Le nuove tecnologie dell’informazione per un’educazione di qualità

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Le nuove tecnologie dell’informazione per un’educazione di qualità Pier Cesare Rivoltella – Università Cattolica di Milano (in «Orientamenti pedagogici», 4 (286), luglio-agosto 2001, pp. 717-727) Nel 1948, il grande sociologo americano Harold Laswell propone un modello per l’analisi sociopolitica della comunicazione di massa 1 che diverrà poi celebre come modello delle 5 W della comunicazione. In quel modello, infatti, Laswell chiariva che per descrivere adeguatamente un fenomeno di comunicazione occorre rispondere a 5 domande che, nella lingua inglese, sono appunto introdotte da 5 W: chi (Who), dice cosa (What), attraverso quale canale (through Which channel), a chi (to Whom) e con quale effetto (with which effect)? Al di là dei pregi e difetti della proposta di Laswell (che ha il merito di indicare alla ricerca sui media, allora appena nata, due dei grandi temi su cui concentrarsi, e cioè gli effetti sulle audiences e i contenuti dei messaggi), a noi in questa sede interessa lo spunto metodologico che essa fornisce per l’analisi del problema che qui discutiamo, e cioè il rapporto tra qualità dell’educazione e introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione (NTI) nella scuola. Infatti, le 5 W di Lasswell tracciano un percorso che può essere benissimo il nostro: 1) chi, cioè quali attori, quali soggetti – a livello di risorse e professionalità coinvolte; 2) che cosa, cioè quali contenuti, quali percorsi, quali ipotesi curricolari; 3) attraverso quale canale, vale a dire con quali tecnologie, attraverso quali scelte organizzative; 4) a chi, cioè i destinatari dell’intervento nelle loro specifiche attribuzioni; 5) con quali effetti, con quali risultati auspicati. A queste cinque domande ne va fatta precedere un’altra che le rende possibili tutte e che costituisce il vero e proprio discrimine tra la scelta di implementare le NTI nella scuola e di tenerle fuori: perché? 1. Perché le tecnologie in scuola: il principio della significatività Senza riprendere analisi note sugli scenari e le prospettive di penetrazione sociale delle NTI 2 che concorrono a descrivere il nostro come un media climate o, con altra metafora altrettanto efficace, come una infosfera, è utile inquadrare le pedagogie implicite oggi diffuse che sorreggono la necessità dell’integrazione di queste tecnologie all’interno del processo educativo. Mi sembra si possano ricondurre a tre modelli: il modello adattivo. Di impostazione funzionalista, muovendo da una concettualizzazione dell’educazione come promozione dell’adattamento del soggetto all’ambiente, ritiene che nella misura in cui questo ambiente oggi è largamente mediatizzato la scuola non possa non farsi carico di “insegnare” i media e le tecnologie; il modello organizzativo. Di impostazione organizzativa, risente dell’appropriazione che delle nuove tecnologie è stata fatta dall’azienda prendendone a prestito temi e schemi di azione. La questione centrale, in questo caso, non è più quella di favorire 1 Harold LASWELL, The Structure and Function of Communication in Society, in L. BRYSON, (Ed.), The communication of Ideas, Harper, New York 1948. 2 Per un quadro chiaro di questo tipo di considerazioni, cfr. Roger FIDLER, Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Guerini & Associati, Milano 2000.

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Contributo apparso in «Orientamenti pedagogici», 4 (286), luglio-agosto 2001, pp. 717-727.

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Le nuove tecnologie dell’informazione per un’educazione di qualità Pier Cesare Rivoltella – Università Cattolica di Milano (in «Orientamenti pedagogici», 4 (286), luglio-agosto 2001, pp. 717-727) Nel 1948, il grande sociologo americano Harold Laswell propone un modello per l’analisi sociopolitica della comunicazione di massa1 che diverrà poi celebre come modello delle 5 W della comunicazione. In quel modello, infatti, Laswell chiariva che per descrivere adeguatamente un fenomeno di comunicazione occorre rispondere a 5 domande che, nella lingua inglese, sono appunto introdotte da 5 W: chi (Who), dice cosa (What), attraverso quale canale (through Which channel), a chi (to Whom) e con quale effetto (with which effect)? Al di là dei pregi e difetti della proposta di Laswell (che ha il merito di indicare alla ricerca sui media, allora appena nata, due dei grandi temi su cui concentrarsi, e cioè gli effetti sulle audiences e i contenuti dei messaggi), a noi in questa sede interessa lo spunto metodologico che essa fornisce per l’analisi del problema che qui discutiamo, e cioè il rapporto tra qualità dell’educazione e introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione (NTI) nella scuola. Infatti, le 5 W di Lasswell tracciano un percorso che può essere benissimo il nostro: 1) chi, cioè quali attori, quali soggetti – a livello di risorse e professionalità coinvolte; 2) che cosa, cioè quali contenuti, quali percorsi, quali ipotesi curricolari; 3) attraverso quale canale, vale a dire con quali tecnologie, attraverso quali scelte

organizzative; 4) a chi, cioè i destinatari dell’intervento nelle loro specifiche attribuzioni; 5) con quali effetti, con quali risultati auspicati. A queste cinque domande ne va fatta precedere un’altra che le rende possibili tutte e che costituisce il vero e proprio discrimine tra la scelta di implementare le NTI nella scuola e di tenerle fuori: perché? 1. Perché le tecnologie in scuola: il principio della significatività Senza riprendere analisi note sugli scenari e le prospettive di penetrazione sociale delle NTI2 che concorrono a descrivere il nostro come un media climate o, con altra metafora altrettanto efficace, come una infosfera, è utile inquadrare le pedagogie implicite oggi diffuse che sorreggono la necessità dell’integrazione di queste tecnologie all’interno del processo educativo. Mi sembra si possano ricondurre a tre modelli: il modello adattivo. Di impostazione funzionalista, muovendo da una

concettualizzazione dell’educazione come promozione dell’adattamento del soggetto all’ambiente, ritiene che nella misura in cui questo ambiente oggi è largamente mediatizzato la scuola non possa non farsi carico di “insegnare” i media e le tecnologie;

il modello organizzativo. Di impostazione organizzativa, risente dell’appropriazione che delle nuove tecnologie è stata fatta dall’azienda prendendone a prestito temi e schemi di azione. La questione centrale, in questo caso, non è più quella di favorire

1 Harold LASWELL, The Structure and Function of Communication in Society, in L. BRYSON, (Ed.), The communication of Ideas, Harper, New York 1948. 2 Per un quadro chiaro di questo tipo di considerazioni, cfr. Roger FIDLER, Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Guerini & Associati, Milano 2000.

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l’adattamento del ragazzo, ma di adeguare il sistema-scuola a interpretare e gestire il cambiamento;

il modello comunicativo. Dietro a questo modello agisce un background segnato dalla comunicazione di impresa e dal marketing. In questa prospettiva si tratta di costruire l’immagine dell’istituzione attraverso una adeguata strategia di comunicazione. Di questo processo le NTI costituiscono un nodo imprescindibile perché sostengono e comunicano le idee di novità, aggiornamento, efficacia di intervento.

Ciascuna di queste tre pedagogie disegna, di solito, strategie operative differenti. La scuola che si riconosce nel modello adattivo quasi sempre intende il lavoro con le NTI in termini alfabetici e strumentali: le NTI sono strumenti da saper utilizzare e compito della scuola è di insegnare ai ragazzi come servirsene (in analogia con quanto tradizionalmente si fa per il leggere e lo scrivere). Il modello organizzativo, invece, privilegia assolutamente la dotazione tecnica e le procedure: la scuola riconducibile a questo modello ha diverse aule di informatica, è cablata, predisposta per le videoconferenze, gestisce le pratiche burocratiche in Internet. Infine, la scuola che incarna il modello comunicativo avrà quasi sicuramente un sito Internet graficamente accattivante, partnerships con altre scuole europee, un posizionamento strategico delle NTI all’interno della sua offerta formativa. Come ben si capisce tutte queste ragioni sono ipotizzabili e di fatto presenti (spesso copresenti), ma non colgono la questione centrale e cioè quali siano le ragioni educative di fondo che debbono far optare per le tecnologie. Come osserva Calvani, «la tecnologia deve innanzitutto spingere a esplicitare sia il complesso di atteggiamenti tecno-didattici che possono entrare in gioco (quali sono i modelli didattici che riteniamo più significativi? Quali sono gli ambiti di maggior sinergia tra tecnologia, curricolo e clima didattico?) sia l’orizzonte formativo (quali sono le nuove finalità formative? Qual è il modello di scuola verso cui intendiamo andare?)»3. Il principio di fondo, come si capisce, è quello della significatività, che vuol dire chiedersi quale plusvalore possano garantire all’educazione queste tecnologie. Una questione che non riguarda (pur avendo inevitabilmente ricadute anche su questi aspetti) né solo l’organizzazione, né solo l’alfabetizzazione tecnologica, né solo il marketing, ma che salda strettamente l’impostazione del lavoro educativo con il tema della qualità. Infatti, pensare le NTI nella prospettiva della significatività vuol dire attribuire ad esse il valore di descrittore di qualità per la scuola. 2. Chi: le risorse umane Gli attori dell’educazione tecnologica devono essere pensati in prospettiva sistemica se si vuole che l’introduzione delle NTI sia realmente significativa e quindi ne tragga vantaggio la qualità. Questo vuole dire che si deve mettere in condizione l’intera organizzazione-scuola di assumere come scelta educativa di fondo quella delle tecnologie4. Solo in questo modo le NTI possono diventare un elemento strutturale dell’ambiente formativo e non limitarsi a rappresentare un subcurricolo o, peggio, un’area tematica di elezione. L’assunzione di questa prospettiva sistemica implica un’attivazione di tutte le risorse presenti all’interno dell’istituzione scolastica:

3 Antonio CALVANI, I nuovi media nella scuola, Carocci, Roma 1999, 43-44. 4 Come si capisce il punto di vista organizzativo, di cui sopra avevamo denunciato i limiti nel momento in cui si propone come orizzonte e guida dell’introduzione delle tecnologie in scuola, dimostra tutta la sua utilità se ricompreso come linea operativa sorretta dalla scelta di significatività.

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al dirigente spetta il compito di analizzare i bisogni formativi del territorio e di catalizzare l’attenzione dei docenti sul problema per giungere all’opzione di significatività. Può farlo istruendo una commissione interna che si preoccupi di informarsi al proposito e di relazionare ai colleghi. Da questa commissione potranno emergere indicazioni relative alle strategie di acquisizione tecnologica, alla formazione degli insegnanti, alla progettazione didattica;

la Funzione Obiettivo, nella logica dell’autonomia, occupa un ruolo importantissimo di interfaccia tra la dirigenza e gli altri insegnanti con compiti di animazione, coordinamento e servizio. Nel caso delle NTI a questa figura spetterebbe il compito di promuovere la sperimentazione didattica attraverso proposte mirate, di garantire un servizio ai colleghi (informazione bibliografica, help-desk tecnico, ecc.), di coordinare le attività sulle NTI in scuola e in relazione con alcune agenzie formative o professionali operanti sul territorio;

gli insegnanti possono essere riconosciuti di competenze differenti in relazione con la propria iscrizione disciplinare. A quelli che insegnano discipline “tematicamente” inerenti le NTI (informatica, multimedialità) sarà richiesto un intervento mirato con gli studenti e una disponibilità al counseling e all’accompagnamento nei confronti dei colleghi; a tutti gli altri, la capacità di integrare nella loro didattica ordinaria le opportunità che dalle tecnologie sono messe a disposizione.

A queste risorse, interne all’organizzazione scolastica, se ne potrebbero aggiungere altre esterne, magari in un’ottica di dialogo e valorizzazione con e del territorio. Si può pensare, ad esempio: a figure tecniche di amministrazione dei sistemi informatici, soprattutto nel caso in

cui una scuola si doti di una rete intranet5 che comporti problemi di manutenzione del server e di gestione degli account degli utenti;

a figure di animatore socioculturale, da coinvolgere su segmenti precisi del percorso didattico in base alle loro specifiche competenze (costruzione di oggetti multimediali, editing, web design);

a formatori in grado di fornire expertises tecnologiche e didattiche e di garantire il monitoraggio e l’accompagnamento sul medio periodo6.

3. Che cosa: il curricolo Il futuro delle NTI nella scuola dell’autonomia (a meno di significativi rivolgimenti decisi dal nuovo MPI) ci pare consegnato a una serie di polarità da rispettare con equilibrio: curricolo nazionale e quota locale. Il definitivo riassetto dei saperi, già iniziato per

quanto riguarda la scuola primaria, evidenzierà nella quota nazionale del curricolo un percorso didattico in ordine ai media e alle NTI. L’attenzione delle singole scuole dovrà prevedere uno sforzo per interpretare queste indicazioni e tradurle in progettazione didattica. Ma allo stesso tempo non si potrà fare a meno di interrogarsi sulla quota locale del curricolo che l’autonomia riconosce a ogni scuola di poter elaborare: in questa prospettiva, attorno al tema delle NTI, le singole

5 Sulle reti intranet scolastiche e, più in generale, sul rapporto tra scuola e reti telematiche, cfr: Pier Cesare RIVOLTELLA, La scuola in rete. Temi e problemi di cooperazione on line, GS, Santhià 1998. 6 Il contatto con gli insegnanti e i dirigenti nell’attività di aggiornamento evidenzia, al di là di queste indicazioni teoriche, una consistente difficoltà legata, da una parte, alla disponibilità (scarsa) delle risorse finanziarie (per l’incentivazione e la partnership con collaboratori esterni) e, dall’altra, alla possibilità di avviare sperimentazioni senza distaccamento parziale di risorse o di organico aggiuntivo.

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istituzioni scolastiche potrebbero progettare percorsi di approfondimento e prevedere anche delle attività elettive nel tempo extrascolastico;

reading and writing. Nel mondo anglosassone i ricercatori che si occupano di Media Education7 indicano con queste due parole la necessità di prevedere dal punto di vista curricolare tanto le attività di analisi critica dei testi, quanto le esperienze di produzione con i media. In sostanza, non si tratta soltanto di insegnare al ragazzo come decostruire i messaggi cogliendone gli aspetti linguistici, estetici, ideologici, ma anche di renderlo capace di servirsi di quei messaggi per esprimere il proprio punto di vista. Ecco perché insieme all’analisi semiotica dei testi la Media Education ha da sempre promosso nella scuola laboratori di fotografia, di produzione video, radiofonica, ecc. Le NTI non fanno eccezione a questo tipo di impostazione. Anzi, si può dire che addirittura la facilitino. Infatti, se per una scuola in passato era abbastanza difficile dotarsi di strumentazione per produrre audiovisivi (telecamera e centrale di montaggio avevano e hanno costi consistenti), oggi per realizzare un ipertesto multimediale o pubblicare pagine in Internet occorre una strumentazione molto meno impegnativa. Il risultato è che il passaggio da lettore ad autore, per il ragazzo, è molto più immediato, con effetti interessanti anche dal punto di vista educativo: infatti, se nei programmi tradizionali di Media Education l’attenzione andava soprattutto alla educazione di un lettore attento, nella prospettiva dischiusa dalla NTI questo stesso lettore andrà educato anche in quanto autore responsabile;

disciplinarità e trasversalità. In un’ottica più strettamente curricolare si pone il problema di decidere se riconoscere alle NTI uno spazio disciplinare (le 2/3 ore di informatica, o di multimedialità) oppure pensarle come un curricolo trasversale (curriculum across the curriculum) organizzabile attraverso una spalmatura su tutte le discipline dei saperi e delle abilità che esse richiedono di portare in gioco. Abitualmente queste due prospettive sono state colte come autoesclusive indicando vantaggi e svantaggi della loro assunzione. L’ipotesi disciplinare, evidentemente, consentirebbe alle NTI una cittadinanza più certa nel curricolo garantendo all’istituzione scolastica la presenza di docenti esperti, specialisti nella disciplina; d’altra parte potrebbe indurre nel resto dei docenti un atteggiamento di delega o di dipendenza che l’opzione per il curricolo trasversale eviterebbe coinvolgendo ogni singolo docente (anche se in questo caso la mancanza di un riconoscimento disciplinare chiaro renderebbe tutto più opzionale con il rischio di consegnare le NTI agli estri del singolo insegnante). Alla luce di questa rapida analisi si può comprendere come, probabilmente, non si possa rinunciare a nessuna delle due prospettive. Le NTI possono (devono?) abitare entrambi gli scenari: come curricolo disciplinare, vanno messe a regime sia dal punto di vista tecnologico che alfabetico (cosa sono, come funzionano, che linguaggi implementano, come si usano); come curricolo trasversale, invece, vanno assunte dalle singole discipline sia come ambiente di apprendimento (in Internet posso fare didattica delle lingue, costruire percorsi di ricerca, ecc.) che come oggetto di riflessione culturale ed educativa;

informazione e comunicazione. Un’ultima oscillazione va registrata, cioè quella tra informazione e comunicazione, perché quando si adottano termini ormai entrati nell’uso come quello di NTI occorre riflettere sui significati che essi implicano.

7 Per un inquadramento del significato e dei temi della Media Education, cfr.: Pier Cesare RIVOLTELLA, Media Education: quale profilo epistemologico?, in «Orientamenti pedagogici», 2001 (283), 67-82; ID., Media Education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci, Roma 2001; Roberto GIANNATELLI, La «Media education» nella scuola: perché, come, che cosa insegnare dei media, in «Orientamenti pedagogici», 2001 (284), 282-296.

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L’informazione rimanda alla metafora del pacco postale o della banca-dati. In questa prospettiva le NTI vengono concettualizzate come tecnologie che consentono di trasferire o acquisire conoscenza con caratteristiche di grande velocità e quantità. Una dimensione che nell’uso e nella rappresentazione di Internet sicuramente è presente, ma che non deve far dimenticare che in rete è possibile intraprendere altre attività, tra le quali assume un ruolo di particolare rilievo la comunicazione. Ora, la prima immagine, quella delle tecnologie dell’informazione, potrebbe suggerire un punto di vista solo strumentale sulla tecnologia declinando il rapporto tra didattica e NTI secondo un paradigma ingegneristico (studiamo i sistemi, le loro architetture hardware, ecc.) e/o bibliotecario (configurando di fatto la rete come la nuova enciclopedia del terzo millennio). Collocarsi dal punto di vista della comunicazione, invece, significa poter cogliere tutta una serie di aspetti assolutamente rilevanti in chiave educativa: il rapporto tra NTI e tempo dei soggetti; la riconfigurazione collaborativa dei processi di apprendimento; la nascita di nuove forme di socialità mediata8 che implicano sistemi di pratiche relazionali antropologicamente interessanti9. La transizione è dalle tecnologie come utensili alla tecnologia come spazio culturale: non avrebbe senso trascurare la prima questione, sarebbe riduttivo non considerare la seconda.

4. A chi: la e-generation I destinatari dell’introduzione in scuola delle NTI sono i rappresentanti di quella che oggi sempre più diffusamente viene definita la e-generation. Parenti stretti dei babyboomers, cioè della prima generazione cresciuta con le televisione in casa, questi ragazzi sono i primi veri figli del computer e di Internet perché non dovranno operare, come le generazioni precedenti, una conversione di mentalità e di stili di lavoro per adeguarsi a queste presenze: il computer l’hanno visto in casa da sempre, ci fanno girare i CD dei loro videogiochi, diventa presto uno strumento di lavoro scolastico e di comunicazione. Questo fatto determina un contraccolpo sul processo educativo che non va sottovalutato. Infatti, tradizionalmente, l’educatore viene certificato del suo ruolo da un’asimmetria di competence nei confronti dei destinatari del suo intervento: è lui il depositario del sapere e in virtù di questo fatto può trasmettere queste conoscenze a chi non le possiede. Questo schema nel caso delle NTI non regge. Infatti l’asimmetria di competence tende a rovesciarsi a svantaggio dell’adulto che, proprio in virtù del fatto di non essere cresciuto dentro un ambiente segnato dalle tecnologie, non dimostra con esse la stessa dimestichezza di interfaccia. A più riprese la letteratura si è occupata di questo tema convergendo su alcuni punti: anzitutto, la perdita da parte dell’adulto del controllo sul processo di apprendimento

(non è più lui a decidere quando far conoscere qualcosa al minore) è strutturalmente connessa con la natura profonda delle NTI. Tipica di queste tecnologie, come già in parte della televisione, infatti, è la sostituzione del luogo fisico con il luogo sociale in quanto spazio di comunicazione. Fino a quando la trasmissione del sapere rimane legata alla condivisione di uno spazio fisico l’adulto è in grado di decidere a cosa e quando garantire l’accesso al bambino, ma le tecnologie elettroniche rendono superflua questa condivisione: grazie a Internet non ho più bisogno che sia l’adulto a

8 James SLEVIN, The Internet and Society, Blackwell, Cambridge 2000. 9 Sherry TURKLE, La vita sullo schermo, Apogeo, Milano 1998.

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scandire le tappe della mia conoscenza, ma sono in grado io di decidere in proposito10;

ancora, le NTI si presentano subito come “tecnologie bambine”11. Cognitivamente, cioè, si dimostrano assolutamente congeniali, nel loro quadro d’uso, al piccolo utente. Diversi aspetti consentono di sostenerlo: la preponderanza, nell’interfaccia, di elementi tattili (si clicca, si trascinano oggetti, si aprono e chiudono finestre) è perfettamente coerente con quella logica di tatonnement (Freinet) che è caratteristica della conoscenza infantile; il ricorso all’immagine, alla grafica, a colori e suoni, portano in gioco un coinvolgimento sensoriale multiplo che consente al bambino di misurarsi con un sapere non strutturato in forme astrattamente simboliche, ma in relazione analogica stretta con gli oggetti reali; infine, l’apprendimento stimolato dalle NTI è decisamente improntato alla scoperta (Piaget), ancora una volta strategia di intervento cognitivo sulle cose sicuramente più vicina alla realtà del bambino che non dell’adulto;

infine va registrata la forte oscillazione presente nella ricerca in ordine alla valutazione di questa espropriazione dell’adulto della sua leadership: da una parte essa viene valutata come opportunità positiva di stabilire una relazione finalmente paritetica con il minore, in cui vengano in primo piano l’accompagnamento, la collaborazione, la conoscenza condivisa; dall’altra, si evidenziano i rischi di una precoce adultizzazione del bambino e, forse, anche di un’insospettabile infantilizzazione dell’adulto12.

Si tratta, allora, di farsi carico della questione e di immaginare nuove forme di presenza dell’educatore in grado di minimizzare l’impatto di una incompetence tecnologica spesso evidente, massimizzando l’apporto dell’esperienza, della capacità metariflessiva, della ulteriorità critica. 5. I canali: le tecnologie didattiche Le prospettive e le questioni che fino a questo momento abbiamo sinteticamente introdotto si scontrano quale nodo cruciale con il problema della acquisizione tecnologica: quale architettura logistica (dotazione di macchine e aule) si dimostra più utile nella prospettiva della didattica? La risposta passa attraverso la valutazione di almeno due questioni, una più strettamente tecnologica, l’altra organizzativa. Sul primo versante la difficoltà più consistente è sempre rappresentata dall’acquisizione delle macchine che è legata a problemi di costi, di manutenzione, di rapido invecchiamento. Ora, il criterio operativo fondamentale potrebbe essere a questo livello quello della funzionalità didattica. La qualità non è funzione della strumentazione, ma dei processi che attraverso la strumentazione è possibile attivare: l’attenzione dovrà andare, dunque, più che all’aggiornamento impossibile delle macchine (occorrerebbe cambiarle ogni sei mesi), all’integrazione di tecnologia di buono standard e in grado di garantire l’attivazione dei processi di interesse educativo. Come si capisce la questione si sposta subito sul piano organizzativo. A questo livello il modello più diffuso è rappresentato dall’aula dedicata (aula computer), cioè un’aula in cui si trovano le macchine, disposte o lungo le pareti o frontalmente rispetto alla consolle dell’insegnante dalla quale è possibile, in alcuni casi, la gestione in rete di tutti i computer dell’aula. Questo tipo di struttura rispecchia lo schema della lezione d’aula 10 Joshua MEYROWITZ, Oltre il senso del luogo, Baskerville, Bologna 1995. 11 Roberto MARAGLIANO, Tre ipertesti sulla formazione, Laterza, Roma-Bari 1997. 12 Si pensi alla discussissima tesi di Postman in proposito.

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limitandosi ad aggiornarlo con la presenza delle macchine. Sicuramente funzionale per una didattica standard dell’informatica, in cui gli allievi devono applicare le istruzioni fornite loro dall’insegnante, certo non si può ritenere adatto per la progettazione multimediale o le esperienze di cooperazione in rete telematica. Per questo motivo l’ipotesi dell’aula computer dovrebbe essere integrata (se non proprio superata) in due direzioni: a) attraverso la dotazione di ogni aula con uno o più computer possibilmente collegati

in Internet e interfacciati con un dispositivo di proiezione. Questo tipo di disponibilità tecnica consente all’insegnante di rendere multimediale la propria didattica e di “entrare in rete” con facilità evitando di spostare la classe nell’aula dedicata con il problema accessorio di non sovrapporsi ai colleghi nell’uso della stessa. L’ideale sarebbe che queste workstation di classe venissero integrate con la presenza di un videoregistratore;

b) l’altra realizzazione cui si potrebbe pensare è quella di una casa dei giovani e dell’informatica (Tisseron). Si tratta di uno spazio, attrezzato con 3/4 PC collegati in Internet, due postazioni audio (stereo con cuffia) e due postazioni video (monitor più VHS), in cui i ragazzi possano avere accesso anche fuori del tempo scolastico trovando sempre un responsabile (insegnante o educatore) con funzioni di tutoring. Questo spazio potrebbe consentire:

- ai ragazzi che non hanno un computer o non dispongono di una mail-box personale di lavorare in Internet e scambiare posta;

- l’effettuazione di ricerche nella rete o usufruendo dell’eventuale archivio audiovisivi della scuola;

- la gestione di gruppi di lavoro extra-scolastici, ecc. Evidentemente la realizzazione di questo tipo di architettura implica di prevedere una spesa economica che, per quanto contenuta, mette sempre in conto un esborso superiore a quello che le singole realtà scolastiche solitamente possono permettersi. Occorrerà, pertanto, valutare condizioni e modalità per garantire un’adeguata copertura di spesa alle diverse scuole. 6. Con quali effetti: l’impatto sulla didattica e gli apprendimenti L’assunzione delle NTI come orizzonte organizzativo ed educativo da parte del sistema-scuola implica, da ultimo, di prevedere alcuni obiettivi (o auspicabili effetti) che grazie a questo tipo di posizionamento è possibile perseguire. Anche in questo caso la letteratura sull’argomento ha realizzato in questi anni alcune convergenze, ma ci sembra interessante ricavare questi obiettivi da una scuola che proprio del binomio qualità-NTI ha fatto uno dei suoi geometrali didattici: si tratta della scuola media di Orsaskolan, in Svezia13. Il progetto della scuola svedese si può organizzare attorno ad alcune di quelle che si possono considerare le leve14 delle NTI in scuola:

esse consentono, anzitutto, di raccogliere fatti in modo più rapido e abbondante e di organizzarli efficacemente in vista del loro trattamento conoscitivo (si pensi all’uso didatticamente consapevole dei motori di ricerca o delle banche dati);

13 Ricaviamo queste indicazioni dalla presentazione che abbiamo potuto seguire al recente Kinder.com Festival di Merano, 11-13 maggio, seminario di studio sui rapporti tra media e infanzia e insieme concorso per nuovi autori di programmi per ragazzi. 14 Nel linguaggio dei pubblicitari le leve sono le caratteristiche che consentono a un prodotto di vantare una superiorità rispetto ai concorrenti.

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una seconda funzionalità è la possibilità di presentare messaggi in modo più efficace, creativo e soprattutto diffusivo (la pubblicazione sul web, infatti, garantisce subito alla comunicazione una dimensione ben più ampia di quella che è possibile raggiungere attraverso i tradizionali canali della comunicazione grafo-visiva);

un altro grande tema è costituito dalla promozione di una cultura sensibile alla tutela e alla diffusione dei diritti democratici. Le NTI, infatti, consentono di portare in gioco le questioni dell’accesso e della privacy, della violazione dei diritti e del loro rispetto, della simulazione e dell’integrazione della prospettiva dell’altro. Si tratta della questione della cittadinanza che oggi la didattica e la pedagogia stanno frequentando e che da tempo rappresenta, nella letteratura internazionale, una delle principali linee di ricerca e di approccio alla Media Education;

lavorare in ambiente multimediale, on e off line, implica poi di ricorrere a più linguaggi nella costruzione e nello scambio delle conoscenze. Questo significa attivare le diverse possibilità espressive, sollecitare anche le intelligenze “altre” rispetto a quelle linguistica e logico-argomentativa15, favorire la rappresentazione multiprospettica della realtà;

ancora, non si può trascurare la possibilità che le NTI hanno di rendere la scuola più divertente. Come qualche studioso ha ben evidenziato16, la scuola e i media (quindi anche le NTI) portano in gioco logiche molto differenti: “giansenista” quella della scuola, improntata a fatica, impegno, lavoro; “edonista” quella dei media e delle NTI, segnata dalla dimensione ludica, dalla leggerezza, dal disimpegno. Nella ricerca sugli effetti cognitivi dei media e delle tecnologie, questa dicotomia pare ricomporsi: associare il divertimento all’apprendimento, infatti, significa agire sulla motivazione che proprio dell’apprendimento è una delle principali funzioni; inoltre, molte delle attività sollecitate, ad esempio, da un videogioco interattivo (decision making, ragionamento inferenziale, calcolo delle probabilità), costituiscono un importantissimo investimento cognitivo per il soggetto che apprende;

le NTI costituiscono, poi, un prezioso strumento di recupero, aiuto, sostegno. Si può accennare, in questa prospettiva, ad almeno due tipi scenari. Il primo è quello della didattica speciale (handicap e disabilità) in cui le NTI funzionano da vero e proprio ambiente di apprendimento consentendo la personalizzazione degli interventi didattici e la facilitazione dei processi cognitivi. L’altro scenario è costituito dall’orientamento e dalla conduzione pedagogica: esso trova nelle NTI un modello flessibile di gestione della comunicazione con lo studente che si apre con facilità alle esperienze di counseling (molte scuole, ormai, hanno un loro sportello telematico indirizzato a questa finalità);

infine, le NTI, soprattutto le reti telematiche, consentono di comunicare con altre realtà. Questo significa valorizzare le diverse risonanze educative del comunicare: la conoscenza di prospettive culturali differenti, il rispetto dell’altro, la riscoperta della diversità come risorsa. Ma significa anche avvalersi dello sganciamento di spazio e tempo che le NTI garantiscono per prolungare oltre l’aula i processi di apprendimento, favorire la collaborazione tra scuole sui progetti, offrire nuove possibilità per l’aggiornamento in servizio.

Quest’elenco, nel progetto di Orsaskolan, si chiude con l’accenno all’esigenza di rispondere al mercato e di preparare il futuro. Non è una contraddizione in termini, 15 Howard GARDNER, Sapere per comprendere, Feltrinelli, Milano 1999. 16 Génenviève JACQUINOT, Educazione e comunicazione: lo choc delle culture, in Diana SALZANO (ed.), Comunicazione ed educazione. Incontro di due culture, Isola dei ragazzi, Napoli 2000.

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perché qualità significa anche competitività ed efficacia formativa. Ma in questo caso – a differenza che nel modello adattivo, o in quello sistemico – si tratta di conseguenze, non di obiettivi.