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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 1 Le partecipate pubbliche nei settori idrico, ambientale ed energia Coordinamento Valeria Garotta Bruno Spadoni Gruppo di lavoro Alessia Caputo Simona Saccomanno Grafica e Stampa Pubblimedia srl

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Le partecipate pubbliche nei settori idrico, ambientale ed energia

Coordinamento Valeria Garotta Bruno Spadoni Gruppo di lavoro Alessia Caputo Simona Saccomanno Grafica e Stampa Pubblimedia srl

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2 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Fondazione

Utilitatis pro acqua energia ambiente

Via Ovidio, 20 – 00193 Roma

Tel. (+39)06 68300142

[email protected] www.utilitatis.org

ISBN 9788861210103

Finito di stampare a dicembre 2017

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Indice

[Introduzione e Sintesi] ..................................................................................................... 4 

1  [Assetto ed evoluzione normativa dei servizi pubblici locali di interesse economico generale] ......................................................................................................................... 10 

1.1 I servizi pubblici locali e la Delega Madia ............................................................... 10

1.2 La disciplina degli affidamenti ................................................................................. 11

1.3 La politica industriale .............................................................................................. 12

1.4 La spending review .................................................................................................. 14

2  [La situazione delle partecipazioni pubbliche] ........................................................ 19 

2.1 La consistenza e la dinamica delle partecipazioni pubbliche .................................. 19

2.2 Assetti proprietari, ambiti di attività e distribuzione territoriale ............................ 22

2.3 Valore economico e rapporti finanziari con gli Enti partecipanti ........................... 23

2.4 I risultati attesi dei processi di razionalizzazione .................................................... 26

3  [Le partecipate nei servizi idrici, ambientali ed energetici] .................................... 28 

3.1 Il numero di partecipate ........................................................................................... 29

3.2 Assetti societari e partecipazioni .............................................................................. 33

3.3 Assetti proprietari e distribuzione geografica .......................................................... 38

3.4 Ambiti di attività ...................................................................................................... 40

3.5 Distribuzione territoriale ......................................................................................... 42

3.6 Dimensioni e risultati economici ............................................................................. 49

3.7 La situazione economico-finanziaria ....................................................................... 52

4  [I Processi di razionalizzazione] .............................................................................. 60 

4.1 Le dinamiche in atto ................................................................................................ 60

4.2 Esempi di processi di aggregazione ......................................................................... 63

4.3 Le dinamiche future ................................................................................................. 67

4.4 Fattori che influenzano i processi di aggregazione ................................................. 68

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[Introduzione e Sintesi]

Il Rapporto analizza il comparto delle società partecipate che operano nei servizi pubblici

locali a rete di interesse economico generale e, in particolare nei settori idrico, ambientale ed

energetico. Lo studio descrive il comparto sotto il profilo della consistenza numerica, degli

assetti societari e proprietari, della distribuzione territoriale e della situazione economica,

finanziaria e patrimoniale. Inoltre l’indagine si concentra sui processi di razionalizzazione,

descrivendo in particolare quelli più recentemente intervenuti, quelli in atto e quelli attesi in

applicazione delle norme del TU sulle partecipazioni pubbliche.

Capitolo 1 [Assetto ed evoluzione normativa dei servizi pubblici locali di interesse

economico generale]

Il Rapporto riveste particolare interesse alla luce della fase che sta attraversando il comparto:

dopo anni di dibattiti sul tema delle partecipazioni pubbliche e sulle esigenze di riformarle, di

ridurne il numero e di promuoverne efficienza ed economicità, ci si trova a fare un primo

bilancio delle politiche adottate al riguardo. Per questo motivo si è ritenuto opportuno

ricostruire l’evoluzione del contesto normativo in premessa all’analisi specifica sulla situazione

delle società di servizio pubblico locale a rete di interesse economico generale.

Sul piano istituzionale i servizi pubblici locali di interesse economico generale avrebbero

dovuto essere regolati da un TU oggetto di una delle deleghe della cd “Legge Madia”, già

predisposto e approvato dal Consiglio dei Ministri, il quale recava una sistematizzazione delle

numerose e spesso inorganiche disposizioni succedutesi nel tempo, garantendo la loro

coerenza interna, superando sovrapposizioni e contraddizioni e incorporando le norme in

materia di affidamenti previste dalle direttive europee su appalti e concessioni recepite dal

nuovo Codice dei contratti pubblici. La pronuncia di incostituzionalità della Consulta su

alcune parti della “Delega Madia”, pur consentendo la vigenza dei decreti già emanati, in

particolare quello sulle società a partecipazione pubblica (integrato e corretto da un successivo

decreto), ha impedito l’emanazione del TU sui servizi pubblici locali di interesse economico

generale.

Questa materia resta quindi disciplinata dall’insieme delle norme in vigore, che vanno lette in

modo coerente e organico. Ciò è quanto ci si è proposti nel capitolo iniziale del Rapporto, in

cui tale ricostruzione è stata effettuata riconducendo tali norme a tre principali aree tematiche:

la disciplina degli affidamenti, la politica industriale, la spending review. Per quanto riguarda,

nello specifico, il tema della spending review (e per alcuni importanti aspetti anche per gli

affidamenti), si deve fare riferimento al TU sulle società a partecipazione pubblica, che nel

Rapporto è illustrato nel dettaglio nelle parti direttamente o indirettamente attinenti i servizi

pubblici locali di interesse economico generale.

Le discipline delle partecipazioni pubbliche e dei servizi pubblici locali, pur presentando tratti

comuni in ragione della natura pubblica delle principali società di gestione di questi servizi,

distinguono nettamente le attività strumentali da quelle dei servizi di pubblica utilità. In

particolare, in tema di spending review, per le prime l’obiettivo è una riduzione del numero

soprattutto tramite l’imposizione di ristretti limiti entro i quali è consentito loro di operare (il

principio generale della stretta conformità delle loro attività alle finalità istituzionali degli enti

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partecipanti e l’indicazione di un elenco tassativo di materie in cui possono detenersi

partecipazioni). Al di fuori di tali limiti e al ricorrere di una casistica indicata nel TU sulle

società a partecipazione pubblica, queste società devono essere sottoposte a processi di

razionalizzazione e soppresse tramite la messa in liquidazione o la cessione.

Per i servizi pubblici locali le disposizioni ispirate alla spending review sono declinate in modo

significativamente differente, prevedendo processi di aggregazione in coerenza con le norme

generali e di settore in materia di politica industriale.

Capitolo 2 [La situazione delle partecipazioni pubbliche]

Al fine di sottolineare le analogie da un lato e le numerose e profonde diversità tra le società

di servizio pubblico locale e le altre partecipate dall’altro, si è dedicato un capitolo del

Rapporto ad una sintetica ricostruzione della situazione generale delle partecipazioni

pubbliche, concentrandosi sugli aspetti più rilevanti ai fini del confronto con i servizi pubblici

locali a rete di interesse economico generale appartenenti ai settori idrico, ambientale ed

energetico. In particolare, sono state descritte la consistenza numerica ed economica delle

partecipate nel loro insieme, insieme ad altri aspetti attinenti l’assetto proprietario,

l’articolazione settoriale e la distribuzione territoriale, mettendoli a confronto con il settore

dei servizi pubblici locali oggetto del Rapporto. Inoltre si sono esaminate la situazione e le

prospettive delle partecipazioni pubbliche relativamente ai processi di razionalizzazione e

all’obiettivo della riduzione del numero delle società.

In sintesi, dai dati rilevati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, risulta che le

partecipazioni pubbliche sono 48.896, riconducibili a 8.893 società (ciascuna società è

partecipata in media da 5,7 enti). La grande maggioranza delle partecipate è detenuta dalle

Amministrazioni locali (94%), con un Valore della Produzione di 93 miliardi di euro e 411.000

dipendenti. Le società partecipate dalle Amministrazioni locali presentano, nel 60% dei casi,

risultati positivi, generando complessivamente un utile pari a 1,7 miliardi di euro; l’11% delle

società sono in pareggio e il 29% conseguono risultati negativi, con una perdita complessiva

di 688 milioni di euro. L’intero comparto delle partecipate pubbliche genera dunque un

risultato netto positivo di oltre un miliardo di euro.

Quanto alle prospettive di riduzione del numero delle partecipate pubbliche, un primo

elemento da considerare è che, delle complessive 8.893 società rilevate dal Ministero

dell’Economia e delle Finanze, quelle in attività sono l’81,3%, quelle sottoposte a procedure di

liquidazione o scioglimento il 12,1% e quelle inattive il 6,6%. In totale, dunque, 1.663 società

risultano “non in attività”. Occorre inoltre tenere conto delle società (generalmente

strumentali) non conformi ad almeno uno dei requisiti previsti nel TU sulle partecipazioni

pubbliche e da sottoporre a processi di razionalizzazione. Secondo stime recentemente

condotte, questi processi riguarderebbero 2.286 società, di cui 2.084 detenute da

Amministrazioni locali. Pur tenendo conto che tali valutazioni sono molto approssimative e

condotte, per così dire, “a tavolino”, a prescindere dunque dalle reali situazioni, si perviene

ad una cifra tra le 3.500 e le 4.000 società tra le non attive e quelle da liquidare o cedere. Una

valutazione, quest’ultima, non contraddetta dai risultati della recentissima rilevazione del

Ministero dell’Economia e delle Finanze sui piani di razionalizzazione che dovevano essere

predisposti entro lo scorso 30 settembre. In base alla documentazione pervenuta, riguardante

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l’83% degli enti tenuti alla ricognizione, e considerando le sole partecipazioni dirette, si è

calcolata una riduzione di 1.650 partecipate, pari al 35% di quelle considerate.

Capitolo 3 [Le partecipate nei servizi idrici, ambientali ed energetici]

Dall’analisi condotta da Utilitatis emerge che nel 2017 il numero delle società partecipate

direttamente e indirettamente da Enti territoriali nei servizi locali idrico, ambientale ed

energetico è di 1.553 unità. Rispetto alla precedente rilevazione (2013) si è registrata una

contrazione di 356 società per effetto di fenomeni di aggregazione. Il processo è tuttora in

corso: ulteriori 92 società sono attualmente in fase di liquidazione, mentre 170 società

dovranno essere sottoposte a razionalizzazioni in quanto presentano un fatturato inferiore alla

soglia prevista in fase transitoria dal TU sulle partecipazioni pubbliche (500 mila euro).

Tenendo conto che a regime, a partire dal 2020, questa soglia verrà elevata a 1 milione di euro,

la prospettiva è di pervenire a una riduzione di 274 società. Di conseguenza lo scenario del

prossimo futuro è di attestarsi su un numero al di sotto di 1.200 partecipate, circa il 37% in

meno rispetto alle 1.909 del 2013.

Il numero attuale complessivo di partecipate attive nei settori idrico, ambientale ed energetico

rappresenta dunque soltanto il 17,6% rispetto al totale delle partecipate delle Amministrazioni

locali censite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tuttavia, in termini di Valore della

Produzione, il peso di questi settori sale al 41%, pur rappresentando il 22% degli addetti

complessivi. La consistenza economica di queste società è assai rilevante, con un Patrimonio

Netto di circa 30 miliardi di euro, un Valore della Produzione di oltre 42 miliardi di euro (pari

al 2,6% del PIL nazionale), un Valore Aggiunto di oltre 14 miliardi di euro e un Utile pari a

circa 1,3 miliardi di euro. Si tratta dunque di società in grado di produrre ricchezza e di

garantire risorse agli Enti locali da impiegare per finanziare sviluppo, sevizi e investimenti. Va

inoltre rilevato che questo comparto fornisce un apporto significativo alla fiscalità generale e

regionale anche tramite il pagamento di imposte (IRES e IRAP), con un importo di oltre 1

miliardo di euro nel 2015. Assai significativo risulta anche il contributo all’occupazione, con

124.000 addetti.

Quanto agli assetti azionari delle società appartenenti a questi settori, dal censimento Utilitatis

aggiornato a maggio 2017, risulta che delle 1.553 società partecipate, 1.046 presentano almeno

una quota di partecipazione diretta da parte delle Amministrazioni Locali, mentre le restanti

507 risultano indirettamente partecipate (vale a dire partecipate da società a loro volta

controllate dalle Amministrazioni Locali). Le società direttamente partecipate risultano in

larga prevalenza (80%) a controllo pubblico, con il 70% di queste a totale partecipazione

pubblica e il 18% a maggioranza pubblica; le società quotate, tutte controllate dal pubblico,

rappresentano l’1%. Il restante 11% delle società partecipate direttamente dalle

amministrazioni locali è costituito da società miste a maggioranza privata. Per quanto riguarda

le 507 partecipate indirette, va rilevato che per l’89% di esse la partecipata di primo livello, a

sua volta pubblica nella maggioranza dei casi, esercita un controllo o comunque un’influenza

notevole in Assemblea.

Alle 1.046 partecipate dirette corrispondono 19.282 partecipazioni attribuibili per il 70% ad

Enti territoriali. In media, quindi, ad ogni azienda corrispondono 18,43 partecipazioni. Quello

che in prima battuta potrebbe sembrare un fenomeno negativo, ossia la parcellizzazione

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dell’azionariato, va in realtà letto come l’effetto di aggregazioni territoriali per il superamento

del modello mono-comunale: la presenza di numerosi Enti locali nella compagine societaria

di una stessa azienda è collegata con una dimensione del territorio servito superiore a quella

del singolo Comune, corrispondente almeno a quelli di riferimento degli stessi azionisti

pubblici.

In relazione alla numerosità di Amministrazioni Locali partecipanti, emerge che il 42% delle

partecipate dirette ha tra i propri azionisti soltanto un Ente locale, mentre il 58% ne ha più di

uno, con un raggruppamento più ampio (19% delle aziende) partecipato da un numero di Enti

territoriali compreso tra 2 e 5. Entrando nel dettaglio dei diversi assetti azionari risulta che

nelle società a totale capitale pubblico, il 39% è rappresentato da quelle partecipate da un solo

Ente territoriale (monocomunali) mentre il restante 61% è composto da realtà pluricomunali;

ciò a conferma della tendenza a superare i confini comunali e ad affidare, anche in via diretta,

il servizio a gestori operanti su area vasta, anche nella prospettiva, nei servizi idrici, della

gestione unica d’ambito prevista dalla legge. In effetti, il numero degli Enti territoriali

partecipanti è fortemente correlato al settore di appartenenza delle società. Risulta infatti che

la maggior parte delle partecipate da un solo Ente territoriale appartiene al settore Ambientale

(42%), mentre scende al 16% nell’Idrico, dove quasi un terzo delle Aziende ha tra 16 e 50 Enti

territoriali.

In relazione allo spettro di attività erogate dalle 1.553 società partecipate, il modello

monoutility risulta prevalere (71%) rispetto al modello multiutility (29%). La maggiore

diffusione di gestioni monoutility è da considerare in larga misura un fenomeno “inerziale”,

eredità della matrice di origine delle attuali società di servizio pubblico locale, che discendono

dalle tradizionali aziende speciali, diretta emanazione dei Comuni per l’erogazione di uno

specifico servizio a beneficio delle collettività locali. Il fenomeno è anche in parte riconducibile

alla presenza di gruppi societari multiutility, costituiti da una holding, generalmente di primo

livello, con funzioni di tesoreria centralizzata e di direzione e coordinamento, e da società

monoutility focalizzate su specifici mercati, che si collocano prevalentemente al II livello di

partecipazione; ciò trova riscontro anche nel fatto che la prevalenza del modello monoutility

è più accentuata nelle partecipazioni indirette, con una percentuale del 76%.

Analizzando la numerosità delle società per settore di appartenenza, risulta prevalente quello

dell’igiene urbana (26% delle 1.553 partecipate); ciò è dovuto in parte al maggior grado di

frammentazione gestionale che caratterizza il comparto, in parte alle specificità delle fasi a

monte e a valle della filiera del ciclo integrato che talvolta vengono gestite tramite società

distinte (anche all’interno di uno stesso gruppo societario). Seguono le aziende idriche

(19,9%), le aziende di energia elettrica (15,6%), le società operative nel segmento del gas

(7,7%), del calore (1,8%) e dell’illuminazione pubblica (0,5%). Le restanti quote sono

costituite da multiutility dell’energia (9,4%), società multiutility che operano in due o più

settori tra quelli considerati (19,3%), mentre lo 0,4% è rappresentato da società quotate nei

mercati regolamentati.

La distribuzione delle società per area geografica evidenzia una maggiore concentrazione delle

imprese nelle aree settentrionali del Paese, che tende progressivamente a diminuire passando

alle aree meridionali. Il fenomeno è fortemente correlato alle caratteristiche dei territori e allo

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sviluppo economico e industriale degli stessi: da un lato, la maggiore numerosità di Enti locali

al Nord ha creato di per sé le basi per la costituzione di numerose società municipali che nel

tempo hanno attuato processi di aggregazione per la costituzione di grandi gruppi industriali;

dall’altro, il livello e la dinamica dello sviluppo economico delle regioni settentrionali ha

costituito ad un tempo causa ed effetto della più capillare dotazione di servizi. Nelle aree

meridionali, anche a causa dei precari equilibri finanziari delle Amministrazioni locali – che

scoraggiano l’assunzione di rischi legati alla costituzione di società pubbliche – tendono a

mantenere un peso significativo, da un lato, esternalizzazioni tramite appalti o concessioni ai

privati, dall’altro gestioni dirette degli Enti locali. Si pensi, in particolare, ai settori idrico e

rifiuti, in cui un elevato numero di Comuni ancora oggi erogano il servizio, seppur

impropriamente, in economia. Il dettaglio della distribuzione geografica delle società per

settore di attività riflette quanto sopra considerato ed evidenzia la significativa presenza di

società attive nel settore energetico nelle aree settentrionali rispetto al Mezzogiorno, in cui

invece prevalgono le gestioni dei rifiuti.

L’approfondimento sulla situazione economico-finanziaria del comparto conferma quanto

affermato in precedenza circa i buoni livelli di economicità. Nel corso del 2015 si è registrato,

in media, un EBITDA (Margine Operativo Lordo) pari al 19%, un EBIT (Margine Operativo

Netto) del 7% e un risultato d’esercizio in percentuale al Valore della Produzione dell’ordine

del 3%. Il forte differenziale in termini percentuali tra il Margine Operativo Lordo e quello Netto

è prevalentemente costituito dagli ammortamenti. Le società analizzate operano, infatti, nel

comparto dei servizi a rete, dove le componenti infrastrutturali, oltre ad avere un peso rilevante

sul capitale investito, necessitano di investimenti per il loro mantenimento e sviluppo: da ciò

discende un’incidenza rilevante del costo degli ammortamenti, variabile indiretta del costo totale.

La dimensione aziendale, misurata attraverso la variabile del Patrimonio Netto, incide sulle

performance economiche delle società: aziende maggiormente patrimonializzate presentano

mediamente margini di redditività superiori. Tale evidenza costituisce un elemento indicativo

della maggior capacità delle aziende di dimensioni elevate di raggiungere margini positivi

riuscendo a remunerare i fattori di produzione; al contrario, società di dimensioni più

contenute mostrano una difficoltà a raggiungere un equilibrio economico. Il fenomeno

costituisce uno dei maggiori driver delle politiche di aggregazione largamente perseguite negli

anni scorsi e in fase di ulteriore rafforzamento.

Il comparto SIAE è caratterizzato da un elevato fabbisogno di investimenti, soprattutto nei

settori idrico e dei rifiuti, volti alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti al fine di

garantirne la funzionalità e l’efficienza (nei servizi idrici particolarmente tesa al contenimento

delle dispersioni), all’ammodernamento tecnologico (sfruttando, in particolare, gli incentivi

previsti nel Piano Nazionale Industria 4.0), oltre che a superare le ricorrenti emergenze in

materia di trattamento e smaltimento sia delle acque reflue che dei rifiuti, e in generale a

colmare i profondi squilibri territoriali e i deficit strutturali delle regioni meridionali. A tal fine

occorre realizzare programmi di investimento di vaste proporzioni, alimentati tanto da

finanziamenti pubblici ed europei (in special modo quelli dei fondi SIE e del FSC), quanto da

capitali privati. I presupposti risiedono su terreni diversi; quello regolatorio, quello delle

procedure, quello dell’efficienza e dell’economicità. La presenza di un’Autorità indipendente

di regolazione nei servizi energetici e idrico contribuisce in misura molto rilevante allo

sviluppo degli investimento, attraverso metodi tariffari in grado di garantire la copertura dei

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costi di esercizio e di investimento. Con l’auspicato prossimo trasferimento all’AEGSI delle

funzioni regolatorie del settore dei rifiuti verrebbe a completarsi il passaggio dell’intero mondo

dei servizi a rete di interesse economico generale verso una regolazione indipendente, con

attesi significativi benefici. Gli altri presupposti per favorire un’adeguata politica di

investimenti sono il superamento dei deficit di progettualità degli enti deputati a definire i

piani di investimento, lo snellimento delle procedure di accesso ai finanziamenti agevolati

ancora eccessivamente lente e farraginose, e in generale il consolidamento di un quadro di

regole certe per operatori e investitori.

Nonostante molti di questi presupposti non siano stati ancora completamente raggiunti, negli

ultimi anni gli investimenti del comparto SIAE hanno registrato andamenti positivi e

conseguito volumi elevati. Secondo le stime condotte da Utilitatis su un campione esteso e

significativo di società, nel 2015 l’ammontare complessivo degli investimenti nelle

infrastrutture idriche, nel servizio di igiene ambientale e sulle reti di distribuzione di energia

elettrica e gas è stato di circa 2,5 miliardi di euro, concentrati per il 70% nel settore idrico, con

un incremento di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. A questo risultato ha certamente

contribuito l’avvio della regolazione indipendente del settore idrico, che ha messo in campo

metodi tariffari volti a incentivare gli investimenti.

Capitolo 4 [I Processi di razionalizzazione]

Come già accennato, complessivamente, dal 2013 ad oggi, il comparto delle partecipate S.I.A.E.

ha registrato una riduzione del numero di società pari a 356 unità, a seguito di diversi fenomeni:

processi di fusione, cessazioni di società, dismissione di partecipazioni e procedure fallimentari.

Il numero di aggregazioni, cessazioni o dismissioni di partecipazioni risulta molto più elevato al

Nord, che, come già evidenziato, è il territorio caratterizzato da un maggiore sviluppo di

partecipate S.I.A.E., rispetto al resto del Paese. Per contro, l’analisi indica che i fallimenti hanno

interessato prevalentemente le aree meridionali.  

Nel medio periodo il numero di società partecipate S.I.A.E. sarà destinato a diminuire se si

considerano le società ad oggi in liquidazione e quelle con fatturato inferiore ai limiti imposti dal

Decreto Madia con una riduzione attesa che porti il numero di partecipate intorno alle 1.200

unità. 

Infine, considerando che il settore dell’idrico ha avviato processi di razionalizzazione per

ottemperare all’obbligo di legge di individuare un gestore unico d’ambito e che il settore rifiuti

sarà interessato da rilevanti mutamenti organizzativi e gestionali, favoriti anche dall’auspicata

istituzione di una regolazione indipendente, è ragionevole attendersi un’ulteriore accelerazione

dei processi di razionalizzazione, con la crescita delle dimensioni degli operatori e una

conseguente ulteriore diminuzione del numero delle partecipate. 

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1 [Assetto ed evoluzione normativa dei servizi pubblici locali di interesse economico generale]

1.1 I servizi pubblici locali e la Delega Madia

Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del Decreto legislativo recante il Testo

Unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, sembrava essere finalmente

pervenuti al termine della lunga fase di incertezza e di instabilità che ha caratterizzato l’assetto

normativo del settore. Questo Testo Unico, infatti, operava una stabilizzazione in forma organica

delle disposizioni in essere, in particolare di quelle intervenute nell’ultimo quinquennio a seguito

sia dell’emanazione delle direttive europee in materia di appalti e concessioni (le Direttive 23 e

24 del 2014), sia del varo del nuovo Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs 50/2016 integrato e

corretto con il D.Lgs 56/2017), sia di una serie di disposizioni sul tema, in particolare quelle

contenute nelle leggi di stabilità 2014 e 2015 (L. 147/2013 e L. 190/2014). La pronuncia di

incostituzionalità da parte della Consulta (Sentenza n. 251/2016), che ha censurato parte delle

disposizioni della c.d. “Delega Madia” (L. 124/2015), ha prodotto un’interruzione di questo

processo. La pronuncia di incostituzionalità, peraltro – come ha chiarito la medesima sentenza –

è circoscritta alle disposizioni di delega della legge 124/2015 e non si estende alle relative norme

attuative. Quindi sono restati pienamente vigenti i decreti già in essere, tra cui il TU in materia di

società a partecipazione pubblica (D.Lgs 175/2016), entrato in vigore il 23 settembre 2016. Al

contrario il Testo Unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale non è stato

inviato alla Gazzetta Ufficiale per la conseguente pubblicazione. A fronte di questa situazione,

secondo il parere del Consiglio di Stato (Parere 83/2017), le possibili strade per salvaguardare le

disposizioni contenute nel TU possono essere, o l’adozione di una nuova legge delega conforme

ai vincoli procedurali sanciti dalla Corte costituzionale, o un disegno di legge avente, almeno in

parte, il contenuto del decreto delegato che andrebbe a sostituire.

Questa debacle nelle vicende normative relative ai servizi pubblici locali non è stata la prima. Si

possono rammentare al riguardo – per citare gli episodi più significativi – l’abrogazione

dell’articolo 23-bis del DL 112/2008 per effetto del Referendum del Giugno 2011 e poi quella

dell’articolo 4 del DL 138/2011 (che riproduceva contenuti largamente analoghi a quelli

dell’articolo 23-bis) a seguito della pronuncia di incostituzionalità della Consulta (Sentenza

199/2012). Si sottolinea che le norme abrogate erano caratterizzate da un’accentuata impronta

liberalizzatrice e si ponevano in discontinuità rispetto alla precedente disciplina (contenuta

nell’articolo 35 della Legge 448/2001, in parte sostituito dall’articolo 14 del DL 269/2003) molto

meno orientata alla concorrenza. La pronuncia di incostituzionalità della Consulta relativa

all’articolo 4 del DL 138/2011, pur determinando la non reviviscenza delle disposizioni abrogate,

come affermato dalla stessa Corte, non ha tuttavia provocato un vuoto normativo in quanto il

punto di riferimento è restato comunque costituito dall’insieme della disciplina europea e dalle

norme settoriali in vigore.

A partire da questa situazione, come si diceva, è iniziata una fase di intenso cambiamento che ha

caratterizzato l’attività normativa del successivo quinquennio in particolare sui versanti della

disciplina degli affidamenti, della politica industriale e della spending review.

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1.2 La disciplina degli affidamenti

In tema di affidamento dei servizi il riferimento è la disciplina europea, in particolare quella

contenuta nelle Direttive in materia di appalti e concessioni, recepita nel nuovo Codice dei

Contratti pubblici e ripresa nel TU sulle società partecipate. Le modalità di affidamento possono

ricondursi a:

a) esternalizzazione a terzi del servizio, attraverso l’espletamento di procedure ad evidenza

pubblica;

b) costituzione di una società mista, mediante una gara finalizzata alla scelta del socio privato

ed alla contestuale attribuzione allo stesso di specifici compiti operativi connessi alla gestione

(c.d. “gara a doppio oggetto”);

c) in house providing.

Le direttive europee e le norme che le hanno recepite hanno introdotto alcuni significativi

cambiamenti in materia di in house e, in parte, di società mista. Per l’in house la novità maggiore

consiste nella possibilità di forme di partecipazione di capitali privati a condizione che ciò sia

previsto da norme di legge e che non comporti controllo o potere di veto, né l’esercizio di

un’influenza determinante sulla società; inoltre un altro requisito prescritto dalla disciplina

europea per l’in house, vale a dire quello della prevalenza dell’attività della società per lo

svolgimento di compiti affidatigli dall’ente controllante, è stato quantificato nella misura di

almeno l’80% del suo fatturato; al riguardo nel TU in materia di società a partecipazione pubblica

si è stabilito (in aggiunta a quanto prescritto dalle direttive e dal Codice dei Contratti pubblici)

che la produzione ulteriore rispetto a tale limite sia consentita solo per il conseguimento di

economie di scala o per recuperi di efficienza. Per la società mista nel TU sulle partecipazioni

pubbliche è stato previsto che la quota di partecipazione del soggetto privato non possa essere

inferiore al 30% del capitale.

Secondo alcune opinioni le tre possibili modalità di affidamento vanno considerate su un piano

di parità. L’ente affidante, quindi, potrebbe limitarsi a motivare questa scelta nella Relazione

prodromica all’affidamento, disciplinata dall’articolo 34 del DL 179/2012 come modificato dalla

legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014). In tali norme, in particolare, si stabilisce che la Relazione,

oltre a dare conto della conformità ai requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di

affidamento prescelta e a definire i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio

universale indicando le relative eventuali compensazioni economiche, rechi le motivazioni relative

alla scelta della forma di affidamento. Essa, infatti, deve esplicitare le ragioni di tale scelta con

riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza e di economicità e di qualità del

servizio. Circa la motivazione dell’efficienza e dell’economicità la norma prevede che la relazione

comprenda un Piano economico-finanziario, asseverato da un soggetto abilitato, con la

proiezione, per il periodo di durata dell’affidamento (aggiornata a cadenza triennale), dei costi e

dei ricavi, nonché degli investimenti e dei relativi finanziamenti e con la specificazione, nell’ipotesi

di affidamento in house, dell’assetto economico-patrimoniale della società, del capitale proprio

investito e dell’ammontare dell’indebitamento. Al fine, poi, di responsabilizzare gli Enti locali che

optano per la gestione in house la norma stabilisce in capo agli Enti locali proprietari l’obbligo di

accantonare, di triennio in triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al

capitale proprio come indicato nel Piano economico-finanziario.

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12 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Secondo altre opinioni, più aderenti alla disciplina europea, la scelta dell’in house, e quindi la

sottrazione alla concorrenza “per il mercato”, deve essere giustificata in modo specifico. In effetti,

le possibili modalità di affidamento, come si è detto, comprendono sia la gara (inclusa quella “a

doppio oggetto” per la selezione del partner privato di una società mista), sia la gestione in house

conforme ai requisiti per essa stabiliti. L’articolo 106 del TFUE ammette, tuttavia, l’affidamento

diretto solo quando l’applicazione della concorrenza ostacoli la “speciale missione” dell’ente

pubblico. Questo orientamento è alla base anche del Codice dei Contratti pubblici in cui

(all’articolo 192) si stabilisce che, per l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato in

regime di concorrenza, deve essere effettuata preventivamente la valutazione della congruità

dell’offerta economica dei soggetti in house, motivando le ragioni del mancato ricorso al mercato,

dei benefici per la collettività anche in relazione agli obiettivi di universalità e socialità, efficienza,

economicità, qualità del servizio e ottimale impiego di risorse pubbliche. In caso di scelta dell’in

house, quindi, le Relazioni dovrebbero esplicitare le condizioni del servizio e del mercato di

riferimento che non rendono percorribile o conveniente il ricorso alla gara. Su questo punto si

rammenta anche che, in base a quanto stabilito dall’articolo 13 comma 25-bis del DL 145/2013,

gli Enti affidanti, sono tenuti a pubblicare le Relazioni sul proprio sito internet e a trasmetterle

all’Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico,

che provvede a pubblicarle nel proprio portale telematico. Ciò al fine non solo di favorire la

trasparenza delle decisioni e delle motivazioni delle scelte degli Enti locali e la possibilità di

eventuali ricorsi sul piano giurisdizionale, in particolare da parte dell’Autorità garante della

Concorrenza e del Mercato, ma anche di agevolare confronti di benchmarking e quindi forme

comparative di concorrenza.

1.3 La politica industriale

Dal punto di vista della politica industriale le disposizioni succedutesi negli ultimi anni hanno

introdotto misure di promozione e incentivazione delle aggregazioni organizzative e gestionali al

fine di conseguire economie di scala e di scopo. La frammentazione gestionale, in effetti,

costituisce una delle principali remore sia al conseguimento di efficienza e di economicità sia

all’uso appropriato delle risorse naturali e ambientali. La separazione delle diverse componenti

del ciclo produttivo e la dispersione territoriale delle gestioni – fenomeno particolarmente

accentuato nel Mezzogiorno e nei settori idrico e dei rifiuti - non consente di conseguire adeguati

standard di servizio e di qualità delle aree abbassando in tal modo l’attrattività delle stesse. Al fine

di colmare tali squilibri occorrerebbe una politica di investimenti di vaste proporzioni, alimentata

sia da finanziamenti pubblici ed europei (in particolare quelli compresi nelle politiche di

coesione), sia da capitali privati. Il presupposto, oltre al superamento dei ritardi progettuali e di

farraginose procedure burocratiche, è la presenza di condizioni economiche, produttive e

gestionali tali da garantire la sostenibilità degli investimenti. In altri termini, una volta colmato il

gap di economicità dovuto alla presenza di oneri di servizio pubblico e di universalità tramite

finanziamenti agevolati (rigorosamente definiti a fronte dei fallimenti del mercato), occorre

assicurare adeguati livelli di redditività e sufficienti garanzie per gli investitori privati. Perché ciò

sia possibile sono indispensabili diverse condizioni: sia l’efficacia progettuale e la snellezza

procedurale, sia la sicurezza, sia l’adeguatezza e la stabilità del quadro normativo e regolatorio,

sia soglie dimensionali che consentano una gestione imprenditoriale dei servizi.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 13  

A partire dagli anni novanta del secolo scorso le norme di riforma dei settori idrico e di rifiuti

(rispettivamente la Legge 36 del 1994, nota come “Legge Galli” e il D.Lgs 22 del 1997, meglio

conosciuto come “Decreto Ronchi”, successivamente trasfuse nel cosiddetto “Codice

dell’ambiente”, vale a dire il D.Lgs 152 del 2006), hanno introdotto misure volte a realizzare

l’integrazione orizzontale e verticale dei servizi. A tal fine si prevedeva l’aggregazione territoriale,

tramite la costituzione di Ambiti territoriali ottimali (ATO) e di ricomposizione della filiera dei

servizi in cicli integrati. In effetti i processi di aggregazione, in entrambi i settori, hanno tardato a

produrre i risultati voluti, sia nella perimetrazione degli Ambiti territoriali ottimali, sia nella

costituzione degli Enti di governo degli stessi (definiti Autorità d’ambito fino alla loro

soppressione ad opera dell’articolo 2 comma 186-bis della legge 191/2009) soprattutto a causa

della forte resistenza degli Enti locali ad aderire ad essi. Al fine di colmare i ritardi è intervenuto,

per il settore idrico, l’articolo 7 del DL 133/2014 (il c.d. “Sblocca Italia”) che ha modificato e

integrato le disposizioni del Codice dell’Ambiente, imponendo alle Regioni di individuare gli Enti

di governo degli ambiti entro un termine perentorio (con attivazione di poteri sostitutivi da parte

del Presidente del Consiglio in caso di inerzia) e obbligando gli Enti locali ad aderire agli ambiti

pena l’esercizio di poteri sostitutivi da parte delle Regioni (e del Presidente del Consiglio

nell’ipotesi di inattività delle Regioni stesse); inoltre è stato introdotto il principio della unicità

della gestione a livello di ambito.

Un approccio fondato su analoghi presupposti ha costituito la base di riferimento delle misure

riferite all’intero comparto dei servizi pubblici locali a rete di interesse economico generale

contenute nell’articolo 3-bis del DL 138/2011 (sopravvissuto alla pronuncia di incostituzionalità,

circoscritta al solo articolo 4 del provvedimento) come modificato dalla Legge di Stabilità 2015,

orientate a promuovere e incentivare politiche di aggregazione. In particolare si è previsto che le

Regioni organizzino lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di interesse economico

generale in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di dimensione non inferiore al territorio

provinciale, istituendo o designando Enti di governo degli stessi (con l’esercizio di poteri

sostitutivi da parte del Consiglio dei Ministri in caso di inerzia). Come si è precedentemente

sottolineato le politiche di aggregazione della domanda e dell’offerta, sebbene prescritte dalla

legge, hanno stentato a decollare per ritardi e resistenze che si manifestano ai diversi livelli

istituzionali: nella perimetrazione degli ambiti territoriali ottimali (Regioni), nell’istituzione degli

Enti di governo degli ambiti (Regioni), nell’adesione dei Comuni agli Enti di governo degli ambiti,

negli affidamenti su scala d’ambito (Enti di governo degli ambiti). Dato lo stretto collegamento

degli adempimenti da parte dei diversi Enti i ritardi producono effetti a cascata. Al fine di superare

questa impasse la Legge di Stabilità 2015 ha previsto una serie di misure (contenute nel comma

609) le quali hanno modificato in più punti il citato articolo 3-bis. Nello specifico è stato previsto,

in analogia alla disciplina specifica dei servizi idrici, l’obbligo generalizzato per gli Enti locali di

aderire agli Enti di governo degli ambiti (prevedendo l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del

Presidente della Regione). Come si è detto il superamento delle resistenze dei Comuni è una

condizione necessaria ai fini della concreta operatività degli Enti di governo degli ambiti a cui la

legge (comma 1-bis dell’articolo 3-bis) assegna l’esercizio di funzioni di organizzazione dei servizi

pubblici locali a rete di rilevanza economica, di scelta della forma di gestione, di determinazione

delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo. A tali Enti, proprio in

quanto titolari degli affidamenti su scala d’ambito, spetta la redazione della Relazione la quale, ai

sensi dell’articolo 34 del DL 179/2012, costituisce un atto prodromico all’affidamento del servizio

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14 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

e le loro deliberazioni sono validamente assunte senza necessità di ulteriori deliberazioni da parte

degli Enti locali.

Le politiche di aggregazione vengono variamente incentivate. Innanzitutto, sempre nel citato

comma della Legge di Stabilità 2015, è stata prevista la possibilità di prosecuzione delle

concessioni, assentite in conformità alla normativa europea, quando ad un operatore economico

ne succeda un altro a seguito di operazioni societarie (acquisizioni, fusioni, ecc.) effettuate con

procedure trasparenti e fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente. Tale

disposizione è la trasposizione di norme presenti nell’ordinamento sovranazionale poi acquisite

in quello nazionale; infatti la possibilità di proseguire nella gestione è espressamente sancita

dall’articolo 43 della Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e

nell’articolo 175 del Codice dei Contratti pubblici. L’ente affidante è tenuto ad accertare la

persistenza di detti requisiti qualitativi e inoltre dovrà verificare la permanenza delle condizioni

di equilibrio economico-finanziario in modo da poter procedere, ove necessario, alla

rideterminazione di tale equilibrio anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza di tutte

o alcune delle concessioni in essere (decisione rimessa alla valutazione di merito dell’Autorità di

regolazione ove istituita o dell’Ente di governo dell’ambito). Per quanto riguarda poi le

incentivazioni finanziarie alle aggregazioni è stato stabilito che i finanziamenti pubblici possano

essere attribuiti esclusivamente agli Enti di governo degli ambiti territoriali o ai relativi gestori, in

luogo dei singoli Enti locali, a condizione che tali risorse siano aggiuntive o a garanzia dei piani

di investimento approvati dagli Enti di governo degli ambiti. Tali risorse, inoltre, dovranno essere

assegnate in via prioritaria a gestori selezionati tramite gara ad evidenza pubblica o per i quali sia

stata comunque attestata l’efficienza gestionale e la qualità del servizio e a quelli che abbiano

deliberato operazioni di aggregazione.

1.4 La spending review

Negli ultimi anni la politica dei servizi pubblici locali è stata collegata con quella della revisione

della spesa pubblica e con la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche. Nel “Programma

di razionalizzazione delle partecipate locali” predisposto dalla c.d. “Commissione Cottarelli”, si

propone sostanzialmente di ridurre drasticamente il numero delle partecipazioni, di aumentarne

l’efficienza e di contenerne le spese. Gli indirizzi prospettati in tale documento sono stati declinati

in una duplice direzione: da un lato quelli relativi a partecipate pubbliche esercitanti servizi

cosiddetti strumentali o funzioni pubbliche esternalizzate, dall’altro quelli riferiti a società di

gestione di servizi pubblici. Per la prima categoria l’obiettivo è riconducibile alla riduzione del

loro numero prevalentemente tramite alienazioni oppure dismissioni per i servizi strumentali e

“reinternalizzazioni” in caso di esercizio esternalizzato di funzioni pubbliche. Per i servizi pubblici

locali la finalità della riduzione del numero delle partecipate prevede invece politiche di

superamento della frammentazione mediante aggregazioni gestionali.

Le misure relative alla spending review sono comprese nel D.Lgs. 175/2016 che, come si è detto,

disciplina le società a partecipazione pubblica e reca un Testo Unico in materia. Questo decreto,

al fine di tenere conto delle censure della citata Sentenza 251/2016 della Corte Costituzionale, è

stato sottoposto a un processo di revisione che ha condotto all’emanazione del D.Lgs. 100/2017

contenente integrazioni e correzioni al TU.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 15  

Molte disposizioni del TU costituiscono una sistematizzazione organica di misure già presenti in

norme succedutesi negli ultimi anni, in armonia con i principi e i criteri comuni contenuti

nell’articolo 16 della “Delega Madia”.

Senza entrare nel merito delle articolate disposizioni contenute nel TU, ci si limita a quelle di

maggiore interesse attinenti direttamente o indirettamente ai servizi pubblici locali.

Rileva, innanzitutto, la definizione dei perimetri comprendenti, rispettivamente, le tipologie di

società ammesse e le attività che esse possono svolgere. Sotto il primo aspetto, la norma prevede

che le partecipazioni possano consistere esclusivamente in società, anche consortili, per azioni o

a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa. Le disposizioni del decreto si applicano solo

se espressamente previsto alle società quotate, quelle cioè che emettono azioni quotate in mercati

regolamentati o che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari diversi

dalle azioni quotati in mercati regolamentati e le società partecipate dalle une o dalle altre, salvo

che le stesse siano anche controllate o partecipate da Amministrazioni pubbliche non per il tramite

di società quotate.

Sotto il secondo aspetto il principio di riferimento prescritto dal TU è quello - già previsto

nell’articolo 3 della Legge finanziaria per il 2008 (Legge 244/2007), ribadito nel sopra citato

“Programma di razionalizzazione” e poi contenuto nella Legge di Stabilità per il 2015 - in base al

quale le Amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire

società o acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, aventi per oggetto attività di

produzione di beni o servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità

istituzionali. A partire da questo assunto generale, la norma (all’articolo 4) indica un elenco

tassativo di attività che possono essere svolte tramite società partecipate: a) la produzione di

servizi di interesse generale, b) la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica sulla base di un

accordo di programma tra Amministrazioni pubbliche, c) l’organizzazione e la gestione di

un’opera pubblica o di un servizio di interesse generale tramite un contratto di partenariato, d)

l’autoproduzione di beni o servizi strumentali o lo svolgimento delle funzioni degli Enti

partecipanti, e) servizi di committenza a supporto di Enti senza scopo di lucro e di

Amministrazioni aggiudicatrici. Rileva, al riguardo, una modifica prospettata in sede di intesa con

la Conferenza unificata e contenuta nel decreto correttivo, nella quale si consente esplicitamente

alle Amministrazioni pubbliche di detenere partecipazioni in società che producono servizi di

interesse generale a rete (di cui all’articolo 3-bis del D.L 138/2011 sopra menzionato) anche oltre

l’ambito territoriale della collettività di riferimento, fatta salva la previsione di liquidazione della

società in caso di risultato negativo in quattro esercizi su cinque (disposizione che, al di fuori di

questa ipotesi, non si applica ai servizi di interesse generale). L’acquisizione dei servizi extra

moenia deve avvenire tramite procedure ad evidenza pubblica e la società affidante deve essere

stata essa stessa selezionata tramite gara.

Le conseguenze relative all’applicazione di tali condizioni sono state variamente interpretate, in

senso più o meno restrittivo. Al fine di mantenere questa disposizione coerente rispetto alle

discipline europee e nazionali in materia di affidamenti e allo stesso TU in cui è contenuta, essa

dovrebbe comportare

a) che i nuovi affidamenti avvengano con procedure ad evidenza pubblica;

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16 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

b) che gli affidamenti in essere siano stati conseguiti con procedure ad evidenza pubblica,

comprese le gare cd “a doppio oggetto” delle società miste pubblico-privato o tramite

affidamenti diretti in house conformi alle direttive europee ed entro il limite del 20% del

fatturato con l’obiettivo di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza.

Infine nello stesso articolo 4 si prevede la possibilità, in base ad un DPCM o ad un decreto del

Presidente della Regione, opportunamente motivati, di escludere singole società a partecipazione

pubblica dal rispetto dei vincoli tassativi circa le attività ammesse. In ogni caso l’atto deliberativo

di costituzione di una società o di acquisto di una partecipazione, anche attraverso un aumento

di capitale, deve essere analiticamente motivato, con riferimento sia alle finalità istituzionali da

perseguire tramite la partecipazione pubblica, sia alla convenienza economica e alla sostenibilità

finanziaria. L’atto deliberativo deve essere sottoposto dagli Enti locali a forme di consultazione

pubblica e trasmesso, per fini conoscitivi, alla Corte dei Conti e all’Autorità garante della

concorrenza e del mercato.

Le società che esercitano attività non comprese nell’elenco di cui sopra dovranno essere soppresse

anche tramite la messa in liquidazione o la cessione. A tale riguardo il TU prevede processi di

razionalizzazione da condurre periodicamente (articolo 20) e in via straordinaria (articolo 24). Le

Amministrazioni, quindi, dovranno condurre ogni anno, tramite un apposito provvedimento,

un’analisi dell’assetto complessivo delle partecipazioni predisponendo, ove necessario, un piano

di razionalizzazione, corredato da un’apposita relazione tecnica e prevedendo la soppressione

tanto delle partecipazioni non conformi alle attività ammesse, quanto di quelle che rientrano in

una definita casistica (strettamente attinente a quella contenuta nel “Programma di

razionalizzazione delle partecipate locali”, poi ripresa nel comma 611 della legge di Stabilità per

il 2015) comprendente:

- società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a

quello dei dipendenti;

- partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società

partecipate o da Enti pubblici strumentali;

- partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio

non superiore a un milione di euro. A seguito delle modifiche apportate in sede di decreto

correttivo, il primo triennio rilevante ai fini dell’applicazione di questa misura è quello 2017-

2019, mentre in fase transitoria si applica una soglia di fatturato medio non superiore a 500 mila

euro calcolato nel triennio precedente l’entrata in vigore del TU;

- partecipazioni in società, diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio di interesse

generale, che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

Inoltre la medesima disposizione prescrive la necessità di contenimento dei costi di

funzionamento e quella di aggregazione delle società aventi per oggetto le attività ammesse.

La ricognizione e i conseguenti piani di razionalizzazione, da predisporre entro il 31 dicembre di

ogni anno, dovranno essere trasmessi sia alla struttura che il decreto prevede venga istituita presso

il Ministero dell’Economia e delle Finanze ai fini dell’indirizzo, del controllo e del monitoraggio

dell’attuazione del decreto stesso (articolo 15), sia alla competente sezione di controllo della Corte

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 17  

dei Conti. Dopo un anno le Amministrazioni sono tenute ad approvare una relazione

sull’attuazione dei piani e sui risultati conseguiti.

In via transitoria deve essere predisposta una revisione straordinaria prevedendo che, entro il 30

Settembre 2017, le Amministrazioni effettuino, con un provvedimento motivato, la ricognizione

di tutte le partecipazioni possedute individuando quelle che devono essere alienate (entro un

anno dalla conclusione della ricognizione) in base ai medesimi criteri della razionalizzazione

annuale. Questa disposizione si sovrappone, per le Amministrazioni locali, a quanto prescritto

nel comma 612 della Legge di Stabilità 2015 che prevede l’approvazione entro il 31/3/2015 di un

piano operativo di razionalizzazione e nell’anno successivo (entro il 31/3/2016) la predisposizione

di una relazione recante i risultati conseguiti. Al fine di evitare adempimenti ridondanti è stato

stabilito che la revisione straordinaria delle partecipazioni costituisca aggiornamento del piano

operativo di razionalizzazione.

A queste misure, volte esplicitamente al contenimento del numero e dell’impatto finanziario delle

partecipazioni, se ne collegano altre in cui le medesime finalità vengono promosse in via, per così

dire, mediata. Ci si riferisce, in particolare, alla norma (mutuata dal comma 551 della legge di

Stabilità per il 2014) in cui viene stabilito che le Amministrazioni locali partecipanti di società

con risultati di esercizio negativi (definiti, per i servizi a rete di rilevanza economica, come la

differenza tra valore e costi della produzione) debbano accantonare (pro quota nelle società

partecipate da più comuni) un importo pari al valore delle perdite non immediatamente ripianate,

da conferire ad un apposito fondo vincolato e recuperabile esclusivamente al ricorrere di definite

condizioni (ripianamento delle perdite, dismissione delle partecipazioni o liquidazione delle

società) con un percorso graduale di applicazione che inizia a partire dal 2015 per entrare a regime

nel 2017.

Un aspetto rilevante del TU in esame concerne l’esplicitazione del principio della fallibilità delle

società a controllo pubblico; principio che, sebbene desumibile sul piano normativo e

giurisprudenziale, è stato oggetto, in questi anni, di interpretazioni diverse riguardo alle società

in house. Nel decreto (articolo 14) si ribadisce che tutte le società a partecipazione pubblica sono

assoggettate alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo nonché, ove ne ricorrano

i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria. A tale riguardo il decreto

prevede che, ove dai programmi di valutazione del rischio aziendale che le società a controllo

pubblico sono tenute a predisporre (articolo 6 del decreto), emergano situazioni di crisi, l’organo

amministrativo della società debba adottare un piano di risanamento che preveda idonei

provvedimenti, escludendo che questi ultimi possano consistere in meri ripianamenti delle

perdite, anche se adottati tramite aumenti di capitale, trasferimenti straordinari di partecipazioni,

rilasci di garanzie ecc.

Sempre in una logica di spending review il TU ha adottato una nuova disciplina relativa alla

composizione e ai compensi degli organi di amministrazione (articolo 11). Circa la composizione,

viene previsto, di norma, un amministratore unico, con la facoltà da parte dell’Assemblea della

società di deliberare un Consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri per

specifiche e motivate ragioni di adeguatezza organizzativa da sottoporre al vaglio della Corte dei

Conti. Per quanto concerne i compensi, è stata uniformata la disciplina per la determinazione

delle retribuzioni degli amministratori di tutte le società a controllo pubblico. In particolare, si

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18 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

stabilisce che, con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (peraltro non ancora

emanato), vengano identificate fino a cinque fasce societarie sulla base di indicatori dimensionali

quantitativi e qualitativi ed in proporzione i limiti dei compensi da corrispondere agli

amministratori, ai componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, con un tetto

massimo di 240.000 euro lordi annui.

Per quanto riguarda il personale, il TU (all’articolo 19) ribadisce che la disciplina dei rapporti di

lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico fa riferimento alle norme civilistiche e alle

leggi sul lavoro subordinato nell’impresa, incluse quelle sugli ammortizzatori sociali. Quanto al

reclutamento, alle assunzioni e alle retribuzioni vengono riprese gran parte delle regole codificate

nella normativa previgente (commi 1, 2, 2-bis e 3 dell’articolo 18 del DL 112/2008). In estrema

sintesi, le citate società, in materia di reclutamento, dovranno rispettare i principi di pubblicità,

trasparenza, parità di trattamento previsti dall’articolo 35 del D.Lgs 165/2001, da tradurre in

provvedimenti aziendali. Circa le assunzioni e le spese del personale viene definito un percorso

in cui le Amministrazioni pubbliche fissano, con propri provvedimenti, obiettivi relativi alle spese

di funzionamento e del personale delle società controllate (comprendenti il contenimento delle

assunzioni e degli oneri contrattuali), mentre le società controllate si impegnano a conseguire tali

obiettivi tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, in sede di contrattazione di

secondo livello. In fase transitoria viene stabilito che entro il 30 settembre 2017 le società a

controllo pubblico effettuino una ricognizione del personale individuando le eventuali eccedenze,

anche in relazione agli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni. L’elenco del

personale eccedente deve essere trasmesso alle Regioni (con criteri da definire con decreto del

Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministro della Semplificazione e la

Pubblica Amministrazione e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze ancora da emanare) le

quali costituiscono e gestiscono l’elenco dei lavoratori eccedenti, agevolando processi di mobilità

(dopo sei mesi tali elenchi dovranno essere trasferiti all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive

del Lavoro). Fino al 30 giugno 2018 le società a controllo pubblico non possono procedere a

nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo ai suddetti elenchi, salvo che non si

tratti di personale infungibile per le sue specifiche competenze che non sia disponibile negli

elenchi medesimi (tale divieto, peraltro, decorre dalla data di entrata in vigore del decreto di cui

sopra).

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2 [La situazione delle partecipazioni pubbliche]

Nel precedente capitolo si è evidenziato il nesso tra le discipline delle partecipazioni pubbliche e

dei servizi pubblici locali di interesse economico generale. Generalmente tali discipline, pur

presentando tratti comuni in ragione della natura pubblica delle principali società di gestione di

questi servizi, distinguono nettamente le attività strumentali da quelle dei servizi di pubblica

utilità.

In particolare, in una prospettiva di spending review, per le prime si tende a perseguire l’obiettivo

di un ridimensionamento riducendo drasticamente il loro numero soprattutto tramite

l’imposizione di ristretti limiti entro i quali è consentito loro di operare. Al riguardo, come si è

visto, nel TU sulle partecipazioni pubbliche oltre all’adozione del principio generale circa la

conformità delle attività di queste società alle finalità istituzionali degli Enti partecipanti, viene

indicato un elenco tassativo di materie in cui si possono detenere partecipazioni. Al di fuori di tali

ambiti e al ricorrere di una casistica indicata nel TU, tali partecipazioni devono essere sottoposte

a un processo di razionalizzazione e soppresse tramite la messa in liquidazione o la cessione.

Per i servizi pubblici le disposizioni ispirate al principio della spending review sono declinate in

forma affatto diversa; in tal caso, infatti, si prevedono processi di aggregazione in coerenza anche

con quanto contenuto nelle specifiche norme in materia.

Date tali premesse, è opportuno collegare l’analisi specifica sui servizi pubblici locali di interesse

economico generale nei settori energetico, del gas, idrico e ambientale, oggetto di questo

Rapporto, con un riferimento alla situazione del complesso delle partecipazioni pubbliche, in

particolare quelle operanti in ambito locale. Ciò consente di evidenziare alcune analogie e,

soprattutto, le profonde diversità tra le attività strumentali e quelle di servizio pubblico che

costituiscono la base e il motivo della differenziazione normativa.

A tal fine si riportano molto sinteticamente alcune principali informazioni sul comparto delle

partecipazioni pubbliche tratte prevalentemente dall’ultimo Rapporto del Ministero

dell’Economia e delle Finanze1. Le parti successive, riferite ai servizi pubblici locali, consentono

di evidenziare le diversità tra queste attività e quelle strumentali relativamente ai diversi aspetti

oggetto dell’analisi.

2.1 La consistenza e la dinamica delle partecipazioni pubbliche

Un primo ordine di informazioni riguarda il numero delle partecipazioni e la loro articolazione.

Al riguardo si fa riferimento ai dati tratti dalle dichiarazioni trasmesse dalle Amministrazioni

pubbliche al Dipartimento del Tesoro nell’anno di rilevazione (2014) da cui emerge che il totale

delle partecipazioni è complessivamente di 48.896 riconducibili a 8.893 società. La differenza tra

i due valori è dovuta alla presenza, in molti casi, di una molteplicità di partecipazioni in ciascuna

società.

                                                            1 MEF Dipartimento del Tesoro – Patrimonio della PA – Rapporto sulle partecipazioni pubbliche (Dati anno 2014) –

Novembre 2016

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20 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Tabella 1 – Partecipazioni e società partecipate per tipologia di Amministrazione

AMMINISTRAZIONI CENTRALI 

Società Partecipate 

Partecipazioni 

Partecipazioni Dirette 

Partecipazioni Indirette 

Totale Partecipazioni 

(numero)  (numero)  (numero)  (numero) 

AMMINISTRAZIONI IN S13  8.710  34.737  15.822  48.549 

di cui:       

AMMINISTRAZIONI CENTRALI  562  332  424  724 

Ministeri e Presidenza Del Consiglio dei Ministri 

242  42  203  243 

Agenzie Fiscali  8  2  6  8 

Altre Amministrazioni Centrali  347  288  215  473 

AMMINISTRAZIONI LOCALI  8.386  34.394  15.437  47.793 

Regioni  776  399  427  797 

Province  1.885  1.670  1.110  2.619 

Comuni  6.074  26.969  11.946  37.818 

Unioni di Comuni e Comunità Montane  408  561  118  663 Camere di commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e Unione Delle Camere di Commercio Regionale 

1.292  2.336  1.582  3.254 

Enti Locali del Servizio Sanitario  156  320  14  331 

Università  993  1.906  204  2.057 

Altre Amministrazioni Locali  224  233  35  254 

ENTI NAZIONALI PUBBLICI DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

31  11  21  32 

AMMINISTRAZIONI NON S13  237  297  62  347 

di cui:       

ACI  175  205  51  246 

Asp  19  43  7  49 

Casa di Riposo  8  10  ‐  10 

Istituti autonomi Case Popolari  18  17  3  19 

Altro  19  22  1  23 

TOTALE AMMINISTRAZIONI  8.893  35.034  15.944  48.896 Note: (1) La somma del numero di società partecipate dalle diverse tipologie di Amministrazioni può non coincidere con il numero delle società partecipate dai rispettivi aggregati e, a sua volta, la somma delle società partecipate dagli aggregati può non coincidere con il numero complessivo di società partecipate dalle Amministrazioni Pubbliche. Se una stessa società è partecipata da due Amministrazioni appartenenti a tipologie differenti viene contata tra le partecipate di ciascuna di essi ma entra una sola volta nel calcolo delle partecipate del relativo aggregato. (2) La partecipazioni totali non corrispondono alla somma tra le partecipazioni dirette ed indirette in quanto i casi in cui l’Amministrazione partecipa ad una società sia in via diretta che in via indiretta sono inclusi una sola volta nel calcolo delle partecipazioni totali. Fonte: Rapporto MEF 2016

In media, nelle partecipazioni locali, ciascuna società è partecipata da 5,7 Enti (nel caso dei

Comuni questo rapporto sale a 6,2, con punte molto elevate nei Comuni di maggiori dimensioni

e valori molto bassi nei piccoli Comuni). Come si avrà modo di sottolineare nei capitoli successivi,

questo rapporto è nettamente più elevato nei servizi a rete di interesse economico generale in

ragione, soprattutto, dell’ambito territoriale di organizzazione e gestione dei servizi che si estende

oltre i confini comunali. Il peso del fenomeno delle partecipazioni nelle amministrazioni comunali

si evidenzia anche considerando che ciascun Comune detiene mediamente 7,2 partecipazioni con

evidenti diversità a seconda della dimensione dei Comuni (dalle 4,7 per quelli fino a 1.000

abitanti a 57,6 per quelli di oltre 250 mila abitanti).

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 21  

Figura 1 – Distribuzione del numero totale e numero medio di partecipazioni per classi di popolazione residente dei Comuni azionisti

Fonte: Rapporto MEF 2016

Il numero delle società partecipate ha avuto un andamento fortemente crescente a partire dagli

anni novanta del secolo scorso per effetto, sia di un generale orientamento degli Enti pubblici,

soprattutto locali, a “esternalizzare” le proprie attività, sia di norme in materia di servizi pubblici

che hanno dapprima promosso, poi obbligato le Amministrazioni locali a gestire i propri servizi

tramite partecipate2. Successivamente, a partire dal 2006, la crescita del numero di partecipate ha

subito un drastico rallentamento a seguito di un altrettanto radicale mutamento di “clima” e,

soprattutto, di una netta inversione della disciplina che ha dapprima posto un freno alle

acquisizioni di partecipazioni, poi ha definito misure maggiormente pregnanti contenute nelle

più recenti disposizioni di spending review, a partire da quelle indicate nel “Programma di

razionalizzazione delle partecipate locali” prodotto in seno alla c.d. “Commissione Cottarelli”

                                                            2 Ci si riferisce, in particolare alla legge 142/1990 di Riforma delle Autonomie locali e s.m.i. e alla legge 388/2000

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22 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 2 – Andamento delle società partecipate dalle Amministrazioni Pubbliche per anno di costituzione dal 1990 al 2014

Fonte: Rapporto MEF 2016

Come risulta dalla Figura 2 sopra riportata, la grande maggioranza delle partecipazioni pubbliche

è detenuta dalle Amministrazioni locali (il 94% delle società e il 98% delle partecipazioni), in

particolare dai Comuni (rispettivamente il 72% e il 78% rispetto a quelle delle Amministrazioni

pubbliche), con un numero di dipendenti di oltre 411 mila unità.

2.2 Assetti proprietari, ambiti di attività e distribuzione territoriale

Quanto agli assetti proprietari, dal Rapporto MEF emerge che, sempre con riferimento alle

partecipazioni locali, circa il 50% delle società sono a controllo pubblico, mentre, per quanto

riguarda la forma giuridica, quasi il 70% sono società di capitali (Spa, Srl, consortili).

Circa i settori di attività (classificati secondo il codice Ateco)3 ,risulta che le partecipazioni locali

operano per il 72% nel settore terziario (comprendente anche trasporto e magazzinaggio) con

un’elevata quota in attività professionali scientifiche e tecniche e per il 25% in quello secondario

nel quale sono prevalenti le utilities (rifiuti, idrico, energia, gas) con circa il 18% del totale. Se ne

deduce che una percentuale tra il 75% e l’80% delle partecipazioni opera in attività strumentali e

in altre attività varie (alcune delle quali evidentemente “atipiche” rispetto alle funzioni degli Enti

pubblici, come rilevato e denunciato anche dalla “Commissione Cottarelli”). Sotto questo aspetto

i dati evidenziano una significativa presenza di attività che, a primo acchito, sembrano estranee

rispetto alle finalità istituzionali degli Enti controllanti e non rispondenti al tassativo elenco

contenuto nel TU sulle partecipazioni pubbliche. Non risulta agevole, in base a informazioni

                                                            3 Questo criterio, come si dirà, prevede classificazioni che non consentono una specificazione settoriale del tutto

adeguata. Ciò vale, in particolare, nei servizi di interesse economico generale, in cui i dati dell’energia elettrica vengono

rilevati insieme a quelli del gas, oltre che a quelli del vapore e dell’aria condizionata, mentre quelli della fornitura

d’acqua comprendono, oltre alla gestione delle reti fognarie, anche quella dei rifiuti e i risanamenti. Nei capitoli

successivi riferiti ai servizi energetici, del gas, idrici e ambientali, si adotteranno criteri di classificazione diversi fondati

su tali specificazioni.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 23  

molto aggregate e classificate in base a criteri concepiti per altre finalità, quantificare la portata

del problema. Come si dirà in seguito si possono al più condurre stime di larga massima per

disporre di un mero ordine di grandezza che tuttavia può contribuire ad acquisire consapevolezza

circa la necessità di fare fronte alle conseguenze, anche sul piano occupazionale, di un fenomeno

che comunque è di rilevante portata.

Relativamente alle dimensioni delle società, dal Rapporto MEF emerge che l’83,5% delle

partecipate locali ha meno di 50 occupati e in esse è impiegato circa il 9% degli addetti, mentre

le società con oltre 250 dipendenti è pari, come numerosità, al 4,5% del totale e rappresenta il

70% degli addetti complessivi. Si noti che quasi il 24% delle società risultano prive di addetti.

Questo dato presenta un particolare interesse in quanto nel TU sulle partecipazioni pubbliche si

indica, tra i motivi alla base dell’avvio dei processi di razionalizzazione e dello scioglimento delle

società, appunto, quello di assenza di dipendenti o di un numero di amministratori superiore a

quello dei dipendenti. La portata del problema, quindi, non è affatto trascurabile (riguarda quasi

un quarto delle partecipate). A ciò va aggiunto che, pur non disponendo di informazioni

sufficientemente dettagliate relative al valore della produzione, la forte presenza di società con un

marginale numero di dipendenti fa ritenere che in molte di esse tale valore sia inferiore ai 500

mila euro che costituisce la soglia al di sotto della quale le Amministrazioni pubbliche devono

attivare le procedure di scioglimento. Infine rileva sottolineare ai nostri fini che dei 411 mila

dipendenti delle partecipate locali il 22% sono collocati nelle utilities energetiche e ambientali,

(mentre nel settore trasporti, che nella classificazione Ateco comprende anche il magazzinaggio,

ci si attesta su una percentuale del 28%). Si tratta quindi di grandezze elevate che, come sarà

confermato nei successivi capitoli relativi ai servizi energetici, del gas, idrici e ambientali, induce

a ritenere che il problema delle soglie minime del valore della produzione assuma in questi settori

un peso molto minore.

2.3 Valore economico e rapporti finanziari con gli Enti partecipanti

Quanto ai dati economici le società partecipate dalle Amministrazioni locali presentano

complessivamente un valore della produzione di 93 miliardi di euro e 83 miliardi di euro di costi

della produzione, il 17,5% dei quali relativi al personale. La parte preponderante di questi valori,

per circa il 60%, è da attribuire alle utilities (energia, ambiente e trasporti) a ribadire quanto si

diceva in precedenza circa le dimensioni aziendali in questi settori. Per quanto riguarda i risultati

economici si rileva che il 60% delle partecipate locali presenta un utile, pari a 1.707 milioni di

euro, l’11% sono in pareggio e il 29% registrano una perdita di ammontare complessivo di 688

milioni di euro. Il risultato netto, quindi, è positivo per 1.020 milioni di euro. Questo dato è

calcolato “pro quota” vale a dire in rapporto alla quota di partecipazione detenuta dalle

Amministrazioni pubbliche. Rispetto al valore aggregato è di interesse osservare come esso si

distribuisca nelle diverse attività. In particolare si può osservare che nei servizi energetici e

ambientali gli utili ammontano complessivamente a 917 milioni di euro (il 54% de totale), le

perdite a 82 milioni di euro (il 12% del totale) e il saldo positivo a 835 milioni di euro (l’82% del

totale)4.

                                                            4 Come si vedrà nei capitoli successivi, nella rilevazione specifica e maggiormente dettagliata relativa ai settori

energetico, idrico e ambientale si registra un risultato netto positivo nettamente più elevato, pari a quasi 1,3 miliardi di

 

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24 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Il Rapporto MEF contiene anche un’analisi relativa ai servizi affidati. Al riguardo con riferimento

alle complessive 8.386 società partecipate locali quelle a cui sono stati affidati i servizi sono circa

3.000 per un totale di servizi affidati pari a 11.300 relativi, per il 53%, ad affidamenti di servizi

pubblici (percentuale che si attesta intorno al 60% per i Comuni). Per quanto riguarda le modalità

di affidamento prevale in misura preponderante l’affidamento diretto, sia nelle attività strumentali

che nei servizi di pubblica utilità.

Un tema di notevole interesse è costituito dall’analisi dei flussi finanziari intercorrenti tra l’ente

pubblico e l’organismo partecipato, dal punto di vista sia del rapporto tra crediti e debiti, sia del

confronto tra le spese e le entrate degli Enti pubblici territoriali verso gli organismi controllati.

Una tale rilevazione non è presente nel Rapporto del Ministero dell’Economia e delle Finanze a

cui ci si è finora riferiti, ma è contenuta nella Relazione 2016 della Corte dei Conti sulle

partecipazioni territoriali5. Sotto il profilo del confronto tra crediti e debiti verso gli Enti

controllanti rileva, innanzitutto, il peso di questi valori rispetto al totale dei crediti e dei debiti

che risulta, rispettivamente, del 19,3% per i crediti e del 15,6% per i debiti. Quanto poi al

rapporto tra queste due grandezze emerge un forte indebitamento netto delle società partecipate

dato che i debiti verso i controllanti sono quasi il doppio rispetto ai crediti.

L’analisi delle spese e delle entrate degli Enti territoriali nei confronti delle partecipate fornisce un

segnale delle effettive ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci dei partecipanti. Si tratta di

un dato di larga approssimazione ma, nonostante ciò, interessante in quanto può fornire agli Enti

locali una prima base di orientamento relativamente alle alternative tra esternalizzazione e

gestione internalizzata e tra esternalizzazione e ricorso al mercato. Il riferimento alla convenienza

economica di tali scelte, peraltro, costituisce uno degli elementi da considerare nelle motivazioni

a corredo dell’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di

acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di Amministrazioni pubbliche ai sensi del

D.Lgs. 175/2016 da sottoporre al vaglio sia della Corte dei Conti relativamente all’uso appropriato

ed efficiente di risorse pubbliche, sia dell’Antitrust per i profili concernenti la concorrenza.

Nell’indagine della Corte dei Conti si considerano, da un lato, le spese sostenute dagli Enti

territoriali per le diverse causali (Contratti di servizio, trasferimenti, copertura delle perdite,

aumenti di capitale), dall’altro le entrate scaturenti sia da dividendi e canoni di concessione, sia

da altri motivi, comprese le operazioni di dismissione e liquidazione di quote di partecipazione.

Emerge dall’indagine che il totale delle erogazioni agli organismi partecipati rappresenta il 16,6%

rispetto al valore della produzione degli stessi (percentuale che sale al 31% per le partecipate al

100%). Queste erogazioni riguardano per quasi il 60% i Contratti di servizio e per il 38% il rilascio

di garanzie e altri trasferimenti, mentre per il ripiano delle perdite ci si attesta complessivamente

(compresi gli aumenti di capitale per il ripiano) a circa il 2%. Circa le entrate le riscossioni

complessive degli Enti partecipanti registrano valori molto modesti, intorno all’1,2%, con notevoli

                                                            euro. Ciò è da attribuire sia alle diverse modalità di rilevazione dei dati nelle due indagini, sia al fatto che nel Rapporto

MEF il risultato economico è considerato pro quota relativamente alla percentuale di partecipazione pubblica. 5 Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie – Gli organismi partecipati dagli Enti territoriali – Relazione 2016. Questa

analisi non è estesa all’intero insieme delle partecipate oggetto dell’indagine, bensì a quelle di cui si dispone di dati

economici e di informazioni tratte dai bilanci degli Enti locali (4.217 organismi partecipati).

 

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 25  

divari a seconda dei contesti territoriali (pressoché assenti nelle Regioni meridionali e con valori

nettamente al di sopra della media nel Centro-Nord, soprattutto in alcune Regioni).

Sul tema un focus sulle local utililities è stato effettuato in una ricerca condotta da R&S su un

campione di 86 società controllate dai maggiori 115 Enti locali (da notare che le 86 società

controllano a loro volta 340 imprese, portando quindi a 426 il numero delle entità considerate)6

I settori analizzati relativamente all’indagine sui corrispettivi e i contributi pubblici erogati alle

società sono quelli energetici (energia elettrica e gas), quelli ambientali (idrico e rifiuti) e il

trasporto pubblico locale. Dalla rilevazione emerge che detti trasferimenti, volti prevalentemente

a finanziare i Contratti di servizio, rappresentano complessivamente il 15,8% del fatturato con

grandi differenziazioni a seconda dei settori: l’1,9% per l’energetico, il 58,6% per il TPL e il 76,4%

per i rifiuti. Tali divari sono essenzialmente riconducibili alle diverse discipline settoriali in

materia di finanziamento dei costi: come è infatti noto alcuni servizi (energetici e idrici) non

prevedono contribuzioni pubbliche in quanto le tariffe, disciplinate da specifici metodi,

garantiscono l’integrale copertura dei costi, nei rifiuti, invece, vige, in larga prevalenza, un regime

tributario in base al quale il Comune riscuote la relativa tassa e trasferisce le risorse al gestore

tramite il Contratto di servizio; nel TPL, infine, le tariffe costituiscono una definita quota del

finanziamento dei costi mentre la parte maggiore viene coperta da trasferimenti pubblici.

Tabella 2 – Corrispettivi e contributi pubblici per l’attività di servizio (anno 2014)

2014

(milioni di euro) in % dei ricavi

Totale 5.116 15,80

Settore

EEG 373 1,90

Tpl 3.038 58,60

Acqua - -

Igiene Urbana 1.705 76,40

N.B. I corrispettivi sono rappresentati dai ricavi derivanti da forniture regolate tramite “Contratti di servizio”; i contributi sono invece erogazioni pubbliche ad integrazione degli introiti tariffari altrimenti insufficienti a coprire i costi della gestione

Fonte: Rapporto R&S “Economia e Finanza delle principali società partecipate dai maggiori Enti Locali (2011-2015)” Luglio 2017

Dal punto di vista patrimoniale le relazioni tra Enti locali e partecipate sono costituiti in larga

misura da crediti per corrispettivi e contributi non ancora erogati e da debiti scaturenti da

anticipazioni e finanziamenti. Con riferimento ai settori energetici, idrici, ambientali e del TPL si

rileva che nel 2014 l’ammontare complessivo dei crediti verso le pubbliche Amministrazioni era

di 7,5 miliardi di euro concentrato prevalentemente nel TPL (per il 51%) e nel settore idrico

(32%); i debiti, pari a 5,6 miliardi di euro, riguardavano prevalentemente i servizi idrici (49%) e

il TPL (28%).

                                                            6 R&S - Economia e finanza delle principali società partecipate dai maggiori Enti locali – Luglio 2016

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26 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Tabella 3 – Crediti e debiti verso le Pubbliche Amministrazioni (anno 2014)

2014

Crediti v/ EELL e Stato (1) Debiti v/ EELL e Stato (1)

(milioni di euro) (milioni di euro)

Totale 7.530 5.649

Settore

EEG 841 859

Tpl 3.184 1.569

Acqua 2.415 2.765

Igiene Urbana 1.090 456 (1) Esclusi i crediti e i debiti tributari e previdenziali

Fonte: Elaborazioni su Rapporto R&S “Economia e Finanza delle principali società partecipate dai maggiori Enti Locali (2011-2015)” Luglio 2017

Complessivamente, pertanto, i rapporti finanziari intercorsi nel 2014 tra Amministrazioni

pubbliche e partecipate operanti nei servizi di interesse economico generale hanno determinato

trasferimenti netti dalle prime alle seconde per 4,9 miliardi di euro, mentre per quanto riguarda

le poste patrimoniali, crediti e debiti, si registra un saldo creditorio netto delle partecipate verso

le pubbliche Amministrazioni di 1,9 miliardi di euro.

2.4 I risultati attesi dei processi di razionalizzazione

Resta, infine, da richiamare le informazioni relative alla distinzione delle complessive 8.893

società rilevate nel Rapporto MEF tra quelle in attività (81,3%), quelle sottoposte a procedure

concorsuali, di liquidazione e scioglimento (12,1%) e quelle inattive in quanto cessate, sospese o

non ancora avviate (6,6%). La percentuale di società non attive è dunque, piuttosto elevata

(intorno al 19%). Questo dato risulta di un certo interesse in quanto prefigura una potenziale

riduzione del numero delle partecipate. La valutazione di questo fenomeno, peraltro, oltre a

considerare il totale delle società non attive (1.663) dovrebbe anche tenere conto del numero di

società, generalmente strumentali (o comunque collocate in attività varie ed eterogenee), che non

risultano conformi ad almeno uno dei requisiti previsti dal TU sulle partecipazioni pubbliche e

che dovrebbero essere quindi sottoposte ai processi di razionalizzazione e liquidate o cedute. A

tal fine in una ricerca in materia7 è stato stimato che tali processi interesserebbero 2.286 società,

di cui 2.084 detenute da Amministrazioni locali. Si tratta, è bene ribadirlo, di valutazioni

caratterizzate da elevati gradi di approssimazione e condotte, per così dire, “a tavolino”, a

prescindere dunque da riferimenti a situazioni specifiche e a problemi di tipo procedurale e

operativo. Pur con tali cautele interpretative il quadro che si configura per effetto di queste analisi

è di un drastico ridimensionamento del numero delle società partecipate. Sommando quelle non

attive e quelle da liquidare o cedere in quanto non conformi al TU si perviene ad un numero

compreso tra 3.500 e 4.000 società. A ciò occorre aggiungere che, come si è detto nella parte

relativa alla ricostruzione del quadro istituzionale e come si vedrà nei capitoli successivi, anche

nei servizi pubblici locali i processi di aggregazione tramite acquisizioni e fusioni, previsti dal TU

sulle partecipazioni pubbliche e promossi dalle norme relative a tale settore, determineranno una

                                                            7 Cgil – Ires. Le società partecipate e i criteri di razionalizzazione - Giugno 2017

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 27  

contrazione del numero delle società da considerare nel calcolo complessivo tenendo tuttavia

conto della natura e delle finalità del tutto diverse di tali politiche.

Una prima verifica circa l’andamento dei processi di razionalizzazione intrapresi dalle

Amministrazioni centrali, regionali e locali viene da una ricognizione condotta dal MEF sui Piani

di razionalizzazione che dovevano essere predisposti entro il 30 settembre scorso e trasmessi alla

struttura di controllo istituita presso il MEF ai sensi dell’articolo 15 del “Decreto Madia” entro il

10 novembre. Da tale ricognizione emerge che dei 10.500 Enti tenuti a redigere i suddetti piani

8771 (83%) hanno trasmesso questi documenti al MEF. Quindi il 17% degli Enti risulta

inadempiente, ma si tratta nella maggioranza dei casi di piccoli Comuni al di sotto dei 5.000

abitanti (va inoltre considerato che nell’11% dei casi gli Enti hanno dichiarato di non detenere

partecipazioni). Dal monitoraggio sono risultate 32.500 partecipazioni riconducibili a 5.791

società di cui 4.701 a partecipazione diretta (sotto insieme su cui si è concentrata l’indagine del

MEF), il 55% delle quali a controllo pubblico, le altre a maggioranza privata. Nel primo caso

(controllate) le Amministrazioni hanno previsto di dismetterne 747 e di sottoporne 118 a

procedure di fusione; per quanto riguarda le partecipate di minoranza l’intenzione è di uscire

dalla compagine azionaria in 785 casi. Complessivamente, pertanto, la riduzione di numero delle

società partecipate dirette oggetto della rilevazione è di 1.650, pari al 35% di quelle considerate.

Una percentuale rilevante, quindi, tale da confermare, sia pure in larga approssimazione, quanto

stimato in precedenza, tenendo conto che le valutazioni sono condotte con criteri diversi (in un

caso in base all’ipotesi di applicazione integrale delle disposizioni del TU, nell’altro considerando

la documentazione trasmessa dalle Amministrazioni pubbliche) e calcolate su panel differenti (da

un lato sull’intero universo delle partecipazioni pubbliche, dall’altro sul sotto insieme dei piani di

razionalizzazione pervenuti alla struttura del MEF e limitandosi alle sole partecipazioni dirette).

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28 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

3 [Le partecipate nei servizi idrici, ambientali ed energetici]

Il tema del contenimento e della riduzione del fenomeno delle partecipazioni pubbliche

rappresenta uno dei principali argomenti delle politiche di spending review. Come si è visto nel

capitolo dedicato alla ricostruzione del quadro normativo misure volte a conseguire questo

risultato si sono succedute nel corso dell’ultimo decennio con pregnanza crescente: a partire dal

“Decreto Bersani” (articolo 13 del DL 233/2006), che si limitava ad imporre alle società pubbliche

strumentali di operare esclusivamente per gli Enti locali affidanti (salvo procedere a separazioni

societarie), l’orientamento si è poi volto, con la Legge finanziaria del 2008 (articolo 3 Legge

244/2007), a sancire il principio – poi confermato e ribadito nelle norme successive – di

consentire le partecipazioni pubbliche esclusivamente per l’esercizio di attività strettamente

attinenti alle finalità istituzionali dell’ente affidante; tale principio, insieme ad una serie di

condizioni fortemente vincolanti per la costituzione e il mantenimento di partecipazioni

pubbliche, sono stati previsti nel “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”

predisposto dalla cd “Commissione Cottarelli”; infine, il TU sulle società a partecipazione

pubblica (D.Lgs 175/2016) ha recepito molte di queste misure, in vero già riconfermate nelle

Leggi di Stabilità 2014 e 2015. In tutte queste disposizioni, la finalità di contenere e ridurre le

partecipazioni pubbliche è stata declinata con differenze sostanziali a seconda delle attività

esercitate: per quelle strumentali è stata prevista una drastica riduzione tramite alienazioni,

dismissioni o “reinternalizzazioni” di funzioni pubbliche esternalizzate; per i servizi pubblici,

invece, le misure hanno prevalentemente traguardato il superamento della frammentazione

mediante aggregazioni gestionali.

Rilevano, in particolare, le disposizioni contenute nel D.Lgs 175/2016 in cui si obbligano gli Enti

pubblici ad effettuare annualmente una ricognizione delle partecipazioni detenute e, ove

necessario, un piano di razionalizzazione, fusione o soppressione (articolo 20). Tale

adempimento, che costituisce un aggiornamento del Piano operativo di razionalizzazione previsto

dalla Legge finanziaria per il 2015, doveva essere predisposto, in via straordinaria, entro il 30

settembre 2017.

Anche in occasione di questa importante scadenza, risulta di significativo interesse l’acquisizione

di un quadro informativo completo circa lo stato dell’arte e le prospettive delle partecipate

pubbliche operanti nei settori idrico, ambientale ed energetico; tali comparti, infatti, costituiscono

un ambito di notevole rilevanza nel complesso delle partecipazioni pubbliche, sia per il peso

economico e produttivo, sia perché erogano servizi fondamentali ai fini del soddisfacimento dei

bisogni dei cittadini e dello sviluppo territoriale.

Rispetto al numero complessivo di partecipate (8.893) censite nel Rapporto sulle partecipazioni

pubbliche del Ministero dell’Economia e delle Finanze sinteticamente illustrato nel precedente

capitolo, il mondo delle partecipate dei comparti idrico, ambientale ed energetico, (nel seguito

S.I.A.E.), rappresenta meno del 20% delle società, contribuendo, tuttavia, in maniera rilevante

alla generazione di valore nei territori locali: le società analizzate hanno erogato servizi per 42,2

Mld€ (Valore della Produzione 2015), contribuendo alla valorizzazione del patrimonio e degli

introiti (quasi 1,3 Mld€ di utile) degli Enti locali, alla tenuta dell’occupazione (oltre 124.000

addetti impiegati), risultando spesso attori fondamentali per la promozione dell’innovazione

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 29  

organizzativa e gestionale, nonché per l’adozione e la diffusione di nuove tecnologie basate sui

paradigmi dell’economia circolare e dello sviluppo delle smart city8.

L’analisi viene esposta secondo la seguente sequenza: nella prima parte si dà conto della situazione

in essere, descrivendo il numero delle società partecipate e delle partecipazioni, gli assetti

proprietari, il modello gestionale (mono o multi servizio), l’articolazione in partecipazioni dirette

e indirette e, infine, la distribuzione territoriale; nella seconda parte viene presentato un focus

sulle principali grandezze economiche (valore della produzione , risultato economico, patrimonio

netto), riferite al comparto in esame nel suo insieme; infine, nella terza parte, vengono descritti i

processi di razionalizzazione che hanno interessato il comparto negli ultimi anni, nonché le

dinamiche attualmente in corso e gli effetti attesi.

3.1 Il numero di partecipate

L’Osservatorio Utilitatis sulle partecipate pubbliche attive nei settori idrico, ambientale ed

energetico trae origine da un’analisi di banche dati istituzionali esistenti, alle quali si aggiungono

specifiche indagini conoscitive dei settori in esame condotte direttamente dalla Fondazione

nell’ambito degli studi monografici di settore (Blue Book sul servizio idrico integrato, Green Book

sul settore dell’igiene ambientale, Yellow Book sul settore del gas).

Il presente lavoro costituisce un aggiornamento di precedenti rapporti e si propone come

strumento di riflessione per osservare allo stato attuale i numeri del comparto partecipate S.I.A.E.

in concomitanza con la recente scadenza del termine per l’approvazione dei piani di

razionalizzazione che gli Enti territoriali sono chiamati a predisporre in adempimento all’art. 24

del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs 175/2016, così come

modificato dal d.lgs. 100/2017).

Secondo l’ultimo aggiornamento effettuato (maggio 2017), il numero di aziende S.I.A.E

partecipate direttamente e indirettamente dagli Enti territoriali - Comuni, Province, Regioni,

Unioni di Comuni, Comunità montane9 - indipendentemente dalla percentuale di quota detenuta,

è pari a 1.553. L’insieme considerato rappresenta una realtà economica rilevante, con un Valore

della Produzione di oltre 42 Mld€ e 124.000 addetti.

Il numero di partecipate attive nei settori Idrico, Ambientale ed Energia, rappresenta appena il

17,6% rispetto al totale delle partecipate delle Amministrazioni locali (8.893) censite nel Rapporto

MEF 2016. Tuttavia, in termini di fatturato, il peso di questi settori sale al 41%, pur

rappresentando appena il 22% degli addetti complessivi.

Il confronto con il precedente censimento effettuato dalla Fondazione Utilitatis (2013), evidenzia

come in questi anni si sia registrata una contrazione del numero di società pari a 356 unità, dovuta

                                                            8 I dati riportati nella presente indagine, come si è anticipato nel capitolo precedente, non coincidono con quelli

contenuti nel Rapporto MEF 2016 sulle partecipazioni pubbliche. Le differenze sono da ricondurre prevalentemente

ai criteri di rilevazione e ai diversi sistemi contabili, nonché al fatto che nel Rapporto MEF i dati sono considerati “pro

quota”, vale a dire riferiti alla percentuale di partecipazione pubblica. 9 Le partecipazioni statali, che nel comparto energetico hanno un peso rilevante, non sono state considerate per questo

studio.

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30 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

principalmente a fenomeni di aggregazione o dismissione di partecipazioni frutto di un processo

di razionalizzazione realizzato e tuttora in corso.

Le dinamiche in atto, descritte dettagliatamente nel capitolo successivo, infatti, vanno nella

direzione di ulteriori contrazioni: 92 società risultano attualmente interessate da procedure di

liquidazione, mentre 170 società presentano un fatturato inferiore ai limiti consentiti dal decreto

Madia per il triennio 2017-2020, ovvero 500 mila euro; considerando la soglia di 1 milione di

euro, prevista a partire dal 2020, sarebbero 274 le società che non soddisfano tale requisito.

Secondo le previsioni, dunque, è ragionevole attendersi che il comparto di partecipate S.I.A.E. si

riduca a circa 1.200 società, con una riduzione del 45% rispetto alla situazione del 2013. Tuttavia,

la diminuzione del numero di partecipate potrebbe essere anche più marcata, per effetto di futuri

processi di aggregazione.

Pare opportuno evidenziare che le disposizioni contenute nel D.Lgs 175/2016 confermano

l’orientamento a disciplinare in modo distinto i servizi pubblici rispetto alle altre partecipate. Al

riguardo, l’elenco previsto dall’articolo 20 del Testo Unico – che individua la casistica per la

soppressione delle partecipate – non coinvolge i servizi pubblici, salvo per la previsione di

dismettere le società con fatturato inferiore alla soglia di 500 mila euro o di un milione di euro a

partire dal 2020.

Figura 3 – Evoluzione del numero delle partecipate dirette e indirette attive nei Settori Idrico, Ambientale

ed Energia

Fonte: Utilitatis

Tornando alla descrizione del quadro in atto, le 1.553 partecipate S.I.A.E. sono costituite da

1.04610 società direttamente partecipate dagli Enti territoriali e 507 in cui la partecipazione

dell’ente locale avviene indirettamente per tramite di società direttamente partecipate.

La distinzione tra società direttamente e indirettamente partecipate rileva ai fini del Testo Unico,

che pone l’attenzione su entrambi gli insiemi precisando che si considerano società indirettamente

partecipate11 le società partecipate per tramite di società o altri organismi a controllo da parte della

medesima amministrazione pubblica (definizione contenuta alla lettera g) art. 2)12.

                                                            10 All’interno delle 1.046 aziende esiste un sottoinsieme di 192 aziende che risultano partecipate sia direttamente

dall’Ente territoriale sia indirettamente per tramite di società partecipata, fenomeno che prevale soprattutto nel Nord e

nel Centro. 11 Cfr. art. 1 d.lsg 175/2016. 12 L’esplicito riferimento al “controllo” sull’indiretta lascia presupporre che non tutte le società indirettamente

partecipate debbano essere oggetto di fenomeni di razionalizzazione. Tuttavia, nell’analisi, si tiene conto di tutte le

indirette attive nei comparti energetici, ambientali ed idrico, indipendentemente dalla presenza o meno del grado di

controllo esercitato in via indiretta dall’ente locale, avendo comunque valutato come modesta l’entità di una eventuale

sovrastima.

2013:

1.909

2017:

1.553

ipotesi di scenario futuro: 

1.200

Page 31: Le partecipate pubbliche nei settori idrico, ambientale ed ... · controllate dalle Amministrazioni Locali). Le società direttamente partecipate risultano in larga prevalenza (80%)

[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 31  

Nota Metodologica

La metodologia di ricerca adottata dalla Fondazione Utilitatis per il censimento delle partecipate S.I.A.E. si basa su un approccio puntuale, indispensabile per

rilevare la reale consistenza produttiva ed economico-patrimoniale delle società. Ciò consente anche di confrontare i dati con quelli pubblicati da diversi

soggetti istituzionali (Corte dei Conti, Mef, Istat): il censimento delle aziende che fanno parte del database dell’osservatorio Utilitatis è stato condotto,

dapprima, incrociando diverse banche dati – pubbliche e private – per individuare l’elenco delle aziende, e poi, classificando le stesse per tipologia di attività

svolta – non sulla base dei codici ATECO, che spesso non individuano propriamente il settore in cui operano le aziende, soprattutto nel caso di multiutility

–, ma in base alle effettive attività svolte dalla singola società, ricostruite a partire da diverse fonti certificate (bilanci di esercizio, bilanci di sostenibilità, siti

aziendali o comunali, contatti diretti con le aziende, documentazione di Autorità di regolazione, etc.). Nel seguito si riportano le principali banche dati e

rapporti utilizzati per la costituzione della banca dati Utilitatis.

Tabella 4 – Principali banche dati sulle partecipate pubbliche

Banca Dati - Rapporto

Data Ultima Rilevazione banca dati -

Pubblicazione Rapporto

Soggetti partecipanti

Informazioni azionisti

Dato singole aziende o

aggregato in cluster di analisi

Classificazioni per attività

N° soggetti partecipati

N° soc operative in Servizio idrico, Rifiuti, Energia

Rapporto MEF: Rapporto sulle partecipazioni pubbliche

Novembre 2016 su dati 2014

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali

Informazione in aggregato quota di partecipazione

pubblica

Aggregato in cluster codice ATECO 8.893 1.481(1)

Relazione Corte dei Conti(2): Gli organismi partecipati dagli Enti territoriali

Settembre 2016 su dati 2016

(2014 per dati di bilancio)

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali

Informazione in aggregato quota di partecipazione

pubblica

Aggregato in cluster codice ATECO 7.181

di cui analizzati nel dettaglio 4.217

886

ISTAT: Le partecipate pubbliche in Italia

Ottobre 2017 su dati 2015

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali

Informazione in aggregato quota di partecipazione

pubblica

Aggregato in cluster codice ATECO 9.655 1.152

Ufficio Studi Mediobanca: Economia e finanza delle principali società partecipate dai maggiori Enti locali

Luglio 2017 su dati 2015 115 Enti locali

Solo quota relativa agli

azionisti pubblici per singola

azienda

Aggregato in cluster Dettaglio attività 87 gruppi per 418 società 35 gruppi e società(3)

Page 32: Le partecipate pubbliche nei settori idrico, ambientale ed ... · controllate dalle Amministrazioni Locali). Le società direttamente partecipate risultano in larga prevalenza (80%)

32 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Banca Dati - Rapporto

Data Ultima Rilevazione banca dati -

Pubblicazione Rapporto

Soggetti partecipanti

Informazioni azionisti

Dato singole aziende o

aggregato in cluster di analisi

Classificazioni per attività

N° soggetti partecipati

N° soc operative in Servizio idrico, Rifiuti, Energia

Banca dati MEF Banca dati Consoc (4) Dati 2014

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali

Solo quota relativa agli

azionisti pubblici per singola

azienda

Singola azienda - 8.448 -

Rapporto Cottarelli Spending Review (banca dati)

2014

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali

Solo quota relativa agli

azionisti pubblici Singola azienda - 7.810 -

Anagrafica AEEGSI Settembre 2017

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali - Soggetti

privati

- Singola azienda Dettaglio attività - 17.530

(operatori privati, pubblici e comuni in economia)

Banca dati AIDA PA informazioni derivanti Certificati di Conto Consuntivo dei Comuni.

2013 Amministrazioni locali

Quote Azionisti Pubblici e Privati Singola azienda codice ATECO 3.819 1.115

Banca dati AIDA SPL: infocamere,Società di capitali iscritte alla camera di commercio

2017

Amministrazioni locali -

Amministrazioni centrali - Soggetti

privati

Quote Azionisti Pubblici e Privati

Singola azienda codice ATECO - 12.884 (operatori privati, pubblici)

Note: (1) Di cui 5 partecipate dalle Amministrazioni Centrali. (2) E' stato sottoscritto, in data 25 maggio 2016, un protocollo d’intesa tra la Corte dei conti e il Ministero dell’economia e delle finanze, per la rilevazione unitaria dei dati relativi agli organismi partecipati a partire dall’esercizio 2015. (3) Analisi sui bilanci consolidati prende in considerazione anche le società controllate per un totale di 280 società. (4) A seguito dell’entrata in vigore dell’art.17 del D.L. n.90/2014, convertito dalla legge 11/8/2014 n.114, la ex rilevazione CONSOC, prevista ai sensi dell'articolo 1, comma 587, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è confluita nella rilevazione delle partecipazioni del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'Economia e delle Finanze, istituita ai sensi dell’art. 2, comma 222, L. 191/2009.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 33  

3.2 Assetti societari e partecipazioni

1) Assetti societari

Lo studio sulla composizione dell’azionariato delle società S.I.A.E. direttamente partecipate dagli

Enti territoriali (1.046) offre importanti spunti di analisi rispetto al grado di controllo che l’Ente

territoriale detiene sulle singole partecipate.

Assumendo che il controllo dell’ente locale, o degli Enti locali nel caso di controllo congiunto, si

raggiunga con una percentuale superiore al 50% del capitale sociale13, si rileva una presenza

preponderante di aziende a controllo pubblico: le aziende a totale capitale pubblico14

rappresentano circa il 70% del totale, a cui si aggiungono il 18% di aziende miste a maggioranza

pubblica e l’1% delle società quotate, anche esse a controllo pubblico. Le società miste a

maggioranza privata rappresentano l’11% del totale (Figura 4).

Figura 4 – Partecipate Dirette S.I.A.E. per assetti azionari

Fonte: Utilitatis

Tale situazione si rileva anche nelle 507 partecipate indirette (Figura 5) , sulle quali, nella maggior

parte dei casi (89%), la partecipata di primo livello esercita un controllo o un’influenza notevole:

da ciò, combinando l’informazione della prevalenza del controllo pubblico sulle società di primo

livello con quella della prevalenza di forme di controllo di queste ultime sulle società di secondo

livello, si può dedurre che gran parte delle indirette sono caratterizzate, in via indiretta, da un

controllo o influenza notevole del pubblico.

                                                            13 Ai sensi dell’art. 2359 cc, il controllo dei soci in assemblea può essere raggiunto anche in assenza della maggioranza

dei voti se il socio esercita una influenza dominante sull’assemblea o se il controllo è garantito da eventuali accordi e

patti parasociali. La sottostima derivante da detta assunzione risulta peraltro scarsamente rilevante. 14 La voce “A totale capitale pubblico” raggruppa sia le società detenute al 100% da Enti Territoriali sia le società

detenute congiuntamente da Enti Territoriali e da Aziende a totale controllo pubblico

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34 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 5 – Partecipate Indirette S.I.A.E. per tipo di rapporto con la Controllante

Fonte: Utilitatis

2) Partecipazioni

Occorre innanzitutto chiarire la differenza tra partecipate e partecipazioni detenute dagli Enti

territoriali il cui numero non coincide per la presenza in molti casi di una molteplicità di

partecipazioni in ciascuna società.

Alle 1.046 partecipate dirette corrispondono 19.282 partecipazioni attribuibili a soggetti pubblici

e privati: un primo valore di sintesi mostrerebbe che complessivamente ad ogni azienda

corrispondono 18,4315 partecipazioni. Quello che in prima battuta potrebbe sembrare un

fenomeno negativo, ossia la parcellizzazione dell’azionariato, va in realtà letto anche come l’effetto

di aggregazioni territoriali per il superamento del modello mono-comunale: la presenza di

numerosi Enti territoriali nella compagine societaria di una stessa azienda dipende dalla presenza

della stessa in territori di estensione superiore al singolo Comune, corrispondenti almeno a quelli

di riferimento degli stessi azionisti pubblici.

La distribuzione dell’assetto azionario delle 19.282 partecipazioni (illustrata in termini percentuali

in Figura 6) mostra come 13.497 risultino detenute da Enti territoriali, 2.318 da aziende (che

possono avere natura pubblica, privata o mista), 3.372 da persone fisiche, e 95 da un insieme di

Enti finanziari o dal mercato16.

                                                            15 Cfr. Come anticipato il numero di partecipazioni detenute mediamente da ciascuna società in questi settori è

nettamente superiore a quello che si registra in altre attività in cui operano le partecipate pubbliche: secondo il citato

Rapporto MEF questo rapporto si attesta a 5,7 nelle partecipate locali 16 Occorre precisare che nell’aggregato Altro è presente la categoria Azionisti in forma aggregata che rappresenta la parte

di azioni presenti sul mercato azionario, nel caso di società quotate, o di azionariato largamente diffuso, per la quale il

dettaglio sul singolo azionista non è stato rilevato. Nell’analisi, dunque, tali quote azionarie sono rappresentate da una

sola unità per società, pur essendo in realtà riconducibili ad un numero elevato di partecipazioni.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 35  

Figura 6 – Distribuzione delle partecipazioni e del relativo valore per tipologia di azionisti [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2017]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Delle 19.282 partecipazioni, le 13.497 di proprietà pubblica sono detenute da 6.235 Enti

territoriali. Mediamente un Ente locale detiene direttamente almeno 2 partecipazioni (2,16) in

aziende S.I.A.E.; ciò è in linea con una maggiore propensione alla scelta del modello monoutilty,

come mostrato dalla successiva Figura 10.

In termini di Patrimonio Netto delle società si osserva che il valore attribuibile agli Enti territoriali

corrisponde al 63% del totale, valore che assume un peso maggiore se si considera che una quota

parte degli azionisti “Aziende” è rappresentato da società a loro volta partecipate totalmente o

parzialmente da Enti territoriali. L’aggregato “Altro” assume una valenza maggiore in termini

economici perché, come accennato precedentemente, è rappresentato in gran parte dalla quota di

flottante che le aziende quotate detengono sul mercato azionario17 (Figura 7).

Figura 7 – Distribuzione delle partecipazioni e del relativo valore per tipologia di azionisti [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2017]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Nella tabella che segue (Tabella 5) viene riportata la scomposizione dell’azionariato per tipo di

compagine societaria.

                                                            17 Non risulta possibile identificare il singolo azionista e la quota di possesso specifica.

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36 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Tabella 5 – Distribuzione delle partecipazioni per tipologia di azionisti e per compagine societaria [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2017]

(% quote)

A totale

capitale

pubblico

Miste a

maggioranza

pubblica

Miste a

maggioranza

privata

Quotate Totale

Enti Territoriali 98,4% 57,4% 4,7% 87,4% 70,0%

Aziende18 1,6% 16,5% 36,1% 7,7% 12,0%

Persone fisiche o famiglie 0,0% 25,4% 57,9% 0,0% 17,5%

Intermediari Finanziari e Altro (*) 0,0% 0,8% 1,4% 4,8% 0,5%

Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% (*) Assicurazioni; Banche; Altri azionisti, in forma aggregata; Fondazioni/Istituti di Ricerca; la proprietà stessa; nd

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Dall’analisi relativa alla rilevazione del numero di Enti Territoriali partecipanti (Tabella 6) emerge

che il 42% delle partecipate dirette ha tra i propri azionisti soltanto 1 Ente territoriale; il 58%,

invece, ne ha più di uno, con il raggruppamento più ampio (19% delle Aziende) tra i 2 e i 5 Enti

Territoriali.

Entrando nel dettaglio dei diversi assetti azionari risulta che nelle società a totale capitale pubblico

il 39% è rappresentato da quelle partecipate da un solo Ente territoriale (monocomunali) mentre

il restante 61% è composto da realtà pluricomunali.

Nelle società miste la partecipazione di un solo Ente territoriale riguarda il 44% di quelle a

maggioranza pubblica e il 63% di quelle a maggioranza privata.

Tabella 6 – Partecipate S.I.A.E. per compagine societaria e numerosità Enti territoriali proprietari

(% Aziende)

1 Ente

territoriale

proprietario

Più Enti territoriali proprietari

Totale da 2

a 5

da 6

a 15

da 16

a 50

da 51

a 100

oltre

100

A totale capitale Pubblico 39% 16% 17% 19% 7% 2% 100%

Miste a maggioranza Pubblica 44% 24% 13% 15% 4% 1% 100%

Miste a maggioranza Privata 63% 33% 1% 1% 1% 0% 100%

Quotate 20% 40% 0% 0% 20% 20% 100%

Totale 42% 19% 15% 17% 6% 1% 100%

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Il numero degli Enti territoriali partecipanti è inoltre correlato al settore di appartenenza delle

società. Con riferimento alle società controllate operative nei comparti dell’igiene ambientale e

dell’idrico (escludendo quindi le miste a maggioranza privata) risulta infatti che tra le monoservizi

la maggior parte delle partecipate da un solo Ente territoriale appartiene al settore Ambientale

(42%). Nell’Idrico tale percentuale scende al 16% mentre quasi un terzo (30%) delle Aziende ha

tra 16 e 50 Enti territoriali, ad indicare la tendenza in tale settore alle aggregazioni a seguito del

                                                            18 Per le società a totale capitale pubblico la percentuale riportata nella voce Aziende corrisponde alla quota di capitale

detenuta da società pubbliche

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 37  

più avanzato processo di costituzione degli ambiti territoriali e dei rispettivi Enti di governo,

nonché della previsione normativa della gestione unica d’ambito.

Nelle società multiservizi e in quelle energetiche (dove l’attività di filiera è segmentata) prevale

invece il modello con un solo Ente territoriale nell’azionariato.

Tabella 7 – Partecipate Dirette a maggioranza pubblica, per attività e numerosità Enti territoriali partecipanti

(% Aziende)

1 Ente

territoriale

proprietario

Più Enti territoriali proprietari

Totale da 2

a 5

da 6

a 15

da 16

a 50

da 51

a 100

oltre

100

IU 42% 14% 17% 19% 6% 0% 100%

SII 16% 18% 23% 30% 9% 4% 100%

ENERGIA (*) 45% 33% 13% 7% 4% 0% 100%

Multy 56% 11% 11% 15% 6% 1% 100%

Multy QUOT 20% 40% 0% 0% 20% 20% 100%

Totale 40% 18% 16% 18% 6% 2% 100% (*) comprende le monoutility operanti nei settori dell’Energia Elettrica, Gas, Calore, Illuminazione Pubblica nonché le

società Multiutility operanti (esclusivamente) in tali settori.

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

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38 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

3.3 Assetti proprietari e distribuzione geografica

1) Partecipate dirette

La tabella seguente (Tabella 8) mostra la ripartizione per settore di attività e per assetti azionari

delle partecipazioni dirette (con esclusione delle società quotate).

Come già anticipato, prevale nettamente il controllo pubblico, in particolare le società a totale

capitale pubblico (70%) e quelle miste a maggioranza pubblica (18%). Questa prevalenza si

riscontra in misura accentuata nel settore dell’Igiene Urbana (con percentuali rispettivamente del

74% e del 22%) e dell’Idrico (76% e 14%). Nei servizi energetici, invece, dove la filiera delle

attività risulta segmentata in più società, si assiste ad una meno marcata presenza pubblica e una

maggiore diffusione di modelli societari a prevalenza privata (31%).

Tabella 8 – Partecipate Dirette (escluse Quotate) S.I.A.E. per compagine societaria e settore di attività

(% Aziende) IU SII ENERGIA (*) Multiutility Totale

A Totale capitale pubblico 74% 76% 43% 87% 70%

Miste a Maggioranza Pubblica 22% 14% 26% 12% 18%

Miste a Maggioranza Privata 5% 9% 31% 1% 11%

Totale Aziende 100% 100% 100% 100% 99% (*) comprende le monoutility operanti nei settori dell’Energia Elettrica, Gas, Calore, Illuminazione Pubblica nonché le

società Multiutility operanti (esclusivamente) in tali settori.

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Quanto alla distribuzione per area geografica19 riportata nella tabella successiva (Tabella 9) con

riferimento ai diversi assetti societari, emerge che la maggior parte delle partecipate dirette si trova

nel Nord del Paese (quasi il 70%) in cui si concentrano anche le più alte percentuali di società a

maggioranza privata (rispettivamente il 39,7% nel Nord-Est e il 36,2% nel Nord-Ovest).

Tabella 9 – Partecipate Dirette S.I.A.E. per compagine societaria e macro area geografica

A Totale

capitale

pubblico

Miste a

maggioranza

pubblica

Mista a

maggioranza

privata

Quotate Totale

Nord Ovest 37,1% 27,7% 36,2% 33,3% 35,3%

Nord Est 22,0% 20,9% 39,7% 50,0% 23,9%

Centro 16,0% 29,3% 11,2% 16,7% 17,9%

Sud e Isole 25,0% 22,0% 12,9% 0,0% 22,9%

Totale 100% 100% 100% 100% 100%

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Tale caratterizzazione è evidenziata nel grafico che segue (Figura 8) in cui è mostrata la

ripartizione percentuale degli assetti societari per ciascuna area geografica. A conferma di quanto

emerso nella tabella precedente risulta infatti che le società miste a maggioranza privata sono

                                                            19 L’attribuzione territoriale è effettuata sulla base della sede legale dell’Azienda

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 39  

concentrate nel Nord del Paese. In tali aree, infatti, questo assetto societario rappresenta una

soluzione seguita rispettivamente nel 18,4% dei casi nel Nord-Est e nel 11,4% nel Nord-Ovest.

Figura 8 – Partecipate Dirette per compagine societaria, per macro area geografica

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

2) Partecipate indirette:

Le 507 partecipate indirette vengono analizzate in relazione al rapporto con le società di Primo

livello controllanti. Come anticipato, la maggior parte di tali partecipate (89%) ricade nel

perimetro di influenza dominante o comunque notevole da parte delle società direttamente

partecipate dagli Enti territoriali (Figura 5).

Scomponendo il campione per tipo di attività (Figura 9), risulta evidente come la maggior parte

delle indirette appartengano al comparto energetico, conseguenza dello spezzettamento delle

attività di filiera in molteplici e distinte realtà industriali (come previsto dalle norme di

liberalizzazione dei mercati energetici), mentre solo il 10% delle indirette afferiscono al comparto

idrico

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40 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 9 – Partecipate di II livello S.I.A.E. (Indirette) per attività e tipo di rapporto con la Controllante

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

3.4 Ambiti di attività

L’assetto mono o multi utility delle partecipate emerge dall’analisi delle attività svolte dalle aziende

da cui risulta che il modello monoutility prevale nettamente e pesa sul totale per il 71%, mentre

il modello multiutility si riscontra nel 29% delle aziende (terzo grafico della Figura 10).

La prevalenza della gestione monoutility è da considerare in larga misura un fenomeno “inerziale”,

eredità della matrice di origine delle attuali società di servizio pubblico locale, ossia le tradizionali

aziende speciali che si caratterizzavano quale diretta emanazione dei Comuni per l’erogazione di

uno specifico servizio a beneficio delle collettività locali. La valutazione circa l’opportunità di

passare ad un modello multiutility discende sia dall’opportunità di realizzare economie di scopo,

sia da quella di compensare rendimenti più contenuti collegati ad attività gravate da maggiori

oneri di servizio pubblico con quelli di settori più performanti, anche sfruttando trasversalmente

il know how.

Considerando le sole partecipazioni indirette (Figura 10) la prevalenza del modello monoutility

è più accentuata, con una percentuale del 76%. Ciò è in larga misura riconducibile alla presenza

di gruppi societari multiutility costituiti da una holding, generalmente di primo livello, con

funzioni di tesoreria centralizzata e di direzione e coordinamento, e da società monoutility

focalizzate su specifici mercati, che si collocano prevalentemente al II livello di partecipazione.

Per converso, la presenza, generalmente meno diffusa, di partecipazioni indirette multiutility può

discendere da aggregazioni tra gruppi societari avvenuti attraverso l’acquisto delle quote azionarie

dismesse dagli Enti territoriali da parte di un un altro gruppo societario, partecipato a sua volta

da Enti locali.

Il maggior numero di società partecipate risulta attivo nel comparto dell’igiene urbana (25,4%)

che, rispetto agli altri settori, è caratterizzato da un maggior grado di frammentazione sul territorio

e da una più marcata natura monoutility, anche in virtù delle specificità che caratterizzano la

filiera del ciclo integrato: le fasi a monte di raccolta/spazzamento, tipicamente labour intensive,

hanno una più capillare presenza sul territorio, che generalmente corrisponde a quello degli Enti

partecipanti; le fasi impiantistiche a valle, di natura capital intensive, presentano una scala

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 41  

produttiva generalmente più estesa, a seconda del tipo di impianto, e sono disciplinate in modo

diverso (le fasi di trattamento e smaltimento sono sottoposte a un regime di autorizzazione). A

seguire, le aziende idriche (19,9%), le aziende di energia elettrica (15.6%), le società del segmento

Gas (7,7%), del calore (1,8%) e dell’illuminazione pubblica (0,5%). Le restanti quote sono

ripartite in società attive in più di un settore dell’energia – le multiutility energetiche (9,4%) – in

società multiutility che operano in due o più settori tra quelli considerati (19,3%), mentre

solamente lo 0,4% è rappresentato da società quotate nei mercati regolamentati (6).

Oltre a motivazioni di carattere imprenditoriale o industriale attribuibili prevalentemente alle

strategie dei gruppi societari, la diffusione di società partecipate indirette scaturisce, come

anticipato, anche da adempimenti legislativi che hanno interessato i settori energetici. In tali

comparti la liberalizzazione dei mercati (D.Lgs. 79/1999 nell’elettrico e D.Lgs. 164/2000 nel gas)

ha portato alla necessità di separare il ramo della distribuzione (regolato) dal ramo vendita

(liberalizzato) con la scissione di società in entità giuridiche distinte. Dalla Figura 10 si osserva

chiaramente un maggiore peso delle società energetiche nel sottoinsieme delle partecipazioni

indirette: le monoutility dell’energia elettrica si attestano al 25,6%, il gas all’11,6%, le multiutility

energetiche, spesso concentrate nell’attività di vendita di gas ed energia elettrica20, raggiungono il

17,9%.

Nel settore dell’igiene ambientale si riscontra un elevato numero di società anche tra le partecipate

di secondo livello, a ulteriore conferma della specificità del settore, in cui operano in misura

significativa società specializzate nelle singole fasi di trattamento, recupero e smaltimento, nelle

quali è meno frequente la presenza diretta degli Enti locali.

Nel servizio idrico il numero di società di secondo livello è minore ed è costituito in parte dalle

monoutility idriche di gruppi societari o da società specializzate in determinate attività, come la

gestione dei depuratori, che spesso non risultano ancora integrate verticalmente con la societa

operante nelle altre fasi del ciclo idrico.

                                                            20 Si ricorda che l’attività di vendita di energia essendo soggetta a regolazione da parte di un Autorità indipendente,

rientra tra i servizi pubblici a rete a rilevanza economica per effetto del comma 6-bis dell’art. 3-bis del D.L. 138/2011

e quindi ricade nelle attività che le partecipate pubbliche possono svolgere (art. 4 d.lgs. 175/2016).

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42 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 10 – Ripartizione del numero di partecipate S.I.A.E. per settore di attività e assetto produttivo [maggio 2017]

Fonte: Utilitatis

3.5 Distribuzione territoriale

Dalla distribuzione delle società per area geografica21 (Figura 11) è possibile osservare una

maggiore concentrazione delle imprese nelle aree settentrionali del Paese, che tende

progressivamente a diminuire passando alle aree meridionali. La presenza di aziende partecipate

S.I.A.E. è fortemente legata alle caratteristiche dei territori e allo sviluppo economico e industriale

degli stessi: da un lato, la maggiore numerosità di Enti locali al Nord ha creato di per sé le basi

per la costituzione di numerose società muncipali che nel tempo hanno attuato processi di

aggregazione per la costituzione di grandi gruppi industriali; dall’altro, il livello e la dinamica

dello sviluppo economico delle regioni settentrionali ha costituito ad un tempo causa ed effetto

della più capillare dotazione di servizi. Al riguardo, numerose indagini, sia a livello nazionale che

europeo, hanno posto in evidenza lo stretto nesso tra la dotazione di infrastrutture pubbliche e il

livello di prestazione dei servizi da una parte e l’attività economica e industriale dall’altra. In

particolare, per il nostro Paese i dati relativi ai servizi pubblici locali evidenziano la forte

correlazione tra l’indice di dotazione di infrastrutture economiche e gli indici relativi al reddito

disponibile e alla produzione industriale, ponendo in luce il forte divario tra Centro-Nord e Sud22.

Nelle aree meridionali, anche a causa dei precari equilibri finanziari delle Amministrazioni locali

– che scoraggiano l’assunzione di rischi legati alla costituzione di società pubbliche – tendono a

mantenere un peso significativo, da un lato, esternalizzazioni tramite appalti o concessioni ai

privati, dall’altro gestioni dirette degli Enti locali. Si pensi, in particolare, ai settori idrico e rifiuti,

in cui un elevato numero di Comuni ancora oggi erogano il servizio, seppur impropiamente, in

economia. D’altro lato va dato atto che il Sud si distingue dal resto del Paese per la peculiare

presenza di gestori pubblici che operano sull’intero ambito regionale; fenomeno certamente

positivo dal punto di vista industriale, che si traduce evidentemente in una minore numerosità di

                                                            21 Considerata la provincia della sede legale. 22 Cfr Rapporto Nomisma – I servizi pubblici locali. Bologna 2012.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 43  

società pubbliche. Tuttavia, non si può non evidenziare l’elevata disomogeneità gestionale e

organizzativa e la presenza di forti squilibri nel Mezzogiorno in larga misura riconducibili ai ritardi

nella costituzione degli Enti di governo degli ambiti e nell’adesione agli stessi da parte dei Comuni;

ciò che si riflette in una persistente frammentazione e in un’inadeguatezza della regolazione locale,

che a sua volta favorisce il maggiore grado di morosità da parte degli utenti finali

La rappresentazione per area geografica delle società e per settore di attività rispecchia quanto

sopra considerato ed evidenzia la significativa presenza di società attive nel settore energetico nelle

aree settentrionali rispetto al Mezzogiorno in cui invece prevalgono le gestioni dei rifiuti.

Tale situazione è in parte determinata dalla maggiore domanda di energia nei territori del Nord

per la presenza di complessi industriali e impianti idroelettrici favoriti dall’orografia dei territori;

in parte riflette anche maggiori consumi di energia nel Nord, dovuti sia a ragioni climatiche sia al

più elevato tenore di vita rispetto a quello del Mezzogiorno.

La presenza di gruppi quotati si rileva unicamente nelle aree settentrionali e nel centro; tuttavia,

va precisato che in termini di servizi erogati, alcuni di essi operano anche in alcune aree – pur

confinate – del Mezzogiorno.

Figura 11 – Ripartizione del numero di partecipate S.I.A.E. per settore e macro area geografica [maggio 2017]

Fonte: Utilitatis

I dati pubblicati nel Blue Book e nel Green Book confermano le valutazioni sopra richiamate circa

la minore presenza di società partecipate dagli Enti territoriali nelle regioni meridionali. Infatti, le

gestioni in economia nei settori idrico ed ambientale si concentrano principalmente nel Sud del

Paese, con percentuali che si attestano rispettivamente al 60% e al 55% (Figura 12).

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44 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 12 – Gestioni in economia settore idrico e igiene ambientale

Servizio Idrico

[2.098 Comuni]

Igiene Ambientale

[1.043 Comuni]

Fonte: Utilitatis su dati Blue Book 2017 e Green Book 2016

Box 1 - Quotazioni in borsa ed emissioni di prestiti obbligazionari

Il tema delle fonti di finanziamento e degli strumenti finanziari per il loro accesso è uno dei nodi

centrali che interessano le società partecipate S.I.A.E.: in qualità di concessionarie dei servizi a

rete esse hanno la necessità di reperire risorse finanziarie per la copertura di investimenti ai fini

di ammodernare e sviluppare le infrastrutture. La copertura del costo del finanziamento avviene

tramite i flussi di cassa generati dalla tariffa pagata dalle utenze, ma trattandosi di una tipologia

di entrata dilazionata nel tempo, le utilities si ritrovano a dover ricorrere ad anticipazioni - laddove

l’autofinanziamento non copra completamente il fabbisogno finanziario - attraverso il mercato

finanziario, optando tra strumenti di equity o di debito secondo i requisiti richiesti per l’accesso

alle differenti tipologie di finanziamento o in base alle scelte adottate.

In questo box di approfondimento vengono riportati alcuni esempi di forme di finanziamento

alternative al mutuo bancario che le partecipate S.I.A.E. hanno adottato e che, in base a

determinate caratteristiche, possono divenire discriminanti per l’assoggettamento o l’esclusione

alle norme sancite dal Testo Unico sulle Partecipate.

Società quotate

All’interno delle partecipate pubbliche si ritrova un sottoinsieme di 6 società23 che hanno fatto

ricorso al mercato di capitali attraverso lo strumento della quotazione delle azioni in mercati

regolamentati, pur mantenendo il controllo pubblico per tramite degli Enti locali.

Tali partecipate, organizzate in forma di gruppi societari, operano direttamente o tramite società

controllate, nei comparti ambientali, idrici ed energetici contribuendo in modo sostanziale

all’aggregato economico di settore: rispetto al valore prodotto complessivamente dalle partecipate

S.I.A.E. (42Mld€), i 6 gruppi quotati ne rappresentano il 39%, per un valore della produzione di

                                                            23Alle 6 società quotate potrebbe aggiungersi nel corso del 2018 una settima società: ad agosto 2017 l’Assemblea dei

soci di ESTRA, multiutility dell’energia e telecomunicazioni, ha deliberato la quotazione in Borsa della società, nel

Mercato Telematico Azionariato, nel segmento STAR.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 45  

16,8Mld€. In termini occupazionali, con oltre 34.000 addetti rappresentano il 26% dei lavoratori

del comparto. Infine, contribuiscono al 40% del risultato di esercizio registrato dal totale S.I.A.E..

Delle 6 società quotate, 5 hanno sede legale nelle aree settentrionali del Paese e 1 al Centro, anche

se tutti e 6 i gruppi servono un territorio che supera i confini provinciali estendendosi oltre la

Regione di appartenenza in cui hanno sede legale. Le attività delle partecipate quotate nei territori

meridionali sono relative alla gestione di impianti di produzione e/o recupero di energia, mentre

nei territori centro-settentrionali oltre all’attività impiantistica, le società operano nell’erogazione

dei servizi ambientali, idrici ed energetici.

Tra le altre fonti di finanziamento adottate dalle sei società quotate sono presenti anche gli

strumenti obbligazionari. In particolare, il gruppo HERA e, più recentemente, IREN hanno

emesso Green Bond, strumenti obbligazionari legati a progetti ambientali quali ad esempio

l’efficienza energetica, il trattamento dell’acqua e dei rifiuti, l’utilizzo sostenibile delle risorse

ambientali.

Nella Tabella sottostante sono riportate alcune informazioni di dettaglio sulle 6 società quotate,

in particolare rispetto ai settori di attività e al perimetro territoriale servito.

Tabella 10 – Settori e territori di Attività delle partecipate quotate in mercati regolamentati

Società Quotate Settori di attività

S.I.A.E. Regione Sede

Legale Regioni di attività

A2A

Lombardia Lombardia – Piemonte – Friuli V.G. – Campania – Molise – Puglia – Sicilia –Estero

HERA

Emilia Romagna Emilia Romagna – Veneto – Friuli V.G. – Marche – Estero

IREN

Emilia Romagna Emilia Romagna – Liguria – Piemonte – Lombardia – Toscana – Campania – Puglia – Estero

ACEA

Lazio Lazio – Toscana – Umbria – Abruzzo – Molise – Campania – Puglia – Lombardia – Piemonte – Estero

ASCOPIAVE

Veneto Veneto – Friuli V.G. – Lombardia – Piemonte – Liguria – Emilia Romagna –Puglia

ACSM-AGAM

Lombardia Lombardia – Veneto – Friuli V.G.

Fonte: Utilitatis su bilanci sostenibilità dei gestori

La composizione del capitale sociale, riportato in Figura 13 per ciascun gruppo quotato, evidenzia

come la maggioranza del capitale sociale sia detenuta dal pubblico (oltre il 51%), direttamente da

Enti locali o indirettamente per il tramite di società pubbliche. In alcuni casi l’azionariato pubblico

risulta diviso tra più Enti locali o società pubbliche (HERA, IREN) mentre in altri la

concentrazione del capitale pubblico è in mano ad uno o due soggetti pubblici (ACEA, A2A,

ASCOPIAVE, ACSM-AGAM)

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46 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 13 – Quotate: Composizione del capitale sociale A2A HERA

IREN ACEA

ACSM-AGAM ASCOPIAVE

Fonte: Utilitatis sui dati dei gestori

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 47  

Società che hanno emesso obbligazioni

Nonostante il ricorso al sistema bancario sia la modalità di finanziamento prevalente, nel contesto

industriale italiano si è evidenziato un ricorso crescente al mercato obbligazionario, fenomeno

riscontrato anche nei mercati delle utilities, in cui operano le partecipate S.I.A.E..

Figura 14 – Emissioni obbligazionarie di imprese non finanziarie (Anni 2011-2016, € mld e %]

Fonte: elaborazioni CDP su dati Bloomberg

In generale, la raccolta attraverso il mercato obbligazionario ha interessato soprattutto le

multiutility e le imprese energetiche; tuttavia, per effetto dell’operazione “Hydro bond”24, nel 2014

e nel 2016 si osservano anche alcune operazioni da parte di monoutility dell’idrico, seppure di

importo più contenuto.

Figura 15 – Emissioni obbligazionarie delle utilities (partecipate e non )[Anni 2011-2016]

Emissioni (n.) Ammontare emesso (€ mld)

Fonte: elaborazioni CDP su dati Bloomberg

Focalizzando l’attenzione unicamente sulle partecipate S.I.A.E. - escludendo dunque le grandi

partecipate energetiche statali ed utilities private - dall’analisi congiunta dei bilanci di esercizio e

                                                            24 Operazione effettuata nel 2014 da 8 società di gestione del SII del Veneto, estesa nel 2016 con nuove emissioni.

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48 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

delle informazioni riportate sul portale di Borsa Italiana, sono state individuate 23 partecipate che

hanno emesso prestiti obbligazionari. Da questo sottoinsieme sono escluse le società quotate che

presentano obbligazioni nei propri bilanci, a cui si è fatto riferimento nel paragrafo precedente.

Delle 23 partecipate, 17 sono a capitale interamente pubblico, 5 a capitale misto con maggioranza

di azionariato pubblico e 1 mista a maggioranza privata.

Per le partecipate totalmente pubbliche, la scelta di ricorrere al mercato delle obbligazioni

permette di mantenere inalterata la proprietà, riuscendo al contempo ad ottenere risorse

finanziarie di medio-lungo periodo per far fronte al proprio fabbisogno finanziario.

Tra le partecipate che hanno emesso prestiti obbligazionari prevalgono le aziende idriche. In tale

settore 8 delle 12 società venete, che hanno costituito una società consortile (Viveracqua)

adottando un sistema a rete di impresa (di cui al Box 3), hanno partecipato al progetto di

emissione di Hydro bond. Nella citata operazione di finanza strutturata l’unione delle singole

società ha permesso di raggiungere dimensioni economiche finanziarie tali da poter collocare sul

mercato titoli obbligazionari.

Nell’alveo delle tipologie di obbligazioni emesse dalle partecipate S.I.A.E. sono presenti anche i

Green Bond, strumenti obbligazionari legati a progetti ambientali. Oltre alle due società quotate

HERA ed IREN, tale strumento finanziario è stato emesso anche da Alperia, gruppo energetico

nato dalla fusione di due multiutility energetiche del Trentino Alto Adige. (SEL e AEW).

Dalle informazioni pervenute, la maggior parte delle obbligazioni emesse dalle società partecipate

risultano negoziate nel segmento dell’ExtraMOT PRO, Sistema Multilaterale di negoziazione (o

MTF) alternativo ai mercati regolamentati multilaterali; le restanti obbligazioni sono state emesse

ricorrendo alla forma del private placement, che si configura come una forma di finanziamento

intermedia tra il prestito bancario e l’offerta pubblica, dove il collocamento delle obbligazioni

avviene in forma privata presso investitori istituzionalizzati. Il collocamento di un prestito

obbligazionario in mercati regolamentati o meno e la stessa definizione di mercati regolamentati

sono fattori discriminanti se si considera che in base al Testo Unico delle Partecipate Pubbliche

l’emissione di un prestito obbligazionario in un mercato regolamentato avvenuta alla data del 31

dicembre 2015 è motivo di esclusione dalla disciplina sulle partecipate (cfr. art. 2, lettera p).

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 49  

Figura 16 – N° aziende che hanno emesso obbligazioni (escluse quotate) per settore e tipologia di azionariato

Fonte: Utilitatis su bilanci dei gestori e dati Borsa Italiana

3.6 Dimensioni e risultati economici

Il comparto delle partecipate S.I.A.E. ha una consistenza economica notevole: nel 2015 le aziende

hanno registrato un Valore della Produzione complessivo di oltre 42 miliardi di euro, creando un

Valore Aggiunto di oltre 14 miliardi di euro (Tabella 11). L’utile conseguito risulta positivo e pari

a circa 1,3 miliardi di euro. Si tratta dunque di aziende dotate di buoni livelli di economicità, in

grado di produrre ricchezza nei territori e garantire risorse agli Enti locali partecipanti da

impiegare per finanziare gli investimenti, in particolare per lo sviluppo delle infrastrutture e dei

servizi. Anche Il Patrimonio netto, che ammonta a circa 30 miliardi di euro, è assai significativo.

Questo comparto, inoltre, fornisce un apporto rilevante alla fiscalità generale e regionale anche

attraverso il pagamento delle imposte (IRES e IRAP); nel 2015 sono state versate risorse per oltre

1 miliardo di euro.

Circa l’impatto sull’occupazione dalla rilevazione emerge che nel comparto operano oltre 124.000

addetti; tra i quali prevalgono quelli impiegati nel settore dell’igiene urbana che è notoriamente il

più labour intensive.

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50 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Tabella 11 – Principali grandezze economiche25 [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Settore di

attività

prevalente

N° addetti

Valore della

Produzione

[Mln€]

Valore

Aggiunto

[Mln€]

EBITDA

[Mln€]

Risultato

netto

[Mln€]

Patrimonio

Netto

[Mln€]

Multy Quot 32.887 16.657 5.329 3.478 518 10.098

Multy 28.930 8.583 2.655 1.249 268 6.735

Energia 5.832 7.075 1.474 1.178 289 4.824

SII 19.263 5.122 2.553 1.558 210 6.797

IU 37.247 4.809 2.377 605 13 1.325

Totale 124.159 42.246 14.386 8.069 1.299 29.779

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Al fine di misurare la consistenza di questo comparto e il suo peso nell’economia nazionale

rilevano alcuni confronti con alcune grandezze macroeconomiche (Tabella 12): il settore

rappresenta il 2,6% del PIL e l’1% in termini di Valore Aggiunto; sul fronte occupazionale si rileva

che gli addetti delle partecipate S.I.A.E. rappresentano lo 0,5% degli occupati in Italia.

Tabella 12 – Partecipate S.I.A.E e grandezze nazionali

Anno 2015 N° addetti Valore della

Produzione [Mln€]

Valore Aggiunto

[Mln€]

Partecipate S.I.A.E 124.159 42.246 14.386

PIL Italia 24.497.900 1.652.153 1.485.086

0,5% 2,6% 1,0%

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD, ISTAT

La ripartizione dei valori economici per macro area mostra una concentrazione nelle aree

settentrionali, dove si registra il 72% del valore della produzione nazionale. In particolare, il 41%

del valore prodotto è attribuibile al Nord Ovest, il 31% al Nord Est, il 21% al Centro e il restante

8% alle aree meridionali. In termini di Patrimonio Netto, il Nord detiene il 76% del totale

nazionale (Figura 17).

La distribuzione del numero di addetti non è simmetrica rispetto a quella dei valori economici:

significativo risulta il dato relativo alle aree meridionali, dove l’incidenza si attesta al 19%;

fenomeno dovuto alla prevalenza sul territorio delle aziende di igiene urbana rispetto agli altri

settori e alla presenza di grandi operatori pubblici del settore idrico con un’elevata occupazione

(si vedano la Figura 11 riportata in precedenza e la successiva Tabella 13).

La lettura combinata della ripartizione degli addetti per area geografica e per settore di attività

(Tabella 13) dà evidenza della residualità dei gruppi multiutility (quotati e non) nel Mezzogiorno.

Ciò consente di interpretare l’apparente contraddizione del maggior numero di dipendenti nei

                                                            25 In presenza di Gruppi societari è stato considerato il bilancio consolidato del Gruppo. In caso di doppia partecipazione dell’ente locale sia nel Gruppo societario sia in una società partecipata non consolidata nel Gruppo stesso, si è considerato anche il bilancio di esercizio di quest’ultima. In caso di doppia partecipazione dell’ente locale, sia nel Gruppo societario, sia in una società consolidata del Gruppo, si è considerato il solo bilancio consolidato del Gruppo. Per le aziende di cui non è stato possibile reperire il bilancio consolidato, sono stati considerati i bilanci di esercizio delle singole società appartenenti al Gruppo.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 51  

settori idrico e ambientale nel Mezzogiorno, dovuta in gran parte alla prevalenza di monoutility

al Sud, che si contrappone all’elevata presenza di multiutility operanti anche nei suddetti servizi

al Nord.

Figura 17 – Distribuzione del Valore della Produzione, Patrimonio Netto e addetti per area geografica [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Valore della Produzione Patrimonio Netto N° addetti

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Tabella 13 – Numero addetti per Settore26 e macro Area

N. addetti Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole Totale

Multiutility Quotate 18.962 8.896 5.029 0 0 32.887

Multiutility 11.234 9.605 5.507 2.096 488 28.930

Energia 1.635 2.663 685 408 441 5.832

IU 5.680 3.510 15.929 8.561 3.567 37.247

SII 4.438 2.738 4.111 4.742 3.234 19.263

Totale 41.949 27.412 31.261 15.807 7.730 124.159

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

                                                            26 Si ricorda che in caso di gruppi societari multiutility, il numero di addetti non è ripartito per settore ma viene riferito integralmente al gruppo.

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52 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

3.7 La situazione economico-finanziaria

Il comparto ha registrato, in media, nel corso del 2015 un EBITDA (Margine Operativo Lordo)

pari al 19%, un EBIT (Margine Operativo Netto) del 7% e un risultato d’esercizio in percentuale

al valore della produzione dell’ordine del 3%. Il forte differenziale in termini percentuali tra il

margine operativo lordo e quello netto è prevalentemente costituito dagli ammortamenti. Si

sottolinea, a riguardo, che le società analizzate operano nel comparto dei servizi a rete, dove le

componenti infrastrutturali, oltre ad avere un peso rilevante sul capitale investito, necessitano di

investimenti per il loro mantenimento e sviluppo: da ciò discende un’incidenza rilevante del costo

degli ammortamenti, variabile indiretta del costo totale.

La dimensione aziendale, misurata attraverso la variabile del Patrimonio Netto, incide sulle

performance economiche delle società: aziende maggiormente patrimonializzate presentano

mediamente margini di redditività maggiori che al contrario si riducono nel caso di aziende con

un Patrimonio Netto più contenuto. Il grafico presentato in Figura 18 mostra, infatti, un valore

degli indicatori tendenzialmente decrescente al diminuire del Patrimonio Netto. Tale evidenza

costituisce un elemento indicativo della maggior capacità delle aziende di dimensioni elevate a

raggiungere margini positivi riuscendo a remunerare i fattori di produzione (materie prime, lavoro

e capitale). Le società di dimensioni più contenute mostrano al contrario una difficoltà a

raggiungere un equilibrio economico.

Figura 18 – Indicatori di performance economiche per classe di Patrimonio Netto [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

 

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Anche in termini di produttività la scala dimensionale sembra incidere sul livello degli indicatori:

le prime tre classi raggiungono un Valore Aggiunto per addetto superiore ai 162mila€, mentre le

ultime due registrano valori che si attestano rispettivamente intorno ai 133mila e 75mila

€/addetto; relativamente al Costo del Lavoro medio per addetto, il differenziale tra dell’indicatore

tra le cinque classi si attenua, risultando sostanzialmente vicino al valore medio complessivo, con

valore massimo intorno ai 59mila €/addetto ad un minimo di 46mila €/addetto.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 53  

Figura 19 – Valore Aggiunto per addetto per classe di Patrimonio Netto [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Gli equilibri finanziari di breve periodo mostrano una buona capacità del comparto di far fronte

ai debiti in scadenza entro l’anno: l’indicatore supera l’unità - considerato idealmente il valore di

equilibrio - in tutte le classi dimensionali. La maggiore incidenza nelle attività di breve periodo è

costituita principalmente dalle poste dei crediti, specialmente quelli verso clienti che, data la

natura dei servizi svolti, rappresentano una componente preponderante dell’attivo circolante. Il

valore superiore all’unità può però comportare problemi nella gestione della tesoreria nel caso

non ci sia una corretta gestione del circolante: i crediti si traducono in un dilazionamento degli

incassi e quindi di un mancato flusso di cassa che se non adeguatamente monitorato potrebbe

generare problemi di liquidità.

Figura 20 – Indice di Liquidità per classe di Patrimonio Netto [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

La composizione delle passività di natura finanziaria, espresse nella Figura 21 attraverso

l’indicatore Debt/Equity, mostrano una situazione piuttosto equlibrata tra le fonti di

finanziamento esterne (che comunque tendono mediamente a prevalere) e il capitale di rischio. I

gruppi/aziende più patrimonializzati sembrano ricorrere maggiormente all’indebitamento

finanziario: data la loro solidità patrimoniale riescono più agevolmente ad accedere a risorse

finanziarie di diversa tipologia, sfruttando la leva finanziaria a proprio vantaggio quando il

rendimento del capitale investito risulta maggiore del costo del capitale. Le aziende di dimensioni

intermedie presentano valori maggiormente equilibrati tra debito finanziario ed equity, mentre le

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54 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

classi di dimensione minore registrano valori che eccedono significativamente il valore unitario.

In tal caso, date le dimensioni più contenute del patrimonio dell’azienda, un indicatore così

elevato potrebbe pregiudicare gli equilibri finanziari.

Figura 21 – Debt/Equity per classe di Patrimonio Netto [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Dal 2014 al 2016 l’andamento del Valore e dei Costi della Produzione si è mantenuto

tendenzialmente invariato: si rileva una crescita dei costi lievemente maggiore della crescita del

valore della produzione nel 2015, e una tendenza a riequilibrarsi successivamente nel 2016.

Figura 22 – Andamento Valore e Costi della Produzione

[Partecipate S.I.A.E. – Anno base 2014]

 

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

I margini reddituali intermedi e finali mostrano risultati in crescita nel 2016. Data la sostanziale

invarianza del Valore della Produzione, ciò è dovuto prevalentemente ad un efficientamento dei

costi di produzione e degli oneri derivanti dalla gestione extra-caratteristica.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 55  

Figura 23 – Andamento Margini di Redditività [Partecipate S.I.A.E.]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Quanto alla struttura del capitale, i dati evidenziano una, sia pur contenuta tendenza, alla

patrimonializzazione di queste società, dimostrata da una crescita del rapporto tra Patrimonio

Netto e totale dell’Attivo.

Figura 24 – Incidenza del Patrimonio Netto sul Totale Attivo

[Partecipate S.I.A.E.]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Come si è precedentemente sottolineato, il comparto S.I.A.E. è caratterizzato da un elevato

fabbisogno di investimenti, soprattutto nei settori idrico e dei rifiuti, volti alla manutenzione

ordinaria e straordinaria delle reti al fine di garantirne la funzionalità e l’efficienza

(particolarmente tesa nei servizi idrici al contenimento delle dispersioni), all’ammodernamento

tecnologico (sfruttando, in particolare, gli incentivi previsti nel Piano Nazionale Industria 4.0),

oltre che a superare le ricorrenti emergenze in materia di trattamento e smaltimento sia delle

acque reflue che dei rifiuti, e in generale a colmare i profondi squilibri territoriali e i deficit

strutturali delle regioni meridionali. A tal fine occorre realizzare programmi di investimento di

vaste proporzioni, alimentati tanto da finanziamenti pubblici ed europei (in special modo quelli

dei fondi SIE e del FSC), quanto da capitali privati. I presupposti risiedono su terreni diversi;

quello regolatorio, quello delle procedure, quello dell’efficienza e dell’economicità. La presenza

di un’Autorità indipendente di regolazione nei servizi energetici e idrico contribuisce in misura

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56 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

molto rilevante allo sviluppo degli investimenti, attraverso metodi tariffari in grado di garantire la

copertura dei costi di esercizio e di investimento. Con l’auspicato prossimo trasferimento

all’AEGSI delle funzioni regolatorie del settore dei rifiuti verrebbe a completarsi il passaggio

dell’intero mondo dei servizi a rete di interesse economico generale verso una regolazione

indipendente, con attesi significativi benefici. Gli altri presupposti per favorire un’adeguata

politica di investimenti sono il superamento dei deficit di progettualità degli Enti deputati a

definire i piani di investimento, lo snellimento delle procedure di accesso ai finanziamenti

agevolati ancora eccessivamente lente e farraginose, e in generale il consolidamento di un quadro

di regole certe per operatori e investitori.

Nonostante molti di questi presupposti non siano stati ancora completamente raggiunti, negli

ultimi anni gli investimenti del comparto S.I.A.E.hanno registrato andamenti positivi e conseguito

volumi elevati. Secondo le stime condotte da Utilitatis su un campione esteso e significativo di

società, nel 2015 l’ammontare complessivo degli investimenti del comparto S.I.A.E. 27 è stato di

circa 2,5 miliardi di euro, concentrati per il 70% nel settore idrico, con un incremento di oltre il

10% rispetto all’anno precedente. A questo risultato ha certamente contribuito l’avvio della

regolazione indipendente del settore idrico, che ha messo in campo metodi tariffari volti a

incentivare gli investimenti. Dai dati relativi alle performance economiche di questo settore emerge

che i margini di economicità sono stati in larga parte destinati al finanziamento degli investimenti,

come è dimostrato dal notevole spread tra EBITDA (30%) ed EBIT (10%) riconducibile a elevati

ammortamenti a fronte di programmi di investimento significativi.

Box 2 - Le performance economiche per settore di attività

L’analisi delle performance economiche restituisce un quadro positivo dell’insieme analizzato in

termini di margini di redditività. Lo spaccato per settore di attività (Figura 25) mostra alcune

specificità riconducibili sia alle caratteristiche produttive, sia al contesto normativo ed

organizzativo che caratterizza i diversi comparti. Tuttavia i valori riportati nella Figura 25, basati

sull’analisi dei bilanci consolidati in caso di gruppi societari, rappresentano una sintesi dei risultati

e pertanto non tengono conto delle singole fasi che caratterizzano i settori in esame.

Per meglio descrivere le specificità delle singole fasi che caratterizzano ciascun servizio, è stato

condotto un approfondimento, basato sui singoli bilanci di esercizio delle società monoutility, in

cui gli indicatori relativi ai margini di performance delle società dei settori ambientale, idrico ed

energetico sono analizzati distinguendo, all’interno dello specifico comparto, le partecipate per

segmento. Nelle successive Figura 26, Figura 27, Figura 28, l’analisi è dunque basata sui bilanci

di esercizio e vengono analizzate anche le controllate dei gruppi societari specializzate nei singoli

settori.

                                                            27 Per il settore energetico il valore degli investimenti è riferito alle sole reti di distribuzione. 

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 57  

Figura 25 – Indici di performance economiche per settore di attività [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Settore energetico

I margini di redditività più contenuti ed il minore differenziale tra EBITDA ed EBIT nel comparto

energetico mostrato nella Figura 25 sono il risultato di una compensazione dei risultati dei diversi

segmenti della filiera. Il dato riportato nella Figura 25 non tiene conto di quest’ultima circostanza

e risente del fatto che alcune grandi società energetiche sono in realtà contabilizzate nel gruppo

delle multiutility. Ciò risulta confermato dal diverso approccio di analisi sovra descritto, riportato

nella Figura 26 in cui le società energetiche a prescindere dalla loro appartenenza ad un gruppo,

vengono classificate a seconda della filiera di attività: emerge, infatti, che quelle attive nelle fasi

up-stream (produzione e distribuzione) della filiera presentano marginalità più elevate, in linea

con quelli delle attività capital intensive, mentre quelle che operano nel ramo della vendita

conseguono risultati più contenuti, conformi ad attività di tipo commerciale.

Figura 26 – Indici di performance economiche focus Energia [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

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58 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Settore Idrico

Nell’idrico l’elevato differenziale riscontrato tra EBITDA (30%) ed EBIT (10%) è riconducibile alla

presenza di elevati ammortamenti a seguito di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento

delle infrastrutture (Figura 25). Si deve inoltre considerare che nell’idrico è intervenuta nell’ultimo

quinquennio una regolazione indipendente che ha garantito tariffe in grado di coprire

integralmente i costi, ancorché permanga un notevole divario rispetto al livello tariffario dei

principali paesi europei. L’analisi dei singoli operatori (Figura 27) classificati distinguendo i

gestori del servizio idrico dagli operatori grossisti28 non mostra sostanziali differenze rispetto alle

informazioni riportate nel grafico in Figura 25, anche se i valori risultano leggermente superiori

per l’integrazione nell’analisi dalle partecipate appartenenti a gruppi multiutility.

Figura 27 – Indici di performance economiche focus Settore Idrico [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Settore Igiene Urbana

Nel settore dell’igiene urbana i margini risultano contenuti e il risultato finale è di poco al di sopra

del pareggio, evidenziando la difficoltà di copertura dei costi, riscontrabile soprattutto nelle

aziende attive esclusivamente nelle fasi a monte della filiera, anche in conseguenza dell’assenza di

una regolazione indipendente. Se infatti si analizzano le aziende monoutility dell’igiene urbana

con lo stesso approccio utilizzato per l’analisi delle aziende energetiche, si osserva come i margini

economici risultano molto più elevati per le aziende che effettuano esclusivamente attività di

trattamento-smaltimento dei rifiuti, caratterizzate da un’impiantistica complessa per natura

capital-intensive (Figura 28).

                                                            28 L’allegato A della delibera 28 dicembre 2015 664/2015/R/idr definisce all’art. 1 punto 1.1 il gestore grossista come l soggetto che eroga ad altri soggetti, diversi dagli utenti finali domestici, il servizio di captazione e/o adduzione e/o distribuzione e/o potabilizzazione e/o fornitura di acqua all’ingrosso e/o i servizi di fognatura e depurazione.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 59  

Figura 28 – Indici di performance economiche focus Igiene Urbana [Partecipate S.I.A.E. – Anno 2015]

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Le multiutility, operando trasversalmente in settori caratterizzati da specificità e gradi di maturità

diversi, registrano una mitigazione dei risultati rispetto alle aziende specializzate nei singoli

servizi.

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60 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

4 [I Processi di razionalizzazione]

In questa sezione vengono analizzati i processi di razionalizzazione intrapresi negli ultimi anni

dalle società partecipate operative nei servizi ambientali ed energetici e viene presentato uno

scenario di ulteriori processi conseguenti all’attuazione delle norme contenute nel Testo Unico

Partecipate relativamente al vincolo del fatturato minimo (che, come è stato precedentemente

sottolineato, costituisce la sola condizione tra quelle prospettate nel TU applicabile ai servizi

pubblici).

4.1 Le dinamiche in atto

Nell’ambito dei servizi di interesse economico generale, in particolare quelli a rete, l’obiettivo della

spending review di ridurre il numero di partecipate pubbliche, come si è detto, si pone in termini

significativamente differenti rispetto alle società strumentali. Il problema, infatti, non è la

dismissione né tanto meno la “re-internalizzazione” dei servizi, bensì quello di delineare efficaci

politiche di aggregazione indirizzate al superamento della frammentazione, tenendo conto della

natura dei servizi, della complessità gestionale, del peso della dotazione infrastrutturale, del

numero degli occupati, nonché del carattere pubblico delle prestazioni volte a soddisfare bisogni

essenziali dei cittadini. Tali caratteristiche pongono una serie di vincoli che rendono complesse le

operazioni di aggregazione, richiedendo generalmente archi temporali pluriennali. Tuttavia, nel

periodo di osservazione (2013-2017) sono stati rilevati numerosi fenomeni di razionalizzazione

che hanno interessato le aziende partecipate dagli Enti locali, sia direttamente che indirettamente.

Al fine di ricostruire questi fenomeni, oltre alle aggregazioni societarie per tramite di fusioni per

incorporazione in società esistenti o di fusione di società per unione (Fusioni/Aggregazioni), sono

state individuate le aziende cessate a seguito di procedure di liquidazione (Cessazioni) le cui

attività – per garantire la continuità del servizio – sono state trasferite ad aziende esistenti operative

nei territori limitrofi, con conseguente estensione del perimetro servito da queste ultime, o affidate

mediante gara a soggetti terzi. Il censimento ha rilevato anche società la cui partecipazione da

parte dell’Ente territoriale è stata dismessa a favore di soggetti privati o di altre società pubbliche

(Dismissioni) e società che sono giunte alla cessazione a seguito di procedure fallimentari (Fallite).

Complessivamente, dal 2013 ad oggi, il comparto delle partecipate S.I.A.E. ha registrato una

riduzione del numero di società pari a 356 unità, a seguito dei diversi fenomeni sopra elencati.

Dalla cartina presentata in Figura 29 emerge chiaramente come il numero di aggregazioni,

cessazioni o dismissioni di partecipazioni risulti molto più elevato al Nord (che, come già

evidenziato, è il territorio caratterizzato da un maggiore sviluppo di partecipate S.I.A.E.) rispetto

al resto del Paese. Per contro, l’analisi indica che i fallimenti hanno interessato prevalentemente

le aree meridionali.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 61  

Figura 29 – Distribuzione delle operazioni societarie relative alle partecipate S.I.A.E. dal 2013 al 2017 (maggio 2017) per macro area geografica

Fonte: Utilitatis

L’articolazione per settore delle operazioni societarie sopra illustrate mostra alcuni importanti

fenomeni.

I processi di fusione hanno interessato in misura maggiore le società del settore idrico,

che negli ultimi anni, per effetto della normativa di settore, è stato soggetto ad una spinta

all’aggregazione e, a seguito del decreto c.d “Sblocca Italia”, all’individuazione del gestore

unico d’ambito. Il driver dell’organizzazione del servizio attraverso una gestione d’ambito

è alla base anche delle numerose cessazioni riscontrate, che, in maggior parte riguardano

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62 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Consorzi di acquedotti, fognatura o depurazione la cui attività è stata trasferita al gestore

d’ambito.

Il settore dell’igiene urbana ha registrato significativi fenomeni di aggregazione che hanno

interessato sia aziende interamente pubbliche, sia grandi gruppi quotati. Tra le società

cessate figurano soprattutto piccole società specializzate sul recupero di singole filiere di

materiali. Il settore registra la più elevata concentrazione di aziende fallite, in maggioranza

localizzate nel Sud Italia.

Le aziende focalizzate sull’energia sono state prevalentemente interessate da fenomeni di

cessazione (con presumibile trasferimento delle attività ad altre società), oltre che da

aggregazioni e dismissioni di partecipazione. Tra le operazioni di fusione nel settore

energia, si segnalano in particolare alcune recenti operazioni di integrazione delle reti di

distribuzione di gas ed energia elettrica all’interno di grandi gruppi societari.

Figura 30 – Distribuzione delle operazioni societarie relative alle partecipate S.I.A.E. dal 2013 al maggio 2017 per settore di attività.

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 63  

4.2 Esempi di processi di aggregazione

Rispetto al complesso delle aggregazioni registrate nel corso del quinquennio esaminato, nel

seguito si presentano alcune esemplificazioni delle principali tipologie di processi. In particolare

si descrivono brevemente le razionalizzazioni delle partecipate avvenute nella forma di:

1) Fusione per unione

2) Fusione per incorporazione:

3) Acquisizione da parte di un gruppo societario del totale o di parte del capitale della società

partecipata.

A seconda del tipo di aggregazione si può osservare alternativamente la riduzione del numero di

aziende e/o la riduzione del numero di partecipazioni detenute dagli Enti territoriali.

1) Fusione per unione

Le società fuse si estinguono e danno vita ad un nuovo operatore diverso dai precedenti, con una

conseguente contrazione del numero delle società.

Figura 31 – Fusione per unione

Fonte: Utilitatis

Nel 2016 dalla fusione di due società energetiche totalmente pubbliche del Trentino Alto Adige,

AEW e SEL, nasce il gruppo Alperia. Il gruppo opera nei comparti idroelettrico, teleriscaldamento,

energie alternative, rete elettrica ed engineering.

Nel settore idrico l’unione di CAIBT e Acque del Basso Livenza ha dato vita alla società Livenza

Tagliamento Acque divenuto gestore unico d’ambito dell’ambito interregionale del Lemene

(2014), ambito territoriale composto da Comuni del Friuli Venezia e Giulia e del Veneto.

Per quanto riguarda il settore dei rifiuti nel 2017 è stato completato il processo di fusione delle

società dell’Emilia Romagna, Area Copparo e CMV. L’operazione ha portato la costituzione della

società Clara servizi ambientali per il territorio, terzo operatore della Regione nel settore.

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64 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

2) Fusione per incorporazione

La società o le società incorporate si estinguono, la società incorporante continua ad operare con

un patrimonio maggiore inclusivo di quelle inglobate. A seguito di questa operazione si verifica

una riduzione del numero di società

Figura 32 – Fusione per incorporazione

Fonte: Utilitatis

Una delle ultime fusioni per incorporazione (conclusione dell’operazione marzo 2017) è avvenuta

nel settore dell’igiene ambientale nella regione Toscana. Le società pubbliche Publiambiente, ASM

Prato e CIS si sono fuse per incorporazione in Quadrifoglio che a seguito dell’operazione ha

assunto la denominazione di ALIA Servizi Ambientali. Il nuovo operatore, divenuto gestore unico

d’ambito per l’ATO Centro a seguito di gara ad evidenza pubblica, opera in un territorio di 49

Comuni servendo una popolazione di 1,4 milioni di abitanti, per un fatturato complessivo di 225

Mln€.

Diversi esempi di fusioni per incorporazione sono individuabili anche nel settore idrico, dove la

spinta della normativa verso il gestore unico d’ambito ha avviato progetti di fusione alcuni dei

quali sono giunti a completamento, mentre altri sono in itinere.

Nel bacino di affidamento Centrale Udine (Friuli V.G.) la società CAFC ha incorporato la società

Carniacque divenendo il principale gestore del bacino di affidamento servendo 120 Comuni per

una popolazione di 475 mila abitanti (2016).

Anche all’interno dei grandi gruppi societari sono avvenuti processi di fusione per incorporazione

che hanno dato seguito ad una riorganizzazione interna dei segmenti di attività: nel 2016 le società

A2A Reti Elettriche S.p.A., A2A Logistica S.p.A. e A2A Servizi alla Distribuzione S.p.A. sono state

fuse per incorporazione, in A2A Reti Gas S.p.A., successivamente rinominata Unareti S.p.A.

Nel gruppo IREN, la società controllata IRETI ha incorporato, nel 2016, AEM Torino

Distribuzione, Genova Reti Gas, Iren Acqua Gas, Acquedotto di Savona, Eniatel e Aga dando

luogo ad un operatore integrato nei servizi distribuzione di gas, energia elettrica e acqua del

gruppo IREN.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 65  

3) Acquisizioni/Dismissioni di partecipazioni:

Nel caso di cessione integrale della partecipazione, la proprietà della società acquisita passa

dall’Ente locale (o EELL) alla società (quasi sempre un Gruppo) acquirente; l’azienda continua ad

esistere mantenendo la propria autonomia giuridica, ma viene sottoposta al controllo e

coordinamento del gruppo societario che l’ha acquisita. In tal caso si possono verificare due

opzioni:

a) l’Ente locale cede semplicemente le quote della propria società, monetizzandone il valore,

b) l’Ente locale cede le quote della propria società, in cambio di azioni della società

acquirente.

Nel primo caso (a) la dismissione di una partecipazione da parte degli Enti territoriali e il

conseguente acquisto da parte di un gruppo societario comporta una riduzione di partecipazioni

da parte dei precedenti Enti azionisti, nel secondo caso (b) tale diminuzione non si verifica. In

entrambe le situazioni il numero di aziende partecipate rimane inalterato a meno che nel caso a)

l’acquisto non sia effettuato da un gruppo privato.

Per citare un esempio dell’opzione a) si può considerare il caso della società Acam Gas che fino al

2014 apparteneva al gruppo Acam (51%), nel 2015 il gruppo Acam ha ceduto le sue quote

totalemente ad Italgasreti29 che ora detiene il 100% del capitale sociale di Acam Gas.

Per l’opzione b) nel caso di AcegasAps l’acquisto dell’intero capitale sociale da parte del gruppo

HERA ha comportato il delisting del titolo di AcegasAps dal mercato borsistico, la dismissione da

parte degli Enti locali soci dall’azionariato e la loro entrata nel capitale di HERA. In aggiunta

successivamente la società AcegasAps ha perfezionato l’atto di fusione con la società AMGA Udine,

divenendo Acegasampsamga. Il gruppo Hera ha quindi esteso il suo territorio servito nei territori

del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

Altro acquisto di un gruppo societario pubblico da parte di un altro gruppo partecipato è avvenuto

con l’acquisizione della maggioranza del capitale del gruppo LGH da parte del gruppo A2A.

                                                            29 Italgasreti appartiene al gruppo Italgas che rientra nelle grandi partecipate statali non considerate ai fini di questo studio.

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66 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 33 - Dismissione di partecipazione da parte di un Ente territoriale ed acquisto di partecipazioni da parte di un gruppo societario

Opzione a)

Opzione b)

Fonte: Utilitatis

Rispetto alle esemplificazioni sopra descritte esistono diverse combinazioni di processi elencati,

ma anche ulteriori tipologie di aggregazione che attengono all’ampliamento del perimetro

territoriale delle partecipate, ad esempio attraverso l’acquisizione dei servizi precedentemente

svolti da gestioni in economia o di attività precedentemente erogate da società cessate o fallite.

In taluni casi, come risposta all’obbligo normativo di individuazione del gestore unico d’ambito,

si può verificare l’acquisto di un singolo ramo di azienda di una società multiutility da parte di

un’altra società, spesso attiva in un unico settore. In tale situazione non si verifica né una riduzione

di partecipazioni né una riduzione di partecipate, ma una razionalizzazione degli operatori attivi

nello specifico settore nel territorio di riferimento.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 67  

4.3 Le dinamiche future

Nell’ambito delle 1.553 aziende partecipate S.I.A.E. esiste un sottogruppo di società interessato

da procedure di liquidazione che nel breve/medio periodo potrebbero essere destinate alla

cessazione.

Attualmente sono state rilevate 92 aziende in liquidazione, 47 delle quali risultano prive di

personale. Le restanti 45, impiegano complessivamente 1.629 addetti. Le società in liquidazione

risultano nel 96% dei casi di piccole dimensioni (fatturato <15Mln€, in alcuni casi già pari a 0).

Tuttavia vanno segnalate anche alcune aziende di dimensioni medio - grandi.

Il comparto in cui si concentra il numero di gran lunga maggiore di procedure di liquidazione è

quello dell’igiene urbana (39 imprese per 1.460 addetti).

Tabella 14 – Partecipate S.I.A.E. in liquidazione

Per settore di

attività N° imprese N° addetti

Aziende prive di

addetti

Valore della

Produzione [€/1.000]

Multy 16 47 5 16.405

Energia 19 21 14 238.685

IU 39 1.460 16 136.148

SII 18 101 12 12.728

Totale 92 1.629 47 403.967

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Ipotizzando lo scioglimento delle società in liquidazione, le partecipate S.I.A.E. si ridurrebbero a

1.461 società attive.

La successiva Tabella 15 riporta alcune simulazioni effettuate sul comparto delle partecipate

S.I.A.E. volte a rilevare il numero di società che – secondo il Testo Unico sulle partecipate, come

modificato dal decreto integrativo e correttivo(D.lgs 100/2016) – non soddisferebbero i requisiti

di fatturato minimo per il periodo transitorio (fatturato medio triennale inferiore ai 500.000€ nel

triennio 2017-2019) e per l’entrata a regime prevista nel 2020 (fatturato medio triennale inferiore

a 1 milione di euro) e che andrebbero quindi sciolte.

L’analisi restituisce un numero di 170 società che dovrebbero essere dismesse nel periodo

transitorio; a partire dal 2020, anno in cui scatterà il requisito più stringente sul fatturato minimo,

si avrebbe la chiusura di 274 aziende attualmente attive30, il comparto delle partecipate S.I.A.E,

per effetto dei fenomeni in atto e di quelli previsti, dovrebbe attestarsi su un numero di 1.187

società partecipate direttamente o indirettamente dagli Enti locali.

                                                            30 Le simulazioni sono state effettuate sulla base del fatturato relativo all’ultimo triennio disponibile considerando che si mantenga tale anche nel periodo successivo. Si noti che, qualora nel prossimo triennio dovessero intervenire variazioni nel perimetro delle attività svolte e dei territori serviti che comportassero il superamento del tetto del fatturato di 1 milione di euro, verrebbe meno il vincolo di chiudere la società.

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68 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Tabella 15 – Partecipate S.I.A.E. attive con fatturato inferiore alle soglie previste dal Testo Unico sulle partecipate.

N° az con fatturato <500.000€

Attive [Scenario in fase

transitoria al 2017]

N° az con fatturato <1Mln€

Attive Anno 2015 [Scenario al

2020]

Multy 7 24

Energia 89 144

IU 29 42

SII 45 64

Totale 170 274

Fonte: Utilitatis ed elaborazioni su dati AIDA BvD

Infine, considerando che il settore dell’idrico ha avviato un processo di razionalizzazione del

numero di operatori, attraverso l’identificazione del gestore unico d’ambito previsto dalla legge, e

che il settore dell’igiene urbana – dove il numero di mono-utility risulta preponderante e la

costituzione degli Enti di governo degli ambiti è ancora in forte ritardo – sarà interessato da

rilevanti mutamenti organizzativi e gestionali, favoriti anche dall’auspicata istituzione di una

regolazione indipendente, è ragionevole attendersi un’ulteriore accelerazione dei processi di

razionalizzazione, con la crescita delle dimensioni degli operatori e una conseguente diminuzione

ulteriore del numero delle partecipate.

4.4 Fattori che influenzano i processi di aggregazione

Le operazioni di aggregazione risultano condizionate da diversi elementi che attengono alle

caratteristiche economiche e gestionale delle società partecipate ma anche al contesto normativo

e organizzativo del settore in cui operano.

Tra i principali fattori che influenzano i processi di aggregazione si possono includere:

1) I differenti perimetri regolatori dei settori

2) Le diversità dei servizi erogati e le diverse condizioni per l’ottenimento dell’efficienza

gestionale e della qualità del servizio.

3) La strategia adottata (modello mono/multiutility).

4) Il modello organizzativo di partenza e gli assetti proprietari..

1) Perimetro regolatorio

La normativa nazionale ha stabilito livelli minimi territoriali per la gestione dei servizi pubblici in

esame: mentre per il servizio di distribuzione gas gli ambiti minimi territoriali per l’affidamento

della gestione del servizio sono stati definiti dallo Stato ed ammontano ad un numero superiore

rispetto a quello delle Province (177 ATEM rispetto alle 110 Province), la definizione del

perimetro dell’organizzazione dei servizi idrici ed ambientali, pur fissato per legge non al di sotto

della scelta provinciale, è stato lasciato a discrezione delle singole Regioni, le quali hanno

individuato bacini territoriali differenti che variano dal livello sovra-provinciale al livello regionale

anche se in alcune circostanze sono stati definiti ambiti di affidamento inferiori al perimetro

provinciale (Tabella 16 - Figura 34).

Page 69: Le partecipate pubbliche nei settori idrico, ambientale ed ... · controllate dalle Amministrazioni Locali). Le società direttamente partecipate risultano in larga prevalenza (80%)

[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 69  

Nel settore idrico, la legge (c.d. decreto Sblocca Italia) stabilisce che nell’ipotesi si perimetrazione

regionale dell’ambito sia possibile costituire sub ambiti di estensione non inferiore a quella

provinciale e che il servizio sia comunque affidato ad un gestore unico d’ambito.

Nel settore dei rifiuti gli ambiti territoriali ottimali devono avere una estensione non inferiore a

quella provinciale ma, tenendo conto delle caratteristiche delle diverse parti della filiera del

servizio, possono definirsi lotti di affidamento e di gestione di scala minore, fermo restando che

comunque compete all’ente di governo dell’ambito l’atto di affidamento, ai sensi del comma 1-bis

dell’art. 3-bis del Dl 138/2011.

Mentre il settore del gas presenta una elevata frammentazione territoriale soprattutto nelle aree

settentrionali del Paese, dove gli ATEM sono più numerosi e di dimensione più piccole, gli ATO

definiti per la governance del servizio idrico integrato e quelli dell’igiene urbana appaiono di

dimensioni maggiori, sebbene sia ad oggi ancora incompleto il processo di costituzione e adesione

dei Comuni agli Enti di Governo d’Ambito.

Tabella 16 – Suddivisione del territorio nazione in ambiti territoriali per tipologia di servizio pubblico

Regione

N° Province

SII IU GAS

N° ambiti

previsti

Possibilità di organizzare il servizio in Sub

ambiti

N° ambiti

previsti

Possibilità di organizzare il servizio in Sub

ambiti

N° ATEM

Piemonte 8 6 no 4 no 18

Valle d'Aosta 1 1 si 1 si 1

Liguria 4 5(1) no 1 Si 6

Lombardia 12 12 no n.a. n.a. 37

Trentino A.A. 2 - - 2 si TN 4

Veneto 7 8+1

interregionale no 1 Si 15

Friuli V.G. 4 1 si 1 si 5

Emilia-Romagna 9 1 si 1 si 11

Toscana 10 1 Si 3 no 12

Umbria 2 1 Si 1 no 3

Marche 5 5 no 5 no 6

Lazio 5 5 no 5 No 10

Abruzzo 4 1 si 1 Si 7

Molise 2 1 no 3 Si 2

Campania 5 1 si 7 Si 11

Puglia 6 1 no 1 Si 9

Basilicata 2 1 no 1 no 3

Calabria 5 1 no 5 si 4

Sardegna 8 1 no 1 si 1

Sicilia 9 9 no 18 si 12

Totale 110 63 62 177 (1) La sentenza della Corte Costituzionale n.173, depositata il 17/7/2017 ha comportato la abrogazione della L.R. 17/2015 relativamente alla delimitazione dei tra ambiti savonesi, ripristinando la situazione iniziale prevista dalla L.R. 1/2014, con un unico ambito costiero (ATO Centro Ovest 1) ed uno padano (ATO Centro Ovest 2).

Fonte: Utilitatis

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70 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Figura 34 – Suddivisione del territorio nazionale per ATEM-ATO

ATEM GAS ATO IDRICO ATO RIFIUTI

Nota: La Lombardia nel settore dei rifiuti ha optato per un modello alternativo agli ATO secondo la possibilità prevista dal D.Lgs. 152/2006

Fonte: Utilitatis

2) Caratteristiche dei servizi erogati

Obiettivo primario dei processi di aggregazione è l’integrazione dei servizi al fine di migliorarne

la qualità e di promuovere l’efficienza favorendo in tal modo lo sviluppo degli investimenti e il

superamento degli squilibri.

A tal fine, come si è detto, sono stati definiti gli ambiti territoriali assegnando agli Enti di governo

degli stessi funzioni di organizzazione, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle

tariffe, di affidamento della gestione e del relativo controllo.

La scala produttiva ottimale è in funzione della caratteristiche dei servizi e, in alcune circostanze,

delle diverse componenti della filiera che li compongono. Così nel settore idrico l’ambito

gestionale è stato individuato con quello dell’ATO e la legge ha definito le modalità di

superamento dell’attuale frazionamento produttivo per pervenire al gestore unico d’ambito del

servizio idrico integrato. Nei rifiuti i segmenti che compongono la filiera del servizio presentano

notevoli diversità riconducibili alle loro intrinseche caratteristiche tecniche ed organizzative. La

fase a monte (raccolta, trasporto e servizi complementari) si caratterizza, dal punto di vista

produttivo come un’attività labour intensive e, sotto l’aspetto economico-organizzativo, per la sua

“territorialità” e per le esternalità positive, come un monopolio locale da sottoporre a regolazione.

Il segmento a valle della filiera (l’impiantistica, sia intermedia sia per il trattamento e lo

smaltimento finale) al contrario, è capital intensive e questo richiede l’impiego di infrastrutture

complesse con elevati fabbisogni di investimento.

La componente impiantistica si caratterizza per evidenti economie di scala e richiede adeguate

dimensioni; la componente servizi, invece, presenta economie di densità e poco significative

economie di scala, crescenti fino ad un limite abbastanza modesto. Il problema, diviene, in questo

settore, da un lato ricomporre le diverse parti della filiera e ricondurle al ciclo integrato, dall’altro

promuovere l’efficientamento gestionale mediante ambiti aderenti le specificità di tali componenti

del ciclo dei rifiuti. La soluzione prospettata dal legislatore consiste nel prevedere le

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 71  

perimetrazioni di ambiti di scala almeno provinciale per l’affidamento dei servizi a monte

consentendo peraltro lotti di affidamento minori a seconda delle caratteristiche produttive e

territoriali al fine di conseguire l’efficienza gestionale. La parte impiantistica, invece è regolata

dalle autorizzazioni regionali e presenta una dimensione territoriale più vasta. Ciò non esclude la

possibilità di operare un affidamento del sevizio integrato su scala d’ambito.

Occorre inoltre considerare che le diverse strutture di costo che caratterizzano questi servizi non

offrono una soluzione univoca e standardizzabile per la definizione della dimensione gestionale

in quanto essa è influenzata da diverse variabili: la morfologia territoriale del bacino servito, la

popolazione residente, la popolazione fluttuante (turisti, lavoratori pendolari, turisti stagionali),

gli obiettivi di servizio da raggiungere, la presenza o meno degli impianti, la densità abitativa, il

grado di dispersione delle utenze, il modello organizzativo, etc..

3) Il mercato di riferimento (Monoutility/Multiutility)

I modelli strategici adottati dalle società partecipate presentano criticità differenti in relazione ai

processi di aggregazione. In particolare per le multiutility appare più complesso esaminare, e

proiettare nel futuro, l’effetto di processi di aggregazione che possono avvenire in modalità molto

diversificate; ad esempio con l’attuazione di scorpori di rami d’azienda di specifici servizi o al

contrario tramite l’assorbimento di altri operatori. Nel primo caso le multiutility genererebbero

ulteriori società monoservizio che costituirebbero nuovi centri aggregativi con altri gestori. Nel

secondo caso, invece, la multiutility stessa diverrebbe un polo di aggregazione che attrae altre

società.

4) Il modello organizzativo societario

Ulteriore elemento che condiziona i processi di aggregazione, e quindi la valutazione circa il loro

impatto sulla riduzione del numero di società, risiede nel modello industriale di partenza. Le

società partecipate possono aver optato per il modello di gruppo societario, dove le attività di

direzione e coordinamento (e nei casi di holding miste, anche l’erogazione di alcuni servizi) sono

in capo ad un’unica società (holding) che indirizza le attività delle società operative (società

controllate spesso specializzate in un unico settore), che mantengono una propria autonomia

giuridica, ma risultano assoggettate ad un’unica strategia aziendale dettata indirettamente

dall’Ente Locale (o dagli EELL) per tramite della holding. In alternativa si pone il modello in cui

l’Ente Locale controlla direttamente uno o più soggetti ciascuno dei quali opera in modo disgiunto

dagli altri. La logica del gruppo societario, con direzione e coordinamento indiretto, favorisce

l’accesso a forme di finanziamento più evolute grazie al consolidamento dei dati del gruppo,

permettendo al contempo di diversificare i rischi operativi che ricadono sulle singole società

controllate. I processi di aggregazione possono interessare sia l’intero gruppo, sia le singole

società. Nei casi in cui l’Ente Locale abbia un controllo diretto sulla società, i benefici di eventuali

incentivi all’aggregazione potrebbero generare accorpamenti oppure dismissioni vere e proprie.

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72 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]   

Box 3 - Approfondimento: Sistemi a Rete

Oltre ai processi di aggregazioni a cui si è fatto riferimento, negli ultimi anni si è assistito alla

costituzione di forme di collaborazione trasversale - dette “sistemi a rete” - tra i gestori del servizio

idrico integrato. In tali strutture i soggetti partecipanti condividono know how e organizzano in

maniera centralizzata alcune funzioni aziendali, pur mantenendo propria autonomia giuridica,

organizzativa ed economica.

La centralizzazione di funzioni aziendali, quali ad esempio l’approvvigionamento di beni e servizi,

consente il raggiungimento di un maggior potere contrattuale spendibile con i vari stakeholder. La

condivisione delle conoscenze e il confronto delle diverse modalità di gestione incoraggiano il

raggiungimento di una maggior qualità del servizio reso, mantenendo il rapporto stretto con il

territorio servito dal singolo soggetto. In via prospettica è immaginabile che i partecipanti alla rete

raggiungano performance prestazionali omogenee, promuovendo così la diffusione di standard

uniformi all’interno di aree significative del Paese.

Al momento sono state rilevate due forme di sistemi a rete (figura), Viveracqua, che si è sviluppato

tra gli operatori della regione Veneto (Atto Costitutivo 30/06/2011), e Water Alliance, tra le società

dell’area lombarda (Patto di Rappresentanza 03/11/2015) e più recentemente anche tra le aziende

idriche del Piemonte (Patto di Rappresentanza 28/07/2016). Entrambi i modelli vedono la

partecipazione di soli gestori con affidamenti in house providing.

Nel modello veneto gli operatori del sistema a rete hanno costituito una società consortile

(Viveracqua) che ad oggi conta 12 società affidatarie del servizio idrico, 8 delle quali hanno

partecipato al progetto di emissione di Hydro bond: nella citata operazione di finanza strutturata

l’unione delle singole società ha permesso di raggiungere dimensioni economiche finanziarie tali da

poter collocare sul mercato titoli obbligazionari. Il modello lombardo prevede una forma di accordo

di durata annuale (rinnovabile tacitamente) tra 8 gestori della Lombardia che si impegnano ad avviare

una collaborazione industriale da cui trarre benefici in termini di efficientamento dei costi e di

miglioramento delle prestazioni erogate. Il modello piemontese ricalca quello lombardo: al momento

il contratto di rete è stato stipulato da 11 aziende e resterà in vigore fino all’approvazione del bilancio

che chiuderà al 31/12/2018 con rinnovo tacito per un ulteriore triennio.

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[Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia] 73  

Sistemi a rete

VIVERACQUA WATER ALLIANCE Acque di Lombardia – Acque del Piemonte

Fonte: elaborazioni Utilitatis

Aziende dei Sistemi Rete

Viveracqua Water Alliance

Acque di Lombardia

Water Alliance

Acque di Piemonte

- Alto Trevigiano Servizi - Brianza Acque - Acqua Novara VCO

- Acque del Chiampo - Cap Holding - Acquedotto della Piana

- Acque Veronesi - Lario Reti Holding - Acquedotto Valtiglione

- Acque Vicentine - Padania Acque Gestioni - Azienda Cuneese dell'Acqua

- Alto Vicentino Servizi (1) - Pavia Acque Scarl - Azienda Multiservizi Casalese

- Azienda Gardesana Servizi - Secam - Azienda Multiservizi Valenzana

- Azienda Servizi Integrati - Società Acqua Lodigiana - Azienda Multiutility Acqua Gas

- BIM Gestione Servizi Pubblici - Uniacque - Consorzio dei Comuni per

l'acquedotto del Monferrato

- Centro Veneto Servizi*

- CORDAR Biella Servizi

- ETRA

- SMAT

- Medio Chiampo - Società Intercomunale Servizi

Idrici

- Veritas

(1) L’Azienda Servizi Integrati è stata fusa per incorporazione in VERITAS (2017), mentre CVS ha recentemente (novembre

2017) siglato l’atto di fusione con la società Polesine Acque per la costituzione di Acquevenete.

Fonte: elaborazioni Utilitatis

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74 [Le partecipate nei settori idrico, ambientale ed energia]