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ISSN 2611-3287 http://dx.doi.org/10.30451/am.v0i2.31 Quasi due secoli di fidanzamento Le versioni francesi dei Promessi sposi Aurélie Gendrat-Claudel Sorbonne Université «Annali Manzoniani», terza serie, n. 2, 2019, pp. 111-149 Sintesi Si cerca di proporre una periodizzazione delle traduzioni francesi dei Promessi sposi, dalla fortunata versione di Rey-Dussueil nel 1828 fino all’edizione tascabile di Gallimard nel 1995, nella speranza di offrire una prima mappatura per ulteriori ricerche, le quali potranno sviluppare diversi aspetti della questione qui solo accennati: le relazioni tra editore, traduttore e lettori, le strategie di valo- rizzazione delle traduzioni attraverso le illustrazioni, il passaggio dalle traduzioni alle versioni ab- breviate, la ricezione critica, l’analisi traduttiva, in base soprattutto alla conservazione del poten- ziale interpretativo del testo originale. Abstract This essay aims to periodize the French translations of I Promessi sposi, from the successful version by Rey-Dussueil in 1828 to the Gallimard pocket edition in 1995, hoping to draw a first map for further researches, which should include different aspects of the subject on which we could only touch lightly: relationships between editors, translators and readers, strategies to promote trans- lations through illustrations, transition from translations to abridged versions, critical reception, translation analysis, with a special attention to the interpretative potential of the source text and its preservation. Parole chiave Alessandro Manzoni; romanzo; I Promessi sposi; tradu- zioni francesi Keywords Alessandro Manzoni; novel; I Promessi sposi; French translations Contatto aurelie.gendrat-claudel@sor- bonne-universite.fr

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ISSN 2611-3287 http://dx.doi.org/10.30451/am.v0i2.31

Quasi due secoli di fidanzamento Le versioni francesi dei Promessi sposi

Aurélie Gendrat-Claudel

Sorbonne Université

«Annali Manzoniani», terza serie, n. 2, 2019, pp. 111-149

Sintesi Si cerca di proporre una periodizzazione delle traduzioni francesi dei Promessi sposi, dalla fortunata versione di Rey-Dussueil nel 1828 fino all’edizione tascabile di Gallimard nel 1995, nella speranza di offrire una prima mappatura per ulteriori ricerche, le quali potranno sviluppare diversi aspetti della questione qui solo accennati: le relazioni tra editore, traduttore e lettori, le strategie di valo-rizzazione delle traduzioni attraverso le illustrazioni, il passaggio dalle traduzioni alle versioni ab-breviate, la ricezione critica, l’analisi traduttiva, in base soprattutto alla conservazione del poten-ziale interpretativo del testo originale. Abstract This essay aims to periodize the French translations of I Promessi sposi, from the successful version by Rey-Dussueil in 1828 to the Gallimard pocket edition in 1995, hoping to draw a first map for further researches, which should include different aspects of the subject on which we could only touch lightly: relationships between editors, translators and readers, strategies to promote trans-lations through illustrations, transition from translations to abridged versions, critical reception, translation analysis, with a special attention to the interpretative potential of the source text and its preservation.

Parole chiave Alessandro Manzoni; romanzo; I Promessi sposi; tradu-zioni francesi Keywords Alessandro Manzoni; novel; I Promessi sposi; French translations

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Quasi due secoli di fidanzamento: le versioni francesi dei Promessi sposi

Aurélie Gendrat-Claudel

1. Introduzione

Ad illustrare la poca considerazione di cui godono i più grandi artisti italiani in Francia, De Amicis riferisce nei Ricordi di Parigi la battuta condiscendente di un noto uomo politico sull’autore dei Promessi sposi: «Oh poveri Italiani, com’è conciato, a Parigi, il vostro povero amor proprio! Se non nominate proprio Dante, Michelangelo e Raffaello, per tutto il rimanente non ne caverete altro che un: – Qu’est ce que c’est que ça? […] Il famoso De Forcade diceva del Manzoni, a tavola: – Il a du talent.»1 A sfumare l’osservazione di De Amicis sull’indifferenza che avvolge il nome di Manzoni in Francia si presentano subito le numerose traduzioni dei Promessi sposi che dal 1828 in poi hanno offerto al pubblico francese la possibilità di leggere il romanzo italiano. Ovviamente, il numero elevato di traduzioni non basta a smentire l’esistenza di un ‘problema Manzoni’ in Francia: è stato più volte affermato che le traduzioni dimostrano l’interesse costante di una cerchia di studiosi, traduttori ed editori, senza che il romanzo abbia mai raggiunto pienamente lo statuto di classico straniero diffuso nella cultura francese e apprezzato in tutta la sua complessità (basti pensare che lo scrittore Dominique Fernandez, uno dei più influenti promotori della cultura italiana in Francia, presenta i Promessi sposi come «un moralisant et indigeste pensum historique»).2 Molte sono state le ipotesi proposte per spiegare il fenomeno e non intendiamo risolvere qui una questione così spinosa, che coinvolge, tra l’altro, la diversa storia del genere romanzesco in Francia e in Italia e l’equivoco creatosi attorno al cattolicesimo liberale e illuminato di Manzoni,3 1 Edmondo DE AMICIS, Ricordi di Parigi, Milano, Fratelli Treves, 1879, p. 314. 2 Dominique FERNANDEZ, L’art de raconter, Paris, Grasset, 2006, p. 425. Lo stesso giudizio era già espresso, diverso nella forma ma non nella sostanza, in Le voyage d’Italie. Dictionnaire amoureux (Paris, Plon, 1997), in cui i Promessi sposi venivano ricordati come il «modèle le plus connu de cette sagesse d’intérieur» (p. 233), che sarebbe la caratteristica di tanta narrativa italiana, provinciale e aliena da ogni ribellione, o come uno di quei «gros romans historiques, célèbres là-bas, incomestibles dans notre pays» (p. 429), tutte espressioni riprese poi nel gettonato Dictionnaire amoureux de l’Italie (Paris, Plon, 2008, 2 voll.). 3 In ordine cronologico: Jacques GOUDET, Fortuna e sfortuna del Manzoni in Francia, in «Quaderni francesi», 1970, n. 1, pp. 457-482; Jacques MISAN, Les lettres italiennes dans la presse française (1815-1834), Firenze, Olschki, 1985, pp. 119-147 ; Christian BEC, «Ce bon monsieur Manzoni»: la lecture de Manzoni en France (XIXe-XXe siècles), in «Revue des études italiennes», 1986, n. 1-4, pp. 77-86 ; Jacques MISAN, I romantici francesi

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ampiamente travisato dalle riduzioni e riscritture del romanzo che circolavano negli ambienti cattolici conservatori francesi dell’Ottocento (e dovremo tornare sull’argomento). Anche se sarà inevitabile qualche considerazione marginale sulla fortuna francese di Manzoni, il presente contributo intende offrire una carrellata delle traduzioni francesi del romanzo manzoniano, una guida (per motivi di spazio non del tutto esaustiva) alle versioni francesi che hanno scandito la travagliata storia della ricezione di Manzoni in Francia, una mappa che indichi i territori perlustrati, le sommità, le rovine dimenticate e i possibili tesori nascosti nel vasto continente dei Promessi sposi tradotti, e talvolta travestiti, in francese. Un lavoro di questo tipo è tutt’altro che pionieristico: la nota tesi di Dorothée Christesco sulla fortuna di Manzoni in Francia, pubblicata nel 1943, offre per il periodo che corre dagli esordi della carriera dello scrittore al 1927 molte informazioni utili, benché non sempre perfettamente attendibili, che sono poi state completate in studi più recenti.4 Sulla base di questo importante lavoro, ci proponiamo prima di tutto di raccogliere in una sede unitaria le notizie riguardanti le traduzioni francesi dei Promessi sposi (notizie evidentemente disperse nel saggio di Christesco che affrontava, con un taglio cronologico, diversi aspetti della ricezione di tutta l’opera di Manzoni); discutere all’occorrenza il giudizio di valore espresso dalla studiosa talvolta in maniera soggettiva, senza una vera analisi dei testi, sulle diverse traduzioni del periodo esaminato; e infine allargare l’indagine alle traduzioni posteriori al limite cronologico della ricerca di Christesco. La materia è immensa e le competenze necessarie per esaminarla in ogni suo aspetto richiederebbero un lavoro collettivo: ci consoliamo delle mancanze del presente studio con la speranza che qualcuno le interpreterà giustamente come un invito a coordinare tra studiosi di varie discipline un più ampio progetto di ricerca. e l’opera del Manzoni, in «Rassegna europea di Letteratura italiana», 20, 2002, pp. 55-80 ; Luca BADINI CONFALONIERI, Manzoni en France, in ID., Les régions de l’aigle et autres études sur Manzoni, Bern, Peter Lang, 2005, pp. 281-292 ; Franco PIVA, La «Ventisettana» in Francia. Un tentativo di messa al punto, in «I Promessi sposi» nell’Europa romantica, a cura di Corrado Viola, «Nuovi Quaderni del CRIER», a. IX, 2012, pp. 11-45 ; Mariella COLIN, La fortuna dei «Promessi sposi» nella Francia romantica, in «I Promessi sposi» nell’Europa romantica, pp. 47-63 ; Pierantonio FRARE, Manzoni europeo?, in I Promessi sposi nell’Europa romantica, pp. 199-220. Il saggio di Frare è particolarmente interessante in quanto cerca di smontare il luogo comune della sfortuna europea di Manzoni. Per quanto riguarda specificamente la Francia, va sottolineata questa giudiziosa affermazione di Frare (p. 211): «ritengo anche […] che gli scrittori francesi, generalmente parlando, abbiano tenuto presenti le opere manzoniane più di quanto si creda, e certamente più di quanto confessino». 4 Dorothée CHRISTESCO, La fortune de Alexandre Manzoni en France. Origines du théâtre et du roman romantiques, Paris, Editions Balzac, 1943. Per l’Ottocento, il lavoro di Christesco può essere integrato con Giovanni DOTOLI, Vito CASTIGLIONE MINISCHETTI, Roger MUSNIK, Maria Teresa PULEIO, Fernando SCHIROSI, Les traductions de l’italien en français au XIXe siècle, Fasano, Schena Editore – Presses de l’Université de Paris-Sorbonne, 2004, pp. 465-468, che ha il merito di distinguere più chiaramente le edizioni originali dalle ristampe. Allo scopo di capire l’importanza della produzione francese (edizioni e traduzioni) per il successo europeo dei Promessi sposi nell’Ottocento, risultano utili gli schemi, i diagrammi e le carte in Mariarosa BRICCHI, La fortuna editoriale dei «Promessi sposi», in Atlante della letteratura italiana, a cura di Sergio Luzzatto e Gabriele Pedullà, vol. III, Dal Romanticismo a oggi, a cura di Domenico Scarpa, Torino, Einaudi, 2012, pp. 119-127. Segnaliamo anche la sezione dedicata alle traduzioni del sito internet della Mostra Worldwide Manzoni del CNSM : https://movio.beniculturali.it/dsglism/IpromessisposiinEuropaenelmondo/it/10/le-traduzioni-nello-spazio

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2. Un fallimento e una triade (1827-1832)

Significativamente, e come a suggerire il malinteso tra il pubblico francese e il capolavoro italiano, la storia delle traduzioni dei Promessi sposi comincia con un bel progetto mancato: non ebbero esito felice le trattative – documentate, tra l’altro, dalle lettere a Fauriel –5 per affidare la traduzione francese al valoroso Auguste Trognon (1795-1873), scrittore e storico, già autore nel 1819 di una versione francese dell’Ortis e soprattutto del Conte di Carmagnola,6 e permettere così la pubblicazione contemporanea del romanzo nelle due lingue. Andato a monte questo primo progetto per via dei nuovi impegni di Trognon in qualità di precettore di un principe della famiglia reale, vi fu una gara di velocità tra due traduttori dalla fisionomia abbastanza diversa, Rey-Dussueil7 e un traduttore anonimo identificabile con un archivista di nome Pierre-Joseph Gosselin,8 spronati entrambi dai loro rispettivi editori. Nonostante l’impegno di Gosselin, fu la traduzione di Rey-Dussueil a venire pubblicata per prima. Fu una questione di giorni:9 Rey-Dussueil, determinato a vincere la competizione, aveva anticipato le prime pagine della sua traduzione (dalla descrizione inaugurale alla fine dell’incontro di don Abbondio con i bravi, ma senza la digressione sulle gride) sul «Mercure du dix-neuvième siècle» nel 1827.10 Nel 1828, quindi, le prime due traduzioni dei Promessi sposi videro la luce quasi contemporaneamente: e

5 Lettere a Claude Fauriel di agosto 1823, del 10 settembre 1826, dell’11 giugno 1827 ((in Carteggio Alessandro Manzoni Claude Fauriel, premessa di Ezio Raimondi, a cura di Irene Botta, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2000, rispettivamente pp. 426-431, pp. 484-496, pp. 504-506).) 6 Chefs-d’oeuvre du théâtre italien moderne, Paris, Ladvocat, 1822, t. I. Per una notizia biobibliografica su Trognon, cfr. Répertoire des traducteurs, in Patrimoine littéraire européen. Index général, sous la direction de Jean-Claude Polet, Bruxelles, De Boeck et Larcier, 2000, pp. 575-576. 7 Antoine François Marius Rey-Dussueil (1798-1851). Una tantum, rimandiamo alla pagina wikipedia dello scrittore e traduttore (https://fr.wikipedia.org/wiki/Antoine_Rey-Dussueil), pagina creata da un genealogista che fornisce un’informazione biografica più precisa (e fondata sulla consultazione degli archivi anagrafici) dei saggi che citano questo personaggio minore, di cui si ricorda oggi quasi solo il romanzo apocalittico La fin du monde (1830). Christesco (come del resto altri studiosi ed alcuni editori) storpia sistematicamente il suo nome in Rey-Dusseuil. Ci atteniamo alla grafia con trattino, anche se molti editori ottocenteschi (Gosselin compreso, cfr. infra) danno Rey Dussueil senza trattino. Per la mediazione di Fauriel e dell’avvocato Auguste Sautelet nella scelta del traduttore, cfr. F. PIVA, La «Ventisettana» in Francia, pp. 19-20. 8 Les Fiancés, histoire milanaise du dix-septième siècle; par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien par M. G., Paris, Dauthereau, 1828. Cfr. Les écrivains pseudonymes et autres mystificateurs de la littérature française pendant les quatre derniers siècles rendus à leurs véritables noms, par J.-M. Quérard, Paris, L’éditeur, 1854, p. 160. Gosselin tradusse anche le Ultime lettere di Jacopo Ortis nel 1829. 9 La traduzione completa di Rey-Dussueil è registrata dalla Bibliographie de France il 9 febbraio 1828 e il primo volume di quella di Gosselin è registrato il 16 febbraio (gli altri volumi seguiranno a marzo e aprile). Cfr. René GUISE, Introduction, in Alexandre MANZONI, Les Fiancés, traduction de l’italien par Rey-Dussueil, Paris, Les Editions du Delta, 1968, t. 1, p. XXXI, nota 63. 10 «Le Mercure du dix-neuvième siècle», tome dix-huitième, 1827, pp. 594-603. La traduzione è accompagnata dall’annuncio della pubblicazione.

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furono spesso confuse a causa dell’omonimia tra l’editore della prima, Charles Gosselin, e il traduttore della seconda.11

Dorothée Christesco, pur lodando la qualità della prefazione di Rey-Dussueil, denuncia il carattere incompleto della traduzione e la sua mancanza di naturalezza stilistica, legata, secondo lei, ora a una conoscenza troppo imperfetta dell’italiano (e in particolare della fraseologia popolare), ora a un eccesso di letteralità. Bisogna tuttavia tornare su questa valutazione. L’Essai sur le roman historique, et sur la littérature italienne che precede la traduzione di Rey-Dussueil presenta, almeno per i lettori odierni, un interesse assai limitato per via di affermazioni spesso generiche e ad effetto («C’est peut-être un ouvrage romantique écrit par un auteur classique», «l’ouvrage de M. Manzoni n’est point un roman: c’est un livre», «M. Manzoni est plus moraliste que peintre»12), mentre la condanna dello stile di Manzoni, giudicato disparato, senza «fondu» e complessivamente inferiore a quello di Pietro Verri, lascia addirittura perplessi. Invece, dal punto di vista del discorso sulla traduzione, la prefazione contiene un’interessante rivendicazione del diritto alla traduzione letterale e all’italianismo – un’affermazione certo un po’ sospetta da parte di chi ammette di non aver avuto abbastanza tempo per la rilettura delle bozze, tanto che il lettore dovrà correggere da sé gli errori più eclatanti. Con la stessa mescolanza di buona volontà e malafede, Rey-Dussueil ringrazia Auguste Trognon per avergli dato i frammenti della sua traduzione, salvo poi affermare di non averli affatto usati, così come proclama la massima fedeltà al testo originale, per poi confessare di averlo spesso ridotto («M. Manzoni entrait dans une foule de détails précieux sans doute pour des Milanais, mais fort peu intéressants pour des lecteurs français. Nous avons donc supprimé tout ce qui n’était que d’intérêt local et tout ce qui allongeait inutilement le récit»).13 E parlando di fedeltà al testo originale, bisogna ricordare che la traduzione di Rey-Dussueil si fonda sul testo italiano pubblicato a Parigi da Baudry nel 1827 (una curiosa via di mezzo tra gli autografi e la Ventisettana),14 come ben si vede sin dall’inizio del primo capitolo: 11 La confusione tra il Gosselin editore e il Gosselin traduttore si riscontra ad esempio in Henri VAN HOOF, Dictionnaire universel des traducteurs, Genève, Slatkine, 1993, p. 145. 12 Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, découverte et refaite par Alex. Manzoni, traduite de l’italien sur la troisième édition, par M. Rey Dussueil, Paris, Charles Gosselin, 1828, t. I, rispettivamente p. XVI, p. XVII, p. XVIII. 13 Ivi, p. XXVII-XXVIII. 14 I problemi ecdotici posti dall’edizione pirata Baudry dei Promessi sposi sono complessi e ci limitiamo a rinviare, in ordine cronologico, a Silvano VEGGIATO, Altre varianti dei «Promessi sposi» nell’edizione Baudry del 1827, in «Otto/Novecento», anno XVI, n. 2, marzo/aprile 1992, pp. 5-21; Neil HARRIS - Emanuela SARTORELLI, La Ventisettana dei «Promessi sposi»: la collazione e i «cancellantia», «Annali Manzoniani», n. s., VII-VIII (2010-2015), pp. 3-95; Donatella MARTINELLI, Dalla fabula alla parabola. Storia dei capitoli VII-VIII tra Seconda minuta e Ventisettana, in «Annali manzoniani», terza serie, n. 1, 2018, pp. 43-71 (soprat-tutto p. 48). Ricordiamo soltanto che l’edizione francese Baudry, la quale tenne dietro all’edizione mila-nese dell’editore Vincenzo Ferrario (1825-1826), fu esemplata sui fascicoli inviati dal Manzoni, per tra-mite del Fauriel, a Auguste Trognon, fascicoli che recavano sei quartini non sostituiti. Trognon negò sempre di essere stato all’origine dell’indelicatezza e emise l’ipotesi che fosse stato suo fratello a trasmet-tere a Baudry i preziosi fascicoli che Manzoni gli aveva fatto arrivare tramite Fauriel (cfr. Lettera del Trognon a Fauriel del 27 agosto 1827, in Carteggio di Alessandro Manzoni, a cura di Giovanni Sforza e Giuseppe Gallavresi, Milano, Hoepli, 1921, t. II, p. 311). Il fatto che la traduzione di Rey-Dussueil si

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I Promessi sposi. Storia

milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, Milano, Vincenzo Ferrario, 1825, pp. 11-12.

I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, terza edizione, Parigi, Baudry, 1827, t. I, pp. 10-11.

Les Fiancés, histoire milanaise du XVIIe siècle, découverte et refaite par Alex. Manzoni, traduite sur la troisième édition, par M. Rey Dussueil, Paris, C. Gosselin, 1828, t. I, pp. 3-4.

Dall’una all’altra di quelle terre, dalle alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano a corrono tuttavia strade e stradette, ripide, acclivi, piane, tratto tratto affondate, sepolte fra due muri, donde, levando il guardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; tratto tratto elevate su aperti terrapieni; e da quivi la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un tratto, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e svariato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito entro un gruppo, un

Dall’una all’altra di quelle terre, dalle alture al lago, da una altura all’altra, giù per le picciole valli interposte, correvano e corrono tuttavia molte stradicciuole, dove erte, dove piane, dove dolcemente inclinate, chiuse per lo più da muri composti di grossi ciottoli, e rivestiti qua e là di antiche edere, che divorando colle barbe il cemento, si pongono in suo luogo, e tengono collegato il muro che tutto di esse verdeggia. Per qualche tratto, sono quelle stradicciuole affondate e come sepolte fra i muri, di modo che il passaggiero, levando il guardo, non iscopre altro che il cielo e qualche vetta di monte. Altrove son terrapieni, o giranti sull’orlo di una spianata, o sporgenti in fuora dal pendio come un lungo scaglione, sostenuti da

De l’un à l’autre de ces hameaux, des hauteurs au lac et d’une hauteur à celle qui l’avoisine, couraient et courent encore un grand nombre de sentiers pratiqués à travers les petites vallées, tantôt escarpés, tantôt unis, tantôt doucement inclinés, la plupart bordés de murs bâtis avec de gros cailloux que revêtent çà et là de vieilles souches de lierre dont les barbes dévorent le ciment, en prennent la place, et tiennent jointes l’une à l’autre les pierres qui verdissent de leur feuillage. En quelques endroits les sentiers s’enfoncent tellement qu’ils sont comme ensevelis entre les murs, et le voyageur, en levant les yeux, ne découvre que le ciel et quelque cime de montagne. Ailleurs ce sont des terrasses qui vont en tournant sur le bord d’une

fondi sul testo Baudry spiega anche la menzione «traduite de l’italien sur la 3e édition», giacché Baudry presentava la sua edizione pirata come «terza edizione»» (dopo l'edizione Ferrario e la Pomba), ma bi-sogna dire che in linea di massima Baudry non è molto rigoroso nel conteggio delle edizioni e le preci-sazioni sembrano spesso abbastanza fantasiose. Sulla genesi e la circolazione europea delle prime tradu-zioni francesi dei Promessi sposi, va segnalato un volume fondamentale: Cultures in contact. Translation and reception of «I Promessi sposi» in 19th century England, Vittoria Intonti and Rosella Mallardi eds., Bern, Peter Lang, 2011.

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andirivieni di montagne, e di mano in mano più espanso tra altri monti che si spiegano ad uno ad uno allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, coi paesetti posti in sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur fra i monti, che l’accompagnano, digradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso da cui contemplate que’ varii spettacoli, vi fa spettacolo da ogni banda: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili a ogni tratto di mano, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava in sulla costa: e l’ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell’altre vedute.

muraglie che piombano erte al di fuori a guisa di bastione, ma sul sentiero non sorgono che ad altezza di parapetto; e quivi la vista del viandante può spaziare per varii ed amenissimi prospetti. Dall’una parte domina l’azzurro piano del lago tagliato da istmi e da promontorii, e su le rive paesetti che l’onda riflette capovolti; dall’altra, l’Adda che, appena uscita dagli archi del ponte, s’espande di nuovo in picciol lago, poi si ristringe e si prolunga fino all’orizzonte in lucido serpeggiamento: in alto, i massi accatastati dei monti, che pendono sul capo del riguardante: al di sotto, il pendio coltivato, i paesetti, il ponte: in faccia, la riva opposta del lago, e risalendo per essa, il monte che lo chiude.

esplanade, ou se déploient en saillie sur la pente comme un long escalier, soutenues par des murs qui en dehors semblent s’élever sur leur base comme autant de bastions escarpés, mais qui, sur le sentier même, n’atteignent guère que la hauteur d’un parapet ; et là le voyageur peut promener librement ses regards sur les points de vue les plus variés et les plus délicieux. D’une part on découvre la plaine azurée du lac, coupée par ses isthmes et ses promontoires, et sur ses bords de riants paysages qui se réfléchissent dans l’eau la tête renversée ; de l’autre l’Adda, qui, à peine sortie des arches du pont, se répand de nouveau en petit lac, puis se resserre et se prolonge jusqu’à l’horizon en brillants méandres ; en haut les cimes entassées des monts suspendus sur la tête de qui les contemple ; au-dessous le penchant cultivé de la montagne, les paysages et le pont ; en face, la rive opposée du lac, et en remontant de l’œil, le mont élevé qui l’enferme.

A prescindere dalla questione del testo italiano di riferimento (Rey-Dussueil non sarà

l’unico nell’Ottocento a basarsi sull’edizione pirata Baudry: anzi, lo fa pure Gosselin nello stesso momento e, in seguito, Jean-Baptiste de Montgrand e Martinelli), se si cerca di avere una visione d’insieme della traduzione, la fretta che la cronologia della pubblicazione impose a Rey-Dussueil si manifesta già nell’Introduzione: non tanto nel trattamento del pastiche manzoniano di prosa barocca – reso soprattutto attraverso l’uso di una grafia

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arcaica (peust, desfinir, devroit, desvouant, advantage…) –, quanto nella mera trascrizione dei termini italiani senza equivalenti francesi («concettini» e «secentista»), la quale appare qui una soluzione di comodo più che l’esito di una riflessione sull’intraducibilità delle specificità culturali. Per quanto riguarda la padronanza insufficiente dell’italiano, danno ragione a Christesco diversi errori: ad esempio, nella battuta di don Abbondio «et puis on vient chez nous comme on irait racheter un ban»15 («poi, vengono da noi come s’andrebbe ad un banco a riscuotere»), pare evidente una confusione tra banco e bando. Ma a pesare sulla traduzione sono più che altro le inesattezze stilistiche, come il rifiuto di conservare il deittico nella descrizione inaugurale («Le bras du lac de Côme…»), le piccole incongruità culturali (la traduzione letterale dell’esclamazione «per Bacco» con «par Bacchus» è così strana da meritare una nota che invece di illuminare il lettore francese sottolinea la stranezza della scelta letterale) o la perdita di concretezza delle immagini (il «sugo della storia» diventa «la pensée de toute l’histoire»). Sta di fatto che nonostante i suoi limiti e i suoi difetti,16 la traduzione di Rey-Dussueil si impose durevolmente in Francia: essa fu costantemente ripubblicata nell’Ottocento (sempre da Gosselin nel 1830,17 poi da Charpentier che tra il 1840 e il 1889 propose una decina di ristampe), citata in antologie e manuali, saccheggiata da molti traduttori successivi e, come vedremo, fu il testo di riferimento di René Guise per l’importante operazione editoriale del 1968. Molti lettori francesi conobbero quindi I Promessi sposi nella traduzione di Rey-Dussueil, cioè in una versione incompleta, fondata su un testo italiano inesatto e condotta secondo criteri abbastanza eterogenei che mescolavano letteralismo, libertà creativa ed evidenti sviste.

Sempre nel 1828, la sfortunata traduzione di Gosselin, concorrente di quella di Rey-Dussueil, è preceduta da un breve avvertimento dell’editore e non del traduttore: contiene considerazioni abbastanza generali sul romanzo storico e l’interpretazione altamente morale che ne propone Manzoni, ma l’elogio dello stile di Manzoni si accompagna alla

15 Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, découverte et refaite par Alex. Manzoni, traduite de l’italien sur la troisième édition, par M. Rey Dussueil, Paris, Charles Gosselin, 1828, t. I, p. 13. 16 Non ci soffermiamo più a lungo sugli errori di Rey-Dussueil, un po’ perché l’esercizio è sempre alquanto meschino, un po’ perché ci sono già le note dell’edizione di René Guise a segnalare i passi problematici (Alexandre MANZONI, Les Fiancés, traduction de l’italien par Rey-Dussueil, Paris, Les Editions du Delta, 1968, cfr. infra). 17 Les Fiancés, Histoire Milanaise du XVIIe siècle, découverte et refaite par Alex. Manzoni, traduite de l’italien sur la dernière édition, par M. Rey-Dussueil, auteur des Chroniques Marseillaises, seconde édition revue et corrigée, Paris, Charles Gosselin, 1830. Christesco ironizza su questa seconda edizione: «elle porte en sous-titre la mention “revue et corrigée”, ce qui est pour réjouir certes l’amateur sérieux, mais pas pour longtemps, car cette mention veut en réalité dire que plusieurs autres fragments importants, qui figuraient dans la première édition, ont été retranchés» (D. CHRISTESCO, La fortune de Alexandre Manzoni en France, p. 93). In realtà, anche se è vero che i ritocchi significativi sono pochi in una traduzione che resta abbreviata, va sottolineato lo sforzo per modificare le note del traduttore in una direzione forse più razionale e più utile al lettore francese. Un solo esempio: nella traduzione del 1828, l’espressione «Le curé voudra-t-il nous délivrer nos papiers?» (t. I, p. 55), del resto abbastanza chiara, era accompagnata da una nota che si accontentava di citare il testo italiano («Vorrà egli farci la fede di stato libero?») e rischiava così più che altro di smarrire il lettore non italofono. Invece nella traduzione rivista del 1830, Rey-Dussueil mantiene la trascrizione dell’espressione italiana nella nota, ma la completa con una parafrasi («c’est-à-dire le curé voudra-t-il nous donner un certificat attestant que nous sommes libres?», t. I, p. 111).

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curiosa affermazione che il libro è scritto in dialetto milanese («Un mérite qu’on a généralement vanté, et à juste titre, dans les Fiancés, est celui du style. M. Manzoni, qui le manie avec une prodigieuse flexibilité, a écrit son ouvrage dans le dialecte milanais»),18 il che presenterebbe un’ulteriore difficoltà per il traduttore. L’editore mette le mani avanti, confessando che la traduzione potrà spesso essere giudicata inferiore all’originale, ma fa appello all’indulgenza dei lettori nei confronti di chi ha dovuto lavorare con grande celerità. Come ricorda Christesco, la traduzione di Gosselin presenta difetti abbastanza simili a quella di Rey-Dussueil (controsensi, inesattezze lessicali,19 piccole incoerenze come l’oscillazione tra la trascrizione, l’adattamento e l’ibridazione franco-italiana dei nomi propri,20 inutili allungamenti stilistici,21 ecc.). Del resto, un censore attento della traduzione di Gosselin fu Manzoni stesso, il quale in una lunga lettera del 9 dicembre 1828 ringrazia vivamente il suo corrispondente per la traduzione, loda la qualità del lavoro, ma non manca di mandare numerose osservazioni e correzioni, che evidenziano i molti fraintendimenti, talvolta gravi, di Gosselin.22 Più che altro, la traduzione tende a cancellare l’alternanza di stili e di registri,23 nonché il gioco tra la lingua dell’Ottocento e quella del Seicento, sistematicamente modernizzata.24 Benché giudicata da alcuni (tra cui Christesco) superiore a quella di Rey-Dussueil, la versione di Gosselin non ebbe molto successo, anche perché l’editore Dauthereau era sicuramente meno noto e meno abile di quello di Rey-Dussueil, Charles Gosselin (di fronte al quale, del resto, Dauthereau avrebbe perso qualche anno dopo un processo per la pubblicazione dei romanzi di Walter Scott).25 Gosselin ebbe

18 Les Fiancés, histoire milanaise du dix-septième siècle, par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien par M. G., Paris, Dauthereau, 1828, t. I, p. X. 19 Così «fatica» viene tradotto con «fatigue» (stanchezza) (ivi, p. XVII), «di quelle risposte che, non dico, risolvono le quistioni, ma le mutano» con «non pas de celles qui résolvent seulement les questions, mais de celles qui les réduisent au silence» (pp. XXII-XXIII) – dove quindi «mutare» è stato frainteso con il significato di «rendere muto». 20 Basteranno pochi esempi: Lucie, Agnès, Louis (per Ludovico), Cristofore (?), frère Galdino, Azzecca-Brouillon… 21 Un solo esempio: «Tanto è vero che un uomo sopraffatto da grandi dolori non sa più quello che si dica» tradotto con «Tant il est vrai qu’un homme enseveli dans de profondes douleurs ne connaît plus la valeur des mots qui lui échappent» (ivi, p. 128). 22 Lettera del 9 dicembre 1828 a Pierre Joseph Gosselin, in Carteggi letterari. Tomo secondo, Introduzione di Gino Tellini, a cura di Laura Diafani e Irene Gambacorti, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2016-2017, voll. 2, pp. 408-10. Manzoni ha l’eleganza di non trascrivere gli errori di Gosselin, limitandosi a suggerire una soluzione corretta per i passi incriminati (quasi 500); bisogna poi riferirsi alla traduzione francese per identificare le ‘cantonate’ che Gosselin aveva preso. 23 «me ne lavo le mani» viene reso con «je n’en suis plus responsable» (Les Fiancés, histoire milanaise du dix-septième siècle, par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien par M. G., tomo I, p. XIX). 24 Si veda l’Introduzione, che restituisce il manoscritto secentesco in un francese scorrevole e di immediata comprensione (tanto da rendere un po’ strani i successivi dubbi linguistici e stilistici del trascrittore ottocentesco): «On pourrait justement définir l’histoire une glorieuse guerre contre le Temps, puisqu’en lui arrachant des mains les années, ses prisonnières, qu’il a déjà frappées de mort, elle les rappelle à la vie, les passe en revue, et les range de nouveau en bataille» (ivi, p. XIII). 25 Cf. notizia della Bibliothèque Nationale de France su Dauthereau: https://data.bnf.fr/fr/17015899/jean_dauthereau/ e anche Odile KRAKOVITCH, Charles Gosselin, in Dictionnaire encyclopédique du livre, Paris, Cercle de la Librairie, 2005, tomo II, pp. 380-381.

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comunque la possibilità di ripubblicare la sua traduzione, corretta secondo le indicazioni di Manzoni, nel 1838.26

La terza traduzione della Ventisettana (o meglio dell’edizione pirata Baudry) da menzionare in questa fase iniziale della diffusione dei Promessi sposi in Francia, risale al 1832 ed è dovuta al marchese Jean-Baptiste de Montgrand (1776-1847), che per motivi biografici può vantare una conoscenza dell’italiano ben superiore a quella dei suoi predecessori: emigrato con la famiglia in Italia quando era ancora bambino e tornato in Francia nel 1800, Montgrand fu sindaco di Marsiglia quasi senza interruzione dal 1813 al 1830; ritiratosi dalla vita politica dopo la Rivoluzione di Luglio, dedicò buona parte del suo ozio alla traduzione di opere italiane, tra le quali spiccano quelle di Manzoni (non solo I Promessi sposi nel 1832 – a Marsiglia da Marius Olive – ma anche gli Inni sacri e Il Cinque Maggio di cui Montgrand pubblicò una traduzione nel 1837).27 A Montgrand, com’è noto, Manzoni rivolge ringraziamenti e complimenti indubbiamente più calorosi e più convinti che al povero Gosselin,28 lodi da Christesco giudicate esagerate,29 ma sta di fatto che rispetto ai due tentativi precedenti, entra in circolazione una traduzione complessivamente esatta, anche se segnata da uno stile più uniforme e più aulico dell’originale, nonché da una certa tendenza all’esplicitazione che porta all’aggiunta frequente di aggettivi, avverbi, complementi vari o addirittura intere proposizioni.30 La traduzione di Montgrand esce

26 Les Fiancés, histoire milanaise du dix-septième siècle, par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien par M. Gosselin, seconde édition, revue et corrigée, Paris, Ledentu, 1838, 5 voll. La traduzione di Gosselin ebbe poi altre ristampe. Per una visione d’insieme della ricezione critica in Francia delle due traduzioni del 1828, rimandiamo a F. PIVA, La «Ventisettana» in Francia, pp. 26-45. Ricordiamo in particolare la conclusione dell’esame delle recensioni (p. 42): «Il passaggio dal Trognon al Rey-Dussueil ed all’ancora più sconosciuto Gosselin, dovuto al caso, è, in realtà, altamente simbolico: da operazione culturale, fortemente voluta dal Fauriel, il grande sponsor di Manzoni in Francia, ad operazione meramente commerciale, perciostesso formalmente poco curata, la traduzione tramite la quale i Francesi conobbero i Promessi sposi è […] la metafora perfetta del mutamento che la cultura francese aveva maturato nei riguardi dello scrittore italiano; così come lo è l’atteggiamento, a dir poco, distaccato, o, per meglio dire, il sostanziale silenzio dei giornalisti del “Mercure” e, soprattutto, del “Globe”, per i quali Manzoni non era evidentemente più, nel 1827, un compagnon de voyage.» 27 Per le informazioni biografiche su Montgrand, cfr. la «notice sur le traducteur» (firmata dal Baron Gaston de Flotte) in A. MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, traduction nouvelle par le marquis de Montgrand, Paris, Garnier, 1877, pp. IX-XII. 28 Si veda ad esempio la lettera del 14 giugno 1832: «En parlant du plaisir que cette traduction m’a fait, j’aurais peur de paraître content de feu l’original: car c’est lui, c’est bien lui […]: même mouvement, même langage, à la différence des sons près; même expression au fond, quoique bien souvent plus heureuse. Il me semble pourtant que l’on peut louer de bon cœur son portrait, en admirer la facture, le coloris, et même la ressemblance, sans que cela signifie que l’on se croit beau garçon. Cela signifie seulement qu’un fort habile peintre trouve la manière d’embellir un sujet, sans le dénaturer» (A. MANZONI, Tutte le lettere, tomo I, p. 672). 29 D. CHRISTESCO, La fortune de Alexandre Manzoni en France, pp. 94-95. 30 Ci limitiamo a citare l’incipit del capitolo XI: «Comme des limiers en meute, après avoir en vain suivi la piste d’un lièvre, retournent tristement vers leur maître, l’oreille basse et la queue entre les jambes, de même les bravi, après avoir manqué leur proie dans cette nuit de trouble et de désordre, revenaient silencieux et abattus au château de don Rodrigo» (I Promessi sposi. Les Fiancés, Histoire milanaise du 17e siècle, découverte et refaite par Alexandre Manzoni, traduite de l’italien par M. de Montgrand, Marseille, Marius Olive, 1832, tome II, p. 150), da confrontare con il testo originale: «Come un branco di segugi, dopo d’aver tracciata

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dopo la grande svolta della Rivoluzione di Luglio che nel 1830 conduce al potere la monarchia parlamentare degli Orléans, alla quale erano ovviamente ostili l’aristocrazia legittimista e gli ambienti cattolici reazionari. Mariella Colin, ricordando il percorso biografico e politico di Montgrand, afferma che la sua è la «première édition catholique militante des Fiancés»:31 è verissimo, certo, e lo stesso Manzoni non mancò di temperare gli ardori cattolici di Montgrand nella sua lettura del romanzo,32 ma il carattere integrale della traduzione e lo scrupolo nella resa dell’opera originale permettono di classificare il lavoro di Montgrand tra le traduzioni che meritano di essere riconosciute come operazioni insieme linguistiche e letterarie di grande respiro – il che non esclude, ovviamente, la possibilità di leggere in chiave ideologica alcune scelte traduttive.

3. Il mare magnum delle manipolazioni ottocentesche

Ben diverso è lo statuto della traduzione anonima che esce nel 183433 e ci interessa perché apre la strada a un fortunato filone. Nella prefazione – difficilmente riconducibile al traduttore stesso, forse dovuta all’editore, e comunque non firmata, benché l’enunciazione sia soggettiva, con l’uso frequente della prima persona –, la presentazione della vita e delle opere di Manzoni si accompagna a una riflessione sulla componente cattolica dell’opera e la rappresentazione problematica della religione nel romanzo, che potrebbe rendere inopportuna una nuova traduzione francese: «A la première annonce que nous avons faite de la traduction des Fiancés, quelques personnes nous ont demandé si nous ne voyions aucun inconvénient à une semblable publication; on entrait même, à ce propos, dans une sorte de critique de détail du roman de Manzoni. On disait qu’il y avait dans ce roman un curé ridicule, et une religieuse dont le caractère est loin d’être

indarno una lepre, tornano sbaldanziti verso il padrone, coi musi bassi e colle code spenzolate, così in quella scompigliata notte tornavano i bravi al palazzotto di don Rodrigo» (edizione Baudry 1827, tomo I, p. 277). Abbiamo evidenziato in corsivo le aggiunte caratterizzate di Montgrand, ovvero segmenti senza equivalenti nel testo originale e non riconducibili ad operazioni traduttive di ricategorizzazione (e nemmeno alla logica della compensazione di eventuali perdite semantiche in altre zone del testo). Per quanto riguarda le reticenze di Montgrand di fronte alle espressioni idiomatiche popolari, basterà dire che il sugo della storia viene reso con una perifrasi alquanto astratta e arzigogolata: «l’instruction qui, en dernière analyse, résulte de toute l’histoire» (tome V, p. 344). 31 Mariella COLIN, Alessandro Manzoni, auteur pour la jeunesse en France, in EAD., La littérature d’enfance et de jeunesse italienne en France au XIXe siècle. Edition, traduction, lecture, Caen, Presses Universitaires de Caen, 2011, p. 46. 32 «Je vois bien, que ce qui a gagné votre indulgence à l’ouvrage, ce fut les intentions chrétiennes qui je ne dirai pas l’ont inspiré, mais y ont pris place; car, travaillant en effet pour seconder son goût et avec quelqu’autre but tout aussi ordinaire, et plus petit encore, l’auteur a trouvé commode, et même consolant pour la conscience, de rendre, par occasion, quelque hommage à la vérité. Ç’a été à peu près comme un bal pour les pauvres. Quoiqu’il en soit, ces intentions seront devenues à coup sûr bien plus efficaces sous votre plume» (lettera del 31 gennaio 1832, in MANZONI, Tutte le lettere, cit., tomo I, p. 653). 33 Les Fiancés, histoire milanaise du XVIIe siècle par Alexandre Manzoni, traduction de l’Italien, Paris, Debécourt, 1834. 2 voll.

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irréprochable».34 L’autore difende il progetto (che mira a rendere popolare35 il romanzo italiano in Francia), insistendo sulla virtù degli altri personaggi religiosi e sul consenso dei «chrétiens éclairés»36 nel rendere omaggio a Manzoni. Ora, se si esamina da vicino la traduzione, bisogna dire che si tratta di un’operazione abbastanza curiosa: colpiscono gli evidenti travisamenti interpretativi, ad esempio nella digressione sulla guarnigione spagnola, in cui la traduzione parziale del passo cancella l’ironia antifrastica del testo originale, proponendo una constatazione rispettosa della presenza straniera («Aux temps où se passèrent les faits que nous allons raconter, Lecco était une place fortifiée et avait pour cela l’honneur d’une garnison d’Espagne»).37 La traduzione spinge la riduzione e la semplificazione ben oltre le operazioni compiute da Rey-Dussueil: l’Introduzione non viene inclusa, la digressione sulle gride è ampiamente mutilata, l’«Addio, monti» viene riassunto in una frase,38 la monacazione forzata di Gertrude è sì conservata, ma non la tresca con Egidio, il che rende a dir poco inverosimile il tradimento, risolto con interventi metadiegetici e toni melodrammatici enfatizzati dalla punteggiatura espressiva, impotente a mascherare l’incoerenza psicologica della situazione,39 la focalizzazione e le immagini non vengono quasi mai rispettate,40 l’onomastica è fluttuante (Agnès vs Lucia) – come in Gosselin – e alcuni fraintendimenti lessicali sembrano derivare direttamente da Rey-Dussueil.41 Una traduzione del genere – che Christesco liquida chiamandola «un massacre» –42 illustra la frontiera, abbastanza tenue, tra le traduzioni vere e proprie, integrali e davvero originali, e gli adattamenti / riscritture per un determinato pubblico, che furono molto 34 Ivi, p. XVII. 35 Ivi, p. XIX. 36 Ivi. 37 Ivi, pp. 2-3. 38 «Mille pensées vinrent assaillir Lucia; là au moins elle put donner un libre cours à ses pleurs; de temps en temps elle levait la tête pour jeter un coup d’œil sur la montagne, que la lune éclairait» (ivi, p. 107). 39 «Comment Egidio avait-il conçu aussi vite l’espoir d’enlever Lucia de l’asile sacré où elle était renfer-mée? La signora elle-même va livrer la victime. Egidio n’était pas inconnu à cette infortunée signora; il connaissait la faiblesse de son caractère, son penchant au mal, sa jalousie, et son peu d’amour pour Dieu. Il se rend auprès d’elle, et lui demande hardiment de livrer Lucia à son ennemi. Gertrude frémit d’horreur à cette proposition. Egidio insiste, elle cède!...» (p. 180). 40 Uno dei casi più clamorosi riguarda l’incubo di don Rodrigo, rielaborato più che tradotto, che cancella l’apparizione mostruosa di fra Cristoforo nel delirio dell’appestato: «Il vit tout le monde se précipiter vers un point de l’église; il s’y sentit poussé aussi et vit dans une chaire un homme qu’il reconnut pour le père Cristoforo. Il lui sembla que le bon capucin, après avoir examiné tout son auditoire, jetait plus particulièrement les yeux sur lui; qu’il tenait le bras étendu sur sa tête comme pour le menacer» (ivi, tomo II, p. 126). Il testo originale recita: «ecco tutte quelle facce rivolgersi ad una parte. Guardò anch’egli colà; scorse un pulpito, e vide dalle sponde di quello spuntar su un non so che convesso, liscio e lucci-cante; poi alzarsi e comparir distinto un cocuzzolo calvo, poi due occhi, una faccia, una barba lunga e bianca, un frate ritto, fuor delle sponde fino alla cintola, fra Cristoforo. Il quale, balenato uno sguardo in giro su tutto l’uditorio, parve a don Rodrigo che lo fermasse in volto a lui, levando insieme la mano, nell’attitudine appunto che aveva presa in quella sala a terreno del suo palazzotto» (edizione Baudry 1827, tomo III, p. 203). 41 Un solo esempio: si ritrova la confusione bando / banco nel primo capitolo («on vient à nous comme on irait acheter un ban», tomo I, p. 7). 42 D. CHRISTESCO, La fortune de Alexandre Manzoni en France, p. 97.

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numerose nell’Ottocento, a documentare l’interesse suscitato dal romanzo presso lettori giovani o cattolici (o tutte e due le cose). A questo punto, ci sembra necessario riservare un posto specifico a queste produzioni per il loro carattere paradossale: se da un lato contribuiscono alla circolazione del romanzo di Manzoni in Francia, dall’altro ne alterano talvolta così profondamente la natura (non solo stilistica o narrativa, ma anche ideologica) da veicolare un’immagine deformata del libro, contribuendo non poco al malinteso che pesa durevolmente sui Promessi sposi in Francia.

I diversi travestimenti francesi ottocenteschi (riduzioni, adattamenti, rifacimenti…) del romanzo manzoniano – da Lucia Mondella (sempre nel 1834, un po’ prima, del resto, della traduzione Debécourt)43 a Lucie et Renzo (1838),44 alle traduzioni parziali di Antony Deschamps (1834)45 o di Auguste de Tillemont (1864)46 alle iniziative locali di editori cattolici provinciali durante il Secondo Impero –47 sono stati contestualizzati e studiati con particolare finezza da Mariella Colin, che in diverse sedi48 ha mostrato come tali adattamenti riducessero o eliminassero del tutto le riflessioni storiche, le descrizioni giudicate troppo lunghe, le scene potenzialmente scabrose (in primis la vicenda della monaca di Monza, talvolta trasformata in un’innocua badessa piena di bontà per Lucia), per non parlare della riscrittura del finale, in cui la giovane protagonista poteva addirittura morire nel lazzaretto, vergine e quasi santa. Questi rifacimenti in chiave edificante, osserva giustamente Mariella Colin, hanno il pregio di permetterci di identificare, per contrasto, la modernità, l’ambiguità e la complessità del romanzo manzoniano, irriconoscibile quando viene così mutilato e semplificato a seconda delle esigenze ideologiche del momento. Essi sono insieme un sintomo e una causa del problema della distorsione interpretativa che caratterizza la ricezione dei Promessi sposi in Francia: trascurato dai grandi scrittori francesi che avrebbero potuto operare come mediatori presso un ampio pubblico, il romanzo di Manzoni fu liberamente sfruttato da editori settoriali che avevano progetti ideologici,

43 Lucia Mondella. Nouvelle italienne tirée des «Fiancés» de Manzoni, Paris, Gaume frères, 1834. 44 Lucie et Renzo, traduit de l’italien par Ernest Merson, Nantes, imprimerie Merson, 1838. 45 Cfr. ad esempio Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, suivie de l’Ode sur la Nativité, traduits de l’italien par M. A. D., Paris, A. René, 1834. Altri editori di provincia proponevano ristampe parziali di traduzioni precedenti. 46 Les Fiancés, traduction nouvelle par Auguste de Tillemont, Paris, de Soye et Bouchet, 1856. L’edizione si segnala per la presenza di illustrazioni dovute a un certo Pégard. La traduzione di de Tillemont fu poi accorciata e ritoccata per portare alla novella Lucie Mondella ou la Peste de Milan, Limoges, Ardant et Thibaut, 1872, poi ristampata più volte con il titolo La Peste de Milan. Auguste de Tillemont sembra basarsi sulla traduzione di Gosselin (si veda ad esempio nell’onomastica: ritroviamo due strani personaggi di nostra conoscenza, «le père Cristofore» et «le docteur Azzecca-Brouillon»). 47 Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, traduction nouvelle par Michel M. P. T. et A. Chaillot, Avignon, A. Chaillot, 1864. 48 Ricordiamo soprattutto Mariella COLIN, Alessandro Manzoni, auteur pour la jeunesse en France, in Heurs et malheurs de la littérature italienne en France, sous la direction de Mariella Colin, Caen, Presses Universitaires de Caen, 1995, pp. 137-151, ripreso e modificato in EAD., La littérature d’enfance et de jeunesse italienne en France au XIXe siècle, pp. 41-61, e De I Promessi sposi à Lucia Mondella: une réécriture réactionnaire du roman de Manzoni, ivi, pp. 63-73. Segnaliamo che è di prossima pubblicazione un contributo di Mariella Colin sullo stesso argomento: Entre censure et travestissement: les éditions contrefaites des Promessi sposi en France au XIXe siècle, negli atti del Convegno internazionale Les Fiancés détournés. Transpositions, parodies et déformations des Fiancés de Manzoni du XIXᵉ siècle à nos jours (Parigi, Sorbonne Université, 15-16 novembre 2018).

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politici e pedagogici più che letterari, cosicché fu apprezzato da una comunità di lettori conservatori, attenti ai valori del mondo cattolico francese.49 Aggiungiamo che la proliferazione caotica di versioni francesi dei Promessi sposi non deve stupire in un contesto abbastanza ‘selvaggio’ in cui il mercato della traduzione assumeva l’apparenza di un «vrai bazar», senza regole editoriali, senza preparazione linguistica né formazione professionale dei traduttori, spesso senza riflessione teorica, per cui «n’importe qui traduit n’importe quoi n’importe comment, et vogue la galère», come ebbe a riassumere umoristicamente Sylvère Monod.50

4. La Quarantana: un non-evento?

L’insuccesso commerciale cui Manzoni andò incontro con la Quarantana è troppo noto perché torniamo qui sull’argomento, così come lasciamo da parte la persistente difficoltà – solo negli ultimi anni parzialmente superata – di accettare il progetto organico e ‛multimediale’ di Manzoni, spesso amputato, nelle edizioni italiane, della Storia della Colonna infame e delle illustrazioni. In tale contesto, non bisogna stupirsi che l’edizione definitiva del romanzo non abbia provocato un’ondata di nuove traduzioni in Francia: come si è già visto, la seconda metà dell’Ottocento è scandita dalle ristampe di traduzioni francesi della Ventisettana. Va tuttavia segnalato che Montgrand si rimise al lavoro, dedicandosi alla traduzione della Quarantana con il progetto di pubblicare la nuova versione francese con le illustrazioni originali. Come viene documentato dal carteggio con Manzoni, l’impresa si rivelò troppo complessa51 e la traduzione uscì presso l’editore Garnier solo nel 1877,52 quindi postuma (per iniziativa del nipote, il conte Godefroy de Montgrand), e illustrata dal disegnatore e incisore francese Gustave Staal (cfr. fig. 1 e 2),53 illustratore, tra l’altro, delle opere di Eugène Sue e di Balzac. Il confronto tra la traduzione del 1832 (condotta sul testo Baudry) e quella del 1877 dimostra che Montgrand non si è accontentato di ritoccare la sua versione della Ventisettana, ma ha trattato la Quarantana come un romanzo da tradurre ex novo (il che non vuol dire, naturalmente, che non ci siano espressioni riprese tali e quali

49 M. COLIN, Alessandro Manzoni, auteur pour la jeunesse, p. 43. 50 Sylvère MONOD, Les premiers traducteurs français de Dickens, in «Romantisme», numero tematico Traduire au XIXe siècle, n. 106, 1999, pp. 119-128, citazioni a p. 119 e a p. 128. 51 Cfr. le lettere del 20 maggio e del 6 giugno 1843 (A. MANZONI, Tutte le lettere, tomo II, pp. 292-294 e pp. 302-303). Per una visione completa degli scambi tra Montgrand e Manzoni e per la travagliata storia della traduzione della Quarantana, è fondamentale l'apparato critico dei Carteggi letterari curati da Laura Diafani e Irene Gambacorti dove si menziona la presenza dell'autografo della nuova traduzione di Montgrand nel fondo Treccani degli Alfieri a Milano, CNSM (Carteggi letterari, tomo secondo, introduzione di Gino Tellini, a cura di Laura Diafani e Irene Gambacorti, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, tomo I, 2016, soprattutto p. 793, p. 805, pp. 812-813, pp. 845-847, p. 858, p. 872, p. 875-876, p. 884, tomo II, 2017, p. 929). 52 Non si tratta quindi, diversamente da quanto scrivono René Guise (Introduction, p. XXXIII) e Franco Piva (La «Ventisettana» in Francia, p. 25), di una semplice riedizione della traduzione del 1832. 53 Vi furono due edizioni contemporanee della traduzione: una corrente in due volumi in-12 e una di lusso in unico volume in-4 (cfr. D. CHRISTESCO, La fortune de Alexandre Manzoni, p. 206).

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dalla prima traduzione). In altra sede54 abbiamo cercato di mostrare come la traduzione di Montgrand, che presenta evidenti qualità (a cominciare da una grande coerenza stilistica che la rende indubbiamente scorrevole), tende a chiarificare e a iper-retoricizzare la prosa manzoniana, rifiutando ad esempio le ripetizioni lessicali anche laddove sono evidentemente volute dallo scrittore italiano, e omogeneizzando i diversi registri del testo originale. È inoltre il caso di sottolineare, a proposito della ricezione della Quarantana e delle immagini che accompagnano la seconda traduzione di Montgrand, che la scelta manzoniana di illustrare il romanzo non passò inosservata in Francia, stimolando la produzione di versioni illustrate (abbiamo già citato brevemente quella di Tillemont), spesso indirettamente dipendenti dal lavoro di Gonin, un aspetto per il quale rimandiamo alle ricerche in corso di Sara Garau.55 Un piccolo segno che la pubblicazione della Quarantana non restò lettera morta per quanto riguarda la diffusione in francese va forse rintracciato nell’operazione dell’editore milanese Paolo Carrara che nel 1877 propose una curiosa edizione in terra italiana dei Fiancés, la quale sintetizza le traduzioni di Rey-Dussueil e Montgrand (quella del 1832), riviste da Martin e Pizzigoni (presentati come «professeurs»), e corredata con 15 incisioni su tavole fuori testo (cfr. fig. 3 e 4).56 La brevissima prefazione sottolinea la superiorità della traduzione di Montgrand su quella di Rey-Dussueil,57 ma insiste sulla necessità di revisionarla per tener conto delle modifiche che lo scrittore italiano ha apportato alla prima edizione, allo scopo di «mettre en un accord parfait la traduction française avec le texte italien» e così contribuire a «faire mieux goûter, à ceux qui le liront en français, ce chef-d’œuvre de la littérature italienne».58 Benché queste dichiarazioni lascino supporre una

54 Aurélie GENDRAT-CLAUDEL, Manzoni «bien mis»: I Promessi sposi tradotti da Montgrand, in Viaggiatori. Circolazioni, viaggi ed esilio, pubblicazione in corso. 55 Sara GARAU, Tradurre l’immagine. L’illustrazione nelle prime traduzioni dei «Promessi sposi», in La letteratura italiana e le arti, Atti del XX Congresso dell’ADI - Associazione degli Italianisti (Napoli, 7-10 settembre 2016), a cura di L. Battistini, V. Caputo, M. De Blasi, G. A. Liberti, P. Palomba, V. Panarella, A. Stabile, Roma, Adi editore, 2018, edizione in corso (pdf: http://www.italianisti.it/upload/userfiles/files/Garau_Manzoni.pdf) 56 A. MANZONI, Les Fiancés, d’après les traductions de MM. de Montgrand et Dusseuil [sic], nouvelle édition revue et complétée par les professeurs Martin et Pizzigoni, Milan, Paul [sic] Carrara, s.d. [1877]. Sul lessicografo Carlo Pizzigoni e il suo ruolo di mediatore tra cultura francese e cultura italiana nella seconda metà dell’Ottocento, cfr. Nunzio RUGGIERO, La civiltà dei traduttori. Transcodificazioni del realismo europeo a Napoli nel secondo Ottocento, Napoli, Guida, 2009, p. 28 e p. 34. L’altro professore è forse riconducibile all’autore di un fortunato manuale di lingua francese (C.S. MARTIN, Primi elementi della lingua francese, giusta un nuovo e facile metodo composti per la gioventù italiana, Milano, T. Laengner, 1852), ripreso da Hoepli e poi frequentemente ristampato. Le illustrazioni di Osvaldo Tofani, incise da Centenari e Gallieni, sono riprese dall’edizione del romanzo pubblicato dallo stesso editore: Alessandro MANZONI, I Promessi sposi, Milano, Paolo Carrara, 1875, la quale comportava però un ritratto di Manzoni in antiporta e ben 39 xilografie. Sull’edizione del 1875, cfr. Il Manzoni illustrato, Milano, Biblioteca di via Senato, 2006, p. 119. 57 E in effetti l’aggiunta del nome di Rey-Dussueil (nonostante la storpiatura) sembra più una concessione alla fama della prima traduzione francese per allettare il lettore che un’indicazione del testo usato, giacché i revisori hanno evidentemente lavorato soprattutto sulla traduzione di Montgrand, di cui viene anche riprodotta la prefazione del 1832. 58 «Deux mots de préface», in A. MANZONI, Les Fiancés, d’après les traductions de MM. de Montgrand et Rey-Dusseuil, p. 2.

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destinazione per così dire classica dell’opera (il pubblico francese desideroso di scoprire il capolavoro italiano), sarebbero necessarie ulteriori ricerche (sui curatori della revisione, sulle illustrazioni, sulla diffusione commerciale) per comprendere meglio il progetto editoriale, nella misura in cui pare probabile che il target di questi Fiancés franco-italiani non si sia limitato ai lettori francesi stabiliti in Italia o pronti a far arrivare in Francia un volume stampato a Milano, ma abbia incluso piuttosto chi imparava il francese in Italia, prevedendo quindi un uso didattico della traduzione francese del più grande romanzo italiano dell’epoca.

5. Tradurre contro: Martinelli, l’ultima ‘vera’ traduzione dell’Ottocento

A confermare il successo incontrastato della traduzione di Rey-Dussueil è la prefazione di Giovanni Martinelli alla sua versione dei Promessi sposi nello stesso anno 1877 per il grande editore Hachette: il traduttore, sul quale si hanno poche notizie,59 presenta il lavoro di Rey-Dussueil (che pure lui chiama Rey Dusseuil) come «la seule traduction française qui, à [s]a connaissance, ait été faite de ce livre»,60 ignorando quindi i poveri Gosselin e Montgrand. Segue la stroncatura della versione di Rey-Dussueil per mancata comprensione dell’originale,61 ma anche e soprattutto per i tagli operati che snaturano non solo il racconto della carestia e della peste, ma tutto il lavoro storico di Manzoni. Ispirato da «un sentiment de patriotique susceptibilité», Giovanni Martinelli intende quindi ristabilire «la lettre et l’esprit de cet admirable livre dans leur vérité, dans leur exactitude et dans leur intégrité les plus scrupuleuses»,62 allo scopo di smentire chi, tra il pubblico francese, si fosse formato – in petto, dice Martinelli – un’immagine non del tutto positiva del capolavoro manzoniano. Tra le caratteristiche più evidenti del lavoro, ricordiamo che Martinelli è tra i traduttori francesi quello che propone il pastiche più audace di lingua arcaica per restituire l’Introduzione,63 mentre sembra difficile non apprezzare l’esattezza lessicale e culturale della traduzione, in effetti molto attenta alle sfumature del testo originale e alla sua dimensione di indagine storica: del resto, Martinelli aggiunge «pour servir à l’explication», nel capitolo XI, una pianta di Milano nel Seicento e, nel capitolo XIX, una carta del territorio milanese per permettere al lettore di visualizzare i diversi luoghi 59 Medico, figlio del patriota Domenico Martinelli, nel 1837 aveva raggiunto il padre esule a Parigi e la sua traduzione dei Promessi sposi resta la sua opera più famosa (cfr. Taddeo GRANDI, Ciro Menotti e i suoi compagni. Le vicende politiche del 1821 e 1831 in Modena, Milano, Natale Battezzati, 1880, p. 350). 60 Alessandro MANZONI, Les Fiancés, roman historique traduit de l’italien par Giovanni Martinelli, Paris, Hachette, 1877, p. I. 61 «Elle fourmille […] de fautes grandes et petites, de non-sens, de contre-sens, de quiproquos qui dénaturent le texte en une foule d’endroits et font çà et là dire à Manzoni de ces inepties qui auraient dû certainement mettre en garde l’esprit et arrêter la main d’un traducteur mieux avisé», ivi, p. I. 62 Ivi, p. II. 63 Basterà un unico passo a capire il lavoro di Martinelli sul lessico, la sintassi, gli accenti e la grafia: «seulement ayant eu cognoissance de faicts memorables, encore qu’ils soient aduenus à des gens du commun peuple et de petite estoffe, j’ay entreprins d’en laisser le souuenir à la Posterité, en faisant de tout exactement et fidellement le Recit ou soit la Relation. On verra en icelle, renfermées dans vn estroict Theatre,de lvctueuses Tragedies d’horreurs et des Scenes d’estrange meschanceté» (ivi, pp. V-VI).

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dell’azione (cfr. fig. 5). Certo, la semplificazione sintattica – con la dissociazione della prima lunghissima frase in due proposizioni giustapposte – nella traduzione dell’incipit paesaggistico ne attenua l’effetto straniante64 ed è sempre possibile identificare, qua e là, qualche espressione che rasenta l’italianismo65 o qualche soluzione un po’ pesante,66 ma la traduzione di Martinelli, regolarmente ristampata da Hachette fino al 1912, ha indubbiamente rispettato il ‘patto di traduzione’ stretto con il lettore.

6. Nella prima metà del Novecento (e anche un po’ oltre): Les Fiancés, ov-vero ‘le livre pour tous’?

Le traduzioni francesi novecentesche dei Promessi sposi sono state meno studiate di quelle ottocentesche e, trattandosi di una materia insieme complessa e per ora relativamente trascurata, ci limiteremo ad indicare alcune piste possibili per ulteriori ricerche che dovrebbero prendere in considerazione le relazioni tra editori e traduttori, la carriera dei traduttori, la ricezione critica, le tirature, nonché un vero e proprio esame traduttologico dei testi (resta aperto l’elenco dei compiti da svolgere). Cominciamo con una prima osservazione: se le riduzioni e riscritture in chiave cattolica vengono meno a partire dalla Terza Repubblica, le versioni abbreviate a destinazione di un pubblico giovanile o popolare, sulla scia di quella illustrata proposta da Hachette nel 1890,67 godono di buona salute almeno fino agli anni Cinquanta. Va ricordato un esile fascicolo (40 pagine!) anonimo uscito nel 1918,68 per il quale risulta difficile, e forse impossibile, risalire all’autore della drastica riduzione. Dai sondaggi che abbiamo effettuato, il testo francese sembra basarsi – tanto per cambiare – sulla traduzione di Rey-Dussueil, arricchita di vari errori (l’Oda invece dell’Adda, solo per fare un esempio), amputata senza scrupoli per conservare solo i dialoghi e le parti narrative e qua e là accompagnata da riassunti abbastanza divertenti (si veda ad esempio la conclusione del romanzo, ridotta a lieto fine da fiaba: «Il [Renzo] donna bientôt à sa filature une si grande activité qu’elle devint une des plus riches et des 64 «L’un des deux bras du lac de Côme s’étend, sans interruption, entre deux chaînes de montagnes qui, tantôt rentrant, tantôt faisant saillie, en découpent les bords en une foule de baies et de golfes ; presque tout à coup ce bras vient à se resserrer entre un promontoire à droite et un large coteau à gauche, et à prendre le cours et l’apparence d’un fleuve» (p. 1). 65 Ad esempio «Celui-ci est le dernier coup qu’aura fait cet infâme assassin !» (p. 39). L’uso del pronome dimostrativo come soggetto è (come minimo) poco idiomatico in francese. 66 Pensiamo tra l’altro al «comte-oncle», una traduzione certo perfettamente fedele al testo originale, ma che porta alla creazione di una strana parola composta percepita come un neologismo, del resto difficile da pronunciare. 67 Alexandre MANZONI, Les Fiancés, édition abrégée, Paris, Hachette, «Bibliothèque des écoles et des familles», 1890. Il «Bulletin officiel de l’éducation nationale» (volume 48, Paris, Imprimerie Nationale, 1890, p. 1005) attribuisce la riduzione a Mme J. Colomb, ovvero Joséphine Colomb (1833-1892), allora nota scrittrice per la gioventù e regolare collaboratrice di Hachette per riduzioni e traduzioni (ad esempio di De Amicis). Le 37 illustrazioni, disegnate da Nicola Sanesi e incise da Gallieni, sono riprese dall’edizione Carrara del 1890 (Alessandro MANZONI, I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII, edizione espressamente illustrata da C. N., Sanesi, Milano, Libreria editrice d’Istruzione e d’Educazione di Paolo Carrara, 1890). 68 Alexandre MANZONI, Les Fiancés, Paris, F. Rouff, «Grande collection nationale», s.d. [1918].

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plus prospères du pays. Et le roman finit comme les contes de fées : il eut beaucoup d’enfants et vécut heureux…»).69 La copertina, che rappresenta il rapimento di Lucia come una scena da romanzo di avventura, non lascia dubbi sulla destinazione popolare del volume (cfr. fig. 6). Un po’ più sostanziosa è la versione abbreviata dovuta a Henriette Rouillard nel 1930,70 in un’edizione per la gioventù (inserita appunto nella collana «Juventa» dell’editore Delagrave), che ha il pregio di essere corredata di immagini, poco numerose ma di grande qualità, non legate al modello di Gonin (cfr. fig. 7-8). Certo, il romanzo viene ampiamente semplificato, ma l’operazione è molto diversa dalle versioni dell’Ottocento che censuravano, ad esempio, la relazione della monaca di Monza con Egidio: Henriette Rouillard (sulla quale è difficile trovare informazioni precise, benché abbia avuto un’attività abbastanza sostenuta di traduttrice-adattatrice per la gioventù a partire dagli anni ’30) elimina la lunga analessi dedicata all’infanzia di Gertrude e alla monacazione forzata, ma non passa sotto silenzio la tresca amorosa, semplificando alquanto l’analisi dei tormenti morali della religiosa (certo, la passione trasgressiva viene condannata dall’inciso «hélas!», ma la debolezza del personaggio si trova giustificata dal «vide affreux de son existence»,71 in qualche modo dato per scontato tra le mura del chiostro…). In altre parole, le semplificazioni operate da Henriette Rouillard – il cui lavoro verosimilmente si basa, a quanto risulta dal nostro esame, sulla traduzione di Montgrand del 1877 – sembrano dipendere dalla ricerca di una maggiore efficienza romanzesca anziché da un progetto edificante o ideologicamente finalizzato all’esaltazione della Chiesa cattolica. Del resto, la ricerca di immediatezza si verifica anche a livello sintattico, con un’evidente semplificazione della prosa manzoniana attraverso la moltiplicazione di proposizioni indipendenti giustapposte o coordinate. Non molto diverso è il caso della versione di un’altra traduttrice-adattatrice, Héliane Verdeil (anche lei caduta nell’oblio), pubblicata da Hatier per la prima volta nel 1953 (e poi riproposta nel 1960 e nel 1963) nella collana popolare «Les classiques pour tous». In questo adattamento molto abbreviato (un’ottantina di pagine), l’Introduzione non viene tradotta, ma nel testo sono mantenute le allusioni all’anonimo e al suo manoscritto, il che dà luogo a diversi passi quasi incomprensibili («le nom du bourg ni le nom de famille du personnage ne se trouvent dans le manuscrit, pas plus à cet endroit qu’ailleurs» o «dit notre historien»).72 Le scene integralmente tradotte sono interrotte da riassunti, ben segnalati tipograficamente da caratteri più piccoli, i quali talvolta fanno sorridere, ad esempio quando si permettono giudizi di valore, decantando proprio i passi cassati («Le caractère de don Abbondio, peureux et égoïste, est un des plus joliment tracés par Manzoni»).73 Stranamente, e a suggerire il carattere abbastanza contraddittorio dell’impresa, che opera 69 Ivi, p. 40. 70 Alexandre MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, adapté par Mme Henriette Rouillard, illustrations de Lecoultre, Paris, Librairie Delagrave, 1930. 71 Ivi, p. 126. 72 Alexandre MANZONI, Les Fiancés, traduction française par Mme H. Verdeil, introduction par G. Garnier, Paris, Hatier, «Les classiques pour tous», «Collection étrangère», 1960, p. 7 e p. 50. 73 Ivi, p. 10.

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una valorizzazione atipica di scene solitamente trascurate dalle riduzioni, sono state conservate quasi tutte le descrizioni paesaggistiche, compresa la vigna di Renzo (che in tante versioni abbreviate è appunto la prima ad essere ‘potata’). Invece non sapremo nulla della conversione di Lodovico né della monacazione di Gertrude, semplicemente chiamata «une mauvaise religieuse»,74 un silenzio che la dice lunga sull’indifferenza con la quale si affronta la tematica religiosa del romanzo. Se la versione di Héliane Verdeil presenta un interesse certo limitato, vale forse tuttavia la pena di sottolineare che si tratta – tranne errore da parte nostra – dell’unica traduzione francese in cui un Renzo proto-comunista arringa la folla milanese esclamando «Camarades!» (per «figliuoli»),75 tanto per confermare che la manipolazione storico-culturale del capolavoro manzoniano a destinazione del pubblico popolare sta prendendo un’altra piega rispetto a quanto accadeva nell’Ottocento. A dimostrare la circolazione del romanzo presso un pubblico francofono non necessariamente colto, segnaliamo altresì la nuova traduzione proposta dal canonico Marcel Michelet e apparsa a puntate a partire dall'8 gennaio 1957 sul quotidiano svizzero «Le nouvelliste valaisan», con il titolo alquanto sentimentale Les fiancés du lac de Côme: benché la presentazione del giornale insista sulle qualità letterarie e morali dell’opera originale («ce roman […], par ses qualités formelles, son souci de moralité, son importance dans la littérature et l'histoire italiennes, figure en bonne place parmi les œuvres classiques de la littérature mondiale»), il capolavoro manzoniano diventa esplicitamente un «roman-feuilleton» e la nuova traduzione viene celebrata come una «interprétation» che «repens[e] véritablement en français le roman historique d'Alessandro Manzoni», laddove le traduzioni precedenti lo rendevano «indigeste, […] parce que rempli d'italianismes et de longueurs qui ralentissent l'action». Ci sia ora concesso un breve excursus gastronomico e belga per illustrare la diffusione del romanzo di Manzoni nella prima metà del Novecento presso un pubblico non limitato alla cerchia degli italianisti e dei cultori della grande letteratura. Nel 1926, la ditta Liebig, specializzata negli estratti di carne, mette in circolazione, secondo la sua consuetudine pubblicitaria iniziata attorno al 1870, una serie di sei figurine cromolitografate rappresentanti una selezione di scene tratte dai Promessi sposi (l’incontro di don Abbondio con i bravi, il colloquio tra fra Cristoforo e don Rodrigo, il matrimonio a sorpresa, Lucia nell’atto di supplicare l’innominato, don Rodrigo malato e derubato dai monatti e dal Griso, fra Cristoforo mentre scioglie il voto di Lucia e benedice i due fidanzati al lazzaretto), con un riassunto dell’intreccio sul retro. Ora la serie arriva sul mercato belga, ovviamente in una versione francese (cfr. immagine). Trattandosi di un documento che richiede competenze mediologiche specifiche, non approfondiremo il commento e da questo brodo Liebig sarà difficile ricavare il sugo della storia: la diffusione della serie manzoniana avvenne contemporaneamente in Italia e in altri paesi europei e certamente le sei figurine non sono state concepite per andare incontro ai gusti e alle aspettative della clientela francofona. Resta il fatto che una grande ditta europea portò i suoi clienti 74 Ivi, p. 56. 75 «Camarades ! on me mène en prison, parce que j’ai crié hier : Pain et justice ! Je n’ai rien fait ; je suis un honnête homme : aidez-moi, ne m’abandonnez pas, camarades !» (ivi, p. 51).

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francofoni – alcuni dei quali forse non sapevano nulla di Manzoni – a collezionare sei immagini ispirate ai Fiancés e a scoprire la trama del romanzo in poche righe, che si sforzavano di limitare i termini italiani onde evitare ogni straniamento culturale: i monatti diventavano «gardes sanitaires», l’innominato «un gentilhomme malfamé» o «le châtelain», il Griso «le Gris» (cfr. figg. 9-10).76 7. Dalle traduzioni ‘di sinistra’ all’edizione tascabile di un long seller Mentre le versioni di inizio Novecento sopra elencate testimoniano la presenza dei Fiancés, spesso ridotti, sugli scaffali di letteratura popolare, nella seconda metà del secolo si assiste allo sforzo di conciliare l’esigenza di esattezza e completezza che già era stata, nell’Ottocento, quella di un Montgrand o di un Martinelli, con la possibilità di far leggere il romanzo a un vasto pubblico, a prescindere dall’adesione al suo orizzonte spirituale e religioso. In questa prospettiva sono da esaminare almeno quattro grandi realizzazioni editoriali, la prima delle quali risale al 1956, quando fu pubblicata in due volumi a Losanna una nuova traduzione che ha la particolarità di essere l’unica, a nostra conoscenza, condotta a quattro mani e da traduttori che sono anche e soprattutto scrittori, Liliana Magrini e Louis Guilloux.77 Segnaliamo un problema marginale: per motivi che non siamo riusciti a chiarire, sin dalla prima edizione e poi nelle diverse ristampe (1964, 1968, 1971), la traduttrice figura sempre come Silvana e non Liliana (e, in un primo tempo, ci era sembrato possibile identificarla con la poetessa Silvana Magrini),78 mentre l’identità del secondo traduttore, il noto romanziere Louis Guilloux (1899-1980), impegnato nella Resistenza e amico di Camus, Malraux o Jean Paulhan,79 porta invece alla veneziana Liliana Magrini (1917-1985), traduttrice di Camus e autrice di un fortunato Carnet vénitien (1956) scritto direttamente in francese, con la quale lo scrittore francese ebbe un’intensa relazione.80 L’impresa di Magrini e Guilloux, un po’ sbrigativamente stroncata da un’importante italianista come Lucienne Portier, la quale elencava controsensi, refusi ed

76 Per un’analisi della serie italiana delle figurine Liebig tratte dai Promessi sposi, cfr. Laura TETTAMANZI, Vero estratto dei «Promessi sposi». Le figurine Liebig, in Gianfranco BETTETINI – Aldo GRASSO – Laura TETTAMANZI, Le mille e una volta dei Promessi sposi, RAI-ERI, «VQPT», 1990, pp. 113-122. 77 Alessandro MANZONI, Les Fiancés, roman, traduction de Silvana Magrini et Louis Guilloux, préface de Fredi Chiappelli, Lausanne, Rencontre, 1956, 2 voll. 78 Cfr. Vittoriano ESPOSITO, L’altro Novecento, vol. II, La poesia femminile in Italia, Foggia, Bastogi, 1997, p. 86. 79 Su Guilloux, cfr. tra i titoli recenti e più affidabili, Sylvie GOLVET, Louis Guilloux: devenir romancier, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2010. 80 Sulla relazione, insieme sentimentale e letteraria, tra Louis Guilloux et Liliana Magrini, cfr. Roger GRENIER, Instantanés II, Paris, Gallimard, Nrf, 2014, pp. 46-47. In questo volume di ricordi personali di grandi scrittori francesi del Novecento, Roger Grenier (1919-2017), giornalista, sceneggiatore, scrittore e membro del comitato di lettura delle edizioni Gallimard dal 1963 in poi, presenta come una certezza fattuale la collaborazione di Louis Guilloux et Liliana Magrini per la traduzione dei Promessi sposi.

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espressioni poco chiare,81 si contraddistingue per la ricerca di un compromesso tra il rispetto delle difficoltà intrinseche della lingua manzoniana e lo sforzo di modernizzazione, con un’attenzione particolare alla rappresentazione degli «umili» come antenati del proletariato. Basteranno alcune osservazioni più precise: anche se l’Introduzione è stranamente presentata come un «Avant-propos de l’auteur» (p. 135) – il che costituisce un evidente travisamento della complessa finzione imbandita da Manzoni attorno al manoscritto trovato –, i traduttori propongono un testo volutamente arcaicizzante e ostico,82 mentre la celebre espressione «gente meccaniche e di piccol affare» viene resa con un anacronismo: «gens de condition ouvrière et de moindre importance» (p. 135), la locuzione «de condition ouvrière» non essendo attestata prima della metà circa dell’Ottocento, mentre poi il suo uso diventò inflazionistico alla fine dell’Ottocento e nel Novecento. Più che altro, i due traduttori non temono di ricorrere ad espressioni colloquiali: «Sale chien!» esclama un Renzo (p. 169) forse ancora più veemente dell’originale («ah cane !»), così come, se non sbagliamo, Magrini e Guilloux sono i primi ad osare l’idiomatismo «Cochon qui s’en dédit» per la promessa di Tonio a Renzo («Birba chi manca»), altrettante soluzioni atte a trasporre in francese l’espressività e la «corporeità iconica»83 del testo di partenza. L’insieme è forse un po’ trascurato, come lamentava Lucienne Portier, ma si tratta del primo e unico tentativo di appropriazione letteraria da parte di traduttori-scrittori (con un evidente scambio franco-italiano di conoscenze insieme linguistiche e culturali),84 nonché della prima traduzione integrale in qualche modo ‘militante’ che propone una chiara inversione di segno rispetto alle letture cattoliche dell’Ottocento, con un’attenzione particolare alla restituzione del linguaggio delle classi subalterne. Non molto dissimile, dal punto di vista diciamo in senso lato ideologico, è la traduzione del 1960 dovuta ad Armand Monjo (1913-1998) per il «Club des amis du livre progressiste», che ebbe due ristampe (la prima nel 1967 presso les Éditeurs français réunis e la seconda nel 1982 presso Le Chemin vert, quest’ultima con la traduzione del noto saggio di Calvino sui rapporti di forza). Monjo, partigiano comunista durante la Seconda Guerra mondiale, poeta, traduttore, un tempo docente d’italiano all’Université Paris III-Sorbonne Nouvelle,

81 « Revue des études italiennes », n. s., tome IV, 1957, pp. 256-257. La studiosa conclude spietata: «Ces quelques cas pris au hasard pourraient être multipliés. Faudrait-il conclure à l’impossibilité de traduire une œuvre de la qualité des Promessi sposi? Non. Mais entre l’héroïsme et le laisser-aller sans doute pourrait-on demander aux traducteurs un peu plus d’attention et d’aisance» (p. 257). 82 «L’Histoire se peut véritablement définir une guerre illustre contre le Temps, parce que lui ostant des mains les années, ses captives, ains desjà faictes cadavres, elle les rappelle à la vie, les passe en revue et les range de nouveau en bataille» (p. 135); «foiblesse», «Personnages titréz», «sublimitéz» (p. 135), «Estoiles» (p. 136), «sçaurait» (p. 136). 83 «Est iconique le terme qui, par rapport à son référent, “fait imageˮ, produit une conscience de ressemblance» (Antoine BERMAN, La traduction et la lettre ou l’auberge du lointain, Paris, Seuil, 1999, pp. 58-59). 84 La prima edizione era priva di note, mentre altre riedizioni ne propongono un certo numero, talvolta di grande interesse, ma siccome non è possibile determinare con sicurezza la responsabilità autoriale di queste note, ci asteniamo dal commentarle.

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affianca nelle sue opere materialismo e umanesimo.85 La sua traduzione dei Promessi sposi si distingue innanzitutto per la grande finezza della prefazione, che insiste sul realismo e la modernità di Manzoni, la cui bonarietà paternalistica nei confronti dei personaggi popolari andrebbe storicizzata, contestualizzata e messa in prospettiva con l’atteggiamento della borghesia contemporanea.86 Per Monjo, l’opposizione semplicistica tra ‘buoni’ e ‘cattivi’ corrisponde nel romanzo manzoniano all’antitesi tra oppressi e oppressori, mentre i mali della società (violenza, ingiustizia, corruzione…) sono riconducibili alla classe dirigente e soprattutto all’aristocrazia.87 Similmente, Monjo osserva come l’invito alla rassegnazione nel romanzo sia soprattutto formulato da alcuni personaggi religiosi in contesti omiletici anziché dal narratore ottocentesco. In base a queste osservazioni, Monjo afferma che si delinea piuttosto una morale della responsabilità, dell’impegno («engagement»), della lotta contro l’ingiustizia e della dedizione attiva, il che rende la morale manzoniana «véritablement révolutionnaire».88 La traduzione stessa sembra caratterizzata, nel complesso, dallo sforzo di rendere il romanzo leggibile per il più ampio pubblico possibile (così il manoscritto secentesco è reso in un francese sostenuto, ma poco marcato storicamente, senza arcaismi e senza termini troppo rari («il rimbombo de’ bellici Oricalchi» viene tradotto con «le retentissement des Cuivres guerriers»).89 Va rilevato, nella resa dei dialoghi, il ricorso frequente, e per così dire disinibito, alle dislocazioni a sinistra e a destra,90 coerente con la scelta di modernizzare l’espressione degli affetti (Lucia esclama ad esempio «Ma pauvre maman !»).91 Molti termini italiani vengono trascritti (la Signora, monatti, untori, baggiano…) ma quando il traduttore ritiene una creazione necessaria all’efficacia del racconto, può fare proposte originali, come per l’innominato che diventa «l’Homme-sans-nom» (ci sarà sempre chi troverà da ridire in nome dell’esattezza semantica, ma sta di fatto che la soluzione è particolarmente felice per rendere il

85 Così viene ricordato nel necrologio del giornale comunista «L’humanité» il 3 aprile 1998: «Il y a peu d’œuvres en vérité aussi entêtées de fraternité, aussi généreuses à célébrer la vie, convoquant tous les visages du monde, revendiquant des bonheurs concrets, alertées sans cesse du sort des plus humbles, sacrifiés et démunis. “Un manuel de matérialisme souriant”, selon la propre expression du poète.» 86 «Malgré les réserves évidentes, soulignées par Gramsci, sur la condescendance bienveillante de l’auteur à l’égard de ses personnages populaires, sur la compassion amusée et l’ironie du romancier envers ces villageois peu dégourdis, (mais à tout prendre la bourgeoisie moderne, même libérale, se montre parfois bien plus bornée et plus réactionnaire sur ce point, et son attitude visà-vis des peuples coloniaux est loin d’avoir l’humanité de l’écrivain italien) la vision d’ensemble de cette société lombarde du XVIIe siècle telle qu’elle se dégage du roman, nous apparaît singulièrement moderne par sa lucidité et par le caractère scientifique de son analyse.» (Les Fiancés. Histoire milanaise du dix-septième siècle découverte et refaite par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien et préfacé par Armand Monjo, Paris, Les Editeurs Français Réunis, 1967, p. 11). 87 Ivi, pp. 11-12. 88 Ivi, p. 13. 89 Ivi, p. 17. 90 Solo un breve campionario, dai dialoghi tra i popolani: «je ne fais pas de ces choses-là, moi», «La coquinerie, c’est à moi qu’on l’a faite», (ivi, p. 44); «La loi, c’est eux qui l’ont faite comme il leur a plu» (p. 69); «Moi, je l’ai trouvé, le moyen» (p. 69). Ma la stessa scelta si ritrova ogni tanto nelle parti del narratore: «des chagrins et des ennuis du genre et de la gravité de ceux que nous avons racontés, nos braves gens n’en eurent plus» (p. 376). 91 Ivi p. 258.

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personaggio inquietante con una denominazione ritmicamente efficace – e con qualche opportuno richiamo alla letteratura popolare ottocentesca, dal racconto omonimo L’homme sans nom di Léon Gozlan alla storia per bambini L’homme sans larmes di Alexandre Dumas: tutti titoli dimenticati, certo, ma emblematici di una dicitura diventata familiare). Si ricorre a una soluzione di compromesso per i nomi dei bravi, trascritti nel testo, ma tradotti in nota, talvolta con qualche piccolo fraintendimento sul significato letterale dei soprannomi («Fonce tout droit» per il Tiradritto, «Montagnard» per il Montanarolo, «Tanière obscure» per il Tanabuso, «Bousilleur» per lo Squinternotto).92 Lo scrupolo pedagogico è evidente nelle note (che sembrano riconducibili a Monjo): una definirà il termine «antonomase», un’altra chiarirà, fuor di metafora, il significato sociale di un’immagine.93 Se la traduzione di Monjo aveva l’evidente scopo di ‘ringiovanire’ i Promessi sposi per proporli a un pubblico moderno, sensibile alle questioni sociali, alla denuncia dell’ingiustizia e della prepotenza (e forse meno sensibile, se non affatto insensibile, alle tematiche religiose), l’impresa di René Guise, al quale accenneremo solo brevemente perché non si tratta di una nuova traduzione in senso stretto, ha un’ambizione ben diversa. René Guise (1932-1994), docente presso la Facoltà di lettere dell’Université de Nancy, propone nel 1968 una revisione della traduzione di Rey-Dussueil – «ahimè», ebbe a commentare sobriamente Giancarlo Vigorelli –94 con l’aggiunta di numerosissime note a fine volume, che rimediano ai tagli operati dal traduttore ottocentesco, segnalano i passi diversi rispetto al Fermo e Lucia (di cui vengono tradotte – da René Guise stesso – alcune pagine significative in appendice, dalla prima versione dell’Introduzione, alla digressione sull’amore, al ritratto del conte del sagrato), propongono traduzioni alternative laddove la versione di Rey-Dussueil pare difettosa, aggiungono informazioni culturali o commenti vari sul testo originale. L’intero apparato critico caratterizza indubbiamente l’edizione come un progetto universitario, che si fonda su una conoscenza forse non perfetta ma di sicuro solida dei problemi editoriali e interpretativi del romanzo manzoniano, con il chiaro intento di proporre per la prima volta ai lettori francesi la genesi dell’opera, contestualizzandola e tornando sul problema della ricezione in Francia. Oggi, alla luce degli ultimi acquisti della critica manzoniana italiana, alcuni giudizi sembrano sicuramente inaccettabili (la Quarantana viene così liquidata: «l’édition définitive, imprimée en 1840-1842 […] ne présente pour nous qu’un intérêt secondaire, l’essentiel des corrections qu’elle présente étant des corrections de langue et de style» –95 il che del resto risulta abbastanza contraddittorio con la scelta di includere in appendice la Storia della Colonna infame, nella traduzione ottocentesca di Antoine Latour).96 Sta di fatto che l’edizione Guise, che

92 Ivi, p. 198. 93 Per «les capes s’inclinaient devant les pourpoints», la nota precisa «C’est-à-dire: Les nobles s’inclinaient devant les gens du peuple» (ivi, p. 126). 94 Giancarlo VIGORELLI, Per una edizione globale delle carte francesi di Manzoni, in I Francesi e l’Italia, a cura di Carlo Bertelli, Milano, Banco Ambrosiano Veneto, 1994, p. 127. 95 R. GUISE, Introduction, p. VI. 96 La Storia della Colonna infame meriterebbe un discorso a parte: la prima traduzione, dovuta ad Antoine de Latour (1808-1881), importante traduttore di scrittori italiani dell’Ottocento (da Alfieri a Pellico alle

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sicuramente si rivolgeva a un pubblico ben diverso da quello di Magrini-Guilloux e Monjo, si inserisce nel contesto di un evidente interesse per i Promessi sposi nella Francia degli anni 1960. Una propaggine di questo interesse si manifesta nell’esistenza di ben due adattamenti radiofonici del romanzo, ovviamente basati su traduzioni francesi del testo originale: quello in 28 puntate di Gilda Bessis e Paulette Maréchal (sulle quali non è stato possibile trovare informazioni), che andò in onda su France Inter nel 1964 e quello in 25 puntate del più noto Roland Ménard (1923-2016), attore e doppiatore, per France Culture nel 1982. Il ricchissimo materiale sonoro e cartaceo legato a questi adattamenti richiede svariate analisi, letterarie, linguistiche e trans-semiotiche, per capire come gli adattatori elaborano il testo per la produzione di un dramma radiofonico (con la divisione in puntate, il ripensamento dell’equilibrio tra parti dialogate e parti narrative), ma anche drammaturgiche per quanto riguarda le diverse voci recitanti e il loro rapporto con la musica di accompagnamento, per non parlare dello studio della ricezione, giacché le reazioni degli uditori sono documentate dalle lettere mandate ai responsabili della trasmissione. Di tutti questi aspetti che esulano dalla questione delle traduzioni francesi in senso stretto ma la illuminano indirettamente, si sta occupando in questo periodo Simona Munari, che ha già presentato i primi frutti dei suoi lavori.97 L’ultima traduzione francese pubblicata è quella di Yves Branca nel 1995 per la collana tascabile «Folio classique» di Gallimard, che nel giro di poco più di trent’anni si è imposta come traduzione di riferimento, sia in ambito accademico sia nei blog (non così rari) di lettori francesi che condividono la loro esperienza di scoperta del romanzo di Manzoni. Nato nel 1947, il traduttore non è un italianista di professione: la sua formazione universitaria l’ha portato piuttosto verso la filosofia e il cinese, e quella dei Promessi sposi è la sua prima grande traduzione dall’italiano, seguita da Angelo di bontà di Nievo nel 2008 e da Clelia di Garibaldi nel 2010, mentre si è poi dedicato negli ultimi anni alla diffusione in Francia dell’opera filosofica di Costanzo Preve attraverso traduzioni, conferenze e interventi vari. L’impostazione editoriale di Gallimard non lascia spazio al traduttore per

poesie di Manzoni), fu pubblicata separatamente dal romanzo, a poca distanza dalla Quarantana, presso Baudry (Histoire de la Colonne infâme, par Alexandre Manzoni, traduite de l’italien par Antoine de Latour, avec une préface du traducteur où sont analysées et traduites en partie les Observations de P. Verri sur la torture, Paris, Baudry, 1843), poi ripresa nel Novecento con un saggio di Leonardo Sciascia (Alessandro MANZONI, Histoire de la Colonne infâme, préface de Leonardo Sciascia, Paris, M. Nadeau / Papyrus, 1982, poi Alessando MANZONI, L’histoire de la Colonne infâme, traduction de l’italien par Antoine de Latour, préface de Leonardo Sciascia, nouvelle édition établie par Pierre-Armand Dubois, Toulouse, Ombres, 1993). Solo l’edizione di Guise e quella dell’editore svizzero Rencontre (per la ripubblicazione della traduzione Magrini-Guilloux nel 1968 nella collana «Grandes heures de la littérature italienne») propongono la Storia della Colonna infame insieme al romanzo. È appena stata pubblicata (marzo 2019) una nuova traduzione, dovuta a un italianista francese che è anche uno straordinario e attivissimo traduttore, Christophe Mileschi, per una casa editrice belga specializzata nella saggistica: Alessandro MANZONI, Histoire de la Colonne infâme, nouvelle traduction (de l’italien) de Christophe Mileschi, préface d’Eric Vuillard, apostille de Leonardo Sciascia, Bruxelles, Zones sensibles, 2019. 97 Simona MUNARI, Les Fiancés à la radio en France, di prossima pubblicazione negli atti del già ricordato Convegno internazionale Les Fiancés détournés. Transpositions, parodies et déformations des Fiancés de Manzoni du XIXᵉ siècle à nos jours.

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esporre il suo progetto: la prefazione, Manzoni et le long chemin vers le roman, è firmata Giovanni Macchia (e viene messa in valore sin dalla prima di copertina, cosicché il nome del noto francesista italiano fa da fida scorta a Manzoni per il pubblico di fine millennio), le note storico-culturali (abbastanza contenute: poco più di 300) a fine volume sono affidate, come la cronologia e la breve «notice historique» all’italianista Georges Saro, docente all’Université Paris III-Sorbonne Nouvelle. Yves Branca si può insomma esprimere solo nelle rarissime note del traduttore a piè di pagina, che permettono qua e là di giustificare una scelta traduttiva. La prima di queste note, del resto, rende omaggio al suo predecessore Martinelli per la restituzione virtuosa del manoscritto seicentesco nell’Introduzione, che evidentemente serve da modello per la nuova traduzione.98 Ma intanto non sapremo nulla dei criteri, delle ambizioni o del metodo seguito dal traduttore. Ci limiteremo quindi a qualche rapida osservazione sulle principali caratteristiche di questi nuovi Fiancés: come in altre traduzioni già esaminate, si osserva una certa oscillazione tra adattamento, traduzione letterale e trascrizione nei nomi propri e nelle realtà culturali specifiche (don Rodrigue, Agnès, le père Christophe, l’Innommé, le Balafré (lo Sfregiato) / Renzo, Lucia, Azzecca-Garbugli, le Griso, Biondino; braves, bravaches, oigneurs (untori), la Malenuit, barigel, place des marchands / Vernaccia, monatti, Cordusio, ecc.), con un’evidente preferenza, tuttavia, per le soluzioni ‘naturalizzanti’, anche a costo di produrre espressioni ibride, soprattutto nella toponomastica (ad esempio, «carrobio de la Porte Neuve»). Come già Monjo, Yves Branca usa senza troppi problemi le dislocazioni, e non soltanto nei dialoghi.99 Certo, è sempre possibile notare qualche incongruenza: la punteggiatura, quando ricalca troppo fedelmente quella italiana, è poco conforme all’uso francese, soprattutto laddove i due punti compaiono più volte in un’unica frase; certe ripetizioni significative nel testo originale vengono eliminate100 e la polisemia maliziosa di alcune espressioni viene semplificata, come ebbe occasione di sottolineare Luca Badini Confalonieri per l’Introduzione, in cui l’ambigua dichiarazione «Ecco l’origine del presente libro, esposta con un’ingenuità pari all’importanza del libro medesimo» viene resa con «Et

98 «Manzoni, pour des raisons qui s’éclairent d’elles-mêmes, […] commence cette introduction par un pastiche de cette “corruption” qu’était à ses yeux, dans l’ensemble, la littérature du XVIIe siècle italien; […] il pousse le pastiche jusqu’à reproduire, non seulement l’orthographe, mais la typographie du temps. À cet italien-là correspond à peu près le français de la fin du XVIe siècle et du “premier XVIIe siècle”, dont il fallait essayer de s’approcher, comme l’avait fait Giovanni Martinelli en 1877 (N.D.T.)» (Alessandro MANZONI, Les Fiancés, préface de Giovanni Macchia, Paris, Gallimard, «Folio classique», 1995, p. 61, note a). 99 «Des consolations, elle croyait quelquefois en trouver un peu à commander et à être commandée» (p. 268) 100 Uno dei casi più problematici riguarda l’opposizione tra «buon senso» e «senso comune» nel capitolo XXXII, sulla quale Luca Badini Confalonieri ha scritto pagine davvero illuminanti, mostrando come si trattasse di un’allusione polemica, da parte di Manzoni, al concetto di sens commun (ritenuto principio d’autorità contro la ragione individuale promossa dai Lumi), concetto centrale nel saggio di Lamennais intitolato Essai sur l’indifférence en matière de religion (Luca BADINI CONFALONIERI, Risveglio religioso, autorità e libertà tra Francia, Svizzera e Italia intorno al 1820 e al 1830, in Intrecci romanzi. Trame e incontri di culture, a cura di O. Abbati, Torino, Nuova Trauben, 2016, pp. 53-86, soprattutto pp. 55-56): Yves Branca, come del resto molti altri traduttori, rifiuta di conservare la ripetizione e traduce «le bon sens y était, mais il se tenait caché, de peur des idées communes» (p. 693).

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voilà l’origine de cet ouvrage, que j’expose avec une ingénuité aussi grande, que mon livre est gros»,101 un’asserzione univoca – e, aggiungiamo en passant, formulata in maniera molto più soggettiva dell’originale («que j’expose», «mon livre») – che trasforma l’importanza (potenzialmente qualitativa) in mero dato quantitativo. Comunque sia, il successo della traduzione di Yves Branca non può spiegarsi solo con la disponibilità e la visibilità di un’edizione tascabile proposta da uno dei maggiori editori francesi: che i Fiancés si leggano con piacere nella versione del 1995 è un’evidenza confermata, ad esempio, dalla recensione entusiastica apparsa sul «Magazine littéraire», allora il mensile letterario di più ampia diffusione in Francia. La giornalista Evelyne Pieiller confessa insieme l’ignoranza che prima avvolgeva per lei, e sicuramente per tanti altri lettori francesi, il nome di Manzoni, e la certezza che dopo la pubblicazione dell’edizione Gallimard non sarà più possibile fare a meno di quel capolavoro, non perché si tratti di un monumento della letteratura italiana, ma perché è un romanzo estremamente godibile.102 Non si loda né si critica la traduzione: si dà per scontato che ormai i lettori francesi abbiano accesso al romanzo.

8. Qualche osservazione conclusiva

A una traduzione, come ben si sa, si può sempre rimproverare di non essere l’originale.103 Ma la realtà storica della ricezione è un’altra e, in fondo, la sorte che tocca alla traduzione di Yves Branca non è molto diversa da quella che conobbe la prima versione francese del romanzo nel 1828: sono due successi di pubblico criticati dagli studiosi di Manzoni – con tutte le buone ragioni del caso, linguistico-stilistiche, storico-filologiche, ideologico-culturali…–, due traduzioni che ‘fecero testo’ in Francia senza però ottenere il riconoscimento degli specialisti. A Rey-Dussueil, che troncò la via a tutti gli altri traduttori ottocenteschi, si potevano indubbiamente rimproverare una comprensione imperfetta dell’italiano di Manzoni e i tagli più o meno arbitrari operati nel testo originale; a Yves Branca, che rese immediatamente caduchi i precedenti tentativi novecenteschi, piccole

101 A. MANZONI, Les Fiancés, Gallimard, 1995, p. 64 (nostro il corsivo). Luca Badini Confalonieri ha evidenziato i limiti dell’edizione Gallimard, per quanto riguarda non solo la traduzione ma anche l’esile «dossier» e il carattere incompleto della pubblicazione, alla quale mancano le illustrazioni e la Storia della Colonna infame (cfr. L. BADINI CONFALONIERI, Manzoni en France, cit., soprattutto pp. 286-288). 102 «Manzoni n’est guère jusqu’à présent qu’un grand nom pour le lecteur français […]. Nous ignorions donc, sauf à être un italianisant, Alessandro Manzoni, avec toute la politesse qui lui est due […]. Il sera difficile aujourd’hui de persévérer dans cette courtoise indifférence. Car Les Fiancés sont maintenant à la portée de tous, et c’est un roman admirable. Gai. Fantasque. Exactement palpitant. D’une liberté splendide. Entraînant comme un feuilleton, ample comme une épopée, badin et vif comme du Goldoni, sombre parfois comme un cauchemar. Les Fiancés sont, à ce qu’on dit, un grand classique, il sut inaugurer le roman populaire italien et imposer la langue de l’Italien moyen, certes, mais c’est aussi, et surtout, une œuvre magnifique. Qui conte les déboires d’un couple de fiancés, et l’histoire d’un peuple. Qui organise un suspense formidable, et s’adonne à des digressions délicieuses. Qui est picaresque, noir, comique, tonique. Il parut en 1841. Et il est beau comme la jeunesse» («Le Magazine littéraire», n. 338, décembre 1995, p. 90). 103 Paul RICOEUR, Sur la traduction, Bayard, Paris, 2004, p. 11.

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incoerenze traduttive e minimi travisamenti in un progetto editoriale che continua a privare i lettori francesi delle illustrazioni e della Storia della Colonna infame (nonché di un apparato critico paragonabile a quello delle edizioni italiane). Certo, in entrambi i casi il successo dipende anche da motivi contingenti e non, o non solo, dalla qualità dell’operazione traduttiva (per un traduttore, è sempre un gran bel vantaggio essere il primo ad occuparsi di un capolavoro o essere pubblicato da un editore prestigioso in una collana di ampia diffusione). E, certo, si può desiderare un’altra versione francese dei Promessi sposi, più attenta alla contestualizzazione dell’opera, alle sfumature del testo originale, alla complessità editoriale della Quarantana in quanto manifestazione della volontà dell’autore. Tuttavia, chi volesse lanciarsi in un’operazione del genere – e purtroppo dovremmo qui parlare in prima persona –104 si esporrebbe al rischio di fare la figura del povero traduttore che nelle Lettres persanes annunciava tutto contento di aver appena dato al pubblico il suo Orazio e si sentiva poi rispondere che, grazie tante, ma Orazio c’era già da duemila anni.105 I promessi sposi sono in Francia da quasi duecento anni: forse talvolta quasi irriconoscibili, «conciati» male, come diceva De Amicis dell’amor proprio italiano a Parigi, ma ben presenti e vegeti, sempre pronti a riproporsi diversi e nuovi a seconda del contesto, ora come romanzo cattolico, ora come racconto edificante per la gioventù, ora come puro divertimento popolare, ora come epopea del conflitto tra classi subalterne e classi dominanti, ricordandoci, per dirlo con Henri Meschonnic, che «[l]a fidélité d’une époque paraît infidélité plus tard, parce qu’elle était sans le savoir une fidélité non au texte, mais à l’époque».106 Manzoni aspetta forse non solo un’edizione francese completa del suo romanzo, ma anche il grande traduttore che saprà trasformare un atto di linguaggio in un atto di letteratura107 e imporre una versione francese che abbia l’evidenza di un’opera autentica – e sicuramente non sarà uno studioso di letteratura a compiere il miracolo –, ma nel frattempo, qualcosa dei Promessi sposi è indubbiamente stato trasmesso in Francia dagli innumerevoli Fiancés che dal 1828 vanno in giro, disinvolti e incuranti delle critiche.

104 Il progetto, commissionato dalle Éditions Classiques Garnier, prevede l’aggiornamento della traduzione di Montgrand. È doveroso citare anche il grande cantiere di traduzione francese delle opere complete di Manzoni, coordinato da Luca Badini Confalonieri, che include ovviamente un volume dedicato alla Quarantana. 105 «J’ai une grande nouvelle à vous apprendre, dit le traducteur, je viens de donner mon Horace au public. – Comment!, dit le géomètre, il y a deux mille ans qu’il y est.» (MONTESQUIEU, Lettres persanes, Paris, Firmin Didot, 1803, vol. IV, pp. 127-128). 106 Henri MESCHONNIC, Poétique du traduire, Paris, Verdier, 1999, p. 71. 107 Ivi.

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9. Riferimenti bibliografici

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l’italien sur la troisième édition, par M. Rey Dussueil, Paris, Charles Gosselin, 1828 Les Fiancés, histoire milanaise du dix-septième siècle; par Alexandre Manzoni, traduit de l’italien

par M. G., Paris, Dauthereau, 1828 Les Fiancés, Histoire Milanaise du XVIIe Siècle, découverte et refaite par Alex. Manzoni,

traduite de l’italien sur la dernière édition, par M. Rey-Dussueil, auteur des Chroniques Marseillaises, seconde édition revue et corrigée, Paris, Charles Gosselin, 1830

I Promessi sposi. Les Fiancés, Histoire milanaise du 17e siècle, découverte et refaite par Alexandre Manzoni, traduite de l’italien par M. de Montgrand, Marseille, Marius Olive, 1832

Lucia Mondella. Nouvelle italienne tirée des «Fiancés» de Manzoni, Paris, Gaume frères, 1834 Les Fiancés, histoire milanaise du XVIIe siècle par Alexandre Manzoni, traduction de l’Italien,

Paris, Debécourt, 1834 Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, suivie de l’Ode sur la Nativité, traduits de l’italien

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M. Gosselin, seconde édition, revue et corrigée, Paris, Ledentu, 1838 Lucie et Renzo, traduit de l’italien par Ernest Merson, Nantes, imprimerie Merson, 1838 Les Fiancés, traduction nouvelle par Auguste de Tillemont, Paris, de Soye et Bouchet, 1856 Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, traduction nouvelle par Michel M. P. T. et A.

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Montgrand, Paris, Garnier, 1877 Les Fiancés, roman historique traduit de l’italien par Giovanni Martinelli, Paris, Hachette,

1877 Les Fiancés, d’après les traductions de MM. de Montgrand et Dusseuil [sic], nouvelle édition

revue et complétée par les professeurs Martin et Pizzigoni, Milan, Paul [sic] Carrara, s.d. [1877]

Les Fiancés, édition abrégée, Paris, Hachette, «Bibliothèque des écoles et des familles», 1890 Les Fiancés, Paris, F. Rouff, «Grande collection nationale», s.d. [1918] Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, adapté par Mme Henriette Rouillard,

illustrations de Lecoultre, Paris, Librairie Delagrave, 1930 Les Fiancés, roman, traduction de Silvana Magrini et Louis Guilloux, préface de Fredi

Chiappelli, Lausanne, Rencontre, 1956 Les Fiancés, traduction française par Mme H. Verdeil, introduction par G. Garnier, Paris,

Hatier, «Les classiques pour tous», «Collection étrangère», 1960 Les Fiancés. Histoire milanaise du dix-septième siècle découverte et refaite par Alexandre Manzoni,

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Alexandre MANZONI, Les Fiancés, traduction de l’italien par Rey-Dussueil, Paris, Les Editions du Delta, 1968

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Altre edizioni manzoniane Carteggio Alessandro Manzoni Claude Fauriel, premessa di Ezio Raimondi, a cura di Irene

Botta, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2000 Carteggi letterari, introduzione di Gino Tellini, a cura di Laura Diafani e Irene Gambacorti,

Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2 tomi, 2016-2017 Carteggio di Alessandro Manzoni, a cura di Giovanni Sforza e Giuseppe Gallavresi, Milano,

Hoepli, 1921 I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni,

Milano, Vincenzo Ferrario, 1825-26 [ma 1827] I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, terza

edizione, Parigi, Baudry, 1827 Alessandro MANZONI, I Promessi sposi, Milano, Paolo Carrara, 1875 Alessandro MANZONI, I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII, edizione espressamente

illustrata da C. N., Sanesi, Milano, Libreria editrice d’Istruzione e d’Educazione di Paolo Carrara, 1890

Alessandro MANZONI, Histoire de la Colonne infâme, préface de Leonardo Sciascia, Paris, M. Nadeau / Papyrus, 1982

Alessandro MANZONI, Tutte le lettere, a cura di Cesare Arieti, con un’aggiunta di lettere inedite o disperse a cura di Dante Isella, Milano, Adelphi, 1986

Alessandro MANZONI, L’histoire de la Colonne infâme, traduction de l’italien par Antoine de Latour, préface de Leonardo Sciascia, nouvelle édition établie par Pierre-Armand Dubois, Toulouse, Ombres, 1993

Alessandro MANZONI, Histoire de la Colonne infâme, nouvelle traduction (de l’italien) de Christophe Mileschi, préface d’Eric Vuillard, apostille de Leonardo Sciascia, Bruxelles, Zones sensibles, 2019

Altri testi Chefs-d’oeuvre du théâtre italien moderne, Paris, Ladvocat, 1822 «Le Mercure du dix-neuvième siècle», tome dix-huitième, 1827 Les écrivains pseudonymes et autres mystificateurs de la littérature française pendant les quatre derniers

siècles rendus à leurs véritables noms, par J.-M. Quérard, Paris, L’éditeur, 1854 Répertoire des traducteurs, in Patrimoine littéraire européen. Index général, sous la direction de Jean-

Claude Polet, Bruxelles, De Boeck et Larcier, 2000 Il Manzoni illustrato, Milano, Biblioteca di via Senato, 2006 Cultures in contact. Translation and reception of «I Promessi sposi» in 19th century England, Vittoria

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Manzoni, Bern, Peter Lang, 2005, pp. 281-292 Luca BADINI CONFALONIERI, Risveglio religioso, autorità e libertà tra Francia, Svizzera e Italia

intorno al 1820 e al 1830, in Intrecci romanzi. Trame e incontri di culture, a cura di O. Abbati, Torino, Nuova Trauben, 2016, pp. 53-86

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Fig. 1 : MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIme siècle, traduction nouvelle par le mar-quis de Montgrand, illustrations de Staal, Paris, Garnier frères, 1877 (secondo frontespizio). Fonte: gallica.bnf.fr / Bibliothèque nationale de France.

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Fig 2: MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIme siècle, traduction nouvelle par le mar-quis de Montgrand, illustrations de Staal, Paris, Garnier frères, 1877 (incontro di don Abbon-dio con i bravi, p. 5). Fonte: gallica.bnf.fr / Bibliothèque nationale de France.

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Fig. 3: A. MANZONI, Les Fiancés, d’après les traductions de MM. de Montgrand et Dusseuil [sic], nouvelle édition revue et complétée par les professeurs Martin et Pizzigoni, Milan, Paul Carrara, s.d. [1877]. Antiporta e frontespizio. Fonte: collezione personale.

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Fig. 4: A. MANZONI, Les Fiancés, d’après les traductions de MM. de Montgrand et Dusseuil [sic], nouvelle édition revue et complétée par les professeurs Martin et Pizzigoni, Milan, Paul Carrara, s.d. [1877]. Ultima illustrazione fuori testo. Fonte: collezione personale.

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Fig. 5: MANZONI, Les Fiancés, Paris, F. Rouff, «Grande collection nationale», s.d. [1918]. Co-pertina. Fonte: Bibliothèque Nationale de France, fotografia personale.

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Fig. 6: Alexandre MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, adapté par Mme Henriette Rouillard, illustrations de Lecoultre, Paris, Delagrave, «Bibliothèque Juventa», 1930. Antiporta e frontespizio. Fonte: collezione personale.

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Fig. 7: Alexandre MANZONI, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, adapté par Mme Henriette Rouillard, illustrations de Lecoultre, Paris, Delagrave, «Bibliothèque Juventa», 1930. Illustrazione fuori testo. Fonte: collezione personale.

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Fig. 8 Alexandre Manzoni, Les Fiancés. Histoire milanaise du XVIIe siècle, adapté par Mme Hen-riette Rouillard, illustrations de Lecoultre, Paris, Delagrave, «Bibliothèque Juventa», 1930. Il-lustrazione fuori testo. Fonte: collezione personale.

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Figg. 9-10: Una delle figurine Liebig del 1926 (numero di serie nel catalogo Sanguinetti:1181), recto e verso. Fonte: collezione personale.