Le premesse filosofiche del pensiero politico di Machiavelli

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ISTITUTO ITALIANO DI SCIENZE UMANE E SOCIALI – SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI FIRENZE - ISTITUTO NAZIONALE DI STUDI SUL RINASCIMENTO – (PALAZZO STROZZI, PIAZZA DEGLI STROZZI, FIRENZE). ANNO ACCADEMICO 2015/16 - SEMINARIO DELLA PROF. SSA VITTORIA PERRONE COMPAGNI (ORDINARIO DI STORIA DELLA FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO, DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, UNIVERSITA’ DI FIRENZE) – GIO. 04/02/2016 h. 10,00/13,00. LE PREMESSE FILOSOFICHE DEL PENSIERO POLITICO DI MACHIAVELLI (all’interno del Corso di Dottorato di Ricerca, PhD, in “Civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento”, triennio 2014/16).

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ISTITUTO ITALIANO DI SCIENZE UMANE E SOCIALI – SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI FIRENZE - ISTITUTO NAZIONALE DI STUDI SUL RINASCIMENTO –

(PALAZZO STROZZI, PIAZZA DEGLI STROZZI, FIRENZE). ANNO ACCADEMICO 2015/16 -

SEMINARIO DELLA PROF. SSA VITTORIA PERRONE COMPAGNI (ORDINARIO DI STORIA DELLA FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO, DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA,

UNIVERSITA’ DI FIRENZE) – GIO. 04/02/2016 h. 10,00/13,00. LE PREMESSE FILOSOFICHE DEL PENSIERO POLITICO DI MACHIAVELLI

(all’interno del Corso di Dottorato di Ricerca, PhD, in “Civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento”, triennio 2014/16) Nel VI capitolo de Il Principe Machiavelli ci parla di Mosè, Ciro, Romolo e Teseo: le conquiste dei loro rispettivi regni sono casi di convergenza di virtù e fortuna. Cesare Borgia, di cui parla nel VII capitolo, non seppe dominare bene questo rapporto, con quella flessibilità che si deve ad un principe. Nell’VIII capitolo Machiavelli ci parla di Agatocle Siracusano, un giovane di umili origini, figlio di un vasaio; fece una rapidissima carriera militare, arrivando al vertice. Liquidò il Senato e governando autonomamente, trovandosi solo al potere, ma governò con saggezza (tiranno nel senso classico di governatore monocratico). Differentemente da Cesare Borgia, di cui Machiavelli ci ha parlato nel capitolo precedente, non è arrivato al potere né per fortuna, né per virtù, ma per “gloria”, ossia virtù etica. Anche nel XXV capitolo l’autore sostiene che l’uomo non può adeguarsi ai tempi, la libertà umana è delimitata, annullata dalla personalità che l’individuo adulto, il “politico”, ha ormai assunto come “abitudo”. Ma comportarsi per “abitudo” non significa essere virtuosi. Il politico è un centauro, figura che Machiavelli riprende dal De officiis di Cicerone, in cui si sostiene che l’uomo deve prediligere la ragione alla forza, perché la ragione consente una convivenza pacifica con gli altri uomini. Tuttavia al principe è necessario saper usare l'uomo e la bestia: lo statista fiorentino si cimenta qui in un elogio del libero arbitrio, in quanto l’uso dell’uno o dell’altra dipende in ogni caso dalla ragione. Deve essere, inoltre, “golpe et lione”, si sostiene sempre nel medesimo capitolo. Per Machiavelli, come affermava anche Aristotele, gli uomini sono tutti cattivi. Nel centauro l’uomo è la parte superiore, quella razionale, non quella animalesca. Il capo di Stato dev’essere in grado di adeguarsi ai tempi e di non lasciarsi travolgere: per far questo deve conoscere il nesso causa-effetto, unico modo per tentare di sconfiggere la fortuna in universali. Ne Il Principe è anche fortemente presente il tema della memoria scritta, che, secondo Garin (tesi smentita da Perrone Compagni), Machiavelli riprende da Platone (Timeo, 21e-23b): ivi Platone descrive la distruzione di Atlantide, ed è questo l’unico luogo in cui si parla di Atlantide. Platone ci narra che Solone si è recato in Egitto per attingere dagli egiziani la loro altissima sapienza, e chiede al sacerdote di Sais di narrargli la storia del mondo, ed il sacerdote fa appello alla propria memoria. Il faraone Thamus, come è noto, rifiuterà il dono della scrittura offertogli dal dio Teuth come una falsa forma di sapienza. Sempre nel Timeo Platone afferma che i diluvi avvengono perché gli dei hanno necessità di rinnovare l’umanità, mentre per Machiavelli il diluvio avviene per eventi naturali, che infatti portano pestilenze e carestie, delle quali non parla invece Platone. Aristotele, come Platone, afferma che i diluvi avvengono ciclicamente, per motivi fisici (cfr. Metereologica, I, 14, 351b9-12). Dell’antica sapienza egizia non c’è più traccia in Machiavelli: le calamità naturali hanno soltanto una funzione fisica, di porre fine ad un ciclo. Nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (II, 11) Machiavelli afferma che la religione fu, per Numa Pompilio, “instrumentum regni”, ma non la religione cristiana, che insegna l’umiltà ed è quindi debole, bensì quella pagana romana e quella egizia, sapiente.

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Nessuno, va notato, fino almeno al ‘600 (le cose poi cambiano con i libertini) ha messo in dubbio che la religione potesse avere un valore morale, ma pochissimi ne hanno visto uno strumento di governo: Numa ha fatto sì che il paganesimo contribuisse a rendere grande Roma. Sempre nei Discorsi (III,1) Machiavelli pone un’equazione tra fortuna e libertà: la prima è il limite gnoseologico che impedisce all’uomo di comprendere il mondo della natura, ivi compreso quello umano e quindi politico. Tuttavia la ragione umana, intesa come “virtù”, può contrastare la fortuna, il “fiume rovinoso” che tutto travolge. L’uomo non può far niente per ostacolare il tempo, subisce il tempo così come questo si presenta, casualmente. L’autore afferma qui che tutto ha un termine, le piante, gli uomini, gli Stati: per questi ultimi sono salutari tutte quelle alterazioni che riportano gli Stati alle origini, alterazioni che Machiavelli, in un sonetto definisce occasioni (il sonetto è stato intitolato appunto “Dell’occasione” ed è databile nel periodo, circa, 1513-16). Machiavelli esclude ogni fine provvidenziale nella politica e sostituisce la provvidenza divina con una teleologia naturale. Pur senza mai parlare esplicitamente di “uomini perfetti”, Machiavelli riprende la “teoria dell’uomo perfetto” da Avicenna (la si trova ancor prima accennata nell’Etica Nicomachea di Aristotele): l’uomo perfetto è colui capace di saper dominare ogni istinto ed ogni umore, ma al tempo stesso dotato di fantasia, è colui che vive in perfetto equilibrio. Avicenna sosteneva che l’uomo perfetto era “figlio delle stelle”, nel senso che gli “uomini perfetti” nascono per una congiunzione astrale. Questa tesi di Avicenna fu un’idea diffusa. Machiavelli cerca infine di convincere Lorenzo II de’ Medici (detto “Lorenzino”) di essere quell’uomo eccezionale di cui l’Italia ha bisogno per liberarsi dai “barbari”.