LE DUE CITTA' - RIVISTA DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA - SETTEMBRE 2012

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POSTE ITALIANE SPA - SPED. ABB. POST. 70% - D.C. ROMA RIVISTA DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA DAP N. 09 - ANNO XIII - SETTEMBRE 2012 RACCONTARE IL CARCERE Giustizia Un’alternativa alla recidiva Amministrazione Contro il suicidio, impegno condiviso Cultura Intervista al regista del “Gemello”, Vincenzo Marra

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MINISTEDO DELLA GIUSTIZIA - DAP -

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D.C

. ROM

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RIVISTA DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA DAP

N. 09 - ANNO XIII - SETTEMBRE 2012

RACCONTAREIL CARCERE

GiustiziaUn’alternativa alla recidiva

AmministrazioneContro il suicidio,impegno condiviso

Cultura Intervista al regista del “Gemello”, Vincenzo Marra

62 Come eravamo

65 News Dap

68 News Pol Pen

71 Libri

72 dal Web

49 Cultura Come vincere la “carcerite” di Roberto Nicastro

52 Giornalisti e Carcere AgCom: la Rai va sanzionata di Daniele Autieri

54 Giornalisti e Carcere Tra regole e notizie di Silvia Baldassarre

58 Fiamme Azzurre Giochi Paralimpici, una scommessa vinta di Raul Leoni

6 Amministrazione Contro il suicidio, impegno condiviso a cura della Redazione

14 Giustizia Un’alternativa alla recidiva di Roberto Nicastro

20 Amministrazione Eco-carcere di Silvia Baldassarre

26 Esperienze Trattamento in chiave lucana a cura della Redazione

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Sommario

Anno XIII N. 09 - Settembre 2012

Periodico mensile ufficiale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Ministero della GiustiziaRegistrazione al Tribunale di RomaN. 50 del 8/2/2001ISSN 2239-5105

EDITOREDipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Ministero della Giustizia

DIREZIONE EDITORIALEGiovanni Tamburino

DIRETTORE RESPONSABILEAssunta Borzacchiello

DIREZIONEDipartimento dell’Amministrazione PenitenziariaLargo Luigi Daga, 2 - 00164 RomaTel. 06 66591338 - Fax 06 [email protected]

REDAZIONEP.R.C. - Promozione Ricerche e Consulenze srl via Germanico, 197 - 00192 RomaTel. 06 3243010 - Fax 06 3242857www.prcsrl.com

REDAZIONE UFFICIO STAMPA DAPGiuseppe Agati, Antonella Barone, Daniela Pesci, Mariagrazia Piccirilli.

IMPAGINAZIONE GRAFICAP.R.C. srl

PUBBLICITÀConcessionaria P.R.C. srlAgenzia autorizzata Mediasar srlTel. 081.407161 Fax [email protected]

STAMPAStilgrafica srl Via Ignazio Pettinengo, 31/3300159 Romawww.stilgrafica.com - [email protected] in tipografia il 22-10-2012

REFERENZE FOTOGRAFICHECopertina: Archivio Stampa DapInterno: Shutterstock; Ufficio Stampa Dap

__________________________________________Le idee espresse negli articoli sono personali degli autori e non hanno riferimenti con orientamenti ufficiali.

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32 Esperienze Ogni specie di libertà di Daniela Pesci

36 Esperienze Eboli e oltre di Luca Manzi

40 Esperienze Dante entra in carcere di Giuseppe Agati

42 Estero Streghe in carcere, ma senza sbarre di Luca Manzi

46 Cultura Carcere: la rete e il cinema meglio della tv di Antonella Barone

48 Cultura Il detenuto e il poliziotto, due facce della stessa medaglia

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L’AgCom richiama i programmi di approfondimento Rai alla trattazio-ne dei temi di pubblico interesse legati al mondo del carcere e allecondizioni di vita dei detenuti e di lavoro degli agenti. La delibera inquestione è un faro puntato verso un sistema, quello dell’informazio-ne, che non sempre adempie in pieno alla sua funzione.

Generalmente la stampa affronta l’universo carcere in chiave emergenziale,accendendo le spie delle telecamere solo per fatti eclatanti o per seguire dal bucodella serratura dei penitenziari detenuti eccellenti. Diverso, almeno in molti casi, èil mondo dei documentari e del cinema.Oltre al successo della serie televisiva “Sbarre” e del docureality “Fratelli e sorelle”(Premio Ilaria Alpi 2012 per il miglior reportage italiano lungo), anche il mondo delcinema, infatti, appare sempre più interessato all’intreccio di vite ed esperienze chesi consuma in carcere. E dopo il successo indiscusso del “Cesare deve morire” deifratelli Taviani, è adesso la volta de “Il Gemello”, l’ultimo film di Vincenzo Marragirato a Secondigliano che racconta il mondo del carcere in un’ottica originale,mostrando realisticamente l’impegno e l’umanità di un poliziotto penitenziario (siveda all’interno il servizio con l’intervista all’Ispettore capo Vincenzo Manzi).Anche questo ritratto realista che emerge dal grande schermo concorre a costruirenell’immaginario collettivo la visione del mondo penitenziario italiano come unarealtà di umanità e partecipazione, dove l’assenza dei grandi organi di stampa – comedenunciata dall’AgCom – rappresenta un vulnus democratico che non fa giustizia achi tutti i giorni vive e lavora in prima linea. ■

Editoriale

Raccontareil carcere

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Èarrivata alla sua decima edi-zione la Giornata Mondiale diPrevenzione del Suicidio pro-mossa dall’International As-sociation for Suicide Preven-

tion (IASP) e dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS). L’evento si ètenuto il 10 e l’11 settembre con una ce-rimonia di apertura alla Camera dei De-putati – Sala del Refettorio. In questasede, i partecipanti si sono fatti promo-tori e firmatari della proposta di leggesull’istituzione di una linea telefonicanazionale e di comitati regionali per laprevenzione del suicidio. La sessionepomeridiana si è tenuta presso l’AulaMagna “Carlo Urbani” dell’AziendaOspedaliera Sant’Andrea di Roma.Anche quest’anno la Giornata Mondialeha riscosso un considerevole successo;a dimostrarlo ci sono i numeri. A segui-re gli interventi dei 30 relatori di famanazionale e internazionale si sono regi-strati 350 partecipanti tra medici, psi-chiatri, psicologi, studenti universitarie operatori sanitari. Tra le fila del pub-blico si è registrata anche la presenzadi molti cittadini e di alcuni survivor, co-me Evelina Nazzari che ha tradotto lasua esperienza personale in un monolo-go teatrale che ha regalato ai presentimomenti di intensa emozione. Ad organizzare e dirigere l’iniziativail referente italiano IASP, il dottorMaurizio Pompili, psichiatra e coor-dinatore della ricerca sul suicidio che

La decima edizione della Giornata Mondialedi Prevenzione del Suicidioè stata un’occasione peraffrontare anche il tema degli atti autolesivi che si verificano in carcere

a cura della Redazione

Amministrazione Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

Il dottor Maurizio Pompili

CONTRO IL SUICIDIO,IMPEGNOCONDIVISO

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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Amministrazione

Tra i relatori della deci-ma edizione della Gior-nata Mondiale di Pre-venzione del Suicidio,era presente anche Si-monetta Matone, vicecapo vicario del Diparti-mento dell’Amministra-zione Penitenziaria. Nel dicembre del 2011è stato istituito un

Gruppo di studio, presieduto proprio dal vice capo vicario e com-posto da funzionari dell’Amministrazione e psichiatri esperti delfenomeno suicidario. La commissione ha ricevuto l’incarico dianalizzare quantitativamente e qualitativamente le condizioni checausano un gesto così estremo tra il personale e di formulare ipo-tesi e proporre possibili azioni preventive. La commissione, al termine del mandato, ha prodotto un det-tagliato report nel quale ha suggerito l’istituzione di un nume-ro verde e di una help-line a livello nazionale dedicata esclu-sivamente agli operatori penitenziari. La conoscenza di que-sti nuovi strumenti sarà diffusa grazie alla distribuzione di unabrochure dal titolo: “Tendi una mano al telefono e… afferrala vita”.Anche di questo ha parlato la dottoressa Matone nel suo inter-vento perché, ha spiegato, “in realtà l’attenzione dell’opinionepubblica è tutta incentrata sul tema del suicidio tra i detenuti,mentre viceversa il suicidio degli appartenenti al Corpo è un te-ma abbastanza disconosciuto”. Se da una parte il suicidio tra i detenuti è comprensibile inquanto i soggetti privati della libertà subiscono un contraccol-po psicologico notevole, si dimentica spesso, però, che la stes-

sa separazione, la stessa vita al margine della società è vissu-ta anche dagli agenti. “Noi riusciamo a cogliere solo l’atto fina-le – ha detto il vice capo del Dap – di un percorso molto com-plesso e, a posteriori, imperscrutabile. Noi concentriamo l’at-tenzione su un problema, che è quello della separazione dal-l’esterno e la nostra attenzione si concentra solo su questo: lacondizione di sovraffollamento, la carenza del personale, lostato di degrado sono coautori che fanno scoppiare l’incendio.Ma questa lettura, per quanto riguarda i detenuti, è miope per-ché non considera la circostanza che in realtà il suicidio è im-portato all’interno del carcere dalla persona detenuta, che giàin sé è portatore di una potenzialità suicidaria molto più altadella popolazione ordinaria”. Secondo lo studio non esiste neppure un nesso tra un gestocosì estremo come il suicidio e l’attività lavorativa svolta. I datinumerici sono indicativi su questo punto; le motivazioni dell’at-to suicidario accertate dalla commissione riguardando esclusi-vamente ragioni personali come ad esempio l’abbandono daparte del coniuge, la morte traumatica di un figlio, la condannaa morte annunciata dalla scoperta di un male incurabile. Spie-ga la dottoressa Matone: “Ben difficilmente siamo riusciti atrovare un nesso tra la particolarità della propria attività lavo-rativa e il gesto, e non lo dico a scusante e attenuante dell’Am-ministrazione”. Nonostante questi risultati, la commissione è stata particolar-mente attenta nel cercare di eliminare e di prevenire qualun-que eventuale rischio di stress causato dal lavoro, definendo iparametri dello studio del fenomeno e del contesto di riferi-mento, la metodologia di analisi dei singoli casi e gli aspettidella comunicazione che riguardano il fenomeno. “Abbiamooperato un raffronto con i dati della popolazione nazionale –conclude il vice capo – e di conseguenza abbiamo sviluppatodelle linee di indirizzo orientate ai vari responsabili della ge-stione del personale affinché siano in grado di individuare, al-l’interno degli appartenenti al Corpo, quei segnali che posso-no essere indicativi di possibili stress”. In quest’ottica è stato inserito nel programma di studio ilsupporto dei parenti delle vittime che hanno offerto il lorocontributo attraverso l’esperienza e la testimonianza diret-ta, per delineare quella che il professor Pompili definisce“autopsia psicologica” di chi ha compiuto il gesto.La commissione ha da poco ultimato i propri lavori ed è chiaro ilsegnale che l’Amministrazione ha voluto mandare alla Polizia Pe-nitenziaria: non ci si occupa solo dei detenuti, ma anche del be-nessere lavorativo di quanti quotidianamente prestano il proprioservizio allo Stato.

L’INTERVENTO DI SIMONETTA MATONE

La Commissione suicidi è stata attenta a eliminare

e prevenire eventuali rischi di stress

causati dal lavoro

ha all’attivo 180 pubblicazioni sull’ar-gomento, a cui abbiamo rivolto alcunedomande sul fenomeno del suicidio incarcere.

Si parla anche di suicidi in carcerein questa decima edizione dellaGiornata Mondiale di Prevenzionedel Suicidio. Che interpretazione nedanno gli esperti?“Il problema del suicidio varia a se-conda dei contesti che si studiano eper questo, forse, bisogna focalizzarel’attenzione sulle diverse realtà cultu-rali del mondo. Però, mentre in alcu-ni paesi c’è stato un miglioramento, equindi una riduzione del tasso di sui-cidio, nelle carceri in Italia abbiamoassistito ad un peggioramento. Consi-derando il denominatore, cioè il nu-mero dei detenuti, c’è chi indica nelsovraffollamento delle carceri uno deifattori principali. Probabilmente glioperatori non possiedono ancora ele-menti validi per riconoscere i sogget-ti in crisi e gli stessi detenuti nonsanno di poter chiedere aiuto e parla-re delle loro problematiche”.Secondo lei il sovraffollamento, equindi il peggioramento delle con-dizioni di detenzione, è una causaspecifica nel rischio suicidario?“Non è una mia considerazione, ma èstata fatta da altri esperti che riven-dicano come fatto importante nelladeterminazione del rischio di suicidioil sovraffollamento. Sicuramente perònon può essere solo questo. È ovvio

che la qualità della vita del detenuto,qualora sia messa in discussione oviolata, aumenta la possibilità di ri-schio, quindi luoghi più accoglienti emeno affollati sicuramente aiutano,ma come ho detto non è l’unico ele-mento, né quello determinante secon-do me”.La presenza tra i relatori, in questa edi-zione della Giornata Mondiale di Pre-

venzione del Suicidio, della dottoressaSimonetta Matone vice capo vicario delDap, è una novità importante?“Certamente. Io faccio parte di un TavoloTecnico presieduto dalla dottoressa Ma-tone – che si occupa di prevenzione alsuicidio degli agenti di Polizia Peniten-ziaria – che purtroppo sta diventando unproblema di grande rilievo. Come tecnicoho proposto una serie di interventi tra cuil’attivazione di una help-line. In particola-re il Tavolo Tecnico ha focalizzato il suolavoro sul fornire degli elementi prelimi-nari formativi e semplici agli agenti. Ver-rà data loro anche una brochure che in-dicherà le strutture esterne al Dap dovechiedere aiuto come un comune cittadi-no. Questo è un aspetto che non riuscia-mo a curare con il detenuto, ma se riusci-remo a portare dentro le carceri – attra-verso gli agenti – gli stessi elementi pre-senti in questa brochure potremo faremolto anche per la popolazione ristretta”.

L’Unità di monitoraggio degli even-ti di suicidio (Umes) fu istituita conl’ordine di servizio numero 833 del22 agosto del 2000. Nel bienniosuccessivo all’istituzione dell’Unitàfu registrata una decisa diminuzio-ne degli atti suicidari, registrataanche in associazione alle iniziati-ve portate avanti nei singoli istitutiin linea con quanto stabilito dallacircolare del 12 maggio 2000, con-cernente le indicazioni per ridurreil numero dei suicidi nelle carceri.Questi provvedimenti non sonostati i soli, negli anni, nel vasto pa-norama di interventi messi in attodall’Amministrazione per cercaredi ridurre al minimo gli atti autole-sivi nelle carceri del Paese. Certo èche la positiva esperienza fatta re-gistrare dai lavori dell’Unità di mo-

nitoraggio degli eventi di suicidioha persuaso il capo del Diparti-mento – Giovanni Tamburino – aricostituire, con effetto immediato,l’Umes. Le direttive riguardano, nello speci-fico, il monitoraggio di ogni singoloevento anche attraverso la cono-scenza dei dati biografici e penalidelle persone ristrette “nonché – silegge nella circolare – delle condi-zioni di detenzione, al fine di trarneeventuali indicazioni per una miglio-re e più efficace prevenzione dellesituazioni che determinano o contri-buiscono a creare presupposti dieventi autolesivi”.A settembre il Gruppo di studio si ènuovamente riunito alla presenzadel Ministro della Giustizia PaolaSeverino.

UNITÀ DI MONITORAGGIO DEGLI EVENTI DI SUICIDIO DEI DETENUTI

La presenza tra i relatori del vice capo vicario del Dap,

Simonetta Matone, è stata importanteai fini di un coinvolgimento attivo

dell’Amministrazione

Quindi la matrice comune che porta alsuicidio può essere considerata la stes-sa sia per gli agenti che per i detenuti?“Essenzialmente sì. C’è un dolore men-tale insopportabile che è comune a tuttii suicidi. Poi l’origine da cui provengo-no i disagi è variabile, ma il problemacomune è sempre quello di non riuscirea vedere il futuro, sentirsi disperato,non avere ragioni per vivere e averemolte ragioni per morire. Chi compie otenta di compiere un gesto così estremofa un bilancio dal quale giunge alla con-

clusione che privarsi della vita sia lamaniera migliore per la soluzione dellasua sofferenza, ma in realtà ci sono tan-te altre soluzioni che le persone nonriescono a vedere. Ecco perché, comenel caso degli agenti, se le persone san-

no che c’è qualcuno che li può aiutare agestire e a placare l’insonnia, l’ansia, latensione e la disperazione sicuramentequella persona si sentirà alleggerita daqueste sofferenze, e solo allora potrà ac-cettare di vivere”. ■

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ALFONSO MATTIELLO Generale del disciolto Corpo degli Agenti di Custodia, già direttore del Gom, attualmentepresta servizio presso la Direzione generale delle risorsemateriali dei beni e dei servizi

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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La matrice psicologica che conduce al suicidio è la stessa per gli agenti penitenziari e per i detenuti

La voce della PoliziaPenitenziaria

La partecipazione alla Commissione“Suicidi” mi ha riportato alla mente al-cuni episodi molto tristi del passato e,in particolare, una storia che per fortu-na non finì tragicamente. Voglio riassumere questa storia del pas-sato perché credo possa servire a com-prendere quanto sia importante “lotta-re” nella vita anche quando tutto sem-bra andare male.Verso la metà degli anni ’80 un appun-tato degli Agenti di Custodia in servizio

in un istituto campano oberato da moltidebiti contratti per curare un familiare,con esiti infausti, decise di suicidarsiperché non riusciva a venir fuori daquella situazione che lo vedeva pieno didebiti, in mano agli usurai e senza l’aiu-to di amici o familiari.L’appuntato una sera prese la sua vec-chia beretta 7,65 d’ordinanza e si recòin un podere di sua proprietà, che sta-va per perdere perché anch’esso pi-gnorato, portò la pistola alla tempia e

ANNO PRESENZA MEDIA CASI INIZIALI SUICIDI SUICIDI OGNI SUICIDI OGNIDETENUTI + NUOVI GIUNTI 10.000 DETENUTI 10.000 CASI NEL

NEL PERIODO (*) MEDIAMENTE PRESENTI PERIODO

1992 44.134 128.797 47 10,6 3,6

1993 50.903 145.435 61 12,0 4,2

1994 52.641 148.593 50 9,5 3,4

1995 50.448 139.580 50 9,9 3,6

1996 48.528 134.557 45 9,3 3,3

1997 49.306 136.014 55 11,2 4,0

1998 49.559 135.629 51 10,3 3,8

1999 51.072 135.673 53 10,4 3,9

2000 53.338 133.211 56 10,5 4,2

2001 55.193 131.814 69 12,5 5,2

2002 56.431 136.460 52 9,2 3,8

2003 56.081 137.460 57 10,2 4,1

2004 56.064 136.512 52 9,3 3,8

2005 58.817 145.955 57 9,7 3,9

2006 51.748 150.237 50 9,7 3,3

2007 44.587 129.446 45 10,1 3,5

2008 54.789 141.493 46 8,4 3,3

2009 63.087 146.193 58 9,2 4,0

2010 67.798 149.432 55 8,1 3,7

2011 67.405 144.943 63 9,3 4,3

EVENTI CRITICI NEGLI ISTITUTI PENITENZIARISERIE STORICA DEGLI ANNI: 1992-2011

(*) presenti all'inizio dell'anno + entrati dalla libertà nel periodo

Al 30 settembre 2012, rispetto ad una popolazione carceraria di 65.568 detenuti, si sono verificati 45 suicidi

Fonte: DAP - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - Sezione Statistica

Amministrazione

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Sono il Comandante del Reparto di Poli-zia Penitenziaria di un Istituto impor-tante della Repubblica e la mia espe-rienza che annovera trenta anni di an-zianità nel Corpo (considerati anche glianni da Agente di Custodia) è stata ar-ricchita da episodi, emozioni, eventi esoddisfazioni che porterò con me persempre.

L’Amministrazione di cui faccio partee il Corpo di Polizia nel quale rivestoun ruolo apicale, mi incaricano di di-rigere e governare “un personale” ric-co di qualità, professionalità e grandesensibilità umana. Proprio da questiargomenti ho modellato il mio mododi essere Comandante sforzandomi di

essere il più equilibrato possibile nel-le decisioni da intraprendere perse-guendo gli obiettivi istituzionali ri-spettando il dettato Costituzionale.Non è facile ogni giorno, nel mio Isti-tuto, conciliare le esigenze di sicurez-za con le difficoltà operative e stres-santi che i poliziotti penitenziari in-contrano durante l’espletamento deiloro servizi istituzionali. Già dallaconferenza di servizio quotidiana, alleore 8.30 presso il mio ufficio con i re-sponsabili U.O., il mio pensiero va atutto il personale di Polizia Peniten-ziaria che concretizza materialmentele mie disposizioni e le indicazioni

operative degli organi superiori. È ve-ro, io sono il Comandante, ma neglianni ho capito che, senza l’effettivoapporto di tutto il personale, di qual-sivoglia ruolo, non riuscirei a portareavanti l’Area della Sicurezza e pertan-to la mia filosofia è, e sempre sarà, ilmio personale “è importante” e per-

“Non è facile conciliare le esigenze di sicurezza con le difficoltà

operative e lo stress che i poliziotti penitenziari devono affrontare”

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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fece fuoco. La pallottola, invece di pe-netrare nel cranio, percorse una stra-na traiettoria ed uscì da un cavità orbi-tale devastando completamente un oc-chio che rimase a penzolare sul voltodell’appuntato.Ebbi modo di parlare dopo alcuni me-si con quella persona che, nel frat-tempo, si era ristabilita ma che, so-prattutto, era rinata sotto il profilomorale, aveva cambiato completa-mente atteggiamento e, pur non es-sendo ancora riuscita a risolvere isuoi problemi, li affrontava con corag-gio, con forza e con rinnovata fiducianella sua capacità di uscire da quellasituazione.L’appuntato mi disse che durante lasua lunga degenza in ospedale avevadapprima maledetto se stesso pernon essere riuscito ad uccidersi, mapoi, nelle settimane successive, no-nostante avesse perso l’occhio a cau-sa del tentativo di suicidio, aveva ini-ziato a girovagare per i vari repartidell’ospedale, dove aveva avuto mo-do di conoscere persone che congrande forza d’animo affrontavano si-tuazioni molto più gravi della sua elottavano per vivere fino all’ultimorespiro.La conoscenza di questo mondo, fatto digrandi sofferenze ma anche di molto co-raggio e di fede, aveva fatto maturarenell’appuntato la convinzione di averdimostrato, con il tentativo di suicidio,di essere un vigliacco che si rifiutava diaffrontare le sfide della vita e questaconvinzione lo aveva fatto vergognareprima e, indotto poi, a cambiare com-pletamente atteggiamento.L’appuntato mi disse che prima di ten-tare il suicidio non riusciva mai a dor-mire perché la notte amplificava a di-smisura le sue ansie e i suoi problemifacendogli vedere la sua situazione an-cora peggio di quanto già non fosse, mache, dopo aver preso coscienza nel-l’ospedale di quanto bella fosse la vita,aveva iniziato di nuovo a dormire pen-sando all’alba del nuovo giorno.

Amministrazione

COMMISSARIO MASSIMO CARDILLI Comandante di Reparto, casa circondariale Rebibbia N.C.

ANNO N° SUICIDI

2007 7

2008 7

2009 6

2010 5

2011 8

2012 8

EVENTI SUICIDARI APPARTENENTI AL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA (2007/APRILE 2012)Dati Dap

tanto “ci tengo” in maniera maniaca-le. Un sorriso, una pacca sulle spalle,l’ascolto e la comunicazione, il saluto,la considerazione del singolo, una bat-tuta, uno sguardo, il caffè insieme, so-no gli strumenti che utilizzo per aver-li sempre “accanto a me”, sentirli vi-cini, offrendo loro, qualora ce ne fos-se bisogno, anche sostegno extra-pro-fessionale.Spesso il luogo di lavoro, i problemipersonali, sociali, il disagio familiare, ilpercorso casa-lavoro possono minaccia-re la serenità personale e il mio obietti-vo deve essere quello di capire, assimi-lare ed alleviare tali espressioni di di-sagio porgendo l’aiuto del ruolo di Co-mandante che ho assunto riducendo gliattriti interpersonali, la diffidenza tra iruoli e frantumando l’ossessività di ri-petere sempre le stesse cose, atteggia-menti e comportamenti che il nostro la-voro ci impone. La ripetitività dellefunzioni ed il contatto con realtà didisagio esistenziale acuisce la soffe-renza del poliziotto penitenziario edil mio dovere è quello di utilizzaretutte le energie per capire ed aiutarecoloro che mi rappresentano un pro-blema mitigando il rapporto gerar-chico, senza avere mai finalità ritor-sive, ma utilizzando strumenti san-zionatori (richiamo verbale) per ca-renze imputabili all’operatore duran-te lo svolgimento dei propri compiti.Avvilire eccessivamente il personale,può arrecare più danni che risultatipositivi e la mia autorevolezza devegenerare stimolo per l’impegno, com-petenza professionale e senso di re-sponsabilità. È ovvio che la propen-sione al dialogo, alla comunicazionee l’attenzione a non generare divisio-ni interpersonali, devono costituireelementi caratteristici delle funzionidirettive, di noi Comandanti, rispet-tando le aspettative del personale,traducendo nel senso di appartenen-za al Corpo e solidarietà professiona-le quella vicinanza che il poliziottopenitenziario esige.

Sono un vice sovrintendente di Poli-zia Penitenziaria in servizio pressol’istituto romano di “Regina Coeli” evorrei raccontare la mia personaleesperienza maturata nell’arco di 17anni di servizio nel Corpo di PoliziaPenitenziaria. Premetto di essermiarruolato come ausiliario nel Cor-po all’età di 19 anni, subito dopoaver conseguito la maturità scien-tifica e di essere stato catapultato,credo come tanti colleghi, in una re-altà del tutto sconosciuta, salvo qual-che occasionale e limitata conoscen-za dovuta alla pubblicità mediaticaoriginata da alcuni servizi televisivie soprattutto da suggestive operecinematografiche. Non avendo maiavuto, quindi, alcun precedenterapporto lavorativo, ricordo anco-ra oggi sia le emozioni dovute allanuova esperienza di vita e a quan-to pian piano si stava realizzando,sia quelle legate alla consapevolezzadel delicato compito che mi si deli-neava, caratterizzato principalmentedal gravoso servizio cd. “a turno”,che per le nuove leve significavaespletare essenzialmente servizio ar-mato di sentinella e praticare il “pen-dolarismo” in quanto residente in al-tra regione. Non è difficile compren-dere come l’iniziale euforia caratte-rizzante i primi tempi, pian piano siaffievoliva ma, tuttavia, l’orgoglio diappartenenza ad un corpo di Poliziae le aspettative di accrescimento chelo stesso si apprestava a vivere, han-no sempre sorretto quei momenti disconforto che inevitabilmente si pre-sentano e che spesso sono sorrettidalla solidarietà e dalla comprensio-ne dei colleghi che il più delle voltediventano dei veri e propri amici suiquali fare affidamento, confidandoogni sorta di pensiero.

Espletando servizio in diversi settoridell’istituto ed effettuando principal-mente servizio c.d. “a turno” in tutte lesezioni detentive, quotidianamente micapita di interagire con alcuni colleghiemotivamente provati. Oramai la demo-ralizzazione e la rassegnazione per lasituazione al limite della sopportabilitàche caratterizza ogni singola giornatalavorativa, causa la cronica carenza di

personale di Polizia Penitenziariain cui versa l’istituto, inevita-

bilmente si ripercuote suglioperatori di polizia con un

accrescersi di incombenzee responsabilità sia di

ordine operativo siasotto forma

di stress psicologico che inevitabil-mente incidono anche sulla vita pri-vata. Infatti, sono sempre più fre-quenti i “doppiturni”, sottraendo deltempo prezioso da dedicare alla fami-glia. Condividendo appieno nella stra-grande maggioranza dei casi ogni sfo-go, ogni richiesta ed ogni circostanzapersonale prospettatami dai colleghi,non posso far altro che ribadire puntual-mente al personale di Polizia Penitenzia-ria tutta la mia comprensione per una re-altà lavorativa particolarmente comples-sa che anch’io sono costretto a subire.Rafforzando ed sostenendo nei colleghi ilprincipio di agire e lavorare secondo co-scienza e professionalità, cerco di soste-nere la stima e le aspettative che ognunodi noi, ne sono più che convinto, provanei confronti del Corpo e dell’Ammini-strazione tutta. ■

DARIO SAGLIOCCHIVice Sovrintendente casa circondariale Roma “Regina Coeli”

gono confermati anche da altre rileva-zioni come quella fatta da “Italia Lavo-ro”, l’Agenzia del Ministero del Lavoro,secondo la quale su 2.158 detenuti chehanno avviato i tirocini guidati pressole aziende, il tasso di recidiva è bassis-simo, pari al 2,8%. Senza reinserimentoil dato schizza invece all’11% entro i seimesi dall’uscita dal carcere per arriva-re a sfiorare il 27% dopo due anni.

“Per abbattere la recidiva – ha spiegatoil Ministro della Giustizia, Paola Seve-rino – bisogna anche convincere l’opi-nione pubblica che le misure alternati-ve alla detenzione sono la strada mae-stra e che il carcere è l’extrema ratio”.“Il carcere non è l’unica pena – ha sot-tolineato anche il Capo del Dap, Gio-vanni Tamburino – ci sono altre san-zioni in grado di garantire la sicurezza.

Per questo – ha continuato Tamburino– dare una base scientifica al rappor-to di causalità tra misure alternati-ve/lavoro e riduzione della recidiva,ci consentirà di fare un importantepasso avanti”.E proprio la ricerca avviata dall’Eief, unistituto di ricerca indipendente fondatodalla Banca d’Italia, ha l’obiettivo di faremergere la realtà del fenomeno e in

questo modo dimostrare quali sono lestrade praticabili per ridurre, se non ab-battere, la recidiva.La filosofia che anima gli studiosi l’haspiegata il Direttore dell’Eief, DanieleTerlizzese, che ha detto: “se confron-tassimo il tasso di mortalità in un deter-minato anno tra coloro che, nell’annoprecedente, sono stati in ospedale conquello di coloro che invece non ci sonostati troveremmo che il primo è larga-mente superiore al secondo. Eppurenessuno ne trarrebbe l’implicazione,credo, che andare in ospedale fa morirele persone, per il semplice motivo chechi va in ospedale è malato, ed è questala causa della maggiore mortalità ri-spetto a chi, non essendo malato, inospedale non ci va. Tutto questo è ov-vio, ma in termini un po’ più generali.Il motivo per cui è difficile trarre con-clusioni dal confronto diretto tra i duegruppi di persone è che non sono en-trambi rappresentativi della stessa po-polazione, non sono quello che in termi-ni tecnici si chiama campioni casuali:

Ridurre la recidiva, trasfor-mare il carcere in un’espe-rienza non ripetibile, soste-nere tutti i percorsi che fa-voriscono l’ingresso nella

società e limitano i rischi di tornare adelinquere. Sono questi gli obiettivi del-la ricerca che il Ministero della Giusti-zia e il Dipartimento dell’Amministra-zione Penitenziaria hanno affidato al-l’Einaudi Institute for Economics Finan-ce (Eief), al Crime Research EconomicGroup (Creg) e al Sole 24 Ore.Sarà proprio il Dap a consentire aglistudiosi l’accesso alle informazioni ne-cessarie alla ricerca, aprendo – conun’operazione trasparenza – i suoi ar-chivi all’esterno, al fine di valutare l’in-cidenza sulla recidiva delle misure al-ternative e del lavoro in carcere.Alla base dell’iniziativa ci sono i nume-ri e i confronti internazionali. Nel Re-gno Unito e in Francia, ad esempio, c’èun ricorso alle misure alternative triplorispetto al nostro. Da noi la pena sisconta in carcere nell’82,6% dei casi,mentre in quei Paesi il 75% delle con-danne viene eseguito all’esterno. Guar-dando invece ai numeri interni, una ri-levazione del Dap realizzata nel 2007indicava che per chi sconta la pena conmisure alternative la recidiva si fermaal 19%, mentre sale al 68% per chi scon-ta la pena all’interno del carcere. Il te-ma, del resto, è anche economico se èvero che – come dimostrato in passato– la diminuzione di un solo punto per-centuale della recidiva corrisponde a unrisparmio annuale per il sistema carce-re di 51 milioni di euro. Questi dati ven-

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

Un’alternativa alla recidiva

L’Istituto Einaudi ha avviato una ricercasulla relazione tra misure alternative e recidiva

di Roberto Nicastro

Giustizia

Lo studio sulla recidiva sarà uno strumento

per avviare nuove politiche di gestione dei detenuti

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Coltivazione di funghi a Vasto

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di recidiva nei due campioni daràquindi una misura abbastanza attendi-bile dell’effetto causale delle misurealternative, poiché solo quelle saran-no differenti tra i due gruppi. “In una prima fase – ha proseguito Ter-lizzese – pensiamo di concentrare l’at-tenzione sul carcere di Bollate, che rap-presenta un’esperienza emblematicanella pratica delle misure alternative alcarcere chiuso e che ha archivi ammi-

nistrativi molto ricchi di informazioni;anche perché in quel caso i detenutifanno domanda di essere ammessi, equindi è possibile, in linea di principio,risalire anche a coloro che non sono sta-ti ammessi. Crediamo quindi che la no-stra sia un’ipotesi di lavoro plausibile,ma ne dobbiamo ancora verificare inconcreto la fattibilità: si è tenuta tracciadi coloro che hanno fatto domanda? deimotivi che hanno indotto ad accettarla

o respingerla? c’era effettivamente unproblema di affollamento? la detenzio-ne di coloro che sono stati respinti è av-venuta interamente in un carcere chiu-so o sono rientrati successivamente nel-le misure alternative?...sono tutte que-stioni che dobbiamo esaminare in det-taglio e che condizioneranno il tipo dianalisi che riusciremo a fare. Ma questaè in sostanza l’idea. Ricostruire un cam-pione di “controllo” sufficientemente si-mile a quello dei “trattati” sfruttandoelementi casuali nell’assegnazione allemisure alternative.Quello che i ricercatori troveranno è sicu-ramente un universo fatto di luci e ombre,dove il lavoro è una realtà radicata nelmondo carcerario ma per molti versi an-

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

c’è un qualche fattore (nel caso specifi-co l’essere malati) che influenza simul-taneamente l’appartenenza all’uno o al-l’altro gruppo e il fenomeno che voglia-mo studiare (la mortalità). Per usare unaltro termine tecnico, c’è un problemadi selezione. Con la recidiva – ha con-tinuato Terlizzese – e le misure alter-native, o più in generale il carcereaperto, si pone, in linea di principio, lostesso problema. Se confrontiamo iltasso di recidiva tra coloro che hannoscontato la propria pena usufruendo dimisure alternative con quello di colo-ro che hanno seguito invece il percor-so tradizionale, cioè il carcere chiuso,osserviamo che il primo è molto piùbasso del secondo. Ma è probabile che

ci sia, anche qui, un problema di sele-zione: se le misure alternative sonoaccessibili solo per coloro la cui “pro-pensione a delinquere” (uso un termi-ne generico probabilmente inadatto,ma tanto per capirci) è inferiore, ladifferenza tra i tassi di recidiva riflet-terà la diversa propensione a delin-quere, e non potrò attribuirla, almenonon tutta, all’utilizzo delle misure al-ternative. Questo è il motivo per cuiserve un’analisi scientifica dei dati,prima di poter trarre conclusioni sucui basare decisioni di politica carce-raria. Alla base della ricerca c’è una filoso-fia semplice ma efficace: poiché il pro-blema deriva dal fatto che i due grup-

pi di persone non sono rappresentati-vi della stessa popolazione, è necessa-rio cercare di modificarne la composi-zione in modo che diventino il più pos-sibile simili, e quindi confrontabili,salvo per il fatto che alcuni hanno usu-fruito delle misure alternative a altrino. Bisognerà cioè costruire due cam-pioni, uno di coloro che sono stati“trattati” con le misure alternative,hanno scontato la pena in un carcereaperto, e uno “di controllo”, di coloroche invece non ne hanno usufruito,hanno scontato la pena in un carcerechiuso, ma che idealmente differisca-no solo per il trattamento, e siano ilpiù possibile simili per tutte le altrecaratteristiche. Il confronto tra il tasso

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Giustizia

In Italia la recidiva è molto più elevata rispetto a partner europei

come Inghilterra e Francia

Lauro

Pozzuoli Spinazzola

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cora marginale. I dati del Dap indicanoche al giugno di quest’anno i detenuti la-voranti erano circa 13mila su un totale di66mila detenuti. La maggior parte(10.986) lavorano alle dipendenze del-l’Amministrazione Penitenziaria, mentre

quelli che sono assunti a tempo pieno opart-time da imprese e cooperative socia-li sono solo una minima parte (2.215, il16,7% del totale dei detenuti lavoranti).Tra l’altro, la legge Smuraglia (lo stru-mento normativo grazie al quale dal 2000è possibile introdurre sgravi fiscali e unabbattimento dell’80% degli oneri contri-butivi per le imprese che danno lavoro aidetenuti) ha risentito delle carenze eco-nomiche del Paese e dal 2011 non è piùstato possibile rinnovare gli sgravi fiscali.

Per quanto riguarda invece le misure al-ternative alla detenzione, dal 2006 (l’an-no dell’indulto) il loro numero è rimastogeneralmente stabile (erano 22.889 nelgiugno 2006 e sono 21.517 nello stessomese del 2012), anche se si deve tenerconto che nello stesso periodo i detenutisono cresciuti di circa 5mila unità. Un da-to che deve poi far riflettere è che tra lemisure alternative, gli affidamenti in pro-va (molto importanti per il reinserimentosociale) sono crollati di circa il 50%.

Ecco perché si conferma di fonda-mentale importanza analizzare ilrapporto che c’è tra carcere e recidi-va, e soprattutto tra quest’ultima e ilricorso alle misure alternative. Unastrada obbligata per trovare da un la-to una soluzione efficace al sovraf-follamento, e dall’altro assicurareuna risposta alla speranza comuneche il carcere si limiti ad essere unluogo di passaggio tra una libertà eun’altra. ■

Giustizia

Lauro

Al giugno di quest’anno il numero complessivo delle misure

alternative era pari a 21.517

Sono tante, anche se diffuse amacchia di leopardo sul terri-torio italiano, le iniziative inchiave ecologica messe in at-to dall’Amministrazione Peni-

tenziaria nelle carceri del Paese. Risale al 2002 il primo Gruppo di stu-dio istituito in ambito penitenziario perindividuare i possibili ambiti di impie-go delle energie alternative nelle strut-ture detentive. La doppia valenza del-l’iniziativa, inoltre, riguarda il fatto cheoltre al rispetto dell’ambiente e al ri-sparmio energetico il gruppo ha indivi-duato, negli anni, opportunità di forma-zione professionale per i detenuti voltea favorire il loro reinserimento nella so-cietà.A dieci anni dalla “svolta ecologica” del-l’Amministrazione Penitenziaria – resaancor più attuale dal contesto normati-vo degli ultimi anni, soprattutto in ma-teria di contenimento della spesa per laPubblica Amministrazione – i progettie i programmi realizzati in materia ditutela ambientale e di energia verde so-no una realtà concreta del sistema pe-nitenziario. Inoltre, le opportunità eco-logiche hanno permesso di aprire leporte del carcere alle realtà produttivedi un settore che ancora deve mostrareappieno le proprie potenzialità. A livello generale l’AmministrazionePenitenziaria ha siglato protocolli d’in-tesa e collaborazioni per interventi di-slocati su tutto il territorio nazionale.Un esempio su tutti è il programma na-zionale di solarizzazione – iniziativacondivisa con il Ministero dell’Ambien-te – che prevede l’installazione di 5.000mq di pannelli solari. Ma è lunga la li-sta delle iniziative attuate in tutta la pe-nisola: l’ammodernamento degli im-

pianti per l’utilizzo di nuove e più eco-logiche fonti di energia; centri di smi-stamento per la raccolta differenziataallestiti all’interno degli istituti; riquali-ficazione di attività produttive legate almondo agricolo con il maggiore utilizzodi fonti rinnovabili di energia.A livello locale, invece, il privato e il vo-lontariato sociale si stanno muovendo,in accordo con il Dap, per portare avan-ti progetti condivisi, ben radicati nelterritorio, in grado di rispondere ad esi-genze di sostenibilità anche più vastedel singolo penitenziario.

RICICLO DELL’ACCIAIOA REBIBBIARiscatto sociale e sostenibilità sono ledue parole d’ordine che hanno dato vita

– nel febbraio del 2012 – al progettorealizzato dal Consorzio Nazionale Ac-ciaio e dalla onlus Rebibbia Ricicla peril riciclaggio dell’acciaio. L’impianto di smistamento è allestitodentro la struttura penitenziaria, la

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

ECO-CARCERE

Amministrazione

Sono tante le iniziative sostenibiliattivate all’interno delle strutturepenitenziarie del Paese

di Silvia Baldassarre

Risale al 2002 il primo Gruppo di studio istituito in ambito

penitenziario dall’Amministrazione

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questi soggetti – a seguito di un’at-tenta selezione eseguita dall’Ufficiodi Esecuzione Penale Esterna e dalDipartimento di Salute Mentale – vi-vono in una struttura esterna protet-ta, controllata da un’equipe mistacomposta da operatori penitenziari esanitari. Il progetto, finanziato dalla Cassa del-le Ammende, ha l’obiettivo ultimo dicreare un budget di cura per ogni in-ternato. Infatti, l’energia prodotta dalparco fotovoltaico in costruzione per-metterà il vantaggio economico dicreare una piccola rendita in grado disostenere la spesa – per ognuno –dell’inserimento in comunità terapeu-tiche alternative agli Opg.

RAEE IN EMILIA ROMAGNAÈ del 2005 l’accordo quadro territoria-le per lo sviluppo di attività di pre-trattamento di Raee all’interno dellecase circondariali. Il progetto impe-gna i detenuti di Bologna, Ferrara eForlì nel recupero e nello smaltimen-to dei rifiuti derivanti da apparecchia-ture elettriche ed elettroniche prove-nienti dalle stazioni ecologiche delGruppo Hera. Il progetto – attuato dalla Regione Emi-lia Romagna in collaborazione con gliEnti Locali – ha come scopo quello diincrementare l’inclusione sociale e la-vorativa attraverso la vicinanza e la tu-tela del territorio, favorendo il contatto

diretto tra mondo penitenziario e siste-ma economico-produttivo regionale.Una volta trattate, infatti, le diversecomponenti dei rifiuti vengono inviateagli impianti, dislocati sul territorio, do-ve sarà eseguito il trattamento filale peressere recuperate per un valore percen-tuale che si registra intorno all’85%.Il progetto Raee in carcere è nato nel-l’ambito dell’iniziativa comunitariaEqual Pegaso, finanziata dalla RegioneEmilia Romagna con il Fondo SocialeEuropeo, con l’idea di realizzare labora-tori per lo smontaggio e il trattamentodi questa particolare categoria di rifiuti– all’interno per Bologna e Ferrara e al-l’esterno dell’istituto penitenziario perForlì – per fare in modo che l’acquisi-zione di competenze e l’inserimento so-ciale e lavorativo coinvolgano il più am-

pio numero di persone in esecuzionepenale. In sintesi, la volontà dei firma-tari del progetto ha molteplici campi diintersesse, ad esempio “individuare so-luzioni e percorsi efficaci per promuo-vere e incrementare l’inclusione socia-le e lavorativa delle donne e degli uomi-ni in crescente stato di svantaggio e for-te emarginazione sociale; promuoverel’inserimento sociale e la creazione diopportunità di lavoro per persone svan-taggiate, il reingresso nella legalità el’emancipazione dallo svantaggio socia-le; promuovere l’acquisizione di compe-tenze e favorire il riciclaggio e le altreforme di recupero di Raee, con conse-guente riduzione dell’impatto ambien-tale nella loro gestione”.

EDUCAZIONE AMBIENTALE A FIRENZENel capoluogo toscano, nei due istitutipenitenziari, sono stati attivati diversicorsi di formazione in materia di soste-nibilità. “A Sollicciano – racconta il di-rettore, Oreste Cacurri – lo scorsogennaio è stato organizzato un corsodella durata di sei mesi per il riciclag-gio di Raee e da settembre 4 detenutisono regolarmente impiegati nel tratta-mento di questa particolare categoria dirifiuti”. Anche gli spazi del carcere so-no stati riorganizzati per ospitare il la-boratorio dove vengono smistati i rifiutielettrici ed elettronici che provengonoda un circuito esterno al penitenziario.Nella casa circondariale Gozzini, me-glio nota come Solliccianino, il proto-

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manodopera è fornita da 10 detenuticoordinati da un tecnico esterno cheassiste e coadiuva le operazioni di se-parazione.Spiegano dal Consorzio: “Noi, come glialtri consorzi, non abbiamo operatoridislocati sul territorio nazionale, perquesto ci appoggiamo a varie struttu-re locali che ci forniscono la materiaprima. Nel caso di Rebibbia Ricicla, ilvalore aggiunto è quello di collaborarecon la struttura penitenziaria per il re-cupero sociale dei detenuti oltre chedella materia prima”.Gli imballaggi in acciaio smistati aRebibbia non sono solo il prodottodei rifiuti del penitenziario. Il bacinoda cui provengono gli scarti com-prende una vasta parte della Provin-cia di Roma.

Prima di arrivare in acciaieria per es-sere fuso e riutilizzato in altre forme,l’acciaio compie diversi step. Una voltaarrivati all’impianto di smistamento, irifiuti vengono messi dai detenuti suun nastro trasportatore. Successiva-mente il deferizzatore – apparecchia-tura magnetica che compie una primagrande separazione tra plastica e me-tallo – entra in azione coadiuvato daidetenuti impegnati nel controllo e nelrecupero di eventuali oggetti sfuggitialla presa magnetica del macchinario.Successivamente il materiale viene im-ballato e trasportato da quello che ingergo si chiama rottamaio, vale a direl’azienda che si occuperà del lavaggio,della triturazione e della successivaconsegna dell’acciaio al Consorzio Na-zionale.

PANNELLI SOLARI A BARCELLONA POZZODI GOTTO Non è nuovo, ma di certo la riconfer-ma del progetto Luce e Libertà ne as-sicura la validità. Si tratta di un pro-getto pensato per il reintegro di 56internati dell’ospedale psichiatricogiudiziario di Barcellona Pozzo diGotto, attraverso la realizzazione dipannelli solari. I soggetti destinatari dell’iniziativasono quelli in regime di proroga, ov-vero quelli per i quali la misura di si-curezza è scaduta, ma non avendo ca-se e famiglie ad aspettarli sono co-stretti a rimanere all’interno dellastruttura custodiale. Attualmente

Amministrazione

Nel carcere di Rebibbia è stato allestitoun impianto di smistamento

dell’acciaio tra la onlus Rebibbia Ricicla e il Consorzio Nazionale Acciaio

È stato riconfermato il finanziamentodella Cassa delle Ammende per il progetto Luce e Libertà per il reintegro di 56 internati dell’Opg

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ricevuto un finanziamento regionale –pari a un milione di euro – indirizzatoalle categorie svantaggiate. “In questocontesto – spiega il provveditore Giu-seppe Martone – rientrano i detenuti iquali possono seguire percorsi tratta-mentali legati alla salvaguardia am-bientale del territorio. Inoltre, la possi-bilità di produrre in autonomia energiapulita avvicina l’Amministrazione Peni-tenziaria alle linee guida definite dallaSpending Review”.Se da una parte il mondo penitenzia-rio è ricettivo in materia di sosteni-bilità, dall’altra non c’è una sensibi-lità estesa sul territorio. Le buone

prassi in ambitoecologico sono

ancora pococonosciute eper questo,forse, poco

diffuse. Nonostante questo, nei peni-tenziari pugliesi è spesso praticatala raccolta differenziata e si organiz-zano corsi qualificati e qualificanti,spendibili eventualmente anche do-po la detenzione.In materia di processi produttivi soste-nibili – anch’essi ritenuti fondamenta-li per il risparmio e per un’offerta trat-tamentale più ampia – il Prap sta stu-diando nuove possibili iniziative greenda applicare alle eccellenze produttiverealizzate nei penitenziari della Pu-glia; come ad esempio i taralli di Tranie la panificazione concentrata nella zo-na di Altamura. “L’offerta formativa –spiega ancora Martone – non serve so-lo a riempire un tempo vuoto, ma deveessere una concreta opportunità direinserimento. La salvaguardia am-bientale è il valore aggiunto di moltidei nostri corsi”. ■

collo siglato nel 2004 dall’istituto edalla Provincia di Firenze è stato rin-novato e ampliato nel 2012. “Questascelta – spiega la direttrice del carce-re, Margherita Michelini – è impor-tante nell’ottica trattamentale poichéin questo istituto crediamo che il con-tatto con la terra, il suolo e l’ambientein generale sia fondamentale per ilreinserimento”. Per questo motivo, trai corsi di formazione attivati in mate-ria di sostenibilità ci sono quelli sullariduzione e sul riciclaggio dei rifiuti,realizzati in collaborazione conl’azienda Quadrifoglio, che si occupadei servizi ambientali dell’area fioren-tina. In programma, poi, c’è l’attiva-zione di corsi incentrati sul consumoresponsabile di acqua, organizzati conil supporto di Publiacqua, società cheeroga il servizio idrico della provinciadi Firenze. Il progetto si articola su due fronti:uno interno e uno esterno alle muradel penitenziario. Dentro si seguono icorsi e si effettua la raccolta differen-ziata dei rifiuti; inoltre è in progettol’inserimento – sempre da parte diPubliacqua – di filtri da inserire neirubinetti dei refettori per purificare

l’acqua ed abbattere sia la spesadell’acquisto delle confezioni, sia laproduzione di rifiuti di plastica. Sulfronte esterno, invece, l’impiego deidetenuti è attivo nella pulizia degli ar-gini dell’Arno.

PROGETTI ECO-SOSTENIBILI IN PUGLIAIl Provveditorato dell’AmministrazionePenitenziaria della Puglia, in collabora-zione con la Regione, ha attivato diversicorsi di formazione in materia di instal-lazione e manutenzione di pannelli so-lari. Il progetto, nato seguendo gli indi-rizzi del Programma nazionale di sola-rizzazione degli istituti penitenziari, ha

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Amministrazione

Negli istituti penitenziari fiorentinisono stati attivati diversi corsi di formazione in materia di sostenibilitàe consumo responsabile di acqua

In Puglia il Prap sta studiando nuoveiniziative “verdi” da applicare alle produzioni carcerarie regionali

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alle Amministrazioni Provinciali di Po-tenza e Matera che hanno implementa-to l’intervento per il tramite delle pro-prie agenzie Formative – Apofil e Age-forma – che hanno avviato misure rela-tive alla formazione e all’orientamentodella popolazione detenuta e in esecu-zione penale esterna. La necessità di at-tuare un programma di questo generederiva dalla volontà degli istituti diaprirsi alle esigenze del territorio luca-no che conta una popolazione di circa591.000 abitanti suddivisi nelle dueprovince – Potenza e Matera – e nei 131comuni di cui 75 (57%) con densità dipopolazione inferiore a 50 ab/kmq e 54

(40,2%) con popolazione inferiore a2.000 abitanti. Nella regione i penitenziari sono quellidi Potenza, Matera e Melfi. I soggettiadulti in esecuzione penale sono 626 –in totale nei tre istituti – e quelli seguitipresso gli Uffici di Esecuzione PenaleEsterna di Potenza e Matera sono 342.Al fine di fornire un’offerta trattamenta-le adeguata, sia all’interno che all’ester-no delle carceri, sono stati attivati pro-grammi di varia natura: istruzione, la-voro, attività culturali, attività sportivee ricreative, rapporti con la famiglia econtatti con il mondo esterno. Spieganoancora la dottoressa Petraccone e il dot-

tor Guastamacchia: “Nell’attuazione diquesto disegno programmatico, mentreallo Stato spetta la titolarità dell’ammi-nistrazione della Giustizia e dell’esecu-zione penale, con la gestione di queiservizi ‘intra moenia’ che la legislazio-ne penale chiama tecnicamente ‘ele-menti del trattamento’, la Regione haassunto il ruolo centrale di indirizzo,programmazione e di coordinamentodelle politiche sociali rivolte ai soggetti,adulti e minori, sottoposti a provvedi-mento all’Autorità Giudiziaria e alleAmministrazioni locali spetta il compi-to di portare ad attuazione quelle politi-che, trasferendo sul territorio la capaci-tà delle Istituzioni pubbliche di dare ri-sposte efficaci ai bisogni di tali tipolo-gie di cittadini e delle loro famiglie”.Il programma “Vale la Pena Lavorare” èsuddiviso in tre macroaree: orientamen-to, istruzione e formazione; inserimentolavorativo; interventi di sistema. Attualmente nei tre istituti della Basili-cata sono in corso progetti di formazio-

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Si chiama “Vale la Pena Lavo-rare” il programma di inclu-sione sociale e lavorativa deisoggetti, adulti e minori, sot-toposti a provvedimento

dell’Autorità Giudiziaria attivato nellaRegione Basilicata. È un programma na-to – come spiegano dal Provveditoratolucano la dottoressa Maria RosariaPetraccone, dell’Ufficio Detenuti eTrattamento e il dottor Pietro Guasta-macchia dell’Ufficio Esecuzione PenaleEsterna –“per rendere concreti ed esigi-bili i diritti dei detenuti, poiché è emer-sa più volte e da più parti l’esigenza disuperare l’attuale approccio emergen-ziale, privo di sistematicità e di coordi-namento in tutte le questioni relative alcarcere, attraverso una strategia di inte-grazione degli interventi e la ricerca dipercorsi condivisi”. È in questa direzione che è stato pensa-to l’accordo tra il Provveditorato del-l’Amministrazione Penitenziaria e laRegione, un’azione programmaticatriennale finanziata nell’ambito del Pro-gramma Operativo del Fondo SocialeEuropeo, che prevede la realizzazionedi interventi di orientamento, istruzio-ne e lavoro destinati ai detenuti dellaBasilicata. In un secondo tempo rispettoalla ratifica del protocollo, la Regione haaffidato la realizzazione degli interventi

Si chiama “Vale la Pena Lavorare”il programma di inclusione sociale e lavorativa dei soggetti sottoposti

a provvedimento dell’Autorità Giudiziaria

Esperienze

L’accordo tra il Provveditorato dell’AmministrazionePenitenziaria e la Regione prevede un’azione

programmatica triennale finanziata nell’ambito del Programma Operativo del Fondo Sociale Europeo

a cura della Redazione

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

TRATTAMENTO IN CHIAVELUCANA

Una sezione del penitenziario di Melfi

Una panoramica dell’istituto di Matera

“L’intero programma – spiegano dalPrap della Basilicata – è nato con loscopo di modificare profondamentel’approccio dell’attuale intervento incarcere, a partire dagli elementi dicoerenza tra la programmazione, laqualità, la spesa, gli obiettivi che siintendono realizzare, la complemen-tarità e la sicurezza. Ridisegnare l’at-tuale sistema dei servizi erogati inambito penale vuol dire superare ilcarattere prevalentemente assisten-ziale degli interventi sinora erogati

per promuovere modalità che sappia-no intercettare ed interagire con i bi-sogni, le richieste reali dei cittadinisottoposti a provvedimento dell’auto-rità giudiziaria, promuovere condizio-ni di cittadinanza attiva e garantirepari opportunità”.“Vale la Pena Lavorare” è un program-ma che ha recepito le linee guida det-tate, a livello dipartimentale, dal Mini-stero della Giustizia – CommissioneNazionale Consultiva e di Coordina-mento per i Rapporti con le Regioni,

gli Enti locali ed il volontariato; ufficioper l’attività di coordinamento, consu-lenza e supporto per i rapporti con leregioni, gli enti locali ed il terzo setto-re del Dap – e quelle predisposte nelgiugno 2009 dal Dipartimento Giusti-zia Minorile. Una commissione permanente valute-rà la corretta attuazione del program-ma e sarà coordinata dalla Regione Ba-silicata in collaborazione del Provvedi-tore Regionale dell’AmministrazionePenitenziaria – o suo delegato – e delDirettore del Centro per la GiustiziaMinorile per la Calabria e la Basilica-ta, o suo delegato.Concludono dal Prap la dottoressa Pe-traccone e il dottor Guastamacchia: “Al-cuni temi di particolare urgenza sonotrattati all’interno del documento prefi-gurando lo sviluppo di azioni caratteriz-zate da rilevanza sotto il profilo dell’in-novazione. In particolare è affrontato in

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ne di base strutturata in moduli delladurata minima di 100 ore, fruibili an-che singolarmente. Al termine dellaformazione, in relazione alla tipologiadi modulo o percorso effettuato, sonorilasciati attestati di partecipazione,certificati di competenza, qualificheprofessionali. Inoltre, sono attivi tiroci-ni formativi articolati in attività delladurata di 300 ore, correlati alle compe-tenze acquisite nel corso della forma-

zione in aula. Infine, è stato istituito unservizio di Case Management presso lasede Apofil di Potenza che fornisceorientamento, formazione, assistenzaed accompagnamento. Il servizio operaa stretto contatto con gli istituti penaliper minorenni, con le case circondaria-li e gli Uffici di Esecuzione PenaleEsterna, collabora con gli operatori deiCentri per l’Impiego e fornisce assi-stenza e consulenza per i percorsi di

inclusione sociale che prevedano un in-teressamento di amministrazioni co-munali, dei servizi per le tossicodipen-denze e per la salute mentale.In aggiunta, la casa circondariale diMelfi offre un corso formativo sulla Co-municazione Sociale; un laboratorio cheha portato alla produzione di due spotdi comunicazione sociale con la descri-zione di un giorno di vita all’interno diun istituto penitenziario. Un duplicepunto di vista è presente nello spot,quello dei detenuti e quello degli opera-tori, presentato con una serie di intervi-ste realizzate con il fine di diffondere laconoscenza sul mondo penitenziario at-traverso la testimonianza diretta. Il dvdè stato poi donato a tutti i partecipantialla cerimonia di presentazione, dalleistituzione, alle autorità e al volontaria-to sociale, e quotidianamente è distri-buito a tutti coloro che – a vario titolo –entrano nell’istituto di Melfi.

Esperienze

In Basilicata è vigente un protocollo d’In-tesa, stipulato tra la Regione e il Ministe-ro della Giustizia nell’ottobre 2004, nelquale la Regione assume formalmentel’impegno di mettere a disposizione leproprie strutture amministrative e opera-tive in materia di servizi sociali, sanità,istruzione, formazione professionale, la-voro, cultura, sport e tempo libero per larealizzazione di progetti finalizzati al re-cupero ed alla reintegrazione socialedelle persone ristrette negli istituti peni-tenziari, in esecuzione penale esterna edin carico ai servizi minorili presenti sulterritorio regionale.Inoltre la L.R. n.4/2007, “Rete regionaleintegrata dei servizi di cittadinanza so-ciale”, prevede, in tema di programma-zione dei servizi che, per la parte con-cernente gli interventi sociali e socio-sa-nitari da attivare in ambito penitenziarioe post-penitenziario, è opportuno inte-

grare l’azione di pianificazione delle am-ministrazioni locali con specifico atto diintesa da sottoscrivere con i Direttoridegli istituti e dei servizi penitenziari pre-senti sul territorio.

Gli assi strategici del P.O. F.S.E.2007-2013Il progetto risponde agli Assi strategicidel Programma Operativo del F.S.E. peril periodo di programmazione 2007-2013, ed in particolare agli obiettividell’Asse C – Inclusione sociale, che ri-chiamano espressamente tra i destina-tari delle azioni di intervento i detenuti,nella più ampia categoria dei “soggettisvantaggiati”. Ed è anche nel P.O. delF.S.E., oltre che nelle altre fonti finanzia-rie disponibili dal livello locale a quellonazionale, che è possibile reperire le ri-sorse finanziarie necessarie alla realizza-zione degli interventi previsti.

LA CORNICE ISTITUZIONALE

In Basilicata sono 626 i soggetti in esecuzione penale e 342 quelli

seguiti presso gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna

I programmi attivati sono di varia natura: istruzione, lavoro, attività culturali, attività sportive

e ricreative, rapporti con la famiglia e contatti con il mondo esterno

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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Alcuni momenti durante la ripresa dello spot sulla comunicazione sociale

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modo critico il tema degli stranieri, deidetenuti extraregionali e dei detenutilucani presenti presso altre realtà pena-li italiane. Il programma prevede lo svi-luppo di azioni trasversali con la stipuladi accordi transnazionali ed interregio-nali, rendendo organico e finalizzato ilprocesso di inclusione socio-lavorativadei soggetti sottoposti a provvedimentodell’Autorità Giudiziaria. Il documento,inoltre, individua direttive declinabili inspecifiche azioni per la presa in caricodell’utenza di sesso femminile presentein Basilicata e l’implementazione diazioni di giustizia ripartiva per tutti isoggetti incorsi in atti illeciti. Inoltre,determinante ai fini della buone riusci-ta dell’intervento, ci sembra il contribu-to e il coinvolgimento attivo di associa-zioni di categoria, – Associazioni degliindustriali, Confaipi, Confartigianato,C.N.A., C.A.S.A., Confcommercio, Con-fesercenti, Camere di Commercio – e lapartecipazione delle associazioni dellecooperative come la Lega delle Coope-rative, Confcooperative, UNCI, Federso-lidarietà; nonché l’attivazione di una co-stante collaborazione con volontariatosociale”. ■

Esperienze

ISTITUO DI MATERATirocini formativiGiardinaggio – prossimo avvioManutentore edile – iniziato nel 2011 prosegue per il 2012Riciclo e riutilizzo materiali di scarto – 2011/2012Manutenzione aree verdi – iniziato nel 2010 e concluso nel 2011ISTIUTO PENITENZIARIO DI POTENZATirocini formativiCartapestaio – in corsoLegatoriaInformaticaBigiotteria – sezione femminile – in corsoManutenzione fabbricatiArchivistaVivaista – 2011Cura corpo e immagine – sezione femminile – 2011 Idraulica e artigianato edilizia – 2011ISTIUTO PENITENZIARIO DI MELFIInformatica e legatoria – in corso dal 1 ottobre per detenuti alta sicurezzaInglese – di prossimo avvio per detenuti alta sicurezzaVivaista – in corso per detenuti comuniCorso di comunicazione sociale per detenuti comuni – seconda fase per realizzazionedi un libro di fotografia

LE ATTIVITÀ LAVORATIVE DEL CIRCUITO PENITENZIARIO IN BASILICATA

La casa circondariale di Melfi

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in un contesto, qual èquello dell’isola diGorgona, che per certiversi ha favorito rela-zioni di collaborazio-ne offrendo, nel con-tempo, scenari natu-rali di straordinariabellezza. Ho dovutoaffrontare probleminon solo legati allagestione delle singo-le e numerose spe-cie allevate (bovini,ovicaprini, suini,avicoli, equidi) o invario modo presenti(cani e gatti), maanche alle innumerevoli e spesso im-prevedibili difficoltà presenti in unastruttura detentiva. Per fortuna nel1993 ho incontrato la medicina omeo-patica che ho subito introdotto in Gor-gona per la cura degli animali. Questoapproccio ha contribuito a stabilire ine-dite relazioni di collaborazione con idetenuti, gli agenti e il mondo esterno.Inoltre ha permesso di registrare signi-ficativi risparmi economici per l’Ammi-nistrazione (in termini di farmaci e diprodotti utilizzati) e di eliminare l’im-patto ambientale derivante dall’uso difarmaci chimici. Infine c’è stato un al-tro importante risultato: è avvenutauna sorta di contaminazione culturale ealcuni medici dell’isola hanno intrapre-so un percorso di formazione nel cam-po delle medicine complementari (nor-mate in Regione Toscana dalla LR9/2007)”.Come è emersa la consapevolezza diuna dimensione etica, e non solo

produttiva, nei riguardi degli ani-mali che allevate?“È giusto parlare in termini di “consape-volezza” perché si è trattato di un percor-so che nel tempo ha permeato la mia co-scienza come quella di molte altre perso-ne. Ciò è potuto avvenire grazie allo stret-to contatto con i tanti animali allevati e al-

l’aver visto da vicinonon solo le loro espres-sioni biologiche ma an-che la generosa opera discambio che hanno do-nato in particolare allenumerose persone dete-nute con le quali hannointeragito. Sono state trele tappe fondamentaliche hanno condotto aquesta nuova frontieraetica per Gorgona. La pri-ma è stata l’immediata li-berazione di quasi tutti glianimali allevati, sin dal-l’inizio degli anni ’90, re-cependo come l’esigenzafondamentale fosse il ri-spetto del movimento libe-

ro, in spazi aperti e in compagnia. Suc-cessivamente, come accennato, è interve-nuta la medicina omeopatica che ha an-che fornito una cornice culturale di gran-de interesse: la circolarità delle relazioni,l’interdipendenza, la visione unitaria,energetica, ecosistemica. Infine, la terzatappa è nata dalla stretta relazione uma-no-animale, che si verifica in Gorgona eche ci ha aiutato ad aprire le porte versola possibilità di estendere, almeno alcunidiritti fondamentali, agli animali allevati”. Com’è nata e da cosa è composta laCarta?“La Carta è nata inizialmente come unasorta di decalogo, un promemoria che vo-levo lasciare ai detenuti che spesso ruota-no nei vari settori dell’agricola di Gorgonacontenente alcuni principi fondamentaliche mi toccava ripetere ad ogni nuovapersona che arrivava a lavorare con glianimali. La Carta ora è composta da 36articoli, suddivisi in quattro parti dedicate

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Èuscita in libreria un’operaunica nel suo genere: Ognispecie di libertà. Carta dei di-ritti degli animali dell’isola diGorgona (Altreconomia Edi-

tore). L’autore è Marco Verdone, da ol-tre 20 anni veterinario incaricato dellacasa di reclusione dell’isola di Gorgona(LI) che ci offre un’opera dal titolo mol-to stimolante. Egli è uno dei quattro me-dici veterinari che lavorano in ambitopenitenziario (gli altri sono in Sarde-gna) e lo abbiamo già conosciuto pre-sentando il suo primo libro Il respiro diGorgona – Storie di uomini, animali eomeopatia nell’ultima isola-carcere italia-na (Libreria Editrice Fiorentina, 2008)(Le due CITTA’ n. 06, giugno 2008).Dottor Verdone, il suo è certamenteun lavoro inconsueto che lei ha svi-luppato in modo del tutto originale.Partendo dall’inizio, ci raccontiqualcosa del lungo percorso che l’ha condotta a quest’ultimo libro?“La mia avventura con Gorgona iniziaoltre 20 anni fa, nel 1989, ad appenadue anni dalla laurea. Lavorare in unistituto penitenziario non è semplicema ho avuto la fortuna di poterlo fare

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

Dall’isola di Gorgonal’esperienza di un

medico veterinario chelavora in ambito

penitenziario

di Daniela Pesci

Ogni specie di libertàEsperienze

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

ai principi fondamentali, alle esigenzedella specie e dei singoli individui anima-li, alle attività con gli animali, alle variespecie e a tutte le azioni per provare aconciliare gli interessi animali, umani eambientali. Desidero qui solo ricordarecosa recita l’art. 1: “Gli animali non sonocose, né macchine”. Basterebbe partire daquesta semplice considerazione per ini-ziare a modificare il nostro punto di vistaantropocentrico e osservare gli “altri ani-mali” come soggetti portatori di una vitache deve essere “degna di essere vissu-ta”, come recita la nuova definizione di“benessere animale” espressa dal FarmAnimal Welfare Council (2009)”. Cosa ci può dire circa le collabora-zione con gli altri autori presenti al-l’interno di “Ogni specie di libertà”?“Il cuore del libro è costituito dalla Cartadei diritti degli animali, ma attorno adessa, insieme a una mia introduzione,abbiamo avuto la straordinaria opportu-nità di ricevere la collaborazione di illu-stri studiosi nel campo della filosofia, eti-ca, religione, diritto e altre discipline. La prefazione è stata affidata a CarloMazzerbo, il direttore che per circa 17anni ha gestito la casa di reclusione diGorgona e con il quale è stata iniziataquesta lunga riflessione sulla qualitàdella vita degli animali sull’isola. Tro-viamo poi gli scritti di Paolo De Bene-detti, teologo, Barbara de Mori, filoso-fa e docente di bioetica veterinaria,Luigi Lombardi Vallauri, filosofo, Va-lerio Pocar, sociologo del diritto e l’as-sociazione antispecista “Oltre la Spe-cie”. Infine abbiamo inserito un contri-buto di Claudio Guidotti, persona cheè stata detenuta in Gorgona, e oggi uo-mo libero, che ci offre la sua esperienzacon la “vita animale” in carcere. È inte-ressante, inoltre, segnalare che esserepubblicati con l’editore Altreconomia as-sume anche un valore simbolico rispet-to al processo di consapevolezza e libe-razione animale che passa attraversoun’altra visione dell’economia, intesacome vera gestione delle risorse della‘casa comune’”. ■

Anche dal punto di vista botanico l’isoladi Gorgona è una nicchia ecologica dinotevole importanza. Sono presenti ol-tre 500 specie vegetali censite su unasuperficie molto ridotta. Alcuni dei vegetali più antichi sono degliulivi rappresentati da un nucleo di pianteultracentenarie che due anni or sono han-no suscitato l’interesse del consulenteagronomico della casa di reclusione,Francesco Presti. In seguito a studi ap-profonditi eseguiti da Presti in collabora-zione con Claudio Cantini dell’Istitutoper la Valorizzazione del Legno e delleSpecie Arboree (IVALSA) del ConsiglioNazionale delle Ricerche (CNR), è statopossibile evidenziare la peculiarità degliulivi dell’Isola. Il Dna di queste piante èstato infatti confrontato con quello dellealtre varietà italiane scoprendo che l’iso-lamento di Gorgona ha per secoli fattosfuggire alla classificazione queste pochema maestose piante che appartengono

quindi ad una varietà a sé stante. La nuovacultivar, chiamata Bianca di Gorgona, èquindi stata iscritta nel luglio del 2012 ai re-gistri del Repertorio Regionale delle risorsegenetiche autoctone toscane, ai sensi dellaLR 64/04.Oggi la casa di reclusione può vantare untipo di ulivo che esiste solamente sugliantichi terrazzamenti vicino al piccoloporto dell’isola. È probabile che queste piante siano stateintrodotte dai monaci certosini che nelcorso del 1700 hanno abitato e lavoratosull’Isola. “Questa scoperta – dichiaraFrancesco Presti – potrebbe divenire unanuova e concreta risorsa in mano all’Am-ministrazione penitenziaria. Dal nucleo dipiante madri può infatti essere iniziatoun innovativo progetto di lavoro e forma-zione con la popolazione detenuta”.

UN ULIVO DI NOME BIANCA

A destra uno degli ulivi di Gorgona. Sotto un particolareLa vicenda, iniziata sull’isola oltre

20 anni fa, è stata raccontata in un libro

Esperienze

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sorta di purgatorio dove è possibile pra-ticare attività che potranno tornare utilinella vita libera. L’Icatt di Eboli perònon è aperto a tutti. Per trovare posto alsuo interno è necessario avere un’etàcompresa tra i 18 e i 30 anni, un finepena non inferiore a un anno e non su-periore a sette, una bassa pericolositàsociale e, proprio nel caso di Eboli, laresidenza nella regione Campania.Le gestione dell’Istituto è nelle mani di43 agenti di Polizia Penitenziaria, men-tre la parte trattamentale è seguita dadue educatori.“Nel 2012 – racconta Rita Romano – ab-biamo avviato tantissime attività. Traqueste corsi di cucito, di decupage, fale-gnameria, vivaista, oltre a un laborato-rio teatrale e a uno musicale”.Nel campo del cucito, ad esempio, i de-tenuti di Eboli sono pronti a lanciareuna linea per bambini con il marchiodell’Istituto, un punto d’arrivo reso pos-sibile anche dalla formazione speciali-stica offerta da un famoso stilista localeche si è messo a disposizione per inse-gnare i segreti del mestiere ai detenuti.Gran parte delle attività dei detenuti so-no poi realizzate al di fuori della strutturacarceraria e in stretto contatto con la so-cietà. È il caso ad esempio del Museum ofOperation Avalanche, l’esposizione dedi-cata allo sbarco alleato avvenuto nel set-tembre ‘43 sul litorale salernitano che èstata inaugurata il 9 settembre scorsopresso il Complesso Monumentale diSant’Antonio a Eboli con il supporto pro-prio dell’Icatt. A seguito del protocollod’intesa siglato tra il direttore dell’Istitu-to e il sindaco di Eboli, otto detenuti dellacasa di reclusione hanno collaborato atti-vamente al recupero e alla ristrutturazio-ne del complesso Monumentale che ospi-ta il Museo. Conclusa questa fase, duedetenuti, dopo aver frequentato un corsodi formazione ad hoc, saranno assunticon la qualifica di operatori museali.È questa solo una delle tante attività che,nel rispetto dell’articolo 27 della Costitu-zione, gli operatori di Eboli stanno met-tendo in campo per favorire il reinseri-

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Ci sono il teatro e la pittura, icorsi sul cucito e quelli sullalegalità, le lezioni da vivai-sta e quelle da falegname, lateoria e la pratica di una vi-

ta libera, al di fuori delle mura di un car-cere. Lungo questo percorso muove i suoipassi l’attività formativa dell’Icatt di Ebo-li, l’Istituto a custodia attenuata per i de-tenuti tossicodipendenti, che ospita circa50 detenuti, ognuno dei quali sta scon-tando una condanna definitiva.“Tutto si gioca sull’autoresponsabilizza-zione”, sottolinea la direttrice Rita Ro-mano spiegando la libertà relativa dicui godono i detenuti di Eboli. “L’Istitu-to può ospitare fino a 60 persone – rac-conta – divise in tre sezioni, ognunadelle quali è dotata di una cucina e diun refettorio dove i detenuti possonomangiare insieme. In generale comun-que sono impegnati tutta la giornatanelle varie attività che vengono svolteall’interno dell’Istituto e le ore passatein cella sono veramente poche”.L’Istituto a custodia attenuata è infattiuna lunga passerella che unisce il mon-do del carcere con quello esterno, una

La casa di reclusione per i tossicodipendenti

organizza una serie di iniziative che favoriscono il contatto

con l’esterno

Esperienze

Dall’Istituto a custodiaattenuata di Eboli l’iniziodi un lungo percorso per

reinserire il detenutonella società

di Luca Manzi

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

Eboli e oltre

L’Icatt di Eboli

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mento reale dei detenuti. Ed ecco dovenasce l’impegno teatrale che ha portatoil 27 luglio scorso ad aprire le porte del-l’Istituto a 70 ospiti che hanno assistito auna rappresentazione dei detenuti e allamostra dei manufatti realizzati nei labo-ratori interni alla casa di reclusione, conil supporto della cooperativa “Il RIsCAT-To”, fondata all’interno dell’ICATT.“Il gruppo teatrale – racconta Rita Ro-mano – si è esibito spesso anche al difuori dell’Istituto e con il ricavato deglispettacoli ha finanziato interventi inter-ni come l’acquisto di un campo in erbasintetica che ha sostituito quello prece-dente in cemento”.I progetti dell’Icatt, comunque, non si li-mitano ai confini italiani ma sono legatianche alle iniziative messe in campodall’Unione europea. Nel luglio 2011 lastruttura ha partecipato a un progetto fi-nanziato dalla Ue per portare l’e-learningin carcere, un’iniziativa realizzata in par-tenariato con l’università di Salerno, conquella di Montpellier, e con il carcere mi-norile di Buzias in Romania. Il 28 settem-bre è invece partito un progetto sull’inclu-sione sociale, finanziato sempre dall’Ue,che durerà due anni e avrà come centrogravitazionale la città greca di Salonicco.“Il nostro obiettivo – continua Rita Ro-mano – è cercare di avviare progetti cheabbiano un costo zero per l’Amministra-

zione e che siano sostenuti o comunquepatrocinati dalle Istituzioni, come avvie-ne con il progetto avviato insieme allaRegione Campania per favorire l’orien-tamento professionale dei detenuti”.Lo stesso accade con la cucina, dove nelcorso dell’estate è stato avviato il pro-getto “Chef”, un corso di alta cucina per

i detenuti completamente gratuito offer-to dal giornalista ed esperto di marke-ting culturale, Umberto Flauto. Il pro-getto si incentra sulla scoperta e la ri-scoperta di alcune ricette locali dell’800e ha l’obiettivo di formare i detenuti chepotranno spendere all’esterno il titolospecifico acquisito a fine corso. ■

Esperienze

Tra i corsi ci sono cucito e teatro, musica e pittura, ma anche progetti europei per la legalità e l’inclusione sociale

I detenuti partecipano a un’iniziativaall’interno dell’Istituto

Ci serve la tua

mano

Il numero verde è la via più semplice e diretta per effettuare versamenti e donazioni con la carta di credito

È importante segnalare alle operatrici il proprio numero di tessera

for a living planet

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Credo di Dante e la Preghiera diSan Bernardo (Paradiso, XXXIII, 1-39), suscitando molta emozione epartecipazione.Al termine della manifestazione gliospiti si sono intrattenuti gustando del-le fantasie gastronomiche danteschepreparate da un gruppo di detenuti, al-lievi dei corsi di panificazione e pastic-ceria organizzati da Fausto Rivola del-l’Associazione Arti e Mestieri e da al-tre associazioni onlus che collaboranocon l’Amministrazione penitenziaria.Il direttore Carmela De Lorenzo e tuttolo staff dell’istituto sono già pronti perun nuovo appuntamento. ■

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Gli studenti del Liceo Clas-sico Dante Alighieri di Ra-venna hanno incontrato idetenuti dell’Istituto peni-tenziario della città. Dal-

l’incontro è nato un progetto che si èrealizzato sabato 15 settembre all’inter-no dei cortili passeggi della casa circondariale.Alcuni detenuti e studenti hanno recita-to, alternando a dei brani musicali in-terpretati da un coro di voci bianche, lepreghiere tratte dalla Divina Comme-dia, alla presenza di un folto pubblicoesterno e di altri detenuti.L’idea nasce a gennaio da un incontrotra il direttore dell’istituto CarmelaDe Lorenzo, la preside del LiceoClassico Patrizia Ravagli e il fotore-porter ravennate Giampiero Corelli.Il progetto comincia a prendere formaproprio nell’interscambio tra istituzio-ni e mondo esterno, coinvolgendo igiovani studenti e i detenuti del peni-tenziario i quali si sono avvicinati an-cor di più al mondo della letteraturaitaliana, specie negli ultimi giorni co-ordinati dall’insegnate del liceo, dalleeducatrici e dal maestro del corso dialfabetizzazione del penitenziario, il

quale ha prestato la sua opera fuoridall’orario di lavoro. Il progetto, troppo importante per ri-manere anonimo, aveva bisogno diessere inserito in qualcosa di partico-lare. Dante Alighieri è il nome del li-ceo classico e il Sommo Poeta ha ilsuo sepolcro proprio nella città di Ra-venna e a settembre, come ogni anno,la città organizza una serie di eventiculturali per celebrare l’anniversariodella sua morte avvenuta il 14 set-tembre 1321 a Ravenna.Il team organizzativo è riuscito cosìa far inserire l’evento all’interno del“Settembre Dantesco 2012”, compliceanche il proficuo rapporto instauratodal direttore De Lorenzo con le Am-ministrazioni locali, in prima fila ilsindaco Fabrizio Matteucci che haadottato le attività trattamentali ri-servate alle persone private della li-bertà personale, cercando di raffor-zare l’attenzione verso le fasce so-ciali più deboli, pur non tralascian-do le esigenze di sicurezza pubblicadella città.Alle 19 del 15 settembre, finalmente,dopo un lungo lavoro di preparazionee dopo una visita al percorso fotogra-

fico di Giampiero Corelli che raffiguraframmenti di vita penitenziaria, ilcortile passeggi del penitenziario divia Port’Aurea è diventato un enormepalcoscenico. Numerosi gli invitati,autorità, giovani e una folta rappre-sentanza di detenuti, tutti entusiastidell’iniziativa.Intervallati dai brani musicali esegui-ti magistralmente dal coro di vocibianche “Ludus Vocalis”, come Pa-nis Angelicus di Cesar Franck o Gamgam, un canto tradizionale ebraico,sono stati recitati da sei detenuti enove studenti: il Padre Nostro (Pur-gatorio, XI, 1-24) in diverse lingue, il

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

I detenuti ascoltano Dante nel penitenziario

Una delle foto in mostra

L’evento è stato inserito all’internodel “Settembre Dantesco 2012”Dante entra

in carcere

Esperienze

Il progetto, in collaborazione con il liceo classicoDante Alighieri di Ravenna, ha portato i versi delSommo Poeta nell’istituto cittadino

di Giuseppe Agati

Esistono carceri che non han-no sbarre e pregiudizi chenon hanno tempo. Lo sannobene le donne del Ghana eancor di più le oltre 800 esi-

liate nei campi di concentramento sen-za recinzioni. La loro colpa, per la cul-tura del luogo, è la stregoneria (lo juju,come la chiamano in Africa). Se il tem-po non avesse importanza sembrerebbedi rivedere i roghi del Medioevo, le don-

ne sole additate come streghe, la reli-gione usata come scudo del pregiudizio,perché ancora oggi in Ghana chi vieneaccusata di stregoneria e sceglie di tor-nare nei villaggi rischia di essere arsaviva, come accaduto nel 2010 alla 72en-ne Asana.Meglio allora rimanere a Gambaga,uno dei sei campi situati nel Nord delGhana dove vengono concentrate ledonne accusate di magia nera. Sono

circa 800, costrette a lasciare i lorovillaggi per vivere in capanne di fan-go e difendersi le une con le altre dalpericolo che arriva da fuori. I campinon hanno celle né tanto meno recin-zioni perché, di fronte al pericolorappresentato dall’odio sociale, è piùsicuro rimanere nel campo, in queighetti-rifugio che ormai sono attivida oltre cento anni.La situazione delle donne del Ghanaè stata denunciata dall’organizzazio-ne umanitaria ActionAid che operanel Paese dal 2005 e cerca di dareun sostegno e un aiuto alle schiavedel duemila. Le loro sono storie co-muni, di quotidianità ribaltata e dieventi abituali male interpretati dal-l’ignoranza. È il caso di Asana, 27anni, accompagnata dal nuovo mari-to nel campo perché in pericolo. Il

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

In Ghana ci sono ancoraoggi 6 campi di concentramento dove sono recluse 800 donne accusate di stregoneria

di Luca Manzi

Estero

Streghe in carcere,ma senza

sbarre

Alcune donne in uno dei campi ghanesi

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suo accusatore è l’ex-marito che, do-po averla scoperta al quinto mese digravidanza, ha denunciato che gliera apparsa in sogno con l’intenzio-ne di ucciderlo.Forse per questo Sano Kojo, 66 anni,ha scelto di trascorrere tutta la sua vitanei campi dopo che nel 1981 fu manda-ta nella prigione di Kukuo, accusata diaver tolto il respiro a un cugino. A di-mostrazione di questo, una ricerca del2008 ha rivelato che il 40% delle donneche nel tempo sono state reintegratenei villaggi hanno poi deciso di tornarealla prigionia.E purtroppo il pregiudizio colpisce ilventre molle e indifeso della società.Guardando a chi sono le “ospiti” diquesti campi, si scopre che si trattaquasi esclusivamente di donne anzia-ne, per il 70% vedove e non sposate,senza figli e prive di reddito. Gli stes-

si campi sono luoghi governati dalpregiudizio e dalla superstizione. Aguidarli ci sono santoni maschi chia-mati dalle tribù del luogo Tindanas. Aloro spetta il compito di svolgere le ce-rimonie di purificazione dopo aver ve-rificato se la donna è colpevole. Laprova ha un esito scontato perché si

basa sul sacrificio di un pollo alla divi-nità e, se questo muore a testa in giù,significa che la donna è una strega edeve essere purificata.Se possibile, una condizione ancor piùgrave è quella vissuta dalle giovani chevengono mandate dai villaggi nei cam-pi per aiutare le donne in esilio. Sonocirca 500 minori che non vanno a scuo-la, spesso perché non accettate, e cherischiano di rimanere a vita nei campiperché considerate dalla società comecontagiate dal malocchio. La quotidiani-tà, per chi vive nei campi, è durissima.Le donne hanno poco cibo e poca acqua,convivono con la vergogna per esserestate cacciate dalla comunità, consape-voli che nella maggior parte dei casi iloro accusatori sono gli stessi parenti.La loro storia rende ancora più gra-ve la già drammatica vicenda delleesiliate del Ghana, e guardando alfuturo, le cose non sembrano desti-nate a migliorare. Anche i rappre-sentanti più colti della società gha-nese fanno ricorso a santoni, fattuc-chiere e praticano riti magici. Lamagia è presente a tutti i livelli nel-la società e con essa il pregiudizioche l’accompagna. E questo nono-stante il Paese sia uno dei più avan-zati economicamente e politicamen-te dell’Africa occidentale. Il Ghana èinfatti il secondo produttore al mon-do di cacao e ha una Costituzioneche riconosce uguaglianza e diritticivili. Non solo, il governo è riuscitoa ridurre la dipendenza dagli aiutistranieri dal 46 al 27%. Elementi di una raggiunta modernitàche stridono con la realtà medievale deicampi e che hanno portato lo scorso an-no il Governo di Accra (la capitale delGhana) a promettere la loro chiusuraentro la fine del 2012.Ad oggi nulla di quanto promesso è sta-to fatto, e la piaga umanitaria dei campidi concentramento è ancora lì a ricorda-re al mondo che, persino nel XXI seco-lo, la guerra alle streghe non è ancoraconclusa. ■

Il Ghana ha una popolazione di24.339.838 abitanti ed è la casa di ol-tre 100 gruppi etnici diversi. Tuttavia, adifferenza di molti altri paesi africani,in Ghana non hanno avuto luogo con-flitti etnici.Alla tradizionale religione animista nelcorso della colonizzazione europea si èsovrapposto il cristianesimo, dandoluogo a particolarissime forme di sin-cretismo. Oggi circa la metà della po-polazione frequenta chiese cristiane,ma non per questo rinuncia a credereal pantheon delle divinità africane. Al-tro interessante aspetto della religiosi-tà in Ghana è il suo legame con il mon-do profano del lavoro: un avventoreche si recasse in Ghana rimarrebbestupito dalla quantità di insegne di ne-gozi che citano frasi e motti cristiani edalla profonda presenza della religionea ogni livello della vita sociale. Questo

legame tra religiosità e business si ma-nifesta nel modo più palese con la for-te presenza di chiese pentecostali eapocalittiche che operano sul territoriocon strategie aggressive di marketing edi pubblicità.La religione più diffusa è il cristianesi-mo (52% della popolazione), praticatosoprattutto nella parte meridionale delPaese, dove sorsero i primi insedia-menti coloniali e dove è concentratala maggior parte della popolazione.L’islam si attesta al secondo posto(35%), ed è diffuso principalmente nel-l’entroterra più settentrionale. Seguel’animismo che è dichiarato propriareligione dal 13% della popolazione:non bisogna dimenticare comunqueche spesso molti ghanesi che si di-chiarano cristiani o musulmani man-tengono parallelamente alcuni cultianimisti.

LE RELIGIONI IN GHANA

Estero

Per le donne vivere nel campo

è più sicuro che rimanere

nei villaggi doverischiano la vita

e ben cinque David di Donatello, ha ot-tenuto la nomination agli Oscar comemiglior film straniero, ma sono diver-se e tutte degne di attenzione altreesperienze che affrontano questo te-ma. Come “Le jardin des merveilles”(ll giardino delle meraviglie) di AnushHamzehian, girato alla Giudecca eprodotto dalla società francese Pointdu jour con parecchi passaggi televisi-vi già acquisiti in Francia.Premiato al Festival Filmer le travail2012, il film presenta in un documen-

tario anche in questo caso sui generisframmenti di vita e di vissuto delledonne che coltivano l’orto “meravi-glioso” del carcere femminile dellaGiudecca.E alla Mostra d’Arte cinematografica diVenezia è stato presentato e applaudi-to il “Gemello” di Vincenzo Marra, gi-rato a Secondigliano. Protagonisti delfilm sono Raffaele, un detenuto con giàtroppi anni della sua giovane vita tra-scorsi in carcere ed un futuro assicura-to nella criminalità organizzata, e Niko

un ispettore di Polizia Penitenziariache crede nella possibilità di cambia-re. Infine “Reality” di Matteo Garro-ne, unico film a rappresentare l’Italiaal festival di Cannes che non parla dicarcere ma lo evoca con forza, sia per-ché il protagonista è interpretato daAniello Arena, ergastolano, formatosicome attore nella Compagnia della For-tezza di Armando Punzo, sia perchécomunque parla di altre prigioni invi-sibili e insidiose, i sogni folli che la ci-viltà dell’immagine può produrre.

C’è un’altra faccia della tvpubblica, del cinema edi internet rispetto allasentenza dell’AgComche ha minacciato san-

zioni alla Rai per non aver trattato i te-mi legati al carcere. Una faccia più at-tenta al mondo dei penitenziari italiani,a quello che succede al loro interno, al-le ragioni che sottendono alle maggioricriticità. Lo scorso anno sono stati rea-lizzati documentari che hanno affronta-to aspetti anche inediti della realtà car-ceraria come “Sbarre”, docureality di-retto da Francesco Camilli e prodottoda Luca Barbareschi, e “Fratelli e so-relle” di Barbara Cupisti (premio Ila-

ria Alpi 2012 per il miglior reportageitaliano lungo) che sono però andati inonda in fasce orarie frequentate solo da-gli insonni. Nel mirino dell’AgCom cisono infatti trasmissioni di grandeascolto come “Porta a Porta” o di primaserata come “Ballarò” (delle quali sonocomunque in pochi a raggiungere i tito-li di coda).Intanto se è fin troppo vistoso il vuotod’informazioni sul carcere nella tv diStato (e non solo) e nella carta stam-pata, buone notizie arrivano dal web.Sembra infatti che il tema rientri in ungenere di argomenti scomodi moltocongeniali al dibattito in rete dove in-fatti ferve, senza filtri e moderatori,

tra cittadini e giornalisti, politici, stu-denti, insegnanti, detenuti, vittime direati. La stampa attinge da questo ca-nale, e d’altra parte il giornalismo par-tecipativo è ormai ovunque nell’infor-mazione la realtà più creativa e pro-duttiva.Ma anche il cinema sembra aver sco-perto il carcere vero e non quello deiprison movie. Inevitabile citare “Cesa-re deve morire” dei fratelli Taviani, gi-rato a Rebibbia con detenuti attori, chedopo avere vinto l’Orso d’Oro a Berlino

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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CARCERE: LA RETE E IL CINEMA MEGLIO DELLA TV

Il regista Vincenzo Marra durante le riprese

Cultura

Da “Cesare deve morire” al “Gemello” sono tante le opere cinematografiche che evocano il carcere

di Antonella Barone

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lato nelle sue pagine facebook e twit-ter ed ha avviato un tam tam di post,commenti e consensi che mi sono statiutilissimi proprio perché provenientida non addetti ai lavori. Il punto di vista del pubblico specia-lizzato è sempre limitato, mentrequesti spettatori sono riusciti ad an-dare oltre”.

Lei ha proposto un poliziotto peni-tenziario finalmente fuori dagli ste-reotipi…“Una delle più belle scoperte a livelloumano sono stati i due protagonisti. Ilprimo, Raffaele, con la morte nel cuoreperché è terribile vedere rinchiusaun’intelligenza vivace come la sua. L’al-tro, l’ispettore capo Domenico perché è

un piccolo eroe come qualcuno l’ha de-finito. Il suo modo di essere e di entra-re in relazione con i detenuti mi hannoportato a cambiare la sceneggiatura erenderlo coprotagonista”.Per il futuro ci dobbiamo aspettareun nuovo capitolo su Napoli con lostesso approccio stilistico?“Quello che uso è un formato che hoinaugurato in maniera spontanea nel‘99 nel mio primo film e che ho in se-guito migliorato e affinato. Spero di ave-re forza, tempo e sostegno per conti-nuare ad usarlo per realizzare non unoma altri capitoli su Napoli. È un impe-gno che ho preso con la mia terra e vo-glio mantenerlo”. ■

Voleva diventare ingegnereaerospaziale DomenicoManzi, Niko ne “Il Gemel-lo”, ma ha dovuto lasciaregli studi universitari ed è

entrato a far parte della Polizia Peni-tenziaria, tre anni dopo la riforma. ANapoli, la città dove è nato, ci è torna-to dopo diciassette anni di servizio ingiro per l’Italia, negli istituti per mi-nori di Firenze, Roma e, infine, in Pie-monte. Esperienze importanti e formative fin-ché la famiglia l’ha costretto a fermarsi,ma solo come luogo di lavoro. InfattiManzi ha pensato bene di laurearsi inlegge e poi di specializzarsi in Scienzesocio penitenziarie e criminologiche.Una scelta che spiega con “la voglia dimettermi in gioco e di avere strumentiper far conoscere meglio e di più gliagenti di Polizia Penitenziaria, discrimi-nati rispetto alle altre forze di polizia,troppo spesso descritti come carcerieri,torturatori e collusi. Mi sono appassio-nato alle teorie sulla Psicologia del Ma-le di Phil Zimbardo, alle ricerche suAbu Ghraib e sui processi di disumaniz-zazione e mi sono convinto dell’impor-tanza di studiare e saperne di più”.

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Vincenzo Marra esordisce co-me regista nel 1999 ma arri-va all’attenzione della criticanel 2001 con “Tornando a ca-sa” che racconta la difficile

vita dei pescatori napoletani e vince ilpremio della Settimana della critica allaMostra d’arte cinematografica di Venezia.Seguono film e documentari in cui esplo-ra luoghi, situazioni, mali di Napoli comela vita nelle periferie, il precariato e la mi-naccia della camorra in “Vento di ter-ra”(2004)); la tifoseria ultras del Napoli in“Estranei alla massa” (selezionato ai fe-stival di Toronto e Locarno); i tempi lun-ghissimi della giustizia in “L’udienza èaperta” (2006), girato durante il processoal clan dei Casalesi. Marra ama girare conattori non professionisti, li lascia andaree li segue con uno stile del tutto persona-le. Per questo ci tiene a far capire che “IlGemello” è un film diverso da “Cesare de-ve morire “ e da “Reality”. “I film dei Ta-viani e di Garrone non li ho visti – raccon-ta – ma sono operazioni differenti. I pri-mi hanno preso un gruppo di detenuti egli hanno fatto recitare uno spettacolo tea-trale, il secondo ha usato un non-profes-sionista per girare una storia sui reality,un vecchio metodo di lavoro neo-realista.Il Gemello è un’altra cosa. C’è infatti il“pedinamento zavattiniano” e l’idea direndere tutto il carcere un set”.È stato difficile praticare questo me-todo di riprese all’interno di un isti-tuto penitenziario che ha i suoi tem-pi e le sue regole?“No, anzi è stato più facile che girarein altri luoghi. L’Amministrazione Pe-

nitenziaria e la direzione del carceresono state aperte e disponibili. La veradifficoltà non è stata entrare fisica-mente nel carcere, ma entrare nell’esi-stenza e nella sofferenza delle personee farlo con il dovuto rispetto. Ho lavo-rato con una troupe ridotta al minimoe senza copione per cercare di coglierela verità dei fatti, l’anima delle perso-ne e dei luoghi, ma cercando di farlocon discrezione e, ripeto, rispetto. Perquesto le tre settimane di riprese sonostate faticose”.È vero che ha iniziato a pensare a que-sto film dopo “L’udienza è aperta”?“Il Gemello è un capitolo di un progetto

vasto che riguarda i luoghi di Napoli.Uno di questi capitoli ha riguardato le au-le di tribunale ed è stato naturale poipensare al carcere perché di solito le per-sone che poi passano dal tribunale sonoquelle che poi si ritrovano in galera”.Roberto Saviano al tempo accompa-gnò “L’udienza è aperta” alla Mo-stra di Venezia. Cosa ne pensa inve-ce di questo film che entra per l’ap-punto nel luogo dove vanno a finirequelli che passano per le aule deitribunali?“Conosco Saviano da tanti anni e gli homandato il film quando l’ho terminato.Non solo gli è piaciuto, ma ne ha par-

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

“Il Gemello è un capitolo di un progettovasto che riguarda i luoghi di Napoli”

“Ho lavorato con una troupe ridotta al minimo e senza copione per cercare

di cogliere la verità dei fatti”

Il detenuto e il poliziotto,due facce della stessamedaglia Intervista al regista del “Gemello”, Vincenzo Marra

Come vincere la “carcerite”Intervista a Domenico Manzi, l’Ispettore Capoche ha interpretato Niko ne “Il Gemello”

Cultura

Domenico Manzi

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Nel suo lavoro quotidiano ha ricava-to utilità da questi studi?“Si, perché credo ci sia il rischio di de-umanizzazione e perché penso chel’aggressività deviata - un detenutoche si taglia o si fa del male ad esem-pio - abbia effetti negativi anche su dinoi operatori. Ho cercato di dare unsenso ad un lavoro pieno di momentidifficili e sofferenza e in cui le gratifi-cazioni non sono quantificabili, ma ledevi ricavare da solo. Io per esempioho proposto una tinteggiatura del re-parto in cui lavoro secondo criteri cro-matici più rasserenanti e il direttoreLiberato Guerriero l’ha approvata.Grazie al mio percorso individuale diformazione ho imparato a cercare lagiusta distanza e a non lasciarmi coin-volgere troppo, paura che avevo dopoaver lavorato a lungo negli istituti mi-norili dove il rapporto con i ragazzi èdiverso da quello con gli adulti”.Anche se si tratta di un documen-tario, davanti ad una macchina dapresa si tende sempre un po’ a re-citare. Lei è davvero come Niko delfilm?“Si, sono proprio io e sono così con idetenuti anche perché, come ho detto,ho avuto la fortuna di lavorare con iminori: ero abituato a lavorare sull’em-patia e a bypassare la barriera della re-strizione. Purtroppo non riesco semprea “staccare” come dovrei così ho adot-tato uno stratagemma: la divisa la in-dosso in istituto e me la tolgo prima diuscire. Un piccolo rito che mi aiuta alasciare il lavoro fuori dal mio ambien-te esterno.Credo che molti dei problemi di stressdiffusi tra i miei colleghi - che portanospesso a somatizzare l’ansia o a conse-guenze anche peggiori - siano dovutiad una difficoltà nel vivere bene il no-stro lavoro a non farsi prendere daquella che in gergo si definisce “carce-rite” ma che è un’autentica patologia.Siamo quasi tutti meridionali e venia-mo mandati a lavorare in città del Norddove non conosciamo nessuno. Se non

si ha una personalità forte, si finisceassorbiti dai ritmi di lavoro, si torna acasa una o due volte al mese e non sicerca di costruire nuove relazioni so-ciali. Molti alla fine del turno di lavorosi rinchiudono nelle loro stanze che sitrovano poi nella caserma all’internodel carcere e così, paradossalmente, ilcarcere produce altra reclusione”.Vincenzo Marra ha detto che dopoaverla conosciuta ha cambiato lasceneggiatura…“A dire la verità durante la preparazio-ne sono cambiate molte cose ma abbia-

mo iniziato a collaborare già dal ca-sting. Il progetto iniziale era quello diseguire un detenuto e indagare un po’il suo stato psicologico qualche giornoprima e qualche giorno dopo il terminedella pena. Un’idea molto interessanteperché spesso si trascurano gli effettidell’attesa sulle persone detenute.Un’attesa che ha sempre margini di in-certezza perché anche la liberazioneanticipata, in base alla concessione del-la quale si calcola il reale fine pena,non è automatica, ma è sempre oggettodi una valutazione, dunque è incerta”.

Però con Raffaele, il detenuto prota-gonista, lei parla comunque dell’im-portanza di saper aspettare, citandoHerman Hesse.“Infatti il tempo in un’istituzione totalecome il carcere è una dimensione diver-sa, tutta scandita dai ritmi routinari eabitudinari”.Crede che l’attuale formazione degliagenti di Polizia Penitenziaria siaadeguata alle esigenze concrete chepropone il servizio?“Oggi è molto valida perché i program-mi sono vasti e comprendono ancheaspetti pedagogici. Di recente ho fre-quentato un corso di diciotto mesi nelquale abbiamo affrontato in manieraapprofondita i temi della comunicazio-ne, argomenti decisivi per imparare agovernare molti problemi che sorgononella quotidianità del nostro lavoro. Sesi proseguirà su questa linea il Corpodi Polizia Penitenziaria spero avràcompetenze sempre più adeguate allarealtà del carcere e dimostrerà piena-mente il suo valore”. ■

Cultura

Manzi è tornato a Napoli dopo diciassette anni di servizio in giro

per l’Italia, negli istituti per minori di Firenze, Roma e Piemonte

Due immagini di scena da “Il Gemello”

Un’immagine scattata nel corso delle riprese di “Fratelli e sorelle”

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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“Molti colleghi alla fine del turno di lavoro si rinchiudono nelle loro

stanze in caserma e così, paradossalmente, il carcere

produce altra reclusione”

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Comunicazioni ha sollevato il temadella mancata trattazione delle temati-che carcerarie all’interno dei palinse-sti giornalistici della televisione diStato. E l’ha fatto lamentando la scarsaattenzione mostrata verso le iniziativedei Radicali legate proprio al mondocarcerario e ai problemi del sovraffol-lamento cui sono costretti la maggiorparte dei detenuti.

Conseguenza della delibera è stato ilprovvedimento dell’11 settembreemesso dall’AgCom contro la Rai, giu-dicata inottemperante a un prece-dente richiamo che la stessa Autoritàle aveva comunicato nel gennaio pre-cedente.Alla base del richiamo, quindi, il silenziodella tv di Stato sulla radicalizzazionedel problema carcere legato al fenomenodel sovraffollamento. Secondo l’Autoritàè necessario che la Rai si attivi “per as-sicurare la trattazione delle iniziative sulsovraffollamento delle carceri in pro-grammi di approfondimento che, percongrua durata e orario di programma-zione, risultano maggiormente idonei aconcorrere adeguatamente alla forma-zione di una opinione pubblica consape-vole sui temi di attualità di rilevanteinteresse politico e sociale, entro il ter-mine di quattro mesi a decorrere dalmese di settembre 2012”.Al centro della disputa sono i programmidi approfondimento giornalistico di mag-gior diffusione come “Ballarò” condottoda Giovanni Floris e “Porta a porta” diBruno Vespa.

La risposta dei Radicali al provvedimentoAgCom è arrivata per bocca del segretarioMario Staderini e del membro della Com-missione di Vigilanza sulla Rai, l’onorevoleMarco Beltrandi, che hanno inviato unamissiva ai vertici di Viale Mazzini. Nellalettera è ribadito: “la questione della Rai edella pluralità dell’informazione non ri-guarda solo un soggetto politico, quello Ra-dicale, bensì un tema di fondamentaleimportanza rispetto al quale il serviziopubblico è venuto meno ai suoi obblighi,impedendo all’opinione pubblica di cono-scere e di approfondire una questione so-ciale e politica dagli evidenti e gravi riflessinegativi sullo Stato di diritto, valutabilianche in termini di mancata crescita eco-nomica”. Adesso la Rai dovrà necessariamente ri-spondere al richiamo dell’Autorità Garantedelle Comunicazioni, un richiamo nonnuovo per viale Mazzini anche perché rei-terato ormai dal luglio del 2011. L’aspetta-tiva, adesso, è che l’informazionegiornalistica non abbia più bisogno dellereprimende di un’Autorità terza per af-frontare tematiche così delicate e centraliper la vita del Paese. ■

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012Giornalisti e Carcere

“Questa Autorità or-dina alla Rai Radio-televisione italianaSpa di assicurare latrattazione delle ini-

ziative sul sovraffollamento delle carceriin programmi di approfondimento che,per congrua durata e orario di program-mazione, risultano maggiormente idonei

a concorrere adeguatamente alla forma-zione di un’opinione pubblica consape-vole sui temi di attualità di rilevanteinteresse politico e sociale, entro il ter-mine di quattro mesi a decorrere dalmese di settembre”.Con queste parole messe nero subianco nella delibera 354 del 2 agostoscorso, l’Autorità per le Garanzie nelle

L’Autorità Garante per le Comunicazioni ha richiamato la Rai per non aver dato ilgiusto spazio al carcere

AgCom: la Rai va sanzionata

di Daniele Autieri

Secondo l’Autorità è necessario che la Rai si attivi per trattare i temidel sovraffollamento delle carceri in programmi di approfondimento

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Giovanni Floris Marco Pannella

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Quale dovrebbe essere ilruolo della stampa quan-do si parla di carcere? Lerisposte sono controver-se, le opinioni spesso di-

scordanti. Eppure è ampiamente con-divisa l’idea della necessità di creareun rapporto più solido tra il mondopenitenziario e i giornalisti. Un dop-pio flusso di notizie che da “dentro”raggiunga l’esterno e che sia poi tra-smesso in maniera corretta – sia nel-la forma che nel contenuto – versol’opinione pubblica. Abbiamo chiesto a Bruno Tucci, presi-dente dell’Ordine dei Giornalisti del La-zio, un parere in merito.

Giornalisti e carcere. Quale dovreb-be essere il ruolo dei professionistidell’informazione nel veicolare unanotizia che esce dal mondo peniten-ziario?“Dipende da dove arriva la notizia. Èun mondo diverso, quindi è chiaro chel’atteggiamento del giornalista cambiaa seconda di ciò che si trova dinanzi.Però l’obiettivo è uno solo; è la verità ocomunque il tentativo di raggiungerla.Allora è chiaro che trovandosi in pre-senza del mondo carcerario, con le sueparticolarità, il tentativo del giornalistain questo caso è cercare di andare ascovare una verità che qualche volta ènascosta. Il caso Cucchi è un esempio.Ancora deve essere emessa una sen-

tenza da parte della magistratura, peròè chiaro che se non ci fosse stata lastampa, se non ci fosse stata libera in-formazione forse il caso non sarebbemai venuto fuori, cioè non si sarebbemai saputo se questo ragazzo effettiva-

mente è morto in una maniera o inun’altra. Come fu tanti anni fa per il ca-so del bandito Giuliano; tutti disseroche era stato ucciso durante un conflit-to a fuoco, poi nell’arco degli anni si èscoperto che il cugino gli aveva dato uncaffé avvelenato. La delicatezza delmondo penitenziario è particolare equindi particolare dovrebbe essere l’at-tenzione del giornalista nel frugare lanotizia – ma sempre verificandola inmaniera quasi ossessiva.Gli agenti penitenziari rivendica-no non solo un trattamento da par-te della stampa pari agli altri Cor-pi di Polizia, ma anche la giustadenominazione. Perché i giornali-sti commettono ancora l’errore dichiamarli agenti di custodia, adesempio?“In verità qualcuno, peggio ancora, lichiama secondini! L’Ordine dei Gior-nalisti, insieme alla Federazione Na-zionale della Stampa, per alcuni temi

Tra regole e notizie

Bruno Tucci

Giornalisti e Carcere

Intervista a Bruno Tucci,presidente dell’Ordinedei Giornalisti del Lazio, sul ruolodell’informazione in relazione al carcere

di Silvia Baldassarre

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

“L’atteggiamento cambia a seconda di ciò che si ha dinanzi. L’obiettivo è uno solo, la verità o comunque il tentativo di raggiungerla”

no il trattamento e la rieducazione.Perché secondo lei? Credo sia ridut-tivo nascondersi dietro la solita fra-se: bad news, good news!“La rieducazione all’interno del carcere èfondamentale. Però purtroppo il mondodell’informazione è talmente oberato di no-tizie che bisogna fare una cernita consi-stente e quindi quando la notizia non è diattualità pressante il giornale la tralascia”.Infatti questo genere di notizie le sitrovano più sulla stampa periodica!“Non c’è dubbio, perché il periodiconon può competere con la radio, la tele-visione e i quotidiani, per questo devecercare notizie da approfondire, quelleche gli altri organi d’informazione tra-lasciano. Bisogna creare uno spazio ta-le per cui, ogni tanto – ma sarebbe me-glio sempre – si approfondiscano que-sti temi, che sono poi problemi sociali”.

Vuole spendere due parole sul casoSallusti?“Trovo che sia una cosa vergognosaperché siamo l’unico Paese in Europache ancora punisce con il carcerequello che è in sostanza un reatod’opinione, poi si è trattato – e questoè bene metterlo in risalto – di un arti-

colo che non aveva scritto Sallusti equindi lui c’entrava solo per omessaverifica. Per un reato del genere si èpassati da una condanna in primo gra-do al pagamento di 5.000 euro, vale adire da una multa,a 14 mesi di carce-re. Mi sembra si sia andati al di là del-le righe”. ■

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– come ad esempio il tema degli emi-granti – hanno stilato la Carta di Ro-ma, un vademecum sull’informazioneche riguarda rifugiati, richiedenti asi-lo, vittime della tratta e migranti, ri-chiamandosi ai dettati deontologicipresenti nella Carta dei Doveri. Biso-gnerebbe, quindi, cercare di ‘educare’i giornalisti anche con dei corsi di ag-giornamento”.Dipende da questa mancanza di “educazione” secondo lei, la dispari-tà di trattamento giornalistico tragli agenti di Polizia Penitenziaria egli altri Corpi di Polizia?“Potrebbe darsi. Come tanti giornalistidi un tempo ho iniziato la mia carrieracome cronista in questura e lì contava,ed è ancora così, il rapporto che si rie-sce a stilare con i referenti, in manierache ci si possa creare una schiera dipersone con cui dialogare per avere de-terminate notizie. Sta poi all’intelligen-za del giornalista capire quali sono lenotizie vere e quelle false. L’importanteè creare un filo”.E in merito al richiamo dell’Agcomnei confronti della Rai qual è il suogiudizio? “Sono perfettamente d’accordo suquesto. Se si è interessato ai proble-mi del carcere il Presidente della Re-pubblica, a maggior ragione noi gior-nalisti dovremmo essere presenti, an-che se vedo sui giornali che inchiestece ne sono!”.Spesso però l’inchiesta si concentrasull’evento critico. Pochi, per nondire nessun giornale o telegiornaleaffrontano gli aspetti che riguarda-

Giornalisti e Carcere

“La delicatezza del mondo penitenziarioè particolare e quindi particolare dovrebbe essere l’attenzione del giornalista nel frugare, ma sempre verificando”

“Bisognerebbe cercare di ‘educare’ i giornalisti anche con dei corsi

di aggiornamento. L’importante, comunque, è creare un filo”

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

“Innamorato dello sport, an-zi drogato”: così si defini-sce Luca Pancalli, presi-dente del Comitato Italia-no Paralimpico. Amico

delle Fiamme Azzurre – in termini pu-ramente “istituzionali”, per la necessa-ria “terzietà” del dirigente – ma soprat-tutto punto di riferimento del movimen-to sportivo nazionale: e non soltanto inprospettiva paralimpica, visto il suoruolo di vicepresidente del CONI. Ma è

stato anche atleta, promessa del penta-thlon moderno, prima che un incidentedi gara lo portasse a vivere la sua gran-de passione sportiva come campioneparalimpico in quattro edizioni dei Gio-chi vincendo 15 medaglie nel nuoto(delle quali otto d’oro).

Presidente Pancalli, vogliamo parla-re di Londra?“Tra Giochi Olimpici e Paralimpici miè parso tutto un sogno, e non solo per

gli splendidi risultati dei nostri atleti:soprattutto per l’atmosfera impareg-giabile, la competenza di un pubblicopartecipe ed appassionato. In casanostra potrei dire che mi sono entu-siasmato per le vittorie di Alex Za-nardi nel ciclismo o di Cecilia Ca-mellini nel nuoto: tuttavia mi hannotoccato soprattutto le parole di unaragazza come Assunta Legnante do-po aver vinto l’oro nel lancio del pe-so, quando ha confessato: “Mi aveteridato la vita”. In realtà è quello checerchiamo di fare ogni giorno, anchenei confronti di chi – come Assunta –è stata toccata dalla sorte dopo esse-re stata una grande campionessa a li-vello olimpico”.Tutto perfetto, dunque?“Parlare di quello che non va dopo lagrande esperienza londinese non èfacile, ma siamo sempre al lavoro permigliorare e perfezionare il sistema:

basti pensare alla vicenda delle pro-tesi di Oscar Pistorius che sono di-ventate un caso e ora hanno aperto lanecessità di una regolamentazione.Non molti atleti disabili possono per-mettersi materiali come quelli, cherischiano di trasformarsi in una sor-ta di ‘doping tecnologico’. E poi c’èbisogno di una classificazione più ra-zionale delle categorie di disabilità:il caso di Annalisa Minetti, che bat-te il record del mondo della sua cate-goria, ma arriva terza dopo due ipo-vedenti rischia di rappresentare unnon senso per chi assiste alla gara.Capisco le necessità della comunica-

zione, il piegarsi alle esigenze televi-sive, ma il dato economico non puòmortificare l’aspetto umano. Per ilmondo paralimpico c’è il rischio dirincorrere quello olimpico sulla viadel compromesso dei valori e così ditradire aspettative e speranze dei no-stri ragazzi”.

Quale può essere un’idea-forza peril prossimo quadriennio?“Intanto dico che non ho interessi elet-torali e quindi parlo in termini di pro-spettiva: l’obiettivo, a mio parere, do-vrebbe essere quello di fondere il CONIed il CIP in un grande organismo spor-tivo nazionale. La famiglia deve essereuna, cosa che già ora viene parzialmen-te realizzata dall’attività olimpica e pa-ralimpica che alcune federazioni gesti-scono in proprio. E poi c’è il grande ca-pitolo della collaborazione con i Corpidi Polizia, un tema aperto proprio dal-l’accordo concluso con le Fiamme Az-zurre e l’Amministrazione Penitenzia-

ria fin dal 2007 e che ora vede coinvoltialtri Gruppi Sportivi”.Come vede il contributo delleFiamme Azzurre nel settore para-limpico?“Non potrò mai essere abbastanza gra-to alla Polizia Penitenziaria e al Diparti-mento per aver abbattuto questa barrie-

ra culturale: il Protocollo d’Intesa CIP-DAP del luglio 2007 ha un valore sim-bolico, evocativo, e più volte l’ho defini-to di portata epocale. Ha anche un gran-de valore in chiave mediatica: significache la tradizione e il know-how di unagrande polisportiva come le FiammeAzzurre sono state messe a disposizio-ne del movimento paralimpico nel suocomplesso, al di là della scelta del sin-golo atleta. E quando vediamo i nostricampioni con le tenute dei Gruppi Spor-tivi istituzionali non è solo un fatto diappartenenza, ma un tassello importan-tissimo nella crescita civile del Paese edelle menti”.

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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Le Paralimpiadi di Londra 2012

raccontate da Luca Pancalli,

Presidente del CIP

di Raul Leoni

Fiamme Azzurre

Giochi Paralimpici,una scommessa vinta

“Non potrò mai essere abbastanza grato alla Polizia Penitenziaria

e al Dipartimento per aver abbattutoquesta barriera culturale”

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Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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do è coinciso con la mia ultima appa-rizione da atleta, ai Giochi del ’96: eronella piscina di Atlanta – una cittàmolto più distratta della splendidaLondra che abbiamo visto quest’annoed anche di altre entusiasmanti edizio-ni paralimpiche – e ho scoperto di ave-re la testa non tanto alla finale dei 50delfino che dovevo disputare di lì a po-co, bensì alla prima figlia che aspetta-vo dalla mia compagna a Roma. Ecco,in quell’attimo ho realizzato che lamia esperienza agonistica era finita epoi ho abbracciato quella da dirigente:nella quale, tra le molte vicende grati-ficanti, mi è toccato di vivere in primapersona la tragedia di Filippo Racitia Catania, nel ruolo di Commissario

della Federcalcio che allora ricoprivo.Ho ancora ben presente la decisione difermare il calcio per gli eventi di quel-la notte e, quando tornai a casa moltotardi, non riuscivo a non pensare cheavevo operato bene e che non era pos-sibile che un padre di famiglia potes-se perdere la vita per aver fatto il suodovere con coscienza. D’altra parte èuna scelta che rifarei in qualsiasi mo-mento, ricordando anche le parole diChurchill che diceva: ‘Gli italianivanno in battaglia come ad una parti-ta di calcio e ad una partita di calciocome alla guerra’. Beffardo, ma sem-pre vero: purtroppo!”. ■

Quale potrebbe essere l’ulteriorepasso in questo progetto?“Quando ho cominciato ad affrontare l’ar-gomento, mi sono proposto di procedereper gradi, mettendo un mattone sull’altroo componendo un puzzle: e forse non èsempre chiaro in via immediata dove vadacollocato un pezzo rispetto all’altro. Ma oral’impianto generale è stato impostato e bi-sogna crescere: ad esempio superando lafase degli atti convenzionali ed inserendostabilmente gli atleti paralimpici nelle va-rie Amministrazioni, utilizzando gli stru-menti normativi già presenti per l’assun-zione obbligatoria nei ruoli civili. Senza fa-cili battute dal sapore populistico, in certicasi queste leggi sono state applicate insenso clientelare: non sarebbe uno scan-dalo se vedessero beneficiati soggetti che,come i campioni disabili, hanno un chiaromerito nei confronti della collettività”.Ha accennato al fatto che non si rican-diderà: quali ricordi restano più vivinella sua esperienza dirigenziale?“Voglio rievocare anche il punto ini-ziale della mia esperienza, che in fon-

Fiamme Azzurre

“Il Protocollo d’Intesa CIP-DAP del 2007ha un valore simbolico, evocativo, e più volte l’ho definito di portata epocale”

Da sinistra: Alberto Simonelli, Elisabetta Mijno, Walter Endrizzi, Matteo Betti e Massimo Dighe

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80° Battaglione Fanteria Roma – 1978 –Foto di gruppo Allievi AA.CC. Ausiliari(Archivio R. Marrella)

Scuola di Formazione Portici – anni 60– Giuramento Allievi AA.CC. (Archivio G. Verrengia)

Asinara Isola – 1967 – Relax alla salaconvegno (Archivio E. Nisini)

Le due CITTÀ ■ Settembre 2012Come eravamo

Roma anno 1961 – Inaugurazione AnnoGiudiziario (Archivio Ufficio Stampa DAP)

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A Isili il progetto“Adotta una storia”

“Adotta una storia” è il nome del progetto della casa di reclusio-ne di Isili realizzato con la collaborazione dell’associazione Il

Colle Verde, Arkadia Editore, il pre-sidio del libro Carpe Liber della ca-

sa di reclusione, il marchio Gale-ghiotto del progetto Colonia.È un piano di lavoro che vedecoinvolti undici detenuti e al-

trettanti scrittori con l’obiet-tivo di raccontare e scriverestorie. Ogni detenuto raccon-

ta la propria storia ad unoscrittore che ha il compito ditrascriverla. La squadra degliautori è formata da: Giampao-lo Cassitta, Paolo Maccioni,Gianni Zanata, Nino Nonnis,Michela Capone, ClaudioMusio, Savina Dolores Mas-sa, Bruno Furcas, SalvatoreBandinu, Anthony Muroni,

Michele Pio Ledda. Tutti autorisardi che hanno pubblicato almeno

un libro con una casa editrice. “È un’idea cheavevamo da tempo – sottolinea Giampaolo Cas-

sitta, in prima fila in questo progetto – quella di raccontare lestorie di chi in qualche modo le porta con sé, ingabbiate. Abbia-mo fatto un primo passo a giugno, portando i nostri libri in carce-re. In base alla lettura i detenuti hanno scelto lo scrittore a cui af-fidare la propria storia”. Così il 13 settembre si sono incontrati egli scrittori hanno scoperto la persona di cui avrebbero scritto.Una giornata trascorsa in carcere, ascoltando ognuno la storia diun detenuto. Dieci giorni di tempo per scrivere il racconto, storieche poi formeranno la raccolta antologica che verrà pubblicatadalla casa editrice Arkadia entro il prossimo Natale. Con i pro-venti del libro i detenuti adotteranno un bambino, “uno dei lorofigli – spiega Giampaolo Cassitta – che potrà acquistare libri,continuare a studiare, imparando, con la lettura a rimanere libe-ro”. Ma il compito dei detenuti non è solo quello di raccontare lapropria vita e divenire protagonista del racconto, a loro è affidatala prefazione e la postfazione alle opere, completando così insenso critico l’esperienza. Agli undici autori citati va inoltre ag-giunto Marcello Fois che avrà il compito ‘di scrivere la prefazio-ne alla raccolta. La casa di reclusione di Isili non è nuova a ini-ziative letterarie, l’anno scorso sono stati organizzati una serie diincontri con scrittori stranieri che vivono nel nostro Paese e han-no scelto l’italiano per narrare: Abdelmalek Smari, MihaiMircea Butcovan, Pap Khouma e Amara Lakhous.

Siglato un protocollo d’intesa per i detenuti di Trento Il Ministro della Giustizia Paola Severino ed il PresidenteLorenzo Dellai, in rappresentanza della Provincia autonomadi Trento e la Regione autonoma del Trentino Alto-Adige, han-no sottoscritto un protocollo d’intesa sul trattamento e reinse-rimento sociale di detenuti, di soggetti in esecuzione penaleesterna, di minori entrati nel circuito penale e per l’attuazio-ne di percorsi di mediazione e ricomposizione dei conflitti.Obiettivo dell’intesa è la realizzazione di un quadro organicodi iniziative di reinserimento sociale e lavorativo, valorizzan-do anche le opportunità offerte dalla nuova struttura carcera-ria di Spini di Gardolo, a Trento.

L’arte incontra il carcere: Detenzioni/2012 a Torino Dopo un anno di eventi distribuiti sul territorio italiano, il proget-to Detenzioni viene presentato a Palazzo Barolo dal 28 settembreal 20 ottobre. Un’articolata mostra che riunisce le esposizioni diarte contemporanea e gran parte degli eventi realizzati da tuttele realtà culturali che, in Italia, hanno aderito a Detenzioni nel2012. Il progetto si è configurato come il primo evento di respironazionale attraverso il quale l’universo della detenzione ha in-contrato i protagonisti dell’arte e della cultura contemporanea. A Torino Detenzioni/2012 comprende anche il progetto inedito“Detenzioni 100 opere di Arte Contemporanea” realizzato inaccordo con la casa circondariale Lorusso e Cutugno e il Cen-tro Territoriale Permanente Croce Morelli di Torino. La popola-zione detenuta della casa circondariale, nell’aprile 2012, è sta-ta invitata a scrivere degli elaborati che sono stati consegnati

News Dap

Casa di Reclusione Mamone – anni 60 –Momento di pausa (Archivio di D.G. Ferraro)

Come eravamo

A cura di Giuseppe Agati

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A Voghera Protocollo d’intesa con il Comune Sottoscritto un protocollo di intesa tra il carcere di Voghe-ra e il Comune finalizzato all’impiego di detenuti per lamanutenzione di spazi e locali pubblici alle dipendenze diuna cooperativa sociale. “Una prima sperimentazionedell’efficacia di tale rapporto – dichiara Maria GabriellaLusi direttrice del carcere – si è messa in atto nel mese diaprile, quando per la prima volta a Voghera un gruppo didetenuti del circuito di media sicurezza si sono dedicati,lavorando a titolo gratuito, al ripristino dell’area verdelungo il torrente Staffora che attraversa la città di Voghe-

ra. È stata un’esperienza che – continua la direttrice – hadato forte impulso allo sviluppo della collaborazione isti-tuzionale: il cd “super carcere” cittadino è apparso agli oc-chi della cittadinanza e delle amministrazioni locali comeuna componente significativa del territorio”. Proprio in questi giorni tre detenuti in articolo 21 sonostati impegnati per l’evento cittadino “Porte aperte al Ca-stello”, dal 14 al 23 settembre, per interventi di manuten-zione degli spazi del Castello di Voghera. “Ma l’intesa conil Comune – dice Maria Gabriella Lusi – è anche un puntodi partenza: è di tutta evidenza che l’organizzazione dovràprofondere ogni sforzo affinché la strada appena intrapre-sa sia occasione per individuare obiettivi condivisi, di ideeprogettuali, di azioni da condurre con alta professionalitàe con il massimo impegno da parte di tutte le componentidell’istituto”.

A Lanciano il progetto “In-formare per Integrare” Sono 29 le persone, tra detenuti ed ex, beneficiari del pro-gramma di sostegno e rafforzamento di misure per l’inclusio-ne sociale per le categorie svantaggiate e a rischio di emargi-nazione attraverso un intervento integrato denominato “In-Formare per Integrare” presentato al Comune di Lanciano.Ampio il partenariato con capofila la Fondazione Sviluppo eCompetenze, quindi i comuni di Lanciano e Casoli, l’Ammini-strazione Penitenziaria di Lanciano, EAS 22, Ente d’Ambito diLanciano, Enfap Abruzzo, le Cooperative Volentieri e Blue li-ne, i Consorzi Iam e Cisi, Progetto Vita e Adecco. Per 9 dete-nuti è prevista l’assunzione presso aziende del territorio, unoè già assunto dalla Honda, per altri 20 ci sono 2 percorsi for-mativi, 10 per installatore e manutentore di impianti termoi-draulici, e altri 10 per disassemblatore meccanico. Inoltre ilComune aprirà un sportello per accoglienza ed orientamento.

Donne invisibili: mostra fotografica A Brescia, nel museo I magli di Sarezzo, in occasione delle Gior-nate Europee del Patrimonio 2012, è stata inaugurata il 23 set-tembre la mostra “Donne invisibili”, realizzata con il patrociniodel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in colla-borazione con la direzione della casa di reclusione di Verziano(Brescia). È un lavoro di decostruzione dell’immagine della “re-clusa” e comprende due sezioni: una realizzata dalla fotografaRosetta Zampedrini, composta da una ventina di immagini inbianco e nero, ed una di oltre cinquanta immagini a colori, rea-lizzata da sei detenute del carcere con il supporto di Carla Ci-nelli. Con questo progetto si è voluto dar voce alle donne dete-nute che, attraverso la fotografia, hanno voluto esprimere il loroessere donna, anche in un ambiente particolare e di grande sof-ferenza qual è il carcere.

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agli artisti, coordinati dall’associazione Interno4, che hannotratto ispirazione dalla lettura degli scritti, per creare le loroopere. Le opere d’arte prodotte sono state più di 100. Gli artistiinvitati sono esordienti provenienti dall’Accademia di Belle ar-ti di Torino, altri istituti dello stesso ambito e figure emergentidi Torino e Piemonte.Detenzioni /2012 sarà dedicata alla figura di Giulia di Baro-lo in qualità di personaggio di rilievo che ha contribuito al mi-glioramento delle condizioni di vita delle persone detenutenelle carceri della Torino di metà Ottocento attraverso proget-ti di cultura alta e il coinvolgimento delle persone detenute al-l’interno del processo creativo.

Alba: “Dietro le sbarre” una merenda “sinòira” con i detenuti Il carcere di Alba apre le sue porte e si è trasformato in unristorante per una “merenda sinòira”, una via di mezzo trala merenda e la cena. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di fi-nanziare il nuovo laboratorio di produzione del miele dellastruttura. La merenda, preparata dallo chef stellato Miche-lin Maurilio Garola e dai detenuti dell’istituto, è stata poiservita nel parco interno la recinzione. Nel menù, piatti del-

la tradizione piemontese serviti ai commensali in cestinipreparati ad hoc dai detenuti. “È stato bello vedere i detenu-ti lavorare con professionalità, diventando eleganti came-rieri e chef provetti – ha dichiarato Maurilio Garola – ma èstato ancora più affascinante trascorrere qualche ora all’in-terno della struttura penitenziaria, dimenticando che quelloè un luogo di recupero, ma anche di sofferenza”. L’evento,realizzato grazie all’iniziativa della Direttrice GiuseppinaPiscioneri, l’organizzazione degli educatori Sergio Pa-squali, Raffaella Messina e la sicurezza garantita dal Co-mandante di Reparto Vice Commissario Alessandro Catac-chio, ha visto l’adesione di ben 120 persone paganti, cosache ha convinto la direzione a riproporre anche in futuro al-tre iniziative di questo genere.

Pasticcieri a Trapani Esame finale per sette detenuti che nel carcere di Trapanihanno frequentato il corso di formazione professionale peraiuto pasticciere. Nel sottoporsi alla prova finale i novelli pa-sticcieri hanno preparato dolci che hanno poi offerto agli al-tri detenuti. “Ancora una volta la Direzione della casa cir-condariale di Trapani – dichiara il Comandante di repartoCommissario Giuseppe Romano – vuole mettere in risalto

il grande valore dell’istruzione, ai fini del reinserimento so-ciale, dei corsi di formazione professionale, che rendono idetenuti persone diverse, che prendono coscienza del pro-prio status e analizzano criticamente il proprio passato, fina-lizzando la frequenza dei corsi al conseguimento di un titolodi studio, o un attestato professionale, che gli potrà essereutile per il reinserimento nella società”.

News DapLe due CITTÀ ■ Settembre 2012

Il castello di Voghera

quale veniva sottoposta a controllo personale conclusosi, tut-tavia, con esito negativo. L’intuito, l’esperienza, la professionalità e la profonda co-noscenza del cane da parte del conduttore inducevaquest’ultimo a consigliare l’estensione dei controlli suglieffetti personali della donna. Detto controllo consentiva ilrinvenimento di circa 1 g di hashish, arnesi atti al taglio econfezionamento di sostanze stupefacenti, un coltello aserramanico e un altro oggetto metallico che la signora di-chiarava utilizzare a fini di difesa personale e che tenevaoccultati nella borsa depositata nell’apposita cassetta al-l’atto dell’ingresso in istituto, molto probabilmente perchéaccortasi o allertata della presenza dell’unità cinofila incarcere.

Su disposizione del Sostituto Procuratore di turno si procede-va alla perquisizione domiciliare nell’abitazione della fermatache si concludeva anche questa con esito negativo.Ulteriori indagini sono in corso da parte del Comando di Poli-zia Penitenziaria.

Teramo Rinvenuti due telefoni cellulari Una donna, S. M., in occasione di un colloquio con il propriomarito detenuto ha tentato di introdurre, all’interno della casacircondariale di Teramo, un pacco al cui interno erano occul-tati due telefoni cellulari con relative sim card. La donna, sco-perta dagli agenti di Polizia Penitenziaria del Reparto, è statadenunciata, in stato di libertà, alla competente Autorità Giudi-ziaria. Singolare appare il fatto che sempre il personale del peniten-ziario teramano, evidenziando non comuni doti di professio-

Asti – La Polizia Penitenziaria sequestra 5 chili di cocaina Le unità cinofile della Polizia Penitenziaria di Asti, in au-silio ai Carabinieri di Villanova d’Asti, hanno sequestrato

5 chilogrammi di cocaina purissima del valore commercia-le di circa 9 milioni di euro, nascosta all’interno di un’au-tovettura.Durante un normale posto di controllo, effettuato dall’Armadei Carabinieri della Compagnia di Villanova d’Asti, venivafermata per un controllo una Fiat Punto, il cui conducente ap-pariva alquanto nervoso e con atteggiamento sospetto.Portato presso la caserma dell’Arma, veniva contattato il re-sponsabile del Distaccamento Cinofili della Polizia Peniten-ziaria – Ispettore Giorgio Satta – per un intervento di ausiliocon i cani antidroga.Ad un’accurata ispezione dei cinofili sull’autovettura, prima ilcane Enia, pastore tedesco di 5 anni e poi Vandal un pastorebelga malinois di 2 anni e mezzo, segnalavano la probabilepresenza di stupefacenti tra il portello carburante e la portie-ra posteriore. Smontati i pannelli delle portiere venivano rin-venuti 4 panetti di cocaina purissima del peso complessivo dicirca 5 chili.La droga è stata sequestrata, l’uomo arrestato e posto alle di-pendenze dell’Autorità Giudiziaria procedente.

Trani Sequestro di hashish Giovedì 20 settembre 2012, nell’ambito dell’ordinaria attivitàdi ingresso familiari al reparto colloqui detenuti, l’unità cino-fila Otto, segnalava una donna barese, B. I., di 24 anni, la

nalità, pochi giorni prima aveva rinvenuto, all’interno di unabusta indirizzata allo stesso detenuto, circa un grammo dieroina.

Milano San Vittore – Bloccatitentativi di introduzione di droga Due uomini, rispettivamente di anni 49 e 38 e una giovanedonna di anni 24 sono stati trovati in possesso di sostanzestupefacenti grazie al fiuto e alla destrezza dei cani poliziottoRocco, S. Mucher e Nadine, tutti appartenenti al Distacca-mento antidroga della Polizia Penitenziaria di Milano Bollateche si trovavano con i propri conduttori nel locale rilasciocolloqui del carcere di San Vittore per una normale operazio-ne di controllo. I malviventi avrebbero dovuto fare visita aiparenti ristretti, invece sono stati braccati dai tre cani poli-ziotto che hanno agito sinergicamente consentendo il rinve-nimento delle sostanze stupefacenti. Un cane poliziotto perogni persona coinvolta. La droga rinvenuta era stata nascosta, rispettivamente, tra gliindumenti intimi della donna, A. L. C., in una sigaretta di ha-shish, realizzata artigianalmente, in possesso dell’uomo di 38anni, mentre P. F. di 49 anni tentava di inghiottire l’involucrocontenente la droga. Il futile comportamento è stato abilmen-te bloccato dalle unità cinofile. All’esito dell’operazione anti-droga sono scattate le denunce penali e la sanzione ammini-strativa per l’uomo che era solo in possesso del manufatto ar-tigianale.

Verona – Tentativo di introduzione di droga in carcere Presso il penitenziario di Verona le unità cinofile del Di-staccamento di Polizia Penitenziaria veneto, sono riusci-

te ad impedire l’ingresso di circa 2 grammi di droga. Pro-tagonista del rinvenimento è Uako, cane poliziotto “fre-sco” di addestramento e già operativo, il quale con la ca-ratteristica raspata ha individuato il possessore in un uo-mo T. G. F. che si trovava all’ingresso colloqui in attesadi incontrare il fratello ristretto nella sezione “protetti”dell’istituto penitenziario. L’uomo, difronte alla de-terminazionedel cane hapensato benedi consegnarel’hashish chen a s c o n d e v atra gli indu-menti intimi;i n s o s p e t t i t ele unità cino-file hannop r o s e g u i t ocon la perqui-sizione sulloscooter del-l’uomo e pre-cisamente nelvano sottosella dove era riposto un coltello a manico fis-so, 14 cm di lama molto appuntita. Contattato il PM si èproceduto nei confronti dell’uomo alla denuncia in statodi libertà.

Milano Opera – Droga nel paccodestinato a un detenuto Sono oltre 40 i grammi di hashish rinvenuti nell’istitu-to penitenziario di Milano Opera dalle unità cinofile delDistaccamento antidroga lombardo della Polizia Peni-tenziaria. La droga era sapientemente nascosta nel pacco destinatoad un uomo ristretto nell’istituto, ciò malgrado non èsfuggita al cane Rocco che ne ha segnalato la presenza.Una volta consegnato il pacco, il detenuto destinatario hadovuto ammettere di conoscere il mittente attribuendosila proprietà degli effetti contenuti nella scatola, compre-se le scarpe, dove all’interno, precisamente sotto la so-letta interna, erano stati nascosti ben 44 pezzetti di ha-shish. Terminate le operazioni di sequestro della sostanza sono sta-te avviate dal Comandante di reparto le procedure di indaginisul caso specifico.

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News Pol Pen Le due CITTÀ ■ Settembre 2012

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Mario PalazzoGaleraStampato dal Centro Grafico Elbano;2012Pagine 243; € 15,00

Aveva a malapena vent’anni MarioPalazzo quando scelse di arruolarsi

nel Corpo degli Agenti di Custodia. Eral’aprile del 1962 e quella scelta l’ha so-stenuta, ogni giorno della sua vita, per ol-tre quarant’anni. Inizia raccontando unastoria personale, il libro scritto da Palaz-zo, ma è anche e soprattutto un docu-mento sulla storia carceraria degli ultimiquarant’anni, una storia vissuta dall’in-terno, ma dal punto di vista di un agente. L’autore racconta storie vere; dallaScuola di Formazione di Cairo Monte-notte alla prima destinazione lavorativapresso il carcere di Santo Stefano, finoad arrivare a Porto Azzurro.È in quest’ultimo carcere che si concen-tra il maggior numero dei fatti narrati.Descrizioni di luoghi, incontri con per-sone, momenti duri e difficili anche daricordare; sono immagini che toccano ecolpiscono per la crudezza e per ladrammatica verità che descrivono. Mario Palazzo parla di anni difficili, vis-suti in prima linea. Ha visto lo scorrere

del tempo e i volti dei detenuti che sonopassati nel carcere che un tempo eraconsiderato il più duro d’Italia, definitoda alcuni “la Cayenna del Mediterra-neo”. Un istituto che ha visto passarepersino detenuti illustri, come alcuniprotagonisti di eclatanti errori giudiziari;Enzo Tortora e Antonio Spanò, SalvatoreBonello e Rosario Mulè. Ma il libro rac-conta anche “gli anni del terrore”, quelliin cui erano frequenti gli omicidi, le si-mulazioni di malattie e le finte pazzieper uscire dal carcere. Ma anche le eva-sioni e le sommosse scoppiate all’inter-no delle mura penitenziarie; la più famo-sa quella del 25agosto del 1987 capeg-giata da Mario Tuti, il terrorista nero epluriomicida condannato a due ergastoli.Una vicenda vissuta e raccontata minutoper minuto, dalla tragedia al lieto fine, fi-no alla nomina di Palazzo a Comandantedi Reparto, durata fino al 2003. Fu grazie alla legge Gozzini – la 663 del1986 – che in quell’occasione fu evitatala tragedia. “Palazzo – si legge nellaprefazione firmata da Licia Baldi – èconvinto sostenitore di quella leggeche umanizzò il carcere con intelligen-za ed equilibrio, nel rispetto della Giu-stizia, ma anche della persona detenu-ta, e trasformò quello che era un mondoermeticamente chiuso e condotto conmetodi spesso arbitrari e contrari alsenso di umanità in Carcere della Spe-ranza, secondo la definizione di NicolòAmato, direttore degli Istituti di Preven-zione e di Pena negli anni ’80”.Il libro è arricchito dalle fotografie diAntonio Demelas e da alcune immaginitratte dal libro fotografico di Maurizio

Berlincioni e Silvia Marilli – La fortezzaspagnola – che ha come protagonistaproprio il carcere di Porto Azzurro. Mario Palazzo è nato in provincia di Ca-serta nel 1943 ed è un vice commissa-rio del Corpo di Polizia Penitenziaria incongedo. Dal 1987 al 2003 è stato Co-mandante di Reparto presso la casa direclusione di Porto Azzurro.

Chiara CattarinMaternità in carcereAspetti legislativi, psicologici e strategiciUPSEL Domeneghini Editore; 2012Pagine 180; € 25,00

Dalla bandella del libro: «Con questotesto si vuole evidenziare come la

condizione carceraria, pur essendo untema molto dibattuto perché tratta del-la negazione al diritto per eccellenza:la libertà, abbia allo stesso tempo su-scitato un’attenzione molto scarsa, no-nostante la sua evidente rilevanza so-ciale: la situazione dei bambini in car-cere insieme alla madre. Scontare unapena come conseguenza di atti illeciticausa inesorabilmente uno strappo neirapporti familiari ed affettivi; l’unicacondizione nella quale tale rapporto de-ve assolutamente essere mantenuto èproprio quella di madre. Il presente la-voro mira a fornire un quadro legislati-vo, psicologico e statistico della situa-zione carceraria, soffermandosi sulladetenzione femminile, in modo partico-lare sulla condizione materna vissutacon i figli tra le mura detentive del-l’Istituto italiano per eccellenza:l’I.C.A.M di Milano».

“Un libro allunga la vita” (Umberto Eco)

Libri

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“S e vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliarelegna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro lanostalgia per il mare vasto ed infinito”.

Antoine de Saint-Exupéry

plina orientale. Ogni barca è composta da 10 pagaiatori più iltimoniere ed il tamburino. Il sipario della prestigiosa manifestazione sportiva che ha ra-dunato 1.800 atleti provenienti da 25 nazioni.

Roma – Incontri di deontologia per il servizio scorte L’Ufficio per la Sicurezza Personale e Vigilanza ha approntatoun ciclo di incontri formativi sulla deontologia professionale

nel servizio scorte al fine di accrescere gli aspetti professio-nali connessi al servizio di scorta e tutela.Gli incontri, realizzati in 15 sessioni di sei ore ciascuna, han-no avuto l’onere di diffondere la conoscenza dei principaliaspetti professionali connessi all’attività degli operatori im-piegati nei vari dispositivi di protezione, con riferimento an-che alla normativa dell’U.C.I.S. l’organismo interforze del Mi-nistero dell’Interno.

Rubrica a cura di Giuseppe Agati e Daniela Pesci

TrapaniDroga in cella Le minuziose operazioni di ricerca di sostanze stupefacentieffettuate dalle unità cinofile del Distaccamento di Palermopresso il carcere di Trapani hanno consentito il rinvenimentodi una minima quantità di hashish; poco meno di un grammo,sufficiente però a soddisfare le esigenze di tre detenuti. I treuomini han-no tentato difuorviare ipoliziotti im-bastendo unadifesa decisa-mente pococredibile; im-mediate, in-fatti, sonostate le de-nunce a pie-de libero e ilconseguentes e q u e s t r odella sostan-za stupefa-cente. L’ha-shish si tro-vava sopral’armadiettod’arredo del-la cella, ciòmalgrado non è sfuggita al fiuto del cane Flash, uno splendi-do pastore belga malinois all’esordio della sua carriera nel-l’antidroga.

Dragon Boat – Medaglia di bronzo alla Polizia Penitenziaria È stata conquistata la medaglia di bronzo da parte dell’equi-paggio della Polizia Penitenziaria nell’edizione 2012 del Dra-gon Boat – svoltasi all’Idroscalo di Milano – la prestigiosa ga-ra delle caratteristiche imbarcazioni di origine cinese ornate aprua e a poppa con le suggestive testa e coda di drago.Grande soddisfazione per i 10 membri dell’equipaggio in ser-vizio alla casa di reclusione di Opera e al Prap di Milano chehanno raggiunto il brillante risultato al termine di impegnati-vi allenamenti svolti nel corso dell’estate. Le due squadre che hanno gareggiato a bordo delle suggesti-ve imbarcazioni si sono esibite sulla distanza di 200 metri sfi-dandosi con 4 squadre avversarie di professionisti della disci-

News Pol Pen

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Si contano sulle dita di unamano i siti ufficiali delle Pub-bliche Amministrazioni re-gionali, provinciali e comu-nali che nelle loro pagine

fanno chiaro riferimento al carcere. An-zi, più di un chiaro riferimento, vale adire che hanno una pagina interamentededicata alle iniziative, ai protocollid’intesa, alle attività svolte all’internodegli istituti penitenziari. In alcuni casi,e sono le pagine più ricche, i fogli tele-matici raccolgono tutte le indicazioni dicui i detenuti e gli ex-detenuti possonoaver bisogno: numeri di telefono e indi-rizzi, documentazione e moduli scarica-bili online, ma anche spiegazioni su al-cune particolari categorie disagiate odeterminate patologie e dipendenze.Sul sito ufficiale della Regione Sardegna,ad esempio, un’intera sezione è riservataal carcere. Il link sardegnasociale.it/di-sagio/detenzione dedica alla lotta al di-sagio diverse pagine. Ad ogni particolarecategoria – persone con disabilità, deten-zione e carcere, donne carcerate, giovanicarcerati e reinserimento sociale – fa rife-rimento un collegamento ipertestuale at-traverso il quale la Regione comunica leattività dell’Amministrazione Penitenzia-

ria agli utenti. Un anello di collegamentotra il dentro e il fuori in grado di rendereil carcere un mondo meno sconosciuto.Particolarmente ricche – in questo sito –sono la sezione relativa alle spiegazioni inambito sanitario, nello specifico quelleche legano il Servizio Sanitario Nazionaleregionale agli istituti di pena e quella de-dicata alla carcerazione di donne con figli.Anche la Regione Emilia Romagna, nel-la pagina dedicata ai temi sociali – so-c i a l e . r e g i o n e . e m i l i a -romagna.it/carcere – presenta una fi-nestra interamente dedicata alla deten-zione. La sezione si apre con la presen-tazione del programma annuale degliinterventi finalizzati a favorire la me-diazione culturale con l’impegno di mi-gliorare le condizioni di vita dei detenu-ti all’interno delle carceri del territorioregionale. Inoltre, sono numerosi i col-legamenti che spiegano i progetti attivinell’area penale; un elenco di leggi enorme oltre alla documentazione, allepubblicazioni e le linee guida per muo-versi in ambito penitenziario. Il sitocontiene anche una lunga lista di con-tatti a cui rivolgersi in caso di necessi-tà, o per conoscere le iniziative di in al-tre realtà territoriali.

È dedicata al teatro in carcere la paginadel sito ufficiale della Regione Toscanache affronta le tematiche penitenziarie– cultura.toscana.it/teatro_in_carce-re – mentre è ben più articolato e riccodi informazioni il sito del Comune di Fi-renze: comune.fi.it/opencms/ex-port/sites/retecivica/amm/garan-ti/garante_detenuti/informazione/area_carcere. Sono pagine curate dal-l’Ufficio Carcere del Comune interamen-te dedicate ai detenuti e ai loro parenti.Sono infatti riportati gli indirizzi dei duepenitenziari della città; sono elencati isiti collegati al mondo penitenziario, tracui quelli del Ministero della Giustizia edel Garante dei detenuti, delle fondazio-ni e delle associazioni di volontariato.Un link rimanda direttamente al pdfscaricabile e stampabile della guida in 8differenti lingue per i detenuti.Altrettanto ricche di informazioni sonole sezioni dedicate a chi volesse presen-tare progetti di supporto per detenuti osoggetti in misura alternativa e alle atti-vità e ai servizi del Comune di Firenzedestinati ai detenuti e alle persone inesecuzione penale esterna, realizzati incollaborazione con associazioni, enti eprofessionisti. ■

dalWeb

Carcere e PA in contatto telematico