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Copyright© Esselibri S.p.A. PARTE SECONDA L’ASSETTO ISTITUZIONALE COMUNITARIO 1. Quali sono le Istituzioni demandate al raggiungimento degli obiettivi delle Comunità? 2. Che cosa si intende per deficit democratico? 3. Che cosa si intende per principio di competenze di attribuzione? 4. Che cosa si intende per quadro istituzionale unico dell’Unione? 5. Che cosa si intende per trasparenza delle Istituzioni? - 5 bis. In che cosa consiste il diritto di accesso ai documenti delle Istituzioni? - 5 ter. In che cosa consiste la tutela dei dati personali? 6. Da chi è composto il Parlamento europeo e quali sono le sue principali funzioni? - 6 bis. Qual è la modalità di elezione dei membri del Parlamento europeo? - 6 ter. Quali sono le modalità di organizzazione e funzionamento del Parlamento europeo? - 6 quater. Quali sono le procedure di voto in seno all’Assemblea? - 6 quinquies. Come si com- pongono i gruppi politici nel Parlamento europeo? 7. Che cos’è il Mediatore europeo? 8. Esistono forme di coordinamento tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali? 9. Quali sono le principali funzioni della Commissione? - 9 bis. Da chi è composta e come si svolge la procedura di nomina della Commissione? - 9 ter. Qual è lo status dei membri della Commissione? - 9 quater. Quali sono le modalità di funzionamento della Commissione? 10. Da chi è composto il Consiglio e quali sono le sue principali funzioni? - 10 bis. Quali sono le modalità di organizzazione interna del Consiglio? - 10 ter. Che cos’è il COREPER? - 10 quater. Quali sono i sistemi di votazione del Consiglio? 11. Come si compone il sistema giurisdizionale europeo? - 11 bis. Quali sono le funzioni della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado? - 11 ter. Qual è la composizione e quali sono le modalità di funzionamento della Corte di giustizia? - 11 quater. Che differenza c’è tra le competenze di cui la Corte di giustizia gode nel primo pilastro e le competenze di cui essa gode nel secondo e terzo pilastro? - 11 quinquies. Qual è la composizione e quali sono le competenze e le modalità di funzionamento del Tribunale di primo grado? - 11 sexies. Che cosa sono le camere giurisdizionali? 12. Come avviene il finanziamento della Comunità? - 12 bis. Che cosa si intende per risorse proprie? - 12 ter. Quali sono i principi fondamentali del bilancio comunitario? - 12 quater. Qual è la procedura di approvazione del bilancio? - 12 quinquies. Qual è la composizione e quali sono le competenze della Corte dei conti? - 12 sexies. Come avviene la lotta alle frodi in ambito comunitario?

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PARTE SECONDAL’ASSETTO ISTITUZIONALE COMUNITARIO

1. Quali sono le Istituzioni demandate al raggiungimento degli obiettivi delle Comunità?

2. Che cosa si intende per deficit democratico?

3. Che cosa si intende per principio di competenze di attribuzione?

4. Che cosa si intende per quadro istituzionale unico dell’Unione?

5. Che cosa si intende per trasparenza delle Istituzioni? - 5 bis. In che cosa consiste ildiritto di accesso ai documenti delle Istituzioni? - 5 ter. In che cosa consiste la tutela deidati personali?

6. Da chi è composto il Parlamento europeo e quali sono le sue principali funzioni? -6 bis. Qual è la modalità di elezione dei membri del Parlamento europeo? - 6 ter. Qualisono le modalità di organizzazione e funzionamento del Parlamento europeo? - 6 quater.Quali sono le procedure di voto in seno all’Assemblea? - 6 quinquies. Come si com-pongono i gruppi politici nel Parlamento europeo?

7. Che cos’è il Mediatore europeo?

8. Esistono forme di coordinamento tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali?

9. Quali sono le principali funzioni della Commissione? - 9 bis. Da chi è composta ecome si svolge la procedura di nomina della Commissione? - 9 ter. Qual è lo status deimembri della Commissione? - 9 quater. Quali sono le modalità di funzionamento dellaCommissione?

10. Da chi è composto il Consiglio e quali sono le sue principali funzioni? - 10 bis.Quali sono le modalità di organizzazione interna del Consiglio? - 10 ter. Che cos’è ilCOREPER? - 10 quater. Quali sono i sistemi di votazione del Consiglio?

11. Come si compone il sistema giurisdizionale europeo? - 11 bis. Quali sono le funzionidella Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado? - 11 ter. Qual è la composizionee quali sono le modalità di funzionamento della Corte di giustizia? - 11 quater. Chedifferenza c’è tra le competenze di cui la Corte di giustizia gode nel primo pilastro e lecompetenze di cui essa gode nel secondo e terzo pilastro? - 11 quinquies. Qual è lacomposizione e quali sono le competenze e le modalità di funzionamento del Tribunaledi primo grado? - 11 sexies. Che cosa sono le camere giurisdizionali?

12. Come avviene il finanziamento della Comunità? - 12 bis. Che cosa si intende perrisorse proprie? - 12 ter. Quali sono i principi fondamentali del bilancio comunitario? -12 quater. Qual è la procedura di approvazione del bilancio? - 12 quinquies. Qual è lacomposizione e quali sono le competenze della Corte dei conti? - 12 sexies. Comeavviene la lotta alle frodi in ambito comunitario?

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13. Quali sono i due principali comitati consultivi comunitari e quali sono le loro com-petenze? - 13 bis. Quali sono i compiti della Banca europea degli investimenti? - 13ter. Che cosa si intende per agenzie comunitarie?

14. Qual è l’origine del Consiglio europeo, quale la sua natura giuridica e le sue com-petenze?

1. Quali sono le Istituzioni demandate al raggiungimento degliobiettivi delle Comunità?

Riferimento normativo: art. 7 TCE.

Descrizione: precisare che il raggiungimento degli obiettivi del Trattato è, prin-cipalmente, demandato alle istituzioni elencate all’art. 7: Parlamento europeo;Consiglio dell’Unione; Commissione; Corte di giustizia; Corte dei Conti.

Caratteristiche: precisare che:

— il Parlamento europeo ha funzioni di controllo, consultive e normative;— il Consiglio dell’Unione esercita il potere normativo;— la Commissione esercita potere di iniziativa, il controllo sull’osservanza del

diritto comunitario e il potere esecutivo, su delega del Consiglio;— la Corte di giustizia ha funzioni di controllo giurisdizionale;— la Corte dei Conti ha funzione di controllo sulla gestione finanziaria.

Altri elementi essenziali: ricordare che, accanto alle istituzioni elencate all’art.7 TCE, altre istituzioni concorrono al raggiungimento degli obiettivi del Trattatotra cui, di particolare rilievo, sono il Comitato economico e sociale e il Comitatodelle regioni, che svolgono funzioni consultive, le istituzioni dell’Unione moneta-ria, la Banca Centrale Europea (BCE) e il Sistema europeo di banche centrali(SEBC). Di rilievo sono anche la Banca Europea degli Investimenti (BEI).

Articolazione della risposta

Il raggiungimento degli obiettivi comunitari è demandato a varie istituzio-ni. Le più rilevanti di queste sono elencate all’art. 7 TCE. In particolare, ilParlamento europeo è costituito dai rappresentanti dei popoli dell’Unio-ne europea e ha prevalentemente funzioni di controllo sulla Commissio-ne. In più esso partecipa alla funzione normativa, talvolta con potericonsultivi, talvolta cooperando con il Consiglio, ovvero invitandolo ad unaseconda lettura degli atti, talvolta con veri e propri poteri decisionali. IlParlamento partecipa anche all’approvazione del bilancio e nella procedu-ra di conclusione di alcuni accordi internazionali da parte della Comunità,

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Il Consiglio dell’Unione, composto dei rappresentanti dei governi degliStati membri, ha una composizione variabile, essendo di volta in voltacomposto dai ministri competenti per la materia trattata. Detiene il poterenormativo e il potere esecutivo che delega, di norma, alla Commissione.Conclude gli accordi internazionali che la Comunità stipula con Statiterzi e organizzazioni internazionali e approva, con il Parlamento, ilbilancio.La Commissione è composta di personalità indipendenti, ovvero non rap-presentanti gli Stati membri, ed è pertanto un organo di individui. Hafunzione di iniziativa normativa; esercita il controllo dell’osservanzadel diritto comunitario da parte degli Stati e degli individui; esercita,su delega del Consiglio, la funzione esecutiva. Ha, inoltre, un autonomopotere di decisione in alcune ipotesi tassativamente previste dal Trattato.La Corte di giustizia, composta da un giudice per Stato membro e da 8avvocati generali, ha il compito del controllo giurisdizionale, da una par-te, sulla legittimità degli atti e dei comportamenti delle istituzioni comuni-tarie rispetto ai Trattati dall’altra, sull’interpretazione del diritto comunita-rio. Si ricordi inoltre che, con decisione del 1988, è stato istituito il Tribu-nale di primo grado, con il Trattato di Maastricht previsto all’art. 225 TCE,che affianca la Corte di giustizia nel suo ruolo di controllo giurisdizionale.

Oltre alle istituzioni fondamentali, elencate all’art. 7 TCE, altre istituzioni contribuiscono arealizzare gli obiettivi del Trattato comunitario. Per citare solo quelle di maggior rilievo, ilComitato economico e sociale e il Comitato delle Regioni hanno una funzione consultivanell’ambito dell’iter normativo. La Banca Centrale Europea e il Sistema europeo di banchecentrali contribuiscono alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. La Bancaeuropea degli investimenti ha il compito di facilitare la realizzazione dei programmi diinvestimento della Comunità.

2. Che cosa si intende per deficit democratico?

Descrizione: per «deficit democratico» si intende l’anomalia dell’assetto istitu-zionale comunitario originario con cui si faceva riferimento agli scarsi poteri,soprattutto nell’iter normativo, attribuiti al Parlamento europeo.

Caratteristiche:

— ruolo meramente consultivo previsto per il Parlamento dal trattato del 1957;— con i Trattati di revisione del trattato del 1957, acquisizione, da parte del Parla-

mento, di una funzione di sempre maggior rilievo nel processo decisionale alpunto da divenire, in un sempre maggior numero di settori, colegislatore.

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Parte Seconda24

Altri elementi essenziali: ricordare che il rafforzamento del ruolo del Parla-mento è avvenuto anche con la previsione di una partecipazione del Parlamen-to nell’approvazione del bilancio e nella stipula degli accordi internazionali dellaComunità, nella procedura di doppia investitura della Commissione, nella previ-sione della facoltà di istituire Commissioni di inchiesta, nella creazione di unMediatore europeo di nomina parlamentare.

Articolazione della risposta

Il Trattato del 1957 conferiva al Parlamento un mero ruolo consultivonell’iter normativo. In più, per quanto i suoi membri fossero inizialmenteeletti dai rappresentanti dei cittadini nei Parlamenti nazionali, a partire dal1979 essi sono stati eletti direttamente dai cittadini degli Stati membri.Ciò ha sviluppato un dibattito circa la necessità di rafforzare la demo-craticità della Comunità e ha determinato che, a partire dall’Atto Uni-co Europeo e nei trattati successivi, si siano introdotti, in alcuni settori,meccanismi che prevedevano una partecipazione più incisiva del Par-lamento al processo decisionale, fino a conferirgli, in settori via via piùnumerosi, un ruolo di colegislatore. A rafforzare il ruolo del Parlamentoed a sanare il deficit democratico della Comunità hanno contribuito anchela previsione di una partecipazione del Parlamento nell’approvazione delbilancio e nella stipula degli accordi internazionali della Comunità, nellaprocedura di doppia investitura della Commissione, nella previsione dellafacoltà di istituire Commissioni di inchiesta, nella creazione di un Media-tore europeo di nomina parlamentare.

3. Che cosa si intende per principio di competenze di attribuzione?

Riferimento normativo: art. 5 TCE.

Definizione: ricordare che l’art. 5 TCE recita «la Comunità agisce nei limiti dellecompetenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dalTrattato».

Caratteristiche:

— obbligo della Comunità di attenersi agli obiettivi e ai limiti assegnati dagliStati;

— obbligo per le Istituzioni di porre in essere solo le azioni previste dal Trattato,sia per quanto riguarda l’obiettivo da seguire, sia per quanto riguarda lamisura da porre in essere (in particolare la tipologia di atto da emanare), siaper quanto riguarda la procedura con cui emanare gli atti.

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Altri elementi essenziali: ricordare che la necessità di conformarsi al principiodi competenze di attribuzione determina l’obbligo di motivazione degli atti e inparticolare di citare nella motivazione la base giuridica ovvero l’articolo su cui sifonda la competenza della Comunità ad adottare l’atto.

Articolazione della risposta

L’art. 5 TCE recita «la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sonoconferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal Trattato». Esso, in pratica,sancisce, per la Comunità, il principio di competenze di attribuzione, tipicodelle organizzazioni internazionali. In quanto organizzazioni non originarie, macreate dagli Stati, le organizzazioni internazionali, tra cui la Comunità devo-no attenersi agli obiettivi e ai limiti che gli Stati hanno assegnato loro. Pertan-to, l’azione delle istituzioni deve essere sempre prevista dal Trattato, sia perquanto riguarda l’obiettivo da seguire, sia per quanto riguarda il settore in cuiintervenire, sia per quanto riguarda la tipologia di atto da emanare, sia per quan-to riguarda la procedura da seguire. Oltre che all’art. 5, il principio di competen-ze di attribuzione può ritenersi ribadito sia all’art. 3 TCE, in cui si dice che l’azio-ne della Comunità deve svolgersi «alle condizioni e secondo il ritmo previsti dalTrattato», sia all’art. 7.1 TCE secondo il quale «ciascuna istituzione agisce neilimiti delle attribuzioni che le sono conferite dal presente Trattato».È da dire, in più, che l’obbligo di motivazione degli atti, previsto all’art.253 TCE e, in particolare, di includere nella motivazione il riferimento allabase giuridica, ovvero all’articolo su cui si fonda la competenza della Co-munità a emanare l’atto è volto a far sì che le istituzioni si conformino alprincipio di competenze di attribuzione.

4. Che cosa si intende per quadro istituzionale unico dell’Unione?

Riferimento normativo: art. 3 TUE.

Definizione: secondo l’art. 3 del Trattato sull’Unione europea, l’Unione dispone diun quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle azionisvolte per il perseguimento dei suoi obiettivi e che il Consiglio e la Commissionehanno la responsabilità di garantire tale coerenza e cooperano a tal fine.

Caratteristiche:— assenza di istituzioni specifiche per l’UE diverse da quelle comunitarie;— diverso ruolo e funzioni di ogni singola istituzione a seconda del pilastro in

cui si trovano di volta in volta ad agire.

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Parte Seconda26

Altri elementi essenziali: ricordare che, al di fuori del quadro istituzionale, sicolloca il Consiglio europeo cui il Trattato dell’Unione conferisce il compito difornire all’Unione «l’impulso necessario al suo sviluppo» e di definirne «gli orien-tamenti politici generali».

Articolazione della risposta

Secondo l’art. 3 del Trattato sull’Unione europea, l’Unione dispone di unquadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delleazioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi e che il Consiglio e laCommissione hanno la responsabilità di garantire tale coerenza e coopera-no a tal fine. Ciò significa che l’Unione non si è dotata di istituzionispecifiche, diverse da quelle comunitarie, e che, anche nel secondo enel terzo pilastro, sono le istituzioni comunitarie ad agire per contodell’Unione, anche se il ruolo e le funzioni cambiano a seconda delpilastro in cui si trovano di volta in volta ad agire. La ragione dellascelta del quadro istituzionale unico sta nella necessità di evitare che istitu-zioni differenti realizzino azioni divergenti o confliggenti, che scardininola linea di condotta unitaria che l’Unione deve avere.Al di fuori del quadro istituzionale, si colloca il Consiglio europeo cui ilTrattato dell’Unione conferisce il compito di fornire all’Unione «l’impul-so necessario al suo sviluppo» e di definirne «gli orientamenti politici ge-nerali». La collocazione del Consiglio europeo al di fuori del quadro istitu-zionale, da un lato, gli conferisce la flessibilità funzionale alla necessitàche determinate decisioni siano assunte dai Capi di Stato e di Governo,dall’altro, determina l’assenza su di esso di qualsiasi forma di controllo siada parte del Parlamento che da parte della Corte di giustizia.

5. Che cosa si intende per trasparenza delle Istituzioni?

Definizione: la trasparenza istituzionale consiste nella predisposizione di misu-re volte ad accrescere la possibilità per i cittadini di accedere alle informazioni dicui le istituzioni dispongono e agli atti che esse pongono in essere.

Cronologia degli eventi: ricordare che il tema della trasparenza ha assuntorilievo sul piano comunitario secondo le seguenti tappe:

— Trattato del 1957: solo norme di trasparenza amministrativa;— anni ’80: serie di risoluzioni del Parlamento relative alla trasparenza della

legislazione comunitaria;

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— dichiarazione allegata al Trattato di Maastricht: primo richiamo esplicito allatrasparenza;

— Consiglio europeo di Birmingham del 1992: dichiarazione «una Comunitàpiù vicina ai suoi cittadini»;

— Consiglio europeo di Edimburgo del 1992: adozione del testo di applicazio-ne della dichiarazione.

Domande conseguenziali: in che cosa consiste il diritto di accesso ai docu-menti delle Istituzioni? in che cosa consiste la tutela dei dati personali?

Articolazione della risposta

La trasparenza istituzionale consiste nella predisposizione di misure vol-te ad accrescere la possibilità per i cittadini di accedere alle informazio-ni di cui le istituzioni dispongono e agli atti che esse pongono in essere.Già il Trattato del 1957 conteneva alcune norme di trasparenza amministra-tiva, come ad esempio l’obbligo di pubblicare e motivare gli atti giuridici.A partire dagli anni ’80, il tema ha acquisito un sempre maggior rilievo inquanto il Parlamento ha adottato una serie di risoluzioni relative allatrasparenza della legislazione comunitaria.Il primo richiamo esplicito alla trasparenza si è avuto con una dichiarazioneallegata al Trattato di Maastricht in cui si invitava la Commissione a presen-tare al Consiglio una relazione (entro il 1993) sulle misure necessarie per ac-crescere la trasparenza delle istituzioni e l’accessibilità dei documenti ufficiali.Nel Consiglio europeo di Birmingham del 1992 è stata adottata la di-chiarazione «una Comunità più vicina ai suoi cittadini» mentre nel Consi-glio europeo di Edimburgo del 1992 è stato adottato il testo di applica-zione della dichiarazione, volto a garantire un maggior accesso ai lavo-ri del Consiglio, attraverso dibattiti aperti sul programma di lavoro,sulle principali iniziative di interesse comunitario, sulle proposte di atti.

Il Testo di applicazione prevedeva, anche, la pubblicazione dei verbali di voto. Veniva, inol-tre, sottolineata l’importanza di maggiori informazioni sul ruolo e sulle attività del Consi-glio, nonché la necessità di effettuare una semplificazione della normativa comunitaria e diconferirle maggiore accessibilità rendendola più chiara e semplice.

5 bis. In che cosa consiste il diritto di accesso ai documenti delleIstituzioni?

Il 6 dicembre 1993 il Consiglio e la Commissione hanno adottato un Codi-ce di condotta destinato a consentire l’accesso del pubblico ai docu-

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Parte Seconda28

menti delle istituzioni e si impegnavano, nei limiti delle rispettive compe-tenze, ad adottare i provvedimenti necessari all’attuazione dei principi enun-ciati nel Codice anteriormente al 1° gennaio 1994. Il Codice enunciava ilprincipio in base a quale il pubblico ha il più ampio accesso possibile aidocumenti. A tal f ine, era considerato «documento» ogni scritto conte-nente dati esistenti che fosse in possesso del Consiglio e della Commissio-ne, indipendentemente dal suo contenuto.La richiesta di accesso ad un documento era sottoposta ad una serie di procedurerelative alle varie modalità di richiesta (regime di trattamento) ed esisteva lapossibilità che la richiesta fosse respinta (regime delle eccezioni). Le istituzioni,infatti, potevano negare l’accesso a qualsiasi documento la cui divulgazionepregiudicava l’interesse pubblico o l’interesse alla segretezza. Il Trattato diAmsterdam ha previsto il diritto di accesso nel testo del Trattato, con l’aggiuntadell’art. 255, che demanda al Consiglio, su iniziativa della Commissione e incodecisione con il Parlamento, di determinare, entro due anni dall’entrata in vi-gore del Trattato di Amsterdam, i principi generali e le limitazioni a tutela degliinteressi pubblici e privati applicabili al diritto di accesso ai documenti.In applicazione dell’art. 255 TCE, il Consiglio ha emanato il regolamentoCE 30-5-2001, n. 1049/2001, che sancisce che qualsiasi cittadino dell’Unio-ne e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede socia-le in uno Stato membro ha il diritto ad accedere ai documenti delle isti-tuzioni. L’art. 4 del regolamento prevede, però, che le istituzioni possanorifiutare l’accesso ai documenti da loro prodotti (per intero o a parti di essi)quando la loro divulgazione possa recare pregiudizio alla tutela: a) dell’in-teresse pubblico, in particolare con riferimento alla sicurezza pubblica, alladifesa e alle questioni militari, alle relazioni internazionali e alla politicafinanziaria, monetaria ed economica della Comunità o di uno Stato mem-bro; b) della vita privata e dell’integrità dell’individuo, in conformità allalegislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali; c) agliinteressi commerciali di una persona fisica o giuridica (compresa la pro-prietà intellettuale), le procedure giurisdizionali e la consulenza legale, gliobiettivi dell’attività ispettiva, di indagine e di revisione contabile.

Ciascuna istituzione ha provveduto ad adeguare, conformemente all’art. 255.3 TCE, il pro-prio regolamento interno al regolamento n. 1049/2001, rispettivamente il Consiglio condecisione 29-11-2001, n. 2001/840/CE; la Commissione con decisione 5-12-2001, n. 2001/937/CE; il Parlamento europeo con l’inserimento nel proprio regolamento interno degliartt. 171 e 172.

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5 ter. In che cosa consiste la tutela dei dati personali?

La prima disciplina comunitaria della tutela delle persone fisiche con riferi-mento al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di talidati, è stata definita con la direttiva 24-10-1995, n. 95/46/CE, che si poneval’obiettivo di conciliare le esigenze della realizzazione del mercato inter-no con quelle sottese alla protezione della privacy delle persone fisiche,assicurando che i dati personali trasmessi ad istituzioni o organismi co-munitari per l’adempimento dei loro compiti fossero trattati in manieratale da garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degliinteressati. Si creava, così, una disciplina valida in tutti gli Stati membricon riferimento ai dati personali trasmessi ad istituzioni e obblighi comuni-tari. Tuttavia, mancava una disciplina che vincolasse anche le istituzioni.A tal fine, con il Trattato di Amsterdam, è stato inserito nel Trattato l’arti-colo 286, che forniva la base giuridica per l’estensione alle istituzionidell’applicazione degli atti comunitari in materia di protezione dei datipersonali. In attuazione di questa disposizione, è stato emanato il regola-mento CE 18-12-2001, n. 45/2001/CE, che ha reso applicabili alle isti-tuzioni e agli altri organismi comunitari le regole già in vigore per gliStati membri e ha istituito un organo di controllo denominato Garanteeuropeo della protezione dei dati.

La sua nomina spetta al Consiglio e al Parlamento congiuntamente e i suoi compiti sonoquelli di ricevere denunce e ricorsi e compiere i relativi accertamenti, svolgere indagini dipropria iniziativa; vigilare sulle operazioni di trattamento dei dati personali effettuate dalleIstituzioni o da altri organismi comunitari (fatta eccezione per la Corte di giustizia); tenereun registro delle operazioni di trattamento notificate; ordinare la rettifica, il congelamento ela distruzione dei dati acquisiti irregolarmente; vietare, a titolo provvisorio, operazioni ditrattamento. Con la decisione n. 1247/2002/CE sono stati approvati lo statuto e le condizionigenerali di esercizio del ruolo del Garante e ne è stata stabilita la sede a Bruxelles.

6. Da chi è composto il Parlamento europeo e quali sono le sueprincipali funzioni?

Riferimento normativo: artt. 189-192 TCE.

Definizione: il Parlamento si compone dei rappresentanti dei popoli degli Statiriuniti nella Comunità, eletti a suffragio universale diretto. Ha poteri di controllo epartecipa al processo di formazione delle norme e a quello di approvazione delbilancio, nonché alla stipula degli accordi.

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Le politiche dell’Unione europea 141

L’adozione di tali misure unilaterali è subordinata ad alcune condizioni:

— il Consiglio non deve aver adottato alcun provvedimento;— lo Stato deve informare la Commissione e gli altri partner comunitari;— non deve essere intervenuta una delibera del Consiglio che imponga la

revoca di tali atti.

Anche il Consiglio, per far fronte a circostanze eccezionali, su propostadella Commissione, sentita la BCE, può adottare misure di salvaguardiaper un periodo non superiore a sei mesi.

Con il regolamento n. 1969/88/CEE (in seguito sostituito dal regolamento n. 332/2002/CE), è stato creato un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine, che prevedela concessione di prestiti (finanziati dalla Comunità o dagli Stati membri) per lo Stato cheaffronti momentanee difficoltà nella propria bilancia dei pagamenti.

Sezione SecondaLo spazio di libertà, sicurezza e giustizia

1. In che cosa consiste la cittadinanza europea?

Riferimento normativo: artt. 17 ss. TCE.

Elenco dei diritti del cittadino europeo:

— diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;— diritto di votare e di essere eletto nello Stato membro in cui risiede;— diritto alla tutela diplomatica e consolare;— diritto di accesso ai documenti;— diritto di rivolgersi al Mediatore europeo;— diritto di presentare petizioni.

Da direttiva n. 2004/38/CE: diritto di ingresso e diritto di soggiorno.

Articolazione della risposta

L’art. 17 TCE prevede che è cittadino dell’Unione chiunque abbia lacittadinanza di uno Stato membro. L’articolo precisa anche che la citta-dinanza dell’Unione rappresenta un complemento della cittadinanzanazionale e non sostituisce quest’ultima. Sono considerati cittadini eu-ropei anche coloro che hanno una doppia cittadinanza, di cui una di unoStato membro e l’altra di uno Stato terzo.

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Parte Sesta142

I diritti che spettano al cittadino europeo sono:

— il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Statimembri, con facoltà di accordare la stessa libertà a quanti risiedanolegalmente in uno Stato membro (art. 18 TCE);

— il diritto di votare e di essere eletto nello Stato membro in cui risiede(diverso da quello della propri cittadinanza nazionale) in occasione del-le elezioni del Parlamento europeo e delle elezioni comunali (art. 19TCE);

— il diritto alla tutela diplomatica e consolare nei paesi terzi da partedelle autorità competenti diversi da quello di appartenenza (art. 20 TCE);

— il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e organismi dell’Unio-ne (art. 20 TCE);

— il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo nei casi di cattiva ammini-strazione delle istituzioni e degli organi o organismi dell’Unione (art.20 TCE);

— il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo (art. 20 TCE).

L’art. 22 prevede la possibilità che il Consiglio, deliberando all’unanimità,su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento eu-ropeo, possa adottare disposizioni intese a completare i diritti suindicati.

In materia di cittadinanza, nella sentenza Martinez Sala, causa C-85/96, la Corte ha affermatoche un cittadino dell’Unione che risiede legalmente nel territorio di uno Stato membro nonpuò subire discriminazioni in base alla nazionalità nel campo dell’applicazione del dirittocomunitario. La sentenza riguardava il caso di una cittadina spagnola legalmente residente inGermania, cui le autorità avevano negato un permesso di soggiorno e un’indennità di istruzio-ne per il figlio, argomentando tale diniego con il fatto che la signora era priva dell’autorizza-zione e del permesso di soggiorno richiesti. La Corte ha affermato che le autorità, nel richie-dere alla ricorrente legalmente residente sul territorio un documento non richiesto ai cittadinitedeschi, avevano commesso una discriminazione fondata sulla nazionalità.

Con la direttiva 29-4-2004, n. 2004/38/CE, è stato varato un testo unico inmateria di diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare esoggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.La direttiva garantisce ai cittadini europei il diritto di ingresso in qualsiasiStato membro, richiedendo, come unico adempimento, la presentazione diuna carta di identità o di un passaporto valido. Il diritto di ingresso è estesoanche ai familiari non in possesso della cittadinanza di uno Stato membro,purché muniti di passaporto e, comunque, per questi ultimi si prescrivel’obbligo del visto di ingresso.

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Per quanto riguarda il diritto di soggiorno, la direttiva esamina tre ipotesi:

— soggiorno fino a un periodo di tre mesi: è garantito ai cittadini del-l’Unione in qualsiasi Stato membro, senza alcuna condizione o forma-lità al di là del possesso di una carta di identità o di un passaporto incorso di validità. La disposizione si estende anche ai familiari dei citta-dini dell’Unione;

— soggiorno per un periodo superiore a tre mesi: è garantito nel rispettodi alcune condizioni: a) essere lavoratore subordinato o autonomo nelloStato membro ospitante; b) disporre di risorse economiche sufficientiad evitare di diventare un onere per lo Stato ospitante; c) disporre diun’assicurazione malattia.

Per questo tipo di soggiorno lo Stato ospitante può richiedere l’iscrizione presso leautorità competenti che rilasceranno un attestato di iscrizione contenente l’indicazionedel domicilio dell’iscritto. Per i familiari del cittadino dell’Unione che non hanno lacittadinanza di uno Stato membro, il diritto di soggiorno è garantito tramite il rilascio diun documento denominato «carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unio-ne», con validità quinquennale.

— soggiorno permanente: è un diritto riconosciuto al cittadino dell’Unioneche soggiorni legalmente ed in via continuativa per cinque anni nelloStato membro ospitante, dietro richiesta da inoltrare allo Stato ospitante.

2. Qual è il contenuto dell’Accordo di Schengen?

Riferimento normativo: Accordo di Schengen del 14 giugno 1985; Convenzio-ne di applicazione del 19 giugno 1990.

Elenco dei contenuti degli accordi di Schengen:

— libero attraversamento delle frontiere da parte dei cittadini degli Stati ade-renti;

— collaborazione tra le forze di polizia;— creazione del sistema di collegamento telematico SIS.

Articolazione della risposta

La libertà di circolazione garantita ai cittadini europei non implica la sop-pressione dei controlli alle frontiere. Data l’opposizione di alcuni Stati, inparticolare del Regno Unito, alle iniziative volte ad eliminare i controllialle frontiere, ha indotto alcuni Stati a siglare, il 14 giugno 1985, l’Accor-

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Parte Sesta144

do di Schengen, successivamente integrato dalla Convenzione di applica-zione del 19 giugno 1990.

I due atti sono stati inizialmente firmati dal Belgio, Francia, Lussemburgo, Germania ePaesi bassi. Vi hanno in seguito aderito l’Italia (L. 30-9-1993, n. 388), la Spagna e il Porto-gallo, la Grecia e l’Austria. Nel 1996 hanno aderito alla Convenzione Svezia, Finlandia eDanimarca e, contestualmente, è stato stipulato l’Accordo di cooperazione con Islanda eNorvegia. Successivamente, hanno aderito allo Spazio Schengen gli Stati di nuova adesio-ne, tranne Romania, Bulgaria e Cipro. Con accordo del 2004, anche la Svizzera ha aderitoallo Spazio Schengen.

I principi fondamentali dell’Accordo di Schengen sono:

— i cittadini degli Stati membri possono liberamente attraversare i confi-ni di uno Stato membro senza dover sottostare ad alcun controllo (salvigiustificati motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale);

— le forze di polizia degli Stati aderenti instaurano una collaborazioneche preveda la possibilità di inseguire un ricercato entro i confini di unaltro Stato;

— gli Stati realizzano uno stretto coordinamento per combattere feno-meni mafiosi, spaccio di droga, immigrazione clandestina e trafficodi armi;

— gli Stati creano un sistema di collegamento telematico (SIS – Siste-ma d’Informazione Schengen) per assicurare la rapida diffusionetra le forze di polizia di informazioni riguardanti persone o oggettisospetti.

Con un protocollo allegato al Trattato di Amsterdam, si è procedutoall’incorporazione degli Accordi di Schengen nel quadro giuridico eistituzionale dell’Unione. L’Accordo rappresenta una sorta di coopera-zione rafforzata sui generis da cui restano esclusi Regno Unito e Irlanda.La comunitarizzazione dell’Accordo di Schengen comporta che:

— il comitato esecutivo previsto dall’Accordo è sostituito dal Consigliodell’Unione europea;

— la Corte di giustizia diviene competente sulle decisioni adottate in at-tuazione degli accordi, salvo quelle inerenti all’ordine pubblico e allasalvaguardia della sicurezza interna;

— gli Stati che aderiranno all’Unione dovranno accettare integralmentele disposizioni contenute nell’accordo e nella convenzione di applica-zione nonché le decisioni di attuazione emanate dal Consiglio.

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c) una decisione che subordina la compatibilità dell’aiuto con il mer-cato e l’autorizzazione alla sua esecuzione al rispetto di determinatiobblighi e condizioni (decisione condizionale);

d) decisione con cui dichiara l’incompatibilità del progetto con il mer-cato comune (decisione negativa).

L’art. 89 conferisce al Consiglio, a maggioranza qualificata, su proposta della Commissio-ne e consultazione del Parlamento, di stabilire con regolamento categorie di aiuti esentateda notifica. Con regolamento n. 994/1998, il Consiglio ha autorizzato la Commissione aemanare tali regolamenti. I regolamenti di esenzione attualmente vigenti sono:

— regolamento 15-12-2006, n. 1998/2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88del trattato agli aiuti d’importanza minore («de minimis»);

— regolamento 6-8-2008, n. 800/2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibilicon il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamentogenerale di esenzione per categoria).

Sezione QuartaLe politiche comuni

1. In che cosa consiste la politica agricola comune?

Riferimento normativo: artt. 32-38 TCE.

Elementi della politica:

— finalità;— principi;— strumenti:

a) regime dei prezzi;b) scambio con i paesi terzi;c) organizzazioni comuni di mercato.

Domande conseguenziali: qual è stata l’evoluzione della PAC? Quali sono lemodalità di finanziamento della politica agricola e dello sviluppo rurale?

Articolazione della risposta

Le finalità specifiche della politica agricola comune sono:

— estensione del mercato comune all’agricoltura e al commercio deiprodotti agricoli (art. 32.1 TCE);

— incremento della produttività dell’agricoltura (art. 33.1 lett. a));

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Le politiche dell’Unione europea 167

— equo tenore di vita della popolazione agricola (art. 33.1 lett. b));— stabilizzazione dei mercati (art. 33.1 lett. c));— sicurezza degli approvvigionamenti (art. 33.1 lett. d));— prezzi ragionevoli per il consumatori (art. 33.1 lett. e));— sviluppo armonioso del commercio mondiale (art. 131 TCE);— tutela dell’ambiente.

I principi fondamentali individuati nel corso della Conferenza di Stresa del1958 sono:

— il principio di unicità dei mercati agricoli, attuato con la fissazione diprezzi comuni e con la creazione delle organizzazioni comuni di mer-cato valide su tutto il territorio comunitario;

— il principio della preferenza comunitaria, che prevede, attraverso ilmeccanismo del sostegno dei prezzi interni, dei prelievi e delle tariffedoganali comuni, un incremento degli scambi dei prodotti agricoli al-l’interno della Comunità;

— il principio della solidarietà finanziaria, in base al quale è la Comu-nità, attraverso i fondi europei, a finanziare la politica agricola comune;

— il principio della corresponsabilità, ovvero l’obbligo per i produttoridi contribuire ai costi finanziari causati dalla sovrapproduzione.

La politica comune della pesca si fonda su alcune variabili:

a) regime dei prezzi, ovvero la fissazione di un prezzo dei prodotti agri-coli tali da garantire al produttore un reddito minimo in grado di sco-raggiare lo svolgimento dell’attività agricola e tutelarlo, nello stessotempo, dalla concorrenza internazionale. Con la fissazione dei prezzicomunitari, si procede a orientare la produzione, mettere in atto mecca-nismi di intervento e garantire una protezione comune verso l’esterno.

Si distinguono diversi valori di riferimento:

— prezzo di orientamento, (o prezzo obiettivo), stabilito dal Consiglio in base algioco della domanda e dell’offerta in tutti i mercati e costituente un indicatore del-l’andamento generale dei prezzi;

— prezzo di intervento, al di sotto del quale la Comunità interviene per stabilizzare ilmercato (attraverso l’acquisto di eccedenze, il ritiro dei prodotti dal circuito ali-mentare o la loro trasformazione in prodotti di facile smercio). Costituisce unasorta di prezzo minimo garantito;

— prezzo di ritiro, introdotto per prodotti come frutta e verdura, che costituisce ilprezzo al di sotto del quale i produttori destinano le quantità eccedenti alla distru-zione o a fini sociali finché la riduzione dell’offerta non determini di nuovo unariduzione del prezzo;

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— prezzo di soglia o di sbarramento, al di sotto del quale le importazioni provenientidai paesi terzi non possono essere immesse sul mercato europeo.Tale prezzo è calcolato sulla base del prezzo di orientamento e ha lo scopo di pro-teggere il mercato europeo dalle importazioni a basso prezzo.

b) scambi con i paesi terzi, con l’obiettivo di evitare che le importazionidei paesi terzi a basso prezzo provochino squilibri sul mercato europeodei prodotti agricoli e incoraggiare le esportazioni, per evitare le ecce-denze. Nel caso delle importazioni, qualora siano offerte al di sotto delprezzo soglia, determinano l’applicazione di un prelievo per compensa-re la differenza. L’ammontare dei prelievi è dato dalla differenza traprezzo soglia e prezzo mondiale. Nel caso delle esportazioni, qualorasiano vendute al di sotto del prezzo soglia, determinano il conferimentodi restituzioni, che si fondano sulla differenza tra il prezzo dei prodottinella Comunità e i costi o prezzi sul mercato mondiale;

c) organizzazioni comuni di mercato, ovvero organismi deputati a gestiregli interventi con la fissazione dei prezzi comunitari. Tali organismi dannoattuazione alle disposizioni per la regolamentazione dei prezzi, di sovven-zioni alla produzione e alla distribuzione dei prodotti, di creazione di siste-mi per la costituzione di scorte e per il riporto e rendono operativi i mecca-nismi comuni di stabilizzazione all’importazione e all’esportazione.

L’OMC può costituire, secondo l’art. 33 TCE:

— un sistema di regole comuni per una corretta disciplina delle regole di concorrenza,senza quindi giungere alla costituzione di una vera e propria struttura organizzativa;

— un coordinamento obbligatorio delle organizzazioni nazionali di mercato, operantinello stesso settore agricolo;

— un’organizzazione europea del mercato, che svolge un ruolo di direzione e coordina-mento delle organizzazione nazionali.

1 bis. Qual è stata l’evoluzione della PAC?

La scelta iniziale della Comunità è stata quella di orientare la PAC allasovrapproduzione. Se il sistema di garanzia dei prezzi ha permesso al-l’Europa, nei primi anni, di divenire una potenza mondiale nel settoreagroalimentare, con il tempo questa prospettiva è risultata fallimentare, inquanto il sistema non assicurava a tutti gli agricoltori vantaggi uniformi e,garantendo illimitatamente i prezzi, incoraggiava produzioni eccedentariee scadenti e comportava un finanziamento vertiginoso, non coperto da en-trate ed, anzi, reso più oneroso dal fenomeno delle frodi comunitarie.

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Nel 1988 è stata realizzata una prima riforma della PAC, con l’adozionedei stabilizzatori, misure di garanzia che scattavano quando era superatoun quantitativo massimo di spesa dei fondi comunitari, e con l’adozione dimisure di carattere strutturale basate su incentivi per la messa a riposodelle terre, riconversione della produzione, prepensionamento degli agri-coltori, sostegno al rimboschimento delle terre agricole.

A partire dal 1993, si è proceduto ad una revisione dei meccanismi difunzionamento attraverso:

— una diminuzione dei prezzi atta ad accrescerne la competitività;— meccanismi di compensazione e premi legati alla diminuzione della

produzione per gli agricoltori;— il ricorso a misure di limitazione dell’utilizzo dei mezzi di produzione,

disincentivando con vari strumenti la produzione.

Con il documento Agenda 2000, la Commissione ha definito proposte,elaborate anche in considerazione dell’allargamento della Comunità ad Est,che hanno riguardato:

— la riduzione dei prezzi d’intervento dei cereali (20%) e della carne bo-vina (30%) compensati in parte da aiuti versati agli agricoltori;

— l’istituzione di un limite massimo ai contributi diretti ottenibili dallaComunità;

— interventi nel settore lattiero-caseario;— il finanziamento da parte dei fondi comunitari delle zone rurali meno

favorite.

Con il regolamento 29-9-2003, n. 1782/2003, è stata avviata un’ulterioreriforma della PAC, volta alla definizione di regimi di sostegno ai redditidegli agricoltori con lo scopo di stabilizzarli. La riforma si fonda su unaprogrammazione finanziaria 2005-2013 e prevede l’eliminazione progres-siva dei finanziamenti alle produzioni non richieste dal mercato non-ché a mantenere in buone condizioni agronomiche i terreni.

Il regolamento stabilisce quali principi:

— il regime di pagamento unico, ovvero la creazione di un regime di erogazione di aiutisganciato dalla produzione, ma collegato alla superficie sottoposta a coltivazione, in modoche il produttore ha piena libertà nella scelta dei prodotti da coltivare sulla sua terra;

— la condizionalità, ovvero la necessità di vincolare gli aiuti all’azienda agricola al rispet-to di determinati requisiti di tutela ambientale, di sicurezza alimentare e di benessereper la salute degli animali al fine di poter ottenere gli aiuti diretti;

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— la modulazione, consistente nella riduzione progressiva dei pagamenti diretti alle gran-di aziende per il periodo 2005-2013, al fine di promuovere lo sviluppo rurale.Le somme risparmiate restano in parte agli Stati, in parte sono distribuite tra i vari Stati membrisulla base della superficie agricola, del prodotto interno lordo e dell’occupazione nel settore;

— l’istituzione di un sistema di consulenza aziendale per le aziende agricole professiona-li, per il recepimento dei requisiti di un’agricoltura ad alto livello qualitativo;

— l’obbligo, a carico degli Stati, di istituire un sistema integrato di gestione e controllofinalizzato al monitoraggio dei vari regimi di aiuto.

1 ter. Quali sono le modalità di finanziamento della politica agrico-la e dello sviluppo rurale?

Il sistema vigente di sostegno finanziario per la politica agricola, adottatocon regolamento 21-6-2005, n. 1290/2005, e applicato dal 1° gennaio 2007,ha istituito il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), per il fi-nanziamento di misure di mercato e altre azioni avviate nell’ambitodella politica agricola, e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo ru-rale (FEASR), per il finanziamento di programmi di sviluppo rurale,che hanno sostituito il precedente Fondo europeo di orientamento e ga-ranzia agricola (FEOGA).Il finanziamento avviene materialmente attraverso gli organismi pagatori,servizi e organismi che, designati dagli Stati membri e comunicati allaCommissione, effettuano i pagamenti in base alle disposizioni comunita-rie. Solo le spese effettuate dagli organismi pagatori sono finanziate dallaComunità in base alle dichiarazioni di spesa trasmesse mensilmente dagliStati membri alla Commissione.

In particolare, il FEAGA opera attraverso due canali:

— un regime di gestione corrente tra gli Stati membri e la Commissione per il finanzia-mento di:

a) restituzioni fissate per l’esportazione di prodotti agricoli nei paesi terzi;b) gli interventi per la regolarizzazione dei mercati agricoli;c) i pagamenti diretti agli agricoltori previsti dalla PAC;d) il contributo finanziario della Comunità alle azioni di informazione e promozione

dei prodotti agricoli sul mercato interno della Comunità e nei paesi terzi realizzatetramite gli Stati membri;

— un sistema di finanziamento centralizzato, gestito soltanto dalle Istituzioni comunita-rie, per:

a) i contributi finanziari ad azioni veterinarie specifiche; ad azioni ispettive nel setto-re veterinario, dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali; a programmi disorveglianza delle malattie animali e azioni fitosanitarie;

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b) la promozione dei prodotti agricoli realizzata direttamente dalla Commissione oattraverso organizzazioni internazionali;

c) le misure destinate a garantire la conservazione, la caratterizzazione, la raccolta el’utilizzazione delle risorse genetiche in agricoltura;

d) la messa a punto e il mantenimento dei sistemi di informazione contabile agriola;e) i sistemi di indagine agricola;f) le spese relative ai mercati della pesca.

Il FEASR, invece, finanzia, in concorrenza con gli Stati membri, i programmi di svilupporurale, da intendersi come azioni volte:

a) ad accrescere la competitività del settore agricolo e forestale sostenendo laristrutturazione, lo sviluppo e l’innovazione;

b) valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio;c) migliorare la qualità di vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle

attività economiche.

Oltre a questi due fondi, esistono altre fonti di finanziamento come i prelievi derivanti dalleimportazioni di prodotti agricoli dei paesi terzi o i contributi dei produttori in base alprincipio di solidarietà finanziaria. Il sistema di contributi può consistere:

— in prelievi applicati sulle produzioni che superano una determinata quota (in particolarenel settore del latte);

— in versamenti corrispondenti ad una percentuale del prezzo di intervento (in particolarenel settore dello zucchero);

— nell’acquisto, da parte del produttore, di prodotti che sono eccedenti e necessari al proces-so di produzione dello stesso produttore (in particolare, nel settore della polvere di latte).

2. In che cosa consiste la politica di pesca?

Riferimento normativo: art. 32 TCE.

Evoluzione della politica:

— 1970: affermazione del libero accesso;— Trattati di adesione di Regno Unito, Danimarca e Irlanda: deroga per le zone

costiere;— Risoluzione dell’Aja del 1976: estensione della zona economica esclusiva

degli Stati atlantici a 200 miglia;— anni ’80: avvio della politica di conservazione e gestione;— 2002: regolamento n. 2371, attualmente disciplinante la politica di pesca;— 2006: regolamento n. 1198 istitutivo del FEP.

Articolazione della risposta

I prodotti della pesca compaiono tra quelli elencati all’art. 32 TCE comesoggetti alla politica agricola comune. Essa, tuttavia, ha acquisito nel tem-

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Parte Sesta172

po una sua autonomia. Scopo della politica comune della pesca è la gestio-ne razionale e la conservazione delle risorse ittiche, cui si affiancanofinalità come il libero accesso a tutti i pescatori degli Stati membri comu-nitari alle zone comunitarie di pesca; l’assicurare un reddito adeguato aglioperatori del settore; il garantire la stabilità dei prezzi; l’assicurare un prezzoragionevole per i consumatori.

Il primo regolamento in materia di pesca è il 214 del 20 ottobre 1970, con cui si affermavail libero accesso dei pescatori comunitari alle acque degli altri Stati, anche nelle zone co-stiere. Tuttavia, con l’adesione di Regno Unito, Danimarca e Irlanda ci si accordò per unaderoga che consentiva agli Stati di riservare la fascia costiera, fissata a dodici miglia, ai solipescatori locali. La deroga, inizialmente prevista per dieci anni, è stata ripetutamente proro-gata ed è ancora in vigore. Con la risoluzione dell’Aja del 1976, il Consiglio aveva decisoche gli Stati atlantici avrebbero, con atto unilaterale, la propria zona economica esclusiva a200 miglia e di conseguenza, a partire dai primi anni ’80, sono stati emanati ciclicamenteregolamenti per la definizione di un regime comunitario di conservazione e gestione dellerisorse di pesca, oggi disciplinato dal regolamento 20-12-2002, n. 2371.

L’organizzazione comune di mercato dei prodotti di pesca è caratterizzato da:

— norme di qualità relative a taglia, peso, imballaggio, alla presentazionee all’etichettatura dei prodotti;

— fissazione delle quantità massime di mercato (cd. TAC, totale ammis-sibile di cattura);

— sistema di prezzi affidato al libero mercato, salvo quando il prezzo scendeal di sotto di un prezzo limite, nel qual caso il pesce è ritirato dal mercato;

— importazioni controllate dalla Commissione per soddisfare la domandainterna di pesce.

Con il regolamento 27-7-2006, n. 1198, sono stati definiti gli interventicomunitari per definire la politica comune di pesca nel quadro di uno sfrut-tamento sostenibile delle risorse acquatiche, tra cui l’istituzione del Fondoeuropeo per la pesca (FEP) che dal 1° gennaio 2007 sostituisce lo Stru-mento finanziario di orientamento della pesca (SFOP).

Il Fondo opera attraverso:

— la predisposizione di una politica di gestione del settore di sua competenza, medianteuna strategia territoriale adattata alla situazione delle singole Regioni;

— la concessione di aiuti finanziari a strutture e ad imprese operanti nell’ambito di suacompetenza, al fine di garantire la loro competitività, soprattutto laddove ricorrano eventi(ad esempio un arresto dell’attività di pesca) che potrebbero pregiudicarne l’attività;

— l’adozione di una politica di tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, in caso in cuiesista una connessione tra il loro sfruttamento e il settore della pesca o dell’acquacoltura.

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Parte Sesta196

d) il programma Capacità, che incentiva gli investimenti nel settore delle infrastrutture diricerca delle Regioni meno efficienti, nella creazione di poli regionali a vantaggio dellePMI. Il programma in questione deve, inoltre, rispecchiare l’importanza della coopera-zione internazionale nella ricerca e il ruolo della scienza nella società.

Accanto alle azioni volte a favorire la ricerca negli Stati membri, la Comunità dispone diuna propria struttura organizzativa e operativa, il Centro comune di ricerca (CCR),contemplato dal Trattato Euratom come Centro nucleare comune di ricerca.

La Commissione si è dotata, inoltre, della Direzione generale per lasocietà dell’informazione. I tre principali obiettivi cui tende la politicacomunitaria in materia sono:a) regolamentare l’uso degli strumenti messi a disposizione dalla società dell’informa-

zione. È perseguito dalle istituzioni comunitarie attraverso una più ampia apertura degliscambi all’interno del mercato unico europeo, la liberalizzazione del settore delle te-lecomunicazioni e mediante la definizione di norme armonizzate che consentono l’uti-lizzo di specifiche apparecchiature su tutto il territorio europeo evitando la creazione dibarriere tecniche (si pensi allo sviluppo della tecnologia GSM);

b) stimolare il settore, mediante politiche volte ad aiutare l’industria europea a sviluppa-re nuovi prodotti e tecnologie e incentivare l’introduzione di nuovi servizi elettronici etransazioni online (eBusiness);

c) sfruttare i vantaggi della società dell’informazione: si tratta, in particolare, di trarreil massimo beneficio possibile dagli strumenti messi a disposizione dalla società del-l’informazione, attraverso, ad esempio, i servizi della pubblica amministrazione online(eGovernment), alla sanità online (eHealth), alla partecipazione elettronica dei cittadini(eInclusion) oppure all’apprendimento elettronico a distanza (eLearning).

5. In che cosa consiste la politica comunitaria dell’ambiente?

Riferimento normativo: 174-176 TCE.

Evoluzione della politica:

— Trattati originari: nessun riferimento all’ambiente;— 1973: primo programma di azione;— AUE: inserimento degli art. 130R S, T nel TCE relativo all’«azione ambien-

tale»;— Trattato di Maastricht: l’ambiente da «azione» a «politica» comunitaria;— Trattato di Amsterdam: riformulazione dell’art. 6 TCE per integrazione degli

obiettivi ambientali nelle altre politiche comunitarie;— Consiglio europeo di Göteborg (15-16 giugno 2001): integrazione degli obiet-

tivi di Lisbona con il pilastro dello sviluppo sostenibile;— Consiglio europeo di Bruxelles (16 e 17 giugno 2005): dichiarazione sulle

linee direttrici dello sviluppo sostenibile.

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Caratteristiche:

— obiettivi;— principi;— procedure;— settori di intervento.

Domande conseguenziali: politica comunitaria in materia di energia; coopera-zione comunitaria in materia di protezione civile.

Articolazione della risposta

La politica ambientale comunitaria è costituita dall’insieme delle misu-re previste in ambito europeo a tutela dell’ambiente. Il termine am-biente è inteso in un’accezione ampia che comprende lo stato delle ac-que, dell’aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e deglispazi naturali.

Nella stesura originaria del TCE non era previsto alcun riferimento all’ambiente; nel perio-do antecedente il 1973, infatti, la disciplina di tale settore avveniva mediante delle direttiveche regolavano singoli aspetti della materia, particolarmente contigui alla materia del mer-cato comune, senza costituire, pertanto, un corpo normativo omogeneo. Un esempio in talsenso sono la direttiva 27-6-1967, n. 67/548/CEE, concernente la classificazione, l’imbal-laggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose, in virtù degli ostacoli che le differentinormative degli Stati membri implicavano sulla circolazione di sostanze o preparati perico-losi nell’ambito della Comunità, e la direttiva 20-3-1970, n. 70/220/CEE che, riferendosialle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico prodotto dai gas di scarico deimotori a scoppio, ha quale oggetto effettivo la creazione di una disciplina relativaall’omologazione delle autovetture che sia omogenea negli ordinamenti dei diversi ordina-menti statali. Verso la fine degli anni ‘60, sull’onda del crescente interesse che i loro citta-dini nutrivano per le tematiche connesse alla tutela dell’ambiente, gli Stati membri avverti-rono l’esigenza di promuovere forme di collaborazione più incisive. In seguito alla Confe-renza delle Nazioni Unite di Stoccolma del 1972, le Istituzioni hanno presentato, nel 1973,un programma d’azione che contiene una politica di insieme in materia ambientale.Con l’Atto unico europeo è stato, infatti, inserito nel Trattato istitutivo della Comunitàeuropea un nuovo titolo, specificamente destinato alla tutela dell’ambiente e formato dagliarticoli 130R, S e T (ora 174-176) TCE, che prevedeva azioni in materia ambientale. Siffattedisposizioni sono state riconfermate dal successivo Trattato sull’Unione europea, che haattribuito maggiore rilievo alla materia, non definendola più «azione», ma facendola assur-gere al ruolo di vera e propria «politica comunitaria». Il Trattato di Maastricht ha, inoltre,stabilito che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente «devono essere integrate nelladefinizione e nell’attuazione delle altre politiche comunitarie». Tale integrazione è unaconditio sine qua non per una crescita sostenibile che rispetti l’ambiente.Successivamente, il Consiglio europeo di Cardiff del 15 giugno 1998 ha creato le basi diun’azione coordinata a livello comunitario in materia di integrazione delle esigenze con-

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nesse con la tutela dell’ambiente nelle politiche dell’Unione, meglio conosciuto come pro-cesso di Cardiff, invitando una prima serie di formazioni del Consiglio a definire le lorostrategie di integrazione.Il Trattato di Amsterdam ha riformulato l’articolo 6 del TCE, nel senso di porre le esigenzeconnesse alla tutela dell’ambiente al centro delle varie politiche comunitarie. Ciò comportache la disciplina della materia di cui si sta trattando non sia contenuta solo nel titolo XIX,ad essa esplicitamente dedicato, ma possa ricavarsi indirettamente anche da altre disposi-zioni del trattato.Il Consiglio europeo di Göteborg (15-16 giugno 2001), infatti, ha previsto un progettodell’Unione in vista dello sviluppo sostenibile, aggiungendo un pilastro ambientale allastrategia di Lisbona. Nel Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno 2005 è stataadottata una dichiarazione sulle linee direttrici dello sviluppo sostenibile, ribadendo l’im-portanza della strategia di Lisbona.

Il Titolo XIX, attualmente in vigore, comprende gli articoli da 174 a 176TCE. In particolare:

— l’articolo 174 TCE enuncia gli obiettivi ed i principi della politica am-bientale comunitaria;

— l’articolo 175 TCE fa riferimento alla procedura da seguire per darviesecuzione;

— l’articolo 176 prevede la facoltà accordata agli Stati membri di ricono-scere all’ambiente una protezione maggiore rispetto a quella dispostadal TCE.

Ai sensi del primo paragrafo dell’articolo 174 TCE, gli scopi cui miranole azioni della Comunità nel settore dell’ambiente sono:

— la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente;— la protezione della salute umana;— l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;— la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i

problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale.

Il successivo paragrafo specifica che l’azione comunitaria mira a garantireun elevato livello di tutela, tenendo però conto della diversità delle situa-zioni nelle varie Regioni della Comunità. Secondo l’articolo 174 TCE:

— il principio dell’azione preventiva, secondo il quale è necessario predi-sporre tutte le misure volte a prevenire eventi nocivi per l’ambiente.

Rispondono a tale logica la direttiva 27-6-1985, n. 85/337/CEE, la quale prevede che iprincipali interventi di sviluppo, pubblici o privati, concernenti l’agricoltura, l’indu-stria o le infrastrutture, debbano essere soggetti ad una valutazione dell’impatto am-bientale (VIA) da effettuare prima della realizzazione del progetto, il cui responsabile

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è tenuto a fornire ragguagli circa i suoi potenziali effetti sull’ambiente e la direttiva2001/42/CE in materia di Valutazione Ambientale Strategica per gli strumenti di pia-nificazione e programmazione;

— il principio della correzione (soprattutto alla fonte) dei danni ambientali,che impone, qualora si verifichi un evento pregiudizievole per l’ambiente,l’immediata rimozione della fonte di inquinamento ad esso connessa;

— il principio chi inquina paga, in base al quale chiunque produca undanno all’ambiente è tenuto a rimuoverne, a sue spese, gli effetti ed aprovvedere al risarcimento in favore della collettività. La ratio è di farricadere i costi di un’attività inquinante in capo al soggetto che l’haposta in essere; in tal modo, il principio in questione costituisce undeterrente all’esercizio di atti potenzialmente dannosi per l’ambiente,che si estrinseca sia in misure ex ante che in misure ex post.

Un esempio del primo tipo è la raccomandazione del Consiglio 3-3-1975, n. 75/436,secondo la quale, le persone fisiche o giuridiche, di diritto pubblico o privato, respon-sabili di inquinamento debbono sostenere i costi delle misure necessarie per evitarequesto inquinamento o per ridurlo.Nell’altro senso, la direttiva 6-12-1984, n. 84/631/CEE (cosiddetta direttiva Seveso II)prevede un risarcimento efficace ed equo dei danni suscettibili di essere causati durantela spedizione di rifiuti pericolosi a carico del produttore e di qualsiasi altra personaresponsabile, cui tale danno sia imputabile.Successivamente, entrambe le tipologie di misure hanno ricevuto una disciplina di sin-tesi con la direttiva 21-4-2004, n. 2004/35/CE, concernente, appunto, la responsabilitàin materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale;

— il principio della precauzione prevede che, laddove sussista una mi-naccia ad uno degli interessi tutelati dall’articolo 174 TCE, siano adot-tate misure appropriate per impedire che questa si concretizzi.

In assenza di una definizione nel Trattato o in altri testi comunitari, il principio in esa-me è stato analizzato in un’apposita comunicazione emessa dalla Commissione il 2febbraio 2000, secondo la quale esso può essere invocato quando gli effetti potenzial-mente pericolosi di un fenomeno, di un prodotto o di un processo sono stati identificatitramite una valutazione scientifica e obiettiva, ma quando questa valutazione non con-sente di determinare il rischio con sufficiente certezza.

Il successivo articolo 175 TCE prescrive le diverse procedure che devono essere adottateper i provvedimenti assunti in materia di politica ambientale. Si può infatti distinguere tra:

— azioni da intraprendere per realizzare gli obiettivi prima delineati. In questocaso il Trattato stabilisce che le decisioni siano assunte secondo la procedura dicodecisione (art. 251 TCE);

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— disposizioni in particolari settori. Si tratta di alcuni casi, tassativamente elencatinel secondo paragrafo dell’articolo 175 TCE, in cui il Consiglio deve deliberareall’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamen-to europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.

Tale procedura riguarda:

a) disposizioni aventi principalmente natura fiscale;b) misure concernenti l’assetto del territorio, la destinazione dei suoli e la gestio-

ne delle risorse idriche;c) misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra di-

verse fonti di energia e sulla struttura generale dell’approvvigionamentoenergetico.

Il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere di passare al voto a maggio-ranza qualificata per i settori prima indicati;

— adozione di programmi d’azione generali. Tali programmi vanno adottati secon-do la procedura di codecisione (art. 251 TCE).

Gli Stati membri sono comunque autorizzati ad adottare propri provvedimenti di tutelaambientale che devono essere notificati alla Commissione, al fine di perseguire unnecessario coordinamento tra politiche comunitarie e nazionali.Tali provvedimenti non possono contenere misure di protezione ambientale di minoreefficacia rispetto a quelle comunitarie.

L’articolo 176 TCE attribuisce agli ordinamenti dei singoli Stati membri lafacoltà di andare oltre quanto disposto dal legislatore europeo, appron-tando all’ambiente una tutela maggiore di quella prevista dal dirittocomunitario, sia originario che derivato.Tale prerogativa può essere attuata tanto mantenendo in vigore normepreesistenti, quanto attraverso l’adozione di nuove disposizioni normative;essa, invero, non conferisce agli Stati un potere di deroga propriamentedetto, giacché il legislatore statale non può prevedere una tutela dell’am-biente che esuli dalle forme previste a livello comunitario. L’articolo 176TCE fissa il limite del potere degli Stati di prevedere tutela rafforzata del-l’ambiente nella compatibilità dei provvedimenti in questione con il Trat-tato istitutivo della Comunità europea. Ciò significa che le misure pre-disposte in ambito statale a tutela dell’ambiente non possono spingersi alpunto da negare una delle libertà previste dal Trattato, introducendo, adesempio, misure discriminatorie a carico di beni o servizi provenienti daun altro paese membro.Il documento fondamentale per l’attuazione delle politiche comunita-rie in materia ambientale è costituito dal programma d’azione, perio-dicamente varato dalle Istituzioni.

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Il programma attualmente vigente (adottato con decisione 22-7-2002, n. 1600/2002), cheresterà in vigore fino al 2012, ha indicato quattro priorità:

— stabilizzazione delle fonti responsabili del cambiamento climatico (gas ad effetto serra);— misure volte a tutelare la natura e la diversità biologica;— contribuire a migliorare la qualità della vita attraverso una riduzione dell’inquina-

mento ambientale;— migliore gestione delle risorse naturali e dei rifiuti.

Sono settori di intervento in materia ambientale della Comunità:

a) l’inquinamento atmosferico

Sulla base della Convenzione sull’inquinamento atmosferico a grande distanza (1979),è sorto il programma EMEP, volto a controllare il trasporto a grande distanza dellesostanze inquinanti per l’atmosfera e sono state previste misure tese a ridurre la con-centrazione di piombo presente nell’atmosfera limitandone la presenza nelle benzinedestinate al funzionamento dei motori e obbligando, a partire dal 1992, le case costruttricidi automobili di dotare gli autoveicoli di catalizzatori.Al fine di contenere le emissioni di gas nocivi (in particolare di quelli prodotti daiveicoli a motore) e di contrastare l’allarmante riduzione dello strato di ozono, la Comu-nità ha adottato il regolamento n. 3952 del dicembre 1992 con cui ha imposto la totaleeliminazione dei clorofluorocarburi (cfc), a partire dal 1° gennaio 1995. La materia èstata, poi, disciplinata dal regolamento 29-6-2000, n. 2037/2000, in seguito parzial-mente modificato dal regolamento 22-9-2003, n. 1804/2003.L’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali, già oggetto di una di-sciplina nel 1984 (dir. 84/360/CEE), è stato successivamente regolato dalla direttiva15-1-2008, n. 2008/1/CE, che introduce un approccio integrato per prevenire e ridurrel’inquinamento atmosferico, lo scarico di sostanze pericolose nell’acqua e le emissioninel suolo, stabilendo per ciascuno di questi settori dei valori-limite;

b) l’inquinamento delle acque

La direttiva n. 76/464/CEE (ora sostituita dalla direttiva n. 2006/11/CE) ha introdotto unadisciplina quadro volta ad impedire lo scarico nell’ambiente idrico di sostanze particolar-mente dannose, nonché a ridurre la concentrazione di elementi meno pericolosi. Tale disci-plina è stata confermata con la direttiva 12-12-1991, n. 91/676/CEE, relativa alla protezionedelle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.A tali disposizioni se ne affiancano altre che fissano i livelli di qualità di acqua potabi-le, delle acque per la balneazione, dell’acqua dolce con presenza di pesci e di quelle perl’acquacoltura.Il 23 ottobre 2000 è stata adottata la direttiva n. 2000/60/CE, volta ad istituire un qua-dro comune per l’azione comunitaria in materia di acque;

c) lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti

La direttiva quadro in tema di rifiuti e loro smaltimento è la n. 2006/12/CE del 5-4-2006 (che ha sostituito l’originaria direttiva 75/442/CEE e che, a decorrere dal 12 di-

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cembre 2010, è abrogata ex art. 41 paragrafo 1 della direttiva n. 2008/98/CE). Essafissa i criteri di base relativi a tutti i rifiuti in riferimento alla raccolta, allo smaltimento,al riciclaggio e al trattamento. Tale disciplina è integrata dalla direttiva n. 91/689/CEE(relativa ai rifiuti tossici e pericolosi);

d) la protezione della fauna e della flora

La direttiva 2-4-1979, n. 79/409/CEE disciplina la salvaguardia degli uccelli selvaticiriducendo le specie per cui è consentita la caccia, elencando i mezzi per praticarla,fissando limiti al commercio di alcune specie e stabilendo i criteri generali per la prote-zione degli habitat naturali. La direttiva 24-11-1986, n. 86/609/CEE detta la disciplinaconcernente la protezione degli animali utilizzati a scopi sperimentali o scientifici, inparticolare per quelle specie in via di estinzione;

e) l’inquinamento da rumore

La direttiva 25-6-2002, n. 2002/49/CE, disciplina la determinazione e la gestione delrumore ambientale.

Al fine di coordinare meglio l’attività delle istituzioni comunitarie nel set-tore dell’ambiente è stata creata, negli anni ’80, l’Agenzia europea perl’ambiente, divenuta operativa solo a partire dal 1994, allorché è stata indi-viduata la sede atta ad ospitarla (Copenaghen). L’Agenzia ha il compito disviluppare una rete di controlli ed informazioni sullo stato dell’am-biente, al fine di permettere una maggiore efficacia delle azioni comunita-rie e di procedere ad una più corretta valutazione delle iniziative da intra-prendere.

Interventi volti a promuovere il miglioramento delle condizioni ambientalinelle imprese e le organizzazioni europee sono:

— il regolamento CE 19-3-2001, n. 761/2001, riguardante l’adesione vo-lontaria delle organizzazioni ad un sistema comunitario di ecogestionee audit (EMAS);

— il regolamento CEE n. 880/1992, (successivamente abrogato e sostitui-to dal regolamento CE n. 1980/2000) che ha istituito il cd. ecolabel,ovvero un’etichetta (un fiore stilizzato a dodici petali con all’interno lalettera E) volta a segnalare la rispondenza del prodotto alle esigenzedi tutela dell’ambiente.

5 bis. Esiste una politica europea dell’energia?

Nel testo del Trattato CE mancano specifiche disposizioni inerenti unapolitica dell’energia. Gli unici cenni relativi alla materia si ritrovano

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nell’art. 3 TCE in cui, fra i compiti della Comunità, è annoverato anchequello di adottare misure in materia di energia, protezione civile e turi-smo; l’art. 154 TCE, inoltre, prevede lo sviluppo di reti transeuropee nelsettore energetico.

Inizialmente, l’intervento comunitario era limitato ai campi d’azione individuati dalle di-sposizioni specifiche contenute nei Trattati CECA ed EURATOM, relative rispettivamenteal carbone e all’energia nucleare. In seguito alla crisi petrolifera del 1973, e alla conseguen-te necessità di ridurre la forte dipendenza che i paesi europei avevano sviluppato nei con-fronti delle importazioni di greggio, cominciò a delinearsi una vera e propria strategia nelsettore dell’energia, fondata sulla diversificazione delle fonti energetiche e sulla riduzionedei consumi. In seguito al Consiglio europeo di Copenaghen del 1973, fu deciso che laComunità avrebbe adottato una politica centralizzata in materia di accumulo delle scorte,che sarebbero state gestite da un apposito organismo, il Comitato dell’energia.Nel corso degli anni ‘80 la Comunità adottò le prime misure volte a ridurre la dipendenzaenergetica dal greggio e i danni ambientali provocati dall’impiego di alcune fonti energetichealtamente inquinanti: l’introduzione della benzina senza piombo, la diminuzione del tassodi zolfo nei combustibili per il riscaldamento e la limitazione delle sostanze tossiche emes-se dai gas di scarico delle automobili. Negli anni ’90 la dipendenza della Comunità dalgreggio, l’influenza sulle condizioni climatiche della presenza di biossido di carbonio nel-l’atmosfera e i problemi relativi all’energia nucleare e allo smaltimento delle scorie radio-attive hanno sottolineato la necessità di indirizzare le azioni degli Stati verso obiettivi co-muni.

Nel 1991 la Comunità si è fatta promotrice, a livello internazionale, del-l’adozione della Carta europea dell’energia, sottoscritta da 51 Stati e con-tenente i principi fondamentali che i paesi firmatari dovrebbero osservareper consentire la creazione di un libero mercato delle risorse energetiche,attraverso il miglioramento delle possibilità di accesso all’energia ed unpiù efficiente sistema di produzione, impiego e trasporto.I principi enunciati nella Carta sono confluiti nel Trattato sulla Cartaeuropea dell’energia, firmato il 17 dicembre 1994 a Lisbona.

Nel 1995, il Libro bianco «Una politica energetica per l’Unione europea» ha propostoun programma d’azione da realizzarsi attraverso gli interventi strategici di integrazione delmercato energetico sulla base del principio dei mercati aperti e concorrenziali; il sostegnodello sviluppo durevole; la promozione della ricerca e delle tecnologie avanzate; la ge-stione della dipendenza energetica. Il 29 novembre del 2000, la Commissione ha presen-tato il Libro verde «Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamentoenergetico».

Recependo un’innovazione del Trattato Costituzione, il Trattato di Li-sbona, in fase di ratifica, prevede l’inserimento nel Trattato di un

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Titolo XX, che introduce una specifica politica europea dell’energia,fondata sul principio di solidarietà tra gli Stati in caso di crisienergetica.Nel 2008 è stato approvato il pacchetto clima energia, orientato alla ridu-zione dei consumi energetici al fine sia di limitare la dipendenza energeticadella Comunità sia l’impatto sui cambiamenti climatici.

5 ter. In che cosa consiste la cooperazione comunitaria in vista del-la protezione civile?

La cooperazione avviata in ambito comunitario nel settore della protezionecivile ha l’obiettivo di completare le azioni intraprese a livello nazionaleper la protezione dell’ambiente, delle persone o dei beni colpiti da ca-tastrofi naturali (terremoti, inondazioni, incendi etc.) o tecnologiche (in-cidenti provocati da sostanze chimiche).Nei Trattati l’unico riferimento alla protezione civile è presente nell’arti-colo 3 che, nell’elencare le diverse politiche comunitarie, al punto u) (ag-giunto dal Trattato di Maastricht), prevede anche azioni nel settore dellaprotezione civile; nei successivi articoli, tuttavia, non esiste alcuna dispo-sizione che indichi meglio le finalità di tale azione né, tantomeno, gli stru-menti che possono essere adottati a tal fine.

Il principale strumento normativo sul quale si fonda l’azione comunitaria in questo settoreè costituito dalla decisione 23-10-2001, n. 791/2001/CE, Euratom con la quale è stato isti-tuito un Meccanismo comunitario per la protezione civile. Si tratta di una rete in grado dimobilitare in modo veloce ed efficiente tutte le risorse disponibili a livello comunitario perfornire una pronta risposta alle calamità naturali che si dovessero verificare (anche al difuori del territorio comunitario); compito del Meccanismo è quello di promuovere, coordi-nare e incentivare la cooperazione tra le varie strutture della protezione civile degli Statimembri dell’Unione. Gli strumenti utilizzati a tale scopo sono:

a) il centro di monitoraggio e informazione, operante nell’ambito della struttura della Di-rezione generale dell’Ambiente e che, nei periodi ordinari, funge da sistema per loscambio di informazioni mentre, nella gestione delle emergenze, svolge un’attività diraccordo delle operazione nei diversi Stati;

b) il sistema di comunicazione e informazione per le emergenze (CESIS), la rete che, oltrea fungere da banca dati documentale, fornisce gli strumenti per la rapida, sicura e im-mediata trasmissione delle informazioni tra le diverse strutture di protezione civile.

L’azione comunitaria è completata da un’attività di formazione, attraverso lo scambio diesperti e la creazione di squadre di intervento comuni, allo scopo di diffondere la conoscen-za delle modalità operative e degli strumenti utilizzati.