LE FRANCESI SONO SEMPRE BELLE -...

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LE FRANCESI SONO SEMPRE BELLE

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LE FRANCESI SONOSEMPRE BELLE

MIREILLE GUILIANO

LE FRANCESI SONOSEMPRE BELLE

Affrontare il tempo con stile

Traduzione diPaola lanterna

Titolo originale: French Women Don’t Get Facelifts © 2013 by TK

Realizzazione editoriale: Conedit Libri Srl - Cormano (MI)

ISBN 978-88-566-3745-8

I Edizione 2014

© 2014 - EDIZIONI PIEMME Spa, Milanowww.edizpiemme.it

Anno 2014-2015-2016 - Edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

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Introduzione

INVECCHIARE CON TALENTO

La scorsa estate, in Provenza, uno dei figli di un caro amico, mi disse: «Sei vecchia». «Sì, lo so» affermai. Cos’altro potevo rispondere? Naturalmente, per un bambino, persino un quarantenne è un vecchio. Suo padre, imbarazzato e confuso, si scusò. Tuttavia, avevo già fatto i conti con i sessant’anni osservandomi allo specchio, ed ero consapevole dei miei cambiamenti fi-sici.

Ora mi muovo in tgv a tariffa agevolata, ma nono-stante questo, viaggio ancora veloce.

Sta di fatto che mentalmente non mi sento vecchia. Io non penso realmente all’età, sebbene talvolta si fac-cia sentire... e vedere. Nella mia mente non ho età, o almeno si è fermata all’idea che ho di me su alcune vec-chie foto. Quando le guardo mi sento una viaggiatrice del tempo capace di ingannare lo scorrere degli anni, che vive in quelle foto nel presente.

Scopro una felicità nuova, mai provata prima. È una sensazione che mi sorprende. La gente ha paura di in-vecchiare o di sentirsi vecchia, ma al giorno d’oggi si è vecchi a novant’anni, non a sessanta, e nemmeno a set-tanta. Non sono l’unica a scoprire che gli anni che pas-sano portano innegabili vantaggi. In questo, mi ricono-

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sco nelle donne francesi della mia età, sessantacin- quenni e settantenni soddisfatte e felici.

Gli esperti spiegano che questo stato di serenità è una peculiarità dell’età matura, che ci aiuta a compiere scelte che ci appagano, o a essere soddisfatti di quello che abbiamo, indipendentemente dal fatto di essere uomini o donne.

A quest’età siamo certamente più interessati all’esse-re che al divenire: l’ansia di fare carriera è ormai un lontano ricordo, la posizione sociale è consolidata e ci siamo pacificati con i nostri limiti.

In America prevalgono una cultura ossessionata dal mito dell’eterna giovinezza e, soprattutto, una filoso-fia interventista, mirata ai risultati. Così la vecchiaia è etichettata come negativa. Diventiamo meno multi-tasking, e non ci interessa più tanto esserlo. È così ne-gativo? Un’amica di novantaquattro anni ogni tanto mi dice: «Invecchiare fa schifo».

Ma alcuni lo dicono anche dell’adolescenza! Io non perdo mai lo stimolo a pensare che cosa posso fare ades-so per godermi le prossime fasi della vita. Economisti, sociologi e psicologi tentano di dare una definizione del termine soddisfatto, una forma più blanda di “feli-ce”, di certo più adatta al modo francese. Con sorpresa ho scoperto che gli studi dimostrano che si è meno feli-ci e soddisfatti tra i venti e i cinquant’anni, età dopo la quale si comincia a far pace con se stessi e il mondo. Così, siate allegre nel festeggiare il cinquantesimo com-pleanno. Segna l’inizio di una nuova felicità.

Quando avevo trenta o quarant’anni, non pensavo alla vecchiaia. Per lo più vivevo il presente, alla ricerca della massima pienezza. In ogni caso, non trascuravo la salute e conducevo uno stile di vita sano. Tre dei miei quattro libri sono dedicati alla possibilità di creare un

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legame salutare con il cibo. Ma è solo una parte dell’art et joie de vivre, l’arte e la gioia di vivere.

Ho i geni per vivere ancora molti anni e voglio sape-re come affrontare l’età per godermela fino in fondo. E so di non essere la sola. La mia amica non si sarebbe mai sognata di arrivare a novantaquattro anni, o che sarebbe mai stata pronta per le fasi successive della vita nel mo-do in cui io intendo. E non sto tanto pensando all’età come numero, quanto al sentirsi bene e ad avere un aspetto sano nei prossimi dieci anni. Il mondo sta invec-chiando: l’Europa sta invecchiando, l’America sta in-vecchiando, la Cina e altre nazioni stanno invecchiando. Sono una figlia del baby boom, e la realtà è che ogni giorno più di settemila americani arrivano alla soglia dei sessantacinque anni. Dal 2030, il 18% della popola-zione americana sarà vecchia, in aumento rispetto al 12% di oggi. Questa percentuale è valida per la mag-gior parte delle nazioni. Dal 2025, un terzo dei giappo-nesi avrà sessantacinque anni o più.

Per questo, e forse perché sono francese, ho pensato a un libro che suggerisse i modi per “invecchiare con grazia”, un’espressione che tuttavia non mi soddisfa. Preferisco dire “invecchiare con talento”: è più vicino al mio credo.

Come tutti coloro che tengono i piedi in due paesi, la Francia, dove sono nata, e gli Stati Uniti, la mia patria di adozione, posso talvolta cogliere aspetti positivi e follie di ogni cultura, e condividere con altre donne e uomini quello che sembra funzionare – ma anche non funzionare – così bene. Consideriamo per esempio il lifting e altri interventi di chirurgia estetica.

In tutto il mondo la chirurgia estetica sta diventando una sorta di religione, e in molti vanno dal chirurgo estetico come in pellegrinaggio, per avere pelle tesa co-

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me un tamburo ed esibire sorrisi statici. La Francia, paese devoto alla bellezza femminile, in cui le donne di una certa età sono modello di eleganza, desiderio e se-duzione, non è la terra del lifting, come invece la Corea del Sud o l’America. Le donne francesi cercano un look più naturale, optano per creme e scrub – okay, forse guardano con curiosità al botox o ai filler – ma prima di ricorrere allo scalpello del chirurgo estetico fanno at-tenzione a ciò che mangiano e al modo in cui si vesto-no. E quando cercano un piccolo ritocco magico, il più delle volte si tratta di liposuzione.

La chirurgia estetica sta dilagando e non è mia inten-zione combattere contro i mulini a vento. Le statistiche rivelano che gli asiatici ne sono letteralmente innamo-rati. Così come non potremmo più vivere senza aria condizionata e, per proteggere l’ambiente, non ci ver-rebbe in mente di farne a meno ma di puntare a una maggiore efficienza e a una gestione più saggia dei con-sumi, così non c’è intenzione di spegnere il tasto “chi-rurgia estetica”. Ma questo non ci renderà comunque più giovani o più longevi. Per alcune persone, fa parte del quadro olistico. Per affrontare l’età con talento, io preferisco ridipingere dall’interno all’esterno, non vi-ceversa.

Quando ci si trova a metà dell’esistenza, è bene avere un valido piano di battaglia, una strategia basata sul “conosci te stesso”; possedere una massiccia dose di buon senso e di entusiasmo per la vita.

Per me si tratta di sentirsi bien dans sa peau, bene nella propria pelle. Voi e io non abbiamo la stessa gene-tica, non viviamo negli stessi luoghi, non abbiamo le stesse risorse, ma possiamo avere lo stesso atteggiamen-to di base: sentirci bene nella nostra pelle. Ognuno di noi è unico, così non esiste un piano che calzi a pennel-

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lo per tutti. Creare un programma individuale è vitale, ed è un compito che dovrete svolgere da sole. Nessuno può farlo per voi. E per prima cosa, un programma è un approccio mentale, un atteggiamento.

I media sono quelli che producono i danni peggiori, bombardandoci quotidianamente di immagini perfet-te, patinate e irreali, di personaggi famosi o meno. È vero che siamo più longevi, ma il culto della giovinezza ha fatto sì che le donne siano ossessionate dal voler ap-parire più giovani della loro età. E spesso, quando que-sta meta diventa un miraggio irraggiungibile, arrender-si sembra la via di fuga più facile. Troppe donne dai quaranta in su se laissent aller, si lasciano andare. Guar-datevi attorno: il sovrappeso sta diventando spavento-samente normale; come vestire in modo trasandato. Poi ci sono gli imbrogli promossi nei talk show, sulle riviste femminili e i blog, con consigli delle celebrità, ricette e dritte inventate da ogni sorta di “esperti. Le donne tendono, a me pare, ad avere comportamenti estremi. Per loro vige la regola del “tutto o niente” nell’approccio alla dieta, per esempio, che credo viaggi in parallelo al loro modo di considerare l’età. Di solito sono donne che vogliono vedersi giovani e perfette, ma poi non possono ignorare il fatto che hanno imboccato il viale del tramonto. Una volta che si sentono vecchie, si arrendono. Da che cosa dipende? È una questione di atteggiamento. Lo stato emotivo e psicologico ha un impatto enorme sull’aspetto esteriore.

Oggigiorno, sembra che ogni nuovo prodotto, ricet-ta, dieta siano nati per mantenervi giovani, belli e in forma. E se in alcuni casi è credibile, in altri non lo è. Studiate un sistema per affrontare gli anni che preveda dei rituali quotidiani, un po’ di divertimento e sponta-neità, niente di drastico o che vi spaventi. Prima comin-

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ciate, prima vi sentirete meglio. I quarant’anni sono una buona base di partenza. Se invece avete superato i quaranta, non preoccupatevi, ma non perdete altro tempo e saltate a bordo.

Cinquant’anni? Senza dubbio l’età della svolta. In-fatti, non è mai troppo tardi per condividere i segreti di questo libro, che contiene informazioni, nuovi consigli e suggerimenti per trovare una formula vincente e per-sonale. Come sempre ho riportato storie e aneddoti che riguardano la mia vita, con la speranza che possano es-servi di aiuto. La fonte della giovinezza non può trovar-si tra le pagine di un libro, né tra i dettagli di ogni argo-mento setacciato su internet. Lo possono, invece, un atteggiamento e un approccio risoluti.

Questo libro è rivolto alle lettrici che desiderano tro-vare una formula per la vita che possa migliorare il loro aspetto e la loro salute senza privarle dei piaceri, e che le aiuti a sentirsi bene nella loro pelle. Consideratelo una chiamata a imbracciare le armi contro gli assalti dell’età. Nelle pagine che seguono troverete i segreti per togliervi dalle spalle il peso di dieci anni.

Adesso, come diciamo in Francia, attaquons.

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FACCIA A FACCIA CON LA LEGGE DI GRAVITÀ

Mio marito ha avuto i baffi biondi per quasi tutta la vita. Finché un giorno, non molto tempo fa, venne da me e disse: «Guarda, ho i baffi bianchi». È vero, e pro-babilmente erano già così da almeno tre anni prima che lui se ne accorgesse.

Non so cosa pensi una farfalla – se pensa – quando si specchia. Ma so che se vogliamo essere in grado di far fronte all’età che avanza, dobbiamo guardarci allo specchio come siamo veramente, dentro e fuori. Molte di noi tendono a ingannarsi. Non si vedono come sono adesso. Spesso vedono chi erano, o sono accecate da chi vogliono essere o chi pensano di essere.

Conoscere se stesse con obiettività è fondamentale per affrontare gli anni che passano, così come star bene nella propria pelle, godere di buona salute e avere un atteggiamento positivo nei confronti dell’età.

Un elemento essenziale quando si invecchia è conce-dersi la classica occhiata periodica allo specchio, per quanto veritiera e impietosa.

Che cosa cercate davvero? Non potete acquistare un libro, guardare o ascoltare un programma sulla vec-chiaia senza riconoscere gli argomenti che contengono i “soliti sospetti”: salute, aspetto, esercizio, nutrizione,

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stile di vita, miracoli estetici (una sub-categoria di cui fa parte presumibilmente la chirurgia estetica).

Ai quali voglio aggiungere come categoria generale, utile per l’autovalutazione e un minimo di autotrasfor-mazione:

• l’atteggiamento.

Alcune domande specifiche che potreste farvi quan-do vi osservate allo specchio verranno dopo. Tuttavia, riconoscete fin dall’inizio il potere dell’atteggiamento. È una pillola magica. E si sa che gli umani sono alla ri-cerca dalla notte dei tempi della pozione dell’eterna giovinezza.

l’atteggiamento delle donne franCesi

La forza di gravità funziona in Francia esattamente come nel resto del mondo, specialmente quando si arri-va ai sessanta e ai settant’anni, se non prima. Ma le fran-cesi affrontano l’età con un diverso atteggiamento men-tale rispetto alle donne di altre culture. Riguardo alla vecchiaia, la differenza più significativa tra le francesi e le altre non è tanto nella cura della persona, del viso e della pelle, del look o dell’alimentazione, bensì nell’at-teggiamento. Le francesi hanno una diversa concezione di che cosa significhi essere vecchi. In un recente son-daggio internazionale, la Francia risultò essere la nazio-ne meno preoccupata dell’età: un impassibile terzo del-la popolazione riteneva “vecchio” chi supera gli ottanta.

Certamente in Francia una donna di quaranta e cin-quant’anni è ancora affascinante e vista come oggetto di desiderio. Si sente desiderata e si comporta di conse-

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guenza, ma non inganna sull’età. Si sente bene in se stessa e con se stessa. Si cura e fa attenzione al peso e all’aspetto, ma non cerca di apparire come quando ave-va vent’anni. La cultura americana, così come molte altre, è una cultura giovane. La Francia no. Mi vengo-no in mente le grandi attrici francesi. Probabilmente tutte sfoggiano grazia e avvenenza, tuttavia diverse dal-la bellezza di quando erano ventenni. Juliette Binoche? Nata nel 1964. L’eterna icona Catherine Deneuve? Na-ta nel 1943. Anche quelle alle soglie dei quaranta, co-me Marion Cotillard, appaiono “mature” nell’esibire un aspetto seducente, che emana pienezza ed esperienza.

Ci sono molte giovani donne nei film francesi, ma non sono le intramontabili Charlie’s Angels. Nemmeno la piatta e incantevole Amélie, Audrey Tautou. Le don-ne di cinquant’anni sono rappresentate il più delle vol-te con partner, e talvolta più giovani. Mentre le francesi nei film e nella vita possono essere semplici impiegate (una caratteristica della Francia) o oggetti di desideri discreti, nelle loro vite personali al di fuori dello scher-mo, desiderano essere “intellettuali”. Le francesi sono in grado di citare Rousseau o Cartesio sin dal liceo e sono pronte a discutere di ogni argomento, dal cibo che hanno nel piatto all’ultimo scandalo politico. Esse-re adulte significa essere cresciute. Ed essere cresciute significa perdere le insicurezze della vita, come preoc-cuparsi troppo della legge di gravità. Le francesi di una certa età sono troppo impegnate a vivere il momento, e addirittura in modo competitivo.

Avrete sicuramente sentito che i cinquanta sono i nuovi quaranta. Io ho scritto che i cinquantanove sono talvolta i nuovi sessanta. Ahimè, una vignetta sul «New Yorker» diceva: «I settantacinque sono il nuovo nulla». Spero di no, ma non suggerisce di restare ancorati ai

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settanta... e a che pro? O ai sessanta o ai cinquanta. Car-pe diem.

sentirsi attraenti

Quante volte avete sentito espressioni come: «È tut-to nella tua testa», o «Smetti di pensarci o ti ammale-rai», o «Ha perso la voglia di vivere»? Sicuramente so-no affermazioni che rientrano nella categoria: niente di nuovo sotto il sole.

La novità invece – se ancora considerate tale i cin-quant’anni – è che adesso abbiamo la prova scientifica che il potere della magia non solo funziona, ma è scienza umana. Il campo in questione ha anche un nome: psico-neuroimmunologia. La fede è il potere della medicina.

Ricordate l’effetto placebo? È un dato di fatto che in molti casi, più le persone credono in un trattamento o in una medicina, più sperimentano effetti benefici sulla salute. Gli effetti placebo hanno aiutato a ridurre ansie-tà, sofferenza, depressione e parecchi altri disturbi. Po-chi decenni fa fu scientificamente provato che il siste-ma immunitario è connesso al cervello e che ci sono complesse comunicazioni tra neurotrasmettitori, e tra ormoni e neurotrasmettitori.

Anche se difficilmente lo può fare una pillola anti-aging da sola, il convincimento consapevole e il condi-zionamento subliminale possono controllare i processi del corpo, come le risposte immunitarie e il rilascio di ormoni. Mettete un cerotto a un bambino e in qualche modo si sentirà meglio per una ragione non chiara. Sap-piamo che i social network possono aiutare le persone a sopravvivere al cancro. Forse non si tratta di effetto pla-cebo in senso stretto, ma della prova evidente del ruolo

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del cervello nella salute fisica e, ovviamente, nella salu-te mentale. La meditazione, naturalmente, è un mezzo eccezionale per distrarre le menti da delusioni e stress, e raggiungere una forma di pace più profonda. I meto-di di meditazione consentono alle persone di ridurre la pressione sanguigna, alleviare il dolore, compiere cam-biamenti nel cervello e in altre funzioni del corpo.

Il punto è: il potere di farci sentire meglio è nelle nostre mani. Lasciatevi andare. È una capacità sorpren-dente.

Realisticamente, il potere della mente può curare parte delle nostre malattie e accrescere i piaceri della vita. Sentirsi attraenti? Ebbene, a volte mi accade.

gli ottant’anni di Yvette

Sono cresciuta in Lorena, e la mia babysitter divenne con il tempo praticamente parte della famiglia. In esta-te, per esempio, venivo spedita in campagna, nella fat-toria di mia nonna in Alsazia, per un mese o due; Yvet-te si faceva carico di noi bambini e fungeva da mediatrice tra me e la mia severissima nonna. Anni do-po Yvette si sposò, ed ebbe due figli a cui badare, un maschio e una femmina. Io lasciai casa per un liceo vi-cino a Boston, per il college, a Parigi; e infine un marito a New York, e restammo in contatto tramite mia madre e qualche occasionale tazza di caffè. Nonostante tutto eravamo vicine col pensiero. Quando mia madre infine si “ritirò” nel sud della Francia potei contare su Yvette per ricevere periodiche notizie su di lei. Dopo la morte del marito, anche lei si “ritirò” nel sud della Francia, a Tolone sulla Riviera. Lì trovò un meraviglioso compa-gno, con il quale si sta godendo pienamente i suoi ot-

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tant’anni. Hanno anche una roulotte per andare in “campeggio” in un parco a non più di mezz’ora di stra-da dal loro appartamento. E ogni anno, in estate, ven-gono a trovarmi in Provenza.

La scorsa estate il suo adorabile compagno e suo figlio, Claude – che vive nell’estremo nord della Fran-cia – la accompagnarono. Mentre prendevamo il caffè con una fetta di Tropézienne, un dolce da svenimento così battezzato da Brigitte Bardot (sì, Yvette e io siamo molto gourmandes, ma ora con moderazione), la con-versazione si concentrò su New York, e su come i suoi figli, che l’avevano visitata pochi anni prima, si erano innamorati degli Stati Uniti. Yvette disse: «Sai Mireille, sono qui a parlare di New York, mentre il mio desiderio è venire a trovarti per vedere come vivi». Poi aggiunse con enfasi: «Ma mi piacerebbe farlo avant de veillir, pri-ma di invecchiare». Ora, questa è l’affermazione di un’attempata signora che invecchia con talento.

In quell’occasione decidemmo per la prima settima-na di novembre, dando sfoggio di un saper vivere la vita e godersi il momento presente che sopraggiunge con l’età. Dopo che fu andata via, una donna di trenta-due anni, un’altra ospite, disse che Yvette non dimo-strava la sua età ma, cosa ben più importante, non si comportava come una donna della sua età. Ed è vero: Yvette ha un modo affabile e amichevole di rapportarsi e guardare gli altri, i suoi occhi emanano una luce che rivela all’istante che ama la vita, ed è capace di goderla attimo dopo attimo.

Pochi mesi dopo mandai un’e-mail a suo figlio per accordarci sulla visita, e lui mi confermò che era in per-fetta forma, piena di vita, di carica, curiosità e del solito umorismo. Mangiava di tutto, solo in porzioni più pic-cole rispetto a un tempo; e benché dovesse perdere

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qualche chilo, si sentiva una leonessa. Cosa avrebbe vo-luto fare dopo aver visto come vivevo? Assistere a un musical e un’opera, sostenne suo figlio. Poche settima-ne più tardi Yvette aggiunse alla sua lista una partita di basket. Forse vale qualcosa l’affermazione che il Madi-son Square Garden è l’arena più famosa del mondo (pensavo fosse il Colosseo). Limiti fisici? Chiesi. Cam-mina benissimo, l’unico problema sono le scale. Alle-luia! Gli rammentai che abbiamo un ascensore che porta al quindicesimo piano!

JaCk

Jack sconfisse il cancro. E gli piaceva sfidare la gra-vità. Quando incontrai Jack, ero all’inizio della mia car-riera nelle pubbliche relazioni a New York. Lui era il nostro tipografo esterno, collaborava con me due volte alla settimana su diversi progetti. Non gli ho mai chie-sto l’età, ma sicuramente al tempo era sulla settantina. Un giorno, mentre mi parlava del suo amore per la Francia, mi sentii incoraggiata a chiedergli quale fosse la sua “ricetta” di ottimismo, energia, e vitalità; trala-sciai di menzionare la sua costante cortesia e il senso dell’umorismo.

Seppi allora che a cinquant’anni aveva avuto un can-cro che cambiò radicalmente la sua vita. Con le cure che faceva a New York, le cose non stavano andando bene, e decise di tentare con la medicina alternativa, fuori dagli Stati Uniti. Ricordo che il Messico fu una delle tappe. Quello che Jack trovò fu uno stile di vita e un atteggiamento mentale che abbracciavano lo yoga e l’alimentazione olistica. Per un uomo che era stato edu-cato a Brooklyn fu un lungo viaggio.

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Qual era la sua ricetta? La risposta era semplice: «Faccio yoga ogni mattina e in particolare me ne sto in verticale per venti minuti... e mangio sano». Notò la mia aria perplessa, e prima che me ne rendessi conto era in verticale, lì, nel mio ufficio, dinanzi alla mia espressione esterrefatta. «Da quando ho cinquant’an-ni,» spiegò una volta rimessosi in piedi «mangio meno. Mangio pesce e carne una volta alla settimana, e per lo più consumo semi, uova, frutta e verdura, del buon pa-ne, che preparo ogni sabato.» Niente pane confeziona-to per Jack. «Fare il pane mi rilassa, e la cosa più im-portante è che mangio molte zuppe con erbe e spezie, e yogurt», l’alimento per eccellenza delle donne francesi. Tutti preparati in casa, dato che non avrebbe mai com-perato «merda» (cito testualmente) al supermercato. Questo era prima che si trovassero sul mercato yogurt sani e naturali. Tuttavia, oggi ci sono anche centinaia di yogurt che Jack e io metteremmo nella categoria “cibo spazzatura”, perché contengono troppo zucchero, in-cluso, in alcuni, l’orribile sciroppo di glucosio, spesso marmellata zuccherata, e conservanti.

Gli dissi che probabilmente nella sua vita precedente era stato buddista o francese. Jack si dichiarò un miscu-glio di entrambi e che da quando aveva superato da un pezzo i cinquanta e il suo cancro non si era ripresenta-to, non si era mai sentito meglio. Spesso ho davanti la sua immagine, mentre in tenuta da lavoro si lancia in verticale, e immagino quanto sarebbe stata ridicola la scena, se qualcuno si fosse presentato nel mio ufficio, proprio in quel momento. Mi piaceva Jack e aspettavo le sue visite.

Effetto placebo per Jack? In parte, forse, ma funzio-na, e lui aveva il giusto atteggiamento e una fortissima volontà di vivere. Naturalmente, aveva incontrato lo

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yoga e una sana alimentazione. Due abitudini, come presto fu scientificamente provato, che facilitano una vita longeva, che Jack si godeva fino in fondo.

denise

Ammettiamolo: tutti noi ci domandiamo segreta-mente se alcune persone si vedono come in realtà sono quando si guardano allo specchio.

Ho una vecchia compagna di scuola, Denise, che fre-quentai assiduamente dai venti ai trent’anni. Ora la ve-do forse una volta all’anno. E ogni volta il suo aspetto mi lascia sconcertata. Denise avrebbe bisogno di guar-darsi allo specchio in modo obiettivo. Non dovremmo farlo tutte noi? Se non è Halloween, e noi sembriamo vestite per Halloween, ahimè, è tempo di darci una sve-gliata.

Talvolta mi domando se dovrei darle qualche dritta su come vestire o pettinarsi. Possiamo fare molto per indirizzare le nostre menti e i nostri corpi, che inesora-bilmente invecchiano, verso una via più sana e più felice. O forse Denise è felice così?

In realtà, felice non mi pare proprio. Infatti, ho piut-tosto la sensazione che si sia “arresa”, per ragioni che non comprendo.

Quando dico “arresa” intendo che si veste in modo sciatto e preferibilmente di nero, o con colori scuri. Ha bandito il tocco leggero di rossetto che portava e l’om-bretto che le illuminava lo sguardo. La sua pettinatura è decisamente superata. Ogni volta che la guardo, mi rievoca l’immagine di una donna uscita da qualche foto dell’Europa degli anni Quaranta. Non mi piace pensar-lo, ma è più forte di me.

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Ogni anno che passa sono rattristata che l’abisso tra i nostri “atteggiamenti” diventi sempre più profondo. Io scelgo di affrontare l’età con un atteggiamento posi-tivo, con proponimento e autostima. Il suo atteggia-mento sembra invece essere più orientato all’apatia.

Sono critica? Sicuro, anche realista, nell’illustrare un esempio di incapacità di invecchiare bene, col giusto atteggiamento, con talento. Ho lavorato sodo per crea-re un approccio mentale positivo verso l’età, e intendo proteggerlo. Quando le donne (e gli uomini) che ci cir-condano si arrendono, stare con loro è deprimente!

La mia amica potrebbe scuotersi dalla letargia? Po-chi suggerimenti attinti da questo libro già produrreb-bero risultati prodigiosi.

Le amicizie femminili sono essenziali nelle nostre vi-te, ma mentre invecchiamo è ancor più imperativo cir-condarci di persone positive, persone che hanno la no-stra stessa visione della vita. Ricordate quel vecchio adagio: «Hai l’età che ti senti»? Circondatevi di perso-ne che sono giovani dentro e che si prendono cura del corpo e della mente... e osservate cosa succede. I risul-tati vi piaceranno! Garantito!

sCordatevi la sfinge

Quanto ci aiuta organizzare pensieri e azioni per in-vecchiare con talento? Io dico, scordatevi l’enigma della Sfinge, scordatevi di camminare con un bastone, scor-datevi di classificare la senilità come terza età; può esse-re deprimente e fuorviante. Il libro tratta di tre atteggia-menti per affrontare l’età con talento, dentro e fuori: mentale, fisico ed esteriore. Come appariamo a noi stessi e agli altri? Come ci sentiamo fisicamente? Cosa vi dico-

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no gli esami medici? Come vi sentite mentalmente, a cosa pensate?

Naturalmente gli aspetti della vecchiaia – quello fisi-co, quello mentale ed esteriore – non procedono in mo-do lineare e indistinto come l’infanzia, che conduce immancabilmente all’età adulta. Spesso, non possono essere separati. Prendersi cura della pelle vi dona un aspetto radioso e sano, e vi fa stare bene con voi stesse. Certamente essere sane incide sul vostro aspetto e sul vostro atteggiamento, e viceversa.

Ci sono molte domande che dovete porvi ogni qual volta affrontate la vostra immagine allo specchio, men-tre considerate come siete invecchiando... dal generale allo specifico.

Dunque chiedetevi: “Mi piace il mio aspetto?”. Ci sono cose che migliorerei? Lo volete? Ci sono cose che è dura cambiare, come la forza di gravità, sebbene si possa contenerne gli effetti. Come state di salute? C’è qualcosa che si può fare per migliorarla? Com’è il vo-stro atteggiamento riguardo voi stesse e il fatto di in-vecchiare? Arriverà il momento in cui penserete di do-ver dire addio al bikini. È arrivato? E che ne dite dei tacchi alti? E del sesso?

anno nuovo, voi nuove

Ogni anno – puntuale come il sorgere del sole – viene gennaio e scattano i programmi di rinnovamento. I cen-tri benessere offrono pacchetti speciali e vantaggiosi di remise en forme. Libri, riviste, annunci pubblicitari e video abbondano di diete e pratiche miracolose.

Certamente, l’inizio dell’anno è un momento propi-zio per i buoni propositi e la volontà di cambiamento.

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Tuttavia, nonostante le decisioni siano prese con le mi-gliori intenzioni, vengono spesso facilmente abbando-nate perché basate su piani irrealizzabili, irrealistici. La dieta yo-yo sulla quale ci si butta a capofitto a gennaio, a maggio-giugno (prima dell’estate) o il mese prima di partecipare a un matrimonio, a un importante evento sociale, è deplorevole. Sì, è possibile che perdiate cinque o dieci chili in un mese. Yo-yo... il nome la dice lunga. Perché, siate sincere, quante probabilità ci sono che quei chili se ne stiano alla larga fino alla fine dell’anno? Pochissime.

Questo perché io credo fermamente che la chiave della trasformazione stia nel peu à peu. I mutamenti ra-dicali spesso non durano. Fare le cose per gradi signifi-ca arrivare a destinazione progressivamente, e, se vi capitasse di perdervi, ritrovare in modo facile la strada. E non si tratterebbe di un fallimento, ma di un sempli-ce ritardo. Credo anche in un approccio positivo, che enfatizzi quello che potete fare, e non quello che non potete. Sì, potete mangiare la cioccolata e godervi un bicchiere di vino senza dover per forza mettere su chili.

Un atteggiamento positivo vi dona anni piacevoli, ma una disposizione positiva non è certo un piano che riguardi solo la seconda metà della vostra vita. Significa un piano individuale per riorganizzarvi a livello menta-le e fisico per l’anno a venire, con uno sguardo rivolto a più ampi orizzonti. Nella lettura di questo libro, potre-te trovare una mezza dozzina di idee che vi sarebbero utili non solo per il nuovo anno, ma per quelli futuri. Ma non siate ingorde, non sperimentatele tutte in una sola volta, o rischierete un fallimento. Così, proceden-do, pagina dopo pagina, vi consiglio di prendere ap-punti lungo il cammino, annotando poche cose. È un inizio. I primi cambiamenti del vostro stile di vita vi

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porranno sicuramente in una nuova disposizione d’ani-mo nei confronti del vostro programma salutista anti-aging, e nel proposito di invecchiare con talento. Entro un anno sarete pronte alla prossima occhiata allo spec-chio e a pianificare la sfida alla forza di gravità. Si co-mincia!