Le famiglie ebree perugine davanti alle leggi razziali del 1938.

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Le famiglie ebree perugine davanti alle leggi razziali del 1938

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Le famiglie ebree perugine davanti alle leggi razziali del 1938

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Dopo il 1938 a causa delle leggi razziali furono tantissimi a lasciare la città avendo perso il lavoro, impoverendo così anche il tessuto lavorativo del territorio.

Questa generazione adulta aveva sulle spalle la responsabilità dei propri padri, che si ritrovavano privi di benemerenze fasciste e quindi alla mercè della segregazione e avevano la responsabilità della sopravvivenza dei loro figli, indifesi davanti al turbine politico e bellico.

Essi percorsero quindi la strada della discriminazione attraverso lo sfruttamento delle loro benemerenze: furono presentate 25 domande di discriminazione per 53 persone.

Ne furono accolte 14 per un totale di 41 persone e fu una situazione ben più alta della media nazionale. Le richieste erano fatte per benemerenze fasciste con richiesta d’estensione sia ai padri che ai figli.

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Bice Vivanti, il cui padre non era iscritto al PFN, chiese la discriminazione per sé per benemerenze fasciste, allargandola anche ai familiari, avendo essa ricoperto varie cariche nelle organizzazioni femminili del partito e come bibliotecaria del fascio femminile.

Tranquillo Vittorio Tagliacozzo fu discriminato per le benemerenze delfiglio Leone;Luciano Calef la richiese per le benemerenze del fratello Franco, già squadrista fascista.Giacomo Veneziano la richiese per le benemerenze del figlio Benedetto, pluridecorato nella I guerra e commerciante di tessuti a Roma, mentre sua figlia Elena la chiese perché vedova di Franco Calef, morto nel 1933 da fervente fascista.

Bice Ottolenghi

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La pratica della discriminazione durò fino al 1941, mentre più lunga e complessa fu la pratica di riconoscimento di non appartenenza alla razza ebraica dei nati da matrimoni misti, che si protrasse fino al 1943 con documentazione di certificati di matrimonio e di battesimo di coniugi, avi figli e nipoti.

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In molte di queste famiglie l’appartenenza religiosa era persa e considerata una stranezza qualora emergesse nei più anziani.

Stretti invece erano i rapporti con con gli ambienti cattolici e in molti casi si era arrivati ad una adesione al cattolicesimo.

Il padre di Ezio Varani, iscritto ufficialmente nel ruolo della comunità ebraica di Roma, mai convertito, era stato designato da don Federico Vincenti, parroco di S. Andrea, parrocchia dove risiedevano i Varani, a presiedere il comitato preposto ai festeggiamenti per il nuovo campanile inaugurato il 13 dicembre del 1934.

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In generale i figli di matrimoni misti erano battezzati ed educati cristianamente, ma vi furono casi di famiglie ebree che battezzarono i figli, come Gino De Rossi e Nella Sadun, i cui figli adolescenti furono battezzati nel 1931.Dopo il 1938 nessun anziano passò al cattolicesimo, mentre negli adulti se ne contarono 13 tra cui 8 donne. Precedentemente era avvenuta la coincidenza del battesimo, tra le donne, con il matrimonio misto:

Maria Antonietta Coen 1933Elena Modigliani 1926Annetta Rosa Ottolenghi 1932

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Un’ altra conseguenza rilevante delle misure razziali fu l’espulsione dalle scuole dei figli non discendenti da matrimoni misti, questione centrale per

comprendere la crisi tra la comunità di Roma e quella perugina. Nel 1932 gli ebrei perugini si erano costruiti come sezione della comunità

israelita di Roma con sede presso piazza Umberto I n.13, due stanze appartenenti all’appartamento di Livia e Albertina Coen erano in affitto

per la comunità di Roma come oratorio per le attività formative.

Palazzo Coen - ingresso

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Il rabbino era Kalman Fredmann, funzionario di culto e maestro delle dottrine ebraiche presso Roma e dopo il 1938 gli subentrò Emanuele Artom. Fiduciario della sezione era Enrico Coen, fratello di Albertina e Livia, sostituiti alla sua partenza per la guerra d’Africa da Aldo Pacifici.Artom fu richiamato nel 1938 a Roma per insegnamento nelle scuole ebraiche e questo amareggiò il mondo ebraico perugino, privato della guida spirituale e della scuola proprio nel momento in cui scattavano le espulsioni dalla scuola pubblica.

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Tali espulsioni colpirono i figli di Enrico Coen, Arnaldo e Giuliano, frequentanti il ginnasio, e i figli di Pacifici, Corrado Coen, figlio di Guido ,

frequentante l’Istituto tecnico commerciale, accompagnato da evidenti manifestazioni di solidarietà da parte dei professori della scuola, i quali si

adoperarono per fare lezioni pomeridiane di recupero. I figli di matrimoni misti non subirono l’espulsione, ma la loro presenza in

ambito scolastico era segnata da pesanti umiliazioni.

Leonardo Servadio: la sua famiglia fu discriminata, mentre il cugino venne

espulso dal liceo classico

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Fu il periodo delle abiure, delle conversioni e delle rinunce, seguite da battesimi. Lo scontro tra Roma e Perugia durò fino al 1939 quando Roma inviò di nuovo il rabbino Artom, ma Pacifici diede dimissioni da funzionario della comunità , sostituito da Albertina Coen, e nel novembre del 1939 fu decretata la chiusura della cattedra rabbinica della sezione di Perugia.

La parziale distensione avverrà nel 1940, ma ormai la comunità ebraica era abbastanza dispersa. Nel 1949 rimanevano circa 15 famiglie, mentre 7/8 erano passate al cattolicesimo.