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    SOMMARIO

    DIRITTO SOCIETARIO

    Responsabilità da direzione e coordinamento di societàDirezionee coordinamento di Vincenzo Salafia 5

    Sulla qualificazione degli apporti dei soci e sulla natura delle riserve in conto futuro aumento capitaleCapitale

    di Annapaola Negri-Clementi e Filippo Maria Federici 8

    Amministratore di fatto e liquidazione del danno risarcibile nell’azione di responsabilitàAmministratoriTribunale di Milano 2 agosto 2016

    commento di Daniele Carminati 17

    Liquidazione della quota del socio receduto e responsabilità dei soci superstitiRecessoTribunale di Milano 1 agosto 2016

    commento diMaria Paola Ferrari 29

    Finanziamenti dei sociS.r.l.Tribunale di Roma 1 giugno 2016

    commento di Clemente Pecoraro

    commento di Enrico Erasmo Bonavera 41

    Scissione e azione revocatoriaScissioneTribunale di Venezia 5 febbraio 2016

    commento di Sebastiano Cassani 67

    DIRITTO DEI MERCATI FINANZIARI

    Clausole di indicizzazione al Franco svizzero e floorContrattidi finanziamento Tribunale di Udine 29 febbraio 2016

    commento di Roberto Ferretti e Daniel Lunetta 78

    PROCESSO, ARBITRATO E MEDIAZIONE

    Rapporto tra sezione delle imprese e altre sezioni dello stesso ufficio giudiziarioTribunaleimprese Tribunale di Napoli 31 maggio 2016

    commento di Giancarlo Borriello e Ilaria Guadagno 93

    OSSERVATORIO

    GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

    a cura di Vincenzo Carbone e Romilda Giuffrè 107

    GIURISPRUDENZA DI MERITO

    a cura di Alessandra Stabilini 109

    CONSOB

    a cura di Angelo Busani e Alessandro Portolano 111

    FISCALE

    a cura di Massimo Gabelli 117

    EUROPEO

    a cura di Irene Picciano 122

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    Le SocietàAnno XXXVI

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    INDICI

    Indice AutoriIndice CronologicoIndice Analitico

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    COMITATO PER LA VALUTAZIONE

    F. Annunziata, P. Biavati, C. Consolo, L. De Angelis, G. Fauceglia, G. Ferri, G. Guizzi, F.P. Luiso, V. Meli, S. Menchini, F. Mucciarelli,A. Pericu, A. Perrone, C. Piergallini, S. Rossi, L. Salvaneschi, L. Stanghellini, G.M. Zamperetti

    Mensile di diritto e pratica commercialesocietaria e fiscale

    Per informazioni in merito

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    Le SocietàAnno XXXVI

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    Direzione e coordinamento

    Responsabilità da direzionee coordinamento di societàdi Vincenzo Salafia

    In relazione alla direzione e coordinamento delle società, approfondendo il tema già trattato nel-l’articolo pubblicato nel 2003 in questa Rivista, dopo aver chiarito che non automaticamente es-si conseguono al controllo di una società di capitali su un’altra, si esaminano i loro limiti e gli ef-fetti negativi del loro superamento, con riguardo ai danni che potranno subire sia la società con-trollata, sia i suoi soci e creditori, sia i soci ed i creditori della controllante.

    La presunzione di direzionee coordinamento e la prova contraria

    Sebbene sia intitolato “ Direzione e coordinamentodi società” il capo IX del titolo V del libro V delcodice civile, nessuna regola del medesimo codicedefinisce il contenuto dell’attività in cui consisto-no.L’art. 2497 sexies c.c. presume il potere di direzionee coordinamento nella società tenuta al consolida-mento del proprio bilancio con quello della societàcontrollata o che, comunque, esercita il controllosu di essa. Se ne deduce che la presunzione si ap-plica anche se il controllo sia svolto di fatto, anchese non assicurato dalla misura della partecipazione,per esempio nel caso in cui il socio di maggioranzaabbia stretto un patto con altro socio portatore diuna partecipazione minore, ma tale da realizzarecon la sua la maggioranza dei voti nell’assemblea.La presunzione potrà essere superata dalla provacon la quale si dimostri che di fatto la direzione ecoordinamento non sono svolti (cfr. Trib. Manto-va 16 ottobre 2014, in questa Rivista, 2015, 1405con nota di Corapi il quale critica la sentenza peraver giudicato sufficiente la prova costituita dallamancanza di indicazioni nelle delibere della con-trolla e nel difetto di dichiarazioni al riguardo daparte dei soci).L’art. 2497 septies c.c., inoltre, prevede che la dire-zione e coordinamento di una società nei confrontidi un’altra può costituire oggetto di un accordo frale società o di regole dei rispettivi statuti.In sintesi, il potere di direzione e coordinamentodi una società su un’altra si deve basare su un ac-

    cordo contrattuale o su una regola degli statuti del-le due società a prescindere dalla posizione di con-trollo di un socio (cfr. F. Galgano, I gruppi nella ri-forma delle società di capitali, in Contr. e impr.,2002, 1025; Trib. Mantova 16 ottobre 2014, n. D.Corapi, in questa Rivista 2015, 1405).Questa conclusione dipende dal fatto che, in appli-cazione delle regole generali del codice civile in te-ma di amministrazione delle società, i soci, anchese portatori di partecipazioni di controllo sull’as-semblea, non possono impartire direttive agli am-ministratori in forza dell’art. 2380 bis c.c., il qualeaffida l’amministrazione della S.p.a. alla competen-za esclusiva degli amministratori, estensibile allaS.r.l. anche in difetto di un suo espresso richiamonell’ordinamento della S.r.l., in presenza della suaspiccata analogia con l’ordinamento della S.p.a.Altra preliminare considerazione da fare riguardal’ambito di applicazione dell’istituto in esame, os-servando che implicitamente il codice civile riferi-sce le relative disposizioni alle società di capitali,come facilmente si desume dall’art. 2497 quinquiesc.c. il quale richiama l’applicazione dell’art. 2467c.c., relativo alla S.r.l., ai finanziamenti erogati allacontrollata dalla società che la dirige e coordina.D’altra parte, la complessità dell’attività direziona-le e coordinatrice è incompatibile con la strutturaorganizzativa delle diverse forme di società di per-sone, caratterizzate dalla responsabilità illimitataper tutti coloro che partecipano alle operazioni ge-stionali.Spetterà alle società interessate, per il tramite degliorgani operativi, nell’ambito del fine stesso delladirezione e coordinamento individuare le forme di

    OpinioniDiritto societario

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    trasmissione dell’atto direzionale o di coordina-mento; in ogni caso l’atto non potrà assumere laforma e l’efficacia di un ordine in osservanza del-l’autonomia della società controllata, il cui organooperativo sarà tenuto ad interpretare l’atto ricevutoe valutare se la sua efficacia sia compatibile conl’oggetto della società da esso amministrata, inconsiderazione della responsabilità che assumeràcon la decisione di accettarlo.In via di estrema sintesi si può dire che la direzioneed il coordinamento, dei quali si tratta, in concretodovranno consistere in indirizzi di orientamentodiretti a rendere complementare o integrativa, se-condo i casi, l’attività della società controllata ri-spetto a quella della controllante, in attuazionedella finalità propria del gruppo societario, che ilcollegamento della controllante con la controllataha prodotto.In altri termini, la direzione ed il coordinamentonon devono porsi in contrasto con l’interesse im-prenditoriale della controllata, consistente nellarealizzazione del suo oggetto sociale, e deve perciòispirarsi al comune interesse, che ha condotto unasocietà a conseguire il controllo sull’altra. Partico-lare rilievo potranno assumere quando riguardasse-ro i piani strategici, industriali e finanziari in via dielaborazione da parte dell’organo amministrativodella controllata (cfr. art. 2381, comma 3, c.c.).

    I soggetti danneggiati dalla scorrettadirezione da parte della societàcontrollante

    L’esercizio dell’attività di direzione e coordinamen-to, se svolto nell’interesse proprio o altrui e in vio-lazione dei principi di corretta gestione, può espor-re la società controllante, a responsabilità, chel’art. 2497, comma 1, c.c. prevede verso i soci dellacontrollata, a causa del pregiudizio arrecato alle lo-ro partecipazioni al capitale di essa, e verso i credi-tori della medesima, a causa della lesione cagionataall’integrità del patrimonio della controllata, qualegaranzia generica del loro credito.La norma non menziona, fra i danneggiati, la so-cietà controllata nonché i soci ed i creditori dellacontrollante. L’omissione è giustificata dal fattoche il danno, eventualmente subito dalla control-lata, non differisce da quello in via generale previ-sto dall’art. 2392 c.c., il quale prevede la responsa-bilità degli amministratori verso la società per ef-fetto della violazione dei doveri propri della lorofunzione; infatti, la controllata è direttamente dan-neggiata dalla gestione dell’impresa dei suoi ammi-

    nistratori in conformità all’indirizzo loro dato dallacontrollante, rivelatosi pregiudizievole per la socie-tà controllata, ma proficuo per l’interesse dellacontrollante. Si pensi ad una società controllatache produca elementi accessori di macchine pro-dotte dalla controllante, nel cui contesto quest’ul-tima indirizzi alla controllata una direttiva direttaad una generalizzata riduzione dei prezzi, della qua-le si avvantaggiasse la controllante, ma che si rive-lasse dannosa per la controllata in quanto noncompatibile con i suoi costi di produzione (cfr. G.D’Attorre, Azione di responsabilità della società etero-diretta in Riv. dir. comm , 2015, II, 59; Trib. Mila-no 20 dicembre 2013, n. I. Pagni, in questa Rivista,2014, 589; idem 20 marzo 2014, n. Morino, inGiur. it., 2015, 403).Ovviamente alla responsabilità degli amministrato-ri della controllata si aggiunge quella concorrentedella controllante, donde il potere della prima diagire per il risarcimento del danno contro i propriamministratori e quelli della società controllante.Quanto ai soci e ai creditori della controllante, l’il-lecita direttiva data dai suoi amministratori allacontrollata, dalla quale è sorta la responsabilità so-pra indicata, produce danno anche al patrimoniodella controllante per l’eventuale condanna, cheessa subisse per il risarcimento dovuto alla control-lata e ai suoi soci e creditori. Fattispecie questarientrante nella generale ipotesi contenuta nel ci-tato art. 2392 c.c. e, pertanto, inutile sarebbe statala sua menzione nell’art. 2497.

    La deroga all’art. 2395 c.c. in ordineall’azione di responsabilità dei socie dei creditori della società controllata

    La menzione nell’art. 2497, comma 1, c.c. dei socie dei creditori della controllata, come soggetti dan-neggiati dall’illecita attività direzionale della con-trollante, è giustificata dal fatto che la responsabi-lità della controllante concorre con quella dellacontrollata. Poiché la responsabilità della control-lante è di natura contrattuale, sia perché espressa-mente prevista dalla legge sia perché consiste nel-l’inadempimento di un’obbligazione derivante dalcontratto di direzione e coordinamento (cfr. M.Rescigno, Etero gestione e responsabilità nella riformasocietaria fra aperture e incertezze: Una prima rifles-sione in questa Rivista, 2003, 334; N. Abriani,Gruppi di società e criterio dei vantaggi compensativinella riforma del diritto societario, in Giur. comm.2002, I, 624; R. Sacchi, Sulla responsabilità da dire-zione e coordinamento nella riforma delle società di ca-

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    pitali, in Giur. comm., 2003, I, 661), i danni arreca-ti ai soci e ai creditori della controllata non sono,a norma dell’art. 1223 c.c., conseguenze immediatee dirette dell’inadempimento della controllante(che invece risalgono all’inadempimento degli am-ministratori della controllata dell’obbligazione dinon avere valutato adeguatamente la validità delladirettiva trasmessa dalla controllante), donde l’op-portunità della menzione dei predetti soci e credi-tori come soggetti legittimati ad agire contro lacontrollante, nonostante che essa sia autrice sol-tanto indiretta del danno da loro subito.Al riguardo mi permetto rinviare al mio articolointitolato “La responsabilità della holding nei con-fronti dei soci di minoranza delle controllate” (cfr.in questa Rivista 2003, 390), nel quale pongo inevidenza il contrasto fra l’art. 2497 c.c.(che ricono-sce il diritto dei soci di minoranza della controllatacontro gli amministratori della controllante, nono-stante la loro qualità di autori indiretti del dannoda loro subito) con l’art. 2395 c.c. che riconosce aisoci il diritto di agire contro gli amministratori del-la società solo per i danni direttamente prodottidalla loro condotta e non anche per quelli causatial patrimonio sociale e di riflesso, e pertanto indi-rettamente, sulla redditività delle loro partecipazio-ni al capitale sociale.Nel giudizio, che la società controllata o i suoi socipromuovessero contro i suoi amministratori e con-tro la controllante, nell’esercizio dell’azione di re-sponsabilità sociale, in applicazione degli artt.2393 bis c.c. o 2476, comma 3, c.c., a seconda chela controllata sia una S.p.a. o una S.r.l., i suoi cre-ditori potranno intervenire volontariamente persostenere le ragioni degli attori, a norma dell’art.105, comma 2, c.p.c.

    Il risarcimento del danno riguarderà la perdita pa-trimoniale subita dalla società controllata, la cui ri-costituzione grazie alla condanna dei convenuti ingiudizio, se la loro domanda fosse interamente ac-colta, avrà l’efficacia di eliminare gli effetti negati-vi che la perdita patrimoniale, subita dalla control-lata, ha prodotto nei confronti dei suoi soci e deisuoi creditori.L’art. 2497 c.c., però, in modo evidente legittima isoci ed i creditori della controllata di agire controgli amministratori di essa e di quelli della control-lante per conseguire il risarcimento del danno daessi subito, nonostante che non sia direttamentederivato dalla condotta dei predetti amministrato-ri, derogando dalla regola contenuta nell’art. 2395c.c. La deroga potrebbe spiegarsi osservando che difatto l’accordo fra gli amministratori della control-lante e della controllata, sull’osservanza della diret-tiva impartita dai primi agli altri in violazione delprincipi di corretta gestione delle imprese societa-rie, realizza un fatto illecito che contemporanea-mente colpisce il patrimonio della controllata e leragioni dei soci e dei creditori della controllata.Donde l’opportunità legislativa di consentire ai so-ci della controllata, anche a quelli in possesso dipartecipazioni di valore inferiore a quello prescrittonella S.p.a. per l’esercizio dell’azione di responsabi-lità sociale in veste di sostituti processuali della so-cietà, nonché ai creditori di agire per il risarcimen-to dei danni subiti sia pure per effetto indirettodella condotta dei predetti amministratori.La norma, inesistente nel codice del 1942, è stataintrodotta con la riforma delle società di capitali ecostituisce un evidente adattamento dell’ordina-mento ad una moderna considerazione del funzio-namento dei gruppi societari.

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    Apporti dei soci

    Sulla qualificazionedegli apporti dei socie sulla natura delle riservein conto futuro aumento capitaledi Annapaola Negri-Clementi e Filippo Maria Federici

    Di seguito si affronta il tema della qualificazione degli apporti che possono effettuare a vario ti-tolo i soci e quello della natura delle riserve in conto futuro aumento capitale. Il tutto ben consi-derando le pregnanti conseguenze che dalle scelte qualificatorie ed interpretative di cui soprane derivano, per la società, in termini di capitale sociale e patrimonio netto e, per i soci, in termi-ni di rimborsabilità e disponibilità.

    L’avvicinarsi della stagione delle assemblee perl’approvazione del progetto di bilancio stimola unarinnovata riflessione delle tematiche qualificatoriedi quelli che sono gli apporti che i soci di unaS.p.a. possono decidere di effettuare. Detta disami-na non è poi certamente fine a se stessa in quantodalla qualifica in un modo o in un altro derivanoper il socio che ha apportato finanza “fuori capita-le” ovvero al di fuori di un vero e proprio conferi-mento, importanti e differenti conseguenze; adesempio in termini di rimborsabilità e/o utilizzo de-gli stessi denari in futuro, in caso di perdite.Come noto, infatti, nelle società di capitali i soci,anche dopo la fase costitutiva, continuano a svol-gere - per il tramite di apporti spontanei e prestiti -

    un ruolo significativo con riferimento alla fase difinanziamento nel corso dell’attività d’impresa (1).Come si vedrà nel prosieguo la qualità di socionon costituisce infatti una limitazione al principiodella libertà di “finanziamento” dell’impresa socie-taria bensì ne caratterizza, in certi casi, il regime(restitutorio).

    La qualificazione degli apporti che i socipossono effettuare a vario titolodurante societate

    Come rilevato dalla dottrina (2), nella pratica -molto spesso - i soci effettuano versamenti a favoredella società sottocapitalizzate (3) senza che ciò dia

    (1) Cfr. M. Prestipino, Diritto al rimborso e postergazione nel-la disciplina dei finanziamenti dei soci, in Quaderni di Giur.Comm., n. 387, 2015, XII ss.: “Adottando il punto di vista dellasocietà, è possibile affermare che tutti i finanziamenti erogatidai soci (e anche dai non soci) possano ritenersi equipollentinell’ottica della funzione produttivistica. Tutte le risorse finan-ziarie, a prescindere dalla provenienza (soci o non soci) e dallaesistenza o meno di un diritto perfetto al rimborso, contribui-scono infatti a rendere possibile il perseguimento dell’oggettosociale.”. Lo stesso Autore afferma poi che “per quanto attie-ne all’equilibrio patrimoniale e finanziario della società, nontutte le forme di finanziamento sono tra loro equipollenti. I fi-nanziamenti con diritto al rimborso, infatti, determinano un in-cremento del passivo reale che incide negativamente sul rap-porto tra indebitamento e patrimonio netto, rendendo la socie-tà meno meritevole di credito e più esposta al rischio di insol-venza. Diametralmente opposto è l’effetto determinato dall’ac-quisizione di mezzi finanziari propri, la cui erogazione, non at-

    tribuendo un diritto perfetto al rimborso, incide in modo positi-vo sull’equilibrio patrimoniale della società.”.

    (2) Cfr. M.L. Peri, I versamenti dei soci in favore della societàe la diversa disciplina applicabile in relazione alla loro qualifica-zione giuridica, in Riv. not., 1, 2008, 181 ss. e prima ancora U.Tombari, “Apporti spontanei” e “prestiti” dei soci nelle societàdi capitali, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum GianFranco Campobasso, diretto da P. Abbadessa - G.B. Portale, I,Torino, 2006, 553.

    (3) Si tratta più che altro di sottocapitalizzazione cd. nominaleovvero di inadeguatezza del capitale sociale “supplita” attraversola concessione di apporti fuori capitale. La sottocapitalizzazionecd. materiale è invece quella situazione che si verifica ogniqual-volta detto deficit patrimoniale non è “coperto” nemmeno attra-verso il ricorso a “finanziamenti” dei soci. Sulla classificazionedelle tipologie di sottocapitalizzazione si rinvia a M. Prestipino,Diritto al rimborso e postergazione nella disciplina dei finanziamentidei soci, in Quaderni di Giur. Comm., n. 387, 2015, 25 ss.

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    luogo, almeno in via immediata, ad un aumentodel capitale sociale. I versamenti così effettuati,pur presentando natura eterogenea, sono tutti con-traddistinti dalla comune caratteristica di non sot-tostare alla rigorosa disciplina del capitale sociale eper tale ragione sono sovente definiti come “versa-menti fuori capitale”, definizione cui sono ricondu-cibili altresì i finanziamenti a titolo di mutuo (4).Con riferimento agli apporti diversi dai veri e pro-pri conferimenti e dunque ai versamenti resi “fuoricapitale” dai soci, le diverse tipologie di “finanzia-mento” dell’impresa societaria possono essere ri-condotte a due macro categorie: quella dei mezzialtrui e quella dei mezzi propri (5).Più in dettaglio, la dottrina (6) e la giurispruden-za (7) hanno elaborato almeno le seguenti classifi-cazioni, da un lato:- i prestiti o finanziamenti a titolo di mutuo, attri-butivi del diritto alla restituzione nel termine stabi-lito dalle parti, ferma restando l’eventuale applica-zione della disciplina della “postergazione” di cuiagli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. (8);

    dall’altro una serie di “apporti spontanei” diversidai veri e propri conferimenti ma pur sempre ri-conducibili alla categoria dei mezzi propri:- i cc.dd. “versamenti a fondo perduto”, i quali in-tegrano apporti spontaneamente erogati dai socianche in misura non proporzionale alla propriapartecipazione, che restano definitivamente acqui-siti al patrimonio della società. Tali versamenti sirisolvono in negozi gratuiti atipici diretti, solita-mente, a ripianare perdite già contabilizzate o chesi prevede matureranno nel corso dell’esercizio (9);- i cc.dd. “versamenti in conto capitale”, i quali so-no svincolati da una futura delibera di aumentodel capitale sociale e sono diretti ad incrementareil patrimonio della società in via definitiva. La so-cietà, in questo caso, è libera di utilizzare le sommeconseguite per gli scopi più vari senza doversi pre-occupare di un eventuale diritto alla restituzio-ne (10), che viene in rilievo eventualmente in sededi liquidazione della società. Sulla falsariga diquanto previsto per i versamenti a fondo perduto, iversamenti in conto capitale sono definitivamenteacquisiti al patrimonio societario senza un dirittodel socio alla restituzione durante la vita della so-

    (4) Sempre in proposito, certa dottrina (cfr. V. de Campo,Lo strano caso della postergazione dei finanziamenti dei soci -commento, in questa Rivista, 7/2015, 839 ss.) distingue ancorai cc.dd. “finanziamenti in senso giuridico”, quali finanziamentiveri e propri che legittimano il rimborso delle somme erogate,dai c.d. “finanziamenti in senso aziendalistico”, quali altri ap-porti finalizzati ad incrementare il patrimonio della società al difuori dell’aumento del capitale nominale ma privi di diritto alrimborso.

    (5) Cfr. M. Prestipino, Diritto al rimborso e postergazione nel-la disciplina dei finanziamenti dei soci, in Quaderni di Giur.Comm., n. 387, 2015, 1.

    (6) Per un approfondimento di tali classificazioni, cfr. exmultis G. Tantini, I versamenti dei soci alla società in Trattatodelle società per azioni, 1***, diretto da G.E. Colombo - G.B.Portale, Torino, 2004, 743 ss.; M. Leocata, Sulla natura giuridi-ca dei versamenti dei soci in conto futuro aumento di capitale, inconto capitale e simili, in Contr. e impr., 2012, 1272; M.L. Peri, Iversamenti dei soci in favore della società e la diversa disciplinaapplicabile in relazione alla loro qualificazione giuridica, in Riv.not., 1, 2008, 181 ss.; D. Finardi, Rimborsabilità delle erogazionidei soci tra mutuo e capitale di rischio, in questa Rivista, 2006,5, 596; M. Terenghi, Problemi di qualificazione e restituzione deiversamenti del socio alla società, in commento a Trib. Verona15 maggio 1998, in questa Rivista, 10/1998. Per una completaed approfondita ricostruzione si rinvia anche a Consiglio Na-zionale del Notariato, Studio di Impresa n. 99-2011/I, Le modi-ficazioni del capitale nominale senza modificazione del patrimo-nio netto - (parte prima), in CNN Notizie del 22 giugno 2011,44 ss. dove si afferma che versamenti a titolo di finanziamentoe versamenti a fondo perduto rappresentano la summa divisiotra apporto di capitale di credito ed apporto a patrimonio di ca-pitale di rischio mentre versamenti in conto futuro aumento dicapitale e versamenti in conto aumento di capitale configura-no formule di anticipazione della copertura del capitale.

    (7) Cfr., in particolare, Cass. 19 marzo 1996, n. 2314, in Riv.dir. comm., 1996, II, 329, ma sul punto si veda anche Trib. Ro-ma 3 febbraio 2015, n. 5739, in www.ilsocietario.it.

    (8) Si noti, in proposito, che la recente dottrina (cfr. V. de

    Campo, Lo strano caso della postergazione dei finanziamenti deisoci - commento, in questa Rivista, 7/2015, 839 ss.) ha eviden-ziato come “l’art. 2467 c.c. andrebbe riferito esclusivamente aquelle tipologie di finanziamento effettuate dal socio credendicausae ossia a quei finanziamenti che attribuiscono al socio undiritto al rimborso. Da ciò ne consegue l’esclusione dell’appli-cazione della disciplina in esame (i.e. postergazione nella resti-tuzione) non solo delle ipotesi dei “finanziamenti a fondi per-duto” ma anche delle erogazioni effettuate ‘in conto capitale’ovvero ‘in conto aumento capitale’ o in ‘conto futuro aumentodi capitale’ tipicamente contabilizzate nel patrimonio netto del-la società tra le riserve e non tra i debiti”.

    (9) A. Busani nel suo Massimario delle operazioni societarie,Atto costitutivo, statuto e assemblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., coo-perative, consorzi, società di persone - Aumento e riduzione delcapitale sociale - Fusione - Scissione - Trasformazione - Liquida-zione, Milano, 2015, 226, afferma che “I versamenti a fondoperduto” si hanno quando i soci, pur non volendo procederead un formale aumento di capitale, decidono di sopperire alfabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti. In talicasi, manca una specifica ed esplicita pattuizione da cui scatu-risca un obbligo di restituzione ai soci dei versamenti effettua-ti. Questi si configurano, pertanto, come vere e proprie riservedi capitale, da collocare in bilancio all’interno del patrimonionetto, al punto VII ‘Altre riserve’, in voci denominate di solito‘Versamenti in conto capitale’, oppure ‘Versamenti a coperturaperdite’, se il conferimento è effettuato per coprire perdite diesercizio.”. In questo senso anche il Consiglio Nazionale delNotariato, Studio di Impresa n. 99-2011/I, Le modificazioni delcapitale nominale senza modificazione del patrimonio netto -(parte prima), in CNN Notizie del 22 giugno 2011.

    (10) Com’è stato precisato - cfr. F. Magliulo, La natura deiversamenti in conto futuro aumento capitale, in Il Nuovo Dirittodelle Società, n. 20, 2013, 24 ss. non si tratta di un vero e pro-prio credito alla restituzione della somma apportata in quantodetto diritto restitutorio diviene effettivo al momento delloscioglimento della società, con il maturare della sua quota diliquidazione, la quale, peraltro, è postergata rispetto agli altricreditori sociali ex art. 2491, comma 2, c.c.

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    cietà, ma a differenza dei primi non sono effettuaticon lo scopo esclusivo di ripianare le perdite;- i cc.dd. “versamenti in conto di un futuro e de-terminato aumento di capitale”, i quali - da unpunto di vista contabile - sono allocati provvisoria-mente tra le riserve “targate” nell’ambito del patri-monio netto prima di passare a capitale a seguitodella delibera di aumento. Tali versamenti, più indettaglio, costituiscono negozi atipici che dannovita ad una “fattispecie inversa”. In questi casi siprocede in primo luogo al versamento-conferimen-to, con conseguente delibera dell’aumento di capi-tale da parte della società cui fa seguito, infine, lasottoscrizione del socio già conferente. In tal caso,qualora la relativa delibera non sia assunta dallasocietà, questa è tenuta a restituire al socio quantogià versato e non perché si sia trattato di un mu-tuo, ma perché si è verificato un difetto funzionaledella causa che determina il venir meno del diritto

    a trattenere le somme con il contemporaneo insor-gere in capo al socio del diritto alla ripetizione del-l’indebito (11);- i. cc.dd. “versamenti in conto di un aumento dicapitale genericamente collocato nel futuro” (12);in tal caso, qualora sia decorso un certo lasso tem-porale in assenza di un deliberato aumento di capi-tale da parte della società, si potrà ritenere che ilfatto di non aver previsto alcun termine per l’ope-razione di aumento sia indicativo della volontàdelle parti di lasciare la disponibilità delle sommein capo alla società anche in assenza del relativoaumento (13). In alternativa, si dovrà concluderenel senso di ritenere ammissibile per il socio adireil giudice per la fissazione di un termine, scaduto ilquale senza che sia intervenuta la delibera di au-mento del capitale sociale, egli potrà agire per larestituzione delle somme versate (14).

    (11) Nello stesso senso, si veda F. Gennari, Il diritto alla re-stituzione dei versamenti del socio in conto aumento capitale, innota a Cass. 19 marzo 1996, n. 2314, in questa Rivista, 11,1996, 1267 ss.; vd. Cass. 30 marzo 2007, n. 7980, in DeJure.Per il Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n.99-2011/I, Le modificazioni del capitale nominale senza modifi-cazione del patrimonio netto - (parte prima), in CNN Notizie del22 giugno 2011, 46 ss. i versamenti in conto futuro aumentocapitale devono necessariamente essere qualificati in terminidi riserve e quindi di “patrimonio di rischio” pur precisandoche “Il versamento in conto futuro aumento di capitale (ancor-ché non specificatamente individuato) rappresenta un apportoche anticipa la sottoscrizione del socio. Non può trattarsi,quindi, di una riserva nel senso voluto dalla giurisprudenza, inquanto il titolo civilistico per cui esso risulta assegnato all’enteè esclusivamente l’utilizzazione per un aumento di capitale.(...) Non si tratta di riserva con uno speciale vincolo di destina-zione in quanto manca, della riserva, la sua preordinata idonei-tà a soddisfare un interesse sociale tout court”. Nei medesimitermini cfr. G.A.M. Trimarchi, Le riduzioni del capitale sociale,Notariato e nuovo diritto societario, Collana diretta da G. Lauri-ni, 2010, Milano, 219. Proseguendo il ragionamento sull’ulte-riore problema della proporzionalità degli apporti, il ConsiglioNazionale del Notariato nello studio cit. precisa: “Segnata lacircostanza per cui gli apporti a fondo perduto sono cosa bendiversa dai versamenti in conto aumento di capitale o in contofuturo aumento di capitale, e condivisa l’idea per cui questi ul-timi rappresentano non riserve tout court ma anticipazioni disottoscrizione in sede di inversione del tipico procedimento diaumento di capitale, è evidente che il problema della propor-zionalità alle quote di partecipazione al capitale sociale siaquestione relativa a queste ultime e non di certo ai primi. In al-tri termini, le anticipazioni di sottoscrizione devono essere pro-porzionali alle partecipazioni sociali ed in ogni caso devono se-guire le regole proprie delle sottoscrizioni, in quanto non vi so-no ragioni per ritenere derogato il sistema di sottoscrizionenell’ipotesi di inversione dell’ordine degli elementi della fatti-specie.”. Così anche G.A.M. Trimarchi, Le riduzioni del capitalesociale, Notariato e nuovo diritto societario, Collana diretta daG. Laurini, Milano, 2010, Milano, 222 ss.

    (12) Si veda nt. precedente.(13) Si veda, in proposito, Cass. 14 aprile 2006, n. 8876, in

    Foro it., 2007, 11, I, 3217.(14) Per A. Busani, Massimario delle operazioni societarie,

    Atto costitutivo, statuto e assemblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., coo-

    perative, consorzi, società di persone - Aumento e riduzione delcapitale sociale - Fusione - Scissione - Trasformazione - Liquida-zione, Milano, 2015, 932 “Se il socio esegue un apporto inconto futuro aumento di capitale anche senza che nulla sia in-dicato quanto al termine entro il quale la deliberazione di au-mento del capitale sociale debba essere assunta, va da sé chesocio e società possano stabilire successivamente detto termi-ne e che, in mancanza, il socio possa sempre chiedere al giu-dice che detto termine sia fissato ex art. 1183 c.c.”. Così an-che il Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n.99-2011/I, Le modificazioni del capitale nominale senza modifi-cazione del patrimonio netto - (parte prima), in CNN Notizie del22 giugno 2011. Ciò detto, si è anche ritenuto di interpretarela mancata attivazione del socio per la restituzione comeespressione del sopravvenuto intento di “convertire” i versa-menti in parola in “versamenti in conto capitale” cfr. Cass. 14aprile 2006, n. 8876, in Foro it., 2007, I, 3217 con note di C.Giorgiantonio. Sul punto si veda anche Cass. 19 marzo 1996,n. 2314, in Pluris, la quale ha precisato che “ove, la previsionedel futuro aumento del capitale nominale, cui il versamentodovrebbe essere condizionato, sia solo generica - e quindi pri-va di ogni indicazione della data, o almeno dell’epoca, entro laquale l’ipotizzata condizione dovrebbe verificarsi - s’impone lascelta tra due soluzioni alternative: o si dovrà interpretativa-mente ritenere che, per il fatto stesso di non aver fissato alcu-na indicazione temporale, le parti abbiano in realtà inteso la-sciare comunque le somme versate dal socio nella piena di-sponibilità della società e che, quindi, il riferimento al futuroaumento di capitale non valga a configurare una condizione ri-solutiva del conferimento ma serva solo a ribadire la possibilitàche la società adoperi in tal senso la relativa riserva; oppure sidovrà far ricorso, in via analogica, alla disposizione dell’art.1183 c.c., ed ammettere che il socio possa chiedere al giudicela fissazione di un termine entro il quale la società sia tenuta ariunire l’assemblea per decidere in ordine all’ipotizzato aumen-to del capitale nominale, così da provocare l’avveramento o ilmancato avveramento della condizione cui il conferimento è ri-solutivamente condizionato”. La S.C. nella sentenza testé cita-ta precisa altresì che “ogni qual volta il materiale probatorio of-ferto all’esame del giudice non consenta di pervenire in propo-sito a conclusioni sicure, sarà giocoforza respingere la doman-da di restituzione proposta dal socio (...) è principio generalequello per il quale compete all’attore fornire la dimostrazionedel titolo in base al quale egli avanza la propria pretesa”.

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    Tanto premesso e considerata la diversa disciplinagiuridica applicabile alle singole fattispecie citate,risulta di primaria importanza l’attività ermeneuti-ca volta a stabilire la natura dell’apporto reso divolta in volta dal socio. Sebbene i confini dellefattispecie possano dirsi in astratto piuttosto defini-ti, spesso risulta difficile distinguere - in concreto -fra le varie forme di apporti finanziari (15).Orbene, sul punto si è evidenziato (16) che “al fi-ne di stabilire se i versamenti di somme di denaroeseguiti dal socio alla società (...) possano rite-nersi effettuati per un titolo che ne giustifichi larestituzione al di fuori della ipotesi di liquidazio-ne, occorre accertare, secondo le regole interpre-tative della volontà negoziale dettate dalla legge,quale sia stata la reale intenzione delle parti trale quali il rapporto si è instaurato, verificando setra esse sia intercorso un rapporto di finanziamen-to inquadrabile nello schema del mutuo (o in al-tro titolo idoneo a giustificare la pretesa restituto-ria), oppure se i versamenti stessi costituiscanoapporti finanziari che si aggiungono a quelli rap-presentati dai conferimenti imputabili alla origi-naria costituzione della società o al successivo au-mento del capitale sociale, traducendosi quindiin incrementi del patrimonio netto della società(...)”.

    In termini astratti può dirsi che l’elemento discri-minante per distinguere tra finanziamenti e apportispontanei stia nella ricorrenza o meno dell’obbligorestitutorio; ci si troverà dinnanzi ad un prestitoquando emerga espressamente, o per fatti conclu-denti, l’intento della rimborsabilità e viceversa diconferimenti in senso ampio in tutti gli altri ca-si (17).Sul punto è stato anche osservato che “in ossequioai principi generali in tema di riparto dell’oneredella prova, grava sul socio istante l’onere di dimo-strare la volontà concorde delle parti del rapportodi conferimento circa l’apposizione della cennatacondizione risolutiva” (18).Pertanto, una volta raggiunto il ragionevole con-vincimento che l’apporto reso dal socio sia statoeffettuato a titolo di capitale di rischio (i.e., co-me nel caso di versamenti in conto futuro aumen-to di capitale) e non a titolo di mutuo (i.e., comenel caso dei finanziamenti), la più recente giuri-sprudenza in tema di restituzione dei versamentiin conto futuro aumento capitale stabilisce che“il diritto alla restituzione delle somme erogate,prima e al di fuori del procedimento di liquidazio-ne della società, sussiste solo qualora il conferi-mento sia stato risolutivamente condizionato allamancata successiva deliberazione assembleare diaumento del capitale nominale della società e la

    (15) Così anche M. Prestipino, Diritto al rimborso e poster-gazione nella disciplina dei finanziamenti dei soci, in Quaderni diGiur. Comm., n. 387, 2015, 16: “La distinzione tra le due fatti-specie, seppur in astratto molto netta, non sempre è facile dacogliere quando dall’analisi delle categorie concettuali si passaall’applicazione delle stesse ai casi concreti.”.

    (16) Vd. Cass. 21 maggio 2002, n. 7427, in Arch. civ., 2003,339; ma nello stesso si vedano anche Trib. Roma 3 febbraio2015, n. 5739, in www.ilsocietario.it; Cass. 6 luglio 2001, n.9209, in questa Rivista, 2001, 1345 ss. (la quale evidenzia che“L’accoglimento della domanda con la quale il socio di una so-cietà di capitali chieda la condanna della società a restituirglila somma da lui in precedenza versate alla società medesimarichiede la prova che detto versamento sia stato eseguito perun titolo che giustifichi la pretesa di restituzione: prova che de-ve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale ilversamento è stato registrato nelle scritture contabili della so-cietà, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è sta-to attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare es-sere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi”); Cass. 29 lu-glio 2015, n. 16049, in Pluris, secondo cui nell’interpretazionedella volontà delle parti si deve utilizzare “l’accortezza, attesala frequenza dell’uso, spesso a fini tributari, di termini non inte-si nel loro significato tecnico-giuridico, che è necessario nonarrestarsi alla mera denominazione adoperata nelle scritturecontabili della società, per volgere invece l’attenzione soprat-tutto al modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto,alle finalità pratiche cui esso appare essere diretto ed agli inte-ressi che vi sono sottesi”; e Cass. 19 marzo 1996, n. 2314, Plu-ris e in Riv. dir. comm., 1996, II, 329. Nello stesso senso si ve-da in dottrina G. Tantini, I versamenti dei soci alla società inTrattato delle società per azioni, 1***, diretto da G.E. Colombo -G.B. Portale, Torino, 2004, 773 ss. e P. Abbadessa, Il problema

    dei prestiti dei soci nella società di capitali: una proposta di solu-zione, in Giur. comm., 1988, I, 509 che riduce a due il numerodelle circostanze che, se ricorrono, sono decisive per qualifica-re quali autentici conferimenti di patrimonio quegli apporti cheall’apparenza si manifestano invece come semplici prestiti; talicircostanza sono secondo l’Autore: “a) il carattere durevoledella disponibilità in tal modo assicurata; b) l’agire del finanzia-tore uti socius”.

    (17) Cfr. A. Busani, Massimario delle operazioni societarie,Atto costitutivo, statuto e assemblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., coo-perative, consorzi, società di persone - Aumento e riduzione delcapitale sociale - Fusione - Scissione - Trasformazione - Liquida-zione, Milano, 2015, 223 “L’elemento discriminante va indivi-duato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione dellesomme versate”; G.A.M. Trimarchi, L’aumento del capitale so-ciale, Notariato e nuovo diritto societario, Collana diretta da G.Laurini, 2007, Milano, 72, il quale ritiene che il dilemma versa-menti/finanziamenti “presupponga una corretta attività inter-pretativa della volontà delle parti (rectius socio - società), nelsenso che ove emerga una volontà diretta alla restituzione, sideve considerare realizzato l’intento di porre in essere un fi-nanziamento in luogo di un versamento”. Così anche M. Pre-stipino, Diritto al rimborso e postergazione nella disciplina dei fi-nanziamenti dei soci, in Quaderni di Giur. Comm., n. 387, 2015,5: “l’assenza di un diritto al rimborso dell’apporto rappresenta(...) l’elemento tipologico che differenzia i versamenti in contocapitale dai prestiti dei soci”. In senso contrario si veda laApp. Milano 16 febbraio 2009, in Pluris e in Giur. mer., 4, 1018secondo cui in mancanza di una imputazione espressa il versa-mento del socio costituisce “un finanziamento rimborsabile enon un versamento soci in c/capitale”.

    (18) Vd. Trib. Roma 3 febbraio 2015, n. 5739, in www.ilso-cietario.it.

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    delibera in questione non sia intervenuta entro iltermine convenuto dalle parti o fissato dal giudi-ce” (19).

    I finanziamenti soci di cui all’art. 2467 c.c.(e all’art. 2497 quinques c.c.)

    Senza alcuna pretesa di approfondire qui un tematanto complesso e ricco di implicazioni sistemati-che si ritiene comunque opportuno, seppur breve-mente, fare il punto su quelli che sono i “finanzia-menti dei soci” richiamati dall’art. 2467 c.c. nel-l’ambito delle società a responsabilità limitata. Edinvero, nonostante l’uso della locuzione “finanzia-mento dei soci”, la previsione contenuta nell’art.2467 c.c. ha una portata più ristretta di quelloche si potrebbe prima facie ritenere (20); il precet-to normativo de quo non si riferisce a tutti i finan-ziamenti dei soci (o comunque di chi era socio altempo del prestito (21)) ma solo alla figura deiquei prestiti cd. anomali ovvero ai finanziamenti

    che si manifestano come surrogati di apporti alcapitale; ciò al fine di porre rimedio alle tipiche(soprattutto nelle società di capitali cc.dd. chiuseo a struttura familiare) situazioni di sottocapitaliz-zazione cd. nominale (22). La scelta del legislatoreper individuare i prestiti cd. anomali non è stataquella di misurare gli stessi alla luce di parametrioggettivi bensì quella di valutare i finanziamentisulla scorta di una valutazione complessiva dellasituazione patrimoniale e finanziaria dell’impresanel momento storico in cui il finanziamento è sta-to concesso volta a verificare la presenza o meno(i) di un eccessivo squilibrio di indebitamento ri-spetto al patrimonio netto o (ii) di una situazionefinanziaria in cui sarebbe stato ragionevole unconferimento (23).Ciò premesso la norma non è di facile interpreta-zione e si presta ad orientamenti interpretativicontrastanti. La disciplina di cui all’art. 2467 c.c.per alcuna dottrina (24) e la più recente giurispru-

    (19) Cfr. ancora Trib. Roma 3 febbraio 2015, n. 5739, inwww.ilsocietario.it.

    (20) Sulla nozione di finanziamento rilevante ai fini dell’ap-plicazione dell’art. 2467 c.c. si rinvia a M. Prestipino, Diritto alrimborso e postergazione nella disciplina dei finanziamenti deisoci, in Quaderni di Giur. Comm., n. 387, 2015, 59 ss.

    (21) Ed invero, la qualificazione giuridica del finanziamen-to come “anomalo” risulta cristallizzata al momento di perfe-zionamento della operazione di finanziamento. Per questaragione, l’eventuale cessione del credito ad un terzo o la per-dita della qualità di socio in un momento successivo allaconcessione del prestito medesimo, non priva il finanzia-mento della natura anomala e non permette al creditore disottrarsi alla subordinazione eccependo il sopravvenuto di-fetto di posizione organizzativa all’interno della società. Sulpunto si segnala l’adozione del presente principio anche daparte dell’App. Milano nella sent. 29 febbraio 2016, n. 795che alla data di pubblicazione del presente articolo risultaessere inedita. Così M. Prestipino, Diritto al rimborso e po-stergazione nella disciplina dei finanziamenti dei soci, in Qua-derni di Giur. Comm., n. 387, 2015, 93 ss., M. Innocenti,Commento all’art. 2467 c.c., in Codice commentato delle so-cietà, a cura di N. Abriani - M.S. Richter, Torino, 2010, 1831e nello stesso senso G. Balp, Commento all’art. 2467 c.c., inCommentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchet-ti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Società a responsabi-lità limitata, a cura di L. A. Bianchi, Artt. 2462-2483 c.c., Mi-lano, 2008, 302. In senso del tutto analogo si segnala poi ilTrib. Milano 6 febbraio 2015, n. 1658 in Eutekne, Società eContratti, Bilancio e Revisione, n. 5, 2015, 136 ss.: “La po-stergazione si atteggia come ‘qualità intrinseca’ dei creditidei consociati insorti in determinate circostanze, e non puòfondatamente sostenersi che l’uscita dalla compagine socia-le del socio finanziatore posse comportare l’automatica di-sapplicazione dell’art. 2467 c.c. alle somme da questo ero-gate alla società.”. Viceversa il finanziamento del terzo nonsubirà, salvo la prova dell’interposizione fittizia o del negozioin frode alla legge, alterazione del regime di rimborso qualo-ra il terzo dovesse divenire socio - cfr. G. Balp, Commento al-l’art. 2467 c.c., in Commentario alla riforma delle società, di-retto da P. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari,Società a responsabilità limitata, a cura di L. A. Bianchi, Artt.2462-2483 c.c., Milano, 2008, 302 e così anche M. Innocen-

    ti, Commento all’art. 2467 c.c., in N. Abriani - M.S. Richter (acura di), Codice commentato delle società, Torino, 2010,1831.

    (22) Cfr. U. Tombari, “Apporti spontanei” e “prestiti” dei socinelle società di capitali, in Il nuovo diritto delle società, Liberamicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa -G.B. Portale, I, Torino, 2006, 567.

    (23) Cfr. T. Tomasi, Commento art. 2467 c.c., in Commenta-rio breve al Diritto delle Società, Diretto da A. Maffei Alberti, IIIed., Padova, 2015, 1303. Sulle modalità in cui in concreto ope-ra la postergazione si registrano due orientamenti contrappo-sti: secondo un primo orientamento la postergazione di cui al-l’art. 2467 c.c. è destinata a produrre effetto esclusivamenteall’interno di un concorso esecutivo secondo un altro e mag-gioritario orientamento invece la postergazione produce effettianche al di fuori delle procedure concorsuali. Così A. Busani,Massimario delle operazioni societarie, Atto costitutivo, statuto eassemblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., cooperative, consorzi, societàdi persone - Aumento e riduzione del capitale sociale - Fusione -Scissione - Trasformazione - Liquidazione, Milano, 2015, 988.Per una ricostruzione degli orientamenti che si registrano sultema si rinvia a M. Innocenti, Commento all’art. 2467 c.c., inCodice commentato delle società, a cura di N. Abriani - M.S.Richter, Torino, 2010, 1831. Pacifica invece la rimborsabilitàda parte dell’organo amministrativo quando coesistono le se-guenti condizioni: (i) il venire meno dell’originario presuppostoqualificante (situazione finanziaria squilibrata) e (ii) l’irrilevanzadel rimborso del credito postergato rispetto alla capacità dellasocietà di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni neiconfronti degli altri creditori. In questi termini si veda A. Busa-ni, Massimario delle operazioni societarie, Atto costitutivo, statu-to e assemblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., cooperative, consorzi, so-cietà di persone - Aumento e riduzione del capitale sociale - Fu-sione - Scissione - Trasformazione - Liquidazione, Milano, 2015,987. Critica invece i criteri dell’eccessivo squilibrio e della ra-gionevolezza R. Calderazzi, in Le operazioni di finanziamento al-le imprese - Strumenti giuridici e prassi, Torino, 2008, 530 ss.facendo propria la tesi per cui detti criteri hanno un significatosufficientemente definito solo nei sistemi di common law men-tre non ne hanno uno altrettanto sicuro nel sistema di civil lawqual è quello italiano.

    (24) In questo senso si vedano ex plurimis A. Busani, Massi-mario delle operazioni societarie, Atto costitutivo, statuto e as-

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    denza (25) ha infatti valenza generale e transtipicae viene dunque considerata applicabile analogica-mente a tutte le società di capitali e ciò almeno intutti i casi in cui il socio possa ritenersi informatoe allo stesso tempo partecipe alle decisioni ed inparticolare a quelle che concernono il “finanzia-mento” dell’impresa. Alcuni autori che propendo-no per un’estensione analogica dell’art. 2467 c.c.trovano conforto nella lettera dell’art. 2497 quin-quies c.c. dov’è proprio lo stesso legislatore a rico-noscere, seppure all’interno di un gruppo, la possi-bilità di una postergazione e revoca dei finanzia-menti erogati dai soci di S.p.a. (26).

    Per altri (27), invece, l’interrogativo circa l’appli-cabilità analogica della disciplina in esame ai fi-nanziamenti dei soci di società per azioni meritauna risposta negativa.Da quanto sopra anticipato, pur prescindendo dal-l’adozione o meno di un orientamento piuttostoche un altro, si capisce che l’esigenza cui il legisla-tore della riforma del 2003 ha inteso far fronte èquella di ristabilire un equilibrio finanziario (alme-no nelle S.r.l. e nei gruppi di cui agli artt. 2497 ss.c.c.), ovvero una proporzione fra capitale socialenominale e l’attività svolta dall’impresa organizzatain forma societaria; ciò per evitare il rischio conna-

    semblee di S.p.A., S.r.l., S.t.p., cooperative, consorzi, società dipersone - Aumento e riduzione del capitale sociale - Fusione -Scissione - Trasformazione - Liquidazione, Milano, 2015, 224che afferma come l’applicazione della disciplina prevista dal-l’art. 2467 c.c. si possa prospettare anche alle S.p.A. con ri-stretta base azionaria, M. Innocenti, Commento all’art. 2467c.c., in N. Abriani - M.S. Richter (a cura di), Codice commenta-to delle società, Torino, 2010, 1833, U. Tombari, “Apporti spon-tanei” e “prestiti” dei soci nelle società di capitali, in Il nuovo di-ritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, di-retto da P. Abbadessa - G.B. Portale, I, Torino, 2006, 563 eG.B. Portale, I “finanziamenti” dei soci nelle società di capitali,in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 681 il quale ritiene che il te-sto dell’art. 2467 c.c. sia “espressione di principi generali di di-ritto dell’impresa, che affermano la responsabilità per il suocorretto finanziamento, tanto da potere valere non solo per lesocietà di capitali, ma persino per le società di persone (addi-rittura, per i prestiti di soci che rispondono personalmente)”.Parimenti M. Prestipino, Diritto al rimborso e postergazione nel-la disciplina dei finanziamenti dei soci, in Quaderni di Giur.Comm., n. 387, 2015, 31 e 173 che propende per un’estensio-ne analogica dell’art. 2467 c.c. da valutarsi - in modo assoluta-mente condivisibile per chi scrive - caso per caso tenendo con-to del ruolo che in concreto riveste il socio finanziatore nel-l’ambito della gestione della società finanziata: “Se il socio èun mero investitore la norma non dovrà trovare applicazione,dato che sarebbe irragionevole ed iniquo far ricadere le conse-guenze della postergazione su di un soggetto non in grado nédi influire sulle scelte di finanziamento della società né di assu-mere informazioni in merito alla situazione patrimoniale e fi-nanziaria della stessa. Al contrario se il socio di S.p.A. è defini-bile quale socio imprenditore, attivamente coinvolto nella ge-stione e adeguatamente informato sulla stessa, la postergazio-ne del finanziamento è perfettamente coerente con il ruoloche il finanziatore di fatto riveste all’interno della compaginesociale.”. A favore dell’applicazione analogica si vedano ancheTrib. Venezia 8 marzo 2011, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, II,con commento di G. Balp, Questioni di tema di postergazioneex art. 2467 e 2497-quinquies c.c., 234 e ss. e in Fall., 11, 2011con commento di N. Abriani, Finanziamenti “anomali” e poster-gazione: sui presupposti di applicazione dell’art. 2467, 1353 ss.secondo cui: “La regola della postergazione enunciata dall’art.2467 c.c. non costituisce una norma di carattere eccezionale mal’espressione di un principio generale posto a presidio del corret-to finanziamento della società finanziata; essa è pertanto appli-cabile anche ai finanziamenti effettuati a favore di S.p.a. a baseazionaria ristretta da parte di azionisti partecipi dell’attività eco-nomica e coinvolti nella gestione, assimilabili come tali ai socidella S.r.l.”, Trib. Venezia 10 febbraio 2011, decr., in www.ilca-so.it e Trib. Pistoia (8-)21 dicembre 2008, in Fall., 7, 2009, 799.In senso contrario si veda invece Cass. 24 luglio 2007, n.16393, in Pluris, ove il giudice di legittimità (seppure in via inci-dentale) sembra prediligere un’interpretazione restrittiva del-

    l’art. 2467 c.c.(25) Cfr. Cass. 7 luglio 2015, n. 14056, in questa Rivista, 5,

    2016, 543 ss. con commento di G. Bei - F. Biggini che affermache “La ratio del principio di postergazione del rimborso del fi-nanziamento dei soci posto dall’art. 2467 c.c. per le società aresponsabilità limitata (...) è compatibile anche con altre formesocietarie, come desumibile dall’art. 2497 quinquies c.c., chene estende l’applicabilità ai finanziamenti effettuati in favore diqualsiasi società da parte di chi vi eserciti attività di direzione ecoordinamento; pertanto, con specifico riferimento alle societàper azioni, occorre valutare in concreto se la stessa, per le suemodeste dimensioni o per l’assetto dei rapporti sociali (compa-gine familiare o, comunque, ristretta), sia idonea a giustificarel’applicazione della menzionata disposizione.”.

    (26) Cfr. T. Tomasi, Commento art. 2467 c.c., in Commenta-rio breve al Diritto delle Società, Diretto da A. Maffei Alberti, IIIed., Padova, 2015, 1304.

    (27) Ex multis cfr. G. Balp, Commento all’art. 2467 c.c., inCommentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti -L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Società a responsabilità li-mitata, a cura di L. A. Bianchi, Artt. 2462-2483 c.c., Milano,2008, 302 che ritiene che la sussistenza dell’analogia vada ve-rificata in una prospettiva restrittiva sulla scorta di tre conside-razioni: l’Autrice in primis osserva come “l’art. 2497-quinques,nel quale il superamento del vincolo della forma si spiega soloin ragione della soggezione a direzione unitaria, nemmenoavrebbe ragione di esistere se la disciplina dei ‘finanziamenti’s’intendesse applicabile alla società per azioni estranea algruppo”, in secondo luogo, rileva come non possa trascurarsi“che l’assenza di ogni disposizione sui finanziamenti dei socinella disciplina delle società per azioni ‘non di gruppo’ trovauna ragione nella differente qualità ed estensione dello stru-mentario di diritti sociali riconosciuti nei diversi tipi capitalisti-ci” e infine ravvisa “una conferma della tesi tendente a nonconsentire un indiscriminato ampliamento dell’ambito di appli-cazione dell’art. 2467 oltre il tipo della S.r.l. (...) nella circostan-za che la norma colpisce tutti i finanziatori, indipendentementedal ‘peso’ individuale all’interno della società: una circostanzache può apparire razionale nella società a responsabilità limita-ta, considerata la posizione centrale del socio nell’organizza-zione collettiva, ma non nella società per azioni” e A. Postiglio-ne, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci d S.r.l.: dubbiinterpretativi e limiti applicativi, in questa Rivista, n. 8, 2007,938 secondo cui l’applicazione in via analogica non è percorri-bile in considerazione dell’espressa delimitazione tipologica.Anche altri autori escludono poi un’applicazione estensiva del-l’art. 2467 c.c. alle S.p.A. facendo leva sul dato letterale dellanorma e sul fatto che si tratta di una noma eccezionale cfr. G.de Ferra, La postergazione del credito del socio finanziatore, inG. Comm., 2010, 187 ss., G. C. M. Rivolta, La società per azionie l’esercizio di piccole e medie imprese, in Riv. Società, 2009,653 ss. che predilige un’interpretazione restrittiva sulla basedella “mancanza, in capo all’azionista, di quegli ampi poteri di

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    turato alla gestione di un’impresa di distribuire pro-prie risorse ai suoi soci che hanno finanziato la so-cietà in momenti di difficoltà prima che siano sod-disfatti creditori esterni alla società (28).La soluzione fatta propria dalla norma è quella cheil rimborso dei finanziamenti anomali dei soci siapostergato alla soddisfazione degli altri creditori. Danotare che la postergazione legale non incide sullanatura del finanziamento che è e rimane sempre de-bito per la società e non subisce una riqualificazionecoattiva in conferimento o in versamento e dunquein poste del patrimonio netto. Quello che il finan-ziamento anomalo dei soci subisce è una alterazione(imposta) del regime di rimborso del credito che di-viene postergato. In altre parole la restituzione delfinanziamento anomalo rimane condizionata a de-terminate circostanze previste ex lege. In definitiva,i finanziamenti anomali dei soci potranno essere sìrimborsati ma a condizione che l’organo ammini-strativo riscontri positivamente e preventivamentedue circostanze: da un lato dovrà essere accertato ilvenir meno della situazione di squilibrio patrimo-niale che ha reso anomali i prestiti e, dall’altro lato,dovrà essere accertata l’assoluta irrilevanza del rim-borso del credito postergato rispetto alla capacitàdella società di far fronte regolarmente alle proprieobbligazioni nei confronti degli altri creditori (29).

    La natura dei versamenti in conto futuroaumento capitale

    A questo punto ci pare interessante approfondire unaltro tema dalle conseguenze fondamentali per lasocietà e per il socio che ha effettuato il versamento

    ovvero l’impattabilità del versamento da parte delleeventuali perdite maturate dalla società.Anzitutto bisogna chiedersi come detti apportidebbano essere iscritti in bilancio.Secondo una prima, legittima e forse preferibile,impostazione contabile i versamenti in conto futu-ro aumento capitale dovrebbero essere consideraticome non restituibili. Ciò anche in conformità aquanto previsto al Principio Contabile OIC n. 28.Secondo questa impostazione i versamenti in contofuturo aumento capitale dovrebbero dunque essereappostati come riserve di capitale a patrimonionetto e come tali suscettibili di essere intaccati dal-le perdite (30).Secondo un altro orientamento detti versamentisarebbero invece restituibili.Due sono i ragionamenti che portano a questa con-clusione. Secondo un primo orientamento i versa-menti in conto futuro aumento capitale sarebberorestituibili perché appostati al passivo reale (e dun-que nelle voci di debito). Per altri, detti apporti sa-rebbero restituibili, sebbene iscritti al passivo idealeovvero al patrimonio netto, in quanto costituisconopur sempre una riserva di capitale anche se sottopo-sta alla condizione risolutiva della mancata assun-zione della delibera di aumento cui sono subordina-ti. Secondo quest’ultima impostazione i versamentiin conto futuro aumento capitale dovrebbero quindiessere iscritti nel patrimonio netto e non nei debitima, per via del precipuo vincolo di destinazione,non potrebbero fungere da baluardo a protezione delcapitale né potrebbero essere utilizzati per la coper-tura delle perdite, nemmeno contabilmente ai finidel calcolo ex artt. 2446 e 2447 c.c. (31).

    informazione e controllo che possono consentire al socio disocietà a responsabilità limitata di rendersi conto, al momentodel prestito, della situazione finanziaria della società”. Sul pun-to sembra assumere una posizione neutrale A. Ferrucci, Sull’a-naliticità o sinteticità del verbale, sugli effetti del mancato depo-sito dei titoli azionari, sulla natura dei versamenti in conto capita-le e sull’art. 2467 c.c., in Riv. not., 2009, 1065 ss. che in relazio-ne alle interpretazioni restrittive dell’applicabilità del 2467 c.c.afferma che queste impostazioni sono frutto di un’interpreta-zione strettamente letterale.

    (28) In questi termini T. Tomasi, Commento art. 2467 c.c., inCommentario breve al Diritto delle Società, Diretto da A. MaffeiAlberti, III ed., Padova, 2015, 1301.

    (29) Cfr. M. Innocenti, Commento all’art. 2467 c.c., in N.Abriani - M.S. Richter (a cura di), Codice commentato delle so-cietà, Torino, 2010, 1832.

    (30) Cfr. U. Tombari, “Apporti spontanei” e “prestiti” dei socinelle società di capitali, in Il nuovo diritto delle società, Liberamicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa -G.B. Portale, I, Torino, 2006, 574 secondo cui: “costituendoparte del netto patrimoniale, le riserve da “apporti spontanei”sono destinate ad essere intaccate dalle perdite.”. Così ancheG.E. Colombo, Il bilancio di esercizio, in Tratt. Colombo-Portale,7*, Torino, 1994, 509: “se eventi verificatisi successivamentealla data di riferimento del bilancio hanno incrementato il pas-sivo o ridotto l’attivo, il netto (differenza tra l’attivo e il passivo)

    si riduce; e si riduce automaticamente, non per effetto di un’i-potetica deliberazione assembleare: questa potrà solo consta-tare la riduzione”.

    (31) Come è noto, per determinare l’ammontare delle perdi-te sul capitale sociale, il confronto deve essere effettuato tra ilpatrimonio netto e il capitale della società. Cfr. per tutti R. No-bili - M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Tratt. Colombo,Portale, VI, Torino, 1993, 285. In linea con quella che è l’inter-pretazione prevalente e consolidata le perdite devono esseredeterminate al netto di tutte le riserve, facoltative, statutarie elegali, ad eccezione di quelle destinate alla copertura di un di-verso rischio o alla riserva per azioni proprie. Sul punto si vedaanche A. Postiglione, Commento dell’art. 2446 c.c., in N. Abria-ni - M. Stella Richter (a cura di), Codice commentato delle so-cietà, Artt. 2247-2483 c.c., Torino, 2010, 1692 che sulle riserveda escludere dal calcolo afferma: “Non assolve alla funzione ditutelare l’integrità del capitale sociale la riserva azioni proprie,che per sua natura, ha la funzione di compensare l’incrementodell’attivo patrimoniale registrato a seguito dell’iscrizione in bi-lancio di azioni proprie. Ed ancora, non assolvono a tale fun-zione le voci del patrimonio netto originate da contribuzionipubbliche, per lo meno per il periodo entro il quale la società èesposta al rischio di restituzione delle somme ottenute a segui-to dell’eventuale revoca del provvedimento di concessione del-l’agevolazione (...), oppure le riserve da condoni fiscali che si li-mitano a fare da contropartita a rettifiche di bilancio effettuate

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    Ciò detto, con precipuo riferimento alla impattabi-lità delle perdite o meno da detti apporti, c’è chirigorosamente ritiene che se questi ultimi sono sta-ti allocati quali riserve al patrimonio netto e dun-que utilizzati ad esempio per calcolare la situazionepatrimoniale ai fini di cui agli artt. 2446 e 2447c.c., anziché al passivo reale e dunque nell’ambitodelle voci di debito, sono senz’altro, oltre che “im-pattabili”, anche “impattati”. Sebbene questa siaevidentemente la soluzione più lineare del proble-ma, tale impostazione comporta anche rilevantissi-me conseguenze in termini di organizzazione del-l’investimento di ciascun socio.Ed invero, se davvero le riserve per versamenti inconto futuro aumento capitale fossero in tutto o in

    parte impattate dalle perdite registrate si correreb-be il rischio di addebitare le perdite solo a talunisoci (quelli che hanno effettuati i versamenti inconto futuro aumento capitale, avvantaggiando isoci che per scelta o impossibilità non hanno o inmisura non proporzionale alla quota detenuta e aiversamenti degli altri soci) (32). È bene ricordareinfatti che i versamenti in conto futuro aumentocapitale - sebbene trovino causa nell’affectio societa-tis, anziché in un interesse meramente creditorio -sono funzionalmente collegati alla sottoscrizionedel capitale sociale ed in essa soltanto trovano lapropria ragione giustificativa (33).In considerazione dunque, da un lato, di questipossibili effetti sperequati (34) e, dall’altro, della

    in base alla normativa fiscale, e non corrispondono all’effettivoapporto di mezzi da parte dei soci, a qualsivoglia titolo.”. Sulpunto corre l’obbligo di precisare che la rappresentazione inbilancio della titolarità di azioni proprie da parte della societàemittente ha avuto una radicale riforma per effetto del D.Lgs.n. 139/2015. Come ha avuto modo di specificare A. Busani,cfr. Azioni proprie, cambia la contabilità, in Lex 24 del 15 giugno2016: “Con la riforma varata dal D.Lgs. 139/2015, il legislatoreha inteso perseguire una rappresentazione più realistica delpatrimonio sociale in caso di acquisto di azioni proprie: venen-do la società emittente a essere titolare delle azioni emesse dasé medesima, invero essa drena proprie risorse in funzionedell’acquisto del proprio capitale sociale. In altro termini, spen-de soldi per comprare una parte di se stessa. Per evidenziarequesta situazione, la riforma impone di non rilevare più nell’at-tivo le azioni proprie, ma di considerarle ‘a diretta riduzione delpatrimonio netto’ (nuovo articolo 2424-bis c.c.) e di iscriverenel passivo una ‘riserva negativa’ a contro-bilanciamento delfatto che una parte delle riserve disponibili (le quali rimangonoiscritte al loro valore anteriore all’acquisto delle azioni proprie)viene appunto impiegata per comprare le azioni proprie. Se-condo il nuovo comma 3 dell’articolo 2357-ter, ‘l’acquisto diazioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto dieguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio diuna specifica voce, con segno negativo’. In pratica, con la ri-forma cambiano le scritture contabili da effettuare. Negli sche-mi pubblicati sulla destra, è riportato un esempio concreto.”.In questo contesto la recentissima Massima n. 145 del 17maggio 2016 del Consiglio Notarile di Milano recita: “In pre-senza della riserva negativa per azioni proprie in portafoglio dicui agli artt. 2357-ter, comma 3, e 2424-bis, comma 7, c.c.(‘Riserva Negativa Azioni Proprie’), gli utili distribuibili e le ri-serve disponibili utilizzati al momento dell’acquisto delle azioniproprie - ossia gli utili distribuibili e le riserve disponibili, corri-spondenti al prezzo di acquisto delle azioni proprie, la cui sus-sistenza al momento dell’acquisto delle azioni proprie ha con-sentito il rispetto del limite stabilito dall’art. 2357, comma 1,c.c. - rimangono iscritti in bilancio nel loro originario ammon-tare, salva ogni opportuna specificazione in nota integrativa(‘Riserve Utilizzate’). Tali Riserve Utilizzate, pur ancora iscrittein bilancio nel loro originario ammontare e con la loro origina-ria denominazione, non sono in realtà disponibili, per la partecorrispondente all’ammontare della Riserva Negativa AzioniProprie, al fine di: (i) distribuire dividendi ai soci; (ii) aumentareil capitale sociale a titolo gratuito; (iii) acquistare altre azioniproprie; (iv) coprire eventuali perdite; (v) calcolare il limitequantitativo di emissione di obbligazioni.”. Controverso invecese ai fini del calcolo della perdita si debba tener conto del cd.utile di periodo. La giurisprudenza sembra preferire optare perla soluzione negativa trattandosi di utile contabile non utilizza-bile per la distribuzione ai soci mentre in dottrina si è optato

    per la soluzione positiva. Sul punto cfr. A. Postiglione, Com-mento dell’art. 2446 c.c., in N. Abriani - M. Stella Richter (a cu-ra di), Codice commentato delle società, Artt. 2247-2483 c.c.,Torino, 2010, 1693 e la Massima n. 68 del 22 novembre 2005del Consiglio Notarile di Milano, Copertura delle perdite e rile-vanza degli “utili di periodo” (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.) così afferma: “L’abbattimento del capitale sociale perperdite può avere luogo solo previo utilizzo delle eventuali ri-serve, posto che, ove il capitale stesso fosse ridotto nonostan-te l’esistenza di altre voci di netto patrimoniale, si verserebbenella diversa fattispecie della riduzione di cui agli articoli 2445o 2482 c.c., e non in quella di riduzione per perdite. Tale esi-genza implica che l’utile di periodo (cioè il risultato di segnopositivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell’ulti-mo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannua-le) debba essere conteggiato ai fini della determinazione dellamisura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua man-cata considerazione determinerebbe riduzione del capitale.”.Peraltro, anche l’Organismo Italiano di Contabilità nel principioOIC n. 28, vers. agosto 2014, definisce il patrimonio netto co-me “la differenza tra le attività e le passività di bilancio. In altritermini, il patrimonio netto esprime la capacità della società disoddisfare i creditori e le obbligazioni ‘in via residuale’ attraver-so le attività. In tale accezione, il patrimonio netto individua il‘capitale di pieno rischio’, la cui remunerazione e il cui rimbor-so sono subordinati al prioritario soddisfacimento delle aspet-tative di remunerazione e rimborso del capitale di credito.”.

    (32) Per F. Magliulo, La natura dei versamenti in conto futuroaumento capitale, in Il Nuovo Diritto delle Società, n. 20, 2013,49 “ciò appare conforme ai principi generali in materia di con-dizione, secondo i quali ciascuna parte: ‘(...) deve, in pendenzadella condizione, comportarsi secondo buona fede per conser-vare integre le ragioni dell’altra parte’ (art. 1358 c.c.)”.

    (33) In questo senso i versamenti in conto futuro aumentodi capitale sono vincolati alla sottoscrizione di aumenti di capi-tale a pagamento da parte dei soci versanti. Sul punto si vedaanche Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle TreVenezie, Massima n. H.L.2, Versamenti in conto futuro aumen-to di capitale, 1° pubbl. 9/2007. I versamenti in conto capitalesono invece per definizione apporti con cui il socio non sotto-scrive una frazione del capitale né si vede attribuita una parte-cipazione in società - cfr. Cfr. M. Prestipino, Diritto al rimborsoe postergazione nella disciplina dei finanziamenti dei soci, inQuaderni di Giur. Comm., n. 387, 2015, 10.

    (34) Cfr. F. Magliulo, La natura dei versamenti in conto futuroaumento capitale, in Il Nuovo Diritto delle Società, n. 20, 2013,39 secondo il quale bisognerebbe conferire un adeguato rilievogiuridico alla non proporzionalità dei versamenti utilizzandoli inconformità alla causa economica dell’attribuzione. L’Autore siriferisce sia alla delibera di distribuzione delle riserve formatecon gli apporti fuori capitale di taluni soci che sull’incidenza

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    neutralità dell’operazione straordinaria di riduzionerispetto alla posizione dei creditori (35) si ritieneche possano esserci altre possibilità interpretativeche meglio tutelino gli interessi dei soci (che han-no effettuato i versamenti in conto futuro aumen-to). Non si tratta infatti di assicurare agli stessi undiritto alla restituzione di somme oramai definiti-vamente acquisite a patrimonio netto ma solo diassicurare a quei soci che hanno effettuato dei ver-samenti in conto futuro aumento di capitale dinon subire le conseguenze di una scelta che li col-loca al di fuori dalle garanzie proprie dell’investi-mento di rischio organizzato in capitale e quindi,in ultima analisi, di poter convertire quegli apportida riserve a vero e proprio capitale sociale, con ciòassicurandogli ad esempio il mantenimento dellapropria percentuale di partecipazione (36).

    Alcune riflessioni conclusive

    Limitandosi in questa sede ad alcune sommarie con-siderazioni, sembra potersi affermare che dalla quali-ficazione di un apporto come debito o quasi-equity,derivano fondamentali differenze per società e per isoci che hanno latu sensu finanziato l’impresa ovveroche hanno dotato la società delle risorse necessarieper lo svolgimento della propria attività gestionale.Con riferimento all’art. 2467 c.c. è auspicabile unintervento del legislatore che chiarisca la possibili-tà o meno di applicare analogicamente l’art. 2467c.c. alle S.p.a. cc.dd. monadi, eventualmente an-che ancorando l’interpretazione dei singoli casi aparametri oggettivi. Solo in tal modo sarebbe pos-sibile delimitare gli ampi margini di incertezza econseguentemente l’indebolimento delle tutele

    dell’integrità patrimoniale della S.p.a. e in ultimaanalisi delle ragioni dei creditori delle stessa.In termini generali non si può infatti non conveni-re che anche nei temi qui trattati la complessitàdelle norme (37) e la varietà delle situazioni prati-che che le prime dovrebbero disciplinare hannoimpegnato e continuano a impegnare dottrina egiurisprudenza in intense riflessioni e tesi, tuttemolto persuasive, che spesso però finiscono perconfliggere fra loro. Un intervento normativo chechiarisse i punti dubbi si manifesterebbe dunqueauspicabile, da un lato, ma è vero anche che ri-schierebbe, dall’altro, di complicare maggiormenteuna disciplina sempre più frammentata e stratifica-ta contraddistinta da un mix di norme primarie, re-golamentari e di autoregolamentazioneQuanto ai versamenti in conto aumento e in contofuturo aumento capitale si sono viste le moltepliciteorie che assicurano il merito creditizio dell’impre-sa societaria (meglio garantita dall’utilizzo di mezzipropri e quindi di apporti di patrimonio, piuttostoche dall’afflusso di somme derivanti da prestiti condiritto al rimborso). Purtuttavia si ritiene necessariotenere a mente quelli che sono gli interessi dei sociche magari hanno sostenuto una società in un mo-mento di crisi e al rapporto di proporzionalità chedovrebbe sussistere tra conferimento-partecipazione.Anche qui, al fine di ovviare ad interpretazioniche finiscano con il generare risultati incongrui econferire adeguato rilievo giuridico alla non pro-porzionalità degli apporti, è auspicabile un inter-vento del legislatore che faccia chiarezza sui temidelle attribuzioni dei soci “fuori capitale” discipli-nandone l’utilizzo in conformità alla causa econo-mica dell’attribuzione.

    delle perdite. Sul quest’ultimo punto afferma: “Un’indiscrimi-nata incidenza delle perdite su tali riserve condurrebbe, infatti,ancora una volta a privilegiare indebitamente i soci che nonabbino effettuato alcun versamento o abbiano versato in misu-ra inferiore rispetto alla loro partecipazione al capitale sociale.Costoro, infatti, vedrebbero ripianate le perdite in tutto o inparte mediante contribuzioni effettuate da alcuni soltanto deisoci, beneficiando della conseguente mancata diminuzione delvalore della propria partecipazione in dipendenza delle perdi-te”. Per far fronte a questo possibile disequilibrio in dottrina siè ipotizzato e sostenuta la postergazione delle riserve per ver-samenti in conto futuro aumento capitale ovvero l’utilizzo a co-pertura delle perdite in via subordinata a tutte le altre riservecompresa quella legale (così F. Magliulo, La natura dei versa-menti in conto futuro aumento capitale, in Il Nuovo Diritto delleSocietà, n. 20, 2013, 48). Purtuttavia a parere di chi scrive det-to correttivo non risolve la disparità di trattamento ma rischiadi atteggiarsi solo come un palliativo.

    (35) Le riduzioni di cui agli artt. 2446-2447 c.c. servono peradeguare il valore statutario del capitale sociale alle perditeprodotte, sono tradizionalmente qualificate come “nominali”.Ed invero, a causa della riduzione nominale non vi è alcunafuoriuscita di valori (presenti) dal patrimonio sociale. Tant’èche, come è stato correttamente segnalato, nelle situazioni di

    cui agli artt. 2446 e 2447 c.c., “non è stato previsto un mecca-nismo di consultazione, nemmeno sub specie di opposizione,dei creditori sociali” - cfr. M. Di Rienzo, Commento degli artt.2446 e 2447 c.c., in Commentario del Codice Civile, Diretto daE. Gabrielli, Delle società - Dell’azienda - Della concorrenza, acura di D.U. Santosuosso, artt. 2379-2451 c.c., Torino, 2015,1276.

    (36) Anche la fotografia del patrimonio netto ex artt. 2446-2447 c.c. sarebbe la medesima e evidenzierebbe sempre lostesso risultato. Dato che si tratta di operazioni straordinarie,ma solo nominali, non si ravvedono ragioni ostative a ritenereche nell’ambito di un aumento di capitale sociale in una situa-zione di 2446 c.c. si possano convertire i versamenti in contofuturo aumento in capitale. Ciò consentirebbe, nella piena neu-tralità dei terzi creditori, a quei soci che avessero sostenuto lasocietà in un periodo di crisi di vedersi almeno riconosciutauna proporzionale quota di capitale. Diversamente, i versa-menti in conto futuro aumento capitale sarebbero equiparati aversamenti a fondo perduto che in una società ad azionariatodiffuso o in una società quotata non hanno, almeno per chiscrive, alcuna giustificazione.

    (37) Cfr. C. M. Rivolta, La società per azioni e l’esercizio dipiccole e medie imprese, in Riv. Società, 2009, 653 ss. parla di“interventi legislativi di riparazione a getto continuo”.

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    Azioni di responsabilità

    Amministratore di fattoe liquidazione del danno risarcibilenell’azione di responsabilitàTribunale di Milano, Sez. impresa B, 2 agosto 2016 - Pres. E. Riva Crugnola - Fallimento WELLIT S.r.l. c. M. M., G. C. e F. P.

    Società - Società a responsabilità limitata - Azione di responsabilità contro gli amministratori - Amministratore di diritto -Amministratore di fatto - Responsabilità dell’amministratore di fatto - Prosecuzione indebita dell’attività da parte degliamministratori - Liquidazione equitativa del danno risarcibile - Criterio del deficit fallimentare

    (Cod. civ. artt. 2043, 2392, 2394, 2476, 2639; l.fall. art. 146)

    L’amministratore di fatto viene individuato sulla base delle funzioni concretamente svolte, in modo continua-tivo e significativo, all’interno della società e non deve necessariamente svolgere tutti i poteri di gestione, es-sendo sufficiente lo svolgimento anche solo di una parte apprezzabile di essi. In tema di determinazione deldanno nelle azioni di responsabilità contro gli organi sociali, l’attore ha l’onere di provare ed allegare gli spe-cifici inadempimenti lamentati ed il criterio del deficit fallimentare dovrà essere utilizzato in via residuale esolo come parametro di riferimento nel caso in cui l’attore sia impossibilitato a produrre prove adeguate.

    Il Tribunale (omissis).

    A seguito di dichiarazione di incompetenza del Tribu-nale di Busto Arsizio, il Fallimento Well It S.r.l., in per-sona del curatore dott. Roberto Riva, ha citato in giudi-zio innanzi al Tribunale di Milano:- M.M., quale amministratore unico della s.r.l. dal3.7.2001, data di costituzione della società, al 17.7.2008e- G. C., quale amministratore unico della società dal17.7.2008 sino alla dichiarazione di fallimento pronun-ciata con sentenza iscritta nel Registro delle impresel’1.7.2011, svolgendo nei loro confronti azione di re-sponsabilità ai sensi degli artt. 146 l.fall., 2476 c.c.,2392-2394 c.c., 2043 c.c.A sostegno delle proprie doglianze, il Fallimento attoreha denunciato:a) omessa redazione e omesso deposito dei bilanci d’e-sercizio dal 2007 e per tutti gli anni successivi;b) omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali perl’anno 2006 e per tutti gli anni successivi,- inadempimento quest’ultimo che ha dato luogo ad ac-certamento fiscale induttivo con emissione di cartellaesattoriale per euro 484.387,41 (docc. 3 e 4);c) tenuta irregolare dei libri sociali e delle scritture con-tabili della società;d) indicazione di attività totalmente e/o parzialmenteinesistenti per euro 1.232.640,00, riferibili ad un’opera-zione posta in essere con la Autotrasporti Perotti S.p.a.;

    e) prosecuzione dell’attività sociale dopo il verificarsi diuna causa di scioglimento e conseguente aggravio delpassivo fallimentare,- come dimostrato dalla ricostruzione rettificata degli ul-timi bilanci disponibili relativi agli esercizi 2005 e 2006(cfr. il prospetto a pagg. 12/15 della comparsa di rias-sunzione), dalla quale emerge la riduzione del capitalesociale al di sotto del minimo legale già a partire dal2005;f) violazione della par condicio creditorum, mediante cor-responsione al sig. M. di compensi per euro 177.400,00negli anni 2008 e 2009.Sulla scorta di tali ragioni, il Fallimento attore ha quin-di chiesto l’accertamento della responsabilità dei conve-nuti G. C. e M. M., - quest’ultimo non solo per il perio-do in cui ha ricoperto la carica di amministratore maanche per il periodo successivo dal 2008 fino al falli-mento, periodo in cui avrebbe proseguito di fatto nel-l’amministrazione e nella gestione della società, unita-mente all’amministratore subentrato G. C., e la lorocondanna in solido al risarcimento dei danni subiti dalFallimento, danni quantificati, vista l’impossibilità di ri-costruire la situazione economico-patrimoniale della so-cietà per la grave lacunosità delle scritture contabili,nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, pari adeuro 1.483.542,61, sottolineando che, in ogni caso, tuttii crediti ammessi al passivo sono sorti