L’attualità del pensiero di Ezio Tarantelli
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Angelo MarinelliCoordinatore Dipartimento Democrazia economica, Economia sociale, Fisco e Previdenza
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L’attualità del pensiero di Ezio Tarantelli
Corso di economia, finanza e politiche fiscali
Centro Studi CislFirenze 29 settembre 2010
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Economia classica (1750 – 1890)
Il “sovrappiù” è l’elemento centrale dell’economia classica;
Il prodotto sociale secondo i classici è costituito da due componenti:
nella parte reimpiegata nel processo produttivo affinché esso possa sostenersi;
nel sovrappiù.
Il modo con cui viene distribuito il “sovrappiù” tra le classi sociali (consumi improduttivi, accumulazione) determina il livello del salario reale;
I fattori istituzionali, politici e sociali determinano la distribuzione;
Esiste dunque la possibilità di una disoccupazione involontaria.
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Salario e profitto variabili “dipendenti”
Nella impostazione teorica dei classici Smith, Ricardo, Quesnay il salario non é determinato dall’equilibrio di forze contrapposte. Esso si addensa al livello storico di sussistenza della forza lavoro. Il salario é “dato” visto il rapporto di forza fra le classi sociali;
I redditi diversi dal salario vengono allora ottenuti come un
residuo, cioè come ciò che rimane del prodotto sociale una volta dedotto il salario (dato) spettante ai lavoratori (sovrappiù);
Il salario diminuisce all’aumentare del profitto quindi Salari e
profitti non sono variabili indipendenti.
Marx intuisce anche il ruolo della tecnologia nella determinazione della produttività del lavoro.
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La “legge della popolazione”
Il sistema economico è regolato da un ordine naturale (legge della popolazione)
Crescita della produzione e degli scambi = aumento domanda di lavoro e occupazione
Aumento domanda di lavoro = aumento salari
Aumento salari = minori profitti
Minori profitti = maggiore disoccupazione
Aumento salari = aumento saggio di natalità
Aumento saggio di natalità = aumento offerta di lavoro
Aumento offerta di lavoro = diminuzione dei salari
Diminuzione dei salari = aumento dei profitti
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Say (legge degli “sbocchi”)
L’offerta crea la propria domanda
“se è con i prodotti che si comprano altri prodotti, ciascun prodotto troverà tanti più acquirenti quanto più crescerà la produzione degli altri prodotti”
La crescita economica è funzione dell’accumulazione del capitale
e della produzione
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Marginalisti (neo – classici)
• La crescita economica è funzione della distribuzione e degli scambi La produzione viene massimizzata sotto il vincolo delle tecnologie
disponibili; I prezzi vengono minimizzati, date le condizioni di circolazione della moneta; La riduzione dei salari monetari determina una riduzione dei costi di
produzione per gli imprenditori che, in presenza di disoccupazione ampliano la produzione fino all’eguaglianza “costo marginale = ricavo marginale”.
Non esiste disoccupazione involontaria e il salario non appare determinato dall’equilibrio di forze contrapposte
La domanda aggregata non subisce variazioni poiché il minor potere di acquisto del salario è compensato dal maggior numero di occupati
La moneta è mezzo di pagamento e svolge una funzione strumentale che agevola le contrattazioni
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Il salario reale si muove assieme agli altri prezzi relativi verso un livello tale da assicurare la piena occupazione cioè una
condizione di equilibrio fra domanda e offerta di lavoro
Dal lato della domanda: salario = alla produttività marginale del lavoro; saggio di profitto = alla produttività marginale del capitale
Dal lato dell’offerta: salario = “costo reale” del fattore lavoro; profitto = “costo reale” del fattore capitale.
L’equilibrio nel mercato del lavoro
e la formazione dei salari
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L’equilibrio nel mercato dei fondi mutuabili
Il risparmio disponibile rende inevitabile un ribasso del tasso di interesse e incentiva gli investimenti
Le opportunità di investimento vengono selezionate in base alla realizzabilità delle decisioni di risparmio;
Il saggio di interesse ( r ) seleziona i progetti più profittevoli;
L’offerta di capitali mutuabili ( R ) dipende dal tasso di interesse ( r );
La domanda dei capitali mutuabili (I) dipende dal livello del risparmio ( R ), in funzione del saggio di interesse
I(r) = S(Y)
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Keynes e la teoria generale
Keynes amplia i confini della scienza economica oltre il calcolo marginalista e razionale ed introduce il ruolo delle aspettative nei comportamenti degli agenti economici;
Nutre dubbi sulla capacità del mercato di sanzionare e neutralizzare i comportamenti scorretti, l’acrasia e le asimmetrie informative;
Contrasta l’idea che il livello dell’occupazione dipenda da una relazione diretta con il livello dei salari
La relazione fra aspetti reali e aspetti monetari risulta invertita rispetto ai marginalisti.
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Keynes e l’attacco ai neoclassici
La ricchezza (il possesso di moneta) è il fine ultimo della produzione;
La circolazione delle merci è lo strumento per accrescere la ricchezza finanziaria;
La moneta funge da riserva di valore e attribuisce “potere” al capitale per orientare la produzione mediante il flusso di investimenti;
Se la domanda globale non aumenta, i prezzi diminuiscono, gli imprenditori riducono l’offerta e aumenta la disoccupazione;
Se la diminuzione del salario monetario non determina una riduzione dei prezzi, la riduzione del salario reale (per effetto della diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori) determina una ulteriore contrazione della domanda aggregata e delle vendite.
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Per Keynes le decisioni di investimento
Sono condizionate dalle aspettative di profitto
Non sono condizionate dalla preventiva formazione del risparmio
Sono la causa principale della formazione del risparmio
Le decisioni di risparmio dipendono dall’ammontare di reddito percepito
S(Y) = I(Y;aP)
Keynes la funzione autonoma degli
investimenti
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Keynes e il salario
Non c’è una relazione inversa fra il salario e l’occupazione;
ll salario può essere spiegato separatamente dagli altri redditi: può essere assunto come un dato quando si determinano questi ultimi, e in particolare quando si determinano i profitti;
L’offerta di lavoro disponibile ad un dato salario pone un livello massimo di occupazione
La propensione a consumare e la quota dei nuovi investimenti determinano insieme il livello dell’occupazione
Il volume dell’occupazione corrisponde unicamente ad un dato livello di salari reali
Se in presenza di una disoccupazione diffusa il salario monetario si riduce gli imprenditori accrescono l’offerta e l’occupazione ma devono vendere i loro prodotti;
Se la domanda globale non aumenta i prezzi diminuiscono e gli imprenditori riducono l’offerta e l’occupazione
Le aspettative di consumo ed investimento diventano cruciali
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Kaldor la teoria della distribuzione
Per Kaldor l’investimento è un dato esogeno mentre le propensioni al risparmio dei lavoratori e dei capitalisti sono note
ma diverse fra loro
Y= W + P S= Sw + Sp I = S
Sp> Sw
Gli investimenti sono autonomi dai risparmi e il rapporto I/Y consente di calcolare la quota dei profitti sul reddito
Estremizzando e considerando Sw trascurabile:L’ammontare dei profitti dipende esclusivamente dalla propensione al risparmio degli imprenditori
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L’attualità del pensiero economico di Tarantelli
Rilevanza delle aspettative sulle dinamiche dei salari e dei prezzi;
Ruolo delle istituzioni pubbliche e dei sistemi di relazione sindacale nella formazione delle aspettative.
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Tarantelli, il ritorno all’economia classica
Il livello del salario e del saggio di profitto vengono determinati dai rapporti di forza fra le diverse classi sociali;
Il saggio di profitto dipende dal salario e viceversa;
Per rompere l’equazione aumento salario reale = meno occupazione occorre collegare gli incrementi salariali alla dinamica della produttività;
Non vi è alcuna differenza fra la quota di reddito risparmiata dai percettori di salari e stipendi e la quota di reddito risparmiata dai percettori di profitti, quindi non vi è un dato saggio di profitto che assicura il finanziamento degli investimenti di piena occupazione.
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L’aggancio del salario reale alla produttività dei fattori
L’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto non deve generare una perdita di competitività a danno delle imprese ed un conseguente peggioramento della bilancia commerciale;
Occorre agganciare il salario reale agli incrementi di produttività e stimolare la crescita di quest’ultima;
Il peggioramento della bilancia commerciale riduce le possibilità espansive della domanda interna (anche per effetto del tendenziale aumento del debito pubblico o delle imposte) e dell’occupazione.
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Il ruolo dei fattori istituzionali nel contrasto alla disoccupazione
Può avvenire un aumento dei salari reali (quindi con una riduzione dei profitti)
senza una riduzione dei livelli occupazionali?
Il livello degli investimenti produttivi necessario a garantire la piena occupazione può essere ottenuto agendo:
indebitamento netto delle imprese (capitale proprio e capitale di debito)
quota dei utili lordi non distribuiti in dividendi – imposte – interessi per autofinanziamento
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L’importanza della politica fiscale
Come modificare la quota dei profitti destinata agli investimenti produttivi?
Attraverso crediti d’imposta;
Modificando il circuito di finanziamento delle imprese e inducendo una maggiore correlazione fra risparmio dei lavoratori e delle famiglie e investimenti locali e in PMI (previdenza complementare, partecipazione finanziaria dei lavoratori, ecc.);
Riducendo il rischio sottostante all’investimento finanziario (meccanismi di garanzia per i risparmiatori).
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La “predeterminazione” dell’inflazione
La “predeterminazione” dell’inflazione
La politica di predeterminazione dell’inflazione offre un’alternativa valida
alle politiche tradizionali di contrasto della stagflazione• Aumento deficit partite correnti genera fabbisogni finanziari pubblici crescenti (debito pubblico) e tassi di interesse elevati;• Accelerazione inattesa del tasso di espansione monetaria provoca inflazione;• Inflazione erode salari reali;• La politica contrattuale contrasta la depauperazione del salario reale;• La crescita nominare dei salari genera aspettative inflattive crescenti;• Decelerazione salariale segue quella dei prezzi;• In presenza di ritardi di aggiustamento prezzi - salari, la stabilità monetaria viene realizzata prevalentemente attraverso: La stretta monetaria con la conseguente riduzione dei consumi e dei livelli occupazionali; Soluzione neokeynesiani: riduzione salari reali
Politiche neokeynesiane poco praticabili e “neutre” in relazione all’andamento reale dei salari
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Dall’abolizione della scala mobile alla politica salariale d’anticipo
La predeterminazione dei punti di scala mobile (1984);
La disdetta della scala mobile (1991);
La sua abolizione (1992) in cambio del riconoscimento della salvaguardia del
potere d’acquisto delle retribuzioni come obiettivo della politica economica;
Il Protocollo del 23 Luglio 1993 e l’aggancio al TIP: la politica salariale d’anticipo e l’inflazione;
La riforma degli assetti della contrattazione e il nuovo indice di riferimento per l’adeguamento al costo della vita
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Dalla moneta unica alla riforma degli assetti della contrattazione
Si indebolisce l’inflazione programmata come obiettivo comune a tutti gli attori dell’economia(il Tip si rivela inadeguato a rilevare correttamente il tasso di inflazione effettiva) e i processi di decentramento istituzionale e di liberalizzazione dei settori produttivi fanno venire meno alcune leve c della politica dei redditi a disposizione del Governo per assicurare lo scambio politico fra “moderazione salariale” versus politica dei prezzi e delle tariffe;
La produttività del lavoro ristagna e si contraggono gli spazi salariali per il secondo livello contrattuale;
In alcuni settori i CCNL cercano di supplire alla mancata espansione della contrattazione collettiva e nel periodo 2001 - 2006 accelerano oltre l’inflazione programmata e in alcuni casi oltre quella effettiva;
La quota del lavoro sul prodotto torna a crescere ma per effetto del ristagnamento della produttività.
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Clup, prezzi e quota del lavoro
100,0
150,0
200,0
250,0
300,0
350,0
400,0
450,0
1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006
74,0
76,0
78,0
80,0
82,0
84,0
86,0
88,0Deflatore del v.a.(scala di sinistra)
Clup(scala di sin.)
Quota del lavoro nel prodotto netto(scala di destra)
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L’importanza delle quote distributive
Il recupero delle quote di lavoro in rapporto al reddito prodotto:
Serve a sostenere la domanda aggregata;
è anche il principale incentivo all’aumento della produttività dei lavoratori,
e il principale pungolo alle imprese per l’innovazione tecnologica e organizzativa (Sylos Labini).
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La crescita del salario reale VS produttività
L’aggancio delle retribuzioni al costo della vita influisce sul recupero della quota del lavoro in rapporto al reddito solo se la produttività del lavoro ha un andamento negativo (contratto nazionale)
La distribuzione fra salari e profitti resta invariata solo se il secondo livello è talmente diffuso da distribuire ai salari tutti i guadagni di produttività (ccnl e contrattazione di secondo livello);
La quota che va al lavoro si riduce se la contrattazione non redistribuisce ai salari l’intera quota di incremento della produttività del lavoro
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Secondo livello e quote distributive
La quota salari nel reddito distribuito è:S
e la
Pro
du
ttività d
el la
voro
aumenta e il 2° livello distribuisce interamente ai salari i guadagni di produttività
stabile
aumenta e il 2° livello non distribuisce interamente ai salari i guadagni di produttività
si riduce
diminuisce aumenta
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Il consenso sociale come condizione necessaria per il funzionamento della “predeterminazione”
Il Governo fissa la domanda aggregata in modo da assicurare il tasso di disoccupazione desiderato ma pone ai sindacati un tetto inflattivo da non superare
Il Governo fissa la domanda aggregata in modo da assicurare il tasso di disoccupazione desiderato ma pone ai sindacati un tetto inflattivo da non superare
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Garantire la stabilità delle quote distributive; Valutare le ricadute macroeconomiche di un
peggioramento delle quote distributive (ruolo della domanda interna nella stabilizzazione dei redditi);
Valutare l’apporto degli strumenti di sostegno al reddito alla crescita economica e alla stabilizzazione dei redditi (ammortizzatori sociali, previdenza, assistenza sociale;
Ridurre la quota distribuita alle rendite (finanziarie, immobiliari, ecc.)
Dare attuazione alla riforma degli assetti della contrattazione per redistribuire la produttività in tutti i luoghi di lavoro.
Un nuovo scambio fra politica dei redditi e contrattazione collettiva/moderazione
salariale
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Se non verrà data piena applicazione alla riforma degli assetti della contrattazione, la centralizzazione delle politiche contrattuali:
Rappresenterà un limite allo sviluppo della dinamica retributiva nei contesti territoriali e aziendali più produttivi (e/o dove ci sono maggiori investimenti di risorse pubbliche/maggiori possibilità di autofinanziamento);
Determinerà una redistribuzione perversa del reddito a favore dei profitti, sterilizzando la tutela reale delle retribuzioni;
Costituirà un'eccessiva rigidità negoziale nei sistemi territoriali e produttivi più fragili (e/o dove vi sono minori investimenti di risorse pubbliche regionali e/o degli enti locali), determinando la graduale sterilizzazione del salario, sia attraverso la tendenziale compressione della retribuzione reale, sia mediante l'incorporazione del tasso di inflazione e/o del tasso di interesse del capitale investito.
La concertazione nell’era del federalismo
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• Garantire la stabilità delle quote distributive;
• Dare attuazione alla riforma degli assetti della contrattazione per redistribuire la produttività in tutti i luoghi di lavoro.
Rilanciare la produttività e la contrattazione decentrata
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La finanza pubblica nell’area euro(Fonte: BCE, marzo 2010)
Il contesto delle manovre correttive di finanza pubblica
Crisi finanziaria e rallentamento economico inducono un calo delle entrate ed un aumento delle spese sociali (ad es. i sussidi di disoccupazione);
Calo delle entrate anche per altri fattori (ad es. per calo dei prezzi delle attività);
Il tasso di crescita è diminuito ma l’espansione della spesa è proseguita;
Misure di stimolo di bilancio;
Sostegni finanziari al settore bancario in difficoltà.
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La dinamica della crescita
Prodotto interno lordo a confronto
Pil 2008 Pil 2009 Pil 2010 (previsione)
Pil 2011 (previsione)
Pil 2012 (previsione)
Germania 1,3 -5,0 1,4 2,0 2,0Grecia 2,0 -1,2 -0,3 1,5 1,9Francia 0,4 -2,3 1,4 2,5 2,5Irlanda -3,0 -7,5 -1,3 3,3 4,5Italia -1,0 -4,8 1,1 2,0 2,0Spagna 0,9 -3,6 -0,3 1,8 2,9Fonte: BCE, marzo 2010
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La dinamica del deficit
Saldi di bilancio a confronto
Saldo di bilancio (in % del Pil)
2009
Saldo di bilancio (in % del Pil) previsto 2010
Saldo di bilancio (in % del Pil) previsto 2012
Differenza prevista
2012-2010
Sforzo ulteriore per raggiungere l’obiettivo -3%
Germania -3,2 -5,5 -3,5 2 0,5Grecia -12,7 -8,7 -2,8 5,9 0Francia -7,9 -8,2 -4,6 3,6 1,6Irlanda -11,7 -11,6 -7,2 4,4 4,2Italia -5,3 -5 -2,7 2,3 0Spagna -11,4 -9,8 -5,3 4,5 2,3Fonte: BCE, marzo 2010
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Le manovre correttive nell’U.E.
Le diverse manovre nei principali paesi UEImporto della
manovra (mld di €)
Impatto della manovra
(% del Pil)
Durata della manovra
(anni)Periodo
interessatoFrancia 100 5,0% 4 2010-2013Germania 80 3,2% 4 2011-2014Grecia 30 13,0% 5 2010-2014Italia 25 1,6% 2 2011-2012Portogallo 2 1,4% 2 2010-2011Spagna 15 1,5% 2 2010-2011Fonte: La repubblica, giugno 2010
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Nella proposta originaria di Tarantelli lo “scudo per i disoccupati” avrebbe dovuto essere attuato tramite la creazione di riserve di valore presso le banche centrali, finanziate tramite l’emissione di scudi a fronte delel rimesse in valuta nazionale al bilancio comunitario;
Le riserve di valore avrebbero potuto essere utilizzate per finanziare sussidi di disoccupazione, formazione professionale e investimenti produttivi;
L’ammontare delle riserve costituitte presso le Banche centrali sarebbe stata proporzionale al numero dei disoccupati presenti in ciascuno Stato membro;
Oggi come ieri le proposte che mirano a liberare risorse dal bilancio comunitario per investimenti produttivi dei diversi Stati dell’Unione europea sono ostacolate da Paesi come Germinia, Inghilterra e Francia, preoccupati degli effetti redistributivi e dell’ulteriore processo di unificazione e convergenza dal lato della politica economica e finanziaria
Lo scudo europeo per i disoccupati …
e per gli investimenti produttivi
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L’eredità di Ezio Tarantelli
La necessità di un coordinamento sovranazionale della politica fiscale per evitare rischi di dumping sociale;
L’esigenza di liberare risorse a livello comunitario, tramite una redistribuzione solidaristica, per investimenti produttivi e a sostegno dell’occupazione (scudo per i disoccupati);
La necessità di potenziare la contrattazione decentrata per redistribuire tutti gli incrementi di produttività a livello aziendale e/o territoriale;
Il ruolo della contrattazione decentrata nell’allocazione ottima delle risorse umane in azienda (“lavorare meno, lavorare tutti”).
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Tarantelli individua nel recupero dell’evasione fiscale lo strumento necessario per finanziare gli investimenti produttivi necessari a recuperare il gap di capacità produttiva e la competitività delle imprese italiane, in modo da determinare un incremento, nel medio periodo, dell’offerta aggregata;
Per Tarantelli, infatti, l’idea di finanziare gli investimenti produttivi attraverso la destinazione degli incrementi di produttività ai profitti è perdente a causa della maggiore elasticità delle importazioni, rispetto alle esportazioni, in rapporto alla domanda interna;
Ogni incremento della domanda interna, provocando ulteriori pressioni sul saldo delle partite correnti, determinerebbe un immediato riassorbimento della domanda, prima dell’adeguamento dell’offerta, attraverso l’intervento della politica monetaria per evitare effetti perversi sul debito pubblico
Il recupero dell’evasione fiscale come volano per la crescita
economica
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Lavorare meno per occupare di più” è l’obiettivo per un nuovo scambio politico da declinare attraverso una maggiore flessibilità nell’utilizzo e nella divisione del lavoro:
Sviluppo part time; Allungamento delle ferie; Periodi sabbatici per formazione e aggiornamento professionale
La riduzione dell’orario di lavoro, secondo Tarantelli, deve avvenire senza oneri aggiuntivi per l’impresa e senza determinare una riduzione complessiva della produttività per ora lavorata;
Occorre contrattare azienda per azienda le modificazioni dell’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi per evitare che la flessibilità del lavoro comporti effetti perversi sulla capacità produttiva
Lavorare meno, lavorare tutti