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LECCO - VILLA MANZONI Lavori indifferibili e funzionali per la conservazione, il restauro e la fruizione museale sicura - via Don Guanella 1 Fondi: Legge n 112/2013. RELAZIONE STORICA

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LECCO - VILLA MANZONI

Lavori indifferibili e funzionali per

la conservazione, il restauro e la fruizione museale sicura - via Don

Guanella 1

Fondi: Legge n 112/2013.

RELAZIONE STORICA

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Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Sopri te de za A rcheologia . elle A rti e t aesaggio per le provi ce di / o o, [ecco, a oza e . ria za, t avia, V arese

Villa Manzoni al Caleotto di Lecco R elazione storico-artistica (Arch. Andrea Frigo) Il nucleo antico del complesso del Caleotto risale probabilmente al XVI secolo. È infatti noto che esso fu masseria padronale, nel 1558 già di Boezia Bellingardi Oldoini, poi di Giovanni Bartolomeo Mazzucconi, che la acquistò nel 1573. Nell’atto di compravendita, che prevedeva l’acquisto di oltre 19 pertiche di terreno che Boezia Bellingardi possedeva nel lecchese, si accenna ad un “casamento” chiamato il “Caleotto” (Item de alia petia terre vineate et casamentie appellata il Galeotto). Il termine impiegato per descrivere uno stabile costituito sia da ambienti residenziali, sia da stalle, cantine e magazzini a servizio dell’attività agricola. I Mazzucconi mantennero i possedimenti lecchesi dei Bellingardi fino al 1614, anno in cui il Caleotto venne acquistato da Giacomo Maria Manzoni, originario di Barzio e che già da qualche anno frequentava Lecco in causa dei suoi interessi commerciali. L’atto del notaio Alessandro Airoldi, rogato il 5 giugno 1614, descrive il Caleotto come un sedimine uno domorum cum pluribus fundis domorum et earum superioribus, torculari cum eius utensilibus, stabulis, caligiis, putheo et curte intus, a cui erano annessi un orto e un fondo arativo e prativo, coltivato in parte a vite, circondato da un muro. Il documento descrive “un sedime di casa” articolato attorno a una corte con pozzo, consistente in ambienti sotterranei (fundis) con stanze superiori corrispondenti (et earum superioribus), stalle e torchio. L’antico sedime cinquecentesco della masseria dei Bellingardi dovrebbe dunque parzialmente coincidere – tenuto conto della presenza delle due cantine sotterranee – con il corpo di fabbrica centrale della villa, che attualmente divide la corte d’onore dal cortile rustico, totalmente riformato durante la seconda metà del X VIII secolo. S i tratta di quella porzione del complesso che, successivamente, nel 1635 e nel 1640, verrà descritta in due atti: il primo riguardante l’inventario dell’arredo redatto dal fiscale Giovanni Carate in occasione del processo che vide Giacomo Maria Manzoni imputato per l’uccisione di Giacomo Manzoni di Barzio; il secondo relativo a una pratica di confisca dei beni patrimoniali avviata durante il periodo di reclusione di Giacomo Maria e del figlio Pasino nelle carceri di Lecco.

In a lto il c orpo di fa bbric a c inque -s e ic e nte s c o v is to da lla c orte rus t ic a . S otto la g ra nde c a nt ina volta ta de l pia no inte rra to.

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S econdo le due descrizioni, F rancesco D’Alessio ha ricostruito graficamente un’ipotesi della planimetria della casa che Giacomo Maria abitò con continuità fra il 1614 e il 1635, costituita da numerosi ambienti disposti su tre livelli: al piano interrato una grande cantina e un locale per il torchio raggiungibili attraverso una scala con accesso dalla corte di nord-est; al piano terreno alcuni locali di servizio – cucina e due dispense – separati, mediante un androne di collegamento fra la corte e il giardino, e l’attiguo vano della scala, da una

grande sala e da una contigua saletta adibita a studio; al piano superiore sei camere. Il prospetto sud-ovest della casa aperto verso il giardino era caratterizzato da un portico in tre campate e da una loggia. Il lato sud-est della corte era occupato da due stalle con stanze superiori e da un portico con loggiato. La descrizione del 1640 riporta una situazione diversa da quella riscontrata cinque anni prima: eccettuati i locali di servizio, gli ambienti elencati risultano infatti minori per numero e privi di arredo. Una casa da nobile chiamata il Caliotto qual consiste in tre luoghi abasso, due stalle, una canepa sotto terra, tre luoghi superiori, duoi portici con colone di vivo, pozzo, cantina, polaro, lobia, et altre sue ragioni et pertinenze, cum annesso un pezzo di terra vigna tutto murato de pertiche cento in circa a qual coherenzia da tutte le parti strada, et vi è dentro alcune piante de moroni, et diversi fruti, cum due piante di pino in frontispitio alla porta, et altre due laterali. Tale discordanza, che sembrerebbe evidenziare addirittura una avvenuta trasformazione della struttura del complesso, fa pensare – come ipotizzato da D’Alessio – che il Caliotto, per alcune ragioni, abbia perduto di importanza per la famiglia Manzoni. Un primo motivo è noto dalla documentazione: Giacomo Maria Manzoni, con i figli, risulta residente dal 1636 fino alla morte, avvenuta nel 1642 in località Porto a Lecco (dove si trovava in ragione degli interessi daziari che deteneva sul vicino ponte visconteo), prima a Milano nella parrocchia di S . Maurilio, poi nella casa Airoldi di Acquate, ricevuta in eredità dai parenti della moglie Ludovica, figlia del notaio Alessandro Airoldi. La causa principale sembra però essere legata a un evento storico che coinvolse Lecco e, forse, direttamente la casa dei Manzoni: l’assedio del borgo da parte dell’armata del duca di

R ic os truz ione ipote t ic a de i tre live lli de l c orpo di fa bbric a c inque -s e ic e nte s c o, s e c ondo la de s c riz ione de l 1637 (F . D’A le s s io) .

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R ohan (2-6 giugno 1636), a causa del quale forse l’edificio subm danni gravi, tali da indurre il figlio Alessandro, nel 1648, a rimettere in sesto la struttura, ulteriormente indebolita forse anche dal terremoto del giugno 1646. Queste opere fatte realizzare da Alessandro non sono documentate. Di esse ne fa cenno E zio F lori, che negli anni Trenta del XX secolo aveva visto incisa su un architrave ligneo la data “1648” o “1649”, dato importante poiché coinciderebbe proprio con il trasferimento al Caleotto di Alessandro, avvenuto in seguito al matrimonio con Francesca Piazzoni e al rilevamento di una porzione della casa che il padre Giacomo Maria, nel 1621, aveva ceduto per necessità finanziarie all’Ospedale della Beata Vergine di Acquate1. Allo stato attuale degli studi, la storiografia di casa Manzoni al Caleotto di Lecco assegna alla seconda metà del XVIII secolo le principali opere di ampliamento dell’antico edificio cinque-seicentesco, costituito dal semplice corpo di fabbrica lineare affiancato da fabbricati rurali, con corte rustica e giardino. La nuova costruzione, iniziata probabilmente da Pietro Antonio Manzoni (1657-1736) e proseguita dall’erede Alessandro Valeriano Manzoni (1686-1773) entro gli anni Venti del XVIII secolo, fu ultimata, nella sua veste settecentesca (ottava decade), dai figli Paolo Antonio (1729-1800), canonico del Duomo, e Pietro Antonio (1736-1807), padre del poeta e scrittore Alessandro. La mappa del Catasto di Carlo VI (1720) rappresenta ormai il complesso nella sua intera estensione: esso infatti si sviluppò occupando parte del sedime del giardino posto a sud-ovest con un vasto fabbricato fondato attorno a una corte porticata chiusa su tre lati da nuovi corpi, disposti su due livelli fuori terra, uno affacciato sulla strada pubblica con l’ingresso principale, due prospettanti verso la grande vigna e il 1 La prima parte della relazione storico-artistica è basata esclusivamente sulle ricerche documentarie di Francesco D’Alessio, che per primo, parallelamente all’appassionato interesse per la storia delle famiglie proprietarie – Bellingardi, Mazzucconi, Manzoni – ha ricostruito nel dettaglio le vicende edilizie di villa Manzoni nei secoli XVI e XVII, di cui si tratta in F . D’Alessio, “Una Casa da nobile chiamata il Caliotto”. Dimore lecchesi di Giacomo Maria Manzoni nel S eicento, in “Archivi di Lecco”, 3 (2008), pp. 33-79. Francesco D’Alessio ha fornito inoltre alcuni dati per la redazione della seconda parte della ricerca, le indicazioni bibliografiche, le immagini storiche, nonché la trascrizione dei due allegati posti in fine.

In a lto il fa bbric a to rile va to ne l 1720 ne lla ma ppa de l C a ta s to di C a rlo V I (A rc hiv io di S ta to di C omo). A l c e ntro il pros pe tto ve rs o l ’a ttua le g ia rdino, un te mpo v ig na . S otto il c ort i le d’onore .

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giardino, area della quale è noto un progetto di sistemazione, forse dei primissimi anni del X IX secolo. Con tale ampliamento l’antico complesso del Caleotto assunse l’aspetto caratteristico della “villa”, sebbene nei documenti il termine utilizzato sia quello di “palazzo”, cosm come si legge ancora fino alla metà del X IX secolo. L’appellativo di “Villa Manzoni” è infatti più recente e riguarda il periodo romantico. Della “villa”, il palazzo settecentesco del Caleotto presentava quella gerarchia di spazi e ambienti che la tradizione costruttiva prevedeva già dal XVI secolo per una “casa da nobile” – in questo caso denominazione peraltro già presente nei documenti secenteschi –, costituita da una parte “civile” residenziale, rappresentativa della condizione aristocratica dei proprietari, unita ma tenuta ben distinta architettonicamente da quella “rurale”, legata all’attività predominante del sito e quindi di servizio. Nel disegno del nuovo edificio vige una precisa simmetria: l’asse principale nord-ovest/sud-est ha funzione visuale e prospettica e mette in relazione l’ingresso principale aperto sulla strada pubblica con la sala principale del piano terreno del corpo di fabbrica sud-est e, oltre, col vasto terreno coltivato a vite; l’asse minore, ad esso ortogonale, ha valenza più strettamente funzionale e collega il cortile d’onore, tramite due anditi, da un lato alla corte di servizio e dall’altro alla parte del giardino posto a sud-ovest. Il corpo di fabbrica principale della corte, di fronte all’ingresso, è quello che più distintamente evidenzia i caratteri formali del pieno S ettecento, sia sotto il profilo compositivo, sia rispetto all’impianto decorativo degli interni. Collegato all’antico fabbricato cinque-seicentesco mediante una stanza quadrangolare voltata, che in origine aveva probabilmente funzione di cucina, esso si articola al piano terreno in una sequenza di ampie sale poste en enfilade, delle quali, le due di testa sporgono con aggetti. Il porticato verso corte contiene, regolarmente inserito sul lato corto, lo scalone d’onore a doppia rampa che conduce alla galleria del piano nobile.

In a lto la v illa v is ta da l g ia rdino, in una foto s toric a . A l c e ntro la s a la princ ipa le de l pia no te rre no. S otto lo s c a lone d’onore , in una foto s toric a , e la c a ppe lla .

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Le stanze del piano terreno di questa ala del palazzo conservano della struttura originaria settecentesca i pavimenti in seminato e in cotto e alcuni serramenti interni, mentre le volte presentano per la maggior parte soluzioni decorative realizzate probabilmente nei primi anni del X IX secolo: ne è esempio la sala principale, fatta dipingere a grisaglie da Alessandro Manzoni. Documentata come opera voluta da Alessandro Valeriano è la cappella a doppia altezza, con annessa sagrestia, posta a sinistra dell’ingresso principale, realizzata intorno al 1770. La costruzione, ricavata all’interno del corpo di fabbrica più antico del complesso, ha influito notevolmente sulla trasformazione, cancellando buona parte degli ambienti del piano terreno e del primo piano decritti nel 1637. Nel 1818 il Caleotto venne acquistato da Giuseppe S cola. Agli S cola, che mantennero la villa fino al 1962, anno in cui Maria S cola Grassi e i cognati cedettero la proprietà al Comune di Lecco, vanno riferite opere di trasformazione, datate alla fine del X IX secolo, che hanno coinvolto principalmente gli interni di alcune stanze di entrambi i livelli, quelle cioè caratterizzate da rivestimenti e serramenti in legno a tinta scura.

In a lto e a l c e ntro due s a le a l pia no te rre no de l c orpo di fa bbric a princ ipa le . S otto a s inis tra l’a lle s t ime nto mus e a le . S otto a de s tra una s ta nza de l pia no nobile .

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Bibliografia e fonti archivistiche A. Borghi, Dal “romanzo” alla storia. Lecco 1628-1827, Cattaneo, Oggiono-Lecco 1980, pp. 88-91. A. Borghi, Il Lago di Lecco e le valli, Cattaneo, Oggiono 1999, pp. 127-128. A. Borghi, Lecco città manzoniana, S tefanoni, Lecco 1994, pp. 39-46. C . Cantù, Como e sua provincia, Milano 1859, p. 974. G.L. Daccò, Villa Manzoni di Lecco, Milano 1992. G.L. Daccò, Itinerari manzoniani a Lecco, E lecta, Milano 1992. G.L. Daccò, Villa Manzoni a Lecco e i Musei letterari italiani, in O. S elvafolta, A. R anzi (a cura di), “Case-museo tra storia e progetto: esempi sul lago di Como”, Oggiono 2007, pp. 41-57. F . D’Alessio, “Una Casa da nobile chiamata il Caliotto”. Dimore lecchesi di Giacomo Maria Manzoni nel S eicento, in “Archivi di Lecco”, 3 (2008), pp. 33-79. A. Dattero, La famiglia Manzoni e la Valsassina, Franco Angeli, Milano 1997. E . F lori, S oggiorni e Villeggiature manzoniane, Vallardi, Milano 1934. Il “Caleotto”, in “Ad Alessandro Manzoni nel cinquantesimo della morte e nel primo centenario dei Promessi S posi”, Il Resegone, Lecco 1923, p. 7. P. Pecchiai, Le cento città d’Italia illustrate. Lecco la città manzoniana, S onzogno, Milano, p. 4. G. Polvara, Il convento di Pescarenico e la cappella di casa Manzoni al Caleotto di Lecco, in “Arte cristiana”, 5 (1923). M. R ossetto, Villa Manzoni al Caleotto nelle carte dell’Archivio Manzoni-S cola, in “Atti del X IV Congresso Nazionale di S tudi Manzoniani”, Lecco 1990. G. S cotti, Villa Manzoni al Caleotto di Lecco, Peverelli, Lecco 1983. C .C . S ecchi, La villa del Caleotto in Lecco e Alessandro Manzoni, Maggioni, Lecco 1975 Archivio di S tato di Milano, Atti di governo, F inanze e confische, cart. 1799, fasc. “Manzoni Giacomo Maria”, 1635 giugno 1 e 2. Archivio di S tato di Milano, Atti di governo, F inanze e confische, cartella 699, fasc. “Buzzoni Giovanni Antonio e Consorti”, 1640 luglio 19.

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Allegato 1. 1635 giugno 1, 2 Descrizione della residenza al Caleotto di Giacomo Maria Manzoni (AS Mi, F inanze e confische, cart. 1799, fasc. “Manzoni Giacomo Maria”).

1635 die veneris p[rim].a mensis junij [...] Primo nella Cucina un tavolino di noce con suoi piedi fatti al torno / tre scabelle di noce / duoi caldari mezani in rame, et una pignatta / duoi lavezzi di terra / una secarda di rame / due sedelle di rame / due padelle di rame / due padellette d’assale, et un cesto di ferro / un bassile di ottone / un candilere di ottone / duoi pali di ferro / tre cazzuli forati et due palitte di ferro / un scaldino di rame, et uno gratirola di ferro / duoi mortari di bronzo / due ramine mezane di rame / nove pezzi di peltro tra piatti tondi, e minestre / dodici piatti, e tondi di maiolica / cinq[ue] spedi di ferro grosso / due cadenne da focho / un cossino et un piumazzo il cossino di penna, et un piumazzo di lana Nella dispensa una vininera di noce / una cassa di larice con dentro pezzi trenta cinq[ue] di maiolica / duoi scagni armati di noce / una peltiera di noce / una gratarola, et una graticella di ferro Nel dispensino attaccato alla cucina tre lume di ferro / un tripiede de ferro / un lavello di pietra con dentro un staro d’olio d’oliva / un sigion da carne cerchiato di ferro / una cassa da rame Nella sala d’abasso un tavol grande di noce con sopra un tapeto avelutato / una credenza di noce con dentro un cribietto d’arame / un libretto picholo di foglie n[umer].o 32. scritte coperto di biancho che comincia 1632 adi – luglio notta del grano riceputo et havuto da diversi massari / una canevetta fodrata di rosso con dentro quattro canevette di vetro / due cadrege armate di legno / un porta cappe di legno / un ferro [per] mettere il sidelino da lavar le mani / un cadino da lavar le mani / duoi archibugi da fuoco Nella saletta in capo della sala duoi tavolini di noce / un scrittorio grande maciato con diversi cassettini / duoi brendenali con li pomi grossi d’otone / duoi libri novi senza scrittovi cosa alcuna coperti di rosso / una cassa di noce grande / una cadrega da camera di larice / una lettera con sue colonette con un letto un matarazzo paiazzo, et piumazzo et duoi lenzoli con una catelana / due cadreghe di legno armate et duoi schagni / sei quadri dipinti mezani / un libretto longo coperto di cartone scritto di foglie 146. che comincia al nome di Dio / un calamaro di bronzo Nel portico un lavello di pietra da olio / due cadreghe armate di legno / un tavolo tondo di noce / due banche di noce / un segione da panni cerchiato di ferro grande / una caldana pichola et un caldano picholo di rame / una cadina da focho, et duoi cerchi di ferro / due padelle di rame Nella cantina à mano sinistra vaselli n[umer].o 7 picholi et mezani cerchiati di ferro, duoi picholi voti, nil p[rim].o vaselletto vi è dentro c[irc].a una brenta di vin biancho, nel quarto vi è dentro una brenta di vin biancho in c[irc].a il quinto è pieno che sarà c[irc].a brente sei, nel sesto vi sono due brente di vino nero in c[irc].a di poscha, nel settimo vi sono c[irc].a brente quatordici vin nero A mano sinistra tre tinne grande cerchiate di ferro In faccia della d[itt].a cantina vi sono vasilli n[umer].o 13 grandi cerchiati di ferro, et nil primo d’essi che è in fondo vi è dentro c[irc].a una brenta di vino nero, nel settimo vi è c[irc].a brente 18. vino

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nero, il decimo è pieno di vino nero che sarà di tinata di c[irc].a brente 20. dico venti / una pidria / tre brente / una scabelia di noce / li martelli di ferro per le botte et cum hora tarda fuit indi recessum descriptione in perfecta animotus. 1635 die sabb[ato] 2. junij S equit descriptio d[ict].i J acobi marie manzoni in d[ict].a eius domo habit[ation].is [...] Nel torchio tre tine da vino grande con duoi cerchi per una, et di ferro, et il torchio con suoi utensilij / due ferrate di ferro grande Nella [pri]ma camera di sopra una cassa di noce piena di lana, et strusa / otto tenaglie di ferro / una bilanza et un cerchio duna brenta Nella seconda camera un letto di piuma, et un materazzo con suoi lenzoli una catelana et suo piumazzo Nella terza camera casse sette di noce vote / una tapezzeria di corame / un tavolinetto con supra un tapeto di corame / una lettera di noce con sue colonette, et un moschetto di tila signata con il suo letto, et materazzo, et pagliazzo, piumazzo lenzoli, et una catellana et un ogiolata / sei mantini tra grossi, et sotili / un lenzolo, et tre serviette / una cadrega da camera di noce / tre quadri grandi dipinti Nella quarta camera una lettera di noce con sue colonette, con un moschetto di finisello biancho, e argentino con duoi letti di piuma, et suo capezzale / un scagno di noce armato Nella quinta camera diversa ferramenta rotta / un staro da misurar il grano / una cassa di larice / stara tre olive Nella sesta camera due casse di noce Nella camera supra la stalla quattro caldari di rame / tre brendenali duoi con ottone, et laltro di ferro con il suo ferro da focho / sei aspe da seta con il molino / una cadena da focho / duoi cerchi picholi di ferro Nella camera sopra l’altra stalla una lettera di noce con duoi matarazzi duoi lenzoli et due coperte catelane / un tavolino di noce / quattro scabelle, et un scagno di legno. Allegato 2. 1640 luglio 19. Il massaro Giuseppe Manzoni detto “Zanni” descrive la casa al Caleotto di Giacomo Maria Manzoni; segue inventario dei mobili dichiarato dal massaro Giovanni Giussani (AS Mi, Atti di governo, F inanze e confische, cartella 699, fascicolo “Buzzoni Giovanni Antonio e Consorti”. Una Casa da nobile chiamata il Caliotto qual consiste in trè luoghi abasso, due stalle, una canepa sotto terra, trè luoghi sup[erio].ri, duoi portici cum colone di vivo, pozzo, cantina, polaro, lobia, et altre sue rag[io].ni, et pertinenze, cum annesso un pezzo di terra vigna tutto murato de [per]tiche cento in c[irc].a à q[u].al coherenzia da tutte le [par]ti strada, et vi è dentro alcune piante de moroni, et diversi fruti cum due piante di pino in frontispitio alla porta, et altre due laterali, q[u].al casa, et vigna è divisa [per] metà cum l’Hosp[ita].le de poveri del luogo di Aquate et d.[icti] S [igno].r J acc[om]o M[ari].a Manzone mio P[ad]rone, essendo trovata la [par]te à man dritta nell’entrar dalla

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porta al S [igno].r J ac[om].o M[ari].a, et l’altra metà à man manca al d[ict]u Hosp[ita].le, si della casa come della vigna [...] Un mestole di rame di monger il latte Nella cantina

un vassello di tenuta di brente cinquanta / sei altri vasselli di tenuta di brente trenta l’uno / tre altri vasselli di tenuta de dodeci brente l’uno / due tinne di tenuta di brente trenta l’una / tutti voti, malfodrati, et buoni cum suoi cenci di ferro, et sue calastre / una brenta et un martello

Nella torchiera Un torchio cum suoi utensilij bello et buono / tinne n[umer].o cinq[ue] una di brente trenta, due de vinti brente l’una, et due altre da sedeci brente l’una cerciate tutte cum ferro

S [opr].a la cassina F ieno centenara n[umer].o tranta in c[irc].a.