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XXVII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI DAL DISTRETTO HARD AL DISTRETTO SOFT: UN’ANALISI EMPIRICA PER IL PIEMONTE Cristina BARGERO, Sylvie OCCELLI IRES- Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte, Via Nizza 18, 10125 Torino. SOMMARIO L’impatto delle ICT costituisce un fattore di trasformazione decisivo per tutte le organizzazioni delle attività umane. Ciò vale a maggior ragione per quelle organizzazioni, quali i distretti industriali, con riferimento alle quali, dimensione e caratteristiche del contesto territoriale costituiscono aspetti intrinseci al funzionamento dell’organizzazione stessa, in quanto l’ambito di competenza di quest’ultima, richiede di fare riferimento ad un’area territoriale. Oggi, l’organizzazione distrettuale non sembra aver assunto ancora una assimilato l’innovazione digitale: per molte, “si respira aria di attivismo, concreto e serio, per altre le nuove tecnologie vengono quasi subite come fenomeno di moda, accolto da un sostanziale disinteresse”. Questo lavoro si propone di contribuire alla messa a fuoco di alcuni di questi aspetti, formulando una riflessione in ordine al percorso suddetto, a partire dall’esperienza di alcune imprese piemontesi.

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XXVII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

DAL DISTRETTO HARD AL DISTRETTO SOFT: UN’ANALISI EMPIRICA PER IL PIEMONTE

Cristina BARGERO, Sylvie OCCELLI

IRES- Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte, Via Nizza 18, 10125 Torino.

SOMMARIOL’impatto delle ICT costituisce un fattore di trasformazione decisivo per tutte le organizzazioni delle attività umane. Ciò vale a maggior ragione per quelle organizzazioni, quali i distretti industriali, con riferimento alle quali, dimensione e caratteristiche del contesto territoriale costituiscono aspetti intrinseci al funzionamento dell’organizzazione stessa, in quanto l’ambito di competenza di quest’ultima, richiede di fare riferimento ad un’area territoriale. Oggi, l’organizzazione distrettuale non sembra aver assunto ancora una assimilato l’innovazione digitale: per molte, “si respira aria di attivismo, concreto e serio, per altre le nuove tecnologie vengono quasi subite come fenomeno di moda, accolto da un sostanziale disinteresse”.Questo lavoro si propone di contribuire alla messa a fuoco di alcuni di questi aspetti, formulando una riflessione in ordine al percorso suddetto, a partire dall’esperienza di alcune imprese piemontesi.

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1.Introduzione

L’impatto delle ICT ed i correlati che queste ultime chiamano in causa – Internet, le nuove configurazioni relazionali, l’informazione ed i processi di apprendimento, le forme di innovazione – costituiscono fattori di trasformazione decisivi per tutte le organizzazioni delle attività umane. Tali trasformazioni, inoltre, non toccano solo gli elementi interni alle organizzazioni (la loro struttura e le relative modalità funzionali), ma anche quelli esterni – tipicamente le relazioni che legano l’organizzazione alla collettività cui appartiene, all’area in cui è situata, ai paesi con i quali intrattiene relazioni di scambio. Ciò vale a maggior ragione per tutte quelle organizzazioni, quali i distretti, con riferimento alle quali, dimensione e caratteristiche del contesto territoriale costituiscono aspetti intrinseci al funzionamento dell’organizzazione stessa. Oggi i distretti si presentano divisi a metà quanto ad atteggiamento di fronte all’innovazione digitale: per metà si respira aria di attivismo, concreto e serio, per un’altra metà le nuove tecnologie vengono quasi subite come fenomeno di moda, accolto da un sostanziale disinteresse(Rullani, 2000).Questo lavoro si propone di contribuire alla messa a fuoco di alcuni di questi aspetti, a partire dall’analisi di un campione di imprese piemontesi.Il testo è organizzato come segue. Il cap. 2 si sofferma sull’impatto dell’economia della conoscenza e della globalizzazione sul contesto produttivo dei distretti, richiamando i più significativi orientamenti della letteratura. Il capitolo 3 propone una serie di considerazioni per evidenziare le caratteristiche distintive che contraddistinguono il distretto alla luce degli impatti suddetti. In questa direzione, a partire dal riconoscimento delle condizioni abilitanti per la nuova economia della conoscenza - quali la diffusione di competenze e della conoscenza, i network relazionali, l’approccio al cambiamento e all’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (le cosiddette ICT) - , si formula un’ipotesi descrittiva che distingue tra distretto hard e distretto soft. Dopo aver individuato alcuni indicatori di misura, il capitolo 4 presenta i risultati di un’investigazione empirica di tali nozioni di distretto hard e di distretto soft, con riferimento alle imprese distrettuali e non del Piemonte. L’ultimo capitolo, oltre a trarre alcune riflessioni conclusive, avanza alcune considerazioni in ordine al ruolo delle nuove tecnologie e della società dell’informazione sulle imprese distrettuali e all’eventuale ruolo delle politiche pubbliche.

2.Imprese distrettuali, ICT e globalizzazione, una rassegna delle letteratura

I distretti industriali sono stati per anni un modello di sviluppo industriale di successo. Sviluppatisi come realtà produttiva con vocazione localistica, oggi essi si trovano a realizzare i relativi processi di sviluppo secondo logiche di internazionalizzazione, in un contesto

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competitivo notevolmente mutato in termini di complessità e di turbolenza e più complesso, caratterizzato da una crescente turbolenza e rapidità di cambiamento1. In tale contesto, le nuove tecnologie, le ICT, possono diventare un fattore abilitante, che permette alle imprese distrettuali di sfruttare i nuovi vantaggi competitivi connessi alla globalizzazione2. Peraltro, come alcuni autori hanno messo in luce (Rullani, 2000), la struttura reticolare tipica dei distretti è in qualche modo affine alla natura sistemica delle ICT. Ciò non toglie che la nozione stessa di distretto3 richieda di essere sottoposta a riflessione critica. Si va affermando, cioè, la consapevolezza che l’introduzione delle nuove tecnologie impone un ripensamento del modello distrettuale (Lane, 2005, Rullani, 2000, Miceli 2000). In questa direzione, ad esempio, due scenari contrapposti sono stati prospettati (Mariotti, Piscitello, Sgobbi 2004):

Nel primo il diffondersi di piattaforme di scambio e comunicazione basato sulle tecnologie di rete porta ad una graduale sostituzione della tradizionale rete di relazioni tipiche delle PMI. La rete messa in opera dalle tecnologie tenderebbe quindi a sostituirsi al territorio sia per le transazioni del mercato, sia per l’accesso alle informazioni e alle conoscenze.

Nel secondo le tecnologie rappresentano un fattore ri-qualificante. Gli operatori economici, pertanto, avrebbero interesse a infittire i rapporti legati al territorio per amplificare l’impatto innovativo delle nuove tecnologie. Ciò motiverebbe l’importanza di azioni di sostegno e di stimolo da parte degli attori istituzionali ed imprenditoriali riguardo all’adozione delle nuove tecnologie nel territorio del distretto.

1 Le cause di tale complessità sono da ricercarsi in differenti fattori quali: la globalizzazione dei mercati, con un aumento della pressione competitiva ad opera sia di grandi imprese operanti in paesi industrializzati sia di piccole imprese operanti in paesi ad economia emergente; i continui mutamenti socio-culturali incorsi nelle società, manifestantesi attraverso la domanda di nuovi prodotti e servizi sempre più personalizzati e con elevati standard qualitativi; ed i fenomeni di instabilità politico-finaziaria sempre più fonte di vantaggi e svantaggi competitivi.

2 Per queste organizzazioni, un aspetto cruciale delle trasformazioni, molteplici, determinate dalle ICT riguarda, - coeteris paribus quanto ai cambiamenti epocali in atto, globalizzazione, processi di costruzione dell’UE, decentramento amministrativo - le relazioni tra organizzazione / modalità di funzionamento delle attività, e inscrizione di queste nel territorio, - dove, si badi bene, il territorio non è un semplice contenitore dell’organizzazione, nel quale si inscrivono gli ‘esiti delle attività’ .Si afferma, in altre parole, la necessità di un riesame critico dei modi di concepire le relazioni suddette, rivedendo il meccanismo accreditato del ‘mapping uno ad uno tra attività / servizi e area territoriale di pertinenza e/o di esplicazione dell’attività (area di mercato). Ci si trova di fronte, cioè, ai problemi preconizzati da Castells (1996) un decennio or sono, nel riconoscimento dello scollamento fra spazio dei flussi e spazio dei flussi.3 Seecondo la concezione da tempo accreditata nella letteratura specialistica, un descritto è definito come un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali (Beccatini, 1989). Le imprese appartenenti al distretto beneficiano di un complesso sistema di interrelazioni, radicate nel sistema produttivo, negli attori economici e sociali, nella cultura e nell’apprendimento collettivo (Camagni, 1991).

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Entrambi gli scenari, peraltro, si collocano in un quadro di trasformazioni economico-organizzative assai ampio e non facilmente precisabile in modo esaustivo i cui principali aspetti si possono richiamare in quanto segue.

a) GlobalizzazioneDi fronte all’avvento della Società dell’Informazione ed alla globalizzazione dei mercati e delle attività, i distretti sono di fronte a un complesso mix di opportunità e minacce, che rende difficile prevedere se e attraverso quali modelli di business i distretti riusciranno a mantenere la propria competitività.Nel caso dei distretti industriali, l’avvento della globalizzazione configura uno scenario evolutivo contraddittorio, detto anche location paradox (Storper, 1997; Enright, 1998; Porter, 1998). Da un lato, infatti, la globalizzazione dell’intero sistema economico, che abbatte molti costi di transazione, sostenuta dalle nuove tecnologie, induce anche i sistemi produttivi tradizionalmente più chiusi a superare i propri confini alla ricerca di nuove configurazioni; dall’altro, la maggior facilità di trasferire ed imitare competenze e modelli produttivi “standard” rafforza l’importanza di quei vantaggi competitivi radicati in specifici contesti locali, proprio perché più difficili da imitare.Il location paradox impone alle imprese distrettuali una scelta tra lo slancio verso nuove opportunità di crescita all’esterno, con il rischio di indebolire le reti di contatti tipici delle imprese distrettuali, ed il focus locale sui tradizionali vantaggi specifici del distretto, con il rischio di precludere i vantaggi di un modello competitivo più aperto alle interazioni con l’ambiente esterno al distretto.Mentre l’internazionalizzazione delle attività economiche non è un fenomeno nuovo, le applicazioni Internet-based rappresentano elementi inediti il cui impatto tende a determinare un’accelerazione dell’intera economia, alimentando le dinamiche stesse dei processi di globalizzazione, - creazione di una maggior complessità nelle transazioni economiche e nell’organizzazione delle attività produttive(Castells, 2001; Cerny, 1995), grazie all’abbattimento dei costi di attività information-intensive, ( comunicazione, marketing, vendite, ecc.) -.

b) InnovazioneL'economia moderna è anche un’economia della conoscenza. Essa impone cambiamenti delle realtà distrettuali anche dall'interno. Per occupare i nuovi spazi aperti dalla globalizzazione, i distretti devono confrontarsi con processi continuativi di innovazione: modificando i prodotti e il modo in cui vengono fabbricati, valorizzando quelle Core Activities, sulle quali si fonda il loro vantaggio competitivo.

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Le ICT, favorendo i processi di deverticalizzazione e la creazione di network locali, nazionali ed internazionali, sono in grado di agevolare anche le imprese di minori dimensioni (Bangemann Report, 1994; OECD, 1998a; Gillespie et al., 2001). Esse possono diventare:o risorse abilitanti per migliorare la competitività dei distretti, grazie a i vantaggi connessi

alla riduzione delle distanze spazio-temporali ed alle minori economie di scala nei processi information-intensive, che consentono di ridurre alcune delle barriere che storicamente ostacolano la presenza internazionale delle imprese di piccola e media dimensione (PMI);

o uno strumento di innovazione in grado di incidere nell’area relazionale/organizzativa nel ridisegno di interazioni tra imprese, tra imprese e istituzioni e, qualora integrata con le risorse e le competenze esistenti, possono consentire uno sviluppo ottimale dei processi di delocalizzazione produttiva e di penetrazione in nuovi mercati;

o non solo strumenti per ottimizzare le interazioni di front-end, ma anche leve più generali per migliorare i processi interni, agevolare il conseguimento degli obiettivi di business, e organizzare meglio i processi lungo tutti gli anelli della catena del valore (dalla produzione alla logistica).

c) Competenze e conoscenzeDiversamente dalle tecnologie tradizionalmente utilizzate nell’impresa, le ICT richiedono competenze specifiche. La formazione di nuove competenze professionali, peraltro, rappresenta un aspetto rilevante della moderna impresa non solo della grande impresa, ma anche della piccola e media impresa. Dal canto loro, poichè consentono di qualificare in chiave tecnologica meccanismi di accumulazione conoscitiva sia delle competenze professionali individuali, sia di quelle di livello superiore proprie dell’impresa e del sistema di imprese, le ICT rivestono una notevole importanza anche dal punto di vista della formazione delle competenze suddette.Da questo punto di vista, già è stato rilevato (Micelli, 2001) come le ICT possano allargare le basi dell’innovazione: a) proponendo ambienti applicativi in grado di valorizzare contributi distribuiti, b) permettendo la creazione di nuovi spazi digitali di incontro e dialogo, ecc.) favorendo la possibilità di condividere informazioni e conoscenze e di collaborare alla soluzione di problemi comuni4. d) Reti di interdipendenza sistemica tra locale e globale

4 La capacità innovativa di un’area, inoltre, non dipende soltanto dall’accumulazione nel tempo di conoscenze, competenze e abilità locali, ma anche dalle esperienze delle aree vicine e dagli scambi di informazioni e know-how. A questo proposito, la letteratura specialistica ha da tempo riconosciuto come la funzione di accumulazione delle conoscenze, che sta alla base dei rendimenti crescenti dell’impresa, si modifichi per introdurre la considerazione degli spillovers tecnologici, la cui diffusione, a sua volta, dipende dalla distanza e dalla frequenza dei flussi.

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La concentrazione spaziale dell’innovazione è spiegata sia dalla presenza di economie di agglomerazione (localizzazione) di tipo marshalliano (Krugman, 1991) sia dagli spillovers tecnologici di conoscenza (tacita), il cui costo di trasmissione cresce con la distanza (Von Hippel, 1994; Audretsch, 1998). Tuttavia alcuni autori ritengono che tra le due forze quella maggiormente responsabile della propensione dell’attività economica a raggrupparsi sia quella legata agli spillovers di conoscenza (Audretsch e Feldman, 1996). I flussi di conoscenza, peraltro, non sono invisibili (Krugman, 1991), ma possono essere misurabili perché “lasciano una traccia scritta”(Jaffe et al., 1993), identificabile con i flussi di mobilità della popolazioneConsiderando il sistema distrettuale, sia rispetto alla dimensione locale sia relativamente a quella globale, un nodo cruciale per la sua evoluzione è rappresentato dal rapporto tra i saperi derivanti dall’esperienza diretta degli attori locali (sapere tacito) e le conoscente esternalizzate, perché esplicite e trasferibili, che consentono di accedere alle reti globali (sapere codificato). I due tipi di conoscenza, infatti, possono entrare in contrasto tra loro quanto a contenuti ed esperienze professionali/formative, mentre dovrebbero essere complementari tra loro (Rullani, 2000)5. La combinazione delle caratteristiche dei due saperi permette di generare valore economico. In questo senso la variabile strategica non è più tanto l'esportazione di merci (che non favorisce le alleanze con partners esteri), e di macchine o componenti (che trasferisce le conoscenze senza radicamento delle relazioni), quanto la formazione di canali di scambio regolato delle conoscenze e di accumulazione congiunta di nuove conoscenze. Inoltre, l’importanza strategica giocata dalle ICT nel rendere più efficienti i flussi informativi sia lungo la filiera sia nelle relazioni con i partners (anche esteri) riduce i costi di transazione, tra i quali quelli legati al time-to-market, consentendo così di rispondere prontamente alle fluttuazioni del mercato( Rullani 2003).

3. Dal distretto hard al distretto softA fronte dei fenomeni sopra richiamati, la nozione convenzionale di distretto (Beccattini 1989), sta gradualmente perdendo significato. La letteratura esaminata mette in luce come si vada affermando un nuovo tipo di organizzazione socio-produttiva, maggiormente attenta a sfruttare i vantaggi e le opportunità connesse alla globalizzazione, grazie alla presenza ed all’utilizzo delle ICT.Il profilo di tale nuovo tipo di organizzazione socio-produttiva, tuttavia, non è, al momento, chiaramente identificabile in modo esaustivo, sia perché le categorie concettuali proposte in

5 Il sapere che viene dall'esperienza utilizza risorse disponibili "gratuitamente" in loco come le tradizioni, la cultura locale, le relazioni basate sulla conoscenza personale e la fiducia reciproca, e questo è anche quello che rende specifica, distinta, riconoscibile una produzione locale. Il sapere codificato consente di uscire dallo spazio del sistema locale e di interloquire con clienti e fornitori lontani, in quanto standardizza la comunicazione in codici conosciuti indipendentemente dai contesti.

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letteratura non sono ancora pervenute ad un’interpretazione soddisfacente, sia perché spesso non si dispongono di informazioni adeguate per una verifica dei empirica delle ipotesi di lettura proposte.A partire dalle indicazioni degli studi sopra menzionati, nel seguito si suggeriscono i tratti di tale profilo, selezionando dapprima alcune chiavi di lettura distintive del distretto, ed esaminandone poi l’articolazione rispetto, da un lato, alla nozione consolidata di distretto, indicata nel testo con distretto hard, e dall’altro, alla definizione che va affermandosi, indicata nel testo con distretto soft , in relazione al nuovo tipo di organizzazione socio-produttiva determinata dalla knowledge economy. La descrizione proposta è presentata nella Tabella 1. Le chiavi definitorie dell’organizzazione distrettuale , che, tuttavia valgono anche per un sistema produttivo locale, possono richiamarsi come segue: l ’identità distrettuale. E’ individuata dalla letteratura economica a partire dal

riconoscimento dei legami fra le imprese di un territorio, dal loro radicamento al un territorio stesso, dalla presenza di un capitale sociale radicato e consolidato. Per lungo tempo è stato geograficamente localizzata a un territorio ben definito, mentre oggi essa appare estendersi a comprendere uno spazio, creato dai flussi di servizi e di relazioni, non necessariamente legate a uno solo e specifico contesto territoriale;

il tipo di relazioni presenti e la loro configurazione. L’aspetto caratterizzante dei distretti, insito nella comune cultura industriale, genera fitte interazioni di tipo input-output fra attori diversi e nel forte radicamento nella struttura sociale locale (Brusco, 1982). Tali interrelazioni intimamente radicate nel sistema produttivo, negli attori economici e sociali, nella cultura e nell’apprendimento collettivo generano delle economie di agglomerazione, di cui le imprese del distretto beneficiano, in quanto insite in un complesso sistema di interrelazioni, (Camagni, 1991) che possono essere amplificate dalle nuove reti messe a disposizione dalle nuove tecnologie. La presenza di relazioni e la loro configurazione è un elemento che caratterizza un sistema produttivo locale e ne indica da un lato la coesione, dall’altro l’apertura non solo commerciale a rapporti e stimoli esterni .L’individuazione delle relazioni, ma soprattutto dei valori su cui hanno il proprio fondamento, della loro densità ed apertura consente di delineare le caratteristiche economico-organizzative delle imprese distrettuali, la loro propensione all’internalizzazione e di fornire un inquadramento delle imprese distrettuali rispetto alla net e knowledge economy ( in cui il ruolo della rete diventa fondamentale rispetto alla generazione e trasmissione di conoscenza), e alla globalizzazione ;

gli attori presenti. L’individuazione degli attori, che è fondamentale in quanto è dagli attori che si generano i comportamenti e le policies individuali e distrettuali, ci permette di cogliere la collocazione del distretto nei confronti della knowledge economy ed anche l’attitudine a costruire ed implementare reti relazioni: laddove vi siano università e centri di ricerca sarà facilitata le presenza di knowledge workers e di skills qualificate a

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disposizione delle imprese. È rilevante anche la presenza di attori istituzionali, particolarmente sensibili a intraprendere politiche di incentivazione e promozione delle nuove tecnologie;

la conoscenza è un fenomeno abilitante dello sviluppo di un contesto socio-territoriale. Inoltre la localizzazione può aiutare la trasformazione della conoscenza tacita in esplicita e produrre in tal modo esternalità positive per le piccole e medie imprese La ricchezza economica e sociale infatti è creata attraverso la creazione, produzione, distribuzione e consumo di conoscenza tacita ed esplicita e di prodotti/servizi ad elevata intensità di conoscenza. Per quel che riguarda la conoscenza oggi emergono due fenomeni: sono fortemente cresciuti gli investimenti nella produzione e trasmissione di conoscenze (istruzione, formazione,ricerca, management) e si sono fortemente ridotti i costi di codificazione, trasmissione e acquisizione delle conoscenze, grazie alla tecnologia (Ict, Internet,….). Le forme di apprendimento collettivo, che un tempo si sviluppavano più facilmente in un sistema produttivo locale, fondandosi sulle interazioni orizzontali tra gli attor e che oggi sono facilitate e amplificate dalle nuove tecnologie, sono considerate essenziali per l’innovazione, e, di conseguenza, spesso, la crescita economica. Sebbene le Ict, siano per loro definii intrinsecamente votate a ridurre e d abbattere le distanze, le produzioni ICT invece mostrano una certa propensione alla concentrazione territoriale generando così spillovers conoscitivi spazialmente localizzati (Breschi 2001). Di conseguenza la conoscenza è divenuta una risorsa maggiormente replicabile e mobile, sempre più indipendente dallo spazio e dal tempo e sempre più accessibile ai nuovi entranti, purchè capaci di mettersi in “rete” ;

l’atteggiamento al cambiamento, in generale, e in particolare alla globalizzazione è indice della capacità innovativa di un sistema produttivo, della sua sopravvivenza futura rispetto ai cambiamenti turbolenti legati alla globalizzazione . La globalizzazione può dare origine a una diffusione territoriale delle attività economiche, ma può anche consentire alle imprese e alle località con fonti specifiche di vantaggio competitivo di sfruttare i propri vantaggi su aree geografiche sempre più ampie, spesso, ma non sempre, a danno di altre aree. Nella misura in cui le forze globalizzanti si muovono a un ritmo più veloce di quanto non facciano le forze che influenzano le fonti territoriali del vantaggio competitivo, le economie acquisiranno elementi di maggiore, non di minore, distinzione. Le tendenze alla globalizzazione e alla localizzazione creano "il luogo"; in particolare le caratteristiche che decideranno se un dato luogo è in grado di terra vantaggi o svantaggi dalle tendenze alla globalizzazione e localizzazione . Il diverso approccio al cambiamento delle imprese distrettuali si declina nell’atteggiamento che esse assumono di fronte alla globalizzazione: quelle “pigre” nei confronti del cambiamento si adattano alla globalizzazione per sopravvivere alla concorrenza di nuovi mercati, quelle “attive” verso

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il cambiamento vedono nella globalizzazione un’opportunità per estendere le proprie reti relazionali e innovare.

Tabella 1 Chiavi di lettura dell’organizzazione socio-produttiva nel distretto hard e nel

distretto soft

  Distretto hard Distretto soft

Identità del distretto attribuita dall'esterno, forte identità territoriale, quale caratteristica necessaria riconosciuto dagli agenti distrettuali

Natura delle relazioni sovrapposte, fiduciarie, informali, interne sovrapposte,fiduciarie, relazionali, esterne

Configurazione delle relazioni

sistema chiuso, reti lineari in uscita e in entrata, scambi prevalentemente commerciali

sistema aperto, reti circolari, scambi commerciali, informativi

Attori imprese distrettuali, Pa locale, clienti e fornitori esterni, scuole specialistiche e università locali

imprese distrettuali ed esterne, Pa locale e centrale, scuole specialistiche e università locali

ed esterne, knowledge worker

Conoscenzatacita,informale, generata internamente al distretto attraverso routines, focalizzata sulla produzione del

distretto

tacita, esplicita, relazionale, co-generata internamente ed esternamente al distretto

Approccio al cambiamento

adattivo e reattivo, orientato all'innovazione incrementale, le nuove tecnologie sono considerate perlopiù una

commodity

proattivo e continuo, orientato all'innovazione radicale e incrementale, le nuove tecnologie

sono uno strumento di riorganizzazione interna e relazionale

Atteggiamento verso la globalizzazione

aggiustamenti adattivi, con comportamenti volti a mantenere le proprie quote di mercato

attivo, di impulso, con comportamenti volti a penetrare in nuovi mercati anche tramite nuove

tipologie di prodotti

Il distretto hard coincide essenzialmente con il distretto industriale inteso alla Marshall( 1961) e alla Beccatini (1989). Come noto, la sua identità è stata legittimata da un riconoscimento esterno, normativo, cui si è giunti per ragioni essenzialmente amministrative,ai fini dell’ottenimento di finanziamenti agevolati in due leggi6 .6 La Legge 317 del 5 Ottobre 1991 definisce i distretti industriali al I comma dell’articolo 36 quali:“Aree territoriali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole e medie imprese,con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente, nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme dell’imprese”. In un decreto attuativo sono definiti una serie di parametri quali:a) “un indice di industrializzazione manifatturiera calcolato in termini di addetti, come quota percentuale di occupazione nell’industria manifatturiera locale, che sia superiore del 30% all’analogo dato nazionale. Le regioni nelle quali l’indice di industrializzazione manifatturiera a livello regionale risulta inferiore a quello nazionale possono assumere come valore di riferimento il dato regionale”;b) “un indice di densità imprenditoriale dell’industria manifatturiera, calcolato in termini di unità locali in rapporto alla popolazione residente superiore alla media nazionale”;

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Dalla definizione legislativa si evince il secondo punto che caratterizza il distretto hard ossia il suo forte radicamento territoriale che si esprime in una serie di fattori quali la compresenza territoriale di elementi di competizione e di cooperazione tale da ridurre i costi delle transazioni di mercato;la mobilità orizzontale e verticale dei lavoratori, resa possibile dal sussistere di un notevole numero di imprese nello stesso territorio e infine la presenza in ambito locale di fattori di produzione non materiali (cultura imprenditoriale, capitale sociale) storicamente accumulati.Nel distretto hard, esiste un mapping uno-ad-uno tra organizzazione socio-produttiva ed ambito territoriale nel quale tale organizzazione è insediata.I fattori determinanti sono le economie di agglomerazione ed in particolare quelle di localizzazione e quelle pecuniarie. Un ambiente favorevole per la presenza di fattori, beni e servizi specializzati e specifici ad un’industria sono sufficienti a spiegare la concentrazione geografica in distretti (siano industriali o tecnologici). Le scelte localizzative di tutte le imprese (e quindi anche di quelle high tech) dipendono dai vantaggi legati ai rendimenti crescenti di scala e alla riduzione dei costi di trasporto.Con riferimento alla natura ed alla configurazione delle relazioni, il distretto hard si contraddistingue per la presenza di network sociali (fondati sui legami di parentela, di conterraneità e rinforzati dalla ripetizione delle interazioni) che facilitano il flusso di scambi commerciali e informativi all’interno dei distretti . Le relazioni tra attori distrettuali, quindi, sono in primo luogo informali e fiduciarie, poggiano cioè su valori di fiducia reciproco, reputazione e stima e contribuiscono anch’esse a ridurre i costi di transazione distrettuali. Tuttavia, i vari sistemi di relazioni siano essi reti di informazione, di filiere di produzione o reti di scambio tendono ad interessare esclusivamente il territorio del distretto. Il tipo di distretto descritto, che si connota per una forte localizzazione, proprio per le dinamiche interne sopra descritte subisce in una certa qual misura la globalizzazione, reagendo con aggiustamenti adattivi, finalizzati a mantenere le proprie quote di mercato. Le innovazioni legate alle ICT, quindi, rischiano di diventare solo uno strumento di miglioramento di efficienza dei processi interni alle imprese. Infatti il modello di crescita di tali realtà produttive, pur stimolato da forze di mercato esterne, rimane tuttavia endogeno, in quanto connesso al capitale sociale e alla conoscenza tacita distrettuali.

c) “un indice di specializzazione produttiva, calcolato in termini di addetti come quota percentuale di occupazione in una determinata attività manifatturiera rispetto al totale degli addetti al settore manifatturiero, superiore del 30% dell’analogo dato nazionale. L’attività manifatturiera posta a riferimento deve essere riferita alla classificazione delle attività economiche dell’Istat e corrispondere alla realtà produttiva della zona considerata nelle sue dipendenze”;d) “un livello di occupazione nell’attività manifatturiera di specializzazione superiore al 30% degli occupati manifatturieri dell’area”;e) “una quota di occupazione nelle piccole imprese operanti nell’attività manifatturiera di specializzazione superiore al 50% degli occupati in tutte le imprese operanti nell’attività dispecializzazione dell’area”.In una fase successiva la Legge 140 dell’11 Maggio 1999 ha in parte modificato tali requisiti tenendo conto della difficoltà incontrata dalle Regioni nella definizione dei Distretti Industriali alla luce della rigida parametrizzazione della precedente Legge.

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Nel distretto soft viene meno il mapping uno-ad-uno tra organizzazione socio-produttiva ed ambito territoriale nel quale tale organizzazione è insediata. Il suo riconoscimento, infatti, deriva da un processo di consapevolezza e di auto-affermazione degli attori distrettuali, che adottano schemi di risposta adeguati per la gestione della complessità.Come già accennato l’ identificazione delle strutture organizzative e produttive distrettuali è più blanda rispetto a quella del distretto hard in quanto muta profondamente la diffusione spaziale delle reti relazionali, non solo più fiduciarie e routinarie tra attori distrettuali attraverso routines e rapporti fiduciarie, ma estese, grazie alle potenzialità offerte dalla nuove tecnologie. Le reti diventano infatti, regionali nazionali e transnazionali e non si limitano a connettere le imprese distrettuali con clienti e fornitori esterni, ma diventano un veicolo di trasmissione e co-generazione della conoscenza. L' affiancamento ai flussi di esportazione di strategie di comunicazione e relazione stabili con i mercati, poi, permette di produrre altra conoscenza da incorporare in prodotti e processi. Tuttavia, nella costruzione delle reti transnazionali, non vanno persi gli elementi di specificità locali, valorizzando le caratteristiche peculiari di ciascun partecipante allo scambio.Ne consegue che, rispetto al distretto hard, la tipologia di attori coinvolti diventa molto più ampia e variegata: imprese distrettuali e extradistrettuali, Pa locale e nazionale, organismi trasnazionali, centri di ricerca, università e parchi tecnologici situati anche al di fuori dei distretti. La particolarità di tali attori diventa quella di avere in sé caratteristiche proprie per la generazione di conoscenza tacita, esplicita e anche filtrata attraverso le nuove tecnologie. Diventa quindi importante la formazione e l’attrazione all’interno di personale altamente qualificato, ossia i cosiddetti knowledge workers.La conoscenza si genera a attraverso un processo di learning in action e by interacting, ossia attraverso un’interazione continua tra attori esterni ed interni al processo, attraverso dinamiche di trasformazione delle competenze non legate solo più esclusivamente a un contesto locale. Infatti in primo luogo l’innovazione tecnologica si basa su processi di interazione tra una pluralità di attori economici, istuzionali e non e (Edquist, 1997) e su un tessuto locale particolarmente ricco di beni collettivi «dedicati» università,centri di ricerca, parchi tecnologici) ,e capaci di generare economie di agglomerazione (Trigilia,2005). La localizzazione infatti può aiutare la trasformazione della conoscenza tacita in esplicita e produrre in tal modo esternalità positive per le piccole e medie imprese

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Le nuove tecnologie, che permettono di annullare o ridurre gli spazi, possono, quindi supportare l'impresa nel processi di valorizzazione dei patrimoni cognitivi distribuiti sia all'interno della propria struttura sia al di fuori, in quanto non solo portano ad un sostanziale abbattimento dei costi di comunicazione, ma consentono di valorizzare forme distribuite di saperi. Conseguenza logica di quanto è stato finora detto è che i distretto soft si avvalgono di una serie di vantaggi connessi alla globalizzazione, sfruttando in particolare le accresciute relazioni connettive, che possono accrescere la a capacità innovativa dei distretti stessi. Infatti, la capacità innovativa poggia soprattutto i spillovers tecnologici di conoscenza (tacita), il cui costo di trasmissione cresce con la distanza . Le ICT, di conseguenza, se utilizzate non solo come una mera commodity, ma viste nel loro ruolo di strumento per lo sfruttamento e la trasmissione di informazioni e la creazione di conoscenza, possono diventare un fattore abilitante, che permette alle imprese distrettuali di beneficiare dei nuovi vantaggi competitivi connessi alla globalizzazione.Il distretto soft si configura quindi come una realtà fortemente improntata all’innovazione e al cambiamento, un cambiamento che si genera sia endogenamente che esogenamente per via degli attori e delle forze connettive coinvolte che non sono solo più locali ma che diventano globali.

4. L’analisi empirica delle nozioni di distretto hard e di distretto soft

4.1 L’impostazione dell’analisiSi presentano i risultati di un’esplorazione empirica delle nozioni di distretto hard e soft, a partire da un’elaborazione statistica condotta sulla base di un dataset informativo relativo ad un campione di 376 imprese piemontesi, intervistate nell’ambito di un progetto europeo di benchmarking della Società dell’Informazione 7. In tale campione, circa il 62% appartiene al settore manifatturiero, il 17% al commercio, il 2% al settore relativo ad alberghi e ristoranti, il 4% ai trasporti e alle comunicazioni e il 15% ai servizi all’impresa e all’informatica, così localizzate nelle diverse province piemontesi. La composizione territoriale del campione è mostrata in Figura 1:A partire delle informazioni contenute in tale dataset sono stati predisposti alcuni indicatori ritenuti rappresentativi dell’appartenenza di un’impresa al distretto soft, quale precedentemente delineato. Per la natura del dataset, non tutte le chiavi di lettura dell’organizzazione socio-produttiva introdotte in Tabella 1 hanno potuto essere adeguatamente tenute in conto. Come mostrato nella Tabella 2, infatti, l’identità del distretto non ha potuto essere convenientemente rappresentata ed è stata pertanto trascurata.7 Il dataset utilizzato è quello ottenuto dalle rilevazioni 2005 condotte nell’ambito del Progetto Understand, nel quadro delle attività dell’Osservatorio ICT Piemonte.

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ASTI 3%

CUNEO 18%

NOVARA 12%

TORINO 43%

VERCELLI 5%

VERBANO CUSIO OSSOLA

4%

BIELLA 4%

ALESSANDRIA 11%

Figura 1 Articolazione del campione di imprese secondo le province

Tabella 2 Indicatori utilizzati per il riconoscimento dell’appartenenza al distretto soft

Indicatori Chiavi di lettura (vedi Tab.1)

Presenza di corsi di formazione ICT Conoscenza

Presenza di relazioni con università, centri di ricerca,parchi

tecnologiciRelazioni

Presenza significativa di filiera internazionale Atteggiamento verso la globalizzazione

Connessione con banda larga superiore a 2 megabyte Approccio al cambiamento

Utilizzo di ecommerce avanzato Approccio al cambiamento

Utilizzo della videoconferenza Approccio al cambiamento

Utilizzo di egovernement avanzato Approccio al cambiamento, relazioni

Utilizzo del telelavoro Approccio al cambiamento, relazioni

Innovazione di prodotto congiuntamente a partner Approccio al cambiamento, relazioni

Utilizzo dell'elearning Approccio al cambiamento, conoscenza

Benefici percepiti nella diminuzione dei costi esterni

attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie

Atteggiamento verso la globalizzazione, approccio al cambiamento

Benefici percepiti nell'aumento della dispersione geografica

attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie

Atteggiamento verso la globalizzazione, approccio al cambiamento

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4.2 I cluster di impreseL’analisi di cluster8 condotta sulla base degli indicatori selezionati, ha permesso di identificare cinque gruppi di imprese, il cui profilo descrittivo è sinteticamente illustrato in quanto segue9.Tabella 3 Composizione dei cluster sulla base degli indicatori selezionati

Indicatori

cluster 1

hard

cluster 2market

oriented

cluster 3globalization senistive

cluster 4information

sensitive

cluster 5organization

senistive Piemonte

%di imprese (a) che attivano corsi di formazione ICT 39,2 44,8 59,6 81,4 60 52,9

% di imprese con filiera internazionale 10,8 16,4 20,2 25,6 26,7 15

%di imprese che hanno ottenuto benefici

relativamente alla crescita dell'innovazione di prodotto

20 19,4 42,6 18,6 33,3 28,6

%di imprese con collegamenti bl >2Mb 0 100 29,8 25,6 40 33

%di imprese che utilizzano videoconferenza 11,5 4,5 13,8 41,9 26,7 18

%di imprese utilizzatrici di ecommerce avanzato 1,5 14,9 1,1 2,3 2,2 1,3

%di imprese utilizzatrici di egovernement avanzato 5,4 4,5 6,4 32,6 20 11,6

%di imprese che utilizzano il telelavoro 6,2 22,4 1,1 62,8 100 18

%di imprese utilizzatrici l'elearning 0,8 3 3,2 7 11,1 4,2

%di imprese che hanno ottenuto benefici

relativamente alla riduzione dei costi di transazione

1,5 0 88,3 25,6 86,7 34,4

%di imprese che hanno ottenuto benefici

relativamente all'aumento della dispersione geografica

6,9 4,5 33 6,9 24,4 16,7

(a)% imprese del cluster

8 Il cluster 1 è composto da 130 imprese, il cluster 2 da 67 imprese, il cluster 3 da 94 imprese, il cluster 4 da 43 imprese, il cluster 5 da 45 imprese.9 E’ stata utilizzata la procedura FASTCLUST del package SAS. Date le caratteristiche della procedura utilizzata sono stati condotti diversi esperimenti di raggruppamento. I risultati discussi nel testo fanno riferimento a quello che presentava i valori più soddisfacenti in termini di varianza spiegata e di numerosità dei gruppi con Minimum Distance Between Initial Seeds = 2.44949 , Criterion Based on Final Seeds = 0.3169

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Come ci si poteva attendere, dei gruppi individuati nessuno risponde, completamente, al profilo di distretto hard e soft che sono stati delineati. Uno solo, il primo, si avvicina al profilo di distretto hard. Gli altri presentano un mix diversificato di caratteristiche dell’uno e dell’altro. Più specificatamente:

1. il cluster 1 (hard) può essere considerato hard, in quanto rivela un approccio ancora tradizionale sia all’organizzazione, concentrata territorialmente, sia alle relazioni, sia alle modalità di approccio alla conoscenza, sia nella dotazione infrastrutturale (totalmente assenti collegamenti a bl >2Mb). Esso racchiude caratteristiche legate a un sistema produttivo tradizionale , pare anche non avere iniziato, se non con qualche debole adozione delle nuove tecnologie, il percorso di avvicinamento verso strutture organizzativo-produttive soft.;

2. il cluster 2 (market oriented) si caratterizza per una presenza pervasiva della dotazione di banda larga ( il 100% delle imprese dispone di connessione BL > Mb). Tale presenza, tuttavia, tuttavia pare funzionale solo al mantenimento di una buona posizione anche sui mercati internazionali. Tale cluster si adatta al o cambiamento, come attore passivo e non tanto come driver, privilegiando l’aspetto tecnologico per affrontare i mutamenti del mercato ed inizia a scostarsi da una struttura hard grazie alla presenza di una forte componente di dotazione e di utilizzo delle tecnologie, sebbene non la supporti con una robusta infrastruttura conoscitiva;

3. il cluster 3 (globalization sensitive) pare maggiormente sensibile ai benefici legati all’adozione e all’utilizzo delle nuove tecnologie, sia in considerazione della riduzione dei costi che della possibilità di penetrare in nuovi mercati, ossia è attento agli aspetti maggiormente connessi alla globalizzazione, come dimostra anche la sua spiccata capacità innovativa; rispetto al cluster market oriented privilegia aspetti legati alla conoscenza piuttosto che alla tecnologia. Esso vede come sue peculiarità una spiccata propensione al cambiamento e all’innovazione, legate all’introduzione delle tecnologie, e in una certa apertura alla globalizzazione, che si fonda su basi conoscitive e infrastrutturali abbastanza solide. Si può considerare a metà strada tra hard e soft;

4. i cluster 4 e 5 si avvicinano molto alla definizione suggerita di distretto soft, forse anche per l’appartenenza di un numero consistente di imprese al settore dei servizi. Entrambi mostrano, oltre a una necessaria dotazione infrastrutturale un’apertura relazionale connessa agli aspetti non solo commerciali ma anche conoscitivi, un atteggiamento di apprendimento attivo verso le nuove tecnologie e verso il cambiamento e godono infine della presenza di knowledge wokers. Più in particolare: nel cluster 4 (information sensitive) risulta evidente, infatti, l’attenzione ad

attività knowledge oriented, da cui deriva un utilizzo delle nuove tecnologie come mezzo sia di adattamento “attivo” al cambiamento, sia di apertura alla

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globalizzaione, intesa come penetrazione in mercati esteri ma anche come riorganizzazione aziendale;

nel cluster 5 (organization sensitive) diversamente dal precedente, …in quanto ha recepito le innovazioni legate all’introduzione delle nuove tecnologie, supportate da una buona infrastruttura tecnologica e conoscitiva, come strumento di riorganizzazione aziendale e produttiva, beneficiandone sia a livello di espansione dei rapporti commerciali in mercati esterni, sia a livello di riduzione dei costi di transazione.

4.3 Un approfondimento dei profili dei cluster

Al fine di precisare di meglio precisare i profili emersi, l’analisi è stata estesa ad altri variabili ad altre variabili contenute nel dataset originario, ma non incluse nell’analisi di cluster.a) In primo luogo, la localizzazione geografica dei cluster pare abbastanza uniforme e in linea con la distribuzione territoriale di imprese a livello regionale, eccetto per i cluster information sensitive, organization sensitive e market oriented che mostrano un forte concentrazione in provincia di Torino e il cluster hard in quella di Cuneo.

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0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

Hard Marketoriented

Globalizationsensitive

Informationsensitive

Organizationsensitive

Piemonte

cluster

ALESSANDRIA

ASTI

BIELLA

CUNEO

NOVARA

TORINO

VERCELLI

VERBANO CUSIO OSSOLA

Figura 2 Localizzazione geografica dei cluster

b) In secondo luogo la ripartizione settoriale conferma come i cluster che più si avvicinano al cluster soft siano composti da una percentuale di imprese di servizi, superiore alla media regionale, soprattutto per nel cluster organization sensitive.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

Hard Marketoriented

Globalizationsensitive

Informationsensitive

Organizationsensitive

Piemonte

Manifatturiero

Commercio

Alberghi e ristoranti

Trasporti e comunicazioni

Servizi alle imprese

Figura 3 Ripartizione per settore

c) Considerando poi le variabili, maggiormente rappresentative dell’atteggiamento verso la conoscenza (Tab.5) si rileva come il cluster hard sia quasi del tutto disinteressato nei confronti di tale aspetto (ben al di sotto della media regionale rispetto ad ogni indicatore), mentre il cluster information sensitive riveli una spiccata sensibilità verso ogni attività knowledge oriented, Ict e non, supportato probabilmente dalle relazioni con università, centri

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di ricerca e parchi tecnologici. Il cluster organization sensitive riesce a utilizzare nelle sue attività knowledge oriented le nuove tecnologie ( 11,% di imprese utilizzatrici l’elearning, circa tre volte superiore alla media regionale), il che si coniuga col fatto che la totalità delle sue imprese faccia ricorso al telelavoro. Il cluster market oriented non pare molto attento agli aspetti connessi alla conoscenza (tutti gli indicatori sono sotto la media piemontese), mentre il cluster globalization sensitive mostra una qualche attenzione alla necessità di attività formativa, legata probabilmente alla consapevolezza della necessità di knowledge workers e di personale qualificato.

Tabella 4 Atteggiamento verso la conoscenza

HardMarket

orientedGlobalization

sensitiveInformation

intensiveOrganization

intensive Piemonte

% di imprese(a) che hanno relazioni, con università, centri di

ricerca e parchi tecnologici3,8% 9,0% 22,3% 74,4% 22,2% 23,0%

%di imprese che attivano corsi di formazione

49,2% 56,7% 67,0% 81,4% 62,2% 60,0%

%di imprese che attivano corsi di formazione ICT

39,2% 44,8% 59,6% 81,4% 60,0% 52,9%

%di imprese utilizzatrici l'elearning 0,8% 3,0% 3,2% 7,0% 11,1% 4,2%(a)% imprese del cluster

d) Passando poi alla considerazione di variabili relative alla Configurazione delle relazioni e atteggiamento verso la globalizzazione , Tab 5 si conferma come il cluster hard riveli la sua collocazione statica anche per quanto concerne la capacità di sviluppare relazioni non solo commerciali con i businnes partner, di riorganizzare la propria struttura produttiva in modo più flessibile e di allungare la propria filiera di fuori del territorio di riferimento, in cui, tuttavia, non riveste un ruolo particolarmente attivo ( solo il 3,8% delle imprese partecipa) a piani di sviluppo locale. Tabella 5 Configurazione delle relazioni e atteggiamento verso la globalizzazione

HardMarket

orientedGlobalization

sensitiveInformation

intensiveOrganization

intensivePiemonte

% di imprese (a) con filiera nazionale 31,5 44,8 50,0 60,5 51,1 42,3

% di imprese con filiera internazionale 10,8 16,4 20,2 25,6 26,7 15,0

% di imprese appartenenti a un distretto 10,0 11,9 12,8 11,6 8,9 11,9

%di imprese che partecipano a piano di

sviluppo locale3,8 3,0 7,4 9,3 4,44 6,8

%di imprese che utilizzano il telelavoro 6,2 22,4 1,1 62,8 100,0 25,9

%di imprese che collaborano con i businnes

partner36,2 35,8 16,0 62,8 55,6 42,5

%di imprese che effettuano innovazioni congiunte con

partner commerciali6,1 16,4 25,5 27,9 51,1 21,4

(a) % di imprese appartenenti al cluster

La percentuale di imprese distrettuali in tale cluster non è particolarmente significativa.

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Il cluster market oriented e quello globalization sensitive denotano una discreta attenzione agli aspetti della globalizzazione connessi alla penetrazione in mercati esterni, nazionali e internazionali ma una scarsa apertura relazionale (meno accentuata nel cluster market oriented). Il cluster globalization sensitive si rivela quello composto dal maggior numero di imprese distrettuali(al contrario di quello organization intensive 8,9% sotto la media piemontese), il che trova una corrispondenza in una buona partecipazione a piani di sviluppo locale. Sussiste ancora una scarsissima propensione a un’organizzazione aziendale meno statica, che gli permetterebbe di fruire al meglio delle opportunità che le Ict offrono a fronte della globalizzazione,Infatti sia il cluster information intensive sia quello organization intensive si mostrano ben inserite nel mercato globalizzato ( rispettivamente 25, 6% e 26, 7% di imprese con filiera internazionale), sia ben diffusi nel territorio nazionale, pur mantenendo, per quel riguarda il cluster information sensitive un ruolo attivo e propulsivo a livello locale (il 9,3% delle imprese partecipa a piani di sviluppo locale. Ne consegue una notevole apertura relazionale, ben al di sopra del resto della Regione, come si evince dalla capacità di collaborare con businnes partner e di effettuare innovazioni congiunte. È da sottolineare come in entrambi i cluster, in particolare in quello information intensive, vi sia una forte diffusione del telelavoro, segnale di un utilizzo relativamente avanzato delle nuove tecnologie.Merita sottolineare, come per tutti i cluster l’appartenenza a un distretto (quale ufficialmente identificata dalla legge regionale) non risulta un fattore discriminante nell’apparteneza ad un certo gruppo.e) Infine, pare opportuno approfondire la posizione dei cluster rispetto all’utilizzo e alla percezione delle tecnologie (Tabella 6). Tabella 6 Diffusione e utilizzo delle nuove tecnologie

HardMarket

orientedGlobalization

sensitiveInformation

intensiveOrganization

intensive Piemonte

%di imprese (a) con collegamenti bl >2Mb 0,0 100,0 29,8 25,6 40,0 33,0

%di imprese utilizzatrici di ecommerce 2,3 3,0 0,0 2,3 13,3 2,9

%di imprese utilizzatrici di ecommerce avanzato 1,5 14,9 1,1 2,3 2,2 1,3

% di imprese utilizzatrici di egovernement 27,7 16,4 27,7 46,5 37,8 30,4

%di imprese utilizzatrici di egovernement avanzato 5,4 4,5 6,4 32,6 20,0 11,6

%di imprese utilizzatrici dell'home banking 80,0 85,1 86,2 93,0 86,7 84,7

%di imprese con sito web 67,7 76,1 92,6 86,0 84,4 79,4%di imprese con extranet 10,0 14,9 14,9 25,6 28,9 17,5

%di imprese che utilizzano erp 18,5 26,9 24,5 39,5 40,0 29,4

%di imprese che utilizzano videoconferenza 11,5 4,5 13,8 41,9 26,7 18,0

% di imprese che hanno ottenuto benefici da investimenti ICT

relativamente alla riduzione dei costi amministrativi

31,5 40,3 64,9 53,5 73,3 44,2

%di imprese che hanno ottenuto benefici 40,0 43,3 68,1 0,0 77,8 53,2

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da investimenti ICT da investimenti ICT relativamente a un aumento di efficienza

produttiva%di imprese che hanno ottenuto benefici da investimenti ICT da investimenti ICT relativamente alla riduzione dei costi di

transazione

1,5 0,0 88,3 25,6 86,7 34,4

%di imprese che hanno ottenuto benefici da investimenti ICT relativamente alla

riduzione del time to market12,3 7,5 48,9 23,3 55,6 27,8

%di imprese che hanno ottenuto benefici da investimenti ICT i relativamente alla

crescita dell'innovazione di prodotto20,0 19,4 42,6 18,6 33,3 28,6

%di imprese che hanno ottenuto benefici da investimenti ICT i relativamente

all'aumento della dispersione geografica6,9 4,5 33,0 6,9 24,4 16,7

(a)% imprese del cluster

Il cluster hard conferma la sua identità legata ancora a schemi produttivi tradizionali con un basso utilizzo delle tecnologie (inferiore per ogni variabile al resto del Piemonte), strettamente legato alla mancata percezione dei benefici che ne derivano.Il cluster market oriented non accompagna l’ottima dotazione tecnologica con una consapevolezza dei vantaggi ad essa connessi e quindi con un buon utilizzo delle nuove tecnologie ( eccetto che per quanto riguarda servizi di ecommerce avanzato, a conferma dell’attenzione prevalente a relazioni concentrate sul ruolo del mercato).D’altro canto il cluster globalization sensitive, attento ai benefici legati alle ICT, soprattutto nei confronti della dispersione geografica e dell’ottenimento di una maggior efficienza nei processo aziendali esterni ma anche nei rapporti con i partner commerciali- il che conferma il suo atteggiamento “globalizzante”- rivela un utilizzo delle Ict utile funzionale allo snellimento di alcune operazioni burocratiche ( l’86,2% delle imprese ricorre all’home banking)alla propria conoscibilità all’esterno, come evidenzia il fatto che il 92, 6% delle imprese disponga di sito web, sebbene si supponga che quest’ultimo sia solo una vetrina, considerato il basso utilizzo di servizi di ecommerce.Il cluster information intensive coglie i vantaggi derivanti dalle nuove tecnologie riguardo allo snellimento degli aspetti organizzativi e relazionali e n tanto di ottenimento di maggior efficienza produttiva, il che può trovare una spiegazione nella sua composizione settoriale (il 42,5 delle imprese appartiene al settore dei servizi): ne deriva il concentrarsi su servizi quale egovernement, home banking, videoconferenza, erp e extranet. L’elevato utilizzo, e non solo a scopo informativo ma anche transazionale, di servizi di egovernement è indice di una un feedback verso le politiche della pa, volte alla promozione delle Ict.Il cluster organization intensive si dimostra quello in grado di recepire al meglio le potenzialità connesse alle Ict, sotto diversi punti di vista, organizzativo, di aumento dell’efficienza, di miglioramento delle relazioni con partner commerciali e non. Non stupisce di constatare un elevato utilizzo di servizi e pacchetti Ict5.Conclusioni

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Scopo del seguente paper è di indagare come realtà produttive tradizionali, grazie in particolare alle nuove tecnologie, stessero trasformando la propria struttura organizzativo- produttiva verso una configurazione nuova, da noi definita con l’etichetta distretto soft. A tal fine, abbiamo effettuato su un campione di imprese piemontesi distrettuali e non un’elaborazione statistica, considerando alcune variabili ritenute indicative dell’appartenenza, ideale, ad un distretto soft.Non inaspettatamente, l’analisi condotta non evidenzia la presenza di organizzazioni socio-produttive nettamente distinguibili tra un profilo proprio di un distretto hard e quello di un distretto soft. Mostra invece la presenza di realtà variegate, che testimoniano, in ultima istanza, della diversità e della gradualità (e, presumibilmente, anche delle difficoltà) dei percorsi di transizione verso una Società dell’Informazione, intrapresi dalle organizzazioni produttive della regione piemontese.Inoltre, l’appartenenza ad un distretto –istituzionalmente inteso- non costituisce un elemento decisivo in tale percorso. Le imprese distrettuali, infatti, non sembrano aver avuto, per questo, migliori opportunità di far fronte ai cambiamenti introdotti dalla globalizzazione e dall’economia della conoscenza.Nonostante la natura esplorativa dello studio, alcune indicazioni in termini di policy possono avanzarsi proprio a partire dai profili dei cluster emersi dell’analisi.In primo luogo, appare evidente che un’adeguata un’infrastrutturazione tecnologica del sistema produttivo piemontese10 è un presupposto fondamentale per lo sviluppo di tale sistema. Ancorché risultato di un esercizio statistico, il profilo del cluster 1 è assai eloquente al riguardo. In secondo luogo, emerge anche che la dotazione tecnologica non è di per sé sufficiente. Da questo punto di vista, proprio la varietà dei cluster mostra che le loro performance - quali espresse dai benefici espresse- non sono solo legate alla presenza di banda larga ed alla dotazione di tecnologie ma dipendono dalla presenza di un mix di fattori, quali i livelli adeguati di competenza, propensione al cambiamento e presenza di reti lunghe e circolari.Ad esempio, come evidenziato dal profilo del cluster 2, un’insufficiente preparazione (formazione) di attori qualificati, può essere fattore di criticità, analogamente ad una scarsa propensione a voler intraprendere percorsi innovativi di miglioramento (i cluster 4. 5, quelli più vicini al profilo soft, peraltro sono anche quelli in cui detta propensione è più chiaramente riconoscibile).Appare evidente, pertanto, ai fini del successo della diffusione delle Ict in un’economia della , conoscenza, l’importanza di promuovere quello scambio

10 come peraltro previsto in Wipie, programma pluriennale, promosso e sostenuto dalla Regione Piemonte, che si articola in 7 linee strategiche, per dotare il Piemonte entro il 2007 di un sistema di connettività a banda larga, diffuso e combinato a strumenti tecnologici di avanguardia che coinvolga imprese, in particolare medie e piccole.

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