Le carceri

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E’ un’associazione con sede a Milano, da 11 anni impegnata in Italia in ambito penitenziario nei processi di sostegno psicopedagogico alla genitorialità in carcere con un’attenzione particolare ai figli (ben oltre 100mila, ogni anno, in Italia), colpiti dall’esperienza di detenzione di uno o entrambi i genitori.

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E’ un’associazione con sede a Milano, da 11 anni impegnata in Italia in ambito penitenziario nei processi di sostegno psicopedagogico alla genitorialità in carcere con un’attenzione particolare ai figli (ben oltre 100mila, ogni anno, in Italia), colpiti dall’esperienza di detenzione di uno o entrambi i genitori.

Ogni giorno sostengono il peso dell'emarginazione, dei pregiudizi, delle difficoltà economiche, della vergogna

LA TESTIMONIANZA DI GRETA

“Mi chiamo Greta e ho ventitré anni. Durante la mia infanzia non ho potuto avere la mamma vicina nei momenti più importanti, poiché era detenuta...”“Sono entrata per la prima volta in carcere per incontrare la mamma a 4 anni.La sala colloqui a San Vittore non era predisposta per i bambini, anzi non c'era nulla per noi. I colloqui erano con tutti gli altri detenuti, tra me e la mamma c'era un tavolo di marmo freddo e non era permesso di abbracciarsi. Intanto, Dario, mio fratello di 11 mesi, era con mia madre dentro ed io con la nonna fuori. Ero arrabbiata con la mia nonna che ritenevo causa del mio allontanamento dalla mamma. Per anni ho sentito il peso della vergogna soprattutto quando una bambina mi disse che aveva saputo che mia madre era in un carcere, che era una detenuta. Fu così che scoprii come era amara la parola detenuta. Arrivai da mia madre a San Vittore arrabbiata e piangente e non capivo, ero offesa e non sapevo con chi prendermela. Ci sono stati alcuni anni difficili tra me e mia madre, non le perdonavo quelle lunghe assenze, quei compleanni e quei momenti importanti trascorsi da sola senza la sua presenza. Oggi molto si è appianato tra noi e c'è molta complicità anche grazie a un nuovo arrivo per me di nome: Gaia.”

 

Greta, Gaia e la nonna,durante l'intervistaper il programma"Sulla Via di Damasco" (Rai2)

La Campagna “Non un mio crimine ma una mia condanna” è una richiesta di riconoscimento e visibilità di questi bambini e dei loro bisogni,  per il rispetto del diritto di ogni bambino di essere tale.

Lo Spazio Giallo è il modello di accoglienza sperimentato e messo a punto da Bambinisenzasbarre, replicabile in tutte le carceri.  

Spazio Giallo è luogo di accoglienza dei bambini in attesa del colloquio col genitore detenuto. Uno spazio dove si sentono “pensati”, dove possono utilizzare giochi ed essere seguiti da operatori professionali.

Ancora molti Istituti penitenziari in Italia, in una condizione di sovraffollamento e di grave precarietà, non sono in grado di accogliere adeguatamente questi bambini, offrendo loro uno spazio e un tempo del colloquio col proprio genitore adatto a garantire il mantenimento del legame affettivo.

Non bisogna quindi dimenticare il problema del sovraffollamento: una violazione dei diritti dei detenuti alla

quale la politica non ha ancora posto rimedio, nonostante le numerose denunce di chi, come l’associazione Antigone, da anni si

batte per la tutela dei carcerati. Ma quella delle sbarre è un’esperienza che segna la vita non soltanto di chi è obbligato a viverci, ma di tutti coloro che sono costretti a confrontarsi con

quella realtà. Proprio come i figli dei detenuti.