Le Condizioni Di Vita Degli Operai Durante La Rivoluzione ale

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Le condizioni di vita degli operai durante l a rivoluzione industriale La Rivoluzione Industriale provocò un grave peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Infatti le grandi masse di uomini che dovevano lasciare le campagne per andare nelle città industriali dovevano abbandonare le loro vecchie abitudini per assumerne altre. La vita in campagna non era per niente agevole ma si svolgeva secondo ritmi umani. I bambini incominciavano presto a lavorare nei campi aiutando i genitori; le bambine aiutavano in casa per preparare il pane ed i pasti. La famiglia alla sera si riuniva al caldo della stalla. Le feste e le fiere er ano, per l'intera comunità, un'occasione per consolidare i rapporti. Naturalmente in città tutto ciò non avveniva. La famiglia si trasformava profondamente perché i salari erano talmente bassi che entrambi i genitori dovevano lavorare e mettevano al mondo molti figli affinché guadagnassero anch'essi. I bambini abbandonati venivano assunti in fabbrica. Per alcuni operazioni, la piccola taglia dei fanciulli e l'agilità delle loro dita erano il migliore ausilio per le macchine. La loro debolezza era una garanzia di docilità. Senza fatica li si poteva ridurre in uno stato di obbedienza passiva cui gli uomini maturi non si lasciavano facilmente piegare. Nelle prime filande la sorte di questi bambini fu particolarmente penosa . Alla mercé dei padroni erano sottoposti ad una schiavitù disumana. I caporeparto non permettevano un momento di pausa. Spesso per non fermare le macchine il lavoro continuava giorno e notte. Gli infortuni erano molto frequenti e la disciplina era selvaggia. Il loro stato intellettuale e morale non era migliore. Uscivano dalle fabbriche ignoranti e corrotti. Durante la loro schiavitù non solo non avevano avuto nessun tipo di istruzione, ma non avevano neppure ricevuto l'educazione professionale necessaria per guadagnarsi da vivere. Sapevano eseguire soltanto l'operazione alle macchine cui erano stati incatenati per lunghi anni. Erano, pertanto, condannati a rimanere semplici schiavi legati alla fabbrica come i servi della gleba alla terra. La concentrazione di più fabbriche in uno stesso luogo determinò la trasformazione di villaggi in città. 

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5/17/2018 Le Condizioni Di Vita Degli Operai Durante La Rivoluzione ale - slidepdf.com

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Le condizioni di vita degli operai durante la rivoluzione

industriale La Rivoluzione Industriale provocò un grave peggioramento delle condizionidi vita dei lavoratori. Infatti le grandi masse di uomini che dovevano lasciare

le campagne per andare nelle città industriali dovevano abbandonare le loro

vecchie abitudini per assumerne altre. La vita in campagna non era per niente

agevole ma si svolgeva secondo ritmi umani. I bambini incominciavano presto

a lavorare nei campi aiutando i genitori; le bambine aiutavano in casa per

preparare il pane ed i pasti. La famiglia alla sera si riuniva al caldo della

stalla. Le feste e le fiere erano, per l'intera comunità, un'occasione per

consolidare i rapporti. Naturalmente in città tutto ciò non avveniva. Lafamiglia si trasformava profondamente perché i salari erano talmente bassi

che entrambi i genitori dovevano lavorare e mettevano al mondo molti figli

affinché guadagnassero anch'essi. 

I bambini abbandonati venivano assunti in fabbrica. Per alcuni operazioni, la

piccola taglia dei fanciulli e l'agilità delle loro dita erano il migliore ausilio

per le macchine. La loro debolezza era una garanzia di docilità. Senza fatica

li si poteva ridurre in uno stato di obbedienza passiva cui gli uomini maturinon si lasciavano facilmente piegare. 

Nelle prime filande la sorte di questi bambini fu particolarmente penosa.

Alla mercé dei padroni erano sottoposti ad una schiavitù disumana. I

caporeparto non permettevano un momento di pausa. Spesso per non

fermare le macchine il lavoro continuava giorno e notte. Gli infortuni erano

molto frequenti e la disciplina era selvaggia. Il loro stato intellettuale e

morale non era migliore. Uscivano dalle fabbriche ignoranti e corrotti.Durante la loro schiavitù non solo non avevano avuto nessun tipo di

istruzione, ma non avevano neppure ricevuto l'educazione professionale

necessaria per guadagnarsi da vivere. Sapevano eseguire soltanto

l'operazione alle macchine cui erano stati incatenati per lunghi anni. Erano,

pertanto, condannati a rimanere semplici schiavi legati alla fabbrica come i

servi della gleba alla terra. 

La concentrazione di più fabbriche in uno stesso luogo determinò latrasformazione di villaggi in città. 

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Il problema delle abitazioni fu una delle più drammatiche conseguenze della

Rivoluzione Industriale. Le abitazioni che gli operai dovevano affittare erano

casupole a due piani costruite in schiera l'una attaccata all'altra per

risparmiare i mattoni. L'unica preoccupazione dei costruttori era quella di

stipare il maggior numero di persone nel minimo spazio possibile. 

Il vitto era povero e l'unico svago possibile era quello delle bettole, osterie

dove scoppiavano spesso risse. 

I signori invece curiosavano sulle novità leggendo i giornali e discutendo nelle

botteghe di caffè, anch'essi nuova moda europea. 

Le nuove macchine erano facili da usare, infatti in fabbrica lavoravano anche bambini e donne che venivano pagati a

basso prezzo. I bambini iniziavano a lavorare da 5-6 anni e le ore di lavoro li rendevano deboli e malaticci. 

I bambini lavoravano anche nelle miniere perché erano bassi e potevano entrare facilmente nei cunicoli. 

Nelle industrie tessili in Inghilterra si lavorava dall’alba al tramonto e quindi circa 15 o 16 ore con piccole pause per il

pasto. 

Nel passato gli inglesi vivevano in campagna, ma dopo la Rivoluzione vivevano nelle città perché gli abitanticontinuavano ad aumentare. Dalla I Rivoluzione industriale la gente viveva nel fumo per colpa delle fabbriche e

rischiavano di prendere malattie respiratorie. 

Molti contadini lasciarono le campagne e si trasferirono in città preferendo un basso salario rispetto alla fame. Quindi

intorno alle fabbriche si formarono delle case per dormire e le città si allargarono… 

Chi trasse più vantaggio furono i proprietari dellefabbriche che continuavano a guadagnare soldi. 

Uno scrittore di quel tempo scrive che i bambini lavorando si rinforzano i muscoli, ma si indeboliscono perché non

hanno cibo. Ancora oggi i bambini poveri lavorano: nei paesi più poveri producono scarpe, abiti e giocattoli. 

 Nelle miniere ci potevano essere crolli, esplosioni e l’ acqua poteva improvvisamente allagarle. 

I bambini potevano morire perché respiravano fumo, olio e gli poteva venire l’ asma. 

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L’industria portò ad una maggiore indipendenza economica. Nel passato gli anziani nel lavoro del contadino erano più

saggi, ma nelle industrie sono quelli meno abili nel lavoro. 

E da lì nacque la pensione, che divenne un diritto, quindi le persone quando arrivano ad una certa età possono riposarsi

nell’ultima parte della loro vita. 

Anche gli orari di lavoro cambiarono: ci furono orari fissi, al posto di 15 ore al giorno si lavora 9 ore al giorno (con

l’invenzione della corrente elettrica di sera si può vedere meglio). Con questi orari dimezzati nacque il tempo libero , 

Inoltre grazie all’aumento delle conoscenze mediche la vita di molta gente durò di più e i bambini morirono sempre di

meno. 

gli operai capirono che era necessario riunirsi per difendere i loro diritti.

All’inizio c’era la società di mutuo soccorso che era una associazione in cui si raccoglieva una parte del risparmio di

tutti e, in caso di incidenti o malattie, si usa per aiutare le persone che nonpotevano lavorare e quindi ricevere un salario. 

In seguito nacquero i sindacati operai che erano associazioni di lavoratori i cui rappresentanti si battevano per avere unsalario più giusto, orari di lavoro meno pesanti e una pensione per la vecchiaia. 

Per fare approvare le loro richieste utilizzarono lo sciopero. 

Lo sciopero è una protesta che serve ad ottenere dei risultati. Ancora oggi i lavoratori scioperano perché è scaduto il

loro contratto oppure per chiedere miglioramenti nelle condizioni di lavoro. 

All’inizio i padroni non lo approvarono, ma dopo gli Stati difesero i diritti degli operai. Anche il Pa pa Leone XIII capì

l’importanza di questa questione e scrisse una enciclica (una lettera) ai Vescovi per far capire ai padroni l’importanzadei diritti dei lavoratori. 

sviluppo industriale in Europa continuava ad aumentare e dava prodotti sempre migliori. 

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La condizione degli operai però diventava sempre peggiore e aveva bisogno di soluzioni. 

Karl Marx e Friedrich Engels pensavano che i lavoratori dovevano “sconfiggere” il capitalismo, cioè il fatto che alcune

persone possedevano tutti i capitali, cioè il denaro. Occorreva eliminare lo sfruttamento delle persone, queste idee si

chiamarono marxsismo. Da qui si formarono i partiti politici che lottavano per la difesa dei diritti dei lavoratori con gli

scioperi. 

In Italia l’industria si sviluppò alla fine dell’ Ottocento e nel giro di pochi anni costruirono grandi fabbriche, però in

Italia c’era una crisi economica perché gli operai erano in una brutta condizione. 

Nel 1904 ci fu il primo sciopero che coinvolgeva tutti gli operai. 

La rivoluzione industriale ebbe enormi e conseguenze sociali. Le condizioni di lavoro e di vita degli operai

erano durissime: fino a 16-17 ore di lavoro al giorno in luoghi pericolosi. Salari bassissimi, al limite della

sopravivenza. Donne e bambini sfruttati in misura anche maggiore degli adulti; l’igiene e la sicurezza erano

scarse e spesso si verificavano incidenti, anche mortali. La ricca Inghilterra non esportava solo prodotti

dell’industria . Come spesso, avviene, i rapporti commerciali favorirono anche la diffusione delle idee e della

cultura. Così dall’Inghilterra e dala Francia, sulla spinta della borghesia, si diffusero le idee del liberalismo.Questa dottrina filosofica, politica ed economica sostiene che progresso e giustizia possono realizzarsi solo

in una società che riconosceva la libertà degli individui. Coloro che governavano devo quindi riconoscere e

rispettare i diritti dei cittadini, stabiliti in un documento, in una legge fondamentale detta Costituzione.