LE NUOVE IMPRESE INNOVATIVE: GLI ESITI DELLE … · Lasciando per il momento da parte la questione...

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41 LE NUOVE IMPRESE INNOVATIVE: GLI ESITI DELLE POLITICHE DA UNA PRIMA INDAGINE Mauro Casavecchia - Agenzia Umbria Ricerche Nelle moderne economie l’impegno di un’ampia comunità scientifica nelle attività di ricerca e sviluppo, insieme alla capacità diffusa nel tessuto imprenditoriale di incorporarne e valorizzarne le acquisizioni innovative, costituiscono elementi fondamentali ai fini della potenzialità competitiva. L’avviamento di nuove iniziative imprenditoriali basate sulla ricerca e sull’innovazione rappresenta dunque un obiettivo meritevole di specifiche politiche di incentivazione, sia per l’apporto diretto alla crescita economica, sia per il contributo indiretto alla rigenerazione dell’intero sistema produttivo. In questa sede ci proponiamo di fornire una panoramica sui risultati delle politiche di sostegno alle nuove imprese innovative in Umbria. Nella prima parte del contributo, dopo aver ricordato l’importanza del loro ruolo per lo sviluppo economico, si descrivono le politiche e le azioni che hanno portato all’emersione di nuove iniziative imprenditoriali, il cui carattere innovativo è stato formalmente vagliato e certificato. In particolare ci riferiamo: alla normativa nazionale sulle startup innovative; al bando a sostegno delle nuove PMI innovative della Regione Umbria; all’attività di creazione di imprese spin off dell’Ateneo di Perugia. Nella seconda parte si analizzano gli esiti di ciascuno di questi strumenti, in termini di imprese innovative create, agevolate o comunque fatte emergere. Infine, nella terza parte vengono riportati i risultati di una indagine di campo effettuata sull’insieme delle nuove imprese innovative censite in Umbria: si tratta di dati originali che riteniamo di grande interesse, utili per gettare una luce su un fenomeno ancora piuttosto nebuloso seppur di estrema attualità. Politiche e strumenti a sostegno delle nuove imprese innovative Lasciando per il momento da parte la questione di una definizione più rigorosa di nuova impresa innovativa, rileviamo che la discussione pubblica intorno a questo tema sta continuando a guadagnare nuovi spazi, non solo nella letteratura accademica, ma anche nel dibattito sulle strategie delle politiche di sviluppo. Da cosa deriva questa crescente attenzione? Si tratta pur sempre di un fenomeno che, benché in rapida crescita, presenta ancora numeri piuttosto limitati, soprattutto in un Paese come il nostro con un bassissimo tasso di nuova imprenditorialità 1 : le nuove imprese sono, per natura, di piccole dimensioni, con un impatto occupazionale 1 L’indicatore che misura l’attività imprenditoriale nelle fasi di avvio (TEA, Total Entrepreneurship Activity) in rapporto alla popolazione adulta vede l’Italia all’ultimo posto, con il 3,4%, tra i 70 Paesi coinvolti nel progetto di ricerca internazionale GEM (GEM - Università degli Studi di Padova, 2014).

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LE NUOVE IMPRESE INNOVATIVE: GLI ESITI DELLE POLITICHE DA UNA PRIMA INDAGINE Mauro Casavecchia - Agenzia Umbria Ricerche Nelle moderne economie l’impegno di un’ampia comunità scientifica nelle attività di ricerca e sviluppo, insieme alla capacità diffusa nel tessuto imprenditoriale di incorporarne e valorizzarne le acquisizioni innovative, costituiscono elementi fondamentali ai fini della potenzialità competitiva. L’avviamento di nuove iniziative imprenditoriali basate sulla ricerca e sull’innovazione rappresenta dunque un obiettivo meritevole di specifiche politiche di incentivazione, sia per l’apporto diretto alla crescita economica, sia per il contributo indiretto alla rigenerazione dell’intero sistema produttivo. In questa sede ci proponiamo di fornire una panoramica sui risultati delle politiche di sostegno alle nuove imprese innovative in Umbria. Nella prima parte del contributo, dopo aver ricordato l’importanza del loro ruolo per lo sviluppo economico, si descrivono le politiche e le azioni che hanno portato all’emersione di nuove iniziative imprenditoriali, il cui carattere innovativo è stato formalmente vagliato e certificato. In particolare ci riferiamo: alla normativa nazionale sulle startup innovative; al bando a sostegno delle nuove PMI innovative della Regione Umbria; all’attività di creazione di imprese spin off dell’Ateneo di Perugia. Nella seconda parte si analizzano gli esiti di ciascuno di questi strumenti, in termini di imprese innovative create, agevolate o comunque fatte emergere. Infine, nella terza parte vengono riportati i risultati di una indagine di campo effettuata sull’insieme delle nuove imprese innovative censite in Umbria: si tratta di dati originali che riteniamo di grande interesse, utili per gettare una luce su un fenomeno ancora piuttosto nebuloso seppur di estrema attualità. Politiche e strumenti a sostegno delle nuove imprese innovative

Lasciando per il momento da parte la questione di una definizione più rigorosa di nuova impresa innovativa, rileviamo che la discussione pubblica intorno a questo tema sta continuando a guadagnare nuovi spazi, non solo nella letteratura accademica, ma anche nel dibattito sulle strategie delle politiche di sviluppo. Da cosa deriva questa crescente attenzione? Si tratta pur sempre di un fenomeno che, benché in rapida crescita, presenta ancora numeri piuttosto limitati, soprattutto in un Paese come il nostro con un bassissimo tasso di nuova imprenditorialità1: le nuove imprese sono, per natura, di piccole dimensioni, con un impatto occupazionale

1 L’indicatore che misura l’attività imprenditoriale nelle fasi di avvio (TEA, Total Entrepreneurship Activity) in rapporto alla popolazione adulta vede l’Italia all’ultimo posto, con il 3,4%, tra i 70 Paesi coinvolti nel progetto di ricerca internazionale GEM (GEM - Università degli Studi di Padova, 2014).

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generalmente circoscritto al ristretto nucleo dei soci fondatori, volumi di fatturato auspicati nei business plan ma non ancora concretizzati, prospettive di sviluppo fortemente basate sulle speranze ma altamente incerte, visto l’elevato livello di rischio connesso all’innovatività del settore. Va ricordata, inoltre, la modesta entità degli investimenti in capitale di rischio nel nostro Paese: l’ammontare totale investito nell’intero comparto dell’early stage italiano è pari a circa 80 milioni di euro, un dato che non regge ancora il confronto con i mercati più sviluppati dei maggiori Paesi europei (IBAN-VEM, 2013). Se si aggiunge che, dal punto di vista del fatturato, la totalità delle startup italiane assomma un valore della produzione sostanzialmente paragonabile a quello di una singola impresa quotata di dimensioni medie2, può effettivamente essere arduo comprendere a prima vista l’enfasi generalizzata intorno al loro ruolo. Eppure, non è esagerato affermare che le nuove imprese innovative possono apportare un prezioso contributo allo sviluppo del sistema economico, in modo diretto, indiretto e - soprattutto - potenziale. Vediamo come. Una risorsa per lo sviluppo

Le startup innovative rappresentano innanzitutto una delle modalità più efficaci con cui la nuova conoscenza riesce a propagarsi verso il mercato, un luogo in cui far convergere in modo fruttuoso e non mediato le esperienze della ricerca scientifica e tecnologica con le spinte degli spiriti imprenditoriali, due mondi che tradizionalmente faticano a dialogare. La rilevanza di questa particolare tipologia di imprese non va valutata tanto sul loro valore economico attuale, quanto sulle potenzialità che esprimono: si tratta infatti di aziende impegnate su terreni di frontiera, una sorta di “prototipi imprenditoriali di innovazione applicata”3, esperienze e sperimentazioni pionieristiche in segmenti nuovi o poco esplorati, che si candidano a svolgere un ruolo di avanguardia e ambiscono ad aprire nuovi mercati. Altra virtù indiretta ma sostanziale delle startup innovative risiede nella loro capacità di irrorare di nuova linfa il sistema delle imprese, comprese quelle tradizionali: si offrono infatti come efficace sponda per facilitare i percorsi di rinnovamento di prodotti e processi e per compiere l’ostico passaggio di trasformazione della ricerca in innovazione, affiancando le grandi imprese o anche venendo assorbite da esse. Inoltre, creare una startup innovativa costituisce un’opportunità in particolare per le nuove generazioni, soprattutto per chi ha investito molto nella propria formazione e può così valorizzare il patrimonio di conoscenza acquisito, generando un’alternativa occupazionale preziosa in un mercato del lavoro complicato come quello attuale. Va rimarcato che non si tratta solo di auto-impiego: le giovani imprese sembrano svolgere un ruolo cruciale anche nella creazione di posti di lavoro. Secondo recenti studi, le imprese con non più di cinque anni di vita, pur rappresentando solamente circa un quinto dell’occupazione complessiva, hanno generato nell’ultimo decennio quasi la metà di tutti i nuovi posti di lavoro (OCSE, 2013). Durante la crisi, la perdita dell’occupazione è dipesa essenzialmente dal ridimensionamento delle imprese più mature (con almeno sei anni di età), mentre le imprese più giovani hanno continuato ad esibire un saldo positivo (graf. 1).

2 Il valore della produzione complessiva delle startup ammonta a circa 300 milioni di euro (Ministero dello Sviluppo Economico, 2014, p. 15), che equivale per l’appunto alla soglia di fatturato per una PMI quotata. 3 La locuzione è di Francesco Saviozzi, SDA Bocconi School of Management.

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Graf. 1 - Variazione netta dell’occupazione in imprese giovani vs. mature in alcuni paesi OCSE, 2001-11

Fonte: elaborazione dell’autore su dati OCSE 2013 Insomma, le nuove imprese innovative possono esprimere molte potenzialità, prospettive di crescita rapida, orientamento all’export, alto valore aggiunto, elevata intensità di conoscenza, capacità di adattamento. D’altra parte, portano con sé inevitabili fragilità e incognite, per la forte dipendenza dalla disponibilità di finanziatori, per il rischio finanziario, per la limitata capacità ed esperienza imprenditoriale, per le prevedibili difficoltà di gestione durante le fasi di crescita rapida. Alla visione estremamente ottimistica inizialmente diffusa tra gli studiosi riguardo alle dinamiche di crescita delle giovani imprese ad elevato contenuto tecnologico, alimentata dalle storie di successo delle cosiddette gazzelle high tech, sono subentrate infatti maggiori cautele: si è osservato che la maggior parte delle imprese ad elevato contenuto tecnologico in realtà cresce lentamente o addirittura mantiene dimensioni contenute e si ritiene anzi che questo sia uno dei fattori alla base della debole performance economica dei settori high-tech in Europa rispetto agli Usa (Balderi et al., 2011). Le nuove imprese innovative non rappresenteranno dunque la soluzione al problema italiano dello sviluppo, tuttavia la loro capacità di apportare un contributo positivo potenzialmente su molti fronti le rende un fenomeno di grande interesse. I connotati di un’impresa particolare

Cosa intendiamo quando parliamo di nuova impresa innovativa? Per quanto riguarda il primo aggettivo, la cosa non presenta particolare difficoltà: un’impresa è classificabile come nuova finché si trova nella fase di avvio della sua vita attiva, che parte dalla nascita e comprende il percorso iniziale di crescita, prima di raggiungere una posizione consolidata sul mercato. Si tratta di un periodo che naturalmente può avere una durata molto variabile (esistono imprese che riescono ad affermarsi e a conquistare un proprio spazio molto velocemente, così come ne esistono altre che, all’opposto, stentano a imboccare la giusta via per un deciso percorso di crescita e permangono a lungo in uno stato di incerto avviamento), ma che convenzionalmente possiamo fissare tra i 36 e i 48 mesi dall’inizio dell’attività.

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2001-02 2002-03 2003-04 2004-05 2005-06 2006-07 2007-08 2008-09 2009-10 2010-11

% Giovani imprese (5 anni o meno) Imprese mature (6 anni o più) Totale

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Il secondo aggettivo introduce qualche complessità in più, poiché rimanda all’ampio dibattito sviluppatosi negli ultimi decenni sul concetto di impresa innovativa. Partendo dalla definizione internazionalmente condivisa di innovazione contenuta nel Manuale di Oslo4, l’OCSE definisce PMI innovative quelle piccole e medie imprese che sfruttano l’innovazione per crescere e ottenere vantaggi competitivi e tendono ad utilizzare nuove tecnologie e/o metodi innovativi per la produzione di beni e servizi (Gualandri-Schwizer, 2008). Ci troviamo dunque in un campo che sostanzialmente ricomprende per intero le imprese ad alta tecnologia, ma anche quelle che, pur operando in settori a minore intensità tecnologica, basano il loro sviluppo sull’introduzione continua di innovazioni di prodotto o di processo. Quando questi due attributi si combinano insieme nella nuova impresa innovativa (o startup innovativa), siamo però al cospetto di una fattispecie ancora più particolare, che assomma l’elevato potenziale di crescita - dato dalla propria dotazione di idee originali, capitale umano qualificato e tecnologie avanzate - con la fragilità organizzativa, commerciale e finanziaria derivante dalla sua immaturità. Le startup innovative presentano dunque peculiarità che solo in parte condividono con la generalità delle imprese nuove e con l’insieme delle imprese innovative. Per le loro capacità di sfruttare in chiave produttiva i risultati della ricerca, di sostenere la crescita e l’occupazione, di assecondare la creatività dei giovani, di stimolare trasversalmente l’innovazione, sono ritenute uno strumento essenziale delle politiche di sviluppo. Questo particolare tipo di impresa, tuttavia, si regge su equilibri delicati e per diffondersi e svilupparsi necessita di condizioni ambientali favorevoli: un sistema burocratico-amministrativo snello e veloce, risorse finanziarie adeguate e specializzate, luoghi di insediamento in grado di accompagnare professionalmente la fase di avvio, collegamenti fluidi con le sedi privilegiate in cui progredisce la ricerca e l’innovazione. È evidente che la costruzione di un siffatto ecosistema favorevole alle startup richiede un intervento mirato, organico e non occasionale, da parte delle istituzioni pubbliche. In Italia, l’intenso dibattito sull’importanza di una strategia dedicata a incentivare la nascita di nuove imprese innovative è sfociato nel 2012 nella definizione di un quadro normativo organico e coerente. Un salto di qualità che offre un ombrello normativo alle numerose esperienze avviate nel territorio, volto a facilitare sotto diverse forme il percorso di fertilizzazione delle imprese innovative, a partire dalla fase di maturazione dell’idea fino al sostegno alla creazione d’impresa. La normativa nazionale sulle startup innovative

Accogliendo in larga misura le proposte contenute nel Rapporto Restart, Italia!, elaborato da una task force di esperti istituita dal Ministro dello Sviluppo economico, il Decreto Legge 179/2012 (noto anche come Decreto Crescita 2.0, convertito poi nella Legge n. 221 del 18 dicembre 2012) ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di

4 Secondo il Manuale di Oslo (OCSE, 2005) si possono identificare quattro ambiti di innovazione a livello di impresa: di prodotto, di processo, di marketing, organizzativa. Si distinguono inoltre tre concetti legati al grado di novità di una innovazione, che può essere nuova per l’impresa, oppure nuova per il mercato o nuova per il mondo.

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nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico (o startup innovativa), prevedendo una serie di misure e strumenti tarati per le specifiche esigenze di questa fattispecie imprenditoriale. Il pregio principale di questo intervento normativo è stato quello di aver predisposto un quadro di riferimento articolato e organico, con misure rivolte all’intero ciclo di vita della startup - dalla nascita alle fasi di crescita, sviluppo e maturazione - in materie differenti, quali la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali e il diritto fallimentare5. La normativa definisce innanzitutto la startup innovativa come una società di capitali, costituita anche in forma di cooperativa, che abbia meno di quattro anni di attività, sede principale in Italia, meno di cinque milioni di euro di fatturato e non distribuisca utili. Ulteriore elemento vincolante è l’avere come oggetto sociale lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Il contenuto innovativo dell’impresa è identificato dal possesso di almeno uno dei seguenti criteri: - almeno il 15% del fatturato (o dei costi annui) è dedicato ad attività di ricerca e sviluppo; - la forza lavoro complessiva è costituita per almeno un terzo da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori che abbiano svolto, da almeno 3 anni, attività di ricerca certificata, oppure per almeno due terzi da laureati; - l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto relativo ad un’invenzione industriale, a una biotecnologia, a una topografia di prodotto a semiconduttori, a una varietà vegetale oppure di un software originario registrato. Non sono previste dunque limitazioni settoriali: l’attività innovativa può anche essere effettuata all’interno di settori tradizionali, nella manifattura, nell’artigianato o nei servizi. La normativa distingue inoltre le startup a vocazione sociale, che operano in alcuni specifici settori di particolare valore sociale (assistenza sociale e sanitaria, educazione e formazione, ambiente, cultura)6 e quelle che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico. La registrazione volontaria, da parte delle imprese che possiedono tali requisiti, in una sezione speciale del Registro delle imprese presso le Camere di Commercio permette alle startup di giovarsi di una serie di agevolazioni e semplificazioni, tra le quali: l’abbattimento degli oneri per l’avvio di impresa (imposta di bollo, diritti di segreteria); una gestione societaria più flessibile e facilitazioni nel ripianamento delle perdite; una disciplina ad hoc nei rapporti di lavoro, con la facoltà di assumere personale a tempo determinato fino a 36 mesi, anche con contratti di breve durata e rinnovati più volte; la possibilità di adottare sistemi di remunerazione più flessibili (come stock option per i collaboratori o work for equity per i fornitori); l’accesso prioritario al credito d’imposta previsto per le assunzioni di personale altamente qualificato; l’accesso semplificato, gratuito e diretto al Fondo Centrale di Garanzia; la semplificazione delle procedure liquidatorie in caso di fallimento. Il Decreto Crescita 2.0 ha inoltre previsto, fino al 2016, incentivi fiscali per gli investimenti nelle startup, sia diretti sia indiretti attraverso le società che investono nelle nuove iniziative imprenditoriali (con benefici più ampi in caso di startup a vocazione sociale). Altre misure hanno riguardato l’introduzione di strumenti innovativi di raccolta del 5 Per una trattazione più esaustiva si rimanda a Corbetta M., Un approfondimento sulle norme italiane in materia di startup innovative, in Nadotti L. (a cura di), 2014. 6 Sono gli stessi settori individuati dalla disciplina dell’impresa sociale (l. 155/2006, art. 2 comma 1).

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capitale diffuso (equity crowdfunding)7 e servizi specifici di sostegno all’internazionalizzazione forniti dall’Agenzia ICE. I contributi per le nuove PMI innovative della Regione Umbria

La Regione Umbria, all’interno del POR FESR 2007-2013 (attività a3 “Sostegno alla creazione di nuove imprese in settori ad elevata innovazione tecnologica” dell’Asse I “Innovazione ed economia della conoscenza”) ha previsto una nuova misura dedicata a “sostenere l’avvio di nuove imprese, fondate sulla valorizzazione economica dei risultati della ricerca e/o sullo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi ad alto contenuto innovativo”8. In virtù di ciò, a gennaio 2013 è stata attivata una procedura a sportello per la gestione di incentivi e strumenti nella forma del pacchetto integrato, finalizzato al sostegno di nuove piccole e medie imprese innovative. Per accedere ai benefici del bando, le imprese dovevano presentarsi come società di capitali con sede operativa in Umbria, nate da non più di tre anni e configurate come startup ad alto contenuto tecnologico, o come spin off di natura industriale ovvero come spin off accademici ad elevate competenze scientifiche9. In sede di programmazione è stata prevista una priorità per i soggetti con rilevante impatto sul sistema produttivo della green economy e per quelli operanti nelle piattaforme tecnologiche dei Poli di Innovazione e nei settori del Distretto Tecnologico dell’Umbria10. Le agevolazioni previste, con uno stanziamento iniziale di un milione di euro, in seguito incrementato di ulteriori 300 mila euro, hanno riguardato il sostegno agli investimenti e alle spese necessarie nella fase di avvio e nella espansione delle imprese, attraverso un contributo a fondo perduto, in conto impianti e/o in conto esercizio, pari al 40% della spesa ammissibile, compresa tra 30 mila e 500 mila euro11. Oltre alla validità del business plan e all’equilibrio finanziario, un requisito stringente di ammissibilità riguardava l’innovatività dell’iniziativa, legata al possesso di almeno una tra le seguenti condizioni: basarsi sullo sfruttamento di un brevetto; avere stipulato un accordo di collaborazione scientifica con università o centri di ricerca; avere nella compagine societaria soggetti di ricerca, investitori specializzati nel finanziamento di nuove iniziative imprenditoriali ad alta tecnologia o partner industriali.

7 Il crowdfunding consiste nell’accumulo, tramite piattaforme internet, di piccoli investimenti provenienti da numerose persone per finanziare singole iniziative innovative. 8 D.D. 22 gennaio 2013, n. 89 - POR FESR 2007-2013 Asse I - attività a3. “Bando a sostegno delle nuove PMI innovative” (come rettifica con D.D. 23 gennaio 2013, n. 110), pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 5 al B.U. n. 5 del 30 gennaio 2013. Si ringraziano Daniela Toccacelo e Giorgia Padiglioni della Regione Umbria per le informazioni rese disponibili. 9 Nell’accezione del bando, le startup ad alto contenuto tecnologico sono le società di nuova creazione caratterizzate dalla presenza di processi produttivi altamente tecnologici ed innovativi in termini di output, o in termini di fattori di produzione compresa l’utilizzazione di brevetti. Gli spin off industriali sono nuove unità economiche con le stesse caratteristiche di cui sopra, costituite da soggetti provenienti da una impresa innovativa esistente. Gli spin off accademici sono nuove unità economiche caratterizzate da processi produttivi altamente tecnologici ed innovativi in termini di output o di fattori della produzione o riconosciuti come tali dall’ateneo di provenienza. 10 Cfr. Documento di indirizzo pluriennale 2011/2013 per le politiche per lo sviluppo, BURU n. 33 del 3/8/2011. 11 Le spese ammissibili comprendevano: spese di costituzione; locazione laboratori e sede operativa; macchinari, attrezzature, impianti hardware e software; attrezzature scientifiche; acquisto o spese connesse a brevetti; partecipazione a fiere ed eventi; consulenze specialistiche o di ricerca; sviluppo sperimentale di brevetti.

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La modalità di gestione del bando è stata piuttosto innovativa per gli uffici regionali, in quanto è stata adottata una procedura valutativa a sportello, con la possibilità di presentare le domande lungo tutto l’arco di apertura del bando, da gennaio a dicembre 2013. Le domande presentate sono state via via valutate, attraverso un procedimento istruttorio che ha previsto anche colloqui del Comitato tecnico di valutazione con gli aspiranti imprenditori, i quali hanno avuto la possibilità di illustrare direttamente la loro idea d’impresa innovativa. Nel quadro sinottico che segue sono riportati gli elementi che connotano lo status di nuova impresa innovativa, comparando quanto statuito dal Decreto Crescita 2.0 con il bando sulle PMI innovative emanato dalla Regione Umbria (tab. 1). Tab. 1 - Caratteristiche di nuova impresa innovativa secondo il Decreto Crescita 2.0 e il bando sulle PMI innovative della Regione Umbria

Decreto Crescita 2.0 (L. 221/2012 - art. 25)

Bando PMI innovative Regione Umbria

Configurazione societaria

Società di capitali, anche in forma di cooperativa, non nata da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda.

Società di capitali configurate come: startup ad alto contenuto tecnologico o spin off di natura industriale ovvero spin off accademici ad elevate competenze scientifiche.

Condizioni di ammissibilità

Avere per oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico e un fatturato inferiore a 5 milioni di euro.

Essere in possesso dei requisiti di innovatività, validità del business plan ed equilibrio finanziario.

Età dell’impresa Costituita da non più di 48 mesi dalla data di presentazione della domanda.

Iscritta al Registro delle imprese da non più di 3 anni dalla data di pubblicazione del Bando.

Localizzazione Sede principale in Italia. Sede operativa in Umbria.

Requisiti di innovatività

Almeno una tra le seguenti condizioni: 1) spese in R&S uguali o superiori al 15% del maggiore valore tra costo e valore totale della produzione; 2) almeno un terzo della forza lavoro complessiva (dipendenti o collaboratori) composto da dottori di ricerca, dottorandi o ricercatori ovvero almeno due terzi da laureati; 3) sfruttamento di almeno un brevetto industriale innovativo.

Almeno una tra le seguenti condizioni: 1) basarsi sullo sfruttamento di un brevetto; 2) avere stipulato un accordo di collaborazione scientifica con università, enti di ricerca, centri di ricerca pubblici: 3) avere nella compagine societaria soggetti di ricerca, investitori specializzati nel finanziamento di nuove iniziative imprenditoriali ad alta tecnologia o partner industriali.

La valorizzazione della ricerca accademica tramite spin off

Negli ultimi anni, l’attività di trasferimento tecnologico è diventata, per molti Atenei, il terzo pilastro, accanto alla formazione e alla ricerca: con l’intento di potenziare il proprio ruolo di motore dell’innovazione del sistema produttivo - un terreno su cui l’accademia italiana sconta notevoli ritardi rispetto ad altri paesi avanzati - molte Università hanno provato a diffondere risultati, competenze e conoscenze provenienti dalla ricerca verso la

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società e il mercato, attraverso la costituzione di uffici di trasferimento tecnologico (TTO o liaison office), per mezzo della valorizzazione del patrimonio brevettuale e anche mediante la costituzione di società spin off della ricerca. In quanto “impresa operante in settori high-tech costituita da (almeno) un professore/ricercatore universitario o da un dottorando/contrattista/studente che abbia effettuato attività di ricerca pluriennale su un tema specifico, oggetto di creazione dell’impresa stessa”12, gli spin off ricadono senza dubbio all’interno del perimetro che abbiamo delineato per la nuova impresa innovativa. Si tratta di un fenomeno di grande rilevanza: dal punto di vista qualitativo, per l’intensa dotazione di conoscenza, capitale umano e tecnologia connaturata a questo tipo di impresa, ma anche da quello quantitativo, visto che, secondo il censimento più recente, ammontano a 1.102 le imprese spin off della ricerca pubblica in Italia13. L’impegno dell’Università degli Studi di Perugia su questo fronte ha cominciato a concretizzarsi nel 2003, all’interno del Programma regionale di azioni innovative [email protected] promosso dalla Regione Umbria, attraverso il quale l’Ateneo si è dotato di un Regolamento interno per disciplinare la procedura di attivazione di spin off accademici e ha avviato la ricognizione delle competenze scientifiche, ponendo le basi per la costituzione di nuove imprese. Allo stesso periodo risale l’avvio dei concorsi tra progetti d’impresa (business plan competition) con il Premio per l’Innovazione Start Cup organizzato attraverso l’Associazione PNICube, alla quale l’Università di Perugia partecipa insieme ad altri 37 soggetti, tra Università e incubatori accademici. La competizione rappresenta il principale canale per l’emersione e la selezione delle idee imprenditoriali innovative generate dalla ricerca universitaria, con una formula che prevede una fase preliminare locale e una finale nazionale. Costituisce una vera e propria palestra di innovazione, in cui gli aspiranti imprenditori possono mettere alla prova e sviluppare la propria idea, farla valutare da esperti e stringere relazioni per portarla sul mercato. Le categorie nelle quali è possibile presentare proposte sono: life sciences, information and communication technology, agrifood & cleantech, industrial. Secondo il Regolamento dell’Ateneo di Perugia, in conformità con le disposizioni nazionali14, gli spin off sono società di capitali aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca dell’Università ovvero lo sviluppo di nuovi prodotti, processi o servizi. Si distingue tra spin off universitari, nei quali l’Università risulta proponente e/o titolare di quote di partecipazione, e spin off accademici, proposti da personale universitario senza quote di partecipazione attribuite all’Università, a rendere evidente l’importanza dell’impegno del personale di ricerca nella realizzazione dell’idea imprenditoriale. Il periodo di incubazione, durante il quale all’impresa spin off può essere concesso di usufruire dell’apporto di personale, locali e attrezzature universitarie, è stabilito nella durata di tre anni a partire dalla data di costituzione. Lo stesso limite temporale è previsto, di norma, per la partecipazione dell’Ateneo alla compagine sociale dello spin off universitario. 12 NETVAL, 2014, p. 70. 13 Ibidem. 14 D.M. 10 agosto 2011 n. 168, in G.U. 17 ottobre 2011, n. 242.

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Le nuove imprese innovative in Umbria Acquisire informazioni sulle nuove imprese innovative presenta diverse difficoltà. Come molti fenomeni allo stato nascente, le imprese di nuova costituzione mostrano un andamento carsico, altamente fluido e volatile. L’iscrizione all’albo nazionale, non essendo obbligatoria, da un lato sottostima inevitabilmente il numero delle startup (alcuni osservatori ritengono ragionevole supporre che, a spanne, la popolazione effettiva sia anche doppia o addirittura tripla rispetto a quella registrata ufficialmente); dall’altro lato fotografa una situazione che, a distanza di un tempo anche relativamente breve, può apparire radicalmente mutata (non sono rari i casi di imprese che figurano ancora iscritte ma che di fatto hanno già cessato l’attività). Inoltre, anche quando se ne accerta l’esistenza, non è sempre semplice entrare in contatto con esse: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, pur basandosi sulla tecnologia non tutte le nuove imprese innovative sono reperibili in Rete e non è infrequente che, per periodi più o meno lunghi dopo la costituzione formale, rimangano silenti lavorando sottotraccia. Allo scopo di delimitare un insieme di nuove imprese innovative umbre su cui effettuare un approfondimento (v. par. successivo), abbiamo scelto di attingere alle tre fonti presentate in precedenza: le imprese iscritte all’albo nazionale delle startup innovative; le iniziative finanziate dal bando regionale del 2013 sulle PMI innovative; le imprese spin off dell’Università degli Studi di Perugia di più recente costituzione. L’albo nazionale delle startup innovative

Al 3 novembre 2014, nella sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di Commercio risultano iscritte 2.829 startup innovative, di cui 31 (l’1,1% del totale) in Umbria (graf. 2). L’età media delle startup innovative umbre è di 688 giorni, vale a dire quasi due anni, un po’ superiore a quella italiana, pari a 602 giorni (venti mesi). Il 37% delle imprese ha meno di un anno di vita (il 17% meno di sei mesi), il 27% ha tra uno e due anni, il 10% tra due e tre anni, il restante quarto è in attività da oltre tre anni (graf. 3). Delle 31 startup umbre, 17 sono localizzate nella provincia di Perugia, anche se il comune con la maggiore concentrazione è Terni con 13 imprese. La natura giuridica nettamente prevalente è quella della Società a responsabilità limitata, in quattro casi è stata adottata la sua versione semplificata15 (tabb. 2-3). Riguardo la distribuzione settoriale, oltre il 70% delle startup innovative umbre opera nei servizi (è il 78% tra quelle italiane, cui si aggiunge un ulteriore 4% nel commercio). Le attività terziarie prevalenti riguardano - in sostanziale analogia con la distribuzione nazionale - le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (29%), le attività di ricerca scientifica e sviluppo (13%) e i servizi professionali (10%). I soggetti umbri operanti nel manifatturiero rappresentano il 29% del totale, una quota sensibilmente superiore alla media nazionale (16%), con una maggiore concentrazione nel settore dei macchinari e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e nei comparti dell’alimentare e della lavorazione del legno.

15 La S.r.l. semplificata è una variante della versione ordinaria, introdotta nel 2012 con lo scopo di agevolare lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali. Oltre ad agevolazioni per le spese di costituzione, consente di fissare un capitale sociale molto basso, a partire da un euro.

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Rispetto alla situazione nazionale, le startup umbre si caratterizzano dunque per una più marcata presenza nel settore industriale a scapito di quello terziario, nonché per una tendenziale maggiore concentrazione nei segmenti tradizionali e a minore intensità tecnologica, sia all’interno del manifatturiero sia nei servizi (graff. 4-5). Graf. 2 - Dinamica cumulata delle iscrizioni all’albo delle startup innovative (al 3/11/2014)

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio Graf. 3 - Startup innovative per classe di età

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio Tab. 2 - Comune di localizzazione delle startup umbre

Tab. 3 - Forma giuridica delle startup umbre

Terni 13 Società a responsabilità limitata 26 Perugia 6 S.r.l. semplificata 4 Foligno 4 Società cooperativa 1 Corciano 3 Totale 31 Città di Castello 2 Spoleto 2 Amelia 1 Totale 31

554800 936

1.1411.339

1.5601.852

2.1692.462 2.829

1 4 5 6 7 8 8 9 1115 18 18 21 23 23 23

27 29 30 31 31

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40

50

60

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

feb-

13

mar

-13

apr-1

3

mag

-13

giu-

13

lug-

13

ago-

13

set-1

3

ott-1

3

nov-

13

dic-

13

gen-

14

feb-

14

mar

-14

apr-1

4

mag

-14

giu-

14

lug-

14

ago-

14

set-1

4

ott-1

4

iscrit

te in

Umb

ria

iscrit

te in

Italia

Italia Umbria

19% 17%

20% 20%

31%27%

14%10%

8%13%

7% 13%

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Italia Umbria

Oltre 4 anni

Da 3 a 4 anni

Da 2 a 3 anni

Da 1 a 2 anni

Da 6 mesi a 1 anno

Fino a 6 mesi

51

Graf. 4 - Startup innovative umbre per attività economica

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio Graf. 5 - Startup innovative italiane per attività economica

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio Analizzando il valore della produzione dell’ultimo anno per le startup italiane (i dati relativi al sottoinsieme umbro presenti nel database nazionale sono troppo esigui per consentire una elaborazione, sia per il fatturato che per gli addetti) si può osservare che due terzi di esse hanno fatturato fino a 100 mila euro, un quarto da 100 fino a 500 mila euro e il restante 6,2% da 500 mila a 5 milioni di euro (graf. 6). L’esiguità delle dimensioni medie emerge anche dal dato relativo alla classe di addetti: il 95% delle startup italiane sono microimprese, che nell’84% dei casi non superano i quattro addetti; solamente il 5% di esse arriva ad impiegare almeno dieci addetti (graf. 7).

Energia, Ambiente6%

ICT29%

Editoria6%

R&S13%

Servizi professionali10%

Altri servizi6%

Alimentari 6%

Legno e mobili 6%

Computer, Elettronica 3%

Macchine, Apparecchi

13%

Manifattura29%

Energia, Ambiente1%

ICT39%

Editoria3%

R&S17%

Servizi professionali13%

Altri servizi5%

Commercio4% Agricoltura,

Costruzioni2%

Alim., Moda 1%Computer,

Elettronica 4%

Macchine, Apparecchi 6%

Chimica, Farmaceutica 1%Mezzi trasp. 1%

Altre manifatt. 3%

Manifattura 16%

52

Graf. 6 - Startup innovative italiane per classe di valore della produzione (in euro)

Graf. 7 - Startup innovative italiane per classe di addetti

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio Un ruolo importante nella strategia di incentivazione delle nuove imprese innovative è stato inoltre assegnato agli incubatori certificati. Si tratta di imprese specializzate nel compito di ospitare e accompagnare lo sviluppo delle startup fin dal concepimento dell’idea imprenditoriale, offrendo formazione, consulenza operativa e manageriale, strutture e strumenti, con l’obiettivo di favorire e accelerare la maturazione delle iniziative per un più efficace ingresso nel mercato. La certificazione di queste strutture mira a sostenerne la progressiva crescita dimensionale, valorizzando nel territorio le strutture di eccellenza in grado di operare più efficacemente. Nel 2013 sono stati definiti i requisiti qualificanti degli incubatori certificati, che comprendono la disponibilità di adeguate strutture immobiliari, di attrezzature e di una struttura tecnico-manageriale di riconosciuta esperienza, l’esistenza di regolari rapporti di collaborazione con Università, Centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari, una significativa esperienza maturata nel sostegno a startup innovative. A novembre 2014, hanno ottenuto la certificazione in Italia 32 incubatori, 22 dei quali localizzati nel Nord, sette nel Centro e tre nel Mezzogiorno (tab. 4). In Umbria non esistono incubatori per startup innovative dotati di certificazione. Tab. 4 - Incubatori di startup innovative certificati per regione

Piemonte 3Lombardia 8Trentino-Alto Adige 2Veneto 3Friuli-Venezia Giulia 3Emilia-Romagna 3Toscana 2Marche 3Lazio 2Sicilia 1Sardegna 2Italia 32

Fonte: Camere di Commercio

0-100mila66,8%

100-500mila27,0%

500mila-1 mln3,5%

1-2 mln1,6%

2-5 mln1,1%

0-484,4%

5-910,4%

10-194,1%

20-491,2%

53

Le nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria

Il bando a sostegno delle nuove piccole e medie imprese innovative pubblicato dalla Regione Umbria nel 2013 ha ricevuto complessivamente 20 domande di finanziamento, 18 delle quali sono state approvate16. Le iniziative finanziate risultano variamente dislocate sul territorio regionale, con una maggiore concentrazione nei comuni di Perugia e Terni, con cinque progetti ciascuno (tab. 5). Sono stati assegnati complessivamente contributi a fondo perduto per circa un milione 210 mila euro, per cui ciascuna impresa beneficiaria, in media, ha ricevuto un finanziamento di 67.238 euro a fronte di una spesa dichiarata di 168.092 euro. Dal punto di vista dell’oggetto dell’attività, le iniziative finanziate risultano equamente ripartite tra il settore industriale e quello dei servizi. Più nello specifico, tra le imprese operanti nel manifatturiero troviamo esperienze relative a settori ad alta o medio-alta intensità tecnologica, come computer, macchinari e apparecchiature, ma anche a settori più tradizionali come alimentari e arredamento. Nel terziario, figurano iniziative nelle tecnologie dell’informazione, nella ricerca e sviluppo e nei servizi di consulenza professionale (graf. 8). Tab. 5 - Nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria per comune

Perugia 5Terni 5Foligno 3Amelia 1Bastia Umbra 1Città di Castello 1Gualdo Tadino 1Spoleto 1

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Regione Umbria Graf. 8 - Nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria per attività economica

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Regione Umbria 16 Una domanda è stata esclusa in sede di valutazione per motivi formali; un’altra domanda è stata inizialmente approvata ma in seguito il finanziamento è stato revocato.

Alimentari11%

Macchine, apparecchi

22%

Computer, elettronica

6%Arredamento11%

Ricerca & sviluppo

17%

ICT22%

Servizi professionali

11%

54

Le imprese spin off dell’Università degli Studi di Perugia

Nell’ultimo decennio, dal 2004 ad oggi, dall’attività di ricerca condotta presso l’Ateneo di Perugia sono nate complessivamente 39 imprese innovative, anche se, a rigore, solo 35 di esse sono accreditate formalmente come società spin off, in quanto quattro sono nate prima dell’adozione del Regolamento Spin off d’Ateneo17. Quelle nate in Umbria rappresentano il 2,8% del totale nazionale, che ha raggiunto la soglia di 1.102 imprese secondo i dati censiti al 31 dicembre 2013 (NETVAL, 2014). L’età media delle imprese spin off umbre risulta pari a sei anni, di poco superiore alla media italiana (5,8). L’andamento delle attivazioni nel corso degli anni (graf. 9) ha visto un primo periodo caratterizzato da una dinamica più spinta (dal 2004 al 2009 sono nate in media 4,5 imprese l’anno), mentre nella fase più recente si assiste ad un rallentamento (1,6 spin off ogni anno, in media, dal 2010 al 2014). La momentanea battuta d’arresto del 2013, legata anche allo svolgimento delle elezioni rettorali e al generale riassetto organizzativo, ha fatto scivolare l’Università di Perugia al 12° posto nella classifica nazionale degli Enti pubblici di ricerca promotori di spin off. Sembra plausibile pensare che tale dinamica sia associata anche ad un riposizionamento della strategia che nel tempo, in analogia con quanto accade a livello nazionale, si sta evolvendo da un iniziale impulso a favorire un attivismo diffuso e una partecipazione allargata, in direzione di un atteggiamento di maggior selettività già in fase di genesi, con un’attenzione più focalizzata al consolidamento e alla sperimentazione di nuove modalità di accompagnamento. Il tasso di sopravvivenza risulta particolarmente elevato e sfiora il 90%, infatti solo quattro imprese spin off hanno cessato l’attività. Per quanto riguarda le aree disciplinari, il coinvolgimento dei Dipartimenti è stato piuttosto trasversale, con un maggiore attivismo dimostrato a partire da quelli che fanno riferimento ai vari settori ingegneristici (tab. 6). La maggior parte delle iniziative imprenditoriali (83%) offrono servizi e consulenze, anche se esiste una parte di esse orientata alla produzione manifatturiera. I comparti scientifico-tecnologici prescelti dalle neo-imprese si distribuiscono lungo un ventaglio abbastanza ampio: le aree delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, dell’energia e ambiente e dei servizi per l’innovazione sono le più frequentate e da sole assorbono circa due terzi delle imprese, in sostanziale analogia con la distribuzione nel quadro nazionale (graf. 10). Sono rappresentati anche i settori del biomedicale, dell’elettronica, delle nanotecnologie e delle scienze della vita. La compagine societaria al momento della costituzione dell’impresa spin off nel 40% dei casi è formata esclusivamente da persone fisiche, mentre nel restante 60% è prevista anche la partecipazione di soggetti dotati di personalità giuridica. Mediamente, ogni società è composta da 5,7 persone fisiche, delle quali 2,4 costituite da professori o ricercatori (che complessivamente rappresentano il 43% della totalità dei soci delle imprese spin off), 2,1 assegnisti di ricerca, dottorandi o laureati (il 36% dei soci), oltre a 1,2 altre persone (21%) (graf. 11). Tra i soggetti giuridici più attivi nella partecipazione societaria agli spin off, oltre naturalmente all’Ateneo di Perugia, figura la società 3A Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria, presente in un quarto dei casi.

17 Si ringrazia l’Università degli Studi di Perugia e, in particolare, il prof. Loris Nadotti, Delegato del Rettore per Brevetti, Innovazione e Trasferimento tecnologico, e Gina Olsen dell’Industrial Liaison Office per le informazioni cortesemente messe a disposizione.

55

Graf. 9 - Imprese spin off attivate dall’Ateneo di Perugia per anno di costituzione

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia

Tab. 6 - Imprese spin off costituite dall’Ateneo di Perugia per Dipartimento* Ingegneria Elettronica e dell’Informazione 10 Ingegneria Industriale 6 Ingegneria Civile ed Ambientale / Ingegneria dei Materiali 5 Diritto Pubblico / Studi giuridici “A.Giuliani” 3 Fisica 2 Matematica e Informatica 2 Chimica / Chimica e Tecnologia del Farmaco 2 Chimica, Biologia e Biotecnologie 1 Specialità Medico-chirurgiche e Sanità Pubblica 1 Scienze Chirurgiche, Radiologiche ed Odontostomatologiche 1 Biologia Cellulare e Ambientale 1 Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari 1 Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali 1 Scienze della Terra 1 Scienze Economico-Estimative e degli Alimenti 1 Uomo e Territorio 1 Totale 39 * denominazione vecchio ordinamento Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia Graf. 10 - Settori di attività delle imprese spin off dell’Ateneo di Perugia e italiane

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia e NETVAL

54

6 5

34

32

10

2

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

ICT23,1%

Elet.7,7%

Aut.Ind.2,6%

Serv.Inn.20,5%

Life Sc.7,7%

Biomed.10,3%

Nanotech7,7%

En.Amb.20,5%

UniPG

ICT ElettronicaAutomazione industriale Servizi per innovazioneLife Science BiomedicaleNanotech e nuovi materiali Energia e ambienteAltro

ICT26,8%

Elet.6,3%

Aut.Ind.3,6%

Serv.Inn.17,2%

Life Sc.15,8%

Biomed.8,0%

Nanotech3,0%

En.Amb.16,3%

Altro3,1%

Italia

56

Graf. 11 - Soci fondatori (persone fisiche) delle imprese spin off dell’Ateneo di Perugia

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia I risultati dell’indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria Mettendo insieme le imprese originatesi dai tre bacini fin qui descritti, vale a dire le startup innovative iscritte all’albo, le nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria e le imprese spin off costituite dall’Ateneo di Perugia dal 2010 in poi, abbiamo ottenuto un consistente gruppo di 42 nuove imprese innovative umbre18, che è diventato l’universo di riferimento della nostra indagine (fig. 1). Fig. 1 - Universo di riferimento dell’indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria

L’insieme ottenuto non pretende certamente di esaurire la complessità di un fenomeno variamente frastagliato, tuttavia presenta il fondamentale pregio di aver già superato un filtro da parte di istituzioni che ne hanno autorevolmente certificato il carattere innovativo, e pertanto riteniamo possa essere in buona misura rappresentativo della ricchezza e della varietà delle iniziative esistenti. A questo insieme di imprese è stato somministrato un breve questionario, finalizzato ad acquisire alcuni elementi caratterizzanti del percorso di avvio della loro avventura imprenditoriale, dalla composizione del gruppo dei fondatori, alla clientela di riferimento, fino alle modalità di raccolta dei finanziamenti. Le imprese che hanno risposto all’indagine compilando il questionario sono state 19, con un tasso di partecipazione del 45,2%.

18 Delle 47 imprese individuate al netto delle sovrapposizioni (tra le startup iscritte al registro nazionale figurano due spin off e otto PMI innovative), due sono risultate in liquidazione, mentre di altre tre non è stato possibile in alcun modo acquisire un recapito valido; la consistenza effettiva del bacino di indagine si è così ristretta a 42 imprese.

Professori, ricercatori

43%Assegnisti,

dottorandi, neo laureati

36%

Altre persone fisiche21%

57

Alcune caratteristiche strutturali19

Le imprese del nostro campione sono di recentissima costituzione, la metà di esse ha iniziato effettivamente l’attività nel 2014, dunque sono molto focalizzate sulla fase di avvio e sulle problematiche connesse (graf. 12). La giovanissima età si associa, come prevedibile, alle dimensioni contenute: oltre due terzi di esse non superano i quattro addetti, anche se esistono diversi casi di imprese maggiormente strutturate, che arrivano anche a superare i 20 addetti (graf. 13). Nel 47% delle imprese figurano lavoratori dipendenti. Tra le imprese che hanno iniziato l'attività prima dell'anno corrente, la distribuzione per valore della produzione nel 2013 fa registrare una relativa concentrazione in corrispondenza della classe di fatturato tra 100 e 500 mila euro (graf. 14). Il ruolo di supporto all’innovazione del sistema produttivo svolto dalle startup è ben evidenziato dall’indicazione del principale tipo di clientela verso cui si indirizzano: in tre quarti dei casi, infatti, i destinatari dell’offerta sono altre aziende, mentre nel 21% sono i consumatori finali. Isolati i casi di imprese nate per rivolgersi alla Pubblica Amministrazione (graf. 15). Esiste una parte delle imprese con una consistente vocazione innovativa: a basare la propria attività sul possesso o sullo sfruttamento di un brevetto sono infatti circa un quinto delle imprese.

Graf. 12 - Nuove imprese innovative umbre per anno di fondazione e anno di inizio effettivo dell’attività

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 13 - Nuove imprese innovative umbre per classe di addetti

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) 19 Si ringrazia Meri Ripalvella per il supporto all’elaborazione dei dati dell’indagine.

15,8% 15,8%

5,3%

31,6% 31,6%

10,5%

21,1%

5,3%

15,8%

47,4%

2010 2011 2012 2013 2014

FondazioneInizio attività

68%

15%5% 10%

fino a 4 da 5 a 9 da 10 a 19 da 20 a 49

58

Graf. 14 - Nuove imprese innovative umbre per classe di fatturato 2013*

* le imprese avviate nel 2014 sono state escluse dal computo Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 15 - Nuove imprese innovative umbre per principale tipo di clientela

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) La compagine dei fondatori

L’assetto del team dei fondatori, con il relativo mix di caratteristiche personali e professionali, influisce in modo decisivo sugli esiti del processo imprenditoriale e sulle prospettive di successo. Le competenze dei founder rappresentano infatti i driver principali per la crescita della startup. Il nucleo dei nostri soci fondatori di nuove imprese innovative è costituito per lo più da un numero limitato di persone, salvo un’unica eccezione (graf. 16). Quattro imprese su cinque sono state fondate da team che vanno dalle due alle quattro persone, solo nel 15% dei casi siamo di fronte a imprese individuali. La distribuzione per genere evidenzia una forte connotazione maschile, con la componente femminile limitata al 16% dei casi. La fascia di età prevalente è quella compresa tra i 30 e i 45 anni (50% dei casi), con un robusto apporto di individui più anziani (39%). I soci con meno di 30 anni rappresentano circa un decimo del totale (graf. 17). Si tratta di persone con un elevato livello medio di istruzione: oltre tre quarti sono laureati, mentre tra i rimanenti è residuale il caso di chi non possiede un diploma (graf. 18). Il profilo professionale medio dello startupper umbro è quello di una persona dotata di un certo bagaglio di esperienza: per nessuno di loro, infatti, l’impresa creata rappresenta la prima esperienza lavorativa. Il gruppo più consistente (43%) è costituito da individui che precedentemente hanno rivestito posizioni di tipo manageriale o hanno lavorato come liberi professionisti, in alcuni casi anche con solide esperienze internazionali. Un aggregato di dimensioni quasi analoghe (39%) comprende le persone che provengono dall’ambito universitario, professori e ricercatori. Un residuo quinto dei soci fondatori ha avuto in precedenza significative esperienze come lavoratori dipendenti o parasubordinati, dunque si può presumere stia tentando di reinventare il proprio percorso professionale (graf. 19).

11% 11%

22%

44%

11%

0 meno di 50mila euro

tra 50 e 100mila euro

tra 100 e 500mila euro

oltre 1 milione di euro

5%

73%

21%

Pubblica Amministrazione Aziende Consumatori finali

59

Graf. 16 - Nuove imprese innovative umbre per numero di soci fondatori

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 17 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per genere e fascia di età

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 18 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per titolo di studio

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 19 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per tipo di precedente esperienza lavorativa

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)

15%

36%

15%

26%

5%

1 2 3 4 11

84%

16% 11%

50%39%

Maschile Femminile Meno di 30 anniTra 30 e 45 anni Più di 45 anni

77%

21%2%

Laurea Diploma Scuola dell'obbligo

18%

43% 39%

Lav. dipendente / parasubordinato

Manager / professionista / internazionale

Ricercatore / accademico

60

L’accesso ai finanziamenti e ai servizi di supporto

Mettere insieme i capitali necessari a costituire e a far sviluppare l’iniziativa imprenditoriale è uno dei banchi di prova più delicati per le startup, viste le note difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese, che risultano ancor più amplificate per le aziende appena nate e per di più esposte al rischio dell’innovazione. Nel nostro campione, nell’83% dei casi il capitale raccolto non supera i 50 mila euro, con circa un quarto delle imprese che si attesta su una cifra inferiore ai 10 mila euro. Solo il 17% dimostra una capacità di fundraising piuttosto sviluppata, con quote di capitale raccolto comprese tra i 50 e i 100 mila euro (graf. 20). La modalità largamente più diffusa per reperire fondi nel nostro campione è quella di attingere al patrimonio personale o all’interno del nucleo familiare o tra la cerchia dei conoscenti (la forma che nel mondo anglosassone è chiamata family, friends and fools), che ha riguardato oltre tre quarti delle imprese. Esiste qualche caso sporadico di finanziamenti di tipo seed, da fondi focalizzati su aziende early stage e talvolta collegati ad incubatori, oppure provenienti dal supporto di attività di ricerca in ambito universitario, o ancora da persone fisiche che investono in forma associata (business angel), ma non sono state segnalate esperienze riconducibili a fondi di investimento specializzati nel capitale di rischio e neanche finanziamenti provenienti da aziende di natura non finanziaria (graf. 21). La crucialità dell’aspetto finanziario emerge anche dalle risposte fornite alla richiesta di indicare i servizi o gli strumenti di sostegno che si riterrebbe più utile potenziare a livello locale a supporto dello sviluppo della propria attività, oltre che dagli ulteriori giudizi espressi in forma libera: l’indicazione prevalente riguarda infatti la disponibilità di finanziamenti a fondo perduto per la fase di avvio, indicati dalla quasi totalità delle imprese (tab. 7). Un secondo aspetto ritenuto critico riguarda l’ingresso nel mercato: da ciò la richiesta di strumenti e servizi per favorire la messa in relazione con i potenziali clienti nel tessuto delle piccole e medie imprese locali, giudicato molto statico e piuttosto refrattario ad entrare in contatto con portatori di innovazioni, diversamente da quanto si è potuto constatare lavorando con aziende di grandi dimensioni o all’estero. Punteggi elevati hanno ottenuto anche le forme di supporto alla gestione delle pratiche legali e burocratiche, ritenute eccessivamente complesse e onerose, seguite da un blocco di risposte rivolte all’acquisizione di capitale umano: dalla ricerca di collaboratori e fornitori qualificati nonché di competenze esterne, anche sul fronte manageriale, all’accesso ai percorsi formativi. Un gradino più sotto troviamo la disponibilità di strutture di incubazione, informazione e orientamento, insieme ai servizi per l’internazionalizzazione e per la brevettazione. La richiesta di forme di finanziamento a debito, quali prestiti a tasso agevolato o venture capital risulta relativamente meno pressante, a causa delle limitate esigenze di investimento evidenziate dalla maggior parte del nostro campione in questa fase, ma per il gruppo più ristretto di imprese focalizzate su una crescita rapida vengono riconfermate le difficoltà di accesso al capitale di rischio e l’inadeguatezza del sistema bancario rispetto alle esigenze delle startup innovative.

61

Graf. 20 - Nuove imprese innovative umbre per quantità di capitale raccolto (in euro)

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Graf. 21 - Nuove imprese innovative umbre per principale fonte di finanziamento

Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014) Tab. 7 - Servizi o supporti locali ritenuti più utili (indice standardizzato)

Finanziamenti a fondo perduto per l’avvio 100 Networking e ricerca di contatti strategici con imprese 77 Supporto per gestire le pratiche legali e burocratiche 52 Ricerca di personale qualificato e di competenze esterne 48 Reperimento di manager esperti (o temporary manager) 46 Accesso alla formazione e qualificazione delle risorse umane 41 Servizi per l’internazionalizzazione 38 Informazione, orientamento, elaborazione business plan 38 Sostegno alle procedure di brevettazione 37 Spazi e servizi centralizzati (incubatori, coworking, fab-lab ecc.) 36 Prestiti a tasso agevolato 34 Accesso a capitali di debito 33 Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)

23%17%

41%

17%

fino a 10 mila da 11 a 20 mila da 21 a 50 mila da 51 a 100 mila

77%

5%11%

5%

Patrimonio personale, famiglia, conoscenti

Fondi universitari per attività di ricerca

Investimenti in early stage, incubatori

Business angel

62

Note conclusive: bastano un’idea, un euro e una nuvola? Le nuove imprese innovative possono migliorare la competitività del tessuto economico, agendo come vettori di innovazione, di prodotto e di servizio. Svolgono anche una funzione sociale: per lo stimolo all’innovazione rivolto alle altre imprese, al settore pubblico, al sistema scolastico e universitario e per l’intrinseca spinta a favorire la mobilità sociale, generando un più facile accesso all’imprenditorialità, un’opportunità di generare ricchezza, un’occasione di autorealizzazione per i giovani, un riconoscimento del merito e del talento. Le dimensioni del fenomeno, pur ragguardevoli e in crescita, non sono tali da ritenere le startup innovative capaci, da sole, di risollevare le sorti della nostra economia: vanno dunque prese le distanze da certe letture eccessivamente ottimistiche sulla loro presunta forza propulsiva. Va rimarcato, tuttavia, che esse producono un significativo impatto sulla creazione di occupazione, in particolare giovanile, e riducono la distanza tra il mondo dell’impresa e quello della ricerca scientifica. Per questi motivi, è indispensabile mettere in campo interventi di accompagnamento che vadano ad incidere sui passaggi cruciali del ciclo di vita delle nuove imprese innovative, dalla maturazione dell’idea imprenditoriale all’avvio e alla prima fase di crescita, fino al consolidamento e alla maturità. In questo senso, le politiche avviate a livello nazionale, centrate su semplificazione burocratica e amministrativa, fiscalità di vantaggio, disponibilità di nuovi strumenti di capitalizzazione, incubatori e acceleratori, vanno a comporre idealmente un utile pacchetto di misure, ognuna delle quali perderebbe gran parte della propria efficacia senza le altre. Anche nel mondo universitario è maturata ormai la consapevolezza che nell’ambito della cosiddetta terza missione, con le attività di trasferimento tecnologico e la creazione di imprese spin off, vadano enfatizzati soprattutto gli obiettivi di carattere sociale, in grado di avere un impatto significativo più sullo sviluppo economico del territorio che non sul bilancio universitario20. A livello locale, oltre alla misura specificamente dedicata dalla Regione Umbria a sostenere le nuove PMI innovative, vanno registrate svariate iniziative volte ad allargare la platea dei potenziali imprenditori, che si concentrano sulle fasi a monte dell’avvio dell’impresa, a partire dalla generica stimolazione della spinta imprenditoriale e della generazione di idee creative nei giovani, fino all’elaborazione e all’affinamento di un progetto d’impresa (mediante le formule dei vari concorsi di idee, business game, startup contest, business plan competition ecc.)21. Le molteplici esperienze in corso di realizzazione, con diversi gradi di complessità e risultati talvolta anche incoraggianti, permettono dunque di poter dire che la fase pionieristica può ritenersi ormai conclusa. Il percorso verso l’obiettivo di costruire un ecosistema favorevole alle startup innovative sembra avviato nella giusta direzione, ma

20 Cfr. Bianchi-Piccaluga, 2012, p. 110. 21 Oltre all’ormai consolidato appuntamento annuale con la già citata Start Cup, tra le più recenti iniziative locali su questo versante si possono citare, a titolo di esempio, i progetti Creativity Camp, Ide-e: le nuove imprese, BrainBack e A scuola d’impresa gestiti dall’AUR, Start Up Imprenditoria Sociale promosso da Unioncamere, Jewel, Digital energy e Web Fest dedicato alle imprese creative di Sviluppumbria.

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dovrà ulteriormente estendersi, approfondirsi e specializzarsi se vorrà corrispondere alle ambizioni dichiarate. Si avverte infatti la necessità di un cambio di marcia: le azioni fin qui realizzate stanno producendo risultati interessanti dal punto di vista del numero di imprese create, ma tra queste ultime restano ancora troppo limitate quelle ad alto potenziale, in grado di crescere rapidamente e di competere su mercati internazionali piuttosto che in micro-nicchie. La rappresentazione secondo cui per far nascere una startup sarebbe sufficiente un’idea, un euro (per costituire una s.r.l. semplificata) e una nuvola (nel senso della piattaforma tecnologica di condivisione dei contenuti) conserva un suo alone di romanticismo, ma non è appropriata per quelle iniziative imprenditoriali che ambiscono a fare il salto e ad imboccare con decisione il percorso della crescita. In altre parole, è opportuno agevolare la fioritura di numerose esperienze, anche perché su questo versante, ipercompetitivo e dinamico, con rischi di insuccesso molto forti, è bene che il processo di selezione naturale possa contare su una larga platea di soggetti. È indispensabile però pensare anche alla fase successiva all’avvio e lavorare a costruire un ambiente favorevole alla crescita e al consolidamento di queste esperienze, in grado di mettere insieme la rete degli incubatori con i venture capitalist, le grandi aziende tecnologiche, i centri di ricerca pubblici e privati, le istituzioni pubbliche. Anche la moltiplicazione dei soggetti attivi sul fronte della promozione della nascita di nuove imprese innovative, se da un lato favorisce lo sviluppo del fenomeno, aumentando il volume delle energie e delle risorse dedicate a questo scopo, dall’altro lato può rischiare di sovrapporre iniziative e ruoli, diminuendo l’efficacia della strategia complessiva. Soprattutto in considerazione dell’assenza nella nostra regione di soggetti specializzati specificamente per questo compito, come gli incubatori certificati. Sarebbe pertanto opportuno concentrare gli sforzi di armonizzazione delle iniziative a livello territoriale, per favorire un modello più coordinato in cui risultino ben chiari ruoli e competenze degli attori impegnati nella missione. Da questo punto di vista, le reti per la creazione di imprese innovative che si stanno sperimentando in altre regioni - come ad esempio in Emilia-Romagna - in grado di mettere a disposizione percorsi informativi, consulenza, accesso alle opportunità, visibilità alle startup del territorio, collegando in rete tutti i soggetti regionali (amministrazioni pubbliche, centri di ricerca, università, incubatori, agenzie e centri per l’innovazione, associazioni di categoria, operatori del credito, enti di formazione) che offrono servizi e opportunità in questo campo potrebbe essere un possibile riferimento. Qualunque sia la strategia prescelta, le politiche dovranno però ricordarsi di partire sempre dal capitale umano: la maggior parte delle idee, anche quelle di maggior successo, non hanno praticamente copyright e sono teoricamente replicabili. Ciò che fa veramente la differenza sono la qualità della squadra dei fondatori e le modalità di esecuzione, cioè, in ultima analisi, le persone. Una nuova impresa innovativa può, nel tempo, crescere e svilupparsi, essere acquisita da un’azienda più grande, oppure continuare a vivacchiare o magari anche fallire. In ogni caso, avrà generato esperienze, conoscenze, occupazione, passioni e speranze nel futuro.

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