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Le nozze di Cana ______________________________________ Le nozze di Cana Pagina 1 di 23 LE NOZZE DI CANA Traduzione e note in corsivo di Cristoforo Andreoli Dalla versione francese dell’Abbé de Cazalès : “Vie de N.S. Jesus Christ” (1860) [visioni ricevute da Suor Emmerich dal 31 dicembre al 5 gennaio 1822] Premessa del traduttore In queste visioni, suor Anne Catherine Emmerich descrive in modo sorprendentemente dettagliato il primo miracolo di Gesù riportato dal Vangelo di s. Giovanni, ossia la trasformazione dell’acqua in vino durante un matrimonio a Cana. Secondo quanto riportato dalla nostra veggente, questo miracolo si svolge nell’ambito strettamente familiare di Gesù. Infatti abbiamo qui uno spaccato dal realismo efficacissimo che descrive i rapporti di Gesù con la sua estesa parentela e con gli apostoli e discepoli che lo circondavano già numerosi. La suora inoltre rende noto un aspetto di questo episodio che nel Vangelo non è affatto presente e che si lega alle misteriose descrizioni del Paradiso terrestre da lei effettuate altrove. In una scena apparentemente svagata di serena festività, la suora descrive i sorprendenti effetti di certi tipi di frutta su alcuni dei convitati, dilungandosi poi su una breve spiegazione del significato spirituale

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LE NOZZE DI CANA

Traduzione e note in corsivo di Cristoforo Andreoli

Dalla versione francese dell’Abbé de Cazalès : “Vie de N.S. Jesus Christ” (1860)

[visioni ricevute da Suor Emmerich dal 31 dicembre al 5 gennaio 1822]

Premessa del traduttore

In queste visioni, suor Anne Catherine Emmerich descrive in modo

sorprendentemente dettagliato il primo miracolo di Gesù riportato

dal Vangelo di s. Giovanni, ossia la trasformazione dell’acqua in

vino durante un matrimonio a Cana.

Secondo quanto riportato dalla nostra veggente, questo miracolo si

svolge nell’ambito strettamente familiare di Gesù. Infatti abbiamo

qui uno spaccato dal realismo efficacissimo che descrive i rapporti

di Gesù con la sua estesa parentela e con gli apostoli e discepoli

che lo circondavano già numerosi.

La suora inoltre rende noto un aspetto di questo episodio che nel

Vangelo non è affatto presente e che si lega alle misteriose

descrizioni del Paradiso terrestre da lei effettuate altrove. In una

scena apparentemente svagata di serena festività, la suora descrive

i sorprendenti effetti di certi tipi di frutta su alcuni dei convitati,

dilungandosi poi su una breve spiegazione del significato spirituale

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dei vegetali e della loro connessione con le virtù perdute del

Paradiso terrestre.

Rispetto al succinto resoconto di s. Giovanni, Gesù qui appare al

tempo stesso più reale e convincente come uomo, ma più

misterioso e imperscrutabile come maestro spirituale.

La famosa risposta data ad un certo punto dal Salvatore a sua

Madre: “Donna che desideri con questo da me? La mia ora non è

ancora venuta.” è in questo racconto del tutto in linea con l’esegesi

della Chiesa, ma la suora ce la fa comprendere meglio di un

teologo. È uno dei doni più belli della veggente.

In conclusione, le nozze di Cana sembrano avere avuto nelle

intenzioni di Gesù un significato teologico a noi finora celato. Per la

prima volta qui il Salvatore coalizza il suo seguito di parenti, amici e

discepoli per mezzo di una trasformazione tangibile della loro

interiorità, preludio della ben più elevata trasformazione che si

sarebbe avuta in loro con l’assimilazione del pane eucaristico.

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[riportiamo in primo luogo alcune notizie sugli sposi di Cana fornite

dalla veggente. Qui si rivela che lo sposo è un amico d’infanzia di

Gesù. Un episodio dell’infanzia del Salvatore ci mostra infatti una

profezia fatta a costui da Gesù. Profezia che si sarebbe avverata

appunto con le nozze di Cana.]

Al tempo in cui Gesù, appena dodicenne, insegnò per la prima volta

nel tempio di Gerusalemme,1 s. Anna, madre della Vergine Maria,

organizzò una festa per celebrare l’avvenimento. In quella

occasione, Gesù adolescente raccontò ad alcuni suoi coetanei una

parabola che trattava di un matrimonio in cui l’acqua veniva

miracolosamente trasformata in vino. La parabola proseguiva

accennando a un matrimonio ulteriore, in cui era il vino ad essere

mutato in sangue. Fra gli adolescenti che ascoltavano Gesù, vi era

Nathanaël, figlio di Mara, uno degli amici prediletti dal giovane

nazareno. Quello stesso giorno, Gesù gli predisse, come

scherzando, che in futuro si sarebbe presentato alle sue nozze.

La donna che avrebbe sposato Nathanaël a Cana era invece di

Betlemme ed apparteneva alla casata di Giuseppe. Dopo il ben noto

miracolo avvenuto alle loro nozze, i due sposi fecero voto di

continenza. Nathanaël si unì ben presto ai discepoli di Gesù e

ricevette il battesimo col nome di Amator. Più tardi, divenne

1 (Lc, 2, 41-51). Alcuni aspetti decisamente sorprendenti di questo episodio evangelico sono riportati nel nostro “Gesù medico e sapiente”.

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vescovo. Giunse a Edessa e a Creta, nei pressi di Carpi, poi andò in

Armenia e dopo avervi compiuto numerose conversioni, fu arrestato

ed inviato sulle rive del Mar Nero. Riavuta la libertà, si recò al

paese di Mensor [uno dei re magi]2. Qui operò su una donna un

miracolo di cui non ricordo i dettagli e battezzò un gran numero di

persone. Fu messo a morte nella città di Acaiakuh, su un’isola

dell’Eufrate [queste notizie sono tratte dalle visioni della suora

relative alla vita della Vergine Maria].

[Visioni del 31 dicembre: le nozze vere e proprie]

Gesù, con i suoi discepoli più intimi e soprattutto con coloro che più

tardi sarebbero stati suoi apostoli, alloggiava in una casa a parte

dove anche Maria, nel suo primo soggiorno a Cana, aveva dormito.

La casa apparteneva alla zia di Nathanaël, che era la figlia di Sobé,

sorella di s. Anna. Durante l’intera cerimonia di nozze, fu lei a fare

le veci della madre del futuro sposo.

Quel giorno giunsero tutti gli altri convitati, sia maschi che

femmine. Il solo Gesù aveva invitato venticinque fra i suoi discepoli,

oltre ai tutti i suoi parenti, provenienti dalla Galilea. Va detto infatti

che questo matrimonio lo coinvolgeva in molti modi. Durante un

episodio di molti anni prima, ossia al banchetto degli adolescenti

organizzato da s. Anna dopo il primo insegnamento di Gesù al

tempio, il Signore, appena dodicenne, aveva detto all’attuale futuro

sposo, suo affezionato coetaneo, alcune parole misteriose sul pane

e sul vino, predicendogli che avrebbe assistito un giorno alle sue

2 In una serie di visioni che riguardano i tre re, la suora ci ha anche fornito i loro nomi reali, dando spiegazioni sul significato dei nomi del tutto simbolici che invece sono a noi noti.

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nozze. Quel lontano episodio aveva avuto un misterioso ed elevato

significato per chi ne aveva preso parte. La profezia che vi era stata

annunciata si avverava proprio con tali nozze, nelle quali Gesù

sembrava avere una parte di primo piano. Vi era anche un altro

motivo di particolare coinvolgimento per la Santa Famiglia. Maria

aveva più volte inviato dei messaggeri per pregare suo Figlio di

intervenirvi. Come accade di frequente fra gli uomini, infatti, ella

era pressata da non pochi pettegolezzi che circolavano fra i suoi

parenti e conoscenti, i quali la giudicavano una vedova sciatta che

percorreva a destra e a manca il paese trascurando se stessa e la

famiglia. Anche per questo Gesù volle presenziare solennemente

alle nozze con tutti i suoi amici, facendo onore a quel matrimonio. A

tale scopo, Egli aveva anche fatto venire Marta e Lazzaro in aiuto a

Maria nei suoi preparativi. Lazzaro, senza che alcuno, al di fuori di

Gesù e Maria, ne fosse a conoscenza, aveva saldato tutte le spese

di cui Gesù si era fatto carico. Il Salvatore infatti era in gran

confidenza con lui ed accettava volentieri i suoi doni, che egli

peraltro gli offriva con immenso appagamento.3 Il sostegno

economico di Lazzaro riguardava, oltre alle spese di parte del

banchetto, anche la fornitura del vino per le nozze; da qui il motivo

di tanta sollecitudine, da parte di Maria, nel comunicare a suo Figlio

ad un certo momento della festa che la bevanda era terminata.

La parte dei festeggiamenti a carico di Gesù era il secondo turno di

pasti, composto da vivande ricercate, frutti, selvaggina ed erbe di

3 In una prossima pubblicazione dedicata alle visioni sulla Maddalena, sorella di Lazzaro e Marta, vedremo più in dettaglio le sorprendenti rivelazioni della suora su questa famiglia.

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ogni specie. Anche Veronica era giunta da Gerusalemme, portando

a Gesù un canestro pieno di magnifici fiori e di varie specie di

dolciumi artisticamente preparati.

La madre della futura sposa, un po’ inferma, zoppicava e veniva

sostenuta da qualcuno. Il padre invece, discendente da Ruth di

Betlemme, era un uomo agiato che dirigeva una grande impresa di

trasporti. Suo era il monopolio della grande strada commerciale, del

vasto settore degli alloggi e delle stalle per le carovane. Molte

persone lavoravano per lui. Il suo nome, Israel, era poco comune

fra gli Ebrei.

In quei giorni, Gesù si intrattenne in particolare con coloro che più

tardi sarebbero stati suoi apostoli e che alloggiavano presso di lui.

Gli altri discepoli non assistevano a tutte le loro conversazioni.

Durante periodici spostamenti nella zona, Gesù istruiva

diversamente i discepoli rispetto agli altri convitati, mentre i futuri

apostoli, a loro volta, comunicavano agli altri ciò che avevano udito

dal Maestro nei loro colloqui privati. I frequenti spostamenti di tutti

costoro servivano anche ad alleggerire il lavoro di quelli che erano

incaricati dei preparativi, riducendo al minimo le incombenze.

Nondimeno, numerosi discepoli e Gesù stesso restavano sovente in

casa occupati a disporre una cosa e l’altra; tanto più che a molti di

essi erano stati assegnati dei compiti specifici nella cerimonia

nuziale.

Gesù volle che in quella festa tutti i suoi parenti ed amici facessero

reciproca conoscenza. Suo desiderio era che tutti coloro che finora

aveva scelto si incontrassero e potessero familiarizzare con i suoi

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discepoli più stretti. Ciò sarebbe stato favorito dalla maggiore

spontaneità di rapporti che di solito si instaura nelle feste.

Le nozze sarebbero iniziate la sera del terzo giorno dopo l’arrivo di

Gesù, mentre lo sposalizio sarebbe stato celebrato il mercoledì

mattina. Quella sera invece terminava la festa della dedicazione al

tempio.

[1 gennaio 1821]

Oggi è il secondo giorno dall’arrivo di Gesù a Cana. I convitati sono

ormai un centinaio, tra cui Maria, madre di Marco, Gian Marco e

Veronica, che mostrava più anni di Maria. Susanna di Gerusalemme

non era presente, perché viaggiava raramente con le altre donne,

conducendo, a causa della sua origine, una vita elegante, ma molto

ritirata. I genitori di Giacomo e Giovanni, contrariamente a quelli di

Pietro e Andrea, erano sul posto. Jonathan, loro fratellastro,

assieme alle cosiddette tre vedove e ai loro figli, presenziava come

tutti gli altri parenti di s. Anna, tra cui in particolare i nipoti, Maria

di Cleofa con i figli, la figlia minore di Anna, sorellastra della santa

Vergine, i nipoti di Giuseppe di Arimatea, Obed e quattro discepoli

di Giovanni Battista: Cleofa, Giacomo, Giuda e Japhet, compagni

d’infanzia di Gesù e figli minori di Sabadias di Nazaret, parente di

Gioacchino.

Cana è un po’ più piccola di Cafarnao e si trova in una zona pulita e

piacevole sul versante occidentale di una collina. A parte Israel e

altri due abitanti, la sua popolazione non è agiata e vive del proprio

lavoro alle dipendenze dei primi. Vi è una sinagoga con tre

sacerdoti, vicino alla quale è una costruzione destinata alle feste

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pubbliche, dove stavano per essere celebrate le nozze. Tra questa e

la sinagoga erano state erette arcate di fogliame ornate di ghirlande

di frutta. Dinanzi alla costruzione invece era presente un vestibolo

disseminato di fogliame, cui era contigua la sala dei banchetti.

Assieme formavano la parte anteriore della costruzione, che, vuota,

si estendeva fino al focolare: un muro elevato con dei gradini, che

non veniva mai usato, ma era ornato come un altare da vasi, fiori,

stoviglie e altri oggetti. Dietro al focolare, un’altra parte della sala,

corrispondente ad un terzo di essa, era usata per il pasto delle

donne. Tutta la costruzione aveva il soffitto con le travi ornate di

ghirlande e accessibili per l’accensione delle lampade ivi collocate.

Gesù era come il capo della festa: presiedeva a tutti i

festeggiamenti e li condiva con la sua dottrina, raccomandando ai

convitati di divertirsi seguendo le consuetudini prestabilite, traendo

saggi consigli da ogni cosa. Egli inoltre aveva predisposto il

programma della festa stabilendo, tra l’altro, che due volte al

giorno avrebbero dovuto recarsi all’esterno per svagarsi all’aria

aperta.

Vidi poi gli invitati, gli uomini separati dalle donne, abbandonarsi al

piacere della conversazione partecipando a diversi giochi sotto gli

alberi in un luogo gradevole rallegrato da un corso d’acqua. Credo

che fosse un parco di divertimenti presso il quale si facevano i

bagni. Gli uomini erano stesi per terra in cerchio, gettando e

facendo rotolare, secondo determinate regole, varie specie di frutta,

che era disposta nel mezzo e doveva esser fatta cadere in fosse

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poste dinanzi ai giocatori. Altri poi, mentre quelli tentavano di

centrare le fosse, dovevano cercare di ostacolarli.

Gesù, che prendeva parte a questo gioco con benevola

compostezza, diceva talvolta qualcosa di istruttivo, suscitando

ammirazione in qualcuno e una segreta emozione in qualcun altro,

sebbene non tutti comprendevano le sue parole e ne chiedevano

spiegazione ai compagni più avveduti. Gesù aveva formato le

squadre stabilendo la posta. Egli teneva conto di tutti i partecipanti

e accompagnava ogni azione del gioco con ammonimenti pieni di

fascino e spesso mirabili.

Gli assistenti più giovani correvano e saltavano sulle barriere di

foglie per vincere i premi in frutta. Anche le donne, sedute a parte,

giocavano con della frutta. La futura sposa era sempre collocata tra

Maria e la zia dello sposo.

La sera del primo gennaio, all’inizio del quarto giorno del mese di

Thébet, Gesù diede insegnamenti a tutti gli invitati che si erano

raccolti nella sinagoga. Egli parlò dei divertimenti leciti e del loro

significato, della misura con la quale bisognava parteciparvi e della

serietà e saggezza che dovevano accompagnarli. In seguito, parlò

del matrimonio, dell’uomo e della donna, della continenza, della

castità e del matrimonio spirituale. Al termine del suo discorso, i

futuri sposi si presentarono a lui per ricevere insegnamenti

specifici; dopodiché le nozze furono inaugurate con un pasto e delle

danze.

[Danze nuziali]

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Si danzava al suono di una musica creata da bambini che di tanto in

tanto intonavano cori. I danzatori tenevano in mano dei fazzoletti

con i quali gli uomini e le ragazze si sfioravano disponendosi in file

o in cerchi. A parte ciò, essi non si toccavano mai. I fazzoletti degli

sposi erano neri, mentre quelli degli invitati gialli. Dapprima, gli

sposi danzarono soli, poi furono raggiunti dagli altri. Le ragazze

erano velate, ma il velo era un po’ sollevato sul viso. Le loro vesti

erano più lunge sul didietro e un po’ rimboccate sul davanti per

mezzo di cordoni. Non ci si dimenava, né si saltellava come si fa

oggi. La danza era piuttosto come una marcia eseguita in differenti

direzioni e accompagnata da movimenti delle mani, della testa e del

corpo in accordo con la musica. Ciò mi ricordava i movimenti dei

giudei della setta farisaica durante le loro preghiere. Tutto inoltre

era aggraziato e dignitoso. I futuri apostoli non presero parte alle

danze. Altri discepoli, con Nathanaël Khased, Obed e Jonathan

invece vi si unirono. Tra le danzatrici vi erano solo ragazze. Tutto

era eseguito con un ordine ammirevole e vi si respirava una serena

gioia.

[2 gennaio: il matrimonio celebrato dai sacerdoti]

Quel mattino, verso le nove, iniziò il matrimonio. La sposa, vestita

con l’aiuto delle damigelle d’onore, aveva un abito che assomigliava

a quello indossato dalla Madre di Dio alle sue nozze. Della sua

corona si poteva dire altrettanto, solo che era più ricca. La

capigliatura della sposa non era suddivisa in linee sottili e separate,

ma composta in trecce più spesse. Al termine della toeletta, ella fu

presentata alla santa Vergine e alle altre donne.

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La sposa e lo sposo furono condotti dalla sinagoga alla costruzione

che era stata allestita per i festeggiamenti e di là riportati

nuovamente alla sinagoga. Nel corteo vi erano sei ragazzi e sei

ragazze con delle ghirlande, poi sei ragazzi e sei ragazze più grandi

con flauti e altri strumenti. Inoltre, la futura sposa era

accompagnata da dodici giovani damigelle d’onore, così come dodici

giovani scortavano lo sposo. Tra questi ultimi, vi erano Obed, figlio

di Veronica, i nipoti di Giuseppe d’Arimatea, Nathanaël Khased e

qualche discepolo di Giovanni Battista. Non vi era nessuno dei futuri

apostoli.

Il matrimonio fu celebrato dai sacerdoti dinanzi alla sinagoga. Gli

anelli degli sposi erano un regalo di Maria allo sposo, benedetti da

Gesù stesso presso sua madre. Un particolare che mi ha colpito e

che non avevo notato al matrimonio di Maria e di Giuseppe, fu che

un sacerdote punse il dito anulare sinistro degli sposi, dove sarebbe

poi stato infilato l’anello, facendo colare due gocce di sangue dello

sposo e una goccia della sposa in un bicchiere di vino che fu bevuto

da entrambi. Ai poveri che assistevano alla cerimonia furono

distribuiti diversi oggetti, come pezze di stoffa e vestiti. Quando gli

sposi ritornarono al luogo dei festeggiamenti, furono ricevuti da

Gesù.

[Le virtù perdute della frutta e il Paradiso terrestre]

Prima del pasto nuziale, tutti si riunirono nel parco dei divertimenti.

Le donne e le ragazze si sedettero su delle coperte in una capanna

di fogliame, organizzando un gioco dove si vinceva della frutta. A

turno, esse disponevano sulle ginocchia una piccola tavola

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triangolare con delle lettere ai bordi. Un indicatore sulla tavola

veniva fatto girare e secondo il punto in cui si arrestava si vinceva

un determinato frutto.

Gli uomini invece parteciparono ad un gioco molto curioso

preparato dallo stesso Gesù in un’altra dimora. Al centro di una sala

era disposta una tavola rotonda intorno alla quale erano allineati

porzioni di fiori, piante e frutti il cui numero era uguale a quello dei

giocatori. Gesù aveva predisposto tutto ciò in anticipo e ogni cosa

aveva un significato profondo. Sulla tavola vi era un disco rotondo e

mobile con un intaglio. Quando il disco girava, l’intaglio si arrestava

indicando una delle porzioni di frutta, che era vinta da colui che

l’aveva fatto girare. Al centro della tavola era collocato un ceppo di

vite carico di grappoli che si innalzava al di sopra di un covone di

grano che lo circondava. Più a lungo il disco girava, più in alto si

innalzavano il ceppo di vite e il covone. Né i futuri apostoli, né

Lazzaro presero parte a questo gioco. In quella stessa occasione mi

fu spiegato che chi era chiamato ad insegnare e chi possedeva

conoscenze più approfondite doveva limitarsi ad osservare i vari

momenti del gioco commentandoli con parole istruttive che davano

ad essi un tono più profondo.

Negli eventi di questo gioco predisposto da Gesù vi era qualcosa di

meraviglioso che esulava dal caso. Difatti il tipo di frutta toccato ad

ogni giocatore rifletteva in modo significativo le sue qualità, i suoi

difetti e le sue virtù; sicché, quando tutte le porzioni furono

assegnate, Gesù fece un commento su ciascuna di essa. Ognuna

delle porzioni di frutta risultava dunque corrispondere a una

parabola relativa al suo possessore. Sentivo inoltre come ciascuno

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dei giocatori avesse in effetti ricevuto assieme alla sua parte di

frutta qualcosa che gli si era comunicato nell’intimo. Tutti furono

vivamente colpiti e risvegliati dalle parole di Gesù e può darsi che i

frutti che essi mangiarono operassero in loro un reale effetto

conforme al loro significato. Le parole indirizzate da Gesù a

ciascuno di loro non potevano essere comprese dagli altri, che vi

vedevano solo esortazioni incoraggianti e istruttive. Tuttavia,

ognuno di essi sentì lo sguardo del Signore penetrargli

profondamente nell’intimo, come quando una volta Gesù riferì a

Nathanaël Khased di averlo visto sotto il fico4: parole che toccarono

profondamente quest’ultimo, ma il cui senso restò nascosto agli

altri presenti.

Fra le piante disposte per il gioco, ricordo che vi era la reseda.

Ricordo anche che Gesù, quando Nathanaël vinse il suo premio,

disse: “vedi ora che avevo ragione nel dire che sei un vero israelita

senza affettazioni?”5

Vidi poi uno di quei premi produrre un effetto davvero straordinario.

Il futuro sposo vinse un frutto di una specie molto particolare. Su di

uno stesso fusto, ve ne erano due di sesso diverso, come nella

canapa. Uno dei frutti era simile ad un fico, mentre l’altro

somigliava ad una mela intagliata e incassata, come priva di testa.

E’ difficile da spiegare: assomigliava ad un ombelico e all’interno

aveva due capsule con semi glassate una sull’altra. Una di esse

conteneva quattro noccioli, mentre l’altra tre. Al di sopra

4 Gv., 1, 43-51. 5 Cfr. nota precedente.

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crescevano bei filamenti bianchi. Il frutto era rossastro e all’interno

bianco con venature rosse. Ne ho visti di simili in Paradiso6.

Ricordo che quando lo sposo vinse quei frutti, Gesù si accinse a

parlare del matrimonio, della castità e di quanto essa produca il

centuplo. I discepoli che, come Giacomo il minore, appartenevano

alla setta degli Esseni7, compresero meglio degli altri quel discorso,

proferito peraltro senza urtare le credenze dei Giudei in proposito.

Il Salvatore poi disse che quei frutti potevano operare cose che

oltrepassavano il loro stesso meraviglioso significato. Alcuni infatti,

mangiandone, furono liberati dalle loro passioni dominanti, mentre

altri furono fortificati nella lotta con quelle.

L’effetto meraviglioso del frutto toccato allo sposo si manifestò

quando quest’ultimo ne ebbe inviato una parte alla sposa e tutti e

due ne ebbero mangiato. Ciò che accadde fu simile a quello che

provarono gli altri giocatori nel momento in cui mangiarono i

rispettivi frutti avuti in sorte.

Vidi infatti qualcosa di assolutamente straordinario che oso appena

raccontare. Nathanaël, nel ricevere il premio, impallidì ed ebbe una

sorta di commozione interiore, mentre qualcosa che assomigliava

ad una oscura figura umana uscì da lui salendo dai piedi fino alla

testa. Quando essa disparve, in lui si manifestò una luminosa

chiarezza, una purezza e una trasparenza inusitate di cui nessuno,

6 Nel resoconto di altre visioni, la suora ha narrato le caratteristiche degli animali e delle piante presenti nel Paradiso terrestre prima della caduta dell’uomo. In realtà, il modo in cui la frutta viene consumata nel gioco descritto qui sembra richiamarsi a quello in cui, secondo la veggente, gli uomini prima della caduta si nutrivano dei frutti presenti in Paradiso, assimilandone le virtù di cui erano portatori. 7 In un altro testo da noi pubblicato, raccontiamo le meravigliose rivelazioni della suora sugli Esseni, le loro usanze, i loro strettissimi rapporti con Gesù e le opinioni del Salvatore su di essi.

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eccetto me, sembrò avvedersi. Nello stesso tempo, anche la sposa,

per quanto seduta piuttosto distante a giocare con le altre donne,

ebbe come uno svenimento. Da lei si distaccò una figura oscura che

ispirava una straordinaria ripugnanza e che sembrò salire in lei o

dinanzi a lei a partire dai piedi e poi uscire dalla sua bocca o

piuttosto raccogliersi alla sommità di questa. Per farla respirare

meglio, le furono tolti gli abiti più pesanti e i gioielli, comprese le

catene e i fermagli che aveva alle braccia e al petto. Non le restava

che l’anello nuziale donatole dalla Vergine e un gioiello d’oro che

aveva al collo, a forma di arco fasciato ove era incastonato un

materiale nerastro simile a quello presente sull’anello nuziale di

Maria e Giuseppe. Vi era rappresentata una figura distesa col viso

rivolto a un bocciolo che aveva in mano.

La sposa era molto pallida, ma, ora che era vestita più

semplicemente, sembrava penetrata da una luce purissima.

Ciascun premio prevedeva anche una penitenza specifica da

eseguire. Ad esempio, ricordo che gli sposi dovevano recarsi alla

sinagoga, prendere qualcosa che ho dimenticato e fare alcune

preghiere. Il premio toccato a Nathanaël Khased era un bouquet

della pianta detta pazienza.

In tutte le piante e i frutti vi è un mistero sovrannaturale che, dopo

la caduta del primo uomo ed il coinvolgimento di tutto il mondo

fisico in tale evento, è divenuto un mistero nascosto della natura.

Di tutto ciò che faceva parte delle loro proprietà: la forma, il gusto

e l’effetto sulle altre creature, non resta che un pallido ricordo. Nei

sogni e nei banchetti celesti, i frutti si mostrano ancora con le loro

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proprietà originarie, ma ciò non avviene mai con perfetta chiarezza,

dal momento che tutto viene confuso dalla nostra maniera attuale

di giudicare e dall’uso ordinario che facciamo di queste cose.

Il frutto degli sposi era legato alla virtù della castità e la figura che

si ritirò da essi era la brama impura della carne. Non so se si

trattasse di uno spirito realmente fuoriuscito dai loro corpi o fosse

solo un simbolo destinato ad illustrarmi ciò che accadeva loro

nell’intimo.

[Il pranzo nuziale e l’Agnello]

I giochi furono seguiti dal pranzo nuziale. La sala di cui si è già

parlato fu divisa in tre compartimenti per mezzo di pareti divisorie

abbastanza basse da permettere ai convitati di scorgersi tra una

sala e l’altra. Ogni sala aveva una lunga e stretta tavola. Gesù era a

capotavola nella sala centrale, dove sedevano anche Israel, il padre

della sposa, suo cugino, i cugini di Gesù e Lazzaro. Le donne

sedevano nella stanza posta dietro al focolare, ma potevano seguire

tutti i discorsi del Signore. Lo sposo serviva in tavola. Vi era anche

un maître con un grembiule e qualche domestico. La sposa, con

l’aiuto di domestiche, serviva alla tavola delle donne. Quando

furono portati i piatti in tavola, fu servito dinanzi a Gesù un agnello

arrostito coi piedi legati a forma di croce, mentre lo sposo

procurava un contenitore con i coltelli per le carni. Gesù tentò di

ricordare allo sposo quel pranzo della loro infanzia risalente alla sua

dodicesima festa pasquale. In essa, come abbiamo detto, il

Salvatore gli aveva predetto che sarebbe intervenuto alle sue

nozze, profezia che si compiva proprio quel giorno. Lo sposo

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tuttavia si era fatto pensieroso, perché aveva del tutto dimenticato

l’episodio.

Durante l’intero pranzo, come anche al matrimonio, Gesù si mostrò

pieno di una dolce serenità elargendo al tempo stesso molti discorsi

istruttivi. Egli spiegò il senso spirituale di ogni evento del pranzo.

Parlò dell’allegria e degli svaghi caratteristici delle feste. Tagliando

la carne dell’agnello, spiegò che l’animale era stato prescelto nel

gregge non per sopravvivere e perpetuare la sua specie, ma per

essere messo a morte. Per questo il suo corpo, purificato dei suoi

elementi grossolani tramite il fuoco, si trovava ora tagliato in pezzi.

Allo stesso modo, era necessario che chi aveva scelto di seguire

l’Agnello nella sua sorte si separasse dai suoi legami carnali più

stretti.

Gesù fece poi distribuire ai presenti le parti dell’animale, e mentre

essi ne mangiavano disse che l’Agnello era stato separato dai suoi e

fatto a pezzi per diventare il solo nutrimento che li avrebbe uniti

con un legame comune. Anche chi aveva seguito l’Agnello doveva

rinunciare al suo pascolo abituale, morendo alle passioni e

separandosi dai membri della famiglia per diventare un cibo e un

alimento unificante nel suo Padre celeste.

Non so ripetere esattamente questo discorso, ma questo fu il suo

significato generale.

[L’acqua mutata in vino]

Tutti avevano dinanzi non so se un piatto o un pane di forma molto

larga. Gesù fece passare fra i convitati una specie di patena

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marrone scuro col bordo giallo. Lo vidi molte volte tenere in mano

un piccolo fascio di erbe mentre insegnava. Sua madre e Marta

avevano provveduto a tutto ciò che spettava a lui di quel pranzo,

ossia, al vino e al secondo turno di vivande. Il secondo turno era

costituito da cacciagione, pesci, pietanze col miele, frutta e dolci

forniti da Seraphia (Veronica). Quando tutto ciò fu servito, Gesù si

alzò per fare le porzioni e, quando ebbe terminato, tornò al suo

posto. Mentre i piatti venivano serviti, Gesù riprese ad insegnare.

Ad un certo punto tuttavia, il vino terminò. Quella parte del pranzo

era stato affidato in modo particolare alle cure della Vergine; sicché

quando quest’ultima si accorse della cosa, con una certa

inquietudine chiamò Gesù ricordandogli la sua promessa di

occuparsi del vino. In quel momento, Gesù, che stava dando

istruzioni sul suo Padre celeste, le disse: “Donna, non tormentatevi

e non preoccupatevi né di voi, né di me: la mia ora non è ancora

venuta.” In quelle parole non vi era alcun rimprovero per la santa

Vergine. Il motivo per cui il Signore la chiamò “Donna” e non

“madre” era che in quel frangente Egli agiva in qualità di Messia,

ossia di Figlio di Dio, compiendo una operazione misteriosa alla

presenza dei discepoli e di tutti i parenti. Egli manifestava dunque

la sua natura divina.

Gesù le disse “Donna” volendo significare che la Vergine era la

discendenza pura che avrebbe schiacciato la testa del serpente. In

tutti i momenti in cui Gesù agiva in qualità di Verbo incarnato, ogni

cosa che nominava otteneva un innalzamento, venendo gratificata

da una funzione o una dignità derivante dall’enunciazione del

proprio nome in una circostanza così solenne. Maria dunque era la

“Donna” che aveva allevato colui al quale ora si rivolgeva come al

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proprio Creatore, chiedendogli il vino per le sue creature. In quel

momento, si doveva mostrare che Gesù era Figlio di Dio e non solo

il figlio di Maria. Allo stesso modo, quando Egli agonizzò sulla croce

ai piedi della quale Maria piangeva, Egli le disse ancora una volta:

“Donna, ecco vostro figlio”, designando in tal modo s. Giovanni.

Maria dunque, facendo sapere al Figlio che il vino mancava, si

mostrava come colei che intercede in modo eccelso a nostro favore.

Tuttavia il vino che Gesù intendeva donare era in rapporto con quel

vino che Egli avrebbe più tardi trasformato nel suo sangue. Egli

perciò le disse: “non è ancora venuta la mia ora”, intendendo che

non era ancora tempo, sia di donare il vino che aveva promesso,

sia di modificare l’acqua in vino (ossia la natura umana in quella

divina), sia di trasformare il vino nel suo sangue.

Maria disse ai servi di attendere e di eseguire gli ordini di Gesù;

così, dopo un po’ di tempo, Gesù chiese a costoro di portare dinanzi

a lui le urne vuote. Vi erano infatti tre urne per l’acqua e tre per il

vino, che i servi mostrarono vuote al Signore mentre glie le

servivano su un vassoio. Gesù ordinò che fossero riempite tutte di

acqua, sicché i servitori le portarono ad una fontana situata in una

cantina, munita di recipiente di pietra e una pompa. Le urne erano

vasi di terracotta molto grandi e pesanti, tanto che erano necessari

due uomini per trasportarle. Dall’alto in basso, esse avevano diversi

cannelli chiusi con dei tappi; cosicché quando il liquido veniva

consumato fino a una certa altezza, per versarlo si apriva il tappo

che era più in basso. Per versare, inoltre, non era necessario

sollevare l’urna, bastava inclinarla di poco sulla sua base elevata.

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Quando le sei urne piene furono disposte sul buffet, Gesù si

avvicinò benedicendole, dopodiché, tornando al suo posto, ordinò:

“Versate e portate da bere al maître.” Quando quest’ultimo ebbe

gustato il vino, andò dallo sposo e disse: “Di solito, all’inizio del

banchetto si dà agli invitati il vino buono e poi, quando tutti sono

sazi, si fa bere quello mediocre. Voi invece solo adesso fate servire

il vino migliore.” Egli non sapeva che spettavano a Gesù sia la

fornitura di vino che la seconda parte del banchetto, cosa che era

nota solo alla santa Famiglia, agli sposi e ai parenti di questi ultimi.

Così, benché i servi affermassero che si trattava solo di acqua,

anche lo sposo e il padre della sposa, con grande stupore,

assaggiarono quel vino. Tutti gli altri poi ne bevvero, ma dinanzi a

quel miracolo osservarono un rispettoso silenzio evitando di

suscitare clamori.

Gesù prese lo spunto da quel prodigio per dare altri insegnamenti.

Fra le altre cose, Egli disse che il mondo dapprima inebria col vino

forte, dopodiché, approfittando dell’ubriachezza degli uomini, serve

la bevanda peggiore. Non così avveniva nel regno che il Padre

celeste gli aveva donato. Lì infatti l’acqua pura diventa vino

squisito, così come la tiepidezza deve mutarsi in fervore ed

energico zelo. Inoltre, Gesù parlò del pranzo al quale, con molti dei

presenti, aveva partecipato a dodici anni dopo il suo ritorno dal

tempio. Allora, come Egli ricordò loro, aveva parlato del pane e del

vino raccontando una parabola relativa ad un matrimonio dove

l’acqua della tiepidezza si sarebbe mutata nel vino dell’entusiasmo,

profezia che si compiva proprio allora. Gesù disse anche che essi

avrebbero assistito a prodigi più grandi, e che Egli avrebbe

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celebrato la Pasqua molte volte, ma nell’ultima, il vino sarebbe

stato mutato in sangue e il pane in carne. Assicurando che sarebbe

rimasto accanto a loro a consolarli e fortificarli fino alla fine, Egli

aggiunse che dopo quel pasto gli sarebbero accadute cose che essi

per ora non potevano comprendere. In realtà Gesù non spiegava

tutto ciò apertamente, ma lo celava in parabole, che tuttavia ho

dimenticato.

Gli invitati, ascoltando quelle parole, furono assaliti da timore e

meraviglia. Quel vino aveva operato in loro una sorta di

trasformazione; sicché al di là del miracolo cui avevano assistito, fu

il vino stesso, come i frutti mangiati in precedenza, ad operare

interiormente in loro fortificandoli e modificandoli profondamente.

I discepoli, i parenti e gli altri convitati erano tutti persuasi della

potenza, della dignità e della missione del Salvatore. Essi

credevano in Lui e tale fede si era trasmessa in tutti nel medesimo

istante. Coloro che avevano bevuto quel vino divennero migliori, più

ferventi e più uniti. Gesù si era così stabilito per la prima volta al

cuore della comunità che stava formando durante il primo prodigio

che Egli operava in mezzo ad essa e per essa, al fine di fondarla

nella fede in Lui. Ecco perché nei Vangeli si dice che questo fu il suo

primo miracolo, così come l’ultima Cena è stato tramandato come

l’ultimo, cosa che i suoi discepoli allora credevano.

Alla fine del pasto, lo sposo volle ancora parlare con Gesù in

disparte. Egli si rivolse al Signore con profonda umiltà

dichiarandogli di sentirsi morto a tutte le passioni della carne e che

desiderava vivere nella continenza assieme alla sua sposa, se ciò lo

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trovava giusto. Anche la sposa andò a trovare Gesù per riferirgli la

stessa cosa; al che il Signore li convocò entrambi e parlò loro del

matrimonio, della purezza tanto apprezzata da Dio e dei frutti che

la vita spirituale rende cento volte più numerosi. Egli citò molti

profeti e santi che avevano vissuto nella castità immolandosi al loro

Padre celeste, spiegando come essi avessero avuto per figli

spirituali molte persone smarrite riportate poi al bene. Essi inoltre

avevano dato alla luce una numerosa e santa discendenza.

Gli sposi allora fecero voto di continenza per tre anni, impegnandosi

a vivere come fratello e sorella. Poi si inginocchiarono per ricevere

la benedizione dal Signore.

Il 3 gennaio la veggente stava molto male e poté dire soltanto ciò

che segue: Gesù diede altri insegnamenti nella sala della festa. Non

si passeggiò più all’aperto. Molti discepoli di Giovanni battista

partirono, così come Lazzaro e Marta. Li ho visti mangiare qualcosa

distesi con gli abiti rimboccati. Durante tutta la festa, il padre della

sposa trattò Lazzaro come un uomo degno del massimo rispetto,

occupandosi personalmente delle portate a lui destinate. Lazzaro è

un uomo serio, dal temperamento riservato e affettuoso. Egli è

sempre calmo, parla poco e guarda Gesù con molto fervore.

[Il corteo delle nozze]

La sera del quarto giorno delle nozze, un corteo numeroso

accompagnò gli sposi alla loro nuova casa. Veniva trasportato

anche un candelabro con diverse candele accese, ognuna delle quali

rappresentava una lettera dell’alfabeto. Dinanzi al corteo, dei

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fanciulli portavano su delle bande di stoffa una corona di fiori aperti

e una di fiori non ancora sbocciati. Essi sfilarono dinanzi alla casa

degli sposi seminando petali attorno ad essa. Gesù, all’interno della

casa, li benedisse.

Secondo la suora, questo rito era puramente formale, poiché gli

sposi sarebbero in realtà rimasti ancora presso i rispettivi genitori

fino al termine della festa e dei digiuni che stavano per iniziare.

[4 gennaio: conclusione della festa]

La maggior parte degli ospiti, fra cui Maria e le altre donne, erano

già partiti. Nathanaël Khased, i figli di Cleofa, chiamati fratelli di

Gesù8, e altri discepoli erano ancora presenti. La sera del quarto

giorno, che era l’inizio del sabato e del settimo giorno del Thebet,

Gesù insegnò alla sinagoga sulla festa che si stava compiendo,

parlando, fra le altre cose, dell’obbedienza e delle pie disposizioni

degli sposi.

8 Inutile ricordare le infinite congetture diffuse oggi sui “fratelli di Gesù”, cui questa semplice frase sembra dare una risposta.