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Le piante officinali come strumento di valorizzazione dell’ambiente montano

Dr.ssa Anna Giorgi, Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio montano – Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Milano, sede di Edolo.www.valmont.unimi.it

Nell'ambito di iniziative mirate a rivitalizzare l'economia delle aree montane e ad invertire l'attuale tendenza demografica negativa, si rendono necessari interventi innovativi in grado di offrire possibilità di sviluppo che tengano conto dei diversi aspetti, economici, produttivi e sociali, che caratterizzano tali zone. Il grado elevato di diversità della flora di un'area montana può essere considerato una delle risorse potenzialmente interessanti sotto il profilo economico. Per esempio, nel comparto agricolo è di crescente interesse la produzione di piante aromatiche ed officinali, intendendo con questo termine tutti quei vegetali o loro parti (foglie, rizomi, cortecce, sommità fiorite, scorze, ecc.) che trovano impiego come tali o sotto forma di derivati nei settori alimentare, farmaceutico (compreso quello dietetico) e cosmetico. In montagna trovano il loro habitat naturale numerose piante aromatiche ed officinali che rappresentano la materia prima da trasformare e destinare a settori differenziati per utilizzo e tecnologia impiegata.

L’utilizzo razionale di questo potenziale potrebbe rappresentare una reale possibilità di valorizzazione della montagna. Infatti, la coltivazione di piante officinali si presta ad implementare un’offerta integrata prodotti/territorio a forte connotato naturalistico, in grado di generare e favorire il flusso turistico. Infatti è crescente la richiesta di proposte turistiche articolate, dove il territorio montano si fa garante della naturalità e genuinità dei suoi prodotti, tendenza che è probabilmente l’espressione del desiderio di recuperare un rapporto con la natura che è andato progressivamente ad attenuarsi negli ultimi 50 anni nelle società industrializzate. Da ciò la ricerca di prodotti di qualità elevata che, nell’ambito del settore officinale, può essere garantita solo da produzioni vegetali che rispondano ad elevati standard qualitativi.

Sempre più spesso e in vari contesti, primo fra tutti quello legislativo, emerge la necessità di garantire e controllare la qualità dei prodotti a base di erbe officinali e a ragion veduta, dato che attualmente il mercato è dominato da importazioni a basso costo, talvolta di dubbia qualità. Per queste ragioni, viene ad essere rivalutata l’importanza di una produzione nazionale di piante officinali, soprattutto se realizzata in aree come quelle montane che, per condizioni pedoclimatiche e collocazione, potrebbero garantire produzioni d’elevata qualità e ad alto valore aggiunto. Lo sviluppo di produzioni di piante officinali in tali ambienti potrebbe da una parte sostituire o integrare le poche ed antieconomiche coltivazioni in atto e dall’altra dare impulso alla rimessa in coltura delle molteplici superfici abbandonate da qualsiasi coltivazione dopo lo sviluppo e l’affermarsi di comparti economici e produttivi diversi dal settore agricolo. Indubbia anche la ricaduta sulla tutela del territorio montano, sia dal punto di vista paesaggistico sia da quello idrogeologico. Non da ultimo, va considerata la possibilità di contribuire concretamente alla conservazione di specie rare e a rischio d’estinzione, preservandole dalla raccolta delle popolazioni spontanee (come per le specie d’alta quota Artemisia umbelliformis, A. genipi e Gentiana lutea). Questi presupposti hanno portato alla realizzazione di studi in Vallecamonica e Valtellina condotti dal Dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria di Milano in

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collaborazione con il Corso di Laurea in “Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano” decentrato presso la sede di Edolo. Gli studi hanno consentito l’acquisizione di numerosi dati sulla flora officinale spontanea delle aree montane indagate e sul comportamento di alcune di queste specie allevate in campi sperimentali posti a differenti altitudini, dai 250 ai 1100 m s.l.m. E’ stata sperimentata la coltivazione di ecotipi (piante ottenute da seme di popolazioni autoctone) e cultivar (piante ottenute da semi di varietà selezionate per la produzione) di Achillea millefolium, Artemisia absinthium, Valeriana officinalis, Hypericum perforatum e altre specie ancora, con lo scopo di acquisire informazioni riguardanti la produttività di queste piante in differenti condizioni ambientali. E’ infatti noto come la produttività delle piante officinali dipenda dalla qualità e dalla quantità dei principi attivi in esse contenuti.Queste molecole svolgono un ruolo importante nel rapporto tra pianta e ambiente e sono sintetizzate ed accumulate in diversi organi del vegetale, durante specifiche fasi di sviluppo, condizionate dall’ambiente in cui la pianta è coltivata. Nel corso della rilevazione di dati agronomici in condizioni colturali particolari è stato messo in risalto come differenti produttività di principi attivi siano associate ad ecotipi o chemiotipi differenti, ma anche come le condizioni ambientali possano influenzare la sintesi e l’accumulo di queste sostanze. E’ quindi indubbio come, in questo quadro, diventi importante lo studio delle condizioni che potrebbero fare esprimere con maggiore efficienza le potenzialità produttive delle specie d’interesse, indagando in seguito la regolazione dei processi biosintetici coinvolti. Gli studi condotti, inoltre, hanno fornito numerose indicazioni sul comportamento produttivo delle specie coltivate nei diversi ambienti e, più in generale, è emerso come le cultivar (varietà selezionate per la coltivazione) presentino una maggior stabilità produttiva in termini di composizione dei principi attivi caratterizzanti, ovvero che l’influenza dell’ambiente nel determinare la composizione dell’estratto è più marcata per gli ecotipi. Ciò è emerso in particolare per assenzio, iperico e valeriana, i cui ecotipi hanno mostrato maggiori rese in biomassa e maggiore variabilità di composizione legata all’ambiente di crescita, ma una minore concentrazione di principi attivi, rispetto alle cultivar . Questi dati indicano come l’utilizzo di piante spontanee, oltre ad esporre al rischio d’errori di determinazione della specie alla raccolta, non sempre garantisce la presenza dei principi attivi, importanti nel definire le proprietà organolettiche e/o “medicamentose” dell’estratto e dei conseguenti derivati. I progetti sviluppati hanno consentito la costituzione di microfiliere sia in Vallecamonica che in Valtellina, le quali realizzano prodotti erboristici, cosmetici e alimentari. Il futuro di queste piccole realtà produttive è legato alla capacità di sviluppare prodotti di elevata qualità dal forte connotato territoriale. Al fine di diffondere la conoscenza delle erbe, questa sezione si occuperà di pubblicare informazioni, monografie e curiosità sulle specie officinali.