rappresenta la sua abitazione principale. Inoltre possiede,

sempre nel comune di Caserta altri due immobili di cui uno lo concede in

comodato al figlio e l’altro alla figlia i quali ciascuno lo utilizzano come

abitazione principale

No

Il comodante (genitore) possiede un’abitazione (non di lusso) nel comune di

Caserta e la concede in comodato al figlio il quale la utilizza come

abitazione principale. Inoltre il genitore possiede un altro immobile nel

comune di Napoli ma vive in affitto altrove

No

L’agevolazione spetterà anche alle pertinenze, ma al riguardo c’è, però, da capire se

resta ferma la regola che prevede il limite di tre pertinenze ciascuna appartenente a

categoria catastale C/2, C/6 e C/7 (la Legge di Stabilità nulla dispone in tal senso).

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Novità IMU E TASI

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Dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i genitori (o i figli) possessori di due appartamenti

situati nello stesso comune, di cui uno rappresentante la propria abitazione principale (non di

lusso), sono chiamati a valutare la convenienza della concessione in comodato ai figli (o ai

genitori) del secondo appartamento (non di lusso).

Di seguito un riepilogo degli adempimenti necessari per la registrazione del contratto di

comodato.

Registrazione contratto comodato

Dove Qualsiasi ufficio Agenzia Entrate

Entro quanto tempo 20 giorni dalla stipula

Imposta di registro 200 euro

Marca da bollo per ogni copia 16 euro ogni 4 facciate e comunque ogni 100

righi

Come versare l’imposta di registro Modello F23 codice tributo 109T

Cosa compilare per la registrazione Modello 69

Quanto copie del contratto Minimo 2 copie

Documenti riconoscimento delle parti Copie

Delega In carta libera sottoscritta da una delle parti e

documento di riconoscimento del delegato

Per la registrazione del contratto di comodato continua ad utilizzarsi il Modello 69 il quale

non è, invece, più utilizzabile per la registrazione dei contratti di locazione. Infatti, dal 1°

aprile 2014, per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di immobili e per le

eventuali proroghe, cessioni e risoluzioni, nonché per l'esercizio dell'opzione o della revoca

della cedolare secca, deve essere utilizzato il modello RLI

Particolare attenzione occorre prestare alla data di stipula e decorrenza del contratto di

comodato.

Per genitori e figli cha hanno già in essere all’1/1/2016 un contratto di comodato registrato,

l’agevolazione in esame, se rispettati tutti i requisiti, si applica per tutto il 2016.

Qualora, invece, non sia in essere alcun contratto di comodato regolarmente registrato, poiché

la registrazione di un contratto di comodato deve avvenire entro 20 giorni dalla data di stipula e

dato che la data di stipula deve essere anteriore a quella di decorrenza, ne consegue che al fine

di godere dell’agevolazione in esame per tutto l’anno 2016 (da gennaio a dicembre), le parti

devono far si che la data di stipula e quella di decorrenza decadano entro i primi 15 giorni di

gennaio.

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

31

Infatti, vale sempre la regola che è considerato per intero il mese in cui il possesso si è protratto

per più di 15 giorni.

Stipula contratto di comodato

Ipotesi Termine per la

registrazione Agevolazione

Comodato stipulato in

data 01/01/2016 con

decorrenza 01/01/2016

Entro il 20/01/2016 Tutto il 2016

Comodato stipulato in

data 12/01/2016 con

decorrenza 14/01/2016

Entro il 1° febbraio 2016

Tutto il 2016 (gennaio è computato

per intero poiché il possesso in capo

al comodatario si protrae per più di

15 giorni)

Comodato stipulato in

data 10/01/2016 con

decorrenza 20/01/2016

Entro il 30 gennaio 2016

L’agevolazione è concessa solo per i

mesi che vanno da febbraio a

dicembre (gennaio non si considera,

poiché il possesso in capo al

comodatario si protrae per meno di

15 giorni)

Comodato stipulato in

data 18/01/2016 con

decorrenza 20/01/2016

Entro l’8 febbraio 2016

(poiché il 7 è domenica)

Solo per i mesi da febbraio a

dicembre

Comodato stipulato il

01/03/2016 con

decorrenza 18/03/2016

Entro il 20/03/2016

L’agevolazione è concessa solo per i

mesi che vanno da aprile a dicembre

(marzo non si considera, poiché il

possesso in capo al comodatario si

protrae per meno di 15 giorni)

Si ricorda che la data di stipula deve essere sempre anteriore alla data di decorrenza e che

l’omessa registrazione è sanabile attraverso il ravvedimento operoso.

Ad ogni modo, se da un lato è vero che il Legislatore riconosce una riduzione alla metà della

base imponibile per il calcolo del tributo dovuto sull’immobile, dall’altro occore fare i conti

(almeno per il primo anno) con i costi necessari per la registrazione del contratto di comodato

(imposta di registro in misura fisso di 200 euro e le marche da bollo da 16 euro per ogni copia

registrata) e con una normativa che tutto ispira al di fuori che “certezza” con il rischio che

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Novità IMU E TASI

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quanto stabilito con la Manovra 2016 potrebbe cambiare e non essere più vero con la Manovra

2017.

A titolo di esempio, si consideri il seguente caso (aliquota IMU allo 0,96% e aliquota TASI 0,2%).

Genitore proprietario al 100% nel comune di Caserta di due sub (non di lusso) di cui

sub 1 (abitazione principale del genitore)

sub 2 con rendita di 480,00

Sub 2 non concesso in

comodato

Sub 2 concesso in comodato Risparmio

IMU = [(480 x 1,05) x 160] x

0,96%

774,14

TASI = [(480 x 1,05) x 160] x

0,2% 161,28

IMU = [(480 x 1,05) x 160] x 0,96% = 774,14 x

50% 387,07

TASI = [(480 x 1,05) x 160] x 0,2% = 161,28 x

50%

80,64

Costi registrazione contratto di comodato

200,00 + 32,00 = 232,00

Anno 2016

935,42 –

699,71

Totale = 935,42 Totale = 699,71 235,71

Dunque, optando per la concessione in comodato, per l’anno 2016, sul sub 2 il genitore avrà,

comunque, un risparmio IMU e TASI per complessivi 235,71. Per gli anni successivi il 2016,

invece, se da un lato non ci saranno i costi di registrazione del comodato, occorrerà fare i conti

con eventuali aumenti di aliquote.

È da tener presente che, nonostante l’immobile concesso in comodato rappresenti per il figlio

comodatario abitazione principale, IMU e TASI vanno comunque liquidate dal comodante come

secondo immobile ma con l’agevolazione del 50%.

1.2.3. Unità immobiliari escluse dalla TASI

Il Legislatore nella Manovra 2016 stabilisce, come già previsto per l’IMU (art. 13, comma 2 D.L.

201/2011), che oltre all’abitazione principale (non di lusso) e relative pertinenze, la TASI non si

applica altresì:

a) alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad

abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

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b) ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal Decreto del

Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del

24 giugno 2008;

c) alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione

legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

d) a un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità

immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio

permanente appartenente alle Forze Armate e alle Forze di Polizia ad ordinamento

militare e da quello dipendente delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, nonché dal

personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, e, fatto salvo quanto previsto

dall'articolo 28, comma 1, del Decreto Legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dal personale

appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della

dimora abituale e della residenza anagrafica.

Alle predette fattispecie, il comma 15 della Legge di Stabilità 2016 ne aggiunge una ulteriore

ovvero le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a

studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza

anagrafica.

Inoltre, si ricorda che (comma 2 art. 13 D.L. 201/2011 così come modificato dal comma 1

dell’art. 9-bis del D.L. n. 47/2014), ai fini IMU, a partire dall'anno 2015 è considerata

direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai

cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti

all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di

usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso.

Pertanto con la Legge di Stabilità 2016, il Legislatore, estendendo alla TASI gli stessi casi di

assimilazione ad abitazione principale previsti per l’IMU ed eliminando la TASI sull’abitazione

principale (non di lusso), ne consegue che a partire dal 2016, la TASI non sarebbe dovuta,

sempre se di categoria non di lusso, (in quanto considerata adibita ad abitazione principale) su

una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio

dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei

rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non

risulti locata o data in comodato d'uso. Nel 2015, su tale unità immobiliare il pensionato estero

versava la TASI nella misura di 1/3 (comma 2 del D.L. n. 47/2014).

La TASI, come per l’IMU, non si applicherà altresì (se previsto specificamente dalla delibera

comunale), all’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o

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Novità IMU E TASI

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disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero

permanente, a condizione che la stessa non risulti locata.

1.2.4. Agevolazione TASI per i fabbricati locati a canone concordato

Il comma 54 della Legge di Stabilità 2016 dispone che al comma 678 dell’articolo 1 della Legge

27 dicembre 2013, n. 147, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli immobili locati a

canone concordato di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’imposta, determinata applicando

l’aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 683, è ridotta al 75 per cento».

La conseguenza di ciò, è che a decorrere dal 2016, sulle unità immobiliari locate a canone

concordato è riconosciuto un risparmio del 25% ai fini della TASI.

Un ulteriore incentivo, dunque, a stipulare contratti di locazione a canone concordato. Infatti, al

canone concordato sono già, a oggi, legati vantaggi fiscali, riguardanti:

l’IRPEF. Il locatore ha un risparmio d’imposta, in sede di dichiarazione dei redditi, nella

misura del 30% se l’immobile locato è situato in comune ad alta densità abitativa; il

conduttore gode di una maggiore detrazione IRPEF se l’immobile in questione

rappresenta la sua abitazione principale;

cedolare secca. Il canone di locazione è tassato con aliquota sostitutiva del 10% (in

luogo del 21%) se l’immobile è locato, è ubicato in comuni a scarsa disponibilità

abitativa (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988) o in comuni ad alta tensione

abitativa (individuati dal Cipe).

ESEMPIO

Immobile (cat. A/2 rendita 500,00)) concesso in locazione a canone concordato e

rappresentante abitazione principale per l’inquilino (la delibera comunale non prevede nulla

in merito alla % a carico del possessore che quindi si presume essere del 90%).

Si consideri un’aliquota TASI dello 0,20%.

Calcolo TASI 2016

TASI = [(500 x 1,05) x 160] x 0,2% = 168,00 x 75% = 126,00

Dunque, la TASI complessiva per il 2016 è di 126,00 euro.

Poiché l’immobile (non di lusso) è occupato da inquilino per il quale è la sua abitazione

principale, questi non versa la sua quota TASI, la quale sarà, quindi, dovuta solo dal possessore

nella misura del 90% (126,00 x 90% = 113,40).

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

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1.2.5. Immobili merce: fissato un limite massimo per l’aliquota TASI

Con la lettera c) del comma 14 della Legge di Stabilità 2016, il Legislatore interviene con una

normativa precisa in merito all’aliquota massima che i comuni possono stabilire per i c.d.

“immobili merce”, cioè i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita

fintanto che permane tale destinazione e non sono in ogni caso locati. È in particolare stabilito

che per detti immobili, l’aliquota TASI è ridotta all’1 per mille con la possibilità per i comuni di

aumentarla al massimo fino al 2,5 per mille o di diminuirla fino ad azzerarla. D’altronde, quanto

appena disposto era già stato chiarito dallo stesso MEF con le FAQ del 3 giugno 2014.

1.3. Novità IMU

1.3.1. IMU immobili in comodato tra genitori e figli

Come per la TASI, anche per l’IMU il comma 10 della Legge di Stabilità 2016, prevede, che a

decorrere dal 2016, la base imponibile per il calcolo dell’imposta è ridotta del 50% per le unità

immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9,

concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le

utilizzano come abitazione principale a condizione che:

• il contratto sia registrato;

• il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché

dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in

comodato.

Il beneficio si applica altresì nel caso in cui il comodante oltre all’immobile concesso in

comodato possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione

principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Al fine di ottenere l’agevolazione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei suddetti

requisiti nel modello di dichiarazione IMU (quindi nella dichiarazione IMU/TASI da presentare

entro il 30 giugno 2017 con riferimento all’anno 2016).

Per condizioni, esempi e casi pratici si rimanda al par. 1.2.2. (poiché, quanto valevole ai fini

TASI lo è anche ai fini IMU).

Si tratta di una misura restrittiva rispetto a quanto già previsto fino al 2015, poiché con tale

intervento si sottrae all’autonomia comunale la possibilità di prevedere nella delibera comunale

IMU l’assimilazione ad abitazione principale dell’immobile concesso in comodato a parenti in

linea retta.

Infatti, in base alla disciplina previgente la Legge di Stabilità 2016 e quindi fino al 2015, il

Legislatore lasciava all’autonomia comunale la possibilità di considerare direttamente adibita

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Novità IMU E TASI

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ad abitazione principale l’unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai

parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzassero come abitazione principale, a

condizione che:

1) la delibera comunale IMU lo prevedesse espressamente e nel prevederlo occorreva

stabilirne anche la condizione (o che l'agevolazione operasse limitatamente alla quota di

rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500 euro oppure che il nucleo

familiare del comodatario avesse un valore ISEE non superiore ai 15.000 annui);

2) l’assimilazione era da applicarsi limitatamente ad una sola unità immobiliare.

Inoltre, molti comuni, potevano subordinare l’assimilazione all’ulteriore condizione che il

contratto di comodato fosse regolarmente registrato presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Con il comma 10 della Legge di Stabilità 2016, invece, è introdotta un’agevolazione “ex lege” e

non un’assimilazione, con la conseguenza che il comodante liquiderà l’imposta sull’immobile

oggetto del comodato come seconda casa ma con una riduzione del gettito nella misura del

50%.

1.3.2. Unità immobiliari escluse dall’IMU

Il comma 15 della Legge di Stabilità 2016 aggiunge all’art. 13, comma 2 D.L. 201/2011

(disciplina IMU) un’ulteriore fattispecie, oltre quelle già previste, di unità immobiliari escluse

dall’IMU. Si tratta delle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà

indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito

della residenza anagrafica.

Pertanto, alla luce di quanto di nuovo previsto dalla Legge di Stabilità 2016, oltre all’abitazione

principale (non di lusso) e relative pertinenze, l’IMU non si applica:

a) alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad

abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari ivi comprese unità

immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti

universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza

anagrafica;

b) ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal Decreto del

Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del

24 giugno 2008;

c) alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione

legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

37

d) a un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità

immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio

permanente appartenente alle Forze Armate e alle Forze di Polizia ad ordinamento

militare e da quello dipendente delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, nonché dal

personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, e, fatto salvo quanto previsto

dall'articolo 28, comma 1, del Decreto Legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dal personale

appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della

dimora abituale e della residenza anagrafica.

1.3.3. Agevolazione IMU per i fabbricati locati a canone concordato

Il comma 53 della Legge di Stabilità 2016 dispone che all’articolo 13 del Decreto Legge 6

dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214,

dopo il comma 6 è inserito il seguente: «6-bis. Per gli immobili locati a canone concordato di cui

alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal

comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 per cento».

La conseguenza di ciò, è che a decorrere dal 2016, come previsto altresì per la TASI, anche per

l’IMU, sulle unità immobiliari locate a canone concordato è riconosciuto un risparmio del 25%.

ESEMPIO

Immobile (cat. A/2 rendita 570,00)) concesso in locazione a canone concordato.

Si consideri un’aliquota IMU dello 0,96%.

Calcolo IMU 2016

IMU 2016 = [(570 x 1,05) x 160] x 0,96% = 919,30 x 75% = 689,47

1.3.4. L’abolizione dell’IMU agricola

Con il comma 13 della Legge di Stabilità 2016, è stabilita, l’esenzione IMU (a decorrere dal

2016) per:

a) i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli

professionali di cui all’articolo 1 del Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti

nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

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Novità IMU E TASI

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b) i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A annesso alla

Legge 28 dicembre 2001, n. 448 (l’esenzione per detti terreni pertanto risulta confermata

essendo già prevista anche per il 2015);

c) i terreni agricoli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva

indivisibile e inusucapibile.

Per quanto riguarda, invece, i terreni agricoli non posseduti e condotti da coltivatori diretti e IAP,

il Legislatore decide di far ritorno al passato, stabilendo che l’esenzione si applica sulla base dei

criteri individuati dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata

nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993, la quale

contiene l’elenco dei comuni considerati aree montane o di collina delimitate in cui i terreni

ricadenti sono esentati dall’IMU.

Dunque, il Legislatore abroga l’art. 1 del D.L. n. 4/2015, con il quale era stata introdotta, a

decorrere dal 2015, l’esenzione dall’IMU, per:

a) i terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente

montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di

statistica (ISTAT);

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti

e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del Decreto Legislativo 29

marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati

parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT.

L’IMU continuerà ad essere dovuta, invece, per i terreni agricoli non rientranti nei casi di

esenzione previsti dalla Manovra 2016.

Conseguenza, dell’abolizione dell’IMU agricola, è che, dal periodo d’imposta 2016 (quindi a

decorrere dal Modello Unico/2017) ritorna l’imponibilità ai fini IRPEF dei redditi dominicali

relativi ai terreni esenti, dato l’effetto sostitutivo IMU-IRPEF che contraddistingue tali tributi.

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 8, D.Lgs. n. 23/2011 l’IMU “… sostituisce, per la

componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali

dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, fatto salvo quanto disposto nel

successivo articolo 9, comma 9 …”.

E il successivo comma 9 dispone che “il reddito agrario …, i redditi fondiari diversi da quelli cui si

applica la cedolare secca…, i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario ai

sensi dell'art 43 [TUIR] … continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui

redditi. Sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali, ove

dovute, gli immobili esenti dall'imposta municipale propria”.

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

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1.3.5. IMU/TASI imbullonati

Con il comma 21 della Legge di Stabilità 2016, il Legislatore risolve il tormentato e controverso

problema dell’IMU sui c.d. imbullonati (macchinari e impianti fissati al suolo).

Sulla base della Legge di Stabilità 2015, nel richiamare quanto chiarito dalla Circolare n. 6/2012

dell’Agenzia del Territorio, il Legislatore confermava che gli immobili strumentali appartenenti

alle categorie catastali D ed E erano soggetti ad una puntuale valutazione tecnica delle

componenti edilizie e impiantistiche, con la conseguenza che alla determinazione della stima

catastale dell’immobile partecipavano anche gli impianti e i macchinari che vi fanno parte. In

particolare, con la Circolare n. 6/2012, l’Agenzia del Territorio chiariva che “al fine di valutare

quale impianto debba essere incluso o meno nella stima catastale, deve farsi riferimento non solo

al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell’unità immobiliare, ma

anche della circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle

componenti strutturali dell’unità immobiliare”.

Ciò ha portato nel tempo ad una serie di interpretazioni di prassi e di giurisprudenza, che hanno

avuto come soluzione prevalente quella che alla determinazione della rendita catastale degli

immobili strumentali debba partecipare anche la valutazione tecnica dei macchinari e impianti

imbullonati.

Una delle ultime è la posizione della Corte di Cassazione, che, con la sentenza n. 3166 del 18

febbraio 2015, richiamando le disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2015 ha

confermato che nella stima catastale debbano rientrare tutti quei macchinari (come il

carroponte) e tutte le componenti impiantistiche che “assicurano all’unità immobiliare

un’autonomia funzionale e reddituale”.

Quindi, ad esempio, sulla base del predetto orientamento, per un’azienda che produce piastrelle,

per la stima catastale del fabbricato sono da considerarsi anche i forni e i macchinari per la

pressatura, e cioè macchinari che sono “imbullonati al suolo” solo per questioni di staticità. Se

poi si pensa che si tratti di macchinari che, qualora dovesse cambiare la produzione non

sarebbero più utili allo svolgimento dell’attività con conseguente necessità di dismissione, è

ancora più inaccettabile che gli stessi debbano partecipare alla redita catastale.

Come anticipato, con il comma 21 della Manovra 2016 è presa una posizione “certa” al riguardo,

disponendo che “a decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli

immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E,

è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli

elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti

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Novità IMU E TASI

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dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni,

attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.

Dunque, dal 1° gennaio 2016, per espressa previsione normativa, restano fuori dalla stima

catastale dei fabbricati aziendali di categoria D ed E gli “imbullonati”.

E cosa fare per gli immobili già accatastati e la cui rendita catastale comprende già la stima

degli imbullonati?

La stessa Legge di Stabilità 2016, dispone altresì che al fine di ottenere l’aggiornamento degli

immobili già accatastati, è possibile presentare, a decorrere dal 1° gennaio 2016 domanda di

aggiornamento catastale, stabilendo altresì la necessità di presentare (limitatamente all’anno

2016) la predetta domanda entro il 15 giugno 2016 così da poter liquidare la rata di acconto

IMU 2016 già sulla base della rendita aggiornata. Infatti, la domanda avrà effetto retroattivo dal

1° gennaio 2016: quindi ad esempio una domanda di aggiornamento presentata il 30 maggio

2016 avrà effetto comunque a decorrere dal 1° gennaio 2016.

1.3.6. Altre novità

La Legge di Stabilità 2016 contiene altre misure, oltre a quelle fin qui esaminate, che

interessano la tassazione locale e riportate nella tabella che segue.

Comma Contenuto

Comma 11

La misura riguarda i fabbricati rurali ubicati nei comuni delle

province di Trento e Bolzano. In particolare è abrogata la facoltà

attribuita alle predette province di prevedere che i fabbricati

rurali siano assoggettati a IMU.

Si tratta di un mero coordinamento normativo considerato che le

predette province, in virtù della propria organizzazione statutaria,

hanno istituito l’IMI e l’IMIS in sostituzione dell’IMU. In

particolare, la Provincia Autonoma di Bolzano ha istituito con

Legge Provinciale 23 aprile 2014, n. 3, l'Imposta Municipale

Immobiliare (IMI), che dal 2014 sostituisce integralmente le

imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali (TASI e

IMU).

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Capitolo 1 – Novità IMU E TASI

41

La Provincia Autonoma di Trento ha, invece, istituito con Legge

Provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, l'Imposta Immobiliare

Semplice (IMIS), che dal 2015 sostituisce integralmente IMU e

TASI.

Comma 26

Per l’anno 2016 è sospesa l’efficacia delle leggi regionali e delle

deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono

aumenti di tributi (compresi IMU e TASI) rispetto ai livelli di

aliquote applicabili per il 2015. Il divieto non si applica alla TARI

e agli enti locali che deliberano il predissesto o il dissesto.

Comma 28

Solo per l’anno 2016, con espressa delibera, i comuni,

limitatamente agli immobili non esentati, possono derogare a

quanto disposto dal comma 26 della stessa Legge di Stabilità

2016 e mantenere la maggiorazione della TASI (di cui al comma

677 Legge n. 147/2013) nella stessa misura applicata per l’anno

2015.

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Novità IMU E TASI

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1.4. NOVITÀ TARI

1.4.1. Il rinvio delle prescrizioni sulla TARI

1.4.1.1 . La proroga del criterio medio-ordinario

Con il comma 27, lett. a), della Legge di Stabilità 2016, il Legislatore proroga al 2016 e

2017, la possibilità per i comuni di derogare ai criteri di produzione individuati con il

regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 e di

non considerare per le utenze domestiche il numero dei componenti della famiglia.

In particolare, alla luce di quanto di nuovo previsto dalla Manovra 2016, il comune, nelle

more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica

27 aprile 1999, n. 158, al fine di semplificare l'individuazione dei coefficienti relativi alla

graduazione delle tariffe, può prevedere, per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 (prima era

solo per il 2014 e 2015) l'adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4° e 4b

dell'allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.

158 del 1999, inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento, e può

altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1.

Dunque, il Legislatore proroga per altri due anni la possibilità di commisurazione della

TARI da parte dei comuni in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti

per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte e non

sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.

1.4.1.2 . Rinvio al 2018 dei fabbisogni standard

A norma del comma 653 della legge 147/2013, “partire dal 2016, nella determinazione

dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei

fabbisogni standard”.

Con la Legge di Stabilità 2016 (comma 27 lett. b), è fatto rinvio dal 2016 al 2018 di

quanto previsto dal predetto comma 653. Pertanto, è dal 2018 che i comuni avranno

l’obbligo, per la determinazione dei costi che devono trovare copertura integrale con la

tariffa TARI, di considerare anche le risultanze dei “fabbisogni standard”.

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

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2. ASSEGNAZIONE E CESSIONE AGEVOLATA IMMOBILI: LA NUOVA

CHANCE PER LE SOCIETÀ

2.1. Premessa

Con la Legge di Stabilità 2016 è stata reintrodotta la possibilità di far fuoriuscire determinati

beni dal perimetro dell’impresa fruendo di una tassazione di favore rispetto alla normale

tassazione IRES/IRAP/imposta di registro. La norma si inserisce in un più ampio quadro di

agevolazioni previste per le imprese.

2.1.1. I principi generali della nuova disciplina

I co. da 115 a 120 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016 prevedono la possibilità per

determinate società di cedere/assegnare determinati beni ai soci prevedendo, in luogo

dell’applicazione della normale tassazione ordinaria (IRES E IRAP), il pagamento di un’imposta

sostitutiva.

AMBITO SOGGETTIVO

Per ciò che riguarda l’ambito soggettivo, La nuova normativa è rivolta a:

società in nome collettivo;

società in accomandita semplice;

società a responsabilità limitata;

società per azioni; e

società in accomandita per azioni.

Le altre condizioni necessarie per fruire dell’agevolazione in questione sono che:

i soci acquirenti/assegnatari risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data

del 30 settembre 2015, ovvero che vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di

entrata in vigore della Legge di Stabilità, in forza di titolo di trasferimento avente data

certa anteriore al 1º ottobre 2015;

l’assegnazione o la cessione agevolata avvenga entro il 30.09.2016.

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

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CONDIZIONI PER FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE

1. L’assegnazione venga effettuare da società di capitali o di persone

2. I soci acquirenti/assegnatari risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del

30 settembre 2015

3 L’assegnazione o la cessione agevolata avvenga entro il 30.09.2016

AMBITO OGGETTIVO

Per ciò che riguarda l’ambito oggettivo della disposizione in esame, è prevista la possibilità di

assegnare/cedere ai soci in maniera agevolata:

• beni immobili, fatta eccezione per quelli strumentali per destinazione;

• beni mobili iscritti in pubblici registri NON utilizzati quali beni strumentali nell’esercizio

dell’impresa.

Si rende dunque necessario individuare i beni strumentali, distinguendo quelli strumentali per

destinazione e quelli strumentali per natura. L’articolo 43 Tuir chiarisce che, ai fini delle imposte

sui redditi si considerano strumentali gli immobili:

− utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa;

− relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di

diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (si considerano strumentali anche se

non utilizzati o anche se dati in locazione o comodato);

− concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per

esigenze di lavoro, ma solo per i primi 3 esercizi (vedi articolo 43 Tuir).

Immobili che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa

utilizzazione senza radicali trasformazioni

Categorie catastali B, C, D, E, e A/10

In questo caso la strumentalità è legata all’utilizzo diretto dell’immobile

da parte dell’impresa.

Se l’immobile è locato a terzi rientra nel novero degli immobili patrimoniali.

IMMOBILI STRUMENTALI

PER NATURA

Rimangono strumentali anche se sono locati a terzi

PER DESTINAZIONE

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

45

Tra gli immobili strumentali per destinazione esclusi dall’agevolazione vi sono

anche gli immobili strumentali per natura che vengono utilizzati esclusivamente

per l’esercizio dell’impresa da parte del possessore.

In sostanza, gli immobili strumentali per natura rientrano nella categoria dei beni agevolabili a

patto che i suddetti immobili siano concessi in comodato o in locazione o comunque non siano

utilizzati direttamente nell’attività d’impresa da parte del possessore.

Una questione da chiarire è se rientrino nel perimetro dei beni agevolabili anche i terreni. La

risposta è affermativa. Va dunque chiarito cosa s’intenda per terreni strumentali.

Sono terreni strumentali per destinazione, ad esempio, quelle utilizzati dalle società operanti nel

settore agricolo, per effettuare la coltivazione e/o l’allevamento degli animali (C.M. 112/E/1999,

par. 2.1).

La sussistenza delle caratteristiche idonee a qualificare un bene come agevolabile,

deve essere verificata al momento dell’assegnazione.

2.1.2. Il quantum da pagare per la fuoriuscita “agevolata” degli immobili

Per evitare gli effetti estremamente penalizzanti dell’assegnazione/cessione degli immobili ai

soci, il Legislatore prevede la possibilità di far fuoriuscire detti immobili pagando un’imposta

sostitutiva:

• delle imposte sui redditi e dell’IRAP pari all’8%;

• che diventa del 10,5% se la società risulta di comodo in almeno due dei tre periodi di

imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione (periodo di

osservazione 2013 – 2015). Nelle precedenti versione della norma le società di comodo

erano escluse dalla possibilità di fruire della norma agevolativa.

I TERRENI “STRUMENTALI”

? Può un terreno rientrare nel novero dei beni strumentali?

I terreni possono essere considerati strumentali se partecipano al processo produttivo. Si pensi a tal proposito ai terreni utilizzati dalle imprese edili per il

deposito dei materiali (Risoluzione n.7/1579 del 16 febbraio 1985)

SI

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

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In caso di assegnazione, le riserve in sospensione d’imposta annullate sono

assoggettate ad imposta sostitutiva nella misura del 13 per cento.

La nuova possibilità di assegnazione agevolata di beni ai soci prevista nella Legge di Stabilità

2016 non prevede, cosi come avveniva nelle precedenti formulazioni dell’agevolazioni, nessuna

riduzione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). Pertanto chi vorrà usufruire della norma

agevolativa si troverà a scontare una tassazione “ridotta” per le imposte dirette e una

tassazione IVA ordinaria.

È importante a tal punto individuare la base imponibile sulla quale applicare l’imposta

sostitutiva. Su tale aspetto è necessario distinguere tra assegnazione agevolata e cessione

agevolata.

ASSEGNAZIONE AGEVOLATA

In caso di assegnazione agevolata, per quanto riguarda la base imponibile sulla quale applicare

l’imposta sostitutiva si fa riferimento alla differenza:

tra il valore normale del bene assegnato e il suo costo fiscalmente riconosciuto.

L’individuazione del valore normale avviene, in via generale, in base ai criteri dettati dall’art. 9

del D.P.R. 917/1986. Si tratta in sostanza di determinare l’eventuale plusvalenza imponibile

facendo riferimento al valore di mercato.

Eccezione è prevista per l’assegnazione degli immobili (terreni e fabbricati). In tale caso la

società assegnante potrà optare per l’adozione del valore catastale.

In tale ultimo caso, si da infatti la possibilità al contribuente che aderisce al regime agevolativo

di poter optare tra le seguenti scelte:

il valore di mercato così come definito dall’art. 9, D.P.R. 917/1986;

il valore catastale utilizzando i moltiplicatori ex art. 52, D.P.R. 131/1986.

Optando per il valore catastale si dovrà procedere a porre in essere il seguente calcolo:

rendita catastale + il 5% della rendita catastale * i moltiplicatori ex art. 52, D.P.R.

131/1986.

Per i terreni la rendita catastale andrà rivalutata del 25%.

Si tratta certo di un confronto impari, in quanto il valore catastale è generalmente inferiore al

valore di mercato e se confrontato con il costo fiscale del bene condurrebbe alla fuoriuscita del

bene pagando una minima imposta sostitutiva, addirittura azzerata nel caso in cui il costo

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

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fiscale del bene sia superiore al valore catastale (la C.M. 40/E/2002 ha previsto anche in questo

caso la possibilità di fruire della norma agevolativa).

Per quanto riguarda i moltiplicatori il riferimento è all’art. 52, D.P.R. 131/1986.

Applicando la richiamata disposizione i moltiplicatori da applicare sono i seguenti:

• 100 per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali A, B e C;

• 50 e 34 rispettivamente per le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A/10 e

C/1;

• 50 e 34 rispettivamente per le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali D e E;

• 75 per i terreni, esclusi quelli per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione

edificatoria.

I suddetti moltiplicatori sono stati innalzati del 20% dall’articolo 1-bis, Decreto Legge n.

168/2004 (e di un ulteriore 40% solo per la categoria catastale B, ai sensi dell’articolo 2, comma

45, Decreto Legge n. 262/2006).

I moltiplicatori da applicare sono i seguenti:

Categorie

Catastali

Moltiplicatori ex art.

52, D.P.R. 131/1986.

Moltiplicatori ex art. 52, D.P.R. 131/1986 con

aumento

A, B e C (escluso

A/10 e C/1) 100

120 per A e C

168 per B

A/10 e D 50 60

C/1 e E 34 40,8

Terreni 75 90

Cessione agevolata

In caso di cessione agevolata, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, non si potrà

far rifermento esclusivamente al valore catastale. In tale caso infatti il valor normale è pari al

maggiore tra l’effettivo corrispettivo della cessione e il minor valore tra quello di mercato e

quello catastale.

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

48

In sostanza, la plusvalenza della cessione agevolata dei beni ai soci viene calcolata

con le regole “ordinarie”.

Così facendo la determinazione della base imponibile scaturirà dalla differenza tra il minore tra

corrispettivo pattuito e valore normale e il costo fiscalmente riconosciuto del bene.

2.1.3. Le imposte indirette

La nuova possibilità di assegnazione agevolata di beni ai soci prevista nella Legge di Stabilità

2016 non prevede, cosi come avveniva nelle precedenti formulazioni dell’agevolazioni, nessuna

riduzione dell’imposta sul valore aggiunto.

Pertanto chi vorrà usufruire della norma agevolativa si troverà a scontare una tassazione

“ridotta” per le imposte dirette e una tassazione IVA ordinaria.

Ribadiamo che ai fini IVA l’assegnazione d’immobili ai soci è equiparata alle cessioni di beni, ai

sensi dell’art. 2 comma 2 n. 6 D.P.R. 633/1972. Di conseguenza, anche nel caso

dell’assegnazione dell’immobile ai soci si applicano, ai fini IVA, le medesime regole previste per

la cessione d’immobili abitativi e strumentali.

Si dovrà dunque far riferimento alle regole per la cessione degli immobili dettate

dall’art. 10, co. 1, n. 8 –bis e 8-ter, D.P.R. 633/1972, a seconda che si tratti di

immobile abitativo o di immobile strumentale.

Per la cessione d’immobili ad uso abitativo dovrà farsi riferimento all’articolo 10, co. 1, n. 8-bis.

La richiamata disposizione prevede il generale regime di esenzione IVA per la cessione

d’immobili ad uso abitativo, con determinate fattispecie d’imponibilità.

In particolare, l’imponibilità IVA è prevista per l’impresa costruttrice/di ristrutturazione:

• obbligatoriamente per le cessioni effettuate entro 5 anni dalla data di ultimazione della

costruzione/ristrutturazione;

• facoltativamente, con opzione da esercitarsi alla stipula dell’ atto, per le cessioni

effettuate trascorsi 5 anni dalla costruzione/ristrutturazione.

Inoltre, l’imponibilità è estesa alla cessione di fabbricati destinati ad alloggi sociali purché il

cedente manifesti l’opzione per l’imposizione nel relativo atto.

Le fattispecie che danno luogo ad imponibilità sono riassunte nella seguente tabella.

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

49

Tabella n. 1 – Fattispecie che danno luogo ad imponibilità post D.L. 83/2012

Ipotesi Descrizione fattispecie che generano imponibilità;

Ipotesi A Cessioni effettuate da parte dell’impresa costruttrice/di ristrutturazione

entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione/ristrutturazione;

Ipotesi B

Cessioni effettuate da parte dell’impresa costruttrice/di ristrutturazione

dopo 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione/ristrutturazione

con manifesta opzione di imponibilità da esprimersi alla stipula

dell’atto;

Ipotesi C Cessione di fabbricati destinati ad alloggi sociali con manifesta opzione

di imponibilità da esprimersi alla stipula dell’atto.

Le ipotesi A e B riportate in tabella subordinano l’applicazione dell’IVA, per obbligo o per

opzione, al requisito soggettivo del cedente che deve essere l’impresa che ha costruito il

fabbricato o che vi ha svolto gli interventi di recupero.

In merito all’identificazione del soggetto cedente, la C.M. 22/E/2013 ricorda che

possono essere qualificate come imprese costruttrici e di ripristino i soggetti titolari

del provvedimento amministrativo, in forza del quale possono eseguire la

costruzione o la ristrutturazione.

Tabella n. 2 – La cessione degli immobili abitativi e l’IVA

Cedente Termini IVA

Imprese

costruttrici o di

ripristino

Entro 5 anni dall’ultimazione Imponibile per obbligo

Oltre 5 anni dall’ultimazione Imponibile per opzione

Esente

Qualsiasi cedente

Fabbricati

abitativi

destinati ad

“alloggi sociali”

di cui al D.M.

22 aprile 2008

Imponibile per opzione

Esente

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

50

Per ciò che riguarda gli immobili strumentali, deve farsi riferimento al n. 8-ter del comma 1

dell’art. 10 del D.P.R. 633/1972 il quale prevede il regime generale dell’esenzione Iva, con

imponibilità nei seguenti casi:

• cessioni di fabbricati strumentali effettuate, entro cinque anni dalla data di ultimazione

della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese

che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di restauro

conservativo, ristrutturazione edilizia o ristrutturazione urbanistica;

• in tutti gli altri casi di cessioni di fabbricati strumentali il cedente può manifestare

l’opzione per l’imposizione, il cui esercizio deve risultare dall’atto di cessione.

Tabella n. 3 – IVA: la cessione degli immobili strumentali

Cedente Termini IVA

Imprese

costruttrici o di

ripristino

Entro 5 anni dall’ultimazione Imponibile per obbligo

Oltre 5 anni dall’ultimazione Imponibile per opzione

Esente

Qualsiasi cedente Imponibile per opzione

Esente

Rispetto alle suddette regole, va evidenziata l’eccezione che riguarda esclusivamente gli

immobili sui quali non sia stata operata la detrazione all’atto dell’acquisto (acquisto da privato,

conferimento, ecc); in tale caso, l’operazione difetta del requisito oggettivo ai sensi dell’art. 2

comma 2 n. 5 D.P.R. 633/1972, così come chiarito dalla Circolare n. 40/E/2002. Si tratta dunque

di un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA.

È il caso ad esempio degli immobili abitativi sui quali non viene detratta l’IVA all’atto

dell’acquisto, fatta eccezione per le immobiliari di gestione. In tale caso, in luogo

dell’IVA si applica l’imposta di registro in misura proporzionale oltreché le imposte

ipotecarie e catastali nella misura fissa di 50 euro ciascuna.

Nel caso in cui l’assegnazione rientri nel campo di applicazione dell’IVA troverà applicazione

l’imposta di registro fissa.

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

51

Nella stragrande maggioranza dei casi, l’assegnazione avverrà con l’applicazione

dell’esenzione IVA, con conseguente applicazione dell’imposta di registro

proporzionale.

Tuttavia, per le cessione d’immobili strumentali in regime di esenzione non è prevista alcuna

deroga al principio di alternatività IVA registro. Le cessioni di questi fabbricati rientrano nel

campo di applicazione dell’IVA e, mancando una specifica deroga, sconteranno l’imposta di

registro in misura fissa, oltreché imposte ipotecarie e catastali nella misura rispettivamente del

3% e dell’1%.

Sia nel caso di cessione che di assegnazione dell’immobile strumentale in regime di esenzione

con IVA detratta all’atto dell’acquisto, si dovrà verificare la necessità di operare la rettifica della

detrazione nell’anno in cui avviene l’assegnazione esente, ai sensi dell’art. 19 – bis2, co. 8, DPR

633/1972, in rapporto ai decimi mancanti al compimento del monitoraggio decennale.

Se rimane ferma l’applicazione dell’IVA, in merito all’applicazione dell’imposta di registro va

ricordato che l’articolo 40 del DPR n.131/86, al comma 1 stabilisce il principio di alternatività tra

Iva e registro. Dunque va applicata l’imposta di registro in misura fissa pari ad € 200 per le

cessioni (assegnazioni) imponibili IVA, “ad eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell'art. 10,

numeri 8), 8-bis) e 27-quinquies)” nelle cui situazioni trova applicazione l’imposta di registro

proporzionale (9%).

Anche su tale aspetto interviene il Legislatore, il quale prevede che in caso di applicazione

dell’imposta proporzionale di registro questa sia dimezzata. Dunque si passa da un’imposta di

registro del 9% ad una misura dimezzata, pari dunque al 4,5% (dal 2 all’1% in caso d’immobili

acquistati con i requisiti prima casa).

Inoltre, per alleviare il carico impositivo dell’assegnazione degli immobili strumentali ai soci

viene prevista la non applicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale

ma in misura fissa (200 euro ciascuna).

Le società che si avvalgono delle disposizioni agevolative in esame devono versare:

il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016;

e la restante parte entro il 16 giugno 2017.

Per la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le

imposte sui redditi.

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

52

ESEMPIO 1

Alfa SRL decide di usufruire della cessione agevolata d’immobili abitativi i quali:

• hanno un valore catastale rivalutato di 300.000,00 euro;

• hanno un valore di mercato di 400.000,00 euro;

• il costo fiscale degli immobili è pari ad euro 150.000,00.

Per i suddetti immobili viene concordato un corrispettivo con il socio Rossi di 300.000,00

euro. Su tali immobili all’atto dell’acquisto non è stata operata la detrazione dell’IVA. La

società in questione non è stata di comodo nel periodo 2013 – 2015.

Fruendo della norma agevolativa:

• si dovrà pagare un’imposta sostitutiva pari ad euro 12.000 (300.000,00 – 150.000,00)*8%;

• l’operazione non è soggetta ad IVA in quanto all’atto dell’acquisto non è stata operata la

detrazione;

• si dovrà corrispondere, in virtù del principio di alternatività IVA/registro, l’imposta di

registro in misura proporzionale, ridotta alla metà (4,5%);

• si sconteranno imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

ESEMPIO 2

In riferimento al precedente esempio, ipotizziamo che Alfa SRL decida di usufruire

dell’assegnazione agevolata d’immobili abitativi i quali:

• hanno un valore catastale rivalutato di 300.000,00 euro;

• hanno un valore di mercato di 400.000,00 euro;

• il costo fiscale degli immobili è pari ad euro 150.000,00.

Per i suddetti immobili viene concordato un corrispettivo con il socio Rossi di 500.000,00

euro. Su tali immobili all’atto dell’acquisto non è stata operata la detrazione dell’IVA. La

società in questione non è stata di comodo nel periodo 2013 – 2015.

Fruendo della norma agevolativa:

− si dovrà pagare un’imposta sostitutiva pari ad euro 12.000 (300.000,00 –

150.000,00)*8%;

− l’operazione non è soggetta ad IVA in quanto all’atto dell’acquisto non è stata operata

la detrazione;

− si dovrà corrispondere, in virtù del principio di alternatività IVA/registro, l’imposta di

registro in misura proporzionale, ridotta alla metà (4,5%);

− si sconteranno imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

53

2.1.4. I profili impositivi in capo ai soci

Mentre nella versione originaria del disegno di legge di Stabilità 2016 si prevedeva che le

eventuali riserve di utili annullate per effetto dell’assegnazione non comportassero alcuna

tassazione in capo al socio assegnatario (si prevedeva l’inapplicabilità dell’art. 47, D.P.R.

917/1986), con una modifica dell’ultima ora il co. 118 dell’articolo unico della Legge di Stabilità

2016 prevede l’ordinaria imponibilità per la distribuzione di utili in natura.

Va subito evidenziato che il problema della tassazione delle riserve di utili in capo ai soci in

sede di assegnazione agevolata si pone solo per le operazioni effettuate da società di capitali,

considerando che per il socio di società di persone qualsiasi distribuzione di riserve di utili non

è più imponibile se ha già scontato la tassazione per trasparenza.

Nello specifico, la richiamata disposizione prevede che: “Nei confronti dei soci assegnatari non

si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 del

citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917

del 1986”.

In base alla citata disposizione normativa, vengono “disattivate” le seguenti disposizioni:

indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti

l'utile dell'esercizio e le riserve diverse da quelle del comma 5 (di capitale) per la quota

di esse non accantonata in sospensione di imposta;

l’assenza di tassazione per la distribuzione delle riserve di capitale;

le ipotesi di tassazione per i soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di

riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società.

Non viene invece disapplicato il primo periodo, co. 1, dell’art. 47 D.P.R. 917/1986 il quale

prevede l’imponibilità degli utili distribuiti in qualsiasi forma, compresa dunque la

distribuzione di utili in natura.

Una interpretazione logica della norma in questione porta a ritenere che se l’assegnazione

comporta l’annullamento di riserve di utili si applicano le normali regole di tassazione dei

dividendi in natura; se invece si procede all’annullamento di riserve di capitale non si applica la

presunzione di distribuzione prioritaria delle riserve di utili. In tale ultimo caso nessuna

tassazione in capo al socio assegnatario e corrispondente riduzione del costo fiscale della

partecipazione.

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Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

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Altra questione, ipotizzando l’annullamento di riserve utili, è la individuazione dell’ammontare

imponibile in capo al socio. Si dovrà far riferimento all’art. 47, co. 3, D.P.R. 917/1986, il quale

prevede il riferimento al valore normale. Per la determinazione della plusvalenza imponibile per

la società in caso di assegnazione è possibile optare per il valore catastale quale parametro per

individuare il valore normale. Tale criterio dovrebbe essere adottato di conseguenza anche per

l’individuazione dell’ammontare imponibile in capo al socio.

Tra i profili impositivi in capo al socio, va altresì evidenziato che la data di stipula dell’atto

notarile è la data a cui far riferimento per l’applicazione dell’art. 67 del Tuir. In pratica, una

eventuale cessione dell’immobile “acquisito” dalla società genererebbe materia imponibile solo

se non è decorso il quinquennio previsto per l’applicazione dell’esenzione IRPEF.

Tabella riepilogativa

AMBITO

SOGGETTIVO

Società in nome collettivo

Società in accomandita semplice

Società a responsabilità limitata

Società per azioni

Società in accomandita per azioni

AMBITO

OGGETTIVO

• beni immobili, fatta eccezione per quelli strumentali per

destinazione;

• beni mobili iscritti in pubblici registri NON utilizzati quali beni

strumentali nell’esercizio dell’impresa.

RIFERIMENTO

TERMPORALE

Entro il 30 settembre 2016 deve avvenire l’assegnazione/cessione

agevolata

LE CONDIZIONI

Tutti i soci devono risultare iscritti nel libro dei soci alla data del 30

settembre 2015 (oppure devono essere iscritti entro trenta giorni dalla

data di entrata in vigore della Legge di Stabilità, in forza di titolo di

trasferimento avente data certa anteriore al 1º ottobre 2015).

IL QUANTUM DA

PAGARE PER LA

FUORIUSCITA

“AGEVOLATA”

DEGLI IMMOBILI

ASSEGNAZIONE AGEVOLATA

La base imponibile sulla quale applicare l’imposta sostitutiva si calcola

come differenza:

tra il valore normale del bene assegnato e il suo costo

fiscalmente riconosciuto.

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Capitolo 2 – Assegnazione e cessione agevolata immobili: la nuova chance per le società

55

L’individuazione del valore normale avviene, in via generale, in base ai

criteri dettati dall’art. 9 del D.P.R. 917/1986. Si tratta in sostanza di

determinare l’eventuale plusvalenza imponibile facendo riferimento al

valore di mercato.

Eccezione è prevista per l’assegnazione degli immobili (terreni e

fabbricati). In tale caso la società assegnante potrà optare per

l’adozione del valore catastale.

CESSIONE AGEVOLATA

La plusvalenza della cessione agevolata dei beni ai soci viene calcolata

con le regole “ordinarie”.

LE IMPOSTE

INDIRETTE DA

PAGARE

Nel caso in cui l’assegnazione o la cessione ai soci siano

soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, le

relative aliquote applicabili sono ridotte alla metà;

le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.

GLI EFFETTI PER I

SOCI Tassazione in base al valore normale.

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Imprese: agevolazioni

2.2. La Trasformazione agevolata: ulteriore opzione per le società

2.2.1. Premessa

La Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. Legge di Stabilità), introduce la possibilità per Snc, Sas,

Srl, SpA e SapA di ricorrere:

- all’assegnazione agevolata ai soci;

- alla cessione ai soci agevolata;

- alla trasformazione agevolata in società semplice.

Società in nome collettivo, Società in accomandita semplice, Società a responsabilità limitata,

Società per azioni, Società in accomandita per azioni

entro il 30 settembre 2016

possono beneficiare delle seguenti opzioni

ASSEGNAZIONE O CESSIONE AGEVOLATA

Dei seguenti beni:

beni immobili (diversi da quelli

strumentali);

beni mobili iscritti in pubblici

registri non utilizzati come beni

strumentali nell’attività propria

dell’impresa.

TRASFORMAZIONE AGEVOLATA

DA società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei

beni immobili e mobili registrati

A società semplice

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

In tutti i casi (cessione, assegnazione e trasformazione agevolata) è richiesto che tutti i soci:

- risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015;

- ovvero vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge

(ovvero 1° gennaio 2016) , in forza di titolo di trasferimento avente data o certa anteriore

al 1 ottobre 2015.

Con specifico riferimento alla trasformazione agevolata è altresì richiesto che la società abbia

per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni immobili e mobili registrati non

strumentali.

Si tratta di una ovvia precisazione, in quanto non sarebbe possibile configurare la

trasformazione in società semplici se viene svolta un’attività commerciale.

L’agevolazione, nel caso di trasformazione agevolata, consiste nella possibilità di applicare

un’imposta sostitutiva tra il valore normale dei beni oggetto dell’operazione e il loro costo

fiscalmente riconosciuto.

LA CONDIZIONE

Tutti i soci devono risultare iscritti nel libro dei soci alla data del 30 settembre 2015 (oppure devono essere iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di Stabilità, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1º ottobre 2015).

TRASFORMAZIONE AGEVOLATA

DA Società in nome collettivo,

Società in accomandita semplice, Società a responsabilità limitata,

Società per azioni, Società in accomandita per azioni

A

Società semplice

La società, dovendo trasformarsi in società semplice, non

può svolgere attività commerciale!

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Imprese: agevolazioni

L’AGEVOLAZIONE

IMPOSTE DIRETTE: Possibilità di applicare un’imposta sostitutiva (redditi e Irap)

BASE IMPONIBILE va calcolata sulla differenza tra:

il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione;

e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

ALIQUOTA

10,5% per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione;

8 % negli altri casi;

13 % riserve in sospensione di imposta.

SCADENZA DI PAGAMENTO

il 60 per cento dell'imposta sostitutiva deve essere versato entro il 30 novembre 2016;

la restante parte deve essere versata entro il 16 giugno 2017.

Per gli immobili, su richiesta

della società, il valore

normale può essere

determinato in misura pari a

quello risultante

dall’applicazione

all’ammontare delle rendite

risultanti in catasto dei

seguenti moltiplicatori:

- settantacinque volte il

reddito dominicale

(per i terreni);

- cento volte il reddito

risultante in catasto

(per i fabbricati).

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

Giova tuttavia di essere in questa sede sottolineato che, ai fini della disposizione in commento, i

beni che possono godere dell’agevolazione sono esclusivamente:

• i beni immobili (diversi da quelli strumentali per destinazione);

• i beni mobili registrati non strumentali.

Con riferimento a tutti gli altri beni non agevolabili, invece trovano applicazione le regole

ordinarie di tassazione.

? Un bene immobile strumentale per natura è anche escluso dalle disposizioni in

commento?

R In primo luogo giova di essere ricordata la seguente distinzione:

1. immobili strumentali per natura: immobili appartenenti alla categoria B, C, D, E e

A/10;

2. immobili strumentali per destinazione: immobili che, seppur appartenenti a

categorie catastali diverse, sono comunque utilizzati per l’esercizio dell’attività

aziendale.

Come chiarito dalla Circolare del Ministero delle Finanze del 21 maggio 1999 n. 112,

riferita alla precedente normativa, deve ritenersi che possano comunque essere oggetto

delle disposizioni in commento gli immobili strumentali per natura che siano locati, dati

in comodato o, comunque, non utilizzati direttamente dalla società.

IMMOBILI STRUMENTALI

Immobili che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa

utilizzazione senza radicali trasformazioni

PER NATURA

Categorie catastali B, C, D, E, e A/10

Possano essere oggetto dell’agevolazione gli immobili strumentali per natura che non siano utilizzati direttamente dalla

società.

PER DESTINAZIONE

In questo caso la strumentalità è legata all’utilizzo diretto dell’immobile da parte

dell’impresa.

Non agevolabile

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Imprese: agevolazioni

Gli effetti in capo ai soci

Un ultimo aspetto sul quale risulta necessario concentrare l’attenzione riguarda gli effetti della

trasformazione agevolata in capo ai soci.

La Legge di Stabilità 2016, infatti, espressamente prevede che:

“118. Il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società

trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.”

2.2.2. Le condizioni

Due sono le condizioni che la Legge di Stabilità introduce per la trasformazione agevolata.

TRASFORMAZIONE AGEVOLATA:

LE CONDIZIONI

L’OGGETTO SOCIALE I SOCI

Valore fiscale delle partecipazioni ante-trasformazione

+

Maggiori valori sui quali è stata calcolata l’imposta sostitutiva

Valore fiscale delle partecipazioni post-trasformazione agevolata

=

60

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

1. La norma richiede che la società abbia quale oggetto esclusivo la gestione di beni

immobili o mobili registrati: occorre quindi verificare l’oggetto sociale

Merita a tal proposito di essere ricordato che la Circolare del Ministero delle Finanze 21 maggio

1999, n.112/E, all’epoca dedicata all’assegnazione e alla trasformazione agevolata, con

riferimento al requisito in oggetto chiarì che “il secondo periodo del comma 4 dell'art. 87 del Tuir,

stabilisce che per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli

scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.”

In considerazione del fatto che la società andrà a trasformarsi in una società semplice, appare

abbastanza chiaro, che, in effetti, la società ante-trasformazione non possa che avere come

oggetto sociale la mera attività di gestione dei suddetti beni.

Non si comprende invece per quale motivo l’oggetto sociale a cui far riferimento debba essere

quello riportato nell’atto costitutivo e nello statuto.

Potrebbe infatti essere accaduto che una società, costituita per svolgere determinate attività,

abbia smesso di svolgere la sua attività commerciale, continuando a gestire i suoi immobili,

senza però adeguare il suo oggetto sociale.

Alcuni Autori hanno pertanto sottolineato come sia sicuramente utile introdurre nella nuova

disposizione la possibilità di dare rilevanza esclusivamente all’attività effettivamente svolta,

lasciando invece da parte l’oggetto sociale riportato nell’atto costitutivo/statuto. In caso

contrario, infatti, vi sarebbe un’inutile corsa all’adeguamento dell’oggetto sociale prima della

delibera di trasformazione.

2. Verificare i soci alla data del 30 settembre 2015

La seconda verifica da effettuare riguarda i soci, in quanto la norma richiede che “tutti i soci

risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero che

vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in forza di

titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1º ottobre 2015.”

Non sembra invece che possa rappresentare una condizione ostativa alla trasformazione

agevolata la variazione della quota di partecipazione dei singoli soci.

2.2.3. Trasformazione agevolata e società di comodo

La trasformazione agevolata, sebbene non sia preclusa alle altre società, rappresenta un utile

strumento per tutte le società di comodo.

Procedere, già nei primi mesi dall’anno, alla trasformazione potrebbe comportare importanti

vantaggi d’imposta, soprattutto in termini di minor reddito minimo presunto da dichiarare.

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Imprese: agevolazioni

E’ tuttavia bene precisare come, in questi casi, il Legislatore abbia previsto una maggiore

aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze (dall’8% previsto per le altre società al 10,5%).

? La Legge di Stabilità richiede il versamento della maggiore imposta del 10,5 per cento

“per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta

precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, cessione o trasformazione”.

Se la società è comunque di comodo nei due dei tre periodi precedenti, ma perché non ha

superato il test delle perdite sistematiche, trova comunque applicazione la disposizione in

commento?

R Alcuni Autori si sono già interrogati su questo aspetto, sottolineando come, in effetti, la

norma parli soltanto di società “non operative”, mentre la relazione illustrativa alla Legge

abbia parificato le due fattispecie delle società non operative e quelle in perdita

sistematica.

Si ritengono auspicabili, sul punto, chiarimenti specifici.

Giova infine di essere rilevato come non siano previste specifiche norme che prevedano

esclusioni/disapplicazioni dal test di operatività e delle perdite sistematiche nel caso in cui la

società intenda beneficiare dell’assegnazione/cessione/trasformazione agevolata.

Diverso è invece il caso in cui la società decida di operare nel seguente modo:

assegnare i beni della società ricorrendo alle disposizioni in tema di assegnazione

agevolata;

sciogliere la società e cancellarla dal registro delle imprese entro il termine previsto per

la dichiarazione dei redditi successiva.

Ricorrendo questa ipotesi, infatti, trova applicazione la specifica causa di disapplicazione

automatica prevista per le società non operative e in perdita sistematica.

2.2.4. Analisi di un caso pratico

Alfa Srl è stata costituita per la gestione di un immobile.

Costo di acquisto immobile (valore fiscalmente riconosciuto): 150.000 euro

Valore di mercato immobile: 200.000 euro

Valore catastale: 1.700 euro

La società ha sempre superato il test delle perdite sistematiche e quello di operatività.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

ATTIVO PASSIVO

Immobile 150.000 Capitale sociale 100.000

Banca x c/c 5.000 Debiti 55.000

Totale 155.000 Totale 155.000

I beni diversi dagli immobili e dai mobili registrati, che non sono richiamati dalla disciplina in

commento, non possono fruire della tassazione agevolata.

Pertanto, dovranno essere soggetti a tassazione secondo criteri ordinari.

Giova in primo luogo di essere ricordato che, come previsto Legge di stabilità, deve essere

applicata un’imposta sostitutiva sulla differenza tra:

- il valore normale dei beni posseduti all’atto della trasformazione;

- il costo fiscalmente riconosciuto dei beni in oggetto.

Il valore normale - Per gli immobili, su richiesta della società, il valore normale può essere

determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite

risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dall’articolo

52 del DPR 26 aprile 1986, n. 131.

In virtù dell’articolo richiamato rilevano i seguenti valori:

- settantacinque volte il reddito dominicale (per i terreni);

- cento volte il reddito risultante in catasto (per i fabbricati).

Nel nostro caso, pertanto:

1.700 x 100 = 170.000 euro questo può rappresentare il valore normale (su richiesta della

società).

Valore normale 170.000

- Costo fiscale immobile - 150.000

Plusvalenza (da assoggettare ad imposta

sostitutiva) 20.000

Imposta sostitutiva (società non di comodo) = 8%

20.000 x 8% = 1.600 euro

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Imprese: agevolazioni

60% dell’imposta sostitutiva da versare entro il 30 novembre 2016 = 960 euro

40% dell’imposta sostitutiva da versare entro il 16 giugno 2017 = 640 euro

? Molto spesso le società che presentano situazioni contabili come quella in commento

hanno come principale fine quello della vendita dell’immobile. Orbene, cosa accade se

l’immobile viene venduto subito dopo la trasformazione agevolata? Sarebbe soggetto a

tassazione ex art. 67 Tuir in virtù del fatto che è posseduto da meno di 5 anni?

R Ai sensi dell’articolo 67 Tuir costituiscono redditi diversi le “plusvalenze realizzate

mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di

cinque anni”.

Tuttavia la trasformazione non interrompe il termine quinquiennale di possesso

dell’immobile. Ciò significa che, se l’immobile è già posseduto da cinque anni, non

ricorre la fattispecie in commento.

Deve inoltre essere ricordato che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote

possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad

imposta sostitutiva.

Ipotizzando che i soci siano 2, ed ognuno possiede il 50% del capitale sociale.

Valore fiscale delle due partecipazioni

ante-trasformazione 100.000

+ Maggiori valori sui quali è stata calcolata

l’imposta sostitutiva + 20.00

Valore fiscale delle due partecipazioni

post-trasformazione agevolata 120.000

120.000 euro : 2 soci (50%di partecipazione al capitale) = 60.000 valore sociale partecipazione

post-trasformazione.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

2.3. Imprese individuali: possibile l’estromissione degli immobili strumentali

2.3.1. Premessa

Una delle novità introdotte nell’iter di approvazione della Legge di Stabilità 2016 riguarda la

possibilità per gli imprenditori individuali di estromettere dal regime d’impresa i beni immobili,

fruendo di una tassazione “agevolata” rispetto alle ordinarie modalità impositive. È quanto

prevede il co. 121 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016. L’intervento si innesta in un

più ampio disegno emergente dalla stessa Legge di stabilità 2016 atto a far “fuoriuscire” a

costo fiscale agevolato i beni immobili dal patrimonio delle imprese.

La ditta individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede immobili strumentali (sia per

natura che per destinazione) di cui all’art. 43 comma 2 D.P.R. 917/86, può decidere di optare per

l’uscita dello stesso fabbricato dal patrimonio dell’impresa con destinazione alla persona fisica.

Vediamo di analizzare i principali dettagli dell’operazione.

Estromissione degli immobili strumentali per

l’imprenditore individuale

L’immobile in questione passa dalla sfera

imprenditoriale alla sfera privata del soggetto

2.3.2. Caratteristiche generali

La norma di riferimento in questo caso è il co. 121 dell’articolo unico della Legge di Stabilità

2016, che di seguito esponiamo.

“62. L’imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede beni

immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, del testo unico delle imposte sui

redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,

può, entro il 31 maggio 2016, optare per l’esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell’impresa,

con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1º gennaio 2016, mediante il

pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e

dell’imposta regionale sulle attività produttive nella misura dell’8 per cento della differenza tra il

valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto. Si applicano, in quanto

compatibili, le disposizioni dei commi da 56 a 61”.

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Imprese: agevolazioni

L’operazione di trasferimento dalla sfera d’impresa a quella privata si concretizza con il

pagamento di un’imposta sostitutiva dell’8% (in sostituzione di Irpef e Irap) sulla differenza tra il

valore normale degli immobili estromessi e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

Il rinvio agli articoli 115-120 della stessa Legge di Stabilità, che disciplinano

l’assegnazione/cessione agevolata, ci induce ad affermare che anche in questo

caso si potrà far riferimento al valore catastale per la determinazione dell’eventuale

plusvalenza imponibile.

Infatti, in caso di assegnazione agevolata degli immobili, si da la possibilità al contribuente che

aderisce al regime agevolativo di poter optare tra le seguenti scelte:

• il valore di mercato così come definito dall’art. 9, D.P.R. 917/1986;

• il valore catastale utilizzando i moltiplicatori ex art. 52, D.P.R. 131/1986.

Optando per il valore catastale si dovrà procedere a porre in essere il seguente calcolo:

rendita catastale + il 5% della rendita catastale * i moltiplicatori ex art. 52, D.P.R.

131/1986.

Per i terreni la rendita catastale andrà rivalutata del 25%.

Si tratta certo di un confronto impari, in quanto il valore catastale è generalmente inferiore al

valore di mercato e se confrontato con il costo fiscale del bene condurrebbe alla fuoriuscita del

bene pagando una minima imposta sostitutiva, addirittura azzerata nel caso in cui il costo

fiscale del bene sia superiore al valore catastale (la C.M. 40/E/2002 ha previsto anche in questo

caso la possibilità di fruire della norma agevolativa).

Per quanto riguarda i moltiplicatori il riferimento è all’art. 52, D.P.R. 131/1986.

Applicando la richiamata disposizione i moltiplicatori da applicare sono i seguenti:

− 100 per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali A, B e C;

− 50 e 34 rispettivamente per le unità immobiliari classificate nelle categorie castali A/10

e C/1;

− 50 e 34 rispettivamente per le unità immobiliari classificate nelle categorie castali D e E;

− 75 per i terreni, esclusi quelli per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la

destinazione edificatoria.

I suddetti moltiplicatori sono stati innalzati del 20% dall’articolo 1-bis, Decreto Legge n.

168/2004 (e di un ulteriore 40% solo per la categoria catastale B, ai sensi dell’articolo 2, comma

45, Decreto Legge n. 262/2006).

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

I moltiplicatori da applicare sono i seguenti:

Categorie

Catastali

Moltiplicatori ex art.

52, D.P.R. 131/1986.

Moltiplicatori ex art. 52, D.P.R. 131/1986 con

aumento

A, B e C (escluso

A/10 e C/1) 100

120 per A e C

168 per B

A/10 e D 50 60

C/1 e E 34 40,8

Terreni 75 90

Sotto il profilo operativo, si riepilogano le principali regole previste:

1. • passaggio da perfezionare entro il 31 maggio 2016;

2. • i beni devono essere posseduti alla data del 31 ottobre 2015;

3. • plusvalenze assoggettate all’imposta sostitutiva dell’8% da versare il 60%

entro il 30.11.2016 ed il restante 40% entro il 30.06.2017.

4. • plusvalenza calcolata come differenza fra il valore normale del bene (come

precedentemente definito) ed il costo fiscalmente riconosciuto in bilancio;

5. • possibile sostituzione del valore normale con il valore catastale degli

immobili, al pari di quanto avviene per l’assegnazione agevolata ai soci.

2.3.3. IVA e altre imposte indirette

Sotto il profilo IVA, l’operazione è qualificabile come destinazione di beni a finalità estranee

all’impresa, (art. 2 comma 2 n. 5 del DPR 633/72) e quindi si tratta di iniziativa rientrante

nell’ambito di applicazione del tributo. Costituiscono eccezione a tale principio i beni per i quali

l’imprenditore non ha operato la detrazione dell’imposta all’atto dell’acquisto (es. immobile

acquisito da privato).

Dal punto di vista operativo l’estromissione va fatturata (nel caso di specie autofatturata),

solitamente, in regime di esenzione di cui all’art. 10 comma 1 n. 8-ter del DPR 633/72, salvo il

caso in cui l’imprenditore non intenda optare specificatamente per l’applicazione dell’imposta

sul valore aggiunto.

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Imprese: agevolazioni

Tale opzione, però, non è vantaggiosa a causa del fatto che l’Iva (solitamente con aliquota al

22%) esposta in fattura derivante dall’assegnazione andrebbe poi di norma versata all’Erario e si

configura evidentemente come un costo che ricade tutto a carico dello stesso imprenditore.

Come detto, generalmente l’operazione di estromissione in questione si qualifica come esente

ai sensi all’articolo 10 comma 1 n. 8-ter del DPR 633/72.

Nel caso in questione trattandosi tipicamente di immobile strumentale dell’attività (es. il

capannone o il laboratorio in cui si è svolta l’attività) si applica l’art. 19-bis del DPR 633/72 nella

parte in cui la disposizione afferma che i beni ammortizzabili ceduti (od estromessi come in

questo caso) non concorrono al calcolo della percentuale di pro rata.

Se è pur vero quanto sopra affermato, non bisogna però dimenticare che se l’operazione

avviene nel corso del periodo di tutela fiscale, (pari a dieci anni per i beni immobili),

generalmente questa provoca un cambio di destinazione, in quanto il bene non è più impiegato

per operazioni imponibili ma, come si è detto, per una operazione esente che non consente il

recupero dell’imposta.

Infine niente sarà dovuto ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, in quanto non si

effettua alcun trasferimento della proprietà dell’immobile, il quale rimane in capo allo stesso

soggetto, seppure passando dalla sfera imprenditoriale a quella personale.

2.3.4. La classificazione degli immobili per l’imprenditore individuale

La questione che ora si intende analizzare riguarda l’individuazione dei beni strumentali

nell’impresa individuale. A tal riguarda va evidenziato che per l’impresa individuale:

per gli acquisti effettuati a partire dal 1° gennaio 1992, un immobile può essere

considerato strumentale a condizione che questo sia stato iscritto nei registri contabili,

sia che si tratti di immobile strumentale per natura che di immobile strumentale per

destinazione;

per gli acquisti effettuati ante 1992, invece, la qualifica di strumentale per destinazione

dipende solo dall’utilizzo effettuato, mentre l’immobile strumentale per natura può

essere considerato tale se è stato annotato neri registri contabili.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

Per gli immobili acquistati ante 1992 ricordiamo che la Risoluzione del Ministero delle Finanze

n. 3/330 del 3 febbraio 1989, identifica gli immobili strumentali per natura ossia gli immobili

classificati nelle categorie catastali A/10 (uffici e studi privati), B, C, D ed E. La tipologia di

immobili in esame non perde la propria qualifica pur se non direttamente utilizzati dall’

imprenditore individuale a patto che siano stati indicati in inventario ovvero, per le imprese in

contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili.

Data la diversa modalità di definizione di immobile strumentale per natura e immobile

strumentale per destinazione, può accadere che un immobile sia ricompreso in entrambe le

categorie. In tal caso, l’Agenzia delle Entrate nella C.M. 57/2001 ha chiarito che tale immobile

debba essere ricompreso nella categoria degli immobili strumentali per destinazione. Infine,

costituisce una ulteriore categoria di immobile strumentali il fabbricato concesso in uso ai

dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica nel comune in cui prestano

l’attività lavorativa. La strumentalità di tali immobili è riconosciuta per i periodi d’ imposta in cui

si verifica il trasferimento e per i due successivi.

ACQUISTI ANTE 1992: la qualifica di strumentale per destinazione dipende

solo dall’utilizzo effettuato, mentre l’immobile strumentale per natura può

essere considerato tale se è stato annotato nei registri contabili.

ACQUISTI POST 1° GENNAIO 1992: un immobile può essere considerato

strumentale a condizione che questo sia stato iscritto nei registri contabili,

sia che si tratti di immobile strumentale per natura che di immobile

strumentale per destinazione.

INDIVIDUAZIONE IMMOBILI STRUMENTALI

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Imprese: agevolazioni

2.4. Il super ammortamento

2.4.1. Caratteristiche generali

La Legge di stabilità 2016 introduce una norma volta ad agevolare gli investimenti in beni

materiali strumentali nuovi per i titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo.

Diversamente dai precedenti interventi, solitamente finalizzati a generare una variazione in

diminuzione del reddito imponibile quantificata sull’eccedenza degli investimenti rispetto al

passato, si è preferito operare su un incremento della quota di ammortamento (o del canone di

“leasing”), a parità di costo di acquisto.

Al fine di non penalizzare il settore della vendita di autovetture, si sono parallelamente

incrementati i limiti di rilevanza fiscale di tali beni, con lo scopo di rendere interessanti anche

tali tipologie di investimento. Si tratta di un intervento che la Relazione Tecnica stima di importo

pari a 32 milioni di euro di deduzione extracontabile aggiuntiva, con il connesso risparmio

fiscale variabile in ragione delle aliquote applicate.

Il comma 91 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 prevede che,

ai soli fini delle imposte sui redditi, i titolari di reddito di impresa e gli esercenti arti e

professioni che effettuino investimenti in beni materiali strumentali nuovi (con

opportune limitazioni più oltre illustrate) dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016,

con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei

canoni di locazione finanziaria, considerino il costo di acquisizione maggiorato del

40%.

A fronte di una spesa di 100, si potrà ammortizzare 140, con la conseguenza che, in

capo ai soggetti IRES, il risparmio fiscale si attesta sull’11%, vale a dire il 27,5% del

maggior costo di 40.

Non è più richiesto, come invece accadeva in precedenti normative (solitamente

denominate detassazioni Tremonti), che l’investimento attuale sia da confrontare

con medie del passato, esprimendo una sorta di propensione alla maggiore spesa,

né che il bene sia mantenuto nell’economia aziendale per un periodo minimale di tempo;

ovviamente, in caso di cessione si considereranno le ordinarie plus e/o minusvalenze.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

2.4.2. Ambito soggettivo

La disposizione è di interesse, sia per i soggetti che producono reddito di impresa, sia per

coloro che dichiarano reddito di lavoro autonomo, indipendentemente dalla forma giuridica

assunta.

In tal senso, si registra un primo ambito di differenziazione rispetto alle agevolazioni

del passato, che, diversamente, escludevano di solito i lavoratori autonomi.

Si evidenzia che:

• risulta irrilevante anche il regime contabile adottato e si dovrebbero ricomprendere

anche i contribuenti in regime di vantaggio (restano, invece, esclusi i forfetari che non

deducono quote di ammortamento);

• non sono nemmeno richiesti vincoli di esistenza del soggetto ad una specifica data,

essendo tranquillamente fruibile l’agevolazione anche in capo a soggetti di nuova

costituzione nel 2015 (anzi, proprio questi ultimi soggetti, dovendo effettuare gli

investimenti iniziali nei beni utilizzati per l’esercizio della propria attività, potranno

trovarsi nelle condizioni richieste dalla norma).

SOGGETTI CHE POSSONO FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE

• le persone fisiche che svolgono attività produttiva di reddito di lavoro

autonomo ai sensi dell'art. 49, comma 1, del Tuir;

• le associazioni professionali (senza personalità giuridica) costituite fra

persone fisiche;

• le persone fisiche esercenti attività commerciale ancorché gestita in forma di

impresa familiare, comprese le aziende coniugali;

• le società in nome collettivo e in accomandita semplice;

• società di fatto che abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciale;

• società consortili a rilevanza sia interna che esterna;

• società per azioni;

• società in accomandita per azioni;

• società a responsabilità limitata.

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Imprese: agevolazioni

2.4.3. Ambito oggettivo di applicazione

La possibilità di ammortizzare un costo di acquisizione maggiorato del 40% interessa solo gli

investimenti in beni materiali strumentali che:

• debbono possedere il requisito della novità;

• vanno ammortizzati con aliquota pari o superiore al 6,5%;

• siano diversi da fabbricati e costruzioni;

• siano diversi da una specifica elencazione di beni contenuti in apposito allegato alla

Legge di stabilità.

Requisito della novità

In merito al requisito della novità, si ritiene che possano essere ritenute applicabili

le indicazioni di prassi in passato fornite dall’Amministrazione finanziaria in merito

alle detassazioni Tremonti (tra le altre cfr. circolari n. 90/E del 2001, n. 4/E del 2002, n. 44/E

del 2009, n. 5/E del 2015). In particolare, il requisito sussiste in caso di:

• acquisto diretto dal produttore o dal commerciante del bene;

• acquisto diverso da quelli sopra citati, purché il bene non sia mai stato utilizzato

da alcuno, ove l’utilizzo va inteso come entrata in funzione del bene.

Inoltre, mantiene il requisito della novità il bene esposto in show room, anche se già

materialmente utilizzato a solo scopo dimostrativo, quindi sempre in assenza di una

immissione in un ciclo produttivo di altro soggetto.

Ove il bene sia “complesso”, quindi generato dall’aggregazione di più parti a costituire un

tutt’uno, dovrebbe essere ammessa la presenza di beni non nuovi, purché sia fornita

un’attestazione in merito alla irrilevante entità del componente usato rispetto all’insieme,

ovvero alla prevalenza delle componenti nuove rispetto a quelle usate.

Per quanto riguarda la strumentalità si tratta di:

elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente nell'ambito

dell'attività. In sostanza si tratta di beni ammortizzabili, ivi compresi quelli di costo

non superiore a un milione di lire anche se integralmente dedotto nell'esercizio di

sostenimento.

In relazione alle esclusioni dal perimetro di rilevanza, il legislatore ha utilizzato:

• un riferimento generale (percentuale di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre

1988),

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

• due esclusioni puntuali (diversi da fabbricati e costruzioni e da una specifica

elencazione).

In particolare:

• sulla percentuale di ammortamento prescelta, la Relazione Tecnica evoca il limite

del 6,5% come essenzialmente riferito al comparto dei fabbricati e delle costruzioni,

in parziale sovrapposizione con la prima esclusione puntuale. In realtà, va registrata

la presenza della categoria “Costruzioni leggere”, comprendente tettoie, baracche e

simili, normalmente ammortizzabile fiscalmente con aliquota del 10%, misura quindi

superiore a quella minima tollerabile. In tal senso, la esclusione puntuale “fabbricati

e costruzioni” dovrebbe determinare una prudenziale esclusione di tali beni. Analogo

ragionamento dovrebbe svolgersi per quei beni, ad esempio gli impianti fotovoltaici,

che, per effetto della necessità di accatastamento, sono di fatto da considerarsi

fattore integrante dell’immobile, normalmente ammortizzati con aliquota del 4%,

inferiore al minimo previsto;

• in merito ai beni compresi nell’elenco di cui all’Allegato, la indicazione risulta necessaria

in quanto si tratta di beni ammortizzabili con aliquote superiori a quella minima

sufficiente (dal 7,5 al 12%) ed, in particolare:

Gruppo V, Specie 19 (imbottigliamento acque minerali): condutture, ammortizzabili

all’8%;

Gruppo XVII, Specie 2/b (produzione e distribuzione gas naturale): condutture per

usi civili (reti urbane), ammortizzabili all’8%; condutture dorsali per trasporto a

grandi distanze dai centri di produzione, ammortizzabili al 10%; condotte dorsali

per trasporto a grandi distanze dai giacimenti gassoso-acquiferi e condotte di

derivazione e allacciamento, ammortizzabili al 12%;

Gruppo XVII, Specie 4/b (stabilimenti termali ed idrotermali): condutture,

ammortizzabili all’8%;

Gruppo XVIII, Specie 4 e 5 (ferrovie, esercizio di binari, vagoni letto e ristorante,

tramvie, ferrovie metropolitane, filovie, funicolari, funivie, slittovie ed ascensori):

materiale rotabile, ferroviario e tramviario, con esclusione delle motrici,

ammortizzabili al 7,5%;

Gruppo XVIII, Specie 1, 2 e 3 (trasporti aerei, marittimi, lacuali, fluviali e lagunari):

aerei completi di equipaggiamento, con motore a terra, ammortizzabili al 12%.

Per la generalità dei beni ammessi al beneficio risulta possibile

• l’acquisizione diretta (a prescindere dalla presenza o assenza di finanziamenti)

• la stipula di contratti di locazione finanziaria;

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Imprese: agevolazioni

Risultano invece esclusi

• la locazione operativa (senza opzione di riscatto);

• il noleggio.

Circostanze nelle quali l’eventuale beneficio non spetta all’utilizzatore, mentre può essere

goduto alle società di locazione e noleggio.

In linea di principio, nonostante la norma faccia riferimento al “costo di

acquisizione”, dovrebbe essere ammissibile anche la realizzazione in economia dei

beni medesimi, giungendosi in ogni caso all’ottenimento di un costo ammortizzabile,

anch’esso “amplificabile” nella misura del 40%.

2.4.4. Ambito temporale

Gli investimenti in beni materiali strumentali, debbono perfezionarsi nel periodo dal 15 ottobre

2015 al 31 dicembre 2016; la data di “apertura” della disposizione coincide con il giorno nel

quale il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di Legge di stabilità.

Si tratta dunque di un’agevolazione di natura temporanea che richiede di collocare le

acquisizioni nel suddetto periodo, sfruttando, per similitudine, le precedenti indicazioni di prassi.

Al riguardo, possiamo affermare che:

• nel caso di beni mobili,

rileva la data di consegna o spedizione, oppure, se diverso e successivo, il

momento in cui si verifica l’accordo traslativo della proprietà, in relazione agli

accordi pattuiti tra le parti;

• nel caso di realizzazione dei beni tramite contratto di appalto,

rileva il momento di ultimazione della prestazione, salvo la presenza di SAL per

partite divisibili, verificati ed accettati dal committente con una liquidazione

definitiva;

• nel caso di contratto di leasing,

vale la data di consegna del bene al locatario, salvo la presenza di clausole di

prova a favore di quest’ultimo, circostanza nella quale occorre fare riferimento

alla dichiarazione di esito positivo della prova e del collaudo.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

Anche per gli acquisti effettuati prima del 15.10.2015 possono verificarsi le

condizioni per fruire del beneficio, a patto che l’acquisto, secondo i criteri dell’art.

109 del Tuir, si sia verificato a partire dal 15.10.2015.

Ma ciò non basta. Per sfruttare le maggiori quote di ammortamento anche per il 2015, sarà

altresì necessario che il bene sia effettivamente entrato in funzione.

Sono elementi sintomatici dell’entrata in funzione del bene i seguenti:

• il momento dal quale ha inizio il consumo di energia elettrica necessaria per il

funzionamento del bene;

• l’impiego di manodopera;

• l’inserimento del bene nella catena di produzione;

• le risultanze della contabilità industriale.

2.4.5. Meccanismo di funzionamento

In presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, l’agevolazione, come detto, consiste nella

possibilità di considerare, ai soli fini degli ammortamenti e dei canoni di locazione finanziaria, il

costo maggiorato del 40%; il tutto arginato al comparto delle imposte dirette (IRES e IRPEF), con

conseguente esclusione dell’IRAP.

La Relazione Tecnica precisa che il “maggior costo” abbatte l’imponibile con una deduzione

extracontabile, non essendo ovviamente possibile richiedere il transito a conto economico di un

valore contabilmente non esistente.

In ogni caso, il vantaggio fiscale potrebbe determinare anche l’evidenza di una perdita,

deducibile secondo le ordinarie regole proposte dal T.U.I.R. per le diverse categorie di

contribuenti. In ogni caso, si dovrebbe trattare di una mera riduzione dell’imposta e non di un

contributo, con conseguente assenza di ulteriori conseguenze di natura fiscale.

La precisazione che la maggior posta vale ai soli fini degli ammortamenti (o dei canoni di

leasing) serve ad escludere

• qualsiasi influenza in merito alla determinazione di eventuali plusvalenze o

minusvalenze all’atto della cessione del bene stesso,

• la rilevanza ai fini, ad esempio, del plafond per manutenzioni e riparazioni.

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Imprese: agevolazioni

Così, se da un lato la cessione a terzi non determina alcun obbligo di restituzione

del beneficio sino a quel momento goduto, accade che l’acquirente (pur in presenza

dei requisiti soggettivi) non potrà proseguire nel godimento del beneficio, anche

qualora il trasferimento avvenisse nel periodo agevolato, per mancanza del requisito della

novità. Evidentemente, il vantaggio fiscale risulta tanto più elevato quanto più elevato sarà il

mantenimento del bene nell’economia del soggetto, sino alla ultimazione del recupero del

costo reale e della maggior quota di costo figurativo.

Se, nel caso dell’acquisto in proprietà, l’applicazione appare sostanzialmente lineare, non così

accade nella diversa ipotesi di acquisto tramite leasing.

In particolare:

• vi potrà essere il beneficio anche in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto

finale, poiché l’agevolazione riguarda i soli canoni;

• dato che i canoni di leasing sono composti da una quota capitale e da una quota

interessi, sembra opportuno e prudenziale limitare l’agevolazione alla prima

componente, eventualmente maggiorata del prezzo dell’opzione finale di riscatto;

• per determinare quale sia, ai fini dell’agevolazione, la quota agevolata, è stato

suggerito l’utilizzo del metodo forfetario contenuto nel D.M. 24 aprile 1998, anche

per mantenere una unitarietà interpretativa rispetto alle ipotesi dell’individuazione

degli interessi passivi impliciti ai fini dell’IRAP, dell’applicazione dell’art. 96 del

T.U.I.R. nonché dell’individuazione della quota parte di canone (indeducibile)

riferibile al terreno, nel caso di leasing di fabbricati. Ciò determina, all’atto pratico,

una finzione di imputazione della componente finanziaria in modo proporzionale

rispetto alla durata del contratto, anziché secondo metodologie di calcolo

finanziario che determinano una quota decrescente.

• escludendo la componente degli interessi e considerando il valore dell’opzione di

riscatto, l’agevolazione verrebbe applicata alla stessa base utilizzata nel caso di

acquisto diretto (il che equivale a dire che la maggiorazione del 40% si applica sul

costo sostenuto dal concedente).

• rispetto al piano di ammortamento, ove l’unica variabile possibile è la scelta di una

quota di ammortamento inferiore a quella massima deducibile secondo il D.M. 31

dicembre 1988, la locazione finanziaria richiede un ulteriore raccordo con la durata

del contratto. Infatti, pur non sussistendo più alcun “subordine” per la deducibilità:

ove la locazione avesse durata inferiore rispetto a quella prevista

fiscalmente (metà del periodo di ammortamento), il maggior valore (così

come i canoni) dovrà essere dedotto in base a quest’ultima;

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

ove la locazione avesse durata superiore rispetto a quella prevista

fiscalmente, il maggior valore verrebbe recuperato (così come i canoni) su

tale maggior arco temporale.

• il beneficio massimo si otterrebbe minimizzando la durata del contratto alla durata

fiscale della vita del bene, con riduzione al massimo del valore di riscatto.

Ipotizzando l’acquisto di un bene del costo di 100.000 euro con aliquota di

ammortamento pari al 20%, si avrebbe che:

• con l’ipotesi dell’acquisto diretto, si otterrebbe un abbattimento

dell’imponibile del primo anno pari a 14.000 euro (con riduzione dell’aliquota di

ammortamento alla metà) e di 28.000 euro per le annualità successive;

• con l’ipotesi del contratto di leasing (durata pari alla metà del periodo di

ammortamento, quindi 30 mesi) su valore di 90.000 + 10.000 di riscatto, si avrebbe

una deduzione per i primi 2 anni pari a 36.000 per quota capitale del leasing (90.000:

30 x 12) oltre ad una ulteriore deduzione extracontabile di 14.400 (36.000: 30 x 12), per

complessivi 50.400 euro.

2.4.6. Autovetture

Al fine di evitare che l’aiuto fosse ritenuto poco appetibile per il comparto auto, il

legislatore ha previsto una ulteriore disposizione correttiva del meccanismo generale, al

fine di evitare che tali ipotesi fossero penalizzate, non solo per l’esistenza di limiti alla

deducibilità del costo, bensì anche per l’esistenza di limitazioni massime di rilevanza del

costo ammortizzabile o deducibile a mezzo leasing.

Infatti, sono altresì maggiorati del 40% i limiti rilevanti per la deduzione delle quote di

ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria dei beni di cui all’art. 164, comma

1, lett. b), del T.U.I.R.

In sostanza, ferma restando la particolare regola di deduzione dei costi auto, si è scelto

di prevedere un parallelo incremento dei valori fiscali massimi di rilevanza per le

autovetture diverse:

• da quelle destinate ad essere utilizzate in modo esclusivamente strumentale e

ad uso pubblico (lett. a);

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Imprese: agevolazioni

• da quelle che, per la maggior parte del periodo di imposta, sono concesse in uso

promiscuo a dipendenti e collaboratori (lett. b-bis).

Rimangono interessati, dunque, i veicoli non assegnati ai dipendenti ed utilizzati in

modo generico nell’attività di impresa o di lavoro autonomo , il cui limite di costo

fiscalmente rilevante sale dai 18.076 euro ai 25.306 euro.

Ma vediamo nel dettaglio i diversi casi.

L'art. 164, co. 1, lett. a), TUIR riconosce l'integrale rilevanza fiscale dei componenti negativi di

reddito, afferenti:

i veicoli adibiti ad uso pubblico;

gli aeromobili da turismo;

le navi e le imbarcazioni da diporto;

le autovetture e gli autocaravan di cui all'art. 54, co. 1, lett. a) e m), D.Lgs. 30 aprile 1992,

n. 285;

i ciclomotori e motocicli:

destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività

propria dell'impresa.

Tale disposizione non è, pertanto, invocabile dagli esercenti arti e professioni (C.M. 48/E/1998,

par. 2.1.2.1).

Sul punto, l'Amministrazione finanziaria ha precisato che tale condizione di deducibilità è

soddisfatta per “i veicoli senza i quali l'attività stessa non può essere esercitata” (C.M.

37/E/1997, par. 2): i principi contenuti in tali documenti di prassi sono stati, poi, confermati

dalla C.M. 11/E/2007 (par. 8.2.).

A questo proposito, è stato, tuttavia, osservato che il requisito della strumentalità dovrebbe

essere inteso in senso più ampio, ovvero anche:

“nei casi in cui un bene sia strumento solo indiretto, ma pur sempre necessario, per la

produzione dei ricavi: si pensi, ad esempio, agli autoveicoli impiegati da un'impresa di

ristorazione che offre servizi a domicilio o, ancora, agli autoveicoli impiegati da

un'impresa che fornisce assistenza per la manutenzione e riparazione di computer,

registratori di cassa” (Circolare Assonime 20 maggio 1997, n. 60).

Per le auto strumentali, dunque, il legislatore consente la deduzione integrale del costo di

acquisito senza limiti in merito all’importo.

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

Ad esempio, per un costo di acquisto pari a 25.000 è consentito dedurre l’intero importo (o

meglio quota di ammortamento) nella misura del 100%.

La misura agevolativa del maxi ammortamento si traduce in una maggiore deduzione nella

misura del 40% del costo effettivo sostenuto per l’acquisto dell’auto con un rientro in 5 esercizi

(o 24 mesi se l’auto è presa in leasing).

Autovettura strumentale di costo pari a 25.000

Maxi ammortamento = 25.000 + 40% = 35.000

Quota ammortamento = 35.000 x 25% = 8.750 di cui:

6.250 quota ordinaria (25.000 x 25%)

2.500 maggior ammortamento (6.250 x 40%)

Quota deducibile = 8.750

Ai sensi del comma 2 art. 102 TUIR, per il primo esercizio il coefficiente di

ammortamento (25%) è ridotto alla metà (12,5%) per cui l’ammortamento si

esaurisce in 5 esercizi. Ciò vale anche per le altre casistiche esaminate nel

prosieguo della presente fiscal.

L'art. 164, co. 1, lett. b), TUIR prevede, in via residuale, i criteri di rilevanza fiscale dei componenti

negativi di reddito relativi ai veicoli diversi da quelli strumentali o ad uso pubblico.

I costi relativi a tali beni, se differenti da quelli assegnati in uso promiscuo ai dipendenti per la

maggior parte del periodo di imposta e da quelli di agenti e rappresentanti, sono:

soggetti alla percentuale di deducibilità del 20%.

I limiti fissati con riferimento al riconoscimento fiscale del costo di acquisto, da assoggettare al

predetto coefficiente, pari a:

€ 18.075,99 per le autovetture e gli autocaravan (elevato ad Euro 25.823 con riguardo

agli esercenti attività di agenzia o rappresentanza di commercio, soggetti alla quota di

deducibilità dell'80%);

€ 4.131,66 per i motocicli;

€ 2.065,83 per i ciclomotori.

La problematica del rispetto di tali soglie, ai fini dell'applicazione del vigente coefficiente di

deducibilità, si pone, naturalmente, soltanto se il costo sostenuto eccede i predetti limiti.

Diversamente, per oneri inferiori la quota percentuale di rilevanza fiscale deve essere applicata

sull'intero costo.

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Imprese: agevolazioni

La Legge Stabilità 2016, con riferimento al nuovo “maxi ammortamento” incrementa del 40%

anche i predetti limiti.

La conseguenza di ciò è che:

1) se il costo effettivo di acquisto dell’auto è inferiore al limite, il maxi ammortamento del

40% si applica al costo effettivo di acquisto;

2) se il costo effettivo è superiore al limite, il maxi ammortamento del 40% si applica a tale

limite.

(Auto non strumentale e non assegnata al dipendente con costo di acquisto

inferiore al limite)

Costo autovettura pari a 15.000 (quindi inferiore a 18.076)

Maxi ammortamento = 15.000 + 40% = 21.000

Quota ammortamento = 21.000 x 25% = 5.250 di cui:

quota ordinaria 3.750 (15.000 x 25%);

quota maggior ammortamento 1.500 (3.750 x 40%).

Quota deducibile = 5.250 x 20% = 1.050 di cui:

quota ordinaria deducibile 750 (3.750 x 20%);

quota maggior ammortamento deducibile 300 (1.500 x 20%).

(Auto non strumentale e non assegnata al dipendente con costo di acquisto

superiore al limite)

Costo autovettura pari a 30.000 (quindi superiore a 18.076). In tal caso la

quota ordinaria di ammortamento è da calcolare sul limite massimo e cioè su

18.076.

Quota ordinaria annua di ammortamento (coefficiente 25 per cento) pari a 4.519 €

(deducibile al 20% e quindi 903,80).

Poiché il costo di acquisto è superiore a 18.076, il maxi ammortamento è da calcolare sul 40%

di 18.076 vale a dire 7.230 su cui poi applicare il coefficiente del 25%. Quindi, quota maggior

ammortamento pari a 1.807,5 (deducibile al 20% e quindi 361,50).

Quanto affermato equivale anche a dire che:

Maxi ammortamento = 18.076 + 40% = 25.306,40;

Quota ammortamento = 25.306,40 x 25% = 6.326,50 (cioè 4.519 + 1.807,50);

Quota deducibile = 6.326,50 x 20% = 1.265,30 (cioè 903,80 + 361,50).

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

La concessione al lavoratore subordinato in uso promiscuo, ipotesi contemplata dalla

successiva lett. b-bis) del comma 1 dell'art. 164, TUIR, ricorre quando il relativo utilizzo è

previsto per scopi aziendali e personali: l'ulteriore vincolo della "maggior parte del periodo

d'imposta" indica che l'assegnazione deve avvenire per un arco temporale non inferiore a 184

giorni.

La C.M. 48/E/1998 (par. 2.1.2.1) ha, infatti, chiarito che si considera:

“dato in uso promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo d'imposta il veicolo

utilizzato dallo stesso per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d'imposta del

datore di lavoro”:

l'uso da parte del dipendente deve essere provato in base ad idonea documentazione,

connotata del requisito di certezza, come l'esistenza di una specifica clausola nel

contratto di lavoro subordinato.

Qualora siano soddisfatte tali condizioni, la società deduce, senza alcun limite massimo, i costi

sostenuti nella misura del 70%.

In termini di maxi ammortamento, questi è sempre pari al 40% del costo effettivo di acquisto

dell’auto.

(Auto assegnata al dipendente)

Costo autovettura pari a 20.000

Maxi ammortamento = 20.000 + 40% = 28.000

Quota ammortamento = 28.000 x 25% = 7.000 di cui:

quota ordinaria 5.000 (20.000 x 25%);

quota maggior ammortamento 2.000 (5.000 x 40%).

Quota deducibile = 7.000 x 70% = 4.900 di cui:

quota ordinaria deducibile 3.500 (5.000 x 70%);

quota maggior ammortamento deducibile 1.400 (2.000 x 70%).

Nel caso di assegnazione in uso, a uno dei componenti dell'organo di gestione, di

un'autovettura di proprietà della società, o di cui questa ha la disponibilità a diverso titolo

(leasing, noleggio, ecc.), deriva la deducibilità dei componenti negativi di reddito ad esso relativi:

nelle ipotesi di uso esclusivamente personale od aziendale, sono previste regole analoghe a

quelle stabilite per il lavoratore dipendente.

I limiti alla deducibilità del costo di acquisto, previsti dall’art. 164, TUIR, per le autovetture, gli

autocaravan, i ciclomotori e i motocicli degli agenti e rappresentanti di commercio, sono due:

• uno in percentuale, pari all’80%;

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Imprese: agevolazioni

• un altro riferito ad un “tetto” di spesa come evidenziato di seguito:

autovetture 25.822,84;

autocaravan 18.075,99;

motocicli 4.131,66;

ciclomotori 2.065,8.

Dunque, anche in tal caso, la problematica del rispetto delle soglie, ai fini dell'applicazione del

vigente coefficiente di deducibilità, si pone, naturalmente, soltanto se il costo sostenuto eccede

i predetti limiti. Diversamente, per oneri inferiori la quota percentuale di rilevanza fiscale deve

essere applicata sull'intero costo.

La Legge di Stabilità 2016, ai fini del maxi ammortamento, incrementa del 40% anche i predetti

limiti, con la conseguenza che:

1) se il costo effettivo di acquisto dell’auto è inferiore al limite, il maxi ammortamento del

40% si applica al costo effettivo di acquisto;

2) se il costo effettivo è superiore al limite, il maxi ammortamento del 40% si applica a tale

limite.

(Auto dell’agente o rappresentante con costo di acquisto inferiore al limite)

Costo autovettura pari a 16.000 (quindi inferiore a 25.823)

Maxi ammortamento = 16.000 + 40% = 22.400

Quota ammortamento = 22.400 x 25% = 5.600 di cui:

quota ordinaria 4.000 (16.000 x 25%);

quota maggior ammortamento 1.600 (4.000 x 40%).

Quota deducibile = 5.600 x 80% = 4.480 di cui:

quota ordinaria deducibile cioè 3.200 (4.000 x 80%);

quota maggior ammortamento deducibile 1.280 (1.600 x 80%).

(Auto dell’agente o rappresentante con costo di acquisto superiore al limite)

Costo autovettura pari a 32.000 (quindi superiore a 25.823). In tal caso la

quota ordinaria di ammortamento è da calcolare sul limite massimo e cioè su

25.823.

Quota ordinaria annua di ammortamento (coefficiente 25 per cento) 6.455,75 €

(deducibile all’80% e quindi 5.164,60).

Poiché il costo di acquisto è superiore a 25.823, il maxi ammortamento è fissato al 40% di

25.823 vale a dire 10.329 su cui si applica il coefficiente del 25%. Quindi, quota maggior

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Capitolo 2 – Imprese: agevolazioni

ammortamento pari a 2.582,25 (deducibile all’80% e quindi 2.065,80).

Quanto affermato equivale anche a dire che:

Maxi ammortamento = 25.823 + 40% = 36.152,20;

Quota ammortamento = 36.152,20 x 25% = 9.038 (cioè 6.455,75 + 2.582,25);

Quota deducibile = 9.038 x 80% = 7.230,40 (cioè 5.164,60 + 2.065,80).

I limiti di costo fiscale stabiliti per l'acquisto di veicoli di cui all'art. 164, co. 1, lett. b), TUIR

rilevano anche per quelli utilizzati in locazione finanziaria, ai fini della deducibilità dei canoni di

competenza, che non devono essere considerati, proporzionalmente, per l'importo

corrispondente al costo dei veicoli eccedente le predette soglie.

In altri termini, il costo deducibile deriva dal prodotto di tre componenti:

l'importo dei canoni imputati a conto economico, in base al principio di competenza,

senza, quindi, includere il prezzo stabilito per il riscatto;

il rapporto tra il limite di costo di cui all'art. 164, co. 1, lett. b), TUIR e quello sostenuto dal

concedente (al lordo dell'Iva eventualmente indetraibile);

il corrispondente coefficiente di deducibilità, che nel caso di imprese e professionisti,

come già illustrato, è pari al 20%.

Le regole sopraesposte del super ammortamento si applicano anche ai canoni di leasing.

Vediamo cosa succede con un esempio

Veicolo non assegnato, avente costo di 30.000 euro, acquisito in leasing

nel 2016 per 48 mesi (periodo minimo di deduzione fiscale).

Il canone mensile è (in ipotesi) di 675 euro (totale dei canoni 32.400 euro).

Il canone fiscale va ragguagliato a un costo di 18.076 euro ed è dunque pari a [675 x

(18.076/30.000)] = 406,71 euro al mese (deducibili al 20 per cento).

Il bonus comporta un maggior canone fiscale pari al 40% di questo importo e,

dunque, a 162,68 euro mensili, pure deducibili al 20 per cento.

In questo modo la società potrà dedurre ogni mese il 20% di un super-canone pari a

(406,71+162,68) = 569,39 euro. Al termine del leasing, il maggior canone portato in

deduzione per l’incentivo 40% sarà di [(162,68 x 48) x 20%] = 1.561,72 euro.

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Imprese: agevolazioni

2.4.7. Acconti

Va infine precisato che, in sede di determinazione degli acconti:

• per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015 (per coloro che godessero

del beneficio in merito ad investimenti effettuati nel periodo dal 15 ottobre 2015

al 31 dicembre 2015);

e:

• per il periodo di imposta successivo (per coloro che godessero del beneficio in

merito ad investimenti effettuati nel periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre

2016);

non si potrà tenere conto dell’agevolazione né in via previsionale, né in via consuntiva,

obbligando gli operatori alle frequenti operazioni di “ricalcolo” che sempre più spesso

impongono una separata segnalazione (a consuntivo) all’interno della dichiarazione

dei redditi, al fine di consentire un controllo sulla correttezza dell’operato.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

3. RIVALUTAZIONE BENI D’IMPRESA

3.1. Premessa

La Legge di Stabilità 2016 ha, di fatto, riaperto i termini per eseguire le rivalutazioni dei beni

d’impresa e delle partecipazioni riservata alle società di capitali ed enti commerciali che nella

redazione del bilancio non adottano i principi contabili internazionali.

La possibilità di procedere alla rivalutazione di cui alla Legge n. 342/2000 è riproposta, infatti,

anche relativamente ai beni risultanti nel bilancio dell’esercizio chiuso entro il 31 dicembre

2014 e potrà essere effettuata nel bilancio dell’esercizio successivo.

La disciplina generale della rivalutazione è contenuta nella Legge n. 342/2000 e nei Decreti

attuativi emanati nell’ambito delle precedenti rivalutazioni mentre alcuni aspetti particolari, quali

la misura dell’imposta sostitutiva dovuta ed il momento di riconoscimento fiscale, sono

disciplinati in maniera specifica.

In linea generale, risultano applicabili tutti i chiarimenti forniti in passato dall’Agenzia

delle Entrate in occasione dei diversi provvedimenti che hanno consentito la

rivalutazione dei beni d’impresa.

Scopo della nuova rivalutazione, analogamente a quanto previsto in passato, è consentire, in

deroga ai principi di redazione del bilancio, la rivalutazione economica delle immobilizzazioni al

fine di ottenere una migliore rappresentatività del bilancio.

Sembra esclusa la possibilità di effettuare la rivalutazione solo ai fini civilistici in quanto

risulterebbe obbligatoria la rivalutazione ai fini fiscali.

3.1.1. Ambito soggettivo

Per i soggetti con periodo coincidente con l’anno solare, la rivalutazione dei beni

esistenti nel bilancio dell’esercizio 2014 dovrà essere eseguita nel bilancio

dell’esercizio 2015 da approvare, nella generalità dei casi, entro il 30 aprile 2015.

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Imprese e professionisti: le novità

Possono effettuare la rivalutazione dei beni i soggetti titolari di reddito d’impresa e che

non adottano i principi contabili internazionali nella redazione di bilancio. In particolare

questi soggetti sono:

• società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità

limitata residenti nel territorio dello Stato;

• società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio

dello Stato;

• società europee di cui al Regolamento CE n. 2157/2001 e società

cooperative europee di cui al Regolamento CE n. 1435/2003, residenti in

Italia;

• enti pubblici e privati, compresi i trust, residenti e non residenti in Italia (non

rileva il fatto che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di

un’attività commerciale);

• imprese individuali, società in nome collettivo e società in accomandita

semplice ed equiparate;

• persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali in Italia

mediante stabili organizzazioni.

La rivalutazione è consentita sia ai soggetti in contabilità ordinaria che semplificata.

Tuttavia, per i soggetti in contabilità semplificata la rivalutazione è consentita a

condizione che venga redatto un apposito prospetto che dovrà, eventualmente, essere

presentato su richiesta dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, tale prospetto deve

riportare il prezzo di costo e la rivalutazione compiuta.

Si propone di seguito una bozza del prospetto:

Bozza di prospetto per i semplificati

Ditta – Mario Rossi - Via delle Rose, n.150 – Padova – P.I. 02721865941

Immobile/i da rivalutare - Ufficio – Cat. A10 – sito in Padova Via delle Rose n. 148-

M.q. 145-

Valori contabili:

• Costo Storico: 100.000,00 euro;

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

• Fondo ammortamento: 50.000,00 euro

• Netto contabile : 50.000,00

Valore in comune commercio : 300.000,00 – Come da perizia redatta in data 20

febbraio 2016, dal Geometra Guido Paola con studio in Padova Via San Crispino n.

135.

Tipologia rivalutazione: Rivalutazione fiscale con pagamento imposta sostitutiva del

16%.

Metodologia Rivalutazione : incremento del costo storico per 250.000,00 euro.

Costo Rivalutazione : 250.000 x 16% = 40.000,00 euro.

Valori contabili Post rivalutazione:

• Costo storico =350.00,00 (100.000 + 250.00);

• Fondo ammortamento = 50.000,00 euro;

• Netto contabile : 300.00,00 euro

Padova 15 marzo 2016

In Fede

___________________

(Rossi Mario)

Si intendono inclusi tra i soggetti ammessi alla rivalutazione anche:

• le imprese in liquidazione volontaria (salvo il recupero a tassazione ordinaria

nel caso di distribuzione del saldo di rivalutazione);

• le imprese che, in base alle scelte negoziali adottate, deducono gli

ammortamenti nell’ambito dei contratti di affitto o usufrutto d’azienda.

Restano esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione della rivalutazione:

• le persone fisiche esercenti lavoro autonomo, arti e professioni, anche in

forma associata;

• le persone fisiche esercenti attività agricola che non produce reddito

d’impresa in quanto rientrante nei limiti previsti dall’art. 32, TUIR;

• gli enti non commerciali per i beni relativi all’attività non commerciale;

• i soggetti IAS;

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Imprese e professionisti: le novità

• i soggetti che determinano il reddito in modo forfettario.

Si ritengono sempre escluse le imprese sottoposte a procedure concorsuali (Circolare

Assonime n. 13/2001, punto 3, parte II).

3.1.2. Ambito oggettivo

La rivalutazione ha come oggetto le stesse categorie di beni previsti dalla precedente

Legge n. 342/2000 e dal successivo Decreto ministeriale n. 162/2001.

Oggetto della rivalutazione possono essere dunque:

• i beni materiali ed immateriali diversi da quelli alla cui produzione o al cui

scambio è diretta l’attività dell’impresa. Sono quindi esclusi dalla

rivalutazione i beni merce; così ad esempio, le imprese che operano nel

settore della costruzione edile potranno rivalutare gli immobili solo se

strumentali;

• le partecipazioni in società controllate e collegate iscritte tra le

immobilizzazioni.

A tal proposito, la Circolare 16 novembre 2000, n. 207 dell’Agenzia delle Entrate,

afferma che:

“In base a quanto disposto dall’art. 10 della legge in esame, possono formare oggetto di

rivalutazione, anche in deroga all’art. 2426 del codice civile e a ogni altra disposizione di

legge vigente in materia, i seguenti beni:

• immobilizzazioni materiali, ammortizzabili o meno. Quali, ad esempio, gli

immobili, i beni mobili iscritti in pubblici registri, gli impianti ed i macchinari, le

attrezzature industriali e commerciali;

• immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti

giuridicamente tutelati quali, ad esempio: i diritti di brevetto industriale ed i

diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze,

marchi, know-how, altri diritti simili iscritti nell’attivo del bilancio ovvero,

ancorché non più iscritti in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora

tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative;

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

• partecipazioni in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del

codice civile, sempreché le stesse costituiscano immobilizzazioni.”

L’articolo 2, Decreto Ministeriale 13 aprile 2001, n. 162 stabilisce che sono altresì

rivalutabili:

• i beni di costo unitario inferiore a € 516,46;

• i beni completamente ammortizzati.

In base a quanto sopra illustrato in merito ai possibili beni oggetto di rivalutazione, sono

rivalutabili i beni iscritti nelle seguenti voci al 31 dicembre 2014 e ancora esistenti al 31

dicembre 2015:

“B) IMMOBILIZZAZIONI:

• I - Immobilizzazioni immateriali

3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere

dell’ingegno;

4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;

• II - Immobilizzazioni materiali

terreni e fabbricati;

impianti e macchinario;

attrezzature industriali e commerciali;

altri beni;

immobilizzazioni in corso e acconti;

• III - Immobilizzazioni finanziarie

partecipazioni in:

imprese controllate;

imprese collegate”.

Per i beni materiali completamente ammortizzati è sufficiente l’iscrizione in nota

integrativa, purché gli stessi siano ancora funzionanti.

Diversamente, per i beni immateriali detta iscrizione non è rilevante ed è ammissibile la

rivalutazione anche in seguito alla conclusione della procedura di ammortamento,

purché il diritto sia giuridicamente tutelato.

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Imprese e professionisti: le novità

Per le imprese in contabilità semplificata si deve fare riferimento ai beni acquisiti entro

il 31 dicembre 2014 risultanti dal registro dei beni ammortizzabili o dal registro IVA

degli acquisti.

3.1.3. Limite quantitativo

La rivalutazione non può essere effettuata senza un limite quantitativo.

I valori che saranno iscritti nel bilancio o nell’inventario a seguito della rivalutazione non

potranno, infatti, superare, ai sensi dell’art. 6, Decreto ministeriale 13 aprile 2001, n. 162,

il:

“valore realizzabile nel mercato, tenuto conto dei prezzi correnti e delle

quotazioni di borsa, o al maggior valore che può essere fondatamente

attribuito in base alla valutazione della capacità produttiva e della possibilità di

utilizzazione economica nell’impresa”.

In sostanza il valore massimo attribuito ai singoli beni in esito alla rivalutazione non può

essere superiore al fair value.

È obbligo degli amministratori e dei sindaci attestare che il valore rivalutato non eccede

il limite suddetto; essi dovranno, inoltre, esporre nell’ambito delle rispettive relazioni al

bilancio (o in mancanza, nella nota integrativa) i criteri di rivalutazione utilizzati.

Per talune tipologie di beni (ad esempio immobili) è opportuno far redigere una perizia

di stima da un professionista. Il valore rivalutato, il prezzo d’acquisto e le eventuali altre

rivalutazioni eseguite sullo stesso bene (ad esempio in base alle disposizioni di cui alla

Legge n. 266/2005 o alla Legge n. 185/2008) dovranno essere indicate anche

nell’inventario e nella nota integrativa dell’esercizio interessato dall’operazione.

Con riguardo ai beni ammortizzabili si osserva che i valori iscritti in bilancio o in

inventario per ogni singolo bene rilevano al netto delle quote di ammortamento dedotte

a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene stesso (compresa la quota

imputabile all’esercizio nel quale la rivalutazione stessa viene effettuata). Per le imprese

in contabilità semplificata il costo residuo del bene è quello che si rileva dal registro dei

beni ammortizzabili.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Limite economico della rivalutazione

Consistenza

Capacita

produttiva del

bene

Possibilità di

utilizzazione

economica da

parte dell’impresa

Valori correnti o

quotazioni di

mercato

Inoltre, lo stesso Decreto ministeriale 13 aprile 2001, n. 162 precisa che:

“il valore netto del bene risultante dal bilancio nel quale la rivalutazione è

eseguita, aumentato della maggiore quota di ammortamento derivante dal

valore rivalutato, non può essere superiore al valore realizzabile o

fondatamente attribuito”.

LIMITE ECONOMICO ALLA RIVALUTAZIONE

L’operazione di rivalutazione non può condurre all’iscrizione in bilancio di valori “inattendibili”,

cioè superiori al valore economico.

Pur costituendo una deroga degli ordinari criteri civilistici, è evidente che la rivalutazione deve,

comunque, essere effettuata nel rispetto del principio generale, posto dall’art.2423, comma 1,

del codice civile, della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e del

conseguente divieto di creare capitale “fittizio”.

L’estensione anche sul piano fiscale di tale divieto serve, dunque a ribadire che neanche il

carattere oneroso della rivalutazione può consentire il riconoscimento fiscale di valori fittizi.

Si ritiene, pertanto, che l’eventuale iscrizione in bilancio di valori superiori al limite massimo

previsto dalla legge non solo costituisca una irregolarità di carattere civilistico, ma comporti

anche l’irrilevanza fiscale degli stessi e la conseguente mancanza “ab origine” del

presupposto dell’imposta sostitutiva.

Ciò premesso, merita osservare che il valore economico degli immobili può essere

influenzato evidentemente da varie vicende sia esterne che interne all'impresa. In questa

prospettiva, si ritiene, che come previsto per le precedenti rivalutazioni, assumano rilievo, ad

esempio, anche le spese incrementative eseguite nell'esercizio 2015 sui beni posseduti, come

richiede la norma, a far data dall'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2014 nonché anche il

completamento e la messa in funzione di beni che erano solo in corso di costruzione a

chiusura di detto esercizio 2014.

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Imprese e professionisti: le novità

3.1.4. Modalità di rivalutazione

La rivalutazione può essere effettuata utilizzando una delle seguenti modalità:

A. Rivalutazione sia del costo storico sia del fondo ammortamento

Consente di mantenere invariato il periodo di ammortamento.

B. Rivalutazione del costo storico

Comporta un allungamento del periodo di ammortamento.

Tale modalità potrebbe incontrare il limite rappresentato dal valore di sostituzione del

bene (costo di acquisto di un bene nuovo della stessa tipologia); secondo la dottrina

infatti il costo rivalutato non deve essere superiore a tale valore.

C. Riduzione totale o parziale del fondo ammortamento

Consente di ridurre il fondo di ammortamento. Tale tecnica era stata utilizzata nelle

precedenti rivalutazioni per eliminare la quota di ammortamento anticipato effettuata in

esercizi precedenti ai soli fini fiscali. Tale problematica dovrebbe essere già stata risolta

in sede di disinquinamento del bilancio.

EFFETTI DEI DIVERSI CRITERI

Rivalutazione contestuale del

costo storico e del fondo di

ammortamento

Rimane invariato il residuo periodo di

ammortamento

Rivalutazione del solo costo

storico

si allunga la durata del periodo di

ammortamento;

si aumenta la quota di ammortamento;

Riduzione del fondo di

ammortamento

si allunga il periodo di ammortamento;

rimane immutata la quota di ammortamento;

Appare immediatamente evidente come i metodi contabili di cui alle lettere b) e c) siano di più

immediata applicazione. E’ sufficiente, infatti, individuare il maggior valore attribuibile ai beni ed

iscriverlo a decremento del fondo di ammortamento dei beni o ad incremento dell’attivo lordo.

Invece il metodo di cui alla lettera a) è più complesso da gestire in quanto il maggior valore

dovrà essere spalmato, nella medesima proporzione, sia ad incremento del costo storico sia ad

incremento del fondo di ammortamento. Si consideri comunque che tale metodologia consente

di non mutare la lunghezza del piano di ammortamento e, conseguentemente, di ottenere un più

rapido recupero del maggior valore rilevato in bilancio

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Rivalutazione del solo costo storico

Analizzando in dettaglio i differenti metodi, con riferimento al metodo che per prassi è stato

maggiormente adottato anche nelle precedenti rivalutazioni e cioè quello di allocare il maggior

valore semplicemente ad incremento del costo storico del bene (metodo B), non dovrebbero

sussistere particolari problemi applicativi.

Una impresa che abbia un bene di costo storico pari a 100.000, con un fondo di

ammortamento pari ad 80.000 e il cui valore economico sia pari a 70.000, ben potrà,

in linea generale, rivalutare il costo del bene a 150.000 senza incidere sugli

ammortamenti già operati: il valore netto residuo passerà in tal modo, da 20.000 a 70.000 con

un saldo di rivalutazione pari a 50.000.

Sotto il profilo fiscale, l’attivo lordo rivalutato, nell’esempio 150.000, diventa anche nuovo

costo di riferimento per la commisurazione degli ammortamenti in base ai coefficienti

tabellari del Tuir: il che determina, come è evidente, un allungamento del processo di

ammortamento. Infatti assumendo un coefficiente tabellare per semplicità di calcoli del 10%,

il processo di ammortamento si sarebbe completato, qualora il bene non fosse stato

rivalutato, in altri due periodi d’imposta (10 + 10); per effetto dell’intervenuta rivalutazione il

processo verrà completato, invece, in cinque periodi d’imposta (15+15+15+15+10).

Rivalutazione sia del costo storico che del fondo ammortamento

Venendo all’altro metodo, consistente nel rivalutare sia il costo storico che il fondo

ammortamento del bene (metodo A), esso è finalizzato, come accennato, a mantenere

invariata la durata dell’originario piano di ammortamento del cespite con il relativo

coefficiente.

Ritornando all’esempio sopra svolto di un bene iscritto a 100.000, con fondo di

ammortamento di 80.000 e coefficiente di ammortamento per semplicità di calcolo

del 10%, valore netto contabile di 20.000 e valore di mercato di 70.000, la

rivalutazione per 50.000 dovrebbe essere eseguita, per mantenere la stessa vita utile residua

(nel caso prospettato, due esercizi) incrementando il costo del bene sino a 350.000 e,

contestualmente, il fondo di ammortamento a 280.000: il valore residuo di 70.000, infatti, si

renderà ammortizzabile, applicando l’anzidetto coefficiente del 10% al costo rivalutato del

bene (pari, appunto, a 350.000), esattamente in due esercizi. E’ chiaro che, in questo modo,

ciascuna quota di ammortamento risulterà pari a 35.000, elevandosi in misura ben superiore,

non solo rispetto a quella originaria (pari a 10.000), ma anche a quella (di 15.000) che si

sarebbe determinata ove si fosse applicato il primo metodo sopra descritto.

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Imprese e professionisti: le novità

Consideriamo un bene iscritto in bilancio al costo di 300 ed il relativo fondo

ammortamento pari a 100.

Il valore di mercato del bene risulta pari a 250.

Prima della rivalutazione il bene era iscritto in bilancio a 200 (costo storico, 300, al netto del

fondo ammortamento, 100).

Il valore di mercato del bene è pari a 250 e quindi viene rivalutato del 25% [ovvero (250-

200)/200].

Sia il costo storico che il fondo ammortamento devono essere rivalutati del 25%. Il costo

storico passa da 300 a 375 (300+300*25%) e il fondo ammortamento da 100 a 125

(100+100*25%). Il bene dopo la rivalutazione, è iscritto in bilancio a 250 (375-125).

In sostanza, qualora l'impresa adotti questo sistema contabile, dovrà procedere, una volta

stabilito l'ammontare della rivalutazione, a quantificare gli importi da aggiungere,

rispettivamente, all'attivo lordo e al fondo di ammortamento e, pertanto, a tal fine determinare

un coefficiente percentuale di adeguamento da applicare ai singoli elementi, secondo le formule

che seguono (Circolare Ministeriale n. 57/E/2001, all. 3):

1. Calcolo coefficiente di rivalutazione "Cr.%”

C.r.% = (Rivalutazione + Valore residuo al 31 dicembre 2014);

2. Calcolo rivalutazione costo lordo "R.c.l."

R.c.l. = (C.r.% x valore attivo 31 dicembre 2014);

3. Calcolo rivalutazione fondo ammortamento "R.f.a."

R.f.a. = C.r.% x (fondo ammortamento 31 dicembre 2014);

Valore di mercato (E) = 5.500.000

Valore attivo ante rivalutazione (A) = 6.000.000

Fondo ammortamento 31 dicembre 2009 (B) = 1.350.000

Residuo al 31 dicembre 2015 ante ammortamento (C) = (6.000.000 - 1.350.000) = 4.650.000

Ammortamento 2015 senza rivalutazione (D) = 6.000.000 x 3% = 180.000

Rivalutazione massima = 5.500.000 - [(4.650.000 - 180.000) ] = 1.030.000

Rivalutazione 1.030.000

C.r.% (1.030.000 + 4.650.000) = 22,15%

R.c.l. 22,15% x (6.000.000) = 1.329.000

R.f.a. 22,15% x (1.350.000) = 299.000

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Nuovo costo lordo rivalutato (6.000.000 + 1.329.000) = 7.329.000

Nuovo fondo ammortamento rivalutato (1.350.000 + 299.000) = 1.649.000

Non c'è dubbio che il metodo che prevede la rivalutazione anche del fondo ammortamento

presenti il pregio di mantenere simmetrico il processo di ammortamento civile e fiscale; anche

con il primo metodo, invero, sarebbe possibile mantenere invariata l'originaria durata del

processo di ammortamento ma solo ai fini civilistici.

Si evidenzia che, secondo una prassi contabile di diffusa accettazione, la

rivalutazione congiunta di attivo e fondo potrebbe incontrare il limite rappresentato

dal “valore di sostituzione” del bene: più precisamente, un limite individuato,

secondo taluni, nel costo di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia o, secondo

altri, nel valore attuale del bene stesso incrementato dei costi di ripristino della sua originaria

funzionalità.

Si ritiene, in altri termini, che il costo lordo rivalutato, a prescindere dalla rettifica

rappresentata dagli ammortamenti (e, più precisamente, dalla idoneità di questa rettifica a

ricondurlo all’interno del limite del valore economico effettivo), non potrebbe comunque

attestarsi, per motivi di chiarezza e veridicità delle rappresentazioni del bilancio e

dell’inventario, ad un valore superiore a quello “di sostituzione” anzidetto.

Così, nel primo esempio sopra svolto di un bene iscritto a 100.000, con fondo di

ammortamento di 80.000, valore netto contabile di 20.000 e valore di mercato di 70.000, non

sarebbe più possibile rivalutare il costo lordo del bene a 350.000, come sopra ipotizzato, se il

“valore di sostituzione” fosse inferiore: ad esempio, fosse pari a 200.000. In tal caso, il costo

rivalutato non potrebbe eccedere 200.000 e il fondo di ammortamento, ove si volesse

rivalutare il bene per l’intera capienza consentita, dovrebbe attestarsi a 130.000. E’ evidente

che, in questa ipotesi, il metodo non permetterebbe di mantenere invariata, sia sotto il profilo

civile che fiscale, l’originaria durata del processo di ammortamento (che verrebbe, invece, ad

attestarsi a un punto intermedio tra la durata originaria e quella che si determinerebbe

applicando il primo metodo esaminato).

Riduzione totale o parziale del fondo di ammortamento

L’ulteriore metodo previsto per la rivalutazione consiste, come accennato, nella possibilità di

eliminare in tutto o in parte gli ammortamenti già stanziati (metodo C), ottenendo in questo

modo ugualmente un accrescimento del valore netto del bene, senza mutarne il valore storico

di origine.

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Imprese e professionisti: le novità

Il riferimento, ovviamente, è agli ammortamenti che risultino stanziati nell’esercizio precedente

a quello nel cui bilancio viene effettuata la rivalutazione: di regola, l’esercizio chiuso entro il 31

dicembre 2014.

Si fa osservare che, sotto un profilo di stretta convenienza fiscale, questo metodo si presenta, in

via generale, meno vantaggioso degli altri, in conseguenza del particolare meccanismo di

determinazione degli ammortamenti fiscalmente deducibili. Infatti, non venendo incrementato il

costo storico del bene, l’applicazione del coefficiente tabellare a tale costo determinerà

ammortamenti di misura massima identica a quella degli ammortamenti precedenti alla

rivalutazione. In sostanza, il beneficio per l’impresa consisterà nella possibilità di stanziare

nuovamente sul “bene rivalutato” quote di ammortamento già dedotte.

Non vanno sottaciuti, tuttavia, altri aspetti di rilievo. Innanzitutto, con questo metodo l’impresa

potrà eliminare, come già accennato, rettifiche di valore non aventi giustificazione economica,

segnatamente quelle determinate soltanto da opportunità fiscali, al fine di restituire al bilancio

una rappresentazione più in linea con le valutazioni economiche. Al riguardo la rivalutazione

può essere utilizzata per eliminare gli ammortamenti che dalla nota integrativa al bilancio

risultino effettuati esclusivamente in applicazione di norme tributarie e, quindi, è bene

sottolineare, sia quelli così detti anticipati, stanziati con rilevanza anche civile, e sia quelli,

determinati dall’applicazione della quota tabellare, eccedenti rispetto a quelli economico-

tecnici.

Le imprese che si trovano in tale situazione non hanno comunque l’onere di

procedere alla rivalutazione attraverso l’anzidetta modalità. Come risulta, infatti,

dal tenore testuale della norma attuativa alla Legge 342/2000, esse rimangono

libere di scegliere tra i diversi metodi indicati e, quindi, di mantenere tali ammortamenti,

procedendo alla rivalutazione dei beni attraverso l’incremento dei loro costi storici:

procedimento alternativo che, sostanzialmente, permette di raggiungere il medesimo effetto.

3.1.5. Categorie omogenee

Stante il carattere volontario della rivalutazione, questa non può essere applicata sui singoli

beni, ma, come illustrato nella circolare 18/E/2006, deve essere operata per “categorie

omogenee”.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

In sintesi, per i beni mobili non registrati, le categorie sono costituite sulla base dell'aliquota di

ammortamento e per anno di acquisizione, facendo riferimento ai gruppi stabiliti dal Dm

31/12/1988 in materia di coefficienti di ammortamento.

L’individuazione delle categorie omogenee riveste notevole importanza in quanto la

rivalutazione dovrà essere eseguita con lo stesso criterio per tutti i beni appartenenti a quella

categoria.

L’art. 4, Decreto Ministeriale n. 162/2001 indica in particolare le seguenti categorie omogenee:

Qualunque sia la metodologia adottata non si potrà eseguire alcuna rivalutazione per quei beni

che, nell’ambito della stessa categoria, risultino già iscritti in bilancio per un importo

corrispondente alla rivalutazione massima effettuata in base a detta metodologia. Come

disposto dall’art. 4, comma 7, D.M. n. 162/2001, i beni a deducibilità limitata o ad uso

promiscuo di cui all’art. 102, comma 9 e all’art. 164, TUIR, possono essere esclusi dalla relativa

categoria omogenea.

Qualora l’impresa decida di rivalutare detti beni, l’intero incremento costituisce base di

commisurazione dell’imposta sostitutiva, a prescindere dalla rilevanza fiscale dell’incremento

stesso e il corrispondente saldo di rivalutazione rimane per intero soggetto al regime di

sospensione d’imposta.

Tipologia bene Individuazione della categoria omogenea

Beni materiali ammortizzabili

(esclusi immobili e mobili

registrati)

Per anno di acquisizione e coefficiente d’ammortamento

Immobili

- Aree non fabbricabili

- Fabbricati non strumentali

- Fabbricati strumentali per destinazione

- Fabbricati strumentali per natura

Beni mobili iscritti in pubblici

registri

- Veicoli

- Aeromobili

- Navi iscritte e non nel registro internazionale

Beni immateriali - Sono rivalutabili distintamente

Partecipazioni in imprese

controllate e collegate

- Azioni: per ciascun soggetto emittente, tenuto altresì

conto delle loro caratteristiche (ordinarie, privilegiate, di

risparmio, ecc.)

- Quote: per ciascuna società controllata/collegata

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Imprese e professionisti: le novità

Con Circolare 18 giugno 2001, n. 57 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che nel caso

in cui alcuni beni siano illegittimamente esclusi dalla rivalutazione, la

conseguenza sarà il disconoscimento degli effetti fiscali della rivalutazione per

tutti gli altri beni appartenenti alla medesima categoria omogenea; seguirà il recupero a

tassazione dei maggiori ammortamenti effettuati o delle minori plusvalenze o maggiori

minusvalenze dichiarate, con applicazione delle ordinarie sanzioni previste nell’ipotesi di

infedele dichiarazione.

3.1.6. Imposta sostitutiva ed effetti fiscali

Sui maggiori valori dei beni rivalutati l'imposta sostitutiva dovuta è del

16% sui beni ammortizzabili

12% sui beni non ammortizzabili.

Le imposte in questione sono sostitutive delle imposte sui redditi, dell'Irap e delle relative

addizionali.

Il versamento delle imposte sostitutive avviene in un’unica rata entro il termine di versamento a

saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la

rivalutazione è stata eseguita

La valenza fiscale della procedura di rivalutazione si avrà a decorrere dal terzo esercizio

successivo a quello con riferimento al quale la procedura è stata attivata.

Mentre il differimento è al quarto esercizio successivo (2019) per la rilevanza in caso di

realizzo (plusvalenze e minusvalenze).

Come sempre il motivo di questa previsione è da ricercare nelle esigenze di gettito che non

risentono, nel biennio di sospensione, degli effetti di riduzione della base imponibile. Il

differimento degli effetti fiscali comporta che nel periodo di sospensione i valori fiscali dei beni,

ai fini delle vicende che li riguardano, si assumono senza tenere conto della rivalutazione

operata.

Questo con riguardo alla concorrenza dei maggiori valori alla formazione del reddito

dell'esercizio in termini, per esempio, di quote di ammortamento.

98

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Il che, evidentemente, per un triennio comporterà il problema del recupero delle quote stanziate

nel conto economico e che non possono assumere valenza ai fini tributari con conseguenti

impatti sulla fiscalità differita.

Più precisamente a partire dal 2018

le quote di ammortamento fiscale;

il plafond per il calcolo delle spese di manutenzione e riparazione del 5%;

saranno calcolati avendo riguardo al valore rivalutato.

Il comma 895 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 specifica che “limitatamente ai

beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell’articolo 14 della legge

21 novembre 2000, n. 342, si considerano riconosciuti con effetto dal periodo

d’imposta in corso alla data del 1° dicembre 2017”.

Per il periodo 2015- 2016-2017 invece la rivalutazione non produrrà alcun effetto ai fini fiscali;

ciò comporta il “doppio binario” collegato sia al calcolo di differenti quote di ammortamento

civilistiche e fiscali nei periodi in cui la rivalutazione non ha ancora riconoscimento fiscale, sia

alla necessità di stanziare in bilancio le imposte anticipate connesse alle differenze temporanee

esistenti

ESEMPIO

La Alfa Srl, rispettando i requisiti richiesti, decide di rivalutare l’unico immobile iscritto in

bilancio, categoria C1 (coefficiente ammortamento 3%)

Costo storico del bene € 100.000

Fondo ammortamento al 31.12.2014 € 30.000

Valore iscritto in bilancio € 70.000

Valore di mercato € 200.000

La rivalutazione viene eseguita nel bilancio chiuso al 31.12.2015.

La rivalutazione è così determinata:

valore mercato – (valore bilancio – quota amm.to teorica) = 200.000 – (70.000 – 3.000)=

133.000

L’ammontare della rivalutazione è pari a € 133.000.

Ipotizzando di scegliere il metodo che prevede l’incremento del costo storico si ottiene:

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Imprese e professionisti: le novità

Costo storico rivalutato (100.000 + 133.000) € 233.000 –

Fondo ammortamento al 31.12.2014 € 30.000 –

Quota ammort. civile al 31.12.2015 (233.000 x 3%) € 6.990 =

Valore residuo civile al 31.12.2015 € 196.010

Per i periodi d’imposta 2015, 2016 e 2017 la quota di ammortamento:

civilistica è commisurata al valore rivalutato e pertanto pari a € 6.990 (233.000 x 3%);

fiscale è pari € 3.000 (sarà necessario effettuare una variazione in aumento nel Mod.

UNICO pari a € 3.990).

Si fa notare che quale conseguenza della posticipazione della rilevanza fiscale della

rivalutazione è che si verrà a manifestare nei primi tre esercizi un doppio binario – civilistico e

fiscale. Le quote di ammortamento di natura civilistica dovranno, infatti, essere determinate sul

valore rivalutato, mentre le quote di ammortamento fiscali dovranno essere determinate con

riferimento al costo storico. Questo implica l’emergere in sede di dichiarazione dei redditi di

una variazione in aumento e la contabilizzazione delle imposte differite attive (o anticipate) in

base al Principio contabile n.25.

Si fa osservare, inoltre, che poiché le quote di ammortamento dei beni rivalutati devono essere

commisurate al nuovo valore ad essi attribuito a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione

produce effetti fiscali e fino ad esaurimento di tale valore, i maggiori ammortamenti civilistici

fiscalmente non riconosciuti saranno recuperati al termine del processo di ammortamento

civilistico, nel rispetto dei limiti indicati dall’art. 67 del TUIR.

Ipotizzando l’aliquota annua di ammortamento del 3% ed una rivalutazione degli

immobili strumentali di complessivi euro 300, a fronte di un costo storico di euro

1.000, avremo che gli ammortamenti degli esercizi 2015, 2016, 2017, pari, per ogni

annualità, a complessivi euro 39 (3% di 1.300), non saranno deducibili per un ammontare

pari, per ogni annualità, a euro 9 ( 3% di 300).

In tali esercizi dovranno, quindi, essere versate le imposte (Ires 27,5% ed Irap 3,9%) anche

sulla quota di ammortamento non deducibile (27,5 + 3,90= 31,40 totale imposte - 9 x 31,40%=

2,83), che saranno poi risparmiate, quando, terminato il processo di ammortamento

civilistico, potranno essere dedotti, in sede di dichiarazione dei redditi, gli ammortamenti in

precedenza non dedotti fiscalmente.

Le attività per imposte anticipate, che matureranno in ciascun anno del triennio 2015-2016 -

2017 dovranno essere, pertanto, contabilizzate come segue:

100

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Attività per

imposte

anticipate

a Imposte

anticipate 2,83

Le attività per imposte anticipate saranno classificate alla voce C) II) 4-ter dell’attivo dello

stato patrimoniale, mentre le imposte anticipate saranno iscritte in “avere” alla voce 22) del

conto economico.

Quando sarà terminato il processo di ammortamento civilistico degli immobili rivalutati,

sebbene non sia più possibile iscrivere alcun ammortamento nel conto economico, sarà

possibile dedurre extracontabilmente ai soli effetti fiscali, in sede di dichiarazione dei redditi, gli

ammortamenti non dedotti nel triennio 2015-2017; ciò genererà una riduzione del debito

d’imposta da versare all’Erario, rispetto all’ammontare delle imposte di competenza di quegli

esercizi.

Al fine di stanziare correttamente le imposte di competenza di ciascuno di quegli esercizi

occorrerà, però, oltre che contabilizzare il debito tributario emergente dalla dichiarazione dei

redditi (ipotizziamo 200) occorre anche contabilizzare l’utilizzo delle attività per imposte

anticipate.

Le scritture contabili sono le seguenti:

Imposte

dell’esercizio a Debiti tributari 200

Imposte

dell’esercizio a

Attività per

imposte

anticipate

2,83

3.1.7. Saldo attivo di rivalutazione

Indipendentemente dal metodo utilizzato, la rivalutazione comporta l’evidenziazione del “saldo

attivo di rivalutazione” pari a:

maggior valore del bene – imposta sostitutiva dovuta

101

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Imprese e professionisti: le novità

Il saldo attivo come previsto in passato dall'art. 13 della Legge n. 342/2000, essere imputato al

capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla decreto in esame,

che costituisce riserva in sospensione d’imposta e deve essere classificata nella voce A. III del

passivo del bilancio (“Riserve di rivalutazione”).

Il saldo di rivalutazione può essere imputato direttamente ad aumento del capitale,

nel qual caso, l’eventuale cessazione del regime di sospensione sarebbe

ricollegata alla delibera di riduzione del capitale (da adottare con l’osservanza delle

regole del codice civile). Al riguardo, ripetendo una disposizione già contenuta nei precedenti

provvedimenti, il comma 4 dell’art.13 della legge n.342/2000 stabilisce che agli effetti in

questione “... si considera che le riduzioni del capitale deliberate dopo l’imputazione a

capitale delle riserve di rivalutazione, comprese quelle già iscritte in bilancio a norma di

precedenti leggi di rivalutazione, abbiano per oggetto, fino al corrispondente ammontare, la

parte del capitale formata con l’imputazione di tali riserve”. A sua volta, il decreto ministeriale

attuativo della Legge 342/2000 (art.9, comma 4) stabilisce che ove nel capitale siano confluiti

saldi di rivalutazione originatisi da leggi diverse “... le riduzioni di capitale vanno

proporzionalmente imputate alle riserve di rivalutazione iscritta ai sensi dell ’art. 13, comma

1, ed a quelle iscritte in bilancio o rendiconto a norma di precedenti leggi di rivalutazione”.

Sotto il profilo fiscale, la riserva di rivalutazione se distribuita ai soci:

a) per la società, concorre a formare il reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette per

l’importo distribuito aumentato dell’imposta sostitutiva corrispondente (per l’imposta

pagata l’impresa beneficia di un credito d’imposta nell’esercizio in cui procede alla

distribuzione della riserva);

b) per i soci percettori costituisce reddito imponibile (ad eccezione dei soggetti in

contabilità semplificata).

Imputazione del saldo attivo di rivalutazione

Capitale sociale Speciale riserva in sospensione

d’imposta

102

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Effetti

distribuzione

riserva ai soci

Per la società

Concorre a formare il

reddito d’impresa, per

l’importo distribuito

aumentato dell’imposta

sostitutiva

Per i soci percettori Costituisce reddito

imponibile

In sostanza in caso di attribuzione del saldo attivo ai soci, l’importo concorre al reddito

imponibile del soggetto che ha effettuato la rivalutazione e dei soci, anche se l’attribuzione al

socio si verifica prima che decorrano gli effetti fiscali della rivalutazione. In quest’ultima ipotesi,

i maggiori valori attribuiti ai beni si considerano fiscalmente riconosciuti a partire dall’inizio del

periodo d’imposta nel quale il saldo attivo distribuito ha concorso al reddito (circolare

ministeriale 57/2002). In sostanza, l’utilizzo del saldo attivo concorre al reddito e “libera” i

maggiori valori iscritti sui beni rivalutati.

Una società ha effettuato una rivalutazione di 300 Euro, scontando una imposta

sostitutiva complessiva di 9 Euro (3% di 300), qualora fosse distribuito il saldo

attivo di rivalutazione pari a 291, la società dovrebbe dichiarare un imponibile di

300, pari al saldo di 291 incrementato dall’imposta sostitutiva di 9 (già versata al momento

della rivalutazione).

L’imposta dovuta sarà, quindi, pari all’Ires ordinaria per complessivi euro 82,50 (27,50% di

300). L’imposta, però, dovrà essere versata al netto dell’imposta sostitutiva sulla

rivalutazione dei beni immobili già pagata per euro 9. Ai sensi dell’art. 9 del D.M. n. 162/2001,

non è, invece, dovuta l’Irap.

I soci dovranno, invece, dichiarare, quale reddito di capitale, le somme percepite.

Qualora le ipotesi di distribuzione della riserva si manifestano prima che l’operazione assuma

rilevanza fiscale e fino a concorrenza degli importi attribuiti ai soci o partecipanti, i maggiori

valori attribuiti ai beni si considerano fiscalmente riconosciuti. In sostanza, la distribuzione ai

soci del saldo attivo non affrancato anteriormente all’effetto fiscale della rivalutazione fa venir

meno la sospensione del predetto effetto, rendendo immediato il riconoscimento dei beni

“grazie” all’intervenuta tassazione del saldo attivo. In caso di distribuzione parziale ciò

avviene “in relazione ai beni indicati dal contribuente”.

103

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Imprese e professionisti: le novità

L’utilizzo del saldo a copertura di perdite, anche prima della decorrenza degli effetti tributari, è

irrilevante fiscalmente, ma non è possibile procedere a distribuzioni di utili sino a quando la

riserva non sia stata ridotta o reintegrata con delibera dell’assemblea straordinaria. L’utilizzo

della riserva quindi non ha alcuna conseguenza ai fini della rivalutazione, a differenza

dell’attribuzione ai soci del saldo attivo; il riconoscimento fiscale del maggior valore attribuito ai

beni rivalutati continuerà a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al

quale la rivalutazione è eseguita.

UTILIZZO DEL SALDO ATTIVO A COPERTURA PERDITE

Si fa osservare che nel periodo in cui la rivalutazione non ha rilievo fiscale, il saldo attivo in

esame costituisce una riserva in sospensione d’imposta collegata ai plusvalori iscritti

nell’attivo e non riconosciuti fiscalmente. Durante tale periodo, la rivalutazione crea un regime

di doppia sospensione d’imposta: sull’attivo per i valori attribuiti ai beni e sul passivo per

l’importo del saldo attivo.

Pertanto, coerentemente con il regime di doppia sospensione:

• l’utilizzo del saldo a copertura delle perdite è irrilevante fiscalmente e non determina

il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dell’attivo;

• diversamente, l’utilizzo del saldo che ne comporta il concorso al reddito, “libera”

anche i maggiori valori sospesi nell’attivo.

Utilizzo del saldo

Attribuzione ai soci del saldo attivo A copertura di perdite

L’importo concorre al reddito del soggetto

che ha rivalutato e dei soci

E’ fiscalmente irrilevante e non ha conseguenze

sulla rivalutazione

L’affrancamento ai fini fiscali del saldo attivo di rivalutazione costa ai fini fiscali, il 10% di

imposta sostitutiva rendendo però tale opzione libera da successivi prelievi l'eventuale

attribuzione del saldo in questione.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Per le società di persone, nel caso di mancato affrancamento, la distribuzione della riserva

ancora in sospensione non farà emergere base imponibile Irap per la società ma incrementerà

l'imponibile ai fini Irpef da attribuire ai soci per trasparenza.

Questi pagheranno l'aliquota marginale Irpef sull'ammontare del saldo attivo, aumentato

dell'imposta sostitutiva a suo tempo pagata e porteranno in detrazione la quota parte di

imposta sostitutiva loro attribuita dalla società.

In caso di affrancamento, il versamento dell’imposta sostitutiva sul saldo netto di rivalutazione

consente la distribuzione in assenza di tassazione in capo ai soci.

Il calcolo di convenienza se affrancare la riserva o non, va quindi impostato confrontando

l'esborso dell'imposta sostitutiva (tenendo conto anche dell'imposta sostitutiva assolta per la

rivalutazione) con l'aliquota marginale Irpef che si risparmia in capo ad ogni socio. Analoghe

considerazioni valgono per la ditta individuale.

L'affrancamento potrà essere vantaggiosamente fruito dalle imprese in contabilità ordinaria

che, per scelta o per effetto della riduzione dei ricavi, rientreranno in contabilità semplificata.

Infatti, per tali imprese, non essendo più possibile il monitoraggio della destinazione della

riserva di rivalutazione, la stessa, aumentata dell'imposta sostitutiva, concorrerà a formare il

reddito imponibile del primo esercizio in cui il contribuente si avvale della contabilità

semplificata.

Nella particolare ipotesi in cui il bene oggetto di rivalutazione venga ceduto nel periodo in cui la

rivalutazione non ha ancora avuto effetto (ad esempio, nel 20014 o nel 2015), risulta applicabile

il disposto dell’art. 4, DM 19.4.2002, n. 86 in base al quale:

la plus/minusvalenza va determinata considerando il valore fiscale del bene al

momento della cessione, assegnazione, ecc. senza tener conto della rivalutazione

eseguita;

al soggetto spetta un credito d’imposta, corrispondente all’imposta sostitutiva pagata

riferita ai beni oggetto di cessione, assegnazione, autoconsumo ecc., che dovrà essere

evidenziato nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in cui si è verificato

l’evento;

la riserva di rivalutazione riferibile al bene ceduto, assegnato, ecc. viene “liberata”,

ossia perde lo status di riserva in sospensione d’imposta.

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Imprese e professionisti: le novità

Supponendo che il bene il cui costo storico era di euro 1.000 sia stato rivalutato per

euro 300 e che il fondo di ammortamento cumulato sia di euro 439, di cui euro 430

con riguardo al costo storico ed euro 9 (3% dell’ammortamento) con riguardo al

primo anno di ammortamento della rivalutazione (2015), avremo che nel caso di alienazione

per il corrispettivo di euro 2.000 nel corso dell’esercizio 2016:

• la plusvalenza civilistica ammonterà ad euro 1.139 (pari a 2.000 – 1.300 + 439);

• la plusvalenza fiscale, considerata l’irrilevanza agli effetti tributari della rivalutazione

operata e del relativo fondo ammortamento, sarà pari ad euro 1.430 (2.000 – 1.000 +

430).

In sede di dichiarazione dei redditi dovrà essere, quindi, indicata una variazione in aumento

dell’imponibile di euro 291 (1.430 – 1.139).

In sostanza, la plusvalenza tassata (1.139 in conto economico + 291 in sede di dichiarazione)

corrisponderà a quella che si sarebbe realizzata civilisticamente in assenza di alcuna

rivalutazione pari a 1.430 (2.000 – 1.000 + 430).

Il debito d’imposta relativo alla plusvalenza realizzata ammonterà complessivamente ad euro

449,02 (31,4% di euro 1.430), a cui corrisponderà in contropartita la voce “Imposte

dell’esercizio”.

Il credito per imposte anticipate, costituito al termine dell’esercizio 2015 per euro 2,83 a

fronte della ripresa dell’ammortamento sulla rivalutazione, così come spiegato nel paragrafo “

rilevazione delle imposte anticipate” per euro 9, dovrà essere contestualmente azzerato, con

contropartita una sopravvenienza passiva. Essendo stato alienato il cespite rivalutato prima

che potesse dare luogo a risparmi fiscali, il beneficio fiscale atteso nell’esercizio precedente

viene, infatti, meno.

La scrittura contabile è la seguente:

Sopravvenienze

passive a

Attività per

imposte

anticipate

2,83

La rivalutazione va annotata nel libro inventari e segnalata nella nota integrativa.

Nell’inventario relativo all’esercizio in cui la rivalutazione viene eseguita deve essere indicato

anche il prezzo di costo con le eventuali rivalutazioni eseguite, in conformità a precedenti leggi

di rivalutazione, dei beni rivalutati.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Contabilmente, per le tre metodologie applicabili, si rileveranno le seguenti scritture:

• Metodo A : rivalutazione sia dei costi storici che dei relativi fondi

31.12.2015

Immobilizzazione a

diversi

F.do ammortamento

Riserva di rivalutazione

Debiti tributari per imposta

sostitutiva

• Metodo B: rivalutazione del soli costi storici

31.12.2015

Immobilizzazione a

diversi

Riserva di rivalutazione

Debiti tributari per imposta

sostitutiva

• Metodo C: riduzione in tutto o in parte dei fondi ammortamento

31.12.2015

F,do ammortamento immobili a

diversi

Riserva di rivalutazione

Debiti tributari per imposta

sostitutiva

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Imprese e professionisti: le novità

3.2. Le modifiche al regime forfettario

La Legge di Stabilità 2016 prevede delle importanti modifiche al regime forfettario.

In particolare è stabilito che, il “sistema” fiscale di vantaggio è soltanto quello forfettario di cui

alla Legge 190/2014, nel quale viene di fatto “incorporato” il regime previsto per l'imprenditoria

giovanile ex D.L. 98/2011 per le nuove attività.

Con tale inclusione viene previsto che il regime con tassazione al 5% può durare per i primi cinque

anni di attività, abolendo però la possibilità di poter proseguire fino al 35° anno di età.

In sostanza il nuovo regime applicabile dal 01.01.2016 utilizza le regole stabilite con l’articolo 1

commi da 54 a 89 della Legge 190/2014 a cui vanno aggiunte le correzioni previste con la Legge

di Stabilità 2016. Fra le novità di maggior rilievo spiccano:

• la riduzione dell’aliquota d’imposta dal 15% al 5% per i primi cinque anni, nell’ipotesi inizio

di una nuova attività;

• l’aumento di 10.000 euro del limite di ricavi/compensi per l’accesso/permanenza al

regime forfettario per tutte le attività, ad esclusione per le categorie professionali per le

quali si fa strada un aumento consistente che consentirebbe il passaggio dal limite

attuale € 15.000 a 30.000 euro;

• la possibilità di accesso al regime per i lavoratori dipendenti e pensionati che abbiano

percepito un reddito da lavoro dipendente e assimilato non superiore a 30.000 euro

nell’anno precedente;

• la modifica dell’agevolazione contributiva.

3.2.1. Il limite dei ricavi

La prima modifica riguarda l’aumento di 10.000 euro del limite di ricavi/compensi per

l’accesso/permanenza al regime forfettario per tutte le attività, ad esclusione per le categorie

professionali per le quali si fa strada un aumento ancora più consistente che consentirebbe il

passaggio dal limite attuale di € 15.000 a 30.000 euro.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Gruppo di attività Valore soglia

nuovo Valore soglia precedente

Percentuale redditività

Industrie alimentari e delle bevande

45.000 35.000 40%

Commercio all’ingrosso e al dettaglio

50.000 40.000 40%

Commercio ambulante di prodotti alimentari e

bevande 40.000 30.000 40%

Commercio ambulante di altri prodotti

30.000 20.000 54%

Costruzioni e attività immobiliari

25.000 15.000 86%

Intermediari del commercio

25.000 15.000 62%

Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione

50.000 40.000 40%

Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione,

servizi finanziari ed assicurativi

30.000 15.000 78%

Altre attività economiche

30.000 20.000 67%

I ricavi e compensi rilevanti ai fini della determinazione del limite sono:

per gli imprenditori individuali, quelli individuati negli articoli 57 e 85, TUIR;

per gli esercenti arti e professioni, quelli individuati nell’articolo 54, TUIR.

Si evidenzia che la verifica del suddetto requisito va effettuata avendo riguardo all’anno

precedente quello di riferimento. Pertanto con riferimento al 2016, le condizioni di accesso vanno

verificate nel 2015. Si ritiene, quindi, che i nuovi limiti dei ricavi entrati in vigore l’1.1.2016 si

applicano per la verifica dei requisiti per il periodo d’imposta 2016 prendendo ad esame il periodo

d’imposta 2015

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Imprese e professionisti: le novità

Un libero professionista che nel 2015 ha applicato il regime forfettario conseguendo

ricavi per € 20.000 potrà quindi operare nel regime forfettario anche nel 2016 in

quanto il limite in vigore al 1.1.2016 corrisponde a 30.000 euro ed il contribuente

avendo conseguito nel 2015 ricavi per 20.000 euro può rimanere nel regime agevolato anche

nel 2016.

3.2.2. Adeguamento studi di settore

Ai sensi dell’articolo 1, comma 55, lettera a), Legge di Stabilità 2015, ai fini del computo

dell’ammontare dei ricavi/ compensi non assumono rilevanza quelli connessi all’eventuale

adeguamento agli studi di settore o ai parametri.

Rileva, pertanto, solamente l’ammontare dei ricavi/compensi risultanti dalle scritture

contabili. Si ricorda che la stessa precisazione era stata fornita nel D.M. 2 gennaio 2008 in

riferimento al regime dei contribuenti minimi ex Legge n. 244/2007 (il problema non si pone per i

contribuenti che nel 2015 applicavano il regime dei minimi. In tal caso, infatti, per tali soggetti gli

studi di settore/parametri non trovano applicazione).

3.2.3. Criterio

In alcuni casi, i ricavi conseguiti nel periodo precedente all’adozione del nuovo regime vanno

assunti secondo il principio di competenza.

Per un soggetto esercente attività d’impresa che nel 2015 ha applicato il regime ordinario, i ricavi

vanno assunti con il principio di competenza.

Dall’anno in cui si applica il nuovo regime forfettario, ai fini della verifica del

superamento del limite di ricavi è necessario utilizzare il criterio di cassa, in quanto

diventa rilevante l’ammontare dei ricavi percepiti.

Tale criterio va utilizzato anche da parte di un contribuente minimo nel 2015, come indicato nella

Relazione illustrativa e confermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 19 febbraio 2015, n.

6, quesito 9.6:

110

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Uno dei requisiti di accesso al nuovo regime forfetizzato previsto dalla legge di

Stabilità 2015 è l’ammontare dei ricavi, ragguagliato ad anno, conseguito nell’anno

precedente. Come precisato nella relazione di accompagnamento, i ricavi vanno

assunti in base al criterio di competenza. Come fare se un artigiano o un commerciante nel

2014 ha applicato il regime dei minimi (articolo 27 del D.L. 98/2011) con criterio di cassa e

intende aderire al nuovo regime?

Ai sensi dell’articolo 1 della Legge di Stabilità 2015 non possono applicare il regime

forfettario coloro che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito

compensi superiori alle soglie fissate, per ciascuna attività, nell’allegato 4. Il

legislatore, nell’individuare questo parametro di verifica, ha inteso far riferimento alle

dimensioni dell’attività svolta dal contribuente, per consentire l’accesso al regime forfettario

solo a realtà economiche di piccole dimensioni. Si ritiene, quindi, che l’ammontare dei ricavi

conseguiti nell’anno precedente a quello in cui si intende applicare il regime forfettario, debba

essere individuato con riferimento al regime utilizzato in quel periodo di imposta. Pertanto,

coloro che nell’anno precedente hanno applicato il regime ordinario di Determinazione del

reddito di impresa, ovvero il regime delle imprese minori, effettueranno la verifica richiesta dalla

Legge di Stabilità con riferimento ai ricavi imputati secondo il criterio della competenza.

Diversamente, coloro che nell’anno precedente hanno applicato il regime fiscale di vantaggio

che prevede l’imputazione dei ricavi con il criterio di cassa, effettueranno la verifica con

riferimento a questa modalità di imputazione”.

3.2.4. Ragguaglio ad anno e più codici attività

In caso di esercizio dell’attività per periodi inferiori all’anno, i ricavi conseguiti e/o i compensi

percepiti vanno ragguagliati ad anno. Tale situazione interessa principalmente i contribuenti che

hanno iniziato l’attività in corso d’anno ed intendono adottare nel periodo d’imposta successivo

il nuovo regime.

Un professionista esercente l’attività di avvocato ha iniziato l’attività il 01.04.2016.

Per il superamento del limite dei compensi, il soggetto deve ragguagliare ad anno

30.000,00 euro. Considerando che i giorni di esercizio dell’attività nel 2016 sono

stati 275 (dall’1.4.2016 al 31.12.2016), il limite dei compensi va così determinato:

(30.000,00 × 275) /366 = 22.540,98 euro. Pertanto, il contribuente, per poter confermare

l’accesso al regime anche dal 2017, deve verificare di non aver conseguito, nel 2016,

compensi superiori a 22.540,98 euro.

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Imprese e professionisti: le novità

Inoltre secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 55, lettera b), Legge di Stabilità 2015:

“nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO,

si assume il limite più elevato dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività

esercitate.”

In caso di più attività cui risultano applicabili soglie di ricavi/compensi diversi, va fatto

riferimento alla soglia più elevata.

La relazione illustrativa propone il seguente esempio:

“in caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte dai codici C10 (Sezione C,

Divisione 10) e F (Sezione F), il limite superato il quale non è consentito fruire del regime

forfettario è quello di euro 40.000.”

Come si può notare, non assume alcuna rilevanza l’ammontare di ricavi relativa

alle diverse attività.

Un contribuente esercita l’attività di consulente informatico (autonomo) che tiene

anche corsi di formazione, il quale, dunque dovrà avere due codici ATECO di cui

uno per l’attività di consulente e l’altro per l’attività di formatore

Con l’attività di consulente informatico sono fatturati 16.000 di ricavi e con quella di formatore

sono fatturati ricavi per 20.000, il soggetto fuoriesce dal regime, poiché è superata la soglia

di euro 30.000.

Qualora, invece, ad esempio il soggetto in questione, svolgesse l’attività di consulente

informatico, come dipendente, e nel 2016 volesse aprire partita IVA per l’attività di formatore,

questi deve verificare il rispetto del requisito reddituale sono con riferimento all’attività

professionale. Tuttavia, in tal caso, mentre la legge di Stabilità del 2015 prevedeva l'esclusione

dal regime qualora i redditi da lavoro dipendente superassero i redditi professionali e

contemporaneamente la somma dei redditi derivanti da attività professionale e dipendente

eccedesse i 20.000 euro, la legge di stabilità 2016 stabilisce, invece, che non può accedere al

regime il contribuente che abbia conseguito, nell'anno precedente a quello in cui intende

avvalersi del regime forfettario, un reddito da lavoro dipendente o assimilato superiore a

30.000 euro (salvo il caso in cui il lavoro dipendente risulti cessato).

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

3.2.5. Attività di lavoro dipendente

La legge di Stabilità 2016 prevede importanti novità anche per i lavoratori dipendenti che

svolgono un’attività produttiva di reddito d’impresa o di lavoro autonomo per la quale ricorrono i

requisiti per fruire del regime agevolato.

Per questi contribuenti viene prevista

l’abolizione della disciplina in base alla quale è possibile fruire del regime forfettario

se i redditi conseguiti nell’esercizio di tali attività sono di ammontare prevalente

rispetto a quelli di lavoro dipendente e assimilati.

La norma modificata prevede che si possa accedere al regime forfettario se «nell’anno

precedente» sono percepiti redditi di lavoro dipendente e assimilati di ammontare non superiore

a 30mila euro.

Nella legge di Stabilità per il 2016 è dunque prevista l’abolizione della vigente disposizione in base

alla quale i redditi conseguiti nell’attività imprenditoriale, artistica o professionale devono essere

«in misura prevalente rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente

e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50» del

Tuir.

La finalità della norma diventa quella di impedire l’accesso e la permanenza nel regime agevolato

a chi possiede redditi da lavoro dipendente e assimilati di importo elevato. È, inoltre, stabilito che

la verifica è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. In attesa di chiarimenti ufficiali è

pensabile che il limite sopra previsto si possa applicare anche con riferimento al reddito da

pensione.

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Imprese e professionisti: le novità

3.2.6. Regime previdenziale

La legge di Stabilità 2016 modifica anche la disciplina previdenziale agevolata riservata ad

artigiani e commercianti prevista dai commi da 77 a 84 dell’articolo 1 della Legge 190/2014.

Nello specifico, viene riscritto il comma 77 con il quale si prevede la possibilità opzionale di una

riduzione del 35% della contribuzione dovuta da questi soggetti.

Il regime forfettario (sia come previsto dalla legge di stabilità 2015 sia 2016) prevede che i

contributi INPS siano calcolati sul reddito determinato a forfait.

Un soggetto che fattura 16.000 con un indice di redditività del 67%, calcolerà i

contributi previdenziali dovuti sul 67% di 16.000, cioè 10.720.

Gestione separata e casse previdenziali

Per gli iscritti alla Gestione separata, nulla cambia nel 2016 rispetto al 2015. Infatti,

per tali soggetti l’aliquota contributiva è confermata al 27,72% anche per il 2016. Il

blocco riguarda esclusivamente i lavoratori autonomi titolari di partita IVA e iscritti

esclusivamente alla Gestione Separata INPS professionisti senza cassa. Dal 1° gennaio 2016

aumenta dal 23,50% al 24%, invece, l’aliquota contributiva dovuta dai titolari di partita IVA

titolari di pensione o già assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria.

Il reddito di lavoro dipendente (max € 30.000) può anche

essere superiore a quello di lavoro autonomo

Spese per lavoro dipendente e regime forfettario

In caso di compresenza di reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo in regime forfettario

Il reddito di lavoro dipendente non deve superare € 30.000

Nuovo regime forfettario post Legge Stabilità 2016

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Pertanto anche per il 2016 (Modello Unico/2017), il soggetto che opera nel regime forfettario

iscritto alla gestione separata continuerà a liquidare i contributi dovuti (saldo e acconti)

applicando al reddito “forfettario” l’aliquota contributiva prevista e versandoli alle stesse

scadenze previste per le imposte sul reddito.

La stessa cosa dicasi per gli iscritti alla cassa di appartenenza, i quali continueranno a versare

i contributi secondo le regole della cassa come imponibile contributivo il reddito “forfettario”.

Dal 2016, le cose cambiano invece per gli artigiani e commercianti iscritti alla Gestione IVS. In

particolare c’è il ritorno dei “contributi minimi”.

Infatti, la legge di stabilità 2015, nell’introdurre il nuovo “regime forfettario”, al comma 77 della

manovra 2015 disponeva che:

“non trova applicazione il livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei

contributi previdenziali dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e si

applica, per l’accredito della contribuzione, la disposizione di cui all’articolo 2, comma

29, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.

Al fine di ottenere tale regime contributivo di favore, tuttavia, il contribuente era tenuto ad

effettuare apposita comunicazione all’INPS entro il 28 febbraio (circolare INPS n. 29 del

10/02/2015). Pertanto, per il periodo d’imposta 2015 (Modello Unico 2016), i soggetti che

operano nel regime forfettario e aderenti al regime contributivo agevolato determinano i

contributi (saldo e acconto) sulla base del solo reddito “forfettario” applicando l’aliquota

contributiva prevista dalla gestione commercianti o artigiani ed eseguono i versamenti alle stesse

scadenze previste per le imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi.

La legge di stabilità 2016, invece, interviene sul punto sostituendo il predetto comma 77 della

legge di stabilità 2015 con il seguente:

“Il reddito forfetario determinato ai sensi dei precedenti commi costituisce base

imponibile ai sensi dell’articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233. Su tale reddito si

applica la contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento. Si applica,

per l’accredito della contribuzione, la disposizione di cui all’articolo 2, comma 29, della

legge 8 agosto 1995, n. 335”.

Dunque,

è reintrodotto il minimale contributivo;

ma è riconosciuta una riduzione del 35%.

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Imprese e professionisti: le novità

In pratica, in luogo dell’esonero dal minimale viene, invece, prevista una riduzione del 35% dei

contributi INPS complessivamente dovuti.

Stando al tenore letterale della norma, quindi, dal 2016 dovrebbero ritornare anche per artigiani e

commercianti che operano nel forfettario, le normali scadenze (16 maggio, 16 agosto, 16

novembre, 16 febbraio) per il versamento dei contributi sul minimale (ridotto del 35%), per poi

liquidare in sede di Modello UNICO/2017 la parte di contributi sul reddito eccedente il minimale.

Quindi, per il 2016 (Modello Unico/2017), chi opera nel regime forfettario dovrebbe

in primo luogo determinare il reddito “forfettario” (applicando al fatturato il

coefficiente di redditività previsto) poi confronterà tale risultato con il “reddito

minimale” (ridotto del 35%) fissato dall’INPS per il 2016. Se il reddito forfettario è inferiore al

minimale, egli non dovrà versare alcun saldo e acconto. Qualora, invece, il reddito forfettario

fosse superiore al minimale, egli calcolerà il saldo dovuto sulla parte di reddito eccedente

applicando l’aliquota prevista per il 2016 ma ridotta del 35%.

Come per il regime forfettario del 2015, anche per il nuovo del 2016, poiché la legge di stabilità

nulla cambia al riguardo, al fine di godere dell’agevolazione contributiva occorre che il

contribuente invii apposita comunicazione all’INPS (che come anticipato per lo scorso anno

andava inviata entro il 28 febbraio). Si attende ad ogni modo la Circolare INPS di inizio 2016 in

cui saranno comunicati i nuovi minimali e le nuove aliquote contributive 2016 ed eventuali altre

disposizioni alla luce anche di quanto nuovo previsto per il regime forfettario.

Tuttavia, all’accredito contributivo per chi decide di aderire poiché, come per il

forfettario 2015, anche per il nuovo forfettario 2016 il nuovo comma 77 dispone che

si applica, per l’accredito della contribuzione, la disposizione di cui all’articolo 2,

comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il che sta significando che il versamento dei

contributi per un importo almeno pari o superiore a quello calcolato sul minimale di reddito,

attribuisce il diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare

cui si riferisce il versamento (52 settimane).

Al contrario, nel caso di versamento di un contributo inferiore a quello corrispondente al

minimale, i mesi accreditati saranno proporzionalmente ridotti.

3.2.7. Start up

La legge di Stabilità 2016 prevede la riduzione dell’aliquota d’imposta dal 15% al 5% per i primi

cinque anni, solo nell’ipotesi di inizio di una nuova attività.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Per i soggetti che al termine del quinquennio agevolato con tassazione al 5% possederanno

ancora i requisiti richiesti dalla Legge 190/2014 (art. 1 commi da 54 a 89) potranno continuare

ad avvalersi del regime di favore transitando attraverso la tassazione al 15%.

Contemporaneamente viene definitivamente abrogato:

• il regime previsto per l'imprenditoria giovanile ex D.L. 98/2011 per le nuove attività,

poiché si prevede all’interno del forfettario (L. 190/2014) la possibilità di tassare in

maniera più favorevole le start up;

• il comma 65, art. 1 L. 190/2014 nella parte in cui ammette l’agevolazione prevista per

i primi tre anni di attività consistente nella riduzione del reddito imponibile per 1/3.

Per i contribuenti che iniziano una nuova attività, ai fini della tassazione al 5% dovrebbero sempre

valere (in attesa di una conferma ufficiale dell’Agenzia delle Entrate) le “solite” condizioni

introdotte a suo tempo per l’accesso al regime dei minimi:

• il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività,

un'attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o

familiare;

• l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra

attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo,

escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica

obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

• qualora venga proseguita un'attività svolta in precedenza da altro soggetto,

l'ammontare dei ricavi e compensi realizzati nel periodo d'imposta precedente non sia

superiore ai limiti reddituali previsti per quell'attività sulla base della classificazione

ATECO.

La norma, dunque, persegue in maniera evidente la finalità di favorire l’avvio di nuove iniziative

produttive.

Si può infatti ben affermare che il vantaggio potrà essere ancora maggiore rispetto al passato

poiché chi parte con una nuova attività dal 01.01.2016 oltre al beneficio legato all’aliquota 5% (già

presente nei precedenti minimi) potrà ora aggiungere anche la forfettizzazione dei costi e la

riduzione connessa con i contributi previdenziali.

In ragione di tale modifica potranno avvalersi del regime di favore con tassazione al 5% anche

coloro che avevano aperto partita Iva nel 2015 aderendo al regime di forfait (con tassazione al

15%) introdotto alla L. 190/2014.

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Imprese e professionisti: le novità

In tale ultimo caso l’agevolazione risulta limitata però alle sole ultime quattro annualità del

quinquennio agevolato, in quanto gli stessi hanno già beneficato nel corso del 2015 della

riduzione di un terzo del reddito imponibile; ciò significa che per questi soggetti l’aliquota ridotta

al 5% può essere fruita dall’anno 2016 all’anno 2019 compreso.

3.2.8. Convenienza

Ricordiamo che, ai fini IVA il contribuente forfetario adotta un regime analogo a quello previsto

per i contribuenti minimi e pertanto:

• non addebita l’IVA in via di rivalsa ai propri clienti;

• non detrae l’IVA a credito sugli acquisti.

L’esclusione dall’IVA nell’ambito della scelta tra regime ordinario e forfetario:

• risulta particolarmente conveniente per un’attività effettuata prevalentemente con

consumatori finali. Infatti, il contribuente forfetario che non addebita l’IVA in via di

rivalsa è probabile che tenda a mantenere fermo il prezzo dei beni/servizi,

recuperando come maggiore ricavo/compenso l’importo corrispondente all’IVA a

debito nel regime ordinario. Tale vantaggio va misurato al netto dell’IVA non detratta

sugli acquisti e quindi è tanto più elevato quanto maggiore è il valore aggiunto del

contribuente;

• rappresenta complessivamente uno svantaggio per i contribuenti che operano con

altri soggetti passivi IVA in quanto, mentre dal lato delle cessioni / prestazioni il

Abolizione agevolazione primi tre anni di attività consistente nella

riduzione del reddito imponibile per 1/3 (ex co. 65 L. 190/2014).

Aliquota al 5% per i primi cinque anni

Ammessa solo per le start up (nuove aperture dal 01.01.2016) senza possibilità però di poter raggiungere i 35 anni di età

Abolizione definitiva del regime per l'imprenditoria giovanile ex DL 98/2011

(ex regime dei minimi)

Nuovo regime forfettario post Legge Stabilità 2016

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

prezzo praticato viene concordato al netto dell’IVA, il contribuente forfetario perde

l’IVA assolta sugli acquisti.

Va infine considerato che “l’effetto” IVA, per i soggetti che operano con consumatori finali, è

vantaggioso in termini di carico fiscale complessivo; tuttavia, poiché tali soggetti incasseranno

quale maggiore ricavo / compenso l’importo corrispondente all’IVA a debito, si potrebbe

determinare il superamento della soglia prevista per l’uscita dal regime dopo aver adottato il

regime forfetario.

Un altro elemento da considerare nella valutazione riguarda il carico fiscale comparato ai fini

delle imposte dirette.

Nel confronto tra regime forfetario e regime ordinario va valutato, in prospettiva, se sia più

conveniente scegliere tra:

1. la determinazione di un reddito forfetario oppure analitico;

2. la tassazione sostitutiva del 15% oppure ordinaria con versamento dell’IRPEF e

relative addizionali e dell’IRAP (che spesso comunque non risulta dovuta).

Quanto al primo punto, considerato che la percentuale di costi forfetariamente riconosciuta è

variabile in relazione all’attività economica, per ciascuna posizione va verificata l’incidenza dei

costi effettivi e confrontata con la percentuale forfetaria.

In relazione al secondo punto, invece, va considerato che l’aliquota IRPEF effettiva non

corrisponde a quella nominale applicata in quanto l’imposta netta è influenzata dalla specifica

detrazione d’imposta spettante per i possessori di redditi d’impresa / lavoro autonomo.

Nella valutazione vanno altresì considerati i seguenti fattori:

• in caso di possesso solo di reddito d’impresa / lavoro autonomo si perdono le

detrazioni per carichi di famiglia e gli oneri detraibili / deducibili (ad eccezione dei

contributi previdenziali);

• in caso di possesso di altri redditi è necessario valutare sia la convenienza a non

tassare il reddito d’impresa / lavoro autonomo secondo gli scaglioni IRPEF senza

perdere deduzioni e detrazioni, sia l’incremento delle detrazioni per carichi di famiglia

dipendenti dal reddito complessivo.

In ultima analisi è necessario calcolare il carico impositivo attuale e quello che deriverebbe

applicando le regole previste dal regime forfetario.

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Imprese e professionisti: le novità

Per i soli imprenditori iscritti alla Gestione IVS va anche valutata la possibilità, in caso di

applicazione del regime forfetario, di usufruire, in via facoltativa, di un regime previdenziale di

favore consistente nel pagamento dei contributi previdenziali sul reddito in misura ridotta.

Le altre variabili da considerare, per le quali risulta più difficile effettuare un conteggio analitico,

sono connesse alle seguenti ulteriori semplificazioni:

non assoggettamento agli studi di settore;

esclusione dall’IRAP;

esclusione dalla comunicazione clienti e fornitori e black-list;

esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili;

esonero dagli adempimenti dei sostituti d’imposta.

Attività di veterinario svolta nei confronti di soggetti privati (soglia compensi €

30.000, 78% forfait).

Imposte dirette

• Compensi 24.000

• Spese 4.000

• Altri redditi 0

• Contributi previdenziali 2.500

• Oneri detraibili (19%) 0

• Aliquota addizionale regionale 1,23%

• Aliquota addizionale comunale 0,5%

IVA

• IVA a debito 5.280

• IVA a credito 500

• IVA dovuta 4.780

Regime ordinario

• Reddito lavoro autonomo 20.000 (24.000 – 4.000)

• Reddito complessivo 20.000

• Oneri deducibili 2.500

• Reddito imponibile 17.500

• IRPEF lorda 4.125

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

• Detrazione lavoro autonomo 770

• Detrazione oneri 19% 0

• IRPEF netta 3.355

• Addiz. IRPEF (1,23% + 0,5%) 303

• IRAP 0

• Totale imposte dirette 3.658

Regime forfettario

Reddito lavoro autonomo:

20.338: 29.280 x 78% - 2.500 (I compensi sono considerati al lordo della somma

corrispondente all’IVA incamerata (24.000 + 5.280); i contributi previdenziali sono dedotti

direttamente dal reddito)

Imposta sostitutiva 15% 3.051

Totale imposte dirette 3.051

Per il regime forfettario bisogna considerare anche l'Iva incamerata: IVA vendite incamerata

5.280; Indetraibilità IVA acquisti 500: IVA netta incamerata 4.780

Differenza

Risparmio Imposte dirette 607

Risparmio Iva 4.780

Risparmio Totale: 5.387

Ipotizzando che il professionista in questione, operando con soggetti privati, mantenga fermo

il prezzo delle prestazioni (ex lordo IVA), i compensi possono essere maggiorati dell’IVA che

non viene più applicata.

Pertanto il reddito forfetario risulta pari:

compensi “lordi” x forfait – contributi previdenziali � € 20.338 [(24.000 + 5.280) x 78%

- 2.500]

Il predetto “effetto” IVA costituisce, nel caso esaminato, il motivo di convenienza nell’adottare

il nuovo regime in quanto:

• il beneficio IVA è pari a € 4.780;

• vi è una minor tassazione ai fini delle imposte dirette pari a € 607.

Il risparmio complessivo per il contribuente è pari a € 5.387.

121

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Imprese e professionisti: le novità

Per il primo anno di applicazione del regime forfetario va considerata comunque la necessità

di operare la rettifica della detrazione per i beni / servizi non ancora ceduti / utilizzati al

31.12.2015.

Attività di estetista (soglia ricavi € 30.000, 67% forfait), attualmente in regime dei

minimi al 2° anno di applicazione:

• Ricavi 26.000

• Costi 11.000

• Contributi previdenziali 3.543

• Contributi previdenziali regime agevolato 2.303

Regime dei minimi

• Reddito d’impresa 11.457 (26.000 - 11.000 - 3.543)

• Imposta sostitutiva 5% 573

• Contributi previdenziali 3.543

Regime forfettario

• Reddito d’impresa 15.117 (26.000 x 67% - 2.303)

• Imposta sostitutiva 756

• Contributi previdenziali 2.303

Differenza

Imposta sostitutiva A) - 183

Contributi previdenziali B) + 1.240

Totale (A+B) + 1.057

Come si può notare, risulta conveniente il regime forfetario.

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

3.3. Abrogazione costi black list, patent box e voluntary disclosure

Nell’iter di approvazione della Legge di Stabilità 2016 sono state apportate importanti

modifiche per ciò che riguarda:

i costi black list e la disciplina CFC: nello specifico è stata prevista

l’abrogazione della normativa sull’indeducibilità dei costi black list ex art. 110, co.

10-11, D.P.R. 917/1986 e sono stati dettati criteri specifici per l’individuazione

degli Stati paradisiaci ai fini della disciplina CFC;

patent box: si realizza il coordinamento tra la normativa di riferimento che faceva

riferimento alle opere dell’ingegno e il Decreto attuativo che invece faceva

riferimento al Software protetto da copyright;

voluntary disclosure: si prevedono dei particolari criteri per la notifica ai

contribuenti degli atti derivanti dall’adesione alla procedura di collaborazione

volontaria.

3.3.1. Costi black list e CFC

Una novità introdotta durante l’iter di approvazione della Legge di Stabilità 2016 prevede

l’abrogazione della normativa sull’indeducibilità dei costi black list ex art. 110, co. 10-11,

D.P.R. 917/1986.

È quanto prevede il co. 142, dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016.

La suddetta normativa era stata recentemente modificata dal D.Lgs. 147/2015 (Decreto sulla

crescita e l’internalizzazione delle imprese), prevedendo che i costi sostenuti con operatori

paradisiaci fossero comunque deducibili entro il limite del valore normale (la cui individuazione

ancora non è del tutto chiara), rinviando la deduzione per la parte che eccede il valore normale

alla dimostrazione del vantaggio economico dell’operazione.

Orbene, la dimostrazione della citata condizione non è affatto semplice e implica per l’impresa il

porre in essere di un vero e proprio confronto di convenienza dell’operazione posta in essere

con quella che in alternativa avrebbe dovuto realizzare.

Dunque, anche la nuova formulazione normativa non brillava per chiarezza. Forse è stato

proprio questo il segnale che ha spinto alla presentazione dell’emendamento per l’abrogazione

della normativa in questione: meglio le regole “ordinarie” piuttosto che una normativa

antielusiva con tante questioni dubbie.

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Imprese e professionisti: le novità

Con la Legge di Stabilità 2016 vengono eliminati alla radice i dubbi suddetti, prevedendo che

nessun criterio speciale sia applicabile per la deducibilità dei costi sostenuti con operatori

paradisiaci.

DECORRENZA – La novità normativa in commento si applicherà a decorrere dal periodo

d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.

IMPRESE CON PERIODO D’IMPOSTA COINCIDENTE CON L’ANNO SOLARE

PERIODO D’IMPOSTA 2015 PERIODO D’IMPOSTA 2016

Costi black list deducibili entro il limite del

valore normale (la cui individuazione ancora

non è del tutto chiara), rinviando la

deduzione per la parte che eccede il valore

normale alla dimostrazione del vantaggio

economico dell’operazione.

Nessun criterio speciale per la deduzione dei

costi black list.

Sempre sul fronte dei rapporti con soggetti esteri, un altro emendamento approvato dalla

Commissione Bilancio della Camera prevede modifiche all’individuazione dei paradisi fiscali ai

fini della normativa sulle controlled foreign companies (CFC) ex art. 167, D.P.R. 917/1986. In

base alla nuova normativa per l’individuazione degli Stati paradisiaci ai fini della disciplina CFC,

dovrà farsi riferimento ad un unico parametro: quello dell’aliquota nominale di tassazione

inferiore al 50%.

Anche tale questione era stata oggetto di recenti modifiche Legislative.

Con il co. 1 dell’art. 8 del D.L. 147/2015 il legislatore aveva provveduto ad allineare la disciplina

della trasparenza alle nuove modalità di individuazione dei Paesi e/o territori a fiscalità

privilegiata.

In particolare:

era stato introdotto in luogo del riferimento agli Stati o territori esclusi dalla white list ai

sensi dell’articolo 168-bis (abrogato), il riferimento all’art. 167, co. 4, ovvero agli Stati ed

ai territori a regime fiscale privilegiato in ragione del livello di tassazione sensibilmente

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di

informazioni ovvero di altri criteri equivalenti (articolo 167, comma 4 TUIR).

Dunque, mentre la previgente normativa prevedeva l’individuazione degli Stati paradisiaci ai fini

della CFC in base ad un duplice criterio, tassazione effettiva inferiore del 50% a quella italiana e

adeguato scambio di informazioni, la nuova normativa prevede di utilizzare un unico parametro,

ovvero quello della tassazione effettiva inferiore del 50% a quella italiana.

Si dovrà partire da un livello di tassazione domestico pari al 31% (27,5% IRES +3,5% IRAP) per il

2016, che scenderà in corrispondenza della riduzione dell’aliquota IRES rinviata al 2017.

Va altresì chiarito se deve farsi riferimento alla tassazione nominale o alla tassazione effettiva

estera. La formulazione normativa non lascia adito a dubbi: per l’applicazione della CFC black

list varrà, per ragioni di semplicità, il riferimento ai livelli impositivi nominali.

3.3.2. Le modifiche al patent box

Il co. 148 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016 modifica l’ambito oggettivo del patent

box. Va in primo luogo ricordato che i co. 37 a 45 della Legge di Stabilità 2015, come

modificati e integrati dal D.L. investment compact (D.L. 3/2015), hanno introdotto un regime

opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo e/o dalla concessione in uso

o dalla cessione di alcuni beni immateriali.

Dalla citata normativa, si evince che i beni “agevolabili” sono i seguenti:

• opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi, disegni e modelli, nonché processi, formule

e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o

scientifico giuridicamente tutelabili.

L’art. 6 del D.M. 30.07.2015 ha fornito una precisazione in merito ai beni “agevolabili”.

Si prevede che l’opzione ha ad oggetto i redditi derivanti dall’utilizzo di:

• software protetto da copyright;

• brevetti industriali, siano essi concessi o in corso di concessione, ivi inclusi i brevetti per

invenzione, ivi comprese le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari

di protezione, i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali

e le topografie di prodotti a semiconduttori;

• marchi di impresa, ivi inclusi i marchi collettivi, siano essi registrati o in corso di

registrazione;

• disegni e modelli, giuridicamente tutelabili;

• informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o

scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili.

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Imprese e professionisti: le novità

L’intervento operato con la Legge di Stabilità 2016 prevede quanto segue:

“48. All’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 39, primo periodo, le parole: «opere dell’ingegno» sono sostituite dalle seguenti:

«software protetto da copyright»;

b) dopo il comma 42-bis è inserito il seguente: «42-ter. Qualora più beni tra quelli di cui al comma

39, appartenenti a un medesimo soggetto, siano collegati da vincoli di complementarietà e

vengano utilizzati congiuntamente ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di

prodotti o di un processo o di un gruppo di processi, tali beni possono costituire un solo bene

immateriale ai fini delle disposizioni dei commi da 37 a 42-bis»”.

Con la citata disposizione si realizza il coordinamento tra la normativa di riferimento che faceva

riferimento alle opere dell’ingegno e il Decreto attuativo che invece faceva riferimento al

Software protetto da copyright.

Sempre nella Legge di Stabilità 2016, compatibilmente a quanto precisato nel Decreto attuativo,

si prevedeva che qualora, nell’ambito delle singole tipologie dei beni immateriali due o più beni

appartenenti ad un medesimo soggetto siano collegati da un vincolo di complementarietà tale

per cui la finalizzazione di un prodotto o di un processo sia subordinata all’uso congiunto degli

stessi, tali beni immateriali costituiscono un solo bene immateriale ai fini dell’applicazione

delle disposizioni dei co. 37 a 45 della Legge di Stabilità 2015.

3.3.3. Voluntary disclosure: notifica via PEC

Il co. 133 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2015 prevede dei particolari criteri per la

notifica ai contribuenti degli atti derivanti dall’adesione alla procedura di collaborazione

volontaria.

Si prevede infatti che ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, tutti gli atti che per

legge devono essere notificati al contribuente, possono essere allo stesso notificati dal

competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, in deroga ad ogni altra disposizione di legge,

mediante posta elettronica certificata, con le modalità previste dal regolamento di cui al

Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, all’indirizzo di posta elettronica

certificata del professionista che lo assiste nell’ambito della procedura di collaborazione

volontaria.

La novità in questione intende evitare problemi di comunicazione tra Agenzia e contribuente;

quest’ultimo infatti per i più svariati motivi potrebbe non ricevere o ricevere in ritardo le notifiche

da parte dell’Agenzia delle Entrare, con possibile conseguenza negative sul perfezionamento

della procedura. Ovviamente, giocherà un ruolo fondamentale il professionista che ha assistito

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

il contribuente nell’adesione alla procedura di collaborazione volontaria. Sarà quest’ultimo che

dovrà accettare la ricezione delle notifiche e poi comunicarle tempestivamente al contribuente.

Il punto di partenza è la volontà del contribuente che deve manifestare la propria volontà di

ricevere gli atti della procedura all’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista che

lo assiste.

Nel caso di invio via PEC degli atti della Voluntary disclosure, la notifica si intende perfezionata

nel momento in cui il gestore della mail trasmette all’Agenzia delle Entrate la ricevuta di

accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del

messaggio.

Solo nei casi in cui l’indirizzo PEC fornito dal professionista in sede di presentazione dell’istanza

risulti inattivo o irraggiungibile si procederà alla notifica degli atti con le tradizionali modalità.

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Imprese e professionisti: le novità

3.4. Aliquota IRES invariata per il 2016

Il taglio IRES è rinviato al 2017. Per il 2016 l’aliquota IRES rimarrà al 27,5% per poi scendere al

24% a partire dal 1° gennaio 2017. Una riduzione di 3,5 punti percentuali posticipata rispetto alla

versione originaria della Legge di Stabilità 2016 per effetto di un emendamento approvato in

Commissione bilancio della Camera.

Non si tratta proprio di una novità. Infatti il rinvio della riduzione dell’aliquota IRES era già stato

annunciato dal Premier Renzi che durante l'evento successivo alla Strage di Parigi tenutosi a

Roma “Italia, Europa: una risposta al terrore” aveva constatato l’impossibilità di ridurre già dal

2016 l’imposta sul reddito delle società per realizzare altri obiettivi ritenuti prioritari.

Il rinvio era già contenuto nel bozza originarie della Legge di Stabilità 2016, prevedendo una

riduzione “anticipata” al 2016 a condizione dell’ottenimento del via libera quasi vincolante dei

competenti organi Europei. Il rinvio anticipato era subordinato all’ottenimento dell’ulteriore

clausola di flessibilità richiesta dall’Italia per l’emergenza migratoria. In particolare la

Commissione UE avrebbe dovuto riconoscere un ulteriore 0,2% di flessibilità sul deficit, circa 3,3

miliardi, per l’evento migratorio eccezionale.

Come sottolineato dal Ministro Padoan nella lettera inviata all’UE “il costo degli eventi

eccezionali migratori è pari a 3,1 miliardi, 0,2 del Pil. E ove questa clausola sia riconosciuta, noi

anticiperemo al 2016 misure che abbiamo già previsto per il 2017, segnatamente l’Ires,

segnatamente i denari per ulteriori investimenti sull’edilizia scolastica. Si tratta, in attesa di

Bruxelles, di un’approvazione condizionata”.

In attesa della risposta UE, tutto faceva presagire l’esito positivo della richiesta italiana.

Nonostante ciò si è deciso di non anticipare la riduzione del taglio IRES al 2016. Le suddette

risorse sono state destinate alla sicurezza e alla cultura con un incremento degli investimenti

aggiuntivi pari a circa 3,3 miliardi, quanto necessario per la riduzione dell’IRES.

Nello specifico, la modifica normativa è stata apportata dal co. 61 dell’articolo unico della

Legge di Stabilità 2016, il quale recita:

All’articolo 77, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a decorrere dal 1° gennaio 2017, con

effetto per i periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016, le parole:

«27,5 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «24 per cento».

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Capitolo 3 – Imprese e professionisti: le novità

Dunque, riduzione in un unico step:

• dal periodo d’imposta successivo a quello incorso al 31.12.2016 (2017 per i soggetti

con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) l’aliquota IRES sarà pari al

24%.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

4. NOVITÀ IVA 2016

4.1. Le novità IVA 2016

La Legge di Stabilità 2016 contiene numerose modifiche della normativa IVA, alcune già efficaci

dal 1° gennaio 2016 altre che entreranno in vigore il primo gennaio 2017, altre per le quale sarà

necessario attendere la preventiva autorizzazione comunitaria. Nella seguente tabella

elenchiamo in sintesi le principali novità che interessano il mondo IVA.

Note di variazione

Alcune disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2016

hanno provveduto a riscrivere integralmente la normativa sulle

note di variazione, contenuta nell’art. 26 del D.P.R. 633/72.

Estensione del reverse

charge ai consorzi

Si prevede l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di

servizi rese dalle imprese consorziate ai consorzi di

appartenenza, nei casi in cui quest’ultimi siano aggiudicatari di

commesse pubbliche per le quali siano obbligatoria la

fatturazioni in regime di split payment.

La nuova aliquota del 5%

per le cooperative sociali

Un’apposita aliquota IVA del 5% per le cooperative sociali e loro

consorzi per le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed

educative rese a determinate categorie di soggetti.

Aliquota IVA ridotta per i

quotidiani on line

Applicazione dell’aliquota ridotta IVA (4%) anche per “giornali,

notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e

periodici diffusi on line”.

Aumento aliquote IVA

− dal 1° gennaio 2017 l’aliquota Iva del 10% dovrebbe subire

un aumento di tre punti percentuali;

− sempre dal 1° gennaio 2017 l’aliquota IVA del 22% dovrebbe

subire un aumento di due punti percentuali e un ulteriore

amento dell’0,5% a partire dal 1° gennaio 2018.

4.2. Le modifiche alla disciplina delle note di variazione

Alcune disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2016 hanno provveduto a riscrivere

integralmente la normativa sulle note di variazione, contenuta nell’art. 26 del D.P.R. 633/72. Si

riporta di seguito il confronto tra la vecchia e la nuova disciplina delle note di variazione IVA.

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Novità Iva 2016

Il vecchio articolo 26, D.P.R. 633/1972

- Variazioni dell’imponibile o dell’imposta -

Il nuovo articolo 26, D.P.R. 633/1972

- Variazioni dell’imponibile o dell’imposta -

1. Le disposizioni degli artt. 21 e seguenti

devono essere osservate, in relazione al

maggiore ammontare, tutte le volte che

successivamente all'emissione della

fattura o alla registrazione di cui agli artt.

23 e 24 l'ammontare imponibile di

un'operazione o quello della relativa

imposta viene ad aumentare per qualsiasi

motivo, comprese la rettifica di inesattezze

della fatturazione o della registrazione.

2. Se un'operazione per la quale sia stata

emessa fattura, successivamente alla

registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene

meno in tutto o in parte, o se ne riduce

l'ammontare imponibile, in conseguenza di

dichiarazione di nullità, annullamento,

revoca, risoluzione, rescissione e simili o

per mancato pagamento in tutto o in parte

a causa di procedure concorsuali o di

procedure esecutive rimaste infruttuose o

a seguito di un accordo di ristrutturazione

dei debiti omologato ai sensi dell'articolo

182-bis del regio decreto 16 marzo 1942,

n. 267, ovvero di un piano attestato ai

sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera

d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267,

pubblicato nel registro delle imprese o in

conseguenza dell'applicazione di abbuoni

o sconti previsti contrattualmente, il

cedente del bene o prestatore del servizio

ha diritto di portare in detrazione ai sensi

dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla

variazione, registrandola a norma dell'art.

1. Le disposizioni degli articoli 21 e seguenti

devono essere osservate, in relazione al

maggiore ammontare, tutte le volte che

successivamente all’emissione della fattura

o alla registrazione di cui agli articoli 23 e

24 l’ammontare imponibile di un’operazione

o quello della relativa imposta viene ad

aumentare per qualsiasi motivo, compresa

la rettifica di inesattezze della fatturazione

o della registrazione.

2. Se un’operazione per la quale sia stata

emessa fattura, successivamente alla

registrazione di cui agli articoli 23 e 24,

viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce

l’ammontare imponibile, in conseguenza di

dichiarazione di nullità, annullamento,

revoca, risoluzione, rescissione e simili o in

conseguenza dell’applicazione di abbuoni o

sconti previsti contrattualmente, il cedente

del bene o prestatore del servizio ha diritto

di portare in detrazione ai sensi dell’articolo

19 l’imposta corrispondente alla variazione,

registrandola a norma dell’articolo 25.

3. La disposizione di cui al comma 2 non può

essere applicata dopo il decorso di un anno

dall’effettuazione dell’operazione imponibile

qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in

dipendenza di sopravvenuto accordo fra le

parti e può essere applicata, entro lo stesso

termine, anche in caso di rettifica di

inesattezze della fatturazione che abbiano

dato luogo all’applicazione dell’articolo 21,

comma 7.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

25. Il cessionario o committente, che abbia

già registrato l'operazione ai sensi di

quest'ultimo articolo, deve in tal caso

registrare la variazione a norma dell'art. 23

o dell'art. 24, salvo il suo diritto alla

restituzione dell'importo pagato al cedente

o prestatore a titolo di rivalsa.

3. Le disposizioni del comma precedente

non possono essere applicate dopo il

decorso di un anno dall'effettuazione

dell'operazione imponibile qualora gli

eventi ivi indicati si verifichino in

dipendenza di sopravvenuto accordo fra le

parti e possono essere applicate, entro lo

stesso termine, anche in caso di rettifica di

inesattezze della fatturazione che abbiano

dato luogo all'applicazione del settimo

comma dell'art. 21.

4. La correzione di errori materiali o di

calcolo nelle registrazioni di cui agli artt.

23, 25 e 39 e nelle liquidazioni periodiche

di cui agli artt. 27 e 33 deve essere fatta,

mediante annotazione delle variazioni

dell'imposta in aumento nel registro di cui

all'art. 23 e delle variazioni dell'imposta in

diminuzione nel registro di cui all'art. 25.

Con le stesse modalità devono essere

corretti, nel registro di cui all'art. 24, gli

errori materiali inerenti alla trascrizione di

dati indicati nelle fatture o nei registri

tenuti a norma di legge.

5. Le variazioni di cui al secondo comma e

quelle per errori di registrazione di cui al

quarto comma possono essere effettuate

dal cedente o prestatore del servizio e dal

4. La disposizione di cui al comma 2 si applica

anche in caso di mancato pagamento, in

tutto o in parte, da parte del cessionario o

committente:

a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è

assoggettato a una procedura

concorsuale o dalla data del decreto che

omologa un accordo di ristrutturazione

dei debiti di cui all’articolo 182-bis del

regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o

dalla data di pubblicazione nel registro

delle imprese di un piano attestato ai

sensi dell’articolo 67, terzo comma,

lettera d), del regio decreto 16 marzo

1942, n. 267;

b) a causa di procedure esecutive

individuali rimaste infruttuose.

5. Ove il cedente o prestatore si avvalga della

facoltà di cui al comma 2, il cessionario o

committente, che abbia già registrato

l’operazione ai sensi dell’articolo 25, deve in

tal caso registrare la variazione a norma

dell’articolo 23 o dell’articolo 24, nei limiti

della detrazione operata, salvo il suo diritto

alla restituzione dell’importo pagato al

cedente o prestatore a titolo di rivalsa.

L’obbligo di cui al primo periodo non si

applica nel caso di procedure concorsuali di

cui al comma 4, lettera a).

6. Nel caso in cui, successivamente agli eventi

di cui al comma 4, il corrispettivo sia

pagato, in tutto o in parte, si applica la

disposizione di cui al comma 1. In tal caso,

il cessionario o committente che abbia

assolto all’obbligo di cui al comma 5 ha

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Novità Iva 2016

cessionario o committente anche

mediante apposite annotazioni in rettifica

rispettivamente sui registri di cui agli artt.

23 e 24 e sul registro di cui all'art. 25.

diritto di portare in detrazione ai sensi

dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla

variazione in aumento.

7. La correzione di errori materiali o di calcolo

nelle registrazioni di cui agli articoli 23, 25 e

39 e nelle liquidazioni periodiche di cui

all’articolo 27, all’articolo 1 del regolamento

di cui al Decreto del Presidente della

Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, e

successive modificazioni, e all’articolo 7 del

regolamento di cui al Decreto del Presidente

della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, e

successive modificazioni, deve essere fatta,

mediante annotazione delle variazioni

dell’imposta in aumento nel registro di cui

all’articolo 23 e delle variazioni dell’imposta

in diminuzione nel registro di cui all’articolo

25. Con le stesse modalità devono essere

corretti, nel registro di cui all’articolo 24, gli

errori materiali inerenti alla trascrizione di

dati indicati nelle fatture o nei registri tenuti

a norma di legge.

8. Le variazioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 e

quelle per errori di registrazione di cui al

comma 7 possono essere effettuate dal

cedente o prestatore del servizio e dal

cessionario o committente anche mediante

apposite annotazioni in rettifica

rispettivamente sui registri di cui agli articoli

23 e 24 e sul registro di cui all’articolo 25.

9. Nel caso di risoluzione contrattuale, relativa

a contratti a esecuzione continuata o

periodica, conseguente a inadempimento, la

facoltà di cui al comma 2 non si estende a

quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

sia il cedente o prestatore che il cessionario

o committente abbiano correttamente

adempiuto alle proprie obbligazioni.

10. La facoltà di cui al comma 2 può essere

esercitata, ricorrendo i presupposti di cui a

tale disposizione, anche dai cessionari e

committenti debitori dell’imposta ai sensi

dell’articolo 17 o dell’articolo 74 del

presente decreto ovvero dell’articolo 44 del

Decreto-Legge 30 agosto 1993, n. 331,

convertito, con modificazioni, dalla Legge

29 ottobre 1993, n. 427, e successive

modificazioni. In tal caso, si applica ai

cessionari o committenti la disposizione di

cui al comma 5.

11. Ai fini del comma 4, lettera a), il debitore si

considera assoggettato a procedura

concorsuale dalla data della sentenza

dichiarativa del fallimento o del

provvedimento che ordina la liquidazione

coatta amministrativa o del decreto di

ammissione alla procedura di concordato

preventivo o del decreto che dispone la

procedura di amministrazione straordinaria

delle grandi imprese in crisi.

12. Ai fini del comma 4, lettera b), una

procedura esecutiva individuale si

considera in ogni caso infruttuosa:

a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi,

quando dal verbale di pignoramento

redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che

presso il terzo pignorato non vi sono beni

o crediti da pignorare;

b) nell’ipotesi di pignoramento di beni

mobili, quando dal verbale di

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Novità Iva 2016

pignoramento redatto dall’ufficiale

giudiziario risulti la mancanza di beni da

pignorare ovvero l’impossibilità di

accesso al domicilio del debitore ovvero

la sua irreperibilità;

c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte

l’asta per la vendita del bene pignorato

sia andata deserta, si decida di

interrompere la procedura esecutiva per

eccessiva onerosità».

Mentre nella precedente formulazione della norma, nel co. 2 dell’art. 26 erano contenute tutte le

disposizioni volte a disciplinare l’emissione delle note di variazione in diminuzione, il nuovo

testo dell’art. 26 del DPR 633/72 disciplina nel co. 2 e nel co. 4 le varie ipotesi che legittimano

l’emissione delle note di variazione IVA.

Le fattispecie che legittimano l’emissione delle note di variazione

verificarsi di una causa di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione (e simili) dell’operazione;

applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

co. 2, art. 26, D.P.R. 633/1972 co. 4, art. 26, D.P.R. 633/1972

assoggettamento del cessionario o committente ad una procedura concorsuale(fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria) o ad un’altra procedura di soluzione della crisi d’impresa (accordo di ristrutturazione dei debiti, piano attestato di risanamento);

esperimento, da parte delfornitore, di una proceduraesecutiva individualerimasta infruttuosa.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

Diversificati anche i termini per effettuare la variazione a seconda della causa sottostante:

Fattispecie Termine per effettuare la variazione

Dichiarazione di nullità, annullamento, revoca,

risoluzione, rescissione e simili o in

conseguenza dell’applicazione di abbuoni o

sconti previsti contrattualmente

Al più tardi, con la dichiarazione relativa al

secondo anno successivo a quello in cui il

diritto alla detrazione è sorto

Dichiarazione di nullità, annullamento, revoca,

risoluzione, rescissione e simili o in

conseguenza dell’applicazione di abbuoni o

sconti previsti contrattualmente, qualora gli

eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di

sopravvenuto accordo fra le parti

Un anno dall’effettuazione dell’operazione

Procedure concorsuali (o assimilate) e

procedure esecutive infruttuose

Al più tardi, con la dichiarazione relativa al

secondo anno successivo a quello in cui il

diritto alla detrazione è sorto

Per l’ultima fattispecie descritta, la nuova formulazione normativa prevede importanti novità

circa la data a partire dalla quale può essere emessa la nota di variazione.

Si prevede infatti che la nota di variazione in diminuzione può essere emessa anche in caso di

mancato pagamento, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

• a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla

data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-

bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle

imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio

decreto 16 marzo 1942, n. 267;

• a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.

Nella sostanza la nuova norma autorizza l’emissione della nota di accredito in

relazione all’Iva addebitata e mai incassata dal creditore, senza dover attendere i

lunghi tempi necessari per la conclusione dell’iter concorsuale.

Per ciò che riguarda l’assoggettamento a procedure concorsuali, viene precisato che:

• il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza

dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta

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Novità Iva 2016

amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del

decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in

crisi.

Inoltre, vengono individuate tre fattispecie al verificarsi delle quali una procedura esecutiva può

definirsi infruttuosa:

• nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto

dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da

pignorare;

• nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto

dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di

accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;

• nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata

deserta, si decida d’interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

Altra importante novità è la possibilità di emissione delle note di variazione in diminuzione per le

operazioni soggette a reverse charge. In tale caso, la nota di variazione Iva andrà emessa dal

cessionario o committente.

In pratica, il cliente, essendo tenuto all’assolvimento dell’Iva mediante il meccanismo del

reverse charge, ha la facoltà di rettificare l’importo originariamente annotato nel registro delle

fatture emesse (o dei corrispettivi) e nel registro degli acquisti, qualora si verifichino i

presupposti del mancato pagamento, totale o parziale, del corrispettivo, a causa di procedure

concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose.

La nuova disposizione recepisce quanto già chiarito, in via interpretativa, dall’amministrazione

finanziaria in materia di variazioni in diminuzione di acquisti intracomunitari, laddove è stato

precisato che l’acquirente italiano, soggetto passivo, ha facoltà d’intervenire con apposite

annotazioni in diminuzione direttamente sul registro delle fatture emesse e sul registro degli

acquisti (circolare 13/1994).

Da rilevare che mentre per la normativa italiana la rettifica è facoltativa, quella comunitaria, alla

luce del principio della neutralità dell’Iva, sancito dalla Corte di Giustizia, dispone l’obbligo di

ridurre la base imponibile e l’imposta per la parte del corrispettivo non pagato.

Diversamente, se il cessionario o committente ha assolto l’Iva tramite reverse charge ma non

ha detratto l’imposta, ad esempio, per indetraibilità soggettiva da pro-rata, è necessario

esercitare tale diritto al fine di recuperare l’imposta versata.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

Sul piano delle modalità con cui la rettifica viene operata, le regole sono modulate in modo

differente a seconda se ci troviamo in una delle cause giuridiche di cui ai primi due casi

considerati rispetto al caso di mancato pagamento del corrispettivo. Mentre per il

cedente/prestatore le regole applicative sono identiche, le regole si differenziano per il

cessionario/committente. Il cedente/prestatore, infatti, per tutte le cause che determinano la

diminuzione dell’imponibile o dell’imposta, provvederà a emettere una fattura; al contrario, solo

per le cause di variazione diverse dal mancato pagamento del corrispettivo il

cessionario/committente è obbligato nel caso in cui abbia già registrato la fattura nel registro

delle fatture ricevute (vale a dire che ha già annotato il credito) a registrare la variazione sul

registro delle vendite ovvero sul registro dei corrispettivi. Per il mancato pagamento tale obbligo

non opera.

Infine, per ciò che riguarda l’efficacia delle nuove disposizioni, il co. 127 dell’articolo unico della

Legge di Stabilità 2016 prevede quanto segue:

“127. Le disposizioni di cui all’articolo 26, comma 4, lettera a), e comma 5, secondo periodo, del

decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo risultante dalle

modifiche apportate dal comma 126, si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia

assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016. Le altre

modifiche apportate dal comma 126 al predetto articolo 26, in quanto volte a chiarire

l’applicazione delle disposizioni contenute in tale ultimo articolo e quindi di carattere

interpretativo, si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data di cui al

periodo precedente”.

In base alla richiamata disposizione normativa:

• il nuovo articolo 26 del Decreto IVA, come modificato dalla Legge di Stabilità 2016, esplica i

propri effetti a partire dal 1° gennaio 2016, data di entrata in vigore della Legge di Stabilità;

• per le nuove disposizioni sulle procedure concorsuali, queste si applicano nei casi in cui il

cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale

successivamente al 31 dicembre 2016.

4.2.1. Estensione del reverse charge ai consorzi

La Legge di Stabilità 2016 prevede l’applicazione del reverse charge alle prestazioni rese dalle

imprese consorziate al consorzio che fattura in regime di split payment e cha ha dunque come

committenti prevalentemente enti pubblici.

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Novità Iva 2016

Il co. 128 dell’articolo unico della Legge di Stabilità del 2016 introduce una nuova lett. a-quater,

all’interno del co. 6, dell’art. 17, del Decreto IVA. La nuova disposizione normativa prevede

quanto segue:

«a-quater) alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di

appartenenza che, ai sensi delle lettere b), c) ed e) del comma 1 dell’articolo 34 del codice di cui

al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si è reso aggiudicatario di

una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad

emettere fattura ai sensi del comma 1 dell’articolo 17-ter del presente decreto. L’efficacia della

disposizione di cui al periodo precedente è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio

dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della

direttiva 2006/ 112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni».

Si prevede dunque l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di servizi rese dalle

imprese consorziate ai consorzi di appartenenza, nei casi in cui quest’ultimi siano aggiudicatari

di commesse pubbliche per le quali sia obbligatoria la fatturazione in regime di split payment.

L’ulteriore ipotesi di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ha l’obiettivo di

contrastare la crisi di liquidità per i consorzi che hanno quali unici o principali committenti gli

enti pubblici.

A tal proposito va rilevato che con l’art. 1, comma 629, della Legge n. 190/2014 (Legge di

Stabilità per il 2015) è stato inserito nel D.P.R. n. 633/1972 il nuovo articolo 17–ter con il quale

è stato introdotto un particolare meccanismo di versamento dell’IVA per le operazioni

effettuate nei confronti dello Stato o di enti pubblici.

In base alle nuove disposizioni, l’imposta esposta in fattura dal soggetto emittente

(cedente/prestatore) non deve essere pagata dal cessionario/committente (ente pubblico), il

quale dovrà:

• effettuare il pagamento solo dell’imponibile;

• trattenere l’Iva e versarla poi direttamente nelle casse dell’erario.

L'imposta non versata ai fornitori ma trattenuta da parte dell’ente pubblico deve essere versata

dagli stessi secondo le modalità operative e i termini di versamento fissati con D.M. 23.01.2015

come modificato dal D.M. 20.02.2015.

Il novellato art. 17 – ter, co. 1, D.P.R. 633/1972, nel definire l’ambito soggettivo della

disposizione, fa riferimento alle:

• cessioni di beni;

• e prestazioni di servizi;

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

effettuate nei confronti “dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità

giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell'articolo 31 del

testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle

camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende

sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente

carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza”.

L’applicazione di tale meccanismo di assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto ha causato

non pochi problemi. Da un punto di vista finanziario, le imprese cha hanno come committenti

prevalentemente enti pubblici, si trovano infatti con un costante credito IVA, che certamente

può causare crisi di liquidità. Per far fronte a tale situazione si è provveduto ad inserire i

soggetti in questione tra coloro a cui spetta il rimborso IVA in via prioritaria.

In caso di volumi d’affari elevati con le P.A., che portino ad avere eccedenze di credito superiori

ad euro 700.000,00, si dovrà fai conti inoltre con il limite annuale di compensazione. Per quanto

riguarda il limite annuale di compensazione si ricorda che l’art. 9 D.L. 35/2013, a decorrere dal

2014, ha aumentato da €. 516.456,90 a € 700.000 il limite di crediti fiscali e contributivi che

possono essere compensati mediante modello F24.

Altra questione da non sottovalutare è la necessità che per utilizzare l’eccedenza di credito IVA

di importo rilevante sarà necessaria l’apposizione del visto di conformità in dichiarazione.

Per evitare o almeno ridurre tali complicazioni ai consorzi che agiscono prevalentemente con

enti pubblici, si prevede l’applicazione del reverse charge alle prestazioni rese dalle imprese

consorziate al consorzio. Ciò avviene attraverso una modifica dell’art. 17 del DPR 633/1972.

Si presti bene attenzione al fatto che la misura non esplicherà immediatamente i suoi effetti.

Infatti, sarà necessario attendere la preventiva autorizzazione comunitaria.

4.2.2. La nuova aliquota del 5% per le cooperative sociali

Un’apposita aliquota IVA del 5% per le cooperative sociali e loro consorzi per le prestazioni

socio-sanitarie, assistenziali ed educative rese a determinate categorie di soggetti. È quanto

prevede il comma 960 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016.

La nuova aliquota ridotta dovrebbe entrate in vigore il 1° gennaio 2016 ed aggiungersi alle già

esistenti aliquote del 4%, 10% e 22%.

Il richiamato comma 960 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016 prevede quanto segue:

“960.

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Novità Iva 2016

Al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti

modifiche:

“a) all’articolo 16, il primo ed il secondo comma sono sostituiti dai seguenti: «L’aliquota

dell’imposta è stabilita nella misura del ventidue per cento della base imponibile dell’operazione.

L’aliquota è ridotta al quattro, al cinque e al dieci per cento per le operazioni che hanno per

oggetto i beni e i servizi elencati, rispettivamente, nella parte II, nella parte II-bis e nella parte III

dell’allegata tabella A, salvo il disposto dell’articolo 34»;

b) alla tabella A, parte II, il numero 41-bis) è abrogato;

c) alla tabella A, dopo la parte II è inserita la seguente:

«Parte II-bis BENI E SERVIZI SOGGETTI ALL’ALIQUOTA DEL 5 PER CENTO 1) Le prestazioni di cui

ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell’articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti

indicati nello stesso numero 27-ter) da cooperative sociali e loro consorzi”.

Si tratta dunque dell’introduzione di un’aliquota ad hoc, del 5%, per le cooperative sociali e loro

consorzi per le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed educative rese a determinate

categorie di soggetti.

L’introduzione di un’aliquota ah hoc deve fare i conti con la normativa sovranazionale. Ci si

riferisce in particolare al rispetto dell’art. 96 - 98 della Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/UE).

In particolare, le richiamate disposizioni prevedono che:

• gli Stati membri applicano un'aliquota IVA normale fissata da ciascuno Stato membro ad

una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le

prestazioni di servizi; tale aliquota normale a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31

dicembre non può essere inferiore al 15%;

• gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte. Le suddette aliquote ridotte

possono essere applicate unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle

categorie elencate nell'allegato III, fatta espressa esclusione per i servizi forniti per via

elettronica.

L’art. 99 della suddetta Direttiva pone dei limiti alle aliquote ridotte: le aliquote ridotte sono

fissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 %.

Tuttavia, ai sensi dell’art. 113 della Direttiva 2006/112/UE gli Stati membri che al 1° gennaio

1991 in conformità della legislazione comunitaria, applicavano aliquote ridotte inferiori al

minimo prescritto dall'articolo 99 (5%) a beni e servizi diversi da quelli di cui all'allegato III,

possono applicare alla cessione di tali beni o alla prestazione di tali servizi l'aliquota ridotta.

L’Italia ha fruito di tale deroga e continua ad applicare l’aliquota del 4% a determinati beni e

servizi.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

In Italia dunque esistono già un’aliquota ordinaria e due aliquote ridotte 4% e 10%. Ed è proprio

questo il limite previsto dalla Direttiva Comunitaria: gli Stati membri possono applicare una o

due aliquote ridotte.

L’introduzione di una nuova aliquota ridotta contrasta con la Direttiva IVA e una sua eventuale

introduzione potrebbe essere censurata da parte dei competenti organi UE.

Tornando all’analisi della novità normativa in commento, pare opportuno partire dal quadro

normativo di riferimento.

Nella normativa attualmente vigente, le cooperative sociali, di cui alla Legge 8 novembre 1991,

n. 381, per alcune prestazioni sociali e sanitarie possono scegliere fra il regime di esenzione e

l’aliquota del 4% prevista dal numero 41 bis) della tabella A, parte II, allegata al Decreto Iva,

anche per le prestazioni rese e i contratti stipulati dopo il 1° Gennaio 2014

Il riferimento normativo che prevede tale facoltà è l’articolo 1, comma 331, della Legge

296/06(Finanziaria 2007).

Si tratta delle seguenti prestazioni, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente sia in

esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in genere:

• prestazioni sanitarie, di diagnosi, cura e riabilitazione (numero 18);

• prestazioni di ricovero e cura (numero 19);

• prestazioni didattiche (numero 20);

• prestazioni proprie degli orfanotrofi, brefotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili

(numero 21);

• prestazioni socio sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in

favore degli anziani e inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di Aids, degli

handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di

devianza di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di

donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo (numero 27 ter).

I commi da 488 a 490 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità 2013 (L. 228/2012) avevano

modificato la disciplina, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, delle prestazioni di assistenza e

sicurezza sociale rese dalle cooperative e dai loro consorzi, contenuta nel n. 41-bis della Tabella

A, parte II, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

In particolare:

• si prevedeva l’applicazione dell’aliquota del 10% sulle prestazioni sociali, sanitarie e

assistenziali, ma solo quando rese da cooperative sociali e loro consorzi in esecuzione di

appalti o convenzioni;

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Novità Iva 2016

• soppressione della possibilità per le cooperative sociali di scegliere se applicare l'aliquota

del 4% oppure il trattamento di esenzione.

Con la Legge di Stabilità 2014 il Legislatore ha fatto un passo indietro abrogando i co. 488 e

489 della legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012), con l’effetto di ripristinare l’aliquota IVA

agevolata del 4% o, in alternativa, il regime di esenzione sulle prestazioni sociali, sanitarie e

assistenziali, rese da cooperative sociali e loro consorzi (ex L. 381/1991), sia direttamente che

in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.

Sulla questione interviene nuovamente la Legge di Stabilità 2016.

Da evidenziare che oltre all’abrogazione del n. 41-bis della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R.

26 ottobre 1972, n. 633 che per l’appunto prevede la possibilità di optare tra esenzione e

aliquota IVA ridotta, il co. 963 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016 prevede che le

disposizioni del co. 962 si applicano “alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati,

rinnovati o prorogati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Per le operazioni in questione, effettuate sulla base di contratti stipulati, rinnovati o prorogati

dal 1° gennaio 2016, si prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 5% e l’impossibilità di optare

per il regime di esenzione per le prestazioni rese in appalto.

In sostanza:

• le prestazioni rese da cooperative sociali e loro consorzi mediante contratti di appalto e di

convenzioni stipulati entro il 31 dicembre 2015, saranno soggette alternativamente

all’aliquota IVA del 4% o al regime di esenzione;

• alle prestazioni rese da cooperative sociali e loro consorzi mediante contratti di appalto e di

convenzioni stipulati, rinnovati o prorogati dal 1° gennaio 2016, si applicherà l’aliquota del

5% e non sarà possibile optare per l’esenzione.

4.2.3. Aliquota IVA ridotta per i quotidiani on line

Una delle novità introdotte dalla Legge dì Stabilità 2016 riguarda l’applicazione dell’aliquota

ridotta IVA (4%) anche per “giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e

periodici diffusi on line”. E’ quanto previsto dal co. 637 dell’articolo unico della Legge di Stabilità

2016.

Da evidenziare che con il co. 667 della Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014) era stato disposto

che “ai fini dell'applicazione della tabella A, parte II, numero 18), allegata al Decreto del

Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono da

considerare libri tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN e veicolate attraverso

qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica”.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

Con la richiamata disposizione dunque si forniva un’interpretazione autentica di ciò che è da

considerarsi libri. Con il citato intervento legislativo si provvedeva ad estendere l’aliquota

ridotta, a partire dal 1° Gennaio 2015, ai libri (ma non anche le altre pubblicazioni editoriali, prive

del codice ISBN) veicolati tramite mezzi di comunicazione elettronica, ossia diffusi on line.

Di conseguenza, l'aliquota IVA del 4% è stata applicata dal 1° gennaio 2015 ai libri elettronici ai

sensi della normativa italiana, in riferimento esclusivamente alle prestazioni territorialmente

rilevanti in Italia. Da evidenziare che la suddetta misura contrasta con l'art. 98, par. 2, della

direttiva 2006/112/Ce. La richiamata disposizione consente agli Stati membri di applicare

aliquote ridotte unicamente alle operazioni relative a determinati beni e servizi specificamente

indicati nell’allegato III alla direttiva stessa. In tale elenco non sono compresi gli e – book.

Il co. 637 della Legge di Stabilità 2016 prevede quanto segue:

“All’articolo 1, comma 667, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti

modificazioni:

a) la parola: «libri» è sostituita dalle seguenti: «giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie

di stampa, libri e periodici»;

b) dopo le parole: «codice ISBN» sono inserite le seguenti: «o ISSN»”.

Con il nuovo intervento Legislativo si mira ad estendere l’aliquota ridotta non solo ai libri diffusi

elettronicamente e in possesso del codice ISBN, così come previsto dalla Legge di Stabilità

2015, ma anche ai giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, e periodici

diffusi on line.

Con tale intervento si vuole raggiungere il principale effetto di ridurre i costi: questo perché allo

stato attuale le pubblicazioni on line in questione scontano l’aliquota IVA ordinaria (22%). Con

l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta (4%) si otterrebbe una riduzione del prezzo dei prodotti

editoriali on line, visto che l’Iva è assolta a monte dall’editore ma si scarica a valle sul prezzo per

i consumatori.

4.2.4. Aliquota IVA Pellet ferma al 22%

Nel passaggio della Legge di Stabilità 2015 in Commissione Bilancio del Senato era stato

proposto il taglio dell’aliquota Iva sul Pellet (combustibile ricavato dalla segatura essiccata) dal

22 al 10%. Purtroppo, la misura non è stata approvata. Pertanto, l’aliquota Iva per la cessione di

tale prodotto rimane così ferma al 22%. Le cessioni di pellet utilizzato per la combustione, fino

al 2014, erano soggette ad IVA agevolata al 10%: in tal senso, si era infatti espressa l’Agenzia

delle Entrate nell’ambito di una consulenza giuridica, con Parere 23 dicembre 2010, prot. n. 954-

177983. Secondo l’Agenzia, il pellet, potendosi ricomprendere nella “legna da ardere in tondelli,

145

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Novità Iva 2016

ceppi, ramaglie, fascine o in forme simili” da classificare al codice NC 4401 1000, rientrava

nell’ambito di applicazione del punto 98), Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972.

La Finanziaria 2015, modificando il n. 98), Tabella A, Parte III, DPR n. 633/72 ha però aumentato

al 22% l’aliquota IVA applicabile alle cessioni di pellet. Il comma 711 della Legge di stabilità

2015, ha escluso espressamente i pellet dall’elenco contenuto nel n. 98) della Tabella A, parte

III, D.P.R. n. 633/1972, disponendo pertanto che, a decorrere dal 2015, le cessioni di detti

prodotti scontino l’IVA ordinaria al 22%. Nell’elenco dei beni soggetti a Iva del 10%, dal 1.1.2015

non è, quindi, più rientrato il combustibile da legno di segatura che è passato al 22 per cento.

Così recita il citato n. 98), dal 2015: “Tabella A – Parte terza Beni e Servizi soggetti all’aliquota

del 10% 98) legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie o fascine, cascami di legno, compresa la

segatura, esclusi i pellet (v.d. 44.01)”.

In sostanza poiché l’Italia rappresenta il primo mercato europeo del pellet (consumo annuo di

3,3 milioni di tonnellate), il Legislatore ha ben pensato di aumentare l’aliquota delle relative

cessioni. L’aumento del prelievo, secondo la relazione tecnica porta maggiori entrate pari a 96

milioni di euro.

L’aumento della tassazione ha subito scatenato le proteste degli operatori del settore, dal

momento che si tratta di un rincaro che avviene dopo gli investimenti effettuati negli anni scorsi

da famiglie e imprese per l’acquisto delle stufe e dal momento che la legna da ardere continua a

beneficare dell’aliquota al 10%.

Alla luce delle numerose polemiche portate dall’aumento del prelievo, il governo aveva fatto un

primo tentativo di correre ai ripari con il varo del Decreto Mille Proroghe (D.L. n. 192/2014),

tentativo andato però vano visto che la modifica non è poi stata approvata nel testo definitivo

della legge varata e che l’aliquota è, così rimasta pari al 22%.

Altro tentativo effettuato nella Legge di Stabilità 2016, auspicando il ritorno dell’aliquota IVA

delle suddette cessioni al 10%, disponendo, con riferimento al citato n. 98), la soppressione

delle parole “esclusi i pellet”. Con il passaggio, però, del Testo di Legge alla Commissione

Bilancio del Senato, l’abbassamento è stato di nuovo bocciato lasciando così l’aliquota

inalterata al 22%.

4.2.5. Produttori agricoli: dietrofront del Legislatore

Si era proposto nella versione originaria del DDL di Stabilità 2016 l’abrogazione, a partire dal

2017, del regime speciale IVA previsto per gli agricoltori con un volume d’affari non superiore a

7.000 euro. Per fortuna il Legislatore ha cambiato idea.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

Il suddetto regime speciale consente di ottenere numerosi esoneri IVA, sia dichiaratici che

documentali, comunicativi e contabili rispetto alla generalità dei contribuenti.

Il regime speciale IVA per i produttori agricoli consiste in un regime di detrazione forfettaria.

Sotto il profilo oggettivo, la detrazione forfetizzata può essere operata esclusivamente per le

cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A allegata al D.P.R.

n. 633/72.

La predetta tabella contiene un elenco tassativo dei prodotti agricoli la cui cessione può

rientrare nel regime speciale, e prevede, in massima parte, prodotti allo stato originario (ad

esempio, ortaggi e frutta), e pochi prodotti trasformati (ad esempio, olio, vino e formaggi).

Relativamente al presupposto soggettivo, sono ammessi al regime speciale:

− i produttori agricoli che esercitano le attività di cui all’articolo 2135 del Codice civile e,

cioè, le attività di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali, e attività

connesse.

Il richiamo alla norma civilistica comporta l’applicabilità del regime speciale anche per le attività

connesse e, cioè, le attività esercitate dall’imprenditore agricolo dirette alla trasformazione,

manipolazione, conservazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto

prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di

animali.

Naturalmente, condizione indispensabile, ai fini dell’applicazione del regime speciale, è che i

prodotti agricoli, a seguito delle operazioni di trasformazione o manipolazione, risultino sempre

compresi nella citata tabella A, parte prima.

L’IVA si applica con le aliquote ordinarie proprie dei singoli prodotti e, quindi, il produttore

agricolo deve versare la differenza fra l’imposta applicata sulle cessioni e l’imposta detraibile

corrispondente alle percentuali di compensazione.

Un’eccezione a tale regola generale, prevista nel comma 6 dell’articolo 34, Decreto IVA, riguarda

le cessioni effettuate dai produttori agricoli in regime di esonero (volume d’affari realizzato

nell’anno precedente non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno 2/3 da cessioni di

prodotti agricoli di cui alla prima parte della tabella A), per le quali gli acquirenti emettono

l’autofattura.

Per i produttori agricoli in regime di esonero, ex art. 34, co. 6, D.P.R. 633/1972 sussistono nella

normativa attuale i seguenti esoneri IVA:

− uno relativo al versamento dell’imposta;

− l’atro relativo all’adempimento degli obblighi documentali e contabili, compresa la

presentazione della dichiarazione annuale.

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Novità Iva 2016

Per ottenere i suddetti vantaggi è necessario rispettare, oltre ai requisiti oggettivi e soggettivi

precedentemente elencati, il volume d’affari realizzato nell’anno solare precedente,

non sia superiore a 7.000 euro e sia costituito per almeno 2/3 da cessioni di prodotti agricoli e

ittici compresi nella Tabella A, Parte I, allegata al D.P.R. n. 633/1972.

Anche applicando il regime di esonero resta tuttavia fermo, ai sensi dell’art. 34, comma 6,

l’obbligo di numerare e conservare:

• le fatture di acquisto (anche intracomunitarie) e le bollette doganali d’importazione;

• le fatture di vendita emesse, per conto dei produttori agricoli, dai cessionari/committenti.

Nella versione definitiva della Legge di Stabilità 2016 non è più presente la disposizione che

prevede l’abrogazione del regime di esonero per i produttori agricoli.

Ciò consentirà agli agricoltori che rispettano determinate soglie di non porre in essere gli

adempimenti previsti per i produttori agricoli senza esonero, ovvero:

− emettere la fattura per le cessioni, applicando l’IVA con la relativa aliquota;

− operare la detrazione dell’IVA forfettizzata sulla base della relativa percentuale di

compensazione;

− procedere alla liquidazione periodica dell’IVA, al relativo versamento e alla

presentazione della dichiarazione annuale.

4.2.6. Annullamento clausola di salvaguardia?

Nella versione originaria della Legge di Stabilità 2016 approvata nel Consiglio dei Ministri del

15.10.2015 si prevedeva l’annullamento dell’incremento delle aliquote IVA a partire dal 2016.

L’incremento, stabilito dalla Legge di Stabilità per il 2015, riguardava sia l’aliquota Iva ordinaria

del 22% che l’aliquota IVA agevolata del 10% e sarebbe dovuto divenire efficace dal 1° gennaio

2016. Nello specifico si prevedeva che:

• l'aliquota IVA del 10 per cento è incrementata di due punti percentuali a decorrere dal 1°

gennaio 2016 e di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017;

• l'aliquota IVA del 22 per cento è incrementata di due punti percentuali a decorrere dal 1°

gennaio 2016, di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017 e di ulteriori 0,5 punti

percentuali dal 1° gennaio 2018.

Dunque un aumento delle aliquote IVA spalmato su più anni. Nell’iter di approvazione della

Legge di Stabilità 2016 è stato più volte annunciato che era stata disattivata la clausola di

salvaguardia che prevedeva per l’appunto l’aumento delle aliquote IVA. Ma leggendo il testo

definitivo della Legge di Stabilità 2016 si capisce che si tratta solo di un rinvio al 1° gennaio

2017.

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Capitolo 4 – Novità Iva 2016

Il co. 6 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2016 prevede infatti quanto segue:

“Al comma 718 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti

modifiche:

a) alla lettera a), le parole: «di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 e di un

ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017» sono sostituite dalle seguenti: «di tre punti

percentuali dal 1° gennaio 2017»;

b) alla lettera b), le parole: «di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016, di un

ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017 e di ulteriori 0,5 punti percentuali dal 1° gennaio

2018» sono sostituite dalle seguenti: «di due punti percentuali dal 1° gennaio 2017 e di un

ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2018»”;

In sostanza:

− dal 1° gennaio 2017 l’aliquota Iva del 10% dovrebbe subire un aumento di tre punti

percentuali;

− sempre dal 1° gennaio 2017 l’aliquota IVA del 22% dovrebbe subire un aumento di due

punti percentuali e un ulteriore amento dell’0,5% a partire dal 1° gennaio 2018.

L’origine della misura è l’attivazione della clausola di salvaguardia inserita nella Legge di

Stabilità 2014 (L. 147/2013). Nell’ottica di recuperare gettito fiscale, il legislatore ha ritoccato

ben due volte le aliquote IVA negli ultimi anni, limitandosi ad aumentare esclusivamente

l’aliquota IVA ordinaria. Si ricorda infatti che prima nel 2011 (D.L. 138/2011, conv. con mod. L.

148/2011) e successivamente nel 2013 (art. 11, co. 1, D.L. n. 76/2013) si era previsto

rispettivamente l’innalzamento dell’aliquota IVA ordinaria dal 20%al 21%e dal 21%al 22%. Nei

suddetti interventi l’incremento dell’aliquota Iva non riguardava le aliquote agevolate del 4% e

del 10%, evitando in tal modo l’effetto negativo su una serie di beni e servizi di particolare utilità

sociale. Erano rimasti esclusi dall’aumento di tassazione i prodotti alimentari, i medicinali, le

forniture di energia elettrica per uso domestico o industriale, le cessioni di case di abitazione

non di lusso, le somministrazioni di alimenti e bevande, le prestazioni alberghiere, casi in cui

trovano applicazione le aliquote agevolate del 4% e del 10%.

Ora si prevede l’aumento sia dell’aliquota IVA ordinaria che dell’aliquota Iva agevolata del 10%.

L’obiettivo della misura è quello di trovare la fonte di copertura dei 18 mld di tagli alle tasse.

Oltre a prevedere ritocchi al rialzo delle aliquote IVA, sono previste incrementi anche per le

aliquote delle accise della benzina e del gasolio.

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Capitolo 5 – Altre novità

5. RIVALUTAZIONE QUOTE E TERRENI

5.1. Premessa

La Legge di stabilità 2016 ripropone le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e

7 della L. n. 448/2001 riguardanti la rideterminazione:

del valore di acquisto delle partecipazioni, detenute da persone fisiche non esercenti

attività di impresa, non negoziate in mercati regolamentati;

dei terreni edificabili e con destinazione agricola detenuti dalle persone fisiche.

I nuovi termini riguardano:

i beni che devono essere posseduti alla data del 1° gennaio 2016;

il versamento dell'imposta sostitutiva che deve essere effettuato entro il 30 giugno

2016;

le perizie, che dovranno essere giurate entro il 30 giugno 2016 (la perizia di stima

deve essere redatta e asseverata dai professionisti individuati negli articoli 5 e 7 della

legge 448/2001);

la data di riferimento dei valori che è quella del 1° gennaio 2016.

La ratio della rivalutazione risiede fondamentalmente nel rendere appetibile la vendita dei beni

rivalutati riducendo il valore della plusvalenza derivante dalla differenza tra il prezzo di vendita

ed il costo di acquisto, ai sensi della disciplina relativa alla plusvalenza sui redditi diversi,

contenuta nell’attuale art. 67 del D.P.R. n. 917/1986.

L’affrancamento, quindi, è da considerarsi, in generale, conveniente per il contribuente, in

quanto lo stesso potrà versare un’imposta sostitutiva sul valore derivante dalla perizia, in luogo

delle più gravose imposte sui redditi dovute sulla plusvalenza derivante dalla cessione in

questione. Il valore su cui si paga l’imposta sostitutiva, infatti, sarà assunto come valore iniziale

del terreno/partecipazione al momento della rivendita. Per questo motivo, con il trascorrere del

tempo, i contribuenti che già in passato si sono avvalsi della rivalutazione dei terreni o

partecipazioni, hanno comunque sempre avuto convenienza a rivalutare nuovamente detti beni

usufruendo delle proroghe che si sono susseguite nel corso del tempo.

5.1.1. Ambito soggettivo

La rivalutazione può essere effettuata da parte di:

persone fisiche;

151

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Altre novità

società semplici;

associazioni professionali;

enti non commerciali;

società di capitali i cui beni, per il periodo di applicazione delle disposizioni ex artt. 5 e 7,

Legge n. 448/2001, sono stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne

hanno riacquistato la piena titolarità.

Per questi ultimi soggetti la possibilità di usufruire della rivalutazione:

interessa le società di capitali residenti ovvero non residenti che esercitano l’attività in

Italia tramite stabili organizzazioni;

riguarda i beni posseduti all’1.1.2016 e risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso a tale

data.

Il maggior valore attribuito per effetto della rivalutazione è fiscalmente riconosciuto

a decorrere dall’esercizio in cui è effettuato il versamento dell’intera imposta

sostitutiva o della prima rata.

Secondo l’Agenzia (circolare 47/E/2011), “per ragioni logico-sistematiche si

applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di saldo attivo di

rivalutazione” previste con riguardo alla rivalutazione degli immobili d’impresa ex

lege n. 342/2000, con la conseguenza che la rivalutazione comporta l’evidenziazione del

“saldo attivo” pari alla differenza tra il maggior valore del bene e l’imposta sostitutiva dovuta

che può alternativamente essere accantonato ad apposita riserva ovvero imputato a capitale.

In caso di:

Usufrutto/nuda proprietà

Confermando la possibilità di eseguire la rivalutazione di un terreno/partecipazione

anche da parte del nudo proprietario o dell’usufruttuario possessore dei beni alla data di

riferimento (ora 1.1.2016), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

in caso di decesso dell'usufruttuario gli eredi non possono fruire del valore del

bene rideterminato dal de cuius (Circolare 13.2.2006, n. 6/E);

se il nudo proprietario alla data di riferimento della perizia (ora 1.1.2016)

successivamente diviene pieno proprietario del bene a seguito dell’estinzione

dell’usufrutto, lo stesso può rivalutare solo il diritto reale (nuda proprietà)

posseduto alla predetta data, senza poter fruire della rivalutazione operata

dall’usufruttuario (Circolare 12.3.2010, n. 12/E).

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Capitolo 5 – Altre novità

Eredi donatari

Gli eredi/donatari che hanno acquisito il terreno o la partecipazione dopo la data di

riferimento (ora 1.1.2016), non possono eseguire la rivalutazione, poiché a tale data non

erano possessori del terreno o della partecipazione.

Tuttavia, per le partecipazioni, sulla base di quanto affermato nella Circolare 9.5.2003, n.

27/E, è ammessa la possibilità di rivalutazione da parte degli eredi che hanno ricevuto la

partecipazione in successione dopo l’1.1.2016 a condizione che prima del decesso il de

cuius abbia conferito a un professionista il mandato per la redazione della perizia di

stima.

5.1.2. Ambito oggettivo

Oggetto di rivalutazione possono essere:

i terreni edificabili ed i terreni con destinazione agricola posseduti all’1.1.2016, a titolo di

proprietà, usufrutto, superficie ed enfiteusi;

le partecipazioni non quotate in mercati regolamentati, possedute all’1.1.2016, a titolo di

proprietà e usufrutto;

Ai fini della rivalutazione è richiesto il versamento di un’imposta sostitutiva e la redazione di

una perizia giurata di stima che individua il valore del terreno/partecipazione alla data del

1.1.2016.

L’imposta sostitutiva dovuta è determinata applicando al valore del terreno/partecipazione,

risultante dalla perizia di stima redatta da un professionista abilitato, le seguenti aliquote:

Con riguardo alle partecipazioni, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare

4.8.2004, n. 35/E, la perizia di stima individua il valore in relazione alla frazione di patrimonio

netto della società rappresentativa della partecipazione stessa.

L’imposta sostitutiva dovuta deve essere versata alternativamente:

in un’unica soluzione entro il 30.06.2016;

ovvero

PARTECIPAZIONI QUALIFICATE E NON

TERRENI

8%

8%

153

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Altre novità

in tre rate annuali di uguale importo alle seguenti scadenze:

1° rata entro il 30.06.2016;

2° rata entro il 30.06.2017 + interessi 3% annuo;

3° rata entro il 30.06.2018 + interessi 3% annuo.

Entro il 30.06.2016 deve altresì essere redatta e asseverata, da parte di un professionista

abilitato, la perizia giurata di stima.

L’Agenzia nella circolare n. 47/E/2011 ha confermato che:

per effetto del versamento dell’intera imposta sostitutiva ovvero della prima rata la

rivalutazione è considerata perfezionata, pertanto “il contribuente può avvalersi

immediatamente del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle

plusvalenze di cui all’articolo 67 del TUIR”.

Qualora tale versamento venga effettuato oltre i termini previsti, il valore

rideterminato non può essere utilizzato ai fini della determinazione della

plusvalenza e il contribuente può chiedere a rimborso l’imposta versata.

se il contribuente, in sede di determinazione della plusvalenza, non tiene conto del

valore rivalutato, non ha diritto al rimborso di quanto versato ed è obbligato, in caso di

scelta per il versamento rateale, a corrispondere le rate successive. La rivalutazione

infatti rappresenta una facoltà “e il contribuente non può modificare successivamente la

scelta liberamente effettuata […]”;

Sul punto si segnala che la CTR Lombardia nella sentenza 11.4.2011, n. 71/66/2011

ha affermato che la rivalutazione, essendo facoltativa, è revocabile con la

conseguenza che il contribuente, ancorché abbia provveduto alla redazione della

perizia di stima, al pagamento della prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta e all’indicazione

dei dati della rivalutazione nel mod. UNICO, può esprimere la volontà di revocare la propria

scelta omettendo il versamento delle rate successive.

in caso di versamento della prima rata e di omesso versamento delle rate successive,

l’Ufficio provvede all’iscrizione a ruolo delle stesse. A tale proposito si rammenta

comunque che il contribuente per regolarizzare la situazione può avvalersi del

ravvedimento operoso.

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Capitolo 5 – Altre novità

Per quanto riguarda il codice tributo da indicare nel mod. F24 si ritiene che dovrà essere

utilizzato il codice:

8055 per la rideterminazione delle partecipazioni non negoziate nei mercati

regolamentati;

8056 per la rideterminazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola.

5.1.3. Perizia

Come esposto precedentemente la rivalutazione richiede la redazione, entro il 30.6.2016, di una

perizia giurata di stima che può essere predisposta dai seguenti soggetti, differenziati a

seconda del bene da rivalutare:

Bene oggetto di

rivalutazione

Soggetto che può redigere la perizia

Partecipazione

iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e esperti contabili;

iscritto nell’elenco dei revisori legali dei conti;

perito iscritto alla CCIAA ex R.D. n. 2011/34.

Terreno

iscritto all’Albo degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei

dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti

industriali edili;

perito iscritto alla CCIAA ex R.D. n. 2011/34.

Ai fini dell’asseverazione la perizia può essere presentata presso:

la Cancelleria del Tribunale;

un ufficio del Giudice di pace;

un notaio.

La perizia e i dati dell’estensore della stessa devono essere conservati dal contribuente ed

esibiti o trasmessi all’Amministrazione Finanziaria in caso di richiesta.

Per quanto riguarda in particolare:

la rivalutazione di una partecipazione:

la perizia:

− deve essere riferita all’intero patrimonio sociale. Il valore della partecipazione

va individuato avendo riguardo alla frazione di patrimonio netto della

società/associazione. Tale passaggio esclude che possano essere stimati dal

perito plusvalori inerenti a premi di maggioranza o, al contrario, che il valore

155

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Altre novità

della partecipazione possa essere deprezzato a causa del suo essere di

minoranza;

− può essere redatta anche successivamente alla cessione della partecipazione,

ancorché entro il 30.6.2016, qualora il contribuente determini l’imposta

sostitutiva dovuta in sede di mod. UNICO. La stessa deve invece essere

predisposta antecedentemente alla cessione qualora il contribuente opti per

l’applicazione dell’imposta sostitutiva tramite un intermediario (risparmio

amministrato);

il costo della perizia:

− è deducibile dal reddito d’impresa della società/ente in quote costanti

nell’esercizio e nei 4 successivi, qualora la perizia sia stata predisposta per

conto della società;

− incrementa il costo rivalutato se la perizia è stata predisposta per conto dei

soci.

rivalutazione di un terreno:

la perizia va redatta prima della cessione del terreno, considerato che ai fini della

determinazione della plusvalenza il valore risultante dalla stessa va indicato

nell’atto di cessione;

L’Agenzia nella Circolare n. 47/E/2011 “insiste” quindi nel richiedere, per i terreni, la

redazione “anticipata” della perizia. In merito si rammenta che la CTR Piemonte

nella sentenza n. 87/36/10 ha affermato che “tanto il dato letterale della norma […]

tanto la sua «ratio» escludono si possa ritenere che la perizia e la sua asseverazione debbano

necessariamente precedere la cessione del bene”, ammettendo dunque che la perizia possa

essere redatta ed asseverata in data successiva alla cessione.

il costo della perizia può essere portato a incremento del costo rivalutato, qualora

effettivamente sostenuto e rimasto a carico del contribuente;

validità della rivalutazione anche nel caso in cui il terreno sia successivamente

oggetto di esproprio, se il contribuente opta per la tassazione secondo le regole

dell’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR;

è possibile di rivalutare i terreni posseduti in regime di comunione pro indiviso

anche da pare di alcuni dei comproprietari. Per determinare la quota di terreno da

rivalutare il singolo comproprietario deve determinare, mediante la perizia di stima,

il valore dell’intera area e assoggettare ad imposta sostitutiva la parte di tale valore

corrispondente alla propria quota.

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Capitolo 5 – Altre novità

5.1.4. Rivalutazioni precedenti

Il soggetto interessato può rideterminare il valore del terreno/partecipazione posseduti

all’1.1.2016 anche se in precedenza ha già rivalutato i medesimi beni.

L’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 47/E/2011 ha evidenziato che:

il nuovo valore rivalutato del terreno/partecipazione può essere inferiore a quello

risultante dalla perizia relativa alla precedente rivalutazione, come peraltro già chiarito

nella Risoluzione 22.10.2010, n. 111/E;

come disposto dall’art. 7, comma 2, lett. ee) del D.L. n. 70/2011, è possibile per i soggetti

che usufruiscono della rivalutazione all’1.1.2016, scomputare dall’imposta sostitutiva

dovuta quanto già versato in occasione delle precedenti rivalutazioni.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha specificato che in tal caso oltre a poter

scomputare l’imposta sostitutiva già versata in precedenza non è richiesto il

versamento delle rate ancora pendenti, relative all’eventuale precedente

rivalutazione.

ADEMPIMENTI EFFETTI

Rivalutazione

Partecipazioni

1. Redazione perizia giurata del valore

all’1.1.2016;

2. versamento dell’imposta sostitutiva

(unica soluzione o prima rata) pari al:

8% (partecipazioni qualificate);

8% (partecipazioni non qualificate);

del valore risultante dalla perizia.

Rilevanza del valore (costo)

rideterminato ai fini del

calcolo della plusvalenza ex

art. 67, comma 1, lett. c) e c-

bis), TUIR.

ADEMPIMENTI EFFETTI

Rivalutazione

Terreni edificabili

e a destinazione

agricola

1. Redazione perizia giurata del valore

all’1.1.2016;

2. versamento dell’imposta sostitutiva

(unica soluzione o prima rata) pari al

8% del valore risultante dalla perizia.

Rilevanza del valore (costo)

rideterminato ai fini del

calcolo della plusvalenza ex

art. 67, comma 1, lett. a) e b),

TUIR.

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Altre novità

5.2. Limite del contante e pagamenti elettronici: normativa in continua evoluzione

5.2.1. Premessa: il quadro delle novità

Negli anni il limite alla circolazione del contate è stato soggetto a numerosi interventi. Le soglie

previste sono state ritoccate dal legislatore in un saliscendi di norme, ora volte a concedere

maggiore libertà negli scambi, ora decisamente più restrittive.

Se, infatti, fino al 29 aprile 2008 la soglia è stata quella dei 12.500 euro, dal 30 aprile 2008 al 24

giugno 2008 la stessa si è abbassata a 5.000 euro, per poi riportarsi sul precedente limite dei

12.500 euro fino al 30 maggio 2010.

Successivamente è iniziata la stretta alla circolazione del contante, con interventi che hanno

progressivamente abbassato la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di utilizzo di strumenti di

pagamento tracciabili.

Fino al 12 agosto la soglia è stata quindi riportata ai 5.000 euro, successivamente il limite è

stato portato a 2.500 euro (dal 13 agosto 2011 al 5 dicembre 2011) e, infine, a 1.000 euro.

Con la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) la soglia è stata nuovamente

aumentata ed è stata innalzata a 3.000 euro.

DAL AL LIMITE CIRCOLAZIONE

CONTANTE

29 aprile 2008 12.500 euro

30 aprile 2008 24 giugno 2008 5.000 euro

25 giugno 2008 30 maggio 2010 12.500 euro

31 maggio 2010 12 agosto 2011 5.000 euro

13 agosto 2011 5 dicembre 2011 2.500 euro

6 dicembre 2011 31 dicembre 2015 1.000 euro

1° gennaio 2016 3.000 euro

Questa sorta di “schizofrenia” legislativa è stata dettata da due opposte esigenze: da un lato

contrastare l’evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro, e, dall’altro, non contrarre

eccessivamente i consumi.

Tuttavia, nonostante gli interventi restrittivi degli ultimi anni, nella relazione ministeriale alla

Legge di stabilità è chiarito come, effettivamente, non vi sia stata una stretta all’evasione fiscale

a seguito degli interventi attuati.

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Capitolo 5 – Altre novità

Ecco quindi il motivo per il quale, con la Legge di stabilità 2016 è stato espressamente previsto

che, dal 1° gennaio 2016 sarà possibile ricorrere al contante per transazioni fino a 2.999,99

euro: oltre tale limite continua ad operare l’obbligo di utilizzare strumenti di pagamento

tracciabili.

In questo modo anche l’Italia si “allinea” alle disposizioni previste negli altri Paesi europei e

introduce una novità volta soprattutto a rilanciare i consumi.

Paese Limite circolazione contante

Francia 1.000 euro

Portogallo 1.000 euro

Grecia 1.500 euro

Spagna 2.500 euro

Belgio 3.000 euro

Bulgaria 5.112 euro

Slovacchia 5.000 euro per i commerciali, 15.000 euro per i privati

Ungheria 5.000 euro (ma solo per i commerciali, nessun limite è invece previsto

per i privati)

Repubblica Ceca 14.000 euro

FINO AL 31.12.2015 DAL 01.01.2016

1.000 euro 3.000 euro

Nulla cambia con riferimento, invece, alle altre norme: i professionisti, infatti, saranno sempre

tenuti a comunicare le eventuali operazioni ultra-soglia, così come saranno sempre irrogabili le

sanzioni finora previste.

Continuano inoltre a trovare piena applicazione anche le norme in tema di operazioni

frazionate.

Ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n.231/2007 un’operazione frazionata è “un'operazione unitaria

sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta

in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in

ITALIA:

LIMITE ALLA CIRCOLAZIONE DEL CONTANTE

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Altre novità

momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la

sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”

Si può parlare, pertanto, di operazione frazionata quando un’unica transazione, ad esempio di

importo pari a 4.000 euro, è effettuata in due tranches, ognuna di importo inferiore al limite

attualmente previsto di 3.000 euro.

È possibile effettuare il pagamento di un’operazione per importo complessivo superiore o pari

a 3.000 € in rate inferiori a 3.000 € quando il frazionamento:

è connaturato all’operazione stessa;

è la conseguenza di un preventivo accordo tra le parti.

L’Amministrazione Finanziaria può valutare, caso per caso, se il frazionamento sia

stato realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto.

In primo luogo è necessario sottolineare che, come chiarito dal Mef nelle risposte alla stampa

specializzata del 11.11.2013, non esiste alcun automatismo riguardo al lasso di tempo dei 7

giorni richiamato dalla norma.

Pertanto, se i due pagamenti riferiti alla stessa operazione intervengono a distanza di 8 giorni

l’uno dall’altro ciò non vale ad escludere il frazionamento. Allo stesso modo, qualora tra i due

momenti trascorra un lasso di tempo inferiore ai 7 giorni ciò non vale a qualificare l’operazione

come unica.

A rilevare è infatti soltanto il complesso dell’operazione: se emerge un intento elusivo delle

norme in tema di circolazione del contante, l’operazione sarà ritenuta sempre unitaria.

Ai sensi del D.Lgs. 231/2007 è definita operazione frazionata: "operazione unitaria sotto il

profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in

essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti

diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la

sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale".

LE OPERAZIONI FRAZIONATE

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Capitolo 5 – Altre novità

È inoltre necessario ricordare che è in ogni caso ammesso il pagamento di importo

complessivo pari superiore a 3.000 € in rate inferiori al limite previsto quando il frazionamento è

connaturato all’operazione stessa oppure è la conseguenza di un preventivo accordo tra le parti.

Pertanto, dal 1° gennaio 2016 sarà possibile pagare una fattura di importo pari a 5.000 euro

anche in tre rate in contanti a 30-60-90 giorni, ognuna di importo inferiore al limite dei 2.999,99

euro, se la modalità di pagamento è frutto di un preventivo accordo riportato in fattura o in un

separato accordo.

L’operazione viola le disposizioni in tema di

circolazione del contante se la somma dei

molteplici trasferimenti supera le soglie

previste?

Trasferimenti di denaro effettuati

artificiosamente al fine di eludere le

disposizioni in tema di circolazione del

contante

SI

Trasferimenti di denaro effettuati oltre il

limite di sette giorni

È necessario verificare che le operazioni non

siano artificiosamente suddivise per eludere la

norma

Acquisto in luoghi diversi di vari beni NO

Frazionamenti previsti da prassi

commerciali o frutto della libertà

contrattuale delle parti purché se ne

possa dare prova documentale

NO

Frazionamento connaturato

all’operazione stessa NO

Rientra comunque nel potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria valutare, caso per

caso, se il frazionamento è stato realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto imposto

dalla disposizione.

Costituiscono operazioni frazionate riconducibili ad un unico importo più

trasferimenti, singolarmente inferiori alla soglia di legge, ma complessivamente di

ammontare superiore, effettuati in denaro a favore dello stesso soggetto e registrati

sul libro contabile dell’imprenditore sotto la medesima data (Tribunale di Roma, 14 ottobre

1999, sentenza n. 19236).

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Altre novità

5.2.2. Circolazione del contante: le eccezioni

Come già anticipato, con la Legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208),

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2015, è stato previsto, a decorrere dal 1°

gennaio 2016, l’aumento del limite alla circolazione del contante.

Se, infatti, fino al 2015 il limite massimo previsto si attestava sui 999,99 euro, grazie alle

modifiche introdotte, i pagamenti in contanti potranno avvenire per importi fino a 2.999,99 euro.

È tuttavia bene in questa sede sottolineare come la nuova disposizione porti comunque con sé

alcune specifiche eccezioni.

ECCEZIONI

In primo luogo il nuovo limite non riguarderà le somme corrisposte dalla pubblica

amministrazione.

L’art.1, comma 904 della Legge di stabilità prevede infatti quanto segue: “resta fermo

per le pubbliche amministrazioni l'obbligo di procedere alle operazioni di pagamento

degli emolumenti a qualsiasi titolo erogati di importo superiore a mille euro,

esclusivamente mediante l'utilizzo di strumenti telematici, ai sensi dell'articolo 2,

comma 4-ter, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,

dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.”

I pensionati, pertanto, dovranno continuare a ricevere la loro pensione per mezzo di

strumenti di pagamento tracciabili, se la stessa è di importo superiore ad euro 1.000.

Un nuovo periodo alla fine del primo comma dell’art.49 D.Lgs. n.231/2007 riguarda

invece i c.d. money transfer, per i quali viene mantenuta la soglia di 1.000 euro.

Altra norma che rimane invariata è quella prevista per gli assegni bancari e postali, i

quali continuano a dover essere emessi con indicazione del beneficiario e della

CIRCOLAZIONE DEL CONTANTE

LEGGE DI STABILITÀ 2016

Il limite per la circolazione del contante è stato innalzato ad euro 3.000

IN ALCUNI CASI, PERÒ, LE NUOVE DISPOSIZIONI NON TROVANO APPLICAZIONE!

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Capitolo 5 – Altre novità

clausola di non trasferibilità se di importo superiore ad euro 1.000.

Rimane infatti privo di modifiche l’articolo 49, comma 5, del D.Lgs. 231/2007, in virtù

del quale “gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro

devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la

clausola di non trasferibilità.”

Nessuna novità è stata introdotta in merito alle modalità di versamento dei modelli

F24: pertanto, anche nel 2016, se l’importo del modello è superiore ad euro 1.000 lo

stesso dovrà comunque essere presentato esclusivamente per via telematica,

mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, oppure

mediante i servizi di internet banking.

Nel 2016 sarà poi necessario prestare particolare attenzione agli enti associativi. E’

utile a tal proposito ricordare che, sebbene la soglia per la circolazione del contante

sia anche per loro aumentata in virtù delle nuove disposizioni in materia di

antiriciclaggio, rimane fermo il limite dei 1.000 euro previsto dalla disciplina fiscale.

Superare quindi la soglia dei 1.000 euro, in questi specifici casi, non comporta

l’irrogazione delle classiche sanzioni previste dalla disciplina antiriciclaggio, ma fa

scattare le penalizzazioni della Legge n.133/99, peraltro modificate dal Dlgs.

158/2015 di riforma delle sanzioni tributarie.

Come noto, poi, l’entrata in vigore di quest’ultimo provvedimento relativo alle sanzioni

è stata anticipata ad opera proprio della Legge di stabilità 2016.

Pertanto, in virtù del quadro normativo tracciato, dal 1° gennaio 2016, il superamento

della soglia dei 1.000 euro per gli enti associativi:

- comporterà l’applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 11 del decreto

legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (sanzione amministrativa da euro 250 a

euro 2.000),

- non comporterà più la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 16

dicembre 1991, n. 398,

- non comporterà l’applicazione delle sanzioni previste dalla disciplina

antiriciclaggio, se l’importo della transazione non è pari o superiore a 3.000

euro.

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Altre novità

5.2.3. I canoni di locazione e le spese di trasporto

Con la Legge di stabilità 2016 vengono abrogate due disposizioni in tema di circolazione del

contante, che, essendo prive di impianto sanzionatorio erano rimaste dei semplici obblighi

“sulla carta”:

le norme in tema di pagamento dei canoni di locazione di unità abitative;

le disposizioni relative al pagamento dei corrispettivi per le prestazioni rese in

adempimento ad un contratto di trasporto

I canoni di locazione

Con la legge di stabilità 2014 era stato stabilito che il pagamento dei canoni di locazione di

unità abitative dovesse avvenire con strumenti tracciabili, qualsiasi fosse stato l’importo.

Con la successiva nota DT 10492 del 5 febbraio 2014 il Mef ha precisato che è comunque

possibile il pagamento dei canoni in contanti, se l’importo non supera i 999,99 euro, in quanto la

sanzione prevista dalla disciplina antiriciclaggio è confinata soltanto ai casi in cui sia superata

la soglia prevista in tema di circolazione del contante.

Pertanto, a seguito del chiarimento in oggetto, la tracciabilità richiesta dalla norma poteva

essere tranquillamente soddisfatta fornendo una semplice prova documentale: la vecchia e

cara “ricevuta”, in altre parole.

Legge di stabilità 2014

Il pagamento dei canoni di locazione di unità abitative deve avvenire con strumenti tracciabili, qualsiasi sia l’importo.

Esempio: canone di locazione pari ad euro 200 mensili

Il pagamento deve avvenire con strumenti di pagamento tracciabili

Mef, nota DT 10492 del 5 febbraio 2014: La tracciabilità richiesta dalla norma può essere tranquillamente soddisfatta fornendo una

semplice prova documentale (ovvero una semplice ricevuta di pagamento)

Le sanzioni previste dal D.Lgs. n.231/2007 possono invece essere irrogate soltanto nel caso in cui fosse stato superato il vecchio

limite di 999,99 euro

MA

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Capitolo 5 – Altre novità

Appare pertanto evidente come, in questo ambito, vi sia stato un semplice moltiplicarsi di

norme in tema di circolazione del contate, senza che alle stesse fosse stato correlato un

effettivo impianto sanzionatorio: norme che, quindi, sono state di scarsissima efficacia.

Con la Legge di Stabilità 2016 il legislatore è quindi intervenuto sul punto, abrogando la

disposizione in oggetto.

? In data 15.01.2016 dovrò effettuare il pagamento del canone di locazione relativo al

trimestre novembre-gennaio. L’importo ammonta ad euro 2.600.

Posso effettuare il pagamento in contanti?

R SI, in quanto, alla data di pagamento trova applicazione il nuovo limite dei 3.000 euro

Il settore dei trasporti

Anche il settore dei trasporti era stato interessato da una specifica disposizione in tema di

circolazione del contante.

L’articolo 32bis del Dl n.133/2014 (convertito con la legge n.164 del 2014) aveva infatti

introdotto il divieto, per tutti gli operatori della filiera dei trasporti, di pagare in contanti il

corrispettivo per le prestazioni rese in adempimento ad un contratto di trasporto,

indipendentemente dall’importo delle stesse.

La norma non ha trovato alcuna applicazione, in quanto non erano previste sanzioni, se non a

carico dei professionisti che omettevano la comunicazione dell’operazione.

Anche quest’ultimo obbligo, però, come è ammesso nella stessa relazione illustrativa al disegno

di legge di stabilità, è stato completamente ignorato.

Ecco il motivo per il quale, anche per questa norma, è stata prevista l’abrogazione ad opera

della Legge di stabilità 2016.

5.2.4. Le novità in tema di pagamenti elettronici

La Legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208, pubblicata in GU n.302 del 30-12-

2015) contiene importanti novità anche in tema di pagamenti con carta di credito/debito.

In virtù delle modifiche introdotte, infatti, gli imprenditori e i professionisti saranno tenuti ad

accettare i pagamenti sia con carte di debito che con carte di credito, e sparirà l’importo minimo

previsto di 30 euro.

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Altre novità

PAGAMENTI CON CARTE DI CREDITO/DEBITO

LE NOVITÀ

Eliminata la soglia minima dei 30 euro al di sotto della quale possono essere rifiutati i

pagamenti con carta di debito

Una specifica disposizione introduce anche la possibilità di pagare il parchimetro con carte di

credito/debito

Viene prevista l’introduzione di un apposito impianto sanzionatorio a fronte del mancato

rispetto dell’obbligo Pos

Viene prevista una rimodulazione delle commissioni bancarie da parte dei prestatori dei

servizi di pagamento

Le disposizioni, finora limitate alle carte di debito, sono estese anche alle carte di credito.

Anche i micro-pagamenti, di importo inferiore a 5 euro, potranno essere effettuati con carta di

credito/debito, e, da luglio 2016 sarà possibile anche parcheggiare sulle linee blu e ricorrere alla

moneta elettronica per provvedere al pagamento.

Le commissioni bancarie, tuttavia, saranno abbassate, e dovranno essere proporzionali ai costi

effettivamente sostenuti dai prestatori di servizi di pagamento.

Le norme in tema di pagamenti elettronici, prima limitate alle carte di debito, saranno estese

anche alle carte di credito e l’obbligo non troverà applicazione solo nei casi di oggettiva

impossibilità tecnica.

L’aspetto che più desta preoccupazioni è, tuttavia, l’introduzione di specifiche sanzioni a fronte

del mancato rispetto dell’obbligo POS.

Le sanzioni

L’obbligo Pos è stato introdotto in attuazione dell’articolo 15 del decreto legge n. 179/2012 (il

c.d. “Decreto Crescita 2.0”), sebbene sia stato successivamente oggetto di diverse proroghe, in

mancanza dei previsti decreti attuativi.

Giova infatti di essere ricordato che la disposizione in commento prevedeva l’emanazione di

uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro

dell'economia e delle finanze, con i quali dovevano essere disciplinati:

- gli eventuali importi minimi;

- le modalità e i termini di attuazione della disposizione.

Nessun riferimento veniva invece fatto alle sanzioni: ecco perché si è ritenuto che si trattasse di

un mero onere piuttosto che di un vero e proprio obbligo giuridico.

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Capitolo 5 – Altre novità

La mancata adozione del Pos non comporta infatti alcuna sanzione amministrativa, ma

soltanto la c.d. “mora del creditore”.

Ai sensi dell’art. 1206 c.c. “il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il

pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario

affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione.”

Il successivo art. 1207 c.c. stabilisce poi che quando il creditore è in mora, è a suo carico

l'impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore: non sono

dovuti gli interessi né i frutti della cosa che non siano stati percepiti dal debitore.

Il creditore è anche tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per

la custodia e la conservazione della cosa dovuta.

Il comma 900 della Legge di stabilità 2016 introduce invece modifiche al comma 5, dell’articolo

15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.

Più precisamente, “le parole: «gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini» sono

sostituite dalle seguenti «le modalità, i termini e l’importo delle sanzioni amministrative

pecuniarie»”

Ecco quindi che sparisce ogni riferimento agli importi al di sotto dei quali i pagamenti con le

carte di debito possono essere rifiutati (gli ormai famosi 30 euro) e viene espressamente

prevista l’introduzione di nuove sanzioni.

Sarà tuttavia necessario attendere l’apposito decreto da parte del Ministro dello sviluppo

economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per poter avere un quadro

completo di quello che sarà il nuovo impianto sanzionatorio.

PRIMA DELLA LEGGE DI STABILITÀ DOPO LA LEGGE DI STABILITÀ

Non erano previste specifiche sanzioni

Saranno previste specifiche sanzioni da futuri

decreti del Ministero dello Sviluppo

economico di concerto con il Ministero

dell’Economia

Il caso

Le carte di credito e il documento di identità

E’ stato sollevato un dibattito in merito all’obbligo o meno di esibire un documento d’identità a

fronte della volontà di effettuare il pagamento con carta di credito.

OBBLIGO POS E SANZIONI

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Altre novità

Più precisamente è stato ritenuto che, ai sensi delle disposizioni dettate dal Tulps (Testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza) soltanto un pubblico ufficiale possa chiedere l’esibizione di un

documento d’identità, ragion per cui l’esercente che invita all’esibizione del documento sta

commettendo un piccolo abuso.

Quanto appena esposto merita di essere attentamente analizzato, al fine di poter fare chiarezza

sul punto.

L’art. 4 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza)

prevede che “l'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare che le persone pericolose o

sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti

a rilievi segnaletici. Ha facoltà inoltre di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi,

entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli

agenti di pubblica sicurezza.”

L’obbligo di esibire un documento di identità è quindi previsto soltanto nei confronti delle

persone pericolose o sospette e ad ordinare l’esibizione può essere soltanto l’autorità di

pubblica sicurezza.

In questo contesto giova altresì di essere richiamato l’art.651 c.p., in virtù del quale, “chiunque,

richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla

propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l'arresto

fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206.”

Si badi bene però: la disposizione appena richiamata sancisce l’obbligo di dare indicazioni sulla

propria identità, e non quello di certificarla mediante l’esibizione del documento d’identità.

Quanto finora esposto riguarda l’obbligo del soggetto di esibire il documento, ma non significa

che, al di fuori di questi casi, chiedere un documento configuri un abuso.

Al contrario, l’esercente che sottoscrive la convenzione per l’accettazione dei pagamenti con

carta di credito si obbliga contrattualmente a controllare la corrispondenza della firma con

quella risultante sulla carta di credito (se la carta di credito in oggetto prevede la presenza della

firma), e, in caso di dubbio, è tenuto a confrontare la firma con quella apposta su idoneo

documento di identità del cliente, annotando gli estremi sullo scontrino di vendita o sulla

fattura. Infine, se permangono dubbi sull’identità del cliente, in molti regolamenti è previsto

l’obbligo di contattare la società di gestione dei pagamenti.

Pertanto, la richiesta di documento da parte dell’esercente rappresenta, in primo luogo una

tutela per il cliente, il quale non è obbligato ad esibire necessariamente la carta di identità,

essendo sufficiente qualsiasi documento ufficiale nel quale sia riportata la firma del soggetto

che provvede al pagamento.

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Capitolo 5 – Altre novità

Sul punto giova altresì di essere richiamata rilevante giurisprudenza, dalla quale emerge

chiaramente l’obbligo, per gli esercenti, di controllare l’identità del cliente che procede a

pagamento.

Con la sentenza del 6 novembre 2012 il Tribunale di Taranto ha rilevato come il commerciante

sia sempre tenuto a controllare la corrispondenza, almeno apparente, tra la firma apposta sulla

carta di credito e quella rilasciata dal cliente sul modulo scaricato dal POS.

Secondo quanto chiarito dai Giudici, laddove l’esercente avesse dei dubbi sull’identità del

cliente è inoltre necessario chiedere l’esibizione del documento di identità, soprattutto se la

spesa è di importo rilevante: potrebbe invece configurarsi la responsabilità in capo al

commerciante laddove lo stesso venga meno agli obblighi di diligenza minima e non rilevi la

grossolana diversità tra la firma apposta sul documento di spesa e quella del titolare della

carta.

Dello stesso avviso è stato anche l’Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di Milano, il quale, con

la Decisione n.8636 del 29 dicembre 2014 ha chiarito che “la semplice presentazione della carta

di credito non è di per sé idonea ad identificare l’avente diritto alla prestazione, in quanto solo

attraverso la comparazione della firma apposta a tergo del tesserino con quella che è apposta

sul memorandum di spesa è possibile per l’esercente affiliato individuare il titolare della

prestazione… Ciò vale anche quando il cliente non abbia apposto la firma a tergo della carta di

credito, dovendosi in tal caso ritenere che l’accipiens debba usare una maggiore prudenza,

eventualmente chiedendo al prestatore dello strumento di pagamento un documento con il

quale poterlo identificare e con il quale confrontare la firma apposta sul memorandum di

spesa.”

Appare quindi evidente come l’esercente sia comunque tenuto a chiedere copia del documento

d’identità, soprattutto nei casi in cui la firma non risulti apposta sulla carta di credito.

Potrebbero sorgere allora dei dubbi in merito al comportamento da tenere nel caso in cui il

cliente rifiuti di esibire il documento.

In considerazione del fatto che, a seguito delle novità introdotte dalla Legge di stabilità, l’obbligo

di accettare i pagamenti con carta di debito è stato esteso anche alle carte di credito, è

comunque possibile rifiutare il pagamento se non viene mostrato un documento di identità?

Ci si augura che giungano sul punto gli opportuni chiarimenti, prima che siano introdotte le

specifiche sanzioni delineate dalla Legge di stabilità per la mancata accettazione dei pagamenti

in moneta elettronica.

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Altre novità

5.2.1. Conclusioni: il quadro delle novità

A fronte di quanto sopra esposto, le novità principali introdotte dalla Legge di stabilità in merito

alla circolazione del contante e i pagamenti elettronici possono essere richiamate nella tabella

che segue:

Sale il limite per la circolazione del contante (da 999 a 2.900 euro)

Rimane inalterato il limite dei 1.000 euro per i pagamenti eseguiti dalla Pubblica

amministrazione (il vecchio limite troverà pertanto applicazione anche con riferimento al

pagamento delle pensioni)

Vengono abrogate le disposizioni che introducevano l’obbligo di pagamento con strumenti

tracciabili per i canoni di locazione e nel settore trasporti (disposizioni che, peraltro, essendo

prive di un impianto sanzionatorio, non avevano mai trovato concreta applicazione)

Viene eliminata la previsione di un importo minimo al di sotto del quale i pagamenti con carta

di credito potevano essere rifiutati: anche i micro-pagamenti (come il giornale e il caffè della

mattina) pertanto, potranno essere effettuati con carte di credito.

Viene introdotta la possibilità di pagare con carte di credito/debito anche il parchimetro.

Viene prevista l’introduzione di un apposito impianto sanzionatorio a fronte del mancato

rispetto dell’obbligo Pos

Viene disposto un limite alle commissioni previste per i pagamenti con carta di

credito/debito.

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Capitolo 5 – Altre novità

5.3. 730 precompilato: cosa cambia dal 2016

5.3.1. Premessa

Il 730 precompilato continua ad essere interessato da importanti modifiche, questa volta ad

opera della Legge di stabilità 2016.

In virtù delle previsioni contenute nel comma 949, infatti, tutti i cittadini, indipendentemente

dalla compilazione del modello 730, potranno consultare i dati relativi alle loro spese sanitarie

mediante i servizi messi a disposizione dal Sistema tessera sanitaria.

Si amplia inoltre anche la platea dei soggetti tenuti ad inviare i dati al sistema tessera sanitaria,

in quanto per le prestazioni erogate a partire dal 1° gennaio 2016, i dati dovranno essere inviati

anche dalle strutture autorizzate per l’erogazione dei servizi sanitari e non accreditate.

Soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria

Chi deve inviare i dati

relativi alle prestazioni

erogate dal 1° gennaio

2015

a) Le aziende sanitarie locali,

b) le aziende ospedaliere,

c) gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,

d) i policlinici universitari,

e) le farmacie, pubbliche e private,

f) i presidi di specialistica ambulatoriale,

g) le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza

protesica e di assistenza integrativa,

h) gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei

servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e

degli odontoiatri.

CONSULTAZIONE DATI SANITARI

NOVITÀ LEGGE DI STABILITÀ 2016

Tutti i contribuenti potranno consultare i loro dati sanitari, indipendentemente dalla

compilazione o meno del modello 730 precompilato.

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Altre novità

NOVITÀ LEGGE DI STABILITÀ 2016

Chi deve inviare i dati

relativi alle prestazioni

erogate dal 1° gennaio

2016

Oltre ai soggetti sopra richiamati, saranno tenuti ad inviare i

dati previsti anche le strutture autorizzate per l’erogazione dei

servizi sanitari e non accreditate

È tuttavia da rilevare che, in via sperimentale, per il solo anno 2016, l’obbligo di presentare lo

spesometro è escluso per coloro che trasmettono i dati al Sistema tessera sanitaria.

5.3.2. Le sanzioni

Rilevanti sono anche le novità introdotte in tema di sanzioni a seguito di omessa, tardiva o

errata trasmissione dei dati sanitari.

In questo caso è prevista l’applicazione della sanzione di cui all’art. 78, comma 26, legge n.

413/1991, la quale, peraltro, dopo essere stata oggetto di modifiche ad opera del decreto di

riforma delle sanzioni (D.Lgs. n. 158/2015) è stata emendata anche dalla stessa Legge di

Stabilità.

In virtù del quadro delineato, nel caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati, la

sanzione prevista è pari ad euro 100 per ogni comunicazione, con un massimo di 50.000euro.

Tuttavia, nel caso di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione

dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di

segnalazione da parte dell’Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla

segnalazione stessa.

Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza, la

sanzione è inoltre ridotta a un terzo, con un massimo di euro 20.000.

Soggetti che trasmettono i dati al

Sistema tessera sanitaria

No obbligo invio spesometro

Anno 2016

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Capitolo 5 – Altre novità

Una novità importante riguarda però l’esonero dalle sanzioni per le trasmissioni:

- da effettuare nell’anno 2015, relative all’anno 2014,

- e, comunque, per quelle effettuate nel primo anno previsto per la trasmissione all’Agenzia

delle entrate dei dati e delle certificazioni uniche utili per la predisposizione della dichiarazione

precompilata.

È tuttavia previsto che le sanzioni non trovino applicazione solo nei casi di:

- lieve tardività;

- errata trasmissione dei dati, se l’errore non determina un’indebita fruizione di detrazioni

o deduzioni nella dichiarazione precompilata.

INVIO DEI DATI SANITARI: LE SANZIONI PREVISTE

Euro 100 per ogni comunicazione, con un massimo di 50.000euro

nel caso di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione stessa.

Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza, la sanzione è inoltre ridotta a un terzo, con un massimo di euro 20.000.

NOVITÀ Esonero dalle sanzioni per le trasmissioni:

- da effettuare nell’anno 2015, relative all’anno 2014,

- e, comunque, per quelle effettuate nel primo anno previsto per latrasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati e delle certificazioniuniche utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata.

È tuttavia previsto che le sanzioni non trovino applicazione solo nei casi di:

lieve tardività; errata trasmissione dei dati, se l’errore non

determina un’indebita fruizione di detrazioni odeduzioni nella dichiarazione precompilata.

MA

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Altre novità

5.3.3. I controlli preventivi

Uno dei più grandi benefici connessi alla presentazione diretta del modello 730 precompilato

senza modifiche si sostanziava nell’esclusione:

dal controllo formale sugli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti da

soggetti terzi;

dai controlli sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di

rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da

eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

Tuttavia per quest’ultima tipologia di controlli la Legge di stabilità 2016 sancisce l’abrogazione,

introducendo una nuova metodologia di controlli.

Viene infatti previsto che nel caso di presentazione della dichiarazione direttamente ovvero

tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale:

con modifiche rispetto alla dichiarazione precompilata che incidono sulla

determinazione del reddito o dell’imposta

e che presentano elementi di incoerenza rispetto ai criteri pubblicati con

provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate

ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro,

l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli preventivi, in via automatizzata o

mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal

termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della

trasmissione, se questa è successiva a detto termine.

Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato

dall’Agenzia delle Entrate non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la

trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a

detto termine.

PRIMA DELLA LEGGE DI

STABILITÀ DOPO LA LEGGE DI STABILITA’

Dichiarazione

precompilata

presentata

direttamente

No controllo formale

No controllo sui

rimborsi > 4.000 €

No controllo formale

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Capitolo 5 – Altre novità

ovvero tramite il

sostituto

d’imposta

SENZA

modifiche

Dichiarazione

precompilata

presentata

direttamente

ovvero tramite il

sostituto

d’imposta

CON modifiche

SI controllo formale

Si controllo sui

rimborsi > 4.000 €

SI controllo formale

NOVITÀ Nel caso in cui la

dichiarazione:

- presenti elementi di

incoerenza rispetto ai

criteri pubblicati con

provvedimento del

direttore dell’Agenzia

delle Entrate

- ovvero determini un

rimborso di importo

superiore a 4.000 euro;

l’Agenzia delle Entrate può

effettuare controlli

preventivi, in via

automatizzata o mediante

verifica della

documentazione

giustificativa, entro quattro

mesi dal termine previsto

per la trasmissione della

dichiarazione, ovvero dalla

data della trasmissione, se

questa è successiva a detto

termine.

Dichiarazione

precompilata

presentata

mediante CAF o

professionista.

Il controllo formale è

effettuato nei

confronti del CAF o

del professionista,

Resta fermo il

controllo nei confronti

Nessuna modifica

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Altre novità

del contribuente della

sussistenza delle

condizioni soggettive

che danno diritto alle

detrazioni, alle

deduzioni e alle

agevolazioni.

5.3.4. Novità per i CAF

La legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208), intervenendo sulle disposizioni in

materia di 730 precompilato, introduce rilevanti novità anche per i Centri di Assistenza Fiscale.

Più precisamente, la Legge di stabilità interviene sull’art. 39, comma 1, D.Lgs. n. 241/1997.

Come noto, la disposizione in oggetto prevede che ai CAF e ai professionisti che rilasciano il

visto di conformità infedele sul 730 si applichi la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro

2.582.

Inoltre i Caf e gli altri intermediari abilitati sono tenuti al pagamento di una somma pari

all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al

contribuente all’esito dei controlli formali ex art. 36-ter del DPR 600/73, eccetto il caso in cui

visto infedele sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

Tuttavia, se entro il 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa, il CAF o il

professionista trasmette una dichiarazione rettificativa (oppure, se il contribuente non intende

presentare la nuova dichiarazione, trasmette una comunicazione dei dati relativi alla rettifica) la

somma dovuta è pari all’importo della sola sanzione, la quale è altresì ridotta a 1/9 del minimo

se il versamento è effettuato entro la stessa data del 10 novembre.

Con il successivo comma 1-bis del medesimo articolo era poi previsto che, nei casi di violazioni

commesse da chi presta assistenza ai contribuenti (ed appone quindi il visto di conformità

infedele) il centro di assistenza fiscale per il quale abbia operato il trasgressore è obbligato

solidalmente con il trasgressore stesso al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata.

La legge di stabilità 2016 interviene sul punto, estendendo il regime di responsabilità solidale

anche alle altre somme irrogabili, ovvero agli interessi e all’imposta dovuta dal contribuente.

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Capitolo 5 – Altre novità

I nuovi requisiti dimensionali per i CAF

La Legge di stabilità 2016 interviene altresì sui requisiti dimensionali per i CAF, prevedendo che:

per i centri autorizzati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto n.

175/2014, il requisito del numero di dichiarazioni trasmesse nei primi tre anni di attività

si considera soddisfatto se la media delle dichiarazioni validamente trasmesse dal

centro nel primo triennio sia almeno pari all’uno per cento della media delle dichiarazioni

complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività di assistenza fiscale nel

medesimo triennio, con uno scostamento massimo del 10 per cento;

per i centri autorizzati prima della data di entrata in vigore del decreto n. 175/2014, è

richiesto che, annualmente, la media delle dichiarazioni validamente trasmesse da

ciascun centro nel triennio precedente sia almeno pari all’uno per cento della media

delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività di

assistenza fiscale nel medesimo triennio.

L’attenzione del legislatore si concentra pertanto sui valori medi e non più sulle dichiarazioni

trasmesse annualmente.

PRIMA DELLA LEGGE DI

STABILITA’ DOPO LA LEGGE DI STABILITA’

Limitata alle sanzioni Si estende alle sanzioni, imposta e

interessi

Rilascio del visto infedele sul 730

Chi commette la violazione è tenuto al pagamento di una somma pari all’importo:

- dell’imposta,- della sanzione- degli interessi

che sarebbero stati richiesti al contribuente all’esito dei controlli formali

Responsabilità solidale del CAF per il quale abbia operato il trasgressore

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Altre novità

CAF: i requisiti

Prima della Legge di Stabilità Dopo la Legge di Stabilità

Per i centri autorizzati successivamente alla

data di entrata in vigore del decreto n.

175/2014, il requisito del numero di

dichiarazioni trasmesse nei primi tre anni di

attività si considera soddisfatto se è trasmesso

annualmente un numero di dichiarazioni pari

all’uno per cento, con uno scostamento

massimo del 10 per cento, del rapporto

risultante tra le dichiarazioni trasmesse dal

centro in ciascuno dei tre anni e la media delle

dichiarazioni complessivamente trasmesse dai

soggetti che svolgono attività di assistenza

fiscale nel triennio precedente, compreso quello

considerato

Per i centri autorizzati successivamente alla

data di entrata in vigore del decreto n.

175/2014, il requisito del numero di

dichiarazioni trasmesse nei primi tre anni di

attività si considera soddisfatto se la media

delle dichiarazioni validamente trasmesse dal

centro nel primo triennio sia almeno pari

all’uno per cento della media delle

dichiarazioni complessivamente trasmesse

dai soggetti che svolgono attività di

assistenza fiscale nel medesimo triennio, con

uno scostamento massimo del 10 per cento

Per i centri autorizzati prima della data di

entrata in vigore del decreto n. 175/2014, è

richiesto che il numero delle dichiarazioni

validamente trasmesse da ciascun centro sia

almeno pari all’uno per cento del rapporto

risultante tra la media delle dichiarazioni

trasmesse dal centro nel triennio precedente e

la media delle dichiarazioni complessivamente

trasmesse dai soggetti che svolgono attività di

assistenza fiscale nel medesimo triennio

Per i centri autorizzati prima della data di

entrata in vigore del decreto n. 175/2014, è

richiesto che, annualmente, la media delle

dichiarazioni validamente trasmesse da

ciascun centro nel triennio precedente sia

almeno pari all’uno per cento della media

delle dichiarazioni complessivamente

trasmesse dai soggetti che svolgono attività

di assistenza fiscale nel medesimo triennio

5.3.5. Nuovi adempimenti per i sostituti d’imposta

Ai sensi dell’art. 17, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministero delle finanze 31

maggio 1999, n.164, i sostituti d’imposta che intendono prestare assistenza fiscale devono:

comunicare ai propri sostituiti, entro il 15 gennaio di ogni anno, di voler fornire

l’assistenza fiscale;

controllare, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalla

dichiarazione presentata dal sostituito, la regolarità formale della stessa anche in

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Capitolo 5 – Altre novità

relazione alle disposizioni che stabiliscono limiti alla deducibilità degli oneri, alle

detrazioni ed ai crediti di imposta;

consegnare al sostituito, entro il 15 giugno di ciascun anno, copia della

dichiarazione elaborata ed il relativo prospetto di liquidazione;

trasmettere all’Amministrazione finanziaria, entro il 30 settembre di ciascun anno, le

dichiarazioni elaborate ed i relativi prospetti di liquidazione con le modalità stabilite

dal decreto di approvazione del modello di dichiarazione dei sostituti d’imposta;

conservare copia delle dichiarazioni e dei relativi prospetti di liquidazione fino al 31

dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione.

La Legge di stabilità 2016 individua un nuovo adempimento in capo ai

sostituti d’imposta, i quali saranno altresì tenuti a comunicare, entro il 7

luglio, all’Agenzia delle Entrate, il risultato finale delle dichiarazioni.

5.3.6. Novità in tema di oneri detraibili

Alcune specifiche novità riguardano, invece, gli oneri detraibili da indicare nel modello 730, e, più

precisamente, le spese funebri e quelle d’istruzione.

Con specifico riferimento alle spese funebri viene eliminato il riferimento al grado di parentela,

prima richiesto.

LE SPESE FUNEBRI

PRIMA DELLA LEGGE DI STABILITA’ DOPO LA LEGGE DI STABILITA’

“1. Dall'imposta lorda si detrae un importo

pari al 19 per cento dei seguenti oneri

sostenuti dal contribuente,…..

d) le spese funebri sostenute in dipendenza

della morte di persone indicate nell'articolo

433 del codice civile e di affidati o affiliati,

per importo non superiore a 3 milioni di lire

(1.549,37 euro) per ciascuna di esse”

“1. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari

al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal

contribuente,….

d) le spese funebri sostenute in dipendenza

della morte di persone, per importo non

superiore a euro 1.550 per ciascuna di esse”

Per quanto riguarda invece le spese di istruzione si interviene su quelle sostenute per la

frequenza di università non statali, prevedendo che la detrazione può essere pari, nel massimo,

a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero

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Altre novità

dell’istruzione, dell’università e della ricerca da emanare entro il 31 dicembre, tenendo conto

degli importi medi delle tasse e contributi dovuti alle università statali.

I soggetti residenti all’estero

Un’ulteriore novità è introdotta per i soggetti residenti all’estero.

Giova a tal proposito di essere ricordato che, ai sensi dell’articolo 24, comma 3-bis Tuir, i

soggetti residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente

all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni,

possono determinare l’imposta sulla base delle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23

del Tuir, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto nel territorio dello Stato italiano sia

pari almeno al 75 per cento del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che il

soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza.

La disposizione in commento, con la Legge di Stabilità, viene estesa a tutti i soggetti non

residenti nel territorio italiano (e, quindi, non è più limitata ai soggetti residenti in uno degli Stati

membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico

europeo).

5.3.7. Conclusioni. Il quadro generale delle novità

All’esito dell’analisi effettuata possiamo riassumere, nella tabella che segue, le principali novità

in tema di 730 precompilato.

730 PRECOMPILATO

LE NOVITÀ DELLA LEGGE DI STABILITÀ 2016

Tutti i cittadini, anche se non predispongono la dichiarazione dei redditi precompilata,

possono consultare i dati relativi alle proprie spese sanitarie acquisiti dal Sistema tessera

sanitaria.

DETRAZIONE SPESE D’ISTRUZIONE

Spese sostenute per la frequenza di università non statali

La detrazione può essere pari, nel massimo, a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca da emanare entro il 31 dicembre.

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Capitolo 5 – Altre novità

I dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate a partire dal 1° gennaio 2016 devono essere

inviati al Sistema tessera sanitaria anche da parte delle strutture autorizzate per l’erogazione

dei servizi sanitari e non accreditate

La Legge di stabilità 2016 introduce uno specifico esonero dall’invio della comunicazione

polivalente per tutti coloro che comunicano le operazioni al Sistema tessera sanitaria ai fini

della compilazione della dichiarazione precompilata.

Per le trasmissioni effettuate nell’anno 2015, relative all’anno 2014, e comunque per quelle

effettuate nel primo anno previsto per la trasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati e delle

certificazioni uniche utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata, non si fa

luogo all’applicazione delle sanzioni previste (ma solo nei casi di lieve tardività o di errata

trasmissione dei dati stessi, se l’errore non determina un’indebita fruizione di detrazioni o

deduzioni nella dichiarazione precompilata)

Vengono introdotte novità in tema di controlli preventivi dell’Agenzia delle entrate sul modello

730: nel caso di presentazione della dichiarazione direttamente ovvero tramite il sostituto

d’imposta che presta l’assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla dichiarazione

precompilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che presentano

elementi di incoerenza rispetto ai criteri pubblicati con provvedimento del direttore

dell’Agenzia delle entrate ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro,

l’Agenzia delle entrate può effettuare controlli preventivi, in via automatizzata o mediante

verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la

trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva

a detto termine.

Vengono inoltre abrogate le precedenti disposizioni sui controlli preventivi previsti sui crediti

di importo superiore a 4.000 euro.

Vengono introdotte modifiche con riferimento ai requisiti dimensionali previsti per i CAF.

Le polizze assicurative per i visti di conformità, le asseverazioni e le certificazioni tributarie

potranno essere sostituite da una cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, oppure da

una fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa di assicurazione per un periodo di

quattro anni successivi a quello di svolgimento dell’attività di assistenza.

Le spese funebri diventano detraibili indipendentemente dal rapporto di parentela con il

defunto

Viene previsto che il limite massimo delle spese di istruzione detraibili relative ai corsi

universitari privati sia stabilito annualmente con decreto del Ministero dell’istruzione,

dell’università e della ricerca.

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Altre novità

5.4. La revisione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario

5.4.1. La legge delega tributaria

La legge 11 marzo 2014, n. 23, rubricata “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema

fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” prevedeva, tra l’altro, la revisione del

sistema sanzionatorio tributario, sia penale che amministrativo.

Sul punto, è proprio l’art. 8 di tale legge a dettare i criteri di riferimento cui doveva attenersi il

legislatore delegato nell’opera di restyling, disponendo una revisione del sistema sanzionatorio

penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità

dei comportamenti; il Governo, in particolare, era delegato:

− ad individuare i confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale e le

relative conseguenze sanzionatorie;

− alla revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio

amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le

sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti;

− all’introduzione della possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di

applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate

soglie di punibilità.

Le elencate disposizioni di delega sono state recepite con il D.Lgs 24/09/2015, n. 158

contenente, nel titolo I, la revisione del sistema sanzionatorio penale tributario, entrata in vigore

il 22 ottobre scorso (allo spirare della vacatio legis); di contro, il titolo II reca le modifiche

normative al sistema sanzionatorio amministrativo tributario, la cui vigenza veniva prevista, a

mente dell’art. 32, comma 1 del medesimo decreto, a partire dal 1° gennaio 2017.

La disposizione da ultimo, tuttavia, è stata modificata dall’art. 1, comma 133 della Legge di

stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208), la quale ha previsto un’anticipazione

dell’entrata in vigore della revisione normativa al 1° gennaio 2016.

5.4.2. Violazioni in materia dichiarativa

Omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap

Come si rileva dalla rubrica del nuovo art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997, che in toto riformulato

dall’art. 15, co. 1 lett. a) del D.Lgs n. 158/2015, vengono disciplinate nella nuova disposizione le

violazioni commesse sia in materia di imposte sui redditi che in materia di imposta regionale

sulle attività produttive.

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Capitolo 5 – Altre novità

In precedenza, le violazioni amministrative in materia di Irap erano disciplinate (in modo

analogo a quanto previsto dagli artt. 1 e 8 del D.Lgs n. 471/1997) dagli artt. 32 e 33 del D.Lgs n.

446/1997 che, per ragioni di coordinamento normativo, dal 1° gennaio 2016 saranno abrogate,

a mente dell’art. 32, comma 2 lett. a) del D.Lgs n. 158/2015.

Sotto il profilo sanzionatorio, per l’omessa dichiarazione vengono riconfermate al comma 1 sia

la misura proporzionale (compresa tra 120% e 240% delle imposte sui redditi e Irap dovute), sia

quelle fisse (debitamente convertite in euro), previste nelle seguenti misure:

− 250 euro quale misura minima sanzionatoria generale;

− da 250 euro a 1.000 euro se non sono dovute imposte.

Ma la vera novità della novella normativa è costituita dalle attenuanti sanzionatorie inserite nel

secondo e terzo periodo del nuovo art. 1, in virtù della quale “se la dichiarazione omessa è

presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al

periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività

amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione

amministrativa dal 60% al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro

200. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 150 a euro 500”.

La tardiva dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap

Rimane confermata la validità della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap,

omessa entro i termini di legge, ma presentata nei successivi 90 giorni, ai sensi dell’art. 2, co. 7

del DPR n. 322/1998, fatta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative previste, che

possono peraltro essere ridotte a 1/10 a seguito di ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13,

comma 1, lett. c) del D.Lgs n. 472/1997; una importante conseguenza della validità giuridica

della tardiva dichiarazione nei 90 giorni, va individuata nella circostanza che, in tal caso, i

termini di decadenza del potere accertativo dell’Amministrazione finanziaria, saranno quelli

ordinariamente previsti dall’art. 43, comma 1 del DPR n. 600/1973.

Di contro, la dichiarazione presentata oltre i 90 giorni dal termine legale, ma entro il termine di

presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, si considera

comunque omessa (non si tratta, in altri termini, di una dichiarazione tardiva); ai sensi del

richiamato art. 2, co. 7 del DPR n. 322/1998 costituisce, in ogni caso, titolo per la riscossione

delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati; infine, ai fini accertativi,

l’Amministrazione finanziaria disporrà del maggior termine ai fini accertativi, come previsto dal

secondo comma del citato art. 43 del DPR n. 600/1973, in quanto la dichiarazione, ai fini

appunto accertativi, si considera comunque omessa.

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Altre novità

Tuttavia, il ritardo non superiore a un anno rileverà in ogni caso ai fini giuridici, costituendo, ai

sensi della norma riformulata, attenuante speciale sotto il profilo sanzionatorio (la sanzione

sarà applicata, infatti, nella misura dal 60% al 120%), purché non siano già iniziate attività

ispettive, comunicate al contribuente.

Le aggravanti speciali dell’omessa dichiarazione

Al comma 1 dell’art. 1 in esame viene riconfermata l’aggravante discrezionale, prevista per

l’omessa dichiarazione da parte dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, senza

debito d’imposta, comportante l’aumento delle sanzioni previste in misura fissa fino al doppio;

di conseguenza, considerate le novità introdotte al medesimo comma, le misure sanzionatorie

possono assumere la seguente portata:

− da 500 euro a 2.000 euro, in via generale;

− da 300 euro a 1.000 euro, se la dichiarazione omessa viene presentata entro il termine

di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e,

comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento,

comunicata al contribuente.

Ovviamente, le sanzioni dovute, in misura percentuale calcolata sull’imposta risultante a debito

in sede accertativa, da parte da imprese e professionisti rimangono le stesse previste per i

privati non titolari di partita Iva.

Viene peraltro, riproposta l’aggravante già prevista nel terzo comma della norma in esame, e ora

riproposta nel nuovo comma 8, connessa alla produzione di redditi esteri non dichiarati; ai sensi

del combinato disposto dai commi 1 e 8 dell’art. 1 riformato, qualora il contribuente abbia

prodotto redditi all’estero e per tale annualità abbia omesso la presentazione della dichiarazione

ai fini delle imposte dirette, le misure sanzionatorie del citato comma 1 sono ex lege aumentate

di un terzo, lievitando così nelle misure previste dal 160% al 320% dell’imposta dovuta.

Infine, il combinato disposto dai commi 1 e 7, nella nuova formulazione, introduce l’aggravante

già prevista dall’art. 3, comma 5 del D.Lgs n. 23/2011 (che viene abrogato dall’art. 32, comma 2,

lett. d) del D.Lgs n. 158/2015), in tema di cedolare secca, prevedendo il raddoppio della

sanzione (prevista quindi nella misura dal 240% al 480%).

La dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap

Una delle novità più rilevanti in tema di sanzioni per le violazioni dichiarative va certamente

individuata nella riduzione della sanzione base prevista per i casi di dichiarazione infedele

ordinaria (cfr. nuovo comma 2 dell’art. 1, come riformulato dall’art. 15, comma 1, lett. a) del

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Capitolo 5 – Altre novità

D.Lgs n. 158/2015), per la quale la sanzione viene fissata nella misura dal 90% al 180% (in luogo

dell’originaria misura prevista dal 100% al 200%).

Trattasi della sanzione di riferimento cui si rendono applicabili gli incrementi o le riduzioni

previste dai commi successivi in relazione a particolari comportamenti caratterizzati, nel primo

caso da fraudolenza, nel secondo caso da evasioni di lieve entità.

Le aggravanti speciali della dichiarazione infedele

Di rilievo si presenta il nuovo terzo comma dell’art. 1 del D.Lgs n. 471/1997, che introduce

l’aggravante della fraudolenza: qualora, infatti, l’infedeltà dichiarativa viene commessa

mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o

raggiri, o condotte simulatorie o fraudolente, la sanzione di cui al comma 2 viene aumentata

della metà, venendo di conseguenza applicata nella misura dal 135% al 270%.

Il tenore letterale dell’aggravante in commento, lascia presumere che la più elevata misura

sanzionatoria amministrativa interesserà le fattispecie costituenti anche illecito penale ai sensi

dell’art. 2 del D.Lgs n. 74/2000 (in caso di utilizzo di fatture o documenti aventi medesimo

valore probatorio per operazioni inesistenti), ovvero ai sensi del successivo art. 3, al

superamento delle soglie ivi previste (se vengono utilizzati altri artifici).

Il successivo comma 7 dell’art. 1 ripropone l’aggravante prima prevista dall’art. 3, comma 5 del

D.Lgs n. 23/2011, in tema di cedolare secca, prevedendo il raddoppio della sanzione (prevista

quindi nella misura dal 180% al 360%) qualora, nella dichiarazione presentata, il canone

derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non venga indicato o sia indicato in

misura inferiore a quella effettiva.

Dal combinato disposto dai commi 2 e 8 del medesimo art.1, deriva l’aggravante per i redditi

prodotti all’estero, per cui, in caso di dichiarazione infedele, le sanzioni relative a tali redditi sono

aumentate di un terzo, venendo così fissate nelle misure dal 120% al 240%).

L’attenuante della “modica evasione”

Il successivo comma 4 dell’art. 1 in commento introduce, invece, l’attenuante della modica

evasione: viene, infatti, stabilita la riduzione di un terzo della sanzione prevista dal comma 2

(che quindi si applica dal 60% al 120%) qualora, al di fuori del caso di dichiarazione fraudolenta,

la maggiore imposta o il minor credito accertati siano complessivamente inferiori al 3%

dell’imposta e del credito dichiarati e, comunque, complessivamente inferiori a 30.000 euro.

Dalla lettera della norma si deduce che, ai fini dell’applicazione dell’attenuante in questione,

debbano coesistere le due soglie normative; in altri termini, la citata attenuante non potrà mai

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Altre novità

essere applicata qualora la maggiore imposta o il minor debito accertati siano

complessivamente superiori al 3% dell’imposta o del credito dichiarati, a prescindere dal loro

ammontare in valore assoluto; analogamente, l’attenuante non potrà essere applicata qualora il

loro complessivo ammontare superi in valore assoluto la somma di euro 30.000, a prescindere

dal superamento o meno della soglia percentuale.

La riduzione di che trattasi viene estesa anche ai casi (non fraudolenti) in cui l’infedeltà

dichiarativa è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di componenti positivi o

negativi di reddito, purché gli stessi abbiano concorso a determinare il reddito nell’annualità

accertata o in una precedente. La disposizione prevede, infine, una sanzione fissa pari a 250

euro in assenza di danno per l’Erario.

L’esimente per il transfer pricing

Il comma 6 dell’art. 1 in argomento riconferma l’esimente sanzionatoria, già contemplata dal

comma 2-ter, prevista in caso di rettifica da transfer pricing, qualora il contribuente abbia

comunicato e conservato la documentazione (master file e documentazione nazionale) prevista

dal provvedimento 29/09/2010 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

La definizione di “maggiore imposta"

Il nuovo comma 5 dell’art. 1 (riprendendo la definizione già in precedenza contenuta nel comma

4) definisce il concetto di “maggiore imposta”, ai fini dell’applicazione del dispositivo

sanzionatorio di cui trattasi; si deve intendere per tale, la differenza tra l'ammontare del tributo

liquidato in base all'accertamento e quello liquidabile in base alle dichiarazioni, ai sensi degli

articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973.

Il ravvedimento nei 90 giorni delle violazioni dichiarative: precisazioni dell’Agenzia

Con un comunicato stampa del 18/12/2015, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito le modalità che il

contribuente deve seguire per il ravvedimento dell’omessa dichiarazione presentata nei

successivi 90 giorni, nonché per il ravvedimento connesso all’integrativa presentata nel

medesimo lasso temporale.

Le precisazioni, salutate con favore da buona parte della dottrina, presentano tuttavia alcune

criticità, legate al fatto che le norme sanzionatorie previste in materia di dichiarazione, anche

dopo la sostanziale revisione operata dal D.Lgs n. 158/2015 (entrata in vigore già dal 1° gennaio

2016, in virtù dell’anticipazione disposta dall’art. 1, comma 141 della Legge n. 208/2015), non

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Capitolo 5 – Altre novità

risultano perfettamente coordinate, sia reciprocamente, sia con riferimento al connesso istituto

del ravvedimento operoso.

Nel comunicato stampa pubblicato il 19/12/2015, l’Agenzia evidenzia preliminarmente come la

regolarizzazione di violazioni commesse nell’ambito della dichiarazione presentata nei termini

risenta dei nuovi principi introdotti in tema di ravvedimento operoso nell’art. 13 del D.Lgs n.

472/1997, dalla legge n. 190/2014 (in vigore dal 1° gennaio 2015).

In particolare, evidenzia come l’integrazione di tale dichiarazione (che potrebbe, in astratto,

definirsi “dichiarazione tardiva” e, inoltre, “dichiarazione infedele” in presenza di un minor debito

tributario dichiarato, ovvero di un maggior credito) può essere effettuata a mente della lettera a-

bis) dell’art. 13 in commento; osserva, infatti, come l’introduzione della suddetta norma sarebbe

priva di contenuto se la presentazione della dichiarazione integrativa nei novanta giorni

continuasse ad integrare un’ipotesi di dichiarazione tardiva e non dovesse, invece, essere

ricondotta tra le violazioni relative al contenuto della dichiarazione, disciplinate dall’art. 8 del

D.Lgs n. 471/1997.

Di conseguenza, afferma l’Agenzia, laddove il contribuente intenda regolarizzare errori od

omissioni commessi nella dichiarazione presentata nei termini e che rilevano sulla

determinazione e sul pagamento del tributo, entro 90 dal termine di presentazione della stessa,

avvalendosi del ravvedimento operoso, dovrà versare la sanzione pari a 28 euro, ossia la

sanzione fissa di 258 euro, ridotta ad 1/9 a mente della citata lett. a-bis dell’art. 13, oltre,

ovviamente, a versare l’eventuale tributo differenziale e connesse sanzioni e interessi.

Di contro, qualora il contribuente provveda a presentare una dichiarazione omessa, entro i

successivi 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario, la norma sanzionatoria applicabile,

secondo l’Agenzia, è quella prevista in misura fissa in caso di omessa dichiarazione (ai sensi

del primo comma degli artt. 1, 2 e 5 del D.Lgs n. 471/1997), pari a euro 258; tuttavia, per effetto

dell’applicazione della lett. c) dell’art. 13 del D.Lgs n. 472/1997, il contribuente potrà sanare

l’omissione versando un decimo di tale importo, ossia la somma di euro 25 (anche in tal caso,

ovviamente, in presenza di un debito d’imposta dovranno essere eseguiti anche i relativi

versamenti, comprensivi di sanzioni e interessi).

E’ evidente come le due situazioni, così risolte dall’Agenzia, presentino aspetti singolari, se non

paradossali: ancorché la differenza in termini sanzionatori sia minima (3 euro), risulta

maggiormente penalizzato il comportamento del contribuente “diligente” che presenta la

propria dichiarazione nei termini e poi, accorgendosi di un errore, ne provveda alla repentina

rimozione, rispetto al comportamento del contribuente, meno scrupoloso, che “si dimentica” di

presentare la dichiarazione nel termine ordinario, provvedendovi poi nei tre mesi successivi.

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Altre novità

Il ravvedimento nei 90 giorni delle violazioni dichiarative: proposte del Consiglio Nazionale dei

Commercialisti

Sul tema del ravvedimento trattato dall’Agenzia nel comunicato stampa del 19/12/2015, è

intervenuto lo stesso Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti, con un proprio

comunicato stampa pubblicato il 23/12/2015, documento in cui formula due pertinenti proposte

per la soluzione di due diverse situazioni createsi sulla base di una disciplina caratterizzata da

sostanziali profili di incertezza normativa.

Il Presidente dell’Ordine, muovendo dalla considerazione che l’importante chiarimento di prassi

è giunto a pochi giorni dalla scadenza del 29 dicembre (termine ultimo per il ravvedimento delle

dichiarazioni omesse, relative all’anno d’imposta 2014), e dalla constatazione che un gran

numero di contribuenti (con particolare riferimento a quelli che si sono avvalsi della voluntary

disclosure) si sono trovati nella condizione di dover utilizzare tale ulteriore trimestre per

presentare o correggere la propria dichiarazione, ha evidenziato come nel frattempo siano stati

adottati comportamenti non conformi alle indicazioni del citato comunicato dell’Agenzia.

Più in particolare, da un lato viene segnalato il comportamento di alcuni contribuenti che,

facendo affidamento su un precedente documento di prassi della medesima Agenzia (la C.M.

11/E del 12/03/2010), hanno effettuato il ravvedimento operoso connesso all’integrativa

versando la sanzione di 25 euro (e non 28 euro), ossia la sanzione in misura fissa di 258 euro

ridotta a un decimo ai sensi della lett. c) dell’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997

(analogamente a quanto previsto per la dichiarazione omessa, presentata entro 90 giorni); su

tale fronte, il Presidente auspica che l’insufficiente versamento (di soli 3 euro!) non sia ritenuto

idoneo ad inficiare la validità del ravvedimento, proponendo, di converso, che sia data la

possibilità a tale categoria di contribuenti di versare la differenza entro 60 giorni dalla

pubblicazione del citato comunicato stampa dell’Agenzia, ossia entro il prossimo 16 febbraio.

Dall’altro lato viene pure evidenziato come alcuni contribuenti abbiano provveduto al

ravvedimento mediante dichiarazione integrativa nei 90 giorni, applicando prudenzialmente il

più aspro regime sanzionatorio previsto dall’art. 1, commi 2 e seguenti del D.Lgs n. 471/1997

per la dichiarazione infedele, versando la sanzione in misura proporzionale minima del 100%

della maggiore imposta, ridotta ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs n. 472/1997 in ragione del

momento in cui è intervenuto il versamento. A tale categoria di contribuenti, secondo l’Ordine

dei Commercialisti, dovrebbe essere concessa la possibilità di recuperare le maggiori sanzioni

corrisposte rispetto a quelle dovute, nel modo più veloce possibile, possibilmente anche in sede

di compensazione a partire dal 1° gennaio 2016.

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Capitolo 5 – Altre novità

Le violazioni dichiarative del sostituto d’imposta

Anche il regime sanzionatorio concernente le violazioni commesse in sede dichiarativa dai

sostituti d’imposta subisce un’azione di restyling ad opera del D.Lgs n. 158/2015 (cfr. art. 15,

comma 1, lett. b), che va a modificare l’art. 2 del D.Lgs. n. 471/1997.

Sul fronte dell’omessa dichiarazione viene inserita la medesima attenuante sopra commentata

con riferimento alla materia delle imposte sui redditi e dell’Irap, connessa alla presentazione

della dichiarazione omessa entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al

periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività

amministrativa di accertamento di cui il sostituto d’imposta abbia avuto formale conoscenza; la

sanzione, in tal caso, si applica nella misura dal 60% al 120% dell’ammontare delle ritenute non

versate, con un minimo di euro 200.

La rilevanza penale dell’omessa dichiarazione del sostituto d’imposta

Lo stesso decreto legislativo di riforma delle sanzioni, con l’art. 5, introduce una nuova

fattispecie penal tributaria, in vigore dal 22 ottobre 2015, disciplinata dal nuovo comma 1-bis

dell’art. 5 del del D.Lgs. n. 74/2000.

In base alla nuova disposizione, viene ora sanzionata sotto il profilo penale anche l’omessa

presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta, ma solo in presenza di ritenute non

versate, di ammontare complessivo superiore a euro 50.000.

L’omessa dichiarazione del sostituto d’imposta di rilevanza penale è punita con la reclusione da

18 mesi a quattro anni.

Peraltro, il successivo art. 13 del medesimo D.Lgs n. 74/2000 (come riformulato ad opera del

D.Lgs n. 158/2015) contempla tale delitto tra quelli per i quali può essere esclusa la punibilità

del reo; in particolare l’esimente opera qualora i debiti per ritenute, comprese sanzioni e

interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del

ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di

presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il

ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto

formale conoscenza di attività accertative di natura amministrativa o penale.

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Altre novità

L’infedele dichiarazione del sostituto d’imposta

Anche per la dichiarazione dei sostituti d’imposta si registrano novità analoghe a quelle in

precedenza delineate in relazione al settore impositivo diretto; trattasi in particolare:

− della riduzione della misura sanzionatoria per l’infedele dichiarazione, nella nuova

misura dal 90% al 180% (in luogo di quella prevista dal 100% al 200%);

− dell’aggravante speciale per la dichiarazione fraudolenta (con sanzione prevista dal

135% al 270%);

− dell’attenuante della “modica evasione”, per cui la sanzione viene ridotta di un terzo (dal

60% al 120%).

Al comma 3 viene riconfermata l’attenuante speciale prevista per i casi di omessa dichiarazione

dei sostituti d’imposta, qualora le somme non dichiarate siano state comunque interamente

versate; in tali casi viene sancita la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000, ridotta

nella misura compresa tra euro 150 ed euro 500 qualora la dichiarazione venga presentata

entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta

successivo. Peraltro viene dimezzata, in tali casi, anche l’ulteriore sanzione applicabile per ogni

percipiente non indicato, ordinariamente stabilita nella misura di euro 50 dal comma 4 dell’art. 2

in commento.

Il D.Lgs. n. 158/2015 introduce altre due disposizioni in tema di violazioni dichiarative del

sostituto d’imposta, analoghe a quelle previste per il settore impositivo diretto; trattasi, in

particolare:

− della precisazione normativa del concetto di “ritenute non versate”, intendendo per tali

la differenza tra l’ammontare delle maggiori ritenute accertate e quelle liquidabili in

base alle dichiarazioni, ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973:

− dell’estensione dell’esimente sanzionatoria relativa alle rettifiche da transfer pricing,

qualora il contribuente abbia comunicato e conservato la documentazione (master file

e documentazione nazionale) prevista dal provvedimento 29/09/2010 del Direttore

dell’Agenzia delle Entrate.

5.4.3. Violazioni in materia di imposta sul valore aggiunto

Le violazioni relative alla dichiarazione dell'imposta sul valore aggiunto e ai rimborsi

Sul fronte dell’omessa dichiarazione ai fini Iva, sanzionata dall’art. 5 comma 1 del D.Lgs n.

471/1997, viene inserita la medesima attenuante prevista in materia di imposte sui redditi e di

Irap, connessa alla presentazione della dichiarazione omessa entro il termine per la

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Capitolo 5 – Altre novità

presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima

dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il contribuente abbia avuto

formale conoscenza; la sanzione, in tal caso, si applica nella misura dal 60% al 120%

dell’ammontare delle ritenute non versate, con un minimo di euro 200.

Viene confermata la sanzione nelle misure edittali fisse (aggiornate nella misura da euro 250 a

euro 2.000) per i casi i omessa dichiarazione da parte dei soggetti che effettuano solo

operazioni per le quali non è dovuta l’imposta (es: solo operazioni esenti); la stessa sanzione

viene peraltro confermata per l’omessa presentazione della dichiarazione prevista ai fini degli

obblighi intracomunitari dagli enti non commerciali, ai sensi dell’art. 50, co.4 del D.L. n.

331/1993, convertito dalla Legge n. 427/1993; peraltro, anche per tale tipologia di dichiarazione

viene prevista un’attenuante con sanzione stabilita nella misura da euro 150 a euro 1.000,

qualora la dichiarazione omessa sia presentata entro il termine per la presentazione della

dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di

qualunque attività amministrativa di accertamento.

Viene quindi sostituito il quarto comma, relativo all’infedele dichiarazione, con l’applicazione

delle misure sanzionatorie mitigate, già delineate in relazione al settore impositivo diretto

(sanzione amministrativa dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza di

credito utilizzato).

Vengono inoltre sostituiti i successivi commi 4-bis e 4-ter, per introdurre, analogamente a

quanto previsto per il settore impositivo diretto, rispettivamente:

− l’aggravante speciale per la dichiarazione fraudolenta (con sanzione prevista dal 135%

al 270%);

− l’attenuante della “modica evasione”, per cui la sanzione viene ridotta di un terzo (dal

60% al 120%).

Il successivo nuovo comma 4-quater, contiene la definizione normativa della locuzione

“imposta dovuta”, intendendosi per tale la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in

base all’accertamento e quello liquidabile in base alle dichiarazioni, ai sensi dell’art. 54-bis del

DPR n. 633/1972.

Il credito indebitamente rimborsato

Il comma 5, infine, introduce una nuova sanzione, applicabile a chi chiede a rimborso

l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti individuati

nell’art. 30 del DPR n. 633/1972; in tali casi si applica la sanzione amministrativa pari al 30% del

credito rimborsato.

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Altre novità

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 30, terzo comma del DPR n. 633/1972, il contribuente può

chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a euro:

2.582,28, all'atto della presentazione della dichiarazione:

a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano

l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle

dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni;

b) quando effettua operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 per un

ammontare superiore al 25 per cento dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni

effettuate;

c) limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni ammortizzabili,

nonché di beni e servizi per studi e ricerche;

d) quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all'imposta per effetto degli

articoli da 7 a 7-septies (operazioni extra-territoriali);

e) quando si trova nelle condizioni previste dal terzo comma dell'articolo 17 (adempimenti

a carico dei soggetti non residenti).

Inoltre, ai sensi del successivo comma 4, il contribuente, anche fuori dei casi sopra elencati, può

chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle

dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può

essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle

predette eccedenze.

Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle

operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto

Sul fronte delle violazioni degli obblighi strumentali in materia di Iva, la novità di maggior rilievo,

prevista dal comma 1 dell’art. 6 del D.Lgs n. 471/1997, è costituita dall’attenuazione delle

misure sanzionatorie già previste nella misura dal 100% al 200% dell’imposta relativa, che

vengono portate dal 90% al 180% delle stesse, con un minimo di 500 euro; trattasi, in particolare

delle sanzioni stabilite per la violazione degli obblighi di documentazione e di registrazione delle

operazioni imponibili.

Viene, inoltre, introdotta una specifica sanzione nella misura da euro 250 a euro 2.000, sempre

applicabile in materia di obblighi strumentali, quando la violazione non ha inciso sulla corretta

liquidazione del tributo.

Al nuovo comma 2 dell’art. 6 in esame viene esteso il regime sanzionatorio previsto per

l’omessa documentazione o registrazioni di operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad

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Capitolo 5 – Altre novità

imposta (che prevede una sanzione amministrativa compresa tra il 5% e il 10% dei corrispettivi

non documentati o non registrati) anche alle medesime omissioni poste in essere dal cedente o

prestatore in relazione alle operazioni soggette all’inversione contabile di cui agli articoli 17 e

74, commi settimo e ottavo del DPR n. 633/1972, con un minimo di 500 euro. Tuttavia, quando

la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito si applica una sanzione

in misura fissa compresa tra euro 250 a euro 2.000.

Violazioni in materia di reverse charge

La misura sanzionatoria prevista in via generale per l’omessa documentazione o registrazione

delle operazioni imponibili (dal 90% al 180% dell’imposta relativa) veniva applicata, nella prima

bozza del decreto di revisione, anche al cessionario o al committente che, nell’esercizio di

imprese, arti o professioni, non assolve l’imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante

il meccanismo dell’inversione contabile di cui agli articoli 17, 34, comma 6, secondo periodo e

74, commi settimo e ottavo, del DPR n. 633/1972.

Sulle modalità sanzionatorie delle irregolarità commesse nel regime reverse charge è

intervenuto lo stesso Consiglio Nazionale dell’Ordine, il quale stigmatizzava la mancata

previsione di una sanzione in misura fissa nei casi in cui le irregolarità non incidano, come nella

fattispecie di mera irregolarità soggettiva nell’applicazione del meccanismo dell’inversione

contabile, sulla corretta liquidazione dell'imposta.

Accogliendo in parte le istanze dei Commercialisti, il Consiglio dei Ministri ha modificato il testo

della norma, prevendo, nel riformulato comma 9-bis dell’art. 6 in commento, l’applicazione di

una sanzione in misura fissa, compresa tra 500 e 20mila euro, nell’ipotesi in cui, a seguito di

emissione di regolare fattura da parte del cedente/prestatore, il cessionario/committente pur

registrando il documento ai fini delle imposte dirette non pone in essere gli adempimenti

connessi con l’inversione contabile.

Qualora, invece, manchi totalmente l’annotazione del documento in contabilità, la sanzione nei

confronti del cessionario/committente si applica in misura proporzionale e può variare dal 5 al

10% dell’imponibile con un minimo di 1.000 euro; tale misura sanzionatoria viene prevista anche

nel caso in cui il cedente/prestatore non emetta la fattura (entro quattro mesi dall’operazione) e

il cessionario/committente non provveda alla sua regolarizzazione nei successivi trenta giorni.

Si applica, infine, la sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000 euro), ai sensi dei commi 9-bis.1

e 9-bis.2 del medesimo art. 6, nei casi in cui l’Iva è stata erroneamente addebitata e versata dal

cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge, così come, viceversa, in tutte

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Altre novità

quelle ipotesi in cui è stata utilizzata l’inversione contabile, quando invece l’operazione avrebbe

dovuto essere stata soggetta all’assolvimento ordinario dell’imposta.

Si rammenta, inoltre, che in tali ultime circostanze è sempre prevista la solidarietà del

cessionario/committente con il cedente/prestatore. Tuttavia viene prevista una sanzione più

grave, in misura proporzionale dal 90% al 180%, quando l’errore (applicazione dell’inversione

contabile invece dell’imposta ordinaria e viceversa) è determinato da intenti fraudolenti.

Come si evince dalla lettera della disposizione, con l’entrata in vigore della revisione

sanzionatoria sarà abrogata la sanzione prevista nella misura del 3% dell’imposta

irregolarmente assolta in regime reverse charge, attualmente prevista dal comma 9-bis dell’art.

6 del D.Lgs n. 471/1997.

5.4.4. Violazioni comuni al settore impositivo diretto e all’Iva

Violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni

La novità più significativa concernente l’art. 8 del D.lgs n. 471/1997 riguarda l’inserimento del

comma 3-quinquies, ai sensi del quale viene prevista una nuova sanzione nella misura da euro

2.000 a euro 21.000 qualora siano omesse o presentate in modo incompleto una serie di

segnalazioni, il cui obbligo è stato introdotto nell’ambito della revisione e razionalizzazione della

materia degli interpelli, dal D.Lgs n. 156/2015.

Trattasi, in particolare, delle segnalazioni previste dai nuovi:

− art. 113, co. 6 del Tuir, in relazione alle partecipazioni acquisite per il recupero di crediti

bancari;

− art. 124, co. 5-bis del Tuir, in ordine alla continuazione del consolidato nazionale;

− art. 132, co. 5 del Tuir, relativo al consolidato mondiale;

− art. 30, co. 4 della Legge n. 724/1994 per le società di comodo;

− art. 1, co. 8 del D.L. n. 201/2011, convertito dalla Legge n. 214/2011, in tema di “Aiuto

per la crescita economica”.

Per le ipotesi menzionate, infatti, in luogo dell’obbligatorietà dell’istanza di interpello, a partire

dal 1° gennaio 2016 (ex art. 12, comma 1 del D.Lgs n. 156/2015) viene previsto un obbligo di

segnalazione in dichiarazione dei redditi.

L’articolo in argomento era stato, peraltro, già oggetto di una recente revisione, ad opera del cd.

Decreto Internazionalizzazione (D.Lgs 14/09/2015, n. 147), il quale ha aggiunto:

− il comma 3-ter, che sanziona l’omissione o l’incompletezza dell’indicazione in

dichiarazione dei dividendi e delle plusvalenze relativi a partecipazioni detenute in

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Capitolo 5 – Altre novità

imprese o enti esteri localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata, con una

sanzione amministrativa pari al 10% dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal

soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di

50.000 euro;

− il comma 3-quater, che sanziona l’omissione o l’incompletezza della segnalazione in

dichiarazione della detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate, residenti

in Paesi a fiscalità privilegiata, con una sanzione amministrativa pari al 10% del reddito

conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche

solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta,

con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro. Nel caso in cui il reddito

della controllata estera sia negativo, si applica la sanzione in misura fissa di 1000 euro.

Altre violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto

In relazione alle ulteriori violazioni in materia di imposte sui redditi e di Iva, previste dall’art. 11

del D.Lgs n. 471/1997, oltre alla conversione in euro delle misure sanzionatorie previste in

misura fissa, si registra l’introduzione delle seguenti ulteriori ipotesi di violazione, mediante

inserimento dei commi 7-bis e 7-ter al medesimo articolo:

− la presentazione della garanzia di cui all’art. 38-bis del DPR n. 633/1972 (prevista

nell’ambito delle compensazioni dell’Iva di gruppo) con un ritardo non superiore a 90

giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, punita con la

sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 4.000 (per le garanzie prestate con

ritardo superiore trova applicazione la misura sanzionatoria di cui all’art. 13, co. 6 del

D.Lgs n. 471/1997);

− la mancata presentazione dell’interpello nei casi in cui questo sia obbligatorio ai sensi

del comma 2 dell’art. 11 della Legge n. 212/2000 (come riformulato dall’art. 1, comma 1

del D.Lgs n. 156/2015). Trattasi, in dettaglio, dell’interpello che il contribuente deve

attivare qualora intenda disapplicare norme che limitano deduzioni, detrazioni o crediti

d’imposta poste in chiave antielusiva; per tale violazione viene prevista una sanzione in

misura fissa, di importo pari a quella prevista dal nuovo comma 3-quinquies dell’art. 8

(già oggetto di commento), nella misura da euro 2.000 a euro 21.000; peraltro, la misura

sarà raddoppiata, qualora venga disconosciuta la legittimità della disapplicazione cui il

contribuente ha provveduto autonomamente.

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Altre novità

5.4.5. Violazioni in materia di versamenti

Ritardati od omessi versamenti diretti

Nell’ambito della revisione sanzionatoria viene riformulato l’art. 13 del D.Lgs n. 471/1997,

concernente le violazioni di omessi o ritardati versamenti di imposte.

La versione che ne scaturisce si presenta alquanto articolata rispetto a quella previgente,

andando a comprendere ogni fattispecie di omissione possibile in relazione al versamento dei

tributi.

Pur confermando la sanzione base dell’omesso versamento nella misura del 30% del tributo

non versato, in un ottica di maggiore proporzionalità della sanzione, il legislatore è intervenuto,

in primis, sul quantum della sanzione, prevedendo un meccanismo di maggiore riduzione

sanzionatoria per i versamenti effettuati con lieve ritardo.

In particolare, per i versamenti eseguiti con un ritardo non superiore a 90 giorni, la sanzione del

30% è ridotta alla metà; peraltro, salva l’applicazione del ravvedimento operoso di cui all’art. 13

del D.Lgs n. 472/1997, per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni, la

sanzione base su cui commisurare la riduzione – pari a 1/15 per ciascun giorno di ritardo – è

quella del 15%.

Per come è formulata la norma, la riduzione alla metà per i ritardi sino ai 90 giorni è

indipendente dal ravvedimento operoso; di conseguenza, da un lato, se il contribuente versa con

un ritardo di 85 giorni, l’ente impositore dovrà irrogare una sanzione pari al 15%, e non al 30%

dell’importo versato in ritardo. D’altro canto, se il contribuente si ravvede 85 giorni dopo la

scadenza, dovrà versare, oltre alle imposte e interessi, le sanzioni del 15% (non del 30%) ridotte

a 1/9, operando la lettera a-bis) dell’art. 13 del DLgs. 472/1997.

La norma viene inoltre riformulata inserendo una specifica disciplina per l’ipotesi di utilizzo di

un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti, in misura superiore a quella spettante; in tal

caso, viene prevista una sanzione pari al 30% del credito utilizzato, salva l’applicazione di

eventuali disposizioni speciali.

Nella disposizione è stata, altresì, inserita la disciplina dell’utilizzo in compensazione di un

credito inesistente (prima contenuta nell’art. 27, co. 18 del D.L. n. 185/2008), che la medesima

norma definisce come il “credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto

costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis, 36-

ter del DPR n. 600/1973, 54-bis del DPR n. 633/1972”; devono pertanto escludersi dall’ambito

applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga

direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione, nonché quelle ipotesi di utilizzo di crediti

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Capitolo 5 – Altre novità

in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito

stesso.

Ora, in caso di utilizzo in compensazione di un credito inesistente, è applicata esclusivamente la

sanzione dal 100% al 200% della misura del credito, venendo meno l’aggravante prevista nel

caso di importo superiore a euro 50.000 (per cui attualmente viene prevista una sanzione pari al

200% della misura del credito compensato); viene, peraltro, confermata l’esclusione, in tali casi,

della possibilità di definizione agevolata delle sanzioni stesse.

Infine, il novellato art. 13 introduce la disciplina sanzionatoria della garanzia Iva di gruppo

presentata oltre 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, prevedendo la

sanzione del 30% dell’ammontare delle eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione

annuale dell’ente o società controllante, ovvero delle società controllate, compensate in tutto o

in parte con somme cha avrebbero dovuto essere versate dalle altre società controllate o

dall’ente o società controllante.

Si ribadisce, in tal caso, l’operatività dell’attenuante prevista dal nuovo comma 7-bis del

commentato art. 11, nel caso in cui la garanzia sia prestata con un ritardo non superiore a 90

giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, violazione punita con

la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 4.000.

Incompletezza dei documenti di versamento

La modifica apportata all’art. 15 del D.Lgs n. 471/1997, che prevede l’applicazione di una

sanzione amministrativa da euro 100 a euro 500 nei casi in cui i documenti utilizzati per i

versamenti diretti non contengano gli elementi necessari per l’identificazione del soggetto che li

esegue e per l’imputazione della somma versata, riconduce nell’ambito del medesimo decreto

anche la sanzione per l’omessa presentazione del mod. F24 a zero (già prevista dall’art. 19, co.

4 del D.Lgs n. 241/1997); la violazione, così revisionata, viene punita con la sanzione

amministrativa pari a euro 100, ridotta a euro 50 se il ritardo non supera i cinque giorni.

5.4.6. Le modifiche di ordine procedurale

Criteri di determinazione della sanzione

La revisione sanzionatoria disposta dalla legge delega n. 23/2014 interviene anche sul D.Lgs n.

472/1997.

L’esecutivo, in particolare, introduce alcune modifiche all’art. 7 del citato decreto, relativo ai

criteri di determinazione della sanzione.

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Altre novità

In primis, al terzo comma viene eliminata la discrezionalità nell’applicazione della recidiva

(specifica infratriennale); si prevede, infatti, che la sanzione debba essere aumentata fino alla

metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa

indole.

Tale automatismo non opera, tuttavia, quando l’applicazione della recidiva determinerebbe una

manifesta sproporzione fra entità del tributo e la sanzione (fattispecie disciplinata dal comma 4,

di cui il terzo comma fa salvi gli effetti).

Con riferimento al comma da ultimo citato, viene eliminata la natura eccezionale della

circostanza attenuante in base alla quale la sanzione può essere ridotta fino alla metà del

minimo se ricorrono circostanze che rendano manifesta la sproporzione fra l’entità del tributo e

la sanzione; in altri termini, con la nuova disposizione legislativa, l’attenuante assume carattere

generale e non più eccezionale.

Concorso di violazioni e continuazione

Il decreto sulla revisione del sistema sanzionatorio interviene anche sull’art. 12 del D.Lgs n.

472/1997, disciplinante il concorso di violazioni e la continuazione.

In particolare, viene modificato il comma 8, estendendo la previsione secondo cui le

disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica nel caso di progressione si applicano

separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta anche nell’ipotesi di

mediazione e conciliazione giudiziale.

La disposizione previgente prevede, infatti, l’applicazione della richiamata disciplina alle sole

ipotesi di accertamento con adesione; di contro, la conciliazione giudiziale è disciplinata dal

secondo periodo, in cui si dispone che la “sanzione conseguente (…) alla conciliazione giudiziale

(…) non può stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di contestazione o di

irrogazione delle sanzioni”. Tale disciplina comporta, a determinate condizioni, effetti

sostanzialmente favorevoli per il contribuente che conclude la conciliazione giudiziale,

ottenendo, a parità di imposta definita, una maggiore riduzione della sanzione rispetto a quella

conseguita in sede di accertamento con adesione, per effetto del diverso meccanismo del

cumulo giuridico applicabile ai due istituti.

Con l’estensione del meccanismo anche alle ipotesi di mediazione (per le controversie di valore

non superiore a euro 20.000) e conciliazione giudiziale si superano, quindi, i possibili effetti

distorsivi, che potrebbero indurre il contribuente a concludere con esito negativo il

procedimento di accertamento con adesione, allo scopo di definire successivamente il

medesimo atto in conciliazione.

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Capitolo 5 – Altre novità

Ravvedimento operoso

L’art. 13 del D.Lgs n. 472/1997, di recente oggetto di profonda revisione, ad opera dell’art. 1,

comma 637, lett. b) della Legge n. 190/2014 (in vigore dal 1° gennaio 2015), viene solo in parte

interessato dalla revisione di cui al D.Lgs n. 158/2015.

In particolare, viene modificata la lettera a-bis), oggetto di nuova introduzione da parte della

Legge finanziaria 2015, prevedendo che la riduzione sanzionatoria ivi disciplinata (pari a 1/9 de

minimo), trovi applicazione se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori, anche se

incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro 90 giorni dalla data

dell’omissione o dell’errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori

commessi in sede dichiarativa avviene entro 90 giorni dal termine per la presentazione della

dichiarazione in cui l’errore o l’omissione è stata commessa.

Si modifica, altresì, il comma 1-bis del medesimo art. 13, prevedendo espressamente che anche

la lettera b-quater (riduzione a 1/5 del minimo della sanzione) si applichi ai soli tributi

amministrati dall’Agenzia delle entrate.

5.4.7. Osservazioni finali

La decorrenza della revisione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario

Uno dei punti critici della revisione normativa è senza dubbio quello concernente la sua

decorrenza; la prima stesura del provvedimento prevedeva, con una disposizione alquanto

singolare, una decorrenza “a tempo” sia per le modifiche al sistema sanzionatorio penale, sia a

quello amministrativo: si legge, infatti, all’art. 31, comma 1 dello schema di decreto (prima

versione) “Le disposizioni recate dal presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2016

e fino al 31 dicembre 2017”.

Anche in considerazione delle numerose critiche mosse dagli operatori del diritto tributario su

una norma congegnata modo veramente poco felice, il Consiglio dei Ministri è intervenuto in

seconda lettura prevedendo, all’art. 32, una diversa decorrenza per le modifiche relative al

sistema sanzionatorio penale, rispetto a quelle previste per il comparto amministrativo.

La versione definitiva dell’art. 32 del D.Lgs n. 158/2015 prevede la decorrenza immediata per le

prime (che sono entrate in vigore il 22 ottobre 2015, dopo la vacatio legis); di contro, per le

modifiche al sistema sanzionatorio amministrativo tributario viene disposta la decorrenza dal

1° gennaio 2017.

Tuttavia, anche sulla base delle sollecitazioni mosse da gran parte della dottrina, il legislatore è

intervenuto nell’ambito della legge di stabilità 2016; infatti, l’art. 1, comma 133 della Legge n.

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Altre novità

208/2015 ha anticipato la decorrenza della revisione del sistema sanzionatorio amministrativo

tributario al 1° gennaio 2016.

Successione normativa

Ora, premesso che le questioni di diritto transitorio sulle fattispecie penali seguiranno, come

deve essere, le ordinarie regole del codice penale, qualche problema si pone invece sul piano

della revisione sanzionatoria amministrativa la quale, per come risulta formulata la norma,

sembra dover operare in deroga al principio del favor rei, di cui all’art. 3 del D.Lgs n. 472/1997

(ancorché non si ravvisi alcuna delega in tal senso da parte della Legge n. 23/2014).

L’art. 3 da ultimo citato prevede, tra l’altro, due importanti regole di diritto transitorio, in materia

di regime sanzionatorio tributario amministrativo, che caratterizzano proprio il principio del

favor rei:

− salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un

fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile (art. 3,

comma 2);

− se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi

posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo

che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo (art. 3, comma 3).

Ora, l’indicazione espressa dell’efficacia delle nuove norme prevista per il 1° gennaio 2016 (a

seguito della modifica in fase di approvazione definitiva) sembra proprio quella “diversa

previsione di legge”, citata dall’art. 3, comma 2 del D.Lgs n. 472/1997, quale deroga al principio

del favor rei.

Rimane da chiarire se le nuove disposizioni in tema di sanzioni amministrative tributarie

saranno applicabili per le violazioni commesse dal 1° gennaio 2016, ovvero per le violazioni

contestate da tale data in poi, ancorché commesse in annualità precedenti.

Se si seguisse la seconda ipotesi si potrebbero creare delle situazioni paradossali; si pensi, ad

esempio, alle modifiche sanzionatorie in tema di ritardato versamento dell’imposta: con la

nuova norma, il versamento entro 90 dalla scadenza legale comporta la riduzione della

sanzione alla metà (15% in luogo del 30% del tributo non versato); pertanto, un omesso

versamento IVA con scadenza 16 ottobre 2015 potrebbe essere contestato entro la fine del

medesimo anno con l’applicazione della sanzione del 30%; ma la stessa violazione, in

mancanza di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, potrebbe essere sanata

dallo stesso contribuente, in ravvedimento, nel periodo dal 1° gennaio al 14 gennaio 2016, con

200

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Capitolo 5 – Altre novità

la riduzione della sanzione a 1/9 del minimo, ma calcolata sul 15% del tributo non versato,

essendo nel frattempo entrate in vigore le modifiche de quibus.

Per una corretta interpretazione si potrebbe fare riferimento al principio “tempus regit actum”,

sancito dall’art. 11 delle preleggi, secondo cui le leggi non valgono che per l’avvenire: in virtù di

tale disposizione si potrebbe affermare che le nuove norme operino a decorrere dai fatti

commessi dal 1° gennaio 2016, ove il fatto dovrebbe coincidere con la commissione violazione.

Così facendo, si dovrebbe prescindere dal momento in cui avviene la contestazione della

violazione ed anche l’eventuale ravvedimento operoso, rilevando solo il tempo in cui la

violazione è stata commessa.

201

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Altre novità

5.5. Le novità Irap per il settore agricolo

La Legge 28 dicembre 2015 n° 208 (Legge di Stabilità 2016) esclude l’intero settore agricolo

dall’imposizione IRAP; a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2015 ai sensi del comma 70 della Legge di Stabilità 2016 non sono considerati

soggetti passivi IRAP quanti esercitano un’attività agricola (senza più alcun limite di volume

d’affari, le cooperative e loro consorzi che esercitano attività selvicolturale e di sistemazione

idraulico-forestale nonché attività di allevamento di animali o della piccola pesca.

Entrando nello specifico delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 si rileva che al

comma 70:

• viene abrogata la lettera d) del comma 1, art. 3, D.Lgs. n. 446/1997, che tra i soggetti

passivi fa rientrare i produttori agricoli titolari di reddito agrario ai sensi dell’art. 32 TUIR,

esclusi quelli con volume d’affari annuo superiore a 7.000 euro che si avvalgono dello

speciale regime di esonero dall’IVA ai sensi dell’art. 34, comma 6, D.P.R. n. 633/1972;

• viene aggiunta all’art. 3, comma 2, la lettera c-bis) al comma 2, che elenca chi non è

soggetto passivo d’imposta, tra i quali inserisce:

− a) coloro che esercitano una attività agricola ex art. 32 TUIR (senza alcun limite di

volume d’affari);

− b) le cooperative e loro consorzi che esercitano attività selvicolturale e di sistemazione

idraulico-forestale ex art. 8, D.Lgs. n. 227/2001;

− c) gli stessi soggetti che svolgono attività di allevamento di animali o della piccola

pesca, ex art. 10, D.P.R. n. 601/1973;

Per effetto della Legge di Stabilità 2016 non sono più considerati

soggetti passivi Irap:

Produttori agricoli indipendentemente dal volume d’affari

Cooperative e loro consorzi che esercitano attività

selvicolturale e di sistemazione idraulico

forestale

Cooperative e loro consorzi che svolgono

attività di allevamento di animali o della piccola

pesca.

202

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Capitolo 5 – Altre novità

Sono abrogati i riferimenti alle suddette attività contenuti nel D.Lgs. n. 446/1997, nonché

l’art. 45, comma 1, del medesimo provvedimento che prevedeva l’applicazione dell’aliquota

ridotta all’1,9%.

5.5.1. Estensione della deducibilità del costo del lavoro

La Legge 23 dicembre 2014, n. 190 [Legge di Stabilità per il 2015] ha introdotto alcune

significative modifiche alla disciplina del tributo regionale, di cui al decreto legislativo 15

dicembre 1997, n. 446 [decreto IRAP]. I commi da 20 a 24 dell’unico articolo 1 dispongono,

rispettivamente:

1) l’inserimento nell’articolo 11 del decreto IRAP del comma 4-octies), ai sensi del quale, a

partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, si considerano

deducibili, agli effetti dell’IRAP, le spese sostenute in relazione al personale dipendente

impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato dai soggetti che determinano il valore

della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del decreto IRAP;

2) il riconoscimento – per i medesimi soggetti, che non impiegano lavoratori dipendenti – di un

credito d’imposta stabilito in misura pari al dieci per cento [10%] dell’IRAP lorda.

Per espressa previsione di legge, il credito in esame è utilizzabile esclusivamente in

compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire

dall’anno di presentazione della corrispondente dichiarazione.

La Legge n. 208/2015 ( Legge di Stabilità 2016) , pubblicata in GU n. 302 del 30 dicembre 2015

al comma 73 per i soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli

articoli da 5 a 9 del decreto IRAP ha esteso la deducibilità del costo del lavoro aggiungendo

all’articolo 11, comma 4-octies, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, , il seguente

periodo: « La deduzione di cui al periodo precedente è ammessa altresì, nei limiti del 70 per cento

della differenza ivi prevista, calcolata per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno

centoventi giorni nel periodo d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso

datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente

contratto ». La deduzione ai fini IRAP viene quindi estesa anche ai lavoratori stagionali.

MISURA RIF.NORMATIVO BENEFICIARI AMBITO TEMPORALE DI

APPLICAZIONE

Deducibilità

IRAP costo del

lavoro

Art.1 comma 20

Legge di Stabilità

2015

Datori di lavoro Dal 1° gennaio 2015 ( unico

2016)

203

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Altre novità

Credito di

imposta

lavoratori

autonomi

Art.1 comma 21

Legge di Stabilità

2016

Lavoratori

autonomi senza

dipendenti

Dal 1° gennaio 2015 ( unico

2016)

Estensione

lavoro

stagionale

Art.1 comma 73

Legge di Stabilità

2016

Datori di lavoro

stagionali

Dal 1° gennaio 2016 ( unico

2017)

5.5.2. Altre modifiche alla deduzione Irap

L’articolo 11, comma 4-bis, del D.Lgs. 446/97 stabilisce una deduzione forfettaria di 8mila euro

per i soggetti Irap la cui base imponibile sia pari o inferiore a 180.759,91 euro. La deduzione è

ridotta a 6mila euro se il valore della produzione è fino a 180.839,91 euro, a 4mila euro in

presenza di valore della produzione fino a 180.919,91 euro, a 2mila euro in presenza di valore

della produzione fino a 180.999,911 euro. È stabilito che per le società di persone commerciali,

imprenditori individuali e lavoratori autonomi l’importo della deduzione sia aumentato di 2.500

euro, prevedendosi anche questo caso con un meccanismo di riduzione per gli scaglioni, da

1.875 fino a 625 euro. Pertanto le imprese e i lavoratori autonomi “minori” hanno diritto a una

deduzione forfettaria dalla base imponibile Irap fino a 10.500 euro. La legge di Stabilità 2016

interviene su tale previsione stabilendo che all’’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), del

decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole: «di euro

2.500, di euro 1.875, di euro 1.250 e di euro 625» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 5.000,

di euro 3.750, di euro 2.500 e di euro 1.250».

5.5.3. Esclusione Irap per i medici ospedalieri

La Legge di Stabilità 2016 al comma 125 stabilisce che non sussiste autonoma organizzazione

ai fini dell’imposta regionale sull’attività produttive (IRAP) nel caso di medici che abbiano

sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della

professione all’interno di tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l’attività svolta

presso le medesime strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo. Sono in ogni

caso irrilevanti, ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione, l’ammontare del reddito

realizzato e le spese direttamente connesse all’attività svolta. L’esistenza dell’autonoma

organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i

parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale».

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Capitolo 5 – Altre novità

Il dibattito sulla presenza o meno di “autonoma organizzazione” e quindi sulla sussistenza del

presupposto per applicare l’IRAP) per chi esercita un’attività professionale ha preso avvio con la

sentenza n. 156/2001 della Corte Costituzionale, la quale - dichiarando infondate o

inammissibili le eccezioni di incostituzionalità del D.Lgs. n. 446/1997 - ha ribadito che l’IRAP è

un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle (sole) attività

autonomamente organizzate e ha riconosciuto in tale valore aggiunto, direttamente connesso

all’elemento organizzativo, un idoneo indice di capacità contributiva.

Successivamente, la Corte di Cassazione - discutendo moltissimi ricorsi in materia di IRAP - ha

stabilito il principio in base al quale il requisito dell’autonoma organizzazione (presupposto

impositivo ai fini IRAP) sussiste se il contribuente che esercita attività di lavoro autonomo:

• sia l’unico responsabile dell’organizzazione, non essendo, quindi, inserito in strutture

organizzative riferibile ad altrui responsabilità ed interesse;

• impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo il principio del id quod

plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio

dell’attività;

• si avvalga solo in modo non occasionale di lavoro altrui.

NOVITÀ IRAP LEGGE DI STABILITÀ 2016

CATEGORIA APPLICAZIONE IRAP

Imprenditori agricoli esclusi

Cooperative e loro consorzi che esercitano

attività selvicolturale e di sistemazione

idraulico forestale

esclusi

Cooperative e loro consorzi che svolgono

attività di allevamento di animali o della

piccola pesca. esclusi

Medici ospedalieri

Esclusi nel rispetto di determinati standard e

parametri previsti dalla convenzione con il

Servizio sanitario nazionale.

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Altre novità

5.6. Cosa cambia nei rapporti con Equitalia: nuova rateazione e compensazione

cartelle esattoriali

NOVITA’ LEGGE DI STABILITA’ IN MATERIA DI RISCOSSIONE

Si estende anche al 2016, la possibilità, per imprese e professionisti di compensare i

crediti maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche con le somme dovute

a seguito di iscrizione a ruolo.

Prevista la riammissione al beneficio della rateazione per tutti quei contribuenti che

sono decaduti da un piano di dilazione concesso dall’Agenzia delle entrate a seguito

di acquiescenza o accertamento con adesione.

Gli avvocati che vantano crediti a fronte di diritti e onorari derivanti da prestazioni di

gratuito patrocinio potranno utilizzarli in compensazione per il pagamento non solo

delle imposte, ma anche per il versamento dei contributi previdenziali.

5.6.1. La compensazione delle cartelle esattoriali

Si estende anche al 2016, la possibilità, per imprese e professionisti di compensare i crediti

maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche con le somme dovute a seguito di

iscrizione a ruolo.

Più precisamente, i crediti vantati nei confronti della PA devono essere non prescritti, certi,

liquidi ed esigibili, e possono essere maturati a seguito di contratti per somministrazione,

forniture e appalti.

E’ tuttavia in ogni caso richiesto che la pubblica amministrazione rilasci, mediante l'apposita

piattaforma elettronica, la certificazione recante la data prevista per il pagamento: sarà appunto

tale certificazione a poter essere utilizzata, a richiesta del contribuente, per il pagamento, totale

o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

CREDITI NEI CONFRONTI DELLA PA

Non prescritti, certi, liquidi ed esigibili Maturati a seguito di contratti per somministrazione, forniture e appalti.

Possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo

NOVITA’- La possibilità di procedere alla compensazione è stata estesa anche al 2016

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Capitolo 5 – Altre novità

Come chiarisce il comma 129 della Legge di stabilità, al fine di rendere operative le disposizioni,

sarà tuttavia necessario attendere un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle

finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da emanarsi entro 90 giorni

dall’entrata in vigore della Legge di stabilità.

Per la precisione deve in questa sede essere rilevato come la possibilità di procedere alla

compensazione sia sancita dall’art. 28 quater del DPR 29 settembre 1973, n. 602, e disposizione

in commento non trova uno specifico limite temporale: in altre parole, non è previsto un termine

ultimo oltre il quale non può più essere effettuata la compensazione.

Tuttavia il legislatore è intervenuto in più casi per sancire la proroga dei termini di applicazione

della norma in commento.

Ministero dell'Economia e delle

Finanze- Decreto ministeriale 24

settembre 2014

Viene prevista la compensazione, nell’anno 2014, delle

cartelle esattoriali notificate entro il 31 marzo 2014, in

favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi,

liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti

e prestazioni professionali, maturati nei confronti delle

amministrazioni pubbliche

Ministero dell'Economia e delle

Finanze - Decreto ministeriale 13

luglio 2015

Le disposizioni previste dal decreto del Ministro

dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro

dello sviluppo economico 24 settembre 2014, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2014,

recante «Compensazione, nell’anno 2014, delle cartelle

esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di

crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti

della pubblica amministrazione», si applicano, con le

medesime modalità, anche per l’anno 2015, con

riferimento alle cartelle esattoriali notificate entro il 31

dicembre 2014.

NOVITA’

Legge di stabilità 2016

Viene estesa anche al 2016 la possibilità di compensare

le cartelle di pagamento con i crediti maturati verso la PA

207

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Altre novità

5.6.2. Rateazioni decadute

I commi da 134 a 138 della Legge di stabilità si occupano invece della riammissione al

beneficio della rateazione per tutti quei contribuenti che sono decaduti da un piano di dilazione

concesso dall’Agenzia delle entrate a seguito di acquiescenza o accertamento con adesione.

Due sono le condizioni per poter accedere a questo nuovo beneficio:

essere decaduti dal piano di rateazione nel periodo compreso tra il 15 ottobre 2012 e il

15 ottobre 2015;

effettuare il pagamento della prima rata scaduta entro il 31 maggio 2016.

Più precisamente, il contribuente che intende fruire dell’agevolazione dovrà provvedere a

trasmettere, nei dieci giorni successivi al versamento, copia della quietanza di pagamento

all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente, affinché lo stesso proceda con la sospensione

dei carichi iscritti a ruolo (anche se rateizzati), e, successivamente, ricalcoli le rate dovute

tenendo conto di tutti i pagamenti effettuati, anche a seguito di iscrizione a ruolo.

Il debitore decade dal nuovo piano di rateazione cui è stato riammesso in caso di mancato

pagamento di due rate anche non consecutive, e, in questo caso, è esclusa ogni ulteriore

proroga.

Giova inoltre di essere sottolineato che la possibilità di riammissione alla rateazione è limitata

alle sole imposte dirette: il beneficio è pertanto escluso nel caso in cui i versamenti si

riferiscono alle imposte indirette, come, ad esempio, l’Iva.

Il contribuente è decaduto da un precedente piano di rateazione

La decadenza è intervenuta nel periodo

compreso tra il 15/10/2012 e il

15/10/2015

Il piano di rateazione decaduto era

relativo al pagamento di imposte dirette

Entro il 31.05.2016 Pagare la prima rata scaduta

208

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Capitolo 5 – Altre novità

Si ricorda infine che la Pubblica Amministrazione, prima di effettuare ogni pagamento di

importo superiore a 10.000 euro è tenuta a chiedere all’Agente della riscossione la presenza di

importi iscritti a ruolo di importo superiore alla suddetta soglia. In caso di risposta affermativa

la Pubblica Amministrazione non potrà procedere al pagamento.

Ebbene, nel caso in cui la rateazione sia richiesta dopo la segnalazione, gli importi in oggetto

non potranno, ovviamente, entrare a far parte del nuovo piano di dilazione.

5.6.3. I crediti da gratuito patrocinio

In virtù delle novità introdotte con la Legge di stabilità 2016 gli avvocati che vantano crediti a

fronte di diritti e onorari derivanti da prestazioni di gratuito patrocinio potranno utilizzarli in

compensazione per il pagamento non solo delle imposte, ma anche per il versamento dei

contributi previdenziali.

Sarà tuttavia necessario attendere un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle

finanze di concerto con il Ministero della Giustizia, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in

vigore della legge di stabilità 2016 affinché siano stabilite le modalità operative della nuova

previsione.

Seguiranno poi le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate che definiranno i codici tributo per le

compensazioni.

trasmettere, nei dieci giorni successivi al versamento, copia della quietanza di pagamento

all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente,

L’Agenzia delle Entrate:

- sospenderà i carichi iscritti a ruolo (anche se rateizzati)

- ricalcolerà le rate dovute tenendo conto di tutti i pagamenti effettuati, anche a

seguito di iscrizione a ruolo.

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Altre novità

AVVOCATI CREDITI MATURATI PER ATTIVITA’ DI GRATUITO

PATROCINIO

Possibile compensare i crediti in oggetto per il pagamento di:

Imposte Contributi previdenziali

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Capitolo 5 – Altre novità

5.7. Canone RAI ordinario in bolletta

5.7.1. Pagamento in 10 rate con la bolletta elettrica

5.7.2. Premessa

Da quest’anno l’abbonamento alla TV pubblica si paga con la bolletta elettrica e il suo importo

scende da 113,50 euro a 100 euro da suddividere in 10 rate mensili.

La Legge 208 del 2015 (Stabilità per il 2016), infatti, prevede il pagamento rateale del canone

RAI con addebitato sulle fatture emesse dalle aziende di distribuzione di energia elettrica.

Si tratta, evidentemente, di una misura volta ad arginare il fenomeno evasivo che affligge la

tassa sul possesso di un apparecchio “atto o adattabile” alla ricezione delle trasmissioni

televisive.

La riforma riguarda il canone Rai ordinario, mentre nulla cambia in ordine a

presupposti e modalità di pagamento del canone Rai speciale, che è l’imposta

dovuta da chi detiene uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle

trasmissioni televisive fuori dall'ambito familiare o che li impieghi a scopo di lucro diretto o

indiretto (R.D.L. 21/02/1938 n. 246 e D.L. luogotenenziale del 21/12/1944 n. 458).

5.7.3. La riforma. I punti salienti

L’obbligo di pagamento del Canone RAI è disciplinato dal R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246,

convertito dalla Legge 4 giugno 1938, n. 880 (“Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni”),

le cui disposizioni sono state in parte modificate dalla Legge di Stabilità per il 2016 (L. n. 2018

del 2015).

Tra i punti salienti della riforma si segnalano i seguenti:

⇒ per il 2016 il canone annuo ordinario è stato ridotto a 100 euro;

⇒ presupposto dell’imposta resta la detenzione di uno o più apparecchi “atti o adattabili”

alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, ma d’ora in poi la detenzione o l’utenza

di un apparecchio radioricevente si presume nel caso in cui esista un’utenza per la

fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica;

⇒ in ogni caso il canone di abbonamento alla televisione “per uso privato” è dovuto una

sola volta in relazione agli apparecchi detenuti, nei luoghi adibiti a propria residenza o

dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia

anagrafica, come individuata dall’articolo 4 del regolamento di cui al D.P.R. n. 223/89;

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Altre novità

⇒ per superare la presunzione di detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla

ricezione delle trasmissioni televisive (quindi per non pagare il canone), chi non ha

apparecchi, pur avendo un’utenza elettrica, dovrà inviare una dichiarazione all’Agenzia

delle Entrate (precisamente alla Direzione provinciale I di Torino - Ufficio territoriale di

Torino I - Sportello S.A.T., con le modalità definite con provvedimento del direttore

dell'Agenzia delle Entrate);

⇒ la dichiarazione di non detenere apparecchi va rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 445/00 ed

essa ha validità per l’anno in cui è presentata. La dichiarazione mendace comporta gli

effetti, anche penali, di cui all’articolo 76 del detto decreto;

⇒ per l’attuazione delle disposizioni sul pagamento del canone in bolletta il legislatore ha

autorizzato lo scambio d’informazioni tra Anagrafe tributaria, Authority per l’energia,

Acquirente Unico SPA e Ministero dell’Interno e Comuni. Lo scambio riguarda tutte le

informazioni utili e, in particolare, i dati relativi alle famiglie anagrafiche, alle utenze per

la fornitura di energia elettrica, ai soggetti tenuti al pagamento del canone di

abbonamento alla televisione, ai soggetti beneficiari delle agevolazioni di cui all'articolo

38, comma 8, del Decreto-Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,

dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché ai soggetti esenti dal pagamento del canone;

⇒ le imprese elettriche, all’atto della conclusione dei nuovi contratti di fornitura,

acquisiscono la dichiarazione del cliente in ordine alla residenza anagrafica nel luogo di

fornitura. Il cliente è tenuto a comunicare ogni successiva variazione;

⇒ non è più consentita la denuncia di cessazione di abbonamento televisivo per

suggellamento. Ossia non sarà più possibile la pratica di rendere inutilizzabili,

generalmente mediante chiusura in appositi involucri, tutti gli apparecchi detenuti dal

titolare del canone TV e dagli appartenenti al suo nucleo familiare presso qualsiasi

luogo di loro residenza o dimora;

⇒ al fine di semplificare le modalità di pagamento del canone, le autorizzazioni all’addebito

diretto sul conto corrente bancario o postale ovvero su altri mezzi di pagamento,

rilasciate a intermediari finanziari dai titolari di utenza per la fornitura di energia elettrica

per il pagamento delle relative fatture, si intendono in ogni caso estese al pagamento

del canone di abbonamento televisivo. Ciò vale anche per le autorizzazioni all’addebito

già rilasciate alla data di entrata in vigore della Legge n. 208 del 2015, fatta salva la

facoltà di revoca dell’autorizzazione nel suo complesso da parte dell’utente;

⇒ resta ferma la disciplina vigente in materia di accertamento e riscossione coattiva;

⇒ restano ferme le disposizioni in materia di canone di abbonamento speciale per la

detenzione fuori dell’ambito familiare, con la sola eccezione della disdetta per

suggellamento (abolita anche per gli abbonati speciali).

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Capitolo 5 – Altre novità

Per gli anni dal 2016 al 2018, le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone

di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel

bilancio di previsione per l'anno 2016 sono riversate all'Erario per una quota pari al

33% del loro ammontare per l'anno 2016 e del 50% per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per

essere destinate:

a) all'ampliamento sino ad euro 8.000 della soglia reddituale prevista dall'articolo 1,

comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ai fini della esenzione dal

pagamento del canone di abbonamento televisivo in favore di soggetti di età pari o

superiore a settantacinque anni;

b) al finanziamento, fino a un importo massimo di 50 milioni di euro in ragione d'anno, di

un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, da istituire nello stato di

previsione del Ministero dello Sviluppo Economico;

c) al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della

Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.

Le eventuali maggiori entrate sono ripartite con decreto del MEF, di concerto con il MISE, che

stabilisce altresì le modalità di fruizione dell'esenzione di cui alla lettera a), ferma restando

l'assegnazione alla società RAI-Radiotelevisione italiana Spa della restante quota delle

eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento.

• La tassa è dovuta per la detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione

delle trasmissioni televisive, a prescindere dal suo utilizzo;

• La detenzione si presume dall’intestazione di un’utenza per la fornitura di energia

elettrica (c.d. “utenze domestiche residenti”);

• Per superare la presunzione di detenzione occorre inviare all’Agenzia delle Entrate -

Direzione provinciale I di Torino - Ufficio territoriale di Torino I - Sportello S.A.T - una

dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 445/00;

• Non è più possibile la denuncia di cessazione di abbonamento televisivo per

suggellamento dell’apparecchio.

• L’importo per il 2016 è di 100 euro;

• Detto importo si paga in 10 rate mensili, addebitate sulle fatture emesse dalla società

elettrica. Per il 2016 il pagamento avverrà dalla fattura della società elettrica

successiva al 1° luglio. Ciò si deve ai tempi tecnici per adeguare i sistemi di

Canone RAI in bolletta

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Altre novità

fatturazione. Nella prima fattura successiva al 1° luglio 2016, pertanto, saranno

cumulativamente addebitate tutte le rate scadute;

• Per chi ha l’addebito della bolletta sul c/c l’opzione si intende estesa anche al

pagamento del canone Rai. Resta ferma la facoltà di revoca del correntista.

Resta fermo il diritto all’esenzione per gli ultra 75enni, ma è stata ampliata la platea dei

soggetti che possono usufruire dell’esenzione perché è salito il parametro reddituale:

• per l’esenzione a favore degli over 75 il limite di reddito è di euro 8.000 annui;

• in precedenza occorreva un reddito che unitamente a quello del proprio coniuge

convivente non fosse superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici

mensilità (euro 6.713,98 annui);

• le modalità di fruizione dell’esenzione saranno stabilite con decreto del MEF, di

concerto con il MISE.

Non devono pagare il canone Rai:

• i rivenditori e riparatori di televisori;

• gli ospedali militari, le Case del soldato o le Sale convegno dei militari delle Forze

armate italiane (mentre il canone deve essere pagato dal militare che abbia una TV

nell’alloggio privato ubicato in dette strutture);

• gli agenti diplomatici e consolari, se stranieri accreditati in Italia e a condizione che nel

paese da loro rappresentato pure i rappresentanti diplomatici italiani ivi accreditati

godano di uguale trattamento.

• Al mancato pagamento del canone Rai non consegue il taglio della luce;

• L’evasione del canone Rai da parte dei detentori di un apparecchio è severamente

sanzionata. Sarà dovuto l’importo del canone con la decorrenza accertata nel verbale

redatto dall’autorità di controllo, oltreché le sanzioni di legge, ammontanti nel massimo

619 euro per ogni annualità evasa.

5.7.4. Modalità di addebito e riversamento all’Erario dei canoni riscossi

Il Canone RAI, per effetto della Legge di Stabilità per il 2016, diventa una voce di spesa della

bolletta elettrica. Il suo pagamento avviene in 10 rate mensili (in pratica si tratta di 10 rate da

10 euro, posto che per il 2016 l’importo del canone è fissato in 100 euro), addebitate sulle

fatture emesse dall’impresa elettrica. Le rate, ai fini dell’inserimento in fattura, s’intendono

scadute il primo giorno di ciascuno dei mesi da gennaio a ottobre.

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Capitolo 5 – Altre novità

In ragione dei tempi tecnici necessari all’adeguamento dei sistemi di fatturazione, nella prima

fattura successiva al 1º luglio 2016 sono cumulativamente addebitate tutte le rate scadute.

Le imprese elettriche devono effettuare il riversamento all’Erario entro il giorno 20 del mese

successivo a quello d’incasso e, comunque, l’intero canone deve essere riscosso e riversato

entro il 20 dicembre. Sono in ogni caso esclusi obblighi di anticipazione da parte delle imprese

elettriche. Spetta a un decreto del MISE, di concerto con il MEF, sentita l’Autority per l’energia,

da adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di Stabilità per il 2016,

definire termini e modalità per il riversamento all’Erario, e le conseguenze di eventuali ritardi,

anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell’energia

elettrica, che a tal fine non sono considerate sostituti di imposta.

5.7.5. Prime indicazioni dell’Authority per l’energia

Nella Deliberazione 11/12/2015 (610/2015/R/COM), l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il

sistema idrico ha illustrato il progetto “Bolletta 2.0” - che individua i criteri per razionalizzare,

semplificare e rendere maggiormente comprensibili le informazioni contenute nelle bollette

elettriche quanto ai consumi - e in questo contesto è stato affrontata anche la questione

dell’ingresso in bolletta della voce Canone RAI.

Nella bolletta sintetica la sintesi degli importi fatturati

dovrà indicare separatamente quelli relativi al canone, che

dovranno essere dettagliati in una specifica voce,

denominata “Canone di abbonamento RAI”

La voce “Canone di abbonamento RAI” sarà ESENTE da IVA e altre imposte, in quanto non

facente parte del contratto di fornitura

Il cliente sarà informato circa i mesi cui si riferiscono le rate

addebitate in ciascuna bolletta. Nella prima bolletta di esposizione del canone sarà

presente apposita comunicazione

Modalità di esposizione in bolletta

Indicazioni dell’Autority

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Altre novità

5.8. Medici e IRAP

5.8.1. Medici ospedalieri. Quando sono esclusi dall’IRAP

5.8.1.1 Premessa La Legge di Stabilità per il 2016 ha definito l’ambito di operatività dell’IRAP quanto ai medici che

abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con strutture ospedaliere.

Poiché l’assoggettabilità dei medici (soprattutto di quelli convenzionati con il SSN) all’imposta

regionale sulle attività produttive è questione che ha alimentato negli anni un vasto contenzioso,

la novità che andremo a esaminare è da accogliere sicuramente con favore.

5.8.2. La novità per i medici ospedalieri

La Legge di Stabilità per il 2016 stabilisce che non sussiste autonoma organizzazione ai fini

IRAP:

⇒ nel caso di medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture

ospedaliere per lo svolgimento della professione, ove percepiscano per l’attività svolta

presso dette strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo.

Sono in ogni caso irrilevanti ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione:

⇒ l’ammontare del reddito realizzato;

⇒ le spese direttamente connesse all’attività svolta.

L’esistenza dell’autonoma organizzazione è comunque configurabile:

⇒ in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla

Convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

All’articolo 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, concernente il presupposto

dell’imposta regionale sulle attività produttive, dopo il comma 1 (che recita:

“Presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente

organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

L'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello

Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”) è aggiunto il seguente: “1-bis. Non

sussiste autonoma organizzazione ai fini dell'imposta nel caso di medici che abbiano

sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della

professione all'interno di tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l'attività svolta

presso le medesime strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo. Sono in ogni

caso irrilevanti, ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione, l'ammontare del reddito

realizzato e le spese direttamente connesse all'attività svolta.

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Capitolo 5 – Altre novità

L'esistenza dell'autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi

che superano lo standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario

nazionale”.

5.8.3. Professionisti. Il concetto di autonoma organizzazione secondo la giurisprudenza

La lettera c) del comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 446/97 individua come soggetti passivi

d’imposta “le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo

5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49, comma 1,

del medesimo testo unico”.

Secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata della Legge istitutiva dell’IRAP fornita

dalla Consulta con la sentenza n. 156 del 2001, l’esercizio per professione abituale, ancorché

non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce

presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive soltanto qualora si tratti di attività

“autonomamente organizzata”.

In altre parole, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, articolo 2, comma 1,

primo periodo, e articolo 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui

al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo quando si

tratti di attività non autonomamente organizzata.

La Cassazione ha chiarito che il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento

spetta al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato,

ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo:

⇒ sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in

strutture organizzate riferibili ad altrui responsabilità e interesse;

⇒ impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit,

costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in

assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non

dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (cfr. SS.UU. n. 12108 del 2009, Cass.

n. 8556 del 2011 e n. 4923 del 2013).

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Altre novità

⇒ il requisito dell’autonoma organizzazione è indispensabile per legittimare il prelievo nei

confronti dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio Sanitario

Nazionale (tra le altre, Cass. n. 675/13). Detto requisito, per ius receptum, in assenza di

personale dipendente, non è ravvisabile nella disponibilità, da parte dei medici

convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'articolo 22

dell'A.C.N. (Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di

medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270), essendo

obbligatorie (le attrezzature di cui all’art. 22 cit.) ai fini dell’instaurazione e del

mantenimento del rapporto convenzionale (cfr. Cass. n. 4934/2012).

⇒ la disponibilità, da parte dei medici di base, di strumenti di diagnosi - per quanto

complessi e costosi - non è idonea a configurare la sussistenza del presupposto

dell’IRAP, poiché detti strumenti, quali che siano il loro valore o le loro caratteristiche,

rientrano nelle attrezzature usuali, o che dovrebbero essere usuali, per i precisati

professionisti, in quanto agli stessi si chiede di svolgere una funzione di “primo impatto”

a difesa della salute pubblica (Cass. n. 11197/2013).

⇒ il medico convenzionato con il SSN non è soggetto all’IRAP quando utilizzi due studi,

perché “l’utilizzazione di due studi deve essere valutata come uno strumento per il

migliore (e più comodo per il pubblico) esercizio dell’attività professionale autonoma” (cfr.

Cass. n. 2967/2014).

⇒ non è assoggettabile all’imposta regionale sulle attività produttive il medico che si

avvale di una segreteria la quale è di mero ausilio per lo svolgimento dell’attività. In linea

astratta, non può si può sostenere che l’apporto fornito all’attività di un professionista

dall’utilizzo di prestazioni segretariali costituisca di per sé, a prescindere da qualunque

analisi qualitativa e quantitativa di tali prestazioni, un indice indefettibile della presenza

di un’autonoma organizzazione, dovendosi al contrario ritenere che l’apporto di un

collaboratore che apra la porta o risponda al telefono, mentre il medico visita il

paziente o l’avvocato riceve il cliente, rientra, secondo l'id quod plerumque accidit, nel

minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale (così Cass., sentenza n.

26991/2014. La pronuncia ha riguardato un medico convenzionato con il SSN ma

evidentemente il principio espresso ha carattere generale, vale cioè per tutte le

categorie professionali).

Il suddetto principio è stato più volte applicato con riguardo ai medici giungendo ai

seguenti approdi:

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Capitolo 5 – Altre novità

Ebbene, d’ora in poi per quanto concerne i medici che abbiano sottoscritto specifiche

convenzioni con strutture ospedaliere si dovrà fare riferimento prima di tutto ai parametri

individuati dal legislatore per escludere l’autonoma organizzazione ai fini IRAP.

Per tutti gli altri professionisti e lavoratori autonomi va da sé che, in difetto di un’espressa

previsione di legge che delimiti l’ambito di applicazione dell’IRAP, l’opera interpretativa della

giurisprudenza di legittimità continuerà a essere fondamentale.

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Altre novità

5.9. Novità in tema di accertamento

5.9.1. La delega per la revisione della disciplina sul raddoppio dei termini ai fini

accertativi

La legge 11 marzo 2014, n. 23, rubricata “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema

fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” prevedeva, tra l’altro, la revisione della

disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva

contenuta, rispettivamente, negli artt. 43, comma 3 del DPR n. 600/1973 e 57, comma 3 del DPR

n. 633/1972.

In realtà, considerate le aree di criticità persistenti sull’istituto in questione sin dalla sua

introduzione, già in passato si registrarono tentativi governativi di rimodulare la disposizione,

anche sulla scorta delle numerose critiche mosse dalla dottrina e di alcune pronunce

giurisprudenziali.

Il Consiglio dei ministri del 16 aprile 2012 aveva, infatti, approvato il D.D.L. di delega per la

revisione del sistema fiscale, il cui art. 3 co. 10 prevedeva la delega al Governo per definire la

portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio si

verificasse soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia entro un termine correlato allo

spirare del termine ordinario di decadenza, fatti comunque salvi gli effetti dei controlli già

notificati alla data di entrata in vigore dei decreti delegati.

L’iter di approvazione parlamentare del disegno di legge è stato tuttavia interrotto dalla fine

anticipata della legislatura.

La stessa disposizione veniva comunque riproposta nella delega per la riforma fiscale di cui alla

citata legge n. 23/2014; in particolare, il secondo comma dell’art. 8 delega il Governo a definire

la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio

si verifichi soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia per reati tributari entro

l’ordinario termine di decadenza dell’azione accertativa, individuato, nelle citate disposizioni, nel

31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (dei

redditi o Iva), ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la

dichiarazione doveva essere presentata (nei casi, ovviamente, di omessa dichiarazione),

salvaguardando tuttavia le attività accertative ed ispettive in corso di esecuzione.

Dal testo della delega si ricavano i seguenti principi cui il legislatore delegato doveva attenersi

nella revisione della disciplina sul raddoppio dei termini accertativi, ossia:

- sotto il profilo oggettivo, correlare il raddoppio dei termini all’effettivo invio della

denuncia per reati tributari;

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Capitolo 5 – Altre novità

- sotto l’aspetto temporale, prevedere l’invio entro i termini ordinari di decadenza

dell’azione accertatrice;

- sotto il profilo del diritto transitorio, salvaguardare gli effetti degli atti di controllo

notificati entro la data di entrata in vigore del decreto contenente la revisione delegata.

5.9.2. L’attuazione della delega

Con il Decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (serie generale

n. 190 del 18 agosto), viene data attuazione, tra l’altro, alla delega contenuta nell’art. 8, comma

2 della Legge 11 marzo 2014, n. 23, che disponeva la revisione della disciplina del raddoppio dei

termini per l’accertamento ai fini dell’Iva e delle imposte sui redditi, contenuta, rispettivamente,

negli artt. 57, comma 3 del DPR n. 633/1972 e 43, comma 3 del DPR n. 600/1973.

Non essendo indicate nel citato decreto legislativo diverse disposizioni, la nuova disciplina è

entrata in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in G.U., ossia il 2

settembre 2015; tuttavia, in attuazione di quanto espressamente disposto dal delegante, il

decreto disciplina altresì il regime transitorio (ivi compresa la vacatio legis), prevedendo

scadenze e condizioni affinché il raddoppio dei termini possa operare nel caso di accertamenti

o attività ispettive concluse entro la stessa data di entrata in vigore delle nuove disposizioni,

onde salvaguardare, appunto, “gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in

vigore dei decreti legislativi”.

5.9.3. Gli interventi della Legge di Stabilità

La legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) interviene in materia di

accertamento con due disposizioni importanti; da un lato, viene prevista una sostanziale

modifica dei termini ordinari di cui dispone l’Amministrazione finanziaria per procedere

all’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva, con la contestuale abrogazione della

disciplina sul raddoppio dei termini accertativi in presenza di responsabilità penal tributarie;

dall’altro viene introdotta una norma procedurale rivolta agli organi inquirenti i quali,

nell’accertare reati di ogni genere, da cui possano derivare in capo al reo proventi illeciti,

dovranno notiziare tempestivamente l’Agenzia delle entrate, per consentire alla stessa di

attivare le ordinarie procedure accertative.

In relazione al primo intervento enunciato, va evidenziato come lo stesso intervenga a soli pochi

mesi dalla citata revisione del regime di decadenza dal potere accertativo, disposta dal D.Lgs 5

agosto 2015, n. 128; in merito alla norma di natura procedurale, va invece osservato come la

stessa presenti alcune criticità derivanti dalla sovrapposizione con altre disposizioni

dell’ordinamento tuttora vigenti e non espressamente abrogate dalla legge di stabilità in

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Altre novità

commento. In relazione a tali criticità si auspica un sollecito intervento chiarificatore da parte

dell’Amministrazione finanziaria.

Le modifiche ai termini di decadenza per l’accertamento

5.9.4. L’introduzione della disciplina sul raddoppio dei termini accertativi

La disciplina del raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento, in presenza di una

notizia di reato tributario, è stata introdotta dall’articolo 37, commi 24, 25 e 26, del decreto legge

223/2006 (cd. Decreto Visco Bersani).

In particolare, il comma 24 ha integrato l’articolo 43 del Dpr 600/1973, tramite l’inserimento del

terzo comma, in base al quale “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi

dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, i

termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è

stata commessa la violazione”.

Medesima previsione è stata introdotta dal comma 25, per l’accertamento in materia di Iva, con

l’inserimento del comma terzo nell’articolo 57 del Dpr 633/1972.

In virtù delle citate norme, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati

qualora il pubblico ufficiale, nell’esercizio delle proprie funzioni, constati una violazione per la

quale sussiste l’obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., per taluno dei reati previsti

dal decreto legislativo 74/2000.

Secondo gli ordinari termini di decadenza, l’avviso di accertamento deve essere notificato:

- entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la

dichiarazione;

- entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva

essere presentata (qualora ne sia stata omessa la presentazione).

Per quanto concerne, invece, la decorrenza delle predette modifiche normative, l’articolo 37,

comma 26, del Dl 223/2006, ha stabilito che il raddoppio dei termini trova applicazione a

decorrere dal periodo di imposta per il quale, alla data di entrata in vigore dello stesso Dl 223 (il

4 luglio 2006), sono ancora pendenti i termini ordinari per l’accertamento.

La ratio della novella normativa del 2006, come precisato nella relazione governativa al

provvedimento, è quella di “garantire la possibilità di utilizzare per un periodo di tempo più ampio

di quello ordinario gli elementi istruttori emersi nel corso delle indagini condotte dall’autorità

giudiziaria”.

Sin dall’introduzione della disciplina del raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento

tributario, in presenza di una notizia di reato tributario, sorsero diversi problemi interpretativi,

222

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Capitolo 5 – Altre novità

alimentati dalla difficoltà di dare attuazione alla sua ratio, in un contesto sistematico in cui il

procedimento penale e quello tributario rimangono pur sempre indipendenti e autonomi, nonché

in relazione ad una certa prassi sviluppatasi in sede di accertamento.

Ma la questione più spinosa riguarda l’applicazione dell’istituto con riferimento ai periodi di

imposta per i quali la rilevanza penale dei fatti oggetto di controllo emerge allorquando sono già

spirati i termini ordinari per l’accertamento.

Sul tema in questione ha fatto parzialmente chiarezza la Corte Costituzionale, con la nota

sentenza 247 del 25 luglio 2011; la Consulta si è pronunciata sulla questione di legittimità

costituzionale della relativa disciplina enunciando, nel contempo, una serie di principi sulla sua

corretta interpretazione, principi la cui applicazione da parte della giurisprudenza di merito non

sempre si è dimostrata uniforme.

5.9.5. La sentenza n. 247/2011 della Corte Costituzionale

La Consulta, chiamata a pronunciarsi su un’eccezione di incostituzionalità mossa in occasione

di un giudizio di merito sulle disposizioni de quibus, ha sostanzialmente ritenuto che le stesse

non vìolino alcun principio di rango costituzionale, sostenendo che l’istituto in questione non

prevede una proroga o una riapertura dei termini per l’accertamento; al contrario, secondo il

giudice delle leggi, il raddoppio è fissato direttamente dalla legge e opera automaticamente in

presenza di una speciale condizione obiettiva, ossia qualora sussista l’obbligo di denuncia per

commissione di reati tributari di cui al D.Lgs 74/2000.

Quanto al rapporto tra il termine di decadenza “breve” e il raddoppio sancito dalla norma in

questione, nella sentenza 247/2011 si legge:

Sentenza n. 247/2011 della Corte Costituzionale

(…)

“I termini raddoppiati di accertamento non costituiscono una "proroga" di quelli ordinari, da

disporsi a discrezione dell'amministrazione finanziaria procedente, in presenza di "eventi peculiari

ed eccezionali". Al contrario, i termini raddoppiati sono anch'essi termini fissati direttamente dalla

legge, operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva (allorché, cioè,

sussista l'obbligo di denuncia penale per i reati tributari previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000), senza

che all'amministrazione finanziaria sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro

applicazione. In altre parole, i termini raddoppiati non si innestano su quelli "brevi" di cui ai primi

due commi dell'art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 in base ad una scelta degli uffici tributari, ma

operano autonomamente allorché sussistano elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la

denuncia penale per i reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000.

223

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Altre novità

Sotto questo aspetto non può parlarsi di «riapertura o proroga di termini scaduti» né di

«reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti», perché i termini "brevi" e quelli raddoppiati

si riferiscono a fattispecie ab origine diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si

connettono diversi termini di accertamento. Più precisamente, i termini "brevi" di cui ai primi due

commi dell'art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972 operano in presenza di violazioni tributarie per le

quali non sorge l'obbligo di denuncia penale di reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000; i termini

raddoppiati di cui al terzo comma dello stesso art. 57 operano, invece, in presenza di violazioni

tributarie per le quali v'è l'obbligo di denuncia.

È, perciò, del tutto irrilevante che detto obbligo, come osservato al punto 3.1., possa insorgere

anche dopo il decorso del termine "breve" o possa non essere adempiuto entro tale termine. Ciò

che rileva è solo la sussistenza dell'obbligo, perché essa soltanto connota, sin dall'origine, la

fattispecie di illecito tributario alla quale è connessa l'applicabilità dei termini raddoppiati di

accertamento”.

(…)

In tema di rapporto esistente tra il raddoppio dei termini e la denuncia all’autorità giudiziaria,

con la sentenza 247/2011, la Corte costituzionale ha, in sostanza, precisato che “il raddoppio

dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale,

indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale”.

In altri termini, per la Consulta, unica condizione affinché operi la normativa sul raddoppio dei

termini è la constatazione dell’esistenza di una violazione per la quale sussiste l’obbligo di

denuncia di reato tributario ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., indipendentemente dalla circostanza

che tale obbligo sia stato, o meno, adempiuto.

Inoltre, la stessa Corte ha chiarito che l’obbligo di denuncia “sorge anche ove sussistano cause

di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini penali ed il cui accertamento resti

riservato all’autorità giudiziaria penale” e che “la lettera della legge impedisce di interpretare le

disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un

accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato”.

Peraltro, subordinare il raddoppio dei termini a un accertamento penale definitivo circa la

sussistenza del reato, “contrasterebbe anche con il vigente regime del cosiddetto «doppio

binario» tra giudizio penale e procedimento e processo tributari, evidenziato dall'art. 20 del d.lgs.

n. 74 del 2000”.

Dalle affermazioni della Corte costituzionale consegue che non assumono rilievo, ai fini

dell’operatività del raddoppio dei termini:

- l’effettiva presentazione della denuncia di reato tributario al Pubblico ministero;

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Capitolo 5 – Altre novità

- l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico ministero, ai sensi dell’articolo 405

c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione;

- la successiva emanazione di una sentenza penale di condanna o di assoluzione da

parte dell’Autorità giudiziaria.

Tuttavia, proprio per impedire che la normativa sul raddoppio fosse utilizzata in maniera

distorta (ad esempio, inoltrando notizie di reato palesemente infondate al solo fine di

beneficiare del più ampio termine decadenziale), la Corte costituzionale ha rimesso al giudice di

merito il compito di verificare l’obiettiva sussistenza degli elementi richiesti dall’articolo 331

c.p.p. per l’insorgere dell’obbligo di denuncia penale in capo al pubblico ufficiale, attraverso una

valutazione, ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”), in ordine alla sussistenza

dell’obbligo di denuncia (ex articolo 331 c.p.p.).

Al riguardo, nella sentenza 247/2011 è stato evidenziato che tale obbligo sussiste quando il

pubblico ufficiale “sia in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare

(escluse le cause di estinzione e di non punibilità, che possono essere valutate solo dall’autorità

giudiziaria), non essendo sufficiente il generico sospetto di una eventuale attività illecita”.

È necessario, pertanto, che il pubblico ufficiale sia in grado di identificare gli elementi costitutivi

del reato e, conseguentemente, di delineare una notitia criminis sufficientemente circostanziata.

Sul punto, la Consulta ha inoltre chiarito che il pubblico ufficiale “non può liberamente valutare

se e quando presentare la denuncia ma deve presentarla prontamente, pena la commissione del

reato previsto e punito dall’art. 361 cod. pen. per il caso di omissione o ritardo nella denuncia”. In

altri termini, il ritardo o l’omissione della denuncia assumono rilevanza sotto il profilo della

responsabilità penale del pubblico ufficiale (oltre che disciplinare), e non, invece, sotto quello

dell’operatività del raddoppio.

5.9.6. La revisione dell’istituto del raddoppio dei termini accertativi: il D.Lgs n.

128/2015

Con il Decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, pubblicato in G.U. - serie generale n. 190 del 18

agosto – viene data attuazione alle disposizioni di cui al secondo comma dell’art. 8 della Legge

11 marzo 2014, n. 23.

In particolare, l’art. 2 del citato decreto, rubricato “Modifiche alla disciplina del raddoppio dei

termini per l'accertamento”, dedica tre commi alla revisione della disciplina de qua, i primi due

integrativi delle vigenti disposizioni in tema di raddoppio dei termini accertativi ai fini delle

imposte sui redditi e dell’Iva, il terzo contenente disposizioni a salvaguardia degli atti impositivi

o di controllo notificati entro l’entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della delega.

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Altre novità

L’art. 2 in argomento contiene anche un quarto comma, produttivo di effetti nell’ambito della

procedura di collaborazione volontaria di cui agli artt. 5-quater e 5-quinquies del D.L. n.

167/1990, convertito dalla Legge n. 227/1990; in particolare, viene precisato che, ai fini della

causa di non punibilità per reati fiscali, conseguente alla procedura nota come “voluntary

disclosure” (esperibile entro il 30 dicembre 2015), si considerano oggetto della procedura anche

gli imponibili, le imposte e le ritenute correlati alle attività dichiarate nell'ambito della procedura

stessa, per i quali è scaduto il termine per l'accertamento.

Dal testo del citato art. 2 risultano due diversi regimi applicabili ai fini del raddoppio dei termini

accertativi, il cui discrimine è rappresentato dalle attività ispettive o accertative completate

entro la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128/2015, ossia il 2 settembre 2015.

La novità maggiormente significativa introdotta dal D.Lgs n. 128/2015 riguarda certamente i

termini entro i quali la denuncia per reati tributari deve essere presentata, per determinare, quale

diretta conseguenza, il raddoppio dei termini per l’attività accertatrice dell’Amministrazione

finanziaria.

I nuovi periodi introdotti nel terzo comma di citati artt. 43 del DPR n. 600/1973 e 57 del DPR n.

633/1972, escludono infatti il raddoppio dei termini accertativi qualora la denuncia da parte

dell'Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o

trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini previsti per l’accertamento delle imposte.

Alla luce della novella normativa, i principi della citata sentenza n. 247/2011 vengono superati

almeno su due fronti: in primis, il raddoppio non potrà più trovare applicazione con reato

accertato e/o denunziato a termini ordinari oramai spirati; inoltre, non saranno più sufficienti gli

estremi per l’inoltro della denuncia, ma è necessario che questa sia stata effettivamente

inoltrata (entro, appunto, i termini di decadenza ordinari).

La disposizione testé citata offre, in particolare, le seguenti precisazioni:

- affinché possa operare il raddoppio dei termini per l’accertamento ai fini delle imposte

sui redditi e dell’Iva, condizione necessaria (ancorché non sufficiente) è costituita dalla

effettiva presentazione o trasmissione della denuncia entro la scadenza ordinaria dei

medesimi termini;

- la “denuncia”, ai fini dell’istituto in esame, comprende non solo l’atto formalmente

previsto dall’art. 331 c.p.p. che comporta l’obbligo comunicativo da parte del pubblico

ufficiale che venga a conoscenza dell’ipotesi di reato fiscale nel contesto della propria

attività di servizio, ma, e a maggior ragione, anche quello previsto dall’art. 347 c.p.p.

concernente l’obbligo per la polizia giudiziaria (individuata dalla norma nella Guardia di

Finanza, in considerazione del proprio ruolo di polizia economica e finanziaria) di riferire

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Capitolo 5 – Altre novità

senza ritardo al Pubblico Ministero la notizia di reato acquisita direttamente, ovvero

comunicatagli da altri pubblici ufficiali.

La precisazione di cui all’ultimo alinea si è resa opportuna alla luce di talune perplessità

avanzate dalla dottrina (in verità, minoritaria) in ordine ad una applicazione più o meno

estensiva della disposizione in commento, ancorché (ad onor del vero) nessuna corte di merito

o di legittimità risulti aver mai posto in dubbio l’idoneità della comunicazione di notizia di reato,

depositata dalla Guardia di Finanza nel contesto di una propria verifica fiscale, a determinare il

raddoppio dei termini accertativi in materia fiscale, per il solo fatto che trattasi di atto di p.g.

non ricompreso nell’elenco di cui all’art. 331 c.p.p.; ciò, anche in considerazione della clausola

di salvaguardia contenuta nell’incipit del medesimo art. 331 c.p.p. riferita, appunto, agli obblighi

comunicativi di cui al citato art. 347 del medesimo codice di rito.

Ritornando al testo della novella normativa dell’agosto 2015, va subito evidenziato come la

stessa sia destinata ad operare in modo pieno solo ove non sia applicabile il regime transitorio

di cui al terzo comma dell’art. 2 del D.Lgs n. 128/2015; più in dettaglio, per gli atti impositivi

relativi ad annualità decadute in applicazione delle regole concernenti i termini ordinari di

decadenza dell’azione accertatrice, notificati a partire dal 3 settembre 2015, opererà il

raddoppio dei medesimi termini ove in relazione a tali annualità il contribuente sia incorso in

violazioni tributarie di natura penale, comunicate (ai sensi degli artt. 331 o 347 c.p.p.) entro la

scadenza degli stessi termini ordinari.

Di contro, non opererà il raddoppio dei termini qualora, in relazione alle medesime annualità, la

violazione penale non sia stata mai comunicata alla competente autorità giudiziaria (o alla

polizia giudiziaria da parte di altro pubblico ufficiale), ovvero sia stata presentata oltre i termini

ordinari di accertamento.

5.9.7. La disciplina transitoria

Come si è in precedenza evidenziato, la legge delega disponeva una sorta di salvaguardia per gli

atti impositivi già emessi o, comunque, notificati entro la data di entrata in vigore della revisione

in commento, legittimi secondo la normativa vigente, anche alla luce delle linee interpretative

offerte dalla Consulta con la citata sentenza n. 247/2011.

Il terzo comma dell’art. 2 del D.Lgs n. 128/2015 rende, infatti, salvi gli effetti di alcuni atti

impositivi o istruttori relativi ad annualità d’imposta ordinariamente decadute ai fini accertativi

alla data di entrata in vigore della medesima disposizione (ossia al 2 settembre 2015), per i

quali le ipotesi delittuose di natura tributaria sono state comunicate alla competente Autorità

oltre i termini ordinari di decadenza dell’azione accertatrice (si pensi, ad esempio, ad un avviso

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Altre novità

di accertamento relativo all’anno 2007, con contestazioni di rilevanza penale comunicate

all’A.G. nel corso dell’anno 2014).

In particolare, ai sensi del citato comma 3, l’Ufficio potrà legittimamente invocare il raddoppio

dei termini accertativi, in relazione a pretese impositive o sanzionatorie relative ad annualità

decadute secondo le regole ordinarie, in presenza di una denuncia depositata oltre i medesimi

termini ordinari:

- negli avvisi di accertamento, negli atti irrogativi di sanzioni amministrative tributarie e

negli atri atti impugnabili (ad esempio gli atti di recupero dei crediti di imposta),

notificati al contribuente entro il 2 settembre 2015 (data di entrata in vigore del D.Lgs n.

128/2015);

- negli avvisi di accertamento, negli atti irrogativi di sanzioni amministrative tributarie e

negli atri atti impugnabili, notificati al contribuente anche oltre il 2 settembre 2015, ma

entro il 31 dicembre 2015, qualora conseguenti ad inviti a comparire di cui all'articolo 5

del D.Lgs n. 218/1997 (ai fini del procedimento di adesione) notificati entro il 2

settembre 2015, ovvero conseguenti a processi verbali di constatazione redatti ai sensi

dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto

formale conoscenza entro tale ultima data.

Considerata la precisione terminologica utilizzata dal legislatore, ai fini della salvaguardia delle

attività ispettive in corso all’epoca di entrata in vigore della novella normativa, non hanno

rilevanza gli atti diversi da quelli elencati nel terzo comma (quali, ad esempio, gli inviti e

questionari ex art. 32 del DPR 600/73, ovvero i processi verbali di verifica e di accesso).

Da quanto sopra emerge che nel caso di un invito ex art. 5 del D.Lgs n. 218/1997, ovvero di un

p.v.c. notificati al contribuente a partire dal 3 settembre 2015, il raddoppio dei termini accertativi

opererà solo sulle annualità d’imposta per le quali i relativi reati tributari siano stati comunicati

alla competente A.G. entro i termini ordinari di decadenza dell’accertamento; in assenza di tale

condizione, lo scorso 3 settembre è automaticamente decaduto il potere accertativo

dell’Amministrazione finanziaria per le annualità d’imposta 2009 e precedenti (ovvero per le

annualità d’imposta 2008 e precedenti in caso di omessa dichiarazione), anche in presenza di

fattispecie penal tributarie.

Di contro, se al contribuente è stato notificato, ad esempio, un p.v.c. il 30 agosto 2015 (ossia nel

periodo di vacatio legis), relativamente all’anno d’imposta 2009 (in presenza di dichiarazione

presentata), annualità ordinariamente decaduta ai fini accertativi il 31/12/2014, l’Ufficio avrebbe

potuto efficacemente notificare il conseguente avviso di accertamento entro il 31/12/2015 (ma

non oltre), anche in presenza di denuncia o comunicazione notizia di reato trasmessa oltre il

31/12/2014.

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Capitolo 5 – Altre novità

5.9.8. Strategie difensive alla luce della revisione dell’istituto del raddoppio dei termini

La disciplina sul raddoppio dei termini di accertamento, come revisionata dal D.Lgs n.

128/2015, richiede una ricalibratura delle strategie difensive che il contribuente potrà adottare

in relazione alle contestazioni relative a periodi d’imposta ordinariamente decaduti, ovvero allo

stesso notificate oltre in termini decadenziali ordinari di cui agli artt. 43 del DPR n. 600/1973 e

57 del DPR n. 633/1972.

In prima istanza, il contribuente dovrà appurare se, parallelamente alle contestazioni mossegli

ai fini amministrativi, lo stesso sia stato altresì deferito all’Autorità giudiziaria per violazione di

taluna delle fattispecie penal-tributarie contenute nel D.Lgs n. 74/2000; in caso positivo, dovrà

verificare se si trovi sottoposto alla nuova normativa dei riformati artt. 43 e 57 citati, ovvero alla

normativa transitoria contenuta nel terzo comma dell’art. 2 del D.Lgs n. 128/2015.

In particolare, per gli atti impositivi notificati dal 3 settembre 2015 (in assenza di invito ex art. 5

del D.Lgs n. 218/1997 ovvero di p.v.c. notificati entro il 2 settembre 2015), si renderà applicabile

in toto la nuova disciplina, che subordina l’operatività del raddoppio dei termini alla

presentazione della denuncia entro la decadenza ordinaria, ovvero entro il 31 dicembre del

quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, in caso di omessa

presentazione, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo.

Di contro, qualora la denuncia sia presentata oltre tali termini, il contribuente potrà

efficacemente invocare la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere accertativo e

quindi richiedere al giudice tributario la nullità/annullamento dell’atto impositivo, per violazione

di legge (si pensi al caso in cui il contribuente sia stato denunciato nel corso dell’anno 2015 per

un delitto tributario relativo all’annualità 2007).

Va peraltro evidenziato come sovente gli atti impositivi e, in precedenza, i verbali di

constatazione, non contengano alcuna menzione dell’avvenuta presentazione della

denuncia/comunicazione notizia di reato, ovvero ne contengano un’indicazione sommaria,

assolutamente insufficiente per poter rilevare, da parte del contribuente, la data di effettiva

presentazione della notitia criminis; è, pertanto, auspicabile che in futuro una più completa

informativa in tal senso venga fornita al contribuente, indicando gli estremi del protocollo e la

data di presentazione della denuncia, ovvero venga allegato stralcio dell’informativa medesima,

dal quale possano dedursi tali indicazioni.

In carenza di ciò, ben potrà il contribuente richiedere al giudice tributario la declaratoria di

illegittimità del raddoppio dei termini per l’accertamento e, di conseguenza, l’annullamento

dell’atto impositivo per violazione del diritto di difesa, già nella fase del primo grado.

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Altre novità

Va, in ogni caso, evidenziato come anche per gli atti notificati in presenza del nuovo regime, la

mera presentazione tempestiva della notitia criminis non possa determinare, per ciò solo, la

legittimità dell’operato dell’Ufficio; si ritiene, infatti, pienamente applicabile anche a seguito

della revisione dell’istituto, il principio sancito dalla Corte Costituzionale, secondo il quale il

giudice tributario, a richiesta del contribuente, è chiamato a verificare l’eventuale strumentalità

della notizia di reato, dichiarando l’illegittimità dell’avviso di accertamento operato su

un’annualità d’imposta ordinariamente decaduta, qualora risulti che la comunicazione notizia di

reato sia priva di fondamento e meramente finalizzata a garantire all’Amministrazione

finanziaria un più lungo periodo di tempo per concludere la fase accertativa amministrativa.

Per gli atti impositivi notificati entro il 2 settembre 2015 (ovvero anche entro il 31 dicembre

2015 qualora preceduti da invito ex art. 5 del D.Lgs n. 218/1997 ovvero di p.v.c. notificati entro il

2 settembre 2015), astrattamente legittimi ai sensi del citato terzo comma dell’art. 2, la difesa

del contribuente dovrà seguire le strategie utilizzate in precedenza: ad esempio, come suggerito

da numerosi giudici di merito, potrà lamentare la natura strumentale e pretestuosa della

denuncia, la prescrizione del reato al momento del deposito della comunicazione notizia di

reato, l’assenza del reato tributario, etc.

La revisione dell’istituto del raddoppio dei termini accertativi suggerisce un ulteriore spunto utile

sotto il profilo difensivo: la previsione di una precisa tempistica per l’inoltro della denuncia

all’A.G. (nel nuovo regime), nonché la lettera della legge delega che richiede “l’effettivo invio

della denuncia” lascia ragionevolmente dedurre che, ai fini della legittimità del raddoppio dei

termini accertativi, sia in ogni caso necessaria l’effettiva presentazione della denuncia stessa; in

diverse occasioni alcuni uffici (ed anche giudici di merito) hanno ritenuto addirittura non

necessaria la presentazione della denuncia, ma solo la sussistenza dei relativi presupposti; in

sostanza, tale principio potrebbe rivestire carattere interpretativo, nel senso che, anche ai fini

dell’applicazione del vecchio regime del raddoppio dei termini per l’accertamento, la legittimità

dell’istituto dovrebbe conseguire alla effettiva presentazione della notitia criminis alla

competente Autorità Giudiziaria, ancorché oltre i termini decadenziali ordinari, ma comunque

prima della notifica dell’atto impositivo.

5.9.9. Le modifiche operate dalla legge di stabilità 2016

La Legge di stabilità 2016 stravolge l’intera disciplina sulla decadenza accertativa in materia di

IVA e imposte sui redditi; nella sostanza, il legislatore realizza un compromesso tra il termine

“ordinario” e il termine “raddoppiato” in presenza di violazioni penali disciplinate dal DLgs.

74/2000.

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Capitolo 5 – Altre novità

Innanzitutto, viene soppressa in toto la disciplina concernente la decadenza dal potere

accertativo in presenza di violazioni alla legge penal-tributaria; di conseguenza, a prescindere

dalla presenza o meno di responsabilità di tal genere, si applicherà la disciplina ordinaria che,

tuttavia, subisce una sostanziale modifica che si pone sostanzialmente a favore

dell’Amministrazione finanziaria, concedendo alla stessa termini più ampi, rispetto al previgente

regime, per poter notificare i propri atti impositivi.

Più in particolare, a seguito delle modifiche apportate al primo comma degli artt. 59 del DPR n.

633/1972 e 43 del DPR n. 600/1973 ad opera, rispettivamente, dei commi 130 e 131 dell’art. 1,

Legge n. 208/2015, per le annualità d’imposta per le quali il contribuente ha presentato la

dichiarazione, l’Agenzia avrà tempo fino al 31 dicembre del quinto anno (in luogo del quarto

anno prima previsto) successivo a quello di presentazione della stessa dichiarazione; nella

sostanza l’Amministrazione finanziaria verrà a disporre di un’annualità aggiuntiva rispetto al

passato.

Ai sensi del revisionato comma 2 delle medesime disposizioni, nel caso di omessa

dichiarazione, invece, l’Agenzia potrà notificare l’avviso di accertamento entro il settimo anno

(in luogo del quinto prima sancito) successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto

essere presentata disponendo, in tal modo, di ben due annualità aggiuntive rispetto al passato.

In ogni caso, i nuovi termini temporali, maggiori, di cui dispone l’Amministrazione finanziaria per

poter notificare i propri accertamenti prescindono dalla commissione o meno di violazioni di

rilevanza penal tributaria nei singoli anni di imposta interessati.

Quanto alla decorrenza della nuova disciplina, il successivo comma 132 del medesimo art. 1

della Legge n. 208/2015 stabilisce che i termini più ampi per procedere alla notificazione dei

provvedimenti impositivi da parte dell’Amministrazione finanziaria, opereranno a partire dal

periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016.

In altri termini, per i periodi d’imposta coincidenti con l’anno solare le nuove regole si

applicheranno a partire dalle dichiarazioni relative all’anno 2016 (Unico, IVA, IRAP, 730, 770 /

2017).

Di contro, come precisato nel medesimo comma 132, per gli accertamenti relativi alle pregresse

annualità d’imposta (quindi, fino all’annualità 2015 compresa, per i soggetti ccdd. “solari”),

rimangono valide le precedenti disposizioni in termini di decadenza dell’azione accertativa,

come modificate dal D.Lgs n. 128/2015; così, a titolo esemplificativo, le dichiarazioni che

saranno presentate il prossimo settembre 2016, relative al periodo di imposta 2015, potranno

essere rettificate dall’ufficio entro il 31 dicembre 2020, ovvero, in presenza di reati tributari,

purché rapportati entro tale termine alla competente Autorità Giudiziaria, entro il 31 dicembre

2024.

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Altre novità

La ratio delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016 al regime della decadenza

accertativa è connessa al perseguimento di una maggiore certezza del diritto nel rapporto tra

Fisco e contribuente; in effetti, dovrebbero risolversi una serie di criticità esistenti (nonostante

l’intervento della Consulta con la nota sentenza n. 247/2011 e del legislatore con il citato D.Lgs.

n. 128/2015) sull’applicazione dell’istituto del raddoppio dei termini accertativi in presenza di

fattispecie penalmente rilevanti.

5.9.10. Il raddoppio dei termini accertativi nel contrasto ai Paradisi Fiscali

Esiste nell’ordinamento un’ulteriore disposizione che prevede il raddoppio dei termini

accertativi, oltre a quelle abrogate dalla legge di stabilità: trattasi, nel dettaglio, dell’art. 12 del

D.L. n. 78/2009, convertito dalla Legge n. 102/2009, che non subisce modifiche da parte della

medesima legge.

Per espressa previsione normativa la norma dà attuazione alle intese raggiunte in ambito OCSE,

in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi

fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare il livello di trasparenza fiscale e di scambio di

informazioni, nonché di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati.

La disposizione in commento prevede varie misure tendenti a contrastare la localizzazione di

investimenti, attività economiche e attività finanziarie in Paesi ccdd. Black list, ossia in Paesi e

Territori che presentano regimi fiscali particolarmente privilegiati e/o non consentono un

adeguato scambio informativo in materia fiscale con l’Italia.

In particolare, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a

regime fiscale privilegiato di cui al D.M. 4 maggio 1999 e al D.M. 21 novembre 2001 (come

aggiornati, da ultimo, rispettivamente, dai DD.MM. 12 febbraio 2014 e 18 novembre 2015), in

violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale di cui al D.L. n. 167/1990, convertito dalla

legge n. 227/1990, si presumono costituiti, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a

tassazione. Peraltro, le sanzioni previste per le violazioni dichiarative di cui all’art. 1 del D.Lgs n.

471/1997 sono in tal caso raddoppiate1.

Inoltre, ai fini dell’accertamento della citata presunzione, i termini di cui all'articolo 43, primo e

secondo comma, del DPR n. 600/1973 e all'articolo 57, primo e secondo comma, del DPR n.

633/1972, sono raddoppiati2.

1 Fatta salva l’applicazione della disposizione agevolativa di cui all’art. 5-quinquies, comma 7 del DL n. 167/1990 per i contribuenti che aderiscono alla voluntary disclosure. 2 Fatta salva l’applicazione della disposizione agevolativa di cui all’art. 5-quater, comma 4 del DL n. 167/1990 per i contribuenti che aderiscono alla voluntary disclosure.

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Capitolo 5 – Altre novità

Sono altresì raddoppiati i termini di decadenza per l’accertamento della violazione dell’obbligo

dichiarativo concernente le disponibilità detenute nei medesimi Paradisi Fiscali (presentazione

del quadro RW) previsto dall’art. 4, comma 1 del DL n. 167/1990, punita ai sensi del successivo

art. 5, comma 2 con una sanzione pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell'ammontare degli importi

non dichiarati3.

In merito a tale ultima previsione, va ricordato che le violazioni di cui al citato decreto legge

sono accertate ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs n. 472/1997, ai sensi del quale l'atto di

contestazione o di irrogazione della sanzione, devono essere notificati, a pena di decadenza,

entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione; di

conseguenza, in caso di localizzazione occulta di attività in Paesi black list, le violazioni sul

monitoraggio fiscale possono essere contestate entro il 31 dicembre del decimo anno

successivo a quello in cui sono state commesse.

Considerato il nuovo panorama normativo, risultante dall’entrata in vigore della legge di stabilità

2016, mentre il regime di decadenza accertativa per le violazioni da monitoraggio fiscale rimane

immutato, quello concernente l’accertamento della presunzione legale relativa di cui all’art. 12,

commi 2 e 2-bis del DL n. 78/2009 subisce una sostanziale modifica; infatti, considerato

l’espresso richiamo ai commi 1 e 2 degli artt. 43 del DPR n. 600/1973 e 57 del DPR n. 633/1972,

la presunzione per cui le attività occultate in Paesi black list si presumono costituite mediante

redditi sottratti a tassazione potrà essere accertata (per le annualità in corso al 31 dicembre

2016 e successive):

- entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello di presentazione della

dichiarazione;

- entro il 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo a quello in cui la

dichiarazione doveva essere presentata (in caso di omessa dichiarazione).

Esemplificando, la presunzione de qua, riferita alla posizione fiscale del contribuente persona

fisica per l’anno d’imposta 2016, potrà essere accertata dall’Agenzia delle entrate:

- entro il 31 dicembre 2027, in presenza del mod. unico 2017, ovvero mod. 730/2017

regolarmente presentato;

- entro il 31 dicembre 2031, in assenza della relativa dichiarazione reddituale.

Di contro, le violazioni all’art. 4, comma 1 del DL n. 167/1990, commesse nel 2016, in materia di

monitoraggio fiscale delle disponibilità detenute in Paradisi Fiscali (derivanti dall’omessa

presentazione del quadro RW per l’anno 2015), punite ai sensi dell’art. 5, comma 2 del

3 Fatta salva l’applicazione della disposizione agevolativa di cui all’art. 5-quater, comma 4 del DL n. 167/1990 per i contribuenti che aderiscono alla voluntary disclosure.

233

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Altre novità

medesimo decreto, potranno essere accertate dall’Amministrazione finanziaria entro il 31

dicembre 2026.

Le comunicazioni dei proventi illeciti

5.9.11. L’introduzione della disciplina sulla tassazione dei proventi illeciti

Ai sensi dell’art. 14, comma 4 della Legge n. 537/1993 (legge finanziaria 1994), “nelle categorie

di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con

D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi

derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già

sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le

disposizioni riguardanti ciascuna categoria”.

Come precisato dal Ministero delle Finanze nella Circolare n. 150/E del 10/08/1994, il

legislatore della Finanziaria 1994 interviene sul piano normativo per sancire un orientamento

oramai consolidato della giurisprudenza di legittimità, che sosteneva l’imponibilità dei proventi

derivanti da attività illecite, affermando la compatibilità delle categorie reddituali di cui all’art. 6

del TUIR con la qualificazione di illecito che, in sede penale, amministrativa o civile, viene

attribuita ai fatti, atti o attività da cui i redditi derivano (cfr. Cass. III pen. 24 gennaio 1992, n.

9405 e Cass. I civ. 13 marzo 1993, n. 3028).

Dal tenore letterale della citata disposizione si rileva altresì che tali proventi sono assoggettati a

tassazione se non sono stati già sottoposti a sequestro o confisca penale.

Trattasi, peraltro, di una disposizione operante in materia di imposizione diretta e, di

conseguenza, applicabile in sede accertativa sia ai fini dell’Irpef che ai fini Ires; ma la

disposizione si rende applicabile anche in materia Irap, stante il richiamo alle disposizioni del

DPR n. 600/1973 per l’accertamento del tributo regionale.

In sede di prima applicazione la norma veniva interpretata secondo il principio per cui la

tassabilità dei proventi illeciti era subordinata alla condizione che l’attività produttiva di reddito

fosse di per sé ricompresa nell’ambito delle fattispecie previste dalle vigenti disposizioni

normative (in altri termini, i redditi qualificabili come illeciti dovevano comunque poter essere

ricompresi nelle categorie “tassative” di cui all’art. 6 del TUIR).

Secondo il suddetto principio, l’Amministrazione finanziaria riteneva tassabili, ad esempio, i

redditi di capitale derivanti dal delitto di usura, i redditi da lavoro autonomo collegati ad attività

illecite (ad esempio, dall’esercizio abusivo della professione medica), i redditi di impresa

derivanti da attività criminose (ad esempio, dallo smaltimento abusivo di rifiuti speciali o tossici,

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Capitolo 5 – Altre novità

o da attività esercitate in assenza della prescritta licenza di commercio o altra autorizzazione

amministrativa), considerando applicabili i criteri di determinazione del reddito relativi a

ciascuna specifica categoria.

Sulla disposizione in commento, il legislatore è nuovamente intervenuto con un norma

interpretativa, dettata dall’art. 36, comma 34-bis del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, in base alla quale i

proventi illeciti di cui al citato comma 4, qualora non classificabili nelle categorie di reddito di

cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR, sono comunque considerati come redditi diversi, di cui agli

artt. 67 e seguenti del TUIR.

Inoltre, per espressa previsione normativa, l’unica deroga al principio di tassabilità dei proventi

illeciti è rappresentata dalla circostanza che il contribuente abbia perduto il possesso del

provento per confisca o per restituzione e risarcimento alla persona offesa, con onere della

prova a carico del contribuente medesimo.

Sul tema da ultimo citato, peraltro, è intervenuta la corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 25467

depositata il 13/11/2013), la quale ha chiarito all’ambito applicativo dell’art. 14, comma 4 della

legge n. 537/1993, in relazione alla perdita del possesso del provento illecito da parte del reo.

In particolare, la Suprema Corte ha precisato che la ratio della disposizione in commento

comporta che l’esonero dalla tassazione del provento illecito vada riconosciuto non solo in

caso di sequestro o confisca (ossia in presenza di provvedimenti coattivi di natura penale o

amministrativa), ma anche qualora lo stesso provento sia restituito volontariamente da parte

del reo, purché la restituzione avvenga nel medesimo periodo d’imposta in cui il provento

sarebbe stato imponibile, applicando quindi lo stesso principio già sancito con riferimento ai

proventi illeciti oggetto di sequestro o di confisca.

In passato, infatti, la stessa Cassazione aveva precisato che l’esonero dalla tassazione, a

seguito di provvedimenti di sequestro o confisca, ricorre qualora il relativo provvedimento sia

adottato entro il periodo d’imposta in cui il provento sarebbe imponibile (cfr. Cass. 22 febbraio

2008 n. 4625 e 2 dicembre 2008 n. 28574); in altri termini, per la Suprema Corte, il mancato

esercizio del potere di confisca da parte del Giudice penale stabilizza il possesso del provento

derivante da illecito che, in relazione all’anno d’imposta nel quale è stato conseguito, viene ad

integrare un componente positivo di reddito, assoggettabile ad imposizione diretta.

5.9.12. L’obbligo comunicativo introdotto dalla legge di stabilità

La legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208), pur non modificando la disciplina

sostanziale sulla tassazione dei proventi illeciti, introduce una nuova disposizione rivolta agli

organi inquirenti; ai sensi dell’art. 1, comma 141 della medesima legge, questi ultimi, nell’ambito

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Altre novità

dell’attività di accertamento degli illeciti penali (delitti o contravvenzioni), qualora ritengano che

da tali reati possano essere scaturiti o possano derivare proventi o vantaggi illeciti, devono

darne immediata notizia all’Agenzia delle entrate, per l’esecuzione delle attività accertative del

caso.

L’obbligo riguarda, in particolare, i dati e gli elementi emergenti dall’indagine svolta, qualificabili

come proventi illeciti, soggetti a tassazione proprio ai sensi dell’art. 14, comma 4, della Legge n.

537/1993.

Ed infatti, la legge di stabilità 2016 introduce un’integrazione alla norma da ultimo citata,

introdotta dalla Finanziaria 1994, proprio per evitare che sfuggissero a tassazione i proventi

derivanti da attività criminose; e ciò in applicazione del principio costituzionale di capacità

contributiva, sancito dall’art. 53, in base al quale “tutti sono tenuti a concorrere alle spese

pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

Più in dettaglio, l’art. 1, comma 141 della Legge n. 208/2015, integrando l’art. 14, comma 4 della

Legge n. 537/1993, introduce una norma procedurale finalizzata ad un’efficace applicazione del

disposto normativo in argomento; in base a tale disposizione, in caso di violazione penale che

comporta l’obbligo di denuncia, per qualsiasi tipologia di reato da cui possano derivare, anche

indirettamente, proventi illeciti, le autorità inquirenti sono ora tenute a notiziare

tempestivamente l’Agenzia delle Entrate, per consentire alla stessa di attivare le ordinarie

procedure accertative.

In attesa degli opportuni chiarimenti di prassi, si ritiene che nell’ambito delle autorità inquirenti

debbano ricomprendersi, oltre agli uffici della Procura della Repubblica, anche gli organi di

Polizia giudiziaria per la notitia criminis acquisita d’iniziativa nell’ambito della propria attività

istituzionale, ovvero a loro comunicata da altri pubblici ufficiali ai sensi dell’art. 331 c.p.p., o da

privati cittadini ex art. 333 c.p.p. (anche mediante querela della persona offesa dal reato ai

sensi degli artt. 336 e ss. c.p.p.).

5.9.13. Il problema del coordinamento normativo

La norma da ultimo introdotta dovrà peraltro essere coordinata con una serie di disposizioni già

presenti nell’ordinamento tributario. Ci riferisce, innanzitutto, all’art. 36 del DPR n. 600/1973,

introdotto dall’art. 19 della Legge n. 413/1991, il quale già obbliga le Autorità pubbliche aventi

compiti ispettivi e di vigilanza, gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e

amministrativi, nonché la polizia giudiziaria, a comunicare al comando della Guardia di Finanza

competente per territorio i fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie, acquisiti

nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, corredati dalle prove documentali raccolte.

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Capitolo 5 – Altre novità

Dai destinatari individuati dalla legge finanziaria 1992 risulta evidente, pertanto, come esista già

un obbligo giuridico di comunicazione di dati, notizie ed elementi acquisiti in ambito penale, dai

quali possono scaturire violazioni tributarie (ad esempio, l’omessa dichiarazione di proventi

derivanti dall’esercizio di tali attività criminose); tuttavia, il destinatario giuridico di tale obbligo

comunicativo è individuato nella Guardia di Finanza e non nell’Agenzia delle Entrate.

Ma la norma in questione dovrà essere pure coordinata con le disposizioni “gemelle” sancite

dagli artt. 33, comma 2 del DPR n. 600/1973 e 63, comma 1 del DPR n. 633/1972, concernenti il

procedimento giuridico previsto per il trasferimento dei dati acquisiti dalla Guardia di Finanza in

ambito penale, sul piano amministrativo, ai fini del loro utilizzo in sede di verifica fiscale e del

loro successivo inoltro all’Agenzia delle Entrate, competente per l’accertamento.

Le norme testè richiamate prevedono, in particolare, che la Guardia di Finanza, previa

autorizzazione dell'autorità giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all’art. 329

c.p.p., utilizza e trasmette agli Uffici documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti ed

ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.

È evidente, pertanto, come dall’anno in corso coesistano diverse disposizioni che, con

riferimento ai fatti di rilevanza penale, sono destinate a sovrapporsi; dovrà pertanto essere

chiarito in sede amministrativa, in primis, se i dati di rilevanza penale da cui possono scaturire

redditi illeciti imponibili o, comunque, violazioni alle norme fiscali, a conoscenza degli organi

inquirenti (siano essi Procure della Repubblica, ovvero Organi di polizia giudiziaria) debbano

essere inoltrati all’Agenzia delle Entrate in forza della novella normativa, ovvero alla Guardia di

Finanza in virtù della disposizione sancita dall’art. 36 del DPR n. 600/1973 (oppure, ancora, ad

entrambi gli Organi dell’Amministrazione finanziaria).

Inoltre, qualora i fatti di rilevanza penale indicativi di proventi illeciti da tassare siano a

conoscenza di organi di polizia giudiziaria diversi dalla Guardia di Finanza (ad esempio, un

comando dei Carabinieri o del Corpo Forestale), dovrà essere chiarito se gli stessi debbano

essere inoltrati all’Agenzia delle Entrate in via immediata, ovvero solo previa autorizzazione

dell’Autorità Giudiziaria competente, analogamente a quanto previsto per la Guardia di Finanza

dalle disposizioni sull’accertamento dell’Iva e delle imposte sui redditi.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6. PROROGA BONUS EDILIZIA

6.1. Premessa

La Legge di Stabilità conferma la detrazione per i lavori di recupero abitativo e di

efficientamento energetico ai livelli massimi rispettivamente del 50% e del 65% per tutto il

2016. Confermato nel 2016 anche il bonus arredi e la detrazione al livello del 65% per i lavori di

prevenzione antisismica.

Tre le novità minori ma significative: anzitutto la possibilità per i condòmini “incapienti”

(cioè con un’Irpef inferiore alle detrazioni spettanti) di cedere la loro quota di credito

d’imposta a chi esegue i lavori di risparmio energetico. Viene poi esteso alla giovani

coppie (almeno uno deve avere meno di 35 anni), anche conviventi more uxorio da 3

anni, e acquirenti di una prima casa, di detrarre dall’Irpef il 50% delle spese fatte nel

2016 per l’arredo (massimo 16mila euro) in dieci quote annuali. Inoltre la detrazione è

stata estesa anche ai dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di

riscaldamento e climatizzazione.

6.1.1. Detrazione per lavori di riqualificazione energetica

La Legge di Stabilità 2015 aveva prorogato la detrazione fiscale per gli interventi di

riqualificazione energetica degli edifici.

L’agevolazione era stata confermata nella misura del:

− 65% per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2015;

− 36% a partire dal 1° gennaio 2016.

La detrazione nella misura del 65%:

− spetta per le spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici prevista

dall’art. 1, commi da 344 a 349, Finanziaria 2007;

− è usufruibile in 10 quote annuali di pari importo.

Considerato che detta detrazione può essere utilizzata sia da persone fisiche che da soggetti

operanti in regime d’impresa la detrazione potrà essere fruita:

− dalle persone fisiche “private” e dai lavoratori autonomi, anche per le spese pagate

(principio di cassa);

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Crediti d’imposta: conferme e novità

− dalle imprese/società per le spese inerenti l’esercizio dell’attività secondo il principio di

competenza.

Per gli interventi di efficienza energetica, la legge Stabilità 2016 ha previsto che la detrazione,

per gli interventi sulle singole unità immobiliari:

si applichi nella misura “potenziata” del 65%:

alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2016.

ANNO DETRAZIONE PROROGATA DALLA LEGGE

STABILITA’ 2016

2015 65%

2016 65%

2017 36%

La legge di stabilità introduce, inoltre, la possibilità di beneficiare della detrazione del 65% per le

spese, sostenute dal 1°gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2016, relative a:

spese per i dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di

riscaldamento, produzione di acqua calda o climatizzazione delle unità abitative, volti ad

aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti e a garantire

un funzionamento efficiente degli impianti».

Questi dispositivi devono «mostrare attraverso canali multimediali i consumi

energetici, mediante la fornitura periodica dei dati», «mostrare le condizioni di

funzionamento correnti e la temperatura di regolazione degli impianti» e «consentire

l’accensione, lo spegnimento e la programmazione settimanale degli impianti da remoto»

secondo quanto previsto dalla legge di Stabilità 2016.

La legge di stabilità 2016 ha inoltre previsto che le detrazioni per gli interventi di risparmio e

riqualificazione energetica sono ora fruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari

(IACP) comunque denominati, per le spese sostenute dall’1.1 al 31.12.2016, per interventi

realizzati sugli immobili di loro proprietà e adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.1.2. Ristrutturazione

La detrazione fiscale per interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall’art. 16-bis del

D.P.R. 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Dal 1° gennaio 2012 l’agevolazione è stata resa permanente dal Decreto Legge n. 201/2011 e

inserita tra gli oneri detraibili dall’Irpef.

Negli ultimi anni la normativa che regola la materia è stata più volte modificata.

Le novità più recenti sono state introdotte:

− dal Decreto Legge n. 83/2012, che ha elevato, per le spese effettuate dal 26 giugno

2012 al 30 giugno 2013, la misura della detrazione (50%, invece di quella ordinaria del

36%) e l’importo massimo di spesa ammessa al beneficio (96.000 euro per unità

immobiliare, invece che 48.000 euro);

− dal Decreto Legge n. 63/2013, che ha esteso questi maggiori benefici alle spese

effettuate entro il 31 dicembre 2013;

− dalla Legge di Stabilità 2015, che ha prorogato al 31 dicembre 2015 la possibilità di

usufruire della maggiore detrazione Irpef (50%), sempre con il limite massimo di spesa

di 96.000 euro per unità immobiliare, e stabilito una detrazione del 40% per le spese che

saranno sostenute nel 2015.

Dal 1° gennaio 2016 la detrazione sarebbe tornata alla misura ordinaria del 36% e con il limite di

48.000 euro per unità immobiliare.

6.1.3. La proroga

La legge di Stabilità 2016 interviene nella materia di detrazioni per le ristrutturazioni edilizie.

A tal riguardo:

• la detrazione Irpef per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio:

− viene confermata nella seguente misura del 50% anche per le spese sostenute nel

2016.

ANNO DETRAZIONE PROROGATA DALLA STABILITÀ 2016

2015 50%

2016 50%

2017 36%

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.1.4. Misure antisismiche

La Legge di Stabilità 2015 aveva inoltre prorogato:

− la detrazione delle spese sostenute per interventi di adozione di misure antisismiche su

costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità, se adibite ad abitazione

principale o ad attività produttive.

Per questa detrazione erano state fissate le seguenti misure:

− 65%, per le spese effettuate dal 4 agosto 2013 al 31 dicembre 2015;

− 36%, per le spese sostenute dal 1º gennaio 2016.

L’ammontare massimo delle spese ammesse in detrazione non può superare l’importo di

96.000 euro.

La Legge Stabilità 2016 ha previsto che la detrazione, per gli interventi sulle singole unità

immobiliari:

• si applichi nella misura “potenziata” del 65%:

− alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2016.

ANNO DETRAZIONE PROROGATA DALLA LEGGE

STABILITA’ 2016

2015 65%

2016 65%

2017 36%

6.1.5. Risparmio energetico nei condomini

La Legge di Stabilità 2015 aveva previsto che la detrazione fiscale per gli interventi di

riqualificazione energetica sulle parti comuni degli edifici condominiali e per quelli che

riguardano tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio, la detrazione si

applica nella misura del:

− 65%, se la spesa è sostenuta nel periodo compreso tra il 6 giugno 2013 e il 30 giugno

2015;

− 36%, per le spese che saranno effettuate dal 1° luglio 2016

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

La legge di Stabilità 2016 prevede che la misura della detrazione Irpef/Ires del 65% si applichi

per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2016.

6.1.6. Acquisto arredi

La Legge di Stabilità 2015 aveva previsto:

• la detrazione del 50%:

− per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A

per i forni), finalizzati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione.

Per questi acquisti sono detraibili le spese documentate e sostenute dal 6 giugno 2013 al 31

dicembre 2015.

A prescindere dalla somma spesa per i lavori di ristrutturazione, la detrazione va calcolata su un

ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro e ripartita in 10 quote annuali di pari

importo.

La legge di Stabilità 2016 proroga il bonus mobili al tutto il 2016.

ANNO DETRAZIONE PROROGATA DALLA LEGGE DI

STABILITÀ 2016

2014 50%

2015 50%

2016 50%

Oltre a prorogare fino al 31 dicembre 2016 la detrazione per l’acquisto dei mobili destinati ad

immobili oggetto di un intervento di recupero del patrimonio edilizio, la legge di Stabilità per il

2016 ha previsto un’altra detrazione: gli acquisti di mobili effettuati da giovani coppie e

destinati ad arredi di immobili oggetto di acquisto consentiranno di fruire della nuova

detrazione.

DETRAZIONI PREVISTE NELLA LEGGE DI STABILITÀ

2015 65%

2016 65%

2017 36%

243

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Il limite massimo della spesa su cui calcolare la detrazione è pari a 8.000 a 16.000

euro.

Le condizioni necessarie per fruire della nuova detrazione sono così stringenti da rendere

possibile la fruizione del beneficio solo in pochi casi:

• età della coppia: è necessario che nell’anno oggetto della detrazione (il 2016) almeno

uno dei due componenti la coppia non abbia raggiunto i 35 anni di età;

• sono agevolati gli acquisti effettuati nel periodo 1° gennaio-31 dicembre 2016;

• per poterla avere bisognerà essere una coppia sposata o convivente more uxorio da

almeno tre anni.

La norma cita solo i mobili, e non i grandi elettrodomestici, diversamente dall’altra agevolazione

sugli arredi.

I due bonus arredi non sono cumulabili.

La norma lascia aperto più di un dubbio. Ad esempio, non pare necessario che la

casa sia acquistata nel corso del 2016. Inoltre, una volta che la casa è comprata da

entrambi i coniugi, i mobili potrebbero essere acquistati da uno solo dei due.

NUOVO BONUS ARREDI

Riservata alle giovani coppie (coniugi ovvero conviventi more uxorio):

• che costituiscono nucleo familiare da almeno 3 anni;

• in cui almeno uno dei 2 non abbia superato i 35 anni di età;

• che sono acquirenti di un’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale (la

norma non precisa i termini temporali relativi all’acquisto);

• per un importo pari al 50%, su una spesa massima di € 16.000, per l’acquisto di mobili

destinati all’arredo dell’abitazione;

• per spese sostenute dall’1.1 al 31.12.2016. La detrazione va ripartita in 10 quote

annuali;

La detrazione non è cumulabile né con la detrazione per gli interventi di recupero del

patrimonio edilizio né con il bonus “mobili ed elettrodomestici” .

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.1.7. Incapienti

La legge di stabilità 2016 introduce poi una nuova chance limitatamente alle spese sostenute

nel 2016 - per pensionati e soggetti con redditi incapienti per accedere alle agevolazioni per

gli interventi di ristrutturazione energetica eseguiti su parti comuni di edifici.

La legge Stabilità ha previsto la possibilità per questi soggetti di optare per la cessione del

corrispondente credito, al posto della detrazione da esercitarsi in dichiarazione dei redditi, a

favore dei fornitori che hanno eseguito gli interventi di recupero.

Si tratta di una mossa di particolare importanza, in quanto i cosiddetti “soggetti incapienti”,

ossia quelli che presentano un reddito così esiguo per il quale è nulla la tassazione, e quindi non

potevano sfruttare la detrazione: sono contribuenti con redditi di pensione non superiori a 7.500

euro, redditi di terreni non oltre i 185,92 euro, reddito di lavoro dipendente non oltre gli 8000

euro (o assimilati non oltre i 4.800 euro), e reddito dell’abitazione principale.

Resta, comunque, da vedere con quali modalità concrete sarà realizzabile la

menzionata cessione del beneficio a favore del fornitore che ha curato gli

interventi. La norma, invero, rimanda ad un futuro provvedimento del direttore

dell’agenzia delle entrate per esplicitare i criteri attraverso i quali sarà possibile cedere il

credito. Detta modalità, in ogni caso, dovrà essere oggetto di particolare attenzione.

Si presume, infatti, che la cessione del beneficio fiscale, non godibile dal soggetto incapiente,

si possa concretizzare attraverso uno sconto immediato sulla quota di costo a carico del

cedente. Il fornitore, a sua volta, recupererebbe lo sconto praticato come credito d’imposta,

fruibile in compensazione o, in alternativa, all’interno della propria dichiarazione dei redditi.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.2. Art bonus: profili generali e novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016

6.2.1. Caratteristiche generali

Il Decreto - Legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni nella legge 29 luglio

2014, n. 106, ha introdotto nell’ambito delle disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio

culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, un credito di imposta per favorire le

erogazioni liberali a sostegno della cultura (c.d. “Art-Bonus”). L’articolo 1 del citato decreto-

legge prevede, infatti, un regime fiscale agevolato sotto forma di credito di imposta, nella

misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015, e nella misura del 50 per

cento delle erogazioni effettuate nel 2016, in favore delle persone fisiche e giuridiche che

effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo. La

citata disposizione, è finalizzata a favorire e potenziare il sostegno del mecenatismo e delle

liberalità per la valorizzazione del patrimonio culturale.

Viene quindi riconosciuto un credito d’imposta pari al:

• 65% delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta 2014 e 2015;

• 50% delle erogazioni effettuate nel 2016.

Per quanto concerne le modalità di effettuazione delle liberalità in denaro si richiamano le

indicazioni fornite con la Risoluzione n. 133/E del 14 giugno 2007. Le erogazioni liberali,

pertanto, devono essere effettuate avvalendosi esclusivamente di uno dei seguenti sistemi di

pagamento:

• banca;

• ufficio postale;

• sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,

e cioè carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari.

Le erogazioni liberali devono essere finalizzate:

• alla manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;

• al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle

fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione;

• alla realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti di

enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente

attività nello spettacolo.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.2.2. Operatività del beneficio fiscale

In relazione alle persone fisiche e agli enti che non svolgono attività commerciale, il credito

d’imposta è riconosciuto nel limite del 15% del reddito imponibile. L’Agenzia delle Entrate, nella

circolare n. 24/E/2014, ha chiarito che tale limitazione si applica anche: agli imprenditori

individuali, se effettuano le erogazioni liberali nell’ambito della loro attività personale e non

d’impresa; agli enti non commerciali, se effettuano le erogazioni liberali nell’ambito della loro

attività istituzionale e non dell’attività commerciale svolta.

In relazione ai soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta spetta invece nel limite

del 5 per mille dei ricavi annui.

15% del reddito imponibile

Persone fisiche, nell’ambito della loro sfera personale, ed enti non

commerciali nella loro sfera istituzionale

5 per mille dei ricavi annui

Esempio pratico (1) - Persona fisica, quindi soggetta ad imposta IRPEF, che nel 2015

presenta un reddito imponibile pari a 100.000 Euro; il credito d’imposta massimo maturato

nel 2015 sarebbe pari a 100.000*15%=15.000 Euro e quindi le erogazioni liberali agevolabili

sarebbero al massimo pari a 15.000/65%=23.077 Euro. Il bonus fiscale, pari ad Euro 15.000,

sarà da scontare in tre rate annue (5.000) direttamente dall’Irpef a partire dalla dichiarazione

dell’anno di riferimento di effettuazione delle erogazioni liberali

L’esborso finanziario netto nell’arco dei tre anni di utilizzo del credito d’imposta sarebbe pari

a 23.077-15.000=8.077 Euro, ossia circa il 35% delle erogazioni effettuate.

Titolari reddito d’impresa

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Con riferimento agli imprenditori individuali e agli enti non commerciali che esercitano anche

attività commerciale, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale limitazione si applica a

condizione che le erogazioni liberali avvengano nell’ambito dell’attività commerciale svolta;

diversamente, come sopra indicato, si applica il regime previsto per i soggetti non titolari di

reddito d’impresa.

Esempio pratico - A titolo esemplificativo

Società di capitali, quindi soggetta all’imposta IRES, che nel 2014 presenti ricavi

d’impresa (non reddito) pari a 20 milioni di Euro; il credito d’imposta massimo che

può detrarre è pari a 100.000 euro (il 5 per mille dei ricavi), quindi la società potrà sostenere

erogazioni liberali agevolabili fino ad una spesa di Euro 153.846 (100.000/65%); il bonus

fiscale, pari ad Euro 100.000, sarà da scontare in tre rate annue, ovvero da utilizzare in

compensazione a partire dal 1° giorno del periodo di imposta successivo a quello di

effettuazione delle erogazioni liberali.

Anche le imprese in perdita fiscale possono fruire del credito d’imposta, poiché la

norma non prevede la determinazione dell’agevolazione su un reddito imponibile

positivo.

Documentazione da presentare per beneficiare dell’Art-bonus -E’ sufficiente conservare copia

del documento che certifica l’erogazione in denaro con la causale di versamento che identifica

oggetto/ente beneficiario. Attraverso il sito www.artbonus.gov.it è opportuno inviare la

dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà relativa alle spese effettivamente sostenute

(come da art. 40, comma 9, D.L. n. 201/2011). Tale autodichiarazione, integrata con le

autorizzazioni ai fini della privacy, potrà essere utilizzata per la pubblicazione sul sito Art bonus

dei mecenati che con le loro erogazioni hanno contribuito al sostegno del Patrimonio culturale

pubblico.

6.2.3. Modalità di impiego del credito d’imposta

Le persone fisiche e gli enti che non esercitano attività commerciali fruiscono del credito

d’imposta nella dichiarazione dei redditi:

• iniziano a fruire della prima quota annuale del credito d’imposta (nella misura di un terzo

dell’importo maturato) nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stata

effettuata l’erogazione liberale, ai fini del versamento delle imposte sui redditi;

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

• la quota annuale non utilizzata può essere riportata in avanti nelle dichiarazioni dei

periodi d’imposta successivi, senza alcun limite temporale.

Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione:

• mediante il modello F24, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 241/97;

• a scomputo dei versamenti dovuti.

Come comunicato dall’Agenzia delle Entrate:

• l’utilizzo in compensazione può avvenire nei limiti di un terzo della quota maturata, a

partire dal 1° giorno del periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione delle

erogazioni liberali;

• la quota corrispondente ad un terzo del credito d’imposta maturato costituisce, per

ciascuno dei tre periodi d’imposta di utilizzo in compensazione, il limite massimo di

fruibilità del credito;

• in caso di mancato utilizzo in tutto o in parte di tale importo nei predetti limiti,

l’ammontare residuo potrà essere utilizzato nel corso dei periodi d’imposta successivi.

6.2.4. Rilevanza del credito d’imposta

L’agevolazione:

• non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi,

comprese le relative addizionali regionali e comunali;

• non concorre alla determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP;

• non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal

reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 61 del TUIR;

• non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi

diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 109,

comma 5, del TUIR.

Deroghe ai limiti di utilizzo - Il credito di imposta, come precisato nella Circolare n. 24/E/2014,

non è soggetto:

• al limite dei 250.000 euro applicabile ai crediti d’imposta agevolativi, previsto dall’art. 1,

comma 53, della Legge 244/2007;

• al limite dei 700.000 euro previsto per la compensabilità di crediti e contributi (art. 34,

legge n. 388/2000);

• al divieto di compensazione nel modello F24, ai sensi dell’art. 31, comma 1, del D.L.

78/2010, dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per

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Crediti d’imposta: conferme e novità

imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro, per i quali sia

scaduto il termine di pagamento.

6.2.5. Inserimento nel modello Unico

L’indicazione del credito d’imposta (Art-bonus) nel modello UNICO deve essere effettuata

compilando quadri differenti, a seconda che il soggetto che eroga il contributo sia una persona

fisica o un soggetto titolare di reddito di impresa.

Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione

mediante il modello F24, ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, a scomputo dei versamenti

dovuti. La prima tranche del credito d’imposta (1/3) è utilizzabile a partire dal 1° giorno del

periodo di imposta successivo a quello di effettuazione delle erogazioni liberali.

Con la risoluzione 17 dicembre 2014, n. 116/E, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice

tributo per utilizzare in compensazione, tramite modello F24, il credito d’imposta in esame. Si

tratta del codice tributo 6842, denominato “Credito d’imposta per favorire le erogazioni liberali a

sostegno della cultura - ART-BONUS - art. 1, del decreto legge 31 maggio 2014, n. 83”.

La quota corrispondente a 1/3 del credito di imposta maturato costituisce, per ciascuno dei tre

periodi di imposta di utilizzo in compensazione, il limite massimo di fruibilità del credito e,

quindi, in caso di mancato utilizzo in tutto o in parte di tale importo nei predetti limiti,

l’ammontare residuo potrà essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta successivi.

I titolari di reddito di impresa devono compilare, al fine di ottenere il credito, il quadro RU di

UNICO.

Con riferimento a UNICO PF, con il codice credito A3, va indicato nella sezione il credito

d’imposta per le erogazioni liberali effettuate nei periodi d’imposta successivi a quello in corso

al 31 dicembre 2013.

Nella sezione possono essere compilati i righi RU3, RU5 colonna 3 e RU12.

In particolare, nel rigo RU5, colonna 3, va indicato l’ammontare del credito maturato

corrispondente al 65% delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta cui si riferisce la

dichiarazione, entro il limite del 5 per mille dei ricavi.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Nella dichiarazione UNICO PF - riquadro “Credito d’imposta per le erogazioni liberali a sostegno

della cultura (Art bonus)”, rigo RN21, è indicato, da parte dei soggetti non titolari di reddito

d’impresa, l’ammontare del credito d’imposta riconosciuto per le erogazioni liberali a sostegno

della cultura.

L’art. 1 del D.L. 31 maggio n°83 stabilisce che i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali

devono comunicare mensilmente ai Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

l’ammontare delle somme ricevute, dandone adeguata comunicazione circa l’importo e la sua

destinazione di utilizzo, anche in un’apposita sezione nei propri siti web istituzionali.

6.2.6. Il caso delle Fondazioni bancarie

È opportuno analizzare il caso in cui il soggetto che eroga il contributo a favore dell’Ente

Pubblico non si limita a erogare semplicemente delle somme necessarie per l’intervento sul

bene, ma si occupa di dare esecuzione ai progetti di restauro e valorizzazione del monumento

prendendosi in carico in via esclusiva i relativi oneri finanziari e organizzativi pagando

direttamente le fatture per le prestazioni effettuate; può essere il caso delle Fondazioni bancarie

che stipulano con gli Enti territoriali dei protocolli d’intesa volti alla valorizzazione del

patrimonio culturale in esecuzione di quanto previsto nel loro statuto ai fini del raggiungimento

di determinati scopi di utilità sociale nel settore dell’arte; Per gli Enti Pubblici territoriali i

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Crediti d’imposta: conferme e novità

protocolli di intesa hanno la funzione di coordinare gli interventi di valorizzazione sul patrimonio

culturale e, in tale contesto, garantire l’equilibrato impiego delle risorse finanziarie messe a

disposizione ( art.121, D.Lgs n° 42/2004).

In questo caso per le fondazioni bancarie è possibile beneficiare del credito d’imposta previsto

dall’art-bonus?

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n.87/E datata 15 ottobre 2015 ha chiarito che la sopra

descritta fattispecie rientra pienamente nelle previsioni dell’art.1, D.L. n° 83/2014, ossia

nell’applicazione dell’Art- bonus a favore delle erogazioni liberali finalizzate alla valorizzazione

del patrimonio culturale.

Detto ciò quindi il fatto che le fondazioni non trasferiscono le somme di denaro all’ente pubblico

territoriale, ma provvedono direttamente, al pagamento delle fatture per la progettazione e

l’esecuzione dei lavori di restauro del bene pubblico, appare elemento che non influisce sul

meccanismo di liberalità; l’importo e la destinazione delle somme sono identificati

anticipatamente nei protocolli d’intesa e sono comunque assimilabili ad erogazioni liberali in

denaro.

Le fondazioni comunque perseguendo lo scopo statutario dell’intervento nel territorio tramite

l’erogazione di contributi e la promozione di iniziative nell’ambito dei settori dell’arte e dei beni

culturali, non seguono uno scopo di lucro, insito invece nelle sponsorizzazioni.

Quindi in conclusione possiamo affermare con riferimento agli interventi diretti delle Fondazioni

bancarie ricorrono le condizioni soggettive ed oggettive che prescrivono il riconoscimento

dell’Art-bonus e quindi è ammesso il ricorso al beneficio al credito d’imposta previsto dall’art.1,

comma 1, D.L. n° 83/2014.

6.2.7. Le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016

La Legge 28 dicembre 2015 n° 208 (Legge di stabilità 2016) ha apportato importanti modifiche

alla disciplina dell’Art bonus e quindi al decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, in particolare al

comma 318:

• assegna un carattere di permanenza a tale agevolazione;

• stabilisce per le erogazioni liberali in oggetto un credito d’imposta pari al 65% delle

erogazioni effettuate.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Sono quindi, di conseguenza abrogate le lettera a) e b) al comma 1 dell’articolo 1 del decreto-

Legge 31 maggio 2014 n° 83.

La stessa Legge di Stabilità al comma 319 provvede per l’attuazione delle misure sopra

descritte ad autorizzare la spesa di:

• 1,8 milioni di euro per l’anno 2017;

• 3,9 milioni di euro per l’anno 2018;

• 11,7 milioni di euro per l’anno 2019;

• 17,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020.

L’Art bonus assume carattere permanente

Legge di stabilità 2016

Aumento del credito d’imposta al 65% delle erogazioni liberali anche per gli

anni successivi al 2015

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.3. Tax credit per l’industria cinematografica ed audiovisiva: disposizioni generali

e novità della Legge di Stabilità 2016

La Legge 28 dicembre 2015 n° 208 ( Legge di Stabilità 2016) rinnova parecchi punti del credito

d’imposta riservato all’industria cinematografica e audiovisiva; gli interventi riguardano il credito

d’imposta per le imprese di distribuzione cinematografica, che ora comprende anche le spese

sostenute per la distribuzione internazionale di opere nostrane, il credito d’imposta relativo ai

produttori esecutivi che realizzano pellicole straniere; infine non per rilevanza le modifiche

apportate al tax credit digitale che nella previsione contenuta nella Legge di Stabilità non si

realizza solo per l’acquisto ma anche per la sostituzione di impianti e apparecchiature destinate

alla proiezione digitale; ricapitolando gli interventi modificativi contenuti nella Legge di stabilità

2016 al comma 331 riguardano principalmente:

tax credit distribuzione(art.1, comma 327, lett.b, nn.1 e 2, Legge 244/2007);

tax credit per la digitalizzazione delle sale cinematografiche ( art.1, comma 327, lett.

c, n°1, Legge 244/2007);

tax credit per la produzione esecutiva di film stranieri ( art.1, comma 335, Legge

244/2007).

Crescono le risorse destinate all’applicazione del tax credit che arrivano a 140 milioni di euro,

contro i 115 previsti nell’anno precedente; un incremento percentuale di circa il 21%.

Prima di enunciare le novità previste dal disegno di legge di stabilità, è opportuno andare ad

analizzare quelle che sono le disposizioni generali previste per il tax credit, andando ad

evidenziare i profili generali della disciplina oggetto di disamina

TAX CREDIT

CREDITO D’IMPOSTA

Possibilità di compensare debiti fiscali (Ires, Irap, Irpef, Iva, contributi previdenziali e assicurativi) con il credito

legato ad investimenti nel cinema.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

I crediti di imposta introdotti con la legge 244/2007 (legge di stabilità 2008 sono stati resi

permanenti dal D.L. 91/2013.

6.3.1. La digitalizzazione delle sale cinematografiche

Il comma 327 dell’art. 1 della Legge 244/2007 lettera c) n° 1 prevede un’importante misura

agevolativa per le imprese di esercizio cinematografico, ossia il riconoscimento di un credito di

imposta pari al 30% delle spese complessivamente sostenute per l'introduzione e acquisizione

di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, come definite all'art. 1, comma

2, del D.M. 21 gennaio 2010 con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno

schermo, euro 50.000. Il credito d'imposta spetta, comunque:

• alle monosale e multisale fino a quattro schermi ovunque ubicate;

• alle multisale fino a dieci schermi ubicate in comuni con popolazione inferiore a 50.000

abitanti.

Il Tax credit è condizionato al rispetto, nel semestre susseguente alla ultimazione dei lavori,

dell’obbligo di programmazione di cui all’art.2 del Decreto 21 gennaio 2010 relativo alle opere

cinematografiche rientranti nelle categorie di cui all'art.1, commi 4, 5, 6 e 8, del D.M. 7 maggio

2009, recante «Disposizioni applicative dei crediti d'imposta concessi alle imprese di

produzione cinematografica in relazione alla realizzazione di opere cinematografiche, di cui alla

legge n. 244 del 2007 e ai film europei che abbiano superato test di culturalita' nell'ambito di

analoghi benefici fiscali gia' approvati dalla Commissione europea.

Sono agevolabili le spese :( D.M 21 gennaio 2010):

• di acquisto, anche in locazione finanziaria, di apparecchi di proiezione e riproduzione

digitale;

• di acquisto, anche in locazione finanziaria, di impianti e apparecchiature per la ricezione del

segnale digitale via terrestre e via satellite;

• di formazione del personale;

• connesse e strumentali per la ristrutturazione e conformazione delle cabine di proiezione,

degli impianti e dei servizi e locali accessori adibiti alla proiezione mediante pellicola.

Imprese di esercizio cinematografico - imprese, residenti e non residenti, soggette a

tassazione in Italia, inclusi gli enti non commerciali in relazione all'attività commerciale

esercitata, che, risultino iscritte, o abbiano presentato domanda di iscrizione, nell'elenco

informatico istituito e tenuto, ai sensi dell'art. 3, comma 1, pr D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 28 e

successive modificazioni, presso il Ministero per i beni e le attività culturali.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Le spese di cui alle lettere c) e d) dell'art. 1, comma 2, del D.M. 21 gennaio 2010 sono

ammissibili in misura non superiore al venti per cento delle spese complessivamente sostenute.

Il diritto al credito d'imposta matura a partire dal mese successivo a quello in cui si

verificano congiuntamente le seguenti condizioni: a) le spese di cui all'art. 1,

comma 2, del presente decreto, si considerano sostenute ai sensi dell'art. 109 del

T.U.I.R.; b) e' avvenuto l'effettivo pagamento delle spese di cui alla lettera a). Il credito

d'imposta decade ove non venga rispettato, per i casi in cui e' previsto, l'obbligo di

programmazione sopra citato.

Il credito d'imposta:

• non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, e del valore

della produzione, ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive( art. 109 T.U.I.R.);

• non rileva ai fini del deducibilità degli interessi passivi( art. 61 T.U.I.R.);

• va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è

concesso sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui i crediti

sono utilizzati evidenziando distintamente l'importo maturato da quello utilizzato;

• sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell'art. 17 del decreto

legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dalla data in cui, ai sensi delle disposizioni

precedenti, si considera maturato il diritto alla loro fruizione.

L'impresa di esercizio deve presentare apposita istanza al Ministero per i beni e le attività

culturali entro 90 giorni dal termine dei lavori.

L’istanza è disponibile nello Sportello On Line, al seguente link

http://www.col.beniculturali.it/col.iteranet

Nella stessa deve essere, comunque, specificato, per ciascuno schermo:

• il costo complessivo con attestazione di effettività delle spese sostenute, rilasciata dal

presidente del collegio sindacale ovvero da un revisore contabile o da un professionista

iscritto nell'albo dei revisori contabili, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei

periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro, ovvero dal responsabile del Caf;

• l’avvenuta presentazione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' con la quale si

dichiara di non rientrare tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o

depositato in un conto bloccato aiuti che sono stati individuati quali illegali o incompatibili

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

dalla Commissione europea ai sensi dell'art. 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del

Consiglio del 22 marzo 1999;

Entro 60 giorni dalla data di ricezione dell'istanza di cui all’art. 3 del D.M. 21 gennaio 2010, il

Ministero per i beni e le attivita' culturali comunica ai soggetti interessati, mediante

raccomandata con ricevuta di ritorno, l'importo del credito spettante. In caso di mancata

comunicazione nel termine indicato, i crediti d'imposta si intendono spettanti nella misura

indicata nell'istanza.

6.3.2. Le novità previste dalla Legge di stabilità 2016

La Legge di stabilità 2016 estende l’accesso al credito d’imposta anche alla:

• sostituzione di impianti ed apparecchiature destinate alle produzioni digitali;

• alla ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche e

dei relativi impianti e servizi accessori;

• alla realizzazione di nuove sale;

• al ripristino di sale inattive secondo le specifiche e nei limiti indicati al comma 333 della

Legge 24 dicembre 2007, n. 244, avendo particolare riguardo all’esistenza o meno della sala

cinematografica in data anteriore al 1° gennaio 1980, quindi non più solo introduzione e

acquisizione.

La misura del credito viene innalzata al 40% delle spese complessivamente sostenute, con un

limite massimo di 50.000 euro per ciascuno schermo.

Decadenza del beneficio- Il credito d'imposta è revocato qualora:

a) venga accertata l'insussistenza di uno dei requisiti soggettivi e oggettivi;

b) la documentazione presentata, contenga elementi non veritieri o sia incompleta rispetto a

quella richiesta;

c) non vengano rispettati i limiti previsti per la fattispecie dell'acquisto;

d) in caso di accertamento della falsità delle dichiarazioni rese.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.3.3. Imprese di produzione cinematografica e le previsioni del Credit Tax

Al comma 327 dell’art 1 della legge 244/2007 lettera a) è riconosciuto un credito d'imposta per

le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo

di produzione di opere cinematografiche, di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del

decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e, comunque, fino all'ammontare massimo annuo di

euro 3.500.000 per ciascun periodo d'imposta, condizionato al sostenimento sul territorio

italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna

produzione, all'80 per cento del credito d'imposta stesso.

Per le imprese di produzione esecutiva e di post produzione al comma 335, in relazione a film, o

alle parti di film, realizzati sul territorio nazionale, utilizzando manodopera italiana, su

commissione di produzioni estere come previsto dal comma 335 dell’art. 1 della Legge

244/2007 il beneficio opera in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola

opera e comunque con un limite massimo, per ciascuna impresa di produzione esecutiva e

periodo d'imposta, di dieci milioni di euro.

Opere cinematografiche di nazionalità italiana

Opere cinematografiche realizzate su commissione di produzione estera

15% del costo complessivo di produzione fino all'ammontare massimo annuo di

euro 3.5 mln di euro per ciascun periodo d'imposta

25% del costo complessivo della singola opera fino ad un massimo di 10 mln di €

per ciascun periodo di imposta.

Imprese di produzione cinematografica - si intendono quelle residenti o non residenti

soggette a tassazione in Italia, inclusi gli enti non commerciali che al momento di

presentazione dell’istanza, risultano iscritte o hanno presentato domanda di iscrizione

nell’elenco informatico istituito e tenuto ai sensi dell’art.3, comma 1, del D.Lgs. 22 gennaio

2004, n°28 tenuto presso il Ministero per i beni e le attività culturali.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Il beneficio della detassazione secondo quanto stabilito dall’art. 2 commi 2 e 3 del D.M. 7

maggio 2009:

• non può eccedere il reddito imponibile determinato, al lordo della detassazione, applicando

ai beni strumentali i coefficienti di ammortamento ordinari stabiliti dal decreto del Ministero

delle finanze 31 dicembre 1998;

• spetta sulla parte degli utili accantonati che non superi la differenza tra il reddito

d’esercizio, al lordo della detassazione e l’utile distribuito ;

• è subordinato all’ottenimento del nulla osta di proiezione in pubblico di cui alla legge 21

aprile 1962, n.161, relativo all’opera cinematografica per la quale si usufruisce dei benefici,

entro 18 mesi dall’approvazione del bilancio al quale si riferiscono gli utili investiti;

Istanza preventiva - Ai fini dell’ottenimento del beneficio della detassazione, le imprese

interessate devono presentare al Ministero per i beni e le attività culturali un’istanza preventiva

entro 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio indicando necessariamente:

• l’ammontare dell’utile accantonato per il quale si richiede la detassazione;

• le aliquote dell’imposta sul reddito e dell’imposta regionale applicabili ;

• il costo complessivo di produzione per ciascuna opera cinematografica;

• le giornate di ripresa previste sul territorio italiano;

• ammontare spese che si prevede di sostenere all’estero con l’indicazione di eventuali

agevolazioni che si prevede di fruire;

• la richiesta se ne ricorrono le condizioni, di film difficile o di film con risorse finanziarie

limitate oppure di entrambe le qualifiche( comunicazione Commissione UE del 26

settembre 2001);

• la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà riguardante determinati aiuti dichiarati

incompatibili dalla Commissione Europea;

• il bilancio d’esercizio al quale si riferiscono gli utili destinati alla produzione delle opere

agevolabili.

Il benefico è richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui si riferiscono

gli utili accantonati, nei limiti del costo di produzione sostenuto nell’esercizio successivo fino

alla data di approvazione del bilancio, apportando una variazione in diminuzione del reddito

d’impresa e fino a concorrenza dello stesso. L’eccedenza degli utili accantonati non

concorre alla formazione del reddito degli esercizi successivi nei limiti del costo di

produzione sostenuto dopo la data di approvazione dei rispettivi bilanci.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Entro 90 giorni, a pena di decadenza, dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in

pubblico di cui alla legge 21 aprile 1962 n°161 l’impresa di produzione deve presentare l’istanza

definitiva riportante:

• il costo complessivo di produzione con attestazione di effettività delle spese sostenute

rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero da un revisore contabile o da un

professionista iscritto nell’albo dei revisori contabili, dei dottori commercialisti e degli

esperti contabili, dei periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro;

• il totale delle giornate di ripresa effettuate sul territorio nazionale e l’ammontare delle

spese sostenute all’estero e le agevolazioni eventualmente fruite.

• per i film di nazionalità italiana, la richiesta di riconoscimento della nazionalità ai sensi

dell’art 5 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 e l’attestazione del rispetto dei requisiti di

eleggibilità culturale.

• per i film di interesse culturale, la richiesta di riconoscimento dei requisiti ai sensi

dell’art dell’art.7 del D.Lgs 22 gennaio 2004, n°28 e l’attestazione del rispetto dei requisiti

di eleggibilità culturale;

• se ne ricorrono i requisiti la richiesta per il riconoscimento di film difficile o di film con

risorse finanziarie modeste, oppure di entrambe le qualifiche( comunicazione

Commissione UE del 26 settembre 2001).

6.3.4. Cosa cambia con la Legge di Stabilità 2016

La Legge di Stabilità 2016 al comma 331, interviene sulle previsioni contenute al comma 327

dell’art 1 della Legge 244/2007 lettera c) stabilendo che il credito d’imposta sopra descritto

opera nella misura non inferiore al 15% e non superiore al 30% in relazione anche alla cumulabilità

e alla misura del beneficio spettante per la medesima opera ai sensi del comma 325, fino

all'ammontare massimo annuo di euro 6.000.000 per ciascun periodo d'imposta, superando

quindi la vecchia previsione che operava nella misura massima di 3.000.000.

Legge di stabilità 2016

Il credito d’imposta nella previsione massima passa dal 15% al 30%

Il limite opera non oltre la somma di € 6.000.000 in luogo della vecchia

previsione di € 3.5000.000

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.3.5. Il credito di imposta per le imprese di distribuzione cinematografica e la Legge di

Stabilità 2016

Al comma 327 delle Legge 244/2007 lettera b) nella previsione originaria è stabilita una

detassazione per le imprese di distribuzione cinematografica pari:

• al 15 % delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di

nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del decreto

legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per

ciascun periodo d'imposta; (n°1)

• al 10% delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di

nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di

euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta; (n°2)

• al 20 % dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554

del codice civile, per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di

interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 28 del 2004, con un

limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta;(n°3)

Con l’approvazione della legge di stabilità la detassazione prevista alla lettera b) n° 1 sempre in

riferimento al comma 327 delle Legge 244/2007 opera anche per le spese sostenute per la

distribuzione internazionale quindi non più solo per quelle nazionali come invece era previsto

nella precedente previsione. Inoltre viene innalzata la soglia massima di detassazione che

passa da 1.500.000 a 2.000.000 per ogni periodo di imposta

E aggiunta inoltre la previsione che il decreto previsto al comma 333 della Legge 244/2007

prevede l’aliquota massima con riferimento alla distribuzione internazionale e, per quanto

riguarda quella nazionale, in relazione ai piani distributivi che, per tipologia di opera ovvero per

modalità e tempi del piano distributivo, presentino maggiore difficoltà a raggiungere un

pubblico vasto»;

Legge di Stabilità 2016

La detassazione è estesa anche alle spese sostenute per la distribuzione

internazionale

Innalzamento della soglia massima di detassazione fino a 2.000.000

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Inoltre, la detassazione al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la

distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana,

con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta prevista alla

lettera b) n°2 del comma 327 della Legge 244/2007 viene abrogata.

Da ultimo non per rilevanza è da segnalare l’abrogazione del comma 328 che prevedeva con

riferimento alla medesima opera filmica, che i benefici di cui al comma 327 della legge

244/2007 non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano

parte dello stesso gruppo societario nonché' di soggetti legati tra loro da un rapporto di

partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi

dell'articolo 2359 del codice civile; quindi in seguito all’abrogazione non opera più la non

cumulabilità dei benefici oggetto di trattazione.

Le misure in sintesi:

TAX CREDIT TIPOLOGIA ALIQUOTA MAX ANNUO PER IMPRESA

Società di

produzione

esecutiva

Opere

cinematografiche

realizzate su

commissione di

produzione

estera

25% del costo complessivo della singola opera fino ad

un massimo di 10 mln di € per ciascun periodo di

imposta

Società di

produzione

Opere

cinematografiche

di nazionalità

italiana

Il credito d’imposta nella previsione massima è pari al

30% Il limite è pari a € 6.000.000

Società di

distribuzione

Distribuzione

nazionale di

opere di

nazionalità

italiana

15 % delle spese complessivamente sostenute per la

distribuzione nazionale; Soglia max di detassazione

pari a € 2.000.000

Società di

distribuzione

Distribuzione

internazionale di

opere di

nazionalità

italiana

15 % delle spese complessivamente sostenute per la

distribuzione nazionale; Soglia max di detassazione

pari a € 2.000.000

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Impresa di

Esercizio

Introduzione

acquisizione e

sostituzione di

impianti e

apparecchiature

destinate alla

proiezione

digitale

40% delle spese complessivamente sostenute; limite

massimo di 50.000 euro per ciascuno schermo

Soggetti di cui

all'articolo 73

del T.U.I.R. e ai

titolari di reddito

di impresa non

appartenenti al

settore

cinematografico

ed audiovisivo,

associati in

partecipazione

Attività di

Produzione e

distribuzione in

Italia e all’estero

40%

Fino all'importo massimo di euro 1.000.000 per

ciascun periodo d'imposta

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.4. Credito d’imposta per la riqualificazione degli alberghi e le novità introdotte dalla

Legge di Stabilità 2016

L’Art. 10 del D.L. 31 maggio 2014 n°83 recante: "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio

culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo” prevede al fine di migliorare la qualità'

dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività' delle destinazioni turistiche, per il periodo

d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto e per i due successivi, per le imprese

alberghiere esistenti alla data del 1° gennaio 2012 un credito d'imposta nella misura del 30 per

cento delle spese sostenute fino a un massimo di 200.000 euro nei periodi di imposta relativi al

2014, 2015 e 2016.

Definizione struttura alberghiera -Per struttura alberghiera si intende una struttura aperta al

pubblico, a gestione unitaria, con servizi centralizzati che fornisce alloggio, eventualmente vitto

ed altri servizi accessori, in camere situate in uno o più edifici. Tale struttura è composta da non

meno di sette camere per il pernottamento degli ospiti. Sono strutture alberghiere gli alberghi, i

villaggi albergo, le residenze turistico-alberghiere, gli alberghi diffusi, nonché quelle individuate

come tali dalle specifiche normative regionali.

Credito d’imposta pari al 30%

delle spese sostenute nei periodi

d’imposta 2014,2015,2016.

Importo massimo credito

d’imposta pari a 200.000 euro.

Caratteristiche struttura alberghiera

• Aperta al pubblico; • Gestione unitaria; • Servizi i centralizzati; • Offerta alloggi e eventuale vitto e

servizi aggiuntivi in camere situate in uno più edifici;

• Almeno 7 camere per il pernottamento degli ospiti.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.4.1. Profili generali del credito d’imposta per la riqualificazione degli alberghi

Il credito d’imposta di cui sopra è collegato alle spese relative ai seguenti interventi:

• manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione

edilizia;

• incremento dell'efficienza energetica;

• eliminazione delle barriere architettoniche;

• acquisto di mobili e componenti d'arredo destinati esclusivamente alle strutture

alberghiere a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee

all'esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima del secondo periodo

d'imposta successivo. Ai sensi dell'articolo 10, comma 7, del decreto-legge n. 83 del

2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014, il credito d'imposta

concesso per le spese relative all'acquisto di mobili e componenti d'arredo non può

comunque oltrepassare il dieci per cento del limite massimo complessivo delle risorse

annuali disponibili.

Le spese si considerano sostenute ai sensi dell’art. 109 del TUIR; l’effettività del sostenimento

deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata dal presidente del Collegio sindacale, ovvero

da un revisore legale iscritto nel registro, o da un dottore commercialista o esperto contabile

iscritto all’albo, o da un consulente del lavoro, ovvero dal responsabile del CAF.

L’importo totale delle spese agevolabili non può essere superiore a € 666.666 euro.

Peculiarità del credito d’imposta - Il credito di imposta presenta le seguenti caratteristiche:

• deve essere ripartito in 3 rate annuali;

• è utilizzabile esclusivamente in compensazione;

• non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali;

• deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il

quale è concesso;

• non concorre alla formazione del reddito per la determinazione delle imposte sui redditi

e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive,

• non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi

passivi né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Il D.M. 7 maggio 2015 ai fini dell'applicazione dell'articolo 10 del decreto-legge n.

83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014 stabilisce

che:

per "interventi di ristrutturazione edilizia" si intende:

1) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b) decreto

del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e successive modificazioni, ossia:

1.1) le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli

edifici; 1.2) le opere e le modifiche necessarie per realizzare ed integrare i servizi igienico-

sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non

comportino modifiche delle destinazioni di uso;

1.3) gli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con

esecuzione di opere, anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità

immobiliari nonché del carico urbanistico, purché' non sia modificata la volumetria

complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d' uso;

2) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera

c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e successive modificazioni,

ossia gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la

funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi

tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con

essi compatibili.

Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi

costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti

dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

3) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto

Esempio pratico - ALBERGO CHE RISTRUTTURA LA SALA DA PRANZO SOSTENENEDO UNA SPESA PARI A € 50.000 EURO.

CREDITO DI IMPOSTA = € 50.000 (COSTO COMPLESSIVO SOSTENUTO PER LA RISTRUTTURAZIONE) *30 (% CREDITO D’IMPOSTA) = € 15.000 da utilizzare in compensazione in F24 a decorrere dal 1/01/2017 e le residue 2 rate di euro 5.000 saranno utilizzabili rispettivamente a decorrere dal 1/01/2018 e dal 1/01/2019.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e successive modificazioni, ossia gli

interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere

che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali

interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio,

l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli

interventi di cui sopra sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e

ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni

necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di

edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché

sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli

immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e

successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di

ripristino di edifici crollati o demoliti sostituiscono interventi di ristrutturazione edilizia

soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.

Gli "interventi di eliminazione delle barriere architettoniche" fanno riferimento:

1) gli interventi volti ad eliminare gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la

mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una

capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea; gli ostacoli

che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi,

attrezzature o componenti; la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che

permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per

chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi;

2) la progettazione e la realizzazione di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili

da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o

di progettazioni specializzate;

3) gli interventi volti ad eliminare le barriere sensoriali e della comunicazione;

per "interventi di incremento dell'efficienza energetica" si intende:

1) gli interventi di riqualificazione energetica, ovvero interventi che conseguono un indice

di prestazione energetica per la climatizzazione non superiore ai valori definiti

dall'Allegato A al decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 marzo 2008, e

successive modificazioni, citato in premessa;

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Crediti d’imposta: conferme e novità

2) gli interventi sull'involucro edilizio: interventi su un edificio esistente, parti di un edificio

esistente o unità immobiliari esistenti, riguardante strutture opache verticali e

orizzontali (pareti, coperture e pavimenti), delimitanti il volume riscaldato verso

l'esterno e verso vani non riscaldati, che rispettano i requisiti di trasmittanza termica

definiti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 marzo 2008, e

successive modificazioni, citato in premessa;

3) gli interventi di sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione con:

impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di

distribuzione; impianti dotati di pompe di calore ad alta efficienza ovvero impianti

geotermici a bassa entalpia, e contestuale messa a punto ed equilibratura del sistema

di distribuzione; impianti di cogenerazione o trigenerazione ad alto rendimento e

contestuale messa a punto ed equilibratura del sistema di distribuzione.

le "spese per l'acquisto di mobili e componenti d'arredo destinati esclusivamente alle

strutture alberghiere oggetto del presente decreto", comprendono:

1) quelle relative a rifacimento o sostituzione di cucine o di attrezzature professionali per

la ristorazione, quali, tra l'altro, apparecchiature varie di cottura, forni, armadi frigoriferi

e congelatori, macchine per la preparazione dinamica, elementi per la preparazione

statica, macchine per il lavaggio delle stoviglie, macchine per il lavaggio dei tessuti,

abbattitori di temperatura, produttori di ghiaccio, con altri aventi caratteristiche

migliorative rispetto a quelle esistenti in termini di sicurezza, efficienza energetica,

prestazioni;

2) quelle relative a mobili e complementi d'arredo da interno e da esterno, quali, tra gli

altri, tavoli, scrivanie, sedute imbottite e non, altri manufatti imbottiti, mobili

contenitori, letti e materassi, gazebo, pergole, ombrelloni, tende da sole, zanzariere;

3) quelle relative a mobili fissi, quali, tra gli altri, arredi fissi per bagno, pareti e cabine

doccia, cucine, boiserie, pareti interne mobili apparecchi di illuminazione;

4) quelle relative a pavimentazioni di sicurezza, arredi e strumentazioni per la

convegnistica, attrezzature per parchi giochi e attrezzature sportive pertinenziali;

5) quelle relative a arredi e strumentazioni per la realizzazione di centri benessere ubicati

all'interno delle strutture ricettive.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Nello specifico Il D.M. 7 maggio 2015 prevede che sono eleggibili ai fini del credito

d’imposta, le seguenti spese:

Interventi di ristrutturazione edilizia

1) costruzione dei servizi igienici in ampliamento dei volumi di quelli esistenti;

2) demolizione e ricostruzione anche con modifica della sagoma ma nel rispetto

della volumetria, con esclusione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi del

decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, per i quali

è necessario il rispetto sia del volume che della sagoma;

3) ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la

loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza

anche con modifica della sagoma; sono esclusi gli immobili soggetti a vincolo ai

sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni,

per i quali è necessario il rispetto sia del volume che della sagoma;

4) interventi di miglioramento e adeguamento sismico;

5) modifica dei prospetti dell'edificio, effettuata, tra l'altro, con apertura di nuove

porte esterne e finestre, o sostituzione dei prospetti preesistenti con altri aventi

caratteristiche diverse materiali, finiture e colori;

6) realizzazione di balconi e logge;

7) recupero dei locali sottotetto, trasformazione di balconi in veranda;

8) sostituzione di serramenti esterni, da intendersi come chiusure apribili e

assimilabili, quali porte, finestre e vetrine anche se non apribili, comprensive degli

infissi, con altri aventi le stesse caratteristiche e non ammissibili ad altre

agevolazioni fiscali;

9) sostituzione di serramenti interni (porte interne) con altri aventi caratteristiche

migliorative rispetto a quelle esistenti (in termini di sicurezza, isolamento

acustico);

10) installazione di nuova pavimentazione o sostituzione della preesistente con

modifica della superficie e dei materiali, privilegiando materiali sostenibili

provenienti da fonti rinnovabili, tra i quali il legno, anche con riferimento ai pontili

galleggianti;

11) installazione o sostituzione di impianti di comunicazione ed allarme in caso di

emergenza e di impianti di prevenzione incendi ai sensi della vigente normativa.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Interventi di eliminazione delle barriere architettoniche

Interventi che possono essere realizzati sia sulle parti comuni che sulle unità immobiliari,

quali:

1) sostituzione di finiture (pavimenti, porte, infissi esterni, terminali degli impianti), il

rifacimento o l'adeguamento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici,

citofonici, impianti di ascensori, domotica);

2) interventi di natura edilizia più rilevante, quali il rifacimento di scale ed ascensori,

l'inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o piattaforme

elevatrici;

3) realizzazione ex novo di impianti sanitari (inclusa la rubinetteria) dedicati alle persone

portatrici di handicap, così come la sostituzione di impianti sanitari esistenti con altri

adeguati all'ospitalità delle persone portatrici di handicap;

4) sostituzione di serramenti interni (porte interne, anche di comunicazione) in

concomitanza di interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche;

5) installazione di sistemi domotici atti a controllare in remoto l'apertura e chiusura di

infissi o schermature solari;

6) sistemi e tecnologie volte alla facilitazione della comunicazione ai fini dell'accessibilità;

Acquisto di mobili e componenti d’arredo

1. acquisto, rifacimento o sostituzione di cucine o di attrezzature professionali per la

ristorazione, quali, tra l'altro, apparecchiature varie di cottura, forni, armadi frigoriferi e

congelatori, macchine per la preparazione dinamica, elementi per la preparazione

statica, macchine per il lavaggio delle stoviglie, macchine per il lavaggio dei tessuti,

abbattitori di temperatura, produttori di ghiaccio, con altri aventi caratteristiche

migliorative rispetto a quelle esistenti, in termini di sicurezza, efficienza energetica,

prestazioni;

2. acquisto di mobili e di complementi d'arredo da interno e da esterno, quali, tra gli altri,

tavoli, scrivanie, sedute imbottite e non, altri manufatti imbottiti, mobili contenitori, letti

e materassi, gazebo, pergole, ombrelloni, tende da sole, zanzariere

3. acquisto di mobili fissi, quali, tra gli altri, arredi fissi per bagno, pareti e cabine doccia,

cucine componibili, boiserie, pareti interne mobili, apparecchi di illuminazione;

4. acquisto di pavimentazioni di sicurezza, arredi e strumentazioni per la convegnistica,

attrezzature per parchi giochi e attrezzature sportive pertinenziali;

5. arredi e strumentazioni per la realizzazione di centri benessere ubicati all'interno delle

strutture ricettive.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Interventi di Incrementi dell’efficienza energetica

1. Installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica;

2. installazione di schermature solari esterne mobili finalizzate alla riduzione dei

consumi per condizionamento estivo;

3. coibentazione degli immobili ai fini della riduzione della dispersione termica;

4. installazione di pannelli solari termici per produzione di acqua;

5. la realizzazione di impianti elettrici, termici e idraulici finalizzati alla riduzione del

consumo energetico (impianti di riscaldamento ad alta efficienza, sensori termici,

illuminazioni led, attrezzature a classe energetica A, A+ , A++, A+++)

Presentazione della domanda – Dal 1° gennaio al 28 febbraio dell'anno successivo a quello

di effettuazione delle spese, le imprese interessate presentano al Ministero dei beni e delle

attività' culturali e del turismo apposita domanda per il riconoscimento del credito d'imposta.

Presentazione della domanda

2014 Entro 60 giorni dalla definizione delle modalità telematiche d’invio

2015 Dal 1° gennaio al 28 Febbraio 2016

2016 Dal 1° gennaio al 28 Febbraio 2017

Nella domanda sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa, deve essere specificato:

• il costo complessivo degli interventi e l'ammontare totale delle spese eleggibili ai sensi

dell'articolo 4;

• l'attestazione di effettivita' delle spese sostenute;

• il credito d'imposta spettante.

Le imprese devono, inoltre, contestualmente alla domanda di cui sopra presentare al Ministero la

dichiarazione, sostitutiva di atto di notorietà, relativa ad altri aiuti "de minimis" eventualmente

fruiti durante l'esercizio finanziario in corso e ne due precedenti, come previsto dall'articolo 6,

paragrafo 1 del Regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013,

allegando, inoltre, a pena di inammissibilita', la documentazione amministrativa e tecnica

necessaria. Il credito d'imposta e' riconosciuto previa verifica, da parte del Ministero dei beni e

delle attivita' culturali e del turismo, dell'ammissibilita' in ordine al rispetto dei requisiti soggettivi

ed oggettivi e formali, nonche' nei limiti delle risorse disponibili.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle domande, il predetto Ministero comunica

all'impresa il riconoscimento ovvero il diniego dell'agevolazione e, nel primo caso, l'importo del

credito effettivamente spettante.

6.4.2. Le novità previste dalla Legge di stabilità 2016

La Legge 28 dicembre 2015 n° 208 (Legge di stabilità 2016) al comma 320 interviene sulla

misura oggetto di trattazione aggiungendo dopo il comma 2 dell’articolo 10 del Decreto Legge 31

maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, che il credito

d’imposta di cui al comma 1 è riconosciuto anche nel caso in cui la ristrutturazione edilizia

comporti un aumento della cubatura complessiva, nei limiti e secondo le modalità previste

dall’articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge

6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore

della disposizione sopra citata le disposizioni applicative della previsione aggiuntiva saranno

definite con riferimento, in particolare, a:

a) le tipologie di strutture alberghiere ammesse al credito d’imposta;

b) le tipologie di interventi ammessi al beneficio, nell’ambito di quelli di cui al comma 2;

c) le procedure per l’ammissione al beneficio, che avviene secondo l’ordine cronologico di

presentazione delle relative domande, nel rispetto dei limiti di cui ai commi 1 e 7;

d) le soglie massime di spesa ammissibile per singola voce di spesa sostenuta;

e) le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d’imposta, secondo

quanto stabilito dall’articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40,

convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73. 2-ter.

Standard minimi strutture ricettive - Al fine di migliorare la qualità dell’offerta ricettiva per

accrescere la competitività delle destinazioni turistiche, e per promuovere l’adozione e la

diffusione della “progettazione universale” e l’incremento dell’efficienza energetica, la Legge di

Stabilità 2016 dispone che vengano aggiornati gli standard minimi, uniformi in tutto il territorio

nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle

imprese turistiche, compresi i condhotel e gli alberghi diffusi, tenendo conto delle specifiche

Legge di stabilità 2016 Il credito d’imposta è riconosciuto

anche nel caso in cui la ristrutturazione edilizia comporti un

aumento della cubatura complessiva

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

esigenze connesse alle capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali e dei sistemi di

classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale.

L’aggiornamento sarà implementato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,

con proprio decreto da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della Legge di

Stabilità, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.5. Detrazione Iva per l’acquisto della casa

6.5.1. Caratteristiche generali

La Legge di Stabilità del 2016 (art. 1, comma 56, della legge n. 208 del 28 dicembre 2015) ha

previsto una nuova detrazione per l’acquisto di unità abitative cedute da imprese costruttrici

imponibili ai fini dell’IVA.

L’acquirente può considerare in detrazione, fino a concorrenza dell’imposta lorda, il 50 per cento

dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA.

L’ambito applicativo della nuova detrazione riguarda gli acquisti che saranno effettuati nel

periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2016 e spetta esclusivamente per le unità immobiliari con

classe energetica A o B ai sensi delle disposizioni vigenti.

Solitamente l’ammontare dell’IVA pagata al costruttore è ben più elevata rispetto all’imposta di

registro dovuta qualora la cessione sia effettuata da un soggetto privato.

L’IVA si applica sul corrispettivo effettivo; invece l’imposta di registro si applica su una base

imponibile solitamente costituita dal più basso valore catastale.

Tramite il riconoscimento della detrazione in rassegna il legislatore ha inteso equilibrare gli

oneri tributari.

6.5.2. Applicazione dell’Iva

Come noto l’applicazione dell’IVA alle cessioni immobiliari, effettuate dalle imprese costruttrici,

può portare ad un freno per la ripresa immobiliare.

Infatti, a parità di condizioni, è più conveniente per le persone fisiche acquistare un immobile

soggetto ad imposta di registro anziché ad IVA.

Per tale ragione la legge di Stabilità per il 2016 prevede la possibilità di considerare in

detrazione, ai fini delle imposte sui redditi, una parte del costo costituito dal 50 per cento

dell’IVA applicata sull’immobile oggetto di acquisto.

In linea di principio l’applicazione del meccanismo del “prezzo-valore” determina una riduzione

della base imponibile rappresentata dal valore catastale.

Diversamente, la base imponibile ai fini IVA è rappresentata dal corrispettivo, nella maggior

parte dei casi ben superiore al valore catastale. Tale circostanza è già di per sé sufficiente a

determinare un notevole aggravio dell’onere fiscale a carico dell’acquirente.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Acquisto di un immobile effettuato da una persona fisica non in possesso

delle condizioni che legittimano l’applicazione delle agevolazioni per

l’acquisto della prima casa.

Valore catastale è pari a 460.000 euro;

Corrispettivo ammonta a 1.080.000 euro;

La cessione è soggetta naturalmente ad IVA in quanto il trasferimento viene effettuato

entro i cinque anni dall’ultimazione della costruzione dell’immobile, oppure l’impresa

costruttrice applicherà l’IVA esercitando l’opzione ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-

bis), D.P.R. n. 633/1972;

L’IVA applicata, ammonta a 108.000 euro.

Se la vendita dell’immobile abitativo fosse effettuata da un privato o da un’impresa non

costruttrice l’imposta di registro dovuta in base al valore catastale sarebbe pari a 41.400

euro (il 9% di 460.000 euro).

6.5.3. La nuova detrazione

Con la Legge di Stabilità 2016 il legislatore ha inteso in parte eliminare il maggior onere

rappresentato dall’IVA quale tributo non detraibile dagli acquirenti privati persone fisiche.

Al verificarsi di determinate condizioni, si può considerare in detrazione dall’IRPEF lorda in

importo pari al 50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA per gli acquisti di unità

immobiliari residenziali effettuati entro il 31 dicembre 2016.

Proseguendo con l’esempio sopra indicato, l’acquirente può considerare in

detrazione un importo pari a 54.000 euro:

l’onere tributario sostenuto dall’acquirente, qualora la cessione fosse soggetta

ad IVA anziché ad imposta di registro, sarebbe quasi equivalente; la differenza

non sarebbe però azzerata completamente. L’applicazione dell’imposta di

registro sarebbe ancora una volta più conveniente essendo minore il costo

rispetto all’IVA per un importo pari a 12.600 euro, ma la differenza, come

ricordato, sarebbe ora sensibilmente diminuita.

L’acquirente non sarebbe così penalizzato nel rivolgersi ad un’impresa costruttrice per

acquistare l’immobile abitativo.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

6.5.4. Caratteristiche della nuova agevolazione

Dal punto di vista soggettivo, il beneficio è fruibile a condizione che:

• la cessione dell’immobile abitativo sia effettuata da un’impresa costruttrice e l’unità

immobiliare deve avere una classe energetica A o B ai sensi della normativa vigente.

La detrazione (parziale) del costo non è limitata alla prima casa, ma riguarda ogni tipologia di

immobile (anche di lusso) di tipo abitativo a condizione, però, che l’acquisto sia effettuato entro

il 31 dicembre del 2016. É altresì irrilevante l’aliquota IVA applicata che può essere del 4% (per

la prima casa) del 10% o del 22% (per gli immobili di lusso).

La detrazione potrà essere scomputata dall’IRPEF non in un’unica soluzione, ma in dieci quote

costanti di pari importo.

La previsione sembrerebbe essere sfavorevole al contribuente, ma in realtà non è così.

Diversamente, nella maggior parte dei casi l’acquirente perderebbe parte del beneficio.

Si consideri ad esempio l’acquisto di un’unità immobiliare il cui corrispettivo

ammonta a 300.000 euro con l’applicazione dell’aliquota nella misura del 10 per

cento (mancando le condizioni per fruire delle agevolazioni per l’acquisto della

prima casa).

In tale ipotesi l’IVA sarà pari a 30.000 euro e la detrazione, commisurata al 50 per cento del

tributo, sarà pari a 15.000 euro.

Il riconoscimento della detrazione in un’unica soluzione avrebbe penalizzato i contribuenti che

dichiarano i redditi di minore ammontare.

Ad esempio se l’imposta lorda del contribuente fosse pari a 10.000 euro,

l’acquirente avrebbe beneficiato di un credito IRPEF di pari importo alle ritenute

subite senza poter più recuperare, neppure in futuro, il maggior importo della

detrazione non considerata in diminuzione dell’imposta lorda (5.000 euro nell’esempio).

Sarebbe poi sorto il problema di come far valere il credito pari alle ritenute subite e non

utilizzabile immediatamente in mancanza di altri redditi.

Potrebbe essere eventualmente considerato a scomputo dell’IMU e della TASI se dovute, ma il

recupero integrale potrebbe richiedere tempi molto lunghi.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Il legislatore ha così scelto un’altra soluzione riconoscendo la detrazione del 50 per cento

dell’IVA, ma in dieci quote costanti di pari importo.

Nell’esempio il contribuente potrà considerare in detrazione 1.500 euro nell’anno in

cui è stata pagata l’IVA e la quota residua di 13.500 euro in altrettante detrazioni (di

pari importo) per le nove annualità successive.

Dal punto di vista oggettivo, come si desume in base alla mera lettura della norma, la detrazione

riguarda esclusivamente l’acquisto di unità immobiliari residenziali.

A tal proposito si dovrà fare riferimento alla categoria catastale A, ad esclusione degli immobili

aventi categoria catastale A/10 (uffici).

E’ irrilevante che l’acquisto riguardi un’unità immobiliare di lusso (A/1, A/8 e A/9).

In tali ipotesi l’acquisto sarà soggetto all’applicazione dell’aliquota ordinaria del 22 per cento,

ma la circostanza non impedirà all’acquirente, in presenza delle altre condizioni previste dalla

legge, di fruire della detrazione IRPEF.

Al fine di calcolare correttamente la detrazione si dovrà fare riferimento non solo all’acquisto

delle unità immobiliari aventi categoria catastale di tipo residenziale, ma anche alle eventuali

pertinenze quali ad esempio, il posto auto, la cantina ecc.

In questo caso sarà irrilevante la classificazione catastale (C/2, C/6 e C/7). E’ necessaria, però,

la sussistenza del vincolo pertinenziale

Ad esempio se il contribuente è già proprietario di un immobile di tipo abitativo e

nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2016 acquista, con atto

separato, una cantina, sarà possibile fruire della nuova detrazione solo costituendo

il predetto vincolo pertinenziale.

In questo caso la detrazione IRPEF sarà pari al 50 per cento dell’IVA pagata all’impresa

costruttrice per l’acquisto della cantina.

Nel caso di specie l’immobile principale, acquistato entro il 31 dicembre 2015, non determina

alcuna diritto alla detrazione.

Infatti, nell’esempio l’acquisto è stato effettuato in un periodo anteriore all’entrata in vigore della

novità.

Viceversa il requisito temporale risulta soddisfatto per l’acquisto della cantina, ma è essenziale

che a tale unità immobiliare possa essere attribuita la qualifica “residenziale”.

Tale qualifica può essere attribuita solo a seguito della costituzione del vincolo pertinenziale.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Viceversa, in mancanza della costituzione del vincolo pertinenziale, la cantina non può essere

considerata un immobile di tipo residenziale.

Pertanto, l’eventuale applicazione dell’IVA non determina la possibilità di fruire di alcuna

detrazione ai fini dell’IRPEF

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.6. Acquisto prima casa in leasing

6.6.1. Caratteristiche generali

La legge di stabilità 2016 ha introdotto una disciplina civilistica e fiscali sulla locazione

finanziaria di immobili adibiti ad uso abitativo.

Sul versante fiscale, oltre alle agevolazioni in materia di imposta di registro, si segnala la

deducibilità ai fini IRPEF nella misura del 19% dei costi, relativi al contratto di locazione

finanziaria, e in particolare:

• dei canoni e dei relativi oneri accessori, per un importo non superiore a 8.000 euro,

• del costo di acquisto dell’immobile all’esercizio dell’opzione finale, per un importo non

superiore a 20.000 euro, ove le spese siano sostenute da giovani di età inferiore a 35

anni, con un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro all’atto della stipula del

contratto di locazione finanziaria e non titolari di diritti di proprietà su immobili a

destinazione abitativa.

La detrazione spetta alle medesime condizioni previste per la detrazione degli interessi passivi

sui mutui contratti per l’abitazione principale.

Per i soggetti di età pari o superiore a 35 anni, ferme restando le altre condizioni richieste con le

norme in esame, l’importo massimo detraibile a fini IRPEF è dimezzato (dunque al massimo

4.000 euro per i canoni e 10.000 euro per il costo di acquisto).

6.6.2. Disciplina civilistica

In particolare è stata introdotta una nuova disciplina di favore per incentivare l'utilizzo del

contratto di leasing finalizzato all'acquisto dell'abitazione principale. Le modifiche sono tese a

ridurre la minore convenienza del leasing rispetto al mutuo ipotecario.

Si tratta di un'applicazione temporanea che opera limitatamente al periodo compreso tra il 1°

gennaio 2016 e il 31 dicembre 2020.

Con il contratto di locazione finanziaria,

• la banca o l'intermediario si obbligano ad acquistare o far costruire l'immobile, su

scelta e indicazione del soggetto utilizzatore, a disposizione del quale l'immobile è

posto per un dato tempo e verso un corrispettivo (che deve tener conto del prezzo di

acquisto o di costruzione e della durata del contratto).

• alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha la facoltà di acquistare la proprietà del

bene a un prezzo prestabilito.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

All'acquisto dell'immobile oggetto del contratto di locazione finanziaria si applica il divieto di

azione revocatoria fallimentare (ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. a, legge fallimentare).

Nel caso di

risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore,

la società di leasing ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a

corrispondere quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene

avvenute a valori di mercato, dedotte alcune somme (per le attività di vendita e

ricollocazione del bene sono previsti specifici obblighi di trasparenza e

pubblicità). L'eventuale differenza negativa dovrà essere corrisposta

dall'utilizzatore alla società di leasing.

sospensione pagamenti

è possibile richiederla per non più di una volta e per un periodo massimo

complessivo non superiore a dodici mesi nel corso dell'esecuzione del contratto

medesimo (in tal caso la proroga del contratto per il corrispondente periodo sarà

automatica). Il beneficio della sospensione è subordinato al ricorrere di specifici

eventi verificatisi in seguito alla stipula del contratto. Tra questi la cessazione del

rapporto di lavoro non dipendente da risoluzione consensuale, pensionamento,

dimissioni o licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

Al termine del periodo di sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e

con la periodicità originaria, salvo diverso accordo eventualmente intervenuto tra le parti per la

rinegoziazione delle condizioni contrattuali.

La sospensione, in ogni caso, non determina l'applicazione di alcuna commissione o spesa

d'istruttoria e avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

Per quanto riguarda le modalità di ripresa dei pagamenti al termine della sospensione,

quest'ultima non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria e avviene

senza richiesta di garanzie aggiuntive.

DISPOSIZIONE LEGISLATIVA

Con il contratto di locazione finanziaria, la banca o la società di leasing:

“si obbliga ad acquistare o far costruire l'immobile su scelta e secondo le indicazioni

dell'utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo mette a

disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tenga conto del

prezzo d'acquisto o di costruzione e della durata del contratto”.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

Per l'eventuale rilascio dell'immobile, alla società di leasing è consentito avvalersi del

procedimento per convalida di sfratto.

In caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, il concedente ha diritto

alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere a quest'ultimo quanto ricavato dalla

vendita o da altra collocazione del bene avvenute a valori di mercato. Tale somma è ridotta dei

canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere attualizzati e

del prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto.

6.6.3. Detrazione Irpef

Sul piano fiscale, la norma introduce un regime di favore per incentivare il ricorso alla nuova

tipologia contrattuale, con applicazione limitata al periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2016 e il

31 dicembre 2020.

Nello specifico, con l’aggiunta della lettera i-sexies) all’art. 15, comma 1, TUIR, si prevede la

• detraibilità dall’IRPEF, nella misura del 19%, dei canoni e dei relativi oneri accessori

fino a 8.000 euro;

• detraibilità del costo di acquisto dell’immobile all’esercizio dell’opzione finale fino a

20.000 euro, a condizione che le spese siano sostenute da giovani under 35, con un

reddito non superiore a 55.000 euro all’atto della stipula del contratto che non

risultino proprietari di immobili abitativi.

L’agevolazione spetta alle medesime condizioni previste per la detrazione degli interessi

passivi sui mutui contratti per l’abitazione principale.

A parità delle restanti condizioni richieste, l’importo detraibile ai fini IRPEF è dimezzato (dunque

al massimo 4 mila euro per i canoni e 10 mila per il costo di acquisto) per i soggetti di età pari o

superiore a 35 anni.

6.6.4. Imposta di registro

Con la medesima decorrenza, la norma introduce un regime fiscale agevolato anche con

riferimento all’imposta di registro che si applicherà con aliquota ridotta all’1,5% per gli atti di

acquisto, operati da banche e società di leasing, aventi ad oggetto immobili abitativi “non di

lusso”, diversi da quelli accatastati A/1, A/8 e A/9, acquisiti in locazione finanziaria da

utilizzatori che soddisfino le condizioni per l’applicazione delle agevolazioni “prima casa”.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

Sul piano pratico, pertanto, le condizioni relative alla residenza e la dichiarazione di non

possesso di altre abitazioni dovranno essere rese dall’utilizzatore nel contratto di leasing.

La norma prevede, inoltre, l’applicazione dell’imposta di registro anche alla cessione, operata

dall’utilizzatore, di contratti di leasing aventi a oggetto immobili abitativi, ancorché soggetti ad

IVA. Tali cessioni saranno soggette ad aliquota del 9% ove il contratto di locazione finanziaria

ceduto dall’utilizzatore e avente a oggetto un immobile abitativo che non soddisfi le condizioni

richieste per l’aliquota agevolata dell’1,5%.

AGEVOLAZIONI ACQUISTO CASA IN LEASING

Detrazione IRPEF del 19% di cui alle nuove lett. i-sexies.1) e i-sexies.2) del comma 1 dell’art.

15, TUIR, relativamente:

• ai canoni e relativi oneri accessori per un importo non superiore a € 8.000;

• al prezzo di riscatto per un importo non superiore a € 20.000.

Quanto sopra è riconosciuto a condizione che:

• l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale entro 1 anno dalla consegna;

• il soggetto interessato:

abbia un’età inferiore a 35 anni e un reddito complessivo non superiore a € 55.000

all’atto della stipula del contratto;

non sia titolare di diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa.

Se il soggetto ha un’età pari o superiore a 35 anni la predetta detrazione è ridotta del 50%.

La nuova detrazione spetta alle condizioni previste relativamente agli interessi passivi

ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale di cui alla lett. b) del citato art. 15.

Sono previste altresì le seguenti agevolazioni ai fini delle imposte indirette:

• è applicata l’imposta di registro dell’1,50% alle cessioni di case di abitazioni non di

lusso effettuate nei confronti di banche ed intermediari finanziari per essere concesse

in leasing ricorrendo i requisiti “prima casa”, in capo all’utilizzatore, di cui alla Nota II-

bis all’art. 1, Tariffa parte I, DPR n. 131/86;

• le imposte ipocatastali sono dovute in misura fissa (€ 200).

Nel caso di cessioni effettuate direttamente dall’impresa di costruzioni l’imposta di registro e

ipocatastali sono applicabili in misura fissa.

In caso di cessione del contratto di leasing in esame è applicabile l’imposta di registro del 9%,

ridotta all’1,5% in presenza delle condizioni “prima casa”.

L’agevolazione in esame è applicabile dall’1.1.2016 al 31.12.2020.

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

6.7. Agevolazione prima casa con meno vincoli

6.7.1. Agevolazione prima casa con meno vincoli

Con l’art. 1, co. 55, della L. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), efficace dal 1° gennaio 2016,

vengono modificati i criteri precedentemente elencati.

Nello specifico viene aggiunto un co. 4-bis all’articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima,

allegata al D.P.R. 131/1986, il quale prevede quanto segue:

“L’aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non

soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e

b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le

agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro

un anno dalla data dell’atto. In mancanza di detta alienazione, all’atto di cui al periodo precedente

si applica quanto previsto dal comma 4”.

Viene data in sostanza la possibilità al contribuente di poter fruire dell’agevolazione

prima casa anche nel caso in cui detenga un altro immobile acquisito con

l’agevolazione prima casa, a patto che quest’ultimo immobile sia alienato entro un

anno dalla stipula dell’atto per l’acquisto del “nuovo immobile”.

6.7.2. Agevolazione prima casa: regole generali

L’agevolazione “prima casa” consiste in un trattamento fiscale di favore che, a seconda che si

tratti di atti soggetti ad IVA o di atti soggetti all’imposta proporzionale di registro, prevede:

→ l’applicazione dell’aliquota agevolata del 4% per l’acquisto della prima casa, disposta dal

punto 21, Tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. 633/1972, in luogo delle aliquote

del 10% e del 22%;

→ l’applicazione dell’imposta di registro per l’acquisto della ‘prima casa’ nella misura del

2%, in luogo della più onerosa aliquota del 9% (atti soggetti a imposta proporzionale di

registro).

Per l’ottenimento dall’agevolazione in questione, sono richiesti determinati requisiti:

→ requisiti soggettivi, dettati, sia per gli atti soggetti ad IVA che per gli atti soggetti a

imposta proporzionale di registro, dalla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima,

allegata al D.P.R. 131/1986;

→ requisiti oggettivi: non deve trattarsi di immobili di lusso.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

IL REQUISITO OGGETTIVO: L’INDIVIDUAZIONE DEGLI IMMOBILI DI LUSSO

In merito al concetto di immobile di lusso a cui far riferimento sussistevano

definizioni differenti a seconda che l’agevolazione riguardasse l’IVA o l’imposta di

registro.

Agevolazione acquisto prima casa

Atti soggetti ad IVA

Atti soggetti ad imposta

proporzionale di registro

Non deve trattarsi di

immobili di lusso

La definizione di immobili di

lusso era rinvenibile nel

Decreto del Ministro dei

lavori pubblici 2 agosto 1969,

pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale n. 218 del 27 agosto

1969.

Si considerano immobili di

lusso le unità immobiliari

classificate in catasto nelle

categorie A/1, A/8 e A/9 a

prescindere dalle loro

caratteristiche.

Con l’art. 33 del D.lgs. Semplificazioni fiscali (D.lgs. 175/2014) è stato posto pone rimedio al

disallineamento nella definizione degli immobili di lusso ai fini IVA e ai fini dell’imposta di

registro, frutto dell’entrata in vigore della riforma della imposte d’atto a partire dal 1° Gennaio

2014; a seguito delle suddette modifiche, anche per la disciplina IVA il concetto di prima casa è

stato allineato a quello vigente per l’imposta di registro per cui le abitazioni non di lusso a cui fa

riferimento la Tabella A Parte II del D.P.R. n. 633/1972 sono quelle diverse dalle quelle

accatastate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Per effetto delle modifiche contenute nell’art. 33 del D.Lgs. semplificazioni fiscali, in vigore dal

13 dicembre 2014, anche per usufruire dell’aliquota ridotta del 4%, disposta dal punto 21,

Tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. 633/1972, si potrà far riferimento alla categoria

catastale degli immobili e saranno considerati di lusso, quindi non agevolabili, le unità

immobiliari classificate in catasto nelle categorie A/1, A/8 e A/9 a prescindere dalle loro

caratteristiche.

PROBLEMATICA - Da segnalare che la normativa richiamata non ha coordinato il numero

127-undecies) con la nuova formulazione del numero 21) della parte II della medesima

Tabella. In particolare, il numero 127-undecies) prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10

per cento agli atti di trasferimento o di costituzione di diritti reali aventi ad oggetto case di

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

abitazione (anche in corso di costruzione) non “di lusso” secondo i criteri di cui al decreto del

Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969 per le quali non ricorrono le condizioni

previste per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, richiamate dal numero 21) della

Tabella A, parte II, allegata al medesimo D.P.R. n. 633 del 1972.

Di conseguenza, mentre per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4%, per l’acquisto

della prima casa, poteva farsi riferimento, dal 13.12.2014 alla categoria catastale degli immobili,

per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% relativa agli atti di trasferimento o di

costituzione di diritti reali aventi a oggetto case di abitazione (anche in corso di costruzione)

non “di lusso” continuava a valere il riferimento ai criteri di cui al decreto del Ministero dei Lavori

Pubblici del 2 agosto 1969.

IL CHIARIMENTO - L’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 31/E/2014, emanata in

commento delle novità introdotte dal D.Lgs. 175/2014, ha chiarito che in base a

un’interpretazione sistematica del numero 127-undecies) e del numero 21) Tabella A, parte

seconda, allegata al D.P.R. 633/1972 (in particolare dato il riferimento del numero 127-

undecies) agli immobili per i quali non ricorrono le condizioni previste per l’applicazione

dell’agevolazione “prima casa”, richiamate dal numero 21) della Tabella A, parte II, allegata al

medesimo D.P.R. n. 633 del 1972) deve ritenersi che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA

del 10 per cento alle cessioni o agli atti di costituzione di diritti reali aventi a oggetto case di

abitazione diverse dalla “prima casa”, non assume più alcun rilievo la definizione di “abitazione

di lusso” di cui al decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969 che deve pertanto

ritenersi superata.

Di conseguenza, l’aliquota IVA del 10 per cento si applica – sussistendogli altri presupposti

richiesti dalla norma – agli atti di trasferimento o di costituzione di diritti reali aventi a oggetto

case di abitazione (anche in corso di costruzione) ovvero fabbricati Tupini classificati o

classificabili nelle categorie catastali diverse dalle cat. A/1, cat. A/8, cat. A/9, effettuati a

decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 175/2014 (ovvero il 13.12.2014).

IL REQUISITO SOGGETTIVO

Per usufruire dell’agevolazione prima casa:

non deve trattarsi di immobile di lusso, secondo quanto abbiamo esposto in

precedenza.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

devono essere soddisfatti i requisiti di cui alla nota II-bis) all’articolo 1, della tariffa,

parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986.

Tali ultimi requisiti sono:

1.

Immobile ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o

stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se

diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se

trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita

l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia

cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come

prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la

residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere

resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto

2.

Nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in

comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione

di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato

l'immobile da acquistare.

3. L’acquirente non deve essere titolare di un’altra abitazione, ovunque ubicata,

che sia stata acquistata con l’agevolazione prima casa.

4.

L’agevolazione è subordinata al fatto che la casa acquistata con il beneficio

fiscale non sia ceduta per almeno un quinquienno oppure che, se ceduta

prima del decorso del quinquiennio, entro un anno sia acquista altra prima

casa.

L’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 2/E/2014 ha puntualizzato che in sede di stipula

dell’atto di trasferimento o di costituzione del diritto reale sull’abitazione per il quale si intende

beneficiare del trattamento agevolato riservato all’acquisto della ‘prima casa’, sarà sufficiente

indicare, oltre che la sussistenza delle altre condizioni richieste dalla Nota II-bis all’articolo 1

della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, la classificazione o la classificabilità dell’immobile

nelle categorie catastali che possono beneficiare del regime di favore, che sono:

→ le abitazioni di tipo civile (cat. A/2);

→ le abitazioni di tipo economico (cat. A/3);

→ le abitazioni di tipo popolare (cat. A/4);

→ le abitazioni di tipo ultrapopolare (cat. A/5);

→ le abitazioni di tipo rurale (cat. A/6);

→ le abitazioni in villini (cat. A/7);

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Capitolo 6 – Crediti d’imposta: conferme e novità

→ le abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi (cat. A/11).

Con l’art. 1, co. 55, della L. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), efficace dal 1° gennaio 2016,

vengono modificati i criteri precedentemente elencati.

Nello specifico viene aggiunto un co. 4-bis all’articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima,

allegata al D.P.R. 131/1986, il quale prevede quanto segue:

“L’aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non

soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e

b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le

agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro

un anno dalla data dell’atto. In mancanza di detta alienazione, all’atto di cui al periodo precedente

si applica quanto previsto dal comma 4”.

Viene data in sostanza la possibilità al contribuente di poter fruire dell’agevolazione

prima casa anche nel caso in cui detenga un altro immobile acquisito con

l’agevolazione prima casa, a patto che quest’ultimo immobile sia alienato entro un

anno dalla stipula dell’atto per l’acquisto del “nuovo immobile”.

Prendendo a riferimento la tabella precedentemente esposta, che elencava i requisiti soggettivi

validi sia ai fini IVA che ai fini dell’imposta di registro, per fruire dell’agevolazione prima casa,

questi possono essere così riformulati:

1.

Immobile ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o

stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se

diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se

trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita

l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia

cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come

prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la

residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere

resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto

2.

Nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o

in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e

abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è

situato l'immobile da acquistare.

3.

Ove l’acquirente detenga un immobile acquisto con l’abitazione prima

casa deve provvedere alla sua cessione entro un anno dalla data di stipula

dell’atto con il quale viene acquistato il “nuovo” immobile.

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Crediti d’imposta: conferme e novità

4.

L’agevolazione è subordinata al fatto che la casa acquistata con il

beneficio fiscale non sia ceduta per almeno un quinquienno oppure che, se

ceduta prima del decorso del quinquiennio, entro un anno sia acquista altra

prima casa.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7. LE NOVITÀ SUL FRONTE LAVORO

7.1. Sgravio contributivo per il 2016

La Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015) all’art. 1, commi da 178 a 181 ha prorogato– anche

per il 2016 – lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo

indeterminato effettuate nel periodo “1° gennaio 2016-31 dicembre 2016”.

Si tratta, in particolare, di una riproposizione dell’incentivo già introdotto dalla scorsa Manovra

Finanziaria (art. 1, commi 118 e ss. della L. n. 190/2014), con l’unica differenza che quest’anno

l’agevolazione è stata ridotta sia nella misura che nella durata, in quanto varrà 3.250 euro annui

(contro gli 8.060 euro originariamente previsti) e durerà solo 24 mesi (anziché 36 mesi).

Sgravio contributivo 2015 Sgravio contributivo 2016(*)

Era valevole per le assunzioni con

contratto di lavoro a tempo

indeterminato effettuate nel periodo

“01.01.2015 – 31.12.2015”;

l’esonero dal versamento dei

contributi previdenziali a carico dei

datori di lavoro era totale, fino ad un

massimo di 8.060 euro annui;

la durata era di 36 mesi.

Valevole per le assunzioni con

contratto di lavoro a tempo

indeterminato effettuate nel periodo

“01.01.2016 – 31.12.2016”;

l’esonero dal versamento dei contributi

previdenziali a carico dei datori di

lavoro è del 40%, fino ad un massimo

di 3.250 euro annui;

la durata è di 24 mesi.

(*) L’esonero non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla

normativa vigente.

L’agevolazione è rivolta a tutti i datori di lavoro privati, con esclusione del settore

agricolo per i quali al comma 179 sono previste specifiche disposizioni1. Rientrano

1 Per i datori di lavoro del settore agricolo le disposizioni di cui al comma 178 si applicano: a) nel limite di 1,1 milioni di euro per l'anno 2016, 2,8 milioni di euro per l'anno 2017, 1,8 milioni di

euro per l'anno 2018, 0,1 milioni di euro per l'anno 2019 per i lavoratori con qualifica di impiegati e dirigenti;

b) nel limite di 1,6 milioni di euro per l'anno 2016, 8,8 milioni di euro per l'anno 2017, 7,2 milioni di euro per l'anno 2018, 0,8 milioni di euro per l'anno 2019, con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato, decorrenti dal 1° gennaio 2016 con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2016, con esclusione dei lavoratori che nell'anno 2015 siano risultati occupati a

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Le novità sul fronte lavoro

nel beneficio, altresì, i soggetti non imprenditori. Restano invece, esclusi dal beneficio:

i contratti di lavoro domestico;

e i contratti di apprendistato.

Quanto alle condizioni, l’agevolazione spetta purché:

nei sei mesi precedenti l’assunzione, il lavoratore non sia stato occupato, presso

qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato.

Come per lo scorso anno, il Legislatore ha inteso escludere l’applicazione dell’esonero

medesimo laddove, nell’arco dei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di

Stabilità 2016, il lavoratore assunto abbia avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il

datore di lavoro richiedente l’incentivo ovvero con società da questi controllate o a questi

collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c., nonché facenti capo, ancorché per interposta persona, al

datore di lavoro medesimo.

tempo indeterminato e relativamente ai lavoratori occupati a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 250 giornate con riferimento all'anno 2015.

Sgravio contributivo: caratteristiche generali

Rapporti incentivati

Esonero del 40% dei contributi previdenziali per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato nel periodo “1° gennaio 2016 – 31 dicembre 2016”.

Soggetti interessati

Tutti i datori di lavoro privati; I datori di lavoro agricoli con specifiche disposizioni (vedi art. 1, co. 179

della L. n. 208/2015).

Soggetti esclusi I contratti di lavoro domestico; I contratti di apprendistato.

Importo e durata

Massimo 3.250 euro su base annua; Massimo 24 mesi dalla data di assunzione

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7.1.1. Natura dell’esonero

Con riferimento alla natura del contributo, si precisa che esso - rappresentando una misura di

riduzione del costo del lavoro con l’utilizzo di risorse statali - si caratterizza come intervento

generalizzato, ossia potenzialmente rivolto a tutti i datori di lavoro privati che operano in ogni

settore economico del Paese, le cui unità produttive siano localizzate in qualsiasi area del

territorio nazionale.

Quindi, siccome la norma non determina un vantaggio a favore di talune imprese o

imprese produttive o aree geografiche del territorio nazionale, è possibile affermare

che esso non è inquadrabile tra quelle disciplinate dall’art. 117 del Trattato sul

funzionamento dell’Unione Europea (aiuti concessi dallo Stato ossia mediante risorse statali).

Natura dell’esonero

L’esonero contributivo non è considerato come aiuto concesso dallo stato, quindi non inquadrabile tra quelle disciplinate dall’art. 117 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Condizioni

Non aver intrattenuto, nei sei mesi precedenti l’assunzione, presso

qualsiasi datore di lavoro, un contratto a tempo indeterminato;

Non aver intrattenuto, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in

vigore della Legge di Stabilità 2016, rapporti di lavoro a tempo

indeterminato con il datore di lavoro richiedente l’incentivo ovvero

con società da questi controllate o a questi collegate ai sensi

dell’art. 2359 c.c., nonché facenti capo, ancorché per interposta

persona, al datore di lavoro medesimo.

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Le novità sul fronte lavoro

7.1.2. Datori di lavoro interessati

Come affermato in precedenza, l’incentivo in questione è riconosciuto a tutti i datori di lavoro

privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore, ivi

compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

L’esonero contributivo non si applica nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Quindi, entrando più nel dettaglio, lo sgravio contributivo si applica:

7.1.3. Rapporti di lavoro incentivati

L’esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ancorché in

regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di: apprendistato e lavoro domestico.

Nel novero delle tipologie contrattuali incentivate rientra anche il lavoro ripartito

(detto anche “job sharing”) a tempo indeterminato, purché le condizioni per

l’applicazione dell’esonero siano possedute da ambedue i lavoratori coobbligati.

Niente da fare invece, per i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente (c.d. “job on

call”), in quanto costituisce una forma contrattuale strutturalmente concepita allo scopo di far

fronte ad attività lavorative di natura discontinua, e quindi incompatibile con la natura

dell’incentivo che promuove l’occupazione stabile.

ai datori di lavoro imprenditori (art. 2082 c.c.): rientrano in questo ambito anche:

gli enti pubblici economici (EPE);

gli organismi pubblici che sono stati interessati da processi di privatizzazione

(trasformazione in società di capitali), indipendentemente dalla proprietà pubblica o

privata del capitale;

ai datori di lavoro non imprenditori (non rientranti nell’art. 2080 c.c.): a titolo

esemplificativo, rientrano in questo ambito: le associazioni culturali, politiche o

sindacali, le associazioni di volontariato, gli studi professionali, ecc.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

Al contrario, l’esonero appare compatibile con:

l’assunzione di personale con qualifica dirigenziale;

l’assunzione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in

attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro ai sensi della

Legge n. 142/2001;

l’assunzione di personale a tempo indeterminato a scopo di somministrazione.

7.1.4. Ulteriori condizioni

Come specificato dall’INPS nella Circolare n. 17/2015 – che si ritiene applicabile anche per lo

sgravio contributo 2016 - il diritto alla fruizione dell’incentivo finalizzato a favorire l’assunzione

risulta subordinato al rispetto, da un lato, dei principi presenti nella Riforma Fornero (L. n.

92/2012), dall’altro, delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione

obbligatoria dei lavoratori e, infine, da taluni presupposti introdotti ad hoc dall’art. 1, comma

118, della Legge di Stabilità 2015.

In particolare, per quanto riguarda i principi stabiliti dalla Riforma Fornero, l’esonero contributivo

non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:

a) viola il diritto di precedenza, fissato dalla legge o dal contratto collettivo di lavoro, alla

riassunzione di un altro lavoratore licenziato nell’ambito di un rapporto a tempo

indeterminato ovvero cessato da un rapporto a termine. La violazione del predetto

diritto di precedenza sussiste anche nel caso di utilizzazione con contratto di

somministrazione senza la preventiva offerta di riassunzione al lavoratore licenziato

in relazione ad un rapporto a tempo indeterminato ovvero cessato da un rapporto a

termine;

b) il datore di lavoro ovvero l’utilizzatore con contratto di somministrazione sia

interessato da sospensioni dal lavoro con interventi di integrazione salariale

Rapporti di lavoro incentivati Rapporti di lavoro esclusi

Contratti a tempo indeterminato;

lavoro ripartito;

personale con qualifica dirigenziale;

personale a tempo indeterminato a

scopo di somministrazione.

Contratto di apprendistato;

lavoro domestico;

contratto di lavoro intermittente.

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Le novità sul fronte lavoro

straordinaria e/o in deroga, fatti salvi i casi in cui l’assunzione o la somministrazione

siano finalizzate all’acquisizione di professionalità diverse rispetto a quelle in

possesso dei lavoratori interessati dai predetti provvedimenti;

c) l’assunzione riguarda lavoratori licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un

datore di lavoro che, alla data del licenziamento, presentava elementi di relazione con

il datore di lavoro che assume, sotto il profilo della sostanziale coincidenza degli

assetti proprietari ovvero della sussistenza di rapporti di controllo o collegamento.

Detta condizione di esclusione si applica anche all’utilizzatore del lavoratore

somministrato. Pertanto, nel caso in cui il lavoratore somministrato, nell’arco dei sei

mesi precedenti la decorrenza della somministrazione, abbia avuto un rapporto di

lavoro a tempo indeterminato ovvero una precedente somministrazione con

l’utilizzatore, per la nuova assunzione il datore di lavoro (agenzia di somministrazione)

non può fruire dell’esonero contributivo triennale;

d) l’inoltro della comunicazione telematica obbligatoria di cui al D.M. 30.10.2007 (Unilav,

Unisomm, ecc.). Si ricorda che, in tal caso, la perdita dell’esonero attiene al periodo

compreso fra la data di decorrenza del rapporto di lavoro agevolato e quella

dell’inoltro tardivo della comunicazione obbligatoria.

L’agevolazione scatta anche se l’assunzione riguarda una trasformazione di un

rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. Ciò in quanto, la

finalità ultima del beneficio è quella di promuovere la massima espansione dei

rapporti di lavoro a tempo indeterminato, e di stabilizzare quindi le assunzioni.

Con riferimento al rispetto delle norme fondamentali in materia di condizione di lavoro e di

assicurazione sociale obbligatoria, la fruizione dell’esonero contributivo è subordinata al

rispetto, da parte del datore di lavoro, delle seguenti condizioni:

a) regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale (DURC) e assenza delle violazioni

delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro;

b) rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o

aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e

dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

Venendo, infine, ai vincoli introdotti dalla Legge di Stabilità 2016, la fruizione del diritto

all’esonero contributivo triennale è subordinata alla sussistenza, alla data dell’assunzione, delle

seguenti condizioni:

a) il lavoratore, nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione, non risulti occupato, presso

qualsiasi datore di lavoro, in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo

indeterminato (art. 1, comma 178 della Legge n. 208/2015);

b) il lavoratore, nel corso dei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di

Stabilità 2016, non abbia avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di

lavoro richiedente l’incentivo ovvero con società da questi controllate o a questi

collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c., nonché facenti capo, ancorché per interposta

persona, al datore di lavoro medesimo (art. 1, comma 118, quarto periodo, Legge n.

190/2014);

c) il lavoratore non deve avere avuto un precedente rapporto di lavoro agevolato, ai sensi

della Legge di Stabilità 2016, con lo stesso datore di lavoro che assume.

7.2. Proroga “Opzione donna”

Con l’art. 1, comma 281 della Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015) l’eventuale proroga

dell’“opzione donna”, ossia la possibilità per le lavoratrici di pensionarsi a 57 o 58 anni e 3 mesi

(se dipendenti o autonome) con 35 anni di contributi – da raggiungere entro il 31 dicembre

2015 - col ricalcolo del sistema contributivo invece di quello misto, è stata rimessa a un

monitoraggio che ha il compito di verificare se esistono i margini per un eventuale

allungamento di tale opzione. Quindi, con la suddetta legge è venuta meno la restrizione

prevista dall'INPS con le Circolari 35 e 37 del 2012 che avevano interpretato la data del 31

dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della

prestazione.

Sulla base dei dati di consuntivo e del monitoraggio, effettuato dall'INPS, il

Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro

dell'Economia e delle Finanze, entro il 30 settembre di ogni anno, trasmette alle

Camere una relazione sull'attuazione della sperimentazione dell’opzione donna, con

particolare riferimento al numero delle lavoratrici interessate e agli oneri previdenziali

conseguenti e, in relazione alla conclusione della medesima sperimentazione. Qualora

dall'attività di monitoraggio di cui al precedente periodo risulti un onere previdenziale

inferiore rispetto alle previsioni di spesa, verrà disposto l'impiego delle risorse non utilizzate.

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Le novità sul fronte lavoro

7.2.1. I requisiti

L’opzione donna, disciplinato dalla Legge Maroni (art. 1, co. 9 della L. n. 243/2004), è stata

riscoperta in massa dopo l'introduzione della Riforma Fornero perché consente di anticipare

l'uscita di diversi anni rispetto alle regole ordinarie, che chiedono in alternativa o il

perfezionamento di almeno 41 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall'età

anagrafica (pensione anticipata) o il raggiungimento di un'età anagrafica pari a 66 anni e 7 mesi

(per le donne del pubblico impiego), 65 anni e 7 mesi (per le donne dipendenti del settore

privato) ovvero 66 anni e 1 mesi (per le autonome) unitamente a 20 anni di contributi (pensione

di vecchiaia).

Con l'“opzione donna”, invece, si può uscire con un anticipo di diversi anni rispetto ai

requisiti sopra indicati a patto di scegliere per un assegno interamente calcolato

con il metodo contributivo (più svantaggioso rispetto a quello retributivo).

Si ricorda che per questa tipologia di prestazione resta in vigore la cd. “finestra mobile”

secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le

autonome.

Opzione donna (*)

Requisiti contributivi e

anagrafici

Termine di

maturazione

Liquidazione

pensione

Lavoratrici dipendenti

del settore privato

57 anni e 3 mesi con

almeno 35 anni di

contributi (**)

31.12.2015

Dal 13esimo mese

successivo a

quello di

maturazione dei

requisiti

Lavoratrici dipendenti

del settore pubblico

57 anni e 3 mesi con

almeno 35 anni di

contributi (**)

31.12.2015

Dal giorno

successivo a

quello di

maturazione dei

requisiti + 12 mesi

Lavoratrici autonome

58 anni e 3 mesi con

almeno 35 anni di

contributi (**)

31.12.2015

Dal 1° giorno

successivo del

19esimo mese

successivo a

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

quello di

maturazione dei

requisiti

(*) La possibilità di optare per il regime sperimentale è riconosciuta alle lavoratrici iscritte

all'assicurazione generale obbligatoria, ai fondi sostitutivi ed esclusivi della stessa (dipendenti del

settore privato; pubblico impiego e lavoratrici autonome) in possesso di contribuzione alla data del 31

dicembre 1995.

La facoltà di opzione non è invece esercitabile dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata.

(**) Per la valutazione della contribuzione utile per il perfezionamento dei 35 anni sono utili, nel limite di

52 settimane annue, i contributi obbligatori, da riscatto e/o da ricongiunzione, volontari, figurativi con

esclusione dei contributi accreditati per malattia e disoccupazione.

7.3. Part-time agevolato per i più anziani

Altra interessante misura introdotta dalla Legge di Stabilità 2016, seppur in misura sperimentale

(triennio “2016-2018”), riguarda i lavoratori più anziani che intendono ridurre volontariamente

l’attività lavorativa, al fine di favorire il ricambio generazionale in azienda.

In pratica, si consente una riduzione di orari tra il 40 e il 60% a chi matura il requisito anagrafico

per la vecchiaia a fine 2018 (66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti maschi, per le

lavoratrici del settore privato 65 anni e 7 mesi per il biennio 2016-2017 e 66 anni e 7 mesi per il

2018).

Non tutti potranno usufruire del dimezzamento dell’attività lavorativa, ma

esclusivamente i lavoratori del settore privato titolari di un contratto di lavoro di tipo

subordinato a tempo pieno e indeterminato. Restano quindi fuori da tale possibilità

i lavoratori che, pur appartenendo al settore privato, abbiano un contratto di lavoro a termine

e/o a part-time; analoga esclusione vale per i dipendenti pubblici e statali e i lavoratori

autonomi (artigiani, commercianti e professionisti).

Per poter accedere all’”invecchiamento attivo”, il testo della legge pone due condizioni

fondamentali, rinviando comunque ad un decreto ministeriale la fissazione delle modalità

operative:

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Le novità sul fronte lavoro

maturazione del requisito minimo di contributi previsto per l’accesso alla pensione di

vecchiaia2;

maturazione dei requisiti anagrafici entro il 31 dicembre 20183.

Di seguito, si illustra una tabella che riepiloga le modalità di soddisfazione delle predette

condizioni.

1° condizione (*) 2° condizione

• Possesso di almeno 20 anni di

contributi, considerando qualsiasi

contribuzione versata o comunque

accreditata;

• possesso di almeno 5 anni di

contributi, considerando solo i

contributi “effettivi”, cioè solo quelli

effettivamente versati all’INPS.

Se il lavoratore/lavoratrice è in possesso di

almeno 20 anni di contributi entro il 31

dicembre 2018, la condizione è soddisfatta

qualora si raggiungono:

• 66 anni e 7 mesi, per gli uomini;

• 65 anni e 7 mesi per le donne (qualora

l’età anagrafica è maturata negli anni

2016-2017), ovvero 66 anni e 7 mesi

(qualora l’età anagrafica è maturata

entro il 2018).

Se, invece, il lavoratore è in possesso di

almeno 5 anni di contributi entro il 31

dicembre 2018, la condizione è soddisfatta

qualora si raggiungono:

• 70 anni e 7 mesi (uomo o donna).

(*) I requisiti sono alternativi tra di loro.

Chi decidesse di ridurre l’attività lavorativa beneficerà di un bonus in busta paga, equivalente ai

contributi ai fini pensionistici che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare per il lavoratore, al

fine di rimediare alla parziale perdita di stipendio.

Tale bonus, in particolare, è pari al 33% della retribuzione non erogata al lavoratore,

in virtù del part-time, ed è esentasse. Infatti, nonostante l’importo finisca in busta

paga, è escluso dal reddito di lavoro dipendente; quindi, non vanno pagate né tasse e né

contributi. Altro vantaggio è rappresentato dalla copertura dei contributi figurativi della quota

di orario di lavoro non lavorata.

2 Il testo esclude volontariamente il riferimento alla pensione anticipata, ossia l’ex pensione di anzianità. 3 La condizione si riferisce al solo requisito dell’età per la pensione di vecchiaia, posto che il requisito contributivo è già posseduto.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

Inoltre, la decisione di utilizzare il part-time agevolato va richiesta, a domanda, previa

autorizzazione della Direzione Territoriale del lavoro. A tal fine, il datore di lavoro dovrà darne

comunicazione all’INPS e alla DTL stessa, secondo le modalità che verranno stabilite da

apposito decreto.

Infine, si precisa che il part-time agevolato ha una durata che va dal giorno dell’opzione al

giorno del compleanno dell’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia, data a cui

corrisponderà la cessazione del rapporto di lavoro.

Part-time agevolato

Caratteristiche Possibilità di ridurre volontariamente l’attività lavorativa tra il 40 e il 60%.

Destinatari Lavoratori appartenenti al settore pubblico con contratto di lavoro di tipo

subordinato a tempo pieno e indeterminato.

Esclusi

• Lavoratori appartenenti al settore pubblico con contratto di lavoro

a termine e/o già a part time;

• Dipendenti pubblici e statali;

• Lavoratori autonomi.

Condizioni

• Maturazione del requisito minimo di contributi previsto per

l’accesso alla pensione di vecchiaia;

• maturazione dei requisiti anagrafici entro il 31 dicembre 2018.

Bonus

Si riconosce in busta paga un bonus del 33% della retribuzione non

erogata al lavoratore, in virtù del part-time. L’importo è esentasse e viene

riconosciuta la copertura dei contributi figurativi della quota di orario di

lavoro non lavorata.

Richiesta La decisione di ridurre l’attività lavorativa va presa in accordo con il

datore di lavoro.

Durata

Dal giorno dell’opzione al giorno del compleanno dell’età per l’accesso

alla pensione di vecchiaia, data a cui corrisponderà la cessazione del

rapporto di lavoro.

Vincoli di bilancio

Il part-time agevolato è riconosciuto nel limite massimo di:

• 60 milioni di euro per il 2016;

• 120 milioni di euro per il 2017;

• e 60 milioni di euro per il 2018.

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Le novità sul fronte lavoro

Operatività

L’entrata in vigore della norma è legato all’emanazione, entro 60 giorni

dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, di un decreto

interministeriale che ne fisserà le modalità operative.

7.4. Pensione anticipata senza sanzioni

Viene cancellata, anche per i pensionamenti pregressi, la norma ai suoi tempi introdotta dalla

manovra Salva-Italia4, che prevedeva una penalizzazione per chi è andato in pensione anticipata

prima dei 62 anni (1% per ognuno dei primi due anni e 2% per ogni ulteriore anno) nel triennio

“2012-2014”.

La Manovra Finanziaria 2015 (L. n. 190/2014) all’art. 1, co. 13 ha stabilito che, con

effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1º gennaio 2015 non trova

applicazione - limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità

contributiva entro il 31 dicembre 2017 – le disposizioni appena illustrate. Quindi, con la

predetta disposizione normativa il lavoratore che accede alla pensione anticipata con il

regime misto nel periodo “1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2017”, con età inferiore ai 62 anni,

non riceverà alcuna decurtazione sul trattamento previdenziale, anche se la decorrenza della

pensione si collochi successivamente al 31.12.2017.

Ciò ha creato indirettamente una penalizzazione per coloro che erano andati in pensione

anticipata tra il 2012 e il 2014, in quanto si sono visti decurtare l’assegno pensionistico rispetto

a coloro che si sono collocati a riposo con pensione anticipata dal 2015 in poi.

Ora, la Manovra Finanziaria per il 2016 va ad eliminare in toto la penalizzazione sui

trattamenti previdenziali, estendendo la sua operatività anche per i pensionamenti

precedenti al 1° gennaio 2015 (2012, 2013 e 2014).

La misura, in particolare, riguarda circa 25mila assegni, che dal 2016 riceverann un assegno più

alto (non più decurtato in base all’età in cui si sono ritirati) ottenendo anche un rimborso di

quanto finora trattenuto.

4 V. art. 24, co. 10 del D.L. n. 201/2011, convertito nella L. n. 214/2011.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7.5. Rifinanziato il premio di produttività

Dopo lo stop dello scorso anno, ai commi 182 e 184-191 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2016

(L. n. 208/2015) viene reintrodotto il regime fiscale agevolato relativo ai premi di risultato di

ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività,

qualità, efficienza ed innovazione.

In particolare, l’agevolazione consiste nell’applicazione, per i soggetti con reddito da

lavoro dipendente fino a 50.000 euro (10.000 euro in più rispetto al 2014), di una

imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 10% entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro

lordi (5.000 euro in meno rispetto al 2014).

Il ritorno dei premi di risultato, però, presenta due novità essenziali rispetto ai precedenti

interventi:

1. innanzitutto è previsto che l’imposta sostitutiva si applichi anche alle somme erogate sotto

forma di partecipazione agli utili dell'impresa;

2. sarà possibile fruire di una detassazione totale se la corresponsione di quanto spettante a

titolo di somme per la produttività avviene mediante somme che non concorrono a formare

il reddito imponibile ai fini IRPEF (es. contributi di assistenza sanitaria) ovvero mediante

cessione di prodotti dell’azienda al valore normale.

La decurtazione

La riduzione dell’assegno pensionistico riguardava la sola quota retributiva della

pensione (non a quella contributiva), ossia:

per chi aveva 18 anni di contributi nel dicembre 1995: riduzione per tutte le

anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011;

per chi non aveva 18 anni di contributi nel 1995: riduzione sulla quota maturata

al 31 dicembre 1995;

chi ha iniziato a lavorare dal 1996: nessuna decurtazione perché l’intera

pensione è calcolata con il contributivo.

301

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Le novità sul fronte lavoro

Se il sostituto d’imposta tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso

che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il

beneficiario attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito

nel medesimo anno.

Detassazione dei premi di produttività 2016

Limite massimo I beneficiari

€ 2.000 nel 2016;

Nessun limite;

€ 3.000 nel 2014

€ 2.500 nel 2013;

€ 2.500 nel 2012;

€ 6.000 nel 2011.

Chi nel 2015 è risultato titolare di un

reddito non superiore a 50.000 euro;

Nessun beneficiario;

Chi nel 2013 è risultato titolare di un

reddito non superiore a 40.000 euro;

chi nel 2012 è risultato titolare di un

reddito non superiore a € 40.000;

chi nel 2011 è risultato titolare di un

reddito non superiore a € 30.000;

chi nel 2010 è risultato titolare di un

reddito non superiore a € 40.000.

Affinché sia possibile godere dell’imposta agevolata è necessario che l’erogazione

avvenga in esecuzione di contratti aziendali o territoriali sottoscritti dalle

associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o

dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU.

7.5.1. Decreto di attuazione

Al co. 188 è previsto l’emanazione – entro 60gg dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità

2016 - di un decreto interministeriale (MLPS-MEF) al fine di stabilire i criteri di misurazione degli

incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

In attesa che venga firmato il decreto che disciplina il meccanismo di detassazione

delle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, è possibile dedurre

– sulla base dei precedenti decreti - che per retribuzione di produttività s’intendono

le voci retributive erogate, in esecuzione di contratti, con espresso riferimento a indicatori

quantitativi di produttività/redditività/qualità /efficienza/innovazione, ovvero le voci retributive

erogate in esecuzione di contratti che prevedano l'attivazione di almeno una misura in almeno

tre delle aree di intervento di seguito indicate.

302

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7.6. Blocco aliquota GS INPS

Sul fronte degli obblighi contributivi, all’art. 1, comma 203 è stato bloccato – per il terzo anno

consecutivo – l’aliquota contributiva posta a carico dei lavoratori autonomi, titolari di partita Iva,

iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS introdotta dall’art. 2, co. 26 della L. n.

335/1995 (i c.d. “senza cassa”).

Per questi ultimi quindi, l’aliquota contributiva dovuta per il 2016 rimane fissata

nella stessa misura del 2015, ossia al 27,72%. Di conseguenza, non trova

applicazione l’aumento al 28,72% come previsto dal “Decreto Milleproroghe” (L. n. 11/2015).

Sul punto, si ricorda che il progressivo incremento dell’aliquota contributiva IVS degli iscritti alla

Gestione separata INPS, destinata ad arrivare al 33,72% nel 2018, fa parte della tabella di

marcia introdotta dalla Riforma Fornero (art. 2, comma 57, L. n. 92/2012), successivamente

modificata dal D.L. Sviluppo (art. 46-bis, comma 1, lett. g, del D.L. n. 83/2012, convertito nella L.

n. 134/2012), dalla Legge di Stabilità 2014 (art. 1, comma 491 e 744 della L. n. 147/2013)

dal Decreto Milleproroghe (art. 10-bis del D.L. n. 192/2014) e da ultimo dalla Legge di Stabilità

2016.

ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili, anche in

rapporto agli investimenti, all'innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati,

finalizzati a un più efficiente utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli

obiettivi di produttività convenuti mediante una programmazione mensile della quantità e

della collocazione oraria della prestazione;

attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle

competenze, anche funzionali a processi di innovazione tecnologica.

introduzione di una distribuzione flessibile delle ferie mediante una programmazione

aziendale anche non continuativa delle giornate di ferie eccedenti le due settimane;

adozione di misure volte a rendere compatibile l'impiego di nuove tecnologie con la

tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l'attivazione di strumenti

informatici, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative;

303

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Le novità sul fronte lavoro

Ora, alla luce della recente Manovra Finanziaria, tale incremento contributivo è destinato a

subire profondi cambiamenti, a cominciare dall’anno prossimo quando l’aliquota INPS sarà

bloccata – come detto - al 27,72%.

Le aliquote contributive della gestione separata INPS

Anno Partite Iva iscritte in via

esclusiva Altri iscritti in via esclusiva

Pensionati e iscritti

anche ad altra gestione

2013 27% 27% 20%

2014 27% 28% 22%

2015 27% 30% 23,5%

2016 27% 31% 24%

2017 32% 32% 24%

2018 33% 33% 24%

Considerato l’elevato carico contributivo, la Cna Professioni si è attivata affinché il

sistema previdenziale venga equiparato a quello degli artigiani ed esercenti attività

commerciali, mediante il decremento di un punto percentuale annuo, fino ad arrivare

al 24%.

Inoltre, al comma 204 è previsto l’istituzione di un fondo con una dotazione finanziaria di 10

milioni di euro per l’anno 2016 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017, al fine di

favorire la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale flessibile nei tempi e nei luoghi del

lavoro subordinato a tempo indeterminato.

7.7. Settima salvaguardia

La Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015) all’art. 1, commi da 265 a 270 contiene disposizioni

volte alla realizzazione di un ulteriore intervento (il settimo) in favore dei soggetti salvaguardati,

garantendo l'accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti (precedenti all’entrata in

vigore dell’art. 24 del D.L. n. 201/2011, convertito nella L. n. 214/2011) ad un massimo di

ulteriori 26.300 soggetti.

Con questa settima operazione di salvaguardia salgono complessivamente a

172.466 i lavoratori tutelati, tenuti presenti i risultati provenienti dall'attività di

monitoraggio e verifica relativa alle precedenti misure di salvaguardia.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7.7.1 I beneficiari

Il vecchio sistema previdenziale (ante D.L. n. 201/2011) continua ad applicarsi ai seguenti

soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:

Unità Categoria di lavoratori

6.300 (lett. a)

Lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile, a

seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il

31 dicembre 2011, o nel caso di lavoratori provenienti da

aziende cessate o interessate dall'attivazione delle vigenti

procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato

preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione

straordinaria o l'amministrazione straordinaria speciale, anche in

mancanza dei predetti accordi, cessati dall'attività lavorativa

entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano, entro il periodo di

fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile,

ovvero, se cessati entro il 31 dicembre 2012, anche mediante il

versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine dello

stesso periodo, i requisiti vigenti prima della Manovra Salva-Italia (L.

n. 214/2011).

Il versamento volontario di cui alla presente lettera, anche in

deroga alle disposizioni dell'articolo 6, comma 1, del decreto

legislativo 30 aprile 1997, n. 184, può riguardare anche periodi

eccedenti i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione

stessa. Tale versamento, relativo ai lavoratori cessati entro il 31

dicembre 2012 di cui alla presente lettera, può comunque essere

effettuato solo con riferimento ai dodici mesi successivi al

termine di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento

speciale edile indicato dalla presente lettera. Eventuali periodi di

sospensione dell'indennità di mobilità, ai sensi dell'articolo 8, commi

6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e dell'articolo 3 del

decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con

modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, per svolgere attività

di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato,

ovvero di lavoro parasubordinato mantenendo l'iscrizione nella lista,

si considerano rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di

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Le novità sul fronte lavoro

fruizione dell'indennità stessa e non comportano l'esclusione

dall'accesso alle salvaguardie di cui al presente comma.

9.000 (lett. b)

Ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere a) e f), della

legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti utili

a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico,

secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in

vigore del D.L. n. 201/2011, entro il sessantesimo mese

successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto

legge;

6.000 (lett. c)

Ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere b), c) e d),

della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i

requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento

pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di

entrata in vigore del D.L. n. 201/2011, entro il sessantesimo

mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo

decreto legge;

2.000 (lett. d)

Limitatamente ai lavoratori in congedo per assistere figli con

disabilità grave, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare

la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la

disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del

D.L. n. 201/2011, entro il sessantesimo mese successivo alla data

di entrata in vigore del medesimo decreto legge;

3.000 (lett. e)

Con esclusione del settore agricolo e dei lavoratori con qualifica di

stagionali, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo

determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a

tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31

dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali

perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del

trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima

della data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011, entro il

sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del

medesimo decreto legge.

Sono esclusi da tale categoria i lavoratori del settore agricolo e i

lavoratori con qualifica di stagionali

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

Le categorie di lavoratori di competenza delle DTL sono esclusivamente quelli

individuati dalle lett. c), d) ed e) su riportati.

7.7.2 Presentazione istanze

Come specificato dalla recente Circolare n. 36/2015 del Ministero del Lavoro e delle Politiche

Sociali, i lavoratori salvaguardati individuati nelle lett. c) d) ed e) dell’art. 1, co. 265 dovranno

presentare istanza di accesso alla DTL competente, entro il 1° marzo 2016, in base alle

seguenti modalità:

Soggetti di cui alla lettera c),

L’istanza dei soggetti cessati in ragione di accordi ai sensi

degli art. 410, 411 e 412-ter del Codice di procedura civile deve

essere presentata presso la DTL innanzi alla quale detti

accordi sono stati sottoscritti.

Negli altri casi, l’istanza deve essere presentata presso la DTL

competente in base alla residenza del lavoratore.

Soggetti di cui alla lettera d) L’istanza deve essere presentata presso la DTL competente in

base alla residenza dell’istante.

Soggetti di cui alla lettera e) L’istanza deve essere presentata presso la DTL competente in

base alla residenza del lavoratore cessato.

La trasmissione delle istanze, come tra l’altro previsto per le precedenti salvaguardie, potrà

avvenire direttamente dall’interessato o dai soggetti abilitati (es. patronati, consulenti del

lavoro, dottori commercialisti):

all’indirizzo Pec delle competenti DTL (es. dtl.romaec.lavoro.gov.it);

all’indirizzo di posta elettronica dedicato, ovvero;

tramite raccomandata A/R.

L’istanza di accesso, inoltre, dovrà contenere:

1. gli elementi identificati del richiedente (dati anagrafici, codice fiscale);

2. gli elementi identificativi dell’azienda o P.A. presso la quale ha prestato l’ultimo

servizio e l’esatta individuazione della tipologia/fattispecie giuridica in base alla quale

si chiede l’accesso ai benefici medesimi.

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Le novità sul fronte lavoro

In ogni caso la domanda dovrà essere corredata da copia di un documento d’identità. Nella

domanda i richiedenti dovranno dichiarare di essere consapevoli che la procedura di

ammissione al beneficio è subordinata alla conclusione delle attività di monitoraggio svolte

dall’INPS.

Inoltre, ad integrazione dei suddetti documenti:

1. i soggetti di cui alla lett. c) dovranno produrre:

• apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del Dpr n.

445/2000, relativa alla mancata rioccupazione in qualsiasi attività lavorativa

ovvero allo svolgimento, dopo la cessazione, di attività non riconducibile a

rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

• copia dell’accordo individuale o collettivo che ha dato luogo alla cessazione del

rapporto di lavoro, ovvero copia della risoluzione unilaterale che ha dato luogo

alla cessazione del rapporto di lavoro medesimo nel periodo compreso tra il 1°

gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2011.

Tali lavoratori conseguono il beneficio a condizione che la data di cessazione del

rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi, quali le comunicazioni

obbligatorie ai soggetti competenti sulla base delle vigenti disposizioni normative e

regolamentari.

2. i soggetti di cui alla lett. d) dovranno produrre:

• apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del Dpr n.

445/2000, relativa al provvedimento di congedo previsto dall’art. 42, co. 5 del

T.U. maternità/paternità (D.Lgs. n. 151/2001), con indicazione degli estremi dello

stesso ai fini del reperimento del medesimo.

3. i soggetti di cui alla lett. e) dovranno produrre:

• apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del Dpr n.

445/2000, relativa alla mancata rioccupazione in qualsiasi attività lavorativa

ovvero alla mancata rioccupazione a tempo indeterminato;

• copia della documentazione che ha dato luogo alla cessazione del rapporto di

lavoro a tempo determinato tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011.

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Capitolo 7 – Le novità sul fronte lavoro

7.8. Le altre novità

Novità Norma Descrizione

Aumento della “no

tax area” per i

pensionati

Art. 1, commi 290-

291

A decorrere dal 2016 (2017 nel testo iniziale del

disegno di legge), viene elevata la misura delle

detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con

riferimento ai redditi da pensione (cd. no tax area

per i pensionati).

Proroga della DIS-

COLL Art. 1, comma 310

Viene prorogata anche per il 2016 la DIS-COLL (il

meccanismo di disoccupazione per i

collaboratori); a tal fine, verranno stanziati 54

milioni di euro per il 2016 e 24 milioni di euro per

il 2017. Ricordiamo che il nuovo ammortizzatore

sociale, disciplinato dall’art. 15 del D.Lgs. n.

22/2015, è stato introdotto dal 1° maggio 2015

solo in via sperimentale solo fino al 31 dicembre

2015. Esso è rivolto ai rapporti di co.co.co. e

co.co.pro. – che sono stati aboliti dal 25 giugno

2015, ad esclusione di quelli in essere fino alla

loro naturale scadenza – iscritti in via esclusiva

alla Gestione Separata, non pensionati e privi di

partita IVA. Restano esclusi, invece, gli

amministratori e i sindaci.

Ammortizzatori

sociali in deroga

Art. 1, commi 304

e 307

Viene disposto il rifinanziamento di 250 milioni di

euro (per l'anno 2016), degli ammortizzatori

sociali in deroga (di cui 18 milioni per il settore

della pesca).

Riscatto degli anni

di laurea

Art. 1, commi 298

e 303

Si introduce la possibilità di cumulare il riscatto

degli anni di laurea con il riscatto del periodo di

maternità facoltativa fuori dal rapporto di lavoro e

si provvede alla rivalutazione degli indennizzi per

il danno biologico.

Congedo di

paternità Art. 1, comma 205

Viene prorogata al 2016 la nuova disciplina del

congedo di paternità, elevando da uno a due

giorni quello obbligatorio.

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Le novità sul fronte lavoro

Turnover nel

pubblico impiego

Art. 1, commi

227-228 e commi

466-467, 469-470

Con riferimento al pubblico impiego, vengono

previste più stringenti limitazioni al turn over

nelle pubbliche amministrazioni (che, nel triennio

2016-2018, potranno procedere ad assunzioni di

personale nel limite di una spesa pari al 25%) e

viene disposto uno stanziamento di 300 milioni di

euro per i rinnovi contrattuali del personale delle

pubbliche amministrazioni (commi 466-467, 469-

470). Per le ulteriori misure in materia di lavoro

pubblico si rinvia al paragrafo "pubblico impiego

e amministrazioni pubbliche"

Rivalutazione degli

assegni

pensionistici

Art. 1, comma 287

Si esclude che l'andamento negativo

dell'inflazione incida sulla rivalutazione degli

assegni pensionistici.

Perequazione

automatica dei

trattamenti

pensionistici

Art. 1, comma 286

Ai fini del concorso alla copertura finanziaria

degli oneri derivanti dalle disposizioni su "opzione

donna" (comma 281) e "no tax area pensionati"

(commi 290-291), la disciplina transitoria in

materia di perequazione automatica dei

trattamenti pensionistici, già posta per gli anni

2014-2016 e diversa da quella generale, viene

estesa agli anni 2017 e 2018.

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