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L’AVVENTURA SCIENTIFICA L’AVVENTURA SCIENTIFICA agosto 2006 26 Anzitutto spiegaci in cosa consiste la tua scoperta e perché è così importante. L’anfiosso, nonostante sia piccolo e poco appariscente, è assurto alla celebrità perché dalla metà del- l’Ottocento rappresenta, come si diceva un tempo, l’«anello di con- giunzione» tra vertebrati e inverte- brati. Adesso si dice in modo un po’ più moderno che è il più vici- no antenato invertebrato dei verte- brati. In ogni modo, dovrebbe for- nire degli indizi su come i verte- brati si sono evoluti. L’importanza dei vertebrati è evidente di per sé, in quanto noi apparteniamo a questo phylum, quindi vedere l’o- rigine dei vertebrati dovrebbe dirci qualcosa anche sulla nostra stessa origine. Perciò il raggruppamento che include l’anfiosso, i vertebrati e un altro gruppo, forse un po’ meno famoso, cioè quello dei tunicati, che comprendono le ascidie marine, è stato definito dei «cordati» perché dovrebbe essere caratterizzato da una struttura assi- le dorsale di sostegno, la cosiddet- ta corda dorsale; questa, nella massima parte dei vertebrati viene sostituita dalla colonna vertebrale che, insieme al sistema nervoso dorsale, dovrebbe essere un carat- tere diagnostico fondamentale per questo gruppo. Ora, essendo que- sta una delle poche certezze della filogenesi, è risultato per me deci- samente sconvolgente rendermi conto che in realtà i cordati in quanto tali non esistono, nel senso LA FINE DEI CORDATI INTERVISTA A MARGHERITA RAINERI* a cura di Paolo Musso Un ricercatore con la passione per la storia della scienza impegnata in un’osservazione del tutto ordinaria, una curiosa coincidenza e la voglia di saperne di più, una vecchia biblioteca in via di smantellamento, un falso da centocinquant’anni sotto gli occhi di tutti eppure mai notato, le resistenze del mondo accademico, fino all’arrivo delle prime conferme indipendenti di una scoperta che potrebbe rivoluzionare la parte più celebre e consolidata della filogenesi, quella relativa all’origine dei vertebrati. Non è la trama di un nuovo thriller di successo, ma quello che è realmente accaduto alla biologa genovese Margherita Raineri. Una storia esemplare, non solo per le sue implicazioni, ma anche e soprattutto per capire come funziona la scienza reale. *Ricercatore confermato presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Genova.

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Anzitutto spiegaci in cosaconsiste la tua scoperta eperché è così importante.

L’anfiosso, nonostante sia piccoloe poco appariscente, è assurto allacelebrità perché dalla metà del-l’Ottocento rappresenta, come sidiceva un tempo, l’«anello di con-giunzione» tra vertebrati e inverte-brati. Adesso si dice in modo unpo’ più moderno che è il più vici-no antenato invertebrato dei verte-brati. In ogni modo, dovrebbe for-nire degli indizi su come i verte-brati si sono evoluti. L’importanzadei vertebrati è evidente di per sé,in quanto noi apparteniamo aquesto phylum, quindi vedere l’o-rigine dei vertebrati dovrebbe dirciqualcosa anche sulla nostra stessa

origine. Perciò il raggruppamentoche include l’anfiosso, i vertebratie un altro gruppo, forse un po’meno famoso, cioè quello deitunicati, che comprendono leascidie marine, è stato definito dei«cordati» perché dovrebbe esserecaratterizzato da una struttura assi-le dorsale di sostegno, la cosiddet-ta corda dorsale; questa, nellamassima parte dei vertebrati vienesostituita dalla colonna vertebraleche, insieme al sistema nervosodorsale, dovrebbe essere un carat-tere diagnostico fondamentale perquesto gruppo. Ora, essendo que-sta una delle poche certezze dellafilogenesi, è risultato per me deci-samente sconvolgente rendermiconto che in realtà i cordati inquanto tali non esistono, nel senso

LA FINE DEI CORDATI

I N T E RV I S TA A M A RG H E R I TA R A I N E R I *

a cura di Paolo Musso

Un ricercatore con la passione per la storia della scienzaimpegnata in un’osservazione del tutto ordinaria, una curiosacoincidenza e la voglia di saperne di più, una vecchiabiblioteca in via di smantellamento, un falso dacentocinquant’anni sotto gli occhi di tutti eppure mai notato, leresistenze del mondo accademico, fino all’arrivo delle primeconferme indipendenti di una scoperta che potrebberivoluzionare la parte più celebre e consolidata della filogenesi,quella relativa all’origine dei vertebrati. Non è la trama di unnuovo thriller di successo, ma quello che è realmente accadutoalla biologa genovese Margherita Raineri. Una storiaesemplare, non solo per le sue implicazioni, ma anche esoprattutto per capire come funziona la scienza reale.

*Ricercatore confermatopresso il Dipartimento diBiologia dell’Università diGenova.

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che sia l’anfiosso che i tunicati pre-sentano sì un sostegno assile sottoil sistema nervoso, ma questo so-stegno è localizzato sul lato ventra-le del corpo, quindi non possonoessere paragonati come strutturacorporea ai vertebrati e anzi sonoun bell’esempio di nuovo phylumfinora non riconosciuto benchéfosse sotto gli occhi di tutti. Dun-que l’anfiosso doveva essere il no-stro antenato o comunque simile alnostro ipotetico antenato e inveceviene a essere un animale comple-tamente diverso, probabilmentemolto primitivo, che potrebbe per-fino essere molto più interessantedi quanto si creda, nel senso chepotrebbe fare luce su come si sonodiversificati rapidamente i diversigruppi nel Cambriano.

Come sei arrivata alla tuascoperta?

Dieci anni fa, nel 1996, per purocaso, come spesso avviene. Stavoguardando al microscopio dellemie larve di gasteropodi marini e,a un certo punto, sono rimasta col-pita dalla notevole somiglianzastrutturale tra queste larve e unaneurula di vertebrato, in particola-re di anfibio: le strutture erano si-mili solo che al posto del sistemanervoso dell’anfibio questi mollu-schi hanno un abbozzo simile: laghiandola del guscio, che poi daràil mantello. Allora mi son venutein mente le teorie che a suo tempoavevo studiato sui gradienti morfo-genetici che sostenevano, comeconfermato dalla genetica moder-na, che esistono livelli correlati didifferenziamento tra mesoderma,

(foglietto intermedio), ed ectoder-ma: ai livelli massimi il gradientemesodermico, cioè la corda dor-sale, corrisponde al sistema nervo-so dell’ectoderma, e poi muscolo,ghiandole o gangli e via discorren-do. Come sostenevano quasi tuttigli autori all’inizio dell’Ottocentoe come sostengono ancora oggimoltissimi colleghi, poiché noiabbiamo un sistema nervoso dor-sale e animali come un anellide ola drosofila ce l’hanno ventrale,così come altre strutture, in qual-che momento dovrebbe essersiverificato un rivolgimento sotto-sopra. In quel momento ho pensa-to che in realtà non esiste alcuncapovolgimento dorso-ventrale trainvertebrati e vertebrati, ma sem-plicemente le strutture si sono di-versificate a seconda dei gradientisull’asse dorso-ventrale. In questomodo ho cominciato a vedere lecose da un punto di vista più cor-retto, cioè a inquadrare il differen-ziamento di organi e tessuti in unsistema di coordinate stabili, cioègli assi corporei, che in effetti sidimostrano tali, in quanto i geniche li specificano in realtà si sonoconservati in tutti i diversi gruppinel corso dell’evoluzione. Per verificare questa intuizione io,che sono sempre stata abbastanzaignorante in zoologia, mi sonomessa a controllare tutti i 43 phylaattualmente riconosciuti. E la miaignoranza è stata un vantaggio,perché per la prima volta li ho vistisenza avere preconcetti su comedovessero essere, non avendo inmente teorie particolari. E ho vistoche in effetti l’orientamento dellediverse parti era conservato; l’unica

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eccezione erano proprio i cordati,nel senso che l’abbozzo di corda esistema nervoso dei vertebrati risul-tava postero-dorsale, mentre neglialtri membri del phylum risultavaantero-ventrale. Guardando meglioho visto che l’orientamento dorso-ventrale era invertito senza nessunmotivo: nelle illustrazioni a uncerto punto questi animali veniva-no ruotati. Mi sono anche ri-cordata dei problemi sorti quandopreparavo l’esame di embriologiae non riuscivo a capire come l’em-brione di anfiosso fosse paragona-bile a quello di anfibio perché nonmi tornavano gli orientamenti. Hocominciato a cercare nei vecchilibri, per fortuna ancora disponi-bili in Istituto, se qualcun altroavesse avuto questo sospetto. E ineffetti il sospetto c’era stato nel1800, e da fonte molto più auto-revole di quanto non sia io; chiaveva avanzato dubbi sull’orien-tamento in particolare dei tunica-ti era addirittura il fondatore del-l’embriologia, cioè Karl Ernst vonBaer. Incoraggiata da questa auto-revole testimonianza, sono anda-ta a fondo e ho controllato l’effet-tiva omologia di tutti gli organiche dovrebbero essere paragonatitra vertebrati e anfiosso e ho vistoche in realtà - vedendo bene que-ste strutture, come sono fatte,come si formano e tutto il resto -non c’è alcun motivo per ritenereche ci siano omologie. E tra l’altroho scoperto che le stesse coseerano state dette anche da un altrogrande esperto di embriologia deivertebrati, Charles S. Minot (1852-1914), ancora verso la fine del-l’Ottocento.

Come è stato possibile unerrore del genere, e soprat-tutto che nessuno se ne siapiù accorto dopo questeprime critiche?

Come sempre giocano tanti fattoricontingenti, storici. La tassonomiadell’anfiosso ha subito molte vicis-situdini. Quando questo animale èstato scoperto, nella prima metàdell’Ottocento, era stato classifica-to come un mollusco. Succes-sivamente è stato classificato co-me pesce, tra il 1830 e il 1870. Eproprio in questa finestra tempora-le sono usciti i primi lavori diembriologia che hanno portato aquesta teoria dei cordati. Era ilmomento in cui, nel 1859, Dar-win ha pubblicato il suo lavorosull’origine delle specie, e quinditrovare somiglianze, soprattuttoembriologiche, tra vertebrati e in-vertebrati sarebbe stata una provaper l’evoluzione stessa, che all’e-poca si riteneva ancora fosse pos-sibile ad alto livello, cioè da unphylum all’altro; si riteneva quindiche potessero esistere i famosi«anelli di congiunzione», che inrealtà oggi si pensa non possanoesistere. Nel periodo in cui sidiscutevano queste teorie, i lavoridell’embriologo russo Alexandr O.Kovalevski (1840-1901), che di-mostravano effettivamente somi-glianze tra lo sviluppo di alcuniinvertebrati e quello dell’anfiossoe dei tunicati, furono immediata-mente accolti dai sostenitori diDarwin come una prova dellavalidità della sua teoria: se l’an-fiosso, che si pensava fosse un pe-sce, si sviluppa come gli inverte-

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Karl Ernst von Baer(1792-1876)

Schemi di gastrule di anfios-so (sopra) e di anfibio (sotto)viste di lato, polo animaleverso l’alto, per evidenziarela differenza tra le strutture

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brati, ecco trovato l’anello di con-giunzione! E lo sviluppo eraancor più simile per i tunicati,all’epoca ancora ritenuti una spe-cie di mollusco: quindi se unmollusco si sviluppa come uninvertebrato vuol dire che c’èun’affinità e perciò una discen-denza evolutiva da un antenatocomune, che venne chiamato«cordonia», un termine (da cui ladenominazione di cordati) co-niato dal celebre zoologo tedescoErnst Haeckel, che era anche unfilosofo monista ed ebbe un pesoenorme in biologia con la formu-lazione della sua legge biogeneti-ca fondamentale, secondo cui«l’ontogenesi ricapitola la filoge-nesi». Haeckel diede una gran-dissima pubblicità a queste ideee, ancor più autorevolmente, l’i-dea dei cordati fu accettata daDarwin stesso nel libro del 1871sull’origine dell’uomo, in cui faesplicitamente menzione deilavori di Kovalevski e della larvadi ascidia che dovrebbe esseresimile a un piccolo invertebrato,e dice che probabilmente l’origi-ne dei vertebrati e quindi dell’uo-mo risale a questi animali ance-strali, i cordati, che per certi versierano ancora simili a vermi.Quindi nel dibattito pro o controil tipo di evoluzione propugnatodai darwinisti quest’argomentodiventò centrale e come tale èarrivato fino a oggi. Nel frattempoperò alcune difficoltà sono statedimenticate. La scienza in effettiprocede per vie non sempre retti-linee: qualcuno aveva detto che iconti non tornavano, ma è rima-sto ai margini, anche se i suoi

lavori erano validi e nessuno li hamai smentiti. Ma la corrente prin-cipale del pensiero ha preso unadirezione e così è continuata. Unpo’ è anche dipeso dal fatto chedopo la grande passione per l’e-voluzione da parte degli embrio-logi è seguito un certo disincanto,che ha portato anche a una crisidel darwinismo nei primi decennidel Novecento: stanchi di teorie,gli embriologi si sono focalizzatisul capire come funziona lo svi-luppo di gruppi determinati dianimali, abbandonando la filoge-nesi. Adesso filogenesi e svilupposi sono ricongiunti nella cosiddet-ta «evo-devo», Evolutionary anddevelopmental biology, cioè inquel tipo di approccio che cercadi trovare chiarimenti sull’evolu-zione dallo sviluppo embrionalecomparato. Ricorda un po’ la leg-ge biogenetica fondamentale,solo che nessuno ormai crede piùche gli stadi dello sviluppo corri-spondano a forme adulte esistitenel corso dell’evoluzione, ma siritiene che cambiamenti dellosviluppo possano essere statiimportanti per l’evoluzione,quindi comparando i diversi tipidi sviluppo si cerca di capirecome si sono diversificati i pianicorporei. Ora abbiamo perso questa cultu-ra, abbiamo dimenticato le basifondamentali, quelle morfologi-che, sulle quali in realtà noi lavo-riamo: la massima parte dei mieicolleghi sa tantissimo di geneticamolecolare, sa parecchio delgruppo animale su cui lavora, manon sa nulla o quasi della storiache l’ha portato a questo punto.

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Ernst Haeckel (1834-1919)

Confronto di sezioni sche-matiche della regione farin-gea di Saccoglossus, Entero-pneusti (sopra) e di anfiosso(sotto). Qui l’anfiosso è rap-presentato con la corda e ilsistema nervoso orientativerso il basso per mettere inevidenza la somiglianza trale strutture

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Come è stata accolta questatua scoperta?

Anzitutto va detto che all’inizio hopreferito scrivere un lavoro in italia-no, perché prevedevo che avreiavuto difficoltà a pubblicare unacosa del genere, perché sconvolge-va 150 anni di biologia evolutiva einoltre andava a «dar fastidio» auna quantità di progetti. Poi misono decisa a scrivere un articolo ininglese per il circuito internaziona-le che, come avevo previsto, primadi uscire ha avuto grandissimi pro-blemi, nel senso che è stato vera-mente arduo trovare una rivista chelo accettasse, anche perché il siste-ma prevede che il testo deve esserevisto da due referee ignoti all’auto-re, i quali dovrebbero dare entram-bi parere favorevole. Nel mio caso,dato che ovviamente il lavoro veni-va mandato agli specialisti di cor-dati, era quasi impossibile ottenerel’unanimità: a volte trovavo un refe-ree interessato, ma c’era semprel’altro che era contrario, perché onon capiva o non gli interessavacapire, e l’editor mi rimandavaindietro il lavoro. Quindi ho impie-gato anni, che però non sono statisprecati, perché nel frattempo homigliorato il lavoro e poi, soprattut-to, uscivano continuamente datiche davano ragione alla mia teoria:quindi continuavo a incorporaremateriale e alla fine la LinneanSociety, dopo quasi due anni diattesa, l’ha pubblicato (MargheritaRaineri, Are protochordates chor-dates?, Biological journal of theLinnean Society, 2006, 87, p. 261-284.). In realtà obiezioni di sostan-za non me ne hanno mai fatte, per-

ché non era possibile, ma il sistemafunziona in modo tale che bastache un referee dica che non vabene, che è pieno di sciocchezze,che è inaccettabile e così via, e l’e-ditor difficilmente si schiera controdi lui. L’editor della Linnean Societyha dimostrato un notevole co-raggio, perché anche lì c’erano pro-blemi, ma alla fine ha detto che senon otteneva un parere avrebbedeciso lui; ne ha avuti due moltofavorevoli e la situazione si è sbloc-cata. Ma se fosse stato come altri,che evidentemente non desidera-vano entrare in controversia con icolleghi, il lavoro sarebbe forse an-cora lì. Insomma, anche nel mondodella scienza ci sono le lobby, e losanno tutti benissimo, anche se nonsi dice.

Ora che l’articolo è finalmen-te uscito che reazioni ci sonostate?

Sembrerebbe che un certo interesseci sia stato, anche perché è statoinserito nello Universal Tree of Life,che è una sorta di mega-albero filo-genetico sul web (www.tolweb.org),i cui «rami» sono curati da specia-listi dei relativi campi che neaggiornano continuamente la bi-bliografia. Quando ho visto che ilmio articolo era stato inserito inquella dei cordati (dove in pocotempo è già stato scaricato da al-cune centinaia di visitatori) hoscritto al curatore, John Lundberg,che è uno scienziato della Na-tional Academy of Natural Scien-ces di Philadelphia, dicendogliche ero un po’ stupita che avesseinserito proprio me, che dico che

Logo della Linnean Society

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quel gruppo non esiste. Mi ha ri-sposto nel giro di due minutidicendomi: «Preferivi che non ticitassi del tutto?». Naturalmentegli ho detto che andava benissimocosì. Scherzi a parte, mi fa piacereche un sistematico abbia accettatoquest’ipotesi. Ma in effetti anche aicongressi a cui l’ho presentata lepersone che hanno dimostrato piùinteresse e più approvazione sonostati i sistematici, proprio perché,per il loro lavoro, conoscono benela struttura degli animali.

Prima hai parlato di dati checonfermerebbero la tua tesi.Di che si tratta?

Sono sostanzialmente dati moleco-lari. Per esempio, tornando alla fa-mosa regolazione degli assi corpo-rei, queste strutture, ossia notocor-da e sistema nervoso, che dovreb-bero essere dorsali nell’anfiosso enei tunicati, risultano controllate dageni che nei vertebrati controllanola parte ventrale. Questi risultatisono stati accolti con stupore daglistessi autori della scoperta, mentreper me erano esattamente quelloche potevo aspettarmi.

E secondo te qual è invece ilgiusto albero filogenetico, siaper l’anfiosso che per ilnostro vero antenato?

Per quanto riguarda l’anfiosso più omeno un’idea ce l’ho: dovrebbe es-sere un animale estremamente pri-mitivo che dovrebbe stare alla basedella divergenza tra i grossi gruppimoderni, e questo ci dovrebbe direparecchio su questo Ur-bilaterio.

Dovrebbe quindi essere una speciedi vermetto filtratore, privo di appa-rati boccali e con una strana asim-metria, perché in realtà gli sforzi direnderlo simile a un piccolo pescehanno spesso fatto ignorare dellepeculiarità di questo animale chenon esistono in altri gruppi. Quindistudiandolo si potrebbe capire unpo’ di più sulle prime diversifica-zioni dei moderni animali che sonoavvenute circa 560 milioni di annifa. Quanto ai vertebrati, fare un’i-potesi positiva è molto problemati-co. Qui la palla passa ai paleonto-logi, i quali hanno i loro problemiperché lavorano su un materiale didifficile interpretazione. Comun-que quello che ho trovato portereb-be buoni argomenti a favore di unateoria che io un tempo pensavoridicola e cioè che i vertebrati pos-sano avere un antenato comunecon gli echinodermi, cioè quelgruppo che comprende stelle dimare, ricci di mare, eccetera.

Tutto questo ha anche im-plicazioni più generali sulmodo di intendere la geneti-ca e l’evoluzione.

Sì, certo. Considerato che il pro-blema dell’evoluzione e di comeessa avvenga è centrale in questastoria, perché è quello che inrealtà ha determinato l’interpreta-zione di questi animali comeparenti dei vertebrati, qui bisognafare una disamina su cosa la teoriadarwinista e neodarwinsita può inrealtà dire sull’evoluzione. In effet-ti, fin da subito, L’origine delle spe-cie era stata criticata perché, fral’altro, il libro non corrisponde al

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titolo: Darwin non parla di comenasca la specie, ma parla di comevaria. E lo stesso vale per quelloche riguarda i caratteri omologhi,cioè quelli che dovrebbero dimo-strare un’affinità evolutiva tra grup-pi; questa teoria, in versione gene-tica, dice al massimo come rico-noscerli, come possono variare,ma non dice come si formino icaratteri. Il problema è che questicaratteri possono essere indubita-bilmente affini, appartenere agruppi affini, ma utilizzare genidiversi per la loro formazione. Citroviamo di nuovo in una situazio-ne simile a quella dell’Ottocento.Qui mi sembra giusto quello chedicono gli storici della scienza.Perché siamo arrivati ai cordati?Perché una teoria relativamentesemplice, che funzionava bene, èemersa in un momento in cui letecniche di ricerca si affinavano(quindi possibilità di far sezioni,colorazioni e così via) e in cui leUniversità andavano espandendo-si, e quindi la gente aveva bisognodi lavorare e pubblicare. Perciòcosa si fa? C’è una tecnica a dispo-sizione, una bella teoria per in-quadrare rapidamente i risultati ein questo modo si produce unaquantità di materiale che ha unacerta plausibilità. Adesso ci trovia-mo nella stessa situazione; abbia-mo una teoria neodarwiniana chepiù o meno cerca ancora di fun-zionare, una enorme strumenta-zione che ci permette di sequenzia-re geni e localizzarli e in questomodo si produce una quantità esor-bitante di lavori. Però i nodi fonda-mentali non sono stati risolti e quin-di in questa «evo-devo» in realtà

c’è una crescente insoddisfazione eun tentativo di formulare ipotesialternative, che spieghino un po’meglio l’origine dei piani corporei,e non solo come variano.

Tu hai qualche idea in propo-sito?

Sono d’accordo con un illustrecollega svizzero, Denis Dubouledell’Università di Ginevra, chedice che lo sviluppo non spiegal’evoluzione, per il semplice moti-vo che lo sviluppo è un’acquisi-zione relativamente recente dellavita, mentre l’evoluzione riguardatutto il processo, dalle protocelluleai primi stati multicellulari e cosìvia; quindi l’evoluzione evidente-mente procede anche senza lo svi-luppo così come lo intendiamonoi. Però in effetti è abbastanzaingenuo pensare che semplice-mente i geni e le loro mutazionisiano alla base della variabilità chepoi dovrebbe esser vagliata dallaselezione naturale in modo daprodurre le forme viventi e il loroordine, perché innanzitutto i genida soli non fanno nulla, e non èassolutamente certo, anzi forse èimprobabile che siano comparsiper primi. Sembra invece più vero-simile che, durante il passaggiodallo stato prebiotico a quellodelle forme viventi, siano compar-se prima macromolecole protei-che, poi abbozzi di circuiti meta-bolici che solo successivamente sisiano stabilizzati, usando alla fineanche gli acidi nucleici. Cioè, gliacidi nucleici sono solo un com-ponente della vita, ma non neces-sariamente quello fondamentale.

Schema idealizzato dell’anfiossosecondo Richard Owen

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Con una metafora, potrebberoessere paragonati alla nostra me-moria a lungo termine, che sicura-mente è importante, ma noi non ciidentifichiamo con essa, anzi,anche se con una certa difficoltà,possiamo perfino cambiarla. E lostesso fanno le cellule. In realtà si èscoperto che le cellule hannoun’incredibile capacità di regolaree addirittura anche di modificare ipropri stessi geni: secondo il lorofunzionamento che, in definitiva,risente delle condizioni ambienta-li. Il fatto stesso che si sia scopertocon stupore che i geni sono relati-vamente pochi (quelli umani – chesi pensava fossero 100.000, sonoinvece poco più di 30.000) e chesono fondamentalmente simili intutti gli animali, dovrebbe far capi-re che di per sé non possono spie-gare tutta questa variabilità.Quello che spiega la variabilità,secondo me, sono le relazioni trale diverse componenti: è unmondo fatto di relazioni che pro-ducono informazione, non unmondo dove da una parte c’è casoassoluto e dall’altra una selezioneche vaglia i più adatti. Rispetto aquesta idea c’è uno scontento cre-scente. Il vero problema è che nonsiamo capaci di formulare un’ipo-tesi alternativa che sia veramentescientifica e che sia soggetta a spe-rimentazione, perché il problemaè molto complesso.

Questa storia ha anche un’im-portante lezione per l’inse-gnamento delle scienze?

In effetti, l’affermarsi di questa teo-ria circa l’anfiosso e i cordati ha da-

to origine a (e a sua volta è statarafforzata da) tutta un’iconografianelle scuole. Perché è molto im-portante come si comunica lascienza sui libri, anche attraverso leimmagini. E tutti i libri, da quellidelle scuole a quelli dell’Univer-sità, hanno sempre riportato unanfiosso idealizzato che assomigliaincredibilmente a un pesce, con ilsuo bravo schema vicino, anchealterando le sue vere caratteristi-che: pochi sono i disegni, peresempio, che fanno vedere chel’ano dell’anfiosso non è sotto lacoda come quello di un pesce, maè asimmetrico e laterale. Chiara-mente chi studia su questi testi evede costantemente questo tipo diinformazione, che poi è moltosemplice, ne rimane indubbiamen-te influenzato. Ma questa è una sto-ria vecchia. Già nell’Ottocento, in-fatti, per esempio all’inizio delceleberrimo testo di RichardOwen, che ha avuto un ruolo fon-damentale per la nascita dell’anato-mia comparata, si trova in una pagi-na l’archetipo del vertebrato e nellapagina a fianco un disegno moltoidealizzato dell’anfiosso. Qual è il messaggio? Che l’anfiossoè simile all’archetipo. E cos’è que-sto archetipo? Una sorta di «idea»di vertebrato, molto semplice, contutti gli elementi che poi, compli-candosi e modificandosi, danno ori-gine ai vertebrati reali esistenti. Prati-camente consiste in una colonnavertebrale senza una vera testa, conuna ripetizione seriale di unità inter-cambiabili, che possono essere archibranchiali, costole e via dicendo: echi più dell’anfiosso, che non ha unavera testa e ha tutta questa serie di

L’archetipo dei vertebratisecondo Richard Owen

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ripetizioni simili con tantissime fes-sure branchiali, può richiamare que-st’archetipo? L’utilizzo di un ar-chetipo, più o meno consapevole,in realtà è stato necessario per lateoria dei cordati proprio per l’inca-pacità del darwinismo di spiegarel’origine delle forme: siccome daqualche parte bisognava purcominciare, ecco allora l’idea del-l’archetipo, che veniva dalla scien-za romantica, dalla filosofia diOken e di Goethe.

Non trovi curiosa questasinergia tra l’idealismo te-desco e una teoria scientifi-ca come il darwinismo chesembrerebbe esserne la ra-dicale negazione?

Infatti è quello che sto provando ascrivere adesso. C’è un paradosso:che un approccio riduzionista emeccanicista porta a una visioneessenzialistica delle forme, maproprio perché a un certo puntonon riesce più ad aggrapparsi danessuna parte e quindi è costrettoa basarsi su presupposti nondimostrati che devono servirecome punto di partenza. In realtàho l’impressione che questo mododi vedere spieghi poco: in appa-renza spiega tutto, ma forse, pro-prio perché spiega tutto, in defini-tiva non spiega niente. Per esem-pio, siamo oggi tutti d’accordoche nel neodarwinismo nondisponiamo di alcuna teoria checi spieghi come dal genotipo deri-vino i fenotipi. Senza di quella, inrealtà il neodarwinismo non puòfunzionare: perché quando noisappiamo come sono distribuite le

frequenze geniche in una popola-zione non sappiamo poi le formeche ne vengono fuori e il loro futu-ro destino.

Anche considerando tuttequeste difficoltà in cui ti seiimbattuta, che normalmentenon vengono considerate, mache nella realtà esistono, seisoddisfatta di come la scienzaviene oggi insegnata e, se no,cosa dovrebbe cambiare?

No, non sono assolutamente soddi-sfatta. Cosa dovrebbe cambiare?Prima di tutto non si dovrebbe pre-tendere che la scienza sia necessa-riamente produttiva, nel senso chesforni sempre e comunque prodottidi ricerca fruibili a fini economici. Enon si dovrebbe neanche spezzet-tare ogni insegnamento in unaquantità di moduli e di ore che siincastrano in modo da non lasciaretempo né al docente né agli studen-ti di fare altro: l’estrema specializza-zione accompagnata da un’enormequantità di lavori pubblicati finisceper produrre ignoranza, alla fine,perché non si riesce più a avere unavisione d’insieme; però per avereuna visione d’insieme non si puòneanche essere pressati in questamaniera. E infine i docenti non do-vrebbero essere oberati dalla neces-sità di reperire finanziamenti, per-ché in realtà ormai una buona metàdel tempo di chi lavora inUniversità è dedicata alla burocra-zia finalizzata a trovare fondi per laricerca. E dato che questi fondi nonvengono dati per nulla, bisogna farcredere che il nostro programma diricerca ha degli sbocchi applicativi.

Page 10: L’AVVENTURA SCIENTIFICA LA FINE DEI CORDATIemmeciquadro.euresis.org/mc2/27/mc2_27_musso_fine-cordati.pdf · eccezione erano proprio i cordati, nel senso che l’abbozzo di corda

L’AVVENTURASCIENTIFICAL’AVVENTURASCIENTIFICA

agosto 200635

Per esempio, anche per l’anfiosso èstato approvato un progetto interna-zionale da ben 15 milioni di dollariper sequenziare il suo genoma (icui risultati stanno per uscire, e midanno ragione, perché dimostranoche è molto lontano dai vertebrati!).Però come è stato approvato questoprogetto? Dicendo che queste sco-perte avrebbero permesso applica-zioni sull’uomo, per il diabete, lacura del cancro, una quantità dicose assurde a cui nessuno crede,penso neanche quelli che le hannoscritte, però vengono dette perchése no i finanziamenti non vengonodati. Quindi in questo sistema c’èanche qualcosa di profondamentecontrario alla verità scientifica: unoscienziato dovrebbe dire le cosecome stanno, invece così è costret-to a diventare un imbonitore checerca di dire le cose che possonopiacere a chi può finanziare il suolavoro.

Un’altra cosa che è stata fon-damentale per la tua scoper-ta è l’aspetto storico.

Sì, come ho detto, per fortuna io hopotuto ancora vedere dei libri vec-chi perché la vecchia biblioteca nonera ancora stata smantellata. Adessopraticamente non c’è più, è finita inun sotterraneo e non so che finefaranno tutti quei libri, perché si hal’idea che contengano dati vecchi.Ora, può anche essere che i datisiano vecchi, ma le teorie non sonovecchie, perché in realtà sono quel-le che noi continuiamo a utilizzare;purtroppo continueremo a trasci-narci dietro eventuali errori teoricinon corretti. Questo pericolo è av-

vertito dagli storici della scienza,che però al mondo sono pochi e inItalia, per quanto riguarda la biolo-gia, penso siano praticamente inesi-stenti; per quel che ne so, quelli checi sono si occupano sostanzialmen-te solo della fisica. Quindi questo èun grandissimo pericolo, accentua-to anche dall’informatizzazione del-le riviste, perché ormai i nostri stu-denti e i nostri dottorandi non risal-gono a oltre vent’anni fa: per loro lascienza inizia vent’anni fa. Poi cisono quelle teorie ormai diventatedogmi, di cui ben pochi sono ingrado di ricostruire la storia e valu-tarne la validità.

Vuoi dire qualcosa sull’inse-gnamento nelle scuole, vi-sto che fin qui hai parlatosoprattutto dell’Università?

Su questo non so molto, trannequello che sento dai miei figli, peròso che la teoria dei cordati vieneinsegnata. E poi posso dire che vie-ne insegnata una forma un po’rozza di darwinismo; per esempio,io quando sento dire che discendia-mo dalle scimmie sobbalzo, perchénon è assolutamente vero da unpunto di vista scientifico. Anche inrelazione alla recente polemicacontro la Moratti, non si tratta di to-gliere la teoria dell’evoluzione dallescuole o peggio ancora insegnarealtre teorie tipo Intelligent Design,ma si tratta di dire chiaramente chenon disponiamo di una soddisfa-cente teoria dell’evoluzione: c’èstata una teoria darwiniana, poimodificata in neodarwiniana eadesso continuiamo a cercarne unaun pochettino più soddisfacente. �

Intervista rilasciata a Geno-va il 16 maggio 2006.

Sopra: posizione generalmentemantenuta dalla larva dianfiosso rispetto al pelo del-l’acqua.Sotto: posizione dell’adultoquando sta immerso nei fon-dali fangosi