Lavoro di comunità e pratiche di integrazione...
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L’esperienza di Parma (Ciac Onlus)
Bari, 24 giugno 2016 Chiara Marchetti, Michele Rossi
“I muri costruiti intorno a entità politiche non possono sbarrare
l’ingresso a chi sta fuori senza rinchiudere chi sta dentro, non
possono dare sicurezza senza fare dell’ossessione securitaria un
sistema di vita, non possono definire un «loro» esterno senza
produrre un «noi» reazionario. È inevitabile: i muri trasformano
psichicamente, socialmente e politicamente un sistema di vita
protetto in un rinchiudersi e trincerarsi”.
WendyBrown, Stati murati, sovranità in declino.
Lavoro di comunità
e pratiche di integrazione sociale
nell’accoglienza territoriale dei rifugiati
Ripensare l’accoglienza diffusa e il
suo potenziale
superamento della attuale dicotomia tra dimensione tecnico-istituzionale dell’accoglienza (che sembra assumere una forte passività di chi ne beneficia ed un ruolo marginale e di contesto alle comunità autoctone) e la dimensione adattivo-individuale della dinamica di integrazione socio-economica che segue, in cui il soggetto è chiamato a “farcela da solo”.
Valorizzazione della dimensione “culturale” e “politica” di cui ogni migrante è portatore/attore in termini di correponsabilità. Ciò implica la messa in gioco di aspetti simbolici dell’identità non riassumibiili nei contorni della categoria sociale.
Focalizzare sui sistemi di contatto e relazioni per individuare luoghi, tempi e modalità per “integrare” le comunità non “i rifugiati nelle comunità”
Messa a tema del “lavoro di comunità” e in particolare della costruzione del legame sociale come fattori imprescindibili per lo sviluppo di politiche di accoglienza ed integrazionw basate sulla tutela dei diritti.
Un nuovo paradigma di progettareACCOGLIENZA, ATTIVITA’ SERVIZI
“le connessioni ci sono: basta trovarle”. U. Eco, Il pendolo di
Focault
rendere esplicito il legame tra
le quattro dimensioni,
nell’ottica di implementare e
monitorare modalità di
relazione fortemente orientate
all’integrazione sociale:
non solo dei rifugiati “verso” le
altre componenti della
società, ma in un rapporto di
reciproca implicazione.
- non sono settori omogenei: all’interno di ogni settore c’è una forte diversità interna
- è una distinzione analitica: ci sono – e vanno promossi! – interscambi tra i diversi
settori
Le quattro dimensioni citate non sono sinora mai state compresenti nello sviluppo di una progettualità negoziata e condivisa e le loro relazioni si sono sviluppate al più in forme unidirezionali, frequentemente in modo autoreferenziale e assumendo implicitamente che il cambiamento non fosse distribuito ma concentrato sui migranti e – in parte – sugli operatori dedicati. Con questo nuovo approccio la stessa società civile passa da una dimensione solidaristica, caritativa o rivendicativa a un ruolo di attivazione del legame sociale, insieme alle altre componenti, e di destinatario di politiche di integrazione territoriale.
Questo approccio tiene conto del potenziale mostrato dallo stesso concetto di accoglienza decentrata e diffusa. Accogliere i richiedenti asilo senza segregazione promuove sin da subito un contatto con la comunità autoctona, così come la prossimità sviluppa relazioni multiple e processi di social networking.
RIFUGIATI IN FAMIGLIA
-20 accoglienze (2015_2016) – 50 disponibilitò
--progettualità radicamento
-- requisiti: lingua, autonomia, motivazione
-Scelte personali;
--aspettative e paure – ruolo della guida tecnica
--incardinatosprar
TANDEM
-2 appartamenti –4 Rifugiati
-Studenti universitari e precarietà
--lavoro di prossimità (scuole, vicinato
etc)
--
SEGRETARIATO SOCIALE CULTURE ORIENTED
-Servizio pubblico – facilitazione all’accesso
-Utenza: 60% autoctona
-- entrata a regime nei servizi auslAvEmilia Nord
-Rifugiati e autoimprenditorialità;
-Rete territoriale e prevenzione
- Possibilità accesso autonomo (non
solo accompagnamento)
LABORATORI COMPETENZE
TRASVERSALI
Valorizzazione
competenze “locali”
in formazione e
orientamento;
Apprendimenti
informali e
negoziazione sociale
Contaminazione
gruppi e effetto “palla
di neve”. (es. centro
diurno B.)
3 livelli di trasformazione
Da percorso di
accoglienza a costruzione di
pratiche di cittadinanza
Obiettivi comuni e
nuove “alleanze”
Crescita partecipazione comunitaria (sia host che etnhic)
Riduzione pregiudizi/tipizz
azioni
- ripresa contatti background,benessere
socio-psicocologico, scelta
Values shifting, aspettative, differenziazione ambiti di
vita
conclusioni
attiva relazioni che si fanno tessuto non solo in funzione dell’autonomia del beneficiario ma anche delle stesse comunità. Non è solo un tema di “diversità che interroga” ma anche di capacità di futuro: aspettative, ansie, paure, bisogni non sono variabili indipendenti, ma fattori in gioco nel realizzarsi del cambiamento reciproco e nella tensione a costruire un domani capace di contenere e non di escludere.
le radici dell’accoglienza decentrata affondino nell’esperienza dell’antipsichiatria e dell’integrazione scolastica della popolazione disabile: rotture culturali forti, generate “dal basso” e accomunate dall’idea che fosse il sistema di relazioni reciproche, basate sul riconoscimento dello stesso medesimo diritto (vivere in autonomia, frequentare la scuola con i pari età) un fattore di sviluppo dell’identità individuale e della relazione sociale.
Nell’attuale contesto recuperare tale eredità appare fondamentale per ripensare una architettura sociale di maggiore respiro e qualificare le dinamiche di accoglienza nella costruzione del legame sociale interculturale.