Le prese fotogrammetriche

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1 Le prese fotogrammetriche Generalità La fotogrammetria costituisce il metodo moderno del rilevamento topografico del terreno. La fotogrammetria è il metodo operativo topografico che consente la costruzione di una carta (proiezione ortogonale) utilizzando le fotografie (prospettive) terrestri o aeree prese da punti diversi. Le informazioni metriche contenute nella fotografia vengono estratte ed opportunamente elaborate. L’operazione mediante la quale si estrae dalla fotografia le informazioni relative alle caratteristiche geometriche dell’oggetto fotografato prende il nome di restituzione. Poiché la fotogrammetria consente di ricostruire gli oggetti nello spazio per mezzo delle fotografie scattate da punti diversi, essa trova utilizzo nelle seguenti applicazioni: rilievi archeologici, rilievi urbanistici, rilievi geologici rilievi di deformazioni strutturali, conservazione dei monumenti e del patrimonio artistico, agricoltura ecc. Caratteristiche geometriche di una fotografia e di una camera fotogrammetrica La fotografia come proiezione centrale Dal punto di vista geometrico, la fotografia di un certo oggetto può assimilarsi con sufficiente approssimazione ad una proiezione centrale dell’oggetto fotografato. Una proiezione centrale è ottenuta proiettando i punti dell’oggetto su un piano, detto piano o quadro di proiezione da un punto esterno ad esso detto centro di proiezione o centro di vista. Le rette congiungenti i punti dell’oggetto con il centro di proiezione sono dette rette proiettanti. I loro punti di intersezione con il piano di proiezione costituiscono le proiezioni o “ immagini dei punti dell’oggetto. Nel caso della fotografia, il piano di proiezione è assimilabile al piano della emulsione fotografica, il centro di proiezione ad un punto dell’obbiettivo della camera fotografica, le rette proiettanti ai raggi luminosi che hanno formato l’immagine fotografica in questione. Se l’obbiettivo della camera fotografica fosse costituito da una lente infinitamente sottile, il centro di proiezione coinciderebbe con il centro di tale obbiettivo. In un sistema ottico complesso qual è nella realtà un obbiettivo fotografico non esiste un unico centro. In esso possono invece individuarsi due punti, posti ad una certa distanza l’uno dall’altro, lungo l’asse ottico del sistema. Tali punti sono detti punti nodali. I raggi luminosi provenienti dallo spazio esterno alla camera fotografica (spazio oggetto) passano dal primo di tali punti nodali (punto nodale esterno) ed emergono nello spazio interno alla camera fotografica (spazio immagine) dal secondo punto nodale (o punto nodale interno) in direzione parallela a quella che essi avevano nello spazio oggetto, raggiungendo quindi il piano della emulsione fotografica. La duplicazione dei centri di proiezione, non ha conseguenze per ciò che si riferisce alle considerazioni di carattere geometrico.

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Le prese fotogrammetriche

• Generalità

La fotogrammetria costituisce il metodo moderno del rilevamento topografico del terreno.

La fotogrammetria è il metodo operativo topografico che consente la costruzione di una carta

(proiezione ortogonale) utilizzando le fotografie (prospettive) terrestri o aeree prese da punti

diversi. Le informazioni metriche contenute nella fotografia vengono estratte ed

opportunamente elaborate. L’operazione mediante la quale si estrae dalla fotografia le

informazioni relative alle caratteristiche geometriche dell’oggetto fotografato prende il nome

di restituzione. Poiché la fotogrammetria consente di ricostruire gli oggetti nello spazio per

mezzo delle fotografie scattate da punti diversi, essa trova utilizzo nelle seguenti

applicazioni: rilievi archeologici, rilievi urbanistici, rilievi geologici rilievi di deformazioni

strutturali, conservazione dei monumenti e del patrimonio artistico, agricoltura ecc.

Caratteristiche geometriche di una fotografia e di una camera

fotogrammetrica

• La fotografia come proiezione centrale

Dal punto di vista geometrico, la fotografia di un certo oggetto può assimilarsi con sufficiente

approssimazione ad una proiezione centrale dell’oggetto fotografato. Una proiezione

centrale è ottenuta proiettando i punti dell’oggetto su un piano, detto piano o quadro di

proiezione da un punto esterno ad esso detto centro di proiezione o centro di vista. Le rette

congiungenti i punti dell’oggetto con il centro di proiezione sono dette rette proiettanti.

I loro punti di intersezione con il piano di proiezione costituiscono le proiezioni o “immagini”

dei punti dell’oggetto. Nel caso della fotografia, il piano di proiezione è assimilabile al piano

della emulsione fotografica, il centro di proiezione ad un punto dell’obbiettivo della camera

fotografica, le rette proiettanti ai raggi luminosi che hanno formato l’immagine fotografica in

questione. Se l’obbiettivo della camera fotografica fosse costituito da una lente infinitamente

sottile, il centro di proiezione coinciderebbe con il centro di tale obbiettivo.

In un sistema ottico complesso qual è nella realtà un obbiettivo fotografico non esiste un

unico centro. In esso possono invece individuarsi due punti, posti ad una certa distanza

l’uno dall’altro, lungo l’asse ottico del sistema. Tali punti sono detti punti nodali.

I raggi luminosi provenienti dallo spazio esterno alla camera fotografica (spazio oggetto)

passano dal primo di tali punti nodali (punto nodale esterno) ed emergono nello spazio

interno alla camera fotografica (spazio immagine) dal secondo punto nodale (o punto nodale

interno) in direzione parallela a quella che essi avevano nello spazio oggetto, raggiungendo

quindi il piano della emulsione fotografica.

La duplicazione dei centri di proiezione, non ha conseguenze per ciò che si riferisce alle

considerazioni di carattere geometrico.

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Possiamo assimilare il primo punto nodale al centro di proiezione dell’immagine fotografica e

considerare nulla la distanza fra i due punti nodali.

Il primo punto nodale, individua il punto dello spazio in cui la fotografia è stata scattata (punto

di presa).

• Elementi di orientamento interno

Per utilizzare una fotografia ai fini fotogrammetrici, cioè per ricavarne misure dell’oggetto

fotografato è indispensabile conoscere perfettamente gli elementi che individuano tali

caratteristiche od avere la possibilità di determinarli in modo appropriato. Tali elementi sono

detti elementi di orientamento interno della camera fotografica.

- Distanza focale dell’obbiettivo

Dicesi distanza focale la distanza fra il secondo punto nodale dell’obbiettivo ed il piano

focale, misurata lungo l’asse ottico dell’obbiettivo. Per piano focale si intende il piano,

perpendicolare all’asse dell’obbiettivo, sul quale le immagini dei punti dell’oggetto si formano

nella migliore condizione de messa a fuoco. La distanza focale prima definita è quella per la

quale si trovano a fuoco sul piano focale i punti immagine di un oggetto posto a distanza

infinita dal punto di presa.

In una normale camera fotografica, destinata a fotografare oggetti posti a distanze dal punto

di presa molto diverse fra loro, l’obbiettivo può avvicinarsi od allontanarsi dal piano focale per

realizzare le migliori condizioni di focatura in funzione delle differenti distanze. Nella

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maggioranza delle prese fotografiche che si effettuano in fotogrammetria la distanza

dell’oggetto è quasi sempre molto grande rispetto alla distanza focale. Essa è cioè più

grande della distanza iperfocale (distanza limite oltre la quale l’immagine fotografica si forma

sempre a fuoco sul piano focale).

Per questo motivo, nella maggior parte delle camere fotografiche costruite appositamente

per usi fotogrammetrici, la distanza fra obbiettivo e piano focale è messa a punto dal

costruttore per fotografare all’infinito, cioè a distanze superiori alla distanza iperfocale e

rimane rigidamente fissa. La distanza focale determina l’ampiezza del fascio di raggi, che

forma l’immagine fotografica. Per un determinato formato dell’immagine il fascio avrà

ampiezza tanto maggiore quanto minore è la distanza focale e viceversa.

- Punto principale

Il punto principale è il piede della perpendicolare condotta dal secondo punto nodale al

piano focale. Il punto principale, individua la posizione del piano di proiezione (in questo caso

il piano focale) rispetto al centro di proiezione (in questo caso il primo od il secondo punto

nodale supposto coincidente con il primo).

- Distorsione radiale

L’obbiettivo di una qualsiasi camera fotografica, non è mai privo di difetti. Alcuni di questi

difetti (aberrazioni) influiscono sulla qualità dell’immagine, altri sulla geometria della stessa

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immagine e quindi sulle misure che su tale immagine devono essere eseguite. Queste ultime

aberrazioni sono quelle che interessano maggiormente il fotogrammetria.

Fra esse la più importante è la distorsione. La distorsione produce uno spostamento

dell’immagine di un punto rispetto alla posizione che tale immagine avrebbe assunto se

l’obbiettivo fosse stato perfettamente corretto. Di tale spostamento, nelle applicazioni

fotogrammetriche, viene presa in considerazione la sola componente nella direzione radiale.

Quest’ultima viene detta distorsione radiale. La distorsione radiale tende ad allontanare o

avvicinare dal centro l’immagine del punto. Dal punto di vista geometrico la distorsione

equivale ad una variazione della scala dell’immagine in funzione della posizione del

punto che viene preso in esame.

- Distorsione focale calibrata

Nella maggior parte degli strumenti fotogrammetrici, in luogo della distanza focale, viene

utilizzato un particolare valore della distanza focale per il quale si realizza una più favorevole

distribuzione della distorsione all’interno del campo di utilizzazione dell’obbiettivo. Tale valore

prende il nome di distanza focale calibrata.

• Calibratura di una camera fotogrammetrica

Non è possibile utilizzare una fotografia ai fini fotogrammetrici se non sono perfettamente

noti gli elementi di orientamento interno incluso l’eventuale distorsione dell’obiettivo.

In una camera fotogrammetrica, tali elementi vengono determinati dal costruttore nella fase

di messa a punto della camera. Lo stesso costruttore fornisce con la camera i valori della

distanza focale, della distorsione radiale e della distanza focale calibrata. In una camera

fotogrammetrica o camera metrica, la posizione del punto principale è normalmente

individuata da appropriate marche fiduciarie poste sul piano focale, collocate generalmente

nella mezzeria dei quattro lati del formato utile della fotografia o/e in prossimità dei quattro

angoli dello stesso formato.

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La serie di operazioni attraverso le quali vengono determinati gli elementi che caratterizzano

la geometria di una camera fotografica destinata ad usi fotogrammetrici sono dette

operazioni di calibratura.

• Orientamento dei fotogrammi

Per eseguire la restituzione fotogrammetrica occorre effettuare delle operazioni che

prendono il nome di orientamento dei fotogrammi. A tal fine è necessario conoscere la

posizione del centro dell’obiettivo e quella di ciascun fotogramma rispetto ad un sistema di

assi solidali con il terreno.

L’orientamento interno definisce la posizione rispetto al fotogramma del centro dell’obiettivo

(secondo punto nodale) a mezzo della distanza principale (distanza fra il centro ottico e il

piano principale) e delle coordinate lastra.

Le congiungenti le marche formano il sistema di riferimento XY sulla lastra. Il piede della

perpendicolare condotta dal secondo punto nodale al piano focale, individua un punto P

detto punto principale. Le coordinate xp e yp del punto principale P sono dette coordinate

lastra di P. Quindi per effettuare l’orientamento interno si devono conoscere le coordinate xp

e yp dette coordinate lastra e la distanza principale.

L’orientamento esterno invece, definisce la posizione relativa di una coppia di fotogrammi,

e quindi il modello dell’oggetto fotografato, e quella rispetto ad un sistema di riferimento

solidale con il terreno. L’orientamento spaziale esterno di un fotogramma è da ritenersi noto

allorché sia determinata la posizione del suo punto di presa, individuato dal punto di vista o

centro di proiezione e sia stata inoltre definita la direzione nello spazio tridimensionale

dell’asse ottico della camera fotografica all’istante della presa. Questo insieme di elementi

topografici e geometrici si concretizza attraverso la definizione univoca dei sei gradi di

libertà che il fotogramma possiede nello spazio tridimensionale. Questi sei gradi di libertà

sono individuati dalle tre coordinate terrestri Xi, Yi, Zi, che definiscono la posizione del punto

di vista Vi, nel sistema di riferimento terrestre X, Y, Z e dalle tre rotazioni che l’asse ottico di

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presa registrava all’istante dello scatto, rispetto ai tre assi X, Y, Z, supposti traslati

parallelamente nel punto di vista Vi.

Camere fotogrammetriche aeree e terrestri

• Generalità

Prima di parlare delle camera da presa usate in fotogrammetria, sia terrestre che aerea,

occorre sottolineare la differenza esistente tra fotografia e fotogramma. La prima è

descrizione solo qualitativa dell’oggetto rappresentato sull’emulsione sensibile, il secondo è

invece rappresentazione metrica qualitativa. Ma perché sia rappresentazione metrica, è

indispensabile che si conoscono le caratteristiche geometriche della camera: cioè la distanza

principale e le coordinate del punto principale rispetto ad un sistema di riferimento, giacente

sul piano della lastra o della pellicola.

Le camere usate per la fotogrammetria aerea sono a fuoco fisso, dovendo servire alla

ripresa di oggetti che stanno oltre la distanza iperfocale.

Le macchine da presa terrestre, in origine erano connesse con teodoliti, in modo da poter

misurare gli elementi angolari e lineari (angolo di direzione, distanza, dislivello) che

definiscono la posizione del punto di presa al momento di ogni scatto dell’otturatore. In altre

parole, nella fotogrammetria terrestre gli elementi dell’orientamento esterno di ogni

fotogramma sono noti con elevata precisione, a differenza di quando accade con la

fotogrammetria aerea.

La costruzione di fototeodoliti è da tempo cessata, dato che si preferisce produrre camere

terrestri mono o stereoscopiche. Le prime sono sostituibili per il centramento forzato sulla

basetta del teodolite, e consentono di utilizzare basi di presa anche forti, così da permettere

ad esempio il rilievo di cave, frane dirupi, ecc.

Le seconde, montate in coppia agli estremi di una robusta base fissa tubolare da 1,20-3 m,

sono usate per lo più nel rilievo di monumenti od anche per studio di deformazioni di strutture

o di modelli. Al rilevatore interessano maggiormente le monocamere.

Analizziamo le varie camere:

Le camere metriche, che garantiscono la migliore conservazione dello schema geometrico

della presa, sono dotate degli idonei dispositivi per il controllo della planarità della pellicola

ed operano con materiali caratterizzati da elevata stabilità dimensionale, hanno per contro

costi di acquisizione e di esercizio notevolmente superiori a quelli di altre apparecchiature

disponibili, sono più complesse da utilizzare, necessitano di un supporto, vengono utilizzate

soprattutto per la fotogrammetria aerea.

Le camere semimetriche, sono delle normali camere fotografiche dotate di un reticolo di

precisione opportunamente calibrato posto davanti al piano della pellicola, la cui immagine

viene impressionata.

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Il reticolo consente di determinare gli errori sistematici residui prodotti dalla non planarità del

film al momento dell’esposizione e dalle deformazioni subite dal materiale sensibile e dal

supporto dopo l’esposizione o anche dovute al processo di scansione.

Si definiscono poi con calibrazione di laboratorio, i parametri dell’orientamento interno per

messe a fuoco su alcune distanze prestabilite.

Le camere digitali, hanno una filosofia di acquisizione completamente diversa dalle camere

viste in precedenza. In esse l’immagine nasce in un formato direttamente interpretabile da un

mezzo informatico: al posto della tradizionale pellicola, vi è un sensore di tipo CCD ed

un’unità di memorizzazione, conserva il dato acquisito fino al successivo trasferimento su

calcolatore. Anche le caratteristiche di formato e di resa sono, almeno per le camere oggi

disponibili ancora distanti dalle più semplici elaborazioni tradizionali. Questi ed altri

miglioramenti la rendono competitive nella ripresa digitale di immagini singole di alta qualità,

facile da usare, portatile. Quindi quando si vuole che il tempo tra la presa e la produzione del

risultato finale sia breve, la presa deve essere ottenuta direttamente in forma numerica con

camere digitali.

Tale tecnologia è già operativa con eccellenti risultati nel campo delle prese spaziali da

satellite con utilizzazioni pratiche soprattutto nel campo del telerilevamento e della

produzione di ortofotocarte a piccola e media scala.

Nelle applicazioni aeree a media e bassa quota e nelle applicazioni terrestri il sistema di

acquisizione digitale diretta è costituito essenzialmente da camere a dorso digitale. In questi

dispositivi la geometria di presa teorica è la prospettiva centrale; il problema

dell’orientamento interno non sussiste in quanto ogni elemento del sensore di acquisizione il

pixel ha una posizione nota e costante in modo che l’immagine può essere direttamente

utilizzata dal sistema di restituzione previa correzione dei sistematismi legati al dispositivo

ottico di acquisizione. Nell’ambito delle prese terrestri esistono sul mercato alcuni sistemi di

acquisizione digitale diretta dedicati alla fotogrammetria. Questi sistemi sono già dotati di

certificato di calibrazione e quindi forniscono immagini direttamente utilizzabili dall’unità di

restituzione. Nelle consuete applicazioni aeree la fotogrammetria digitale attualmente parte

dalle tradizionali immagini fotografiche ed il processo di digitalizzazione è successivo allo

sviluppo del film, con l’ausilio di scanner.

Gli scanner rappresentano degli analizzatori sequenziali che trasformano l’immagine

analogica in immagine digitale attraverso una serie di elaborazioni.

1) Tre lampade alogene fluorescenti di colore verde, blu e rosso illuminano la

figura (oppure un unica lampada bianca), i cui singoli dettagli riflettono

(scanner a riflessione) o trasmettono (scanner per trasparenza) con intensità

differente le tre luci corrispondenti.

2) L’obbiettivo trasferisce i raggi di luce su un sensore CCD, il quale trasforma le

variazioni di intensità in segnali elettronici.

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3) L’elettronica converte i segnali in valori digitali per rendere possibile la

successiva elaborazione.

4) L’unità ottica procede lungo la figura, dal di sotto, leggendo ad altissima

risoluzione le differenze di luminosità dei singoli colori.

5) Le informazioni digitali vengono ricevute da un’interfaccia all’interno del PC

che le converte in modo tale da rendere possibile la rielaborazione mediante

appositi programmi software.

L’informatica ha dunque permesso di ricostruire il modello e senza più utilizzare i complicati

e costosi apparati ottico-meccanici dedicati alla fotogrammetria analogica e analitica. I

restitutori a soluzione digitale utilizzano un opportuno software per realizzare le funzioni una

volta gestita dalla meccanica e così i sistemi monoscopici che sono comparsi come indotto

dallo sviluppo informatico. Le immagini acquisite in forma analogica, vengono trasposte in

forma raster, si sostituisce così alla grana una griglia regolare, con maglie indirizzabili (pixel)

di posizione definita, cui si associano i valori di radianza. In tal modo, l’operazione di misura

delle coordinate sull’immagine si semplifica, riducendosi in pratica alla cattura e

visualizzazione di una informazione latente. Tra gli scanner quelli più espressamente

dedicati per la fotogrammetria digitale sono i cosiddetti foto-scanner, che hanno prestazioni

tali da garantire la produzione di immagini digitali idonee alla produzione di cartografia con

precisione comparata a quella che si può ottenere con strumenti analitici.

Scanner Formato cm x cm

(UNI)

Risoluzione geom. (DPI)

Risoluzione radiometrica

(BIT)

Utilizzo

Fotogram- metrici

26 x 26 1200÷4096 8÷36 Acquisizione di foto

Gli scanner fotogrammetrici sono prodotti da aziende già nel settore fotogrammetrico.

Hanno generalmente un’altissima risoluzione geometrica e un’elevata accuratezza; talvolta

presentano un software per l’orientamento interno e l’acquisizione nel sistema fiduciale. Il

formato di acquisizione varia da circa 24 x 24 cm al formato A4, con risoluzione radiometrica

variante tra 8 e 24 bit. I tempi di acquisizione sono generalmente lunghi.

In via del tutto teorica, l’immagine digitale ideale dovrebbe riprodurre fedelmente le immagini

fotografiche senza perdite di risoluzione, né geometrica né radiometrica con risoluzione, pari

a circa 3500 dpi.

Le prese fotogrammetriche

• La presa fotogrammetrica aerea

L’aereo su cui è montata la camera fotografica, vola sul terreno da fotografare alla quota di

volo necessaria per ottenere fotografie alla scala desiderata.

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Il volo viene effettuato secondo direzioni rettilinee parallele fra loro. Lungo ciascuna delle

direzioni prescelte vengono scattate in successione, le fotografie ad intervalli di tempo

predeterminati. L’intervallo di tempo è selezionato in modo che tenuto conto della velocità

dell’aereo, della quota relativa di volo e delle caratteristiche geometriche della camera

fotografica che si utilizza, ciascuna fotografia ricopra la precedente di una quantità variabile

fra il 55% ed il 70% del formato della fotografia. Tale ricoprimento è detto sovrapposizione

longitudinale. La distanza fra due successivi punti di presa viene detta base di presa.

Ciascuna porzione del terreno da rilevare viene fotografata da due punti di presa successivi

ed appare perciò su due fotografie contigue. La serie delle fotografie riprese lungo una certa

direzione viene detta strisciata. La distanza fra due strisciate adiacenti, parallele fra loro, è

scelta in modo tale che esse si ricoprano lateralmente per circa il 20% od il 30% del formato

della fotografia. Tale ricoprimento viene detto sovrapposizione laterale.

Relazione fondamentale Hp

Ll

n==

1 dove:

n = denominatore della scala della carta

l = formato del fotogramma ( l = 0,23 m)

L = dimensione del lato del quadrato di terreno fotografato da un singolo fotogramma

p = f = distanza focale della camera da presa

H = quota media relativa di volo

Scala della carta p

Hn =

Lunghezza del lato del quadrato di terreno fotografato da un singolo fotogramma

pH

lL ×= lnL ×=

Altezza di volo lL

ppnH ×=×=

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Base di presa longitudinale pHl

Lb×

×−=×−= )1()1( ηη

HLb ×=×= 60,040,0 tvb ×=

dove: η = ricoprimento longitudinale = 60% = 0,60

b = base di presa longitudinale

v = velocità di crociera dell’aereo espressa in metri al sec.

t = intervallo di tempo fra due scatti successivi dell’otturatore della macchina da presa

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Base di presa trasversale pHl

Li×

×−=×−= )1()1( εε

HLi ×=×= 20,180,0 dove: i = interasse tra due strisciate consecutive

ε = ricoprimento laterale

Tempo di scatto vl

nt ××−= )1( η

Numero di fotogrammi in una strisciata

2+×−

=b

LdN f

η 1+=

bD

N f

dove: Nf = numero di fotogrammi per ricoprire una strisciata

d = lunghezza di una strisciata o lunghezza di territorio restituibile

Numero di strisciate 1+−

=i

LN S

λ

dove: λ =larghezza di territorio restituibile con SN strisciate

Numero totale di fotogrammi ib

Sib

dNNN Sft ×

=×=×=λ

dove: S = superficie di terreno da ricoprire con NS strisciate ed Nf fotogrammi

Poiché il rapporto tra nf e nr non è un valore costante, avremo:

nf fattore di scala del fotogramma;

nr fattore di scala di restituzione;

Scala immagine (nf) Scala di restituzione (nr)

20000 10000

13000 5000

8000 2000

5000 1000

1200 200

600 100

300 50

120 20

70 10

40 5

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• La presa fotogrammetrica terrestre

Anche in questo caso, ciascuna porzione dell’oggetto da rilevare dovrà essere fotografata da

due distinti punti di presa. La parte comune alle due fotografie, cioè la zona di

sovrapposizione potrà interessare una certa parte del formato e in certi casi l’intero formato.

Nella maggior parte dei casi la ripresa viene eseguita portando la camera, in tempi

successivi, sui due punti di presa prescelti.

• Localizzazione e determinazione dei punti di controllo sugli oggetti.

Al fine di assegnare la congruenza metrica alle immagini e quindi sviluppare il lavoro di

restituzione, sia esso di tipo analitico che digitale, è necessario determinare

topograficamente sull’oggetto una serie di punti cosiddetti di controllo o di appoggio, ben

visibili sui fotogrammi.

• Esempio

Piano di volo – elementi noti:

-scala fotogrammi 1/3000 (1/n) -formato fotogramma 23 x 23 cm

-ricoprimento longitudinale η = 60% -ricoprimento trasversale ε = 20%

-velocità di crociera v = 180km/h = 50 m/sec

-larghezza del territorio da riprendere d = 1000 m

-lunghezza del territorio da riprendere λ = 2000 m

Progetto:

Utilizzando un obiettivo grandangolare p = f = 152 mm = 0,152 m

-Quota media relativa di volo: lL

ppnH ×=×= = 3000 x 0,152 = 456 m

-Lunghezza del lato del quadrato di terreno fotografato da un singolo fotogramma

lnL ×= = 3000 x 0,23 = 690 m

-Base di presa longitudinale: =×−= Lb )1( η (1 - 0,6) x 690 = 276 m

- Tempo di scatto: vl

nt ××−= )1( η = sec52,55023,0

3000)6,01( =××−

-Numero delle strisciate: Il volo avrà la direzione del lato maggiore.

=×= Li 80,0 0,80 x 690 = 552 m interasse tra due strisciate consecutive

1+−

=i

LN S

λ= 37,31

5526902000

=+−

si assume NS = 4 strisciate

- Numero di fotogrammi per strisciate:

2+×−

=b

LdN f

η= =+

×−2

2766906,01000

4,12 si assumono:

Nf =5 fotogrammi per strisciata

Nt = Nf x NS = 5 x 4 = 20 fotogrammi