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KI Kendo iaido..on Line Numero 23 Settembre 2008 KI 23 Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 1/6 Le parole che vanno oltre la pratica In occasione del seminario nazionale di Sportilia, consueto appuntamento con la commissione di maestri della Zenkenren che illustrano eventuali novità e controllano il livello di pratica del seitei in Italia, quest anno abbiamo incontrato un personaggio molto singolare a capo della commissione di iaido, il Maestro Yamazaki. Non lo stesso Yamazaki degli anni scorsi, dalla incredibile energia e dal sakki spaventoso, ma una persona altrettanto potente tanto nell espressione dello iaido quanto nell insegnamento. Dopo aver opportunamente organizzato le classi per grado ed impostato le lezioni, il maestro ha dedicato la prima parte del seminario alla pratica formale con le correzioni ed i suggerimenti, successivamente, con l ausilio di una lavagna, ci ha donato delle vere perle di saggezza affrontando aspetti che vanno oltre il semplice gesto tecnico, rievocando per noi alcuni dei consigli elargitigli dal suo maestro nonché dalla sua esperienza pluriennale nella pratica e nell insegnamento. Per comodità, questa breve trattazione è suddivisa in piccole sezioni, che si basano sugli stessi manoscritti dal maestro, ordinate secondo un criterio prima tecnico-teorico, poi filosofico. Cominciamo dalla figura 1: SANMA NO KURAI Letteralmente I TRE GRADI o I TRE RANGHI Il maestro ha parlato di tre gradi nella pratica (validi sia nel kendo che nello iaido):

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Kendo iaido..on Line Numero 23

Settembre 2008

KI 23

Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 1/6

Le parole che vanno oltre la pratica

In occasione del seminario nazionale di Sportilia, consueto appuntamento con la commissione di maestri della Zenkenren che illustrano eventuali novità e controllano il livello di pratica del seitei in Italia, quest anno abbiamo incontrato un personaggio molto singolare a capo della commissione di iaido, il Maestro Yamazaki. Non lo stesso Yamazaki degli anni scorsi, dalla incredibile energia e dal sakki spaventoso, ma una persona altrettanto potente tanto nell espressione dello iaido quanto nell insegnamento.

Dopo aver opportunamente organizzato le classi per grado ed impostato le lezioni, il maestro ha dedicato la prima parte del seminario alla pratica formale con le correzioni ed i suggerimenti, successivamente, con l ausilio di una lavagna, ci ha donato delle vere perle di saggezza affrontando aspetti che vanno oltre il semplice gesto tecnico, rievocando per noi alcuni dei consigli elargitigli dal suo maestro nonché dalla sua esperienza pluriennale nella pratica e nell insegnamento.

Per comodità, questa breve trattazione è suddivisa in piccole sezioni, che si basano sugli stessi manoscritti dal maestro, ordinate secondo un criterio prima tecnico-teorico, poi filosofico.

Cominciamo dalla figura 1:

SANMA NO KURAI

Letteralmente I TRE GRADI o I TRE RANGHI

Il maestro ha parlato di tre gradi nella pratica (validi sia nel kendo che nello iaido):

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Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 2/6

1) NARAU apprendere, imparare: come tutte le discipline, all inizio bisogna lavorare molto

nell apprendere i gesti tecnici secondo il livello del praticante, con il consueto metodo tipico di tutte le arti marziali giapponesi ovvero la ripetizione del gesto fino a rendere il corpo in grado di prendere confidenza con la tecnica stessa;

2) KUF idea, invenzione, espediente oppure, per estensione, ideare o anche, secondo quanto segnato fra parentesi dal maestro, KANGAERU (pensare): il praticante, impadronitosi della tecnica, inizia a riflettere sull utilizzo della stessa e sul suo effettivo significato;

3) NERU elaborare, maturare: far proprio ed applicare quanto appreso dai maestri ed approfondito nella pratica al dojo, per consentire una crescita personale e del proprio iaido/kendo.

Un impostazione così nitida ed eloquente di concetti già uditi numerose altre volte in simili occasioni, ha reso l esposizione del maestro un insegnamento innovativo ed al tempo stesso tradizionale: una mano esperta che guida il giovane studente nel tenere il pennello, un gesto fisico più che un parere dato dalla cattedra.

Questi tre gradi sono alla base dello studio e devono essere tenuti sempre presenti, qualsiasi sia il livello di pratica cui lo studente appartiene (senza mai dimenticare che si resta sempre studenti).

Proseguiamo con la figura 2:

YOTSU NO SABAKI

Letteralmente LE QUATTRO RISOLUZIONI

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Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 3/6

La parola sabaki viene spesso tradotta con movimenti : chiunque pratichi aikido, kendo o qualsivoglia arte marziale strettamente corporea, avrà sentito molte volte la parola tai-sabaki, ashi-sabaki. Letteralmente però si intende risoluzione.

Il maestro ha così delineato quattro passaggi da tenere presenti nel movimento esecutorio della tecnica e cioè (usiamo il giapponese per praticità):

a) SUSO sabaki: il sabaki dell orlo, dove si intende l orlo dell hakama come punto di partenza del movimento (hakama sabaki);

b) ASHI sabaki: il sabaki dei piedi, ovvero la corretta postura nella camminata che sottende la tecnica, senza dimenticare che senza una base solida nei piedi le tecniche della parte superiore del corpo sono deboli ed inefficaci;

c) TAI sabaki: il sabaki del corpo, ovvero la corretta postura del corpo e dei suoi movimenti durante l esecuzione di una tecnica;

d) KEN sabaki: il sabaki della spada, l ultimo ma non per importanza poiché non esiste senza i tre passaggi precedenti, ma senza il quale non si può parlare di arti della spada.

Una definizione così esaustiva e completa dei movimenti, sebbene sottesa a tutti gli insegnamenti dei maestri, non era mai stata esplicitata così dettagliatamente. Purtroppo il difetto maggiore della pratica occidentale (a detta degli stessi maestri) è proprio il concentrarsi troppo sul gesto e sull effetto del gesto, piuttosto che sulla teoria e sulla causa.

Figura 3:

KIRU, TSUKU, KAWASU

Ossia TAGLIARE, TRAFIGGERE/AFFONDARE e SCHIVARE:

Dopo le considerazioni su esposte, base portante della pratica sia nel kendo che nello iaido, il discorso del maestro si è spostato su aspetti tecnici e tattici più propriamente dedicati alla via della spada in sé stessa.

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Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 4/6

a) Il primo e chiaramente il più basilare è KIRU. Alla base dell apprendistato bisogna

apprendere a tagliare correttamente, nelle direzioni indicate e nelle modalità espresse prima dai kihon e poi dai kata;

b) La seconda fase prevede una tecnica più difficile, che richiede esperienza e precisione assoluta nonché la giusta decisione e spinta: lo TSUKI (affondo appunto da Tsuku vedi titolo fig. 3). Chiaramente coloro che studiano il kendo si troveranno ad affrontare aspetti più pratici della tecnica rispetto ai praticanti del solo iaido, ma in entrambi i casi bisogna avere l intenzione di esecuzione ben chiara, sia per il kendoka che deve applicare questa difficile tecnica sia per lo iaidoka che deve manifestarne l applicazione con un avversario che esso solo vede ma che deve rendere visibile anche ad un osservatore esterno.

c) Ultimo aspetto, sicuramente il più complesso dei tre è Kaw asu: schivare. L interpretazione di quest ultimo punto come per lo tsuki differisce non nella teoria quanto nell applicazione. Ciò ovviamente è dovuto alla presenza fisica reale dell avversario. Come in molte discipline da combattimento schivare è ritenuta la più sublime delle manifestazioni nel combattimento; il non opporre un ostacolo fisico (parata o qualsivoglia blocco al corpo o alla lama dell avversario) e schivare di stretta misura lo stesso è forse l ultimo gradino della pratica in senso puramente fisico. Il gesto compiuto con il giusto timing ed eleganza danno un altro contenuto ad uno shiai. Nello iaido il discorso cambia ma è ugualmente applicabile nelle linee teoriche all onnipresente tecnica di uke-nagashi che sebbene preveda un lieve contatto nell essenza della tempistica di esecuzione è assolutamente simile alla schivata e quindi richiede ore e ore di pratica e di esperienza. Chiunque pratichi sicuramente osserverà le variazioni negli anni di questa tecnica sia nei passaggi intermedi dei seiteigata sia nel kata vero è proprio Ukenagashi .

Figura 4:

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Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 5/6

ASHITA NI SONAERU

PREPARARSI AL DOMANI

Al termine della lunghe spiegazioni tecniche il maestro passò a parlare del periodo in cui lui era un giovane studente. Da giovane si era impegnato duramente sia nella pratica che nelle competizioni per essere sempre il migliore allievo ed è facile immaginare dopo un esame così difficile quanto potesse essere orgoglioso quando ebbe un colloquio con il suo maestro che gli disse: Ashita ni sonaeru! ovvero Preparat i a l dom ani! . In questa frase si racchiude tutto il senso della nostra pratica quotidiana che non deve essere, come spesso accade, finalizzata alla buona riuscita di un esame o di una gara ma deve avere un diverso spessore una finalità di crescita nell essere e non nel mero praticare. Come spesso accade qui in Occidente, a causa della nostra mentalità pragmatica, si è portati a darsi uno scopo, un traguardo di ordine pratico dimenticando che la pratica delle arti marziali è una crescita sì della tecnica ma anche e soprattutto dell individuo quindi non può fermarsi al solo esame o alla gara. Su queste parole il maestro si è concentrato più che sulle spiegazioni tecniche ribadendo più e più volte il concetto e portando poi alla conclusione descritta di seguito.

Figura 5

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Settembre 2008

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Le parole che vanno oltre la pratica di A. Mele Pag. 6/6

GI H NI HASHI RI , SHI NP W O W ASURERUNA

NEL CORRERE PER LA TECNI CA NON DI MENTI CARE LO SPI RI TO oppure SE CORRI CON LA TECNI CA NON DI MENTI CARE LO SPI RI TO

Mi scuso anticipatamente ma la parola SHI NP è piuttosto antica, il significato del termine Shinpou della figura 5, shinpou indica nel buddismo una qualità delle cose divise in fisiche e mentali (le 8 consapevolezze ed altre categorie) per cui le mentali sono quelle realmente esistenti e le fisiche solo apparenza. Mentale non è da intendersi nel senso occidentale di mente bensì nel senso buddista per cui invece di spirito potremmo scrivere "non dimenticare la mente" cioè la vera realtà delle cose. Con quest ultima frase il maestro ha concluso il lungo discorso di una delle sessioni di allenamento più interessanti di questi ultimi anni a Sportilia. A lui va il nostro più profondo ringraziamento e la nostra gratitudine per averci tenuto per mano in questo piccolo viaggio alla scoperta di una pratica dello iaido più profonda che ci arricchirà ancora per gli anni a venire.

ALBERTO MELE