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MISURA DELL’APPARENZA NEI BENI CULTURALI per la conoscenza, la diagnostica, il restauro e la fruizione CLAUDIO OLEARI Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Fisica – Istituto Nazionale per la Fisica della Materia 1. Introduzione Nonostante l’eccezionale ricchezza artistica dell’Italia, l’interesse per il colore e la colorimetria nei Beni culturali ha preso corpo solo negli ultimi venti anni. Per la verità, già negli anni 1950 l’Istituto Centrale di Restauro, nella persona del fisico Manlio Santini, iniziò studi sulla misurazione del colore nei dipinti, ma le difficoltà strumentali, in parte esistenti ancora oggi, rallentarono la ricerca [15]. Lo scopo di questi studi, allora come oggi, è di arrivare alla conoscenza più profonda di un bene attraverso tecniche analitiche non distruttive, sostituendo ogni conoscenza a vista, cioè basata sull’apparenza visiva e la memoria, mentale e fotografica, con una conoscenza strumentale basata sulla misura delle proprietà ottiche della superficie del bene attenuta mediate tecnica reflectoscopica. Questa tecnica riguarda la misurazione della radiazione elettromagnetica riflessa dalla superficie in relazione alla radiazione incidente o in relazione alla radiazione riflessa da una superficie di riferimento [1, 2]. Il colore e la lucidezza sono le proprietà più evidenti di una superficie e ne caratterizzano l’apparenza visiva. Queste sono riconducibili a grandezze fisiche ben definite, proprie della reflectoscopia, e note con i nomi di fattore di riflessione spettrale e fattore di lucidezza (o, come si suole dire, fattore di gloss - “gloss”, nella lingua inglese, significa appunto lucidezza) [2]. I tempi sono ormai maturi. Le conoscenze scientifiche di base sono acquisite e le metodiche d’indagine sono state definite. È ormai tempo di procedere nella classificazione delle possibili superfici, in modo da creare un “database” per l’immediata utilizzazione pratica. Lo studio di un bene mediante tecniche reflectoscopiche non è limitato al solo fine analitico, ma ha ruolo applicativo. In questo articolo si indicano le più evidenti applicazioni della reflectoscopia e della colorimetria nell’ambito della fruizione e della conservazione dei beni culturali, che possono sintetizzarsi nei seguenti punti, dei quali i primi sei riguardano la conservazione e il restauro del bene e quelli successivi la fruizione del bene: 1) il monitoraggio nel tempo della lucidezza mediante misure del fattore di gloss, col fine di evidenziare deterioramento superficiale dovuto a microscopiche screpolature della vernice, a polvere, a modificazione chimica e fisica dovuta all’interazione con l’ambiente; 2) il monitoraggio nel tempo delle caratteristiche reflectoscopiche spettrali del bene, al fine di valutare il degrado cromatico del bene (in questo caso misure reflectoscopiche sostituiscono la documentazione fotografica classica, dipendente dall’illuminazione contingente dell’oggetto ripreso, affetta da deperimento nel tempo e priva della oggettività della misura); 3) studio colorimetrico dell’invecchiamento dei pigmenti, dei leganti e delle vernici in situ e con invecchiamento artificiale; 4) l’analisi colorimetrica del bene per la scelta dei materiali con cui effettuare l’eventuale restauro (primo scopo è di evitare forme di metamerismo, con l’impiego di materiali visivamente uguali all’originale solo sotto particolari illuminazioni); 5) l’analisi colorimetrica del bene ottenuta con illuminazione contenente radiazione ultravioletta per l’identificazione dei componenti fluorescenti; 6) la classificazione dei materiali e dei colori in ambito urbano, architettonico, archeologico, .… (in questo caso le misurazioni avvengono a distanza con tecniche proprie del telerilevamento); 7) l’illuminazione del bene, col duplice fine di avere una visione diretta ottimale compatibile con la più sicura conservazione del bene (il miglior risultato si raggiunge con la conoscenza reflectoscopica del bene e la conoscenza spettrale delle sorgenti per l’illuminazione);

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MISURA DELL ’APPARENZA NEI BENI CULT URALIper la conoscenza, la diagnostica, il restauro e la fruizione

CLAUDIO OLEARIUniversità degli Studi di Parma, Dipartimento di Fisica – Istituto Nazionale per la Fisica della Materia

1. Introduzione

Nonostante l’eccezionale ricchezza artistica dell ’ Italia, l’ interesse per il colore e la colorimetria neiBeni culturali ha preso corpo solo negli ultimi venti anni. Per la verità, già negli anni 1950 l’ IstitutoCentrale di Restauro, nella persona del fisico Manlio Santini, iniziò studi sulla misurazione delcolore nei dipinti, ma le diff icoltà strumentali , in parte esistenti ancora oggi, rallentarono la ricerca[15]. Lo scopo di questi studi, allora come oggi, è di arrivare alla conoscenza più profonda di unbene attraverso tecniche analiti che non distruttive, sostituendo ogni conoscenza a vista, cioè basatasull ’apparenza visiva e la memoria, mentale e fotografica, con una conoscenza strumentale basatasulla misura delle proprietà ottiche della superficie del bene attenuta mediate tecnicareflectoscopica. Questa tecnica riguarda la misurazione della radiazione elettromagnetica riflessadalla superficie in relazione alla radiazione incidente o in relazione alla radiazione riflessa da unasuperficie di riferimento [1, 2].

Il colore e la lucidezza sono le proprietà più evidenti di una superficie e ne caratterizzanol’apparenza visiva. Queste sono riconducibili a grandezze fisiche ben definite, proprie dellareflectoscopia, e note con i nomi di fattore di riflessione spettrale e fattore di lucidezza (o, come sisuole dire, fattore di gloss - “gloss” , nella lingua inglese, significa appunto lucidezza) [2].

I tempi sono ormai maturi. Le conoscenze scientifiche di base sono acquisite e le metodiched’ indagine sono state definite. È ormai tempo di procedere nella classificazione delle possibilisuperfici, in modo da creare un “database” per l’ immediata utili zzazione pratica.

Lo studio di un bene mediante tecniche reflectoscopiche non è limitato al solo fine analiti co, maha ruolo applicativo. In questo articolo si indicano le più evidenti applicazioni della reflectoscopia edella colorimetria nell ’ambito della fruizione e della conservazione dei beni culturali , che possonosintetizzarsi nei seguenti punti, dei quali i primi sei riguardano la conservazione e il restauro delbene e quelli successivi la fruizione del bene:

1) il monitoraggio nel tempo della lucidezza mediante misure del fattore di gloss, col fine dievidenziare deterioramento superficiale dovuto a microscopiche screpolature della vernice, apolvere, a modificazione chimica e fisica dovuta all ’ interazione con l’ambiente;

2) il monitoraggio nel tempo delle caratteristiche reflectoscopiche spettrali del bene, al fine divalutare il degrado cromatico del bene (in questo caso misure reflectoscopiche sostituiscono ladocumentazione fotografica classica, dipendente dall ’ ill uminazione contingente dell ’oggettoripreso, affetta da deperimento nel tempo e priva della oggettività della misura);

3) studio colorimetrico dell ’ invecchiamento dei pigmenti, dei leganti e delle vernici in situ e coninvecchiamento artificiale;

4) l’analisi colorimetrica del bene per la scelta dei materiali con cui effettuare l’eventuale restauro(primo scopo è di evitare forme di metamerismo, con l’ impiego di materiali visivamente ugualiall ’originale solo sotto particolari ill uminazioni);

5) l’analisi colorimetrica del bene ottenuta con ill uminazione contenente radiazione ultraviolettaper l’ identificazione dei componenti fluorescenti;

6) la classificazione dei materiali e dei colori in ambito urbano, architettonico, archeologico, .…(in questo caso le misurazioni avvengono a distanza con tecniche proprie del telerilevamento);

7) l’ illuminazione del bene, col duplice fine di avere una visione diretta ottimale compatibile con lapiù sicura conservazione del bene (il miglior risultato si raggiunge con la conoscenzareflectoscopica del bene e la conoscenza spettrale delle sorgenti per l’ ill uminazione);

8) la ripresa fotografica ottimale del bene (in questo caso è richiesta anche la sensibilit à spettraledella pelli cola o dei fotorivelatori della camera digitale).

Come è noto, un corpo ill uminato assume un’apparenza che dipende dall ’ ill uminazione. Duesono gli i nsiemi di fenomeni che prevalgono nel creare l’apparenza: i primi riguardano la riflessionedella luce sulla superficie del corpo ill uminato e i secondi i processi di assorbimento, diffusione efluorescenza all ’ interno del corpo [2, 3, 7, 9]. Con misurazioni fisiche differenti si tende, per quantopossibile, a distinguere i fenomeni: il fattore di gloss tende a considerare ciò che avviene insuperficie e il fattore di riflessione spettrale ciò che avviene all ’ interno. Questa separazione non èperò mai totale.

Le misure reflectoscopiche dipendono dalla temperatura e dall ’umidità, in particolare ladipendenza del colore dalla temperatura è un fenomeno, detto termocromismo, sovente trascurato.Tali dipendenze possono essere anche grandi e non vanno sottovalutate.

La riflessione non è l’unico fenomeno che riguarda la superficie e l’apparenza dei corpi.Esistono superfici la cui struttura micrometrica e submicrometrica dà origine al fenomeno della

diffrazione con appariscenti effetti cromatici. Sono di questa natura le iridescenze dei compact disc e glieffetti di colore delle ali delle farfalle e delle piume di certi uccelli. Il colore in questi casi dipende dallanatura spettrale della sorgente che illumina, dall’ inclinazione con cui la luce incide sul corpo e dal punto diosservazione.

Fenomeni di natura interferenziale si hanno sulle superfici di corpi ricoperti da strati di differentimateriali e di spessore submicrometrico. Questi fenomeni portano a colorazioni appariscenti e a iridescenze.La colorazione delle bolle di sapone, delle lenti in strumenti ottici e di certi occhiali da sole, oggi di moda, èdovuta a interferenza. Anche in questo caso il colore dipende dalla natura spettrale della sorgente cheillumina, dall’ inclinazione con cui la luce incide sul corpo e dal punto di osservazione.

Nel caso di diffrazione superficiale e di interferenza le grandezze fisiche, di cui sopra si è parlato, devonoessere riconsiderate nella loro definizione. Il fattore di riflessione spettrale ha valore conoscitivo solo se siconsiderano singolarmente i raggi a definiti angoli d’ incidenza e di emergenza dalla superficie del corpo e lamisurazione del fattore di gloss non è più nettamente separabile dalla misurazione del fattore di riflessionespettrale. Per fare queste misurazioni sono stati recentemente messi sul mercato spettrofotometrimultiangolo, destinati a operare nei laboratori di aziende per vernici con pigmenti metallici, micacei,interferenziali, perlescenti e in generale con pigmenti a effetto.

È evidente che la colorazione e l’apparenza dovute a diffrazione e interferenza richiedono una trattazionea parte, data la complessità dei fenomeni. Per quanto riguarda i beni culturali, questi fenomeni si presentanoin un limitato insieme di casi e ciò ci induce a non considerarli in questa nota.

2. La lucidezza dei corpi

La lucidezza di un corpo dipende dalla riflessione superficiale, la quale, a sua volta, dipende dallaqualità della superficie, che può essere levigata o scabra [2]. Nel primo caso si ha riflessionespeculare, o regolare, e nel secondo riflessione diffusa. In generale i due tipi di riflessione sonocontemporaneamente presenti in rapporto variabile. Analogamente, nel caso di corpi trasparenti, siha trasmissione regolare o speculare e trasmissione diffusa della luce. La riflessione comefenomeno fisico è governata dalle leggi della riflessione e della rifrazione di Snell e dalle leggi diFresnel. Le prime riguardano l’aspetto geometrico del fenomeno e le seconde riguardano l’energia ela polarizzazione della luce. Questi fenomeni superficiali dipendono dall ’ indice di rifrazione equindi, per corpi caratterizzati da indice di rifrazione poco variabile nell ’ intervallo delle radiazionivisibili , hanno ruolo poco importante dal punto di vista spettrale.

Come già detto, la grandezza che quantifica la lucidezza di una superficie è il fattore di gloss. Sidefinisce fattore di gloss il rapporto tra due flussi luminosi riflessi in modo specularerispettivamente dalla superficie in esame e da una superficie convenzionale di riferimento (Fig. 1).Quest’ultima è costituita da vetro levigato di indice di rifrazione n = 1.567 e contenente pigmentonero (norma ISO 2813). Il pigmento nero comporta che la luce che per rifrazione entra nel corpo di

vetro nero venga totalmente assorbita e non riemerga, e ciò garantisce che si misura solo il flusso diluce riflessa specularmente dalla superficie. La riflessione è speculare, quindi gli angoli di incidenzae di riflessione sono uguali . Tale angolo è tipico di ogni settore merceologico ed è convenzionale.Per costruzione il fattore di gloss è adimensionale e a volte è espresso su scala percentuale. Lostrumento per la misurazione del fattore di gloss è comunemente detto glossmetro ed è reperibile sulmercato.

Fig. 1 – Geometria di illuminazione e di visione nella misurazione del fattore di gloss.

3. Il colore dei corpi

La grandezza fisica atta a specificare il colore di un corpo visto in riflessione è il fattore diriflessione spettrale mentre per un corpo visto in trasparenza è il fattore di trasmissione spettrale. Èopportuno dare la definizione di queste grandezze prima di affrontare il discorso sull ’origine fisicadel colore [1, 2].

Il fattore di riflessione spettrale di una superficie è il rapporto tra il flusso radiante spettraleuscente dalla superficie in esame e il corrispondente flusso uscente dal diffusore riflettente idealeimponendo che i due corpi siano ill uminati con uguale geometria e i flussi uscenti siano raccolti i nuguale geometria. Per costruzione il fattore di riflessione spettrale è adimensionale e a volte èespresso su scala percentuale (nei grafici qui riportati la scala non è percentuale).

Il diffusore riflettente ideale è una superficie ideale che non assorbe, né trasmette luce, mariflette diffusamente con una radianza uguale per tutti gli angoli di riflessione e in tutti i punti dellasuperficie (tale radiazione emergente dalla superficie è detta lambertiana).Ciò che distingue fattori di riflessione diversi è il modo di ill uminare e di raccogliere la luce. LaCommission International de l’Éclairage (CIE) ha definito modi standard di operare, a cui iproduttori di strumenti si attengono rigorosamente. Qui si considerano le due geometrie piùimportanti per lo studio dei beni culturali:

a) geometria 45°/0°, in cui la luce ill uminante è costituita da un fascio parallelo di raggi che incidesulla superficie con un angolo d’ incidenza di 45° e la luce emergente dalla superficie per essereinviata allo spettrometro è costituita da un fascio di raggi paralleli e ortogonali alla superficiestessa, quindi con un angolo di 0° (Fig. 2). In pratica si evita di considerare raggi rigorosamenteortogonali alla superficie ill uminata per evitare che l’ottica con cui si raccoglie la luce producariflessioni sulla superficie stessa alterando la misura. Si opera con un angolo prossimo a 0° e perconvenzione questo angolo è di 8°.

I0Iϑ ϑ

n = 1.567

Fig. 2 – Geometria 45° /0° nella misurazione del fattore di riflessione spettrale.

b) geometria diff/0°. La luce ill uminante entra in una sfera d’ integrazione, la cui superficie interna,che approssima nel modo migliore la superficie lambertiana bianca, diffonde la luce all ’ internoin modo quasi lambertiano. Ciò comporta che attraverso una piccola apertura della sfera(piccola significa avente un’area inferiore a 1/10 dell ’area della superficie interna della sfera) sirealizza un flusso uscente di luce quasi lambertiano e quindi, se su tale porta si pone l’oggettoda misurare, questo è ill uminato in modo diffuso quasi lambertiano. Con un’opportuna ottica siraccoglie la luce che emerge ortogonalmente dall ’oggetto e la si invia allo spettrometro. Inpratica non si raccoglie la luce emergente esattamente a 0° ma la si raccoglie a 8°, come nelcaso della geometria 45°/0° e per la stessa ragione. (Fig. 3). Con la geometria consentita dallasfera di integrazione si opera secondo due modi diversi, con la componente speculare inclusa oesclusa: sulla sfera, in posizione simmetrica al punto in cui si raccoglie la luce da inviare allospettrometro e rispetto alla normale al campione da misurare, si presenta un foro otturabile conun tappo rimovibile. Se il tappo chiude l’apertura senza interrompere le proprietà ottiche dellasuperficie interna, il corpo viene ill uminato anche dalla luce che, proveniente dal tappo, perriflessione speculare giunge direttamente allo spettrometro e in questo caso la misura è con lacomponente speculare inclusa. Se il tappo è rimosso la componente speculare viene esclusa. Lacomponente speculare della luce dipende dal grado di lucidezza della superficie dell ’oggettodella misura e quindi le misure eseguite nei due diversi modi producono informazioni diverse. Ilconfronto tra le misure ottenute nei due diversi modi dà informazioni sulla lucidezza dellasuperficie del campione. Solo per la misura ottenuta con la componente speculare esclusa hasenso un confronto con la misura ottenuta in geometria 45°/0°.

I0I45°

allo spettrometro

diffusore ideale

Fig. 3 – Geometria diff/0° nella misurazione del fattore di riflessione spettrale. Il tappo rimovibilepermette la misurazione con la componente speculare inclusa per tappo inserito ed esclusa pertappo rimosso.

Per i corpi visti in trasparenza, come i vetri colorati, sono definibili grandezze analoghe a quelleper la visione della luce riflessa, ma la pratica risente del fatto che la definizione di un corpo idealetrasmittente in modo diffuso è problematica. In questo caso si procede operativamente nellageometria 0°/0° con cui si misura la trasmittanza interna di corpi a scopo chimico-analiti co (Fig. 4).

Si definisce il fattore di trasmissione spettrale interna di un corpo a facce piane e parallele ilrapporto I(λ)/I0(λ) tra i flussi spettrali radianti emergenti rispettivamente dal campione in esame eda un campione di uguale forma e uguale indice di rifrazione. Questa misura è quasi totalmenteindipendente dalla riflessione che si ha sulla superficie del corpo.

Si definisce trasmittanza spettrale totale di un corpo a facce piane e parallele il rapportoI(λ)/Iin(λ) tra i flussi spettrali radianti rispettivamente emergente ed entrante nel campione in esame.Questa misura dipende dalla riflessione che si ha sulla superficie del corpo e quindi è meno utile perla identificazione del colorante contenuto nel corpo.

Per costruzione la trasmittanza spettrale è adimensionale e a volte è espressa su scalapercentuale.

allo spettrometro

Tappo rimovibile

diffusore ideale

Fig. 4 – Geometria 0° /0° nella misurazione della trasmittanza spettrale interna. Questa geometria èla stessa usata nei convenzionali spettrofotometri a scopo analitico nei laboratori chimici.

Si procede ora nel considerare i fenomeni fisici responsabili del colore dei corpi con lo scopo dipassare a una loro modelli zzazione. Come già detto, non consideriamo il colore dovuto a diffrazionee interferenza, e ci limiti amo al caso in cui i fenomeni responsabili del colore sono l’assorbimento ela diffusione della luce. La fluorescenza viene trattata a parte.

Distinguiamo ancora il fenomeno di riflessione superficiale dai fenomeni che si verificanoall ’ interno dei corpi.

Un corpo può essere al suo interno otticamente omogeneo o disomogeneo. Si ha omogeneitàottica se l’ indice di rifrazione è uguale in tutti i punti del corpo e si ha disomogeneità se cambia dapunto a punto. La disomogeneità ottica è molto importante perché è responsabile della diffusionedella luce. I corpi che presentano trasparenza sono otticamente omogenei mentre i corpi opachi no.

La colorazione è prevalentemente dovuta all ’assorbimento spettralmente selettivo di luce. Lesostanze coloranti che miscelate con un mezzo legante (solitamente detto veicolo) danno origine aun nuovo materiale otticamente omogeneo, cioè trasparente, sono dette coloranti (in inglese “dye”).

Le sostanze coloranti che in tale miscelazione portano a corpi otticamente non omogenei, cioè acorpi opachi, sono detti pigmenti. I coloranti presentano solo assorbimento di luce mentre i pigmentiassorbimento e diffusione.

3.1 Coloranti e mezzi trasparenti

Consideriamo prima i coloranti. Un colorante è caratterizzato esclusivamente da un coefficiente diassorbimento lineare spettrale a(λ) che rappresenta la probabilit à che un fotone di lunghezzad’onda λ sia assorbito in un percorso unitario all ’ interno di un mezzo avente una concentrazioneunitaria del colorante stesso [2].Le grandezze che specificano otticamente l’ interno di un dato corpo di spessore s e concentrazionedel colorante c sono:

1) La trasmittanza spettrale interna (la dipendenza dalla concentrazione c del colorante e notacome legge di Beer e la dipendenza dal cammino s come legge di Bouguer-Lambert) (Fig. 5)

( ) scsacsi )( 10)(exp),( λελλτ −=−=

Si osserva che• per ragioni pratiche si preferisce la base decimale a quella neperiana e quindi si passa dal

coeff iciente di assorbimento al coefficiente di estinzione ε(λ) = log10e a(λ) = 0.43429 a(λ);

I0

I

Allo spettrometro

I in

• la trasmittanza τi(λ, s) è adimensionale e l’unità di misura di con cui si esprimono ε(λ) e a(λ)dipende dalle unità scelte per c e s ed è tale che il prodotto delle dimensioni delle tregrandezze [c a(λ) s] è adimensionale.

2) la densità ottica interna (Fig. 6)

δ(λ, c, s) = − log10τi(λ, s) = c ε(λ) s

3) il logaritmo della densità ottica interna (Fig. 7)

log10δ(λ, c, s) = log10ε(λ) + log10(c s).

Quest’ultima grandezza si presenta come somma di altre due, delle quali l og10ε(λ) è una funzionedella lunghezza d’onda e log10(c s) è una costante. La funzione log10ε(λ) è tipica del colorante,come lo è il coefficiente d’estinzione ε(λ), e la sua conoscenza è di enorme importanza analiti ca.L’analisi qualitativa si attua per semplice confronto tra la funzione misurata e le funzioni proprie dicoloranti noti e loro miscele raccolte in un database. Si deve porre attenzione al fatto che la legge diBeer può non essere rispettata esattamente per concentrazioni elevate.

Fig. 5 – Trasmittanza spettrale interna di filtri di gelatina, concepiti per uso fotografico in sintesisottrattiva, caratterizzati da diverse concentrazioni del colorante magenta.

1

0

τi(λ)

400 500 600 [nm] 700

Fig. 6 – Densità ottica (o assorbanza) spettrale interna dei filtri di colore magenta considerati infigura 5.

Fig. 7 – Logaritmo in base 10 della densità ottica dei filtri di colore magenta considerati nelle figure5 e 6. Le cinque funzioni qui riprodotte differiscono per una costante e hanno la forma tipica delcolorante usato.

δ(λ)

400 500 600 [nm] 700

log10δ(λ)

400 500 600 [nm] 700

Gli strumenti per la misurazione delle grandezze qui definite sono spettrofotometri normalmentereperibili i n commercio. Purtroppo gli strumenti standard per laboratorio chimico operano solo sucampioni suff icientemente piccoli da entrare nello strumento. Inoltre richiedono campioni a faccepiane e parallele aff inché, dal confronto con un uguale campione privo del colorante, si possaseparare nella misurazione la riflessione superficiale dall ’assorbimento interno al campione.Comunque oggi esistono strumenti dotati di guide di luce a fibre ottiche adattabili a misurazioni insitu. In questo caso l’operatore deve essere anche adeguatamente competente in ottica per disporrecorrettamente lo strumento.

I coloranti sono sovente usati per colorare carta, tessuti, …, e in questi casi non si ha a che farecon un corpo trasparente e quindi il modo di procedere è lo stesso che si ha per i mezzi torbidi.Consideriamo per esempio un inchiostro costituito da un liquido con all ’ interno disciolto uncolorante (esistono anche inchiostri contenenti pigmenti). Una volta inchiostrato un foglio di cartal’ inchiostro essicca e la carta appare ricoperta da uno strato solido, trasparente e con all ’ interno ilcolorante. Questo strato funziona da filt ro per la luce che ill umina il foglio, infatti la luce, una voltaattraversato lo strato, arriva spettralmente modificata sulle fibre di cellulosa della carta. Qui le fibredi cellulosa diffondono la luce. La parte di luce diffusa all ’ indietro viene nuovamente filt rata dallostrato d’ inchiostro e infine riemerge giungendo all ’osservatore.

3.2 Pigmenti e mezzi torbidi

I pigmenti sono materiali che, sotto forma di granuli di dimensione micrometrica esubmicrometrica, si trovano all ’ interno di un corpo conferendo a questo un aspetto opaco e colorato.Solitamente corpi di questo tipo, sia naturali sia artificiali , sono detti mezzi torbidi. Il grado diopacità e il colore dipendono dalla concentrazione dei pigmenti nel corpo. Se l’opacità non ècompleta si parla di corpo traslucido. Come già detto, qui ci si limit a ai pigmenti caratterizzati solodal coefficiente di assorbimento spettrale K(λ) e dal coeff iciente di diffusione spettrale S(λ),escludendo i pigmenti metalli ci, micacei, perlescenti, …, fluorescenti. Si ha diffusione se il raggioemergente ha uguale lunghezza d’onda del raggio incidente, mentre si ha fluorescenza se il raggioemergente ha lunghezza d’onda più lunga di quella del raggio incidente (legge di Stokes).

La diffusione della luce è un fenomeno tridimensionale perché per ogni fotone che giunge alpunto, in cui avviene la diffusione, si ha un fotone che, se non assorbito, emerge in tutte ledirezioni, seppur con diverse probabilit à. La trattazione corretta di un mezzo torbido richiede unamodelli zzazione tridimensionale dell ’ interazione tra la luce e i granuli di pigmento dispersi nelmezzo con una rappresentazione tensoriale del coefficiente di diffusione. Nella storia della scienzasi trovano vari tentativi di modelli zzazione tridimensionale, ma la loro complessità e specificità neha impedito l’applicazione diffusa su scala industriale. Il successo è toccato invece a un modellomonodimensinale, il quale propone una trattazione riduttiva dell ’ interazione tra luce e materia. Ilmodello, limitato all ’ interno dei corpi, è noto come modello a due flussi di Kubelka e Munk, mentrel’aspetto superficiale è trattato in una elaborazione aggiuntiva nota come correzione di Saunderson[2, 9]. Il modello di Kubelka – Munk introduce la diffusione in un modello monodimensionale e perquesto è una generalizzazione delle leggi di Bouguer-Lambert e di Beer. Tale modello, nonostantela sua nota limitazione intrinseca, opera in modo soddisfacente e tutte le aziende del settore dellevernici, delle materie plastiche e in generale di tutti i materiali colorati, ne fanno uso. È anche notoche la risposta del modello non può essere esatta e quindi ogni imitazione di un colore datomediante pigmenti noti avviene in due fasi: una prima fase in cui si applica il modello e unaseconda che ne corregge il risultato.

Il modello di Kubelka – Munk, seppur riduttivo, non è semplice come la trattazione dei colorantivista sopra, quindi ci limiti amo a dire che, secondo questo modello, ogni mezzo contenentepigmenti ha un fattore di riflessione spettrale (o di trasmissione spettrale, se il mezzo è visto intrasparenza), che è funzione dei coeff icienti K(λ) e S(λ), che caratterizzano il pigmento. Nel casoparticolare di totale opacità per cui il mezzo non permette di intravedere ciò che si trova oltre il

mezzo stesso (nel caso di vernici si parla di coprenza totale) il fattore di riflessione spettrale R � (λ)assume la seguente forma

)(

)(2

)(

)(

)(

)(1)(

2

λλ

λλ

λλλ

S

K

S

K

S

KR +

−+=∞

che appare molto interessante, perché R � (λ) risulta funzione del solo rapporto K(λ)/S(λ).Esplicitando tale rapporto si ottiene

( )∞

∞−=R

R

S

K

2

1

)(

)( 2

λλ

(esiste anche un’altra soluzione ma questa non è fisicamente significativa).La correzione di Saunderson esprime il fattore di riflessione totale R’(λ), in cui si considera

anche l’effetto superficiale, mediante la R � (λ) di Kubelka-Munk e l’ indice di rifrazione del mezzi.Strumentalmente si misura R’(λ).

È qui che si inserisce la molto importante legge della miscelazione di Kubelka-Munk

1con,)(

)(

)(

)( == ∑∑∑

i i

i ii

i ii

mix

mix cSc

Kc

S

K

λλ

λλ

che esprime il rapporto Kmix(λ)/Smix(λ) di una miscela di pigmenti in funzione dei coeff icienti Ki(λ)e Si(λ) dei singoli pigmenti e delle loro concentrazioni ci.

Anche in questo caso si è interessati per scopo analiti co a risali re a una funzione che permetta diriconoscere i pigmenti responsabili del colore di un mezzo torbido. L’esperienza porta a darequesto ruolo alla funzione

)(

)(log

λλ

mix

mix

K

S

relativa alla miscela del pigmento in esame col pigmento bianco, la quale, al variare dellaconcentrazione del pigmento tra il 10% e il 90%, cambia con buona approssimazione per unacostante additiva, come accadeva per il l ogaritmo della densità ottica nel caso dei coloranti. Lefigure 8-12 propongono i coefficienti di assorbimento e di diffusione del pigmento bianco e di unpigmento verde, tipici dell ’ industria delle vernici, del fattore di riflessione spettrale e dellog[Smix(λ)/Kmix(λ)]. In figura 8 sono rappresentati i coeff icienti K(λ) e S(λ) del pigmento bianco, ilquale ha il coeff iciente S(λ) = 1 per definizione. In figura 9 sono proposte a confronto su sfondonero uguali strati di sfere di vetro di diametro decrescente da sinistra a destra e col diminuire deldiametro appare crescere la sensazione di bianco e insieme diminuire la sensazione di trasparenza.Ciò mostra come il colore bianco del pigmento bianco sia dovuto alla riflessione dei granuli e checresce coll ’aumentare del loro numero.

Nei grafici qui considerati le misurazioni sono state fatte in geometria diff /0°, salvo diversaspecificazione.

L’analisi qui proposta riguarda pitture totalmente coprenti. Se la pittura non è tale, il substratodella superficie dipinta altera il colore e il fattore di riflessione spettrale. La teoria di Kubelka-Munk considera anche questo caso ma la soluzione è molto più complicata. Lo studio di unasuperficie dipinta richiede una valutazione della coprenza della pittura.

Fig. 8 – Coefficienti K(λ) e S(λ) del pigmento bianco qui usato in miscela col pigmento verde (Fig.10, 11, 12, 13). Il coefficiente di diffusione è posto uguale a 1 per convenzione come se il pigmentofosse ideale. Questa scelta è imposta da necessità matematica per procedere nellacaratterizzazioni di tutti i pigmenti. Il coefficiente di assorbimento per un pigmento bianco idealedovrebbe essere 0. Nel caso qui rappresentato si ha assorbimento al di sotto dei 430 nm.

Fig. 9 – Fotografie a confronto di uguali strati su sfondo nero di sfere di vetro di diametrodecrescente da sinistra a destra. Col diminuire del diametro appare crescere lasensazione di bianco, dovuta alla riflessione delle sfere, e insieme diminuire lasensazione di trasparenza.

Pigmento bianco

10 K(λ)

S(λ)1

0400 500 600 [nm] 700

Fattore di diffusioneposto perdefinizione ugualea 1 per il pigmentobianco

Fig. 10 – Coefficienti K(λ) e S(λ) del pigmento verde che, miscelato in vari rapporti col pigmentobianco (fig. 8), viene analizzato nelle figure 11, 12 e 13.

Fig. 11 – Diagramma di cromaticità CIE 1931 con le cromaticità delle miscele di pigmento bianco(fig. 8) e verde (fig, 10). Si osserva l’andamento non lineare delle cromaticità, tipico della sintesisottrattiva dei colori (nella sintesi additiva delle luci si ha un segmento rettilineo). Si osserva ancheche molti colori ottenuti per diverse miscele dei due pigmenti sono al di fuori del triangolo RGB diun monitor tricromatico standard, quindi questi colori non sono riproducibili su tale monitor.

Pigmento verde 10 S(λ)

K(λ)

0

1

2

3

4

5

400 500 600 [nm] 700

x

y

R

G

B

Fig. 12 – Fattore di riflessione spettrale di miscele di pigmento bianco (fig. 8) e verde (fig, 10)secondo i rapporti 100%-0%, 90%-10%, 80%-20%, 70%-30%, …,10%-90%,0%-100%. Si osservache i vari grafici hanno una variazione progressiva e regolare col cambiare dei rapporti dimiscelazione a esclusione degli intervalli agli estremi in cui un pigmento passa dallo 0% al 10%(variazione evidenziata con le frecce).

Fig. 13 – Logaritmo del rapporto Kmix(λ)/Smix(λ) di miscele di pigmento bianco (fig. 8) e verde (fig,10) secondo i rapporti 100%-0%, 90%-10%, 80%-20%, 70%-30%, …,10%-90%,0%-100% (fig 12).Si osserva che le varie curve hanno una variazione molto regolare al cambiare dei rapporti dimiscelazione, a esclusione degli intervalli agli estremi in cui un pigmento passa dallo 0% al 10%(variazione evidenziata con le frecce), e tale regolarità è così alta da sembrare che le curve sianoparallele ed equispaziate. È la forma di queste curve a caratterizzare il pigmento verdeconsiderato.

In questo caso, come avviene nella generalità dei casi, questa regola empirica è rispettata. Sipresentano anche dei casi singolari, in cui esiste una lunghezza d’onda nell ’ intervallo visibile opoco fuori, per la quale il log[Smix(λ)/Kmix(λ)] assume lo stesso valore per ogni rapporto dimiscelazione tra i pigmenti. Chiamiamo questa lunghezza d’onda punto invariante. Ciò è implicitonella legge della miscelazione di Kubelka-Munk e si verifica tutte le volte che i due pigmenti che

400 500 600 [nm] 700

R(λ)

400 500 600 [nm] 700

log(Smix/Kmix)

0

entrano nella miscela hanno uguale rapporto K/S in corrispondenza di una particolare lunghezzad’onda, o in una regione. Un esempio di questo caso è presentato nelle figure 14-18, dove ipigmenti in esame sono il giallo Hansa e il blu.

Fig. 14 – Coefficienti K(λ) e S(λ) del pigmento giallo Hansa che, miscelato in vari rapporti colpigmento blu (fig. 15), origina un punto invariante, analizzato nelle figure 16, 17 e 18.

Pigmento giallo

10 S(λ)

K(λ)

4

3

2

1

0400 500 600 [nm] 700

Fig. 15 – Coefficienti K(λ) e S(λ) del pigmento blu che, miscelato in vari rapporti col pigmentogiallo Hansa (fig. 14), origina un punto invariante, analizzato nelle figure 16, 17 e 18.

K(λ)

10 S(λ)

Pigmento blu

4

5

3

2

1

0400 500 600 [nm] 700

Fig. 16 – Curve dei rapporti K(λ)/S(λ) dei pigmenti giallo Hansa (fig. 14) e blu (fig. 15). Si osservache a 470 nm le due curve si intersecano e assumono lo stesso valore. Per ogni rapporto dimiscelazione di questi due pigmenti [Kmix(λ)/Smix(λ)] rimane immutato (legge della miscelazionedei pigmenti di Kubelka - Munk) e quindi il fattore di riflessione spettrale non varia al cambiare delrapporto di miscelazione dei due pigmenti. La presenza di in punto invariante comporta che laregolarità vista in fig. 13 per i pigmenti bianco e verde non si ripeta in questo caso.

Fig. 17 – Curve del logaritmo dei rapporti K(λ)/S(λ) dei pigmenti giallo Hansa e blu (fig. 14, 15 e16) in diversi rapporti di miscelazione. Si osserva che a 470 nm si ha un punto invariante in cui levarie curve assumono lo stesso valore.

Pigmento giallo

Pigmento blu

K(λ)/S(λ)

4

5

3

2

1

0400 500 600 [nm] 700

Lunghezzad’onda

relativa aun punto

invariante

400 500 600 [nm] 700

0

Punto invariante

log(Smix/Kmix)

Fig. 18 – Curve fattore di riflessione spettrale di miscele dei pigmenti giallo Hansa e blu (fig. 14,15, 16 e 17) secondo i rapporti 100%-0%, 90%-10%, 80%-20%, 70%-30%, …,10%-90%,0%-100%. Si osserva che a 470 nm si ha un punto invariante in cui il fattore di riflessione spettrale halo stesso valore per tutti i rapporti di miscelazione.

Rimane da caratterizzare i singoli pigmenti che si vuole considerare e ciò avviene misurandonele funzioni Ki(λ) e Si(λ) (i è l’ indice che identifica il pigmento). Questa è una misura indiretta eavviene nel modo seguente [2].

Si considerino m diverse miscele di n pigmenti, indicate con k = 1,...m, con le concentrazioni ck,i note. Perogni miscela si misura il fattore di riflessione spettraleRk j' ( )λ (nelle aziende produttrici di vernici si suole

operare in geometria diff/0° con componente speculare inclusa) e da questo, applicando la correzione diSaunderson a ritroso, si ricava il fattore di riflessione interno R k j∞, ( )λ . Ora si procede alla valutazione

delle funzioni Ki(λj) e Si(λj), la quale avviene per punti, cioè in corrispondenza a ogni lunghezza d’onda λj,risolvendo un sistema di m equazioni

( )mk

Sc

Kc

R

R

i jiik

i jiik

jk

jk ,...,1con)(

)(

)(2

)(1

,

,

,

2, ==

∑∑

λλ

λλ

.

Solitamente si procede considerando miscele del generico pigmento col pigmento bianco, del quale siassume il coefficiente di diffusione Sw(λj) = 1 per ogni lunghezza d’onda. Nell’ industria delle vernici siseguono schemi operativi consolidati da una esperienza ormai pluridecennale:

• Per il pigmento nero in miscela col bianco si considerano 3 miscele:100% del pigmento bianco (la miscela costituita da un solo pigmento presente al 100% è detta a tonopieno e “mass tone” in inglese),100% del pigmento nero,miscela con 3% di nero e 97% di bianco,

da cui si derivano tre equazioni in tre incognite.Una volta caratterizzati i pigmenti bianco e nero si procede con gli altri.• Per ogni altro pigmento colorato organico si considerano le seguenti due miscele:

miscela con 5% di questo pigmento e 95% di bianco,miscela con 99% di questo pigmento e 1% di nero,

da cui si derivano due equazioni in due incognite.• Per ogni altro pigmento colorato inorganico si considerano le seguenti due miscele:

miscela con 25% di questo pigmento e 75% di bianco,

400 500 600 [nm] 700

R(λ) Punto invariante

miscela con 99% di questo pigmento e 1% di nero,da cui si derivano due equazioni in due incognite.

La caratterizzazione è solitamente buona, a esclusione dei pigmenti con alta croma e tinta gialla, arancia erossa, per i quali il fattore di riflessione alle lunghe lunghezze d’onda varia troppo poco al variare dellaconcentrazione del pigmento nella miscela.

Una volta caratterizzati i pigmenti, il problema quotidiano delle aziende produttrici di vernici, inchiostri,materiali plastici colorati o aziende tessili ha il nome di formulazione dei coloranti e consiste nel valutare leconcentrazioni di pigmenti e coloranti noti idonee alla riproduzione del colore di un dato campione. Ingenerale vengono miscelati solo quattro pigmenti oltre al veicolo: il pigmento bianco, quello nero e duepigmenti responsabili del colore. Per avere risultati poco sensibili alle fluttuazioni, che in pratica si hannonella miscelazione dei pigmenti, è opportuno che questi entrino nella miscela con concentrazioni superiori al10%. La presenza eventuale di metamerismo può richiedere particolari scelte dei pigmenti e miscele con unnumero di pigmenti superiore a quattro. Il problema è sempre affrontato con la teoria di Kubelka-Munk-Saunderson.

Nella lavorazione occorre tenere presente alcuni fenomeni che influenzano il colore finale:

1) La diffusione S(λ) dipende dalla sezione dei granuli di pigmento e quindi dal grado di macinazione deipigmenti. Ciò comporta che lo stesso pigmento usato in diversi gradi di macinazione origina colorileggermente diversi.

2) Nel processo di essiccazione in una vernice i granuli di pigmento tendono a coordinarsi (flocculazione) eciò comporta un cambiamento dei coefficienti S(λ) e K(λ) e quindi del colore.

CLASSIFICAZIONE DEI PIGMENTIClassificazione

dei pigmentiFenomeni prevalenti e caratterizzanti Formula chimiche e indice di

rifrazione1° tipo La diffusione prevale sull’assorbimento (p.es. pigmenti bianchi)

• Biossido di Titanio TiO2: Rutilo (n = 2.76) Anatasio (n = 2.55)• BaSO4 (barytes, blank fixe) n ≈ 1.64• Bianco piombo, carbonato basico di piombo, Pb(OH)2 2PbCO3 , n ≈ 2• Ossido di zinco ZnO, n ≈ 2

2° tipo L’assorbimento prevale sulla diffusione (p.es. nero fumo, pigmentiorganici di piccola sezione)

Pigmenticonvenzionali

3° tipo Assorbimento e diffusione ugualmente presenti (p. es. molti pigmentiorganici)• Ossido nero di ferro, n ≈ 2.4• Pigmenti organici a grana grossa

Pigmenti metallici Riflessione di tipo specularePigmenti iridescentie perlescenti

Microlamine non metalliche ad alto indice di rifrazione

Pigmenti micacei Interferenza, diffrazione

L’esperienza condotta dalle aziende delle vernici è una indicazione importante per procedere nelcaratterizzare i pigmenti usati nell ’arte nei vari tempi. Ogni periodo storico e ogni cultura hannoloro propri pigmenti, una volta caratterizzati i quali , si dispone di un database idoneo allaidentificazioni dei pigmenti usati nelle opere d’arte dei vari autori misurando il fattore di riflessionespettrale, dal quale si deriva la funzione caratteristica log[Smix(λ)/Kmix(λ)].

È consuetudine classificare i colori dei dipinti e degli oggetti d’arte usando atlanti dei colori, peresempio gli atlanti Munsell e NCS [2]. Tale pratica deve la sua fortuna alla facilit à e allaconcretezza d’uso, ma ha limitazioni importanti: il confronto con un atlante deve avvenire sotto unben definito ill uminante, solitamente il D65, e in definita geometria di ill uminazione e visione. Ciòè diff icilmente realizzabile in pratica. Inoltre non va sottovalutato il deterioramento degli atlanti neltempo e con l’uso. Tutto ciò ci ha indotto a non considerare tale modo di specificare i colori.

3.3 Fenomeni dell ’ invecchiamento

Lo studio del colore nei dipinti antichi e generalmente nei beni culturali non può prescinderedall ’ invecchiamento del materiale costituente il bene ed è questa una ulteriore ragione per nonseguire la classificazione dei colori mediante atlanti, bensì di seguire la via reflectoscopica. Ifenomeni che riguardano l’ invecchiamento sono vari e devono essere considerati distintamente. Essiriguardano la superficie e l’ interno dello strato superficiale del bene e quindi riguardano le vernici, ipigmenti, i coloranti e il materiale in cui si trovano.

La polvere e l’alterazione fisica della superficie si manifesta in un cambiamento di lucidezza, cheè valutabile con misure di gloss. La misurazione del gloss viene eseguita molto raramente mentredovrebbe avvenire con maggior frequenza. Misure del fattore di riflessione spettrale evidenzianoanche l’ inscurimento dovuto alla polvere, allo sporco dovuto per esempio al fumo delle candele suidipinti nelle chiese. In figura 19 si considera come esempio la Croce Processionale di BernardoDaddi (opera eseguita a tempera uovo su tavola fondo oro, in restauro presso l’Opificio delle PietreDure di Firenze), della quale in una regione uniforme, dipinta a base di lapislazzuli , è stato misuratoil fattore di riflessione spettrale prima e dopo di una pulitura eseguita secondo le consolidatetecniche del restauro [17]. La misura si estende su un intervallo che contiene oltre al visibile ilprimo infrarosso, perché ciò permette di identificare senza ambiguità il pigmento usato. La figura20 confronta il fattore di riflessione spettrale di due pigmenti diversi il cui riconoscimento dallospettro visibile è arduo, mentre la parte infrarossa permette un riconoscimento non ambiguo.

Fig. 19 – Confronto tra i fattori di riflessione spettrale di una superficie dipinta colorata conlapislazzuli prima e dopo la pulitura [17]. Le misure spettrali sono estese anche alla regione delprimo infrarosso perché l’informazione fornita da questa regione può essere decisiva nelriconoscere il pigmento usato (Fig. 20). Lo sporco opera come un pigmento vero e proprio a cui sipotrebbe associare un S(λ) e K(λ) (lo sporco non sempre ricopre in modo uguale la superficiepittorica).

400 500 600 700 800 [nm] 9000

0.5

1

R(λ)

Prima dellapulitura

dopo la pulitura

Fig. 20 – Confronto tra i fattori di riflessione spettrale di una superficie dipinta colorata conlapislazzuli e una con azzurrite [17]. È evidente che in questo caso la discriminazione tra i duepigmenti risulta possibile solo considerando il primo infrarosso.

Oltre alla polvere e i fumi esistono altri agenti, come la luce, l’umidità, la temperatura, … e iltempo, che alterano i beni producendo invecchiamento. L’ inscurimento di una superficie dipinta èdovuto a diversi fenomeni che riguardano le vernici, i veicoli e i pigmenti. Lo sbiancamento è ingenerale dovuto a un deterioramento dei pigmenti o dei coloranti. Qui consideriamo questifenomeni limit ando forzatamente l’esempli ficazione a pigmenti, vernici, veicoli odierni. Per lostudio degli oggetti d’altri tempi è necessario considerare i componenti usati al tempo proprio deglioggetti stessi. Questi studi richiedono un apparato idoneo a operare un invecchiamento accelerato sucampioni appositamente preparati. In commercio esistono apparati di questo tipo, chiamati Fade-Ometer, consistenti in cabine all ’ interno delle quali vi sono sorgenti di radiazioni elettromagnetichedi vario tipo e intensità elevata [9]. Esiste anche la possibilit à di operare chimicamente perriprodurre l’effetto di agenti atmosferici quali piogge acide. Nelle figure 21-26 si considerano idiversi effetti prodotti dall ’ invecchiamento: inscurimento (Fig. 21-22), sbiancamento (Fig. 23),effetti mutuamente compensanti (Fig. 24), ingiallimento del veicolo (Fig. 25) e ingiallimento dellavernice damar (Fig. 26). A tutti questi fenomeni corrispondono cambiamenti di colore (coordinateY, x, y e CIELAB) e di gloss, i quali sono un chiaro e importante indicatore del cambiamentoavvenuto nell ’oggetto in esame. Per la misurazione del cambiamento di colore è suff iciente l’uso diun colorimetro a tristimolo, ma questa misura non è ricca di informazioni come la misura del fattoredi riflessione spettrale.

400 500 600 700 800 [nm] 9000

0.5

1

R(λ)

Lapislazzuli

Azzurrite

Fig. 21 – Pittura a olio Verde smeraldo sottoposta a invecchiamento artificiale in Fade-Ometer pertre ore con e senza protezione ultravioletta [9]. L’invecchiamento si manifesta con inscurimentodella pittura ed è dovuto a un cambiamento della struttura chimica del pigmento.

0

0.5

1

R(λ)

400 500 600 [nm] 700

Non esposto ainvecchiamento

Esposto ainvecchiamento confiltro UV

Esposto ainvecchiamentosenza filtro UV

Fig. 22 – Pittura a olio vermiglione a base di cinabro sottoposta a invecchiamento artificiale inFade-Ometer per 171 ore e per 433 [9]. Si assiste a un inscurimento molto forte alle lunghelunghezze d’onda, tipico di un altro pigmento, il metacinabro, e a un debole sbiancamento allecorte lunghezze d’onda.

400 500 600 [nm] 7000

0.5

1

R(λ)Pittura originale

Pittura espostaper 171 ore

Pittura espostaper 433 ore

Fig. 23 – Lacca con 16.7% di alizarin miscelata con TiO2 rutilo esposta alla radiazione di unalampada xeno per un tempo corrispondente a una energia alla lunghezza d’onda di 420 nm di2368 kJ/m2 e di 5582 kJ/m2 (dati di Johnston-Foller 1986) [9]. L’irradiamento comporta unosbiancamento della lacca quasi esclusivamente nelle corte e medie lunghezze d’onda.

400 500 600 [nm] 7000

0.5

1

R(λ)

Non esposto

2368 KJ/m2

5582 KJ/m2

Fig. 24 – Materiale plastico colorato con una miscela di 20% di pigmento arancio di cadmio e di80% di biossido di titanio rutilo sottoposto a una esposizione di sei mesi alla luce del sole inCalifornia [9]. L’ingiallimento del veicolo compensa lo sbiancamento del pigmento arancio-cadmiolasciando immutato il fattore di riflessione spettrale. Il fenomeno dipende dalla concentrazione concui il pigmento entra nella miscela.

400 500 600 [nm] 7000

0.5

1

R(λ)

Fig. 25 – Materiale plastico colorato con una miscela di 5% di pigmento blu cobalto e di 95% dibiossido di titanio rutilo sottoposto a una esposizione di sei mesi al sole in Florida [9].L’ingiallimento del veicolo è responsabile del cambiamento del fattore di riflessione spettrale. Ilfenomeno non dipende dalla concentrazione con cui il pigmento entra nella miscela.

400 500 600 [nm] 7000

0.5

1

R(λ)Non esposto

Esposto

Fig. 26 – Fattore di riflessione spettrale misurata in geometria diif/0° con la componente speculareesclusa di una superficie di gesso ricoperta da una vernice damar ingiallita per invecchiamento [9].È evidente che una vernice di questo tipo opera come un vero filtro giallo.

3.4 Fluorescenza

Come si è già detto, si ha fluorescenza quando un corpo assorbe una radiazione di data lunghezzad’onda e ne riemette una di lunghezza d’onda maggiore. Molti sono i materiali che emettono perfluorescenza, in generale i materiali organici, per esempio la carta e la cera. Per questa ragione lafluorescenza non può essere ignorata nello studio dei beni culturali .

Il fattore di riflessione spettrale deve essere rivisto per i corpi fluorescenti e in particolare la suamisurazione risulta complicata perché, per avere una corretta relazione tra radiazione incidente eradiazione emessa, distinguendo la diffusione dalla fluorescenza, occorre operare con duemonocromatori, uno per ill uminare e uno per analizzare la luce riflessa. Il mercato off re pochistrumenti con questa potenzialità e questi sono anche costosi. Molti strumenti da laboratorio per lamisurazione del fattore di riflessione spettrale possono operare con radiazione UV, che può essereinserita o disinserita, e questa, se inserita, ill umina con la presenza tipica di un dato ill uminante,solitamente il D65. La misura così ottenuta è di utilit à pratica nelle aziende, ma è solo indicativa.

Rinunciando alla misura del fattore di radianza spettrale, si può procedere a una valutazionequalitativa della fluorescenza utili zzando fotocamere digitali abbinate a una ill uminazione UV. Lalampada UV usata è una lampada commerciale nota col nome di lampada di Wood e la luce emessaè detta luce nera. A Firenze i laboratori dell ’Opificio delle Pietre Dure e dell ’ IFAC-CNR [10, 11,12], per lo studio della fluorescenza, hanno sperimentato una interessante tecnica multispettrale chefa uso di camere digitali monocromatiche abbinate a una batteria di filt ri a banda stretta. Aldipartimento di Fisica dell ’Università di Parma [14] si è provato il più semplice uso delle camere

400 500 600 [nm] 7000

0.5

1

R(λ)

tricromatiche digitali mettendo in evidenza la dipendenza del risultato dalle sensibilit à spettrali dellafotocamera. I risultati sono stati interessanti in entrambe i casi. La tecnica multispettrale ha messoin evidenza la sua superiorità, ma la semplicità d’uso della camera tricromatica digitale non vasottovalutata (Fig. 27). Il lavoro svolto a Firenze è molto importante perché ha messoconcretamente a punto una tecnica analiti ca basata su un database costituito da campioni di colorerealizzati con pigmenti e leganti diversi. Il momento analiti co consiste nel confrontare immagini deldipinto in esame e dei campioni di colore, ottenute con la tecnica multispettrale e ill uminazione UV.In questa esperienza un grande lavoro è stato proprio quello della preparazione dei campioni dicolore con i pigmenti, i leganti, … del tempo in cui è stata realizzata l’opera da studiare.

Fig. 27 – a) Particolare di un affresco del Parmigianino nella Cappella di San Giovanni a Parma, infase di restauro, ripreso da una fotocamera digitale. b) Stesso particolare illuminato da lampada diWood e ripreso nel visibile con fotocamera digitale. c) Stesso particolare illuminato con lampada diWood e ripreso con fotocamera digitale munita di un filtro passa alto con lunghezza d’onda ditaglio di 470 nm per mettere in evidenza solo la luce emessa per fluorescenza [14] (fotografieriprodotte con l’autorizzazione degli autori).

4. Proposta di protocollo per la documentazione reflectoscopica di beni culturali

Dopo questa sintetica analisi delle superfici dipinte è possibile passare alla proposta di un protocolloper la schedatura reflectoscopica di un bene [9].

La prima parte della scheda deve essere mirata alla identificazione del bene.La seconda riguarda l’analisi di alcune regioni di misura, comunemente dette ROI (regioni

d’ interesse), significative per la conoscenza del bene: identificazione dei pigmenti, dei leganti, dellevernici e delle cere, … , stato di conservazione.

Per quanto riguarda l’ identificazione dei pigmenti è opportuno individuare le regioni in cui ipigmenti sono puri e quindi passare alle regioni dipinte con miscele di più pigmenti.

In generale i dipinti presentano poche regioni uniformi suff icientemente estese per operare congli strumenti commerciali per la misurazione del fattore di riflessione spettrale e questa è una dellediff icoltà esistenti. Gli strumenti sono stati concepiti per i laboratori delle aziende di vernici, per il

tessile, comunque per campioni uniformi colorati con sezione di circa 1 cm. Accade che vi sianodipinti in cui non esiste una regione uniforme di tale sezione. Inoltre, una volta trovate tale regioni,occorre operare in modo che lo strumento sia riposizionabile sulle stesse ROI per misurazioniripetute nel tempo. Ammirevole è stato in questi ultimi anni il lavoro dedicato a questi problemi dairicercatori dell ’ istituto IFAC-CNR in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze[20]. Non è improbabile che nei prossimi anni il mercato possa offrire a prezzi contenuti cameredigitali multispettrali [12] o scanner spettrofotometrici [21] capaci di dare il fattore riflessionespettrale per ogni pixel dell ’oggetto con pixel aventi sezione di circa 1/3 mm. Tali strumenti sonoanche importanti strumenti per la realizzazioni di archivi d’ immagini assolutamente fedeliall ’originale.

Per la identificazione delle ROI e il riposizionamento dello strumento di misura lemacrofotografie fatte con camere digitali sono uno strumento molto utile.

A ogni ROI è dedicata una scheda del tipo seguente. Un aggiornamento periodico delle schede ènecessario perché la diagnostica possa operare. Tali schede sono un potente strumento per valutarele alterazioni delle ROI e quindi decidere, se necessario, interventi di restauro, pulitura o altro.Queste decisioni spettano a persone competenti e le schede, adeguatamente aggiornate, sono lostrumento per la decisione. Variazioni nel colore (specificato in coordinate Y, x, y o in CIELAB) evariazioni di gloss sono un chiaro e importante indicatore del cambiamento avvenuto in un bene.Nella scheda è inserita anche la specificazione del colore mediante atlanti, perché in passato moltolavoro è stato fatto in questo modo, ma ciò non dovrebbe essere necessario.

SCHEDAIdentificazione dell’oggetto

1) identificazione dell’oggetto2) autore o sorgente3) data di preparazione e realizzazione dell’oggetto

Note guida del lavoro di analisi1) identificazione della ROI [nomi dei file di dati atti a identificare la ROI, per es. immagini digitali]2) data delle misurazioni3) temperatura di misurazione (si suppone che l’oggetto sia all’equilibrio termico con l’ambiente)4) umidità dell’aria5) lucidezza [gloss]6) fattore di riflessione spettrale nel visibile [nome dei file]7) colore (Hue, Value, Chroma di Munsell)8) colore: sistemi CIE 31 / 64 per D65 (Y; x, y) (L* , a*, b* )9) fattore di riflessione spettrale nel primo IR [nome dei file]10) fluorescenza UV con lampada di Wood [nome dei file di immagini digitali]11) identificazione dei pigmenti positiva / negativa12) risultati di altri tipi di misurazione (per es. micro raman)13) commenti14) conclusioni

5. L ’ ill uminazione

Come è noto, un corpo ill uminato assume un’apparenza che dipende dall ’ ill uminazione, la quale èdefinita dalla geometria d’ ill uminazione e dalla distribuzione spettrale di potenza della luceill uminante. È quindi necessario classificare le sorgenti in base anche alla loro capacità di fareapparire i colori. Limitatamente all ’aspetto spettrale dell ’ ill uminazione la CIE ha proposto un indicedi resa del colore, il cui significato è puramente convenzionale [2]. Tale indice si basa sull ’assuntoche esistano sorgenti ottimali da prendersi come riferimento, per le quali l ’ indice vale 100 perdefinizione. Queste luci di riferimento sono la luce di corpo nero, al di sotto di 5000K di

temperatura, e la luce del giorno per temperatura di colore prossimale superiore. Per le altre sorgentidi luce, che sono la parte maggiore, si procede al calcolo dell ’ indice di resa del colore. Prima diprocedere nel calcolo si deve misurare la temperatura di colore della sorgente in esame, quindi simisura il colore assunto da 14 campioni scelti dall ’atlante di Munsell , il cui fattore di riflessionespettrale è quello di oggetti importanti per la vita quotidiana: alcuni sono caratterizzati dasaturazione moderata e chiarezza media, altri da tinte sature (rosso, giallo, verde e blu), uno dalcolore della pelle umana e un altro dal colore verde del fogliame. Il colore deve essere specificatonello spazio (W*, U*, V* ) (questo spazio è diventato obsoleto da quando, nel 1976, la CIE haproposto il sistema CIELAB e il suo uso, in questo caso, è una pura eredità storica). Il calcolodell ’ indice di resa del colore è funzione della differenza di colore media tra i colori assunti dai 14campioni sotto le due sorgenti (sorgente in esame e riferimento di uguale temperatura di coloreprossimale).

Questo indice dipende dai 14 campioni dell ’atlante di Munsell , la cui scelta è convenzionale, edè uno strumento utile in tutte le situazioni in cui si debba ill uminare una scena per osservarladirettamente o per riprenderla fotograficamente, sia con tecnica fotografica tradizionale sia digitale.

L’ indice di resa dei colori nella sua definizione considera una realtà molto varia. Nel caso dellaill uminazione di beni culturali si hanno fattori di riflessione spettrale propri dei beni considerati,quindi la formula della CIE, valida per una situazione molto generale, può risultare in certi casieccessivamente severa. Consideriamo come esempio oggetti non particolarmente variati nel colorecome un manoscritto, una scultura in marmo rosso di Verona o una piazza Senese, in cui tutto è inmattone cotto. In questi casi si potrebbe definire l’ indice considerando solo alcuni dei 14 campionidi colore dell ’atlante di Munsell e di conseguenza anche sorgenti di luce, giudicate non idonee inbase all ’ indice CIE, potrebbero risultare ottime.

Il Metropolitan Museum di New York propone affascinanti esempi di ill uminazione con lucemonocromatica gialla di lampade al vapore di sodio a bassa pressione (Fig 28, 29). A questo tipo diill uminante si associa una temperatura di colore prossimale di 1725K, evidentemente molto bassa, eun indice di resa del colore addirittura negativo. Questi numeri porterebbero a rifiutare taleill uminazione, che invece in questo caso, con sorpresa, valorizza molto le opere ill uminate. Questoè un caso estremo, interessantissimo e che andrebbe adeguatamente discusso. Per confronto sipropongono due copie della stessa opera di Degas, “ la piccola danzatrice quattordicenne”, esposteal Metropolitan Museum, dove la luce è monocromatica gialla, e alla Gare d’Orsay, dove la luce èquasi acromatica in un ambiente completamente ill uminato (Fig. 30).

Si propone un altro caso interessante, la gipsoteca del Canova a Possagno, dove di giornol’ ill uminazione è rigorosamente naturale (Fig. 31): tutto è bianco, i muri, il soff itto i gessi … e lospazio funziona come una sfera d’ integrazione miscelando in armonioso equili brio la luce diffusa ela luce naturale che piove dal lucernario. In questo caso l’ ill uminazione artificiale, nonnecessariamente acromatica, dovrebbe ripetere la stessa geometria di quella naturale.

Come detto, l’ indice di resa del colore della CIE riguarda solo l’aspetto spettrale della luceill uminante, ma non considera la polarizzazione della luce e gli aspetti geometricidell ’ ill uminazione. Questi ultimi sono propri dell ’ ill uminotecnica. La regola dell ’ ill uminazione stanel disporre le sorgenti di luce in funzione del punto di osservazione del bene, evitando cheall ’osservatore giungano indesiderate immagini riflesse delle sorgenti stesse. L’uso di lucepolarizzata può in molti casi attenuare o evitare questi fenomeni conferendo ai colori del bene unasaturazione e una morbidezza meravigliose.

Tuttavia nella ill uminazione non vanno sottovalutati i fenomeni dell ’adattamento edell ’apparenza del colore, la cui analisi appartiene a un capitolo della colorimetria in avanzata fasedi studio, ma con modelli e teorie non ancora definitivi. La conoscenza incompiuta di questifenomeni ci induce a non trattarli , nonostante la loro importanza e il l oro fascino.

Fig. 28 – Copia della “piccola danzatrice quattordicenne” di E. Degas esposta al MetropolitanMuseum di New York. L’illuminazione monocromatica giallo sodio a bassa pressione in unambiente buio isola la figura dando risalto alla espressione del viso e al proporsi del corpo.L’illuminazione porta così a una particolare lettura dell’opera d’arte. (fotografia dell’autore)

Fig. 29 – Copia della “piccola danzatrice quattordicenne” di E. Degas esposta al MetropolitanMuseum di New York (la stessa di Fig. 28). L’illuminazione in controluce realizzata con lucemonocromatica giallo sodio a bassa pressione in un ambiente buio pone la figura, all’interno dellateca di vetro, come allo specchio in un atteggiarsi autocompiaciuto. (fotografia dell’autore)

Fig. 30 – Copia della “piccola danzatrice quattordicenne” di E. Degas esposta alla Gare d’Orsay aParigi. L’illuminazione bianca in un ambiente ugualmente illuminato dà risalto soprattutto aimateriali del gonnellino e del corpetto, allontanando la figura dall’attenzione dell’osservatore.(fotografia dell’autore)

Fig. 31 – Interno della gipsoteca delle opere del Canova a Possagno. La luce naturale diffusadall’ambiente e dai gessi, tutto assolutamente acromatico, si miscela con la luce che piove dall’altoin un armonioso equilibrio. (fotografia dell’autore)

Conclusioni

In questa nota si sono ill ustrate le grandezze fisiche atte a specificare i principali fenomenidell ’apparenza visiva, cioè la lucidezza e il colore di una superficie, con lo scopo di evidenziarne ilruolo nell ’ambito dei beni culturali , dal loro studio, alla conservazione, alla fruizione. Quanto quiesposto deve essere considerato introduttivo ed esempli ficativo. Molte conoscenze devono ancoraessere razionalizzate e raccolte in opportuni database per poter procedere nella identificazioneanaliti ca dei costituenti dei materiali dei beni oggetto di studio. Questi database dovrebbero essererealizzati secondo schemi convenuti dalla comunità scientifica aff inché siano strumenti di lavoro.L’aspetto strumentale qui non è stato considerato in dettaglio. Gli strumenti disponibili sul mercatosono prodotti da grandi aziende con lo scopo di rispondere alle esigenze dell ’ industria nel controllodi qualità nei processi produttivi e per questa ragione sono propriamente standardizzati. Le esigenzedel settore dei beni culturali sono differenti. La prima diff icoltà è dovuta al fatto che raramente unbene, per esempio un dipinto, un manoscritto, un legno intarsiato, …, presenta una regioneuniforme suff icientemente ampia da essere analizzata con gli strumenti commerciali (Fig. 32).Nuovi strumenti appositamente concepiti dovrebbero essere prodotti e a questo la ricerca di questiultimi anni può dare un grosso contributo [19, 20, 21].

Fig. 32 – Vassoio di anonimo dipinto a olio. Il tempo e l’usura hanno creato un’alterazione dellasuperficie dipinta per cui non è più possibile considerare uniformi regioni che originariamenteerano tali, come per esempio lo sfondo di colore avorio. Due dettagli ingranditi evidenziano la retedi fratture che permettono una misurazione significativa solo all’interno delle isole di colore. Lasezione di tali isole è submillimetrica e non permette la misurazione del gloss e del fattore diriflessione mediante strumentazione commerciale. (fotografia dell’autore)

Ringraziamenti

Gli studi sulla colorimetria sono stati condotti nel tempo grazie ai programmi di ricerca scientificadel MIUR, che negli ultimi anni sono stati “Cofinanziamento MIUR 1998”, “CofinanziamentoMIUR 2000”, “Cofinanziamento MIUR 2002” e “Azioni integrate Italia-Spagna” del MIUR 2003,codice IT928. Si ringraziano i colleghi Gianni Antonioli , Fernando Fermi e Remo Reverberi per ildialogo quotidiano su problemi colorimetrici anche relativi ai beni culturali .

Bibliografia

Bibliografia generale

[1] CIE Publication No. 15.2, 2nd Ed., Colorimetry, CIE, Vienna (1986)[2] A cura di C. OLEARI, Misurare il colore, Hoepli Ed., Milano (1998)[3] NASSAU K. The physics and the chemistry of colour: the fifteen causes of color, Wiley, New

York (1983)[4] RICHARD TILLEY, Colour and the optical properties of materials, Wiley, Chichester GB,

(2000)

Bibliografia storica

[5] A cura di FERNANDO TEMPESTI, CENNINO CENNINI, Il li bro dell ’arte o trattato della pittura,Longanesi & C, Milano (1984)

[6] Diretto da ICILIO GUARESCHI, Supplemento annuale alla Enciclopedia di Chimica scientifi ca eindustriale, Unione Tipografico-Editrice, Torino (1905)

[7] L. COLOMBO, I colori degli Antichi, Nardini Editore, Firenze (1995)

Bibliografia specifica

[8] NASSAU K. Ed, Color for Science, Art and Technology, Elsevier North Holland, Amsterdam(1998)

[9] RUTH JOHSTON-FELLER, Tools for conservation - Color Science in the Examination ofMuseum Objects, Nondestructive procedures. The Ghetty Conservation Institute, Los Angeles(2001)

[10] ALDROVANDI A, ALTAMURA M.L, CIANFANELLI M.T. E RIITANO P., I materiali pittorici:tavolette campione per la caratterizzazione mediante analisi multispettrale, OPD Restauro n.8,191-209 (1996)

[11] ALDROVANDI A., PICOLLO M. E RADICATI B., I materiali pittorici: analisi di stesure campionemediante spettroscopia in riflettanza nelle regioni dell ’UV, visibile e del vicino IR. OPDRestauro n.10, 69-74 (1998)

[12] F. FABBRI, P. MAZZINGHI E A. ALDROVANDI, Tecnica di identifi cazione di materiali pittoriciattraverso l’acquisizione di immagini digitali multispettrali in fluorescenza UV, inColorimetria e beni culturali a cura di C. OLEARI, Collana quaderni di ottica e fotonica, SIOF,Centro editoriale toscano, Firenze (2000)

[13] PICOLLO M. E PORCINAI S., Non-destructive spectroscopic investigations of artworks, Appliedspectroscopy n.2, 125-135 (1999)

[14] G. ANTONIOLI, F. FERMI E R. REVERBERI, Uso di camere digitali nella conservazione dei Beniculturali , in Colorimetria e beni culturali a cura di C. OLEARI, Collana quaderni di ottica efotonica, SIOF, Centro editoriale toscano, Firenze (2000)

[15] M. CORDARO E U. SANTAMARIA, Il problema della misura del colore delle superfici in ICR, inColorimetria e beni culturali a cura di C. OLEARI, Collana quaderni di ottica e fotonica, SIOF,Centro editoriale toscano, Firenze (2000)

[16] A cura di C. OLEARI, Colorimetria e beni culturali , Collana quaderni di ottica e fotonica,SIOF, Centro editoriale toscano, Firenze (2000)

[17] NATALIA CAVALCA, Indagini colorimetriche su opere d’arte mediante spettroscopia diriflettanza per l’ individuazione dei pigmenti. Università degli Studi di Parma, Tesi di Laureain Fisica, AA 2002-2003

[18] ROY S. BERNS, The Science of Digitizing Two-Dimensional Works of Art for Color-AccurateImage Archives – Concepts Through Practice, Munsell Color Science Laboratory TechnicalReport, Rochester (May 2000)

[19] MAURO BACCI, MARCELLO PICOLLO E BRUNO RADICATI, Sonde per misure in riflettanza disuperfici pittoriche: evoluzione e stato dell ’arte in IROE, in Colorimetria e beni culturali acura di C. OLEARI, Collana quaderni di ottica e fotonica, SIOF, Centro editoriale toscano,Firenze (2000)

[20] ANDREA CASINI, FRANCO LOTTI, LORENZO STEFANI, ROBERTO BELLUCCI, CECILIA FROSININI,Evoluzione di apparati di spettroscopia d’ immagine per l’analisi di dipinti presso l’I FAC-CNR, Atti del convegno SIOF Colorimetria VII: Tecnologie Multispettrali : aspetti teorici edapplicativi, Parma 1 ottobre 2004.

[21] G. ANTONIOLI, F. FERMI, C. OLEARI, R. REVERBERI, Spectrophotometric scanner for imagingof paintings and other works of art, Proc. of The Second European Conference on ColourGraphic, Imaging and Vision, Aachen, Germany (2004), p.219.