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Le novità sul versante penale del Decreto Fiscale 2020 (decreto-legge n. 124/2019) Pene più severe e abbassamento delle soglie di punibilità, estensione ai reati tributari della confisca dei beni di cui il condannato abbia disponibilità per un valore sproporziona- to al proprio reddito, introduzione del reato di Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti nellambito di quelli che possono de- terminare la responsabilità delle società, ai sensi del d.lgs. 231/2001. Sono queste le tre novità di carattere penalistico contenute nel decreto-legge n. 124/2019, recante Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili ”, che è stato approvato dal Governo lo scorso 26 di ottobre. Va detto che la riforma – immediatamente ribattezzata manette agli evasori per lo spirito che la caratterizza – per il momento rimane ancora in naftalina, visto che l Esecutivo ha espressamente stabilito che l entrata in vigore delle pre- visioni contenute allinterno dellart. 39 del decreto-legge, che per lappunto racchiude le modifiche apportate al siste- ma penale tributario, sia differita alla data di pubblicazione della relativa legge di conversione. Nellattesa di verificare se il Parlamento condividerà in tutto e per tutto le scelte adottate dal Governo o se invece, in sede di conversione, saranno introdotte alcune modifiche da parte della Camera o del Senato, vale la pena passare in rassegna le principali novità contenute nel testo licenziato dal Consiglio dei Ministri. INASPRIMENTO DELLE CORNICI EDITTALI E ABBASSAMENTO DELLE SOGLIE DI PUNIBILITÀ Pene più severe, innanzitutto, per le frodi fiscali. Infatti, la pena della reclusione per la dichiarazione fraudo- lenta mediante uso di fatture o altri documenti per opera- zioni inesistenti (art. 2, d.lgs. 74/2000) salirebbe a un mini- mo di 4 anni e un massimo di 8, rimanendo confinata a quella attuale (da 1 anno e 6 mesi a 6 anni) nel caso l impor- to degli elementi passivi falsi non dovesse superare i 100 mila euro. Rilevante anche laumento previsto per la fattispecie di di- chiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3), la cui cornice edittale, oggi racchiusa tra 1 anno e 6 mesi a 6 anni, verrebbe rideterminata nel minimo a 3 anni e nel massimo a 8. Quanto alla dichiarazione infedele (art. 4) la pena salirebbe da 2 a 5 anni di reclusione (dagli attuali da 1 a 3) ma, soprat- tutto, ne risulterebbe esteso l ambito di applicazione in virtù dellabbassamento delle soglie di rilevanza penale, interve- nendo tanto sul valore dell imposta evasa (che passerebbe da 150 mila a 100 mila euro), quanto su quello degli ele- menti attivi sottratti a imposizione (da 3 a 2 milioni di euro). 11 NOVEMBRE 2019

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Le novità sul versante penale del Decreto Fiscale 2020 (decreto-legge n. 124/2019)

Pene più severe e abbassamento delle soglie di punibilità,

estensione ai reati tributari della confisca dei beni di cui il

condannato abbia disponibilità per un valore sproporziona-

to al proprio reddito, introduzione del reato di Dichiarazione

fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per

operazioni inesistenti nell’ambito di quelli che possono de-

terminare la responsabilità delle società, ai sensi del d.lgs.

231/2001.

Sono queste le tre novità di carattere penalistico contenute

nel decreto-legge n. 124/2019, recante “Disposizioni urgenti

in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, che è stato

approvato dal Governo lo scorso 26 di ottobre.

Va detto che la riforma – immediatamente ribattezzata

“manette agli evasori” per lo spirito che la caratterizza – per

il momento rimane ancora in naftalina, visto che l’Esecutivo

ha espressamente stabilito che l’entrata in vigore delle pre-

visioni contenute all’interno dell’art. 39 del decreto-legge,

che per l’appunto racchiude le modifiche apportate al siste-

ma penale tributario, sia differita alla data di pubblicazione

della relativa legge di conversione.

Nell’attesa di verificare se il Parlamento condividerà in tutto

e per tutto le scelte adottate dal Governo o se invece, in

sede di conversione, saranno introdotte alcune modifiche

da parte della Camera o del Senato, vale la pena passare in

rassegna le principali novità contenute nel testo licenziato

dal Consiglio dei Ministri.

INASPRIMENTO DELLE CORNICI EDITTALI E

ABBASSAMENTO DELLE SOGLIE DI PUNIBILITÀ Pene più severe, innanzitutto, per le frodi fiscali.

Infatti, la pena della reclusione per la dichiarazione fraudo-

lenta mediante uso di fatture o altri documenti per opera-

zioni inesistenti (art. 2, d.lgs. 74/2000) salirebbe a un mini-

mo di 4 anni e un massimo di 8, rimanendo confinata a

quella attuale (da 1 anno e 6 mesi a 6 anni) nel caso l’impor-

to degli elementi passivi falsi non dovesse superare i 100

mila euro.

Rilevante anche l’aumento previsto per la fattispecie di di-

chiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3), la cui

cornice edittale, oggi racchiusa tra 1 anno e 6 mesi a 6 anni,

verrebbe rideterminata nel minimo a 3 anni e nel massimo

a 8.

Quanto alla dichiarazione infedele (art. 4) la pena salirebbe

da 2 a 5 anni di reclusione (dagli attuali da 1 a 3) ma, soprat-

tutto, ne risulterebbe esteso l’ambito di applicazione in virtù

dell’abbassamento delle soglie di rilevanza penale, interve-

nendo tanto sul valore dell’imposta evasa (che passerebbe

da 150 mila a 100 mila euro), quanto su quello degli ele-

menti attivi sottratti a imposizione (da 3 a 2 milioni di euro).

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A rendere ancor più evidente il cambio di rotta rispetto alle

direttrici che avevano ispirato la riforma del 2015, interver-

rebbe l’abrogazione del comma 1 ter, e cioè di quella causa

di esclusione della punibilità, inserita dal Governo Renzi, per

il caso di non corretta valutazione di elementi esistenti, lad-

dove la divergenza rispetto alle valutazioni corrette fosse

inferiore al 10%.

Anche per quanto riguarda la fattispecie di omessa dichia-

razione (art. 5) – fattispecie che le Procure della Repubblica

sono solite contestare anche nei casi di esterovestizione

societaria e di stabile organizzazione – si registrerebbe un

considerevole inasprimento della cornice edittale, che non

sarebbe più ricompresa tra 1 anno e 6 mesi e 4 anni, ma

salirebbe da 2 a 6 anni.

Quanto al reato di emissione di fatture per operazioni inesi-

stenti (art. 8), l’attuale pena della reclusione da 1 anno e 6

mesi a 6 anni si applicherebbe nella sola ipotesi in cui l’im-

porto indicato non rispondente al vero fosse inferiore, per

periodo d’imposta, a euro 100.000; nel caso, invece, fosse

superiore, la cornice edittale sarebbe da un minimo di 4 a

un massimo di 8 anni.

Del pari, l’art. 10, Occultamento o distruzione di documenti

contabili, subisce un inasprimento della cornice edittale che

passa – da 1 anno e 6 mesi a 6 anni – a un minimo di 3 a un

massimo di 7 anni di reclusione.

Con riferimento, invece, alle fattispecie di omesso versa-

mento di ritenute dovute o certificate (art. 10 bis) e di

omesso versamento dell’IVA (art. 10 ter), il decreto fiscale,

pur non prevedendo modifiche delle rispettive attuali corni-

ci edittali, estende l’area di rilevanza penale intervenendo

sulle soglie di punibilità, che passano per le ritenute da 150

mila a 100 mila euro e per l’IVA da 250 mila a 150 mila euro.

Evidente, anche in questo caso, la marcia indietro rispetto

alle modifiche introdotte nel 2015, quando fu deciso di alza-

re le soglie di rilevanza penale per andare incontro ai piccoli

e medi imprenditori alle prese con la crisi economica.

I risvolti del complessivo inasprimento delle pene deciso dal

Governo non sarebbero di poco conto, basti considerare che

avrebbero l’effetto di allungare termini di prescrizione e

soprattutto di allontanare la possibilità di benefici ex ante

(sospensione condizionale della pena, già limitata ai sensi di

quanto previsto dal comma 2 bis dell’art. 12 d.lgs. 74/2000)

o ex post (misure alterative alla detenzione).

Con riguardo, poi, alle fattispecie per le quali è stato previ-

sto l’innalzamento del massimo edittale a, perlomeno, 5

anni di reclusione – è il caso della dichiarazione infedele (art.

4) e dell’omessa dichiarazione (art. 5) – gli effetti che ne

conseguirebbero sarebbero ancor più rilevanti, aprendo la

strada sia alle intercettazioni telefoniche che alla custodia

cautelare in carcere.

Ma dal suddetto aumento conseguirebbe, paradossalmente,

anche un allungamento dei processi relativi a queste fatti-

specie di reato.

Fino ad oggi, infatti, per la dichiarazione infedele e per l’o-

messa dichiarazione è previsto - secondo quanto disposto

dall’art. 550 del codice di rito per i reati il cui massimo edit-

tale non superi i 4 anni di reclusione - che il pubblico mini-

stero che intenda esercitare l’azione penale provveda a cita-

re direttamente l’imputato a giudizio avanti al giudice del

dibattimento, saltando la fase dell’udienza preliminare. Se il

decreto dovesse essere convertito in legge nel testo appro-

vato dal Governo, tale facoltà non sarebbe più consentita ed

il pubblico ministero che si fosse convinto della colpevolezza

dell’imputato si vedrà quindi costretto a chiedere il rinvio a

giudizio al giudice dell’udienza preliminare, con inevitabili

conseguenze sia in termini di aumento del carico di lavoro

degli uffici GIP, sia, come detto, in termini di allungamento

dei tempi del giudizio.

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ESTENSIONE DELLA CD. “CONFISCA

ALLARGATA” AI REATI TRIBUTARI La seconda grande novità prevista nel decreto legge è rap-

presentata dall’applicabilità anche ai reati tributari (ad ec-

cezione delle fattispecie di cui agli artt. 10 bis e 10 ter) della

confisca “per sproporzione” o “allargata” (già applicabile ad

altri reati - in primis quelli di criminalità organizzata e, dal

2018, anche gran parte dei delitti contro la pubblica ammi-

nistrazione – selezionati dal Legislatore per il loro disvalore

sociale), così chiamata proprio perché consente, pronuncia-

ta sentenza definitiva di condanna o di applicazione della

pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), il seque-

stro di quei beni di cui il condannato non è in grado di giu-

stificare la provenienza e di cui risulta essere titolare o

avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore spropor-

zionato al proprio reddito o alla propria attività economica.

L’istituto della confisca allargata (vale a dire della “confisca

del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato

non può giustificare la provenienza e di cui, anche per in-

terposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o

avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzio-

nato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul

reddito, o alla propria attività economica”) è stato introdot-

to nel nostro ordinamento dall’art. 12 sexies, comma 1, del

decreto-legge n. 306/1992 recante “Provvedimenti di con-

trasto alla criminalità mafiosa” e risulta oggi disciplinato – a

seguito della riforma operata con il d.lgs. n. 21/2018 recan-

te “Disposizioni di attuazione del principio della riserva di

codice nella materia penale” – dall’art. 240 bis c.p..

Il nuovo art. 12 ter d.lgs. n. 74/2000 disciplina espressa-

mente le condizioni di applicabilità dell’istituto della confi-

sca allargata; in particolare, si potrà procedere al seque-

stro finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 bis c.p. quan-

do:

a. “l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a

euro 100 mila nel caso del delitto previsto dall’articolo

2;

b. l’imposta evasa è superiore a euro 100mila nel caso dei

delitti previsti dagli articoli 3 e 5, comma 1;

c. l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a

euro 100 mila nel caso del delitto previsto dall’articolo

5, comma 1 bis;

d. l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture

o nei documenti è superiore a euro 100 mila nel caso

del delitto previsto dall’articolo 8;

e. l’indebita compensazione ha ad oggetto crediti non

spettanti o inesistenti superiori a euro 100 mila nel caso

del delitto previsto dall’articolo 10 quater;

f. l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è su-

periore ad euro 100 mila nel caso del delitto previsto

dall’articolo 11, comma 1;

g. l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effet-

tivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro 100

mila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma

2;

h. è pronunciata condanna o applicazione di pena per i

delitti previsti dagli articoli 4 e 10”.

Prima di chiudere è molto importante ricordare che la con-

fisca allargata è qualificata dalla giurisprudenza come una

misura di sicurezza patrimoniale, tendente a prevenire la

commissione di nuovi reati, mediante l’espropriazione, a

favore dello Stato, di beni che restando nella disponibilità

del reo, manterrebbero in vita l’attrattiva al reato.

Dalla qualificazione in termini di misura di sicurezza deriva

che, ai sensi dell’art 200 c.p., essa non è sottoposta al prin-

cipio di irretroattività della legge penale di cui agli art. 25,

comma 2, della Cost. e 2 comma 2 c.p., con la conseguenza

che può trovare applicazione anche in relazione a reati

commessi al tempo in cui non era ancora legislativamente

prevista.

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INTRODUZIONE DEL REATO DI DICHIARAZIONE

FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O

ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESI-

STENTI NELL’AMBITO DI QUELLI CHE POSSONO

DETERMINARE LA RESPONSABILITÀ DELLE SO-

CIETÀ, AI SENSI DEL D.LGS. 231/2001 La novità di maggior rilievo della bozza passata in Consiglio

dei Ministri è probabilmente costituita dall’imminente in-

troduzione del reato previsto all’art. 2 d.lgs. 74/2000

nell’ambito di quelli che possono determinare la responsa-

bilità delle società ai sensi del d.lgs. 231/2001, nei confronti

delle quali potranno essere irrogate sanzioni fino ad un

massimo di 774.500 euro.

Negli ultimi anni, la questione dell’opportunità di inserire i

reati tributari tra quelli presupposto della responsabilità

amministrativa dell’ente ai sensi della 231, è stato oggetto

di un ampio dibattito tra chi segnalava la necessità di col-

mare un vuoto di tutela degli interessi erariali e chi eviden-

ziava il rischio di duplicazioni sanzionatorie, considerato

che l’irrogazione in capo all’ente di sanzioni amministrative

a fronte dell’illecito fiscale di un proprio dipendente, rap-

presentante o amministratore è già prevista dall’art. 7 d.lgs

n. 269/2003.

Senonché, il monito perentorio di introdurre la responsabi-

lità ex d.lgs 231/2001 anche per i delitti fiscali è arrivato

direttamente dall’Unione Europea, specificamente dalla

Direttiva 1371/2017 (cd. Direttiva PIF) con la quale il legisla-

tore eurounitario ha di fatto imposto agli Stati membri di

proteggere gli interessi finanziari dell’UE da frodi e da altri

gravi reati ai danni del sistema comune d’imposta sul valo-

re aggiunto, anche attraverso l’introduzione di una specifi-

ca responsabilità in capo alle persone giuridiche.

Anche in questo caso non sono affatto escluse modifiche,

da parte del Parlamento, al testo approvato dal Governo,

che potranno riguardare sia l’inserimento di ulteriori fatti-

specie (oltre a quella di cui all’art. 2) tra quelle che potran-

no generare la responsabilità dell’ente, sia, soprattutto, la

previsione, nell’alveo del trattamento punitivo, di sanzioni

interdittive onde scoraggiare l’attività criminosa (con parti-

colare riguardo all’esclusione da finanziamenti o agevola-

zioni, alla sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o

concessioni ovvero al divieto di contrarre con la pubblica

amministrazione o di pubblicizzare beni o servizi), delle

quali il decreto-legge n. 124/2019 non fa parola.

In ogni caso, qualsiasi sarà la soluzione, quel che è certo è

che le aziende saranno ora tenute a provvedere al più pre-

sto all’aggiornamento dei propri modelli di organizzazione

e gestione.

CONTATTI

Nicolò Pelanda

[email protected]

Giulia Marrazza

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