L'attività di traduzione degli ebrei spagnoli nel XVI e ... · Sempre a Venezia vede la luce nel...

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LAURA MINERVINI Università di Napoli 'Federico II' L'attività di traduzione degli ebrei spagnoli in Italia nel XVI e XVII sec. * Un capitolo della storia della civiltà dei sec. XVI-XVII ancora in gran parte da scrivere è quello relativo alla vasta opera di traduzione in- trapresa sul suolo italiano da ebrei e marrani di origine iberica. Questa attività, concentrata essenzialmente in tre città, Ferrara, Venezia e Li- vorno, ha un notevole rilievo tanto dal punto di vista culturale quanto da quello editoriale: per provvedere alla rieducazione di quanti, conver- titi per necessità o per convenienza al cristianesimo e tornati poi al giu- daismo, non sono più in grado di leggere la 'lingua santa', si traducono in spagnolo non solo i testi liturgici ma anche le fonti ebraiche classiche (la Bibbia, letteratura rabbinica, opere filosofiche medievali, trattati di precettistica, codici halakici ecc.). Si costituisce in questo modo il primo importante corpus di pensiero ebraico in una lingua moderna europea, lo spagnolo, che acquista così un ruolo fondamentale in tutta la dia- spora sefardita (nell'Europa occidentale per la maggior parte lusofona), assumendo le funzioni di lingua della comunicazione scritta in ambito religioso e intellettuale '. Le tipografie ferraresi, veneziane e livornesi sono al centro di una complessa rete di scambi, in cui viaggiano libri a stampa e manoscritti insieme con uomini, idee, esperienze: è frequente il caso di opere pubblicate per la prima volta a Istambul o a Salonicco, rie- dite in Italia e poi in Olanda. La produzione a stampa ebraico-spagnola di questi secoli è perciò solo in piccola parte destinata al mercato locale, * Parte del materiale su cui si basa il presente lavoro è stato utilizzato in un arti- colo dedicato agli usi linguistici degli ebrei spagnoli in Italia, attualmente in corso di stampa su «Medioevo Romanzo». 1 Per il significato dell'attività di traduzione cfr. Yerushalmi 1991, pp. 58-59; Orfali 1994; per il ruolo dello spagnolo cfr. Roth 1959.

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LAURA MINERVINI

Università di Napoli 'Federico II'

L'attività di traduzionedegli ebrei spagnoli in Italia

nel XVI e XVII sec. *

Un capitolo della storia della civiltà dei sec. XVI-XVII ancora ingran parte da scrivere è quello relativo alla vasta opera di traduzione in-trapresa sul suolo italiano da ebrei e marrani di origine iberica. Questaattività, concentrata essenzialmente in tre città, Ferrara, Venezia e Li-vorno, ha un notevole rilievo tanto dal punto di vista culturale quantoda quello editoriale: per provvedere alla rieducazione di quanti, conver-titi per necessità o per convenienza al cristianesimo e tornati poi al giu-daismo, non sono più in grado di leggere la 'lingua santa', si traduconoin spagnolo non solo i testi liturgici ma anche le fonti ebraiche classiche(la Bibbia, letteratura rabbinica, opere filosofiche medievali, trattati diprecettistica, codici halakici ecc.). Si costituisce in questo modo il primoimportante corpus di pensiero ebraico in una lingua moderna europea,lo spagnolo, che acquista così un ruolo fondamentale in tutta la dia-spora sefardita (nell'Europa occidentale per la maggior parte lusofona),assumendo le funzioni di lingua della comunicazione scritta in ambitoreligioso e intellettuale '. Le tipografie ferraresi, veneziane e livornesisono al centro di una complessa rete di scambi, in cui viaggiano libri astampa e manoscritti insieme con uomini, idee, esperienze: è frequente ilcaso di opere pubblicate per la prima volta a Istambul o a Salonicco, rie-dite in Italia e poi in Olanda. La produzione a stampa ebraico-spagnoladi questi secoli è perciò solo in piccola parte destinata al mercato locale,

* Parte del materiale su cui si basa il presente lavoro è stato utilizzato in un arti-colo dedicato agli usi linguistici degli ebrei spagnoli in Italia, attualmente in corso distampa su «Medioevo Romanzo».

1 Per il significato dell'attività di traduzione cfr. Yerushalmi 1991, pp. 58-59;Orfali 1994; per il ruolo dello spagnolo cfr. Roth 1959.

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di dimensioni troppo ridotte per giustificare un'attività così cospicua,essendo per lo più rivolta all'esterno (Livorno, ad esempio, servirà, apartire dalla metà del Seicento, soprattutto le comunità nordafri-cane) 2.

Il risultato più importante di questa vasta operazione è la tradu-zione della Bibbia, edita a Ferrara nel 1553 presso la tipografia diYomtov ben Levi Atias ed Abraham Usque3. I traduttori ferraresi sonoben consapevoli d'inserirsi nel solco di un'antica tradizione di volgariz-zamenti biblici, di cui possediamo solo testimonianze indirette (le varieBibbie spagnole medievali, destinate a un pubblico cristiano ma tradottea partire dal testo ebraico, quindi con la collaborazione di ebrei); riven-dicano perciò la possibilità di attingere a un lessico patrimoniale e di ri-calcare la struttura della lingua di partenza con una tecnica letteralistache può riuscire sgradevole ai lettori:

«y aun que a algunos paresca el lenguaje della bárbaro y estraño, y muydifferente del polido que en nuestros tiempos se vsa, no se pudo hazerotro, por que queriendo seguir verbo a verbo y no declarar vn vocablo pordos, lo que es muy dificultoso, ni anteponer ni posponer vno a otro, fueforcado seguir el lenguaje que los antiguos Hebreos Españoles vsaron; queaun que en algo estraña, bien considerando, hallarán tener la propriedaddel vocablo Hebrayco, y allá tiene la grauedad que la antigüedad sueletener... la obra no puede tener defecto en sí, y los de la tradución no sontales que los discretos los reprehendan en ninguno pues, como ya dixe, elphrasis es de la misma lengua y los ladinos tan antiguos y sentenciosos, yentre los Hebreos ya conuertidos como en naturaleza» 4.

Rispetto al quasi coevo Pentateuco di Costantinopoli (1547), incaratteri ebraici, i redattori della Bibbia di Ferrara scelgono, servendosidell'alfabeto latino, di rivolgersi a un pubblico di marrani; conseguente-

2 Cfr. Tamani 1980; Bonfìl 1987, pp. 477-8; 1991, pp. 147-9; 1992, pp.233.

3 Alla Bibbia di Ferrara è stato di recente dedicato un congresso, i cui atti sonoin corso di stampa (Hassán 1994). Si vedano inoltre Roth 1943a; Morreale 1962,1994; Sephiha 1970, 1971, 1973.

4 Lazar 1992: 5-6. Introduco, qui e altrove, gli accenti e la punteggiatura se-condo l'uso moderno.

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mente lo spagnolo usato nella traduzione, pur piegato alle esigenze difedeltà alla lettera del Testo Sacro, è povero di ebraismi e prossimo allalingua letteraria spagnola contemporanea.

All'attività della tipografia Atias-Usque si deve la traduzione dall'e-braico, oltre che del Libro dei Salmi {Psalterium de Dauid en Hebraicodicho Thehylim, 1553), di alcuni rituali, tutti in caratteri latini {Libro deOracyones de todo el año, 1552; Sedur de Oraciones de mes, \552; Ordende Silhoth, 1552; Orden de Roshashanah y Kipur, 1553; Orden de ora-ciones de mes arreo.s sin boltar de una a otra parte. Y la orden de Ha-nucah, Purim y Pascuas de Pesah, Sebuoth y Succoth, 1555). Questi libridi preghiere, insieme con quelli che negli stessi anni si imprimono a Ve-nezia {Celihot Según la orden del vso español hebraico Délos quarenta diosante del dia de Quipur, 1552; Orden de oraciones segundo el uso ebreo enlengua ebraica y vulguar español, s.d.; Ordenanca délas oraciones delCedur del mes Ebraico, 1552 5)> ad opera di Isac Cavaliere, sono all'ori-gine di una serie di ristampe e riadattamenti che si susseguono per al-cuni secoli, contribuendo all'affermazione dello spagnolo, accanto all'e-braico, come lingua liturgica del giudaismo sefardita; in questa fun-zione, esso acquisisce uno status di grande prestigio e di semi-sacralitàanche presso le comunità portoghesi del Nordeuropa6.

Si devono poi menzionare le edizioni di due testi di importantefunzione liturgica: i Pirqi 'Avòt 'Detti dei padri' e il Seder Haggadah seiPesah 'Ordine della Haggadah di Pasqua'7. Dei Pirqi 'Avòt si pubbli-cano a Venezia nel corso del Seicento tre diverse traduzioni, due in ca-ratteri ebraici (1601, 1696), una in caratteri latini (1651); la versionedel 1601 si segnala per alcune particolarità che la distinguono da tutte leversioni successive, raggruppate, su base linguistica, in due famiglie(orientale e occidentale): si deve forse proprio a queste particolarità, che

5 I due ultimi testi (siddürtm) devono essere quasi contemporanei e si possonoconsiderare dal punto di vista filologico un unico documento (Morreale 1963, p.333).

6 Cfr. Rodi 1959. È di parere contrario Salomón (1968, 1968-69, 1973,1974), le cui tesi sono discusse nel mio lavoro in corso di stampa citato all'i-nizio.

7 Le più antiche traduzioni dei due testi sono incluse nel Libro de Oraciones detodo el año edito a Ferrara nel 1552.

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la connotano in senso arcaico e popolare, se la traduzione del 1609 nonserve da modello a nessuna di quelle posteriori8. A differenza dei Pirqé'Avdt, la traduzione spagnola della Haggadah, edita per la prima volta incaratteri ebraici a Venezia nel 1609, fa parte di un'antica e radicata tra-dizione, anteriore all'espulsione dalla Penisola Iberica, che si trasmettesenza sostanziali differenze tanto alla diaspora orientale che a quellaorientale9. Fra le numerose edizioni successive di Haggaddt figuraquella livornese del 1654, in caratteri latini: Orden de la Hagadah deNoche de Pascoa de Pesah Traducida (1654); questa pubblicazione, cherientra nel programma educativo del mercante mecenate Jacob Va-lencin, inaugura la stagione dell'editoria giudeospagnola della città, cheavrà nel secolo successivo la sua massima fioritura 10.

Della diffusione di queste traduzioni nell'ambiente dei marrani sitrovano spesso tracce nei processi inquisitoriali dell'epoca: così, adesempio, nel 1598 a Venezia il portoghese Antonio Rodríguez, denun-ciato come apostata, racconta dell'attività di proselitismo svolta dall'e-breo converso Abram Cotino:

«Et mi mostrò una Bibbia [in] lengua spagnola et mi fece legger la crea-tion del mundo et alcune altre cose et mi diede un libro che me lo donòche si chiama tefilà in spagnolo, il qua! contiene cose della Scrittura Vec-chia, che appartengono all'Hebraismo.» "

Dopo la grande impresa ferrarese non vi sono altri tentativi di tra-duzione completa della Bibbia; non mancano però, accanto alle tradu-zioni di singoli libri (in genere per usi liturgici) 12, alcuni glossari biblici:il Sefer Heseq Éelomoh. Libro de ladinos de los bierbos caros de toda la Mi-qra ' entitulado Cobdisia de òefomoh, in caratteri ebraici, è pubblicato aVenezia nel 1588 (e nuovamente nel 1617) a cura di Gedalyah benMoseh Cordovero, ma sarebbe stato scritto da un autore ignoto ed edito

8 Cfr. Schwarzwald 1990.» Cfr. Schwarzwald 1991.10 Cfr. Roth 1931, p. 19; Toaff 1990, pp. 359-60.11 Ioly Zorattini 1990, p. 158.12 Come il già menzionato Libro dei Salmi (Ferrara 1553, Livorno 1655) e il

Cantico dei Cantici (Venezia 1609, già edito a Salonicco nel 1600).

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nel Levante (1572-1588 ca.), come testimonia nel prologo lo stessoCordovero (e come conferma la varietà di spagnolo usata, corrispon-dente agli sviluppi iniziali del giudeospagnolo quale ci è documentato intesti di provenienza orientale 13):

«Viendo el mancamiento que à mancado la nuesa lengua ebrayca, llamadade nuesos sabios leson ha-qodes por ser la lengua en que fue dada nuesa leisanta, más en nueso tienpo que en los tienpos pasados, lo cual es cauza deno ser entendida nuesa lei santa, i vimos que nuesos sabios dieron lisensiaque se escribiese en grego que era la más prefecta i más uzada en aqueltienpo, de modo que siendo la lengua española la más uzada en nuesotienpo sierto será dada la misma lisensia pora la lengua dicha; i los añospasados en Salonique i en Costantina se escomendó a estanpar gran partede la Miqra ', todo el pasüq en ebraico i todo en español i con los puntos, iera la despeza grande i no podía un pofire conprarlo, i maior mentesiendo toda la Miqra'que non afíría quien la pudiese conprar. Por endefallándome con este libro cual no se safie quien fue el autor, mas se ve porla ofíra que era gran saftio, i toda palafira que se entiende fasilmente,como va-yo 'mer, va-yidabber, va-ya 'as esetra, no se curó de copiar, i todapalafira que era un poco difisil entrapeta, i si á dos ladinos dize ansí oansí, de modo que es mui copioso i de poca espeza, me paresió ofira píaestanparlo, por que se falle en mano de todos» 14

Sempre a Venezia vede la luce nel 1639 un'edizione della Bibbiaebraica con commento (in ebraico) di Ya'aqov Lumbrozo, in cui sonoglossati molti termini diffìcili in una varietà di spagnolo a metà stradafra la lingua letteraria di Spagna e il giudeospagnolo dello Hèseq Se-lomoh15.

Un'altra iniziativa di notevole impegno sono le Misnajoth con elcomento de el Haham, la Aquila grande, Rabbenu Moseh hijo de Maimón,

13 Cfr. Bunis 1992.14 Cordovero 1588, p. 2v. Rendo lamed + yddcon <11>, nün + yòdcon <fi>, ydd

+ ydd con <y>, bit + segno diacritico con <fi>, gimel + segno diacritico con <ch, g, j>secondo l'uso spagnolo, sin con <s>, samek con <c>, zayn con <z>, l'inusuale adi con<s>, qof<c\a> o <c> secondo l'uso spagnolo. I testi non sono vocalizzati, servendosidelle sole matres lectionis: 'alef = <a, 0 , he = <-a>, ydd = <e, i>, vav = <o, u>.

15 Cfr. Bunis 1994.

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y perficionó después del Haham el Rab Obadia de Bartenora (Venezia1606), opera di Abraham de Reuben ben Nahman, proveniente dal Ma-rocco; si tratta di un'edizione della Misnah con il commento di Maimo-nide e 'Ovadyah da Bertinoro, in ebraico, con traduzione spagnola par-ziale in caratteri latini. Nella prefazione l'autore dice di aver intrapresol'opera per impiegare utilmente il tempo durante un soggiorno a Ve-nezia, iniziato per motivi di affari e protrattosi poi oltre le sue aspetta-tive 16.

Negli stessi anni appaiono le traduzioni di alcuni importanti trat-tati di normativa religiosa: nel 1602 si pubblica a Venezia una tradu-zione-riadattamento dello èulktn 'arük di Yòsef Caro (XVI sec), giàedita a Salonicco nel 1568: Libro llamado en lason ha-qodes Sefer sulhznha-panim y en ladino Meza del alma (1602); l'opera, scritta in caratteriebraici, è, insieme allo Heseq Selomoh, una tra le più precoci testimo-nianze linguistiche del giudeospagnolo. Per assicurare al testo una mag-giore diffusione Mosè Altaras decide, pochi anni dopo, di prepararneuna versione in alfabeto latino; così infatti spiega, all'inizio del suoLibro de Mantenimiento de la alma enei qual se contiene el modo con quese ade regir el ludio en todas sus actiones traduzido dal hebraico al spagnol(Venezia 1609):

«Aun que paresse que toda hobra traduzida pierde la grauedad que en suoriginal tenía, tanto más en la hebrea, quise todavía tomar este trauajopor ser amigo del prouecho oniuersal, al qual libro puze por nombreMANTENIMIENTO DEL ALMA, Pues que por el se mantiene y sus-tenta l'alma con sus muy prefundos preceptos, y aun que se traduzió ya en[sic] lengua hebrea en ladino, por ver que ay muchos que non saben leerottra letra que la presente, me pareció necesidad grande poner por hobraeste mi dezeo pues que con facelidad grande puede el hombre saber todolo que l'es necesario, y por ver que abrá malos abladores que quereránponer tacha en esta taw santa y prouechosa hobra por ser traduzida en la-dino digo seer ya uereficado por los sabios quales dieron lecencia à empri-millo por muchas sus rasones <\ue por non ser largo non lasdigo...» ".

Cfr. Kayserling 1890, pp. 5-6; Zobel 1924.Altaras 1609, p. 2r.

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In attesa di uno studio approfondito, che permetta di stabilire seAltaras traduca ex novo l'opera di Yòsef Caro o se (più plausibilmente)rimaneggi la Meza del alma, ci si deve limitare a osservare come lalingua da lui usata risenta dell'influenza del giudeospagnolo, allonta-nandosi spesso dalla norma peninsulare cui pure si ispira.

Alle esigenze di quanti non sono «cursados y platicos en la lenguasanta» si espongono «en letra y lenguage español» i seicentotredici co-mandamenti biblici, spiegati, sul modello del Sefer ha-mwdt 'Libro deiprecetti', alla luce della tradizione rabbinica: il Tesoro de preceptos dondese encierran las joyas de los Seys cientos y treze Preceptos, que encomendó el

Sñor à su Pueblo Israel con su declaración, Razón y Diním (Venezia1627) è opera del rabbino Yishaq Atias di Amburgo, che nel proemiogiustifica la scelta di scrivere in spagnolo anziché in portoghese, sualingua materna:

«Y assi comò se traduxo la Sagrada Escritura en Español, por que no sepondrá en la misma lengua, todo aquello que fuere necessario, para que laLey del Sñor se aumente ? y aun por esso, fue esta nostra obra, en elmismo lenguage, y no en el materno y proprio, por no me salir de la Bi-blia, y todas las Rezas: y por seguirlas au« más, usamos de sus Ladinos enmuchas partes, no solo por ser mas proprios al Heb. mas también más co-munes a la Nación, y en effecto, allá muestran la grauedad de las cosasantiguas» ls.

La dichiarazione di Atias ribadisce il ruolo svolto dalla traduzionedella Bibbia e dei testi liturgici nella diffusione dello spagnolo nelle co-munità ebraiche di lingua portoghese.

Durante un soggiorno a Livorno, dove lavora a un'edizione com-mentata della Misnah, Ya'aqov Hagiz, capo di un'importante accademiarabbinica a Gerusalemme, prepara la traduzione spagnola del Menòratha-ma 'ór, compendio etico ricco di citazioni talmudiche, opera di YiiaqAboab (XIV sec): la Almenara de la luz. Tratado de mucho provecho deIsac Aboab nuebamente traduzido en lengua vulgar (Livorno 1656), in

18 Atias 1627, p. 4v. Le parole citate prima sono di Yósef Samegia e com-paiono all'inizio del libro, fra le Aprovaciones de los Sñres Hachamim de las K.K. deEspañoles-, senza indicazione di pagina.

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caratteri latini, conosce una notevole circolazione nell'ambiente deimarrani, contribuendo all'edificazione religiosa di questo gruppo le cuiconoscenze ebraistiche sono, come si è detto, in genere molto ri-dotte ".

Da quanto finora esposto si potrebbe ricavare l'impressione chenelle comunità sefardite stanziate in Italia non si leggano che testi reli-giosi; in realtà, anche se resta indubbia la centralità delle tematiche reli-giose (in questo periodo, e grazie anche all'apporto dei profughi iberici,gli studi cabbalistici hanno un eccezionale slancio), gli interessi culturalidegli ebrei sono ampi e vari. Ne è un'eloquente testimonianza la tradu-zione in uno spagnolo letterario delle poesie di Petrarca, iniziata (manon portata a termine) da Salomón Usque: De los sonetos canciones man-driales y sextinas del gran poeta y Orador Francesco Petrarca Traduzidosde Toscano por Salusque Lusitano parte primera (Venezia 1567); il tra-duttore, emigrato poi a Istambul, è anche autore, insieme a Lazzaro diGraziano Levi, della commedia Ester (1559), il più antico drammaebraico in vernacolo (italiano), oltre che di un sonetto in spagnolo in-cluso nei Comentarios de la guerra que el duque de Alba hizo en Flandesdi Alonso Ulloa (1569) e di un poemetto in italiano, Canzone sull'operade' sei giorni, comparso in un'antologia (1572) 20.

Un'ulteriore conferma degli interessi degli ebrei per la letteraturaprofana si trova nell'iniziativa di un ignoto redattore, membro forsedella comunità di Venezia, che nella seconda metà del XVI sec. trascrivein caratteri ebraici la traduzione spagnola dell'Orlando Furioso, operadel capitano e poeta aragonese Jerónimo de Urrea (1549); la trascri-zione è di grande interesse linguistico poiché riflette la pronuncia dellospagnolo del redattore, lasciando trasparire alcuni tratti fonetici del giu-deospagnolo 21.

L'attrazione che questa letteratura esercita sugli ebrei si dimostratutt'altro che passeggera, a giudicare dalle parole che, nel 1652, Ya'aqov

" Cfr. Sonnino 1912, p. 80; Toaff 1990, p. 360; Yerushalmi 1991, p.317.

20 Cfr. Rodi 1943b; Piattelli 1968.21 Cfr. Minervini 1993.

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Alpron premette ai Doveri delle donne, traduzione italiana del Seder mis-

vdt nasìm (1577) di Benjamín 'Aharon Slonik:

«... e assai manco male sarà che leggano questo libretto, che l'Ariosto, le centonovelle, Amadis de Gaula e simil libri profani, che non è licito leggerli alsabbat... e che da quelli non s'impara se non lasciuità, e cose vane» n.

Sembrerebbe dunque che, fra gli ebrei residenti in Italia fra il Cinquee il Seicento, le esigenze di edificazione e di istruzione religiosa non ab-biano cancellato del tutto il gusto per la letteratura di finzione.

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