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Le tariffe dei servizi pubblici locali in Friuli Venezia Giulia 2003-2005 Udine, ottobre 2006 Progetto “In primo piano: il Consumatore” Cofinanziato dal Ministero delle Attività Produttive Consulta Regionale dei Consumatori e degli Utenti

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Le tariffe dei servizi pubblicilocali in Friuli Venezia Giulia

2003-2005

Udine, ottobre 2006

Progetto “In primo piano: il Consumatore”Cofinanziato dal Ministero delle Attività Produttive

Consulta Regionale dei Consumatori e degli Utenti

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Progetto “In primo piano: il Consumatore” Cofinanziato dal Ministero delle Attività Produttive

Le tariffe dei servizi pubblici locali in Friuli Venezia Giulia

2003-2005

A cura di:

Udine, ottobre 2006

Consulta Regionale dei Consumatori e degli Utenti

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Le tariffe dei Servizi Pubblici Locali in Friuli Venezia Giulia

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Le tariffe dei servizi pubblici locali in Friuli Venezia Giulia Dati 2003-2005 A cura di: Leonardo Cioccolani, Loreno Perra, Marco Spennati, Valentina Tortolini. Con la collaborazione scientifica di: Alessandro Viviani, Ordinario di Statistica economica – Università di Firenze

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Indice 1 Presentazione..............................................................................................................................3 2 Introduzione ...............................................................................................................................3

2.1 Obiettivi ...............................................................................................................................3 2.2 Criteri e Metodologia ...........................................................................................................3

2.2.1 I consumatori – utenti ..................................................................................................3 2.2.2 L’inflazione..................................................................................................................3 2.2.3 I consumi delle famiglie...............................................................................................3

3 Il servizio idrico..........................................................................................................................3 3.1 Riorganizzazione del servizio ..............................................................................................3 3.2 Le tariffe...............................................................................................................................3 3.3 I consumi..............................................................................................................................3 3.4 Tariffa e costi .......................................................................................................................3 3.5 Incidenza del servizio sulla spesa familiare.........................................................................3 3.6 Evoluzione del servizio e confronti .....................................................................................3

4 I rifiuti .........................................................................................................................................3 4.1 Da Tassa a Tariffa ................................................................................................................3 4.2 La Tariffa .............................................................................................................................3 4.3 Le abitazioni.........................................................................................................................3 4.4 Costi .....................................................................................................................................3 4.5 Incidenza del servizio sulla spesa familiare.........................................................................3 4.6 Evoluzione del servizio i confronti ......................................................................................3

5 Il gas ............................................................................................................................................3 5.1 Articolazione tariffaria.........................................................................................................3 5.2 I consumi..............................................................................................................................3 5.3 Tariffa e costi .......................................................................................................................3 5.4 Incidenza del servizio sulla spesa familiare.........................................................................3 5.5 Evoluzione del servizio i confronti ......................................................................................3

6 Il trasporto pubblico locale .......................................................................................................3 6.1 Il costo del servizio ..............................................................................................................3

7 Conclusioni .................................................................................................................................3 7.1 Costo dei servizi e incidenza sulla spesa familiare ..............................................................3 7.2 Evoluzione e confronti .........................................................................................................3 7.3 Costo dei servizi e sostenibilità............................................................................................3

8 Bibliografia .................................................................................................................................3

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1 Presentazione I risultati della collaborazione tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Conferservizi Friuli, CISPEL Confservizi Toscana e Confservizi Friuli Venezia Giulia testimoniano la sempre più crescente centralità del ruolo del consumatore nel processo di miglioramento dell’offerta di pubblici servizi in termini qualitativi. Analizzare il profilo prestazionale delle public utilities e delle aziende di trasporto pubblico dal punto di vista del cliente/utente è una delle principali sfide che ci si è posti nell’ambito del progetto “In primo piano: il Consumatore”, realizzato per la prima volta nella nostra regione, nell’intento di avviare una fase di progettazione e realizzazione partecipata dei servizi di domani. L’esperienza maturata dalla Regione Toscana ha costituito un prezioso punto di riferimento per la creazione di un “sistema di ascolto” delle valutazioni dei consumatori e di scambio delle informazioni finalizzato ad evidenziare le eccellenze e le criticità di questi settori. Il quadro emerso dall’indagine condotta insieme ai gestori dei servizi a rete e del trasporto pubblico locale regionali, come pure le interviste telefoniche rivolte ad un campione di 2.106 cittadini del Friuli Venezia Giulia, è significativamente positivo in termini di qualità percepita, pur persistendo la necessità di apportare specifiche azioni correttive. Ulteriore importante risultato di questo progetto è stata la formazione di una rete relazionale tra Amministrazione regionale ed associazioni a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti quale punto di osservazione privilegiato dei fenomeni economici di maggior impatto sulla vita dei cittadini. L’Amministrazione regionale può quindi far tesoro del gradimento espresso dalla popolazione nei confronti dei servizi pubblici e continuare a sviluppare il modello esistente, potenziando nel contempo le capacità competitive delle aziende ed elaborando politiche orizzontali di crescita economica che aumentino il livello di qualità e di attenzione verso il consumatore.

L’Assessore regionale alle attività produttive - dott. Enrico Bertossi –

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2 Introduzione

2.1 Obiettivi

La riforma della Pubblica Amministrazione, avviata con la Legge 142/90, ha avuto nello scorso decennio una costante progressione in sintonia con le rapide trasformazioni politico-sociali del paese. Questo processo trova proprio nell’erogazione e nella gestione dei servizi pubblici una delle sue principali fonti attuative. Le norme che si sono succedute in questo periodo sono contenute nel “Testo Unico per l’Ordinamento degli Enti Locali” (D.Lgs 267/00 art.113 per la regolazione dei servizi pubblici locali) come integrato dalla Legge 448/01 (art.35) modificati con le disposizioni previste dall’art.14 del D.L. n.269/03 come integrati dal maxiemendamento del Governo approvato al senato in data 30.10.03. Per la parte relativa alla disciplina del Servizi Pubblici Locali la riforma è stata orientata verso la loro liberalizzazione e aziendalizzazione per perseguire gli obiettivi di massimizzazione della qualità del servizio, l’adozione dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità dei servizi stessi e di salvaguardia ambientale. Il punto nodale dell’evoluzione in corso è la definizione delle tariffe: l’obiettivo dell’efficienza allocativa, che porti all’equivalenza tra prezzo e costo marginale, condiziona le tariffe e la loro dinamica. Il finanziamento totale dei servizi con i ricavi da tariffa porta anche alla percezione da parte dei cittadini del reale costo dei servizi che utilizzano, e attraverso, modelli tariffari particolari, a una maggiore sensibilizzazione dei consumatori sulle tematiche di salvaguardia ambientale. Nel servizio idrico sono stati introdotti, con la Legge 36/97, i criteri di efficienza, efficacia ed economicità (l’art. 9 comma 1) e di salvaguardia per la risorsa secondo criteri di solidarietà (art.1 comma1). La Legge 36/97 introduce notevoli cambiamenti nella tariffa che deve essere determinata in modo da coprire integralmente i costi degli investimenti d’esercizio. Non si realizza più quindi una copertura del servizio con fiscalità ordinaria a cui i Comuni possono ricorrere per coprire tali costi. Le stesse novità si ritrovano anche nel settore dei rifiuti dove la tariffa rappresenta il corrispettivo per l’attività di gestione dei rifiuti urbani, ovvero per la raccolta, lo spazzamento il recupero e lo smaltimento, ivi compreso il controllo su queste attività e sugli impianti di smaltimento, come previsto dal Decreto Legislativo 22/97. Lo stesso decreto afferma, anche in questo caso, il principio di tutela ambientale. Nel settore gas, con il Decreto Legislativo 164/00, si è avuta la separazione delle attività di distribuzione e vendita e la liberalizzazione del mercato della vendita del gas naturale, per cui dal 1/1/2003 tutti i clienti sono liberi di scegliere da chi comprare il gas. Le aziende, attenendosi alle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, percepiscono, inserendola nella tariffa, la loro quota di vendita al dettaglio. Nel trasporto pubblico il processo di liberalizzazione è iniziato con il Decreto Legislativo 422/97, con cui c’è l’obbligo per le aziende di diventare società per azioni. Molte delle novità introdotte dalle normative che regolano i servizi pubblici riguardano, quindi, le tariffe: è dunque di notevole interesse un’analisi della loro incidenza sulla spesa per consumi delle famiglie residenti in Friuli Venezia Giulia anche alla luce di questi cambiamenti. Il nostro obiettivo è la valutazione dell’evoluzione dell’incidenza delle tariffe sulla spesa familiare rispetto al tempo e rispetto alle diverse tipologie familiari presenti sul territorio regionale. Per ogni servizio vengono brevemente descritte le norme che lo regolano e le novità a cui si è assistito negli

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ultimi anni, con particolare attenzione a quale sia lo stato di attuazione di tali norme in Friuli Venezia Giulia. Poi, per valutare la dinamica dell’incidenza della spesa del servizio sulla spesa familiare, sono stati rilevati i consumi delle famiglie articolati per numerosità familiare in un arco temporale di tre anni (2003 – 2005). La dinamica delle tariffe è stata confrontata con la dinamica dell’inflazione e dei redditi registrata nello stesso arco temporale. In conclusione abbiamo proposto una breve analisi della sostenibilità delle tariffe per le famiglie povere.

2.2 Criteri e Metodologia

L’analisi presentata di seguito è riferita ai comuni capoluogo di provincia del Friuli Venezia Giulia. I dati necessari allo sviluppo di questo lavoro sono di diverso tipo: dati demografici, dati di “consumo” per ogni servizio indagato e tariffe in vigore nei tre anni di osservazione. Le informazioni demografiche utilizzate (il numero medio di componenti per famiglia e il numero di famiglie residenti per numero di componenti) sono state ricavate da statistiche ufficiali Istat. Le tariffe del servizio idrico sono state fornite dai gestori del servizio nei comuni interessati. Per il servizio di vendita del gas sono state utilizzate le tariffe pubblicate sul sito dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (A.E.E.G) per gli anni termici 2002-2003 e 2003-2004. Per l’anno termico 2004-2005 sono state utilizzate le tariffe applicate dai gestori del servizio al primo Luglio 2004. La tariffa / tassa del servizio rifiuti è quella applicata dai gestori del servizio alle utenze domestiche. Per il trasporto pubblico locale è stato rilevato il prezzo dei titoli di viaggio per tipologia di servizio: biglietto orario per il servizio urbano, prima fascia chilometrica per il quello extra urbano. Ai fini del nostro lavoro è stato poi necessario calcolare un “consumo medio” per servizio a cui applicare le tariffe trovate. Tale consumo è correlato alla numerosità familiare. L’imputazione di questo dato è stata effettuata, per ogni singolo servizio, partendo da dati Istat, come nel caso del servizio idrico e dei rifiuti, o da informazioni fornite dagli stessi gestori dei servizi, come nel caso del consumo di gas metano per usi civili. A partire dal dato di consumo medio sono state costruite delle fasce di consumo associate alla numerosità familiare e mantenute costanti nel triennio di analisi. Per ogni fascia di consumo sono stati calcolati i costi dei servizi e la loro incidenza sulla spesa familiare annua. Nel calcolo dell’incidenza si è ipotizzato che la spesa familiare fosse omogenea nei quattro comuni capoluogo di provincia e in particolare uguale a quella regionale; mentre per il costo dei servizi è stata calcolata una “media” regionale, partendo dai costi per comune ponderati con la numerosità delle famiglie residenti nel comune stesso (e quindi dei consumatori). Fa eccezione il trasporto pubblico locale poiché non è stato possibile trovare dati sulla spesa media per famiglia o dati da cui risalirvi, attraverso un procedimento simile a quello usato per gli altri servizi.

2.2.1 I consumatori – utenti Le informazioni di tipo demografico sui residenti in Friuli Venezia Giulia sono state ricavate da dati Istat, in particolare dal “XIV censimento della popolazione e delle abitazioni”. Da questi dati emerge che, a livello regionale, il numero medio di componenti per famiglia è 2,4 e scende a 2,1 nei comuni capoluogo di provincia. Abbiamo dunque considerato come famiglia “tipo” per le nostre successive analisi quella composta da due persone. La distribuzione della popolazione sul territorio regionale evidenzia che il 37% delle famiglie risiede in uno dei quattro capoluoghi di provincia. In particolare di queste 182mila famiglie oltre il

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56% è residente nel comune di Trieste (tabella 3) e oltre il 37% è formato da un solo componente con età media compresa tra i 61 e i 62 anni (figura 1 e tabella 4). TAB. 1-Numero medio di componenti per famiglia per comune capoluogo di provincia e totale regionale. Dati censimento 2001

Numero medio di

componenti Numero

di famiglie Popolazione

residentePordenone 1,99 21.155 42.122Udine 2,18 43.520 95.030Gorizia 2,28 15.627 35.667Trieste 2,06 102.562 211.184Comuni capoluogo di provincia 2,10 182.864 384.003Regione 2,38 497.836 1.183.764Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat. TAB. 2 - Famiglie residenti per numero di componenti in Friuli-Venezia Giulia (dettaglio provinciale) - Censimento 2001.

Numero di componenti PROVINCE

1 persona 2 persone 3 persone 4 persone 5 persone 6 o più persone Totale

Pordenone 28.348 30.938 25.482 20.248 5.010 1.487 111.513 Udine 60.442 60.014 48.008 33.824 8.003 2.281 212.572 Gorizia 17.353 17.595 13.140 7.985 1.616 407 58.096 Trieste 44.194 37.012 20.922 11.077 1.923 527 115.655 Friuli-Venezia Giulia 150.337 145.559 107.552 73.134 16.552 4.702 497.836 Fonte: Istat. XIV Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001) TAB. 3 - Famiglie residenti per numero di componenti nei comuni capoluogo di provincia- Censimento 2001.

Numero di componenti Comune

1 persona 2 persone 3 persone 4 persone 5 persone 6 o più persone Totale

Pordenone 6.802 6.137 4.487 2.996 611 122 21.155 Udine 15.713 13.086 8.441 5.039 960 281 43.520 Gorizia 5.377 4.639 3.162 1.939 412 98 15.627 Trieste 40.472 32.880 17.950 9.240 1.577 443 102.562 Totale 68.364 56.742 34.040 19.214 3.560 944 182.864 Fonte: Istat. XIV Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001)

FIG. 1 - Distribuzione della popolazione per numerosità del nucleo familiare nei comuni capoluogo di provincia

18,61

10,51

1,95 0,52

37,39

31,03

-

5

10

15

20

25

30

35

40

1 persona 2 persone 3 persone 4 persone 5 persone 6 o piùpersone

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TAB.4 - Età media della persona di riferimento nelle famiglie composte da 1 o 2 persone. Censimento 2001 Età media Provincia

1 componente 2 componenti Pordenone 61 58 Trieste 61 60 Gorizia 62 60 Udine 62 59 Fonte:nostra elaborazione su dati Istat XIV Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001

2.2.2 L’inflazione I dati relativi alla variazione dell’inflazione tra il 2003 e il 2005 sono stati tratti dall’Istat. L’istituto nazionale di statistica, incaricato del calcolo dell’indice dei prezzi al consumo, produce tre diversi indici: per l’intera collettività (NIC), per le famiglie di operai e impiegati (FOI) e l’indice armonizzato europeo (IPCA). Per questo lavoro è stato utilizzato l’indice NIC.

Inflazione Anno numero indice

2003=100 Variazione rispetto all'anno precedente

2003 100,00 - 2004 102,21 2,21 2005 104,18 1,93

Dati: nostra elaborazione su dati Istat

2.2.3 I consumi delle famiglie Per calcolare l’incidenza del costo dei servizi sulla spesa familiare sono state utilizzate le informazioni contenute nelle pubblicazioni Istat “I consumi delle famiglie” per l’anno 2003 e 2004. Non disponendo dei dati relativi al 2005 è stato effettuato un adeguamento della spesa del 2004 sulla base dell’inflazione reale per tipologia di prodotto. I dati ottenuti sono riportati nella tabella 6.

TAB. 6 - I consumi delle famiglie: spesa media annua familiare per gruppi e categorie in Friuli Venezia Giulia. Anno 2003-2005

2003 2004 2005

Categorie e gruppi di consumo Valori assoluti

Valori percentuali

Valori assoluti

Valori percentuali

Valori assoluti

Valori percentuali

Alimentari e bevande €/ anno % €/ anno % €/ anno %Totale alimentari e bevande 4.524,00 16,99 4.737,56 15,90 4.741,35 15,72

Non alimentari Tabacchi 171,60 0,64 151,96 0,51 154,71 0,51Abbigliamento e calzature 1.503,96 5,65 1.880,13 6,31 1.904,26 6,32Abitazione (principale e secondaria) 7.311,00 27,46 8.077,70 27,11 8.195,00 27,18Combustibili ed energia 1.366,56 5,13 1.641,76 5,51 1.663,69 5,52Mobili, elettrod. e servizi per la casa 1.321,56 4,96 1.909,92 6,41 1.931,13 6,40Sanità 1.240,92 4,66 1.105,43 3,71 1.125,34 3,73Trasporti 4.046,76 15,20 4.293,60 14,41 4.358,54 14,45Comunicazioni 558,48 2,10 688,29 2,31 697,25 2,31Istruzione 220,20 0,83 360,53 1,21 364,06 1,21Tempo libero, cultura e giochi 1.246,92 4,68 1.582,17 5,31 1.602,17 5,31Altri beni e servizi 3.108,12 11,68 3.366,95 11,30 3.416,82 11,33Totale non alimentari 22.096,20 83,01 25.058,44 84,10 25.412,98 84,28SPESA MEDIA ANNUA 26.620,20 100,00 29.796,00 100,00 30.154,33 100,00Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat (I consumi delle famiglie. Anni 2003, 2004)

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La spesa delle famiglie in Friuli Venezia Giulia articolata per numerosità familiare è stimata a partire dai dati riportati in tabella 6 e dai dati della “Spesa media annuale familiare per numero di componenti e categorie di consumo nel Nord Est” (fonte Istat: ”I consumi delle famiglie. Anno 2003”), riportati in tabella 7. Il risultato finale è illustrato nella tabella 8. TAB. 7 - Consumi delle famiglie: spesa media annuale familiare per numero di componenti e gruppi e categorie di consumo nel Nord Est - Anno 2003

Numero componenti Categorie e gruppi di consumo Totale

1 2 3 4 5 e piùNumero medio componenti 2,5 1 2 3 4 5,3 Percentuali di famiglie (Nord Est=100%) 4.280.913 25,6 30,0 21,8 17,5 5,1

Alimentari e bevande Spesa €/anno Totale spesa alimentari e bevande 5.129,76 3.218,04 4.799,04 5.802,60 6.759,36 8.201,52

Non alimentari Tabacchi 195,24 121,92 158,40 244,92 280,92 273,60 Abbigliamento e calzature 1.854,84 987,48 1.511,88 2.455,80 2.647,56 2.932,68 Abitazione (principale e secondaria) 8.136,36 6.991,08 7.813,68 8.891,16 9.029,52 9.486,12 Combustibili ed energia 1.574,88 1.152,96 1.502,76 1.769,52 1.887,96 2.209,32 Mobili, elettrod. e servizi per la casa 1.870,56 1.274,64 1.966,92 2.108,16 2.171,64 2.243,64 Sanità 1.269,60 837,24 1.267,32 1.449,36 1.553,28 1.710,12 Trasporti 4.558,32 2.350,08 3.998,88 5.694,12 6.706,92 6.693,24 Comunicazioni 630,12 442,08 552,12 715,08 859,08 883,80 Istruzione 326,40 56,76 72,24 424,92 828,24 1.032,00 Tempo libero, cultura e giochi 1.525,56 860,28 1.288,92 1.845,60 2.210,40 2.536,92 Altri beni e servizi 3.794,16 2.242,20 3.313,20 4.747,68 5.203,56 5.493,84 Non alimentari 25.735,92 17.316,72 23.446,44 30.346,08 33.379,20 35.495,16 SPESA MEDIA MENSILE 30.865,68 20.534,76 28.245,48 36.148,68 40.138,56 43.696,68 Fonte: Istat. I consumi delle famiglie. Anno 2003. TAB.8 - Consumi delle famiglie: spesa media annua in Friuli Venezia Giulia per tipologia di beni consumati. Anni 2003 - 2005

2003 2004 2005

Non alimentari

Abitazione* Totale Non alimentari

Abitazione* Totale Non alimentari

Abitazione* Totale Numerosità familiare

€/anno €/anno €/anno 1 componente 14.700,41 6.652,33 17.710,19 16.671,23 7.736,96 19.823,11 17.006,26 7.838,91 20.107,28 2 componenti 20.220,35 9.150,25 24.360,29 22.931,22 10.642,16 27.266,61 23.392,05 10.782,39 27.657,48 3 componenti 25.878,09 11.710,53 31.176,40 29.347,46 13.619,87 34.895,91 29.937,24 13.799,35 35.396,15 4 componenti 28.734,36 13.003,07 34.617,47 32.586,66 15.123,16 38.747,52 33.241,53 15.322,44 39.302,97 5 componenti 31.281,55 14.155,73 37.686,17 35.475,34 16.463,76 42.182,33 36.188,26 16.680,71 42.787,02 *comprende. Abitazione; combustibili ed energia; mobili elettrod. e servizi per la casa) Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat (I consumi delle famiglie. Anni 2003, 2004)

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3 Il servizio idrico

3.1 Riorganizzazione del servizio

La riorganizzazione dei servizi idrici in Italia inizia con la Legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”. Obiettivi principali della legge sono il superamento della frammentazione gestionale del settore dei servizi idrici in Italia e la promozione di una crescita imprenditoriale del settore. A questo scopo è stata prevista la costituzione di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), all’interno dei quali pervenire ed una gestione unitaria ed integrata del ciclo idrico, inteso come l’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua per usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue, ossia del servizio idrico integrato (SII). L’Ambito Territoriale Ottimale è una delimitazione del territorio nazionale definita dalla autorità regionali e costituita con lo scopo di organizzare le gestione unitaria dei servizi di competenza alle Regioni. I confini degli ATO sono individuati principalmente secondo i seguenti criteri:

• rispetto dell’unità del bacino idrografico, nonché la localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

• superamento della frammentazione delle gestioni; • conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici,

demografici, tecnici, e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative; • creazione di un sistema tariffario che garantisca la copertura integrale dei costi di esercizio e

di investimento per il servizio idrico integrato. Per ciascun ATO, tramite specifiche leggi regionali, avviene l’insediamento delle Autorità d’ambito (AATO), che costituiscono il soggetto istituzionale a cui è stato assegnato il ruolo di svolgere le attività precedenti e successive all’affidamento del SII. L’ affidamento del SII, ovvero la procedura tramite cui l’AATO assegna ad un ente prescelto detto, affidatario del servizio, la gestione del SII, avviene tramite gara a società privata, affidamento diretto con procedura ad evidenza pubblica (soprattutto per società miste come Spa a prevalente capitale pubblico), o tramite affidamento “in house” a società a capitale interamente pubblico. A livello centrale la legge 36/94 ha istituito il COVIRI (comitato per la vigilanza delle risorse idriche) quale organo indipendente della pubblica amministrazione, che tra i suoi compiti ha quello di garantire l’osservanza dei principi della legge di riforma dei servizi idrici, con particolare riferimento all’efficienza, efficacia ed economicità del servizio, alla regolare determinazione e al regolare adeguamento delle tariffe , nonché alla tutela degli utenti. A livello decentrato sono invece le Regioni che devono legiferare per l’approvazione delle norme di applicazione e la definizione della delimitazione territoriale e della forma istituzionale degli ATO. È solo con l’insediamento di questi soggetti che si possono avviare le attività, di definizione del piano d’ambito1 e l’assegnazione del SII ad un ente gestore, che permettono la reale applicazione della riforma. Lo stato di attuazione della Legge 36/94 non è omogeneo sul tutto il territorio nazionale. Secondo i dati ISTAT pubblicati a giugno 2005 nell’“Indagine sui servizi idrici: ricognizione sullo stato di attuazione del Servizio idrico integrato”, gli ATO individuati dalle Regioni sono in totale 91

1 Documento di pianificazione generale e strategico della gestione del SII, elaborato dall’AATO.

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mentre le Autorità d’ambito insediate sono 88. L’affidamento del SII è stato realizzato in 54 ATO, mentre per i restanti 37 si è ancora in una fase intermedia di attuazione della riforma. A livello regionale si evidenziano notevoli differenze:

• 7 regioni hanno completato l’affidamento del SII in tutti gli ATO previsti, • in 5 regioni l’affidamento risulta inattivato; • nelle rimanenti 8 regioni l’affidamento è in corso di attuazione.

Dove non sono state costitute le AATO, il compito di fissare criteri, parametri e limiti per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del settore idrico rimane al CIPE (Comitato Interministeriale per la programmazione economica). Il D.P.R. n. 373/1994 ha trasferito al CIPE i poteri generali di indirizzo e di direttiva in materia di prezzi e tariffe già attribuiti al CIP (Comitato interministeriale prezzi). Tra questi poteri sono da ricordare, in particolare, la formulazione di direttive e pareri vincolanti in ordine alla revisione di tariffe e prezzi dei beni e servizi inclusi nell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale e le competenze, con l’obiettivo del contenimento dell’inflazione, previste dall’art. 12 della legge n. 498/1992 in materia di tariffe dei servizi locali. Leggi specifiche, sia precedenti sia successive al menzionato D.P.R., hanno attribuito al CIPE il potere di emanare direttive per revisioni tariffarie concernenti singoli settori così, ad es., l’art. 2, c. 3, della legge n. 172/1995 per le revisioni relative al settore idrico; settore per il quale l’art. 21 della stessa legge demandava al CIP (ora CIPE) la formulazione di criteri per l’elaborazione del metodo normalizzato da applicare a regime. Il monitoraggio e verifica delle tariffe idriche sul territorio nazionale è di competenza delle Camere di Commercio (ex UPICA), fino alla costituzione delle Autorità d'Ambito.

3.2 Le tariffe

Dal 1945 al 1974 i prezzi dell’acqua potabile sono rimasti praticamente invariati visto che il Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) aveva consentito solo adeguamenti periodici sulla base di coefficienti di rivalutazione riferiti alle tariffe in vigore nel 1942. Nel 1974 il CIP ha emanato due provvedimenti (45/74 e 46/74) tesi a modificare sensibilmente la metodologia tariffaria nel settore idrico: la riduzione delle molteplici forme di tariffe fino ad allora esistenti e l’introduzione di un legame fra gli incrementi tariffari consentiti e la copertura dei costi di gestione. Il compito di rilevare i dati di settore per definire il livello dei consumi essenziali e le fasce di eccedenza sono stati affidati ai Comitati Provinciali Prezzi (CPP) Sulla base di tali dati e della situazione economica delle imprese i CPP, a livello almeno comunale, devono specificare per le utenze domestiche:

• l’importo della tariffa base in modo che alle imprese fosse riconosciuto un aumento di ricavi non superiore al 70% del deficit fra i precedenti ricavi e i costi;

• l’importo della tariffa agevolata, • l’importo delle tariffe di eccedenza in modo che “in linea di massima il gettito delle

maggiorazioni per i consumi eccedenti potrebbe equilibrare il mancato aumento derivante dall’applicazione della tariffa agevolata”(Provv. 46/1974 Comma 1 lettera f).

A tutte le altre utenze si applicano le tariffe domestiche con esclusione della fascia agevolata, mentre per le utenze agricole deve essere “effettuato un esame particolare” (Provv. 46/1974 Comma 1 lettera b). Il nolo degli strumenti di misura è stato sostituito dalle quote mensili definite dal CIP nel provvedimento 45/1974. In definitiva l’articolazione delle quote per le utenze domestiche si può così rappresentare: T = T1 + T2 + T3. dove:

• T1= quota fissa per utente; • T2 = [tpVp + Tp(Vi –Vp)].Questa parte rappresenta quella fascia di consumi a tariffa agevolata

e a tariffa base all’interno dei volumi impegnati Vi. All’interno di questi volumi si deve

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stabilire qual è la quota di consumi definita come fondamentale o essenziale (Vp) nell’ambito delle famiglie ed a questa applicare una tariffa agevolata (tp). Sempre all’interno dei volumi impegnati, alla differenza con i consumi essenziali (Vi – Vp) viene applicata la tariffa base (Tp).

• T3 = (p1S1 + p2S2 +...+ pnSn) rappresenta il termine proporzionale al consumo eccedente i volume impegnati Vi, questo consumo deve essere articolato per scaglioni di tariffe crescenti, con Sn che rappresenta l’n-esimo scaglione di consumo e pn la relativa tariffa.

Quindi, riassumendo, T = T1 + [tpVp + Tp(Vi –Vp)] +(p1S1 + p2S2 +...+ pnSn). Le disposizioni adottate dal CIP sono confermate e chiarite dal successivo provvedimento 26/1975 dell’ 11 agosto 1975 nel quale il comitato definisce l’esclusiva competenza dei CPP per la determinazione delle tariffe idriche di tutti gli usi. Inoltre il provvedimento specifica la metodologia adottata dagli stessi CPP per la determinazione degli scaglioni tariffari e per il calcolo delle tariffe. Secondo lo schema fornito dal provvedimento la tariffa base deve essere tale che: Tb=(Ra)/ (Mc di acqua venduta), dove Ra = ricavi da realizzare con la vendita di acqua, sapendo che:

• S = C – R con S= sbilancio, C= costi e R= ricavi; • S + R = Rn, con Rn= nuovi ricavi • Rn = Ra + Rd, con Ra = ricavi da realizzare con la vendita di acqua e Rd = ricavi diversi

derivanti dall’applicazione delle quote di utenza e dalle entrate relative agli allacciamenti, contributi vari, ecc.

Operando le opportune sostituzioni si trova che: Tb=(C – Rd)/ (Mc di acqua venduta), ovvero si può vedere la tariffa come calcolata attraverso uno sorta di costo medio a mc di acqua venduta. Il provvedimento fornisce anche indicazioni di come calcolare la tariffa agevolata tp in modo che i minori introiti corrispondenti a questa tariffa siano compensati dai maggiori introiti derivanti dai consumi di eccedenza. Le delibere Cip definiscono dunque una tariffa binomia (composta da una parte fissa e una parte variabile) che presenta una struttura a blocchi tariffari crescenti (increasing block rate). I canoni di fognatura e depurazione sono stati introdotti in applicazione della legge 10 marzo 1976 n. 319 detta anche legge “Merli”. La legge 319/76 stabilisce che qualsiasi scarico in un corpo ricettore sia tassato in base alla quantità e, per gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi, alla qualità dell’acqua scaricata. Il sistema di calcolo per le utenze civili è stato sostituito nel 1981 da un importo fisso massimo a cui i Comuni sono vincolati nella definizione dei canoni. Le utenze industriali sono rimaste invece soggette a canoni in base al carico inquinante versato, con valori limite stabiliti dalle Regioni. L’ammontare massimo dei canoni per le utenze civili è stato inizialmente definito in base alle leggi sulla finanza locale e successivamente, almeno per la parte riguardante il servizio di fognatura, dalle leggi finanziarie e dalle deliberazioni del CIPE. Dopo i provvedimenti del 1974/1975 per circa un decennio si sono susseguite disposizioni miranti al raggiungimento del pareggio di bilancio delle aziende distributrici. Successivamente gli obiettivi di contenimento dell’inflazione hanno modificato la politica tariffaria nazionale, imponendo anche per le tariffe idriche una limitazione della crescita entro i limiti stabiliti dal governo. A partire poi dalla seconda metà degli anni ottanta, all’obiettivo di controllo dei prezzi si è aggiunto l’ulteriore sforzo proteso al riequilibrio finanziario degli Enti Locali. Tale impegno ha imposto agli enti gestori la copertura minima di una quota dei costi di gestione pari al 60%, progressivamente aumentata al 80%. Dal 1990 le leggi sulla finanza locale hanno imposto ai gestori di recuperare da un minimo del 80% ad un massimo del 100% dei costi di gestione. Nel 1994 il Decreto del Presidente della Repubblica 20 Aprile 1994 n. 373 ha soppresso il CIP e i CPP determinando la creazione del CIPE al quale sono state devolute le funzioni d’indirizzo precedentemente di competenza del CIP, e il trasferimento delle attività dei CPP agli Uffici Provinciali dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (UPICA). Successivamente il CIPE,

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con dell’entrata in vigore della legge 36/94, ha stabilito anno per anno gli incrementi massimi consentiti delle tariffe. La diversa applicazione a livello nazionale della Legge 36/94 riflette una duplice regolazione tariffaria. La riforma ha portato, infatti, l’applicazione di un nuovo metodo tariffario per il pagamento del SII. Lo scopo del nuovo metodo tariffario è quello di coprire tutti i costi del servizio (costi operativi, costi di capitale, remunerazione del capitale investito) attraverso la tariffa stabilita dall’AATO dando ai consumatori una corretta percezione dei costi del servizio e dell’uso della risorsa idrica: prima della riforma alcuni dei costi venivano coperti con la fiscalità ordinaria o con altre risorse di bilancio, risultando a carico dei cittadini anziché degli utenti. In entrambi i casi, comunque, l’articolazione tariffaria è quella definita dai provvedimenti Cip 45/1974 e 46/1974, mentre il calcolo della tariffa si basa, adesso, sulla definizione di tariffa reale media, invece che su quella di tariffa base. La modulazione tariffaria per tipologia d’uso è quella dell’art. 7 del DMLP. 1/8/96 (metodo normalizzato) il metodo di calcolo è, in questo caso, quello del price-cap, secondo il quale la tariffa di riferimento, vale a dire la tariffa reale media (TRM), è:

)1()( 1 KRACT nn +++++= − π , dove • nT è la tariffa dell’anno corrente • C è la componente dei costi operativi • A è la componenti dei costi di ammortamento • R è la componente della remunerazione del capitale investito • π è il tasso di inflazione programmato per l’anno corrente • K è il “limite di prezzo” (l’indice percentuale del quale la TRM può aumentare annualmente

a che l’Ambito delibera entro dei valori massimi stabiliti dal decreto) Calcolata la tariffa reale media, vengono poi strutturati gli scaglioni, secondo i provvedimenti CIP 45 e 46, per fasce di consumo distinti tra usi domestici e non. Per la modulazione secondo fasce di consumo, la normativa di riferimento è quindi sempre costituita dai provvedimenti CIP ancora in vigore e dal comma 7 all’articolo 13 della Legge 36/94, il quale, oltre alle fasce di consumo, stabilisce anche una modulazione secondo categorie di reddito: “Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti ricettivi stagionali”. Tali possibilità sono comunque ad oggi quasi del tutto non applicate. La regione Friuli Venezia Giulia ha recepito la legge 36/94 con L.R. n.13 del 23 giugno 2005, che assicura una gestione dei servizi rispondente ai principi di efficienza, economicità ed efficacia. La L.R. definisce gli Ambiti Territoriali Ottimali (coincidenti con le province) e crea il primo Ambito interregionale con la Regione Veneto. Questa esigenza nasce da una realtà territoriale, coincidente all’incirca con il bacino del Lemene, in cui operano due consorzi interregionali che captano l’acqua nel territorio Friulano e la distribuiscono, successivamente, parte nel territorio della Regione Friuli Venezia Giulia e parte nel territorio della Regione Veneto. Alla data di stesura di questo lavoro l’affidamento del SII risultava inattivato in tutti gli ATO individuati. Le tariffe applicate fino al 2005 sono dunque quelle CIPE.

3.3 I consumi

Secondo i dati Istat, in Friuli Venezia Giulia si consumano ogni giorno circa 209,5 litri (corrispondenti a 76,47 mc/anno) di acqua pro capite. Il consumo regionale risulta più alto del 4,2% rispetto al consumo medio nazionale e varia tra un massimo di 81 mc/anno registrato nella provincia di Gorizia ed un minimo di quasi 72 mc/anno registrato nella provincia di Trieste.

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TAB 9.Consumo pro capite di acqua nelle province del Friuli Venezia Giulia

Consumo pro capite Consumo pro capite Confronto con consumo pro capite

nazionale PROVINCE

(litri/ab/gg) (mc/anno) (Base Italia=100) Gorizia 222,5 81,21 110,7 Pordenone 204,1 74,50 101,5 Trieste 196,8 71,83 97,9 Udine 215,1 78,51 107,0 Totale 209,5 76,47 104,2 Fonte: Istat. Partendo dai dati pro capite riportati nella tabella 9, sono state ipotizzate delle fasce di consumo attribuite alle diverse tipologie familiari (tabella 10). Questo ci consente di analizzare l’incidenza della spesa per il servizio idrico al variare della numerosità familiare. TAB. 10. Consumi per numerosità familiare

Numero componenti Consumo (mc/anno) 1 76 2 140 3 204 4 266 5 310

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

3.4 Tariffa e costi

Il costo del servizio idrico per le famiglie è stato calcolato a partire dalle tariffe, applicate all’uso domestico dei residenti, rilevate in ognuno dei quattro comuni capoluogo di provincia, per i tre anni (2003 – 2005) di osservazione. La tabella 11 mostra le tariffe (espresse in euro al mc) calcolate per il consumo di 140 mc annui nei comuni capoluogo di provincia. TAB. 11. Tariffa per il servizio idrico calcolata per un consumo di 140 mc annui in un famiglia composta da due persone.

Quota fissa Acquedotto Fognatura Depurazione Totale quota variabile

Tariffa totale (iva esculsa). Comune

€/mc €/mc €/mc €/mc €/mc €/mc Gorizia 0,019 0,242 0,088 0,258 0,588 0,607 Pordenone 0,076 0,146 0,098 0,288 0,532 0,608 Trieste* 0,060 0,467 - - 0,467 0,526 Udine 0,040 0,265 0,095 0,272 0,632 0,672 * Nel comune di Trieste la tariffa è riferita al servizio idrico e non è scomposta nella componenti acqua potabile, depurazione, fognatura. Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia La spesa media ponderata regionale, I.V.A. inclusa, per una famiglia di due persone è di circa 89 euro annui (vedi tab. 12) e rimane costante per tutto il triennio di osservazione: le tariffe del servizio idrico, nei quattro comuni capoluogo di regione, non subiscono infatti variazioni dal 2003.

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TAB. 12. Spesa familiare per acqua potabile per comune capoluogo di provincia, consumo annuo e numerosità familiare. Anno 20051 componente 2 componenti 3 componenti 4 componenti 5 componenti

76 mc 140 mc 204 mc 266 mc 310 mc Comune € / anno

Gorizia 48,69 93,61 141,81 192,51 232,42 Pordenone 53,22 93,76 104,53 145,32 191,47 Trieste 32,29 81,08 191,31 226,91 287,15 Udine 54,22 103,53 161,62 219,31 260,24

Media ponderata sulle famiglie

40,70 88,65 167,91 208,72 257,14

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia

FIG.2 – Spesa per il servizio idrico per numerosità familiare

40,70

88,65

167,91

208,72

257,14

0

50

100

150

200

250

300

0 1 2 3 4 5 6

Numerosità familiare

€ / a

nno

3.5 Incidenza del servizio sulla spesa familiare

L’incidenza del servizio idrico sulla spesa familiare varia, nel 2005, dallo 0,20% per una famiglia con un unico componente allo 0,60% per una famiglia composta da 5 persone. TAB. 13. Incidenza della tariffa sulla spesa familiare per numerosità del nucleo familiare. Anno 2005

Spesa acqua (Iva inclusa) Consumi delle famiglie. Incidenza sui consumi

familiari Componenti del nucleo familiare € / anno € / anno % 1 - 76 mc 40,703 20.107,28 0,20 2 - 140 mc 88,652 27.657,48 0,32 3 - 204 mc 167,909 35.396,15 0,47 4 - 266 mc 208,720 39.302,97 0,53 5 - 310 mc 257,139 42.787,02 0,60 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat La spesa per il servizio idrico ha un’incidenza sulla spesa per l’abitazione2 che varia dallo 0,52% all’1,54% in relazione alla numerosità familiare: per la famiglia “tipo”, composta da due persone, questa spesa rappresenta lo 0,82% delle spese sostenute per l’abitazione.

2 Nella voce “spesa per abitazione” sono state raggruppate le voci: spese per abitazione principale e secondaria, spese per combustibili ed energia, spese per mobili ed elettrodomestici, spese per servizi per la casa.

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TAB. 14. Incidenza della tariffa sulla spesa familiare. Incidenza per numerosità del nucleo familiare e tipologia di consumi. Anno 2005

Componenti del nucleo familiare Spesa acqua

potabile Iva inclusa

Spesa per beni non alimentari

Spesa per abitazione

Incidenza % tariffe sulla spesa per beni

non alimentari

Incidenza % tariffe sulla spesa per

l'abitazione UM € / anno € / anno € / anno % %

1 - 76 mc 40,70 17.006,26 7.838,91 0,24 0,52 2 - 140 mc 88,65 23.392,05 10.782,39 0,38 0,82 3 - 204 mc 167,91 29.937,24 13.799,35 0,56 1,22 4 - 266 mc 208,72 33.241,53 15.322,44 0,63 1,36 5 - 310 mc 257,14 36.188,26 16.680,71 0,71 1,54 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat

3.6 Evoluzione del servizio e confronti

Abbiamo detto che le tariffe, e quindi anche la spesa, per il servizio idrico sono rimaste invariate per i tre anni di osservazione, questo, combinato con la variazione positiva della spesa familiare tra il 2003 e il 2005 ha determinato una diminuzione dell’incidenza del costo del servizio sulla spesa stessa. TAB. 15 Evoluzione dell'incidenza della tariffa sulla spesa familiare. Dati per numerosità del nucleo familiare. (2003 – 2005)

Anno Componenti del nucleo familiare 2003 2004 2005

UM % % % 1 - 76 mc 0,23 0,21 0,20 2 - 140 mc 0,36 0,33 0,32 3 - 204 mc 0,54 0,48 0,47 4 - 266 mc 0,60 0,54 0,53 5 - 310 mc 0,68 0,61 0,60 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat La tabella 16 e la figura 3 confrontano le dinamiche della spesa per il servizio idrico e dell’inflazione. Il confronto è stato effettuato con numeri indice prendendo come base = 100 l’anno 2003. TAB. 16 Variazione delle tariffe idriche, per un consumo di 140 mc, e dell'indice generale dei prezzi in Friulii Venezia Giulia (base 2003 = 100)

Anno Inflazione* Variazione tariffe 2003 100,00 100,00 2004 102,21 100,00 2005 104,18 100,00

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio idrico nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat * Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC)

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FIG. 3 – Variazione della spesa per il servizio idrico. Confronto con le variazioni dell’inflazione.

100,00 100,00 100,00

102,21

104,18

98

100

102

104

106

2002 2003 2004 2005 2006

Inflazione* Variazione tarif fe

Inflazione

Tariffe

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4 I rifiuti

4.1 Da Tassa a Tariffa

IL D.Lgs. n.22/97 e gli atti normativi successivi hanno introdotto una serie di fondamentali innovazioni nel campo dei rifiuti urbani e dei relativi meccanismi di regolazione della gestione. Il decreto, con l’art.49 ha istituito la Tariffa (TIA) sui rifiuti abolendo nel contempo la precedente Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani (TaRSU). Le sostanziali novità introdotte dal passaggio da tassa a tariffa per la gestione dei rifiuti riguardano, in particolare, le modalità di definizione e di copertura dei costi, l’uso della tariffa come strumento per perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale, una diversa regolazione dei rapporti tra amministrazione pubblica , utenti-cittadini, gestori del servizio. La tassa sui rifiuti fu istituita per la prima volta nel 1931 con il Regio Decreto n. 1175 modificato in seguito dal DPR n.195 del 1982 e dal D.Lgs n. 507 del 1993. Tali norme prevedono l’istituzione da parte dei Comuni di una tassa annuale dovuta da chiunque occupi o conduca locali nell’ambito del territorio comunale. Il Comune determina annualmente il costo, in base ai mq occupati, della tassa per tutte le categorie domestiche e non. Tale costo deve tenere conto della quantità di rifiuti prodotti per unità di superficie, della qualità del rifiuto stesso e dei costi di gestione. L’ammontare della TaRSU viene determinato al momento della formazione del bilancio previsionale con deliberazione del costo al mq per ogni categoria di utenti (su cui si predispongono poi i ruoli e le relative cartelle). Mentre con la Legge n.366 del 1941 si costituisce il primo tentativo di regolazione del settore dei rifiuti, il D.Lgs 22/97, introducendo il concetto di tariffa in sostituzione a quello di tassa, riprende in parte quanto contenuto nel D.L. 507/933, anche se, in questo caso, il riferimento ai principi di una corretta gestione dei rifiuti risulta essere ben più evidente. Vale la pena analizzare brevemente gli aspetti innovativi introdotti con la TIA. In regime TaRSU il costo del servizio è finanziato in parte attraverso il gettito della tassa e in parte attraverso la finanza locale (tipicamente l’ICI). Nel 1999 i tassi di copertura del servizio variavano, in Italia, da un massimo del 91% del Molise ad un minimo del 53% in Piemonte. Finanziare una parte del servizio con la fiscalità ordinaria o con altre risorse di bilancio significa comunque mettere a carico dei cittadini e non degli utenti alcuni costi del servizio. Con la nuova disciplina, invece, i costi devono essere interamente finanziati attraverso le entrate tariffarie. Il metodo di calcolo della tariffa (illustrato in seguito), metodo normalizzato, considera tutti i fattori produttivi, compresi il capitale e la sua remunerazione. Nel calcolo della Tariffa sono compresi i costi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati, per la raccolta differenziata e il recupero dei materiali riciclabili, per lo spazzamento e il lavaggio delle strade, oltre a una serie di attività amministrative, di monitoraggio e gestione del contenzioso. L’Ente Locale deve passare da una contabilità di tipo finanziario ad una di tipo economico basata su costi e ricavi, in un’ottica di emersione dei costi complessivi di gestione, meccanismo che porta ad un approccio di maggiore trasparenza dei bilanci pubblici.

3 In tale norma venivano indicati criteri, da utilizzare nel fissare le tariffe unitarie, basati sul principio di correlazione della tassa all’effettiva potenzialità di produzione dei rifiuti da parte delle differenti categorie di produttori, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Il decreto, sebbene disatteso da gran parte dei Comuni, ha sollevato il problema delle differenziazioni quali-quantitative tra le categorie di produttori di rifiuti. Questa impostazione, alla luce delle innovazioni introdotte dal D.Lgs 22/97, risulta comunque inadeguata perché, calcolando la tassa in base alla superficie e non in base al numero di occupanti, da un lato penalizza, a parità di superficie abitativa, i nuclei familiari a bassa densità e dall’altro non permette di premiare i comportamenti virtuosi delle utenze che si impegnano in azioni di riduzione dei rifiuti e di aumento della raccolta differenziata.

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Il sistema tariffario permette anche di perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale. In generale i sistemi tariffari sono considerati una delle possibili opzioni per incoraggiare la raccolta differenziata. Una simile tipologia di sistema, prevedendo l’imposizione di tariffe basate sulla quantità di rifiuti prodotti, incentiva i cittadini a produrre minori quantità di rifiuti residui spingendoli ad aderire a programmi di raccolta differenziata (la tariffa per i rifiuti riciclabili è inferiore). Questo tipo di sistemi tariffari, detti PAYT, sono l’applicazione del principio “chi inquina paga”, si introduce quindi un concetto di responsabilità condivisa per cui l’imputazione alle diverse utenze di un costo del servizio è proporzionale ai rifiuti da essi prodotti. Se alla mancata copertura di tutti i costi con la TaRSU e alla mancata inclusione delle varie voci di costo sopra elencate, si sommassero i maggiori costi necessari per attivare nuovi investimenti per garantire standard di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ambientalmente migliori4 ed il perseguimento ambizioso di obiettivi di raccolta fissati dalle leggi, l’ammontare della spesa complessivamente sostenuta dagli utenti/cittadini tramite la tariffa potrebbe essere di fatto maggiore rispetto alla spesa sostenuta con l’applicazione della TaRSU. Osserviamo però che con l’applicazione della tariffa e con la copertura integrale dei costi tramite tale strumento, le risorse comunali non più necessarie a coprire i costi dei servizi di igiene urbana aggiuntivi rispetto al gettito TaRSU potrebbero essere destinate ad altri fini (servizi) oppure potrebbe essere riconosciuta una riduzione dell’imposizione fiscale comunale per la parte non più necessaria. Complessivamente, dunque, si potrebbe mantenere invariata la spesa per i servizi di igiene urbana a carico dei cittadini che diventerebbero utenti.

4.2 La Tariffa

Gli strumenti normativi attraverso i quali il Comune realizza il passaggio da tassa a tariffa sono il Piano Finanziario, la Delibera Comunale di determinazione della tariffa e il Regolamento Comunale. Per definire le componenti per la determinazione della tariffa di riferimento e garantire un regime transitorio per la graduale applicazione della tariffa stessa e l’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti da parte dei comuni, il D.lgs 22/97 prevede l’elaborazione di un metodo normalizzato. Le norme per l’elaborazione del metodo normalizzato sono contenute nel D.P.R. 158/99, in particolare nell’allegato 1 al D.P.R. si dice che la tariffa, oltre a coprire tutti costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani deve rispettare la seguente equivalenza: Σ Tn =(CG + CC)n-1 • (1 + IPn –Xn) +CKn dove :

• Tn è il totale delle entrate tariffarie di riferimento • CGn-1 sono i costi di gestione dei servizi (dato di bilancio dell’anno precedente) • CCn-1 sono i costi comuni imputabili ai servizi (dato di bilancio dell’anno precedente) • IPn è l’inflazione programmata per l’anno di riferimento (dato esterno) • Xn è il recupero di produttività per l’anno di riferimento (dato esterno) • CKn sono i costi d’uso del capitale (dato previsionale calcolato) • n è l’anno di riferimento, ossia di applicazione della tariffa.

La tariffa è binomia, ovvero composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio riferite in particolare agli investimenti per le opere e relativi ammortamenti, e da una parte variabile rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.

4 Tali costi risulterebbero complessivamente maggiori se effettuati singolarmente dai Comuni anziché attraverso al programmazione di Ambito.

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Si può quindi riassumere : Tariffa = parte fissa + parte variabile, ovvero T = TF + TV dove:

• TF = CSL + CARC + CGG + CCD + AC + CK • TV = CRT + CTS + CRD + CTR

I costi fissi totali(TF) sono concettualmente indipendenti dalle variazioni nella produzione di rifiuti. Ad essi devono essere ricondotte le seguenti voci di contabilità:

• CSL , costi di gestione operativa per spazzamento e lavaggio aree pubbliche; • CARC, costi amministrativi di accantonamento, riscossione, e contenzioso; • CGG, costi generali di gestione; • CDD, costi comuni diversi; • AC, altri costi di gestione operativa; • CK, costi d’uso del capitale.

I costi variabili totale (TV) sono in relazione alla svolgimento dei servizi: • CRT, costi di raccolta e trasporto RSU; • CTS, costi di trattamento e smaltimento RSU; • CRD, costi di raccolta differenziata; • CTR, costi di trattamento e riciclo.

Calcolati i costi da attribuire alle due componenti della tariffa, questi vengono distribuiti tra le diverse tipologie di utenza. Il Decreto stabilisce che sia l’Ente Locale il responsabile dell‘attribuzione, secondo criteri razionali di ripartizione dei costi tra ambito domestico e non domestico. Innanzitutto, i parametri utilizzati per tale calcolo, così come definito dal Metodo, risultano essere differenziati per le diverse categorie di utenza (domestica e non). Nello schema seguente sono riassunti i parametri principali: Tipologia di utenza

Parametri per la determinazione della parte fissa

Parametri per la determinazione della parte variabile

Utenza domestica

-superficie dell’abitazione (mq) -numerosità familiare

Rifiuti, differenziati e non, effettivamente conferiti al servizio pubblico di raccolta

Utenza non domestica

-superficie locali in cui si svolge l’attività (mq) -tipo di attività svolta (coefficiente potenziale di produzione)

Rifiuti urbani e speciali (assimilati agli urbani) effettivamente conferiti al servizio pubblico di raccolta

Per utenza domestica si intende il nucleo familiare che occupa o conduce (permanentemente o meno) un’abitazione il cui intestatario è di norma il capofamiglia. L’importo della singola bolletta per utenza deriverà dalla somma della parte fissa e della parte variabile. La parte fissa sarà correlata a:

1. la superficie occupata, 2. la quota parte dei costi fissi attribuiti all’ambito non domestico, 3. l’ammontare delle superfici domestiche ripartite per nucleo familiare, 4. uno specifico coefficiente (Ka) di adattamento che tiene conto della reale distribuzione delle

superfici degli immobili in funzione del numero di componenti del nucleo familiare costituente la singola utenza, fissato dal decreto.

La parte variabile invece dipenderà da: 1. l’ammontare delle utenze ripartite per nucleo familiare, 2. la quota parte dei costi variabili attribuiti all’ambito domestico; ovvero la quantità annua di

RSU originati dall’ambito domestico, 3. uno specifico coefficiente proporzionale (Kb) di produttività per utenza domestica in

funzione del numero di componenti del nucleo familiare costituente la singola utenza; il decreto fissa un range di valori.

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Per utenza non domestica si intendono invece tutte le attività dotate di partita I.V.A. e codice ISTAT. Esse sono individuate sulla base della ragione sociale, dell’indirizzo dei locali e delle aree occupate. Analogamente alle utenze domestiche l’importo della singola bolletta deriverà dalla somma della parte fissa e della parte variabile. La parte fissa sarà correlata a:

1. l superficie occupata, 2. la quota parte dei costi fissi attribuiti all’ambito non domestico 3. l’ammontare delle superfici non domestiche ripartite per tipo di attività, 4. un coefficiente potenziale (Kc) di produzione che tiene conto della qualità del rifiuto

prodotto connesso alla tipologia di attività; il decreto fissa un range di valori. La parte variabile invece dipenderà da:

1. la quota parte dei costi variabili attribuiti all’ambito non domestico 2. la quantità annua di RSU originati dall’ambito non domestico, 3. uno specifico coefficiente potenziale (Kd) di produzione in kg/mq/anno che tiene conto della

quantità del rifiuto minima e massima connessa alla tipologia di attività.

4.3 Le abitazioni

Dal XIV Censimento della popolazione e delle abitazioni” (ISTAT, 2001), risulta che in Friuli Venezia Giulia la superficie media delle abitazioni è di circa 97 mq. La dimensione media delle abitazioni per numero di occupanti è stata calcolata partendo dai dati inseriti nella tabella 19. I risultati ottenuti sono riportati nella tabella 20 e nella figura 4. TAB. 18 - Superficie media e mq per occupante in abitazioni occupate da persone residenti per provincia.

Provincia Superficie media mq. per occupante in abitazioni occupate da persone residenti

UM mq mq/occupante Gorizia 89,53 40,57 Pordenone 108,57 43,62 Trieste 80,63 39,22 Udine 100,81 44,68

Friuli-Venezia Giulia 97,00 42,84 Fonte: Istat. XIV Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001) TAB. 19 – Numero di abitazioni occupate da persone residenti per classe di superficie e numero di occupanti . Superficie Numero di occupanti mq 1 2 3 4 5 6 o più Totale Meno di 30 1.607 273 55 - - - 1.935 Da 30 a 39 5.963 1.522 395 160 36 - 8.076 Da 40 a 49 12.949 4.902 1.419 511 90 30 19.901 Da 50 a 59 15.423 8.307 3.235 1.253 204 56 28.478 Da 60 a 79 36.248 31.441 17.826 8.506 1.304 318 95.643 Da 80 a 99 32.536 38.331 28.564 17.468 3.291 803 120.993 Da 100 a 119 18.691 26.258 22.854 16.857 3.751 988 89.399 Da 120 a 149 11.528 17.620 16.765 13.465 3.503 1.032 63.913 150 e più 10.110 16.616 16.725 15.027 4.663 1.779 64.920

Totale 145.055 145.270 107.838 73.247 16.842 5.006 493.258

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TAB. 20 – Dimensione media delle abitazioni per numero degli occupanti.

Componenti dimensione media (mq)

1 84,21 2 96,96 3 104,94 4 111,43 5 117,73

6 o più 122,29 media 98,07

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat (Censimento della popolazione e delle abitazioni 2001)

FIG. 4 – Dimensione media delle abitazioni per numero di occupanti

84,21

96,96

104,94

111,43

117,73122,29

80

90

100

110

120

130

140

0 1 2 3 4 5 6 7Numero di occupanti

mq

4.4 Costi

Dai dati pubblicati sul “Rapporto ONR sulla gestione dei rifiuti 2004” risulta che nel 2004 degli 8100 comuni italiani solo 564 risultavano a tariffa (ovvero circa il 7%). In Friuli Venezia Giulia questa percentuale scende al 2,3%, infatti dei 219 comuni solo 5 hanno applicato il regime tariffario. In particolare dei quattro comuni capoluogo di provincia da noi osservati due applicano la tariffa, Gorizia e Pordenone, e gli altri due, Udine e Trieste, la tassa. TAB 17. - Tassa e tariffa Comune 2003 2004 2005 Gorizia Tariffa Tariffa Tariffa Pordenone Tassa Tassa Tassa Trieste Tassa Tassa Tassa Udine Tariffa Tariffa Tariffa Fonte: i gestori del servizio Il costo del servizio rifiuti, calcolato, a partire dai dati forniti dai gestori del servizio, per un’abitazione di 97 mq occupata da due persone, varia da un minimo di € 1 al mq ad un massimo di € 2,11.

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TAB. 21. - Costo al mq del servizio di igiene urbana per un' abitazione di 97 mq occupata da 2 persone. Imposte escluse. 2003 2004 2005 Comune

€ / mq € / mq € / mq Gorizia 1,45 1,35 1,55 Pordenone 0,95 0,95 1,00 Trieste 1,79 2,11 2,11 Udine 1,07 1,21 1,22 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio

FIG. 5 – Costo al mq del servizio di igiene urbana per un' abitazione di 97 mq occupata da 2 persone. Imposte escluse. Anni 2003 – 2005.

Gorizia; 1,55

1,451,35

Pordenone; 1,000,95 0,95

1,79

2,11Trieste;

2,11

Udine; 1,221,21

1,07

0,5

0,7

0,9

1,1

1,3

1,5

1,7

1,9

2,1

2,3

2002 2003 2004 2005 2006

Gorizia Pordenone Trieste Udine

€ / m

q

Il costo medio ponderato regionale (comprensivo di imposte) del servizio, nel 2005, varia dai 158 euro annui per una famiglia con un solo componente ai 249 euro per una famiglia di cinque persone. In media, una famiglia di due persone che occupa un’abitazione di 97 mq spende 194 euro l’anno.

TAB. 22 – Costo del servizio di igiene urbana per tipologia familiare. Anno 2005. Imposte comprese.

1 componente 2 componenti 3 componenti 4 componenti 5 componenti Comune mq 84,21 mq 96,96 mq 104,94 mq 111,43 mq 117,73

Gorizia 100,07 173,14 212,73 269,94 287,01 Pordenone 96,84 111,50 120,68 128,14 135,39 Trieste 204,34 235,27 254,64 270,38 285,67 Udine 84,01 135,80 166,95 205,06 243,85

Media ponderata sulle famiglie

157,78 193,87 211,34 231,03 248,76

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio

FIG. 6 – Costo annuo per il servizio di igiene urbana per numerosità familiare. Scomposizione del costo totale in costo da

tassa / tariffa e imposte.

137,20

168,58

183,78

200,89

216,31

20,58

25,29

27,57

30,13

32,45

0 50 100 150 200 250 300

1

2

3

4

5

Tassa / Tariffa Imposte

Num

eros

ità fa

mili

are

€ / anno

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4.5 Incidenza del servizio sulla spesa familiare

A differenza di quanto abbiamo osservato per il servizio idrico, l’incidenza sulla spesa familiare del servizio rifiuti diminuisce col crescere della numerosità della famiglia. In una famiglia composta da una sola persona la spesa per l’acquisto di questo servizio pesa per lo 0,78% mentre per un nucleo familiare di 5 persone il peso scende allo 0,58%. Lo stesso fenomeno si osserva, ovviamente, valutando l’incidenza del servizio sulla spesa per l’abitazione. Anche in questo caso il servizio di igiene urbana ha un peso maggiore per le famiglie meno numerose con un’incidenza del 2,01% per chi vive da solo e del 1,49% per i nuclei più numerosi. In entrambi i casi la differenza dell’incidenza del costo servizio sulla spesa familiare tra una famiglia composta da un solo componente e una famiglia di cinque persone è superiore al 34.5%

TAB. 23 – Incidenza della TIA/TARSU sulla spesa familiare per numerosità del nucleo familiare. Anno 2005

Costo servizio igiene urbana (imposte comprese) Consumi delle famiglie Incidenza sui consumi

familiari Componenti del nucleo familiare

€ / anno € / anno % 1 - mq 84,21 157,784 20.107,28 0,78 2 - mq 96,96 193,867 27.657,48 0,70 3 - mq 104,94 211,344 35.396,15 0,60 4 - mq 111,43 231,028 39.302,97 0,59 5 - mq 117,73 248,757 42.787,02 0,58 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio e dati Istat TAB. 24 – Incidenza della TIA / TARSU sulla spesa familiare. Incidenza per numerosità del nucleo familiare e tipologia di consumi. Anno 2005

Costo servizio igiene urbana (imposte

comprese) Spesa per beni non

alimentari Spesa per

l'abitazione Incidenza % tariffe

sulla spesa per beni non alimentari

Incidenza % tariffe sulla

spesa l' abitazione

Componenti del nucleo familiare

€ / anno € / anno € / anno % % 1 - mq 84,21 157,78 17.006,26 7.838,91 0,93 2,01 2 - mq 96,96 193,87 23.392,05 10.782,39 0,83 1,80 3 - mq 104,94 211,34 29.937,24 13.799,35 0,71 1,53 4 - mq 111,43 231,03 33.241,53 15.322,44 0,69 1,51 5 - mq 117,73 248,76 36.188,26 16.680,71 0,69 1,49 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio e dati Istat

FIG. 6 – – Incidenza della TIA/TARSU sulla spesa familiare per numerosità del nucleo familiare. Anno 2005

0,580,590,60

0,70

0,78

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

0 1 2 3 4 5 6Numero di occupanti

Inci

denz

a de

l ser

vzio

sul

la s

pesa

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4.6 Evoluzione del servizio i confronti

La dinamica della spesa sostenuta dalle famiglie per il servizio rifiuti mostra un aumento nei tre anni di osservazione di circa il 15%. Una famiglia di due persone che nel 2003 pagava per questo servizio 167,76 euro l’anno, nel 2005 paga per lo stesso servizio 193,87 euro. È interessante osservare che l’aumento sostanziale si è avuto tra il 2003 e il 2004 mentre tra il 2004 e il 2005 la spesa è rimasta pressoché costante o comunque presenta una dinamica evolutiva in linea con quella dell’inflazione (che in questo periodo varia del +1,93%) TAB. 25 – Costo del servizio di igiene urbana per mq e tipologia familiare dal 2003 al 2005. Dato medio regionale. Imposte comprese.

2003 2004 2005 Componenti del nucleo familiare € anno € anno € anno 1 - mq 84,21 136,61 156,41 157,78 2 - mq 96,96 167,76 191,19 193,87 3 - mq 104,94 184,09 207,64 211,34 4 - mq 111,43 201,97 226,11 231,03 5 - mq 117,73 217,01 242,95 248,76

TAB. 26 – Dinamica del costo del servizio di igiene urbana per mq e tipologia familiare dal 2003 al 2005.

2003/2004 2004/2005 2003/2005 Componenti del nucleo familiare Variazione % Variazione % Variazione % 1 - mq 84,21 14,49% 0,88% 15,50% 2 - mq 96,96 13,97% 1,40% 15,56% 3 - mq 104,94 12,79% 1,78% 14,80% 4 - mq 111,43 11,96% 2,17% 14,39% 5 - mq 117,73 11,95% 2,39% 14,63%

L’evoluzione della spesa per il servizio dei rifiuti mostra un andamento della tariffa/tassa con incrementi maggiori alla variazione dell’inflazione. Questo tipo di dinamica evolutiva può essere spiegata dall’introduzione di un nuovo sistema tariffario, sebbene l’applicazione risulti ancora non completa. L’introduzione della tariffa e la sostituzione della tassa determina, tra le altre cose, che in ”bolletta” debbano essere finanziati i costi del servizio, compresa la remunerazione del capitale investito. Il servizio dei rifiuti, infatti, in maniera ancora maggiore degli altri servizi pubblici a rilevanza industriale, è stato, in passato, fortemente sussidiato. TAB. 27 Variazione delle tariffe del servizio di igiene ambientale, per un'abitazione di 97 mq occupata da due persone, e dell'indice generale dei prezzi (base 2003 = 100)

Anno Inflazione* Variazione

tariffe 2003 100,00 100,00 2004 102,21 110,92 2005 104,18 115,56

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del SII nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat * Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC)

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FIG. 7 – Variazione della spesa per servizio rifiuti. Confronto con le variazioni dell’inflazione .

102,21100,00

104,18

115,56

110,92

97

100

103

106

109

112

115

118

2002 2003 2004 2005 2006

Inflazione* Variazione tarif fe

Inflazione

Tariffe

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5 Il gas

5.1 Articolazione tariffaria

Alla fine degli anni ’90 si avvia a livello comunitario il processo di liberalizzazione del settore del gas naturale con la Direttiva Europea n. 98/30/CE. La Direttiva, che stabilisce norme comuni per il mercato interno del gas naturale, ha l'obiettivo di realizzare un mercato concorrenziale europeo, attraverso la creazione di singoli mercati nazionali liberi, e, attraverso il processo di liberalizzazione, di portare un aumento dell'efficienza e della competitività dell'industria a vantaggio dei consumatori finali. In Italia il processo di liberalizzazione viene recepito con il D.lgs n. 164 del 23/05/2000 (Decreto Letta). Con questo provvedimento è stata imposta la separazione societaria delle attività di distribuzione, trasporto e stoccaggio dalle altre attività e introdotta la possibilità per i clienti finali di scegliere il proprio fornitore; dal 1° gennaio 2003 tutti i clienti finali hanno il diritto di scegliere il proprio fornitore e a partire da dicembre 2003, i criteri per la determinazione delle tariffe sono fissati dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, garante dell’evoluzione normativa, che ha avuto origine con la Legge n.481/1995. Il D.lgs n. 164/00 ha portato diverse novità nelle fasi della filiera del gas, tra queste la novità sostanziale è la separazione dell'attività di distribuzione dall'attività di vendita prima affidate ad un unico soggetto. Per tutte le società di distribuzione si è provveduto alla separazione societaria (il cosiddetto unbundling) al fine di creare una nuova società che si occupi esclusivamente della vendita del gas. Il risultato di questa separazione è dunque la nascita di società di distribuzione che si limitano al servizio di trasporto del gas fino all’utente finale comprendendo nelle loro attività la gestione, la manutenzione e tutte le attività connesse alla rete fisica di distribuzione; e di società di vendita che svolgono invece l’attività commerciale della fornitura del gas. Con la liberalizzazione del mercato, a decorrere dal 1° gennaio 2002 la vendita di gas naturale viene dunque effettuata unicamente da società che non svolgono alcuna altra attività nel settore del gas naturale, salvo l'importazione, l'esportazione, la coltivazione e l'attività di cliente grossista cioè la persona fisica o giuridica che acquista e vende gas naturale e che non svolge l'attività di trasporto o di distribuzione. L’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha il compito anche di predisporre i contratti di servizio attraverso i quali gli enti locali affidano, tramite gara, il servizio di distribuzione ad una società per un periodo massimo di 12 anni. L'attività di vendita è invece soggetta ad autorizzazione ministeriale (da parte del Ministero delle Attività Produttive) rilasciata in base a criteri di tipo tecnico - economico. Rientra tra le competenze dell’Autorità la facoltà di fissare le tariffe base, intese come i prezzi massimi al netto degli oneri fiscali e di provvedere al loro aggiornamento con il metodo price cap (ovvero "limite massimo della variazione di prezzo vincolata per un periodo pluriennale"). Il metodo price cap pone un vincolo alla crescita annua delle tariffe pari alla differenza fra tasso programmato di inflazione e aumento della produttività conseguibile dall’impresa esercente il servizio, più altri fattori eventualmente riconosciuti in tariffa quali i recuperi di qualità del servizio. La tariffa di distribuzione viene determinata per ambito tariffario5. La tariffa di vendita è calcolata sulla base di quella di distribuzione ed è costituita da due componenti: una quota fissa ed una quota variabile. La quota fissa è quella della tariffa si distribuzione QFi, approvata dall’Autorità per l’anno termico di applicazione. Per i clienti che 5 Insieme delle località servite attraverso il medesimo impianto di distribuzione.

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consumano meno di 200.000 mc/anno è espressa in euro/anno/cliente ed è applicata per scaglioni di consumo6 o per classe di contatori; per i clienti che consumano più di 200.000 mc/anno è espressa in euro/anno per mc/giorno. La quota variabile è invece espressa dalla seguente formula algebrica: (TDi +a1 +b1) + QTi + QS + CCI + QVDi (euro/GJ), dove:

• TDi è la quota variabile della tariffa di distribuzione; • a1 è la quota addizionale unitaria alla tariffa di distribuzione, valore fissato per tutti gli Ambiti dall’Autorità pari a 0,027111 €/GJ; • b1 è la quota compensativa unitaria della tariffa di distribuzione. È uguale a zero per gli ambiti non ad alto costo unitario e minore di zero altrimenti7; • QTi è la quota di trasporto, ovvero la componente che l'Autorità riconosce alla società di vendita a copertura degli oneri di trasporto del gas naturale sostenuti per il vettoriamento del gas sulla rete di trasporto nazionale fino all'ambito; • QS è la quota di stoccaggio, ovvero la componente fissata dall’Autorità che viene riconosciuta alla società di vendita a copertura degli oneri di stoccaggio del gas naturale. E' uguale per ogni ambito tariffario e viene aggiornata una volta all’anno entro il 1° aprile; • CCI è il corrispettivo di commercializzazione all’ingrosso. E’ la componente che l'Autorità riconosce alla società di vendita a copertura degli oneri relativi all'acquisto del gas naturale, è un valore comune a tutti gli Ambiti e si aggiorna trimestralmente con le regole definite dall'Autorità (Del. 195/02); • QVDi è la quota della vendita al dettaglio di cui alla deliberazione n. 237/00 espressa in euro/GJ; l'esercente ha la facoltà di determinare, per i clienti con consumi annui fino a 20 GJ, un incremento di tale quota nel rispetto dei vincoli fissati dall'articolo 8, comma 2, della deliberazione n.138/03.

Per gli anni termici 2002/2003 e successivi, le quote variabili sono espresse in euro/Gj, la conversione in euro/mc è stata effettuata secondo i criteri degli 16 e 17 della deliberazione n. 237/00, applicando il potere calorifico superiore convenzionale, mediante la formula: Tariffaeuro/mc=Tariffaeuro/Gj x Potere calorifico superiore (PCS) x Coefficiente M dove PCS è la quantità di calore realizzata nella combustione completa delle unità di peso o di volume di combustibile e M è un coefficiente che tiene conto della quota altimetrica e della zona climatica della località servita. La tariffa così determinata produce i seguenti effetti sui consumatori finali:

• i consumi vengono calcolati in base all’anno termico. • il cliente paga in base all’energia effettivamente contenuta nel gas consumato • la tariffa dipende dal gas consumato e non dalla tipologia d’uso. • la tariffa decresce con l’aumentare dei consumi.

È interessante evidenziare che la fatturazione al cliente avviene in base all’effettiva energia sprigionata dal gas consumato che può variare secondo le condizioni ambientali (pressione e temperatura) della località di fornitura e alla qualità del gas (potere calorifico). Sulla formazione del prezzo ai clienti finali incide anche l’imposizione fiscale stabilita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalle Regioni. Le imposte previste sono:

• Imposte di consumo: espressa in €/mc, è articolata per zona geografica e per tipologia di utilizzo • I.V.A.: imposta sul valore aggiunto, è espressa in termini percentuali, applicata all'importo complessivo (comprensivo di imposta di consumo ed addizionale regionale) e differenziata per destinazione d'uso del gas: ad esempio, per i consumi domestici (acqua

6 Gli scaglioni di consumo possono essere al massimo sette e sono riferiti al gas consumato in un anno termico (periodo che va dal 1 ottobre al 30 settembre dell’anno successivo) 7 Un ambito si definisce ad alto costo unitario se, alla data del 1 ottobre 2003, soddisfa la seguente formula: (CCI + QTi + QS) - CMPi < 0,135553 (euro/Gj), dove CMPi è il costo della materia prima e CCI è (CPM - QI – S).

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calda e cottura cibi) è pari al 10% mentre per i consumi relativi al riscaldamento è pari al 20%. • Addizionale regionale: espressa in €/mc varia da regione a regione e non può mai essere maggiore della metà dell'imposta di consumo. Per la regione Friuli Venezia Giulia non è prevista questa voce di costo.

5.2 I consumi

Determinare il consumo medio di gas naturale per dimensione familiare risulta più complicato che in altri servizi. Tale consumo infatti, a differenza del consumo dell’acqua, è meno dipendente dal consumo individuale ma risente di altre variabili come la superficie dell’abitazione occupata dalla famiglia o le condizioni climatiche che possono essere sensibilmente diverse da anno ad anno e quindi determinare consumi fortemente differenziati. Oltre a questi fattori si deve ricordare quanto già detto in precedenza: un PCS diverso determina una diversa capacità di produrre calore da parte del gas naturale, per cui per ottenere lo stesso livello di calore una famiglia utilizzerà più o meno quantitativo di risorsa anche a parità di tutte le altre variabili. Oltre questo dobbiamo evidenziare che in Friuli Venezia Giulia si registra un largo utilizzo di fonti “alternative” al gas naturale per il riscaldamento delle abitazioni. Per tutte queste cause non è dunque facile individuare un consumo o una fascia di consumo che sia rappresentazione esaustiva della famiglia tipo regionale. Ai fini di calcolo abbiamo ipotizzato che il consumo “medio” familiare sia di 1400 mc, in linea con il dato nazionale dell’A.E.E.G., ma dobbiamo ricordare che si tratta appunto di un consumo “medio” cioè che tra famiglie diverse, anche composte dallo stesso numero di persone, i consumi possono essere molto differenziati. Come mostrato nelle tabelle successive a consumi differenti corrispondono costi notevolmente diversi, e poiché il costo del gas incide per oltre il 75% sul costo totale dei servizi, nella valutazione complessiva della spesa per i servizi indagati dobbiamo tener presente che la realtà regionale è caratterizzata da consumi molto variabili e dunque da costi altrettanto variabili. TAB. 28 Ipotesi di consumo “medio” di gas in Friuli Venezia Giulia per tipologia familiare.

n componenti consumo mc/anno 1 800 2 1400 3 2100 4 2800 5 3500

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dei gestori del servizio

FIG. 8 – Consumo annuo di gas naturale per numerosità familiare.

800

1400

2100

2800

3500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

0 1 2 3 4 5 6

Mc

Numerosità familiare

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5.3 Tariffa e costi

Dalla ”Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” Anno 2005 dell’A.E.E.G. risulta che la tariffa media nazionale di riferimento8 del gas naturale (al 1 aprile 2005), per i consumi inferiori a 200.000 mc annui, è composta per il 55% da componenti a copertura dei costi e per il restante 45% dalle imposte. Come si vede dalla figura 9, il peso del costo della materia prima è rilevante (25,7% del totale), così come quello sostenuto per i costi per il mantenimento delle infrastrutture (19%). FIG. 9 – Composizione percentuale della tariffa media nazionale di riferimento del gas naturale al 1° Aprile 2005

materia prima25,7%

Stoccaggio 1,6%

Infrastrutture19,0%

Distribuzione 12,5%

Trasporto 4,9%

Commercializzazione al dettaglio 4,0%Commercializzazione all'ingrosso 6,4%

Imposte 44,9%

Fonte: A.E.E.G.:”Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” Anno 2005.

Nel 2005 il costo del gas per usi civili varia, nei i comuni capoluogo del FVG, tra un minimo si 0,450 e un massimo di 0,520 euro al mq. Questo costo si riferisce al consumo di 1400 mc di risorsa da parte di una famiglia di due persone. TAB. 29 Tariffa del gas metano per un consumo di 1.400 mc annui in un famiglia composta da due persone. Anno 2005. IVA esclusa.

Comune Tariffa Gas

€/mc Quota fissa

€/mc Imposta sui consumi €/mc Totale €/mc

Gorizia 0,2763 0,0171 0,1564 0,4499 Pordenone 0,2936 0,0223 0,1564 0,4724 Trieste 0,3484 0,0129 0,1564 0,5177 Udine 0,2774 0,0257 0,1564 0,4595 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia La spesa media sostenuta dalle famiglie per acquistare questo servizio nel 2005 varia da 482,62 a 2.007,96 euro annui al variare dei mc consumati. Immaginando una famiglia tipo di due persone con un consumo medio di 1400 mc possiamo ipotizzare una spesa media per acquistare il servizio pari a circa 830 €/anno.

8 Si tratta della tariffa di riferimento definita dalla delibera n. 138/03, che dal 1 gennaio 2004 le società di vendita devono obbligatoriamente offrire accanto ad eventuali altre condizioni ai clienti del vecchio mercato vincolato.

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TAB. 30 Costo del gas metano per consumo. Anno 2005. IVA inclusa. Comune mc 800 mc 1400 mc 2100 mc 2800 mc 3100 Gorizia 435,59 755,82 1.129,42 1.503,03 1.876,63 Pordenone 474,17 793,56 1.166,18 1.573,71 1.940,44 Trieste 502,92 869,67 1.291,97 1.714,27 2.136,57 Udine 450,09 771,98 1.146,67 1.521,35 1.896,04

Media ponderata sulle famiglie

482,62 829,60 1.224,26 1.620,44 2.007,96

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia

5.4 Incidenza del servizio sulla spesa familiare

L’incidenza del costo del gas sulla spesa delle famiglie è molto più consistente di quella degli altri servizi analizzati finora. Varia tra il 2,40% per una famiglia con un solo componente e il 4,69% per una famiglia di 5 persone. L’andamento dell’incidenza è monotono e presenta il suo valore più basso in corrispondenza di un consumo di 800 mc (famiglia con 1 componenti), considerazioni analoghe si possono fare sull’incidenza del costo del gas sulla spesa per l’abitazione: in questo caso l’acquisto del gas incide in maniera variabile tra il 6,16% e il 12,04% . TAB. 31 Incidenza del costo del sulla spesa familiare per numerosità del nucleo familiare. Anno 2005

Spesa gas (Iva inclusa)

Consumi delle famiglie.

Incidenza sui consumi familiari

Componenti del nucleo familiare

€ / anno € / anno % 1 482,62 20.107,28 2,40 2 829,60 27.657,48 3,00 3 1.224,26 35.396,15 3,46 4 1.620,44 39.302,97 4,12 5 2.007,96 42.787,02 4,69

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat TAB. 32 Incidenza del costo del sulla spesa familiare. Incidenza per numerosità del nucleo familiare e tipologia di consumi. Anno 2005

Spesa gas Iva inclusa

Spesa per beni non alimentari

Spesa per abitazione

Incidenza % tariffe sulla spesa per beni

alimentari

Incidenza % tariffe sulla spesa per

l'abitazione Componenti del nucleo familiare

€ / anno € / anno € / anno % % 1 482,62 17.006,26 7.838,91 2,84 6,16 2 829,60 23.392,05 10.782,39 3,55 7,69 3 1.224,26 29.937,24 13.799,35 4,09 8,87 4 1.620,44 33.241,53 15.322,44 4,87 10,58 5 2.007,96 36.188,26 16.680,71 5,55 12,04

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat

5.5 Evoluzione del servizio i confronti

Il prezzo sostenuto dalla famiglie per l’acquisto di gas non è sostanzialmente variato nell’arco temporale osservato. Se una famiglia nell’anno termico 2002-2003 spendeva per 1400 mc di gas 828,97 euro l’anno, nel 2004-2005 ne spende 829,60. Dobbiamo tenere presente che gli importi relativi agli anni termici 2002-2003 e 2003-2004 sono stati calcolati in base alle tariffe approvate (e pubblicate) dall’A.E.E.G. mentre gli importi relativi all’anno termico 2004-2005 sono stati calcolati in base alle tariffe del primo trimestre pubblicate sui siti internet delle aziende di vendita. Al momento della stesura di questo rapporto, infatti, l’Autorità non aveva ancora approvato le tariffe per il 2004-2005.

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Questo significa che la spesa effettivamente sostenuta dalle famiglie nel 2004-2005 potrà essere diversa (più elevata) da quella riportata in tabella, in primo luogo perchè le tariffe sono destinate a cambiare durante l’anno ma anche in conseguenza di conguagli che verranno eventualmente applicati al momento dell’approvazione delle tariffe da parte dell’Autorità. TAB. 33 Costo del servizio del gas metano per consumo e tipologia familiare dal 2003 al 2005.

2002-2003 2003-2004 2004-2005 Componenti € anno € anno € anno

1 - 800mc 475,49 471,34 482,62 2 - 1400mc 828,97 821,23 829,60 3 - 2100mc 1.238,80 1.218,11 1.224,26 4 - 2800mc 1.640,20 1.604,41 1.620,44 5 - 3100mc 1.807,33 1.764,12 2.007,96

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia La sostanziale invarianza delle tariffe nel triennio considerato associata all’evoluzione positiva della spesa delle famiglie porta ad una riduzione dell’incidenza del servizio del gas sul totale delle spesa sostenute dalle famiglie. TAB. 34 Evoluzione dell'incidenza del costo del gas sulla spesa familiare. Dati per numerosità del nucleo familiare.

Anno Componenti del nucleo familiare 2002-2003 2003-2004 2004-2005

UM % % % 1 2,68 2,38 2,40 2 3,40 3,01 3,00 3 3,97 3,49 3,46 4 4,74 4,14 4,12 5 4,80 4,18 4,69

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia Come abbiamo visto, una quota rilevante della tariffa del gas è rappresentata dal costo della materia prima, Questo spiega come l’andamento delle quotazioni internazionali dei prodotti petroliferi in ribasso nella prima parte del 2004 abbia causato anche la diminuzione della tariffe. Nell’ultimo trimestre del 2004 le quotazioni petrolifere hanno ripreso a risalire, l’impatto di questo aumento della componente materia prima è stato parzialmente attenuato sul valore della tariffa dalla contemporanea riduzione della componente a copertura dei costi di distribuzione. Il 2005 si è aperto con un perdurare dell’innalzamento delle quotazioni petrolifere internazionali e con l’aumento delle imposte che gravano sul gas. Questi due fattori inducono a prevedere nuovi e sensibili incrementi tariffari per l’anno termico 2005-2006. TAB. 35 Variazione delle tariffe del gas, per un consumo di 1200 mc, dell'indice generale dei prezzi e del prezzo dei combustibili per uso riscaldamento. (base 2003 = 100)

Anno Inflazione* Variazione tariffe

Variazione prezzo dei combustibili per uso riscaldamento*

2003 100,00 100,00 100,00 2004 102,21 99,07 99,17 2005 104,18 100,52 107,94

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio di vendita gas nei comuni capoluogo di provincia, dati Istat, dati Ministero delle attività pr* Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) *dati Luglio 2004, Luglio 2003, Luglio 2002.

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FIG. 10 Variazione delle tariffe del gas, per un consumo di 1200 mc, dell'indice generale dei prezzi e del prezzo dei combustibili per uso riscaldamento. (base 2003 = 100)

104,18

100,00

102,21

99,07 100,08

105,66

121,21

97

100

103

106

109

112

115

118

121

124

2002 2003 2004 2005 2006

Inflazione* Variazione tarif fe Variazione prezzo dei combustibili per uso riscaldamento*

Inflazione

Combu

Tari

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6 Il trasporto pubblico locale Storicamente la gestione del trasporto pubblico è sempre stata in mano alla Pubblica Amministrazione, inizialmente le linee urbane e successivamente quelle extra urbane, eccezione fatta per le linee nazionali e alcune regionali rimaste in mano ai concessionari privati. Gestione pubblica che ha consentito l’universalità di accesso al servizio, sia dal punto di vista territoriale che economico con tariffe socialmente accessibili a tutti. La conseguenza è stata però un assorbimento di risorse sia a livello centrale che locale. É a partire da questa difficoltà che è nata l’esigenza forte di un intervento, sia verso il risanamento che verso la privatizzazione e la liberalizzazione del sistema. Negli ultimi anni sono state introdotte a livello comunitario, nazionale e regionale alcune norme in materia di Trasporto Pubblico Locale (TPL) che hanno profondamente modificato il settore. Gli aspetti principali di tale riforma riguardano il trasferimento di mansioni (compiti di programmazione e di amministrazione) dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali, l’utilizzazione di nuove procedure per l’affidamento dei servizi (passaggio dal regime concessorio a quello concorsuale) e la separazione tra gli Enti appaltanti e le aziende di TPL (mediante la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali, ovvero in cooperative a responsabilità limitata, in cui l’Ente appaltante non può essere, a regime, socio unico). La normativa italiana in materia di TPL fa espressamente riferimento ad alcune norme dell’Unione Europea sia per quanto riguarda le caratteristiche, la struttura e la gestione del TPL sia per le procedure di aggiudicazione degli appalti. Le prime norme che delegano alle Regioni parte delle funzioni amministrative relative ai servizi di Trasporto Pubblico Locale risalgono agli anni 70 ma è necessario giungere alla seconda metà degli anni 90 per avere una profonda trasformazione del settore. Di particolare interesse sono la Legge 59/97, nota anche come “Legge Bassanini”, e le successive modifiche (Legge 127/97, Bassanini bis). In particolare questo provvedimento normativo:

• delega alle Regioni i compiti di programmazione e amministrazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale;

• attribuisce alle stesse il compito di definire, d’intesa con gli Enti Locali, il livello dei servizi minimi (ovvero quelli reputati essenziali per al mobilità specialmente pendolare)

qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, con costi a carico dei bilanci regionali;

• definisce le modalità per incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano ed extraurbano ed introduce regole di concorrenzialità nel periodo di affidamento dei servizi;

• prevede che le Regioni e gli Enti Locali regolino l’esercizio dei servizi mediante contratti di servizio pubblico che abbiano caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e che garantiscano, entro il 1° gennaio 2000, il conseguimento di un rapporto pari a 0,35 tra costi operativi e ricavi da traffico;

Sempre nel 1997, in attuazione della Legge n.59/97, si ha il D. Lgs. 422/97 (Decreto Burlando), che individua le funzioni e i compiti che sono conferiti alle Regioni ed agli Enti Locali in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati e fissa, altresì, i criteri di organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale (art.1 comma 1). Con questo decreto si stabilisce il trasferimento alle Regioni di tutti i compiti e tutte le funzioni relativi ai servizi di trasporto di interesse regionale e locale; le Regioni, a loro volta, conferiscono alle Province, ai Comuni ed agli altri Enti Locali, tutte le funzioni ed i compiti regionali in materia di TPL che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale (art.7 comma 1).

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Le competenze dello Stato sono ridotte solo ad alcune materie di interesse generale: grandi reti infrastrutturali, servizi di interesse nazionale, sicurezza, linee guida per la tutela dell’ambiente, servizi internazionali. Nel D. Lgs. 422/97 è previsto, inoltre, che nell’esercizio dei compiti di programmazione, le Regioni (art.14 commi 2, 3 e 4) definiscano gli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali ed in particolare per i Piani di Bacino (PdB), redigano i Piani Regionali dei Trasporti (PRT), tenendo conto della programmazione degli Enti Locali ed in particolare dei Piani di Bacino predisposti dalle Province e, ove esistenti, dalle Città metropolitane, ed approvino i Programmi Triennali dei Servizi (PTS) di Trasporto Pubblico Locale. Questi ultimi individuano: la rete e l’organizzazione dei servizi, l’integrazione modale e tariffaria, le risorse da destinare all’esercizio e agli investimenti, le modalità di determinazione delle tariffe, le modalità di attuazione e revisione dei contratti di servizio pubblico, il sistema di monitoraggio dei servizi e i criteri per la riduzione della congestione e dell’inquinamento ambientale. Le Regioni hanno il compito di stabilire se sia conveniente garantire la mobilità nelle zone a domanda debole mediante modalità particolari di espletamento del servizio di linea. Nella determinazione del livello dei servizi minimi le Regioni devono definire quantità e standard di qualità dei servizi di Trasporto Pubblico Locale (art.16 comma 1), tenendo conto: dell’integrazione tra le reti di trasporto, del pendolarismo scolastico e lavorativo, della fruibilità dei servizi da parte degli utenti per l’accesso ai vari servizi amministrativi, sociosanitari e culturali, e delle esigenze di riduzione della congestione e dell’inquinamento. E’ necessario evidenziare che il trasferimento alle Regioni (decentramento amministrativo) comporta non solo dei diritti, quali la gestione del servizio, ma anche dei doveri in quanto eventuali necessità di ripiani di bilancio sono a carico non più dello Stato ma delle Regioni stesse che sono responsabili sia del servizio offerto che della redditività dello stesso. Il D. Lgs. n.422/97 subisce importanti modifiche con il D. Lgs. n.400/99, in particolare:

• le Regioni e gli Enti Locali devono incentivare il riassetto organizzativo ed attuare, entro e non oltre il 31 dicembre 2000, la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali, ovvero in cooperative a responsabilità limitata;

• le Regioni hanno a disposizione un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2003, nel quale è possibile mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalle trasformazioni predette; trascorso tale termine, tutti i servizi devono essere affidati esclusivamente tramite procedure concorsuali.

Sulla base della normativa nazionale tutte le Regioni a statuto ordinario hanno approvato una legge di riforma del TPL. Un discorso a parte riguarda le Regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta) e le Province autonome (Trento e Bolzano) per le quali il conferimento delle funzioni, nonché il trasferimento dei relativi beni e risorse, sono disposti nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di attuazione. Per il Friuli Venezia Giulia la normativa di riferimento è la Legge Regionale n.12 del 3 maggio 1999 “Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale. Modifiche alle leggi regionali 20/1997 e13/1998”. Le modalità di determinazione delle tariffe sono fissate dalle Regioni e, in alcuni casi dagli Enti Locali, come prevista dal D. Lgs. 422/97 (e successive modifiche). Uno degli aspetti innovativi del D. Lgs. 422/97 è l’introduzione del contratto di servizio per l’affidamento dei servizi di TPL che lega l’ente locale con l’impresa affidataria. Al riguardo sono state definite diverse tipologie di contratto che si differenziano in funzione del tipo di rischio a carico dei contraenti: il rischio industriale legato ai costi di esercizio e gestione dell’attività di impresa e il rischio commerciale, legato all’attività di vendita ossia al livello di ricavi ottenibili. Si hanno così due tipologia di contratti. Il contratto gross cost dove il rischio industriale è a carico dell’operatore mentre quello commerciale dell’Ente concedente; il gestore riceve un corrispettivo basato sui costi pattuito ex ante e pagato per la produzione di un ammontare prestabilito di servizio. In questo caso, il gestore non

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deve fare previsioni sulle entrate dal servizio offerto; si diminuisce in tal modo il rischio imprenditoriale. Questo contratto incentiva l’impresa però solo dal lato dei costi e non da quello dei ricavi gestiti e incassati esclusivamente dall’Ente pubblico. Nei contratti net cost, entrambi i rischi sono a carico del gestore. Questi riceve un corrispettivo pattuito ex ante e pari alla differenza tra i costi di esercizio e i ricavi da traffico preventivati. Pertanto aumentano i rischi a carico del gestore mentre l’amministrazione conosce a priori l’onere netto del servizio esercito. Il contratto è altamente incentivante perché spinge sia a contenere i costi che a aumentare i ricavi da traffico. Con riferimento alla normativa italiana in vigore, l’art. 19, comma 1, del D.lgs 19 Novembre 1997, n. 422, prevede che “i contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari ..”. In altre parole, la legislazione italiana sembra prevedere l’utilizzo di contratti net cost, anche se la normativa non esclude neppure la possibilità di utilizzare altre forme contrattuali, come ad esempio il gross cost. Più in dettaglio i contratti di servizio devono assicurare un rapporto di almeno il 35% tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura; inoltre, i corrispettivi stabiliti nei contratti - cioè i sussidi pubblici – “possono essere soggetti a revisione annuale con modalità determinate nel contratto stesso allo scopo di incentivare miglioramenti di efficienza”, con un incremento annuo massimo pari al tasso di inflazione programmata (D.Lgs. 422/97, art. 19, comma 4). In sostanza, il legislatore si è preoccupato di fissare un limite superiore ai trasferimenti (in rapporto ai costi), erogabili da parte di regioni ed enti locali e di tratteggiare un meccanismo di adeguamento dei trasferimenti medesimi assai simile, nella logica, al price cap. La situazione in Friuli Venezia Giulia Come abbiamo visto, in Friuli Venezia Giulia, il TPL è disciplinato e organizzato dalla L.R. del 7 maggio 1997 n. 20, modificata dalla L.R. n. 12 del 1999. Le finalità della legge, (art.1) sono la garanzia del diritto dei cittadini alla mobilità; la salvaguardia ambientale promuovendo il contenimento dei consumi energetici e la riduzione delle cause di inquinamento; la promozione di un equilibrato sviluppo economico e sociale fondato sulla piena vivibilità delle città; l'integrazione dei diversi sistemi di trasporto secondo le finalità dell'intermodalità; la razionalizzazione e l'efficacia della spesa, in conformità con la normativa comunitaria. Al fine di perseguire l'obiettivo della razionalizzazione e della promozione del trasporto pubblico locale e con l'intento di garantire il diritto alla mobilità nelle aree più svantaggiate del territorio, la Regione Friuli Venezia Giulia sostiene la riorganizzazione dell'offerta di trasporto, assicurando finanziamenti a sostegno del costo complessivo dei servizi regionali, in modo tale da garantire l'equilibrio tra costi e ricavi degli stessi, anche tenendo conto della dovuta solidarietà nell'assegnazione delle risorse finanziarie a causa dei minori ricavi che si possono verificare nelle aree svantaggiate e dei maggiori introiti tariffari delle aree con maggiore mobilità. La Legge ripartisce le funzioni tra la Regione e le Province. La Regione deve adottare il Piano regionale per il trasporto pubblico locale; provvedere alla ripartizione tra le Province delle risorse finanziarie per l'esercizio delle funzioni delegate; stabilire le tariffe di trasporto pubblico locale; esercitare la vigilanza sui servizi pubblici di linea provinciali Tra le deleghe alla Province ricordiamole funzioni relative alle concessioni di servizi di linea che si svolgono all'interno del territorio della Regione e alla concessione di contributi per gli investimenti nel settore del trasporto pubblico locale. Le Province devono anche provvedere all'espletamento delle procedure concorsuali per l'affidamento delle unità di gestione; alla formulazione dei programmi pluriennali di investimento per la realizzazione ed il completamento di infrastrutture al servizio del trasporto pubblico locale. Se una Provincia è partecipe di aziende o consorzi di trasporto pubblico locale, le procedure concorsuali sono invece espletate dall'Amministrazione. Regionale. La pianificazione del TPL avviene con il Piano regionale che assicura un sistema coordinato e integrato per la mobilità delle persone. Nel Piano regionale si stabiliscono le singole unità di

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gestione9 con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio finanziario dell’esercizio il cui costo deve essere coperto almeno per il 35% dai ricavi delle tariffe. La legge regionale del Friuli Venezia Giulia stabilisce che i servizi di trasporto pubblico locale siano affidati in concessione per la durata di dieci anni. La concessione è regolata dal contratto di servizio riferito all'unità di gestione, a decorrere dall'1 gennaio 2001. La concessione è affidata a seguito di procedure concorsuali di gara pubblica: ad uno stesso soggetto non può essere affidata la concessione di più di una delle unità di gestione individuate dal Piano regionale. Una volta individuato il gestore questo deve stipulare il contratto di servizio con la Provincia dove viene determinato l’importo del corrispettivo annuale spettante all'azienda aggiudicataria. Le eventuali perdite o disavanzi, non coperti dai corrispettivi e dai proventi di tutti i servizi di TPL restano a carico delle singole aziende. Il sistema tariffario regionale è dunque di tipo net cost. In Friuli Venezia Giulia le aziende concessionarie di TPL risultate vincitrici a seguito dell’espletamento delle procedure concorsuali di gara pubblica previste dalla citata L.R. 20/1997 con stipula di contratti di servizio sottoscritti con la provincia territorialmente competente sono quattro, una per provincia.

6.1 Il costo del servizio

Il servizio di trasporto su gomma è articolato in servizio urbano ed extra- urbano. Per l’urbano sono previsti biglietti per fasce orarie, per l’extra – urbano le tariffe seguono delle fasce chilometriche. Le tariffe a livello regionale variano dal 2003 al 2006 come mostrato nella seguente tabella. Per il servizio urbano i prezzi sono quelli dei biglietti corsa semplice/ fascia oraria minima, mentre per l’extra urbano sono relativi alla fascia chilometrica minima. TAB. 36 - Costo del biglietto del trasporto pubblico per tipologia di servizio. Anni 2003-2006

Tariffe urbane Tariffe extra urbane Anno oscillazione media mediana oscillazione media mediana 2003 0,87- 0,90 0,88 0,87 0,87 - 0,87 0,87 0,87 2004 0,87- 0,90 0,88 0,87 0,87 - 0,87 0,87 0,87 2005 0,87- 0,90 0,88 0,87 0,87 - 0,87 0,87 0,87 2006 0,91 - 0,95 0,92 0,91 0,91 - 0,91 0,91 0,91

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori del servizio L’analisi della spesa per il TPL appare più difficile che negli altri settori, sopratutto perchè è difficile individuare un dato di “consumo medio” che sia attendibile e che ci consenta quindi di calcolare, con buon grado di approssimazione, la spesa media sostenuta dalle famiglie per il servizio di trasporto pubblico locale. Dai dati riportati in tabella si possono fare solo delle considerazioni sulla dinamica del costo del biglietto ma non su quella della spesa. A differenza di altri servizi (come l’acqua o i rifiuti) per il TPL esistono sostituti diretti , come il trasporto privato, ed è quindi soggetto all’effetto sostituzione: ad un aumento considerevole delle tariffe potrebbe corrispondere una forte diminuzione dell’utilizzo dei mezzi pubblici. Nemmeno partendo dal numero di passeggeri trasportati (ovvero dalla quantità di biglietti venduti per tipologia di biglietto) si può risalire ad un dato significativamente rappresentativo del numero di viaggi a testa dei residenti in Friuli Venezia Giulia, poiché non è possibile eliminare dai passeggeri trasportati i turisti o comunque le persone non residenti sul territorio regionale.

9 Si intende per unità di gestione l'unità organizzativa più conveniente per economicità, efficienza e produttività in cui sia dato suddividere la rete regionale dei servizi di linea.

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7 Conclusioni

7.1 Costo dei servizi e incidenza sulla spesa familiare

Da tutti i dati raccolti ed elaborati in precedenza risulta che il costo medio per i servizi di acqua, gas e rifiuti nel 2005 è di circa 1.112,10 euro, ovvero il 4,02% della spesa familiare media. Per calcolare i costi medi riportati in tabella è stata considerata un famiglia di due persone che consuma annualmente 140 mc di acqua e 1400 mc di gas in una abitazione di 94 mq. TAB. 37 - Costo medio ponderato per servizio, incidenza sulla spesa familiare media (anno 2005)

Costo €/anno Incidenza sulla spesa familiare Servizio 2005 2005

Acqua 88,63 0,32 Gas 829,60 3,00 Rifiuti 193,87 0,70 Totale 1.112,10 4,02 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori dei servizi Sono le famiglie più numerose quelle che sopportano una maggiore incidenza del costo dei servizi. Per i nuclei familiari di 5 persone l’acquisto di servizi è pari al 5,88% delle spese totali e al 15,07% delle spese sostenute per l’abitazione. TAB. 38 -- Costo medio ponderato totale per numerosità familiare, incidenza sulla spesa familiare media per tipologia. Anno (2005)

N. componenti Costo €/anno Incidenza sulla spesa familiare

Incidenza sulla spesa per l'abitazione

1 681,11 3,39 8,69 2 1.112,12 4,02 10,31 3 1.603,51 4,53 11,62 4 2.060,19 5,24 13,45 5 2.513,86 5,88 15,07

7.2 Evoluzione e confronti

La dinamica del costo medio ponderato della spesa per SPL vede nei tre anni di osservazione una crescita di 2,5 punti percentuali. Il maggiore incremento che interessa, nello stesso periodo, l’evoluzione della spesa delle famiglie fa sì che l’incidenza del costo dei servizi sulla spesa delle famiglie subisca una diminuzione di circa il 9%. Questa diminuzione è da attribuirsi, oltre che all’invarianza della tariffe dell’acqua, alla dinamica del gas. Questo servizio, infatti, incidendo per circa il 75% sul costo totale dei servizi, influenza pesantemente l’andamento complessivo della spesa. TAB. 39 - Costo medio ponderato per servizio, incidenza sulla spesa familiare media e variazione dell'incidenza.-

Costo €/anno Incidenza sulla spesa familiare Variazione % Servizio 2003 2004 2005 2003 2004 2005 2003-2004 2004-2005

Acqua 88,63 88,63 88,63 0,36 0,33 0,32 -10,66 -1,41 Gas 828,97 821,23 829,60 3,40 3,01 3,00 -11,49 -0,41 Rifiuti 167,76 191,19 193,87 0,69 0,7012 0,70 1,82 -0,03 Totale 1.085,36 1.101,05 1.112,10 4,46 4,04 4,02 -9,37 -0,42 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori dei servizi

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TAB. 40 - Spesa media totale per acqua, gas e rifiuti, per tipologia familiare e incidenza sulla spesa familiare. Anni 2003 - 2005

Costo €/anno Incidenza sulla spesa familiare

Incidenza sulla spesa per l'abitazione N. componenti

2003 2004 2005 2003 2004 2005 2003 2004 2005 1 652,80 668,45 681,11 3,69 3,37 3,39 9,81 8,64 8,69 2 1.085,38 1.101,08 1.112,12 4,46 4,04 4,02 11,86 10,35 10,31 3 1.590,80 1.593,66 1.603,51 5,10 4,57 4,53 13,58 11,70 11,62 4 2.050,89 2.039,25 2.060,19 5,92 5,26 5,24 15,77 13,48 13,45 5 2.281,48 2.264,21 2.513,86 6,05 5,37 5,88 16,12 13,75 15,07

TAB. 41 - Variazione delle tariffe medie, e dell'indice generale dei prezzi (base 2003 = 100)

Anno Inflazione* Variazione tariffe 2003 100,00 100,00 2004 102,21 101,45 2005 104,18 102,46

FIG:11 Variazione delle tariffe medie, dell'indice generale dei prezzi (base 2003 = 100) e del reddito disponibile lordo (base 2003 = 100)

104,18

100,00

102,21

101,45102,46

98

101

104

107

2002 2003 2004 2005 2006

Inflazione* Variazione tarif fe

Inflazione

Tariffe

7.3 Costo dei servizi e sostenibilità

Un diverso tipo di analisi può essere fatto del punto di vista della sostenibilità delle tariffe, ovvero di quanto la spesa per l’acquisto di servizi pubblici, come acqua, gas e rifiuti, incida sul reddito delle famiglie e non sulla spesa. In modo particolare ci interessa rilevare quanto le tariffe incidano su particolari tipologie familiari. In questo capitolo abbiamo dunque analizzato l’incidenza delle tariffe sul reddito dei pensionati e sulle famiglie con i redditi più bassi. Ci siamo interessati in modo particolare ai pensionati, in quanto questi rappresentano una grossa percentuale della popolazione regionale. Dai dati Istat relativi al 2003 il numero di beneficiari di prestazioni pensionistiche10 rappresenta il 31,87% della popolazione residente in Friuli Venezia Giulia. Questo dato, viste le tendenze di invecchiamento della popolazione italiana, è probabilmente destinato ad aumentare per gli anni successivi al 2003.

10 Le prestazioni pensionistiche considerate sono: pensione di vecchiaia (in cui si comprendono la pensioni di anzianità, i prepensionamenti, le pensioni anticipate di vecchiaia e le pensioni supplementari di vecchiaia), invalidità, superstiti, indennitarie, assistenziali.

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TAB. 42 Percentuale di pensionati0 sulla popolazione del Friuli Venezia Giulia (dati 2003) Province Totale popolazione Totale pensionati % Pensionati Pordenone 290.229 84.019 28,95% Udine 522.258 164.228 31,45% Gorizia 138.463 46.068 33,27% Trieste 240.638 85.476 35,52% Totale 1.191.588 379.791 31,87% Fonte: Istat. I soli pensionati per vecchiaia erano, nel 2003, 196.222 ovvero il 16,46% della popolazione regionale. Per questo motivo è opportuno fare una breve riflessione sulla sostenibilità delle tariffe per questa categorie di reddito. Come mostrato nella tabella 43 l’importo medio annuo delle pensioni in Friuli Venezia Giulia è stato nel 2003 di circa 13 mila euro con forti differenze (+50,4%) tra le pensioni percepite dagli uomini rispetto a quelle percepite dalle donne. TAB. 43 Importo medio annuo delle pensioni in Friuli Venezia Giulia per sesso. Anno 2003 (Euro)

Anno Importo medio maschi (euro)

Importo medio femmine (euro)

Importo medio Totale (euro)

2003 15.979,59 10.622,30 13.098,03 2004* 16.315,16 10.845,37 13.373,09 2005* 16.647,54 11.066,31 13.645,53 Fonte: Istat. *dato stimato. Il dato è stato ricavato tramite adeguamento all'inflazione del dato dell'anno precedente. In generale possiamo osservare che l’incidenza delle tariffe, calcolate sui consumi presunti per una persona, sull’importo medio delle pensioni è circa il 5% e rimane costante per i tre anni di osservazione. Questo valore oscilla tra il 6,15% se il pensionato è una donna, e il 4,26% se invece il percettore della pensione è un uomo. TAB. 43 Incidenza delle tariffe (76 mc acqua, 84,21 mq di abitazione con 1 persona, 800 mc gas) sull’ importo medio delle pensioni. 2003 2004* 2005* Tariffa 652,80 668,45 681,11 Importo pensione 13.098,03 13.373,09 13.645,53 Incidenza 4,98% 5,00% 4,99% Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat e dati forniti dai gestori dei servizi. Se ipotizziamo che invece la famiglia sia composta da due persone di cui un pensionato unico percettore di reddito allora, l’incidenza delle tariffe, calcolate per un consumo di 140 mc di acqua, 1400 mc di gas e un‘abitazione di 94 mq occupata da due persone, sale a oltre l’8%. TAB. 43 Incidenza delle tariffe (140 mc acqua, 94 mq di abitazione con 2 persone, 1400 mc gas) sull’ importo medio delle pensioni 2003 2004* 2005* Tariffa 1.081,53 1.098,31 1.107,36 Importo pensione 13.098,03 13.373,09 13.645,53 Incidenza 8,26% 8,21% 8,12% Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat e dati forniti dai gestori dei servizi Per quanto riguarda invece le famiglie con i reddito più bassi, dai dati ISTAT pubblicati in “La povertà relativa in Italia nel 2004“ risulta che nel 2004, le famiglie residenti in Friuli Venezia Giulia che vivono in condizione di povertà sono circa 28.300, pari al 5,7 percento delle famiglie residenti. Questa percentuale, in diminuzione rispetto agli anni precedenti, è nettamente inferiore a quella nazionale, ma di circa un punto percentuale maggiore rispetto a quella rilevata per tutta l’area geografica del Nord-Est.

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TAB. 44. Popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (%). Ripartizione geografica 2002 2003 2004 Friuli Venezia Giulia Nord Est

9,3 5,6

8,9 5,4

5,7 4,8

Italia 12,5 11,8 13,2 Fonte: Istat Per comprendere bene l’analisi successiva è bene chiarire il concetto di povertà relativa. La stima dell’incidenza della povertà relativa viene effettuata sulla base di una soglia convenzionale che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia è considerata “povera” in termini relativi. La soglia convenzionale di povertà relativa è, per una famiglia di due persone, pari alla spesa media procapite11 nel Paese. Nel 2004 tale soglia risulta essere dunque 919,98 euro mensili pari a circa 11mila euro annui. Le famiglie di due persone che sostengono una spesa media mensile pari o inferiore a tale soglia sono considerate povere; per le famiglie di diversa ampiezza il valore della linea di povertà relativa si ottiene tramite un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti familiare. Consideriamo dunque, invece della spesa familiare, la soglia di povertà associata ad ogni tipologia familiare. Supponiamo anche che la spesa per l’acquisto di servizi non cambi per le famiglie povere. Questa assunzione è giustificata dal tipo di servizi che stiamo analizzando. Si tratta infatti di servizi dove l’effetto reddito e l’effetto sostituzione non sono presenti o comunque non incidono in larga misura sul consumo e quindi sulla spesa per i servizi. Con queste assunzioni si vede (tabella 43) come l’incidenza delle tariffe passi da valori compresi tra il 3% e il 4% a valori che variano da un minimo dell’9,97% per una famiglia di due persone ad un massimo del 11,33% per un nucleo familiare con quattro componenti. Per quanto riguarda invece la dinamica, anche in questo caso si nota una diminuzione dell’incidenza delle tariffe, dovuta all’effetto combinato della riduzione della spesa per i servizi pubblici sostenuti dalle famiglie e da un contemporaneo innalzamento della soglia di povertà. Dobbiamo però precisare che l’incidenza così calcolata è quella relativa alle famiglie più ricche tra quelle considerate povere, ovvero alle famiglie che hanno un reddito pari alla soglia di povertà relativa. TAB. 45. - Soglia di povertà relativa e incidenza delle tariffe sulla soglia di povertà* 2003 2004

Componenti Soglia di povertà Incidenza delle tariffe Soglia di povertà Incidenza delle tariffe

€/anno % €/anno % 1 6.260,40 10,43 6.623,88 10,09 2 10.434,00 10,40 11.039,76 9,97 3 13.877,28 11,46 14.682,84 10,85 4 17.007,48 12,06 17.994,84 11,33 5 19.824,60 11,51 20.975,52 10,79

Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dai gestori dei servizi nei comuni capoluogo di provincia e dati Istat * Il dato relativo alla soglia di povertà è nazionale, quello relativo alle tariffe è regionale La sostenibilità della spesa per le tariffe delle famiglie del Friuli Venezia Giulia appare ancora assai al di sotto di una linea di tensione economica. Dobbiamo però considerare che, nella regione, non sono ancora del tutto visibili gli effetti delle riforme dei servizi e delle relative tariffe in quanto l’applicazione delle nuove norme risulta ancora minima (specialmente nell’acqua e nei rifiuti). Non si può dunque valutare correttamente l’inclusione nella spesa di costi che con i vecchi sistemi tariffari non erano contabilizzati, essendo questi sistemi ancora in uso. Possiamo però osservare che in altre Regioni, come la Toscana, la riforma dei servizi, che è già in avanzato stato di applicazione

11 La spesa media procapite si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti.

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(soprattutto nell’acqua) non ha determinato una situazione di sostanziale invarianza rispetto al periodo precedente. Diverse sono invece le considerazioni da fare per quanto riguarda la sostenibilità di tali servizi il cui accesso dovrebbe essere universale per le famiglie caratterizzate da basso reddito. Se in alcuni comparti sono previste delle tariffe agevolate per tali famiglie, dovrebbero essere previste forma di agevolazione tariffaria o sistemi redistributivi del reddito. Ciò potrebbe avvenire attraverso la modulazione tariffaria e l’introduzione di metodi differenziati sulla base della ricchezza disponibile, oppure attraverso la messa a disposizione di redditi minimi per le famiglie disagiate.

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Roma, 2004. [2]. Aa.Vv “La distribuzione dell’acqua” IRPET Firenze, 1989 [3]. Aa.Vv “Indagine sui servizi idrici: ricognizione sullo stato di attuazione del Servizio idrico

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citta’ Federconsumatori Modena Osservatorio nazionale sulle tariffe e servizi, 2003. CAPITOLO 4 [1]. Aa.Vv. “XIV censimento della popolazione e delle abitazioni” ISTAT 2001 [2]. Aa. Vv. “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” A.E.E.G., 2005 [3]. Ministero delle Attività Produttive, “L’andamento dei prezzi”, 2003 CAPITOLO 5 [1]. Aa.Vv. “La carta delle qualità dei servizi” Direzione Generale per l’Armonizzazione del

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