LE PROCEDURE AD EVIDENZA...

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PROGETTO APPALTI CHIARI - - Programma Operativo PON Governance e Azioni di Sistema (FSE) 2007-2013, Obiettivo 1 - Convergenza [IT051PO006] - PIANO OPERATIVO FORMEZ 2009-2011, PON "Governance e Azioni di Sistema", Asse E “Capacità istituzionale” LE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA 23 settembre 2010 REGIONE PUGLIA - Viale Caduti di Tutte le Guerre, 15 - 70126 Bari Laboratorio n.2: La procedura di gara: affiancamento e supporto per l’adeguamento delle competenze tecnico-specialistiche in materia di trasparenza e semplificazione dell’iter dell’appalto attraverso il confronto tra i modelli procedurali previsti dal Codice dei contratti e i bandi pubblicati dalla Regione nell’ultimo anno, suggerendo -al tempo stesso- soluzioni operative in grado di ridurre la possibilità di contenzioso con gli operatori economici. La standardizzazione degli atti di gara (bando, disciplinare, modello di istanza, etc.) e la predisposizione di schede operative per tutte le procedure attraverso la predisposizione di una repository documentale interamente telematica. DISPENSA n.2 (a cura dell’Avv. Giancarlo Sorrentino)

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PROGETTO APPALTI CHIARI - - Programma Operativo PON Governance e Azioni di Sistema (FSE) 2007-2013, Obiettivo 1 - Convergenza [IT051PO006] - PIANO OPERATIVO FORMEZ 2009-2011, PON "Governance e Azioni di Sistema", Asse E “Capacità istituzionale”

LE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA 23 settembre 2010

REGIONE PUGLIA - Viale Caduti di Tutte le Guerre, 15 - 70126 Bari Laboratorio n.2: La procedura di gara: affiancamento e supporto per l’adeguamento delle competenze tecnico-specialistiche in materia di trasparenza e semplificazione dell’iter dell’appalto attraverso il confronto tra i modelli procedurali previsti dal Codice dei contratti e i bandi pubblicati dalla Regione nell’ultimo anno, suggerendo -al tempo stesso- soluzioni operative in grado di ridurre la possibilità di contenzioso con gli operatori economici. La standardizzazione degli atti di gara (bando, disciplinare, modello di istanza, etc.) e la predisposizione di schede operative per tutte le procedure attraverso la predisposizione di una repository documentale interamente telematica.

DISPENSA n.2 (a cura dell’Avv. Giancarlo Sorrentino)

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Indice 1. Consiglio di Stato sentenza n.1365 del 21.09.2010...………………….... Pag. 1 2. Consiglio di Stato sentenza n.6556 del 13.09.2010...…………………… Pag. 15 3. Consiglio di Stato sentenza n.6509 dell’08.09.2010.………………….... Pag. 19 4. Consiglio di Stato sentenza n.5936 del 24.08.2010...…………………… Pag. 26 5. TAR Lazio sentenza n.30467 del 9.08.2010.…………………….. Pag. 30 6. AVCP Comunicato del Presidente del 29.07.2010………….. Pag. 33 7. TAR Campania sentenza n.16605 del 07.07.2010.…………………… Pag. 55 8. Consiglio di Stato sentenza n.4511 del 13.07.2010…………………….. Pag. 61 9. Consiglio di Stato sentenza n.2835 dell’11.05.2010………………….. Pag. 68 10. Consiglio di Stato sentenza n.1141 del 26.02.2010...…………………… Pag. 71 11. Consiglio di Stato sentenza n.20 dell’11.01.2010...…………………….. Pag. 75 12. Consiglio di Stato sentenza n.8720 del 24.12.2009….………………….. Pag. 102 13. TAR Lazio sentenza n.7689 del 29.07.2009....…………………... Pag. 110 14. TAR Calabria sentenza n.655 del 16.06.2009 ......………………….. Pag. 116 15. AVCP Determinazione n.5 del 21.05.2009………………… Pag. 120 16. Consiglio di Stato sentenza n.4382 del 17.09.2008…………………… Pag. 136 17. TAR Valle d’Aosta sentenza n.65 del 10.07.2008 .….…………………… Pag. 139 18. Consiglio di Stato sentenza n.2683 del 06.06.2008...…………………… Pag. 143 19. AVCP Parere del 09.04.2008 n.110….…………………….. Pag. 147 20. TAR Lazio sentenza n.14081 del 27.12.2007………………….. Pag. 150 21. TAR Sardegna sentenza n.1764 del 27.09.2007...…………………… Pag. 167

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 21 settembre 2010 n. 7031 .

1. Sussiste acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara ed incondizionata (cioè non rimessa ad eventi futuri ed incerti) volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività; si deve pertanto escludere la possibilità di affermare la sussistenza dell’acquiescenza facendo ricorso a mere presunzioni, non potendosi in tal caso trovare univoco riscontro della volontà dell’interessato di accettare tutte le conseguenze derivanti dall’atto amministrativo (1).

2. Costituisce principio generale dell’ordinamento, di derivazione comunitaria, quello secondo il quale deve sussistere una proporzionalità tra l’azione amministrativa e l’interesse pubblico concretamente perseguito; tale principio implica che l’Amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minore sacrificio possibile per gli interessi compresenti e si risolve nell’affermazione per cui l’Autorità non può imporre, con atti normativi od amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’Autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato all’obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile (2).

3. Sono manifestamente vessatorie e contrastano con il generale principio della proporzionalità le clausole di un bando di gara per l’affidamento dell’appalto di servizi di igiene urbana, che addossino e/o riversino esclusivamente sull’appaltatore le conseguenze economiche negative del mancato raggiungimento dell’obiettivo di una determinata percentuale di raccolta differenziata e, in particolare, non solo il maggior onere di conferimento in discarica dei rifiuti urbani, ma anche una ulteriore sanzione pecuniaria applicabile semplicemente in ragione del mancato raggiungimento dell’obiettivo del 35% della suddetta raccolta, a prescindere da qualsiasi inadempimento contrattuale (3).

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N. 07031/2010 REG.SEN.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9620 del 2009, proposto da:

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Tradeco Srl Quale Capogruppo Mandataria Ati, Ati Murgia Servizi Ecologici S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Comune di Cassano delle Murge, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro N.1/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 01407/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 01407/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZI DI IGIENE URBANA E COMPLEMENTARI..

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cassano delle Murge;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2010 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Mariani, e Sandro De Marco, per delega dell'Avv.Nicolò De Marco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’a.t.i. Tradeco - Murgia Servizi Ecologici partecipava, risultandone aggiudicataria, alla gara indetta dal Comune di Cassano delle Murge con bando pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee in data 15 marzo 2004 per l’affidamento dei servizi di igiene urbana e complementari da svolgersi nel territorio del Comune.

Prima della stipulazione del contratto, avvenuta il 24 settembre 2004, e, precisamente, con atto consegnato per la notifica il 23 settembre 2004, la ricorrente impugnava dinanzi al T.A.R. Puglia, sede di Bari, chiedendone l’annullamento per eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta, le seguenti disposizioni regolatrici della gara:

- art. 13, paragrafo a), punto 18, del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede, a carico del concorrente e futuro appaltatore: "di rinunciare ad esercitare qualsivoglia azione di rivalsa o a formulare istanza di rimborso o risarcimento nei confronti dell’Amministrazione appaltante per mancati ricava e/o maggiori costi in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata di cui all’articolo 23 del capitolato speciale d’appalto, anche per motivi non dipendenti dalla volontà dell’appaltatore";

- art. 21 del disciplinare di gara, punto 9, nella parte in cui prescrive a carico del concorrente e futuro appaltatore che "per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata specificati all’art. 23 del capitolato speciale di appalto, l’appaltatore dovrà accollarsi l’intero onere delle sanzioni previste all’art. 3 comma 1 dell’Ordinanza del Ministero dell’Interno del 4 agosto 2000 e sue successive modifiche ed

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integrazioni, più una sanzione pari a euro 50.000,00 per il mancato raggiungimento al 31 dicembre 2006 di un livello di raccolta differenziata pari al 35%. Negli anni successivi al 31 dicembre 2006 questa sanzione verrà aumentata ogni anno del 20% in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi dell’art. 23 del capitolato speciale d’appalto";

- art. 23 del capitolato speciale d’appalto, nella parte in cui, con il 2° comma ha stabilito che "in particolare l’appaltatore dovrà, pena l’applicazione delle penali prevista all’articolo 43 dal presente capitolato, assicurare il raggiungimento entro e non oltre il 31 dicembre 2006 di un livello minimo di raccolta differenziata pari al 35% dei rifiuti complessivamente raccolti. Tale livello comunque dovrà essere sempre assicurato negli anni successivi fino alla scadenza del contratto. A tal fine l’appaltatore dovrà assicurare preliminarmente alla stipula del contratto e successivamente anno per anno per l’intera durata dell’appalto, la presentazione di apposita polizza fideiussoria annuale, di importo non inferiore alla sanzione massima applicabile per anno. Tale percentuale dovrà essere calcolata considerando i quantitativi di rifiuti recuperabili intercettati ed effettivamente avviati a recupero, per i quali, cioè, sia documentabile l’avvenuto conferimento a piattaforme di recupero di materia o energia";

- art. 43 del capitolato speciale d’appalto nella parte in cui prevede, a carico dell’appaltatore la clausola sanzionatoria "per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata specificati all’articolo 23, l’appaltatore dovrà accollarsi l’intero onere delle sanzioni previste all’articolo 3, comma 1, dell’Ordinanza del Ministero dell’Interno del 4 agosto 2000 e sue successive modifiche e integrazioni più una sanzione pari a 50.000,00 (cinquantamila) per il mancato raggiungimento al 31.12.2006 di un livello di raccolta differenziata pari al 35%. Negli anni successivi al 31 dicembre 2006 questa sanzione verrà aumentata ogni anno del 20% in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi dell’art. 23 di questo Capitolato";

- art. 10 dello schema di contratto di appalto per il servizio di igiene urbana e servizi complementari, imposto dall’amministrazione sin dal momento del bando, nella parte in cui prevede che "l’appaltatore ha presentato, ai sensi dell’articolo 23 del Capitolato Speciale d’Appalto, polizza fideiussoria del…valevole fino al …rilasciata dal …S.p.A. per un importo di euro 50.000,00 a garanzia del raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata che al 31.12.2006 dovrà essere pari al 35%. Tale polizza sarà aumentata negli anni successivi al 31.12.2006 del 20% in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’articolo 23 del Capitolato Speciale di Appalto";

- art. 20 dello schema di contratto, limitatamente alla previsione "per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata specificati all’articolo 23, l’appaltatore dovrà accollarsi l’intero onere delle sanzioni previste all’articolo 3, comma 1, dell’Ordinanza del Ministero dell’Interno del 4 agosto 2000 e sue successive modifiche e integrazioni più una sanzione pari a 50.000,00 (cinquantamila) per il mancato raggiungimento al 31.12.2006 di un livello di raccolta differenziata pari al 35%. Negli anni successivi al 31 dicembre 2006 questa sanzione verrà aumentata ogni anno del 20% in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi dell’art. 23 di questo capitolato".

In sostanza la ricorrente sosteneva che fosse illegittimo traslare a carico dell’appaltatore le sanzioni previste a carico del Comune dall’Ordinanza Ministeriale 4 agosto 2007, n. 3077 per il mancato raggiungimento di determinate percentuali di raccolta differenziata e applicare maggiorazioni tariffarie all’appaltatore per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata.

Il Comune di Cassano delle Murge, costituitosi in giudizio, eccepiva l’inammissibilità del ricorso e ne deduceva l’infondatezza nel merito.

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Il Tribunale adìto, con sentenza n. 1407/2009 del 5 giugno 2009, in accoglimento dell’eccezione di acquiescenza sollevata dal Comune, respingeva il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile ed in parte infondato e condannava l’a.t.i. ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro 3.000,00, in favore del Comune resistente.

Con ricorso notificato in data 18 novembre 2009 l’a.t.i. Tradeco-Murgia ha proposto appello avverso la prefata sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’integrale riforma e, per l’effetto, l’annullamento delle clausole del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e della bozza di contratto impugnate in prime cure, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.

Resiste il Comune di Cassano delle Murge, che insiste per l’accoglimento delle eccezioni di difetto di interesse, tardività ed acquiescenza e, comunque, per la infondatezza nel merito delle tesi avversarie, con vittoria delle spese del grado.

Con ordinanza n. 122 del 13 gennaio 2010 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, affermando che non può "qualificarsi acquiescenza la partecipazione alla gara, in quanto le clausole impugnate, aventi ad oggetto l’applicazione di sanzioni e di penali, acquistano valenza lesiva solo al momento dell’aggiudicazione" e che, inoltre, "appare illegittimo traslare a carico dell’appaltatore le sanzioni amministrative previste a carico dei Comuni per il mancato raggiungimento di determinate percentuali (nella specie il 35%) di raccolta differenziata".

Le parti hanno depositato memorie illustrative e la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 maggio 2010.

DIRITTO

L’appello è fondato e merita accoglimento.

Come si è accennato nella parte in fatto, il Comune resistente in primo grado ha eccepito la inammissibilità del ricorso avendo la ricorrente prestato acquiescenza alle clausole della lex di gara contestate, in quanto avrebbe presentato offerta conforme al disciplinare di gara e avrebbe siglato il disciplinare in tutte le pagine per accettazione.

A ciò si è opposta l’a.t.i. ricorrente, affermando che non può configurarsi acquiescenza ove la condotta della parte non sia espressione di libera scelta, essendole precluso non conformarsi alle richieste della stazione appaltante trasfuse nel disciplinare di gara.

Al riguardo il giudice di prime cure ha osservato che, pur ammettendo che la partecipazione alla gara d’appalto in assenza di contestazioni non costituisce di per sé acquiescenza, ciò non esime la concorrente che lamenti la illegittimità di alcune prescrizioni della lex specialis di impugnarle tempestivamente. Secondo i primi giudici, infatti, "le disposizioni di un bando di gara che impongano all’aggiudicatario oneri ritenuti eccessivamente gravosi integrano una lesione attuale dell’interesse dell’impresa concorrente, in quanto non è possibile per essa sottrarsi all’osservanza delle disposizioni e presentare una propria offerta che disattenda l’obbligo imposto dalla stazione appaltante, sicché devono essere impugnate tempestivamente, prima che sia conclusa la fase di scelta del contraente").

Pertanto, secondo il T.A.R., non avrebbe pregio la tesi difensiva che evidenzia il sorgere dell’interesse solo per effetto dell’aggiudicazione, che ha reso attuale e concreto l’interesse dapprima solo potenziale, "né appare condivisibile la prospettazione della ricorrente secondo la quale la condotta tenuta non può costituire acquiescenza perché le clausole impugnate, aventi ad oggetto obblighi di risultato in ordine alla

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raccolta differenziata e sanzioni per il caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Comune, acquistano valenza lesiva solo nel momento dell’aggiudicazione".

Inoltre, il T.A.R. Puglia ha pure ritenuto irrilevante la circostanza dell’aver prima notificato il ricorso e solo successivamente sottoscritto il contratto di appalto, in quanto l’acquiescenza sarebbe desumibile dal comportamento della parte nel suo complesso, nel caso di specie caratterizzato da una condotta di mera adesione alle previsioni della lex di gara.

Infine, sempre a sostegno della non ammissibilità del ricorso, il giudice di primo grado ha ritenuto che "il richiesto annullamento delle clausole in quanto incidenti sulla stessa formulazione dell’offerta economica, modificherebbe in senso favorevole all’a.t.i. ricorrente ed in violazione della par condicio con le altre imprese che hanno partecipato alla gara, i termini economici di questa".

Ritiene, al riguardo, il Collegio che la tutela giurisdizionale dei privati avverso le disposizioni del bando, inteso quale lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, si atteggi diversamente, a seconda che lo stesso presenti un contenuto immediatamente lesivo o meno. Alcune sue prescrizioni, infatti, si riferiscono ai requisiti soggettivi ed oggettivi per l’ammissione alla gara: queste sono exse idonee a provocare l’esclusione e producono una lesione concreta ed attuale nella sfera giuridica dei partecipanti. Si richiede, quindi, in caso di illegittimità, che siano impugnate autonomamente ed immediatamente, chiedendone l’eventuale sospensiva al fine di ottenere l’ammissione con riserva alla gara. Nel caso in cui siano lasciati inutilmente scadere i termini per proporre ricorso avverso la disposizione illegittima del bando, questa diviene inoppugnabile e, pertanto, i successivi atti che derivano dalla stessa potranno essere impugnati soltanto nel caso in cui presentino vizi propri.

Altre prescrizioni del bando, invece, non sono idonee a ledere con concretezza ed attualità, in quanto non determinano automaticamente e direttamente conseguenze negative nella sfera giuridica dei partecipanti: in caso di illegittimità, allora, occorrerà impugnare le stesse, unitamente al relativo atto applicativo, viziato per invalidità derivata. Ciò accade, ad esempio, con riferimento alle regole riguardanti l’aspetto procedurale della gara, che saranno impugnabili solo successivamente, in seguito all’eventuale atto di esclusione, adottato in applicazione delle stesse, oppure con riferimento alle regole che si riferiscono alla composizione della commissione aggiudicatrice, od alla possibilità di partecipazione di determinati soggetti, che andrebbero in realtà esclusi, le quali saranno impugnabili solo unitamente al successivo atto ricollegabile alla disposizione illegittima, da identificarsi nell’aggiudicazione.

Occorre chiarire che il sindacato del giudice amministrativo sulle clausole del bando di gara incontra gli stessi limiti sussistenti nei confronti di ogni atto amministrativo. E, invero, la P.A., nella predisposizione del bando esercita un potere attinente al merito amministrativo laddove inserisce disposizioni ulteriori rispetto al contenuto minimo ex lege previsto; queste ultime, quindi, saranno censurabili in sede giurisdizionale allorché appaiano viziate da eccesso di potere, ad esempio per illogicità, irragionevolezza od incongruenza rispetto al fine pubblico della gara.

Nel caso di specie, le clausole impugnate con le quali l’amministrazione ha preteso di addossare all’appaltatore l’obbligo di conseguire il risultato di determinate percentuali di raccolta differenziata, di per sé non impedivano la partecipazione alla gara, risolvendosi, piuttosto, in clausole, ritenute illogiche ed ingiustamente onerose, che manifestano la loro potenzialità lesiva soltanto dopo l’aggiudicazione ed ancor più dopo la stipula del contratto di appalto.

Sotto tale profilo, poiché il ricorso è stato spedito per la notifica il 23 settembre 2004, dopo aver conosciuto l’esito di gara con la determinazione del responsabile di settore n. 35/2004 del 10.8.2008, deve essere affermata la tempestività ed ammissibilità dell’impugnazione delle clausole del bando, che hanno

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manifestato la propria lesività proprio a seguito della conclusione del procedimento di gara (cfr. Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2002, n. 5776; id, 15 novembre 2001, n. 5840; id., 28 agosto 2001, n. 4529; id, 27 giugno 2001, n. 3507; C.G.A., 3 dicembre 2001, n. 6351).

Quanto poi alla formulazione dell’offerta malgrado le onerose condizioni derivanti dalle clausole impugnate, secondo il costante orientamento della giurisprudenza la partecipazione alla gara non comporta acquiescenza alle clausole illegittime.

Nella specie la ricorrente ha formulato la propria offerta sul presupposto di far valere in sede giudiziaria l’illegittimità delle clausole impugnate ove fosse risultata aggiudicataria, come in effetti è avvenuto.

Né si può sostenere che la partecipazione alla gara abbia comportato l’acquiescenza delle clausole impugnate.

Vale ricordare, in via generale, che non appare possibile configurare una rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo, effettuata prima della concreta lesione di quest’ultimo, ossia nel momento in cui, non essendo ancora attuale la lesione stessa, lo strumento di tutela non è ancora azionabile.

Per tali considerazioni merita integrale riforma il capo della sentenza che ha ritenuto inammissibile il ricorso per non aver impugnato le clausole in questione prima della conclusione della fase di scelta del contraente. Per contro, va affermata l’ammissibilità del ricorso sotto tale profilo, trattandosi di clausole che non rendevano impossibile la formulazione di un’offerta.

Circa il capo della sentenza con il quale si dichiara l’inammissibilità per avvenuta acquiescenza per effetto della sottoscrizione del contratto, assume ancora il giudice di prime cure che il ricorso introduttivo era inammissibile in quanto le clausole gravate sono state accettate con la stipula del contratto di appalto.

Come fondatamente dedotto dall’appellante, anche tale capo della sentenza merita integrale riforma.

In proposito l’appellante evidenzia che la stipula del contratto è avvenuta il giorno dopo della notifica del ricorso al giudice amministrativo.

Ritiene al riguardo il Collegio che benché la ricorrente, dopo aver inoltrato il ricorso, non abbia sottoscritto con riserva il contratto di appalto, ciononostante non si può ritenere che la sottoscrizione del contratto possa essere interpretata univocamente come acquiescenza successiva rispetto ai provvedimenti impugnati.

Costituisce, invero, pacifico insegnamento giurisprudenziale quello secondo il quale sussiste acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara ed incondizionata (cioè non rimessa ad eventi futuri ed incerti) volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività; con la conseguenza di escludere la possibilità di affermare la sussistenza dell’acquiescenza per mera presunzione, non potendosi in tal caso trovare univoco riscontro della volontà dell’interessato di accettare tutte le conseguenze derivanti dall’atto amministrativo (cfr. Cons. St., Sez. IV, 20 dicembre 2000, n. 6848; id., Sez. V, 26 ottobre 1998, n. 1544; C.G.A., 19 febbraio 1998, n. 50).

Con riferimento specifico ai contratti ad evidenza pubblica si è, in particolare, osservato come la partecipazione alla procedura di gara non configuri, di per sé, acquiescenza alle clausole del bando, le quali, anzi, possono essere impugnate solo dopo avere concretamente dimostrato non

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solo la volontà di partecipare alla procedura selettiva (cfr. Cons. St., Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 734; id., 27 giugno 2001, n. 3507), ma la lesione attuale e concreta dell’interesse legittimo azionato.

Ora, se si accedesse alle tesi del giudice di primo grado, la ricorrente avrebbe dovuto contestare la stipula del contratto, con espressa dichiarazione di riserva riferita alle clausole in questione, con il rischio di vedersi rifiutare la stipula del contratto da parte dell’Amministrazione. E, invece, come fondatamente dedotto dall’appellante, a fronte dell’intervenuta notificazione del ricorso introduttivo il giorno prima della stipula del contratto di appalto, l’acquiescenza rispetto ai provvedimenti impugnati avrebbe dovuto essere manifestata chiaramente, in occasione della stipula del contratto, mediante una qualsiasi dichiarazione espressa di segno contrario (rinuncia al ricorso ovvero dichiarazione di abbandono o altra dichiarazione equipollente). In mancanza di dichiarazioni contrarie al ricorso notificato (giusto il giorno prima, non certo a caso), non può presumersi una volontà della ricorrente di prestare acquiescenza alle clausole della lex specialis, impugnate con rituale ricorso al giudice amministrativo.

Pertanto, in difetto di una chiara ed incondizionata volontà di rinunciare al ricorso pur dopo la stipula del contratto di appalto, non può ritenersi realizzata l’acquiescenza rispetto ai provvedimenti impugnati.

Sotto tale profilo, va quindi riformata la sentenza ed affermata la tempestività ed ammissibilità del ricorso introduttivo.

Circa il capo della sentenza con il quale è stata dichiarata l’inammissibilità della domanda di annullamento parziale degli atti di gara, nei limiti delle clausole impugnate,

il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto non sarebbe ammissibile l’annullamento parziale degli atti di gara, nei termini richiesti dalla ricorrente, in quanto la previsione della sanzione per il mancato raggiungimento di una data percentuale di rifiuti differenziati sarebbe "un tutto inscindibile" con il corrispettivo economico dell’appalto di cui è causa e ciò era noto alla ricorrente sin dal momento in cui ha conosciuto la disciplina di gara, formulando la propria offerta.

Secondo il T.A.R. Puglia, sede di Bari, la ricorrente avrebbe formulato la propria offerta anche tenendo conto del prevedibile risultato di non poter conseguire le percentuali di raccolta differenziata che, in quanto risultato richiesto dall’amministrazione, non sarebbe rimesso al "caso" ma "all’attività dell’appaltatore ed alla efficienza e puntualità del sistema di raccolta differenziata da esso organizzata". Secondo il giudice di prime cure, il risultato della raccolta differenziata non potrebbe essere conseguito "ove fossero annullate le clausole della lex di gara che operando da deterrenti inducono l’appaltatore ad attivarsi e mantenere costante la funzionalità della raccolta".

Conseguentemente, ritenuta la lex specialis un "corpus inscindibile" il TAR Puglia, sede di Bari, ha ritenuto ulteriormente inammissibile la domanda di annullamento parziale delle clausole impugnate.

Anche tale capo della sentenza merita riforma.

Va, infatti, censurata la ritenuta inscindibilità delle clausole penali rispetto al "corpus" della lex specialis.

Come correttamente rilevato dall’appellante e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, l’obiettivo perseguito dall’amministrazione di raggiungere determinate aliquote percentuali di raccolta differenziata non può ritenersi inscindibilmente legato alla previsioni di sanzioni contrattuali per il caso di mancato raggiungimento del risultato.

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In proposito, valgano le seguenti considerazioni.

La previsione degli obiettivi di raccolta differenziata è contenuta nell’art. 23 del Capitolato speciale di appalto, mentre la previsione delle sanzioni è prevista dall’art. 21 punto 9 del Disciplinare di gara e confermata dall’art. 43 del capitolato speciale di appalto oltre che dagli articoli 10 e 20 dello schema di contratto allegato agli atti di gara.

Orbene, già la collocazione sistematica delle sanzioni in articoli del tutto autonomi rispetto a quello (art. 23 Capitolato speciale) che prescrive il raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata, consente di poter affermare che fra le due previsioni della lex specialis, pur essendovi un indubbio collegamento, tuttavia non si può ritenere che lo stesso sia "inscindibile".

Difatti, ove in accoglimento del ricorso, fosse "stralciata" la previsione di raggiungere comunque il "risultato" sperato dall’amministrazione di raccolta differenziata ed ove, con l’accoglimento del ricorso, fossero stralciate le norme relative alle penali per il caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, resterebbe assolutamente integra l’impostazione di fondo del contratto di appalto con riferimento al servizio di raccolta differenziata come prescritto dall’art. 23 primo comma del capitolato speciale di appalto, non impugnato, in forza del quale "dovrà essere attivato un idoneo ed efficiente servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati, al fine di sottrarre allo smaltimento in discarica la maggior quantità possibile di materiali suscettibili di recupero energetico o di materia".

Inoltre, resterebbero comunque integre anche tutte le altre obbligazioni richieste dall’art. 23 del Capitolato speciale di appalto, fra cui quella di organizzare il servizio in modo omogeneo sull’intera area urbana, industriale ed extraurbana facendo ricorso a servizi mirati per utenze specifiche o a raccolte del tipo porta a porta nonché di avviare effettivamente a recupero i "rifiuti recuperabili intercettati" sotto forma di conferimento a piattaforme di recupero di materia o energia.

La ricorrente, odierna appellante, sin dal progetto - offerta, ha previsto di attivare un efficiente servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani ed assimilati e tuttavia non è logicamente corretto sostenere che, per ciò stesso, essa si sia obbligata a raggiungere comunque il risultato dei livelli minimi "pari al 35% dei rifiuti complessivamente raccolti", con percentuale da calcolarsi "considerando i quantitativi di rifiuti recuperabili intercettati ed effettivamente avviati a recupero".

L’obbligazione di risultato, richiesta dall'amministrazione, non è, infatti, ragionevolmente conseguibile con il solo impegno dell’appaltatore.

La ricorrente, odierna appellante, sin dal ricorso introduttivo, ha evidenziato che il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dipende dalla concorrenza di numerosi fattori, fra cui anche quello concernente le modalità di organizzazione e gestione del servizio di raccolta delle frazioni recuperabili dei rifiuti.

Sin dal ricorso introduttivo è stato evidenziato che il complesso delle clausole impugnate pone a carico della ricorrente sia l’intero onere delle maggiorazioni tariffarie previste dall’art. 3 dell'Ordinanza Ministeriale 4.8.2000 n. 3077, sia l’ulteriore sanzione di 50.000,00 € per il mancato raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata al 35% entro il 31.12.2006, sia l'ulteriore sanzione dell'aumento per ogni anno del 20% per il mancato raggiungimento, successivamente al 31.12.2006, dell’obiettivo del 35%; in buona sostanza dopo tale data la sanzione pecuniaria aggiuntiva corrisponde ad almeno di 60.000,00 € per anno.

Tale sistema sanzionatorio contrattuale non trova alcun riscontro in un inadempimento da parte dell’appaltatore.

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Ed in effetti, come dedotto dall’appellante, in occasione della prima applicazione delle clausole impugnate, con la determina dirigenziale n. 385 del 23 marzo 2009, l’amministrazione, pur rilevando che per l’anno 2006 la frazione di raccolta differenziata è stata pari al 9,14% e che nel 2007 è stata dell’8,42%, non ha contestato alcuna specifica inadempienza contrattuale in merito alla gestione del servizio di raccolta delle frazioni recuperabili.

Peraltro, la sanzione prevista dal capitolato speciale è stata comunque applicata malgrado la ricorrente, con nota prot. n. 923 del 20.1.2009 abbia evidenziato che l’insuccesso della raccolta differenziata sia dovuta ad una scarsa osservanza delle modalità di conferimento da parte dei cittadini e che, quanto alla frazione umida, è oggettivamente impossibile assicurare la raccolta differenziata, in quanto nell’ambito del bacino dell'Ambito territoriale ottimale BA/4, al cui interno ricade il Comune di Cassano delle Murge, non sono disponibili impianti pubblici di compostaggio ai quali obbligatoriamente conferire tale frazione secondo le previsioni del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani, peraltro in ottemperanza al principio, di derivazione comunitaria, di smaltimento dei rifiuti solidi urbani secondo il criterio della prossimità rispetto al luogo di produzione.

Come evidenziato dall’appellante già in sede di ricorso introduttivo, è avvenuto che malgrado la ricorrente abbia svolto il servizio di raccolta differenziata con puntualità e precisione, tuttavia non è stato oggettivamente possibile raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata.

E’ infatti evidente che il raggiungimento dell’obiettivo in questione non dipende esclusivamente dalla volontà dell’appaltatore, essendo condizionato in maniera preponderante dalla selezione dei rifiuti da avviare a raccolta differenziata da parte dei cittadini, utenti del servizio.

Sicché la ricorrente, pur svolgendo correttamente il servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti differenziati, certamente non può garantire che vengano raggiunti gli obiettivi di raccolta differenziata previsti dal D. Lgs. 22/97 e dall’Ordinanza ministeriale 4.8.2000 n. 3077.

Tale ultimo provvedimento all’art. 3 dispone che: "a partire dal primo giugno 2002, la tariffa per il conferimento in discarica dei rifiuti urbani provenienti da comuni che non abbiano realizzato entro il mese precedente sul proprio territorio la raccolta differenziata in misura tale da consentire l’avvio al riciclaggio di frazioni quali carta, plastica, vetro, metalli ferrosi e non ferrosi, legno e al compostaggio della frazione umida dei rifiuti urbani per una percentuale minima del 20 per cento, compresa la raccolta e il conferimento al CONAI degli imballaggi primari, secondari e terziari, è maggiorata nella misura dell’1 per cento per ogni punto percentuale in meno di raccolta differenziata rispetto all’obiettivo minimo del 20 per cento. A tal fine, il commissario delegato - presidente della Regione Puglia, comunica, agli enti gestori delle discariche, i nominativi dei comuni che hanno raggiunto tali percentuali. Dalla data di attivazione degli impianti di produzione del combustibile derivato dai rifiuti, la tariffa per il conferimento a tali impianti dei rifiuti urbani provenienti da comuni che non abbiano realizzato, nel mese precedente, sul proprio territorio la raccolta differenziata in misura tale da consentire l’avvio al riciclaggio, di frazioni quali carta, plastica, vetro, metalli ferrosi e non ferrosi e legno e al compostaggio della frazione umida dei rifiuti urbani per una percentuale minima del 20 per cento, compresa la raccolta e il conferimento al CONAI degli imballaggi primari, secondari e terziari, è maggiorata nella misura del 3 per cento per ogni punto percentuale in meno di raccolta differenziata, rispetto all’obiettivo minimo del 20 per cento. A tal fine il commissario delegato - presidente della Regione Puglia, comunica ai soggetti gestori degli impianti di produzione del combustibile derivato dai rifiuti di comunicare che hanno raggiunto tali percentuali. I proventi derivanti da tale maggiorazione sono versati dalle amministrazioni provinciali. Tali proventi dovranno essere obbligatoriamente utilizzati per lo sviluppo delle attività di raccolta differenziata, secondo i piani di raccolta differenziata di cui al precedente art. 5".

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Come ben si comprende dalla lettura di tali disposizioni l’obbligo di avviare al riciclaggio le frazioni di rifiuti riciclabili, nella misura percentuale minima del 20%, incombe sui Comuni.

Per garantire il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata ogni amministrazione comunale dispone di una pluralità di strumenti di intervento.

In primo luogo il Comune può attivare una incisiva campagna culturale di sensibilizzazione della popolazione ad effettuare la selezione domestica delle frazioni di rifiuti da avviare alla raccolta differenziata.

In secondo luogo vi è la predisposizione, tramite l’appaltatore, del servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti riciclabili presso gli appositi centri specializzati.

In terzo luogo è necessaria una incisiva azione di governo locale per assicurare l’ottimizzazione del servizio di raccolta anche mediante il ricorso al potere di controllo e sanzionatorio a carico di coloro che non si

attengano all’obbligo di selezionare in partenza i rifiuti riciclabili e conferirli negli appositi contenitori destinati alla raccolta differenziata ad opera dell’appaltatore.

Pertanto, il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili dipende dal concorso di una pluralità di comportamenti, di cui quello relativo alla raccolta e trasporto dei rifiuti differenziati è solo uno dei fattori per raggiungere l’obiettivo in questione.

Il sistema della raccolta differenziata, prima ancora che sull’opera dell’appaltatore, fa perno sui comportamenti domestici degli utenti nella fase di selezione dei rifiuti. Non solo. E’ necessario che per indurre gli utenti alla selezione dei rifiuti riciclabili sin dalla fase della selezione domestica, il pubblico potere faccia ricorso sia ai controlli che alle sanzioni amministrative, onde intervenire sui comportamenti collettivi ed individuali che si pongono in aperto contrasto con il programma di raccolta differenziata dei rifiuti.

In tale contesto, come fondatamente sostenuto dall’appellante, appaiono chiaramente illogiche tutte le previsioni contenute negli atti di gara ed in epigrafe indicate tendenti ad addossare sull’appaltatore non solo il maggior onere di conferimento in discarica dei rifiuti urbani, ma anche una ulteriore sanzione pecuniaria applicabile semplicemente in ragione del mancato raggiungimento dell’obiettivo del 35%, a prescindere da qualsiasi inadempimento contrattuale.

Come giustamente sottolineato dall’appellante, che colpa ha, infatti, l’appaltatore se l’utente, già a livello domestico non seleziona e differenzia i rifiuti riciclabili? Che colpa ha l’appaltatore se l’amministrazione comunale non esercita doverosamente i propri poteri di controllo e repressione dei comportamenti individuali e collettivi contrari all’obiettivo di conseguire una determinata aliquota percentuale di rifiuti differenziati?

L’obbligazione di risultato pretesa dall’amministrazione mediante le clausole impugnate, non è ragionevolmente esigibile dall’appaltatore che, in fase di esecuzione del contratto, sarebbe costretto a provare l’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, ex art. 1218 c.c., pur essendo chiaro alle parti, sin dall’avvio degli atti di gara, che gli obiettivi di raccolta differenziata non dipendono dal gestore del servizio ma dal preponderante comportamento dell’utenza chiamata a conferire i rifiuti domestici in maniera differenziata, sia mediante il servizio con cassonetto alla strada che con quello "porta a porta".

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Con le clausole impugnate, in pratica, l’amministrazione ha finito per addossare sull’appaltatore una responsabilità oggettiva per fatto altrui.

Malgrado la previsione di tale responsabilità oggettiva, nello schema negoziale posto in essere dall’amministrazione, l’appaltatore non ha alcun potere di intervenire, in via preventiva, sui comportamenti degli utenti, né può intervenire in via repressiva.

Ed in effetti, tali poteri competono alla pubblica amministrazione comunale.

In realtà, le clausole di gara impugnate si configurano come vere e proprie clausole vessatorie che non trovano alcuna giustificazione nelle prestazioni contrattuali richieste all’appaltatore e come tali, essendo fonti di un potenziale indebito arricchimento in danno dell’appaltatore, sono ingiuste e strutturalmente illogiche tanto da configurare un vizio evidente di eccesso di potere sotto il profilo della ingiustizia manifesta.

L’appellante, inoltre, deduce "Violazione dei principi generali in materia di cui al decreto lgs. n. 152/2006 come desumibili dagli articoli 183, 198, 201, 203 e 205. Eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa", affermando che la sentenza impugnata si pone in contrasto con i principi di cui al decreto legislativo n. 152/2006 che ha costruito un modello organizzativo e gestionale polarizzato sul principio di minimizzazione dello smaltimento finale dei rifiuti e, correlativamente, sulla massimizzazione delle attività intese alla riduzione dei rifiuti da smaltire sia attraverso la prevenzione della produzione dei rifiuti, sia mediante il potenziamento delle attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero.

Rileva il Collegio che il sistema delle competenze amministrative per la gestione dei rifiuti risulta dagli articoli 195 e seguenti del decreto n. 152/2006 e prevede livelli differenziati e sovraordinati di funzioni.

Ai sensi dell’art. 195 compete allo Stato la funzione di indirizzo e coordinamento e la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti. In particolare compete allo Stato (lett. c) individuare le iniziative e le misure per prevenire e limitare la produzione dei rifiuti, (lett. d) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero, (lett. e) l’adozione di criteri generali per la redazione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di rifiuti, (lett. g) la definizione di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale, (lett. h) l’indicazione delle tipologie delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti, (lett. i) l’individuazione delle iniziative e delle azioni per favorire il riciclaggio e il recupero di materia prima secondaria dai rifiuti, (lett. q) l’indicazione dei criteri generali per l’organizzazione e l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani.

L’art. 196 ha attribuito alle Regioni fra le altre, le funzioni in materia (lett. a) predisposizione, adozione ed aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti, (lett. l) l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi, previa raccolta differenziata (art. 199).

L’art. 198 attribuisce una specifica competenza regolamentare ai Comuni che, in coerenza con i piani d’ambito territoriale ottimale, stabiliscono in particolare (lett. a) le misure per assicurare la tutela igienico – sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani, (lett. c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli

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stessi, (lett. e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare.

Peraltro, l’art. 201 ha imposto ai Comuni di costituire le Autorità d’ambito ottimale, alle quali per legge è trasferito l’esercizio delle competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti, consistente nella realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti oltre che nella raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’ATO.

Rispetto a tale contesto normativo è intervenuta l’ordinanza della Corte Costituzionale del 14 dicembre 2007, n. 437, con la quale si è ritenuta costituzionalmente legittima una norma regionale del Piemonte (art. 17, comma 2, L.R. Piemonte n. 24/2002), nella parte in cui ha previsto

una sanzione amministrativa, secondo le norme ed i principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, a carico dei Comuni che non raggiungano gli obiettivi di raccolta differenziata. Tale decisione è stata assunta sul presupposto che spetti ai singoli Comuni l’obbligo di garantire la raccolta distinta delle diverse frazioni di rifiuti urbani. Il principio stabilito dalla Corte Costituzionale trova conferma anche nella richiamata normativa contenuta nel decreto legislativo n. 152/2006, che all’art. 198 attribuisce ai Comuni il potere di regolamentare le misure per assicurare la tutela igienico — sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani, a cominciare dalle modalità di conferimento, oltre che a quelle per la raccolta differenziata, il trasporto, il recupero e lo

smaltimento.

Così precisati i termini della questione, non può revocarsi in dubbio che, anche alla luce della citata pronuncia della Corte Costituzionale, competa al Comune, in quanto titolare di una serie di funzioni amministrative regolamentari, di controllo e sanzionatone, l’onere di garantire il raggiungimento delle percentuali minime di legge di raccolta differenziata. Il raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata prescritti dalla legge dello Stato, in tanto sarà possibile in quanto sia garantito, a monte, il conferimento differenziato dei rifiuti da parte dell’utenza negli appositi contenitori ovvero agli addetti per il servizio porta a porta. Posta la questione in tali termini, è, dunque, evidente che l’appaltatore non può in alcun modo garantire il virtuoso comportamento da parte dell’utenza sin dal momento del conferimento.

A tal fine, l’unico soggetto abilitato ad intervenire è proprio il Comune che ben può fare uso, ove occorra, degli occorrenti poteri pubblicistici di accertamento e sanzionatori per indurre l’utenza a conferire i rifiuti domestici ed urbani in maniera differenziata.

Soltanto se, a fronte di un comprovato e documentato conferimento differenziato da parte dell’utenza che raggiunga e superi le percentuali minime di legge, il gestore non garantisca, a sua volta, una raccolta parimenti differenziata, potrà ipotizzarsi una responsabilità contrattuale a carico di quest’ultimo.

In caso contrario, la previsione di una responsabilità oggettiva a carico del gestore per il mancato raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata, appare illogica oltre che ingiustamente vessatoria.

Difatti, in mancanza di una adeguata pianificazione sovraordinata e di un penetrante esercizio del potere di controllo amministrativo, non può ragionevolmente essere garantito il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata. Astrattamente, il raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata potrebbe essere ipotizzato ove all’appaltatore fossero state concesse tutte le funzioni pubbliche spettanti al Comune per controllare concretamente la fase del conferimento, ivi comprese le potestà pubblicistiche di

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vigilanza ed il conseguente esercizio di quelle sanzionatorie. In mancanza di attribuzione di tutte tali ulteriori funzioni e dell’esercizio delle altre azioni spettanti alle istituzioni sovraordinate rispetto al Comune, non è logico porre a carico del gestore dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’onere di raggiungere ad ogni costo le percentuali minime di raccolta differenziata.

In conclusione, un sistema sanzionatorio che ponga a carico del gestore del servizio di raccolta dei rifiuti differenziati un obbligo di raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata è irragionevole e sproporzionato avuto riguardo alla notoria difficoltà tecnico — gestionale che caratterizza il servizio di raccolta differenziata, dovuta a molteplici concause e che vede come attore di primo piano proprio l’ente locale.

Orbene, come correttamente evidenziato dall’appellante, il sistema sanzionatorio impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, finisce per imporre ai partecipanti oneri manifestamente sproporzionati rispetto all’oggetto della gara. Da tanto deriva, come pure fondatamente dedotto dalla ricorrente, anche l’erroneità della sentenza appellata, che non ha rilevato la denunciata illegittimità degli atti impugnati per violazione del principio generale dell’ordinamento, di derivazione comunitaria, di proporzionalità tra l’azione amministrativa e l’interesse pubblico concretamente perseguito, il quale implica che l’Amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minore sacrificio possibile per gli interessi compresenti e che si risolve nell’affermazione per cui l’Autorità non può imporre, con atti normativi od amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’Autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato all’obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 1 aprile 2000, n. 1885; Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087).

Per tali considerazioni l’appello in esame è fondato e merita di essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, devono essere annullate le clausole del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e dello schema di contratto imposte dall’Amministrazione impugnate in primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla le clausole del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e dello schema di contratto impugnate in primo grado.

Condanna l’Amministrazione comunale appellata alla refusione delle spese, competenze ed onorari del doppio grado del giudizio in favore dell’appellante, liquidandole complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Calogero Piscitello, Presidente

Aniello Cerreto, Consigliere

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Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/09/2010

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 13 settembre 2010 n. 6556

E’ legittima l’esclusione da una gara di appalto di una ditta che ha dichiarato di voler subappaltare alcune opere, nel caso in cui il bando di gara contenga la chiara previsione secondo la quale dette opere avrebbero dovuto essere eseguite direttamente dall’impresa aggiudicataria, ovvero tramite una ATI verticale, e la realizzazione delle stesse opere non avrebbe potuto essere concessa in subappalto; infatti, in ragione della diretta contrarietà dell’intenzione chiaramente espressa dal concorrente alla regola della gara, l’esclusione di tale concorrente dalla procedura di evidenza pubblica si pone come naturale conseguenza (1).

-------------------------------------------

(1) Ha osservato la Sez. VI che, nella specie, la volontà espressa dall’impresa esclusa – in contrasto con le previsioni della lex specialis - di voler subappaltare le opere di cui alla categoria OS30, non avrebbe potuto comportare nemmeno la sola preclusione dell’affidamento delle opere in subappalto, neppure a fronte del possesso, da parte della ditta istante, della qualificazione necessaria per l’esecuzione diretta di entrambe le categorie di lavori.

Quel che viene in discussione, infatti, è il contenuto volitivo dell’offerta (e il conseguente impegno contrattuale) e la tutela della par condicio tra i concorrenti, valori che soffrirebbero un inammissibile vulnus laddove fosse consentito alla stazione appaltante prendere in considerazione elementi non dichiarati in sede di gara, ma fatti valere successivamente alla chiusura delle operazioni concorsuali, e ammessi per un’unica impresa a fronte della generalità dei concorrenti, attenutisi alle prescrizioni siccome ritenute vincolanti.

N. 06556/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7926 del 2005, proposto da S.I.D.A. Srl in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Sebastiano Artale, Paolo Vaiano, Annapaola Zecchini, con domicilio eletto presso l’avv. Paolo Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

contro

I.N.P.D.A.P -direzione compartimentale Triveneto in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall' avv. Dario Bottura, domiciliatario in Roma, via S.Croce in Gerusalemme, 55;

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nei confronti di

Impresa Ruffato Mario Snc, Impresa Elettro Cos Srl;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 01551/2005, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE DALLA GARA D'APPALTO PER MANUTENZIONE ELETTRICA STRAORDINARIA.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I.N.P.D.A.P.- direzione compartimentale Triveneto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2010 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avv. Resta per delega dell’avv. Artale e l’avv. Messina per delega dell’avv. Bottura;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La società SIDA chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo del Veneto ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del verbale di aggiudicazione provvisoria alla controinteressata associazione temporanea di imprese dell’appalto indetto dall’Inpdap con bando del 27 novembre 2003 ai sensi dell’art. 21 commi 1 e 1-bis l. n. 109 del 1994 per i lavori di manutenzione straordinaria di adeguamento dell’impianto elettrico e impermeabilizzazione delle terrazze della caserma dei Vigili del fuoco sita in Vicenza, via Farini 16.

Il bando di gara precisava, al punto 3.5, che le lavorazioni oggetto dell’appalto appartenevano alla categoria prevalente OG1 e alla categoria OS30, indicata come subappaltabile. Al punto 1.3.18 il disciplinare di gara, allegato al bando, stabiliva l’obbligo di indicare nella dichiarazione sostitutiva da inserire nella busta A dell’offerta, "quali lavorazioni appartenenti alla categoria prevalente nonché appartenenti alle categorie diverse dalla prevalente ancorché subappaltabili per legge" si intendessero subappaltare, ai sensi dell’art. 18 legge n. 55 del 1990 e s.m..

L’indicazione della categoria OS30 come subappaltabile veniva corretta dalla stazione appaltante, che evidenziava un mero errore materiale, dato che, trattandosi di opere speciali di valore superiore al 15 per cento dell’importo totale dei lavori, esse possono essere eseguite, ai sensi dell’art. 13, comma 7, legge n. 109 del 1994 e s.m.i., esclusivamente dai soggetti affidatari (anche, eventualmente, mediante associazioni temporanee di tipo verticale).

All’appalto hanno partecipato quattro imprese, tra le quali la ricorrente, che, come è risultato in esito all’apertura delle buste contrassegnate dalla lettera A nella seduta del 22 dicembre 2003, ha indicato di voler subappaltare anche quelle relative alle opere di cui alla categoria OS30. La commissione rilevava poi la mancanza, nella documentazione allegata all’offerta, della dichiarazione della compagnia

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assicuratrice contenente l’impegno a rilasciare fideiussione bancaria o polizza fideiussoria relativa alla cauzione definitiva; conseguentemente, l’offerta veniva esclusa, appunto per la mancata documentazione inerente la suddetta dichiarazione. A tanto ha replicato la ricorrente, che con lettera del 22 gennaio 2004 ha fatto rilevare la presenza di tale dichiarazione nelle condizioni generali della polizza di assicurazione prodotta.

Nella riunione del 26 gennaio 2004 la commissione ha riconosciuto l’errore materiale inerente la mancanza della fideiussione, della quale riscontrava l’effettiva presenza, ma ha confermato l’esclusione in considerazione della dichiarazione concernente il subappalto. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso la società Sida, respinto dal Tribunale amministrativo del Veneto con la sentenza oggetto dell’appello oggi in discussione.

La sentenza merita conferma.

Come ha rilevato il Tribunale amministrativo , la circostanza che nella originaria determinazione di esclusione della ricorrente fosse indicata la mancanza della polizza fideiussoria, poi riscontrata, non può assumere efficacia determinate al fine dell’ammissione alla gara anche in presenza di altre e diverse cause ostative.

In particolare, come si è narrato in fatto, la stazione appaltante ha specificato, mediante rettifica al bando di gara tempestivamente pubblicata, che le opere di cui alla categoria OS30 avrebbero dovuto essere eseguite direttamente dall’impresa aggiudicataria ovvero tramite una ATI verticale, come prescrive l’art. 13, comma 7, legge n. 109 del 1994. Nonostante tale precisazione le fosse stata consegnata in data 11 dicembre 2003, in occasione del sopralluogo sul futuro cantiere, l’impresa ricorrente ha stilato la propria offerta indicando la volontà di subappaltare le suddette opere, e di tanto la commissione ha dato contezza, nel verbale della seduta del 22 dicembre 2003, limitandosi poi a indicare quale causa di esclusione la mancanza della polizza fideiussoria, successivamente reperita.

Deriva da quanto sopra precisato che, in disparte la circostanza che la violazione dell’obbligo di esecuzione diretta era stata rilevata dalla commissione nella stessa seduta nella quale ha disposto l’esclusione della ricorrente, nessuna rilevanza, contrariamente a quanto pretende l’appellante, può assumere il fatto che la conferma della non ammissione sia stata motivata, in data 26 gennaio 2003, con riferimento alla dichiarazione in ordine alla volontà di subappaltare. Tale dichiarazione, infatti, confligge nettamente con la regola della gara espressa nel bando come rettificato e nella previsione di legge che ne è alla base; né può pretendersi che l’omessa indicazione della violazione dell’obbligo, da parte della commissione, tra le cause ostative all’ammissione possa avere una qualche efficacia sanante della offerta che tale violazione contiene, trattandosi, come si è detto, di obbligo direttamente derivante dalla legge di gara, il cui rispetto non è derogabile neppure da parte della stazione appaltante. L’indicazione della dichiarazione di volere subappaltare quale effettivo motivo dell’esclusione non integra, comunque, la motivazione del provvedimento in un momento successivo alla decisione di esclusione, ma ne esplicita la causa, non contrattabile e non disponibile: ne deriva l’infondatezza del motivo d’appello che si appunta sulla illegittimità della motivazione postuma del provvedimento, e della censura di incompetenza del presidente a integrare tale motivazione. Quanto a quest’ultimo punto, va anche osservato che la nota in data 27 gennaio 2004 a firma del presidente del seggio di gara, informa la ricorrente delle determinazioni assunte dalla commissione il giorno precedente, nel senso della conferma dell’esclusione dell’offerta della ricorrente, per il motivo più volte sottolineato: è quindi alla commissione che deve essere riferita la volontà dell’atto, e non al presidente.

In ragione della diretta contrarietà dell’intenzione chiaramente espressa dalla ricorrente alla regola della gara, a sua volta non ambigua né oscura, ed anzi, come si è detto, oggetto di comunicazione

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individuale da parte della stazione appaltante, l’esclusione si pone come naturale conseguenza, né avrebbe potuto comportare solamente la preclusione dell’affidamento delle opere in subappalto, neppure a fronte del possesso, da parte della ricorrente, della qualificazione necessaria per l’esecuzione diretta di entrambe le categorie di lavori. Quel che viene in discussione, infatti, è il contenuto volitivo dell’offerta (e il conseguente impegno contrattuale) e la tutela della par condicio tra i concorrenti, valori che soffrirebbero un inammissibile vulnus laddove fosse consentito alla stazione appaltante prendere in considerazione elementi non dichiarati in sede di gara, ma fatti valere successivamente alla chiusura delle operazioni concorsuali, e ammessi per un’unica impresa a fronte della generalità dei concorrenti, attenutisi alle prescrizioni siccome ritenute vincolanti.

In conclusione, l’appello deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata.

Le spese del grado seguono la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna la società ricorrente a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del grado, che liquida nella misura di 3.000 (tremila) euro, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l'intervento dei Signori:

Giuseppe Severini, Presidente

Domenico Cafini, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/09/2010

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Consiglio di Stato sez. V 8/9/2010 n. 6509

Anche la sola possibilità della conoscenza dell'entità dell'offerta economica e delle caratteristiche di quella tecnica mette in pericolo la garanzia dell'imparzialità dell'operato dell'organo valutativo, comportando il rischio che i criteri siano plasmati ed adattati alle offerte in modo che ne sortisca un effetto potenzialmente premiante nei confronti di una di esse (C.d.S., V, 2 ottobre 2009, n. 6007); l'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche, infatti, costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche in quanto la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura (C.d.S., V, 25 maggio 2009, n. 3217).

N. 06509/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1681 del 2010, proposto da:

Italiana Costruzioni S.p.A. , in persona del legale rappresentante in carica , in proprio e nella qualità di mandataria di costituendo raggruppamento di imprese,con Eugenio Ciotola S.p.A e da quest’ultima, in proprio e in qualità di mandante del raggruppamento,rappresentato e difeso dall'avv. Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso Patrizio Leozappa in Roma, via Bocca di Leone, 78;

contro

Azienda Policlinico Umberto I, in persona del direttore generale in carica ,rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Capparelli e Antonio Nardella, domiciliata in Roma, viale del Policlinico 155;

nei confronti di

-Siram S.p.A. in proprio e nella qualità di mandataria del Rti, con Ar Co Lavori Scc, Maquet Italia S.p.A e Tecnosalus S.r.l

-Maquet Italia S.p.A. in proprio e quale mandante del citato raggruppamento, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, N.47;

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- Tecnosalus S.r.l. in proprio e quale mandante del citato raggruppamento, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, N.47;

Sul ricorso numero di registro generale 3441 del 2010, proposto da

Tecnosalus S.r.le Maquet Italia S.p.A., in persona dei legali rappresentanti in carica, in proprio e quali mandanti del raggruppamento con Siram S.p.A(mandataria) e Ar Co, , rappresentate e difese dagli avv. Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, N.47;

contro

Azienda Policlinico Umberto I, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Capparelli, Antonio Nardella, con domicilio eletto presso Antonio Capparelli in Roma, v.le Policlinico N. 155;

nei confronti di

Italiana Costruzioni S.p.A., Eugenio Ciotola S.p.A., rappresentati e difesi dall'avv. Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso Patrizio Leozappa in Roma, via G. Antonelli, 15;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1681 del 2010:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione III Quater n. 01256/2010, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE GARA PER AFFIDAMENTO RISTRUTTURAZIONE E MESSA A NORMA 19 SALE OPERATORIE.

quanto al ricorso n. 3441 del 2010:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione III Quater n. 01258/2010, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE GARA PER AFFIDAMENTO RISTRUTTURAZIONE E MESSA A NORMA 19 SALE OPERATORIE.

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Policlinico Umberto I e di Maquet Italia S.p.A. e di Tecnosalus S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2010 il Cons. Filoreto D'Agostino e uditi per le parti gli avvocati Leozappa, Nardella e Cardarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

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FATTO e DIRITTO

Il comma 2 undecies dell’articolo 245 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come introdotto dall’articolo 8 del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 dispone, tra l’altro, che "…la sentenza che decide il ricorso è redatta, ordinariamente, in forma semplificata";

tale disposizione si applica altresì in grado d’appello come statuisce il successivo comma terdecies del medesimo articolo 245 d. lgs n. 163/2006 (anche qui introdotto ex art. 8 d. lgs n. 53/2010);

il precetto su richiamato è immediatamente applicabile ai procedimenti in corso, posto che lo stesso attiene esclusivamente al metodo con il quale viene estesa la decisione, senza impingere in alcun modo sui diritti di difesa delle parti ed assicurando a queste ultime la più rapida conoscenza delle ragioni che sottostanno allo scrutinio giurisdizionale senza cagionare le incertezze che possono derivare dalla mera lettura del dispositivo;

la redazione della sentenza in forma semplificata,peraltro, risponde a un’esigenza di chiarezza e di economia processuale che è sostanzialmente intrinseca al sistema e che ha trovato punti di emersione nella legge 20 luglio 2000, n. 205, senza dimenticare la formulazione dell’articolo 65 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 secondo il quale l’esposizione dei motivi di fatto e di diritto deve essere succinta;

tanto precisato in ordine alla forma della decisione si ritiene opportuno, in rito, disporre la riunione dei due appelli trattandosi di impugnazioni relative alla medesima vicenda contenziosa e contenute entrambe in unico provvedimento con il quale il direttore generale dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma ha disposto sfavorevolmente nei confronti di entrambe le parti appellanti sia pure con riferimento a situazioni relativa a due diversi momenti procedimentali;

nella disamina si seguirà l’ordine logico e cronologico degli effetti derivanti dal provvedimento impugnato peraltro coerente al momento di radicamento delle due impugnazioni in questo grado del giudizio;

l’appello proposto da Italiana Costruzioni s.p.a. in proprio e quale mandataria di RTI si dirige avverso la sentenza n. 1256/2010 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che ha respinto il gravame di prime cure avverso la deliberazione 21.5.2009 n. 432 del Direttore generale dell’Azienda Policlinico Umberto I° di Roma nella parte in cui ha disposto dispone l’esclusione di quel raggruppamento dalla gara a procedura aperta indetta (con bando su G.U.C.E. 20.3.2009) per la progettazione definitiva ed esecutiva nonché l’esecuzione di tutte le opere necessarie – compresa la fornitura di apparecchiature e sistemi informatici - per la ristrutturazione e messa a norma di 8 reparti operatori (con 19 sale operatorie) dell’Azienda Policlinico Umberto I° di Roma, da affidarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per un importo base complessivo pari ad € 14.025.903,62 (iva esclusa);

la sentenza impugnata ha ritenuto conforme alla disciplina legislativa e di gara l’esclusione del raggruppamento ricorrente che, nell’offerta tecnica in versione informatica (ma non in quella cartacea), aveva corredato il computo metrico estimativo riguardante le pareti attrezzate (elaborato FO-RL-03) dei relativi prezzi peraltro non coincidenti con quelli di listini pubblici, rendendo così esplicito nell’ambito della documentazione di tipo tecnico, l’incidenza dei costi per oltre il nove per cento del totale;

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la pronuncia qui contestata ha altresì respinto la doglianza dell’odierna appellante concernente l’asserita incompetenza del direttore generale dell’Azienda a disporre l’esclusione di imprese dalla gara;

l’appellante ha proposto due motivi di censura che ripercorrono entrambi i profili argomentativi seguiti dal Giudice di prime cure corroborando tali doglianze con l’ulteriore censura della violazione del principio sancito dall’articolo 112 c.p.c. per asserita mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato;

giova sgombrare subito il campo da tale prospettazione che viene configurata in buona sostanza come mancata adesione del Giudice di prime cure ai percorsi giustificativi e alle deduzioni svolte a sostegno delle proprie tesi da parte del ricorrente;

non è né obbligo né onere del Giudice di qualunque stato e grado del processo esaminare le doglianze della parte in tutte le implicazioni non necessarie o utili a un corretto e coerente sviluppo del momento decisionale, vertendo il dovere di pronuncia sulla questione di diritto o di fatto proposta e non già sulle rappresentazioni e talvolta sulle elucubrazioni che spesso accompagnano la deduzione del motivo;

come infatti il giudice amministrativo è autorizzato a trarre da un ricorso non specificamente articolato e rubricato i motivi di censura e ad individuare la res litigiosa così non tutte le complesse e talora ripetitive considerazioni che accompagnano una doglianza meritano di essere inquadrate nel discorso giustificativo della decisione;

nel caso di specie, peraltro, l’asserita violazione dell’articolo 112 c.p.c. non trova conferma neppure in fatto, essendo la decisione impugnata del tutto esaustiva delle problematiche sollevate dalla parte appellante;

non v’è dubbio, infatti, che il tribunale amministrativo territoriale abbia esattamente individuato l’oggetto e il tema della contestazione e che abbia esaminato funditus le questioni prospettate;

la tesi dell’appellante è che l’erronea inserzione di taluni prezzi nel documento informatico dell’offerta tecnica non fosse rilevante perché la Commissione si sarebbe avvalsa solo degli strumenti cartacei e, in ogni caso, perché i dati non erano tali da consentire una ricostruzione dell’offerta economica nella sua integrità;

giova per contro rilevare che, se fosse vera la tesi avanzata sulla mancata lettura del documento informatico, non si spiegherebbe come la presenza di prezzi nell’offerta tecnica sia stata presa in considerazione e rappresentata in sede di esclusione dalla gara;

la difficoltà di ricostruire l’offerta economica nella sua interezza per essere nota l’incidenza del 9,49% rispetto all’importo complessivo dell’offerta economica non equivale, tuttavia, ad impossibilità, anche tenendo conto della particolare preparazione in materia che vantano i componenti delle commissioni tecniche, eventualmente anche per calcolare da i prezzi unitari l’intero ammontare del costo relativo alle su citate pareti attrezzate;

tanto premesso in ordine alle doglianze delle quali si assume la mancata considerazione, è bene soggiungere che le stesse rientrano, seppure sotto una sintetica considerazione, nell’ambito delle valutazioni esposte nella sentenza impugnata;

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quest’ultima ha richiamato principi di comune applicazione in ordine alla tutela della segretezza dell’offerta economica al fine di non alterare il giudizio sugli elementi tecnici affidato a commissione giudicatrice chiamata a valutare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;

anche la sola possibilità della conoscenza dell'entità dell'offerta economica e delle caratteristiche di quella tecnica mette in pericolo la garanzia dell'imparzialità dell'operato dell'organo valutativo, comportando il rischio che i criteri siano plasmati ed adattati alle offerte in modo che ne sortisca un effetto potenzialmente premiante nei confronti di una di esse (C.d.S., V, 2 ottobre 2009, n. 6007);

l'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche, infatti, costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche in quanto la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura (C.d.S., V, 25 maggio 2009, n. 3217);

alla stregua di tali consolidati principi riaffermati in più occasioni da questa Sezione, non v’è dubbio che la conoscenza di circa un decimo dell’incidenza dell’offerta economica costituisse ben più di un parametro di riferimento per modulare i giudizi della commissione in un senso o nell’altro;

si tratta di applicazione di principi generali rispetto ai quali non era necessaria in ogni modo una specifica previsione del bando di gara, impingendo la questione su parametri anche costituzionali di immediata applicazione come peraltro richiamati nella sentenza impugnata;

deve riconoscersi che, oltre ai principi generali qui richiamati, la violazione nella quale è incorsa l’appellante era sanzionabile anche ai sensi del disciplinare di gara che imponeva, a pena di esclusione, che la documentazione richiesta dovesse essere contenuta in tre distinti pacchi sigillati (il che non è avvenuto per l’offerta economica Italiana Costruzioni disseminata per dir così in due plichi diversi);

tanto si rileva indipendentemente dalla probabile inammissibilità del ricorso di prime cure proposto avverso il definitivo provvedimento di esclusione, quando i termini della questione e l’intento di esclusione erano già stati chiaramente rappresentati dal RUP con nota n. 65 del 14 gennaio 2009, ammonendo che quella sarebbe stata la conclusione "qualora all’apertura delle offerte economiche dovesse essere palese che i prezzi indicati in offerta economica siano uguali a quelli riportati nell’offerta tecnica" (come in effetti è stato poi verificato);

anche il secondo motivo di gravame, con il quale si reitera la doglianza relativa alla asserita incompetenza del direttore generale dell’Azienda Policlinico Umberto I, non consegue favorevole scrutinio;

assume l’appellante che la competenza ad escludere dalla gara spetterebbe alla Commissione o al Rup e non già del direttore generale e che è mancata comunque nella sentenza impugnata la motivazione in ordine alla ritenuta legittimità dello "slittamento" di competenza dai primi al secondo;

giova invero rammentare che tutti gli atti posti in essere dalla Commissione e dal Rup hanno una valenza sostanzialmente propositiva atteso che gli atti relativi alle procedure ad evidenza pubblica richiedono al loro esito l’approvazione dell’Amministrazione che li faccia propri o meno (articolo 12 d. lgs 12 aprile 2006, n. 163);

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nel caso di specie è avvenuto che la Commissione abbia presentato al Direttore generale per la definitiva approvazione uno schema di deliberazione nel quale si disponeva l’esclusione dell’odierna appellante;

trattandosi di determinazione ex art. 12 del codice dei contratti pubblici non si vede quale illegittimità possa attribuirsi ad un atto perfettamente coerente con lo schema normativo e la sequenza procedimentale;

si rileva, d’altro canto, che la rappresentazione della possibile esclusione, su un dato che nel momento della comunicazione era già noto all’appellante, era già stata fatta dal Rup con nota del 14 gennaio 2009 n. 65 in base alla quale si disponeva l’ammissione con riserva alla gara del raggruppamento ricorrente;

ne consegue che commissione e direttore generale hanno, ognuno per la propria competenza e con atti distinti (deliberazione della commissione contenuta nel verbale n. 8 del 27 gennaio 2009 e deliberazione direttoriale n. 432 del maggio 2009), disposto l’esclusione del medesimo raggruppamento;

l’appello contrassegnato dal numero di ruolo generale n. 1681/2010 va conseguentemente respinto;

anche il riunito appello 3441/2009 è infondato;

la situazione dedotta è qui diversa da quella sin qui esaminata;

con il medesimo atto di approvazione degli atti di gara, infatti, il direttore generale della stazione appaltante ha deciso di non aggiudicare l’appalto in questione non ritenendo l’offerta Tecnosalus ed altri conveniente;

tale determinazione è stata preceduta da una congrua ed esauriente motivazione con la quale si è chiarito come l’offerta in questione (unica valida dopo le esclusioni delle due altre concorrenti) non presentasse caratteristiche sia tecniche sia economiche tali da consigliarne l’acquisizione;

per quanto riguarda la qualità tecnica, se ne è rilevata la carenza con riguardo alla documentazione relativa alle specifiche di partenza necessarie per uno sviluppo corretto del progetto, alle relazioni tecniche incomplete e troppo sintetiche, alle incongruenze tra elaborati grafici e computi metrici e alla mancanza di molti di tali elementi, alla carenza e incompletezza dei calcoli tali da imporre l’integrazione documentale o un nuovo dimensionamento del progetto;

altrettante e ancor più ampie carenze presenta, secondo il provvedimento impugnato in prime cure, la documentazione relativa alle attrezzature informatiche;

quanto, infine, all’offerta economica la stessa è risultata la più elevata tra le tre proposte con un prezzo di poco meno di quattordici milioni di euro, mentre la proposta economica del raggruppamento Italiana Costruzioni s.p.a. che presentava un’offerta tecnica di gran lunga migliore di quella dell’appellante Tecnosalus si attestava sotto i dodici milioni di euro);

per ribaltare il giudizio particolarmente severo e per conseguire l’aggiudicazione l’appellante tende a rimettere in discussione le valutazioni a suo tempo fatte dalla Commissione giudicatrice e rammenta di non essere stata esclusa dalla gara per carenza della proposta tecnica;

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è comunque indubitabile che il punteggio assegnato al progetto del raggruppamento appellante è il più basso sotto il profilo tecnico con una distanza di oltre sei punti da quello considerato il migliore;

va peraltro rammentato che la sufficienza del progetto non implica la doverosità di alcuna adesione da parte della stazione appaltante, essendo la gara preordinata all’offerta economicamente più vantaggiosa nella quale la qualità dei progetti assume un valore spesso determinante;

per quanto riguarda il tentativo di porre in discussione i risultati delle decisioni assunte dalla Commissione giudicatrice, la Sezione osserva come si tratti, all’evidenza, di una metodica inammissibile posto che quei risultati non possono essere scalfiti o discussi in sede diversa da quella dell’Amministrazione attiva (presso il giudice amministrativo non si tiene una fase di riesame della gara, ma semplicemente un giudizio di legittimità sulla stessa e sulla tutela delle situazioni giuridiche coinvolte);

alla Sezione non resta che prendere atto della completezza ed esaustività della motivazione predisposta ai sensi dell’articolo 81 c. 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la compiutezza della quale esime da qualsivoglia altra osservazione, impingendosi, per il resto in valutazioni di merito inibite al sindacato del Giudice amministrativo a meno che non si dimostri (ma non è il caso di specie) la loro abnormità logico giuridica;

le spese possono essere integralmente compensate;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2010 con l'intervento dei Signori:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Filoreto D'Agostino, Consigliere, Estensore

Marco Lipari, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA l’8/09/2010.

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 24 agosto 2010 n. 5936

E’ legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha escluso una ditta da una gara, motivato con riferimento al difetto del requisito della regolarità contributiva e previdenziale, nel caso in cui il d.u.r.c. acquisito dalla stazione appaltante, recante la dichiarazione dell’esistenza della irregolarità contributiva, sia privo dell’indicazione dell’effettivo importo dei contributi non versati dalla ditta interessata, alla data del rilascio del documento; infatti, tale omessa indicazione, da una parte, non può di per sé determinare l’assoluta invalidità giuridica e, quindi, l’assoluta inutilizzabilità dello stesso documento e, dall’altra, non è sufficiente a privare di rilevanza la dichiarazione dell’effettiva esistenza di detta situazione di irregolarità in cui versa la ditta alla data del rilascio della certificazione, idonea a giustificare ex se l’esclusione dalla gara (1).

-----------------------------------

(1) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che in casi del genere (e cioè nel caso di acquisizione di un d.u.r.c. recante l'attestazione di una sitazione di irregolarità contributiva, ma privo dell'indicazione dell'ammontare della irregolarità) "si deve infatti escludere che le stazioni appaltanti debbano .... svolgere un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive dichiarate esistenti (con la valenza giuridica della pubblica fede) nel predetto documento ufficiale dell’INPS", dovendo essere "semmai l’impresa interessata a contestare immediatamente le risultanze del DURC ed ottenere le eventuali rettifiche prima che venga decisa la sua esclusione dalla gara".

V. tuttavia, in senso opposto, T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, sentenza 23 marzo 2010 n. 291, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/tarcalabria_2010-03-23.htm; v. anche TA.R. Campania - Napoli, Sez. I, sentenza 11 gennaio 2010, n. 51, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/tarcampna1_2010-01-11.htm, secondo cui "è illegittima la decisione della stazione appaltante di non disporre l’aggiudicazione definitiva della gara in favore di una impresa, motivata facendo mero riferimento al d.u.r.c., dal quale risulta una situazione di irregolarità contributiva, senza motivare in ordine alla gravità di tale irregolarità, sovrapponendo in tal modo irregolarità contributiva e gravità della violazione".

Con la sentenza in rassegna è stata riformata la sentenza di primo grado, secondo la quale, poichè nella specie il d.u.r.c. acquisito dalla stazione appaltante non riportava l’importo dei contributi non versati dalla stessa società a quella data, esso risultava incompleto e come tale assolutamente inutilizzabile, perché non consentiva di comprendere l’entità della violazione e quindi la portata della sua gravità.

Ha osservato, in proposito, la Sez. V del Consiglio di Stato che:

- è vero che la stazione appaltante, nella specie, ha disposto l’esclusione senza affatto preoccuparsi di comprendere l’entità della violazione e quindi di verificare la dimensione della gravità della stessa in ipotesi neppure accertata nelle competenti sedi giurisdizionali;

- è vero anche che, ai fini della esclusione di un’impresa da una pubblica gara, talune sentenze hanno ritenuto non sufficiente il DURC contenente detta semplice attestazione di non regolarità contributiva;

- è pur vero, tuttavia, che (come pure rilevato nella sentenza del TAR) l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia porta ad escludere che le stazioni appaltanti debbano in casi del genere svolgere

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un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive dichiarate esistenti (con la valenza giuridica della pubblica fede) nel predetto documento ufficiale dell’INPS.

Ha aggiunto il Collegio che, in casi del genere, è senz’altro ragionevole ritenere che debba essere semmai l’impresa interessata a contestare immediatamente le risultanze del DURC ed ottenere le eventuali rettifiche prima che venga decisa la sua esclusione dalla gara.

Nel caso in questione, invece, l’impresa interessata (non costituitasi peraltro in appello) non solo aveva omesso di verificare in via preventiva la regolarità della propria contributiva, ma neppure risultava in atti che nell’immediato, dopo l’acquisizione del DURC da parte della stazione appaltante, avesse chiesto ed ottenuto la rettifica di tale documento.

N. 05936/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5853 del 2009, proposto da:

Comune di Salerno, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Brancaccio, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Taranto N. 18;

contro

A.Effe. S.r.l.

nei confronti di

A.T.I. Fasano Ruocco s.n.c.-Costruire s.r.l. di Fasano Gaetano.

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 00836/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI DI REALIZZAZIONE ISOLA ECOLOGICA ARECHI NEL COMUNE DI SALERNO.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

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Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Annibale Ferrari e udito per la parte appellante l’ avvocato Brancaccio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) Nell’ambito di una gara di appalto bandita dal Comune di Salerno nel 2006 per l’esecuzione di lavori relativi alla realizzazione di un’isola ecologica denominata "Arechi", l’attuale società appellata che aveva già conseguito l’aggiudicazione provvisoria (con un ribasso offerto del 30,390%) veniva poi esclusa dalla gara perché risultata non in regola con la posizione contributiva I.N.P.S. della sede di Napoli in base alla certificazione D.U.R.C.acquisita dall’Amministrazione in data 2 febbraio 2007.

Esclusa anche un’altra concorrente (non in regola con la posizione INAIL),la gara veniva aggiudicata in via provvisoria e poi in via definitiva all’A.T.I. intimata alla quale venivano in via d’urgenza affidati i lavori prima della stipula del relativo contratto.

2.) L’attuale appellata proponeva ricorso al T.A.R.corredandolo poi con motivi aggiunti.

Il T.A.R.,con l’impugnata sentenza,dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità del gravame così come sollevata dal Comune per l’evidenzata carenza di un qualsiasi interesse all’accoglimento dello stesso,ha ritenuto fondato il ricorso rilevando che – a fronte di un D.U.R.C. incompleto e come tale equivoco, in quanto privo di qualsiasi specificazione in ordine all’importo dei relativi contributi non pagati – la stazione appaltante non poteva decidere l’esclusione dalla gara appunto perché sulla base di detto documento non era possibile rendersi conto né della gravità dell’infrazione,né della sicura esistenza della stessa.

3.) Il Comune di Salerno ha appellato la sentenza ribadendo che il ricorso di primo grado doveva essere comunque dichiarato inammissibile ed in ogni caso respinto siccome infondato.

4.) Trattenuta la causa in decisione,il Collegio rileva quanto segue.

La predetta certificazione rilasciata su richiesta della stazione appaltante dallo sportello unico dell’INPS di Napoli in data 2 febbraio 2007, dichiarando l’irregolarità contributiva della società A Effe alla data del 28 novembre 2006, non indica in effetti l’importo dei contributi non versati dalla stessa società a quella data. Sicchè,a giudizio del T.A.R.,essa risultava incompleta e come tale assolutamente inutilizzabile perché non consentiva di comprendere l’entità della violazione e quindi la portata della sua gravità.

Così argomentando l’impugnata sentenza ha, tuttavia,trascurato che detta omissione non poteva di per sé determinare l’assoluta invalidità giuridica e quindi l’assoluta inutilizzabilità dello stesso documento così come doverosamente acquisito ed esistente nel contesto della procedura di appalto in questione.

Infatti,dovendosi essenzialmente verificare con riferimento ad una data ben precisa la regolarità o meno della posizione contributiva di un’impresa che partecipava ad una pubblica gara,la stessa certificazione –laddove dichiarava l’effettiva esistenza di detta irregolarità a quella data - non solo era ben chiara ma

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altresì idonea a giustificare l’esclusione della ricorrente dalla gara in quanto non in regola nei confronti dell’INPS.

Vero è che, così decidendo,la stazione appaltante non si è affatto preoccupata in questo caso di comprendere l’entità della violazione e quindi di verificare la dimensione della gravità della stessa in ipotesi neppure accertata nelle competenti sedi giurisdizionali.Vero è anche che,ai fini della esclusione di un’impresa da una pubblica gara,talune sentenze hanno ritenuto non sufficiente il DURC contenente detta semplice attestazione di non regolarità contributiva.

E’ pur vero,tuttavia,che (come pure rilevato nella sentenza del TAR) l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia porta ad escludere che le stazioni appaltanti debbano in casi del genere svolgere un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive dichiarate esistenti (con la valenza giuridica della pubblica fede) nel predetto documento ufficiale dell’INPS.

A ciò aggiungasi che,in casi del genere,è senz’altro ragionevole ritenere che debba essere semmai l’impresa interessata a contestare immediatamente le risultanze del DURC ed ottenere le eventuali rettifiche prima che venga decisa la sua esclusione dalla gara.

Nel caso in esame,invece, l’impresa appellata (e non costituita in questa sede) non solo ha omesso di verificare in via preventiva la regolarità della propria contributiva ma neppure risulta in atti che nell’immediato,dopo l’acquisizione del DURC da parte della stazione appaltante,abbia chiesto ed ottenuto la rettifica di tale documento.

5.) Tanto basta,a giudizio di questa Sezione,per confermare anche in questo caso il predetto orientamento giurisprudenziale prevalente in materia e quindi – in riforma dell’impugnata sentenza- per accogliere l’appello (con l’assorbimento della reiterata censura di inammissibilità) e per rigettare il ricorso di primo grado.In tal senso,deve intendersi altresì corretto il dispositivo già pubblicato con una formulazione materialmente errata.

6.) Le spese di lite dei due gradi di giudizio possono essere tuttavia compensate,in presenza di giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,V Sezione,definitivamente pronunciando,accoglie l’appello e,per l’effetto,riformando la sentenza impugnata,respinge il ricorso di primo grado e compensa integralmente tra le parti le spese di lite dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Calogero Piscitello, Presidente

Filoreto D'Agostino, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere

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Tribunale Amministrativo Regionale Lazio Roma sez. I 9/8/2010 n. 30467

È illegittimo il silenzio serbato dalla p.a. sull’istanza di accesso agli atti inerenti ad una procedura di appalto di lavori avanzata dalla società subappaltatrice (contratto principale e relativi allegati; capitolato speciale e relativi allegati; atto aggiuntivo e relativi allegati; analisi dei prezzi, elenco prezzi e computo metrico, di contratto e di atto aggiuntivo; contabilità dei lavori; verbali di consegna, ultimazione, sospensione, ripresa, collaudo), essendo insorta controversia sui corrispettivi relativi al subappalto, considerato che nel campo della contrattualistica pubblica, l’interesse delle ditte subappaltatrici a conoscere dei documenti amministrativo – contabili relativi all'esecuzione dei lavori appaltati si differenzia da quello della generalità dei cittadini ed assurge a posizione giuridica qualifica ta (così, ad esempio, TAR Lombardia, sez. I, 8.2.2007 , n. 209). Inoltre, con specifico riguardo alla contabilità dei lavori, è stato affermato che si tratta di “documentazione che, ancorché afferente a rapporti interni tra p.a. ed appaltatore e, quindi, formalmente privatistici, ciò non di meno attiene ad un contratto d'appalto di opere pubbliche e all'esecuzione dei relativi lavori e, quindi, ad un ambito di sicura rilevanza pubblicistica; attraverso l'esecuzione delle dette opere in virtù del contratto d'appalto l’amministrazione mira, infatti, essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali” (Cons. Stato, sez. IV, 27.4.1999, n. 743).

N. 30467/2010 REG.SEN. N. 02910/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2910 del 2010, proposto da: Andreoni s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni M. Lauro, con domicilio eletto presso Francesco Asciano in Roma, via G. Bazzoni, 1; contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di Gia.Fi. Costruzioni s.p.a.; per l’accertamento del diritto della ricorrente a visionare ed ottenere copia della documentazione di cui in narrativa; e, conseguentemente, per la declaratoria dell’illegittimità e/o illiceità del silenzio serbato dall’amministrazione resistente sull’istanza di accesso avanza dall’odierna ricorrente e ricevuta in data 26 gennaio 2010, e, derivatamente, per l’ordine ai resistenti medesimi di consentire la visione e rilasciare copia di quanto richiesto. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata; Visti tutti gli atti della causa;

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Relatore alla camera di consiglio del giorno 26 maggio 2010 la d.ssa Silvia Martino; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Espone parte ricorrente di essere società consorziata al Consorzio Forte s.c.a.r.l. , che è stato subappaltatore della soc. GIA.FI Costruzioni s.p.a., per contratto 9.9.2008, della realizzazione del“blocco est” della “Residenza del Forte Carlo Felice” in La Maddalena, nell’ambito degli interventi infrastrustrutturali e complementari connessi al “G8”.. Rappresenta altresì che è insorta controversia con la suddetta GIA.FI. Costruzioni s.p.a. sui corrispettivi di subappalto dovuti e che, per l’esatta quantificazione della pretesa, ha necessità di accedere agli atti richiesti all’amministrazione con istanza del 26 gennaio 2010 (contratto principale rep. 1.8.2008, n. 54 e relativi allegati; capitolato speciale e relativi allegati; atto aggiuntivo 18.6.2009, rep. n. 134 e relativi allegati; ogni altro atto aggiuntivo e relativi allegati; analisi dei prezzi, elenco prezzi e computo metrico, di contratto e di atto aggiuntivo; contabilità dei lavori (compreso saldo finale, certificati di pagamento e mandati di pagamento); verbali di consegna, ultimazione, sospensione, ripresa, collaudo. Deduce, in particolare, che il silenzio dell’amministrazione nonè giustificato, soprattutto alla luce del carattere pubblicistico e imperativo delle regole che permeano i subappalti, che consente di ricondurre anche atti e soggetti privati agli schemi normativi degli artt. 22 e 23 della l. n. 241/90. Si è costituita, per resistere, con mero atto di forma, l’amministrazione intimata. Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 26 maggio 2010. 2. Il ricorso è fondato. Il Collegio osserva, in primo luogo, che da tempo la giurisprudenza amministrativa afferma che nel campo della contrattualistica pubblica, l'interesse delle ditte subappaltatrici a conoscere dei documenti amministrativo – contabili relativi all'esecuzione dei lavori appaltati si differenzia da quello della generalità dei cittadini ed assurge a posizione giuridica qualificata (così, ad esempio, TAR Lombardia, sez. I, 08 febbraio 2007 , n. 209). Nel caso in esame, la pretesa a tutela della quale parte ricorrente ha formulato istanza di accesso, essendo insorta controversia sui corrispettivi relativi al subappalto, si fonda, in particolare, sull’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale l'appaltatore che ricorre al subappalto deve praticare, per le prestazioni subappaltate, gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con ribasso non superiore al 20%. Inoltre, ai sensi dell'art. 22, co. 1, lett. d), l. n. 241/1990, come novellato dalla l. n. 15/2005, si definisce come <<documento amministrativo>>, suscettibile di accesso, ogni rappresentazione del contenuto di atti <<detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale>>. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che, ai sensi del cit. art. 22, sono soggette all'accesso tutte le tipologie di attività delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso che la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operatività dei principi della trasparenza e dell'imparzialità e non ha garantito alcuna “zona franca” nei confronti dell'attività disciplinata dal diritto privato (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 aprile 1999, n. 4). Con specifico riguardo alla contabilità dei lavori, è stato poi affermato che si tratta di “documentazione che, ancorché afferente a rapporti interni tra P.A. ed appaltatore e, quindi, formalmente privatistici, ciò non di meno attiene ad un contratto d'appalto di opere pubbliche e all'esecuzione dei relativi lavori e, quindi, ad un ambito di sicura rilevanza pubblicistica; attraverso l'esecuzione delle dette opere in virtù del contratto d'appalto l'Amministrazione mira, infatti, essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali“ (Cons. St., sez. IV, 27 aprile 1999, n. 743). Relativamente all'interesse alla riservatezza della società controinteressata, è sufficiente ricordare,

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infine, che lo stesso recede quando l'accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti ovviamente in cui esso è necessario alla difesa di quell'interesse (Cons. St., Ad. Plen., decisione n. 5 del 4.2. 1997). Nel caso di specie, come già accennato, la domanda di accesso della società ricorrente assume una funzione strumentale alla tutela della propria situazione, giuridicamente rilevante, di subappaltatrice (cfr. contratto di subappalto, in atti), prevalendo, dunque, sull’interesse alla riservatezza della società controinteressata. 3. In conclusione, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va dichiarato l'obbligo della Presidenza del Consiglio dei Ministri di fornire alla società ricorrente, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241/1990, copia dei documenti dalla stessa indicati nell’istanza del 26 gennaio 2010. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie, e, per l’effetto, ordina alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di esibire (anche mediante estrazione di copia e salvo il costo di riproduzione) la documentazione richiesta da parte ricorrente nell’istanza del 26 gennaio 2010. Condanna l’amministrazione resistente alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano in euro 1.000,00 (mille/00) oltre IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati: Giorgio Giovannini, Presidente Roberto Politi, Consigliere Silvia Martino, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 09/08/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO

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Comunicato del Presidente del 29 Luglio 2010

Modelli di segnalazione all’Autorità per le comunicazioni ai fini dell’inserimento di notizie nel casellario informatico riferite a Operatori Economici nei cui confronti sussistono cause di esclusione ex art. 38 del D. Lgs. 12.04.2006, n. 163, ovvero per l’inserimento di notizie utili nonchè per l’applicazione di sanzioni ex art. 48 del D. Lgs. n. 163/2006.

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 192 del 18 agosto 2010 – Supplemento ordinario)

Il Presidente

Autorità Servizi Attività dell'Autorità Comunicazione

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Considerato che per la segnalazione all’AVCP di cause di esclusione da procedure di affidamento di lavori pubblici, ovvero di inadempimenti che si verificano durante la esecuzione dei lavori, vengono utilizzati dalle Stazioni Appaltanti i mod. A) e/o B) allegati alle determinazioni dell’Autorità n.10 del 06 maggio 2003 e n. 1 del 2 marzo 2005 e che essi fanno riferimento alla normativa ormai abrogata riconducibile alla legge quadro sui lavori pubblici (Legge 109/94 e ss.mm. ed ii.);

Considerato che, in mancanza di un corrispondente modello di segnalazione per i lavori, le SS.AA. per comunicare le cause di esclusione, riscontrate durante le procedure di affidamento di lavori pubblici, per cui occorre applicare la procedura sanzionatoria ex art. 48 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, utilizzano il modello C) allegato alla determinazione n. 1 del 10 gennaio 2008, afferente la istituzione del casellario informatico per gli operatori economici affidatari di servizi e forniture;

Considerato che per gli operatori economici affidatari di servizi e forniture le segnalazioni all’AVCP vengono effettuate con i modelli allegati alla determinazione n. 1/2008, e precisamente con il mod. A) se riguardano cause di esclusione ex art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, il mod. B) se attengono a comunicazioni per inadempimenti durante la esecuzione del contratto ovvero il mod. C) se riguardano l’attivazione della procedura sanzionatoria ex art. 48 del D. Lgs. n. 163/2006 a causa di omesso o non dimostrato possesso dei requisiti speciali;

Stante la circostanza del mutato quadro normativo che ha visto dapprima la soppressione della legge 109/94, sostituita con il codice dei contratti pubblici approvato con il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e, successivamente, l’evoluzione del suddetto codice dei contratti che con gli ultimi provvedimenti (L. 15 luglio 2009, n. 94;D.L. 25 settembre 2009, n. 135 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 20 novembre 2009, n. 166.) risulta modificato anche all’articolo 38 in materia di requisiti generali che gli operatori economici devono possedere per contrarre con le PP.AA.;

Ritenuta pertanto, la necessità di adeguare i modelli di segnalazione suddetti alle nuove disposizioni e di uniformare le modalità di segnalazioni sia per gli operatori economici che eseguono lavori pubblici che per quelli che svolgono servizi o forniture;

COMUNICA

che per la segnalazione all’Autorità di episodi di esclusione dalle procedure di affidamento dicontratti pubblici, relativi a lavori, servizi o forniture, che incidono sui requisiti generali di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, le Stazioni Appaltanti dovranno utilizzare il mod. A) allegato al presente comunicato, inviandone copia anche all’Operatore Economico segnalato; che per la segnalazione di inadempimenti, o comunque di notizie ritenute utili per la tenuta del casellario informatico, che si verifichino durante la esecuzione del contratto di lavori, servizi o forniture pubbliche le SS.AA. dovranno utilizzare l’allegato mod B) da trasmettere in copia anche all’Operatore Economico segnalato; che per le segnalazioni riguardanti l’omessa o non fornita dimostrazione del possesso dei requisiti economico-finanziari o tecnico-organizzativi da parte degli Operatori Economici, riscontrata a seguito dell’applicazione dell’art. 48, comma 1, del D. Lgs. n. 163/2008, le SS.AA. devono utilizzare l’allegato mod. C) inviandone copia anche all’Operatore Economico segnalato; che gli altri mod. di segnalazione allegati alle determinazioni n. 10/2003, n. 1/2005 e n. 1/2008 sono abrogati.

Il presente comunicato avrà decorrenza dalla sua pubblicazione sulla G.U. Lo stesso verrà pubblicato in pari data, con i relativi allegati, sul sito internet dell’Autorità www.avcp.it.

Giuseppe Brienza

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Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data: 29 luglio 2009

Il Segretario: Maria Esposito

ALLEGATO A

ALLEGATO B

ALLEGATO C

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ALLEGATO (A) AL REGOLAMENTO (per la segnalazione, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico, delle esclusioni dalle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture ex art. 38 del D.Lgs 163/2006 e ss.mm. e di tutte le altre notizie ritenute utili) a) PER LAVORI:

All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Direzione Generale Vigilanza Lavori Ufficio Verifica Requisiti Imprese (Ufficio VERI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723337 e, p.c. All’Operatore economico ( soggetto segnalato) b) PER SERVIZI/FORNITURE:

All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Direzione Generale Vigilanza Lavori Ufficio Segnalazioni Inadempimenti (Ufficio USI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723268 e,p.c. All’Operatore economico (soggetto segnalato)

(Valorizzare la parte a) o b), secondo il settore interessato dalla segnalazione) COMUNICAZIONE AI FINI DELL’INSERIMENTO NEL CASELLARIO INFORMATICO DELLE ESCLUSIONI EX ART. ART. 38 DEL D.LGS. 12 APRILE 2006, N. 163 E SS.MM. NONCHÉ PER L’ANNOTAZIONE DI TUTTE LE ALTRE NOTIZIE RITENUTE UTILI 1. Stazione appaltante 1.1. Codice fiscale: ……………………………….……………………..…………………… 1.2. Denominazione: ……………………………….………………………...……………… 1.3. Indirizzo:………………………………………….…………………………...………… 2. Responsabile del procedimento, presidente di gara o dirigente che sottoscrive la comunicazione 2.1. Nome e cognome: ………………………….………..……………………………..……

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2.2. Ufficio / Settore a cui è preposto: …………………….……………………………….. 2.3. Carica rivestita: …..………………………………………...………………………….. 2.4. N. telefonico:…………………………. 2.5. N. fax:………………………………… 2.6. E-mail: ………………………………. 3. Individuazione dell’intervento 3.1. Codice Identificativo Gara (C.I.G.): …………………….. 3.2. Procedura di scelta concorrente: 3.2.1. Procedura aperta 3.2.2. Procedura ristretta 3.2.3. Procedura negoziata con pubblicazione del bando di gara 3.2.4. Procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara 3.2.5. Dialogo competitivo 3.2.6. Accordo quadro 3.3. Settore in cui ricade l’appalto 3.3.1. Lavori 3.3.2. Forniture _ 3.3.3. Servizi _ 3.3.3.1 Categoria di riferimento del servizio (allegati II A e II B del D. Lgs. 163/2006 e s.m.) ………………………………………………………………………………………… 3.4. Oggetto dell’appalto :………………………………..……………………….…….…… ……………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………. 3.4.1. Data di pubblicazione del bando: …./ ….. / ……. 3.4.2. Termine ultimo per la presentazione delle offerte: …../ ……/ …… 3.4.3.1

Importo complessivo appalto (al netto dell’I.V.A.) ……….……………….

4. Operatore economico segnalato 4.1. Codice fiscale: …………………………………. 4.2. Ragione sociale: ………………….……………… 4.3. Sede legale: ………………………..……..…. 4.4. N. telefonico: …………………………………. 4.5. N. fax: …………………………………. 4.6. E-mail: …………………………………. 4.7. Operatore economico:

qualificato iscritto in elenchi ufficiali di prestatori di servizi e forniture

4.8. Nome e cognome del legale rappresentante: …………………………………. 4.9. Posizione dell’operatore economico segnalato: 4.9.1. Sorteggiato 4.9.2. Individuato non tramite sorteggio 4.9.3. Primo o secondo classificato 4.9.4. Che si avvale dei requisiti di altro soggetto, o che presta detti requisiti al soggetto partecipante, ai sensi dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006: - Ausiliato - Ausiliario

1 - Campo da compilare obbligatoriamente

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- Se ausiliato indicare l’ operatore economico ausiliario: codice fiscale: ………………. Ragione sociale: ………………………………. - Se ausiliario indicare l’ operatore economico ausiliato: codice fiscale: ………………. Ragione sociale: ………………………………. 4.10. Segnalato nel corso della prestazione 4.11. Segnalato dopo la conclusione della prestazione 52

5.1. Dichiarazioni risultate veritiere

. Controllo ex art. 71, comma 1, del d.P.R. 445/2000 della veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli art. 46 e 47 del medesimo d.P.R. 445/2000.

5.2. Dichiarazioni relative a requisiti mancanti, omesse o non previste 5.3. Dichiarazioni che, anche se difformi, la S.A. ritiene non vadano iscritte nel casellario 5.3.1. Motivi addotti dalla S.A. ……………………………………….…………… …………………………………………………………….…………………… …………………………………………………………………………………. 5.4. Dichiarazioni in contrasto con gli atti della pubblica amministrazione 5.4.1. Sussiste l’esimente dell’errore scusabile 5.4.1.1. Motivi addotti dalla S.A. …………………………………..…..………….. …………………………………………………………………..………….. ………………………………………………………………….………….. 5.4.2. Dichiarazioni mendaci 5.4.2.1. Motivi addotti dalla S.A. …………………………………………………… ………………………………………………………………….……………. 5.4.2.2.Denuncia all’A.G. per dichiarazione mendace o formazione di atti falsi 6. Motivo/i della segnalazione che ha/hanno comportato l’esclusione dalla gara, diverso/i da quello/i di cui al procedimento ex art. 48 del D. Lgs. n. 163/2006 e s. m. 6.1 Procedure concorsuali o cessazione di attività (art. 38, comma 1, lettera a), del D. Lgs. N. 163/2006): 6.1.1. Stato di fallimento 6.1.2 Liquidazione coatta 6.1.3. Concordato preventivo 6.1.4. Procedure concorsuali pendenti 6.1.5. Cessazione di attività 6.2 Procedimento pendente per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui

all’articolo 3 della legge n. 1423/56 (art. 38, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 163/2006):

6.2.1. Nome e cognome del soggetto sottoposto al procedimento:

…………………………………………………………………………………………

- Carica rivestita nell’ambito dell’operatore economico………………………………..

6.2.2. Nome e cognome del soggetto sottoposto al procedimento:

………………………………………………………………………………………….

- Carica rivestita nell’ambito operatore economico ……………………………………..

2 - Campo da compilare obbligatoriamente nell’ipotesi che ricorre.

38

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6.3. Procedimento pendente per l’applicazione di una delle cause di decadenza, di divieto o

sospensione di cui all’art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 o di una delle cause ostative

previste dall’art. 10 L.575/65 (art. 38, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 163/2006):

6.3.1. Nome e cognome del soggetto sottoposto al procedimento:

……………………………………………………………………………......................

- Carica rivestita nell’ambito dell’operatore economico…………………………….……

- Cause di decadenza, di divieto o di sospensione

- Tentativi di infiltrazione mafiosa

6.4. Sentenze di condanna passate in giudicato, decreti penali di condanna divenuti

irrevocabili oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., per reati

gravi in danno dello Stato che incidono sulla moralità professionale (art. 38, comma 1, lettera

c), del D. Lgs. n. 163/2006)3

6.4.1. Nome e cognome del soggetto nei cui confronti è stata pronunciata sentenza o decreto:

:

………….…………………………………………………………………………………………..

- Carica rivestita nell’ambito dell’operatore economico: ………………………………..

……………….

- Reati gravi in danno dello stato o della Comunità

- tipo/i di reato: ………………………………………………………………………….

- Valutazione della stazione appaltante circa l’incidenza del reato sulla moralità professionale:

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

- reati di partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio

- tipo/i di reato:

…………………………………………………………………………………………..

6.4.2. Nome e cognome del soggetto nei cui confronti è stata pronunciata sentenza o decreto:

………….……………………………………………………………………………………………

……

- Carica rivestita nell’ambito dell’operatore economico:

………………………………………………….

- Reati gravi in danno dello stato o della Comunità

3 Si rammenta che ai sensi dell’art. 38 cit. è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18

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- tipo/i di reato:

…………………………………………………………………………………..

- Valutazione della stazione appaltante circa l’incidenza del reato sulla moralità professionale:

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

- reati di partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio

- tipo/i di reato:

……………………………………………………………………………………

6.5. Violazione del divieto di intestazione fiduciaria (art. 38, comma 1, lettera d), del D. Lgs. n.

163/2006):

6.5.1. Osservazioni della Stazione appaltante: ……..………………………………

…………….………………………………………………………………….

…..……………………………………………………………………………

…………….………………………………………………………………….

…..……………………………………………………………………………

6.6. Gravi infrazioni, debitamente accertate, alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro

obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio, di

cui all’ art. 27, comma 2, lettere p) e t), del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (art. 38, comma 1,

lettera e) del D. Lgs. n. 163/2006):

6.6.1. Violazioni alle norme in materia di sicurezza del lavoro

6.6.1.1. Precisare quali: ………………………………………………………………………….

6.6.1.2. Valutazioni della Stazione appaltante in merito alla gravità delle violazioni commesse dal

soggetto concorrente (sia esso l’operatore economico o il suo amministratore):

……..……………………………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………………………

……………..……………………………………………………………………………………..

6.6.2. Violazioni a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro

6.6.2.1. Precisare quali: ………………………………………………………………………….

6.6.2.2. Valutazioni della Stazione appaltante in merito alla gravità delle violazioni commesse dal

soggetto concorrente (sia esso l’operatore economico o il suo amministratore):

……..……………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………

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……………………………………………………………………………………………………

6.7. Grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione

appaltanteche bandisce la gara ovvero grave errore nell’esercizio dell’attività professionale

(art. 38, comma1, lettera f) del D. Lgs. n. 163/2006):

6.7.1. Grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni

6.7.1.1. Motivata valutazione della stazione appaltante per giustificare l’esclusione dalla gara:

…………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………

6.7.2. Grave errore nell’esercizio dell’attività professionale

6.7.2.1. Motivata valutazione della stazione appaltante per giustificare l’esclusione dalla gara:

…………………………………………………………………………………

…….……………………………………………………………………………

………………..………………………………………………………………….

6.8. Violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle

imposte e tasse (art. 38, comma 1, lettera g), del D. Lgs. n. 163/2006):

6.8.1. Irregolarità accertata dall’Agenzia delle Entrate – sede di:…………….

6.8.1.1. Importo non corrisposto: euro ………………….. per gli anni: ………, ………..,

………,………,………,

6.8.1.2. Attestata alla data del: … / ……./ ……..;

6.8.1.3. Eventuale contenzioso concluso __innanzi a …………………

6.9. Violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi

previdenziali ed assistenziali (art. 38, comma 1, lettera i) del D. Lgs. n. 163/2006; art. 2, comma

1, decreto legge 25 settembre 2002, n. 210 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre

2002, n. 266; articolo 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445):

6.9.1. Irregolarità contributiva verso la CASSA EDILE Sede di:…………………………;

- Importo non corrisposto: euro …………………… per gli anni: ……, ……, ……,

……..,…..,…..,

- Attestata dal DURC alla data del: …..…/………../……….;

- Eventuale contenzioso in atto innanzi a……………………;

6.9.2. Irregolarità contributiva INPS . Sede di:……………….………;

- Importo non corrisposto: euro …………………… per gli anni: ……, ……, ……,

……..,…..,…….,

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- Attestata dal DURC alla data del: …..…/………../……….;

- Eventuale contenzioso in atto innanzi a………………………;

6.9.3. Irregolarità contributiva INAIL . Sede di:……………………;

- Importo non corrisposto: euro …………………… per gli anni: ……, ……, ……, -

Attestata dal DURC alla data del: …..…/………../……….;

- Eventuale contenzioso in atto innanzi a………………………;

6.10. Mancata presentazione della certificazione rispetto agli obblighi previsti dalle norme che

disciplinano il diritto al lavoro dei disabili (art. 38, comma 1, lettera l) del D. Lgs. n. 163/2006;

art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68):

6.10.1. operatore economico con organico da 15 fino a 35 dipendenti che ha effettuato nuove

assunzioni dopo il 18 gennaio 2000

6.10.2. operatore economico con organico da 36 a 50 dipendenti

6.10.3. operatore economico con oltre 50 dipendenti

6.11. Applicazione della sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c),

delD.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 o di altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la

pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 14, D. Lgs.

9 aprile 2008, n.81 (art. 38, comma 1, lettera m) del D. Lgs. n. 163/2006; art. 27, comma 2, lettere

p) e t), del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34):

6.11.1 cause di decadenza, di divieto o sospensione

6.11.2 tentativi di infiltrazione mafiosa

6.12. Sospensione o decadenza per revoca dell’attestazione di qualificazione SOA disposta dall’Autorità ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera m-bis del D. Lgs. n. 163/2006 6.12.1. Partecipazione a gara con attestazione SOA revocata o sospesa non dichiarata in fase di autodichiarazione; 6.13. Richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Procuratore della Repubblica a carico di soggetti che, anche in assenza nei loro confronti di un provvedimento di cui al precedente punto 2), non risultino aver denunciato all’autorità giudiziaria di essere stati vittime dei reati previsti e puniti dagli artt. 317 e 629 c.p. (art. 38, co. 1, lett. m-ter) D.Lgs. n. 163/06):

Nome e cognome del soggetto nei cui confronti è stato richiesto il rinvio a giudizio:

………….……………………………………………………………………………………………

- Carica rivestita nell’ambito dell’operatore economico:

………………………………………………….

- Valutazione della stazione appaltante circa l’incidenza del reato sulla moralità

professionale:

…………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………

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6.14. Situazione riscontrata, rispetto ad altro partecipante alla medesima gara, di controllo di cui all’art. 2359 c.c. o qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale (art. 38, co. 1, lett. m-quater) D.Lgs. n. 163/06); 6.14.1. . Controllo ex art. 2359 c.c. con:

………………………………………….(codice fiscale …………………….);

……………………………………….…(codice fiscale …………………….);

………………………………………….(codice fiscale …………………….).

6.14.2. Altra condizione:…………………………………………………….

6.15. Irregolarità nei riguardi di condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara (previste

dalle norme oppure dal bando di gara) (art. 27, comma 2, lettera t), del d.P.R. 25 gennaio 2000,

n. 34):

6.16. Incapacità del legale rappresentante dell’operatore economico di contrattare con la

pubblica amministrazione a causa dell’emissione, senza autorizzazione o senza provvista, di

assegni bancarie postali come risultante dall’”Archivio degli assegni bancari e postali e delle

carte di pagamento irregolari” di cui all’art. 10 bis della legge 15 dicembre 1990, n. 386 e s.m.

(art. 1 e art. 2 della legge 15 dicembre 1990, n. 386, modificata dal d.lgs. 30 dicembre 1999, n.

507):

6.16.1. Mancanza di autorizzazione

6.16.2. Difetto di provvista:

6.16.3. Irregolarità dell’assegno

6.17. Contraffazione di documenti o mancata veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui

agli articoli 19-bis, 46, 47 e 77-bis del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive

modificazioni, rilasciate dall’operatore economico per la partecipazione alla gara (compresa

l’esclusione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. h del D. Lgs. n. 163/2006 e s.m., laddove la

relativa dichiarazione dell’operatore economico sia risultata difforme da quanto risultante nel

casellario informatico):

6.17.14

- Oggetto dell’autodichiarazione risultata non

veritiera:……………………………………………….

. E’ stato accertato il mancato riscontro oggettivo in atti della P.A. delle autodichiarazioni

rilasciate per la partecipazione alla gara

6.17.2. Fomazione di atti falsi

Atto oggetto di contraffazione……………………………………………………………………….

…………………………………………..…………….………………. …………………..

4 - Specificare i motivi del contrasto.

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7. Motivo/i della segnalazione di fattispecie che non ha/hanno comportato l’esclusione dalla

gara, ritenuta utile dall’Osservatorio ai fini dell’iscrizione nel casellario

7.1. Violazioni in materia di sicurezza

…………………………………………………………………………………………

7.2. Violazione a ogni altro obbligo

……………………………………………………………………………………….

8. Provvedimenti adottati dalla stazione appaltante in caso di esclusione dalla gara

8.1. Provvedimento di esclusione

8.1.1. Tipo di provvedimento o atto: (determinazione dirigenziale, verbale di esclusione, verbale di

revoca dell’aggiudicazione, ecc.),…………….…… …………………………….…… sottoscritto

da:…………..…………..data del provvedimento o atto di esclusione: ……. / ……… / ………;

8.2. Escussione della cauzione

9. Giustificazioni eventualmente addotte da parte dell’operatore economico alla stazione

appaltante

………………………………………………………………………………………..…………..

……………………………………..……………………………………………………………..

10. Osservazioni della stazione appaltante

……………………………………………………………………………………………….…..

……………………………………..…………………………………………………………….

11. Documenti allegati alla presente comunicazione, da rendere in originale o copia conforme all’originale 11.1. Dichiarazione, presentata dall’operatore economico segnalato in sede di offerta, relativamente al possesso dei requisiti generali per la partecipazione alle gare pubbliche e al rispetto delle condizioni prescritte dal bando di gara 11.2. Provvedimento o verbale di esclusione 11.3. Casellario giudiziale integrale 11.4. Certificato carichi pendenti 11.5. Sentenze di condanna passate in giudicato, sentenze patteggiate, decreti penali 11.6. DURC 11.7. Certificazione di regolarità fiscale………………………………………….. 11.8. ………………………………………….. ……………………., ……/ ……../ …… Il Responsabile del Procedimento Ovvero Il Presidente di gara Ovvero Il Dirigente incaricato

………………………………………..

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1

MODULO B (per la segnalazione, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico, dei fatti riguardanti la fase di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture)

a) PER LAVORI:

All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

Direzione Generale Vigilanza Lavori Ufficio Verifica Requisiti Imprese (Ufficio VERI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723337 All’Operatore economico (soggetto segnalato) b) PER SERVIZI/FORNITURE:

All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

Direzione Generale Vigilanza Servizi e Forniture Ufficio Segnalazioni Inadempimenti (Ufficio USI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723268 All’Operatore economico (soggetto segnalato)

(Valorizzare la parte a) o b), a seconda del settore interessato dalla segnalazione)

1. Stazione appaltante 1.1. Codice fiscale: ……………………………….……………………..…………………… 1.2. Denominazione: ……………………………….………………………...……………… 1.3. Indirizzo:………………………………………….…………………………...………… 2. Responsabile del procedimento, presidente di gara o dirigente che sottoscrive la comunicazione 2.1. Nome e cognome: ………………………….………..……………………………..…… 2.2. Ufficio / Settore a cui è preposto: …………………….……………………………….. 2.3. Carica rivestita: …..………………………………………...………………………….. 2.4. N. telefonico:…………………………. 2.5. N. fax:…………………………………

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2

2.6. E-mail: ………………………………. 3. Individuazione dell’intervento 3.1. Codice Identificativo Gara (C.I.G.): …………………….. 3.2. Procedura di scelta concorrente: 3.2.1. Procedura aperta 3.2.2. Procedura ristretta 3.2.3. Procedura negoziata con pubblicazione del bando di gara 3.2.4. Procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara 3.2.5. Dialogo competitivo 3.2.6. Accordo quadro 3.2.7. Cottimo fiduciario 3.3. Settore in cui ricade l’appalto 3.3.1. Lavori 3.3.2. Forniture 3.3.3. Servizi 3.3.3.1 Categoria di riferimento del servizio (allegati II A e II B del D. Lgs. 163/2006 e s.m.) ………………………………………………………………………………………… 3.4. Oggetto dell’appalto :………………………………..……………………….…….…… ……………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………. 3.4.1. Data di pubblicazione del bando: …./ ….. / ……. 3.4.2. Termine ultimo per la presentazione delle offerte: …../ ……/ …… 3.4.3. Consegna dei lavori in via d’urgenza in data: …./….. / …… 3.4.4. Contratto d’appalto stipulato in data: …./ ….. / ……. al n. di rep……... 3.4.5. Contratto d’appalto registrato in data: …../…../….. al n. di reg. 3.4.6. Importo del contratto (al netto dell’IVA)….. 3.4.7. Importo atto di sottomissione/atto aggiuntivo (al netto dell’IVA)… 3.4.8. Importo complessivo contratto1

…..

4. Aggiudicatario segnalato 4.1. Codice fiscale: …………………………………………. 4.2. Ragione sociale: …………………………………………………….…………….. 4.3. Sede legale: …………………………………………………………………… 4.4. N. telefonico: ………………………………. 4.5. N. fax: ……………………………………… 4.6. E-mail: …………………………………….. 4.7. operatore economico

Qualificato Iscritto in elenchi ufficiali di prestatori di servizi e forniture

4.8. Nome e cognome del legale rappresentante: ………………………… 4.9. Nome e cognome del direttore tecnico: ………………………… 4.10. Posizione dell’operatore economico segnalata: 1 Campo da compilare obbligatoriamente

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3

4.10.1. Singola 4.10.2. In A.T.I. ditta associata: cod. fisc. ………….…..; ragione sociale: ………………………. 4.10.3. Consorzio cod. fisc. ……………..; ragione sociale: …………….…….….. ditta consorziata: cod. fisc. ………………; ragione sociale: …………………….

5. Subbappaltatore eventualmente segnalato 5.1. Codice fiscale: …………………………………………. 5.2. Ragione sociale: …………………………………………………….………… 5.3. Sede legale: ……………………………………………………………….. 5.4. N. telefonico: ………………………………. 5.5. N. fax: ……………………………………… 5.6. E-mail: …………………………………….. 5.7 Operatore economico

Qualificato

Iscritto in elenchi ufficiali di prestatori di servizi e forniture 5.8. Nome e cognome del legale rappresentante: ………………………… 5.9. Nome e cognome del direttore tecnico: ………………………… 5.10. Oggetto del subappalto :………………………………..……………………….…..…

……………………………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………….…………………………………………………………………………………………

5.10.1. Data di sottoscrizione delle dichiarazioni sostitutive da parte del subappaltatore: …./ ….. / ……. 5.10.2. Data di autorizzazione del subappalto: …./ ….. / ……. 5.10.3. Importo del subappalto (al netto dell’IVA) ………………………… 6. Motivo/i della segnalazione del fatto rilevato nel corso delle prestazioni contrattuali lavori con riferimento all’ operatore economico aggiudicatario 6.1. Grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto(art.

27, comma 2, lettere p) e t), del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34), nonché violazioni alle norme in materia di sicurezza o ad ogni altro obbligo previsto dal contratto di lavoro e violazioni in materia di contributi previdenziali ed assistenziali:

6.1.1. Mancata stipula del contratto per fatto dell’impresa (compilare solo se compilato il punto 3.5.3.) 6.1.2. Risoluzione del contratto per inadempimento

6.1.3. Dichiarazione di non collaudabilità dei lavori, verifica negativa di conformità del servizio o della fornitura - Specificare le modalità del collaudo e della verifica……………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………….

6.1.3.1. Esecuzione gravemente errata

6.1.4. Violazioni alle norme in materia di sicurezza del lavoro - Specificare le violazioni……………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………….. ………………………………………………………………………………………………………… 6.1.4.1. Accertate dal coordinatore della sicurezza

6.1.4.2. Accertate dalla U.S.L. territorialmente competente 6.1.5. Violazioni ad ogni altro obbligo previsto dal contratto di lavoro - Specificare quali……………………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………………..

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4

6.1.5.1. accertate per effetto di visita ispettiva nel cantiere 6.1.5.2. effettuata dal Servizio Ispezioni del lavoro 6.1.5.3. specificare i termini dell’accertamento in caso di servizi e forniture ………………………………………………………………………………………………………………………….. ………………………………………………………………………………………………………………………….. …………………………………………………………………………………………………………………… 6.1.6. Irregolarità contributiva rispetto alle prestazioni in corso 6.1.7. Falsa dichiarazione rilasciata alla S.A. o contraffazione di

documenti, nel corso dei lavori

6.1.8. Altro ……………………………………………………

7. Motivo/i della segnalazione del fatto rilevato nel corso della prestazione con riferimento al subappaltatore

7.1. Violazioni alle norme in materia di sicurezza o ad ogni altro obbligo previsto dal contratto di lavoro; carenza di requisiti generali o di capacità tecnico economica oggetto di dichiarazione sostitutiva da parte del subappaltore: 7.1.1. Violazioni alle norme in materia di sicurezza del lavoro Precisare quali…………………………………………………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………………… 7.1.1.1. Accertate dal coordinatore della sicurezza

7.1.1.2. Accertate dalla U.S.L. territorialmente competente 7.1.1.3. specificare i termini dell’accertamento in caso di servizi e forniture ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… 7.1.2. Violazioni ad ogni altro obbligo previsto dal contratto di lavoro

7.1.2.1. Accertate per effetto di visita ispettiva nel cantiere effettuata dal Servizio Ispezioni del lavoro

7.1.2.2. Irregolarità contributiva rispetto alle prestazioni in corso

7.1.3. Altro …………………………………………………… 8. Provvedimenti adottati dalla stazione appaltante 8.1. atto di diffida ad adempiere inviato all’O.e. il……… 8.2. Provvedimento di risoluzione 8.2.1. Tipo di provvedimento o atto: (determinazione dirigenziale, delibera di Giunta, ecc.),…………….…… …………………………….…... sottoscritto da:…………..…………..data del provvedimento o atto di risoluzione: ……. / ……… / ………; 8.3. Escussione della cauzione

8.3.1. Cauzione richiesta

8.3.2. Cauzione incamerata 8.4. Denuncia all’Autorità Giudiziaria 9. Giustificazioni eventualmente addotte da parte dell' operatore economico

………………………………………………………………………………….

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5

…………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………

10. Eventuali azioni giurisdizionali o domande di arbitrato dell’operatore economico 10.1. Giudice ordinario 10.1.1. tipo di atto notificato alla S.A. o depositato in Tribunale

10.1.2. data atto: …/…/….. 10.1.3. Foro competente 10.1.4. N. di r.g. 10.1.5. Eventuale udienza fissata

10.2. Arbitrato 10.2.1. domanda di arbitrato notificata alla S.A. in data: …/…/….. 10.2.2. Proposta trasmessa alla Camera Arbitrale in data: …/…/….. 11. Osservazioni della stazione appaltante (Questa sezione può essere utilizzata anche per specificare le eventuali circostanze non contemplate nelle precedenti sezioni del formulario)

……………………………………………………………………………………………..…….. …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………

12. Documenti allegati alla presente comunicazione, da rendere in originale o copia conforme all’originale, muniti della prova dell’invio all’operatore economico (ricevuta postale, rapporto fax, ecc.) 12.1. atto di diffida ad adempiere 12.2. determinazione di risoluzione contrattuale 12.3. verbale di accertamento del Servizio Ispezione del lavoro 12.4. atto del collaudatore: ………………………………. 12.5. verbale di accertamento dell’inadempimento (per i servizi e le forniture) 12.6. attestati INPS, INAIL e Casse edili 12.7………………

……………………., ……/ ……../ ……

Il Responsabile del Procedimento

Ovvero Il Presidente di gara

Ovvero Il Dirigente incaricato

………………………………………..

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All. C

SEGNALAZIONE ALL’UFFICIO SANZIONI – VIGILANZA LAVORI, SERVIZI, FORNITURE

(ex art.3 del Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio G.U. n.66 del 20.3.2010)

a) PER LAVORI: All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Direzione Generale Vigilanza Lavori Ufficio Verifica Requisiti Imprese (Ufficio VERI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723337 e, p.c. All’Operatore economico ( soggetto segnalato) b) PER SERVIZI/FORNITURE:

All' AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI

Direzione Generale Vigilanza Lavori Ufficio Segnalazioni Inadempimenti (Ufficio USI) Via di Ripetta, 246 00186 R O M A Telefax n 06 36723268 e,p.c. All’Operatore economico (soggetto segnalato)

1. Individuazione del contratto pubblico: settore in cui ricade l’appalto

1.1. Codice Identificativo gara (CIG)…………………………..

1.2. Lavori �

1.3. Servizi di progettazione �

1.4. Servizi �

1.4.1. Categoria di riferimento del servizio (allegati II A e II B del D.Lgs. 163/2006)

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

1.5 Forniture �

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1.6. Oggetto dell’appalto :…………………………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

1.6.1.Data di pubblicazione del bando: …./ ….. / …….

1.6.2. Termine ultimo per la presentazione delle offerte: …../ ….../ ……

1.6.3.Importo appalto sotto soglia comunitaria �

1.6.4.Importo appalto sopra soglia comunitaria �

1.6.5.Importo complessivo dell’appalto ……….……………………………………

1.6.6. Importo degli oneri di sicurezza…………………………………………..

2. Stazione appaltante……………………………………………………………………..

2.1. Codice fiscale: ……………………………….……………………..……………………

2.2. Denominazione: ……………………………….………………………...……………

2.3. Indirizzo:………………………………………….…………………………...…………

2.4. Responsabile del procedimento, presidente di gara o dirigente che sottoscrive la

comunicazione

2.5. Nome e cognome: ………………………….………..……………………………..……

2.6.Ufficio / Settore a cui è preposto: …………………….……………………………

2.7.Carica rivestita: …..………………………………………...…………………………..

2.8. N. telefonico:………………………….

2.9. N. fax:…………………………………

2.10. E-mail: ……………………………….

3. Operatore economico segnalato

3.1. Codice fiscale/partita Iva: ………………………………….

3.2. Ragione sociale: ………………….………………

3.3. Sede legale: ………………………..……..….

3.4. Sede operativa……………………………………

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3.5. N. telefonico: fisso…………………………………. cellulare……………………………..

3.6. N. fax: ………………………………….

3.7. E-mail: ………………………………….

3.8. Operatore economico iscritto in elenchi ufficiali di prestatori di servizi e forniture �

3.9. Nome e cognome del legale rappresentante: ………………………………….

3.10. Operatore partecipante individualmente � - in raggruppamento � con i seguenti operatori:

(codice fiscale )…… (ragione sociale) ………………………………………………………....................

(codice fiscale )…… (ragione sociale) ………………………………………………………....................

4. Posizione dell’operatore economico segnalato:

4.1. Sorteggiato �

4.2. Primo o secondo classificato �

5. Motivo della segnalazione dell’operatore economico (O.E.):

5.1 ai sensi dell’art. 48 del D. Lgs. N. 163/2006 e s. m. �

5.1.1. Omessa risposta �

5.1.2. Ritardo nella risposta rispetto al termine previsto per la comprova � : Precisare se l’O.E. con la documentazione inoltrata ha comprovato il possesso dei requisiti: SI � NO �

5.1.3. Non conformità della documentazione di comprova alle modalità indicate nel bando o nella lettera

di invito � Precisare i motivi della mancata conformità:

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

5.1.4. Dichiarazioni non confermate o presentazione di documenti contraffatti in merito al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa :

requisiti non confermati: …………………………………………………………………………………………………………………………

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………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

documenti contraffatti: ……………………………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

5.2. ai sensi dell’art. 6 comma 11 secondo periodo del D. Lgs. N. 163/2006 e s. m. �

5.3. ai sensi dell’art.49 comma 3 del D. Lgs. N. 163/2006 e s. m. �

5.4. ai sensi dell’art. 50 comma 2 del D. Lgs. N. 163/2006 e s. m. �

5.5. altro �

specificare………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

6. Provvedimenti adottati dalla stazione appaltante

6.1. Provvedimento di esclusione � di revoca dell’aggiudicazione �

6.2. Escussione della cauzione �

6.3. Denuncia all’A.G. per dichiarazione mendace o per formazione di atti falsi �

7. Giustificazioni eventualmente addotte da parte dell'operatore economico alla stazione appaltante :

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

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………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

8. Eventuali osservazioni della stazione appaltante :

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………..

9. Documenti da allegare alla presente comunicazione

9.1. Bando di gara e relativo disciplinare

9.2. Verbale di gara e provvedimento/verbale di esclusione

9.3. Richiesta della s.a. di comprova del requisito e ricevuta della R/R o di esito positivo del fax

9.4.Dichiarazione sostitutiva dei requisiti speciali presentata dall’O.E.

9.5. Documentazione di comprova presentata dall’O.E.

9.6. Giustificazioni dell’O.E.

……………………., …/ …../ ……

Firma del Responsabile del procedimento o del Presidente di gara o del Dirigente che sottoscrive la

presente comunicazione. …………………………

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Tribunale Amministrativo Regionale Campania Napoli sez. VIII 7/7/2010 n. 16605

L’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante, pena la vanificazione del principio della par condicio, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 settembre 2005 n. 4817; 30 gennaio 2006 n. 288; 19 giugno 2006 n. 3660; 31 maggio 2007 n. 2876; Sez. V, 22 ottobre 2007 n. 5511; Sez. VI, 26 gennaio 2009; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 23 luglio 2009 n. 4269).

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5206 del 2009, proposto da: Impresa Milazzo Impianti di Bartolomeo Milazzo, rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Giacalone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Corrado Diaco in Napoli, via dei Mille, 40; contro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11; Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, non costituita in giudizio; nei confronti di Impresa A. L. Impianti s.r.l., non costituita in giudizio; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, - del decreto del Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche, Campania e Molise n. 12494 del 16 settembre 2009 di revoca dell’aggiudicazione dell’appalto disposta in favore dell’Impresa Milazzo Impianti di Bartolomeo Milazzo; - del conseguente provvedimento di aggiudicazione dell’appalto in favore dell’impresa controinteressata; - della conseguente segnalazione all’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici; - della annotazione sanzionatoria nel casellario informatico. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2010 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

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1. L’Impresa Milazzo Impianti di Bartolomeo Milazzo con sede in Marsala (TP) ha partecipato alla procedura indetta dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Campania – Molise per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di adeguamento funzionale a servizio delle aule di udienza del 1° lotto del Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, con importo complessivo di Euro 474.427,64, conseguendo l’aggiudicazione provvisoria alla seduta di gara del 19 giugno 2009. 1.1. In sede di verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive in ordine al possesso dei requisiti di ordine generale, la stazione appaltante acquisiva la nota dell’INAIL di Trapani n. 6940393 del 30 giugno 2009 con la quale l’ente comunicava la non regolarità contributiva della società partecipante alla data della predetta dichiarazione (25 maggio 2009). Pertanto, con nota del 3 agosto 2009, il Provveditorato per le Opere Pubbliche invitava l’impresa Milazzo a fornire eventuali chiarimenti. 1.2. Con missiva del 5 agosto 2009 la ricorrente esponeva di aver attestato il possesso del requisito sulla base di un documento unico di regolarità contributiva (di seguito d.u.r.c.) rilasciato dallo sportello unico in data 19 maggio 2009 e che solo a seguito di un controllo contabile si avvedeva che il pagamento telematico del 12 maggio 2009 (con scadenza 16 maggio 2009) non era stato correttamente addebitato sul conto corrente della società. Pertanto, l’impresa provvedeva a sanare la propria posizione contributiva e ad effettuare il richiamato versamento in data 11 giugno 2009, conseguendo un d.u.r.c. regolare in data 26 giugno 2009. 1.3. Non ritenendo condivisibili le deduzioni di parte ricorrente, con provvedimento del 16 settembre 2009 la stazione appaltante disponeva la revoca dell’aggiudicazione per difetto del requisito di ordine generale di cui all’art. 38 D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ed in ragione della non veridicità della dichiarazione sul possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura. Per l’effetto, l’amministrazione trasmetteva apposita segnalazione alla Procura della Repubblica ed all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici ai sensi, rispettivamente, dell’art. 76 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 e dell’art. 48 del codice dei contratti pubblici. 1.4. Avverso il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria e gli altri atti meglio specificati in epigrafe insorge la ricorrente, affidando il gravame a due motivi di diritto con i quali deduce in sintesi i seguenti profili di illegittimità: I) violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 38 D.Lgs. 163/2006, eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento, travisamento dei fatti, difetto del presupposto e contraddittorietà manifesta; II) eccesso di potere sotto il profilo della violazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico in materia di elemento soggettivo dell’illecito. Con ordinanza n. 2416 del 28 ottobre 2009 il Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico dell’intimata amministrazione. Si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti depositando relazione del Provveditorato per le Opere Pubbliche Campania – Molise con la quale si specifica che, stante l’urgenza per l’esecuzione delle opere rappresentata dal Ministero della Giustizia, l’amministrazione ha proceduto alla stipulazione del contratto d’appalto (in data 6 ottobre 2009) con la società A.L. Impianti s.r.l., seconda classificata nella procedura di gara, con conseguente affidamento dei lavori. Alla pubblica udienza del 16 giugno 2010 la causa è stata introitata per la decisione che è stata anticipata con dispositivo di sentenza n. 55 del 18 giugno 2010. 2. Non è condivisibile il primo motivo di ricorso con cui parte ricorrente contesta la “gravità” della irregolarità contributiva ai sensi dell’art 38 lett. i) del codice degli appalti pubblici (secondo cui sono esclusi dalle procedure di affidamento di appalti pubblici i soggetti “che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”), tenuto conto anche dell’importo esiguo del debito previdenziale, pari ad Euro 190,73. 3. L’esposizione delle ragioni della decisione deve principiare dall’esame della lex specialis della

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procedura. 3.1. Il disciplinare di gara imponeva alle società partecipanti di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000 con la quale il concorrente, consapevole delle sanzioni penali previste dall’art. 46 del citato decreto, avrebbe dovuto dichiarare di non trovarsi nelle condizioni di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, del D.Lgs. 163/2006 e di essere in regola con i versamenti previsti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva. 3.2. In esecuzione di tale prescrizione l’odierna ricorrente depositava la dichiarazione sostitutiva ex D.P.R. 445/2000, datata 25 maggio 2009, con la quale attestava di: I) non trovarsi nelle condizioni di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), l), m) ed m-bis) del D.Lgs. 163/2006 e, in particolare, di non aver commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali” (cfr. dichiarazione del 25 maggio 2009, lettera a); II) di essere in regola con i versamenti previsti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva (DURC) specificando, tra l’altro, di mantenere regolari posizioni previdenziali ed assicurative presso la sede INAIL di Trapani, matricola 1699255 (cfr. dichiarazione del 25 maggio 2009, lettera x). Con riferimento a questo secondo profilo, occorre evidenziare che la dichiarazione della ricorrente, nella parte in cui specificava di “mantenere regolari posizioni previdenziali ed assicurative presso la sede INAIL di Trapani”, attestava la regolarità contributiva dell’impresa, da intendersi come assenza di qualsivoglia pendenza contributiva, anche di lieve entità. 3.3. Giova rammentare che il gravato provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria si fonda sulla sussistenza di un’ipotesi di grave irregolarità prevista dall’art. 38 comma 1 lett. i) del D.Lgs. 163/2006 e sulla non veridicità della dichiarazione resa in sede di gara circa il possesso del menzionato requisito di ordine generale. Difatti, dalle verifiche svolte successivamente alla disposta aggiudicazione provvisoria, è risultato che la ricorrente non era in regola con il versamento dei contributi INAIL alla data della dichiarazione sostitutiva del 25 maggio 2009 per effetto dell’omesso versamento di premi assicurativi per l’anno 2009 per un importo di Euro 190,73 (come emerge dal d.u.r.c. versato agli atti di causa datato 27 luglio 2009). 4. Come noto l’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006 prevede una differenza tra la regolarità contributiva richiesta al partecipante alla gara, e la regolarità contributiva richiesta all’aggiudicatario al fine della stipula del contratto. Infatti, il concorrente può essere escluso solo in presenza di gravi violazioni, definitivamente accertate, sicché le violazioni non gravi, o ancora non definitive, non sono causa di esclusione. Invece, al fine della stipula del contratto, l’affidatario deve presentare la certificazione di regolarità contributiva ai sensi dell’art. 2, D.L. 25 settembre 2002 n. 210 (art. 38, terzo comma, D.Lgs. n. 163/2006); tale disposizione, a sua volta, prevede il rilascio del d.u.r.c., documento unico di regolarità contributiva, che attesta contemporaneamente la regolarità contributiva quanto agli obblighi nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse edili. Il d.u.r.c. regolare, poi, è requisito che accompagna l’intera fase di esecuzione del contratto, essendo necessario al fine del pagamento secondo gli stati di avanzamento e del saldo dopo il collaudo. 5. Ebbene, per verificare se possa ritenersi falsa la dichiarazione di essere in regola con i versamenti previsti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva (cfr. dichiarazione sostitutiva del 25 maggio 2009, lett. x), occorre scrutinare i presupposti in presenza dei quali può essere emesso un d.u.r.c. regolare. 6. In argomento, deve rammentarsi che, ai sensi del D.M. 24 ottobre 2007 (emanato in attuazione dell’art. 1, co. 1176, della L. 27 dicembre 2006 n. 296) sono state definite le modalità di rilascio ed i contenuti analitici del d.u.r.c. e, a tal fine, viene fissata una soglia di “gravità” delle violazioni, ritenendosi le violazioni al di sotto di tale soglia di gravità non ostative al rilascio del d.u.r.c.: non si considera, in particolare, grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento

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inferiore a 100 euro, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del d.u.r.c. (art. 8, co. 3, D.M. citato). Quanto al requisito della “definitività” si prevede che la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto in posizione irregolare; quindi fino alla decisione che respinge il ricorso, può essere dichiarata la regolarità contributiva (art. 8, co. 2, lett. a). 7. Pertanto, dopo il D.M. del 2007, si può affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarità contributive “definitivamente accertate” e solo quelle che superano una “soglia di gravità”, fissata autonomamente dal citato decreto sicché, dopo tale decreto una declaratoria di non regolarità contributiva è grave indizio, ai fini dell’art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, che sia stata commessa una violazione contributiva “grave” e “definitivamente accertata” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 agosto 2009 n. 4906). 8. Nell’ipotesi in esame, il versamento omesso dalla ricorrente, seppure contenuto, eccede i limiti di proporzione segnati dai parametri specificati nel D.M. del 2007, con la conseguenza che deve convenirsi con l’amministrazione circa la non veridicità della dichiarazione resa dalla ricorrente in ordine al possesso dei requisiti generali, con particolare riferimento alla dichiarazione di “essere in regola con i versamenti previsti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva” non sussistendo, per le ragioni illustrate, le condizioni normativamente previste dal predetto decreto per il rilascio di un d.u.r.c. regolare (T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 23 luglio 2009 n. 4269). Peraltro, non vi è dubbio che l’accertamento del debito nei confronti dell’INAIL, indipendentemente dalla relativa entità, esclude la genuinità della dichiarazione resa dalla ricorrente di “mantenere regolari posizioni previdenziali ed assicurative presso la sede INAIL di Trapani” (cfr. dichiarazione sostitutiva del 25 maggio 2009, lett. x) che, come si è visto, deve essere correttamente interpretata come attestante l’assenza di qualsivoglia pendenza contributiva, anche di minimo importo. 9. Non è inoltre condivisibile l’argomentazione difensiva secondo cui il debito previdenziale effettivo ammontava ad Euro 19,77 per effetto della compensazione tra il contestato debito verso l’INAIL (Euro 190,73) ed un credito vantato dalla ricorrente nei confronti del medesimo ente (Euro 170,96), concludendosi che tale dato, in virtù dell’art. 8 comma 3 del D.M. 2007 non avrebbe pregiudicato il rilascio di un d.u.r.c. regolare, costituendo un’omissione contributiva non grave ed uno scostamento inferiore ad Euro 100,00. In senso contrario, occorre rilevare che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti alle procedure di gara per l'aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2008, n. 147). Pertanto, non residua in capo all’amministrazione alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati e alle circostanze contenute nel d.u.r.c., con la conseguenza che perde di giuridica consistenza la pretesa ad una doverosa istruttoria che la stazione appaltante avrebbe dovuto avviare, anche al fine di accertare la sussistenza di eventuali poste in attivo nei confronti degli enti previdenziali (T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 12411) onde farne discendere l’eventuale compensazione. 10. E’ infondata anche la seconda censura con la quale l’impresa Milazzo assume che la propria condotta non integrerebbe il requisito della dichiarazione infedele per difetto dell’elemento soggettivo (in quanto l’attestazione di regolarità contributiva si fondava sulla convinzione di aver regolarmente assolto agli obblighi previdenziali), aggiungendo che la contestata situazione di irregolarità contributiva è stata in ogni caso successivamente sanata dalla ricorrente, come risulta dal menzionato d.u.r.c. rilasciato nel giugno 2009. 10.1. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza, infatti, in un contesto di positivo rinnovamento della legislazione in tema di rapporti tra cittadino e pubblici poteri, e quindi in tema di certificazioni e di autocertificazione, è indispensabile che il cittadino stesso sia anche responsabile (e responsabilizzato) delle dichiarazioni che rilascia, all’evidente scopo di evitare che un importante strumento di civiltà giuridico-amministrativa, quale l’autocertificazione, possa finire con l’essere comodo mezzo per aggirare ben precisi precetti di legge (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 15 settembre

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2005 n. 1590). 10.2. Da ciò si ricava che le imprese che intendano partecipare alle pubbliche gare d’appalto, hanno l’onere, allorché rendono le autodichiarazioni previste dalla legge o dal bando, di rendersi particolarmente diligenti nel verificare preliminarmente (attraverso la documentazione in loro possesso o anche accedendo ai dati dei competenti uffici) che tali autodichiarazioni siano veritiere. La falsa o incompleta attestazione dei requisiti di partecipazione ha rilevanza oggettiva, sicché il relativo inadempimento non tollera ulteriori indagini da parte dell’amministrazione in ordine all’elemento psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla gravità della violazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 aprile 2003 n. 2081 e 9 dicembre 2002 n. 6768; T.A.R. Puglia, Bari, 3 luglio 2008 n. 1622). 10.3. Neppure rileva la regolarizzazione successiva della posizione previdenziale, come certificata dal d.u.r.c. rilasciato dall’INAIL di Trapani il 26 giugno 2009, attestante la regolarità contributiva alla data dell’11 giugno 2009. In senso contrario, è agevole rilevare che il versamento successivo dei contributi in favore dell’INAIL non esclude la non veridicità della dichiarazione resa il 25 maggio 2009 circa il possesso a quella data del requisito della regolarità contributiva (cioè di “mantenere regolari posizioni previdenziali ed assicurative presso la sede INAIL di Trapani”) che, per le ragioni illustrate, costituisce legittima causa di revoca dell’aggiudicazione provvisoria. 10.4. Inoltre, giova rammentare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante, pena la vanificazione del principio della par condicio, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 settembre 2005 n. 4817; 30 gennaio 2006 n. 288; 19 giugno 2006 n. 3660; 31 maggio 2007 n. 2876; Sez. V, 22 ottobre 2007 n. 5511; Sez. VI, 26 gennaio 2009; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 23 luglio 2009 n. 4269). 11. In conclusione, per le ragioni illustrate, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione è stato legittimamente disposto e, pertanto, il ricorso è infondato in parte qua e deve essere respinto. 12. Viceversa, si impone la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse con riguardo all’impugnazione della segnalazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ai fini dell’eventuale annotazione nel casellario informatico ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34. 13. Difatti, con nota del 27 aprile 2010, versata agli atti di causa dalla ricorrente in data 10 maggio 2010, l’Autorità di vigilanza ha comunicato di aver disposto l’archiviazione della segnalazione trasmessa dal Provveditorato Interregionale. Ne consegue che alcun effetto lesivo può promanare dalla menzionata segnalazione che, in quanto non seguita dalla successiva annotazione nel casellario informatico, è inidonea a cagionare l’effetto interdittivo per la partecipazione a gare d’appalto previsto dall’art. 38 comma 1, lett. h) del D.Lgs. 163/2006 (false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara). 14. In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere dichiarato in parte infondato ed in parte improcedibile pur stimandosi equo disporre l’integrale compensazione delle spese ed onorari di giudizio, tenuto conto delle questioni dedotte in giudizio e della complessiva condotta processuale delle parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sez. VIII, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe n. 5206 del 2009, lo dichiara in parte infondato ed in parte improcedibile. Compensa spese ed onorari di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2010 con l'intervento dei Magistrati: Alessandro Pagano, Presidente FF Carlo Buonauro, Primo Referendario Gianluca Di Vita, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 07/07/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO

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Consiglio di Stato sez. V 13/7/2010 n. 4511

Ai fini della valutazione della definitività dell’accertamento per gli effetti dell’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006 rileva dunque unicamente, che al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara (i) sia spirato il termine per l’impugnazione dell’atto di accertamento in sede amministrativa o il relativo ricorso amministrativo sia stato respinto con provvedimento definitivo, e (ii) non sia stato proposto ricorso giurisdizionale. La proposizione successiva del ricorso giurisdizionale non vale, invece, ad infirmare l’efficacia preclusiva del d.u.r.c. negativo, venendo altrimenti rimesso alla determinazione unilaterale di uno dei partecipanti alla gara alterarne lo svolgimento con la proposizione, in corso di gara, di ricorsi giurisdizionali incidenti sulla valutazione dei requisiti generali di ammissione.

N. 04511/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9737 del 2009, proposto da:

Luca Falaschi Srl in proprio e in qualità di capogruppo mandataria di costituenda Ati, Ati - Ctp Consorzio Trasporto Persone, Ati - Meditral Società Consortile a r.l., rappresentati e difesi dagli Avv.ti Andrea Bussa, Stefano Crisci, con domicilio eletto presso Stefano Crisci in Roma, via Caccini, 1;

contro

Provincia di Roma, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Riccardo Giovagnoli, Massimiliano Sieni, domiciliata per legge in Roma, via IV Novembre 119/A;

nei confronti di

Schiaffini Travel Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso Ernesto Stajano in Roma, via di Villa Albani,12;

Turismo Fratarcangeli Cocco di Cocco Fratarcangeli Vincenzina e C. Sas, Cilia Travel Srl, Autoservizi Stefanelli Snc di Stefanelli Antonio & C., Consorzio Sit 2000;

Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luigi Caliulo, Lelio Maritato, Antonino Sgroi, domiciliata per legge in Roma, via della Frezza, 17;

Ctp - Consorzio Trasporto Persone, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Dover Scalera, Gabriele Di Paolo, con domicilio eletto presso Gabriele Di Paolo in Roma, via Antonio Bertoloni. 49;

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Ctm - Cooperativa Trasporto e Mobilità Scarl, rappresentata e difesa dall’Avv. Dover Scalera, con domicilio eletto presso Gabriele Di Paolo in Roma, via Antonio Bertoloni. 49;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUA n. 07931/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO SPECIALE TRIENNALE TRASPORTO A CHIAMATA PER DISABILI - RIS. DANNI.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Roma e di Schiaffini Travel Spa, di Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, di Ctp - Consorzio Trasporto Persone e di Ctm - Cooperativa Trasporto e Mobilità Scarl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 23-bis, comma sesto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2010 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli Avv.ti Quattrini, per delega dell’Avv. Crisci, Giovagnoli e Di Paolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.A.R. per il Lazio respingeva il ricorso proposto da C.T.P.-Consorzio Trasporto Persone (di seguito "CTP") e Meditral Società consortile a r.l. (di seguito "Meditral"), in proprio e quali mandanti della costituenda associazione temporanea d’imprese con la capogruppo mandataria Luca Falaschi s.r.l. (di seguito "a.t.i. Falaschi"), nonché da C.T.M.-Cooperativa Trasporto e Mobilità s.c.r.l. (di seguito "CTM"), consorziata esecutrice del servizio designata da CTP, avverso gli atti di gara – indetta con procedura ristretta accelerata e secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – per l’affidamento del servizio speciale triennale di trasporto a chiamata per disabili nel bacino della Provincia di Roma, al prezzo base d’asta di euro 6.818.181,82. Il ricorso dell’a.t.i. Falaschi, terza qualificata nella graduatoria finale, era, in particolare, diretto avverso (i) l’atto di esclusione dell’a.t.i. Falaschi dalla gara (dd. 24 aprile 2009), motivato dalle risultanze del documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.) del 18 febbraio 2009, attestante l’irregolarità contributiva della CTM nei confronti dell’INPS a seguito di "esito negativo ricorso amministrativo", (ii) il d.u.r.c. predetto quale atto presupposto del provvedimento di esclusione, (iii) gli atti di ammissione alla gara della prima classificata a.t.i. Schiaffini Travel s.p.a., Cilia Travel s.r.l. e Autoservizi Stefanelli s.n.c. di Stefanelli Antonio & C. (di seguito "a.t.i. Schiaffini") e della seconda classificata Turismo Fratarcangeli Cocco di Cocco Fratrcangeli Vincenzina & C. s.a.s. (di seguito "Fratarcangeli"), e (iv) l’aggiudicazione definitiva all’a.t.i. Schiaffini (dd. 27 aprile 2009), nonché (v), con motivi aggiunti, avverso la composizione della commissione giudicatrice, oltreché (vi) avverso tutti gli atti presupposti e conseguenziali.

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2. Il T.A.R. rigettava il ricorso a spese compensate, rilevando, quanto al motivo dedotto avverso il provvedimento di esclusione dell’a.t.i. Falaschi per irregolarità contributiva della CTM, che alla data del 14 gennaio 2009 (termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara), assunta a momento rilevante per la valutazione del possesso del requisito della regolarità contributiva, l’attestazione negativa di tale requisito, con riferimento a detta data, nel d.u.r.c. del 18 febbraio 2009, fosse da ritenersi definitiva agli effetti dell’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006, alla luce della reiezione, in data 2 dicembre 2008, del ricorso amministrativo presentato dinnanzi al Comitato regionale, ed a fronte della mancata presentazione di ricorso giurisdizionale, proposto solo successivamente, in data 11 marzo 2009, dinnanzi al giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma. Escludeva al riguardo ogni rilevanza all’istanza di riesame presentata dal CTM al Comitato regionale in data 22 gennaio 2009, trattandosi di semplice sollecitazione all’esercizio del potere di autotutela, e risultando l’istanza comunque presentata dopo la data rilevante del 14 gennaio 2009. Negava ogni potere discrezionale in capo alla stazione appaltante di valutare la sussistenza, o meno, e la gravità dell’irregolarità contributiva attestata nel d.u.r.c., e respingeva la doglianza di contraddittorietà dell’operato dell’ente previdenziale per il rilascio di altri d.u.r.c. di esito favorevole, essendo gli stessi stati rilasciati sulla base di incomplete informazioni sull’esito del ricorso amministrativo. Riteneva, infine, inammissibile per tardività il motivo, non contenuto nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti, per la prima volta prospettato nell’ultima memoria del 7 luglio 2009, di violazione dell’art. 7 d.m. 24 ottobre 2007 per avere l’INPS omesso d’instaurare il contraddittorio con l’interessata prima di emettere la certificazione sfavorevole.

Dichiarava inammissibili per carenza d’interesse i rimanenti mezzi di gravame, volti a contestare la legittimità dell’ammissione delle altre partecipanti alla gara, dell’atto di aggiudicazione e della composizione della commissione di gara.

Affermava comunque la manifesta infondatezza delle censure dedotte in relazione all’offerta della seconda classificata Fratarcangeli per la mancata formulazione di un ribasso in violazione della lex specialis, ritenendo legittima un’offerta pari al prezzo base d’asta nelle procedure di gara improntate al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

3. Avverso tale sentenza proponeva appello la Luca Falaschi s.r.l., denunciando l’erroneo accertamento della legittimità dell’esclusione dell’a.t.i. dalla stessa capeggiata, in violazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, ed assumendo, in particolare, la natura non definitiva dell’accertamento della pretesa irregolarità contributiva contenuto nel d.u.r.c. del 18 febbraio 2009, in assenza di sentenza passata in giudicato e provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile. Censurava l’affermazione della legittimità dell’omesso sindacato della stazione appaltante sulla gravità dell’asserita irregolarità contributiva e si doleva dell’erroneo mancato accoglimento della dedotta violazione dell’art. 7 d.m. 24 ottobre 2007 (e della correlativa circolare dell’INPS n. 51/2008), disciplinante il rilascio del d.u.r.c.

Per il resto, riproponeva i motivi di ricorso dedotti in prime cure, dichiarati inammissibili dal T.A.R.

Chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, l’accoglimento del ricorso in primo grado, riproponendo la domanda risarcitoria ivi spiegata.

4. Con controricorso del 19 dicembre 2009 si costituivano il CTP, in proprio e nella sua qualità di mandante dell’a.t.i. Falaschi, e la CTM, quale impresa consorziata e designata esecutrice del servizio dal CTP, proponendo appello incidentale autonomo avverso il capo della sentenza, che aveva ritenuta legittima l’esclusione dell’a.t.i. Falaschi per asserite irregolarità contributive, sostanzialmente sviluppando gli stessi profili di gravame già dedotti dall’appellante principale.

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Lamentavano l’erronea declaratoria d’inammissibilità dei motivi residui, avendo i ricorrenti in primo grado fatto valere una serie di vizi idonei a travolgere in radice la procedura di affidamento e ad escludere l’ammissione di tutti gli altri concorrenti, con conseguente persistenza dell’interesse alla relativa disanima in funzione della ripetizione della gara. Riproponevano, dunque, i mezzi di gravame dichiarati inammissibili in prime cure.

5. Si costituivano le amministrazioni resistenti, Provincia di Roma ed INPS, contestando la fondatezza delle proposte impugnazioni e chiedendone il rigetto.

6. Si costituiva altresì la controinteressata Schiaffini Travel s.p.a., in proprio e quale mandataria dell’a.t.i. Schiaffini, resistendo e chiedendo il rigetto dell’interposto gravame.

7. Ometteva invece di costituirsi la controinteressata Fratarcangeli.

8. All’odierna pubblica udienza la causa veniva discussa e trattenuta in decisione, con pubblicazione della parte dispositiva della sentenza in data 1 aprile 2010.

DIRITTO

1. Gli appelli, proposti in via principale ed incidentale dalle imprese dell’a.t.i. Falaschi, sono infondati e vanno disattesi.

2.1. Premesso che il motivo centrale d’appello investe, sotto vari profili, la statuizione affermativa della legittimità dell’esclusione dell’a.t.i. ricorrente in conseguenza del d.u.r.c negativo relativo alla CTM (impresa consorziata e designata esecutrice del servizio dal CTP), si osserva che i primi giudici correttamente hanno individuato il momento rilevante ai fini della valutazione della sussistenza, o meno, del requisito d’esclusione delineato dall’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006 – secondo cui "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavoro, forniture e servizi … i soggetti: … i) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti; …" – alla data di scadenza stabilita per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, nel caso di specie fissata al 14 gennaio 2009, dovendosi secondo l’orientamento consolidato di questo Consiglio, da cui non v’è motivo di discostarsi, aver riguardo in primo luogo a tale data per stabilire la sussistenza del requisito partecipativo in capo all’interessato (v. in tal senso, ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 9 aprile 2010, n. 7157; C.d.S., Sez. V, 19 novembre 2009, n. 7255;).

2.2. Deve, poi, escludersi la contraddittorietà dell’operato dell’ente previdenziale per il rilascio, in relazione alla posizione previdenziale della CTM, di certificazioni tra di loro confliggenti, in quanto:

- il rilascio dei d.u.r.c. del 30 dicembre 2008 e del 3 febbraio 2009 (su richiesta della CTM), con esito positivo, era evidentemente riconducibile alla mancata conoscenza, da parte dell’ufficio certificatore, della reiezione, in data 2 dicembre 2008, del ricorso amministrativo proposto dalla CTM il 5 agosto 2008 al Comitato regionale avverso i verbali ispettivi di accertamento del 5 giugno 2008 e del 24 giugno 2008, con cui era stata accertata la natura subordinata dei rapporti di lavoro, formalmente dichiarati quali rapporti di collaborazione a progetto in regime di autonomia, intercorsi tra la CTM quale datrice di lavoro ed una serie di prestatori di lavoro esercenti mansioni di autisti, con addebito dei relativi contributi e sanzioni per un importo di euro 234.649,00;

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- il d.u.r.c del 18 febbraio 2009, rilasciato su richiesta della stazione appaltante con specifico riferimento alla situazione contributiva esistente al 14 gennaio 2009, e di contenuto negativo per reiezione del ricorso presentato in sede amministrativa, rispecchia invece la situazione reale esistente a quella data, risultando documentalmente comprovato, che per un verso il Comitato regionale in data 2 dicembre 2008 aveva rigettato il ricorso amministrativo, e che per altro verso all’epoca non era stato ancora proposto ricorso giurisdizionale, incardinato dinnanzi al giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma solo l’11 marzo 2009;

- il d.u.r.c. rilasciato il 1 aprile 2009 (su richiesta della CTM), pure con esito positivo, non contiene alcun riferimento alla situazione esistente al 14 gennaio 2009 e tiene evidentemente conto della pendenza giudiziaria sopravvenuta nelle more.

Ne consegue, che l’unica certificazione rilevante ai fini del presente giudizio è il d.u.r.c. rilasciato il 18 febbraio 2009, attestante una situazione di irregolarità contributiva alla data di scadenza della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, da ritenersi accertata in modo definitivo con riferimento allo stato dell’epoca (definizione negativa del ricorso amministrativo; mancata pendenza di ricorso giurisdizionale).

2.3. I primi giudici hanno, inoltre, correttamente negato ogni rilevanza alla richiesta di riesame presentata dalla CTM al Comitato regionale il 22 gennaio 2009, in quanto:

- trattavasi di semplice istanza diretta a sollecitare l’esercizio di poteri in autotutela, come tale non costitutiva di alcun obbligo di provvedere in capo al Comitato regionale, il quale con provvedimento definitivo aveva già rigettato il ricorso amministrativo;

- l’istanza di riesame era stata presentata comunque dopo la scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

2.4. Sulla base di quanto sopra l’irregolarità contributiva doveva ritenersi "definitivamente accertata" alla data rilevante del 14 gennaio 2009, risultando all’epoca per un verso ormai esauriti i rimedi di natura amministrativa, e non essendo per altro verso ancora stati esperiti rimedi di natura giudiziaria.

Ritiene al riguardo questo Collegio, che la definitività dell’accertamento, per gli effetti di cui all’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006, debba essere cristallizzata al momento della scadenza di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, in quanto diversamente rimarrebbero lese la par condicio dei partecipanti ed elementari esigenze di trasparenza, certezza giuridica ed efficienza nello svolgimento delle procedure di affidamento, esposte ex post alle iniziative giudiziarie altalenanti dei partecipanti alla gara.

Invero, tenuto conto del mancato assoggettamento dell’azione di accertamento negativo della sussistenza del debito contributivo a un termine di decadenza, salva l’operatività del termine di decadenza di 40 giorni ex art. 24, comma 5, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, per l’opposizione alla cartella esattoriale eventualmente emessa dall’istituto concessionario della gestione del servizio di riscossione per il mancato pagamento di contributi pretesi dall’INPS – cartella, nel caso di specie tuttavia non ancora emessa, attesa la mancata maturazione del termine per l’iscrizione a ruolo ai sensi del successivo art. 25 –, la qualificazione dell’accertamento dell’ente previdenziale come non definitivo in attesa dell’instaurazione e dell’esaurimento della procedura di riscossione, a prescindere dalla pendenza, o meno, in concreto di un ricorso amministrativo o giudiziario, equivarrebbe ad esautorare il d.u.r.c. di ogni valenza certificatoria in tutti i casi, in cui il credito da irregolarità contributiva non sia ancora stato iscritto a ruolo e non siano ancora spirati i termini di cui ai citati artt.

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25 (il quale testualmente dispone: "1. I contributi o premi dovuti dagli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza: a) per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell'ente; b) per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo. 2. Dopo l’iscrizione a ruolo l’ente, in pendenza di gravame amministrativo, può sospendere la riscossione con provvedimento motivato notificato al concessionario ed al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione.") e 24 d.lgs. n. 46/1999 (i cui commi 3, 4 e 5 testualmente recitano: "3. Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice. 4. In caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dall'articolo 25. 5. Contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all’ente impositore ed al concessionario.").

Ai fini della valutazione della definitività dell’accertamento per gli effetti dell’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006 rileva dunque unicamente, che al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara (i) sia spirato il termine per l’impugnazione dell’atto di accertamento in sede amministrativa o il relativo ricorso amministrativo sia stato respinto con provvedimento definitivo, e (ii) non sia stato proposto ricorso giurisdizionale.

La proposizione successiva del ricorso giurisdizionale non vale, invece, ad infirmare l’efficacia preclusiva del d.u.r.c. negativo, venendo altrimenti rimesso alla determinazione unilaterale di uno dei partecipanti alla gara alterarne lo svolgimento con la proposizione, in corso di gara, di ricorsi giurisdizionali incidenti sulla valutazione dei requisiti generali di ammissione.

Né l’onere di tempestivo esercizio dell’azione giudiziaria, onde evitare la formazione di siffatto effetto preclusivo, appare eccessivamente gravoso per il partecipante della gara, tenuto conto delle contrapposte esigenze d’interesse generale sopra enunciate (nella fattispecie sub iudice, la CTM, a fronte della reiezione del ricorso amministrativo con provvedimento definitivo del 2 dicembre 2008, avrebbe avuto a disposizione un lasso temporale fino al 14 gennaio 2009 per la proposizione di azione giudiziaria, da ritenersi senz’altro adeguato).

2.5. L’illecito contributivo, nel caso di specie, assurgeva indubbiamente agli estremi della "gravità" ai sensi del citato art. 38, comma 1 lett. i), essendo lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate superiore al 5% delle somme dovute, nonché superiore ad euro 100, che costituiscono il limite massimo previsto dall’art. 8 d.m. 24 ottobre 2007 per considerare non grave l’irregolarità contributiva con riferimento a ciascun istituto o fondo, sicché anche sotto il profilo in esame l’esclusione delle odierne appellanti dalla gara deve ritenersi legittima.

2.6. Quanto alla denunciata violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale in violazione dell’art. 7 d.m. 24 ottobre 2007, per avere l’INPS omesso d’instaurare il contraddittorio con l’interessata prima di emettere la certificazione sfavorevole, si rileva che i primi giudici hanno dichiarato l’inammissibilità della doglianza per tardiva proposizione del mezzo de quo, non contenuto nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti in primo grado, ma per la prima volta prospettato solo nell’ultima memoria del 7 luglio 2009.

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Non risultando tale statuizione d’inammissibilità investita da specifico motivo d’appello, resta precluso l’ingresso della questione nel merito.

3. Deve, infine, confermarsi la statuizione – contenuta nella gravata sentenza – d’inammissibilità dei residui motivi di ricorso (e dei motivi aggiunti) proposti dalle imprese raggruppate nella costituenda a.t.i. Falaschi, in seguito alla conferma della legittimità del provvedimento di esclusione, condividendo questo Collegio l’orientamento tradizionale della Sezione, in base al quale non sussista un interesse giuridicamente rilevante del soggetto legittimamente escluso dalla gara a censurarne l’esito al fine di ottenerne la ripetizione, non ravvisandosi alcuna differenza tra concorrente legittimamente escluso ed operatore che non abbia partecipato alla gara, titolare di un mero interesse di fatto alla riedizione della gara (v. in tal senso, ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8969; C.d.S., Sez. V, 31 ottobre 2008, n. 5458; C.d.S., Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5925).

Ne consegue l’infondatezza del motivo d’appello al riguardo proposto dalle appellanti incidentali, e resta impedito l’ingresso dei motivi dichiarati inammissibili in primo grado e riproposti in appello.

4. Considerato l’esito del giudizio, le spese del grado come liquidate in parte dispositiva, da ripartirsi in quote eguali tra le parti appellate costituite in giudizio, devono essere poste a carico delle parti appellanti, soccombenti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge gli appelli proposti in via principale ed incidentale e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza. Condanna gli appellanti principali e incidentali, in solido fra di loro, a rifondere alle parti appellate le spese del presente grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 7.500,00, oltre agli accessori di legge, da ripartirsi in quote eguali tra le parti appellate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:

Cesare Lamberti, Presidente FF

Filoreto D'Agostino, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Aniello Cerreto, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 13/07/2010

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Consiglio di Stato sez. VI 11/5/2010 n. 2835

La clausola del bando che prescrive la presentazione attraverso la posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale ma non vieta espressamente la consegna diretta dell’offerta deve, pertanto, essere intesa come indicativa della possibilità di tale consegna.

N. 02835/2010 REG.DEC. N. 08270/2006 REG.RIC. N. 08269/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8270 del 2006, proposto da: Agenzia per il diritto allo studio universitario di Perugia in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi 12; contro Ricci Natale & C. (ora Ricci s.r.l. Forniture alimentari); Cecioni Catering S.r.l. – intimate, non costituite

Sul ricorso numero di registro generale 8269 del 2006, proposto da: Agenzia per il diritto allo studio universitario di Perugia in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi 12; contro Ricci Natale & C. s.a.s. (ora Ricci s.r.l. Forniture alimentari); Cecioni Catering S.r.l. – intimate, non costituite per la riforma quanto al ricorso n. 8269 del 2006: della sentenza del T.a.r. Umbria - Perugia n. 00411/2005, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 8270 del 2006: della sentenza del T.a.r. Umbria - Perugia n. 00412/2005, resa tra le parti entrambe concernenti GARA PER LA FORNITURA DI GENERI PER LA MENSA CENTRALE ANNO 2005 e RISARCIMENTO del DANNO.

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010 il consigliere Roberta Vigotti e udito per l’amministrazione appellante l’avvocato dello Stato Urbani Neri.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

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Con due distinti ricorsi in appello l’Agenzia per il diritto allo studio universitario di Perugia chiede la riforma delle sentenze con la quale il Tar dell’Umbria ha accolto i ricorsi proposti dalla società Ricci Natale per l’annullamento della non ammissione alla gara indetta per la fornitura di generi alimentari destinati alla mensa universitaria per l’anno 2005 (lotti n. 1 e n. 2), della clausola n. 7 del bando, che non consente la presentazione della domanda tramite consegna diretta, della aggiudicazione alla società Cecioni Catering e per il risarcimento del danno che è conseguito dagli atti impugnati. I) E’ opportuna la riunione degli appelli, connessi soggettivamente ed oggettivamente in quanto aventi ad oggetto sentenze riguardanti lotti diversi della medesima gara. II) La società ricorrente in primo grado ha presentato domanda di partecipazione alla gara per i lotti 1 e 2, sui tre messi a concorso, consegnando il plico presso l’agenzia n. 1 di Perugia delle Poste italiane, dove sapeva essere il recapito postale dell’ente appaltante, in data 26 novembre 2004. Il plico è pervenuto presso gli uffici dell’ente solo alle ora 14,50 del 29 novembre 2004, quasi tre ore dopo la scadenza prevista dal bando di gara (“ore 12,00 del giorno 29/11/2004”), momento in cui, come è stato accertato da successivi approfondimenti, il plico stesso non era più disponibile presso l’agenzia postale, in quanto smistato erroneamente presso diverso centro, dove è stato finalmente ritirato dagli addetti dell’amministrazione appaltante. In quanto tardivamente prevenuta, l’offerta della ricorrente (della quale non è contestata la maggiore vantaggiosità rispetto a quella presentata dalla aggiudicataria) non è stata ammessa. Il Tar ha accolto i ricorsi sia nella parte impugnatoria, sia in quella risarcitoria. III) Le sentenze impugnate meritano conferma sotto il primo profilo, mentre devono essere riformate per la parte in cui riconoscono il diritto al risarcimento del danno subito dalla società ricorrente. IV) Quanto al primo aspetto, premesso che non è stato contestata in giudizio la successione dei fatti come è stata ricostruita nei ricorsi, va ricordato che, come osserva il Tar, la regola generale della presentazione diretta dell’offerta costituisce principio di libertà che non può essere derogata dal bando di gara, in quanto espressione dell’esigenza di rendere immuni i concorrenti dal rischio del mancato rispetto di formalità che non sono nella loro disponibilità (Consiglio Stato , sez. VI, 26 settembre 2003 , n. 5504). La clausola del bando che prescrive la presentazione attraverso la posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale ma non vieta espressamente la consegna diretta dell’offerta deve, pertanto, essere intesa come indicativa della possibilità di tale consegna. Peraltro, l’illegittimità del provvedimento di esclusione si manifesta anche alla luce della disposizione letterale del bando. Nelle gare in cui l'inoltro delle offerte è ammesso esclusivamente a mezzo di servizio postale, per principio ormai consolidato e che il Collegio condivide, trova applicazione si applica l'art. 36, dpr 29 maggio 1982 n. 655, il cui comma 3 prevede l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di provvedere al ritiro della corrispondenza presso l'ufficio postale, con la conseguenza che il momento di ricezione dell'offerta da parte della stazione appaltante coincide con quello in cui i plichi contenenti le offerte pervengono all'ufficio postale destinatario. Nella fattispecie di cui è causa, la società Ricci Natale, come si è detto, ha consegnato il plico contenente le domande di partecipazione presso l’ufficio postale dove l’Agenzia appaltante ha il recapito postale, con anticipo rispetto alla scadenza del termine stabilito dal bando di gara, con ciò esercitando l’ordinaria diligenza richiesta al fine della ammissione. Ne deriva che la data alla quale l’amministrazione avrebbe dovuto far riferimento è precisamente quella, non contestata in causa, del 26 novembre 2004, ampiamente rispettosa del termine fissato dal bando per la presentazione delle offerte. Contrariamente a quanto pretende l’appellante, non può essere infatti valorizzata la circostanza che per un disguido il plico non si trovasse più nell’ufficio postale di destinazione e, quindi, pronto per il ritiro da parte dell’amministrazione destinataria: trattasi, infatti, di elemento di fatto che non può essere posto a carico della società che ha presentato l’offerta, data l’esigenza, cui sopra si è fatto cenno, di rendere immuni i concorrenti dal rischio del mancato rispetto di formalità che non sono nella loro disponibilità. Sotto il profilo esaminato la sentenza impugnata merita, quindi, sostanziale conferma, con la

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precisazione che l’annullamento non riguarda il bando di gara. V) Se non rileva al fine dell’individuazione del momento di presentazione della domanda di partecipazione, il disguido postale sopra ricordato incide però sulla qualificazione del comportamento dell’amministrazione e, quindi, sulla configurabilità o meno del diritto al risarcimento del danno che dalla esclusione è derivata alla società ricorrente in primo grado. Perché sia riconosciuto un tale diritto, occorre, come è noto, che emerga comunque la colpa dell’amministrazione. Nella fattispecie in esame, il mancato ritiro da parte dell’ente appaltante del plico contente l’offerta della Ricci natale s.a.s. allo scadere del termine stabilito dal bando (nel che si riassume il principio derivante dall’art. 36, dpr 655 del 1982), così come non può essere indicativo della tardività della stessa, non neppure è imputabile a colpa dell’amministrazione appellante, essendo causato da una circostanza non dovuta a imperizia, imprudenza o negligenza della stessa (ma a comportamenti degli addetti all’ufficio postale). Le sentenze impugnate, che hanno riconosciuto il diritto della società ricorrente ad ottenere il risarcimento chiesto con i ricorsi, meritano perciò, sul punto, la riforma chiesta con gli appelli. VI) Gli appelli in esame devono, in conclusione, essere accolti solo nella parte da ultimo esaminata, e respinti per il resto, con consequenziale parziale riforma delle sentenze impugnate e reiezione della domanda risarcitoria avanzata con i ricorsi di primo grado. Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti per entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di stato in sede giurisdizionale, sesta sezione, definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, previa riunione, li accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, respinge la domanda di risarcimento del danno avanzata con i ricorsi di primo grado. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con l'intervento dei Signori: Rosanna De Nictolis, Presidente FF Domenico Cafini, Consigliere Roberto Garofoli, Consigliere Giancarlo Montedoro, Consigliere Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/05/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 26 febbraio 2010 n. 1141 -

E’ legittimo il provvedimento di revoca (rectius: di annullamento) dell’aggiudicazione provvisoria di una gara pubblica, motivato con riferimento al difetto, in capo alla ditta aggiudicataria, del requisito della regolarità contributiva, nel caso in cui il periodo di validità del DURC prodotto dalla ditta interessata sia scaduto in una data, contemplata nello stesso DURC, antecedente a quella di scadenza del termine previsto dalla lex specialis per la presentazione delle offerte; in tal caso, infatti, deve ritenersi che la certificazione contenuta nel DURC sia priva di un requisito intrinseco, ossia l’essere in corso di validità come prescritto dalla lex specialis, e sia, altresì, inidonea a comprovare il possesso della regolarità contributiva, non contenendo riferimenti che consentano in qualche modo di coprire il periodo tra la sua scadenza ed il termine ultimo per la presentazione delle offerte.

N. 01141/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6138 del 2009, proposto da:

Jacta S.r.l. - Gruppo Jacorossi, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Valerio Barone e Maurizio Napoli, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Vinti in Roma, via Emilia n. 88;

contro

Comune di Acerra, Enerambiente S.p.A.;

nei confronti di

Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 01227/2009, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE APPALTO SERVIZIO DI IGIENE URBANA NELLA CITTA' DI ACERRA..

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

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Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2009 il Cons. Angelica Dell'Utri, nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con atto inviato per la notifica il 2 luglio 2009, e depositato il 17 seguente, la Jacta s.r.l., dichiarata aggiudicataria provvisoria della gara indetta dal Comune di Acerra per l’affidamento del servizio di igiene urbana con atto revocato a seguito di accertamento di irregolarità contributiva alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione, ha appellato la sentenza 4 marzo 2009, n. 1227, del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione prima, resa nel giudizio da ella instaurato con ricorso avverso la revoca e la contestuale aggiudicazione in favore della Enerambiente S.p.A. (unica altra concorrente), con la quale:

a) è stato accolto il ricorso incidentale della controinteressata Enerambiente, in relazione alla censura secondo cui la Jacta avrebbe dovuto essere subito esclusa per aver prodotto un d.u.r.c. datato 7 aprile 2008 valido per un mese dal rilascio, dunque non più valido alla data (27 maggio 2008) della richiesta del documento, con conseguente declaratoria di improcedibilità del primo motivo del ricorso principale, volto a censurare la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in favore della medesima Jacta;

b) il suo ricorso principale è stato accolto in relazione al terzo motivo subordinato, volto a contestare l’ammissione della Enerambiente – costituita nel 2007 per scissione dalla SLIA S.p.A. - per non aver documentato l’intervenuta acquisizione dalla società SLIA degli elementi di fatturato e di servizi precedentemente maturati da essa e dichiarati a comprova della propria capacità tecnica, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione in favore della stessa Enerambiente;

c) è stata dichiarata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’impugnativa, mediante motivi aggiunti, dell’ordinanza sindacale n. 66 del 2008, di affidamento temporaneo del servizio ad Enerambiente, a seguito di dichiarazione in tal senso della ricorrente principale.

Più precisamente, l’appello è rivolto avverso la predetta decisione nella parte di cui al punto a) che precede; il medesimo appello è affidato ai seguenti motivi:

I.- Error in judicando. Difetto di motivazione. Falso presupposto. Violazione dell’art. 39 septies d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, (l. 23 febbraio 2006, n. 51). Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Violazione dei principi generali in tema di certificazioni e attestazioni. Violazione art. 2 d.l. 25 settembre 2002, n. 210, l. 22 novembre 2002, n. 266; art. 86, c. 10, d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.

In primo luogo, contrariamente a quanto rilevato dal TAR, non corrisponde al vero che non era contestato tra le parti che la certificazione del 7 aprile 2008 fosse inidonea ad assolvere all’onere probatorio, gravante su Jacta, del possesso del requisito della regolarità contributiva nel termine assegnato dall’Ente. La tesi fatta propria dal TAR, patrocinata dalla Enerambiente prima in sede amministrativa, poi in quella giurisdizionale, è stata infatti avversata sia dal Comune, appunto in sede amministrativa, che dalla ricorrente principale.

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In secondo luogo, la decisione è erronea laddove ha ritenuto l’irrilevanza della questione relativa all’individuazione della regola normativa in ordine alla generale validità del durc, dal momento che il certificato in parola recava espressamente esso stesso un termine di validità. Il termine mensile ivi indicato è difatti operante solo ai fini della fruizione delle agevolazioni normative e contributive di cui all’art. 1 del d.m. 24 ottobre 2007. Di tale d.m. era stata peraltro chiesta in ricorso la disapplicazione ove interpretabile come modificativo del regime di validità trimestrale del durc stabilito dall’art. 39 septies del d.l. n. 273 del 2005, in quanto vìola lo stesso art. 39 septies e l’art. 17 della legge n. 400 del 1988 perché assunto senza la previa acquisizione di parere del Consiglio di Stato. Quindi, la decisione gravata viola a sua volta i principi generali e le disposizioni normative in tema di attestazioni della regolarità contributiva, aventi natura giuridica di dichiarazioni di scienza e la cui efficacia, pertanto, è stabilita dalla normativa disciplinante i presupposti per il loro rilascio ed i relativi termini di validità, mentre i pubblici ufficiali competenti al rilascio non hanno alcun potere di attribuire termini diversi di validità che, quando apposti, lo sono in carenza assoluta di potere e devono perciò ritenersi tamquan non esset, con conseguente operatività dei termini di legge.

II.- Error in judicando. Difetto di motivazione. Violazione art. 112 c.p.c..

Non si comprende se il TAR abbia accolto anche il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si lamentava la falsità della dichiarazione resa da Jacta in ordine al possesso del requisito della regolarità contributiva. In ogni caso, non vi è falsità, giacché Jacta aveva presentato domanda di dilazione e l’INPS aveva espresso parere favorevole, concretandosi in tal modo lo stesso requisito ai sensi del d.m. 24 ottobre 2007 ed a nulla rilevando, perciò, l’archiviazione della medesima domanda.

III.- Illegittimità della revoca dell’aggiudicazione in favore di Jacta.

Conseguenza della riforma del predetto capo della sentenza appellata è l’esame del primo motivo del ricorso di primo grado, il quale deve ritenersi fondato alla stregua del disposto dell’art. 5 del cit. d.m., secondo cui sussiste regolarità contributiva nel caso di richiesta di rateizzazione per la quale l’Istituto abbia già espresso parere favorevole; caso verificatosi nella specie con riguardo alla data di riferimento, non occorrendo a tal fine l’accettazione del piano di ammortamento tenuto anche conto che in presenza della detta richiesta non può parlarsi di gravità e definitività della violazione. Illegittimamente, dunque, è stata ritenuta la carenza del requisito in base ad una lettura superficiale della documentazione dell’INPS e senza alcuna motivazione sulla gravità della violazione.

La causa è stata discussa all’udienza dell’11 dicembre 2009, ed il collegio se ne è riservata la decisione.

Ciò posto, la Sezione osserva che il durc presentato dall’attuale ricorrente in sede di gara, a seguito della richiesta formulata dalla commissione giudicatrice nella seduta del 27 maggio 2008 "ai sensi del combinato disposto del punto 17 e del punto 4 (lett. d) del bando di gara" a comprova delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione, risultata datato 7 aprile 2008, attesta che la Jacta s.r.l. "risulta regolare con il versamento dei premi e accessori al 04/04/2008" ed in esso è inserita la dizione "il presente certificato (…) è valido 30 (trenta) giorni dalla data di rilascio".

Tanto premesso, deve ritenersi che bene il primo giudice abbia ritenuto che tale certificazione fosse sia "priva di un requisito intrinseco, ossia l’essere in corso di validità come prescritto dalla lex specialis", sia "inidonea a comprovare il possesso della regolarità contributiva, non contenendo riferimenti che consentissero in qualche modo di coprire il periodo tra la sua scadenza ed il termine ultimo per la presentazione delle offerte".

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Se è vero, infatti, che l’affermazione dello stesso primo giudice in ordine al fatto che l’inidoneità del certificato non fosse contestata tra le parti appare palesemente impropria, tale affermazione resta irrilevante sul piano sostanziale, stante la piena condivisibilità delle riferite conclusioni. Invero, non v’è dubbio che il certificato non potesse essere considerato valido al di là del termine in esso espressamente stabilito. In altri termini, proprio come dichiarazione di scienza, resa però con riguardo al periodo considerato, il documento in altro senso non può essere inteso che come attestante la regolarità contributiva soltanto fino alla propria scadenza, dunque fino alla data del 7 maggio 2008 e non anche a quella sia di scadenza del temine per la presentazione delle offerte (26 maggio 2008), sia della richiesta della certificazione (27 maggio 2008), sicché non era in corso di validità in quest’ultima data, con la conseguenza che la concorrente avrebbe dovuto essere automaticamente esclusa, a norma delle richiamate disposizioni di bando, già in sede di verifica delle dichiarazioni rese nella domanda di partecipazione. Non sono utili, infatti, le ampie considerazioni svolte dalla commissione di gara nella seduta del 23 giugno 2008 per contrastare l’esposto dell’altra unica concorrente Enerambiente, basate sulla normativa che regola la materia. La ripetuta, espressa apposizione del termine mensile esclude ogni possibilità di attribuire alla certificazione una validità diversa e maggiore di quella ivi indicata, ancorché in ipotesi non conforme alla predetta normativa. Ed anche a tal proposito bene ha osservato il TAR come fosse onere della concorrente, una volta verificata l’inidoneità probatoria del documento, attivarsi per contestare all’ente certificatore l’apposizione di un’illegittima scadenza ovvero acquisire un nuovo durc.

Le considerazioni sin qui esposte consentono di disattendere il primo mezzo d’appello e, nel contempo, di confermare la parte impugnata della sentenza appellata già con riferimento all’esaminata questione sollevata nell’ambito primo motivo del ricorso incidentale di primo grado della Enerambiente, senza che sia necessario esaminare il secondo mezzo d’appello, concernente il secondo motivo del detto ricorso incidentale parimenti accolto dal TAR (cfr. pag. 11 della sentenza, prima riga).

Di qui la reiezione dell’appello.

Non v’è luogo a pronuncia sulle spese del grado, stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunziando sul ricorso meglio indicato in epigrafe, respinge l’appello.

Nulla spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 26/02/2010.

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Consiglio di Stato sez. VI 11/1/2010 n. 20

1. Se l’aggiudicazione viene annullata in sede giurisdizionale dopo che è già iniziata l’esecuzione del contratto, e la parte vittoriosa deve subentrare nel contratto al posto dell’originario aggiudicatario, ciò non può che avvenire tenendo conto delle condizioni della gara originaria a cui il contratto si riferisce. E, invero, chi subentra in un contratto in corso di esecuzione non può conseguire un vantaggio maggiore rispetto a quello che avrebbe ottenuto se fosse stato ab initio parte contrattuale. Inoltre non si tratta di una nuova procedura di affidamento e di un diverso contratto, ma pur sempre dell’originaria procedura e dell’originario contratto.Se, dunque, nella gara per cui è processo, non era ab initio consentito il subappalto della categoria OS30 (perché opera specialistica eccedente il 15% dell’importo originario dell’appalto), non si poteva acconsentire, in sede di subentro contrattuale, al mutamento delle originarie condizioni di gara alla luce del dato fattuale contingente che nel frattempo una parte dei lavori OS30 era stata eseguita, sicché il residuo importo, divenuto inferiore al 15% dell’importo originario dell’appalto, era in astratto subappaltabile. 2.La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento abbraccia non solo le lesioni di interessi legittimi, ma anche le lesioni di diritti soggettivi, in virtù di provvedimenti o comportamenti, se connessi all’esercizio di un potere amministrativo.La giurisdizione del giudice amministrativo sulle azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte per condotte scorrette delle amministrazioni pubbliche nella fase delle trattative contrattuali è stata riconosciuta sia dalla Cassazione che dal Consiglio di Stato (Cons. St., ad. plen., 5 settembre 2005 n. 6; Cass., sez. un., 27 febbraio 2008 n. 5084). 3.Si tratta ora di verificare se la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento abbracci pure le azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte dalle amministrazioni pubbliche nei confronti delle controparti private, per condotte scorrette nella fase delle trattative contrattuali.Ad avviso del Collegio sussistono i due presupposti necessari per affermare la sussistenza della giurisdizione amministrativa:a) da un lato la copertura di una <<giurisdizione esclusiva>> su tutta la procedura di affidamento dei contratti pubblici, che secondo il codice dei contratti pubblici si estende sino alla stipulazione del contratto (art. 11, d.lgs. n. 163/2006), e dunque sulla relativa fase di trattative contrattuali: giurisdizione esclusiva che implica la cognizione non dei soli atti amministrativi, ma anche dei rapporti tra le parti in tale fase;b) dall’altro lato la connessione di siffatta azione con l’esercizio del potere amministrativo inerente l’aggiudicazione e stipulazione di un pubblico appalto.Se la giurisdizione esclusiva abbraccia il rapporto tra p.a. e privato, essa non può essere unidirezionale e perciò riferita esclusivamente alle azioni del privato nei confronti della p.a., ma deve necessariamente essere bidirezionale ed estesa anche alle azioni della p.a. nei confronti del privato, che siano, come nella specie, conseguenza immediata e diretta delle prime.La giurisprudenza ha già affermato che la giurisdizione esclusiva (segnatamente quella in materia di concessioni ex art. 5, l. Tar e quella in materia di accordi di diritto pubblico ex l. n. 241/1990) abbraccia non solo le azioni del privato nei confronti della p.a., ma anche le azioni di responsabilità promosse dalla p.a. nei confronti del privato (Cons. St., sez. V, 11 dicembre 2007 n. 6358).Milita in favore di tale soluzione anche il principio di concentrazione delle tutele, da ultimo espressamente codificato nell’art. 44, l. n. 69/2009. 4. In virtù dell’art. 11, co. 7 e dell’art. 75 co. 6, d.lgs. n. 163/2006, l’aggiudicatario ha un obbligo ex lege di stipulare il contratto, la cui inosservanza è fonte di responsabilità contrattuale, e non precontrattuale.

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N. 00020/2010 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

1) sul ricorso n.r.g. 1977/2009, proposto da Arcadia Costruzioni s.r.l. in proprio e quale mandataria dell’a.t.i. costituita con Eleca s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via del Mascherino, n. 72; contro I.N.A.I.L., rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Pone e Lucia Anna Rita Sonnante, con domicilio eletto presso l’avvocatura dell’Ente, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 8; 2) sul ricorso n.r.g. 2198/2009, proposto da I.N.A.I.L., rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Pone e Lucia Anna Rita Sonnante, con domicilio eletto presso l’avvocatura dell’Ente, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 8; contro Arcadia Costruzioni s.r.l. in proprio e quale mandataria dell’a.t.i. con Eleca s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via del Mascherino, n. 72; entrambi per la riforma della sentenza del Tar Lazio – Roma, sezione III-quater, n. 9937/2008, resa tra le parti. Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2009 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Angela Canta (per delega dell'avv. Zoppolato), Pone e Sonnante; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Riunione degli appelli 1. Preliminarmente va disposta la riunione dei due appelli, proposti contro la medesima sentenza. Le vicende anteriori al giudizio 2. Con determinazione dell’8 aprile 2002 l’I.N.A.I.L. – direzione centrale patrimonio, aggiudicò, a seguito di gara pubblica, i lavori di manutenzione straordinaria del centro di riabilitazione protesico di Lamezia Terme all’impresa Guzzi geom. Ermanno. 2.1. Contro tale aggiudicazione l’a.t.i. Arcadia – Eleca, seconda in graduatoria, presentò ricorso al T.a.r. Lazio – Roma, lamentando che la Guzzi andava esclusa dalla gara perché aveva subappaltato la categoria di lavori OS30 la cui qualificazione era richiesta obbligatoriamente dal bando. 2.2. Il contratto fu stipulato il 23 luglio 2002, e i lavori consegnati il 4 settembre 2002, a seguito di ordinanza di rigetto della domanda cautelare e di dispositivo del Tar del 12 giugno 2002 di parziale inammissibilità del ricorso. 2.3. Su appello dell’a.t.i., il Consiglio di Stato riformò la sentenza del Tar Lazio, con decisione 3 aprile 2003 n. 1716 (preceduta da dispositivo 20 febbraio 2003 n. 73), disponendo: a) l’annullamento dell’aggiudicazione in favore della Guzzi;

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b) il rigetto della domanda di risarcimento del danno per equivalente per i lavori già realizzati dalla Guzzi, ritenendo insussistente la colpa dell’amministrazione; c) il dovere dell’Amministrazione di emanare il provvedimento preteso (cioè l’aggiudicazione in favore dell’a.t.i. vittoriosa in giudizio). 2.4. L’a.t.i. con una pluralità di diffide, notificate a partire dal 14 aprile 2003, intimò all’Amministrazione di dare esecuzione alla citata decisione del Consiglio di Stato e, per l’effetto, di sospendere i lavori in corso e di procedere all’aggiudicazione dei lavori residui in proprio favore. 2.5. In data 15 maggio 2003 l’I.N.A.I.L. ordinò formalmente all’impresa Guzzi la sospensione dei lavori. 2.6. In data 27 giugno 2003 l’I.N.A.I.L. comunicò all’a.t.i. di aver proceduto alla formale aggiudicazione in suo favore. 2.7. All’aggiudicazione seguì una fase di trattative che tuttavia non sfociò nella stipulazione del contratto. Con nota del 14 maggio 2004 l’a.t.i. comunicò all’Ente che riteneva le trattative non andate a buon fine per colpa dell’Ente e annunciava l’intento di intraprendere le vie legali per conseguire il risarcimento del danno. Nel periodo da maggio 2004 a febbraio 2005 le trattative proseguirono con incontri tra le parti. L’Ente rispose definitivamente a febbraio 2005, comunicando le definitive condizioni a cui era disposto a stipulare il contratto con l’a.t.i. Quest’ultima con lettera del 23 febbraio 2005 respingeva la proposta, considerandola tardiva anche perché successiva alla nel frattempo intervenuta proposizione di ricorso al Tar. Il giudizio di primo grado 2.8. Di qui un ricorso al T.a.r. Lazio da parte dell’a.t.i., notificato in data 8 febbraio 2005, volto a far accertare la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione e a conseguire il risarcimento del danno richiesto, <<a norma dell’art. 1337 c.c. e/o dell’art. 2043 c.c.>> (pag. 11 del ricorso di primo grado): a) nella misura del mancato utile da rapportarsi all’ammontare dei lavori residui da quantificarsi nella quantità che spettava all’a.t.i. eseguire; b) a titolo di perdita della qualificazione e di altre favorevoli occasioni. Per la prima voce è stato chiesto un risarcimento del danno pari a euro 1.100.000; per la seconda è stato chiesto un risarcimento del danno pari a euro 300.000. 2.9. La tesi dell’a.t.i. si incentra sui seguenti essenziali elementi: a) dopo la formale aggiudicazione, la stipulazione del contratto non sarebbe seguita per colpa dell’Amministrazione, che avrebbe tenuto un comportamento ostruzionistico e defatigante; b) l’Amministrazione avrebbe consentito la prosecuzione dei lavori all’originaria aggiudicataria dopo la notifica della sentenza, ordinando la sospensione dei lavori oltre un mese dopo la pubblicazione e notificazione della sentenza; c) anzi, i lavori sarebbero proseguiti pure dopo il formale ordine di sospensione dei lavori; d) consentendosi la prosecuzione dei lavori da parte dell’originaria aggiudicataria, si sarebbe ridotto l’ammontare dei lavori residui spettanti all’a.t.i., in suo danno; e) nonostante le reiterate richieste dell’a.t.i., l’Amministrazione: - avrebbe mantenuto in capo all’originaria aggiudicataria la custodia del cantiere, - non avrebbe consentito all’a.t.i. l’accesso agli atti e al cantiere; - non avrebbe redatto un progetto stralcio con esatta indicazione delle opere residue da eseguire; - non avrebbe consentito al necessario aggiornamento dei prezzi, considerato il tempo trascorso dalla originaria gara; - avrebbe preteso il versamento di cauzioni e polizze assicurative in misura integrale, senza considerare che l’importo residuo dei lavori era inferiore a quello dei lavori originariamente aggiudicati. 2.10. A sua volta l’I.N.A.I.L. ha proposto, con ricorso incidentale, domanda riconvenzionale volta a far valere la responsabilità precontrattuale dell’a.t.i. Assume l’Ente che la stipula del contratto non avrebbe avuto luogo per colpa dell’a.t.i. che avrebbe posto in essere un comportamento ostruzionistico, che

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evidenzierebbe l’assenza di una reale volontà di subentrare nel contratto, e il reale intento di conseguire il risarcimento per equivalente. 2.11. In particolare, l’a.t.i. avrebbe illegittimamente preteso: a) di subappaltare i lavori alla precedente aggiudicataria, dopo aver fatto annullare l’originaria gara proprio per difetto di requisiti in capo alla precedente aggiudicataria; b) di ottenere un progetto stralcio non previsto da alcuna norma; c) di prestare le garanzie in misura inferiore a quella dovuta; d) di ottenere aggiornamenti dei prezzi e dunque una inammissibile modifica dell’originaria offerta. Il danno per l’I.N.A.I.L. sarebbe costituito: a) dalle spese di custodia del cantiere; b) dalla necessità di indizione di nuova gara ad un prezzo maggiore rispetto a quello ottenuto nella gara originaria. Per tali voci il danno è stato chiesto nella misura di euro 847.439,40. 2.12. Il ricorso dell’a.t.i. era stato inizialmente dichiarato dal Tar inammissibile per difetto di giurisdizione (con sentenza n. 9941/2005). 2.13. Il Consiglio di Stato, con decisione della sesta sezione, 6 luglio 2006 n. 4297, in accoglimento di appello dell’a.t.i., ha annullato con rinvio la sentenza declinatoria della giurisdizione, affermando che il ricorso, essendo volto a chiedere il ristoro del danno da mancata o ritardata esecuzione del giudicato del Consiglio di Stato n. 1716/2003, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. La citata decisione n. 4297/2006 non ha esaminato la domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L., né in punto di giurisdizione, né sul merito. 2.14. Il giudizio è pertanto proseguito davanti al T.a.r. Lazio che, disposta c.t.u., sulla base delle risultanze della medesima, ha accolto in parte sia il ricorso principale che la domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L., ravvisando in capo ad entrambe le parti la responsabilità precontrattuale. Assume il Tar che: a) l’I.N.A.I.L. non sarebbe stato tenuto a dare esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato n. 1716/2003 prima del suo passaggio in giudicato, sicché legittimamente avrebbe ordinato la sospensione dei lavori solo in data 15 maggio 2003 (capo 2.1.1.a), pagg. 7-9); b) in ogni caso il termine di 37 giorni dalla sentenza, nel quale l’I.N.A.I.L. si è attivato per eseguirla, sarebbe congruo, rispondente alle comuni dinamiche dei procedimenti, e non animato da intenti dilatori o ostruzionistici (capo 2.1.1.a), pagg. 9-10); c) non vi sarebbe, alla luce delle risultanze della c.t.u., la prova che i lavori sarebbero proseguiti anche dopo l’ordine formale di sospensione; se è vero che si riscontra un incremento dei lavori secondo gli ultimi s.a.l. rispetto ai precedenti, tuttavia questo sarebbe un mero indizio, che non troverebbe riscontro in altri elementi; per converso, da un lato la Guzzi risulta aver proceduto al licenziamento delle maestranze del cantiere, come da comunicazione del 5 giugno 2003 diretta al competente Ufficio del lavoro, dall’altro lato, dall’accesso al cantiere in data 30 luglio 2003, non risulterebbe, rispetto al precedente accesso del 22 maggio 2003, che siano stati eseguiti ulteriori lavori (capo 2.1.1.b), pagg. 10-18); d) pretestuosa sarebbe la lagnanza dell’a.t.i. circa il mancato accesso ai documenti contabili, atteso che le è stato consentito l’accesso al cantiere e che, in difetto di nuovi lavori dopo l’ordine di sospensione, la contabilità sarebbe res inter alios (capo 2.1.1.c), pag. 18); e) dalla mancata estromissione dell’originaria aggiudicataria dalla custodia del cantiere non si desumerebbe, in difetto di altri elementi, la prova che i lavori sarebbero proseguiti dopo l’ordine di sospensione (capo 2.1.1.d), pag. 18); f) correttamente l’I.N.A.I.L. non avrebbe accolto la richiesta dell’a.t.i. di subappaltare i residui lavori della categoria OS30 alla originaria aggiudicataria, atteso che il subentro in un contratto in virtù di un giudicato deve avvenire in base alle originarie condizioni di gara, sicché continuava a valere il divieto, imposto dal bando originario, di subappalto dei lavori della categoria OS30, valevole anche se medio tempore, in virtù dei lavori già eseguiti, si è ridotta la incidenza percentuale dei lavori OS30 sul totale

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(capo 2.1.1.e), pagg. 18-19); g) sarebbe parzialmente corretta la lagnanza dell’a.t.i. in ordine all’avvenuta contabilizzazione, in favore dell’originaria aggiudicataria, di prezzi arbitrari e maggiori rispetto a quelli risultanti dall’originaria offerta del 17 settembre 2001; dalla c.t.u., in particolare, risulterebbero concordati tra le parti nove nuovi prezzi; la maggiorazione dei prezzi avrebbe eroso, per la parte corrispondente alle differenze con i prezzi di mercato, le quote di risorse spettanti all’a.t.i. (capo 2.1.2.a), pagg. 20-22); h) sarebbe incongruo il corrispettivo offerto dall’I.N.A.I.L. all’a.t.i. per le residue opere da realizzare, sotto un duplice profilo: h.1) perché l’importo originariamente offerto pari a euro 3.065.823,23, comprendeva euro 243.000 a titolo di maggiorazione per la frammentarietà dei lavori delle lavorazioni residue, ma poi nello schema di contratto tale importo veniva decurtato; h.2), perché, a distanza di quattro anni dall’originaria gara, il corrispettivo calcolato alle medesime condizioni della gara originaria era inadeguato, a causa dell’aumento dei prezzi di 20 delle principali lavorazioni delle opere civili; l’incongruità dei prezzi sarebbe dimostrata anche dalla circostanza che, fallite le trattative, l’Ente indiceva una nuova gara con prezzo a base di gara più elevato rispetto al corrispettivo offerto all’a.t.i. (capo 2.1.2.b), pagg. 22-23); i) l’I.N.A.I.L. avrebbe tenuto una condotta ostruzionistica, desumibile dai seguenti elementi: i.1) pretestuosa sarebbe la richiesta di sottoscrizione del verbale di immediata eseguibilità dei lavori, senza che fosse stato approvato il progetto esecutivo del lotto stralcio, alla luce della incertezza della situazione di fatto; i.2) illegittima sarebbe la richiesta della cauzione definitiva in misura corrispondente all’originario ammontare dei lavori, nel frattempo già eseguiti per il 60% da altra impresa, mentre si poteva esigere la cauzione solo in rapporto ai lavori ancora da eseguire; i.3) parimenti illegittima sarebbe la pretesa di polizza assicurativa ai sensi dell’art. 103, d.P.R. n. 554/1999 nella misura intera prevista dall’originario bando di gara; invece, per la parte dei lavori già eseguiti la copertura assicurativa doveva rimanere a carico della originaria aggiudicataria; (capo 2.1.2.c), pagg. 23 - 25); l) nel caso in cui, in virtù di giudicato, una impresa, vittoriosa in giudizio, consegua l’aggiudicazione e subentri in un contratto in corso, la diminuita prestazione induce condizioni nuove negli aspetti economici ed organizzativi dell’appalto, di cui la stazione appaltante dovrebbe tenere conto; il subentro nel contratto avverrebbe a titolo derivato dal giudicato, tra il contratto originario e quello successivo vi sarebbe un sinallagma funzionale, occorrendo delimitare le prestazioni già eseguite rispetto a quelle da eseguirsi; di qui la necessità di tempestiva redazione, da parte della stazione appaltante, sia dello stato finale dei lavori eseguiti in virtù del primo contratto, sia di un progetto esecutivo del lotto stralcio contenente l’esatta individuazione delle opere da completare o realizzare e il calcolo dei maggiori oneri; per la residua parte dei lavori l’importo andrebbe calcolato in base all’offerta presentata in gara, ma attualizzato alla data di pubblicazione della sentenza; siffatta attualizzazione dovrebbe avvenire con il criterio del prezzo chiuso, che però nella specie non potrebbe trovare applicazione in difetto di oscillazioni dei prezzi nella misura prevista dalla legge; nel progetto stralcio i maggiori oneri andrebbero commisurati alla nuova cantierizzazione e ai rinnovati oneri di sicurezza, e ai maggiori costi per la frammentazione (capo 2.2., pagg. 25 – 28); m) sussisterebbe il nesso di causalità tra la condotta antigiuridica dell’I.N.A.I.L. e il danno patito dall’a.t.i. quanto alle seguenti voci: m.1) diminuzione dell’importo spettante all’a.t.i. a causa di un ingiustificato aumento dei prezzi in favore della precedente aggiudicataria; m.2) mancata immediata redazione di progetto stralcio; m.3) condotte ostruzionistiche quali la richiesta di cauzione definitiva e polizza sproporzionate e la richiesta di dichiarazione di immediata eseguibilità lavori; m.4) mancata valutazione della possibilità di applicare il prezzo chiuso, sia pure per giungere alla conclusione che non era dovuto; m.5) diniego dei maggiori oneri connessi con la frammentazione dei lavori (capo 2.3., pagg. 28-29);

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n) i danni alla ricorrente andrebbero liquidati secondo un criterio equitativo, tenendo tuttavia conto del concorso di colpa del creditore (capo 2.4., pagg. 29-30); o) non potrebbero essere accolte le richieste di risarcimento relative ai seguenti importi: o.1) una percentuale dell’1% del valore dell’appalto, pretesa preclusa dal giudicato n. 1716/2003; o.2) euro 5.000 a titolo di generiche consulenze, per difetto di prova; o.3) euro 25.000 per perdita della qualificazione per la categoria OS28 da parte dell’Arcadia, atteso che tale qualificazione non è stata persa, non essendo mai stata posseduta; o.4) danno curriculare (per mancata indicazione dell’appalto tra i lavori eseguiti), perché trattandosi di responsabilità precontrattuale il danno va limitato all’interesse negativo e l’interesse negativo non comprenderebbe il danno da perdita di chance (capo 2.4.a), pagg. 30-31); p) andrebbero riconosciuti all’a.t.i. i seguenti danni: considerato il concorso di colpa del danneggiato: il danno da mancato utile andrebbe quantificato nella misura del 5% sull’importo di euro 3.065.803,23, per un totale di euro 153.300; il danno per gli oneri per i cantieri e la sicurezza pari a 2.500 euro (5% di 50.000 euro); spese per trasferte a Roma per euro 18.000; spese per il contenzioso pari a euro 11.775 (capo 2.4.b), pagg. 31-32); andrebbero riconosciuti gli interessi, ma non spetterebbe la rivalutazione monetaria, dovendosi applicare ai debiti di valore l’art. 1224,co. 2, c.c. q) quanto al ricorso incidentale dell’I.N.A.I.L., andrebbe disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, in quanto la giurisdizione sarebbe stata affermata dalla decisione del Consiglio di Stato n. 4297/2006, e andrebbe disattesa l’eccezione di tardività del ricorso perché trattandosi di domanda risarcitoria non valgono i termini dell’art. 23-bis, l. Tar, ma i termini dell’art. 416 c.p.c. per le domande riconvenzionali (capo 3.1., pag. 32); r) talune condotte sarebbero ascrivibili all’a.t.i. a titolo di responsabilità precontrattuale nei confronti dell’I.N.A.I.L., e, segnatamente, i tentativi di interferire nella chiusura del precedente cantiere, la pretesa di subappaltare opere non subappaltabili, l’assunzione di un atteggiamento di chiusura, con toni talora provocatori e minatori, e l’intenzionale e pretestuosa mancata presentazione agli appuntamenti (capo 3.2., pag. 33); s) tali condotte, nel loro complesso, violerebbero il dovere di buona fede e sarebbero causa di danno per l’I.N.A.I.L. (capi 3.3. e 3.4., pagg. 33-34); t) non sarebbero imputabili all’a.t.i. le seguenti voci di danno: t.1) spese di custodia sostenute dall’I.N.A.I.L. nella misura di euro 285.000, per il periodo 15 novembre 2003-18 aprile 2005, perché il prolungarsi della permanenza del cantiere sarebbe ascrivibile sia all’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione, sia alla necessità di contabilizzare le opere già realizzate; t.2) euro 437.692,06 per oneri per il personale assunto per essere destinato al Centro di Lamezia Terme, la cui ristrutturazione comunque non era completata; t.3) il danno all’immagine, che non rientra nell’interesse negativo (capo 3.4.a), pagg. 34-35); u) quanto al danno chiesto dall’I.N.A.I.L. per il maggior costo della nuova aggiudicazione nella misura di euro 1.365.987,84, di esso non sarebbe causa esclusiva, ma solo concausa, la condotta dell’a.t.i., nella misura del 5%, con conseguente spettanza all’I.N.A.I.L. del risarcimento nella misura di euro 68.300 (capo 3.4.b.1), pag. 35); v) quanto alle spese di custodia per il periodo dal 19 aprile 2005 in poi, richieste nella misura di 297.102 euro, di esse sarebbe concausa la condotta dell’a.t.i. nella misura del 5%, con conseguente spettanza all’I.N.A.I.L. del risarcimento nella misura di euro 14.885 (capo 3.4.b.2), pagg. 35-36); z) conclusivamente, andrebbero riconosciuti euro 185.555 in favore dell’a.t.i. e euro 83.185 in favore dell’I.N.A.I.L., con conseguente compensazione parziale, e debenza, sull’importo residuo dell’a.t.i. (poco più di 102.000 euro), dei soli interessi, con decorrenza dalla data del fatto illecito. Infine, il Tar ha posto le spese di c.t.u. a carico dell’a.t.i. nella misura di un terzo e carico dell’I.N.A.I.L. nella misura dei due terzi. I due appelli 3. La sentenza è stata appellata sia dall’a.t.i. che dall’I.N.A.I.L.

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3.1. Con l’appello dell’a.t.i., senza contestarsi i quesiti sottoposti al c.t.u. e le risultanze della c.t.u., si assume che il giudice di primo grado avrebbe male interpretato le conclusioni peritali; in ogni caso importanti questioni sarebbero rimaste prive di risposta nell’ambito della c.t.u.; si fornisce della c.t.u. una lettura diversa rispetto a quella effettuata dal giudice di primo grado (da pag. 1 a pag. 48 dell’atto di appello). Da pag. 49 in poi dell’atto di appello, vengono articolate le censure contro le statuizioni della sentenza; le censure sono volte, da un lato, a conseguire un maggiore risarcimento rispetto a quello liquidato in prime cure, e, dall’altro lato, a contestare il risarcimento accordato all’I.N.A.I.L. 3.2. Parimenti l’appello dell’I.N.A.I.L. è volto da un lato, a conseguire un maggiore risarcimento rispetto a quello liquidato in prime cure, e, dall’altro lato, a contestare il risarcimento accordato all’a.t.i. Questione preliminare sull’appello dell’a.t.i. Arcadia 4. Nell’ordine logico va esaminato per primo l’appello dell’a.t.i. Prima di esaminare nel dettaglio l’appello dell’a.t.i., occorre affrontare una questione preliminare che, se accolta, impedirebbe lo studio nel dettaglio di buona parte dell’appello. 4.1. L’I.N.A.I.L. contesta in radice la misura del risarcimento accordato all’a.t.i., sotto il profilo che il T.a.r. dopo aver correttamente affermato la natura precontrattuale della responsabilità dell’Amministrazione, contraddittoriamente non ha liquidato il danno nei limiti dell’interesse negativo, ma ha riconosciuto l’interesse positivo, e dunque il mancato utile. Si sostiene che nella responsabilità precontrattuale non potrebbe essere riconosciuto il mancato utile, e che comunque il mancato utile non potrebbe essere forfetariamente liquidato nella misura del 10%, dovendo essere rapportato all’utile effettivo quale risulta dall’offerta presentata in gara. 4.2. Sul punto il Collegio osserva che la sentenza appare effettivamente contraddittoria laddove da un lato qualifica la responsabilità come precontrattuale, e dall’altro lato non ne trae la conseguenza di limitare la misura del risarcimento all’interesse negativo (comprensivo delle spese sostenute e della perdita di favorevoli occasioni) con esclusione dei vantaggi che si sarebbero conseguiti in caso di stipulazione ed esecuzione del contratto (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2000 n. 1632; Cons. St., sez. IV, 27 dicembre 2004 n. 8220). Infatti il Tar riconosce anche il ristoro dell’interesse positivo (mancato utile). Il Collegio, poi, ritiene non condivisibile che il mancato utile venga forfetariamente quantificato nella misura del 10% del prezzo offerto in gara, preferendo l’orientamento che individua la percentuale di utile effettivo quale si desume dall’offerta presentata in gara (ex plurimis: Cons. St., sez. V, 13 giugno 2008 n. 2867; Id., 6 aprile 2009 n. 2143). 4.3. Tuttavia, posto che vi sono puntuali statuizioni della sentenza di primo grado che riconoscono il lucro cessante nonostante la qualificazione della responsabilità come precontrattuale, e quantificano il mancato utile forfetariamente nella misura del 10%, su tali statuizioni vi è la soccombenza dell’I.N.A.I.L. che sostiene la tesi opposta. Sicché, tali statuizioni, stante la soccombenza, dovevano essere contestate dall’I.N.A.I.L. mediante appello, invece risultano contestate solo con memoria non notificata. 4.4. Ne deriva l’inammissibilità delle questioni medesime, a causa del passaggio in giudicato di siffatte statuizioni, in difetto di tempestiva impugnazione. Sicché il Collegio deve mantenere fermo il criterio stabilito dal Tar, e non impugnato, della risarcibilità dell’interesse positivo inteso come mancato utile, e della sua quantificazione forfetaria nella misura del 10%. Sul momento di insorgenza del dovere di ordinare la sospensione dei lavori 5. Con l’appello dell’a.t.i si contesta anzitutto (motivo rubricato V.1), da pag. 49 a pag. 52 del’atto di appello) l’assunto della sentenza di primo grado, secondo cui l’I.N.A.I.L. non era tenuto a dare esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato n. 1716/2003 prima del suo passaggio in giudicato, sicché legittimamente avrebbe ordinato la sospensione dei lavori solo in data 15 maggio 2003, ad oltre un mese di distanza dalla sentenza. Si osserva che l’Amministrazione era tenuta ad osservare la decisione anche prima del suo passaggio in giudicato, e che non vi sarebbero stati ostacoli giuridici o di fatto ad ordinare l’immediata sospensione

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dei lavori. 6. La censura è fondata. 6.1. Non si può condividere la sentenza del Tar laddove afferma che il dovere di esecuzione delle sentenze sorge solo dopo il loro passaggio in giudicato, atteso che secondo il vigente sistema normativo tutte le sentenze, se esecutive, ancorché non ancora passate in giudicato, devono essere eseguite. Tanto che il rimedio dell’ottemperanza è utilizzabile anche per conseguire l’esecuzione di sentenze non sospese, ancorché non passate in giudicato (art. 33, ult. co., l. Tar). La differenza tra esecuzione di sentenze non passate in giudicato ed esecuzione di sentenze passate in giudicato è che nel primo caso, nell’ordinarsi e/o procedersi ad esecuzione occorre evitare effetti irreversibili, dovendosi considerare che la sentenza esecutiva potrebbe essere riformata, travolgendosi così anche gli atti esecutivi. 6.2. Fermo il principio del dovere di dare esecuzione alle sentenze, si tratta tuttavia di valutare quali sono i tempi necessari per provvedere all’esecuzione, e quando una esecuzione possa definirsi tardiva e come tale fonte di responsabilità. La soluzione, in difetto di espressa previsione normativa, non può che essere data caso per caso, considerando molteplici elementi, tra cui, esemplificativamente: a) la data in cui la sentenza viene acquisita (ad es. mediante notificazione); b) il tempo necessario per prendere cognizione del contenuto della sentenza e per valutare le iniziative necessarie per darvi esecuzione; c) il tempo necessario per attivare e portare a compimento il procedimento amministrativo necessario per eseguire la sentenza. 6.3. A tutto ciò si deve aggiungere che, secondo un principio generale del sistema, quando una parte intima alla controparte l’esecuzione di una sentenza, o l’adozione di un provvedimento amministrativo, è tenuta ad assegnarle un termine, ed il termine assegnato non può essere inferiore ad una media di quindici - trenta giorni. Specificamente in tema di esecuzione delle sentenze e di adozione dei provvedimenti amministrativi, soccorrono, rispettivamente, l’art. 90, co. 2, r.d. n. 642/1907 e l’art. 2, l. n. 241/1990. L’art. 90, co. 2, r.d. n. 642/1907 dispone che l’azione di ottemperanza non può essere proposta prima di trenta giorni dopo la notifica di atto di diffida e messa in mora. Se ne desume che all’Amministrazione va assegnato, per eseguire la sentenza, uno spatium deliberandi di almeno trenta giorni. A sua volta l’art. 2, l. n. 241/1990 dispone che il termine per l’adozione di un provvedimento amministrativo su istanza di parte è, di regola, trenta giorni decorrenti dalla richiesta. 6.4. Si deve considerare che l’esecuzione di una sentenza implica molteplici profili: da un lato condotte positive, cioè l’adozione di puntuali provvedimenti, dall’altro lato condotte omissive, cioè l’astensione da atti e comportamenti che possano pregiudicare la corretta attuazione del giudicato. 6.5. A fronte, in particolare, di un giudicato di annullamento di un’aggiudicazione, l’Amministrazione se da un lato è tenuta a rimuovere il contratto e procedere alla nuova aggiudicazione, dall’altro lato è tenuta, durante il tempo necessario per procedere alla nuova aggiudicazione, a evitare che continuino a prodursi effetti irreversibili in contrasto con la sentenza e tali da pregiudicare la completa e puntuale esecuzione della medesima. A fronte di una sentenza che annulla l’aggiudicazione, la prosecuzione dei lavori è priva di titolo, e può essere consentita solo per lavori indifferibili, da retribuirsi, comunque, non a titolo contrattuale ma di indebito arricchimento. L’Amministrazione è pertanto tenuta a sospendere cautelarmente il contratto in corso di esecuzione. L’adozione di tali misure conservative deve avvenire con ragionevole tempestività rispetto alla data in cui l’Amministrazione prende cognizione della sentenza. I tempi sopra indicati per l’esecuzione delle sentenze (trenta giorni) sono termini entro i quali vanno adottati sia i provvedimenti positivi, sia le misure inibitorie. Se l’adozione di provvedimenti positivi implica tempi maggiori, l’adozione di congrue misure inibitorie, essendo più semplice, non richiede tempi così lunghi.

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6.6. Nel caso di specie, la prima diffida a eseguire la sentenza è del 14 aprile 2003, e l’Amministrazione ha ordinato la sospensione dei lavori, avviando così l’esecuzione della sentenza, il 15 maggio 2003. Il lasso temporale impiegato per ordinare la sospensione dei lavori non appare congruo ove si consideri che: a) la pubblicazione della sentenza ad aprile 2003 è stata preceduta da pubblicazione del suo dispositivo già due mesi prima (20 febbraio 2003 n. 73), dispositivo che è stato comunicato d’ufficio dalla segreteria all’I.N.A.I.L.; b) il dispositivo n. 73/2003 si limita a statuire che gli appelli dell’a.t.i. Arcadia (formalmente due appelli, il primo avverso il dispositivo di primo grado, il secondo avverso la sentenza di primo grado) sono accolti in parte: alla luce di tale dispositivo, l’I.N.A.I.L., pur non potendovi dare puntuale osservanza non apparendo chiara quale fosse la portata del parziale accoglimento (che emerge solo dalla successiva decisione e dal relativo dispositivo, più puntuale rispetto a quello pubblicato a febbraio 2003), era comunque tenuto a compiere le necessarie valutazioni in modo da essere pronto a intervenire tempestivamente una volta conosciute le motivazioni integrali della decisione; b) dalle risultanze processuali non emerge una situazione di urgenza o difficoltà soverchia tale da impedire di ordinare con immediatezza la sospensione dei lavori. Al massimo, dopo la prima diffida notificata dall’a.t.i. all’I.N.A.I.L. ad aprile 2003, si poteva ritenere sufficiente uno spatium deliberandi di sette giorni lavorativi per ordinare la sospensione dei lavori. 6.7. Se ne deve trarre la conseguenza che sussiste la colpa dell’Amministrazione per aver consentito la prosecuzione dei lavori dopo il 22 aprile 2003 (computati così sette giorni lavorativi dalla notifica della sentenza avvenuta il 14 aprile 2003), sicché i lavori contabilizzati in favore dell’originario aggiudicatario nel s.a.l. n. 4 per il periodo 23 aprile - 15 maggio 2003, nonché i lavori contabilizzati nel s.a.l. n. 5 e riferibili al medesimo periodo 23 aprile – 15 maggio 2003 sono stati indebitamente sottratti all’esecuzione da parte dell’a.t.i., alla quale va perciò riconosciuto il risarcimento per equivalente del danno subito. 6.8. La liquidazione del danno deve avvenire in via equitativa, essendovi la prova della sussistenza del danno ma l’impossibilità o comunque l’estrema difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare. Deve essere seguito il criterio della sentenza di primo grado in ordine al mancato utile nella misura forfetaria del 10%, criterio su cui si è formato il giudicato. Il Collegio aggiunge che milita in favore del riconoscimento dell’interesse positivo la considerazione che dopo un giudicato da cui deriva l’obbligo per l’Amministrazione di aggiudicare e stipulare con la parte vittoriosa in giudizio, la responsabilità per mancata stipulazione non può essere qualificata come responsabilità precontrattuale, ma come responsabilità per inosservanza degli obblighi derivanti dal giudicato. Infatti un conto è la conduzione di una trattativa contrattuale, da cui non deriva mai un obbligo di stipulare il contratto, ma solo l’obbligo di buona fede (con conseguente responsabilità precontrattuale se si viola il dovere di buona fede), un conto è essere obbligati, in virtù di un giudicato, a procedere ad aggiudicazione e stipulazione. L’inadempimento dell’obbligo comporta la nascita della responsabilità contrattuale, anche se la fonte non è il contratto, ma, come nella specie, il giudicato. Dalla qualificazione della responsabilità come contrattuale deriva la risarcibilità dell’interesse positivo, oltre che di quello negativo. 6.9. Si deve altresì considerare che il Tar ha abbattuto il mancato utile del 50% per concorso di colpa del danneggiato. In disparte quanto si dirà in prosieguo in ordine alla correttezza di siffatto abbattimento per i danni maturati successivamente al 15 maggio 2003, tuttavia si deve osservare che in relazione al danno verificatosi per la prosecuzione dei lavori dopo il 22 aprile 2003 e fino al 15 maggio 2003, la colpa è imputabile esclusivamente all’Amministrazione. Non vi è colpa alcuna dell’a.t.i., la quale ha tempestivamente notificato la sentenza e chiesto l’immediata sospensione dei lavori. Pertanto il mancato utile va riconosciuto nella misura del 10% senza abbattimenti. 6.10. Occorre stabilire la base di calcolo del mancato utile.

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Il s.a.l. n. 4 si riferisce a lavori per un importo di lire 2.811.822.842, eseguiti tra il 23 aprile e il 15 maggio 2003. Il s.a.l. n. 5 si riferisce a lavori per un importo di lire 894.333.514, con cui si contabilizzano 26 liste di consistenza per liquidare materiali e manufatti giacenti in cantiere ovvero già ordinati ed approvati alla data del 15 maggio 2003. Secondo le risultanze istruttorie, si può ritenere che con il s.a.l. n. 4 non siano stati contabilizzati solo lavori del periodo di riferimento, ma anche lavori precedenti. Tuttavia non è possibile ricostruire in che misura il s.a.l. contabilizza lavori anteriori al 22 aprile 2003, e in che misura contabilizza lavori successivi. Quanto al s.a.l. n. 5, non è possibile ricostruire con esattezza a che epoca risalgono gli acquisti di materiali giacenti in cantiere alla data dell’ordine di sospensione. Gli importi di cui ai s.a.l. n. 4 e n. 5 sono stati liquidati all’originaria aggiudicataria sulla base del prezzo da essa offerto in gara. Occorre considerare che l’a.t.i. appellante, seconda classificata, aveva offerto in gara un prezzo più elevato rispetto alla prima aggiudicataria, sicché occorrerebbe, a rigore, individuare i lavori contabilizzati nel 4° e 5° s.a.l. e applicare ad essi i prezzi offerti in gara dall’a.t.i. Per operare siffatto calcolo occorrerebbe disporre c.t.u., con aumento dei tempi e dei costi del processo, ovvero demandare il calcolo all’I.N.A.I.L. ai sensi dell’art. 35, d.lgs. n. 80/1998, con il rischio di ulteriore contenzioso tra le parti. Sicché, nella logica di una liquidazione equitativa, si può compensare la maggior somma che spetterebbe all’a.t.i. sui lavori eseguiti dal 23 aprile al 15 maggio 2003 con la decurtazione dei s.a.l. n. 4 e n. 5 in relazione ai lavori eseguiti prima del 23 aprile 2003. Pertanto, in relazione al 4° s.a.l., si può ritenere che la base di calcolo del mancato utile del 10% sia la somma sopra indicata di lire 2.811.822.842. Sicché il mancato utile è pari a lire 281.182.284,2, che ammonta, convertito, a euro 145.219. In relazione al s.a.l. n. 5, una quota va riferita a materiali e manufatti ordinati o effettuati nel periodo 23 aprile - 15 maggio 2003, una quota a materiali e manufatti anteriori al 23 aprile 2003. Nell’impossibilità o estrema difficoltà di ricostruzione, si può utilizzare un criterio forfetario proporzionale, tenendo conto degli importi contabilizzati fino al 22 aprile 2003 (lire 4.380.080.559) e degli importi contabilizzati dal 23 aprile al 15 maggio 2003 (lire 2.811.822.842), e ritenendo che l’importo del quinto s.a.l. vada imputato nella medesima proporzione ai due periodi. Considerato che la sommatoria di lire 4.380.080.559 e di lire 2.811.822.842 è pari a lire 7.191.903.401, se ne desume che l’importo dei lavori fino al 22 aprile 2003 costituisce il 61% del complesso dei lavori fino al 15 maggio 2003, mentre l’importo dei lavori dal 23 aprile al 15 maggio 2003 costituisce il 39% del complesso dei lavori fino al 15 maggio 2003. Sicché, l’importo di lire 894.333.514 va imputato nella stessa percentuale, del 61% ai lavori fino al 22 aprile 2003, e del 39% ai lavori fino al 15 maggio 2003. L’importo che presuntivamente si riferisce a materiali acquistati o ordinati, e manufatti realizzati nel periodo 23 aprile – 15 maggio 2003 è dunque pari a lire 348.790.070, che, convertito, ammonta a euro 180.135. Il mancato utile su tale cifra è pari a euro 18.014. Anche in tal caso, per computare la base di calcolo, si è equitativamente e forfetariamente compensato il maggiore importo che deriverebbe applicando i prezzi offerti in gara dalla seconda aggiudicataria, con la decurtazione per lavori che, contabilizzati nel periodo 23 aprile - 15 maggio 2003, sono stati verosimilmente eseguiti in precedenza. 6.11. Per quanto esposto, il motivo di appello V.1. va accolto, con riconoscimento di un risarcimento pari a euro 163.233 (euro 145.219 più euro 18.014), su cui applicare la rivalutazione monetaria, con decorrenza da quando si è verificato il danno (15 maggio 2003) e fino alla data del pagamento da parte dell’I.N.A.I.L. 6.12. Non sono invece dovuti, sulla somma via via rivalutata, gli interessi compensativi, perché difetta puntuale domanda di parte in primo grado e puntuale prova del danno da mancato tempestivo impiego

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della somma dovuta a titolo di risarcimento (Cass., sez. un., 17 febbraio 1995 n. 1712). E, invero, gli interessi non sono stati chiesti con il ricorso di primo grado; avrebbero potuto essere chiesti nel corso del giudizio di primo grado con atto successivo (trattandosi di domanda risarcitoria, si applicano i termini di prescrizione e non di decadenza), ma con atto notificato alle controparti, trattandosi di domanda nuova. Ma nel processo di primo grado non risultano notificati ricorsi e motivi aggiunti successivamente al primo ricorso. Nell’atto di appello, a pag. 74, vengono chiesti gli interessi, genericamente, senza prova del danno. In ogni caso si tratta di domanda nuova proposta per la prima volta in appello, come tale inammissibile (art. 345, co. 1, c.p.c.). Sulla asserita indebita prosecuzione dei lavori dopo l’ordine di sospensione 7. Con il successivo motivo di appello (rubricato come V.2, da pag 52 a pag. 57 dell’atto di appello, oltre al rinvio al commento alla c.t.u. contenuto da pag. 1 a pag. 49 dell’atto di appello) si ribadisce la tesi, sostenuta in primo grado, secondo cui i lavori sarebbero proseguiti indebitamente dopo l’ordine di sospensione del 15 maggio 2003. Si assume con l’atto di appello che erroneamente il Tar afferma che non vi sarebbe prova di tale indebita prosecuzione. Il Tar avrebbe errato nella lettura delle risultanze della C.T.U.: le risposte date dal consulente ai quesiti nn. 1 e 4 dimostrerebbero che i lavori sono proseguiti indebitamente. Infatti l’anomalo incremento dei lavori secondo gli ultimi s.a.l. sarebbe la prova che lavori così ingenti non potevano essere eseguiti in così breve tempo, e che in realtà sarebbero stati eseguiti in un periodo successivo; la mancata tenuta del libro giornale e la mancata bollatura e numerazione successiva del registro di contabilità confermerebbe l’assunto; irrilevante sarebbe l’argomento del licenziamento delle maestranze; irrilevanti sarebbero gli elementi che il Tar trae dalle risultanze degli accessi al cantiere. 8. Il mezzo è infondato. 8.1. Si deve metodologicamente premettere che, trattandosi di una controversia risarcitoria, trovano applicazione le regole civilistiche e processualcivilistiche in ordine all’onere della prova e al valore probatorio della c.t.u. La parte che sostiene l’accadimento di determinati fatti, deve fornirne la prova rigorosa. La prova può anche essere indiziaria, ma gli indizi devono essere gravi, precisi, concordanti. La c.t.u. non è un mezzo di prova autonomo, ma un mezzo per valutare le prove fornite dalle parti. 8.2. Ora, nella specie, ad avviso del Collegio correttamente il Tar ha ritenuto che la tesi dell’a.t.i. in ordine ad una indebita prosecuzione dei lavori dopo il 15 maggio 2003 non è supportata da prove univoche, ma si fonda su una serie di illazioni e sospetti, che nemmeno la c.t.u. ha trasformato in prove o indizi univoci. 8.3. Va sottolineato che la prosecuzione indebita dei lavori, se sussistente, sarebbe un gravissimo illecito, anche penale, per i funzionari dell’I.N.A.I.L. che vi avrebbero acconsentito. Infatti dopo un ordine di sospensione, emesso in esecuzione di un giudicato, dichiarare nei verbali di accesso al cantiere che i lavori sono fermi, e contemporaneamente consentire che i lavori proseguano, integrerebbe quanto meno gli estremi dei reati di falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, truffa a danno dello Stato (oltre a ingenerare il sospetto del reato di corruzione), non senza considerare anche la responsabilità contabile e disciplinare. 8.4. Sicché per sostenere che siffatto illecito è stato perpetrato, non bastano indizi meri basati su elementi che possono avere una spiegazione alternativa lecita, ma occorre una prova rigorosa. 8.5. Trattandosi di lavori di manutenzione da contabilizzare a misura su opere finite, la mancata redazione del libro giornale costituisce una prassi piuttosto frequente (come si evince anche dalla relazione del c.t. dell’I.N.A.I.L.), ancorché da stigmatizzare, sicché dalla mancanza del libro giornale non si può senz’altro desumere l’intento doloso di proseguire i lavori senza lasciare traccia contabile della data di esecuzione. 8.6. Il registro di contabilità risulta poi fedelmente compilato. 8.7. Quanto all’incremento dei lavori nell’ultimo periodo rispetto alla media del periodo precedente, la tesi accusatoria secondo cui in realtà i lavori sono avvenuti in un lasso temporale più lungo e solo contabilmente concentrati entro la fatidica data del 15 maggio 2003, può essere contrastata con una

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serie di spiegazioni alternative lecite: a) nei s.a.l. nn. 3 e 4 (rispettivamente: lavori a tutto il 22 aprile 2003; lavori a tutto il 15 maggio 2003) si è reso necessario contabilizzare lavori che, per essere in corso, non sono stati contabilizzati nei s.a.l. precedenti, ma che in parte sono stati eseguiti in periodi anteriori; tale modus operandicorrisponde ad una prassi piuttosto frequente, ancorché da stigmatizzare; b) l’incremento di produttività è in linea con l’arrivo di stagione climaticamente più propizia, la primavera, rispetto al precedente periodo (autunno – inverno); c) l’incremento di produttività è in linea con il passaggio dalla fase iniziale alla fase a regime dei lavori. 8.8. A tali dati si devono aggiungere gli unici elementi di fatto certi: a) il licenziamento delle maestranze successivo all’ordine di sospensione dei lavori; b) gli accessi al cantiere, ad alcuni dei quali ha partecipato l’a.t.i. ricorrente, e dai quali non è emerso un incremento dei lavori rispetto a quelli effettuati alla data del 15 maggio 2003: v. accesso del 22 maggio 2003, con la presenza di rappresentante dell’a.t.i; accessi del 3, 4, 8, 9, 20, 25 giugno, 9 luglio 2003, compiuti dal direttore dei lavori e dal suo assistente e/o direttori operativi; accesso del 30 luglio 2003, con la presenza di rappresentante dell’a.t.i.; ulteriori sette annotazioni giornaliere fino alla data del s.a.l. n. 5, nelle quali si ribadisce lo stato di fermo cantiere. Ora, per quanto riguarda gli accessi avvenuti a maggio e luglio 2003 con la presenza di rappresentante dell’a.t.i., se vi fossero stati indebiti avanzamenti dei lavori, sarebbero stati fatti rilevare. Invece non risultano. Per quanto riguarda gli accessi effettuati dal direttore dei lavori con il suo assistente e/o direttori operativi, i relativi verbali attestano che i lavori sono fermi. Si tratta di verbali redatti da pubblici ufficiali, sicché, per seguire l’ipotesi di un indebito svolgimento dei lavori dopo l’ordine di sospensione, si dovrebbe prima affermare e provare che svariati pubblici ufficiali abbiano scientemente affermato il falso. 8.9. Ad avviso del Collegio, a fronte di attestazioni di più pubblici ufficiali che i lavori non sono proseguiti dopo il 15 maggio 2003, gli elementi indiziari addotti da parte appellante non raggiungono i connotati di gravità precisione, concordanza, che li faccia assurgere a dignità di prova. Sarebbe stato onere di parte ricorrente addurre univoci elementi di prova, quali avrebbero potuto essere testimonianze di operai, fornitori, e simili, fotografie, filmati, da cui potesse evincersi la prosecuzione dei lavori dopo il 15 maggio 2003. 8.10. Va osservato che la c.t.u. in risposta al quarto quesito, volto a verificare, sia pure per presunzioni, se vi fosse stato uno svolgimento dei lavori dopo il 15 maggio 2003, valorizza in senso negativo la circostanza che non risultano lavori in corso durante i numerosi accessi. Indica come elemento presuntivo positivo una discordanza di valori tra l’importo finale riportato nel s.a.l. n. 3 e l’importo iniziale del s.a.l. n. 4, che potrebbe far sospettare che il s.a.l. n. 4 non sia stato redatto in automatico con il programma informatico, ma manualmente per sanare lavori postumi (pag. 28 c.t.u.). Lo stesso c.t.u. però afferma che si tratta di elemento <<assolutamente di carattere presuntivo, non esistendo ulteriori elementi riscontrabili, che possano confermarne la assoluta certezza>>. Si deve poi ribadire che la c.t.u. non è di per sé mezzo di prova, ma mezzo di valutazione delle prove fornite dalle parti. Nella specie, in difetto di prove addotte dall’a.t.i. interessata, gli elementi forniti dal c.t.u. restano indizi meri privi di gravità, precisione, concordanza. 8.11. Per quanto esposto il motivo di appello V.2. va respinto. Sul concorso di colpa dell’a.t.i. Arcadia 9. Con il motivo di appello rubricato V.3, (da pag. 57 a pag. 59 dell’atto di appello), si contestano i capi di sentenza che hanno addebitato all’a.t.i. condotte ostruzionistiche e ritenuto corretti taluni comportamenti dell’I.N.A.I.L., in particolare quanto a: accesso al cantiere; partecipazione alla registrazione contabile. Si lamenta che: a) gli accessi al cantiere consentiti all’a.t.i., in numero di tre, sarebbero stati prestabiliti e governati

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dall’Ente, frettolosi e privi di effettivo contraddittorio; b) sarebbe stata illegittimamente negata la partecipazione dell’a.t.i. alla contabilizzazione; c) l’a.t.i. sarebbe stata estromessa illegittimamente dalla custodia del cantiere. 9.1. Le censure vanno disattese. Le censure in ordine alle modalità dell’accesso al cantiere sono generiche e prive di adeguato riscontro probatorio. La contabilizzazione e la custodia del cantiere sono attività privatistiche rette dal diritto civile, e non attività amministrative, sicché l’Amministrazione non era tenuta a consentire la partecipazione dell’a.t.i. 10. Con il motivo di appello rubricato V.4 (da pag. 59 a pag. 61) si contesta il capo di sentenza in cui si afferma che legittimamente l’I.N.A.I.L. ha negato il subappalto della categoria OS30. Si lamenta che: a) la proposta di parziale subappalto (per il 30%) della categoria OS30 avrebbe dovuto essere valutata alla luce delle reciproche concessioni trattandosi di subentro in un contratto già in buona parte eseguito; b) tale proposta sarebbe stata praticabile perché a seguito della parziale esecuzione dei lavori i lavori della categoria OS30 erano diventati di importo inferiore al 15% dell’importo originario dell’appalto; c) la legislazione consentiva il subappalto, nei limiti del 30%, per la categoria prevalente a qualificazione obbligatoria; pertanto si doveva ritenere subappaltabile anche il 30% dei lavori scorporabili a qualificazione obbligatoria, come poi ha disposto espressamente la legislazione successiva; d) inoltre nel corso delle trattative l’a.t.i. aveva rinunciato a tale subappalto. 11. Il mezzo è infondato. 11.1. Va in diritto premesso che se l’aggiudicazione viene annullata in sede giurisdizionale dopo che è già iniziata l’esecuzione del contratto, e la parte vittoriosa deve subentrare nel contratto al posto dell’originario aggiudicatario, ciò non può che avvenire tenendo conto delle condizioni della gara originaria a cui il contratto si riferisce. E, invero, chi subentra in un contratto in corso di esecuzione non può conseguire un vantaggio maggiore rispetto a quello che avrebbe ottenuto se fosse stato ab initio parte contrattuale. Inoltre non si tratta di una nuova procedura di affidamento e di un diverso contratto, ma pur sempre dell’originaria procedura e dell’originario contratto. 11.2. Se, dunque, nella gara per cui è processo, non era ab initio consentito il subappalto della categoria OS30 (perché opera specialistica eccedente il 15% dell’importo originario dell’appalto), non si poteva acconsentire, in sede di subentro contrattuale, al mutamento delle originarie condizioni di gara alla luce del dato fattuale contingente che nel frattempo una parte dei lavori OS30 era stata eseguita, sicché il residuo importo, divenuto inferiore al 15% dell’importo originario dell’appalto, era in astratto subappaltabile. 11.3. Inoltre all’epoca dei fatti di causa era pienamente vigente il divieto di subappalto per le opere speciali di importo superiore al 15% dell’importo totale dell’appalto, atteso che solo nel 2008 con il terzo d.lgs. del codice dei contratti pubblici è stato espressamente consentito il subappalto nei limiti del 30% dell’importo dell’opera speciale (v. art. 38, co. 11, d.lgs. n. 163/2006). 11.4. Correttamente, pertanto, il Tar ha ritenuto legittimo il diniego del subappalto opposto dall’I.N.A.I.L., e scorretta la condotta dell’a.t.i. che, insistendo sulla tesi del subappalto, ha contributo a far fallire la trattativa. Sulle voci di danno e la misura del risarcimento spettante all’a.t.i. Arcadia 12. Con ulteriore ordine di censure, rubricate sub VI dell’atto di appello (da pag. 62 a pag. 74) si formulano contestazioni sulla liquidazione del danno da parte del Tar. 12.1. Con la censura VI.1) si contesta la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto alcune voci di danno e, segnatamente: a) il danno da perdita di chance; b) euro 5.000 a titolo di consulenze;

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c) il danno da perdita della qualificazione OS28. Sul danno da perdita di chance 12.2. Il Tar ha negato il danno da perdita di chance qualificando la responsabilità come precontrattuale; obietta parte appellante che anche nella responsabilità precontrattuale la giurisprudenza riconosce, come voce di danno, la perdita di altre favorevoli occasioni. Nella specie, poi, considerato che la trattativa con l’I.N.A.I.L. è durata quasi tre anni, l’impresa poteva sia eseguire il contratto con l’I.N.A.I.L. sia altri contratti, sicché sarebbero cumulabili il danno da mancato utile e il danno da perdita di chance. 12.3. Il mezzo va disatteso, con argomenti diversi da quelli utilizzati dal Tar. Nella responsabilità precontrattuale, va ristorato il c.d. interesse negativo, comprensivo delle spese subite inutilmente in relazione alla trattativa, nonché della perdita di altre favorevoli occasioni, mentre non può essere ristorato l’interesse positivo, vale a dire il mancato guadagno che sarebbe derivato dal contratto non stipulato (Cons. St., sez. IV, 27 dicembre 2004 n. 8220; Cons. St., sez. V, 19 giugno 2009 n. 4111). Sicché, la qualificazione della responsabilità come precontrattuale non impedisce il ristoro del danno da perdita di chance. Tuttavia nel rispetto del principio generale sancito dall’art. 2697 c.c., la parte che invoca il danno da perdita di chance ne deve fornire la prova rigorosa. Le occasioni favorevoli di cui si lamenta la perdita non devono essere astratte, ma avere un minimo di concretezza. Tale prova nel caso di specie non è fornita, in quanto i documenti 25 e 26 della produzione di appello non costituiscono prova idonea della perdita di chance. Si tratta di elenchi di bandi di gara pubblicati nel periodo in cui era in corso la trattativa per cui è processo. Sicché l’appellante assume che a causa della trattativa in corso l’a.t.i. non ha potuto concorrere ad altre gare. Tuttavia non vi è alcuna prova: a) che l’a.t.i. ha presentato domanda di partecipazione; b) che avesse un margine di possibilità di vittoria; c) che le maestranze e i mezzi d’opera dell’a.t.i. sono di entità tale da impedirle di essere contemporaneamente impegnata sul fronte delle trattative con l’I.N.A.I.L. e sul fronte della partecipazione ad altre gare di appalto. Non risulta dunque provato che nel periodo della trattativa si siano presentate all’a.t.i. concrete favorevoli occasioni, a cui ha dovuto rinunciare per tenersi a disposizione dell’I.N.A.I.L. Sul danno da spese di gara 13. Quanto alle spese di gara, deduce l’appellante di aver documentato, invocando il doc. 24-bis, euro 5.413,06 per spese di partecipazione alla gara. 13.1. Il mezzo è infondato. Il Collegio rileva che nella produzione documentale di primo grado e di appello non c’è un documento 24-bis, ma un documento 24, con allegati, che si riferisce all’importo indicato dall’appellante in euro 5.413.06, con cui effettivamente risultano documentati costi di partecipazione alla gara. 13.2. Tuttavia sono inclusi: a) sia documenti relativi a spese inerenti la gara originaria e risalenti perciò al 2001 (spese di trasporto di 47 euro e 377 euro per consegna offerta il 20 settembre 2001; 450 euro per consulenza assicurativa fattura del 14 settembre 2001; 284,05 euro per polizza assicurativa in data 10 settembre 2001; spese postali e taxi varie del 2001; circa 10 euro per spese autentica certificato SOA nel 2001; spese per fotocopie fattura 11 settembre 2001); b) sia documenti relativi a spese sostenute dopo il giudicato del Consiglio di Stato n. 1716/2003, durante la trattativa con l’Ente per il subentro nel contratto (spese notarili per costituzione a.t.i. fattura 27 aprile 2005 per importo 768, 81 euro). 13.3. Si devono senz’altro escludere dal risarcimento le spese subite in relazione alla gara originaria, in

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quanto il giudicato del Consiglio di Stato n. 1716/2003 ha escluso la colpa dell’Amministrazione e il diritto al risarcimento di qualsivoglia danno. 13.4. Sicché, si devono, in astratto, valutare solo le spese sostenute per la nuova trattativa con l’Ente, successiva al giudicato citato. Tuttavia, si deve osservare che per costante giurisprudenza di questo Consesso, nel riconoscimento del danno da mancata aggiudicazione, se viene attribuito il ristoro del danno da mancato utile, viene escluso il danno relativo alle spese subite, in quanto nelle pubbliche gare di appalto all’aggiudicatario non viene riconosciuto il rimborso delle spese sostenute per la gara, implicitamente assorbite dal compenso per l’esecuzione dell’appalto. E, invero, nella somma liquidata a titolo di ristoro dell’utile di impresa perduto, è già ricompresa la remunerazione del capitale impiegato per la partecipazione alla gara; si evitano in tal modo ingiustificate locupletazioni derivanti dalla medesima partita di danno (Cons. giust. sic., 22 giugno 2006 n. 315; Cons. St., sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967). Sicché, se in luogo dell’aggiudicazione si consegue il danno da mancato utile, parallelamente non spetta il danno per le spese di gara. Ora, nella specie, il Tar, pur qualificando la responsabilità come precontrattuale, ha riconosciuto il ristoro dell’interesse positivo (il mancato utile) anziché il ristoro dell’interesse negativo (le spese). Si è già detto che su tale qualificazione e relativo riconoscimento del mancato utile nella misura del 10%, si è formato, in difetto di appello dell’I.N.A.I.L., il giudicato. Ma il riconoscimento del ristoro dell’interesse positivo impedisce al Collegio, ora, di riconoscere anche il ristoro dell’interesse negativo quanto alle spese di gara, perché si tratterebbe di una duplicazione del danno che la giurisprudenza di questo Consesso non accorda. Sul danno da perdita della qualificazione 14. In relazione alla perdita della qualifica della OS28 da parte della mandataria Arcadia, per la quale in primo grado è stato chiesto un ristoro di almeno 25.000 euro, assume l’appellante che erroneamente il Tar ha affermato che l’Arcadia non ha mai posseduto tale qualificazione, desumendolo da un documento del 2005; invece, dagli atti di partecipazione alla gara originaria nel 2001, si desumerebbe che Arcadia aveva la qualifica per OS28. 14.1. La censura è fondata in quanto risulta dagli atti dell’originaria gara che Arcadia aveva la qualifica OS28 (v. certificato SOA emesso il 27 luglio 2001), e che nel 2005 la ha persa, mentre la avrebbe mantenuta se avesse eseguito l’appalto. Nella quantificazione del danno, si deve tenere conto dei seguenti elementi: a) dei bandi di gara di cui alla produzione documentale 25 e 26 solo due contemplano, tra le categorie di opere, quella OS28, ma la data di scadenza dei bandi è 9 marzo 2004 e 7 aprile 2004, dunque un’epoca in cui la qualifica OS28 era ancora posseduta, sicché non esiste un danno da perdita dichance per effetto di perdita della categoria OS28; b) la perdita della categoria OS28 non è imputabile solo alla mancata esecuzione dell’appalto per cui è processo, ma anche alla mancata partecipazione ed aggiudicazione, nel medesimo periodo, di altri appalti che prevedevano la medesima categoria di lavori. Pertanto appare equo liquidare il danno da perdita della qualificazione OS28 in euro 10.000, cui si applica la rivalutazione con decorrenza dalla data della perdita della qualificazione fino al pagamento. Posto che il primo certificato SOA da cui si evince il possesso della OS28 risulta emesso il 27 luglio 2001 con scadenza il 12 giugno 2004, e che il certificato SOA in cui non risulta più il possesso della OS28 risulta rilasciato il 21 settembre 2004, per data della perdita della qualificazione si deve ritenere quella del 21 settembre 2004, in difetto di diversa prova fornita dalla parte. Non sono dovuti interessi in difetto di puntuale domanda notificata in primo grado. Sull’abbattimento della misura del risarcimento del danno per concorso di colpa del danneggiato 15. Con ulteriore ordine di censure rubricate subVI.2 e VI.3 (rispettivamente da pag. 64 a pag. 68 e da pag. 68 a pag. 71 dell’atto di appello) si contestano i capi di sentenza che hanno decurtato il danno risarcibile. 15.1. In particolare la sentenza viene criticata in ordine alla decurtazione del mancato utile, che è stato

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ridotto dal 10% al 5% per il concorso di colpa del danneggiato, e in ordine alla base di calcolo del mancato utile. 15.2. Quanto al primo profilo, si contestano i profili di colpa addebitati dal Tar all’a.t.i., assumendosi che: a) la categoria OS3O era subappaltabile; b) non risponderebbe al vero che l’a.t.i. ha interferito negativamente nell’attività di chiusura del cantiere; c) l’a.t.i. avrebbe disertato gli appuntamenti solo in un paio di occasioni, dandone però congrua giustificazione; d) la richiesta che la custodia del cantiere fosse affidata a soggetto terzo, o che la Guzzi fosse affiancata dall’a.t.i. nella custodia, sarebbe stata legittima; e) sbaglierebbe la sentenza nell’affermare che per ottenere l’esecuzione del giudicato l’a.t.i. avrebbe dovuto tempestivamente utilizzare il giudizio di ottemperanza. 16. Il mezzo è infondato. 16.1. Correttamente il Tar ha decurtato il mancato utile riducendolo dal 10% al 5%. Infatti una valutazione complessiva della condotta dell’a.t.i. induce a ritenere che essa ha contribuito in modo significativo al fallimento delle trattative. Agli elementi addotti dal Tar e a torto contestati da parte dell’appellante se ne aggiungono altri, che più in dettaglio emergeranno in sede di esame dell’appello dell’I.N.A.I.L. In sintesi, hanno condotto al fallimento delle trattative anche i seguenti comportamenti dell’a.t.i., stigmatizzabili: a) la pretesa al subappalto della categoria OS30, che come già detto non era subappaltabile; b) la mancata presenza a tutti gli appuntamenti; c) le pretese in ordine alla partecipazione alle attività di contabilizzazione e di custodia del cantiere, che, come già detto, legittimamente non sono state accolte; d) la pretesa di avere un progetto stralcio, laddove l’Amministrazione ha fornito comunque tutta la documentazione necessaria per il subentro nel cantiere; e) la pretesa all’aggiornamento dei prezzi che, come si dirà meglio nell’esaminare l’appello dell’Amministrazione, non era fondata; f) l’atteggiamento di chiusura manifestato a partire da aprile-maggio 2004, con l’ulteriore rifiuto, nel febbraio 2005, dell’ultima offerta formulata dall’Ente, che appariva congrua e ragionevole. 16.2. Va invece escluso che l’a.t.i. fosse tenuta a utilizzare tempestivamente il ricorso per l’ottemperanza, in quanto il termine per l’azione di ottemperanza è di dieci anni dal giudicato, e non a caso il legislatore fissa un termine così lungo. Si auspica infatti che, anziché instaurare un processo di esecuzione, le parti addivengano ad una composizione bonaria. La scelta della via della bonaria composizione in luogo di quella del giudizio di ottemperanza non è pertanto fattore ascrivibile a colpa del danneggiato. 16.3. In favore del computo del mancato utile nella misura del 5% anziché del 10% milita poi la preferibile giurisprudenza di questo Consesso, già citata, che da un lato richiede che si calcoli l’utile effettivo, e non l’utile forfetario del 10%, e che dall’altro lato richiede che dal mancato utile si detragga l’aliunde perceptum o percipiendum. Sulla base di calcolo del danno da mancato utile 17. In ordine alla base di calcolo del mancato utile, si lamenta che: a) il prezzo offerto nella gara originaria, su cui calcolare il mancato utile, avrebbe dovuto essere <<attualizzato>>, considerando che dalla gara erano ormai trascorsi quattro anni; b) il c.t.u. in primo grado ha concluso che il corrispettivo di euro 3.065.803,23, calcolato sulla base del prezzo offerto in gara (e su cui applicare la percentuale di mancato utile), dopo quattro anni non era attuale e doveva essere aggiornato in misura compresa tra il 10% e il 30%; c) ciò sarebbe tanto vero che, fallita la trattativa con l’a.t.i., per i medesimi lavori l’Ente ha bandito una nuova gara ponendo a base di essa il prezzo di euro 4.700.000, dunque ben più elevato rispetto a quello

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che si pretendeva applicare all’a.t.i.; e) erroneamente il Tar avrebbe negato l’applicazione del prezzo chiuso e della revisione prezzi, che sono istituti che operano nel caso di fisiologico svolgimento dell’appalto, e non nel caso di eventi patologici. La giurisprudenza arbitrale afferma che in caso di illegittima sospensione dei lavori protrattasi per un significativo arco temporale, spetta il risarcimento del danno connesso al maggior costo di esecuzione; f) il Tar, nel calcolare la base di computo del mancato utile, avrebbe dovuto tener conto che l’importo dell’appalto sarebbe stato indebitamente eroso dall’Ente: f.1) mediante la sovrastima dei nuovi prezzi riconosciuti al precedente appaltatore; f.2) mediante l’omessa tempestiva sospensione dei lavori nei confronti del precedente appaltatore. Sulle condizioni per <<attualizzare>> il corrispettivo dell’appalto 18. Il mezzo è infondato. 18.1. Va anzitutto disattesa la pretesa all’attualizzazione del corrispettivo dell’appalto. Va osservato che chi subentra in un appalto in corso di esecuzione, non può conseguire un beneficio maggiore rispetto a quello che avrebbe avuto se fosse stato ab initio aggiudicatario. Infatti il subentro avviene in un appalto già aggiudicato, secondo le condizioni della gara originaria e l’offerta fatta dal subentrante in quella originaria gara. Negli appalti in corso di esecuzione, le oscillazioni dei prezzi non sono rilevanti in sé, ma solo attraverso i meccanismi del prezzo chiuso e della compensazione in caso di oscillazione di alcuni prezzi in misura superiore al 10%. Ma appunto, si tratta di rimedi che si applicano in corso di esecuzione dell’appalto. 18.2. Sicché, anzitutto l’a.t.i. non poteva pretendere un generico e complessivo aggiornamento del prezzo di gara in applicazione della revisione prezzi e del prezzo chiuso, prima di stipulare il contratto. Solo a contratto stipulato, avrebbe avuto titolo a ottenere l’aggiornamento dei prezzi se vi fossero stati i presupposti per l’applicazione del prezzo chiuso, ovvero ad ottenere le compensazioni, laddove venissero utilizzati materiali per i cui prezzi si fossero verificate le oscillazioni previste dalla legge. E’ poi dirimente la considerazione che l’aggiornamento dei prezzi serve a ristabilire l’originario sinallagma contrattuale, e dunque spetta in caso di esecuzione dei lavori, in modo da garantire all’impresa di conseguire effettivamente l’utile previsto in sede di originaria offerta. E’ allora evidente che se i lavori non vengono eseguiti e si ristora il danno da mancato utile, esso va calcolato in base al prezzo offerto in gara (o, secondo una parte della giurisprudenza, in misura forfetaria), ma allora è fuori gioco ogni questione di revisione prezzi. Infatti chi non esegue i lavori, non subisce la perdita che deriva dall’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione. Costituisce poi fatto notorio che il meccanismo del prezzo chiuso non ha avuto finora pratica applicazione, perché non se ne sono mai verificati i presupposti applicativi. Sicché in nessun modo l’Amministrazione poteva considerarsi tenuta a valutarne l’applicabilità al caso di specie. Quanto poi all’invocata giurisprudenza arbitrale, essa, ancora una volta, si riferisce al caso di esecuzione dei lavori a lunga distanza di tempo, e non al caso in cui i lavori non vengono eseguiti e il danno vada quantificato nella misura del mancato utile. Il ristoro per equivalente del mancato utile consente comunque di tener conto delle lievitazioni dei prezzi, attraverso il meccanismo della rivalutazione, che è ex lege dovuto, trattandosi di debito di valore. Sicché non è esigibile pretendere sia la rivalutazione della base di calcolo del risarcimento, sia della misura del risarcimento. Sulle asserite erosioni delle somme spettanti all’a.t.i. Arcadia 18.3. Quanto all’assunto secondo cui la base di calcolo del mancato utile sarebbe stata indebitamente erosa dall’amministrazione, in relazione al sovraprezzo pagato all’originario appaltatore per alcuni lavori, si deve osservare che tale fatto non ha eroso quanto dovuto all’a.t.i, posto che l’Amministrazione ha calcolato i lavori ancora da eseguire, e il relativo compenso, in base al prezzo offerto in gara dall’a.t.i. Sicché è stato ininfluente che alcuni lavori siano stati pagati in eccesso

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all’originario appaltatore. Quanto all’erosione dovuta alla tardività dell’ordine di sospensione dei lavori, la questione è stata già esaminata e accolta con altro capo della presente decisione, cui si rinvia. Su interessi compensativi e rivalutazione monetaria 19. Con ulteriore censura (pag. 74 dell’atto di appello), si lamenta che erroneamente il Tar ha riconosciuto solo gli interessi e ha negato la rivalutazione. Infatti nei debiti di valore la giurisprudenza ammette la rivalutazione senza necessità di fornire la prova di cui all’art. 1224, co. 2, c.c. La domanda, formulata in modo non chiarissimo, è da interpretare nel senso che chiede anche rivalutazione e interessi maturati dopo la sentenza di primo grado (trattasi dell’unica domanda nuova consentita dall’art. 345, co. 1, c.p.c.). 19.1. La censura è fondata. Il risarcimento del danno costituisce debito di valore, su cui spetta anche la rivalutazione monetaria. Quanto alla data di decorrenza, essa, per costante giurisprudenza, è dovuta dalla data del fatto illecito con cui si identifica, ordinariamente, e sicuramente nella specie, anche la data del danno. Tale data è stata già individuata dalla sentenza di primo grado, con statuizione che non forma oggetto di contestazione in appello, nel 23 febbraio 2004. Sicché è da tale data, e fino al soddisfo, che spetta la rivalutazione monetaria. Posto che il Tar ha riconosciuto già gli interessi, con decorrenza dalla data del 23 febbraio 2004, con statuizione su cui non c’è contestazione e c’è dunque giudicato, il riconoscimento da parte di questo Collegio anche della rivalutazione monetaria, impone di regolare il concorso di rivalutazione e interessi. Trattandosi di debito di valore, è consentito il cumulo di rivalutazione monetaria e interessi. Trattasi di interessi compensativi, che vanno calcolati nella misura del tasso degli interessi legali via via vigente, dalla data del 23 febbraio 2004 alla data di pubblicazione della presente sentenza, con i criteri fissati da Cass., sez. un., 17 febbraio 1995 n. 1712: gli interessi vanno calcolati alla data del fatto non già sulla somma rivalutata bensì con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma - equivalente al bene perduto - si incrementa nominalmente in base ad un indice medio; tra i vari criteri proposti da Cass., sez. un., n. 1712/1995 si ritiene equo applicare quello di computare gli interessi anno per anno sulla somma anno per anno rivalutata. 19.2. In accoglimento del presente motivo di appello, l’Amministrazione va condannata a corrispondere, sulla somma liquidata dal Tar in favore dell’a.t.i., la rivalutazione monetaria e gli interessi, con i criteri di cui sopra, dalla data del 23 febbraio 2004 e fino alla data del pagamento. Questioni di rito sul ricorso incidentale di primo grado dell’I.N.A.I.L. 20. Con il motivo VII dell’appello dell’a.t.i. (da pag. 75 a pag. 77) si sostiene che il ricorso incidentale proposto in primo grado dall’I.N.A.I.L. andava dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione e irricevibile per tardività. Il Tar avrebbe errato: a) quando afferma che la decisione del Consiglio di Stato n. 4297/2006 avrebbe affermato che la domanda dell’I.N.A.I.L. volta a far valere la responsabilità precontrattuale dell’a.t.i. rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo; b) quando afferma che alla domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L. si applicano i termini di cui all’art. 416 c.p.c. Sulla giurisdizione in ordine alla domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L. 21. Si procede anzitutto all’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione. 21.1. Il Collegio rileva, anzitutto, che la sentenza del Tar sbaglia laddove afferma che la decisione del Consiglio di Stato n. 4297/2006 avrebbe riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L. Invero, tale decisione si occupa solo della sussistenza o meno della giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno proposta dall’a.t.i., e non esamina la domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L. né in punto di giurisdizione né quanto al merito.

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In particolare, la decisione n. 4297/2006 ha così statuito: <<la sentenza di annullamento dell’atto autoritativo, qualora abbia contestualmente respinto la domanda di risarcimento per l’assenza della colpevolezza, fa sorgere un nuovo rapporto tra le parti durante la fase della esecuzione del giudicato. In tale fase, l’amministrazione ha il potere-dovere di rinnovare gli atti del procedimento, nel rispetto delle statuizioni del giudice, e può incorrere in responsabilità, qualora siano configurabili tutti gli elementi costitutivi dell’illecito. Nella specie, la decisione della Sezione n. 1716 del 2003 ha escluso la responsabilità dell’Istituto, per la lesione arrecata agli interessi delle società ora appellanti principali, in ragione dell’assenza della colpevolezza (quale elemento costitutivo dell’illecito), in quanto la scelta di ammettere l’aggiudicataria alla gara risultava coerente con una illegittima determinazione dell’Autorità per la vigilanza dei lavori pubblici. La medesima decisione, però, ha fatto sorgere il dovere dell’Istituto di conformarsi alla statuizione di annullamento, con l’emanazione degli atti ulteriori, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 1034 del 1971: sussiste la giurisdizione amministrativa sulla domanda di risarcimento del danno, basata sulla mancata o ritardata esecuzione del giudicato amministrativo. Del resto, non si può ritenere che la fase di esecuzione della decisione n. 1716 del 2003 riguardi ‘comportamenti’, conoscibili dal giudice civile, poiché: - costituisce sicuramente espressione di una tipica funzione pubblica, riconducibile al richiamato art. 26, l’attività con cui l’amministrazione deve concludere il procedimento, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale di un proprio atto; - solo il giudice amministrativo può determinare quali siano le concrete statuizioni della sentenza di annullamento e i doveri ricadenti sull’amministrazione soccombente, con un esame della vicenda sotto il profilo dinamico, che valuti la chance posta a base della domanda risarcitoria e come sia stata esercitata la funzione pubblica di rinnovazione del procedimento (per i profili attinenti all’istruttoria, ai tempi ed al contenuto delle scelte finali).>>. Pertanto, la questione della sussistenza o meno della giurisdizione sulla domanda riconvenzionale dell’I.N.A.I.L. non risulta, finora, né coperta da giudicato, né esaminata, e va esaminata da questo Collegio in virtù del motivo di appello. 21.2. Ad avviso del Collegio sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. E, invero, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento abbraccia non solo le lesioni di interessi legittimi, ma anche le lesioni di diritti soggettivi, in virtù di provvedimenti o comportamenti, se connessi all’esercizio di un potere amministrativo. La giurisdizione del giudice amministrativo sulle azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte per condotte scorrette delle amministrazioni pubbliche nella fase delle trattative contrattuali è stata riconosciuta sia dalla Cassazione che dal Consiglio di Stato (Cons. St., ad. plen., 5 settembre 2005 n. 6; Cass., sez. un., 27 febbraio 2008 n. 5084). Si tratta ora di verificare se la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento abbracci pure le azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte dalle amministrazioni pubbliche nei confronti delle controparti private, per condotte scorrette nella fase delle trattative contrattuali. Ad avviso del Collegio sussistono i due presupposti necessari per affermare la sussistenza della giurisdizione amministrativa: a) da un lato la copertura di una <<giurisdizione esclusiva>> su tutta la procedura di affidamento dei contratti pubblici, che secondo il codice dei contratti pubblici si estende sino alla stipulazione del contratto (art. 11, d.lgs. n. 163/2006), e dunque sulla relativa fase di trattative contrattuali: giurisdizione esclusiva che implica la cognizione non dei soli atti amministrativi, ma anche dei rapporti tra le parti in tale fase; b) dall’altro lato la connessione di siffatta azione con l’esercizio del potere amministrativo inerente l’aggiudicazione e stipulazione di un pubblico appalto. Se la giurisdizione esclusiva abbraccia il rapporto tra p.a. e privato, essa non può essere unidirezionale

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e perciò riferita esclusivamente alle azioni del privato nei confronti della p.a., ma deve necessariamente essere bidirezionale ed estesa anche alle azioni della p.a. nei confronti del privato, che siano, come nella specie, conseguenza immediata e diretta delle prime. La giurisprudenza ha già affermato che la giurisdizione esclusiva (segnatamente quella in materia di concessioni ex art. 5, l. Tar e quella in materia di accordi di diritto pubblico ex l. n. 241/1990) abbraccia non solo le azioni del privato nei confronti della p.a., ma anche le azioni di responsabilità promosse dalla p.a. nei confronti del privato (Cons. St., sez. V, 11 dicembre 2007 n. 6358). Milita in favore di tale soluzione anche il principio di concentrazione delle tutele, da ultimo espressamente codificato nell’art. 44, l. n. 69/2009. Diversamente ragionando, una vicenda unitaria, come quella per cui è processo, che postula una cognizione unitaria, verrebbe in modo irrazionale e antieconomico portata alla cognizione di due diversi ordini giurisdizionali, con il rischio di contrastanti giudicati. Anche la Corte di cassazione ha affermato che se in una data materia sono proposte due azioni connesse, una rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, l’altra in astratto rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, la prima azione attrae anche la seconda alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., sez. un., 24 giugno 2009 n. 14805). Sulla ricevibilità del ricorso incidentale di primo grado 22. Passando all’esame dell’eccezione di irricevibilità, il Collegio ritiene che il ricorso incidentale di primo grado debba essere ritenuto ricevibile, sia pure con argomenti diversi da quelli indicati dal giudice di primo grado. 22.1. Si deve senz’altro escludere l’applicabilità dei termini dimezzati di cui all’art. 23-bis, l. Tar, al presente giudizio, atteso che il rito speciale riguarda i giudizi impugnatori, e non i giudizi risarcitori puri quale il presente. In tal senso si è già espresso il Tar con la sentenza gravata. 22.2. Residua la questione di quali fossero i termini del ricorso incidentale con cui è stata proposta una domanda riconvenzionale di risarcimento del danno. La domanda riconvenzionale non ha, nel processo amministrativo, una puntuale disciplina. 22.3. Allo stato, manca un orientamento giurisprudenziale consolidato in ordine alla disciplina applicabile. La lacuna può, in astratto, essere colmata: a) facendo applicazione degli istituti del processo amministrativo, e, segnatamente, del ricorso incidentale; b) facendo applicazione analogica del c.p.c. e, segnatamente, dell’art. 167 c.p.c., che prevede la proposizione di domande riconvenzionali con comparsa di costituzione, entro venti giorni prima della data dell’udienza di prima comparizione indicata nell’atto di citazione; c) facendo applicazione analogica del c.p.c. e, segnatamente, dell’art. 416 c.p.c., a tenore del quale nel processo del lavoro le domande riconvenzionali si propongono con memoria difensiva da proporsi almeno dieci giorni prima dell’udienza. 22.4. La prima soluzione è quella che il presente Collegio ritiene preferibile, atteso che le lacune del processo amministrativo devono essere colmate, ove possibile, mediante applicazione analogica delle norme di detto processo, e solo in seconda battuta utilizzando le norme del c.p.c. Tale soluzione è seguita da alcuni Tar (T.a.r. Calabria, sez. II, 26 luglio 2005 n. 1398; T.a.r. Puglia, sez. I, 11 settembre 2002 n. 3926; T.a.r. Campania, sez. I, 11 aprile 2001 n. 1611), ed è anche la soluzione che è emersa in seno alla Commissione speciale costituita dal Presidente del Consiglio di Stato per la redazione di uno schema di codice del processo amministrativo. Pertanto, la domanda riconvenzionale in sede di giudizio amministrativo con competenza esclusiva deve essere proposta con ricorso incidentale o con atto notificato alla controparte a pena di inammissibilità. Né può obiettarsi che in caso di domanda riconvenzionale vengono in considerazione diritti soggettivi, sicché mal si giustifica l’utilizzo del ricorso incidentale, sottoposto a termini di decadenza. E’ agevole replicare che anche nel processo civile, la domanda riconvenzionale, ancorché avente ad oggetto diritti

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soggettivi, proprio perché si inserisce in un processo già in corso, è sottoposta a termini di decadenza (v. artt. 167 e 416 c.p.c.). 22.5. La seconda soluzione è seguita da talune pronunce del Consiglio di Stato, che hanno così statuito: <<anche nel processo amministrativo, ove la controversia concerna diritti soggettivi in materie riservate alla giurisdizione amministrativa esclusiva, trova applicazione il principio di cui all’art. 167, co. 2, c.p.c., per cui il convenuto «a pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali» nella prima comparsa di risposta – con conseguente preclusione alla sua proposizione nell’ulteriore corso del giudizio – dovendo essere rispettate le modalità procedurali disposte dal codice di rito per il processo civile da cui tale forma di azione trae origine; in particolare, nel rito amministrativo per «comparsa di risposta» deve intendersi la prima memoria con cui è effettuata la costituzione in giudizio della parte intimata; tale memoria, a questi fini, deve essere debitamente notificata a tutte le parti interessate>> (Cons. St., sez. IV, 25 gennaio 2003 n. 361; Cons. St., sez. IV, 25 gennaio 2003 n. 383). 22.6. A bene vedere, le citate pronunce non applicano in pieno l’art. 167 c.p.c., ma ne fanno una applicazione chirurgica atteso che: a) esigono la notifica della domanda riconvenzionale, sicché non è sufficiente la semplice memoria depositata; b) richiedono che la domanda riconvenzionale sia contenuta nella prima memoria di costituzione, e non nella memoria per la prima udienza. Sicché, costruiscono un regime molto simile a quello del ricorso incidentale: tanto si vale, allora, applicare senz’altro il regime del ricorso incidentale, come sostiene questo Collegio. 22.7. Non mancano pronunce di Tar che estendono senz’altro il regime dell’art. 167 c.p.c. (T.a.r. Lombardia, 18 luglio 1998 n. 1912). 22.8. Il Tar Lazio, con la sentenza in epigrafe, ha optato per la terza soluzione sopra indicata, senza chiarire però perché dovrebbe nella specie applicarsi il rito del lavoro; in astratto la scelta di un rito processuale civile abbreviato potrebbe giustificarsi nel caso in cui nel processo amministrativo trovi applicazione il rito abbreviato dell’art. 23-bis, l. Tar. Ma lo stesso Tar ha espressamente escluso che alla presente controversia si applichi il rito processuale amministrativo abbreviato di cui all’art. 23-bis. Sicché resta inspiegabile la ragione di siffatta opzione ermeneutica. 22.9. Dovendosi accogliere la soluzione secondo cui la domanda riconvenzionale nel processo amministrativo si propone con le forme e i termini del ricorso incidentale, occorre verificare se dette forme e termini risultino nella specie rispettati. La risposta è affermativa. Infatti, la domanda riconvenzionale risulta proposta con ricorso incidentale notificato e depositato nel rispetto dei termini prescritti per il processo amministrativo. Ai sensi dell’art. 22, l. Tar, che richiama, quanto al ricorso incidentale, l’art. 37, r.d. n. 1054/1924, il ricorso incidentale va notificato entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine di deposito del ricorso principale (che a sua volta va depositato entro trenta giorni dall’ultima notificazione), e depositato nei successivi dieci giorni. Il ricorso di primo grado risulta notificato all’I.N.A.I.L. in data 8 febbraio 2005, sicché andava depositato entro il 10 marzo 2005, con la conseguenza che il ricorso incidentale andava notificato entro il 9 aprile 2005 e depositato entro il 19 aprile 2005. Il ricorso incidentale risulta notificato in data 11 marzo 2005 e depositato il successivo 18 marzo 2005, dunque con ampio anticipo rispetto ai termini ultimi di notifica e deposito. Sulla responsabilità precontrattuale dell’a.t.i. nei confronti dell’ I.N.A.I.L. 23. Con il motivo VIII (da pag. 77 a pag. 80) si contestano i capi di sentenza che hanno parzialmente accolto le pretese risarcitorie dell’I.N.A.I.L. Si assume che per le stesse ragioni per cui non si poteva ritenere sussistente il concorso di colpa dell’a.t.i., e già esposte con altro motivo di appello, non si poteva ritenere sussistente una responsabilità precontrattuale dell’a.t.i. nei confronti dell’Ente. I toni della corrispondenza utilizzati dall’a.t.i. nei confronti dell’Ente non sarebbero né minacciosi né provocatori né ostruzionistici e comunque ciò non sarebbe rilevante come causa del fallimento delle

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trattative. Errati poi sarebbero i criteri di liquidazione del danno in favore dell’Ente. Infatti il maggior prezzo per il nuovo appalto sarebbe dovuto al decorso del tempo, e il decorso del tempo sarebbe imputabile all’INAIL. Non sarebbe corretto che in relazione alle medesime condotte dell’a.t.i. da un lato le si decurti il mancato utile dal 10% al 5% a titolo di concorso di colpa del danneggiato, e dall’altro lato le si imputi la responsabilità precontrattuale. 23.1. Il mezzo è infondato. Si sono già esaminati i comportamenti dell’a.t.i. in sede di esame del suo appello, per desumerne che sussiste il concorso di colpa del danneggiato nella misura del 50% e ritenere legittima la decurtazione del 50% del ristoro spettante. Queste stesse condotte vanno valutate, oltre che come concorso di colpa del danneggiato, anche come autonomo fatto illecito che comporta responsabilità. Tale responsabilità è stata qualificata dalla sentenza di primo grado come precontrattuale con statuizione che, in difetto di appello, è passata in giudicato. Questo Collegio è pertanto vincolato da tale qualificazione e assumerà in prosieguo che la responsabilità è precontrattuale. Tuttavia è doveroso precisare che in virtù dell’art. 11, co. 7 e dell’art. 75 co. 6, d.lgs. n. 163/2006, l’aggiudicatario ha un obbligo ex lege di stipulare il contratto, la cui inosservanza è fonte di responsabilità contrattuale, e non precontrattuale. Non è negabile che la mancata stipulazione del contratto è imputabile alla cattiva volontà di entrambe le parti di addivenire ad una tempestiva stipula del contratto. Né è contraddittorio attribuire a medesima condotta una duplice qualificazione di illiceità, atteso che l’ordinamento prevede che con una unica condotta si possano commettere una pluralità di illeciti. Corretto è stato da parte del Tar il criterio di liquidazione del danno in favore dell’INAIL. Infatti la responsabilità precontrattuale impone il ristoro delle spese subite per la trattativa e della perdita di favorevoli occasioni. Nella specie, il lungo lasso temporale impiegato nella trattativa ha impedito all’INAIL di procurarsi le prestazioni al prezzo corrente nel 2003, con la dannosa conseguenza di dover pagare le medesime prestazioni a prezzo più elevato. Sulla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado 24. Con il motivo IX (pag. 81) si contesta la liquidazione delle spese, che sono state compensate in considerazione della reciproca soccombenza e della novità delle questioni. Si insiste per l’integrale rifusione delle spese. 24.1. Il mezzo è infondato. La compensazione delle spese forma oggetto di un potere valutativo del giudice sindacabile in caso di manifesta illogicità o travisamento o irragionevolezza. Nel caso di specie la compensazione delle spese è pienamente giustificata: a) dalla reciproca soccombenza; b) dalla novità, in diritto, di molte questioni; c) dalla complessità, in fatto e in diritto, delle questioni. Non vi è, poi, alcuna regola che imponga di liquidare le spese di lite con la stessa percentuale utilizzata per la liquidazione delle spese di c.t.u. (due terzi/un terzo). Pertanto anche tale capo di sentenza merita conferma. Le somme spettanti all’a.t.i. 25. In conclusione, l’appello dell’a.t.i. va accolto in parte e, per l’effetto, l’I.N.A.I.L. va condannata a corrispondere all’a.t.i., in aggiunta alle somme già riconosciute dal Tar: a) euro 163.233 oltre a rivalutazione con decorrenza dal 15 maggio 2003, in accoglimento del motivo di appello V.1, a titolo di danno per i lavori eseguiti dal 23 aprile al 15 maggio 2003; b) euro 10.000, oltre a rivalutazione con decorrenza dal 21 settembre 2004, in accoglimento parziale del motivo VI.1, quanto al danno da perdita della qualificazione per la categoria OS28;

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c) la rivalutazione monetaria, con decorrenza dal 23 febbraio 2004, sulle somme già liquidate dal Tar in favore dell’a.t.i., e con applicazione degli interessi dalla medesima data con i criteri indicati dalla presente decisione. L’appello principale dell’I.N.A.I.L. 26. Passando all’appello dell’I.N.A.I.L., con il primo motivo (pagg. 6-7), si contesta il capo di sentenza in cui si afferma che la maggiorazione dei nuovi prezzi in favore della precedente aggiudicataria, avrebbe eroso le quote di risorse spettanti alla nuova aggiudicataria. Si obietta che per i lavori residui da affidare all’a.t.i. il prezzo è stato calcolato sulla base del prezzo offerto dall’a.t.i. in gara, sicché non vi è stata erosione di risorse. 26.1. La questione è stata già affrontata in sede di esame dell’appello dell’a.t.i., ritenendosi corretta la tesi dell’Amministrazione. Le maggiorazioni riconosciute all’originario esecutore non hanno eroso le spettanze dell’a.t.i. Tuttavia esse, come anche l’avvenuto pagamento a prezzo pieno dei lavori eseguiti dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato l’aggiudicazione (anziché nei limiti dell’arricchimento senza titolo contrattuale), se non sono di per sé elemento di valutazione quantitativa del danno provocato all’a.t.i., sono elemento di valutazione qualitativa dell’an della responsabilità dell’Ente. Infatti denotano una condotta volta a favorire il precedente aggiudicatario e ad ostacolare indirettamente il subentro contrattuale della parte vittoriosa in giudizio. Per quest’ultima, infatti, a fronte del ridursi dei lavori da eseguire rispetto al contratto originario, e al fronte dell’aumento della spesa pubblica per i lavori già eseguiti, si riduce la prospettiva di guadagno atteso, e dunque l’interesse a subentrare nel contratto. Sicché, una maggiore reticenza dell’a.t.i. a subentrare nel contratto la cui vantaggiosità nel frattempo si è sensibilmente modificata per effetto del decorso del tempo e della parte di lavori già eseguiti, non può essere addossata a colpa esclusiva dell’a.t.i., ma ha la sua causa, a monte, nella modifica della situazione di fatto, modifica che a sua volta è imputabile all’Amministrazione. 27. Con il secondo motivo (pagg. 7-11), si lamenta che erroneamente il Tar ha imputato all’Ente di non avere redatto tempestivamente un progetto stralcio. L’amministrazione ha approntato documentazione equipollente: lo stato finale dei lavori consegnato dal precedente esecutore nel novembre 2003; la nota dell’INAIL del 19 marzo 2004 che trasmette lo schema di contratto all’a.t.i., e che contiene gli elaborati tra cui 257 elaborati grafici integrativi. L’a.t.i. il 22 marzo 2004 avrebbe visionato il capitolato speciale e il fascicolo denominato <<lavori di completamento – importo contrattuale e crono programma. Si tratta di documentazione che avrebbe lo stesso livello di dettaglio di un progetto esecutivo stralcio, comprensivo di tutti gli elaborati grafici e descrittivi che consentono di identificare, quantificare estimare le opere da completare. Sicché sbaglierebbe il Tar a ritenere pretestuosa la richiesta dell’INAIL con nota del 19 marzo 2004 di un sopralluogo in data 26 marzo 2004 finalizzato alla sottoscrizione del verbale di eseguibilità. 27.1. Il mezzo va disatteso. Si può concordare che la documentazione predisposta dall’INAIL ha lo stesso livello di dettaglio di un progetto esecutivo stralcio, il quale ultimo, peraltro, non è formalmente imposto da disposizioni normative. Tuttavia ciò non toglie che l’I.N.A.I.L. abbia contribuito al fallimento delle trattative, laddove da un lato ha impiegato un consistente lasso temporale (dal 15 maggio 2003 al 19 marzo 2004), per individuare i lavori residui, e dall’altro lato ha preteso la dichiarazione di eseguibilità assegnando all’a.t.i. un termine brevissimo per esaminare i documenti di progetto (dal 19 al 26 marzo). Non va tralasciato che la dichiarazione di immediata eseguibilità era stata dall’I.N.A.I.L. già pretesa in precedenza, con nota del 23 febbraio 2004, dunque in una data in cui non aveva ancora messo a disposizione dell’a.t.i. gli elaborati progettuali e che l’accesso agli atti contrattuali, chiesto dall’a.t.i., è stato differito per opposizione dell’impresa Guzzi, così contribuendosi al ritardo delle trattative (per altro verso imputabile all’a.t.i., che nella data finalmente fissata per l’accesso non si presentava). Si rinvia a quanto già esposto sub 26.1., aggiungendo che anche il ritardo con cui l’Amministrazione ha proceduto a chiudere il rapporto contrattuale con il precedente aggiudicatario e a far subentrare il nuovo ha contribuito a una modifica del livello di vantaggiosità dell’appalto per l’a.t.i., riducendone

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l’interesse al subentro e concorrendo causalmente al fallimento delle trattative. 28. Con il terzo motivo (da pag. 11 a pag. 13) si contesta il capo di sentenza che considera condotte ostruzionistiche la pretesa di cauzione definitiva e polizza assicurativa in misura <<sproporzionata>>. Non vi sarebbe affatto tale sproporzione. Da un lato, la cauzione definitiva sarebbe stata rapportata non all’intero importo contrattuale, ma all’importo dei lavori residui, nella misura del 32% considerato il ribasso del 26,225% offerto in gara. Dall’altro lato, correttamente la polizza assicurativa per danni da esecuzione (c.d. polizza CAR), sarebbe stata riferita all’intero importo dei lavori e non solo a quelli residui, perché la polizza copre i danni derivanti da danneggiamento o distruzione totale di impianti o opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso dei lavori. Sicché, se è vero che era diminuito l’importo dei lavori, era però aumentato il valore delle opere preesistenti (in virtù dei lavori già eseguiti). Sicché, addirittura, calcolando il valore delle opere esistenti, si sarebbe dovuta chiedere una polizza per un valore maggiore rispetto a quello risultante dal capitolato speciale. Lo stesso importo di polizza è stato chiesto in sede di indizione della nuova gara, a riprova della correttezza dell’operato dell’Ente. 29. Il mezzo è infondato. 29.1. Quanto alla cauzione provvisoria, è vero che essa, con nota del 19 febbraio 2004, non è stata chiesta in rapporto all’integrale prezzo di gara, ma in rapporto al prezzo dei residui lavori, nella corretta percentuale del 32% (10% come importo base; essendo il ribasso del 26%: maggiorazione di un punto percentuale per ogni punto di ribasso da 11 a 20; maggiorazione di 2 punti percentuali per ogni punto di ribasso da 21 a 26), con abbattimento del 50% per possesso della certificazione di qualità. Tuttavia, in precedenza, e in particolare con nota prot. 974/03 del 26 giugno 2003, la cauzione definitiva veniva chiesta dall’I.N.A.I.L. con riferimento all’intero importo iniziale dei lavori. Sicché l’Ente effettivamente si comportò scorrettamente, chiedendo la cauzione definitiva in misura sproporzionata, e riducendola solo a seguito di espressa rimostranza scritta dell’a.t.i. (lettera del 1° luglio 2003). 29.2. Quanto alla polizza assicurativa, ai sensi dell’art. 103, d.P.R. n. 554/1999, l'esecutore dei lavori è obbligato a stipulare una polizza di assicurazione che copra i danni subiti dalle stazioni appaltanti a causa del danneggiamento o della distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso dell'esecuzione dei lavori. La somma assicurata è stabilita nel bando di gara. Secondo lo schema 2.3. di polizza tipo di cui al d.m. 12 marzo 2004 n. 123, tale tipo di polizza prevede tre partite: opere, opere preesistenti, demolizioni e sgomberi. Se, rispetto all’appalto originario, l’importo delle opere da eseguire era diminuito, era però aumentato quello delle opere esistenti. Corretta pertanto è stata la quantificazione dell’importo di polizza dovuto tenendo conto di tutti i beni e rischi da assicurare. Si può ritenere corretta siffatta quantificazione dell’importo della polizza assicurativa. Tuttavia è da stigmatizzare che alla corretta quantificazione l’Ente è addivenuto solo con note del 19 febbraio e 25 febbraio 2004, laddove l’originaria richiesta, con la citata nota del 26 giugno 2003, appariva generica e tale da ingenerare equivoci e difficoltà. 30. Con il quarto motivo di appello l’I.N.A.I.L. censura il capo di sentenza del Tar con cui si afferma che l’Amministrazione avrebbe dovuto riconoscere i maggiori oneri che derivano dal subentro in lavori in corso, riconoscendo i maggiori costi per la frammentazione, nonché i maggiori oneri per la nuova cantierizzazione e per eventuali oneri di sicurezza. Si assume che sono infondati i rilievi del Tar in ordine alla mancata applicazione del prezzo chiuso, che lo stesso Tar riconosce inapplicabile. Quanto agli oneri per la frammentazione, se è vero che inizialmente erano stati riconosciuti, tuttavia in un secondo momento sono stati negati alla luce di un parere dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui in relazione agli appalti di lavori pubblici non sarebbe consentita la transazione novativa, che apporterebbe modifiche all’originario contratto di appalto. L’unica strada percorribile poteva essere quella della risoluzione per eccessiva onerosità sopravenuta a causa di eventi straordinari e imprevedibili, ove ve ne fossero gli estremi, che non risultano mai dedotti né provati da controparte.

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30.1. Il mezzo è fondato. In ordine alla non spettanza di prezzo chiuso e compensazioni revisionali, si è già detto in altro capo della presente decisione, cui si rinvia. 30.2. In ordine agli oneri della frammentazione, si deve prescindere dalla questione di diritto se possano essere o meno riconosciuti in caso di subentro in un contratto in corso. Trattasi di questione per la cui soluzione non soccorrono espresse norme, che non si rinvengono né nella disciplina primaria, né in quella secondaria, dei pubblici appalti. L’unica previsione positiva che in astratto potrebbe essere applicata analogicamente, e che tuttavia è stata introdotta nell’ordinamento dal d.l. n. 35/2005, dunque dopo i fatti di causa, è quella secondo cui in caso di fallimento dell’esecutore o di risoluzione dell’appalto per grave inadempimento dell’appaltatore, l’appalto per il completamento dei lavori può essere affidato (se previsto nel bando di gara) mediante interpello dei soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di affidamento, fino al quinto. Tale previsione stabiliva, nella sua originaria versione, che l’affidamento avvenisse alle medesime condizioni offerte in sede di gara dal soggetto interpellato. Nella nuova formulazione, ancora più restrittiva della precedente, l’affidamento per il completamento dei lavori deve avvenire alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta (art. 140, co. 2, d.lgs. n. 163/2006, come novellato dal terzo d.lgs. n. 152/2008). Applicando la disposizione normativa riportata, è evidente che non c’è spazio alcuno per oneri di frammentazione, al cui riconoscimento osta il principio della immodificabilità delle originarie condizioni contrattuali. Tale principio tuttavia non esclude in assoluto, ad avviso del Collegio, che in caso di sostituzione dell’originario appaltatore con un altro in un contratto in corso, occorra, nel quantificare il compenso, tenere conto, in relazione ai lavori ancora da eseguire, oltre che del costo unitario di materiali e mano d’opera, anche di quei costi ulteriori generali e di sicurezza che, inizialmente gravanti su tutti i lavori, vengono ora a gravare solo una parte dei lavori, con conseguente aumento della percentuale di incidenza. In ogni caso la questione di diritto sopra sintetizzata non è rilevante nel caso di specie. Infatti, gli oneri di frammentazione, se anche fossero spettati nel caso di subentro nel contratto e di sua esecuzione, sicuramente non potevano essere presi in considerazione al fine di quantificare il mancato utile a causa della mancata stipulazione del contratto. Infatti gli oneri di frammentazione mirano a compensare l’impresa subentrante per i maggiori costi che derivano dall’eseguire opere già in parte eseguite, anziché opere ex novo, rispetto all’originaria offerta. Ma stante la loro funzione compensativa, non possono essere riguardati in termine di utile, ma solo di compensazione di maggiori costi. Sicché, quando si va a quantificare il mancato utile, non possono essere presi in considerazione. Ne consegue che il mancato utile quantificato da Tar in euro 153.300 (come 5% sulla somma di 3.065.803,23euro) va decurtato di una quota pari al 5% di euro 243.000 (oneri da frammentazione che il Tar ha compreso nel complessivo mancato utile), vale a dire di euro 12.150. 31. Con il quinto motivo di appello l’I.N.A.I.L. contesta il capo di sentenza che pur riconoscendo la colpa precontrattuale dell’a.t.i. liquiderebbe in misura minima il danno subito dall’Ente per aver affidato a terzi i medesimi lavori ad un prezzo maggiore. Inoltre la sentenza erroneamente non riconoscerebbe le spese di manutenzione e custodia del cantiere pari a euro 285.000 per l’intero periodo dal 15 novembre 2003 al 18 aprile 2005. Infatti almeno a far data dal 22 marzo 2004 l’a.t.i. sarebbe stata messa in condizione di stipulare il contratto per cui almeno da tale data andrebbe riconosciuto all’Ente il ristoro di tali spese. Andrebbero poi riconosciute all’Ente le spese di pubblicità ed espletamento della nuova gara e pari a euro 24.019,40, documentate, ma ignorate dal Tar. 32. Il mezzo è in parte fondato. 32.1. Da un lato il fallimento delle trattative è imputabile ad entrambe le parti, dall’altro lato rileva, a monte, che l’originaria gara è stata annullata per errore commesso dall’Ente; conseguentemente le

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maggiori spese incontrate dall’I.N.A.I.L. per aggiudicare il nuovo contratto solo in minima parte sono addebitabili alla responsabilità precontrattuale dell’a.t.i., ed appare congrua la misura fissata dal Tar. Per questa ragione, va disattesa la pretesa dell’Ente di addebitare all’a.t.i. le spese della nuova gara, pretesa che si deve ritenere non già assorbita dal Tar, ma considerata nella liquidazione equitativa del danno in favore dell’Ente. 32.2. Quanto alle spese di custodia, esse, fino a marzo-aprile 2004, epoca in cui la trattativa appariva avviarsi al fallimento, sono state necessitate per chiudere il rapporto con il precedente aggiudicatario, quantificare i lavori ancora da eseguire, proseguire la trattativa con l’a.t.i. Pertanto non sono addebitabili a colpa dell’a.t.i. 32.3. Quanto al periodo successivo, si deve osservare che con nota del 14 maggio 2004 l’a.t.i. comunicò all’Ente che riteneva le trattative non andate a buon fine per colpa dell’Ente e annunciava l’intento di intraprendere le vie legali per conseguire il risarcimento del danno. L’Ente rispose con nota del 10 febbraio 2005, comunicando le definitive condizioni a cui era disposto a stipulare il contratto con l’a.t.i. L’a.t.i. con lettera del 23 febbraio 2005 respinse la proposta, considerandola tardiva anche perché successiva alla nel frattempo intervenuta proposizione di ricorso al Tar. La circostanza che la risposta dell’I.N.A.I.L. è avvenuta con quasi dieci mesi di distanza, non può essere valutata nel senso preteso dall’a.t.i. Infatti l’I.N.A.I.L. ha documentato che da maggio 2004 a febbraio 2005 vi sono stati incontri e trattative tra le parti (doc. 40 depositato il 29 settembre 2006). Sicché, questo ulteriore ritardo di circa dieci mesi, è addebitabile a colpa di entrambe le parti, con la conseguenza che sulle spese di custodia relative al periodo maggio 2004-febbraio 2005 va riconosciuta la responsabilità precontrattuale dell’a.t.i., e il ristoro del danno nella misura del 5%, secondo il criterio già seguito dal Tar per la liquidazione degli altri danni, e che il Collegio stima congruo. Quanto alla base di calcolo: vista la spesa di euro 285.000 documentata per il periodo 15 novembre 2003 - 18 aprile 2005, va calcolata la quota di tale spesa imputabile al periodo 14 maggio 2004-18 aprile 2005, e su tale quota va applicata la percentuale del 5%. Calcolati 15 mesi complessivi, le spese di custodia per ciascun mese ammontano a euro 19.000. Ai mesi da maggio 2004 ad aprile 2005, pari a nove, vanno imputate spese di custodia pari a euro 171.000. Il danno è pari a euro 8.550 su cui applicare la rivalutazione con decorrenza dal 18 aprile 2005. Non sono dovuti interessi in difetto di domanda di parte in primo grado. 33. In conclusione, l’appello dell’I.N.A.I.L. va accolto in parte e, per l’effetto: a) il debito dell’I.N.A.I.L. verso l’a.t.i., come risulta dalla sentenza di primo grado, va decurtato di euro 12.150; b) l’a.t.i. va condannata a corrispondere all’I.N.A.I.L., in aggiunta alle somme già riconosciute dal Tar, l’ulteriore somma di euro 8.550 con rivalutazione monetaria con decorrenza dal 18 aprile 2005. 34. Le spese di lite, in considerazione della reciproca soccombenza e della novità e complessità delle questioni, possono essere interamente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sui due appelli in epigrafe: 1) li riunisce; 2) accoglie in parte l’appello dell’I.N.A.I.L., e, per l’effetto: 2.a) riduce il risarcimento liquidato dalla sentenza di primo grado in favore dell’a.t.i. nella misura di euro 12.150; 2.b) condanna l’a.t.i. a corrispondere in favore dell’Ente la somma ulteriore, in aggiunta a quella già liquidata dalla sentenza di primo grado, di euro 8.550 con rivalutazione monetaria con decorrenza dal 18 aprile 2005; 3) accoglie in parte l’appello dell’a.t.i. e, per l’effetto, condanna l’I.N.A.I.L. a corrispondere all’a.t.i., in aggiunta alla somma già liquidata dalla sentenza di primo grado:

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3.a) la somma di euro 163.233, oltre a rivalutazione con decorrenza dal 15 maggio 2003; 3.b) la somma di euro 10.000, oltre a rivalutazione con decorrenza dal 21 settembre 2004; 3.c) la rivalutazione monetaria, con decorrenza dal 23 febbraio 2004, sulle somme già liquidate dal Tar in favore dell’a.t.i., e decurtate di euro 12.150 come disposto sub 2.a), e con applicazione degli interessi dalla medesima data con i criteri indicati in motivazione; 4) compensa integralmente le spese di lite. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2009 con l'intervento dei Signori: Claudio Varrone, Presidente Paolo Buonvino, Consigliere Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore Maurizio Meschino, Consigliere Roberto Garofoli, Consigliere

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/01/2010

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Consiglio di Stato sez. VI 24/12/2009 n. 8720

1. Il consorzio di cooperative di produzione e lavoro non è un semplice intermediario tra la stazione appaltante e i consorziati, in quanto è il concorrente alla gara che partecipa e stipula in nome proprio, ancorché nell’interesse dei consorziati, che vanno specificamente indicati. I requisiti di partecipazione e dunque di qualificazione devono essere posseduti in proprio dal consorzio ancorché entro certi limiti possono essere utilizzati i requisiti propri dei consorziati. Da tali dati si desume che è il consorzio, e non i consorziati, l’interlocutore della stazione appaltante, e dunque il soggetto che è responsabile nei confronti della stazione appaltante della corretta esecuzione dell’appalto anche quando non esegue in proprio ma tramite i consorziati. In tal senso la giurisdizione di questo Consesso ha già affermato che il consorzio di cui alla l. n. 422/1909 è un "consorzio di secondo grado … dotato di soggettività giuridica autonoma e stabile, diversamente da quanto accade per le riunioni temporanee di imprese, e … il rapporto che lega le cooperative consorziate alla struttura consortile è un rapporto di carattere organico" "non è dubitabile che il consorzio sia l’unico soggetto interlocutore dell’amministrazione appaltante, che in quanto tale partecipa alla procedura non come mandatario ma ex se come portatore di un interesse proprio, anche se finalisticamente collegato allo scopo mutualistico delle consorziate, destinato ad assumere la veste di parte del contratto, con relativa assunzione in proprio di tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità" (Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2003 n. 2183). Gli affidamenti da parte del consorzio ai consorziati non costituiscono in nessun caso subappalto (art. 141, co. 4, d.P.R. n. 554/1999), ma non è escluso che il consorzio aggiudicatario possa procedere a subappalti a terzi diversi dai consorziati. 2. Gli adempimenti amministrativi ai fini del subappalto devono essere curati dal consorzio aggiudicatario. Restano irrilevanti i rapporti interni tra CCC e sue consorziate, in base ai quali ogni responsabilità verso i terzi grava sulle consorziate a cui vengono assegnati i lavori, perché si tratta di una distribuzione interna di responsabilità, inopponibile ai terzi (Cass. civ. sez. I, 13 giugno 2008 n. 16011). Neppure in senso contrario a quanto qui sostenuto può trarsi argomento esegetico dall’art. 58, d.lgs. n. 106/2009 che novella l’art. 89, lett. i) e i-bis), d.lgs. n. 81/2008. Vi si stabilisce che "impresa affidataria" è l’impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi. Nel caso in cui titolare del contratto di appalto sia un consorzio tra imprese che svolga la funzione di promuovere la partecipazione delle imprese aderenti agli appalti pubblici o privati, anche privo di personale deputato alla esecuzione dei lavori, l’impresa affidataria è l’impresa consorziata assegnataria dei lavori oggetto del contratto di appalto individuata dal consorzio nell’atto di assegnazione dei lavori comunicato al committente o, in caso di pluralità di imprese consorziate assegnatarie di lavori, quella indicata nell’atto di assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che abbia espressamente accettato tale individuazione. Tale previsione rileva ai fini degli obblighi di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, non anche ai fini della responsabilità per i subappalti non autorizzati. Da quanto esposto si desume che in caso di subappalti non autorizzati, la relativa responsabilità ricade anche sul consorzio aggiudicatario, in quanto soggetto tenuto a chiedere l’autorizzazione, e non solo sui consorziati che stipulano i subappalti in difetto di autorizzazione. 3. Del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l’Autorità deve essere notiziato l’interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l’indubbio interesse del soggetto all’esattezza delle iscrizioni. Né dalla l. n. 241/1990, né dal sistema della legislazione sui pubblici appalti, si desume una deroga al

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principio generale dell’avviso di avvio del procedimento, quanto allo specifico procedimento di iscrizione dei dati nel casellario informatico presso l’Osservatorio. Quando la legge prescrive in via automatica la segnalazione di determinati dati all’Osservatorio, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale in ordine al se della comunicazione e al contenuto della stessa, si possono, come regola generale, individuare equipollenti dell’avviso di avvio del procedimento di iscrizione. Diverso discorso va svolto per dati la cui comunicazione non è automatica e dovuta, ma frutto di valutazioni da parte della stazione appaltante, su dati opinabili: ciò accade ad es. nel caso di segnalazione di episodi di grave negligenza o grave inadempimento, e nel caso di false dichiarazioni. Infatti in tali casi la stazione appaltante, per effettuare la segnalazione, deve valutare se vi è o meno grave negligenza, grave inadempimento, falsità della dichiarazione. Sicché, l’interessato non può sapere ex ante se e quando tale valutazione verrà svolta in senso affermativo, e se vi sarà o meno segnalazione all’Osservatorio. Pertanto, dell’avvio del procedimento di iscrizione nel casellario va dato avviso all’interessato, salvo a individuare caso per caso equipollenti idonei allo scopo (p.es. comunicazione dell’esclusione per grave negligenza o falsa dichiarazione, accompagnata dall’avviso che l’atto viene trasmesso anche all’Osservatorio). (1)

_________________ (1) Ha osservato il collegio come "Una conferma della necessità di garantire la partecipazione (mediante avviso di avvio del procedimento e mediante contraddittorio) nel procedimento di iscrizione di dati e notizie nel casellario informatico si desume dalla determinazione n. 1/2008 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che ha istituito il casellario informatico per servizi e forniture. In detta determinazione si dispone che al fine di consentire la tutela dell'operatore economico, la stazione appaltante deve notificare a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, il provvedimento di esclusione dello stesso dalla gara, precisando che detto provvedimento è congiuntamente comunicato all'Autorità per l'inserimento del dato nel casellario informatico, il che potrà consentire all'operatore economico di fornire all'Autorità un'utile informazione relativamente ad iniziative giurisdizionali intraprese. Analogamente, la stazione appaltante informa l'operatore economico circa le altre comunicazioni inoltrate all'Autorità. Prima di disporre l’iscrizione nel casellario, l’Autorità procede alle verifiche del caso. La determinazione n. 1/2008 dispone infatti che l'Autorità, posta a conoscenza del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante e dell'eventuale dichiarazione non veritiera resa dall'operatore economico, procede alla puntuale e completa annotazione dei relativi contenuti nel casellario informatico, salvo il caso che consti l'inesistenza in punto di fatto dei presupposti o comunque l'inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante. Nei confronti dell'operatore economico escluso anche per aver fornito dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura di affidamento viene instaurato un procedimento in contraddittorio. Sulla scorta di tali argomenti, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che deve ritenersi legittima l’iscrizione del provvedimento di esclusione, con omissione delle garanzie di partecipazione; deve invece ritenersi illegittima l’iscrizione di una asserita <<falsa dichiarazione>>(così qualificata dalla stazione appaltante) con omissione delle garanzie partecipative (Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009 n. 4905)".

N. 08720/2009 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente

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DECISIONE

sul ricorso n.r.g. 5885/2009, proposto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Provveditorato interregionale per le opere pubbliche Campania e Molise, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; contro Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC, società cooperativa, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaella Arcangeli e Angelo Piazza, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Luigi R. Brichetti, n. 10; e con l'intervento di ad adiuvandum: C.I.S. di Boschetti Gianni & C. s.n.c., T.M.C. Costruzioni Immobiliari s.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Michele De Cilla, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Zara, n. 16; per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, sezione III, n. 5222/2009, resa tra le parti. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Cooperative Costruzioni - CCC società cooperativa; viste le memorie difensive; visti tutti gli atti della causa; relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2009 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pluchino, gli avvocati Piazza e Viola (quest’ultimo su delega dell’avv. De Cilla); ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania e Molise, nella qualità di stazione appaltante dei <<lavori di realizzazione della nuova sede dei vigili del fuoco di Salerno in località Sant’Eustachio>>, di cui era affidatario il Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC), società cooperativa, segnalava all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici relativi al avori, servizi, forniture, che nel corso dell’esecuzione di detti lavori erano state riscontrate situazioni di subappalto non autorizzato (con nota prot. 6 marzo 1999 n. 957). 2. La segnalazione veniva riferita al detto CCC in qualità di affidatario dell’appalto, e ad altre tre società, di cui una consorziata, in qualità di esecutrice dei lavori, e le altre due in qualità di subappaltatori. 3. Sulla base di tale segnalazione l’Autorità di vigilanza, inseriva la relativa annotazione nel casellario informatico, in data 25 marzo 2009, anche con riferimento al CCC. 4. Contro l’atto di segnalazione e contro la relativa annotazione nel casellario informatico dell’Autorità il CCC ha proposto ricorso al Tar Lazio – Roma, deducendo, in fatto, che: a) il CCC è un consorzio tra società cooperative di produzione e lavoro, costituito ai sensi della l. n. 422/1909 per la partecipazione ai pubblici appalti; b) il Consorzio distribuisce i lavori aggiudicati tra i propri consorziati, e non partecipa in alcun modo alla fase di esecuzione del contratto, ma solo alla fase di gara; c) il CCC è affidatario dei lavori suindicati in virtù di contratto 15 febbraio 2000 rep. 7442; d) il comitato esecutivo del CCC ha assegnato una quota del 98,667% dei lavori alla cooperativa Briganti di Quagliano, e una quota del 1,333% alla cooperativa Secogest; e) con nota del 10 gennaio 2006 veniva chiesta l’autorizzazione al subappalto per la fornitura e posa in opera di impianti tecnologici in favore della ditta Gruppo impianti s.r.l.; f) il 3 febbraio 2006 la stazione appaltate chiedeva la trasmissione del DURC relativo al

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subappaltatore; g) ricevute in data 1° marzo 2006 delle autocertificazioni, in data 9 giugno 2006 la stazione appaltante comunicava che in attesa di ricevere il DURC il rilascio dell’autorizzazione al subappalto doveva intendersi sospeso; h) i lavori veniva ultimati nel gennaio 2007 e consegnati alla stazione appaltante nell’ottobre 2007; i) nel novembre 2008 il CCC riceveva dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la nota 17 novembre 2008 n. 11750 che nel comunicare l’aggiudicazione provvisoria di altro appalto (lavori di ristrutturazione e adeguamento funzionale dell’immobile demaniale ex ospedale civile s. Sebastiano di Caserta da destinare a sede del Comando della Guardia di Finanza di Caserta), lo informava dell’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, facendo riferimento ai due subappalti non autorizzati nel precedente appalto; l) con nota 21 novembre 2008 il CCC, in risposta alla nota ministeriale citata del 17 novembre 2008, deduceva l’insussistenza di subappalti non autorizzati, sostenendo che essendo decorsi più di trenta giorni dalla data di richiesta di autorizzazione del subappalto, la Gruppo Impianti s.r.l. si era approvvigionata dei materiali necessari per l’esecuzione del subappalto; sicché la Briganti, esecutrice dei lavori, pur non stipulando il subappalto, acquistava i materiali dalla Gruppo Impianti s.r.l., corrispondendone il prezzo a quest’ultima, come da scrittura privata del 27 dicembre 2006, avente ad oggetto la risoluzione consensuale del subappalto e la stipula di un diverso contratto di compravendita; m) con la medesima nota CCC esponeva che tra la Briganti s.r.l. e la 3M Group era intervenuto un contratto per la mera assistenza tecnica occorrente al montaggio e al collaudo degli impianti tecnici cui facevano riferimento le forniture corrisposte dalla Gruppo impianti, affidamento non costituente subappalto; n) l’inesistenza di subappalti non autorizzati troverebbe conferma nella circostanza che il direttore dei lavori, frequentemente presente in cantiere, non avrebbe mai contestato la presenza di operatori non autorizzati. 4.1. Fatte tali deduzioni in fatto, in diritto, con il ricorso di primo grado, si lamenta che: a) non vi sarebbe prova alcuna che sono stati posti in essere subappalti non autorizzati; i contratti contestati non sarebbero subappalti, ma rispettivamente fornitura di materiale e assistenza tecnica, in nessun caso vi sarebbe una incidenza della manodopera superiore al 50%; il direttore dei lavori e i direttori operativi non avrebbero mai rilevato la presenza in cantiere di personale estraneo alla CCC; vi sarebbe contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione che ha segnalato all’Autorità di vigilanza due subappalti non autorizzati senza aver compiuto alcun accertamento sulla loro effettiva sussistenza e senza aver tenuto conto delle controdeduzioni della CCC, e dopo che il direttore dei lavori e i direttori operativi avevano escluso la presenza in cantiere di personale estraneo alla CCC (primo motivo); b) in ogni caso, anche ove i subappalti non autorizzati fossero effettivamente esistenti, la condotta non sarebbe imputabile a CCC che, in quanto consorzio di cui all’art. 34, lett. b), d.lgs. n. 163/2006, avrebbe operato solo nella fase di gara, ma sarebbe rimasto estraneo alla fase di esecuzione del contratto; infatti i consorzi costituiti tra cooperative di produzione e lavoro avrebbero il solo scopo di acquisire commesse pubbliche per conto dei consorziati, che poi distribuiscono tra i consorziati medesimi, restando estranei alla fase di esecuzione. La stessa Corte cost. ha affermato il principio di personalità della responsabilità amministrativa, sicché la sanzione amministrativa non potrebbe essere inflitta a chi resta estraneo alla commissione dell’illecito (secondo motivo); c) l’annotazione del casellario informatico sarebbe altresì illegittima perché riferita a informazione estranea all’elenco di cui all’art. 27, d.P.R. n. 34/2000; l’annotazione presenterebbe margini di incertezza perché non indica a quale lettera del citato art. 27 si intende far riferimento, e, in particolare, non sarebbe chiaro se si intende imputare al CCC una grave infrazione giuslavoristica, o un grave inadempimento contrattuale, e se i fatti possono o meno acquisire rilievo per stazioni appaltanti diverse da quella che ha fatto la segnalazione; l’Autorità di vigilanza sarebbe anche incorsa in difetto di istruttoria, avendo proceduto ad automatica iscrizione senza compiere alcun accertamento e senza consentire la partecipazione procedimentale (terzo motivo).

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5. Il Tar Lazio – Roma, sez. III, con la sentenza 22 maggio 2009 n. 5222, resa in forma semplificata, ha definito il giudizio nel merito all’udienza in camera di consiglio fissata per la domanda cautelare. Il Tar ha ritenuto fondato e assorbente il secondo motivo di ricorso, sotto il profilo che né la stazione appaltante, né l’Autorità di vigilanza, hanno valutato la estraneità di CCC all’illecito, estraneità che pare invece plausibile considerato che CCC non partecipava nella specie all’esecuzione dell’appalto. 6. Hanno proposto appello le due Amministrazioni interessate, vale a dire il Ministero delle infrastrutture e trasporti e l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Con l’atto di appello, ritualmente e tempestivamente notificato e depositato, si osserva che: a) il consorzio opera come intermediario tra i consorziati e i terzi, essendo legittimato, senza necessità di mandato collettivo, a stipulare contratti in nome proprio e per conto delle imprese consorziate; b) nei rapporti esterni appaltatore è solo il consorzio; c) nei rapporti interni, il consorzio distribuisce le fasi di lavorazione tra i consorziati; d) nel rapporto esterno, responsabile dell’esecuzione dell’appalto verso la stazione appaltante è solo il consorzio; e) compete pertanto al consorzio chiedere l’autorizzazione per i subappalti. Anche i motivi del ricorso di primo grado che il Tar ha assorbito sarebbero, ad avviso di parte appellante, infondati. 7. Parte appellata si oppone all’accoglimento dell’appello e all’atto di intervento ad adiuvandum. Con memoria depositata per l’udienza odierna ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado che il Tar ha assorbito. 8. Si può prescindere dall’esame delle questioni relative all’intervento, atteso che, come si sta per esporre, pur essendo fondato l’appello, il ricorso di primo grado va accolto quanto ai motivi assorbiti. 9. L’appello è fondato. I consorzi di cooperative di produzione e lavoro, costituiti al fine specifico di partecipare a pubblici appalti, ai sensi della l. n. 422/1909, rientrano tra i soggetti legittimati a partecipare alle gare di affidamento di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (art. 34, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 163/2006). In gara tali consorzi sono tenuti ad indicare in sede di offerta per quali consorziati concorrono (art. 37, co. 7, d.lgs. n. 163/2006). I requisiti di partecipazione di tali consorzi alle gare devono da essi essere posseduti e comprovati, secondo quanto previsto dal regolamento (art. 35, d.lgs. n. 163/2006). Da tali dati esegetici si desume che il consorzio di cooperative di produzione e lavoro non è un semplice intermediario tra la stazione appaltante e i consorziati, in quanto è il concorrente alla gara che partecipa e stipula in nome proprio, ancorché nell’interesse dei consorziati, che vanno specificamente indicati. I requisiti di partecipazione e dunque di qualificazione devono essere posseduti in proprio dal consorzio ancorché entro certi limiti possono essere utilizzati i requisiti propri dei consorziati. Da tali dati si desume che è il consorzio, e non i consorziati, l’interlocutore della stazione appaltante, e dunque il soggetto che è responsabile nei confronti della stazione appaltante della corretta esecuzione dell’appalto anche quando non esegue in proprio ma tramite i consorziati. In tal senso la giurisdizione di questo Consesso ha già affermato che il consorzio di cui alla l. n. 422/1909 è un "consorzio di secondo grado … dotato di soggettività giuridica autonoma e stabile, diversamente da quanto accade per le riunioni temporanee di imprese, e … il rapporto che lega le cooperative consorziate alla struttura consortile è un rapporto di carattere organico" "non è dubitabile che il consorzio sia l’unico soggetto interlocutore dell’amministrazione appaltante, che in quanto tale partecipa alla procedura non come mandatario ma ex se come portatore di un interesse proprio, anche se finalisticamente collegato allo scopo mutualistico delle consorziate, destinato ad assumere la veste di parte del contratto, con relativa assunzione in proprio di tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità" (Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2003 n. 2183). Gli affidamenti da parte del consorzio ai consorziati non costituiscono in nessun caso subappalto (art.

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141, co. 4, d.P.R. n. 554/1999), ma non è escluso che il consorzio aggiudicatario possa procedere a subappalti a terzi diversi dai consorziati. Non viene qui in discussione la questione se in caso di consorzi o raggruppamenti temporanei, con suddivisione tra i consorziati/raggruppati delle parti dell’appalto, i contratti di subappalto possano essere stipulati direttamente dai singoli consorziati/raggruppati o debbano essere stipulati esclusivamente dal consorzio/capogruppo del raggruppamento (questione risolta nel secondo senso da Cons. St., sez. V, 21 novembre 2007 n. 5906. Ma quale che sia la soluzione della suddetta questione, che attiene alla legittimazione alla stipula dei contratti di subappalto, altra questione è quella relativa a quale sia il soggetto che deve curare, nei rapporti con la stazione appaltante, gli adempimenti amministrativi necessari perché i subappalti possano avere luogo: indicazione, in sede di offerta, delle parti di opere che si intende subappaltare; deposito dei contratti di subappalto presso la stazione appaltante, etc. A tale secondo e più limitato fine, si deve ritenere che i rapporti con la stazione appaltante sono curati dall’aggiudicatario-appaltatore. Sicché anche gli adempimenti amministrativi ai fini del subappalto devono essere curati dal consorzio aggiudicatario. Non a caso nella presente vicenda il deposito del contratto di subappalto stipulato tra la cooperativa Briganti e la Gruppo Impianti s.r.l. è in concreto avvenuto da parte di CCC e la successiva corrispondenza in ordine agli elementi documentali necessari (DURC della Gruppo Impianti s.r.l.) è intervenuta tra stazione appaltante e CCC, e non già tra stazione appaltante e cooperativa Briganti. Sicché risulta infondato l’assunto di CCC di essere estranea alla fase di esecuzione dell’appalto e dunque alle vicende relative ad eventuali subappalti. Restano inoltre irrilevanti i rapporti interni tra CCC e sue consorziate, in base ai quali ogni responsabilità verso i terzi grava sulle consorziate a cui vengono assegnati i lavori, perché si tratta di una distribuzione interna di responsabilità, inopponibile ai terzi (Cass. civ. sez. I, 13 giugno 2008 n. 16011). Neppure in senso contrario a quanto qui sostenuto può trarsi argomento esegetico dall’art. 58, d.lgs. n. 106/2009 che novella l’art. 89, lett. i) e i-bis), d.lgs. n. 81/2008. Vi si stabilisce che "impresa affidataria" è l’impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi. Nel caso in cui titolare del contratto di appalto sia un consorzio tra imprese che svolga la funzione di promuovere la partecipazione delle imprese aderenti agli appalti pubblici o privati, anche privo di personale deputato alla esecuzione dei lavori, l’impresa affidataria è l’impresa consorziata assegnataria dei lavori oggetto del contratto di appalto individuata dal consorzio nell’atto di assegnazione dei lavori comunicato al committente o, in caso di pluralità di imprese consorziate assegnatarie di lavori, quella indicata nell’atto di assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che abbia espressamente accettato tale individuazione. Tale previsione rileva ai fini degli obblighi di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, non anche ai fini della responsabilità per i subappalti non autorizzati. Da quanto esposto si desume che in caso di subappalti non autorizzati, la relativa responsabilità ricade anche sul consorzio aggiudicatario, in quanto soggetto tenuto a chiedere l’autorizzazione, e non solo sui consorziati che stipulano i subappalti in difetto di autorizzazione. 10. L’accoglimento dell’appello impone al Collegio di passare all’esame dei motivi del ricorso di primo grado che il Tar ha assorbito, e che sono stati riproposti con la memoria depositata per l’udienza odierna. Sia il primo che il terzo motivo del ricorso di primo grado sono fondati. 10.1. Con il primo si lamenta insufficiente istruttoria e carenza di motivazione, in quanto non vi era la prova della sussistenza di subappalti non autorizzati. Le censura è fondata. Il CCC ha fornito elementi di fatto che non sono stati né acclarati né smentiti dalla stazione appaltante

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e dall’Autorità. Il contratto di subappalto era stato inizialmente stipulato ed era stata chiesta la relativa autorizzazione. Essendo mancata l’autorizzazione, le parti del contratto di subappalto lo avevano risolto, sostituendolo con un contratto di fornitura senza posa in opera, affiancato da un contratto di assistenza tecnica con altra impresa. Il direttore dei lavori e i direttori operativi non hanno mai rilevato la presenza in cantiere di personale non facente capo a CCC o sue consorziate esecutrici dei lavori. A fronte di tali elementi di fatto, si pongono le opposte dichiarazioni delle asserite subappaltatrici, e relativa documentazione, da cui emergerebbe esservi stato un subappalto e segnatamente una fornitura con posa in opera. A fronte di tali elementi contrastanti, prima di ritenere sussistente un subappalto non autorizzato, occorreva procedere ai necessari risconti istruttori, che sono del tutto mancati. 10.2. Con il terzo motivo del ricorso di primo grado si lamenta, da un lato, la mancata indicazione della lettera dell’art. 27, d.P.R. n. 34/2000, a cui l’annotazione si riferisce e dall’altro lato, la mancata partecipazione al procedimento di annotazione nel casellario informatico. E’ infondato l’assunto secondo cui l’annotazione nel casellario informatico non doveva limitarsi a menzionare l’art. 27, d.P.R. n. 34/2000, ma doveva anche indicare la lettera di riferimento. Invero, l’art. 27 citato elenca le informazioni che vanno inserite nel casellario informatico, e detta una norma di chiusura, laddove stabilisce che vanno iscritte "tutte le altre notizie riguardanti le imprese che (…) sono ritenute dall’Osservatorio utili…" (lett. t). E’ invece fondata la censura di omessa partecipazione al procedimento. Questo Consesso ha già ritenuto che dell’avvio del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l’Autorità deve essere notiziato l’interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l’indubbio interesse del soggetto all’esattezza delle iscrizioni. Né dalla l. n. 241/1990, né dal sistema della legislazione sui pubblici appalti, si desume una deroga al principio generale dell’avviso di avvio del procedimento, quanto allo specifico procedimento di iscrizione dei dati nel casellario informatico presso l’Osservatorio. Piuttosto, in alcuni casi, si può ritenere che vi siano equipollenti dell’autonomo avviso di avvio del procedimento. Così, quanto ai provvedimenti di esclusione, posto che la loro comunicazione dalla stazione appaltante all’Osservatorio è dovuta per legge, senza margini di opinabilità o apprezzamento, si può ritenere che la comunicazione del provvedimento di esclusione al concorrente costituisca anche equipollente dell’avviso di avvio del procedimento di iscrizione nel casellario informatico, che consegue ex lege. Lo stesso è a dirsi quanto ai dati relativi alle imprese qualificate, che si desumono dal provvedimento di qualificazione (attestazione SOA). Infatti, posto che l’iscrizione di tali dati è prevista per legge, la comunicazione all’interessato del provvedimento di qualificazione (attestazione SOA), rende conoscibile da parte del destinatario la circostanza che i dati saranno inseriti nel casellario informatico. In termini più generali, quando la legge prescrive in via automatica la segnalazione di determinati dati all’Osservatorio, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale in ordine al se della comunicazione e al contenuto della stessa, si possono, come regola generale, individuare equipollenti dell’avviso di avvio del procedimento di iscrizione. Diverso discorso va svolto per dati la cui comunicazione non è automatica e dovuta, ma frutto di valutazioni da parte della stazione appaltante, su dati opinabili: ciò accade ad es. nel caso di segnalazione di episodi di grave negligenza o grave inadempimento, e nel caso di false dichiarazioni. Infatti in tali casi la stazione appaltante, per effettuare la segnalazione, deve valutare se vi è o meno grave negligenza, grave inadempimento, falsità della dichiarazione. Sicché, l’interessato non può sapere ex ante se e quando tale valutazione verrà svolta in senso affermativo, e se vi sarà o meno segnalazione all’Osservatorio.

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Pertanto, dell’avvio del procedimento di iscrizione nel casellario va dato avviso all’interessato, salvo a individuare caso per caso equipollenti idonei allo scopo (p.es. comunicazione dell’esclusione per grave negligenza o falsa dichiarazione, accompagnata dall’avviso che l’atto viene trasmesso anche all’Osservatorio). Una conferma della necessità di garantire la partecipazione (mediante avviso di avvio del procedimento e mediante contraddittorio) nel procedimento di iscrizione di dati e notizie nel casellario informatico si desume dalla determinazione n. 1/2008 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che ha istituito il casellario informatico per servizi e forniture. In detta determinazione si dispone che al fine di consentire la tutela dell'operatore economico, la stazione appaltante deve notificare a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, il provvedimento di esclusione dello stesso dalla gara, precisando che detto provvedimento è congiuntamente comunicato all'Autorità per l'inserimento del dato nel casellario informatico, il che potrà consentire all'operatore economico di fornire all'Autorità un'utile informazione relativamente ad iniziative giurisdizionali intraprese. Analogamente, la stazione appaltante informa l'operatore economico circa le altre comunicazioni inoltrate all'Autorità. Prima di disporre l’iscrizione nel casellario, l’Autorità procede alle verifiche del caso. La determinazione n. 1/2008 dispone infatti che l'Autorità, posta a conoscenza del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante e dell'eventuale dichiarazione non veritiera resa dall'operatore economico, procede alla puntuale e completa annotazione dei relativi contenuti nel casellario informatico, salvo il caso che consti l'inesistenza in punto di fatto dei presupposti o comunque l'inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante. Nei confronti dell'operatore economico escluso anche per aver fornito dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura di affidamento viene instaurato un procedimento in contraddittorio. Sulla scorta di tali argomenti, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che deve ritenersi legittima l’iscrizione del provvedimento di esclusione, con omissione delle garanzie di partecipazione; deve invece ritenersi illegittima l’iscrizione di una asserita <<falsa dichiarazione>>(così qualificata dalla stazione appaltante) con omissione delle garanzie partecipative (Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009 n. 4905). Nel caso di specie, la segnalazione si basa su dati opinabili e che necessitano di accertamenti e valutazioni, per cui non si trattava di una segnalazione dovuta. Parimenti, l’annotazione nel casellario informatico non poteva essere automatica, ma doveva essere preceduta da avviso di avvio del procedimento. 11. In conclusione, l’appello va accolto e per l’effetto il ricorso di primo grado va accolto con diversa motivazione. La parziale reciproca soccombenza e la novità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe: accoglie l’appello e, per l’effetto, accoglie con diversa motivazione il ricorso di primo grado; compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 24/12/2009

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Tribunale Amministrativo Regionale Lazio Roma sez. II 29/7/2009 n. 7689

1. L’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno un centro d’imputazione di atti e rapporti giuridici distinto ed autonomo rispetto alle imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa, già associata o ancora da associare, è titolare d’un autonomo interesse legittimo a conseguire l'aggiudicazione, e quindi la legittimazione deve riconoscersi in capo all'impresa singola facente parte dell'ATI stessa, non importando se questa sia già costituita al momento della presentazione dell'offerta o che si debba costituire all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons. St., V, 12 febbraio 2007 n. 593; id., 28 dicembre 2007 n. 6689). Tanto nella considerazione che il conferimento del mandato speciale collettivo irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo attribuisce al legale rappresentante di quest'ultima la rappresentanza processuale nei confronti della stazione appaltante e delle imprese controinteressate, senza con ciò precludere a tutte le imprese in sé d’agire in giudizio singulatim. È appena da osservare, inoltre, che non solo manca un’espressa previsione nella normativa tanto comunitaria, quanto nazionale che precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V, 23 ottobre 2007, n. 5577), ma che soprattutto la Corte del Lussemburgo ha confermato la piena legittimità, a livello comunitario, della disciplina normativa nazionale che abiliti le singole imprese componenti di un’ATI a proporre autonomo ricorso avverso gli atti d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE, ord.za 4 ottobre 2007, resa nella causa C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè, si volesse ritenere che tal principio serve alle imprese mandanti e non anche alla mandataria–, ciò non è così, posto che sussiste sempre la legittimazione anche dell'impresa mandataria di un’ATI costituenda a proporre, come nella specie, un autonomo ricorso contro gli atti e i risultati della gara (di recente, cfr. Cons. St., VI, 23 luglio 2008 n. 3652; id., 6 marzo 2009 n. 1346). 2. Se è vero che sussiste una certa discrezionalità, da parte della stazione appaltante, di prediligere di volta in volta il mezzo più acconcio per realizzare il bene giuridico protetto –ossia la serietà della volontà dell’impegno e la recettizietà della dichiarazione negoziale–, ciò va circoscritto negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, nel senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve assurgere a limite preclusivo ultra vires della possibilità d’effettiva partecipazione alla gara. Infatti, tal discrezionalità non è solo rimessa al limite interno della ragionevole coerenza dello strumento prescelto all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso, il servizio postale di fatto sarebbe sempre da preferire, perché è un mezzo noto, generale ed abbastanza (ma non del tutto) sicuro per presentare le domande de quibus. Essa soggiace pure a quelli ex art. 77, commi 4 e 7 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è un mezzo predefinito a priori che obblighi l’impresa partecipante a produrre la propria domanda nell’ambito d’un novero ristretto di mezzi di presentazione, ma le stazioni appaltanti possono acconsentire alla produzione diretta delle domande stesse ai propri uffici. Tanto con il solo limite della non esclusività –in caso contrario, la presentazione diretta incappando nei medesimi rilievi oggidì recati contro il bando della gara de qua–, nonché della salvaguardia della integrità della documentazione e della riservatezza dell’offerta. Anche l’ammissione della produzione diretta è facoltativa, ma è del pari vero che tal facoltà non deve intendersi elisa ed inutilizzabile, una volta prescelta un’altra modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel replicare tutti i mezzi di presentazione delle domande e delle offerte indicati nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE, fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia la regola della produzione diretta. Sicché i due gruppi di modalità si devono intendere tra loro normalmente e facilmente integrabili, tranne che la stazione appaltante non dimostri che quella ex c. 4 alteri le inderogabili esigenze di protezione dell’integrità e della riservatezza delle offerte, o che tal

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modalità le avrebbe consentito facilmente d’apprenderne il contenuto prima della scadenza del termine previsto per la loro presentazione.

N. 07689/2009 REG.SEN. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso n. 9149/2008 RG, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla ALFREDO GRASSI s.p.a., corrente in Lonate Pozzolo (VA), in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI costituita con la S.C. LUSI CONF. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Ulisse COREA, Filippo MARTINEZ e Davide MOSCUZZA ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via dei Monti Parioli n. 48, contro il MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del sig. Ministro pro tempore ed il COMANDO GE- NERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall'Av- vocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domiciliano in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e nei confronti di - CATAPANO s.r.l., corrente in Titoscalo (PZ) e CERBUL s.p.a., corrente in Lago (TV), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, controinteressate, non costituite in giudizio e della - CAR ABBIGLIAMENTO s.r.l., corrente in Ponte (BN), in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto PROZZO e Giuliano BOLOGNA ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Merulana n. 234, per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, A) – del provvedimento, comunicato con lettera raccomandata AR del 3 settembre 2008, con cui l’ATI ricorrente è stato esclusa dalla gara per la fornitura di materiale vario di vestiario per la Guardia di finanza (lotti nn. 3, 4 e 5); B) – del bando di gara pubblicato nel supplemento delle GUCE n. 135 del 15 luglio 2008, nella parte in cui vieta che la documentazione di gara sia presentabile anche a mano; C) – del procedimento di gara e, in particolare, dei verbali del seggio di gara nelle sedute del 21, 22, 25 e 26 agosto 2008; D) – dei provvedimenti d’aggiudicazione dei lotti 3, 4 e 5 della gara de qua alle imprese controinteressate, finora non comunicati, nonché per l'accertamento dell’inefficacia o della nullità dei contratti d’appalto medio tempore stipulati, oltre che del diritto dell’ATI ricorrente al risarcimento del danno subito a causa della predetta procedura illegittima. Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate, nonché della sola controinteressata CAR ABBIGLIA- MENTO s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore all'udienza pubblica dell’8 luglio 2009 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti costituite, solo gli avvocati COREA, MARTINEZ e MOSCUZZA e l’Avvocato dello Stato PALMIERI; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO Con bando pubblicato in GUCE, suppl. S135 del 15 luglio 2008, il Comando generale della Guardia di finanza ha indetto una procedura ristretta accelerata, suddivisa in cinque lotti e da aggiudicarsi con il

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criterio del prezzo più basso, per la fornitura di materiale vario di vestiario per il Corpo, per un prezzo complessivo di € 5.449.835,00. La ALFREDO GRASSI s.p.a., corrente in Lonate Pozzolo (VA), dichiara d’aver partecipato, in proprio e n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI costituita con la S.C. LUSI CONF. s.r.l., a detta gara solo per i lotti nn. 3, 4 e 5. Detta Società fa però presente d’aver proposto sì tempestivamente la relativa istanza e la documentazione annessa, ma non già per posta o a mezzo d’un corriere espresso –come stabilito dal § III.2.1 del bando–, bensì presentandola a mano presso gli uffici della stazione appaltante. Tanto perché, come fatto presente a quest’ultimo da detta ATI nella sua missiva del 25 agosto 2008, la chiusura estiva dell’impresa ed i temuti ritardi del servizio postale l’hanno indotta a preferire, <<… a garanzia dell’effettiva consegna della documentazione relativa al bando …>>, tal modalità di presentazione. Sennonché, giusta lettera raccomandata del 3 settembre 2008, la stazione appaltante ha escluso detta ATI dalla gara de qua, i cui lotti in questione, secondo informazioni poi assunte da quest’ultime, sono stati aggiudicati alle controinteressate CATAPANO s.r.l., alla CERBUL s.p.a. e, rispettivamente, alla CAR ABBIGLIAMENTO s.r.l. Avverso tal esclusione e tutti gli atti presupposti detta ATI si grava allora innanzi a questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’unico, articolato motivo di violazione dell’art. 42, § 6) della dir. n. 2004/18/CE e dell’art. 77, c. 7 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, nonché dell’eccesso di potere sotto vari profili. Con motivi aggiunti depositati il 4 giugno 2009, l’ATI ricorrente impugna altresì i provvedimenti d’aggiudicazione dei lotti in questione, ribadendo i profili di censura già posti con il gravame introduttivo. Resistono in giudizio le Amministrazioni statali intimate, che concludono per l’inammissibilità e l’infondatezza della pretesa attorea. S’è costituita nel presente giudizio la sola controinteressata CAR ABBIGLIAMENTO s.r.l., aggiudicataria del lotto n. 5 della gara in esame, la quale eccepisce l’infondatezza del ricorso in epigrafe. Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2009, su conforme richiesta dei patroni delle parti presenti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio. DIRITTO È all’odierno esame del Collegio la questione, qui proposta con un gravame introduttivo e con l’atto di motivi aggiunti depositato il 4 giugno 2009, con cui la ALFREDO GRASSI s.p.a., corrente in Lonate Pozzolo (VA) e capogruppo mandataria dell’ATI costituita con la S.C. LUSI CONF. s.r.l., impugna la sua esclusione dalla procedura ristretta accelerata, suddivisa in cinque lotti ed a suo tempo indetta dal Comando generale della Guardia di finanza, per la fornitura di materiale vestiario vario per il Corpo. Per una miglior comprensione delle vicende di causa, reputa opportuno il Collegio precisare che il bando di gara, sul punto anch’esso impugnato dall’ATI ricorrente, previde, tra l’altro, che <<… i documenti richiesti unitamente alla domanda di partecipazione… devono pervenire esclusivamente mediante raccomandata, assicurata o postacelere del servizio postale nazionale, ovvero mediante corriere abilitato, entro il termine perentorio del 20.08.2008, ore 12:00…>>. Fermo restando che anche tal adempimento era stato previsto a pena d’esclusione dalla gara de qua, l’ATI ricorrente propose la propria domanda sì tempestivamente (il 1° agosto 2008), ma in una forma diversa, ossia presentandola a mano presso quegli uffici della stazione appaltante che il bando aveva indicato come destinatari. Assodato, quindi, che la domanda in parola non ha risposto alla, per vero inequivoca, regola della lex specialis, va anzitutto disattesa l’eccezione, sollevata dalle parti resistenti, di difetto di legittimazione della sola mandataria di un’ATI, qua è appunto la ALFREDO GRASSI s.p.a., a proporre ricorso senza che vi partecipi pleno jure pure l’impresa mandante. Com’è noto, l’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno un centro d’imputazione di atti e rapporti giuridici distinto ed autonomo rispetto alle imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa, già associata o ancora da associare, è titolare d’un autonomo interesse legittimo a conseguire l'aggiudicazione, e quindi la legittimazione deve riconoscersi in capo all'impresa singola facente parte dell'ATI stessa, non importando se questa sia già costituita al momento della presentazione dell'offerta o che si debba costituire all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons. St., V, 12 febbraio 2007 n. 593; id., 28 dicembre 2007

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n. 6689). Tanto nella considerazione che il conferimento del mandato speciale collettivo irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo attribuisce al legale rappresentante di quest'ultima la rappresentanza processuale nei confronti della stazione appaltante e delle imprese controinteressate, senza con ciò precludere a tutte le imprese in sé d’agire in giudizio singulatim. È appena da osservare, inoltre, che non solo manca un’espressa previsione nella normativa tanto comunitaria, quanto nazionale che precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V, 23 ottobre 2007, n. 5577), ma che soprattutto la Corte del Lussemburgo ha confermato la piena legittimità, a livello comunitario, della disciplina normativa nazionale che abiliti le singole imprese componenti di un’ATI a proporre autonomo ricorso avverso gli atti d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE, ord.za 4 ottobre 2007, resa nella causa C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè, si volesse ritenere che tal principio serve alle imprese mandanti e non anche alla mandataria–, ciò non è così, posto che sussiste sempre la legittimazione anche dell'impresa mandataria di un’ATI costituenda a proporre, come nella specie, un autonomo ricorso contro gli atti e i risultati della gara (di recente, cfr. Cons. St., VI, 23 luglio 2008 n. 3652; id., 6 marzo 2009 n. 1346) e, anzi, il mandato difensivo conferito nel caso di specie dal legale rappresentante della ALFREDO GRASSI s.p.a. chiarisce implicitamente l'interesse diretto di detta Società alla proposizione del ricorso in epigrafe. Nemmeno ha gran senso l’altra eccezione d’inammissibilità di quest’ultimo, proposta dalla controinteressata per difetto d’attualità dell’interesse azionato, in quanto, se è vero che il gravame introduttivo è stato proposto contro l’aggiudicazione provvisoria, non solo ciò è una mera facoltà della ricorrente, ma soprattutto essa ha poi presentato i citati motivi aggiunti, ricolti appunto gli atti dell’aggiudicazione definitiva e dei conseguenti contratti per i lotti in contestazione. Del pari infondata è l’eccezione d’inammissibilità per omessa impugnazione del bando, in quanto ben evincesi dall’indicazione dell’oggetto del gravame attoreo la precisa volizione della ricorrente, poi ribadita nei motivi in diritto, di censurare anche il bando ove lo si volesse intendere preclusivo della presentazione diretta della domanda di partecipazione alla gara in esame. Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni qui di seguito indicate. L’invocato art. 42, § 6), lett. a) della dir. n. 2004/18/CE prevede che <<… le domande di partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici possono essere presentate per iscritto o per telefono…>>. Come si vede, la norma comunitaria non prende partito in ordine a qual mezzo debba esser considerato privilegiato al fine della corretta ed efficace trasmissione della domanda di partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica. Essa si limita a ribadire, a garanzia della certezza della provenienza e della serietà della proposta negoziale colà contenuta, che le <<… amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che le domande di partecipazione presentate mediante fax siano confermate per posta o per via elettronica. In tal caso, esse indicano nel bando di gara tale esigenza ed il termine entro il quale deve essere soddisfatta…>>. Da ciò discende, per un verso, che l’obbligo d’invio per posta o in via elettronica serve solo a confermare, entro un dato termine, la dichiarazione negoziale. Per altro verso, che v’è sì una certa discrezionalità, da parte della stazione appaltante, di prediligere di volta in volta il mezzo più acconcio per realizzare il bene giuridico protetto –ossia la serietà della volontà dell’impegno e la recettizietà della dichiarazione negoziale–, ma negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, nel senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve assurgere a limite preclusivo ultra vires della possibilità d’effettiva partecipazione alla gara. Infatti, tal discrezionalità non è solo rimessa al limite interno della ragionevole coerenza dello strumento prescelto all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso, il servizio postale di fatto sarebbe sempre da preferire, perché è un mezzo noto, generale ed abbastanza (ma non del tutto) sicuro per presentare le domande de quibus. Essa soggiace pure a quelli ex art. 77, commi 4 e 7 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è un mezzo predefinito a priori che obblighi l’impresa partecipante a produrre la propria domanda nell’ambito d’un novero ristretto di mezzi di presentazione, ma le stazioni appaltanti possono acconsentire alla produzione diretta delle domande stesse ai propri uffici. Tanto con il solo limite della non esclusività –in caso contrario, la presentazione diretta incappando nei medesimi rilievi oggidì recati contro il bando della gara de qua–,

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nonché della salvaguardia della integrità della documentazione e della riservatezza dell’offerta. Non sfugge al Collegio che anche l’ammissione della produzione diretta è facoltativa, ma è del pari vero che tal facoltà non deve intendersi elisa ed inutilizzabile, una volta prescelta un’altra modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel replicare tutti i mezzi di presentazione delle domande e delle offerte indicati nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE, fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia la regola della produzione diretta. Sicché i due gruppi di modalità si devono intendere tra loro normalmente e facilmente integrabili, tranne che la stazione appaltante non dimostri che quella ex c. 4 alteri le inderogabili esigenze di protezione dell’integrità e della riservatezza delle offerte, o che tal modalità le avrebbe consentito facilmente d’apprenderne il contenuto prima della scadenza del termine previsto per la loro presentazione. Scolorano allora le considerazioni della stazione appaltante sulla legittimità dell’impugnata clausola ex § III.2.1 del bando, laddove essa si trincera dietro la ragionevolezza astratta del sistema prescelto (l’uso del servizio postale o d’un corriere abilitato) o l’inderogabilità del bando, oppure ancora l’esigenza di trasparenza e certezza sottesa al servizio postale di raccomandata. Invero, la stazione appaltante non tien conto che il bene protetto, quello, cioè, della certezza e della parità di condizioni di partecipazione, non è alterato, di per sé, dalla compresenza della produzione diretta con le altre modalità di presentazione, giacché la consegna a mano agli uffici della P.A. aggiudicatrice da sola non implica, salva la dimostrazione del contrario, un risultato differente da quello che si ha quando, nei medesimi uffici, pervengono le domande delle imprese che hanno adoperato il servizio postale o un corriere abilitato. Inoltre, la stazione appaltante non considera che il servizio postale di raccomandata, come d’altronde l’uso del corriere, al più garantisce l’invio e la ricezione della lettera, non già il contenuto e, quindi, non la certezza, né la serietà dell’impegno negoziale. Del pari sfugge al Collegio perché mai la consegna diretta –si badi, agli uffici della predetta P.A.– possa mostrarsi meno neutra, quanto al rispetto del termine (nella specie, non in discussione) ed alla certezza della data, d’un servizio postale pure scelto da detta P.A., qual è quello raccomandato, che non garantisce alcunché del contenuto proprio della lettera così inviata, tranne non voler adombrare illeciti nella registrazione dell’arrivo del plico nel registro di protocollo della P.A. Quanto, poi, all’ampia disponibilità del servizio postale, ciò è vero, ma non è un dato connotante nella specie, ove è possibile adoperare anche il servizio di corriere abilitato, che nulla ha a che vedere con il servizio universale e, in ultima analisi, nemmeno è lo strumento più sicuro ed efficace, atteso che, di regola, ogni problema derivante dall’uso di questo ridonda in danno all’impresa che se ne avvale. In definitiva, il ricorso in epigrafe va accolto nei termini fin qui visti, da cui discende, per un verso e quale forma di risarcimento specifico, la riammissione dell’ATI ricorrente alla gara ed all’esame dell’offerta in comparazione con quelle delle imprese controinteressate per i lotti in contestazione e, per altro verso –secondo l’avviso più volte espresso dalla Sezione in precedenti conformi–, la caducazione dei contratti nel frattempo stipulati. Le spese del presente giudizio, stante la novità della questione prospettata e sussistendo giusti motivi, possono esser integralmente compensate tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo ricorrente, sede di Roma, sez. II, definitivamente pronunciando, così dispone: A) – accoglie il ricorso n. 9149/2008 RG in epigrafe e per l’effetto annulla, per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, gli atti impugnati e meglio indicati in premessa; B) – condanna l’intimata stazione appaltante alla riammissione dell’ATI ricorrente alla gara in esame, con conseguente obbligo del seggio di gara ad esaminare e valutare l’offerta attorea; C) – dichiara la caducazione dei contratti nel frattempo stipulati, per ciascun lotto in contestazione, dalla stazione appaltante con le imprese controinteressate. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 luglio 2009, con l'intervento dei sigg. Magistrati: Luigi Tosti, Presidente Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore Giampiero Lo Presti, Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 29/07/2009

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Tribunale Amministrativo Regionale Calabria Catanzaro sez. II 16/6/2009 n. 655

L’art. 8 del decreto legislativo n. 261 del 1999 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio) dispone che “è consentita senza autorizzazione la prestazione di servizi postali da parte di persona fisica o giuridica che è all’origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell”interesse dell’autoproduttore”. Dalla lettura della norma si evince chiaramente che il legislatore abbia ritenuto l’autoprestazione una species nell’ambito del genus “prestazione di servizi postali”. La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, già avuto modo di affermare, con orientamento che questo Collegio condivide, che si tratta “di una modalità di consegna che, pur non prevedendo il servizio di trasporto della corrispondenza, permette di fruire comunque delle garanzie proprie della prestazione del servizio postale, ed in particolare della certezza della data di invio e del contenuto del plico” (Consiglio di Stato, Sezione V, 5 settembre 2005, n. 4485; Tar Valle d’Aosta, sez. I, 10 luglio 2008, n. 65; in questo senso si è espressa anche l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, con deliberazione 30 maggio 2007, n. 175). Ne consegue che la clausola del disciplinare che esclude tale modalità deve ritenersi in contrasto con il citato art. 8 del d.lgs. n. 261 del 1999. Sotto altro concorrente profilo deve rilevarsi come siffatta clausola sia irragionevole. L’esclusione di tale modalità viola, infatti, mancando una qualche ragione giustificava (avuto riguardo alle concrete modalità di effettuazione dell’autoprestazione), il principio generale della massima partecipazione concorsuale degli operatori economici e conseguentemente i principi comunitari della libera concorrenza strumentali all’attuazione della libera circolazione delle persone e delle merci.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 231 del 2009, proposto da: Impresa Acque Chiare S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Carmela Germano', con domicilio eletto presso Carmela Germano' in Catanzaro, via degli Angioini, 135;

contro

Comune di Catanzaro in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Gabriella Celestino, Annarita De Siena, Santa Durante, con domicilio eletto presso Gabriella Celestino in Catanzaro, Uff.Leg. Comune di Cz. via Jannoni;

nei confronti di

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Ati Mustura Costruzioni S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Iannello, con domicilio eletto presso Giuseppe Iannello in Catanzaro, via Crispi, 18; Fbt Appalti S.r.l.;

per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,

determina dirigenziale n. 6838 del 30.12.2008 relativa all’approvazione del verbale della gara di appalto del servizio di custodia, conduzione e manutenzione della rete idrica Comunale- Periodo 01.01.2009-31.12.2009 esperita in data 23.12.2008 nonché al verbale di esito finale della gara di appalto del 23.12.2008 e a tutti gli altri presupposti e conseguenziali... Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Catanzaro in Persona del Sindaco P.T.; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ati Mustura Costruzioni S.r.l.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/05/2009 il dott. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.— Con ricorso regolarmente notificato e depositato la ricorrente ha esposto di avere partecipato alla gara di appalto relativa al servizio di custodia, conduzione e manutenzione della rete idrica comunale (periodo 1° gennaio 2009-31 dicembre 2009) presso l’amministrazione comunale di Catanzaro. La ricorrente si posizionava al secondo posto. L’appalto veniva aggiudicato alla contro interessata Ati Mustura Costruzioni. 1.1.— Con il presente ricorso si deduce la illegittimità di tale aggiudicazione per “eccesso di potere-travisamento e violazione di legge”. In particolare, si osserva che al punto 1) del disciplinare di gara è espressamente stabilito che la domanda di gara doveva essere inoltrata, a pena di esclusione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o posta celere da eseguirsi presso l’ufficio postale o a mezzo di agenzie di recapito autorizzate. Nella specie, invece, l’impresa aggiudicataria avrebbe presentato la domanda mediante l’“autoprestazione postale” prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 261 del 1999 che consente, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona fisica o giuridica che è all’origine della corrispondenza oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell’interesse dell’autoproduttore. Tale modalità di presentazione, si adduce, non era consentita dalla lex specialis con la conseguente illegittimità della partecipazione da parte della controinteressata. Sul punto si rileva come “al fine di ammettere la possibilità dell’autoprestazione postale l’amministrazione avrebbe dovuto indicare esplicitamente i giorni e gli orari per la ricezione dei plichi”. Inoltre, si aggiunge come neanche la procedura di autoprestazione sarebbe stata seguita “in quanto l’Ati Mustura ha volontariamente ritirato, presso l’ufficio postale, il plico raccomandato regolarmente inviato in data 19 dicembre 2008 e quindi ben tre giorni prima della scadenza”. 2.— Si è costituita l’amministrazione comunale chiedendo il rigetto del ricorso in quanto “non essendo l’autoprestazione espressamente esclusa, la stessa debba essere considerata ammessa”. Si osserva, inoltre, che l’art. 9, comma 5-bis, del d.lgs. n. 157 del 1995, introdotto dall’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 65 del 2000 in attuazione delle direttive n. 97/52/CE e 98/4/CE “ha previsto, con una disposizione

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che deve essere ritenuta espressione di un principio generale, che le offerte possono essere recapitate sia direttamente sia a mezzo posta e che, pertanto, deve essere sempre consentito ai partecipanti di fare ricorso all’autoprestazione”. 3.— Si è costituita la società controinteressata chiedendo il rigetto del ricorso per gli analoghi motivi indicati dalla difesa dell’amministrazione resistente. Con successiva memoria la stessa società, tra l’altro, ha fatto presente che medio tempore sia stato stipulato il contratto. 4.— Con ordinanza n. 279 del 2009 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare sul presupposto che “il disciplinare di gara prevede che le offerte devono essere presentate a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di posta celere tramite agenzie di recapito autorizzate” e “ che “nella specie l’ATI Mustura Costruzioni non ha presentato l’offerta nel rispetto di tale specifica modalità procedimentale”. 5.— Successivamente alla predetta decisione cautelare, la controinteressata ha presentato ricorso incidentale con cui si è dedotta la illegittimità della clausola del disciplinare, che esclude tra le modalità di presentazione dell’offerta l’autoprestazione, per violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 261 del 1999, dell’art. 9, comma 5-bis, del d.lgs. n. 157 del 1995, dell’art. 77 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché per eccesso di potere sotto il profilo della illogicità manifesta e della irragionevolezza, per avere limitato senza alcuna ragione giustificatrice, le modalità di presentazione delle offerte. In sintesi, si deduce che dalla lettura delle predette disposizioni sia ricavabile un principio generale secondo cui l’autoprestazione deve ritenersi equivalente alla trasmissione a mezzo del servizio postale ciò anche al fine di assicurare la massima partecipazione degli operatori del mercato. Inoltre, sarebbe irragionevole una clausola che conduce all’esclusione di una offerta “economicamente e tecnicamente più vantaggiosa, per un futile motivo, costituito dalla modalità di comunicazione dell’offerta, sebbene quest’ultima si sia rilevata, nella procedura di gara ad evidenza pubblica, la più appropriata”. Sul punto si rileva, a sostegno di tale ultimo assunto, che il Comune di Catanzaro, avendo un “protocollo elettronico” per la ricezione degli atti, non avrebbe motivo di utilizzare il “servizio postale per acquisire la certezza della data”. 6.— Anche l’amministrazione ha depositato una memoria chiedendo il rigetto sia del ricorso principale sia del ricorso incidentale, sul presupposto che la lex specialis già consentirebbe la presentazione dell’offerta mediante il sistema dell’autoprestazione. 7.— Da quanto sin qui esposto in punto di fatto, si desume come la ricorrente adduca la illegittimità dell’aggiudicazione disposta a favore della società controinteressata per avere la stessa fatto pervenire la propria offerta alla stazione appaltante con il sistema della cosiddetta autoprestazione non autorizzata dalla lex specialis. In effetti, nella specie il disciplinare di gara stabilisce che le offerte possono essere presentate, a pena di esclusione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o posta celere o tramite agenzie di recapito autorizzate. L’amministrazione ha, pertanto, escluso, richiamando le suindicate modalità procedimentali, che la presentazione della domanda di partecipazione potesse avvenire mediante il descritto sistema della autoprestazione (Tale Campania, Salerno, sez. I, 17 giugno 2007, n. 743). 7.1.— Nondimeno, l’analisi nel merito del ricorso principale non può essere svolta in quanto deve ritenersi fondato il ricorso incidentale, con cui si assume la illegittimità della clausola del disciplinare che implicitamente ha escluso la possibilità che i partecipanti alla procedura concorsuale si avvalgano della autoprestazione. Sul punto deve rilevarsi come l’art. 8 del decreto legislativo n. 261 del 1999 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio) dispone che “è consentita senza autorizzazione la prestazione di servizi postali da parte di persona fisica o giuridica che è all’origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell”interesse dell’autoproduttore”. Dalla lettura della norma si evince chiaramente che il legislatore abbia ritenuto l’autoprestazione una

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species nell’ambito del genus “prestazione di servizi postali”. La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, già avuto modo di affermare, con orientamento che questo Collegio condivide, che si tratta “di una modalità di consegna che, pur non prevedendo il servizio di trasporto della corrispondenza, permette di fruire comunque delle garanzie proprie della prestazione del servizio postale, ed in particolare della certezza della data di invio e del contenuto del plico” (Consiglio di Stato, Sezione V, 5 settembre 2005, n. 4485; Tar Valle d’Aosta, sez. I, 10 luglio 2008, n. 65; in questo senso si è espressa anche l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, con deliberazione 30 maggio 2007, n. 175). Ne consegue che la clausola del disciplinare deve ritenersi in contrasto con il citato art. 8 del d.lgs. n. 261 del 1999. Sotto altro concorrente profilo deve rilevarsi come siffatta clausola sia irragionevole. L’esclusione di tale modalità viola, infatti, mancando una qualche ragione giustificava (avuto riguardo alle concrete modalità di effettuazione dell’autoprestazione), il principio generale della massima partecipazione concorsuale degli operatori economici e conseguentemente i principi comunitari della libera concorrenza strumentali all’attuazione della libera circolazione delle persone e delle merci. E’ bene, infine, aggiungere che le conclusioni sin qui esposte non possono essere infirmate dal rilievo contenuto nel ricorso principale secondo cui la controinteressata non avrebbe neanche osservato le modalità di presentazione dell’offerta mediante autoprestazione. Il motivo è generico e comunque, alla luce dei documenti acquisiti agli atti del processo, infondato. 8.— Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando: a) accoglie il ricorso incidentale proposto da Ati Mustura Costruzioni s.r.l.; b) dichiara inammissibile il ricorso principale proposto da Acque Chiare s.r.l. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 08/05/2009 con l'intervento dei Magistrati: Vincenzo Fiorentino, Presidente Daniele Burzichelli, Consigliere Vincenzo Lopilato, Referendario, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 16/06/2009

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AVCP

Determinazione n. 5 del 21 Maggio 2009 Linee guida per l'applicazione dell'art. 48 del D. LGS. n. 163/2006

Premessa Con il precedente atto di regolazione n. 15/2000 del 30 marzo 2000 questa Autorità, in risposta a

quesiti e segnalazioni di stazioni appaltanti, ha fornito chiarimenti, nell'intento di far conseguire un'applicazione uniforme della norma, in merito alle questioni interpretative derivanti dalla applicazione della procedura prevista dall' art. 10, comma l quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 agli appalti di lavori pubblici.

Tale norma, ora abrogata con l'entrata in vigore del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d'ora innanzi "Codice"), concerneva il controllo, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti alle imprese di costruzioni per la partecipazione alle gare di appalto e di concessione di lavori pubblici e per la stipulazione dei relativi contratti, previsti nel bando di gara. Per effettuare tale controllo, previsto su un campione di partecipanti, nella misura minima del 10%, nonché sui primi due graduati alla stessa gara, la stazione appaltante richiedeva la documentazione indicata nel bando o nella lettera di invito e, laddove l'impresa non fornisse risposta entro un termine di l0 giorni ovvero non confermasse documentalmente quanto oggetto di dichiarazione sostitutiva, la stessa amministrazione provvedeva ad escludere il concorrente dalla gara, ad escuterne la cauzione provvisoria e a segnalare il fatto alla Autorità di vigilanza per le ulteriori sanzioni previste dalla norma. Nel caso più grave di false dichiarazioni rilasciate alla stazione appaltante, l'Autorità irrogava le sanzioni nella misura più severa: sanzione pecuniaria sino a circa € 50.000 e sospensione dalle procedure di affidamento dei lavori per un anno, da annotare nel casellario informatico per garantirne la necessaria pubblicità nei confronti delle stazioni appaltanti e delle SOA.

Con l'entrata in vigore del Codice sono sopravvenute sostanziali modificazioni legislative. In particolare, i poteri dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici sono stati estesi al settore delle forniture e dei servizi, nonché ai settori speciali e il controllo a campione sul possesso dei requisiti, già previsto dall' art. l0, comma 1 quater, della legge n. 109/94 è stato mantenuto, ed esteso ai servizi e alle forniture (art. 48).

La richiamata norma recata dall'art. 48 prevede una procedura analoga a quella stabilita dalla abrogata norma della legge Merloni, con la sola differenza, in merito alle sanzioni irrogate dalla Autorità, che la sospensione dalle procedure di affidamento per un anno è sostituita dalla possibilità di graduare la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento, in base alla gravità del caso oggetto di procedimento sanzionatorio.

Ulteriore integrazione alla norma originaria è stata apportata di recente dall'articolo l, comma 1, lettera m), del d. lgs. n. 152 del 2008, cosiddetto terzo correttivo al Codice, con l'aggiunta del comma l-bis che prevede l'ampliamento della verifica a campione prevista dall'art. 48 a tutti gli offerenti, nel caso in cui le stazioni appaltanti si avvalgano della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, ai sensi dell'articolo 62, comma l, del Codice.

L'Autorità, pertanto, ritiene opportuno riesaminare la materia con una nuova determinazione che, sostituendo il precedente atto di regolazione, da un lato, consolidi quanto in precedenza affermato, in quanto ancora attuale, dall'altro, fornisca ulteriori chiarificazioni e suggerimenti agli operatori dei settori interessati dal Codice, soprattutto a quelli di servizi e forniture per i quali la predetta norma rappresenta una novità.

Sulla base di quanto sopra considerato,

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il Consiglio approva le seguenti linee guida:"Linee guida per l' applicazione dell'art. 48 del d. lgs n 163/2006" Il Consigliere Relatore: Guido Moutier Il Presidente: Luigi Giampaolino Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 15 Luglio 2009 Il Segretario: Maria Esposito LINEE GUIDA PER L'APPLICAZIONE DELL'ART. 48 DEL D. LGS. N. 163/2006

Sommario 1. Ambito di applicazione della procedura. 1.1. Appalti di rilevanza comunitaria o sotto soglia comunitaria; procedure aperte, ristrette,

negoziate, dialogo competitivo. 1.2. Appalti di lavori pubblici e requisiti richiesti. 1.3. Concessioni di lavori e concessioni di servizi. 1.4. Inapplicabilità al controllo sui requisiti generali e sui requisiti di valutazione dell'offerta. 1.5. Inapplicabilità ai settori speciali salvo alcune eccezioni. 2. I requisiti oggetto di verifica. 2.1 Livelli minimi specifici di capacità tecnico-economica. 2.2. Determinazione del periodo di attività documentabile relativa ai requisiti speciali. 2.3. Caso in cui siano dichiarati requisiti sovrabbondanti rispetto ai minimi. 2.4. Distinzione tra criteri di «selezione dell'offerente» e criteri di «selezione dell'offerta». 2.5. Mezzi di prova per dimostrare il possesso dei requisiti. 3. Applicazione dell' articolo 48 agli appalti di progettazione ed esecuzione. 4. Natura dei termini per gli adempimenti previsti dalla norma. 4.1. Natura del termine posto ai concorrenti sorteggiati. 4.2. Modalità di applicazione dell'art.48 comma l bis. 4.3. Verifica sull'aggiudicatario provvisorio e sul secondo graduato. 5. Modalità di espletamento della verifica. 6. Compatibilità con la normativa sull'autocertificazione. 7. Presupposti al cui verificarsi si ricollegano le misure sanzionatorie. Sanzioni irrogate dalla

Autorità. 1. Ambito di applicazione della procedura L'attivazione del procedimento di verifica di cui all'art.48 del Codice è obbligatorio, così come si

evince dalla lettera della norma, senza alcun margine di discrezionalità da parte della stazione appaltante. Ne consegue che non occorre preventivamente indicare negli atti di gara, né l'attivazione della procedura di verifica, né il numero di soggetti che ne saranno interessati; le sole indicazioni destinate ad essere espresse nel bando o nella lettera di invito, come di seguito sarà precisato, riguardano i mezzi di prova che gli operatori economici saranno tenuti a produrre per dimostrare la veridicità di quanto dichiarato, nonché i requisiti minimi di partecipazione previsti nel bando di gara e i criteri per la valutazione degli stessi. Si ricorda che, nel caso in cui il partecipante alla gara non faccia ricorso alla dichiarazione sostitutiva circa l'attestazione del possesso dei requisiti, sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ma presenti, già in sede di domanda di partecipazione o di offerta, la documentazione indicata nel bando di gara o nella lettera di invito, questi sarà direttamente ammesso alle operazioni di gara successive al sorteggio, mentre il campione su cui effettuare la verifica di che trattasi sarà pari, al minimo, al 10% del numero di partecipanti, depurato dello stesso. Analogamente,

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limitatamente agli appalti di lavori pubblici di importo inferiore a € 150.000, il sorteggio sarà condotto esclusivamente sui concorrenti non in possesso di attestato SOA e, di conseguenza, il 10% sarà calcolato sul numero di partecipanti al netto di quelli qualificati; questi ultimi saranno direttamente ammessi alle successive fasi di gara. Se, invece, la documentazione comprovativa da questi presentata, in sede di domanda di partecipazione o di offerta, sia integrata da dichiarazioni sostitutive circa il possesso dei residui requisiti richiesti, detto concorrente sarà inserito nel numero di partecipanti da cui estrarre il campione su cui effettuare la verifica e, se individuato mediante sorteggio, o in qualità di primo o secondo classificato, la stazione appaltante ne richiederà la documentazione di comprova limitatamente ai requisiti oggetto di dichiarazione.

1.1. Appalti di rilevanza comunitaria o sotto soglia comunitaria; procedure aperte, ristrette,

negoziate, dialogo competitivo La procedura prevista dall'art. 48 si applica ai contratti aventi ad oggetto lavori, servizi, e forniture,

nei settori ordinari, sia sopra che sotto soglia comunitaria (il Titolo II del Codice non ne esclude, infatti, l'applicazione ai contratti sotto soglia). Sempre dal tenore letterale della norma in commento, si evince che essa trova applicazione agli appalti di lavori ed agli appalti di servizi e forniture che si svolgono con procedura aperta, ristretta, negoziata, con o senza pubblicazione di un bando di gara, o con dialogo competitivo, sempre che sia stata richiesta ai concorrenti, per la partecipazione alla gara, una dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti speciali, individuati nei loro livelli minimi.

1.2. Appalti di lavori pubblici e requisiti richiesti. Riguardo all'ambito di applicazione della procedura, per appalti di lavori pubblici, poiché vige un

sistema unico di qualificazione (art. 40 del Codice), la cui disciplina attuativa è ad oggi contenuta nel D.P.R. n. 34/2000 e poiché l'attestazione di qualificazione, rilasciata dalle S.O.A - Società Organismo di Attestazione, "è obbligatoria per chiunque esegua i lavori pubblici ... di importo superiore a 150.000 Euro" e "costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento di lavori pubblici" (art. 1, rispettivamente, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 34/2000), non è applicabile la verifica ex art. 48 per appalti di importo superiore a 150.000 Euro. Infatti, in tal caso, l'attestato SOA costituisce la prova dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria e le stazioni appaltanti ne verificano il possesso e la validità temporale in capo a tutti i concorrenti, mediante accesso al casellario informatico dell'Autorità.

Una eccezione alla regola prima enunciata è recata dall'art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 34/2000, laddove prevede che per gli appalti di importo superiore ad Euro 20.658.276, il concorrente, oltre a possedere l'attestazione SOA nella categoria richiesta con classifica VIII, (appalti di importo illimitato), deve aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra d'affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a tre volte l'importo a base di gara; tale ultimo requisito è soggetto, in gara, alla verifica ex art. 48.

I requisiti speciali necessari per la partecipazione alle gare d'appalto di lavori di importo pari o inferiore a € 150.000 che residuano quale oggetto della verifica, nonché le modalità di documentazione degli stessi, sono individuati nell'art. 28 del D.P.R. n. 34/2000. Riguardo alla capacità tecnica, i lavori eseguiti dall'impresa, che concorre per appalti di importo pari o inferiore a tale soglia, non sono esprimibili in termini di categorie secondo il sistema unico di qualificazione, incentrato sulle attestazioni SOA, dal momento che quest'ultimo si applica per appalti di importo superiore. Il corrispondente requisito, per appalti di importo pari o sotto tale soglia, è stato individuato, dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del citato regolamento nell' importo dei lavori eseguiti direttamente nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando non inferiore all'importo del contratto da stipulare". Questa Autorità, nella nota illustrativa alle «Tipologie di bandi di gara per l'affidamento di lavori pubblici», pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2002, ha sottolineato che per

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gli appalti di importo pari o inferiore a € 150.000, in base all'art. 8, comma 1, della legge 109/94 e s.m., si impone comunque il possesso di una professionalità qualificata che si traduce in un rapporto di analogia tra i lavori eseguiti dal concorrente e quelli oggetto dell'appalto da affidare, intesa come coerenza tecnica tra la natura degli uni e degli altri, la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti. (Cfr. Consiglio di Stato, sentenza n.352 del 21 gennaio 2002). Nel caso il partecipante sia in possesso di valida attestazione SOA relativa ad almeno una categoria attinente alla natura dei lavori da appaltare, questi sarà direttamente ammesso alle operazioni di gara successive al sorteggio, mentre il campione su cui effettuare la verifica di che trattasi sarà pari, al minimo, al 10% del numero di partecipanti, depurato di quelli in possesso di qualificazione SOA, come prima specificato. La documentazione comprovativa della capacità tecnica da richiedere alle imprese sorteggiate è costituita dai certificati dei lavori eseguiti nel quinquennio antecedente la data del bando o della cui condotta è stato responsabile uno dei propri direttori tecnici, indipendentemente dal quinquennio ed abbattuti ad un decimo dell'importo certificato.

In linea generale, nei bandi, quale natura dei lavori da appaltare potrà essere indicata una delle seguenti: edile, stradale, idraulica, fluviale e marittima, impiantistica, relativa a beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali ed ambientali, relativa a superfici decorate e a beni mobili di interesse storico artistico, scavi archeologici, agricolo-forestale.

Al riguardo, l'Autorità, con la Deliberazione n. 165 dell' 11/06/2003, ha indicato quali categorie di lavori analoghi possono essere utilizzate dalle stazioni appaltanti per valutare l'idoneità dei certificati lavori esibiti dalle imprese concorrenti.

natura dei lavori da appaltare Categorie che danno titolo alla partecipazione alla gara

a) lavori edilizi e stradali OG1, OG3, OG4, OG5 e OG12 b) lavori idraulici OG6 c) lavori fluviali e marittimi OG7 e OG8 d) lavori impiantistici OG9, OG10, OG11, OS3, OS4,

OS5, OS28 e OS30 e) lavori su beni immobili sottoposti a tutela, ai sensi delle

disposizioni in materia di beni culturali ed ambientali OG2

f) lavori su superfici decorate e beni mobili di interesse storico artistico

OS2

g) lavori inerenti scavi archeologici OS25 h) lavori agricolo-forestali OG13

Nel caso, invece, che nel bando non sia indicata alcuna analogia tra la natura dei lavori da appaltare e le categorie che danno titolo alla partecipazione alla gara e che l'impresa partecipi alla gara facendo riferimento ai rapporti di corrispondenza previsti dalla richiamata Deliberazione della Autorità n. 165 dell' 11/06/2003 e dalle presenti "Linee guida", l'Autorità, di norma, potrà procedere alla archiviazione della segnalazione inoltrata dalla stazione appaltante, ai sensi dell'art. 48.

1.3. Concessioni di lavori e concessioni di servizi. In base all'art. 30, comma 1, del Codice, le disposizioni dello stesso non si applicano alle

concessioni di servizi, e quindi neanche per è esse operante la procedura ex art. 48. In base all'art. 32, comma 1, lett. f), del Codice si applica l'art. 48 per "lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell'amministrazione aggiudicatrice".

Si applica la procedura prevista dall'art. 48 all'affidamento delle concessioni di lavori pubblici, ivi comprese quelle previste dall'art. 153 del Codice. Infatti, in base all'articolo 142, comma 3, "Alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che sono

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amministrazioni aggiudicatrici, si applicano, salvo che non siano derogate nel presente capo, le disposizioni del presente codice", e in base all'art. 98 del D.P.R. n. 554/99, attualmente vigente, relativo ai "Requisiti del concessionario", i soggetti partecipanti alle gare per l'affidamento di concessione di lavori pubblici, se eseguono lavori con la propria organizzazione di impresa, devono essere in possesso oltre che di attestazione SOA (se intendono eseguire con la propria organizzazione di impresa), anche di ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Di conseguenza, su questi ultimi requisiti l'amministrazione concedente dovrà effettuare il controllo a campione, nonché la verifica ex art. 48 sui primi due classificati.

Agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici non si applica l'art.48 (ai sensi dell'art.142, comma 4); se i concessionari sono amministrazioni aggiudicatrici, si seguono le regole generali dell'art.142, comma 3.

1.4. Inapplicabilità al controllo sui requisiti generali e sui requisiti di valutazione dell' offerta. L'ambito di applicazione del procedimento, e le sanzioni ad esso correlate, sono limitati ai soli

requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi e la relativa disciplina non si estende alla verifica delle dichiarazioni sostitutive circa il possesso dei requisiti di carattere generale e il rispetto delle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, e neppure al controllo delle eventuali dichiarazioni rese su elementi quantitativi e qualitativi delle offerte valutate secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all' art. 83 del codice. Infatti, l'esplicito riferimento ai requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi porta ad escludere - trattandosi di norma sanzionatoria e quindi di stretta interpretazione - che gli effetti correlati al mancato adempimento possano estendersi anche al controllo disposto dalla stazione appaltante, delle dichiarazioni sostitutive relative alle fattispecie sopra richiamate. In particolare, la dimostrazione della veridicità delle dichiarazioni relative ai requisiti di carattere generale resta onere della stazione appaltante, secondo le regole generali in materia di autocertificazione (capi II e III e art. 77 bis del D.P.R. n. 445/2000), e l'eventuale falsità delle stesse non trova disciplina, quanto alle sanzioni, nell' art. 48, ma la stazione appaltante procederà alla esclusione dalla gara per l'operatore inadempiente, alla denuncia dei fatti costituenti reato e alla segnalazione alla Autorità per l'iscrizione nel casellario informatico, secondo le modalità previste nella Determinazione n. 1 approvata dal Consiglio della Autorità il 10 gennaio 2008. Solo nel caso di carenza dei requisiti generali in capo all' aggiudicatario provvisorio, la stazione appaltante oltre alla revoca dell' aggiudicazione, procederà all'incameramento della cauzione, ma ciò non quale conseguenza dell'art. 48 ma dell'art. 75, comma 6, del codice che prevede tale sanzione per mancata stipula del contratto per fatto dell'affidatario.

1.5. Inapplicabilità ai settori speciali salvo alcune eccezioni. La parte III del Codice che disciplina i «Contratti pubblici di lavori, servizi, forniture nei settori

speciali», con l'articolo 206 opera una ricognizione delle norme, proprie dei settori ordinari sopra soglia comunitaria, che si applicano anche ai settori speciali, disponendo che della parte II, titolo I, hanno validità esclusivamente alcuni articoli, tra cui non ricade l'art. 48. Di conseguenza, ai settori speciali non si applica l'art. 48, salvo poche eccezioni, tra cui, la più rilevante è quella recata dall' art. 230, comma 2, in base alla quale "Per l'accertamento dei requisiti di capacità tecnico professionale ed economico finanziaria gli enti aggiudicatori che sono amministrazioni aggindicatrici, ove non abbiano istituito propri sistemi di qualificazione ai sensi dell'articolo 232, applicano gli articoli da 39 a 48". In tale ultima ipotesi, agli appalti di lavori si applica l'art.48, limitatamente a quelli di importo inferiore o uguale a 150.000 euro ed a quelli di importo superiore a 20.658.276 di euro; tale articolo si applica, inoltre, a tutti gli appalti di servizi e forniture a prescindere dali' importo. Altra eccezione è prevista dall'art. 230, comma 3 che dà tre opzioni agli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici ( ossia, essenzialmente le imprese pubbliche) "... , alternativamente, istituire propri sistemi di qualificazione ai sensi dell'articolo 232, ovvero applicare gli articoli da 39 a 48, ovvero accertare i requisiti di capacità tecnico professionale ed economico finanziaria ai sensi dell'articolo

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233". Di conseguenza, se tale ente aggiudicatore istituisce propri sistemi di qualificazione, valgono le stesse considerazioni prima riferite in analogo caso alle amministrazioni aggiudicatrici; se non istituisce propri sistemi di qualificazione, applica gli articoli da 39 a 48, e in tal caso valgono le precedenti considerazioni riferite alle amministrazioni aggiudicatrici; infine, se non istituisce propri sistemi di qualificazione, o non applica gli articoli da 39 a 48, individua propri criteri di selezione qualitativa, seppure nel rispetto dei principi desumibili dagli articoli da 39 a 50, non utilizzando la procedura prevista dall'art. 48 ma una procedura specifica stabilita per le proprie esigenze.

2. I requisiti oggetto di verifica 2.1. Livelli minimi specifici di capacità tecnico-economica In merito alla definizione dei requisiti di carattere speciale, il codice dei contratti, in concorso con

la normativa attuativa ancora vigente per lavori ed, in continuità con le normative di settore sostituite ed abrogate (legge n. 109 del 1994, per lavori, D.Lgs. n. 157 del 1995 per servizi e D.Lgs. n. 358 del 1992, per forniture), ha confermato la netta distinzione tra il settore dei lavori e quelli di servizi e forniture (a differenza della disciplina dei requisiti generali, che è la medesima per ogni tipo di appalto).

Per la partecipazione alle procedure di affidamento di lavori pubblici, e per i servizi di ingegneria, l'individuazione dei requisiti e i valori minimi degli stessi, che debbono possedere le imprese/i progettisti sono stabiliti con precisione dalle norme del codice, del D.P.R. n. 34/2000 e del dPR 554/99.

Invece, con riferimento alle procedure di affidamento di forniture e di servizi, l'individuazione dei requisiti e i valori minimi degli stessi sono definiti dalla stazione appaltante, gara per gara, e sono indicati nel bando e/o nel relativo disciplinare. Infatti, il codice, ha previsto la c.d. "qualificazione in gara", ad opera della stazione appaltante, e ha stabilito quali requisiti, ed indici che li caratterizzano (per esempio, un indice della capacità economico - finanziaria è la cifra d'affari globale o settoriale; un indice di capacità tecnica è l'esecuzione di forniture o di servizi analoghi nel triennio) , possano essere richiesti al concorrente e quali siano i possibili mezzi di prova del loro possesso (artt. 41 e 42 del D.Lgs. n. 163/2006), ma ha lasciato ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti, seppure senza eccedere l'oggetto dell'appalto, circa la scelta dei requisiti, della loro quantificazione e dei relativi mezzi di prova (bilanci, modelli Unico, certificati dei servizi o delle forniture prestati nel triennio, ecc.).

Non è consentito alle stazioni appaltanti di richiedere ai concorrenti, requisiti sproporzionati o discriminanti, quali ad esempio quelli che pongono limitazioni territoriali ai fini della partecipazione alla gara, o quelli di valore minimo esorbitante l'importo dell'appalto.

Inoltre, rispetto al settore dei lavori, in astratto le stazioni appaltanti potrebbero non prevedere requisiti di capacità tecnico - organizzativa e/o economico-finanziaria per la partecipazione degli operatori economici a gare di servizi e forniture, oppure non fissarne i livelli minimi (si veda l'allegato IX A al D. Lgs. n. 163/2006). La decisione della stazione appaltante di non indicare detti valori minimi, è di fatto equiparabile al caso in cui, la stessa non preveda per la partecipazione alla gara alcun requisito di capacità tecnico-organizzativa e/o economico-finanziaria.

La mancata fissazione di livelli minimi di requisiti appare, quindi, illogica poiché un requisito di partecipazione, per essere defrnito tale, deve essere caratterizzato da un valore minimo che il concorrente deve dimostrare per partecipare all'appalto.

Malgrado un evidente difetto di coordinamento tra la norma in trattazione e le disposizioni in materia di requisiti speciali per servizi e forniture recate dagli artt. 41 e 42, laddove queste ultime prevedono la verifica dei suddetti requisiti solo sull'aggiudicatario, non può essere messa in dubbio la prevalenza della disciplina prevista dall'art. 48, formulata in termini generali rispetto ai settori di lavori, servizi e forniture e, quindi, assorbenti le richiamate previsioni contraddittorie.

D'altra parte, dal testo della norma si deduce che la procedura di controllo prevista dall'art. 48 é obbligatoria, in quanto applicabile, qualunque sia l'importo dell'appalto di servizi o forniture e solo

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laddove siano stati richiesti nel bando di gara i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ed i relativi livelli minimi, così come lascia chiaramente intendere l'espressione ivi contenuta: "requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara". Conseguentemente, per quanto prima osservato, laddove, nei bandi di gara di appalti di servizi e forniture, non siano stati previsti requisiti minimi di partecipazione o non ne siano definiti i livelli minimi, la verifica in argomento non è applicabile, mancandone il presupposto principale.

2.2. Determinazione del periodo di attività documentabile relativa ai requisiti speciali. La clausola del bando che prevede un livello minimo di uno specifico requisito non deve essere

formulata in temini equivoci o indistinti neanche con riferimento al periodo di attività documentabile in base alla quale è maturato il possesso di quel requisito. In particolare, riguardo agli ultimi tre esercizi indicati sia dall'articolo 41, comma 1, lett. c), che 42, comma l, lett. a) e g), per perimetrare l'ambito temporale entro cui considerare maturati i relativi requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa per servizi e forniture, la data da cui procedere a ritroso per l'individuazione del suddetto triennio è quella individuata dalla data di pubblicazione del bando.

Al riguardo, i documenti (bilanci, dichiarazioni IVA, modelli di dichiarazione dei redditi, modelli unici, certificati dei servizi e forniture eseguiti, ecc.) da prendere a base per la verifica del possesso dei requisiti sono relativi a periodi diversi e precisamente: a) i documenti tributari e fiscali sono quelli relativi ai tre esercizi annuali, antecedenti la data di pubblicazione del bando di gara, che, alla stessa data, risultano depositati presso l'Agenzia delle Entrate o la Camera di Commercio, territorialmente competenti, come si ricava dal comma 4 dell'art. 41 ; b) i certificati dei servizi e delle forniture eseguiti sono quelli relativi al periodo temporale costituito dai tre anni consecutivi (articolo 42, comma l, lett. a), immediatamente antecedenti la data di pubblicazione del bando di gara, come si ricava dal comma 4 dell'art. 42. Di conseguenza, per quanto riguarda il requisito di capacità economico-finanziaria previsto all'art. 41, comma l, lett. c), del Codice, riguardante "il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi", ove il primo è da interpretarsi quale fatturato globale realizzato dall'operatore economico nelle eventuali molteplici attività costituenti l'oggetto sociale dello stesso, e il secondo é da intendersi quale fatturato in servizi e/o forniture analoghi a quelli oggetto di appalto, nel bando occorre sempre individuare il triennio di riferimento, eventualmente prevedendo, a discrezione del concorrente, la scelta dell'ultimo anno del triennio oggetto di dichiarazione, in relazione al periodo in cui cade la pubblicazione del bando di gara. Infatti, tenuto conto che i mezzi di prova per dimostrare il possesso di detto requisito sono i bilanci o i documenti tributari e fiscali relativi ai tre esercizi annuali, antecedenti la data di pubblicazione del bando di gara, che, alla stessa data, risultano depositati, se la data di pubblicazione del bando di gara cade in un periodo in cui non è ancora scaduto il termine per la presentazione degli stessi (ad esempio, nel caso di bando pubblicato nel periodo 1° giugno / 31 ottobre 2009, laddove l'operatore economico faccia ricorso alla modalità telematica per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi), è assolutamente corretto che lo stesso concorrente possa dichiarare e poi documentare il possesso del requisito in argomento mediante presentazione, con riferimento all'esempio prima indicato, delle dichiarazioni I.V.A. riferite al fatturato conseguito nel triennio 2005-2007, ovvero nel caso che abbia già presentato le dichiarazioni dei redditi, al fatturato conseguito nel triennio 2006-2008. Analogo ragionamento può farsi per le società di capitale, i consorzi, le società cooperative e i G.E.I.E. che dimostrano il requisito in argomento tramite esibizione dei bilanci di esercizio approvati e depositati presso il Registro delle Imprese competente entro 30 giorni dalla data di approvazione dei bilanci stessi.

Per contro, in merito al requisito di capacità tecnica previsto all' art 42, comma 1, lett. a), del Codice, riguardante "principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni ... ",

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occorrerà precisare nel bando che in tal caso il triennio è effettivamente quello antecedente alla data di pubblicazione dello stesso e non necessariamente coincidente con quello prima adottato per il requisito di capacità economico-finanziaria.

2.3. Caso in cui siano dichiarati requisiti sovrabbondanti rispetto ai minimi Strettamente connessa alla problematica sopra evidenziata è l'anomalia, riscontrata dalla Autorità

nella prassi, determinata dall'ingiustificato rigore con cui alcune stazioni appaltanti procedono, nel corso della procedura prevista dall' art. 48, alla valutazione delle dichiarazioni rilasciate dai concorrenti, sui requisiti sia di capacità tecnico - organizzativa che economico - finanziaria. Le stesse, infatti, non limitano la verifica al raffronto tra i valori dei requisiti comprovati e quelli minimi richiesti nel bando di gara, ma eccepiscono la non perfetta corrispondenza fra quanto dichiarato dai concorrenti, in sede di partecipazione alla gara o di prequalifica, e quanto comprovato con i documenti probatori prodotti in sede di verifica a campione. Ad esempio, a fronte della richiesta nel bando di gara, nel triennio di riferimento, di un fatturato globale non inferiore a € 1.000.000,00 o di capacità tecnica attraverso servizi analoghi a quelli a base d'asta di importo complessivo non inferiore a € 500.000,00, cui ha fatto seguito la dichiarazione del concorrente circa il possesso degli stessi requisiti per valori, rispettivamente, pari a € 2.000.000,00 e a € 800.000,00, l'esclusione viene motivata, nei casi evidenziati, per avere il concorrente comprovato i requisiti suddetti, rispettivamente negli importi di € 1.100.000,00 e di € 510.000,00, in difetto. Si deve tenere presente al riguardo che quanto previsto dall' art. 48 deve essere comunque rapportato ai requisiti minimi prescritti dal bando di gara, essendo necessario e sufficiente, ai fini della comprova dei requisiti stessi, dimostrarne il possesso in relazione allo specifico affidamento; l'esplicito riferimento nella norma alla necessità di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico - finanziaria e tecnico - organizzativa, "richiesti nel bando di gara" porta ad escludere - trattandosi di norma sanzionatoria e quindi di stretta interpretazione - che si possa considerare inadempiente un concorrente che abbia limitato la comprova ai valori minimi richiesti dal bando, anziché estenderla ai requisiti, di misura superiore, contenuti nella dichiarazione.

2.4. Distinzione tra criteri di «selezione dell'offerente», e criteri di «selezione dell' offerta» L'Autorità ha avuto modo di riscontrare che le stazioni appaltanti nella prassi corrente, in caso di

utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tendono a confondere i criteri di selezione dell'offerente con i criteri di selezione dell'offerta.

Al fine di una corretta applicazione del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, occorre tenere conto della netta distinzione, a partire dal bando e dai documenti di gara, tra i requisiti che devono possedere i concorrenti e quelli che caratterizzano l'offerta (cfr. determinazione n. 4 del 2009).

L'ordinamento comunitario esige una distinzione rigorosa tra questi due aspetti delle gare (requisiti che devono possedere i concorrenti e criteri di aggiudicazione dell'offerta). La distinzione è stata recentemente confermata dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. I, 24 gennaio 2008, causa C-532/06, e, nell'ordinamento interno, dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie, del 1° marzo 2007.

Tale netta ed inderogabile distinzione, oltre a trovare un preciso ed espresso riferimento nella normativa richiamata, ha una sua sostanziale ed evidente logica: quella di separare i requisiti di idoneità e partecipazione alla gara del concorrente da quelli attinenti all' offerta e all'aggiudicazione. Donde, ad esempio, l'illegittimità dell'inserimento fra i criteri di selezione dell'offerta di un requisito, quale quello delle esperienze simili maturate nel corso del triennio, che è uno dei requisiti previsti dall'art. 42 del Codice.

In concreto, l'accertamento dell'idoneità degli offerenti deve essere effettuato dall'amministrazione aggiudicatrice in conformità ai criteri di capacità economica, finanziaria e tecnica di cui agli articoli da 47 a 52 della direttiva 2004/18/CE, recepiti dagli artt. 40 e ss. del d.lgs. 163/2006: in questa fase si tiene conto di criteri rivelatori della capacità dell'offerente ad eseguire la prestazione (esperienza,

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competenza, referenze, lavori già realizzati, risorse disponibili ecc .., che sono certificati, per gli esecutori di lavori pubblici, dall'attestazione SOA).

Al contrario, l'offerta deve essere valutata, in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (di cui all'art. 53 della direttiva 2004/l8/CE, recepito dall'art. 83 d.lgs. 163/2006), alla stregua di criteri quali-quantitativi che hanno una diretta connessione con l'oggetto dell'appalto e che servono a misurarne il valore, escludendosi, quindi, la considerazione delle qualità inerenti ai concorrenti.

2.5. Mezzi di prova per dimostrare il possesso dei requisiti Il codice dei contratti ha confermato la netta distinzione, già riscontrabile nelle precedenti norme di

settore ora abrogate, tra il settore dei lavori e quelli dei servizi e delle forniture per quanto riguarda l'individuazione dei requisiti di carattere speciale utili per la partecipazione alla gara e le modalità per dimostrarne il possesso.

Riguardo a queste ultime, il titolo III del D.P.R. n. 34/2000 individua con precisione i mezzi di prova. Invece per servizi e forniture, l'Allegato IX A al D. Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., prevede, al punto 17, che nei bandi le stazioni appaltanti sono tenute, laddove richiedano requisiti minimi di carattere economico e tecnico che i concorrenti devono possedere, ad individuare le informazioni e le formalità necessarie per la valutazione degli stessi, e cioè devono preventivamente stabilire quali siano i mezzi di prova.

Sia nel caso di procedure ristrette che nel caso di procedure aperte, i requisiti di capacità tecnico economica sono individuati univocamente, e una volta per tutte, nel bando di gara o nel relativo disciplinare, e costituiscono, per le procedure ristrette, oggetto di "prequalifica", seppure in forma di auto-dichiarazione. Secondo la lettera della norma, nel caso di procedura ristretta, la S.A., solo dopo avere espletata la "prequalifica'' e avere ricevuto le offerte dai soggetti invitati, procede al sorteggio in seduta pubblica, alla richiesta di comprova e al conseguente controllo.

Infatti, nelle procedure aperte, la documentazione da verificare viene specificata nel bando, contestualmente all'individuazione dei requisiti, invece, per le procedure ristrette, la documentazione utile per comprovare i requisiti di partecipazione auto-dichiarati, viene specificata dalla S.A nella lettera di invito. Inoltre, le dichiarazioni da verificare, in base all'art. 48, sono quelle contenute nella domanda di partecipazione, e cioè nella richiesta di invito formulata dal concorrente, in caso di procedure ristrette [cfr. art. 55, comma 6, del Codice]; viceversa, le dichiarazioni da verificare, in caso di procedure aperte, sono quelle contenute nell'offerta [cfr. art. 55, comma 5, del Codice].

La normativa di riferimento (art. 48 del d.lgs. n. 163/2006), non fornisce alcuna indicazione in ordine alla documentazione da presentare, ma si limita solo a prescrivere l'onere per i concorrenti di presentare "la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito". In assenza di una esplicita indicazione nella lex specialis circa i documenti da presentare a riprova dei requisiti dichiarati con la domanda di partecipazione ad una gara, è ammissibile che il concorrente dimostri il possesso degli stessi con i documenti probatori da lui ritenuti più idonei.

3. Applicazione dell'articolo 48 agli appalti di progettazione ed esecuzione In relazione alla procedura di verifica prevista dall'art. 48 del "Codice" sono emerse alcune

questioni interpretative riguardanti la possibilità, nell'ambito di un appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e la esecuzione dei lavori [articolo 53, comma 2, lettere b) e c) del Codice e articolo 19, comma 1, lett. b) della legge 109/94], di sottoporre alle sanzioni previste dall'art. 48 del Codice (art. 6. comma 11, del Codice e sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento) il progettista indicato da un'impresa concorrente o partecipante come mandante all'interno di un raggruppamento, nel caso in cui non riesca a comprovare la dichiarazione del possesso dei requisiti richiesti dal bando. Al riguardo, si sottolinea in via preliminare che nell'appalto di progettazione ed esecuzione assume la qualità di concorrente l'appaltatore che individualmente o in forma associata,

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ancorché costituenda, partecipa alla gara; egli deve dimostrare nell'offerta il possesso dei requisiti professionali previsti dal bando per la redazione del progetto esecutivo e ciò anche mediante l'eventuale indicazione di professionisti esterni; con la conseguenza che a differenza delle gare per incarichi di progettazione, i progettisti, fatta salva l'ipotesi di partecipazione al raggruppamento concorrente, non assumono la qualità di concorrenti né quella di titolari del rapporto contrattuale con l'Amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione, trattandosi di semplici collaboratori esterni delle imprese partecipanti alla gara (cfr. TAR Lazio n. 3305/2008). Così, mentre nel caso di raggruppamento costituendo l'offerta deve essere sottoscritta da tutte le imprese dell'associazione, nell'appalto di progettazione ed esecuzione il progettista, qualora sia soltanto indicato, non sottoscrive l'offerta e non assume quindi nessuna responsabilità rispetto ad essa, ma il relativo ambito funzionale e di responsabilità è ascritto nei limiti dell'incarico di progettazione conferito al medesimo dall'appaltatore. Ciò è comprovato dall'art. 140 del D.P.R. n. 554/99 che al comma 6 dispone, nel caso in cui il progetto esecutivo redatto dall'impresa non sia meritevole di approvazione, il contratto è risolto per inadempimento dell'appaltatore (cfr. TAR Catania n. 1237/2005), e quindi anche del progettista nel caso sia uno dei mandanti del raggruppamento.

Pertanto, le sanzioni previste dall'art. 48 (esclusione del concorrente dalla gara ed escussione della cauzione provvisoria) in caso di mancata dimostrazione dei prescritti requisiti in esito alla procedura ivi prevista agiranno, nel caso di appalto di progettazione esecutiva ed esecuzione, nei confronti dell'appaltatore qualsiasi sia la forma di partecipazione del progettista. Riguardo invece all'ulteriore procedimento innanzi all'Autorità ai fini dell'applicazione delle sanzioni di competenza (art. 6. comma 11, del Codice ed sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento), assume rilievo la condotta soggettiva del "dichiarante". Come già evidenziato, infatti, le sanzioni comminate dall'Autorità colpiscono il comportamento scorretto della singola impresa o del singolo professionista in ragione dell'interesse di portata generale a che nel settore degli appalti agiscano soggetti idonei.

Pertanto, anche se l'art. 48 fa espresso riferimento al "concorrente" - circostanza che sembrerebbe escludere il progettista indicato in caso di progettazione esecutiva ed esecuzione - in virtù di un'interpretazione logico sistematica del quadro normativo di settore con il D.P.R. 445/2000, che all'art. 76 prevede conseguenze di carattere penale in virtù di una responsabilità personale delle dichiarazioni rese, nonché della ratio stessa dell'art. 48, tesa ad escludere dalle procedure selettive soggetti non idonei, si deve concludere per l'applicazione delle sanzioni (compresa quella interdittiva) ivi previste sia nei confronti del progettista partecipante come mandante all'interno di un raggruppamento (e quindi concorrente), sia del progettista indicato dall'impresa, qualora abbiano reso dichiarazioni circa il possesso di requisiti successivamente non dimostrate. Si deve tenere conto, poi, che, in caso di progettista indicato dall'impresa, benché questi non assuma la qualità di concorrente, né quella di titolare del rapporto contrattuale con l'Amministrazione in caso di eventuale aggiudicazione, essendo un semplice collaboratore esterno dell'impresa partecipante alla gara, pur tuttavia lo stesso rilascia una auto-dichiarazione in merito al possesso dei requisiti di partecipazione, sia generali che speciali. Infatti, per il caso di impresa che si avvalga (art. 53, comma 3, del codice) " ... di progettisti qualificati, da indicare nell'offerta, ...", questa stessa norma va interpretata nel senso che la stazione appaltante è tenuta a richiedere nel bando, per siffatta eventualità, la dichiarazione sostitutiva di detti progettisti sia in merito ai requisiti generali che a quelli tecnico - economici relativi alla progettazione, in quanto l'espressione "progettisti qualificati" può interpretarsi solo in tal senso. Conseguentemente, essendo stata rilasciata una dichiarazione sostitutiva sui requisiti speciali, laddove il progettista esterno all'impresa, e non partecipante quale mandante, non riesca a comprovare l'auto-dichiarazione del possesso dei requisiti richiesti dal bando, sussistono i presupposti per l'applicazione delle sanzioni ex art. 48, da parte della Autorità (sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 6, comma 11, del Codice e sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento). Un ultimo riferimento va fatto all'eventuale possibilità di applicare le sanzioni di cui all'art. 48, da parte dell' Autorità, anche nei confronti del raggruppamento nonché nei confronti dell'appaltatore che abbia conferito l'incarico

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progettuale ad un professionista privo dei necessari requisiti; si ritiene, al riguardo, che l'Autorità possa valutare in concreto, caso per caso, le responsabilità attribuibili all'interno del raggruppamento o all'appaltatore unitamente al progettista incaricato, in relazione all'inadempimento segnalato dalla stazione appaltante in fase di gara, in virtù del rilievo della condotta della singola impresa.

4. Natura dei termini per gli adempimenti previsti dalla norma 4.1. Natura del termine posto ai concorrenti sorteggiati In merito alla natura del termine di dieci giorni, entro cui i concorrenti sorteggiati devono

documentare i requisiti richiesti nel bando ed oggetto di autodichiarazione, non si può che ribadire quanto dedotto dalla Autorità nell'atto di regolazione n. 15/2000, come confermato peraltro, da concorde giurisprudenza. Il termine di dieci giorni è perentorio e improrogabile, nel senso che il suo obiettivo decorso senza che il sorteggiato abbia fatto pervenire alla stazione appaltante la necessaria documentazione implica l'automatico effetto dell'esclusione dalla gara, dell'incameramento della cauzione provvisoria e della segnalazione alla stessa Autorità per i provvedimenti di competenza. Né assume rilievo l'effettivo possesso dei requisiti da parte dell'operatore economico ovvero la documentazione degli stessi successivamente al decorso dei dieci giorni assegnati, dal momento che, per come è formulata la norma, rileva, al fme della produzione degli effetti sanzionatori, il solo dato, obiettivo e formale, dell' inadempimento nel termine prescritto.

La produzione di documentazione diversa da quella indicata nel bando o nella lettera di invito ovvero la presentazione di documentazione che pur rientrando nei tipi astratti richiesti dalla legge della gara, non sia concretamente sufficiente a dimostrare i requisiti richiesti, non impedisce l'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 48.

La richiesta di comprova può essere inoltrata per posta, per raccomandata o per telegramma, o via telefax. Nel caso di invio sia per posta che per fax, nella nota va precisato che il termine di dieci giorni decorre dalla data di inoltro via fax o dalla data di acquisizione della raccomandata.

Inoltre, per il computo dei termini previsti dall'art. 48 è legittimo fare riferimento alle disposizioni previste dal codice di procedura civile per gli atti processuali. Al riguardo, l'art. 155 c.p.c. stabilisce, al comma 1, che "Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali". Inoltre, l'art. 153 del c.p.c. afferma l'inderogabilità dei termini perentori: "I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti". Se la scadenza cade in un giorno festivo, viene automaticamente prorogata al primo giorno feriale utile.

In merito alla interpretazione da dare all'art. 46 del Codice, in relazione alla perentorietà del termine previsto dall'art. 48, l'espressione "chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati" va interpretata nel senso che, sia in fase di ammissibilità delle domande o delle offerte, con riferimento anche alle dichiarazioni sostitutive relative al possesso dei requisiti ex artt. 41 e 42, che in fase di comprova ex art. 48, sui certificati e sui documenti presentati in sede di verifica a campione, la stazione appaltante prima di decidere l'applicazione delle sanzioni ex art. 48, può richiedere, con ciò differendo il termine di dieci giorni previsto dal comma 1, senza che con ciò venga menomata la par condicio dei concorrenti, gli opportuni completamenti o chiarimenti. In altri termini, l'accertamento della conferma di quanto dichiarato non va condotto in termini formalistici ma, in determinate situazioni, occorre concedere una proroga. E', quindi, onere della stazione appaltante valutare e contemperare gli interessi della P.A. alla perfetta e regolare esecuzione dell'appalto, con quelli del privato relativi alla partecipazione dei concorrenti alle gare, in condizioni di parità, ed alla corretta verifica della documentazione rilevante per la dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti.

4.2. Modalità di applicazione dell'art. 48, comma 1 bis Il d.lgs 152/2008 ha introdotto l'ulteriore comma l bis, escludendo per le fattispecie ivi previste

l'applicazione del comma l, primo periodo, e quindi eliminando il sorteggio previsto per la verifica a campione dalla procedura in argomento, in caso di applicazione della cd "forcella" alla procedura ristretta (art. 62, comma 1), vale a dire quando la stazione appaltante prevede di limitare il numero di

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candidati da invitare. Si rammenta che tale possibilità è attualmente ammessa, dall'articolo 62 del Codice, solo nelle procedure ristrette, relative a lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro, nonché nelle procedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo competitivo quale che sia l'oggetto del contratto.

In concreto, la stazione appaltante chiede nella lettera di invito a tutti i candidati la presentazione, in sede di offerta, della documentazione di comprova indicata nel bando o nella stessa lettera di invito.

In tal caso, non è previsto un termine perentorio di dieci giorni ma la scadenza è quella fissata per la presentazione dell'offerta, che, per le procedure ristrette,non può essere inferiore a quaranta giorni dalla data di invio dell'invito a presentare le offerte, secondo quanto previsto dall'art. 70, comma 4, del Codice.

Si ritiene. poi, che il candidato che, invitato, decida di non presentare offerta e, contestualmente, ritenga di non dovere documentare il possesso dei requisiti non vada sanzionato. Altra eventualità che può prevedersi è allorquando il candidato presenti l' offerta ma non la documentazione di comprova o questa sia inviata in un secondo tempo, in ritardo. In tal caso l'operatore economico va sanzionato con l'esclusione dalla gara, l'escussione della cauzione e la segnalazione alla Autorità, per il mancato adempimento

4.3. Verifica sull'aggiudicatario provvisorio e sul secondo graduato Il comma 2 dell'articolo 48 prevede che la richiesta della documentazione probatoria venga rivolta

anche all'aggiudicatario ed al secondo graduato, nel caso in cui gli stessi non siano stati già in precedenza sorteggiati. L'inadempimento comporta anche in questo caso l'escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione alla Autorità oltre che la revoca dell'aggiudicazione o l'esclusione. Qui la norma non pone il termine di dieci giorni per la presentazione della documentazione di comprova dei primi due classificati, come avviene, in base al comma l, per i concorrenti sorteggiati. Infatti, per come è formulata la parte iniziale del comma 2, La richiesta di cui al comma 1 è, altresi, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria ..., il riferimento al termine di dieci giorni riguarda la richiesta che deve inoltrare la stazione appaltante ai suddetti concorrenti e, in quanto riferito all'attività di pubblici poteri, al suddetto termine non può riconoscersi che natura sollecitatoria.

L'amministrazione può legittimamente fissare nella richiesta inoltrata ai due concorrenti un termine per l'adempimento, ma poiché i termini stabiliti all'interno del procedimento hanno natura ordinatoria, se la legge diversamente non statuisce o se dalla loro inosservanza non discende decadenza (v. per tutti Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1987 n. 204), appare non giustificato un atteggiamento intransigente della stazione appaltante e, per contro, legittima la possibilità di un'integrazione documentale non essendovi più esigenze di par condicio tra i concorrenti, e purché detta integrazione avvenga in termini brevissimi (cfr. TAR Puglia - Lecce sentenza n. 946 del 22/03/2006). Ciò, anche tenuto conto che l'amministrazione può valutare, in considerazione dell'interesse pubblico all'affidamento dell'opera al concorrente che ha prodotto l'offerta più conveniente, di addivenire ugualmente alla stipulazione del contratto con il primo o, in subordine, con il secondo graduato, consentendo correzioni o integrazioni di documenti, nonché la comprova relativa al possesso dei requisiti in esame in ritardo, così come di norma avviene quando l'aggiudicatario provvisorio non risponde o risponde parzialmente all' invito della stazione appaltante di presentare la documentazione per la stipula del contratto.

Va, inoltre, osservato che la collocazione, successivamente alla conclusione delle operazioni di gara, della richiesta di comprova della stazione appaltante all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, potrebbe far sorgere qualche incertezza interpretativa se la verifica vada condotta subito dopo l'aggiudicazione provvisoria ovvero dopo quella definitiva In base alle previsioni dell'art. 11, comma 8 del Codice, secondo cui l'aggiudicazione definitiva diviene efficace solo "dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti", sembrerebbe prevalere la seconda ipotesi. Tuttavia, non vi sono motivi ostativi a procedere alla verifica dei requisiti speciali sull'aggiudicatario provvisorio, e ciò sia perché tale soluzione consente, nel momento in cui ancora opera la commissione di gara, una più

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rapida procedura, sia perché la verifica prevista dall'art. 48, comma 2 appare logicamente propedeutica alla formulazione della graduatoria finale, soggetta alla approvazione dell'organo competente secondo l'ordinamento delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, in base alle previsioni dell'art. 12, comma 1, del Codice.

Relativamente alla rideterminazione della soglia d'anomalia dell'offerta e alla conseguente nuova aggiudicazione, nel caso i primi due classificati non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni, come statuito dallo stesso comma 2 dell'art. 48, si ritiene che la riformulazione della graduatoria avvenga solo nel caso in cui sia il primo che il secondo classificato si rendano inadempienti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV -sentenza 17 settembre 2007 n. 4840).

5. Modalità di espletamento della verifica Riguardo alla collocazione del controllo nell'ambito della procedura di gara, si pone il dubbio che la

verifica debba precedere nel tempo ogni altra operazione di gara, ivi compresa quella dell'accertamento della regolarità formale e della tempestività delle offerte, che come è noto condiziona l'ammissione stessa alla gara. Se è vero che la norma si riferisce alle offerte "presentate" e non a quelle "ammesse", l'incertezza interpretativa deve risolversi nel senso che la verifica a campione non può che riguardare le sole offerte ammesse a concorrere: da un lato infatti la stessa norma impone che il controllo avvenga prima dell'apertura delle buste delle offerte presentate, e quindi la collocazione a ridosso della apertura delle offerte sembra presupporre esaurita la fase dei riscontri formali, dall'altro lato l'effettività stessa della verifica a campione sarebbe seriamente attenuata qualora si sottoponessero a verifica anche offerte destinate ad essere escluse comunque, ed inoltre con evidente spreco di attività amministrativa. Peraltro, non può trascurarsi che la procedura di verifica prevista dalla norma in esame non costituisce un quid distinto dalla fase di ammissione delle offerte, attenendovi invece essa stessa in quanto ha ad oggetto il controllo della veridicità di quanto l'impresa dichiara per essere ammessa a concorrere; quello che la distingue è solo la sua collocazione cronologica tra le operazioni di gara, logicamente successiva a quelle preposte a controlli formali circa la regolarità delle offerte.

Non si ritiene, invece, possibile l'ammissione con riserva delle offerte da sottoporre successivamente alla verifica di cui all'art. 48.

6. Compatibilità con la normativa sull'autocertificazione I requisiti di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnica e professionale per le imprese

esecutrici di lavori pubblici, per i fornitori e per i prestatori di servizi, previsti, rispettivamente, dagli artt. 28, comma l, letto a), b) e c), del d.P.R. 34/2000, dall'art. 41, comma l, lett. b) e c) e dall'art. 42, comma 1, possono essere provati dai concorrenti in sede di gara mediante dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. del 28 dicembre 2000, n. 445. La loro sussistenza è, poi, accertata dalla stazione appaltante in base all'art. 48, richiedendo ai concorrenti sorteggiati e ai primi due classificati la documentazione probatoria che gli stessi sono tenuti ad esibire a conferma delle dichiarazioni rilasciate.

L'art. 48 del Codice si differenzia, quindi, dalla disciplina generale in materia di autocertificazione (art. 71 del D.P.R. 445/2000) in quanto la richiesta della documentazione è rivolta direttamente all'interessato anziché d'ufficio all'amministrazione o all'ente pubblico certificante. Si tratta, in realtà, di una norma speciale che comporta, rispetto alla disciplina generale, oneri aggiuntivi a carico dei concorrenti - dichiaranti e delle stazioni appaltanti - ammistrazioni riceventi la dichiarazione sostitutiva.

L'unico limite, in ordine alla presentazione della documentazione probatoria, è determinato dal vincolo posto, alle richieste di documenti da parte delle stazioni appaltanti, dall'art. 43, comma l, del DPR 445/2000 in base al quale "Le amministrazioni pubbliche ... non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. In luogo di tali atti o certificati i soggetti indicati nel presente comma sono tenuti ad acquisire d'ufficio le relative informazioni, previa

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indicazione, da parte dell'interessato, dell'amministrazione competente e degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti,....". Deve, quindi, ammettersi la possibilità per l'operatore economico di adempiere all'obbligo probatorio depositando nei termini dichiarazione circa il possesso da parte della stazione appaltante dei documenti richiesti, ove conservino validità.

In sede di sub procedimento di verifica di cui all'articolo 48, comma l, del d. Lgs. n. 163/2006, è necessario che l'operatore economico dimostri con la documentazione di supporto esclusivamente quanto dichiarato in sede di partecipazione alla gara, relativamente al possesso dei requisiti minimi, non potendo presentare nuovi e diversi elementi rispetto a quelli già indicati in gara, a prescindere dalla circostanza che la documentazione prodotta supporti l'effettivo possesso dei requisiti minimi richiesti dal bando.

Infatti, il legislatore, nel prevedere espressamente la corrispondenza fra quanto dichiarato e quanto dimostrato, ha voluto garantire la par condicio dei partecipanti alla procedura di gara e tutelare la stazione appaltante sul fatto che il concorrente interessato dal procedimento di verifica sia in possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara alla data della pubblicazione del bando di gara.

Il bando di gara non può escludere l'utilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai fini della conformità all'originale dei documenti, rilasciati da amministrazioni o enti pubblici, esibiti in sede di verifica a campione per l'attestazione dei requisiti di partecipazione ai sensi dell'art. 48 del codice dei contratti.

7. Presupposti al cui verificarsi si ricollegano le previste misure sanzionatorie. Sanzioni

irrogate dalla Autorità. Al fine di esaminare il segmento procedimentale, ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, di competenza

dell' Autorità di Vigilanza, riguardante le ulteriori sanzioni (pecuniaria e di temporanea inibizione della partecipazione a procedure di affidamento) che l'Autorità stessa può applicare a seguito della comunicazione da parte della stazione appaltante dell'avvenuta esclusione di un operatore economico da una gara d'appalto, occorre analizzare la norma in parola nelle varie fasi in cui essa si articola e considerare distintamente i soggetti legittimati ad irrogare sanzioni.

Anzitutto, il potere sanzionatorio della stazione appaltante si esplica attraverso l'esclusione dalla gara e l'escussione della cauzione, ed è esercitato non solo in caso di mancata conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta ma anche "quando tale prova non sia fornita", e cioè sia in caso di omissione o di rifiuto, sia in caso di ritardo rispetto al termine perentorio di dieci giorni. Si tratta di sanzioni che la stazione appaltante applica in modo automatico, indipendentemente se i requisiti dichiarati dall'operatore economico siano effettivamente posseduti, risultando l'esclusione e l'incameramento della cauzione volti a sanzionare il comportamento inadempiente dell'operatore economico nel partecipare a quella specifica gara. Va, tuttavia, considerato che laddove, su istanza dell'operatore economico, sia comprovata la non imputabilità allo stesso della omissione o del ritardo, viene meno il riferimento allo stesso operatore del comportamento materiale che è a presupposto della sanzione. Ancora nell'ipotesi in cui si tratti di mancata prova del possesso dei requisiti generali ovvero di errore della stazione appaltante nell'applicare la procedura di controllo prevista dalla norma in argomento, vengono meno gli estremi per l'applicazione delle sanzioni previste dall'art.48 del Codice. In tutti questi casi si ritiene allora ammissibile, in sede amministrativa, l'esercizio dei poteri di autotutela, da parte della stazione appaltante, con restituzione della cauzione già incamerata. Ovviamente, seguirà, ovvero contestualmente o precedentemente sarà disposta l'archiviazione del procedimento sanzionatorio attivato dalla Autorità.

La contestuale segnalazione dei richiamati fatti da parte della stazione appaltante alla Autorità non può considerarsi una ulteriore sanzione nei confronti dell'operatore economico inadempiente ma rappresenta esclusivamente un obbligo informativo nei confronti della Autorità, in quanto, quest'ultima é titolare di altro segmento sanzionatorio su cui la stazione appaltante non ha potere di intervento.

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Come si evince dal testo della norma la segnalazione puo comportare, da parte dell'Autorita" l'adozione del prowedimento di cui all'articolo 6, comma 11, di tipo pecuniario, oltre che una sanzione di tipo interdittivo riguardo alla partecipazione alle procedure di affidamento. Al riguardo, la norma non precisa che la segnalazione alla Autorità deve essere limitata al solo caso di mancata conferma delle dichiarazioni. Di conseguenza vengono rimessi alla prudente valutazione della stessa Autorità, nel rispetto del principio di proporzionalità, i differenti casi di falsa attestazione o di omessa, ritardata o non conforme presentazione della documentazione, nei prescritti termini. Infatti, nel momento successivo della concreta irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 6, comma 11, del Codice da parte dell'Autorità e della sanzione interdittiva da uno a dodici mesi prevista dall'art. 48, assumono rilevanza la gravità dell'infrazione commessa e la presenza di "giustificati motivi" e il sussistere della o'buone fede" o dell"'errore scusabile" nella condotta tenuta dall'operatore economico. Occorre considerare, infatti, che le sanzioni comminate dall'Autorità colpiscono il comportamento scorretto del singolo operatore in ragione dell'interesse di portata generale a che nel settore degli appalti pubblici agiscano soggetti non solo idonei ma anche rispettosi delle regole previste dalle stazioni appaltanti per l'aggiudicazione delle procedure di appalto, a prescindere dalla singola procedura selettiva nel cui ambito si sono verificate le irregolarità in concreto rilevate.

In merito alla prima delle due sanzioni che l'Autorità può irrogare, vale a dire la sanzione pecuniaria, dalla lettura combinata delle due norme, l'art.48 e l'art. 6, c. 11, secondo periodo, si desume che essa va distinta in base al comportamento dell'operatore economico che ha determinato l'inadempimento e, quindi, alla gravità dello stesso. I casi distinti trattati dall'art. 6, comma 11, secondo periodo, sono di due tipi: a) mancato riscontro alla richiesta della stazione appaltante nei termini prescritti; b) produzione di falsa dichiarazione o di documenti contraffatti, con riferimento alla documentazione di comprova esibita alla stazione appaltante. Quindi, entrambi i casi possono essere sanzionati dall'Autorità anche se in misura diversa.

Inoltre, nell'ambito dello stesso tipo di inadempimento previsto dall'art.6, comma 11, riguardante la "non ottemperanza alla richiesta della stazione appaltante ", la sanzione pecuniaria dovrà essere logicamente graduata, in coerenza con il principio di proporzionalità: a) in ragione della gravità dell'inadempimento, dovendo risultare più severa la sanzione per il caso di omissione o rifiuto, rispetto al caso di ritardo; b) in relazione alla presenza di attenuanti che determinano l'affievolimento della entità della stessa sanzione, se non addirittura l'archiviazione del caso; c) in proporzione all'importo dell'appalto alla cui procedura di affidamento partecipa I'operatore inadempiente, tenuto conto che, in base all'art. 6, comma 8, del Codice, "quando all'Autorità è attribuita la competenza ad irrogare sanzioni pecuniorie, le stesse, nei limiti edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblíco cui le violazioni si riferiscono".

In più, l'Autorità sottopone lo stesso operatore inadempiente, ai sensi dell'art. 48, alla sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento. Si fa presente che la formulazione dell'art. 48 consente alla Autorità di operare anche una ulteriore graduazione, consistente nell'irrogare la sola sanzione pecuniaria e non quella interdittiva, in presenza di casi di non particolare gravità, quale ad esempio quello di un semplice ritardo in cui l'inadempimento sia conseguenza del fatto che l'operatore non si é premunito tempestivamente, preparando in anticipo la documentazione utile per la comprova, ma che, una volta sorteggiato, dimostri di essersi adoperato al fine di adempiere alla richiesta della stazione appaltante, non riuscendovi solo a causa del ritardo da parte dei soggetti certificatori. Con riferimento ai casi di prova non fornita dall'operatore economico nei termini prescritti, basandosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2482 del 2002, laddove, nell'affermare la perentorietà del termine di 10 giorni, precisa che: "né il termine può essere ritenuto irrazionalmente troppo breve perché i partecipanti alla gara ben conoscono le regole del gioco laddove queste prevedono un controllo preventivo a campione e quindi sono posti in grado di premunirsi tempestivamente per il caso che vengano sorteggiati", va considerato negligente il comportamento dell'operatore economico che ritardi nella comprova, non essendosi premunito per il caso di sorteggio, e richieda i certificati di

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regolare esecuzione ai soggetti committenti successivamente alla comunicazione della stazione appaltante e li ottenga ad avvenuto decorso del suddetto termine. Negligenza, da cui deriva un semplice ritardo, che l'Autorità può sanzionare, ai sensi dell'art. 6, comma 11, secondo periodo, prima parte, esclusivamente con sanzione pecuniaria, senza sanzione interdittiva. Va, invece considerato omissivo, o gravemente negligente, il comportamento dell'operatore economico che, pur possedendo i requisiti dichiarati, o non corrisponda per niente alla richiesta della stazione appaltante, ovvero richieda o, comunque, prepari la documentazione comprovativa in tempi successivi al decorrere dei dieci giorni.

Poiché la norma in argomento è destinata ad applicarsi a tutti i settori degli appalti e l'art. 48 prevede che l'Autorità disponga la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento, non limitata quindi ad un particolare settore, la suddetta sospensione opera indifferentemente nei settori di lavori, di servizi e di forniture, nel senso che l'operatore economico, resosi responsabile di inadempimento ex art. 48, ad esempio in una procedura per l'affidamento di un servizio, laddove il proprio oggetto sociale gli consenta anche di eseguire lavori o di fornire beni, sarà escluso parimenti dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti di lavori e di forniture, per tutto il periodo dell'interdizíone disposta dalla Autorità.

La decorrenza della disposta sospensione, "graduata" da uno a dodici mesi, viene precisata dal Consiglio della Autorità nel provvedimento sanzionatorio e, di norma, coincide con la data di inserimento della relativa annotazione nel casellario informatico; la data che la stazione appaltante deve confrontare con quella di pubblicazione nel casellario, per verificare se la sospensione ex art. 48 è ancora in vigore, coincide con la data di pubblicazione del bando di gara. Per le procedure negoziate per le quali non sia prevista la pubblicazione del bando di gara, rileva la data della lettera d'invito. Infine, occorre precisare che l'art. 48 è una norma a carattere sanzionatorio, di stretta interpretazione, che prevede letteralmente la sola sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento e non anche l'inibizione alla stipula dei contratti.

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Consiglio di Stato sez. V 17/9/2008 n. 4382

È legittimo il provvedimento di esclusione di un’impresa da una gara d’appalto, adottato sul presupposto che la relativa offerta conteneva la dichiarazione di volersi avvalere del subappalto, istituto la cui operatività risultava impedita dal capitolato speciale. Tale dichiarazione non può essere considerata tamquam non esset e concorre invece ad integrare le modalità di prestazione dell’offerta in caso di aggiudicazione. Si tratta infatti di una lineare, ancorché eventuale, libera manifestazione di volontà negoziale che gli ordinari strumenti di interpretazione non consentono di sopprimere o di leggere diversamente. Da questo ultimo punto di vista, non è condivisibile l’impostazione della sentenza gravata là dove questa, per privare di significato positivo la dichiarazione della parte di riservarsi la facoltà di subappalto, rileva che l’impresa interessata, dalla stessa indagine svolta in sede di gara, sarebbe stata in grado di garantire autonomamente la prestazione. Non si può escludere, infatti, che un’impresa voglia ricorrere al subappalto per far fronte ad impegni concorrenti che le impediscano di assolvere alle prestazioni contrattuali con la propria struttura aziendale. Ciò dimostra che la dichiarazione resa dall’impresa esclusa dalla gara aveva una sua specifica funzione e non poteva esser ritenuta priva di effetto.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1719/2007 del 27/02/2007, proposto dalla Delta Petroli S.P.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Brunetti e Francesco Scanzano, con domicilio eletto in Roma, via XXIV Maggio n. 43 presso lo Studio Legale Chiomenti; contro la Sirio Ecologica S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Paola Cairoli e Riccardo Salvini, con domicilio eletto in Roma, Piazza del Popolo 18 presso l’avv.ssa Paola Cairoli; e nei confronti dell’ARES 118 - Azienda Regionale Emergenza Sanitaria, rappresentata e difesa dall’avv.ssa Vincenza Di Martino, con domicilio eletto in Roma, Via Pompeo Magno n. 7 presso l’avv.ssa Vincenza Di Martino; per la riforma della sentenza del TAR Lazio - Roma: Sezione III n. 67/2007, resa tra le parti, concernente appalto per servizio gestione rifiuti speciali; e sul ricorso in appello n. 4546/2007 del 30/05/2007, proposto dall’ARES 118 - Azienda Regionale Emergenza Sanitaria, rappresentata e difesa dall’avv.ssa Vincenza Di Martino, con domicilio eletto in Roma, Via Pompeo Magno n. 7 presso il suo studio; contro la Sirio Ecologica S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Paola Cairoli e Riccardo Salvini, con domicilio eletto in Roma, Piazza del Popolo 18 presso l’avv. Riccardo Salvini; e nei confronti della S.p.A. Delta Petroli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Brunetti e Francesco Scanzano, con domicilio eletto in Roma, via XXIV Maggio n. 43, presso lo Studio Legale Chiomenti; per la riforma della sentenza del TAR Lazio - Roma: Sezione III n. 2799/2007, resa tra le parti, concernente gara

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d'appalto per gestione rifiuti speciali pericolosi e non; Visti gli atti di appello con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ARES 118 - Azienda Regionale Emergenza Sanitaria, della Sirio Ecologica S.p.A. e della S.p.A. Delta Petroli; Viste le memorie difensive; Visti gli atti tutti della causa; Visto l’art.23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n.205; Visto il dispositivo di decisione n. 300/2008; Alla pubblica udienza dell’8 aprile 2008, relatore il Consigliere Nicola Russo ed uditi, altresì, gli avvocati G. Pesce, per delega dell’avv. F. Scanzano, e l’avv. V. Di Martino; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La causa concerne l’appalto indetto da ARES 118 per l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi prodotti dai mezzi mobili e dalle postazioni Ares per la durata di 24 mesi. La s.p.a. Sirio Ecologica è stata esclusa dalla gara a partire dal rilievo che la relativa offerta conteneva la dichiarazione di volersi avvalere del subappalto, istituto la cui operatività risultava impedita dal capitolato speciale. L’esclusione è stata gravata davanti al TAR del Lazio che, disattesa l’eccezione di improcedibilità per mancata impugnazione dell’aggiudicazione, ha accolto il ricorso ritenendo che la dichiarazione in questione dovesse esser ritenuta alla stregua di una clausola di mero stile, insuscettibile di assurgere al rango di vera e propria condizione dell’offerta. Il TAR ha viceversa respinto l’impugnazione incidentale dell’aggiudicatario, diretta sotto più profili ad ottenere l’esclusione o una diversa valutazione dell’offerta presentata dalla ricorrente principale. La sentenza del TAR Lazio è stata appellata, con distinti atti, dall’aggiudicataria Delta petroli s.p.a. e dalla stazione appaltante. Si è costituita la Sirio Ecologica. La causa è passata in decisione all’udienza dell’8 aprile 2008.

DIRITTO

Gli appelli concernono la medesima sentenza e pertanto vanno riuniti. Si può prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità del ricorso originario sotto il profilo della mancata impugnazione dell’aggiudicazione perché lo stesso, in riforma della sentenza appellata, va respinto. E’ pacifico che Sirio Ecologica ha fatto esplicito riferimento, ancorché in via eventuale, alla facoltà di avvalersi del subappalto con riferimento alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti oggetto di gara ed è altresì pacifico che una tale facolta risultava preclusa dalla disciplina di gara. In tale contesto, si tratta di stabilire se una tale dichiarazione, come ritenuto dal TAR, potesse esser qualificata alla stregua di una condizione non apposta o se, come sostengono gli appellanti, quella stessa dichiarazione fosse tale da integrare il contenuto dell’offerta di prestazioni e si risolvesse, pertanto, nella violazione di una precisa regola di gara. Ritiene il Collegio che la consapevole scelta della Sirio Ecologica di riservarsi la facoltà di far ricorso a subappalto non possa esser considerata tamquam non esset e concorresse invece ad integrare le modalità di prestazione dell’offerta in caso di aggiudicazione. Si tratta infatti di una lineare, ancorché eventuale, libera manifestazione di volontà negoziale che gli ordinari strumenti di interpretazione non consentono di sopprimere o di leggere diversamente. Da questo ultimo punto di vista, non è condivisibile l’impostazione della sentenza gravata là dove questa, per privare di significato positivo la dichiarazione della parte di riservarsi la facoltà di subappalto, rileva che Sirio Ecologica, dalla stessa

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indagine svolta in sede di gara, sarebbe in grado di garantire autonomamente la prestazione. Non si può escludere, infatti, che un’impresa voglia ricorrere al subappalto per far fronte ad impegni concorrenti che le impediscano di assolvere alle prestazioni contrattuali con la propria struttura aziendale. Ciò dimostra che la dichiarazione resa dalla Sirio Ecologica aveva una sua specifica funzione e non poteva esser ritenuta priva di effetto. La sentenza del TAR va dunque riformata e, in accoglimento degli appelli, va respinto il ricorso in primo grado. Quanto alle spese, la peculiarità della vicenda ne consente la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , previa riunione, accoglie gli appelli in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio dell’ 08 Aprile 2008 con l’intervento dei Sigg.ri: Raffaele Iannotta Presidente Cesare Lamberti Consigliere Caro Lucrezio Monticelli Consigliere Francesco Caringella Consigliere Nicola Russo Consigliere est.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE F.to Nicola Russo F.to Raffaele Iannotta IL SEGRETARIO F.to Cinzia Giglio

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 17/09/2008 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) p.IL DIRIGENTE F.to Livia Patroni Griffi

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Tribunale Amministrativo Regionale Valle d'Aosta sez. I 10/7/2008 n. 65

Le disposizioni del disciplinare che non consentono la trasmissione dell’offerta e di eventuali integrazioni con la modalità dell’autoprestazione si pongono senz’altro in contrasto con la norma generale contenuta nella riforma dei servizi postali.D’altra parte una tale limitazione nemmeno appare ragionevole proprio perché – come rilevato dalla Autorità di Vigilanza – si traduce in una violazione del principio della massima partecipazione.A questo principio generale, va poi osservato, certamente si richiama l’articolo 9, comma 5 bis, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (introdotto dall'art. 7, comma secondo del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 65, in materia di attuazione delle direttive 97/52/CE e 98/4/CE), ai sensi del quale le offerte possono essere recapitate sia direttamente, sia a mezzo posta.La giurisprudenza ha infatti affermato che la disposizione appena richiamata costituisce espressione di un principio generale, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la prescrizione della lex specialis che espressamente impedisca di avvalersi di entrambe le modalità (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 13 maggio 2005, n. 6120; 14 gennaio 2005, n. 158).

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta (Sezione Unica) ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 31 del 2008, proposto da: Tekne S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Paola Roullet e Rosario Scalise, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo, in Aosta, piazza Accademia S. Anselmo, 2; contro Regione Valle d'Aosta, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianfranco Garancini, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione-Dipartimento Legislativo, in Aosta, piazza Deffeyes, 1; nei confronti di Consorzio Stabile Gecoval Scrl, in persona del legale rappresentante, non costituitosi in giudizio; per l'annullamento - del verbale di gara relativo all’apertura della documentazione amministrativa della procedura aperta per l’affidamento dei lavori di sistemazione idraulica del torrente Lys in località Bode Woald in Comune di Gressoney-Saint-Jean, del 31 marzo 2008, prot. 7190/OP, con il quale la stazione appaltante ha escluso la ricorrente "in quanto la polizza fideiussoria ha durata inferiore a quella fissata dal Disciplinare di gara al punto 5.1." e in quanto " è pervenuta una busta integrativa della documentazione (busta A) di cui al punto 3.6. del Disciplinare di gara…non inviata con le modalità prescritte dal punto 3.2. del disciplinare di gara in quanto consegnata a mano e non tramite il servizio postale"; - dell' atto 31 marzo 2008, ove rivestente natura provvedimentale, con cui l'Amministrazione ha comunicato alla ricorrente l'esclusione dalla gara; - del bando e del disciplinare di gara, pubblicati il 16 gennaio 2008, laddove prescrivono le modalità di recapito e di ricezione delle offerte, con riferimento al capoverso 7 del bando di gara che richiama l’art. 3.2. del disciplinare di gara e ai punti 3.1., 3.2. e 3.6. del disciplinare stesso;

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- per quanto ritenuto, del provvedimento dirigenziale n. 5736, del 28 dicembre 2007, con il quale sono stati approvati bando e disciplinare di gara; - di ogni altro atto comunque connesso; nonché per il risarcimento dei danni. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Valle d'Aosta; Viste le memorie difensive; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2008 il cons. Maddalena Filippi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. – La ricorrente società TEKNE s.r.l. - in proprio e in qualità di mandataria della costituenda Associazione Temporanea di Imprese TEKNE s.r.l./V.I.C.O. s.r.l. - espone in fatto quanto segue: - in data 16 gennaio 2008 la Regione Autonoma Valle d’Aosta pubblicava il bando di gara per l’affidamento dei lavori di sistemazione idraulica del torrente Lys, in località Bode-Woald, in Comune di Gressoney-Saint-Jean, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per un importo a base d’asta di Euro 978.378,10; - il disciplinare di gara prevedeva che le offerte - da presentare, insieme alla documentazione amministrativa, entro il 27 marzo 2008 - dovessero essere trasmesse "esclusivamente a mezzo posta" (articolo 3.2); - la ricorrente - spedita l’offerta della costituenda ATI mediante il servizio postale - si accorgeva, prima della scadenza del termine utile, di aver allegato alla documentazione di gara la garanzia provvisoria con durata pari a 180 giorni, anziché 240 giorni, come prescritto nel disciplinare di gara; - predisposta la nuova garanzia provvisoria, di durata pari a 240 giorni, la ricorrente consegnava alla stazione appaltante la busta integrativa entro le ore 12 del 27 marzo 2008, utilizzando il sistema della "autoprestazione postale"; - in data 31 marzo 2008 la stazione appaltante - ritenuto che la busta integrativa non potesse essere aperta perché spedita con una modalità non consentita dalla lex specialis – escludeva l’offerta presentata dalla ricorrente ATI. 2. – Con il ricorso sono impugnati – oltre al verbale in data 31 marzo 2008, e alla relativa comunicazione – il bando e il disciplinare di gara nella parte in cui prescrivono le modalità di recapito e di ricezione delle offerte (in particolare: capoverso 7 del bando che richiama il punto 3.2. del disciplinare di gara, nonché i punti 3.1., 3.2. e 3.6. del disciplinare medesimo), insieme a tutti gli atti presupposti del procedimento di affidamento, tra cui il provvedimento dirigenziale di approvazione del bando e del disciplinare di gara (n. 5736 del 28 dicembre 2007). Avverso la legittimità degli atti impugnati, la ricorrente deduce violazione del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, erronea applicazione degli articoli 3.2. e 3.6. del disciplinare di gara, difetto di motivazione, nonché violazione dei canoni di ragionevolezza e di buon andamento. La Regione Autonoma Valle d’Aosta si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza delle censure dedotte e chiedendo il rigetto del ricorso. Non si è costituito invece il Consorzio Stabile Gecoval scrl. Con ordinanza cautelare n. 11 del 15 maggio 2008 la ricorrente è stata ammessa con riserva alla gara, alla quale ha partecipato classificandosi prima in graduatoria. All’udienza dell’11 ottobre 2007 la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione. 3. – Il ricorso merita accoglimento. 3.a - L’offerta presentata dalla ricorrente è stata esclusa perché, come si legge nel verbale impugnato, "la polizza fideiussoria ha durata inferiore a quella fissata dal Disciplinare di gara al punto 5.1." e perché "è pervenuta una busta integrativa della documentazione (busta A) di cui al punto 3.6. del

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Disciplinare di gara…non inviata con le modalità prescritte dal punto 3.2. del disciplinare di gara in quanto consegnata a mano e non tramite il servizio postale". Il punto 3.2. del disciplinare di gara stabilisce che "Non sono ammesse, stante l’esigenza dell’amministrazione di conseguire pubblica certezza circa gli estremi della spedizione, forme di recapito diverse dal servizio postale e, pertanto… non è ammessa né la consegna a mano del plico né la timbratura del plico alle poste e la successiva consegna a mano da parte del ricorrente (cosiddetta autoprestazione o corso particolare)." La modalità di spedizione in autoprestazione consiste nella consegna diretta al destinatario, previa affrancatura del plico in base alle vigenti tariffe del "corriere prioritario", annullata con "bollo a data" da un ufficio postale. Il punto 3.6. del disciplinare di gara stabilisce poi che " …L’invio di un’offerta integrativa deve avvenire entro il termine indicato al punto 3.1. e secondo le modalità stabilite dal punto 3.2. del bando di gara" (rectius: del disciplinare, tenuto conto che il bando di gara nulla dispone in merito alle modalità di spedizione e ricezione delle buste integrative). 3.b – Con la censura centrale del ricorso si sostiene che scelta della stazione appaltante di non consentire la trasmissione dell’offerta con il sistema dell’autoprestazione è irragionevole e in contrasto con la normativa in materia di servizi postali. 3.c - La censura va condivisa. La disposizione del disciplinare che esclude il ricorso all’autoprestazione muove dal presupposto che tale modalità di consegna non sia riconducibile all’ambito dei servizi postali. Questo presupposto è errato. Come ricorda la ricorrente, l'art. 8 del decreto legislativo 261 del 1999 ("Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio") dispone che "è consentita senza autorizzazione la prestazione di servizi postali da parte di persona fisica o giuridica che è all'origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell'interesse dell'autoproduttore". La disposizione chiarisce che il legislatore considera l’autoprestazione una species nell’ambito del genus "prestazione di servizi postali": si tratta infatti di una modalità di consegna che, pur non prevedendo il servizio di trasporto della corrispondenza, permette di fruire comunque delle garanzie proprie della prestazione del servizio postale, ed in particolare della "certezza della data di invio e del contenuto del plico" (Cons. di Stato, V Sezione, 5 settembre 2005, n. 4485). In questo senso, quindi, deve ritenersi che il sistema dell’autoprestazione ben risponde a quella "esigenza dell’amministrazione di conseguire pubblica certezza circa gli estremi della spedizione", cui – proprio alla stregua di quanto affermato nelle memorie dalla Regione – si ispira la prescrizione della lex specialis che impone il ricorso in esclusiva al servizio postale. Del resto, la stessa Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – proprio con riferimento alla "particolare e specifica modalità di trasmissione del plico riconosciuta dalla norma di recepimento della Direttiva comunitaria" - ha avuto occasione di rilevare che tale modalità "consente di ritenere la consegna in autoprestazione equivalente alla trasmissione a mezzo del servizio postale", aggiungendo che "diversamente interpretando si contravviene al disposto normativo di cui al citato articolo 8 del d. Lgs. n. 261/1999" e che "interpretazioni restrittive sulle modalità di trasmissione dei plichi determinano una violazione del principio di massima partecipazione degli operatori del mercato alle gare pubbliche" (deliberazione 30 maggio 2007, n. 175). Sicché le disposizioni del disciplinare (punti 3.2. e 3.6.) che non consentono la trasmissione dell’offerta e di eventuali integrazioni con la modalità dell’autoprestazione si pongono senz’altro in contrasto con la norma generale contenuta nella riforma dei servizi postali. D’altra parte una tale limitazione nemmeno appare ragionevole proprio perché – come rilevato dalla Autorità di Vigilanza – si traduce in una violazione del principio della massima partecipazione. A questo principio generale, va poi osservato, certamente si richiama l’articolo 9, comma 5 bis, del

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decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (introdotto dall'art. 7, comma secondo del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 65, in materia di attuazione delle direttive 97/52/CE e 98/4/CE), ai sensi del quale le offerte possono essere recapitate sia direttamente, sia a mezzo posta. La giurisprudenza – come rileva la ricorrente – ha infatti affermato che la disposizione appena richiamata costituisce espressione di un principio generale, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la prescrizione della lex specialis che espressamente impedisca di avvalersi di entrambe le modalità (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 13 maggio 2005, n. 6120; 14 gennaio 2005, n. 158). 4. – Il disciplinare di gara è dunque illegittimo nella parte in cui esclude che l’offerta (punto 3.2.) – ed eventuali buste integrative o sostitutive (punto 3.6.) – possano essere consegnate con la modalità dell’autopresentazione (cfr., TAR Campania Napoli, Sez. I, 23 gennaio 2007, n. 594). E’ di conseguenza illegittimo anche il provvedimento di esclusione dell’offerta presentata dalla ricorrente. 5. – Sono invece inconferenti le considerazioni con cui la Regione osserva che le censure formulate con il ricorso non riguardano la reale motivazione addotta dal seggio di gara a ragione dell’esclusione: la ricorrente, si rileva, è stata esclusa, non già per problemi attinenti alla corretta consegna della busta integrativa (oltretutto ancora non aperta), ma per la durata della garanzia provvisoria allegata all’offerta, prevista in 180 giorni e non 240 giorni, come richiesto dal disciplinare di gara. Circostanza questa, si aggiunge, che nemmeno la ricorrente contesta e che dunque "resta consolidata". E’ infatti evidente che l’adeguatezza della motivazione va valutata alla stregua della soluzione alla questione posta con il ricorso, circa la legittimità delle disposizioni della lex specialis che non consentono l’integrazione (oltre che la presentazione) dell’offerta con la modalità della autoprestazione. Essa quindi risulta erronea perché la busta contenente la documentazione integrativa avrebbe dovuto essere aperta, e la polizza fideiussoria - con durata corrispondente a quella fissata dal Disciplinare di gara – avrebbe dovuto essere acquisita. 6. - Il ricorso va dunque accolto e per l’effetto vanno annullati sia il verbale 31 marzo 2008, nella parte in cui dispone l’esclusione della ricorrente, sia il disciplinare di gara, nella parte in cui non consente la trasmissione dell’offerta con il sistema dell’autoprestazione (punti 3.2 e 3.6). Tenuto conto che – per effetto del provvedimento cautelare - la ricorrente è stata ammessa con riserva alla gara - non vi è luogo a risarcimento del danno. Considerata la particolarità della questione interpretativa, si dispone l’integrale compensazione tra le parti delle spese e delle competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla – in parte qua - sia il verbale 31 marzo 2008, prot. 7190/OP, sia il disciplinare di gara. Compensa interamente tra le parti le spese e le competenze di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2008 con l'intervento dei Magistrati: Paolo Turco, Presidente Maddalena Filippi, Consigliere, Estensore Gianmario Palliggiano, Referendario DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 10/07/2008.

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Consiglio di Stato sez. IV 6/6/2008 n. 2683

La erronea dichiarazione - in sede di offerta per la gara di appalto in questione – di voler subappaltare anche lavori per i quali il subappalto doveva intendersi escluso, ai sensi dell’art. 37, comma 11 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non poteva comportare l’estromissione dalla gara, come invece disposto dall’Amministrazione appaltante e come ritenuto dal giudice di primo grado.

La Sezione non ha motivo di discostarsi dalla precedente giurisprudenza di questo Consiglio in base alla quale si è affermato il principio - in fattispecie analoghe - che le incomplete o erronee indicazioni riguardanti il conferimento del subappalto non possono comportare la esclusione dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione, in mancanza di espresse disposizioni in proposito, ma soltanto la esclusione della facoltà di procedere al subappalto, allorché risulti che la candidata sia autonomamente dotata dei requisiti prescritti per l’esecuzione diretta dell’appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 557; Sez. V, 28 febbraio 2002, n. 1229; 23 giugno 1999, n. 438).

Tale orientamento appare ispirato al principio di favorire, per evidenti ragioni di pubblico interesse, la più ampia partecipazione alle pubbliche gare e di non applicare, quindi, la sanzione dell’esclusione ove la stessa non risulti prevista in maniera inequivocabile dalla normativa speciale che regola la gara (cfr. da ultimo: Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2004, n. 7278).

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 1870/2008 proposto da M.I.T. S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Giacomo Santonastaso, Francesca Mastroviti e Luca Di Raimondo ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Via della Consulta, n. 50; contro l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale è per legge domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; e nei confronti di MBBIT S.P.A. e CIOCCA S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentate e difese in giudizio dagli avvocati Luca A. Lanzalone, Marco Mazzarelli e Andrea Manzi ed elettivamente domiciliate presso quest’ultimo in Roma, Via F. Confalonieri, n. 5; per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II, n. 14018 del 27 dicembre 2007. Visto il ricorso in appello; visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione e delle controinteressate; visto l’appello incidentale delle predette controinteressate; viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

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Visto il Dispositivo n. 404 del 22.5.2008; visti gli atti tutti della causa; relatore alla pubblica udienza del 20 maggio 2008 il consigliere Pier Luigi Lodi e uditi, per le parti, gli avvocati Di Raimondo, A. Manzi e l’avvocato dello Stato Ventrella; ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO

Con atto notificato il 25 febbraio 2008, depositato il successivo 6 marzo, la M.I.T. s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, n. 14018/2007, che aveva respinto il ricorso della medesima inteso all’annullamento – con gli atti connessi e presupposti – del provvedimento in data 3 ottobre 2007 mediante il quale l’Agenzia delle Entrate aveva disposto l’esclusione della odierna appellante dalla procedura aperta per l’affidamento biennale dei lavori di manutenzione dei propri impianti tecnologici. Il giudice aveva rilevato che la società ricorrente, nel presentare l’offerta per il lotto n. 2 (Piemonte) aveva dichiarato di voler subappaltare anche i lavori corrispondenti alla categoria OS 28 (opere termiche e di condizionamento, di alta specializzazione tecnica) non subappaltabili ai sensi dell’art. 37, comma 11, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 163, oltreché del disciplinare di gara applicativo di tale norma; aveva, quindi, ritenuto esente dai vizi dedotti dalla interessata il provvedimento di esclusione dalla procedura, tenuto anche conto che tale erronea offerta non poteva in realtà dipendere da una non chiara formulazione del modello di domanda allegato al predetto disciplinare. L’appellante contesta tali statuizioni affermando che la non corretta dichiarazione di voler subappaltare opere non consentite comporterebbe solo la impossibilità, per l’impresa aggiudicataria, di procedere al subappalto, e l’obbligo di provvedervi direttamente, in quanto dotata – come nella specie - dei requisiti richiesti. Si è costituita l’Agenzia delle Entrate deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto. Con atto notificato il 12 marzo 2008, depositato il giorno successivo, la controinteressata MBBIT s.p.a., mandataria del RTI con la mandante CIOCCA s.r.l., ha presentato controricorso con appello incidentale, segnalando i vizi da cui sarebbe stata affetta l’offerta dell M.I.T. s.p.a. idonei a giustificarne l’esclusione dalla gara. L’avvocatura dello Stato e la difesa della controinteressata hanno depositato copia del contratto stipulato in data 25 febbraio 2008 per la esecuzione delle opere oggetto dell’appalto in questione. Con ordinanza di questa Sezione n. 1616, in data 28 marzo 2008, pur osservandosi che l’appello appariva assistito da adeguato “fumus boni iuris”, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, si è rinviato l’esame dell’appello alla trattazione del merito del ricorso, non sussistendo allo stato i presupposti della estrema gravità ed urgenza, di cui all’art. 23-bis, comma 5, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 20 maggio 2008.

DIRITTO

1. - La Sezione ritiene che l’appello sia fondato. 1.1. - Va condiviso, infatti, l’assunto dell’appellante M.I.T. s.r.l. secondo cui la erronea dichiarazione - in sede di offerta per la gara di appalto in questione – di voler subappaltare anche lavori per i quali il subappalto doveva intendersi escluso, ai sensi dell’art. 37, comma 11 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non poteva comportare l’estromissione dalla gara, come invece disposto dall’Amministrazione appaltante e come ritenuto dal giudice di primo grado. La Sezione non ha motivo di discostarsi dalla precedente giurisprudenza di questo Consiglio in base alla quale si è affermato il principio - in fattispecie analoghe - che le incomplete o erronee indicazioni riguardanti il conferimento del subappalto non possono comportare la esclusione dalla partecipazione

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alla procedura di aggiudicazione, in mancanza di espresse disposizioni in proposito, ma soltanto la esclusione della facoltà di procedere al subappalto, allorché risulti che la candidata sia autonomamente dotata dei requisiti prescritti per l’esecuzione diretta dell’appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 557; Sez. V, 28 febbraio 2002, n. 1229; 23 giugno 1999, n. 438). Tale orientamento appare ispirato al principio di favorire, per evidenti ragioni di pubblico interesse, la più ampia partecipazione alle pubbliche gare e di non applicare, quindi, la sanzione dell’esclusione ove la stessa non risulti prevista in maniera inequivocabile dalla normativa speciale che regola la gara (cfr. da ultimo: Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2004, n. 7278). 1.2. – Per quanto riguarda il caso in esame va ricordato che la predetta candidata risulta in possesso della classificazione OG11 che, seppure non equivalente alla classificazione OS28 (richiesta per i lavori in discorso), costituisce una sommatoria di categorie specializzate (come, appunto la predetta OS28), le quali possono ritenersi assorbite in essa allorché il livello di complessità delle lavorazioni rimanga su valori medi, a quanto precisato dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici con parere n. 74 del 6 marzo 2008, richiamato nella memoria dell’Agenzia delle Entrate; ma sull’eventuale superamento di tali valori medi non sono formulate specifiche contestazioni. 1.3. – Può ritenersi, pertanto, irrilevante la questione, su cui fa anche leva l’appellante, relativa alle non perspicue prescrizioni del bando che sarebbero state all’origine dell’erronea dichiarazione contenuta nell’offerta. 1.4. - Non appaiono, poi, apprezzabili le considerazioni svolte nella sentenza appellata - riprese nella memoria dell’Amministrazione e dalla difesa della controinteressata - sulla non indifferenza dell’intendimento di cedere a terzi una parte dell’appalto, ai fini della determinazione dell’esatto contenuto dell’offerta; e ciò non solo per la genericità di tale notazione, ma anche in relazione alla responsabilità che deve comunque ricadere sull’impresa nella formulazione dell’offerta stessa, ai fini della successiva corretta esecuzione della prestazione oggetto di appalto. 2. - Stante quanto sopra, deve ora esaminarsi l’appello incidentale mediante il quale la controinteressata MBBIT s.p.a. intende contestare la dichiarazione contenuta nella sentenza del T.A.R. di improcedibilità del ricorso incidentale della medesima, inteso a prospettare ulteriori profili di illegittimità della dichiarazione della ricorrente. 2.1. - Osserva, tuttavia, il Collegio che dall’esame dei motivi riproposti in sede di appello dalla predetta controinteressata non emergono altre ragioni che, in concreto, avrebbero comportato il carattere insanabilmente viziante della erronea dichiarazione della MIT s.r.l., limitandosi i motivi stessi a sottolineare ulteriormente la irregolarità che aveva caratterizzato il manifestato intendimento della odierna ricorrente di voler subappaltare anche lavori esclusi dal subappalto; ma, come già rilevato, dalla irregolarità di tale dichiarazione non può trarsi la conseguenza della radicale esclusione dell’offerta, ma solo la sua ascrivibilità all’attività da svolgersi direttamente dall’offerente. 2.2. - L’appello incidentale deve essere, pertanto, respinto. 3. - Per le ragioni sopra esposte l’appello si manifesta fondato e, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso in primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione impugnato. 4. - Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione dovrà adottare in esecuzione della presente decisione. 5. - Le spese del giudizio vanno poste a carico dell’Amministrazione appaltante, mentre possono essere compensate tra l’appellante e la società resistente, e sono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe: - accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado dalla MIT s.r.l.;

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- respinge l’appello incidentale proposto dalla controinteressata MBBIT s.p.a. e, per l’effetto, conferma per tale parte la sentenza impugnata; - condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere in favore della Società ricorrente le spese di ambedue i gradi di giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila); - dichiara integralmente compensate, tra la società ricorrente e la resistente MBBIT s.p.a., le spese di entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2008, con la partecipazione di: Giovanni Vacirca - Presidente Luigi Maruotti - Consigliere Pier Luigi Lodi Rel. Estensore - Consigliere Carlo Deodato - Consigliere Sergio De Felice - Consigliere L’ESTENSORE IL PRESIDENTE Pier Luigi Lodi Giovanni Vacirca IL SEGRETARIO Rosario Carnabuci

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Parere Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 9/4/2008 n. 110

1. La particolare organizzazione dei Lloyd’s, consente che diversi Sindacati dei Lloyd’s stessi presentino autonome offerte in una medesima gara, senza che, di per sé, ciò alteri la segretezza delle offerte. I Lloyd’s di Londra sono una società con personalità giuridica di assicuratori privati, nella quale i soci – persone fisiche e/o giuridiche (chiamate “Names”)- sono riuniti in gruppi di sottoscrittori, chiamati “Syndacates”. I soci possono aderire a più di un Sindacato. Ciascun Sindacato, attraverso un proprio organo gestionale, opera in autonomia rispetto agli altri, pur sottostando ad un regolamento interno comune che disciplina in modo uniforme l’attività dei Sindacati stessi. L’organizzazione dei Lloyd’s vede la rappresentanza legale unitaria nell’ambito di ciascun Paese nel quale essi stessi operano: i Sindacati sono quindi rappresentati all’estero da un unico Rappresentante Generale, che è il soggetto abilitato ad assumere impegni verso terzi per conto dei singoli sottoscrittori. Il Rappresentante Generale dei Lloyd’s, tuttavia, non concorre alla formazione della volontà dei singoli Sindacati, autonomamente determinata dai rispettivi organi di amministrazione, ma riveste il più limitato ruolo di provvedere alla sua manifestazione e trasmissione, pur essendo legittimato ad assumere impegni verso terzi: infatti, la direttiva 73/239/CEE così come modificata dalla direttiva 92/49/CEE del 18 giugno 1992 (che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita), impone ai Lloyd’s di includere nelle competenze del Rappresentante Generale, la rappresentanza passiva in giudizio, con effetto nei confronti dei singoli Sindacati.

2. In presenza di una polizza fideiussoria sottoscritta da un soggetto in nome e per conto dell’offerente, la stazione appaltante deve procedere a chiedere, tramite integrazione documentale, la presentazione della relativa procura, ovvero idonea documentazione volta a dimostrare il rapporto intercorrente tra rappresentato e rappresentante.

PREC14/08/S Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n), del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dal Comune di Cesena – affidamento dei servizi assicurativi comunali, periodo contrattuale: 31/3/2008-21/12/2010. lotto: RC Patrimoniale.

Il Consiglio

Vista la relazione dell’Ufficio del precontenzioso Considerato in fatto In data 14 dicembre 2007 è pervenuta a questa Autorità l’istanza di parere indicata in oggetto, con la quale il Comune di Cesena ha rappresentato la questione insorta in sede di gara con i Lloyd’s di Londra, Rappresentanza generale per l’Italia, per l’affidamento del lotto RC Patrimoniale, per un importo annuo presunto a base di gara di € 38.000,00 e per un importo complessivo di € 104.500,00. In particolare, la Stazione appaltante ha evidenziato che i Lloyd’s di Londra, a mezzo del Procuratore Speciale del Rappresentante Generale per l’Italia, hanno partecipato alla gara in esame presentando

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quattro istanze, in nome e per conto, rispettivamente, dei Sindacati leader Atrium, Beazley, Markel e Marketform: la Commissione, pertanto, si è trovata di fronte ad istanze di partecipazione multiple, in quanto tutte imputabili ai Lloyd’s di Londra e tutte sottoscritte dal medesimo rappresentante. La S.A. chiede l’avviso dell’Autorità sulla eventuale ricorrenza della violazione di quanto prescritto dall’articolo 34, comma 2, del d. Lgs. n. 163/2006, in relazione all’imputabilità delle offerte ad un unico centro decisionale. Ulteriore questione sollevata dal Comune di Cesena, riguarda le polizze relative alle cauzioni provvisorie presentate dai Sindacati sopra riportati, nelle quali ciascun contraente (obbligato principale) è un soggetto diverso dal Sindacato che ha presentato l’istanza di partecipazione e sottoscrive la rispettiva polizza in nome e per conto di ciascuno dei quattro Sindacati offerenti. In sede di istruttoria documentale, il Rappresentante Generale per l’Italia dei Lloyd’s di Londra, ha rappresentato che la presentazione di più offerte in nome e per conto di alcuni dei Sindacati dei Lloyd’s non determina una situazione di collegamento sostanziale o di alterazione della segretezza delle offerte, in quanto la particolare struttura giuridico organizzativa dei Lloyd’s, i quali non si configurano come una ordinaria impresa assicurativa, bensì come una persona giuridica collettiva, consente a ciascun Sindacato di avere una propria autonomia gestionale, ponendoli in regime di concorrenza fra di loro. In riferimento alla seconda eccezione sollevata dal Comune di Cesena, la Rappresentanza generale per l’Italia ha evidenziato che i contraenti delle polizze cauzionali sono Lloyd’s Correspondent, dotati di specifici ruoli all’interno del “sistema Lloyd’s”, ai quali “è istituzionalmente riconosciuto un coinvolgimento come parti attive nel piazzamento/gestione delle coperture in Italia”. Ritenuto in diritto I Lloyd’s di Londra sono una società con personalità giuridica di assicuratori privati, nella quale i soci – persone fisiche e/o giuridiche (chiamate “Names”)- sono riuniti in gruppi di sottoscrittori, chiamati “Syndacates”. I soci possono aderire a più di un Sindacato. Ciascun Sindacato, attraverso un proprio organo gestionale, opera in autonomia rispetto agli altri, pur sottostando ad un regolamento interno comune che disciplina in modo uniforme l’attività dei Sindacati stessi. L’organizzazione dei Lloyd’s vede la rappresentanza legale unitaria nell’ambito di ciascun Paese nel quale essi stessi operano: i Sindacati sono quindi rappresentati all’estero da un unico Rappresentante Generale, che è il soggetto abilitato ad assumere impegni verso terzi per conto dei singoli sottoscrittori. Il Rappresentante Generale dei Lloyd’s, tuttavia, non concorre alla formazione della volontà dei singoli Sindacati, autonomamente determinata dai rispettivi organi di amministrazione, ma riveste il più limitato ruolo di provvedere alla sua manifestazione e trasmissione, pur essendo legittimato ad assumere impegni verso terzi: infatti, la direttiva 73/239/CEE così come modificata dalla direttiva 92/49/CEE del 18 giugno 1992 (che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita), impone ai Lloyd’s di includere nelle competenze del Rappresentante Generale, la rappresentanza passiva in giudizio, con effetto nei confronti dei singoli Sindacati. In relazione al profilo di interesse in esame, e cioè l’eventuale violazione della segretezza delle offerte, in quanto il Rappresentante Generale ovvero un suo Procuratore Speciale è a conoscenza delle offerte plurime presentate dallo stesso in nome e per conto di diversi Sindacati, si richiama quanto rilevato dal giudice amministrativo, secondo il quale “la particolare organizzazione dei Lloyd’s, cioè un’associazione di Sindacati sottoscrittori, consente all’“unico” Rappresentante generale in Italia di assumere impegni verso terzi per conto dei singoli Sindacati sottoscrittori” e “ciò neppure lede il principio di segretezza delle offerte formulate, tramite il suddetto rappresentante, dai singoli Sindacati

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partecipanti alla gara, né può dar luogo a sospetti di anomali collegamenti onde condizionare l’aggiudicazione finale, atteso che l’intero sistema assicurativo dei Lloyd’s resta ancorato ad un rigoroso principio di concorrenzialità fra i vari Sindacati, ove l’azione di rappresentanza unitaria per Nazione si limita (con divieto istituzionale di ogni altra ingerenza) alla sola assunzione formale degli impegni giuridici per conto delle strutture operative” (TAR Marche n. 649/2007 e TAR Lombardia, sez. III, n. 2271/1998). Le condivise considerazioni sopra riportate, conducono a ritenere, in riferimento alla previsione di cui all’articolo 34, comma 2, ultimo periodo, del d. Lgs. n. 163/2006, che le offerte presentate dai quattro Sindacati concorrenti alla medesima gara, non possano ritenersi imputabili ad un unico decisionale, in quanto gli stessi si presentano, fino a prova contraria, come centri di interessi distinti. Infatti, sulle questioni relative all’applicazione del sopra citato articolo, l’Autorità ha espresso l’avviso secondo il quale le stesse non sono suscettibili di generalizzazioni, ma devono essere verificate in concreto, per cui gli stessi elementi possono rilevare in un caso ed essere invece considerati insufficienti in un'altra circostanza. Nel caso in esame, la autonomia e concorrenzialità esistente fra i diversi Sindacati evita il determinarsi di effetti distorsivi sul mercato e, dunque, di arrecare pregiudizio alla libertà di concorrenza e di par condicio tra partecipanti. Riconosciuta, per quanto sopra riportato, la possibilità che diversi Sindacati dei Lloyd’s presentino autonome offerte in una medesima gara, si precisa, per quanto attiene alla seconda eccezione riportata in narrativa, quanto segue. Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, giusto quanto disposto dall’articolo 1388 c.c., produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato e pertanto quest’ultimo non può dirsi terzo nei confronti del contratto stipulato dal rappresentante. Ciò che rileva è l’esistenza del potere di rappresentanza e la circostanza che al terzo sia resa palese, da parte del rappresentante, la riferibilità del negozio al rappresentato. Nel caso in esame, pertanto, in presenza di una polizza fideiussoria sottoscritta da un soggetto in nome e per conto dell’offerente, la stazione appaltante deve procedere a chiedere, tramite integrazione documentale, la presentazione della relativa procura dalla quale risulti detta riferibilità, ovvero idonea documentazione volta a dimostrare il rapporto intercorrente tra rappresentato e rappresentante.

In base a quanto sopra considerato Il Consiglio

ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che: - la particolare organizzazione dei Lloyd’s, consente che diversi Sindacati dei Lloyd’s stessi presentino autonome offerte in una medesima gara, senza che, di per sé, ciò alteri la segretezza delle offerte; - in presenza di una polizza fideiussoria sottoscritta da un soggetto in nome e per conto dell’offerente, la stazione appaltante deve procedere a chiedere, tramite integrazione documentale, la presentazione della relativa procura, ovvero idonea documentazione volta a dimostrare il rapporto intercorrente tra rappresentato e rappresentante. I Consiglieri Relatori Il Presidente Alessandro Botto Luigi Giampaolino Giuseppe Brienza Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 11.04.2008

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Tribunale Amministrativo Regionale Lazio Roma sez. III ter 27/12/2007 n. 14081

1. Per regola generale, il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, può, in relazione ad una specifica gara, soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti economici, finanziari, tecnici, organizzativi, ovvero di attestazione della certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di un altro soggetto; è ravvisabile dunque solamente un limite modale nel ricorso all’avvalimento, essendo imposto al concorrente avvalente l’onere di fornire all’Amministrazione la dimostrazione della concreta disponibilità dei mezzi facenti capo all’impresa avvalsa, e necessari per l’espletamento dell’appalto (T.A.R. Lazio, Sez. I, 10/10/2006, n. 10233).In tale contesto, il settimo comma dell’art. 49 d.lgs. 163/06, in aderenza, del resto, al dato testuale, deve essere inteso come norma che consente delle limitazioni all’avvalimento che possono essere previste dal bando di gara. In altri termini, la lex specialis può contemplare un’ipotesi di avvalimento parziale, seppure di dubbia compatibilità comunitaria, in relazione alla natura ed all’importo dell’appalto, ma, in mancanza di una specifica clausola in tale senso, l’avvalimento ha estensione operativa generalizzata (in termini T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 30/10/2007, n. 10271).

2.L’art. 49, IV comma, del codice, nel recepire la, invero stringata sul punto, direttiva comunitaria, ha in qualche modo riconosciuto un rilievo esterno all’impresa ausiliaria, la quale è responsabile in solido (con il concorrente) nei confronti della Stazione appaltante in relazione alle prestazioni dedotte in contratto, ma è altrettanto vero che tale disciplina deve essere coordinata con quella del subappalto, ove a tale figura contrattuale si intenda fare ricorso per il prestito dei requisiti e la messa a disposizione delle risorse.Ed allora, non solo alla stregua di quanto espressamente prescritto dall’art. 49, X comma, secondo cui l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati, ma anche in considerazione del fatto che il subappalto rientra nella categoria del contratto derivato (o subcontratto), nozione idonea ad evidenziare la condizione di distinzione e di coesistenza dei contratti, deve ritenersi che la responsabilità solidale del subappaltatore sia limitata alla prestazione subappaltata (altro problema è, evidentemente, quello della compatibilità o meno della quota subappaltabile ex art. 118 del codice, e del connesso regime vincolistico, con la disciplina propria dell’avvalimento).

3. Il principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti di imprese risulta strettamente connesso all’obbligo di identità dei soggetti partecipanti alla gara da una parte, ed al divieto di cessione del contratto di appalto dall’altra. Nella fattispecie in cui un'impresa ha mutato il proprio titolo di partecipazione da impresa mandante di una costituenda A.T.I. ad impresa individuale che si avvale dell'altra (la quale, a sua volta, si è trasformata da impresa mandataria ad impresa ausiliaria), le due imprese prequalificate sono le stesse che hanno presentato l’offerta, seppure con diverso modulo organizzativo interno; la modificazione soggettiva non ha dunque comportato alcuna violazione del principio di contestualità e simultaneità della valutazione delle imprese partecipanti alla gara.

4. La pubblicità delle sedute delle Commissioni di gara costituisce un principio generale della materia dei contratti pubblici (quanto meno con riguardo alla fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione e l’offerta economica dei partecipanti, anche se non la fase di valutazione tecnica delle offerte) che deve trovare applicazione, in mancanza di una deroga espressa, anche nei settori speciali (così T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 28/5/2007, n. 315, ma anche Cons. Stato, Sez. VI, 22/3/2007, n. 1369).

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5. I modelli di bando prevedono solo nel caso delle procedure aperte (asta pubblica) l’indicazione delle persone autorizzate a presenziare all’apertura delle offerte, in quanto detta precisazione ha la finalità, pur nel rispetto del principio di pubblicità, di contenere il numero delle persone da invitare per ragioni di semplificazione e speditezza dei relativi adempimenti, mentre una limitazione del genere non avrebbe alcun senso nel caso di procedure ristrette (licitazione privata ed appalto concorso) in cui il numero dei partecipanti è normalmente esiguo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Terza Ter

Composto dai Magistrati: Italo RIGGIO Presidente Giulia FERRARI Componente Stefano FANTINI Componente relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 8401 del 2007 Reg. Gen. proposto da Almaviva - The Italian Innovation Company S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con Almaviva Finance S.p.a., nonché da Almaviva Finance S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandante del R.T.I. con Almaviva S.p.a., entrambe rappresentate e difese dagli Avv.ti Luisa Torchia e Tommaso Di Nitto, ed elettivamente domiciliate in Roma, alla Via Sannio n. 65, presso lo studio legale “Prof. Avv. Luisa Torchia ed altri s.t.p.”; CONTRO - Ferrovie dello Stato S.p.a., in persona dell’institore Avv. Maurizio Marchetti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Franco Bonelli, Giuseppe Morbidelli e Domenico Galli, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla Via del Consolato n. 6; - Ferservizi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e nei confronti di Sirti S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti, Mario Sanino e Luigi Medugno, presso lo studio dei primi due elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Bissolati n. 76; per l’annullamento - della nota in data 4/10/2007 con cui l’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato S.p.a. ha comunicato alle ricorrenti l’intervenuta aggiudicazione, in favore di Sirti S.p.a., della gara a procedura ristretta relativa all’affidamento dei servizi di gestione in outsourcing dell’infrastruttura di elaborazione dati, di gestione e sviluppo delle applicazioni software, di call center per il gruppo Ferrovie dello Stato; - del provvedimento di aggiudicazione della gara de qua; - per quanto occorrere possa, di tutti i verbali di gara, relativi sia alla fase di prequalifica, che alla fase dell’offerta; - per quanto occorrere possa, della lettera di invito del 19/6/2007, con cui il R.T.I. ricorrente è stato invitato a partecipare alla gara de qua, nella parte in cui, al capo VI, disciplina la procedura di aggiudicazione; - di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente, quand’anche sconosciuto. Visto il ricorso principale con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ferrovie dello Stato S.p.a. e di Sirti S.p.a.; Visti il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti al ricorso incidentale proposti da Sirti S.p.a.; Visti i motivi aggiunti di parte ricorrente;

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Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 6/12/2007, il Cons. Stefano Fantini; Uditi gli Avv.ti Torchia e Di Nitto per le ricorrenti, gli Avv.ti Villata, Sanino, Medugno e Degli Esposti per la società controinteressata, nonché gli Avv.ti Morbidelli e Galli per la società resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con atto notificato nei giorni 13/10/07 e seguenti e depositato il successivo 23/10 le società ricorrenti premettono che Ferrovie dello Stato S.p.a. ha indetto una gara per l’affidamento, mediante procedura ristretta, dei servizi di gestione in outsourcing dell’infrastruttura di elaborazione dati, di gestione e sviluppo delle applicazioni software e di call center per il Gruppo, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; il bando ha previsto in particolare l’istituzione, con il vincitore della gara, di un accordo quadro della durata di sei anni (rinnovabili per altri sei); il valore degli acquisti per l’intera durata dell’accordo è stato stimato in una somma pari a complessivi euro 1.150.000.000,00 (IVA esclusa). Espongono che l’assegnazione dei servizi oggetto dell’accordo quadro è stata subordinata all’acquisto, da parte dell’aggiudicatario della gara, del 100% del capitale azionario della Tele Sistemi Ferroviari (TSF) S.p.a., società partecipata per il 61% da Almaviva S.p.a. e per il 39% da Ferrovie dello Stato S.p.a., fornitrice in outsourcing, alla data di pubblicazione del bando, dei servizi oggetto della gara, il cui valore è stato stimato nell’importo di euro 107.500.000,00. Avendo chiesto di partecipare alla gara, il costituendo R.T.I. ricorrente è stato invitato a presentare la propria offerta, adempimento effettuato in data 17/9/07. Con la gravata nota del 4/10/07 la Stazione appaltante ha comunicato l’intervenuta aggiudicazione della gara alla Sirti S.p.a., cui è stato attribuito un punteggio pari a 88,3, a fronte del punteggio di 83,4 conseguito dalle ricorrenti. Avverso il provvedimento di aggiudicazione ed avverso gli ulteriori atti specificati in epigrafe le ricorrenti hanno esperito il presente gravame, sorretto dai seguenti motivi di diritto : 1) Violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara; violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa. La Commissione giudicatrice nominata da F.S. ha sempre operato in seduta riservata, anche nella fase di apertura dei plichi contenenti le offerte e di apertura delle buste contenenti le offerte economiche; da ciò un primo profilo di illegittimità dell’aggiudicazione, che non è stata preceduta dalla inderogabile fase preliminare pubblica di verifica e riscontro dei plichi presentati dalle imprese offerenti e dei documenti in essi contenuti. Costituisce infatti principio generale (informato alle esigenze di trasparenza ed imparzialità), applicabile a tutte le gare finalizzate alla stipula di contratti pubblici, anche inerenti ai settori esclusi, l’obbligo di pubblicità sia della fase di apertura dei plichi contenenti le offerte, sia della fase di apertura delle buste contenenti le offerte economiche. La circostanza che la condotta di F.S. non sia stata improntata al principio di trasparenza trova conferma nel fatto che i vertici di Sirti hanno ricevuto la comunicazione informale dell’aggiudicazione dell’appalto fin dal 20/9/07, a gara, dunque, non ancora conclusa, sì da indurre i medesimi a chiedere la sospensione dalle contrattazioni del titolo dopo le indiscrezioni di stampa, onde evitare turbative del mercato. 2) Eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza; violazione del bando di gara nella parte in cui individua i parametri in base ai quali individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa. Illegittima appare l’aggiudicazione anche in relazione ai criteri di aggiudicazione fissati dalla lex specialis, prevedenti per l’offerta economica una ponderazione pari a 65 e per l’offerta tecnica una ponderazione pari a 35.

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Ciò significa che si è data la prevalenza all’elemento dell’offerta economica rispetto a quello dell’offerta tecnica, così che appare davvero illogica un’aggiudicazione che comporta, per Ferrovie dello Stato, un esborso superiore di ben 135 milioni di euro al prezzo offerto dal R.T.I. Almaviva. Si sono costituite in giudizio Ferrovie dello Stato S.p.a. e la controinteressata Sirti S.pa. argomentatamente chiedendo, anche con successive memorie difensive, la reiezione del ricorso; la società controinteressata ha altresì proposto ricorso incidentale avverso la mancata esclusione dalla gara del costituendo R.T.I. tra Almaviva S.p.a. ed Almaviva Finance S.p.a., deducendo in particolare la violazione dell’art. 97 della Costituzione, nonché degli artt. 81, 82, 86 e 87 del Trattato UE, la violazione della lex specialis della gara, nonché ancora del principio della par condicio dei concorrenti. Assume la ricorrente incidentale, prendendo le mosse dalla giurisprudenza comunitaria in tema di par condicio, secondo cui la persona che ha effettuato lavori preparatori può non essere trattata allo stesso modo degli altri offerenti, che Almaviva S.p.a., in quanto proprietaria del 61% del capitale sociale della società precedentemente affidataria del servizio oggetto di gara, ed il cui acquisto costituiva condizione per l’aggiudicazione, si trovava in una situazione tale da giustificare un trattamento differenziato, stante l’idoneità di tale situazione a falsare la concorrenza tra gli offerenti, sia con riferimento alla possibilità di acquistare TSF S.p.a. ad un prezzo inferiore rispetto a quello imposto dal bando di gara a tutti gli altri concorrenti, sia con riferimento alla possibilità di avvantaggiarsi, ai fini della predisposizione dell’offerta, di flussi informativi privilegiati, inaccessibili agli altri concorrenti. In tale prospettiva rileva chiaramente il fatto che il bando di gara subordinava la stipulazione dell’accordo quadro all’acquisto, da parte dell’aggiudicatario, del 100% del capitale azionario di TSF S.p.a., al prezzo, fisso ed immutabile, di euro 107.500.000,00; detenendo Almaviva una quota pari al 61% del capitale azionario di tale società, è evidente come, per la stessa, il prezzo di acquisto di TSF non risulta pari ad euro 107.500.000,00, ma ad euro 40.925.000,00. Ciò le ha consentito di formulare un’offerta economica migliore di quella di qualsiasi altro concorrente; si aggiunga altresì che Almaviva, trovandosi nella condizione di esercitare un controllo sull’azienda che eroga da più di dieci anni i servizi oggetto di gara, ha avuto, al contempo, la possibilità di utilizzare a proprio vantaggio i flussi informativi privilegiati derivanti dalle conoscenze tecniche così acquisite. Sirti S.p.a. ha successivamente, con atto notificato il 22/11/07 e depositato il successivo 27/11, proposto i seguenti motivi aggiunti al ricorso incidentale : a) Violazione della lex specialis della gara, ed in particolare del punto VI.3 del bando di gara in relazione all’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006; violazione, sotto altro profilo, dell’art. 49, VII comma, del d.lgs. n. 163/2006. Ai fini della dimostrazione del possesso dei necessari requisiti di capacità economica e finanziaria, il punto III.2.2, lett. a) del bando di gara imponeva ai concorrenti di presentare una dichiarazione, regolarmente sottoscritta, attestante, tra l’altro, un fatturato annuale medio, per gli anni 2003 - 2004 - 2005, pari ad almeno euro 300.000.000,00, IVA esclusa; nel caso di RTI il valore del fatturato doveva essere posseduto per almeno il 60% dall’impresa capogruppo, e ciascuna impresa mandante doveva possedere almeno il 20% di quanto richiesto cumulativamente, così da raggiungere l’importo complessivo richiesto. Almaviva ha ritenuto di poter utilizzare la potestà di avvalimento di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006 per sommare il proprio fatturato (euro 172.516.000,00) e quello dell’impresa ausiliaria Cos Communication Services S.p.a. (euro 75.595.000,00), al fine di accrescere il proprio requisito di capacità economica, almeno fino alla misura minima richiesta dal bando per l’assunzione della qualità di capogruppo mandataria (euro 180.000.000). In realtà, si desume dall’art. 49, I e VII comma, del codice dei contratti pubblici che solamente il bando di gara può consentire di cumulare i requisiti dell’impresa avvalente con quelli dell’impresa ausiliaria per integrare un preesistente requisito già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso. Nel caso di specie non esiste alcuna prescrizione che consenta ai concorrenti di utilizzare l’avvalimento parziale verticale ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione.

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Anche a prescindere da ciò, l’ammissione alla gara del RTI odierno ricorrente risulta illegittima anche perché Almaviva S.p.a. non è in condizioni di documentare il possesso di un requisito di fatturato annuale medio nel triennio di riferimento sufficiente a consentirle la partecipazione alla gara in qualità di capogruppo mandataria; altrettanto dicasi per il fatturato dell’ausiliaria Cos, la quale difetta del fatturato medio annuale minimo richiesto dal punto III.2.2 lett. a) del bando. b) Violazione dell’art. 37, VIII e XIII comma, del d.lgs. n. 163/2006. L’art. 37, XIII comma, del d.lgs. n. 136/06 precisa che i concorrenti riuniti in RTI devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento; ciò significa che deve sussistere un principio di effettiva corrispondenza tra quota di partecipazione all’ATI e quota di esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto. Anche sotto tale profilo il RTI ricorrente avrebbe dovuto essere escluso, stante l’insussistenza di un’effettiva corrispondenza tra le quote di partecipazione al raggruppamento delle due imprese e le quote di esecuzione dei servizi dichiarate in sede di offerta, giacchè la misura della partecipazione della capogruppo mandataria al raggruppamento risulta inferiore rispetto alla quota di servizi che quest’ultima intende eseguire. c) Violazione della lex specialis della gara, ed in particolare del capo IV della lettera d’invito in data 19/6/2007. Lo schema di dettaglio dell’offerta per il servizio Help Desk contenuto nel paragrafo 3 dell’allegato 1 alla lettera d’invito richiedeva ai concorrenti di determinare il prezzo per tale servizio applicando il prezzo unitario offerto per le figure professionali richieste (operatore HD Junior ed Operatore HD Senior) alle quantità, denominate “volumi”, indicate dallo stesso schema di dettaglio. La tabella allegata allo schema imponeva di applicare il prezzo unitario offerto per l’operatore HD senior ad un solo “volume”, ed il prezzo unitario offerto per l’operatore HD junior a due volumi. L’offerta economica di Almaviva non rispetta tale prescrizione della lex specialis, in quanto il prezzo del servizio HD è stato determinato applicando la tariffa unitaria offerta per l’operatore junior, pari ad euro 52.800, ad un solo volume (anziché a due), e la tariffa unitaria offerta per l’operatore senior, pari ad euro 40.421,00, a due volumi (anziché ad uno). Dalla lettura del verbale della seduta del 26/9/07 si evince che la Commissione si sia avveduta della difformità dell’offerta economica rispetto alla lex specialis, ma l’abbia considerata alla stregua di un errore materiale nella compilazione dell’offerta, correggendola mediante applicazione delle tariffe unitarie e dei prezzi unitari offerti dal raggruppamento ai volumi indicati nelle tabelle di cui all’allegato 1 alla lettera di invito. Così operando, però, la Commissione è intervenuta sulla struttura dell’offerta di Almaviva, eliminando dalla stessa una difformità rispetto alle prescrizioni della lex specialis, che, a norma del capo IV della lettera di invito, costituiva espresso motivo di esclusione. Successivamente, con atto ritualmente notificato e depositato, anche il ricorrente principale ha proposto i seguenti motivi aggiunti, tra l’altro, avverso l’aggiudicazione provvisoria, quella definitiva, avverso i verbali nn. 1, 2 e 7 della Commissione giudicatrice, nonché avverso la nota in data 18/9/07 di nomina della Commissione giudicatrice, ed, ancora, contro il verbale di prequalifica del 18/5/07 (“Appunto per il responsabile del procedimento”), con cui è stato proposto di invitare alla gara il costituendo RTI composto da Indra Sistemas SA (mandataria) e Sirti S.p.a. (mandante) : 3) Violazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006; violazione del principio di immodificabilità soggettiva dei concorrenti durante tutte le fasi di gara; violazione del principio della contestualità e simultaneità della valutazione delle imprese partecipanti alla gara; violazione della lex specialis di gara. Sono pervenute alla Stazione appaltante nove richieste di partecipazione, tra cui quella del costituendo RTI tra Indra Sistemas SA (impresa mandataria che ha dichiarato il possesso del 60% dei requisiti richiesti dal bando) e Sirti (impresa mandante che ha dichiarato il possesso del 40% dei requisiti previsti dal bando) e tutte sono state invitate alla successiva fase di presentazione delle offerte. Le offerte sono però state presentate solamente da tre concorrenti, e cioè da Sirti/Indra Sistemas SA, da Telecom Italia S.p.a./Reply S.p.a./Omnia Network S.p.a., nonché da Almaviva S.p.a./Almaviva

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Finance S.p.a. Risulta altresì dal verbale n. 1 del 18/9/07 che entrambi i concorrenti del RTI Sirti hanno modificato le modalità con cui hanno partecipato e superato la fase della prequalifica; in particolare, Sirti, prequalificatasi come impresa mandante del costituendo RTI con Indra, ha presentato offerta come impresa singola che si è avvalsa di Indra, ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 163/06, in quanto sfornita della maggior parte dei requisiti economico finanziari prescritti dal bando. Tra la fase della prequalifica e la fase di presentazione dell’offerta, dunque, è avvenuta una radicale ed illegittima trasformazione del concorrente originariamente formato dal costituendo RTI tra Indra e Sirti. La disposta ammissione, in questa condizione, dell’impresa risultata aggiudicataria è illegittima, perché contraria al principio generale della immodificabilità soggettiva delle imprese concorrenti. In tale modo, del resto, non solo è mutata l’impresa capogruppo, ma sono anche diminuite le garanzie prestate in favore della Stazione appaltante. Ed invero il contratto di avvalimento stipulato tra Sirti ed Indra contiene un’espressa pattuizione che limita la responsabilità di Indra alle sole prestazioni che essa eseguirà direttamente, in forza del contratto di subappalto che le imprese già dichiarano di voler sottoscrivere in caso di aggiudicazione della gara. La modifica soggettiva intervenuta tra la fase di prequalifica e la fase di presentazione dell’offerta ha dunque inciso notevolmente sulle garanzie della Stazione appaltante, in quanto la stessa ha perso la possibilità di contrarre con un concorrente, il costituendo RTI tra Indra e Sirti, composto da due imprese solidalmente responsabili, in base ai noti principi applicabili ai raggruppamenti di tipo orizzontale, rispetto alla corretta esecuzione di tutte le prestazioni oggetto del contratto di appalto. 4) Violazione dell’art. 230, IV comma, del d.lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 49, IV e X comma, del d.lgs. n. 163/06; violazione del principio della par condicio. Sirti è stata ammessa a presentare l’offerta nonostante che il contratto di avvalimento stipulato con Indra, ai sensi dell’art. 49, II comma, lett. f), del d.lgs. n. 163, contenga una clausola (al punto 3.2, limitante la responsabilità dell’impresa ausiliaria alle prestazioni che la medesima svolgerà direttamente in veste di subappaltatore) palesemente contraria al disposto dell’art. 49, IV comma, del codice dei contratti (che prescrive la responsabilità solidale del concorrente e dell’impresa ausiliaria in relazione alle prestazioni oggetto del contratto). Tale illegittimità è tale da invalidare il predetto contratto e rendere illegittimo l’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento da parte di Sirti. Diversamente interpretando la norma di cui al decimo comma dell’art. 49, si avrebbe che la Stazione appaltante vedrebbe diminuite le proprie garanzie, proprio laddove è più necessario aumentarle, e cioè nel caso in cui stipuli il contratto con un’impresa che senza l’avvalimento non è in possesso dei requisiti necessari per dimostrare la sua affidabilità economica e finanziaria. 5) Violazione del bando di gara; violazione del principio della par condicio; violazione del divieto di presentare offerte condizionate; eccesso di potere per difetto di istruttoria. La decisione di ammettere Sirti alla fase di presentazione dell’offerta è comunque illegittima, perché l’avvalimento dalla stessa operato è in ogni caso contrario alle norme contenute nel bando di gara che regolano la procedura. Il bando di gara, al punto VI.3), ha espressamente consentito il ricorso all’istituto dell’avvalimento nelle forme indicate all’art. 49 del d.lgs. n. 163/06, in conformità con quanto stabilito dall’art. 230, IV comma; l’avere derogato dunque ad una di tali forme, ed in particolare alla previsione della solidale responsabilità tra impresa concorrente ed impresa ausiliaria, rende illegittimo l’avvalimento operato da Sirti, ed incide nel senso di far ritenere condizionata l’intera offerta dalla medesima presentata. La condizione consiste nell’avere inserito una clausola, inerente la limitazione di responsabilità di Indra, non prevista in nessuna delle regole predeterminate dalla Stazione appaltante, ed anzi palesemente contraria a quanto previsto nel bando di gara, al punto VI.3). 6) Violazione del punto III.2.2) del bando di gara.

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Ai sensi del punto III.2.2) del bando di gara i soggetti interessati dovevano presentare, a pena di esclusione, una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante attestante : a) un fatturato annuale medio, per gli anni 2003 - 2004 - 2005 pari ad almeno euro 300.000.000,00 IVA esclusa; b) un fatturato specifico annuale medio, per gli anni 2003 - 2004 - 2005, sulla erogazione di sevizi ICT pari ad almeno euro 165.000.000,00, IVA esclusa; ai sensi del punto III.2.2) “nel caso di riunione di imprese … i valori di fatturato di cui alle precedenti lettere a), b), dovranno essere posseduti per almeno il 60% dall’impresa capogruppo e ciascuna impresa mandante dovrà possedere almeno il 20% di quanto richiesto cumulativamente in modo che, comunque, i requisiti così sommati, posseduti dalle imprese riunite, raggiungano almeno l’importo complessivamente richiesto”. Nella domanda di partecipazione alla gara le imprese Sirti - Indra Sistemas SA in costituenda ATI hanno dichiarato le seguenti quote di rispettiva competenza : 60% per Indra, e 40% per Sirti. Sirti poi, sempre in fase di prequalifica, con dichiarazione dell’8/5/07 ha rappresentato che “il fatturato specifico annuale medio, per gli anni 2003 - 2004 - 2005 sull’erogazione di servizi ICT è pari ad euro 68.346.000,00, IVA esclusa”. In sede di offerta Sirti, presentatasi come impresa singola, non ha modificato la dichiarazione relativa al fatturato specifico ICT, avendo attestato di essere titolare dei requisiti di gara di ordine generale e speciale. Dall’esame dei bilanci pubblicati in Camera di Commercio si evince che Sirti S.p.a. non si è mai occupata dell’erogazione di servizi ICT; con atto di fusione del 12/7/06 si è avuta peraltro l’incorporazione di Sirti Sistemi S.p.a., impresa operante nel settore dei servizi ICT, in Sirti S.p.a.. Occorre dunque fare riferimento al fatturato annuale medio realizzato da quest’ultima società nel triennio 2003 - 2004 – 2005, che risulta pari a complessivi euro 62.194,33. Ne deriva che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, Sirti non era affatto titolare, come invece dichiarato, di un fatturato specifico annuale medio per il triennio 2003/2005 nell’erogazione di ICT pari al 40% del totale indicato dalla Stazione appaltante (corrispondente ad euro 66.000.000,00). Anche sotto tale profilo andava dunque esclusa per violazione della sezione III.2.2), lett. b), del bando di gara. 7) Violazione del capo III della lettera di invito recante “Delle modalità di presentazione dell’offerta”; violazione del principio della par condicio. Dalla lettura dei verbali di gara emerge poi che la Commissione si è illegittimamente sostituita alla concorrente Sirti nella determinazione del prezzo offerto complessivo dalla stessa proposto. In violazione di quanto prescritto dall’Allegato 2 alla lettera di invito Sirti non ha indicato il prezzo offerto complessivo, bensì il prezzo offerto complessivo annuo, pari ad euro 179.185.691; anziché procedere all’esclusione di una siffatta offerta, la Commissione ha proceduto a determinare essa stessa tale prezzo offerto complessivo, moltiplicando quello annuale, emendato di alcuni errori di calcolo, per l’intera durata dell’accordo quadro (e cioè 6 anni). 8) Violazione degli artt. 83, IV comma, e 206 del d.lgs. n. 163/2006; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà. All’esito delle operazioni di valutazione la Commissione ha attribuito, con riguardo all’offerta tecnica, a Sirti 33 punti (su 35 complessivi), al RTI Almaviva 20 (su 35), ed al RTI Telecom 18 punti (su 35 disponibili). Peraltro, a ben vedere, nonostante il punteggio altissimo attribuitogli, l’offerta di Sirti non è stata considerata impeccabile; ed anzi, ne è stata rilevata la genericità, la presenza di contraddizioni, incongruenze ed omissioni. Si evidenziano significativi vizi del procedimento valutativo condotto dalla Commissione giudicatrice. Anzitutto, risulta violato l’art. 83, IV comma, del codice dei contratti pubblici, non avendo la Commissione provveduto a fissare, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali adoperati per l’attribuzione del punteggio in relazione ai criteri di valutazione indicati dalla lettera di invito.

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Con riguardo al criterio tecnico del piano di transizione, la Commissione ha attribuito all’offerta Sirti tutti e sette i punti disponibili (mentre al raggruppamento Almaviva solo tre punti); la lettura del giudizio espresso non dà peraltro una congrua spiegazione di tale differente valutazione. Con riguardo al criterio tecnico della modalità di erogazione della fornitura/miglioramenti ed efficientamenti la Commissione ha rispettivamente assegnato 19 punti all’offerta Sirti e 13 punti all’offerta del RTI Almaviva, senza peraltro rilevare, anche in tale caso, le incongruenze e le difformità dell’offerta Sirti rispetto a quanto richiesto dalla lettera di invito (tra l’altro, l’assenza delle indicazioni quantitative necessarie al dimensionamento per il passaggio allo scenario NW04, nonché l’assenza del piano di attuazione temporale relativo alla sostituzione del server). Per quanto concerne il criterio tecnico denominato linee evolutive, la Commissione ha deciso di assegnare tre punti su quattro disponibili a Sirti e due su quattro al RTI Almaviva. Se è vero che le linee evolutive proposte da Sirti sono qualitativamente superiori rispetto a quelle del RTI Almaviva, per la maggior parte di esse, tuttavia, i tempi di realizzazione sono lasciati ad una negoziazione successiva, abbastanza indefinita peraltro. Quanto infine al criterio tecnico della innovazione e knowledge sharing, la Commissione ha attribuito a Sirti tutti e quattro i punti disponibili, mentre ad Almaviva solamente due, enfatizzando nel primo caso generiche dichiarazioni di impegno di Sirti tutte da confermare con successive negoziazioni, a fronte degli impegni già assunti anche con altri partners da Almaviva in cui sono specificati in concreto i servizi offerti e le risorse messe a disposizione con il relativo valore economico. 9) Violazione degli artt. 86 e 206 del d.lgs. n. 163/2006. Al termine delle operazioni di valutazione la Commissione ha attribuito a Sirti 33 punti su un totale di 35 in relazione all’offerta tecnica e 55,3 punti su un totale di 65 in riferimento all’offerta economica. Sotto dunque entrambi i profili ha ottenuto un punteggio superiore ai 4/5 dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara e dalla lettera di invito; la Commissione avrebbe dunque dovuto attivare il subprocedimento, secondo quanto disposto dall’art. 86, II comma, del d.lgs. n. 163/06, per la verifica dell’anomalia dell’offerta, dapprima aprendo la busta D) di Sirti in cui erano contenute le giustificazioni a corredo dell’offerta presentata e poi eventualmente esaminare, in contraddittorio, le ulteriori giustificazioni rese dall’impresa. Fermo quanto sopra, il comportamento osservato da F.S. è comunque illegittimo nella misura in cui la Stazione appaltante ha omesso di indicare gli elementi specifici in base ai quali valutare l’anomalia delle offerte presentate. 10) Violazione degli artt. 84, IV comma, e 206 del d.lgs. n. 163/2006; violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa. Con nota del 18/9/07 l’amministratore delegato di F.S. ha nominato la Commissione giudicatrice chiamata a valutare le offerte presentate in relazione alla gara d’appalto oggetto di controversia, ed in particolare l’avv. Marchetti, esperto in materia legale, quale Presidente; l’ing. Stivali, esperto in valutazioni economiche, quale membro, l’ing. Levi, esperto in ICT, quale membro, e poi ancora l’ing. Santoro, esperto in ICT, quale membro, ed il dr. Ristoratore, esperto in ICT, quale membro. Tale provvedimento di nomina è illegittimo, per contrasto con l’art. 84, IV comma, del codice dei contratti pubblici, in quanto è stato chiamato a fare parte dell’organo di valutazione anche l’ing. Maurizio Levi che aveva in precedenza provveduto alla predisposizione degli atti di gara, in quanto autore di tutti i documenti in excel ed in formato pdf che formano parte integrante del compact disc allegato alla lettera di invito alla gara. All’udienza del 6/12/2007 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. - Per motivi di ordine processuale va preliminarmente esaminato il ricorso incidentale proposto da Sirti S.p.a., avente carattere pregiudiziale rispetto al gravame principale, invocandosi con lo stesso l’esclusione dalla gara del costituendo R.T.I. tra Almaviva S.p.a. ed Almaviva Finance S.p.a.

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Ed invero, ove con il ricorso incidentale (c.d. diretto) venga contestata la mancata esclusione dalla gara del ricorrente principale, sì da dimostrarne l’assenza di titolo all’aggiudicazione, si deduce la carenza di legittimazione dello stesso ricorrente principale; in tale prospettiva, all’eventuale accoglimento del ricorso incidentale potrebbe conseguire una pronuncia in rito idonea a definire il processo per difetto di una condizione dell’azione (Cons. Stato, Sez. V, 8/5/2002, n. 2468; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 7/3/2003, n. 445). La necessità di esaminare con priorità il ricorso incidentale volto a contestare l’ammissione alla gara del ricorrente principale, e quindi la sua stessa legittimazione attiva, resta ferma anche allorché lo stesso ricorso principale miri ad affermare l’illegittimità dell’ammissione alla medesima gara dell’aggiudicatario, ricorrente incidentale; ed infatti, in tale eventualità, non può sostenersi che l’accoglimento del ricorso principale privi il controinteressato della legittimazione, stante l’inapplicabilità al ricorso incidentale, in virtù della sua diversa funzione meramente conservativa e difensiva, del principio secondo cui la parte non ammessa a partecipare ad una procedura selettiva non è legittimata a produrre censure riguardanti l’ulteriore svolgimento della gara (Cons. Stato, Sez. V, 11/5/2007, n. 2356). Né può obiettarsi che tale priorità logica dell’esame del ricorso incidentale sia venuta meno perché sono rimasti in gara due soli concorrenti, seguendo un indirizzo che è stato condiviso anche dalla Sezione (T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 21/2/2007, n. 1527, nonché 6/11/2007, n. 10852). Ed infatti, nel caso di specie, risultano pervenute alla Stazione appaltante tre offerte, seppure poi una di queste (quella del R.T.I. Telecom) non sia stata ammessa allo scrutinio dell’offerta economica per non avere raggiunto il punteggio minimo necessario sull’offerta tecnica. In ogni caso, va osservato come tuttora dibattuta sia la questione dell’ordine di esame dei ricorsi anche nel caso di gare d’appalto cui partecipino due soli concorrenti; recentemente, la giurisprudenza ha ribadito che la priorità del ricorso incidentale non può trovare deroga nell’ipotesi in cui i ricorsi sono stati proposti dagli unici due partecipanti alla gara d’appalto, in quanto con l’accoglimento del ricorso incidentale viene posto in discussione lo stesso titolo di legittimazione del ricorrente principale a produrre il gravame (Cons. Stato, Sez. IV, 27/6/2007, n. 3765; Cons. Stato, Sez. IV, 30/12/2006, n. 8265; Cons. Stato, Sez. V, 21/6/2006, n. 3689; T.A.R. Veneto, Sez. I, 3/4/2007, n. 1095), con la conseguenza che l’interesse all’accertamento del difetto di legittimazione del ricorrente incidentale assume carattere recessivo e secondario, in quanto il giudizio deve arrestarsi ad un momento logicamente anteriore, cui si collega l’effetto dell’accertamento dell’inutilità dell’impugnazione principale, con la conseguenza che il ricorrente principale, dovendo essere escluso dalla gara, non avrebbe comunque potuto beneficiare dell’esclusione dell’aggiudicatario. 2. - Ciò premesso, il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti al medesimo sono infondati, e devono pertanto essere disattesi, potendosi dunque prescindere dalla disamina dei profili di inammissibilità eccepiti da Almaviva. 2.1. - In particolare, non appare meritevole di positiva valutazione il ricorso incidentale con cui si deduce l’illegittima ammissione alla gara di Almaviva S.p.a., nell’assunto che la medesima si trovava in una condizione di conflitto di interessi, preclusiva della partecipazione, e comunque tale da alterare l’effettiva concorrenza tra gli offerenti, in quanto detentrice del pacchetto azionario di maggioranza della TSF S.p.a., precedente affidataria del servizio, ed il cui acquisto costituiva condizione per l’aggiudicazione. Occorre, al fine di escludere la dedotta condizione di indebito privilegio nella formulazione dell’offerta economica, considerare come Almaviva e Ferrovie delo Stato, in occasione della decisione di quest’ultima di bandire la presente gara, abbiano stipulato, in data 29/3/07, un accordo di co - vendita, in forza del quale Almaviva ha conferito a Ferrovie dello Stato un mandato irrevocabile a vendere le azioni di sua proprietà ad un prezzo fisso ed immutabile, pari ad euro 720,99 per azione, predeterminato da un advisor, con la conseguenza di sottoporre anche il R.T.I. Almaviva, ove risultato aggiudicatario, alla necessità dell’esborso del prezzo stabilito; con il predetto accordo di co - vendita sono altresì stati dismessi tutti i poteri di gestione di Almaviva, e, per l’effetto, il C.d’A. di TSF ha

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deliberato il venire meno della condizione di soggezione della società alla direzione e coordinamento di Almaviva, escludendosi, in tale modo, anche il potenziale flusso privilegiato di informazioni. Si aggiunga altresì che l’acquisto di TSF, a termini della lex specialis, non ha costituito elemento del confronto concorrenziale, prevedendo il punto III.1.4), lett. a), del bando che l’assegnazione del servizio oggetto di gara è sottoposta alla condizione essenziale dell’acquisto, da parte dell’aggiudicatario, dell’intero capitale azionario di TSF ad un prezzo, come detto, fisso ed immutabile. Tali elementi concorrono, nel loro insieme, a dimostrare l’insussistenza di effettivi vantaggi competitivi in favore di Almaviva, e soprattutto, anche a condividere la tesi giusta la quale le situazioni di conflitto d’interesse, nell’ambito pubblicistico, non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, ad escludere la ravvisabilità di situazioni di contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, nella posizione di Almaviva. Merita osservare ancora come, a prescindere dall’esistenza di una specifica previsione di esclusione nella lex specialis, la stessa giurisprudenza comunitaria invocata dalla ricorrente incidentale precluda alla normativa nazionale di escludere dalla partecipazione ad una gara d’appalto una persona che sia stata incaricata della ricerca, della sperimentazione, dello sviluppo di tali lavori, forniture o servizi, senza concederle la possibilità di provare che, nelle circostanze del caso di specie, l’esperienza da essa acquisita non ha potuto falsare la concorrenza (Corte Giust. CE, 3/3/2005, nei procedimenti riuniti C-21/03 e C-34/03, caso Fabricom SA). In ultima analisi, nelle descritte condizioni giuridico - fattuali, l’adesione alla tesi di Sirti porterebbe all’implicita e giuridicamente fallace affermazione della preclusione alla partecipazione ad una gara della società che ha svolto per ultima il servizio o la fornitura oggetto del nuovo affidamento, in tale modo verosimilmente acquisendo maggiore esperienza e competenza nel settore. 2.2. - Con il primo motivo aggiunto al ricorso incidentale si allega poi un ulteriore profilo di illegittimità dell’ammissione alla gara del R.T.I. Almaviva, connesso alla presunta mancanza, in capo alla medesima, dei requisiti di capacità economica e finanziaria di cui al punto III.2.2), lett. a), del bando (ed in particolare del requisito del fatturato annuale medio nel triennio 2003 - 2005), inammissibilmente integrato, mediante il ricorso all’istituto dell’avvalimento, di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006, con il fatturato dell’impresa ausiliaria Cos Communication Services S.p.a. La censura deve essere disattesa. Non appare infatti al Collegio condivisibile l’interpretazione del predetto art. 49, VII comma, fornita da Sirti, secondo cui solo il bando può consentire ai concorrenti di utilizzare l’avvalimento parziale verticale ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione. La prospettiva ermeneutica deve essere rovesciata, in quanto la norma da ultimo indicata va inserita nel contesto generale della disciplina sull’avvalimento, che è contenuta nell’art. 49 del codice dei contratti pubblici, e che trova il proprio imprinting nel diritto comunitario, ove, ormai da tempo, è ammesso che un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara di appalto, possa fare riferimento alla capacità di altri soggetti, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti, necessari all’esecuzione del contratto (in termini Corte Giust. CE, 2/12/1999, in causa C-176/98, Holst Italia, nonché Corte Giust CE, 14/4/1994, in causa C-389/92, Ballast Nedam Groep I). Ciò significa che, per regola generale, il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, può, in relazione ad una specifica gara, soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti economici, finanziari, tecnici, organizzativi, ovvero di attestazione della certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di un altro soggetto; è ravvisabile dunque solamente un limite modale nel ricorso all’avvalimento, essendo imposto al concorrente avvalente l’onere di fornire all’Amministrazione la dimostrazione della concreta disponibilità dei mezzi facenti capo all’impresa avvalsa, e necessari per l’espletamento dell’appalto (T.A.R. Lazio, Sez. I, 10/10/2006, n. 10233). In tale contesto, il settimo comma dell’art. 49, in aderenza, del resto, al dato testuale, deve essere inteso come norma che consente delle limitazioni all’avvalimento che possono essere previste dal bando di

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gara. In altri termini, la lex specialis può contemplare un’ipotesi di avvalimento parziale, seppure di dubbia compatibilità comunitaria, in relazione alla natura ed all’importo dell’appalto, ma, in mancanza di una specifica clausola in tale senso, l’avvalimento ha estensione operativa generalizzata (in termini T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 30/10/2007, n. 10271). 2.3. - Con il secondo motivo aggiunto al ricorso incidentale si deduce poi la violazione dell’art. 37, XIII comma, del d.lgs. n. 163/06, nell’assunto dell’insussistenza di un’effettiva corrispondenza tra le quote di partecipazione al raggruppamento costituendo delle due imprese e le quote di esecuzione dei servizi dichiarate in sede di offerta (con particolare riferimento alla condizione della capogruppo mandataria). La censura, se non anche inammissibile per genericità, è infondata. Ed infatti si evince dalla dichiarazione in data 14/9/07 resa da Almaviva S.p.a. in sede di presentazione dell’offerta che essa partecipa al R.T.I. nella misura dell’80% e si è impegnata ad eseguire l’80% dei servizi oggetto di gara, mentre Almaviva Finance s.p.a. partecipa al raggruppamento nella misura del 20%, percentuale per la quale si è impegnata ad eseguire i servizi in questione. Né, del resto, appare corretto inferire una diversa soluzione con riferimento al requisito dei fatturati realizzati e dichiarati a dimostrazione della capacità economica e finanziaria ai sensi del punto III.2.2, lett. a) e b), del bando, occorrendo, al contrario, parametrare la quota di partecipazione ai requisiti minimi di fatturato generico annuale medio e di fatturato specifico annuale medio prescritti dalla lex specialis (rispettivamente pari ad euro 300.000.000,00 e ad euro 165.000.000,00, IVA esclusa). 2.4. - Con il terzo ed ultimo motivo aggiunto incidentale si allega che l’offerta economica del R.T.I. ricorrente principale viola le prescrizioni sui “motivi di esclusione” contenute nel Capo IV della lettera di invito, in quanto il prezzo del servizio HD è stato determinato applicando la tariffa unitaria offerta per l’operatore junior ad un solo volume (anziché a due), ed applicando la tariffa unitaria offerta per l’operatore senior a due volumi (anziché ad uno); detta offerta doveva dunque essere esclusa e non poteva essere oggetto di un intervento correttivo da parte della Commissione. Anche tale doglianza deve essere disattesa. Si desume invero anche dal verbale n. 7 del 26/9/07 che il costituendo R.T.I. Almaviva non ha errato nell’applicazione della tariffa unitaria per gli operatori HD, ma ha invertito i fattori di moltiplicazione; appare conseguentemente conforme a buona fede il fatto che la Commissione giudicatrice abbia interpretato tale evenienza come un errore di calcolo, suscettibile di correzione secondo quanto espressamente previsto nel Capo VI della lettera di invito. 3. - Nel procedere ora allo scrutinio del ricorso principale, il Collegio deve anzitutto valutare se esaminare in via prioritaria, in accoglimento di quanto richiesto da Almaviva S.p.a., le censure contenute nei motivi 1, 2, 3, 4 e 5 dell’atto di motivi aggiunti, il cui accoglimento condurrebbe all’esclusione della controinteressata Sirti dalla gara ed alla conseguente aggiudicazione dell’appalto in favore del R.T.I. Almaviva, a differenza delle altre censure, dedotte nel ricorso principale, nonché nei motivi aggiunti, il cui ipotetico accoglimento porterebbe al travolgimento dell’intera procedura di gara. Ora, seppure è pacificamente attribuita all’organo giudicante la facoltà di individuare l’ordine di esame delle questioni sottoposte alla sua cognizione (Cons. Stato, Sez. VI, 5/9/2002, n. 4487; Sez. IV, 4/12/2000, n. 6488), dando la precedenza, sul piano logico - giuridico, all’esame dei motivi che, evidenziando in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato, appaiono idonei a soddisfare pienamente l’interesse dedotto in giudizio, tale “prerogativa”, in presenza di domande diverse per il rispettivo petitum, trova il suo limite nel principio dispositivo. In applicazione di tale principio non può che essere rimesso al ricorrente di indicare al giudice quale delle (eterogenee) domande proposte egli ritenga più ampiamente satisfattiva del proprio interesse (in termini Cons. Stato, Sez. V, 5/9/2006, n. 5108). 4. - Principiando dunque dall’esame dei motivi aggiunti, va rammentato che con il primo di questi viene dedotta la violazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006, nella considerazione che tra la fase della prequalifica e quella di presentazione dell’offerta sia intervenuta una radicale trasformazione del

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concorrente originariamente formato dal costituendo R.T.I. tra Indra Sistemas SA e Sirti S.p.a., che doveva pertanto essere escluso dalla gara. Più chiaramente, mentre la domanda di partecipazione alla gara è stata presentata dal R.T.I. che vedeva Indra come impresa mandataria ed Irti come impresa mandante, l’offerta è poi pervenuta dalla sola Sirti, che si è avvalsa di Indra, dando così luogo ad un’illegittima modificazione soggettiva dei concorrenti. La censura, pur nella sua problematicità, non è meritevole di positiva valutazione, e va dunque disattesa. Occorre muovere dalla premessa per cui il principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti di imprese risulta strettamente connesso all’obbligo di identità dei soggetti partecipanti alla gara da una parte, ed al divieto di cessione del contratto di appalto dall’altra. Tale divieto di modifica della composizione soggettiva del R.T.I. è stato dalla giurisprudenza più attenta, anche antecedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. n 163/06, giustificato in considerazione dell’esigenza di assicurare alle Amministrazioni aggiudicatrici una conoscenza piena dei soggetti che intendono contrarre con esse, al fine precipuo di consentire un controllo dei requisiti di idoneità morale, tecnico - organizzativa ed economico - finanziaria (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 23/7/2007, n. 4101; Sez. V, 3/8/2006, n. 5081). Se dunque non appare incompatibile con la ratio della disposizione il recesso di una o più imprese dall’associazione, alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alla fattispecie in esame, in cui Sirti ha mutato il proprio titolo di partecipazione da impresa mandante di una costituenda A.T.I. ad impresa individuale che si avvale di Indra (la quale, a sua volta, si è trasformata da impresa mandataria ad impresa ausiliaria). Ed infatti il principio di immodificabilità soggettiva dei concorrenti è teso, in funzione di quanto premesso, ad impedire l’aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti al raggruppamento, eventi che precluderebbero un controllo tempestivo del possesso dei requisiti. Nel caso di specie, come esposto, le due imprese prequalificate sono le stesse che hanno presentato l’offerta, seppure con diverso modulo organizzativo interno; la modificazione soggettiva non ha dunque comportato alcuna violazione del principio di contestualità e simultaneità della valutazione delle imprese partecipanti alla gara. Né può rilevare l’asserita diminuzione delle garanzie, atteso che, ai fini dell’ammissibilità delle offerte, è sufficiente che le stesse siano assistite dalle garanzie previste dalla lex specialis. Va soggiunto infine che dall’art. 37, IX comma, del d.lgs. n. 163/06 non si inferisce un generale divieto normativo alla modificazione soggettiva del R.T.I. sino al momento della presentazione delle offerte. 5. - Con il secondo motivo aggiunto è poi dedotta la violazione dell’art. 49, IV comma, del codice da parte del contratto di avvalimento intercedente tra Sirti ed Indra, il quale prevede, al punto 3.2, la responsabilità dell’impresa ausiliaria limitatamente alle prestazioni che la stessa svolgerà in qualità di subappaltatore, con conseguente illegittimo utilizzo dell’istituto dell’avvalimento, fondato sul principio della integrale responsabilità solidale dell’impresa ausiliata e di quella ausiliare. Anche tale censura deve essere disattesa. Ed invero, nonostante l’indubbia complessità della questione giuridica prospettata e dei suoi potenziali riflessi pratici, non può, ad avviso del Collegio, trascurarsi la portata del nuovo decimo comma dell’art. 49, risultante dalla modifica apportata al codice dal d.lgs. 26/1/2007, n. 6, il quale expressis verbis ammette, in soluzione di continuità con il precedente testo, che “l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati”, conformandosi in tale modo al prevalente indirizzo giurisprudenziale, consolidatosi nel senso di ritenere il subappalto come strumento ordinario di cooperazione tra imprese, in quanto tale idoneo a comprovare il possesso per relationem alle capacità di altro soggetto dei requisiti di idoneità tecnica, economica e finanziaria di partecipazione ad una gara (così Cons. Stato, Sez. V, 7/2/2003, n. 645). E’ dunque vero che l’art. 49, IV comma, del codice, nel recepire la, invero stringata sul punto, direttiva comunitaria, ha in qualche modo riconosciuto un “rilievo esterno” all’impresa ausiliaria, la quale è

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responsabile in solido (con il concorrente) nei confronti della Stazione appaltante in relazione alle prestazioni dedotte in contratto, ma è altrettanto vero che tale disciplina deve essere coordinata con quella del subappalto, ove a tale figura contrattuale si intenda fare ricorso per il “prestito” dei requisiti e la “messa a disposizione delle risorse”. Ed allora, non solo alla stregua di quanto espressamente prescritto dall’art. 49, X comma, secondo cui l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati, ma anche in considerazione del fatto che il subappalto rientra nella categoria del contratto derivato (o subcontratto), nozione idonea ad evidenziare la condizione di distinzione e di coesistenza dei contratti, deve ritenersi che la responsabilità solidale del subappaltatore sia limitata alla prestazione subappaltata (altro problema è, evidentemente, quello della compatibilità o meno della “quota subappaltabile” ex art. 118 del codice, e del connesso regime vincolistico, con la disciplina propria dell’avvalimento). Quanto precede, a prescindere da una ricostruzione della fattispecie in termini di deroga alla solidarietà passiva (che, peraltro, non appare comunitariamente preclusa), induce il Collegio a ritenere che il contratto di avvalimento del 14/9/07 tra Indra Sistemas SA e Sirti S.p.a., nella parte in cui (punto 3.2) prevede che “la responsabilità nei confronti della Stazione appaltante è da ritenersi circoscritta e limitata alle prestazioni che l’ausiliaria svolgerà direttamente nella gara in questione in veste di subappaltatore, con espressa esclusione di qualsivoglia altro tipo di responsabilità …” sia conforme alla previsione di cui al combinato disposto del quarto e del decimo comma dell’art. 49 del d.lgs. n. 163/06. 6. - Le considerazioni ora esposte in ordine alla portata del combinato disposto del IV e del X comma dell’art. 49 del codice dei contratti inducono a disattendere anche il terzo motivo aggiunto con il quale si allega la violazione della lex specialis conseguente alla clausola di esclusione della integrale responsabilità solidale tra impresa concorrente ed impresa ausiliaria. L’assunto di parte ricorrente è quello per cui la clausola di limitazione della responsabilità di Indra verrebbe a confliggere con la previsione di cui al punto VI.3) del bando di gara, nella parte in cui stabilisce che “il ricorso all’istituto dell’avvalimento è consentito nelle forme indicate dall’art. 49 del d.lgs. n. 163/06”. In realtà, comunque si voglia interpretare la clausola del contratto di avvalimento (secondo le ipotesi ermeneutiche egregiamente prospettate dalle parti resistenti), è indubbio che la medesima non appare derogatoria rispetto alla disciplina codicistica dell’avvalimento, nel testo risultante dalle modificazioni apportate con il “decreto correttivo” n. 6/2007. 7. - Con il quarto motivo aggiunto si allega l’illegittima ammissione alla gara di Sirti S.p.a. per violazione dle punto III. 2.2.), lett b), del bando di gara, nella considerazione che la stessa non possedeva, in difformità di quanto dichiarato in sede di prequalificazione, il prescritto requisito di capacità economica, costituito dal fatturato specifico ICT annuale medio per il triennio 2003/2005 (nella misura del 40% del totale, corrispondente alla sua quota di partecipazione al raggruppamento). Il motivo è infondato. Ed infatti il bando, al punto III.2.2), richiedeva solamente, ai fini della partecipazione alla gara, la presentazione, a pena di esclusione, unitamente alla richiesta di partecipazione, di una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante, o dal procuratore speciale munito di appositi poteri (ed accompagnata dalla fotocopia del documento di identità del sottoscrittore) attestante il fatturato generico annuale medio ed il fatturato specifico annuale medio per gli anni 2003/2005. La verifica della veridicità di detta dichiarazione (e, dunque, del possesso dei requisiti ai fini della partecipazione), secondo quanto desumibile dalla lettera di invito, è collocata in una fase successiva all’aggiudicazione definitiva, configurandosi come requisito di efficacia della medesima. Il Capo VII della lettera di invito precisa, in particolare, che “qualora all’esito delle verifiche svolte risultasse che, ai fini della partecipazione alla gara, il concorrente ha reso dichiarazioni non veritiere in ordine ai requisiti di partecipazione, Ferrovie dello Stato S.p.a. comunicherà al diretto interessato la caducazione dell’aggiudicazione, procedendo all’escussione della garanzia di cui al punto f) del Capo III pag. 7 e alla segnalazione alla competente Autorità giudiziaria, nonché all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”.

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Rappresenta Ferrovie dello Stato S.p.a., nei propri scritti difensivi, che detta verifica è ancora in corso. Ma ciò che rileva, ai fini del decidere, è che, a termini della lex specialis di gara, Ferrovie dello Stato S.p.a., all’atto della prequalifica, si è limitata ad accettare le dichiarazioni che gli aspiranti concorrenti hanno reso con le modalità previste dal bando e dal d.P.R. 28/12/2000, n. 445 (T.U in materia di documentazione amministrativa); conseguentemente, allo stato, non appare ravvisabile il dedotto motivo di esclusione dalla gara della controinteressata aggiudicataria. 8. - Con il quinto motivo aggiunto si lamenta poi l’illegittima sostituzione della Commissione aggiudicatrice alla Sirti S.p.a. nella determinazione del “prezzo offerto complessivo”, osservandosi come la predetta società si sia limitata, nella propria offerta, ad indicare il “prezzo offerto complessivo annuo”, in violazione di quanto prescritto dal Capo III della lettera di invito, e dallo “Schema di offerta economica” - Allegato 2 alla stessa lettera di invito. Anche tale motivo non merita una positiva valutazione. Si evince infatti dal verbale n. 7 del 26/9/07 che la Commissione giudicatrice ha provveduto alla correzione di errori di calcolo riscontrati nell’offerta economica di Sirti ed, ai fini dell’attribuzione del punteggio, ha poi rideterminato il prezzo offerto complessivo, moltiplicando per i sei anni di durata dell’accordo quadro il prezzo offerto complessivo annuo. Ad avviso del Collegio, tale attività, concretatasi in una moltiplicazione, e quindi in un semplice calcolo matematico, non rappresenta un’indebita integrazione dell’offerta carente, tale da alterare la par condicio tra i concorrenti, costituendo piuttosto la correzione di un mero ed evidente errore materiale, non sanzionato peraltro a pena di esclusione. A questo riguardo, occorre infatti sottolineare come la lettera di invito, a pagina 10, nel disciplinare la “busta C - offerta economica”, prevede che essa debba contenere, a pena di esclusione, l’offerta economica compilata secondo lo “schema di offerta economica - All. 2”. Sembra dunque inferibile che la comminatoria di esclusione, in quanto tale di stretta interpretazione nella prospettiva del favor partecipationis, non sia estensibile ad ogni erronea modalità redazionale dell’offerta, ma solo all’ipotesi di mancato inserimento dell’offerta economica nella relativa busta. E’ vero peraltro che la giurisprudenza riconosce anche ipotesi “innominate” di esclusione, ma solo in caso di violazione di clausole che corrispondono ad un interesse sostanziale dell’Amministrazione committente, essenziali per il proficuo svolgimento della gara ed alla garanzia della parità di trattamento delle imprese partecipanti (in termini Cons. Stato, Sez. V, 22/5/2001, n. 2830). Nel caso di specie l’omissione in cui è incorsa Sirti non costituisce una violazione sostanziale, ed anzi può convenirsi con Ferrovie nel senso che si sia trattato di un errore irrilevante ai fini della ricostruizione della di lei volontà contrattuale. Si intende dire che la mancata determinazione del “prezzo offerto complessivo” costituisce un’omissione meramente formale, nel contesto di un’offerta già completa in tutti i suoi elementi costitutivi. 9. - Disattesi i motivi aggiunti dei quali Almaviva ha chiesto l’esame prioritario, si deve ora procedere allo scrutinio delle censure che prospettano, sul piano logico - giuridico, una più radicale illegittimità degli atti impugnati, la cui rimozione dovrebbe dunque corrispondere ad un maggiore interesse del R.T.I. ricorrente. In tale prospettiva, sembra al Collegio di dover muovere dal primo motivo del ricorso principale, con il quale è dedotta la violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara, e dunque anche dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, nella considerazione che la Commissione giudicatrice ha sempre operato in seduta riservata, anche nella fase di apertura dei plichi contenenti le offerte e di apertura delle buste contenenti le offerte economiche. La censura è fondata, e meritevole pertanto di accoglimento. Non ignora il Collegio che, secondo un autorevole indirizzo giurisprudenziale, richiamato dalle parti resistenti, il principio di pubblicità della gara deve ritenersi derogato nei settori ex esclusi di cui al d.lgs. 17/3/1995, n. 158, ove l’appalto viene aggiudicato con metodi diversi dalla procedura aperta; ciò in particolare nella considerazione che la relativa disciplina non solo non sancisce espressamente

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l’obbligo di pubblica apertura delle buste contenenti le offerte e la documentazione, ma esclude altresì che, nel caso di procedure ristrette (quale la presente) e negoziate, si debba dare notizia della data, del luogo e dell’ora di apertura delle buste, secondo quanto si ricava dall’analisi comparativa delle schede A), B) e C) dell’Allegato XII dello stesso decreto legislativo, cui fa rinvio l’art. 11, I comma. Secondo tale elaborazione giurisprudenziale, di cui importante momento è la decisione del Cons. Stato, Sez. VI, 4/11/2002, n. 6004 (e poi anche la decisione del Cons. Stato, Sez. VI, 9/6/2005, n. 3030), il fondamento di razionalità di tale deroga al principio di pubblicità può essere rinvenuto nel fatto che si verte al cospetto di procedure caratterizzate da significativi margini di snellezza e di elasticità, tali da giustificare la sottrazione a regole formali operanti con riferimento a gare sottoposte ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo. Occorre altresì riconoscere come tale trend sia stato recepito anche dalla Sezione, a ben vedere, peraltro, con riferimento ad appalti rientranti nei settori esclusi, ma caratterizzati anche dal ricorso alla procedura negoziata (in termini, da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 11/1/2007, n. 128; 8/8/2006, n. 7110). Ciò premesso, non può il Collegio esimersi dal rilevare come, già nel quadro ordinamentale antecedente al d.lgs. n. 163/2006, tale opzione ermeneutica risultasse non priva di incertezze, anzitutto in ordine al suo fondamento giuridico, ed anche in considerazione della specificità delle fattispecie in cui detto principio ha trovato applicazione. Ed invero una siffatta soluzione deve misurarsi con la consolidata affermazione secondo cui il principio di pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è inderogabile per ogni tipo di gara, almeno per quanto riguarda la fase di verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, e di apertura dei plichi stessi, mentre ciò non può ovviamente valere per la fase della valutazione tecnico - qualitativa dell’offerta, la quale non può che essere effettuata in sede riservata, onde evitare influenze sui giudizi dei membri della Commissione giudicatrice (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 7/11/2006, n. 6529). E’ evidente come in tale prospettiva il principio di pubblicità delle sedute di gara diviene funzionale al rispetto delle esigenze di trasparenza ed imparzialità che devono guidare ogni tipologia di attività amministrativa, in applicazione dell’art. 97 della Costituzione. A bene considerare, il principio di pubblicità, costituente “principio generale dell’attività amministrativa” ex art. 1 della legge generale sul procedimento (7/8/1990, n. 241, e s.m.i.), informa tutta la disciplina della c.d. evidenza pubblica, a principiare dalla fase preliminare alla indizione della gara (il riferimento è all’obbligo di pre - informazione di carattere programmatorio che consiste nella pubblicazione di un probabile calendario dei contratti da affidarsi, per ciascun esercizio finanziario), assumendo peraltro maggiore pregnanza sub specie di obbligo di pubblicazione del bando, costituente il livello minimo inderogabile di pubblicità. Nella vicenda in esame viene in rilievo il principio di pubblicità che connota la fase di espletamento della gara, al fine di assicurare la massima trasparenza nell’attività strumentale all’aggiudicazione; al termine della gara, da ultimo, copre la fase della c.d. “post - informazione”, con la funzione di rendere noto l’esito della stessa. Tale ordine di argomenti è stato valorizzato da altra parte della giurisprudenza anche per le gare relative ai settori ex esclusi, proprio nell’assunto che il principio di pubblicità discende in via diretta dai principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento (in termini T.A.R. Liguria, Sez. II, 1/4/2004, n. 313). Più recentemente, è stato riaffermato che la pubblicità delle sedute delle Commissioni di gara costituisce un principio generale della materia dei contratti pubblici (quanto meno con riguardo alla fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione e l’offerta economica dei partecipanti, anche se non la fase di valutazione tecnica delle offerte) che deve trovare applicazione, in mancanza di una deroga espressa, anche nei settori speciali (così T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 28/5/2007, n. 315, ma anche Cons. Stato, Sez. VI, 22/3/2007, n. 1369). Ad avviso del Collegio tale soluzione trova rafforzato fondamento nella nuova disciplina contenuta nel

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codice dei contratti pubblici (di cui al più volte citato d.lgs. n. 163/06), il cui art. 2, al primo comma, enuclea anche quello di pubblicità “con le modalità indicate nel presente codice”, aggiungendo poi, al terzo comma, che “per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7/8/1990, n. 241 …”. Per quanto qui rileva, deve sottolinearsi come l’art. 206, nel porre in luce la disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali di rilevanza comunitaria, fa riferimento, tra l’altro, alle norme di cui alla Parte I del codice (principi e disposizioni comuni), tra le quali è, appunto, inserito anche il predetto art. 2. Ciò consente di affermare che il principio di pubblicità, nelle sue varie manifestazioni (in precedenza brevemente ricordate), si applica anche ai settori speciali di rilevanza comunitaria, senza che a tale fine occorra una specifica previsione della lex specialis. Qualche dubbio ermeneutico può derivare dalla locuzione “con le modalità indicate nel presente codice”, mediante la quale forse si è inteso non cristallizzare una volta per tutte l’estensione dell’ambito di operatività del principio di pubblicità (tenendo conto, ad esempio, delle differenze che possono intercorrere tra procedure di aggiudicazione automatica e procedure che invece richiedono una valutazione tecnico - discrezionale per la scelta dell’offerta più vantaggiosa), ma che certamente non consente una lettura disapplicativa della norma. A questo riguardo, occorre farsi carico di rispondere all’obiezione delle parti resistenti che evidenziano come l’Allegato XIII al codice (recante le “informazioni che devono comparire nei bandi di gara nei settori speciali di cui alla parte III del codice”) preveda, come contenuto della lex specialis, sub n. 11, le persone ammesse ad assistere alla apertura delle offerte (e, strumentalmente, la data, l’ora ed il luogo di tale apertura) solo in caso di “procedure aperte”, e dunque non anche nel caso di specie, caratterizzato da una procedura ristretta. Come correttamente evidenziato da parte ricorrente nella memoria depositata in data 23/10/07, si tratta di un argomento che prova troppo, in quanto, a farne stretta applicazione, si perverrebbe ad affermare l’inapplicabilità del principio di pubblicità anche alle gare aggiudicate da soggetti operanti nei settori ordinari. Ed infatti un’analoga previsione è contenuta, sub n. 13, nell’Allegato IX A al codice, ancora una volta con riguardo alle sole procedure aperte. Può dunque condividersi quanto sostenuto nella decisione del Cons. Stato, Sez. V, 11/5/2007, n. 2355 (seppure con riferimento alla disciplina di cui al d.lgs. 17/3/1995, n. 157), secondo cui i modelli di bando prevedono solo nel caso delle procedure aperte (asta pubblica) l’indicazione delle persone autorizzate a presenziare all’apertura delle offerte, in quanto detta precisazione ha la finalità, pur nel rispetto del principio di pubblicità, di contenere il numero delle persone da invitare per ragioni di semplificazione e speditezza dei relativi adempimenti, mentre una limitazione del genere non avrebbe alcun senso nel caso di procedure ristrette (licitazione privata ed appalto concorso) in cui il numero dei partecipanti è normalmente esiguo. 9.1. - Occorre aggiungere, ancora, che non persuade neppure l’ulteriore assunto di Ferrovie dello Stato S.p.a. e di Sirti S.p.a. secondo cui non sarebbe ravvisabile il presupposto di fatto della censura in esame, in quanto si verterebbe al cospetto di una seduta non riservata, ma aperta, come dimostrato dal fatto che la prima seduta della Commissione si è svolta il 18/9/07 presso lo studio del notaio De Franchis di Roma, il quale ha certificato la tempestività della ricezione e l’integrità dei tre plichi inviati dalle imprese offerenti, ed è poi proseguita nella sede di Ferrovie dello Stato, ove bene avrebbero potuto partecipare i rappresentati dei concorrenti alla gara che avessero voluto esercitare le proprie facoltà partecipative ex lege n. 241/90. Ed invero occorre anzitutto considerare che la consegna dei plichi presso lo studio notarile vale a certificare l’ora di consegna delle buste (e dunque il rispetto del termine fissato dalla lex specialis), ma nulla attesta circa la integrità del plico, e dunque non può porsi come succedaneo della regola della pubblicità della seduta di gara.

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La verbalizzazione, d’altra parte, è adempimento distinto rispetto alla pubblicità delle sedute di gara, rispondente ad una diversa finalità, seppure in rapporto di complementarietà con la prima (Cons. Stato, Sez. V, 16/6/2005, n. 3166; T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 16/11/2006, n. 12491). Si consideri che detta pubblicità è posta a tutela non solo della par condicio dei partecipanti alla gara, ma anche, come in precedenza chiarito, dell’interesse pubblico alla trasparenza ed all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze sono difficilmente apprezzabili ex post, e cioè una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato. Ne consegue che la mancata pubblicità della seduta di gara costituisce un vizio del procedimento in sé, che deve essere riscontrato “in astratto”, a prescindere da un’effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti (in termini Cons Stato, Sez. V, 7/11/2006, n. 6529; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 3/4/2006, n. 741; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 5/12/2005, n. 2201), con la conseguenza, tra l’altro, anche in una logica di “risultato”, di non essere riconducibile nell’area nozionale delle illegittimità non invalidanti di cui all’art. 21 octies, II comma, della legge n. 241/90, presupponente una verifica “in concreto” degli effetti della violazione delle norme sul procedimento. Il che porta come ulteriore corollario quello della irrilevanza (prima ancora che infondatezza) dell’assunto della natura aperta “su invito a richiesta” della gara oggetto di gravame; vale a dire che, a parte la difficoltà di ipotizzare un’iniziativa individuale del concorrente per assistere alle varie operazioni, che costituirebbe comunque una grave alterazione del modello legale prevedente (sin dall’art. 89, IV comma, del r.d. 23/5/1924, n. 827) l’invito da parte della Stazione appaltante, ciò che rileva non è tanto la partecipazione, quanto proprio l’avvenuta pubblicità delle relative sedute, che è di per sé garanzia di regolarità della gara (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 22/2/2007, n. 603). 10. - L’accoglimento della censura riguardante la violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara travolge l’intera procedura, determinando l’illegittimità derivata di tutti gli atti di gara, compresa l’aggiudicazione (in termini Cons. Stato, Sez. V, 7/11/2006, n. 6529; Cons. Stato, Sez. V, 20/3/2006, n. 1445; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 10/4/2003, n. 532; T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 10/10/2006, n. 10239; Cons. Stato, Sez. V, 12/7/1996, n. 855). L’annullamento degli impugnati atti contrassegnanti le operazioni di gara eseguite senza il rispetto della pubblicità, conseguente all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, consente al Collegio di esimersi dalla disamina delle restanti censure (il secondo motivo del ricorso principale, nonché la sesta, la settima, e l’ottava censura dell’atto di motivi aggiunti, la definizione di alcune delle quali richiederebbe, tra l’altro, approfondimenti istruttori), che possono dunque essere dichiarate assorbite. 11. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, devono essere respinti il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti al medesimo proposti dalla controinteressata Sirti S.p.a., come pure i motivi aggiunti al ricorso principale prioritariamente esaminati, mentre deve essere accolto il ricorso principale nei sensi di cui alla presente motivazione, con conseguente annullamento degli atti impugnati. comunque giusti motivi, anche in ragione della complessità delle questioni trattate, per disporre tra tutte le parti la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione III Ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti al ricorso incidentale, respinge i motivi aggiunti al ricorso principale, ed accoglie il ricorso principale, con conseguente annullamento degli atti impugnati, nei sensi di cui in motivazione. Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 6 e del 13 dicembre 2007. Italo Riggio Presidente Stefano Fantini Componente, Est.

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Tribunale Amministrativo Regionale Sardegna Cagliari sez. I 27/9/2007 n. 1764

1. L'articolo 118, comma 2, punto 1, del DL.gs. numero 163/2006 prevede la possibilità di affidare in subappalto o in cottimo a condizione che "i concorrenti all'atto dell'offerta [...] abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero di servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo".Perciò la ditta non può limitarsi a dichiarare genericamente di voler subappaltare tutti i lavori che la legge consente ma deve specificare in modo analitico e puntuale a quali lavori intende riferirsi; in mancanza di tale specificazione non può dirsi soddisfatta la condizione richiesta dalla normativa in esame.

2. La corretta dichiarazione resa all'atto della presentazione dell'offerta in ordine alle opere che il concorrente si riserva di affidare in subappalto non costituisce di per sé un requisito essenziale per la partecipazione alla gara in quanto essa è solitamente finalizzata a consentire alla ditta partecipante di subappaltare certe opere o servizi puntualmente indicati; in mancanza di tale corretta dichiarazione la conseguenza immediata consiste nella impossibilità per la ditta, una volta che dovesse risultare aggiudicataria, di subappaltare le opere (Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 1999, n. 438).Tuttavia qualora la ditta partecipante non possegga la qualificazione richiesta dal bando di gara in relazione a determinate opere, la impossibilità di utilizzare il subappalto per tali opere comporta la mancanza di un requisito soggettivo necessario, con conseguente esclusione dalla gara (Tar Campania Napoli, sez. prima 5 maggio 2006 n. 3968; Tar Sicilia Catania, sez. quarta, 19 gennaio 2006, n. 42; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 03 novembre 1998 , n. 2510).

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA SEZIONE PRIMA ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 19/2007 proposto dalla Impresa GPM Costruzioni e dalla Società cooperativa ICS, la prima in proprio e anche quale capogruppo della ATI con la seconda, rappresentate e difese dagli avvocati Fabrizio Montaldo e Guido Chessa Miglior, con elezione di domicilio in Cagliari, corso Vittorio Emanuele numero 1, presso lo studio dei medesimi; contro Comunità montana numero 2 "Su Sassu Anglona Gallura" rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Lattanzi e Marcello Vignolo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Cagliari, piazza del Carmine numero 22; e nei confronti di Cons Coop - Consorzio fra cooperative di produzione e lavoro di Forlì società cooperativa arl rappresentato e difeso dagli avvocati Renato Docimo e Carlo Dore ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Cagliari via Alghero numero 35; Impresa Mario Ticca; Impresa Giuseppe Giovanni Lai; Consorzio imprenditori sardi – CIS; Sphera Costruzioni S.r.l., non costituiti in giudizio per l'annullamento della determinazione numero 174 in data 26 ottobre 2006 del Servizio Segretario della Comunità montana intimata che non ha approvato i lavori che hanno condotto alla aggiudicazione provvisoria da parte della commissione incaricata di valutare le offerte relative al bando per lavori di ristrutturazione

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dell'ex convento di San Bonaventura; della determinazione dello stesso ufficio numero 180 in data 6 novembre 2006 con la quale sono stati approvati i verbali della commissione ed è stata definitivamente aggiudicata la gara; del bando di gara e degli atti conseguenti anche non conosciuti, ivi compreso il contratto di appalto eventualmente stipulato in esecuzione di dette determinazioni; VISTO il ricorso con i relativi allegati; VISTO l’atto di costituzione in giudizio della Comunità montana e del Conscoop; VISTI gli atti tutti della causa; NOMINATO relatore per la pubblica udienza del 20 giugno 2007 il consigliere Silvio Ignazio Silvestri; UDITI gli avvocati Fabrizio Montaldo per la ricorrente, Marcello Vignolo per la Comunità montana, Carlo Dore e Renato Docimo per il Consorzio controinteressato; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

F A T T O

L'impresa GPM Costruzioni e la Società cooperativa ICS espongono di aver partecipato in ATI ad una gara pubblica indetta dalla Comunità montana intimata, avente ad oggetto i lavori di ristrutturazione ex convento San Bonaventura. Il bando di gara specificava i lavori appartenenti alla categoria prevalente, nonché quelli appartenenti alle altre categorie, indicando come scorporabili e/o subappaltabili quelli con qualifica OS24 e OS23, mentre quelli appartenenti alla categoria OG11 venivano indicati solo come scorporabili. In sede di esame delle offerte, la Commissione aggiudicatrice escluse dalla gara quelle presentate dal Consorzio Roma e dalla ditta Lai Giuseppe sulla base del rilievo che non avevano prodotto alcun documento da cui risultasse che fossero in possesso della qualificazione OG11. Venivano successivamente aperti i plichi contenenti le offerte economiche e l'appalto veniva provvisoriamente aggiudicato alla ATI ricorrente. La stazione appaltante, con determinazione numero 174 del 26 ottobre 2006, non approvava il verbale di aggiudicazione provvisoria e rimetteva gli atti alla commissione affinché riesaminasse le offerte delle due ditte escluse, sul presupposto che i lavori di categoria OG11 fossero comunque subappaltabili, in mancanza di un esplicito divieto sul punto. A seguito del riesame la commissione confermava per altro motivo la esclusione del Consorzio Roma, mentre con riferimento alla ditta Giuseppe Lai, verificato che nella busta B era contenuta la dichiarazione di subappalto relativa a tutte le opere subappaltabili, dichiarava ammissibile l'offerta e, a seguito della rivalutazione delle offerte economiche valide, aggiudicava provvisoriamente la gara al Conscoop Consorzio di cooperative di produzione lavoro. Con determinazione numero 180 del 6 novembre 2006 veniva approvato il verbale e disposta la aggiudicazione definitiva. Avverso tali atti l’Impresa GPM Costruzioni e la Società cooperativa ICS propongono ricorso deducendo le seguenti censure. 1) violazione della lex specialis del bando; violazione dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale; violazione dell'allegato A del d.p.r. 25 gennaio 2000 numero 34; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge numero 241/1990; violazione degli articoli 2 e 12 del DL.gs. numero 163/2006. Le ricorrenti sostengono che il bando di gara, nell'indicare come scorporabili e/o subappaltabili i lavori con qualifica OS24 e OS23 e solo scorporabili quelli appartenenti alla categoria OG11, avrebbe escluso la subappaltabilità di questi ultimi; conseguentemente, poiché la ditta Lai non aveva la qualificazione per tale categoria, avrebbe dovuto essere senz'altro esclusa. 2) violazione della lex specialis del bando; violazione dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale; violazione dell'allegato A del d.p.r. 25 gennaio 2000 numero 34; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge numero 241/1990. L'amministrazione è giunta alla determinazione di riesaminare le offerte alla luce della considerazione che i lavori di cui alla categoria OG11 non rientrerebbero nello speciale divieto di subappalto previsto

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dall'articolo 37, comma 11, del DL.gs. 12 aprile 2006 numero 163. Senonché secondo le ricorrenti, la circostanza che l'importo dei lavori in questione, essendo inferiore al 15% dei lavori appartenenti alla categoria prevalente, sarebbe in astratto subappaltabile non escluderebbe che la stazione appaltante preveda comunque, come nel caso di specie, di non consentire il subappalto. 3) violazione della lex specialis del bando; violazione dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale; violazione della par condicio tra i concorrenti; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge numero 241/1990. L'amministrazione avrebbe arbitrariamente disapplicato i requisiti di partecipazione previsti dal bando, con ciò violando il principi di par condicio tra i concorrenti; in ogni caso non sussistevano in concreto i presupposti per l'esercizio del potere di autotutela invocato dalla medesima Comunità montana. 4) violazione del principio della par condicio tra i concorrenti; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge 241/1990. In ogni caso, anche nell'ipotesi di illegittimità della clausola del bando, l'amministrazione avrebbe violato la par condicio tra i concorrenti, disapplicando illegittimamente le regole che si era date. 5) violazione della lex specialis del bando; violazione dell'articolo 118 del DL.gs. 163/2006; violazione dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale; violazione dell'allegato A del d.p.r. 25 gennaio 2000 numero 34; violazione del principio della par condicio tra i concorrenti; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge numero 241/1990; eccesso di potere. In ogni caso, la ditta Giuseppe Lai avrebbe dovuto essere esclusa perché la dichiarazione di voler subappaltare nei limiti di legge non raggiungerebbe quel livello di specificità imposto dall'articolo 118 del DL.gs. numero 163/2006 e dall'articolo 3 punto 1 del disciplinare di gara; inoltre tale dichiarazione era contenuta nella busta B anziché nella busta A, come richiesto dal disciplinare di gara. 6) violazione della lex specialis del bando; violazione degli articoli 35 e 118 del DL.gs. 163/2006; violazione dell'articolo 2, comma 3, della legge 127/1997; violazione del principio della par condicio tra i concorrenti; violazione dei principi generali in materia di autotutela e dell'articolo 21 nonies della legge numero 241/1990; eccesso di potere. Il Cons. Coop. avrebbe dovuto essere escluso dalla gara perché la società Sphera Costruzioni, che ha partecipato alla gara in consorzio con il Consorzio imprenditori sardi, a sua volta consorziato con il predetto Cons Coop, non avrebbe allegato una valida documentazione attestante la sussistenza dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara; inoltre la società Sphera non possederebbe le qualifiche necessarie per i lavori in categoria OS23, OS24 e OG11. Si sono costituiti in giudizio la Comunità montana e Cons Coop; entrambi hanno controdedotto puntualmente e chiesto una pronuncia di rigetto. All'udienza pubblica del 20 giugno 2007 il ricorso è stato spedito in decisione.

D I R I T T O

La Impresa GPM Costruzioni e la Società cooperativa ICS impugnano gli atti con cui la Comunità montana intimata non ha approvato il verbale di aggiudicazione provvisoria a suo favore relativo alla gara avente ad oggetto lavori di ristrutturazione ex convento San Bonaventura, rinviando gli atti alla apposita commissione; impugnano altresì il successivo atto di approvazione del verbale e la aggiudicazione definitiva al controinteressato Conscoop - Consorzio di cooperative di produzione lavoro, nonché ogni altro presupposto compreso il bando di gara e il conseguente, anche se non conosciuto, contratto di appalto eventualmente stipulato in esecuzione di detta determinazione. Secondo i ricorrenti, poiché il bando di gara prevedeva che i lavori appartenenti alla categoria OG11 fossero scorporabili, mentre quelli appartenenti alle categorie OS24 e OS23 erano espressamente scorporabili e/o subappaltabili, si dovrebbe riconoscere che per i primi fosse esclusa la subappaltabilità. Perciò, poiché la ditta Lai Giuseppe, partecipante alla gara, non possedeva i requisiti per tale categoria,

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avrebbe dovuto essere esclusa, senza consentire la possibilità che tali lavori venissero subappaltati a terzi. Perciò sarebbe illegittima la decisione dell'amministrazione di riammettere alla gara la ditta Lai Giuseppe, originariamente esclusa dalla commissione, la cui offerta aveva comportato, a seguito dei nuovi conteggi, la aggiudicazione al consorzio controinteressato. Con i primi quattro motivi le società ricorrenti deducono dunque la illegittimità degli atti con cui, la stazione appaltante prima, e la commissione aggiudicatrice dopo, hanno ammesso alla gara la ditta Lai Giuseppe, ritenendo che la mancanza di qualificazione in capo a tale ditta per le opere di categoria OG11 potesse essere superata da una dichiarazione di voler subappaltare a terzi tali opere. Inoltre, con il quinto motivo, le ricorrenti sostengono che, quand'anche si dovesse ritenere la possibilità in astratto di subappaltare anche le opere di categoria OG11, nel caso di specie sarebbe mancata la dichiarazione richiesta dall'articolo 118 del DL.gs. 12 aprile 2006, numero 163, non potendo considerarsi tale la generica dichiarazione fatta dalla ditta Lai di voler subappaltare o concedere in cottimo "tutte le lavorazioni nel massimo consentito dalla legge"; oltretutto tale dichiarazione era contenuta nella busta B, mentre il disciplinare di gara prevedeva che essa fosse contenuta nella busta A. Al di là della interpretazione del bando di gara che preveda la scorporabilità di talune opere senza prevederne espressamente anche la subappaltabilità (si vedano: Consiglio Stato sez. quinta, 6 giugno 2006, numero 3364, nonché sez. sesta, 11 maggio 2007 numero 2306), il Collegio ritiene che siano comunque determinanti le censure mosse con il quinto motivo. Può senz'altro superarsi l'argomentazione con cui si rileva che la dichiarazione della ditta Lai di voler subappaltare era contenuta nella busta B anziché nella busta A, come richiesto dal disciplinare di gara; infatti, come sottolineato anche dalla commissione, l'errore era stato indotto dalla stessa amministrazione la quale, aveva predisposto il facsimile dei documenti da presentare in sede di gara inserendo la dichiarazione di subappalto nel documento relativo alla busta B anziché in quello relativo alla busta A. Va invece accolta la censura nella parte in cui si deduce la genericità della dichiarazione con la quale la ditta si è limitata ad affermare di voler subappaltare o concedere in cottimo tutte le lavorazioni nel massimo consentito dalla legge. Non è infatti condivisibile l'argomentazione della Comunità montana e del Consorzio controinteressato secondo cui tale dichiarazione era sufficientemente specifica, dovendosi appunto riferire a tutte le opere subappaltabili consentite dal bando e non vietate dalla legge perché l'articolo 118, comma 2, punto 1, del DL.gs. numero 163/2006 prevede espressamente la possibilità di affidare in subappalto o in cottimo a condizione che "i concorrenti all'atto dell'offerta [...] abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero di servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo". Perciò la ditta non avrebbe potuto limitarsi a dichiarare genericamente di voler subappaltare tutti i lavori che la legge consente ma avrebbe dovuto specificare in modo analitico e puntuale a quali lavori intendesse riferirsi; in mancanza di tale specificazione non può dirsi soddisfatta la condizione richiesta dalla normativa in esame. Peraltro il Collegio rileva che la corretta dichiarazione resa all'atto della presentazione dell'offerta in ordine alle opere che il concorrente si riserva di affidare in subappalto non costituisce di per sé un requisito essenziale per la partecipazione alla gara in quanto essa è solitamente finalizzata a consentire alla ditta partecipante di subappaltare certe opere o servizi puntualmente indicati; in mancanza di tale corretta dichiarazione la conseguenza immediata consiste nella impossibilità per la ditta, una volta che dovesse risultare aggiudicataria, di subappaltare le opere (Consiglio Stato, sez. V, 23 giugno 1999, n. 438). Tuttavia qualora, come nel caso di specie, la ditta partecipante non possegga la qualificazione richiesta dal bando di gara in relazione a determinate opere, la impossibilità di utilizzare il subappalto per tali opere comporta la mancanza di un requisito soggettivo necessario, con conseguente esclusione dalla gara (Tar Campania Napoli, sez. prima 5 maggio 2006 n. 3968; Tar Sicilia Catania, sez. quarta, 19

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gennaio 2006, n. 42; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 03 novembre 1998 , n. 2510). In definitiva, la censura con cui si deduce la genericità della dichiarazione di subappalto e la conseguente mancanza di requisiti in capo alla ditta Lai risulta fondata ed il ricorso deve perciò essere accolto con conseguente annullamento dell'aggiudicazione impugnata, mentre le ulteriori censure possono rimanere assorbite. Considerata la particolarità delle questioni esaminate le spese di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M. IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA SEZIONE PRIMA

accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla la aggiudicazione impugnata. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 20 giugno 2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l'intervento dei signori: Paolo Numerico Presidente; Silvio Ignazio Silvestri Consigliere – estensore; Alessandro Maggio Consigliere;

Depositata in segreteria oggi: 27/09/2007 Il Segretario Generale

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