L’ASCOLTO DEI GENITORI COME STRUMENTO · Riziero Zucchi, Docente di Pedagogia Speciale...
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ATTI DEL CONVEGNO
L’ASCOLTO DEI GENITORI COME STRUMENTO
PER MIGLIORARE I SERVIZI
Venerdì 17 Novembre 2006 Ore 15:00
Sala Conferenze ASL Centro diurno
Piazza Europa - Donoratico (LI)
INTERVENTI:
Paolo Francini, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Castagneto Carducci
Ilio Musi, Presidente dell’Associazione In viaggio con Noi e papà di Elita
Tiziana Manzi, Assessore alle Politiche educative e sicurezza
del Comune di Collegno (TO)
Riziero Zucchi, Docente di Pedagogia Speciale Università di Torino
Augusta Moletto, Redazione Rivista Handicap & Scuola
Enrico Barone, Coordinatore nazionale Progetto Pedagogia dei Genitori e papà di Andrea
Gianni Scopelliti, Presidente Associazione Sesto Senso di Siena e papà di Benedetta
Michele Catalano, Insegnante Scuola “Luciano Moglia” di Collegno (TO)
Gino Scateni, Vicesindaco del Comune di Castagneto Carducci
Testimonianze di genitori
Protocollo di Intesa sulla Pedagogia dei Genitori
fra Comune di Castagneto e Comune di Collegno (TO)
Venerdì 17 Novembre 2006
Ore 15:00
Sala Conferenze ASL Centro diurno
Piazza Europa - Donoratico (LI)
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PAOLO FRANCINI
Buonasera a tutti. Vi ringrazio per la partecipazione, ringrazio gli esperti e i relatori del nostro
incontro, in particolare vorrei ringraziare l’Assessore Tiziana Manzi, Assessore alle Politiche
educative del Comune di Collegno, Riziero Zucchi, Docente di Pedagogia Speciale Università di
Torino, Augusta Moletto, Redazione Rivista Handicap & Scuola, Enrico Barone, Coordinatore
nazionale Progetto Pedagogia dei Genitori, Gianni Scopelliti, Presidente dell’Associazione Sesto
Senso di Siena.
Ci saranno poi altre persone che vi presenteremo per così dire strada facendo, poi voglio ringraziare
per la loro presenza gli operatori socio-sanitari, della scuola , le associazioni che vedo presenti
anche in modo molto numeroso. Vi ringrazio per aver accolto il nostro invito.
Doveva aprire questo incontro il Sindaco Fabio Tinti, però ha avuto un impegno di natura
personale, si scusa ma non potrà essere presente, fra poco arriverà il Vicesindaco Gino Scateni che
porterà il saluto in modo più formale da parte dell’Amministrazione Comunale anche per
ringraziare i nostri ospiti, che voglio ringraziare ancora per aver accolto il nostro invito. Alcuni
vengono anche da lontano, da Torino, come l’Assessore Tiziana Manzi che ci ha restituito la visita
che abbiamo fatto qualche mese fa con Ilio Musi.
Io volevo scendere nello specifico e dire come la vedo io la Pedagogia dei genitori per quel poco
che ovviamente ….. non sono certo esperto in materia, esperti sono questi signori che sono qui al
tavolo e che in modo anche più semplice riusciranno a illustrare cos’è la pedagogia di genitori e
l’invito che facciamo a tutta la comunità è poi di confrontarsi con questo progetto.
Quando Ilio e Aurora, l’Associazione In Viaggio Con Noi ha cominciato con l’Amministrazione
Comunale, e in particolare al sottoscritto Assessore ai Servizi Sociali, a parlare del progetto della
pedagogia dei genitori ho pensato che ci sono cose che si vedono e altre no, altre che sono meno
visibili. Per chi amministra, tanto per essere concreti, sistemare un ponte, una strada, si vede
immediatamente che cos’è, una cosa che magari tutti i cittadini ci chiedono, E quel ponte, quella
strada magari risolvono un problema ma non cambiano una comunità, non fanno crescere tante
volte la comunità. Alcune idee, alcuni progetti possono invece far crescere una comunità, anche se
nell’immediato sono meno percepibili almeno ad occhio nudo e possono far cambiare la comunità,
a partire ovviamente anche da chi l’amministra, da chi ha delle responsabilità in materia.
Da questo punto di vista ci sono dei progetti dell’Amministrazione Comunale con i quali stiamo
tentando davvero di far crescere la comunità insieme a noi.
Sono i progetti che si chiamano per esempio “La città dei bambini”, vedo qui l’Assessore alle
Politiche Educative Antonella Orsini che poi ovviamente interverrà, ce ne sono altri che si
chiamano “Tavolo per la Pace della Val di Cecina”, “Democrazia partecipata” ecc….
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Si tratta di progetti che magari per una parte della gente sembrano astratti, cose che non si toccano e
non si vedono immediatamente e quindi si pensa che producano un effetto più limitato nella
comunità, invece sono quei progetti a lungo respiro che possono davvero far crescere tutti coloro
che abitano nel nostro territorio.
Ecco io ho pensato, quando ho capito qualcosa in più sulla pedagogia dei genitori, che la pedagogia
dei genitori si inserisce all’interno di questi percorsi che trasformano in positivo questa comunità.
Questo ho pensato soprattutto grazie alle sollecitazioni di Ilio, di Aurora, che all’interno
dell’Associazione In Viaggio Con Noi hanno sollecitato il Comune a confrontarsi con tale progetto
da un po’ di tempo a questa parte.
E fra l’altro una specie di pedagogia dei genitori con l’associazione In Viaggio Con Noi da qualche
anno la facciamo come Comune, anche se è per così dire in una forma embrionale, cioè noi
facciamo fra Amministrazione Comunale e l’Associazione In Viaggio Con Noi un Protocollo di
Intesa, un accordo insomma e in questo accordo sono scritti gli interventi che deve fare
l’Amministrazione Comunale per poter abbattere le barriere architettoniche, sia quelle fisiche sia
anche quelle di carattere culturale.
Ed è già, io penso, una specie di pedagogia dei genitori perché sono direttamente i genitori , sono
persone che vivono quel tipo di realtà, che hanno quel tipo di sensibilità e di conoscenza, che
dicono direttamente al Comune: va fatto questo tipo di intervento, va dato priorità a questo
intervento, per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche o per la gestione di un
certo servizio.
Quindi sono loro che indicano e, in base alle loro indicazioni e suggerimenti, noi firmiamo un
accordo che è un impegno che formalmente e pubblicamente prende il Comune dicendo: Io
quest’anno farò queste cose, rispondendone poi ovviamente di fronte ai cittadini se le cose non
vengono realizzate.
Per esempio, lo dico perché qui vedo molte persone che mi fa piacere siano presenti, un pezzo del
protocollo di quest’anno riguarda il fatto di riuscire ad abbattere le barriere architettoniche non solo
quelle del Comune (che ha fatto degli interventi ma, metto subito le mani avanti, deve farne ancora
di interventi per eliminare le barriere architettoniche nei propri uffici comunali – non siamo
assolutamente perfetti da questo punto di vista), ma stiamo anche chiedendo ai soggetti di natura
privata e che svolgono attività di pubblica utilità, tanto per capirci: le banche, le caserme, i luoghi di
culto e così via: “Diteci entro quanto tempo riuscite ad abbattere le vostre barriere architettoniche”,
e stiamo chiedendo, è già da un po’ di tempo che stiamo stringendo intorno a questa cosa, per fare
un accordo in modo tale che si possa dire pubblicamente in quanto tempo ognuno di questi soggetti
a partire ovviamente dal Comune ha la possibilità di abbattere le barriere architettoniche per
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costruire tutti insieme quello che noi abbiamo definito “la città accessibile”, in cui tutti hanno la
possibilità di vivere senza nessuna preclusione.
Un altro pezzo del protocollo, dell’accordo di quest’anno è appunto la pedagogia dei genitori.
Quando qualcuno me l’ha chiesto, perché è già da un po’ che ne parliamo (abbiamo mandato gli
inviti, è uscito l’articolo sul giornale ecc…) e mi ha chiesto: Mi spieghi in forma chiara e sintetica
cos’è la pedagogia dei genitori? Per me è un termine completamene nuovo, non c’è assolutamente
da stupirsi.
Allora io l’ho sintetizzato con una frase che ho letto all’interno di una delle vostre pubblicazioni “I
genitori salgono in cattedra”. Mi è piaciuta molto questa frase perché rende bene quello che è il
tipo di intervento da parte dei genitori e non solo.
Noi diciamo: Vogliamo costruire una città accessibile. Bene, come si costruisce una città
accessibile? Una città accessibile si costruisce abbattendo le barriere architettoniche perché è chiaro
che laddove ci sono delle barriere architettoniche alcune persone lì non ci possono andare: i
diversabili ma anche gli anziani. Noi siamo una realtà, il Comune di Castagneto, dove su 8.500
abitanti una buona parte è composta da popolazione anziana. Allora si costruisce una città
accessibile abbattendo le barriere architettoniche e poi si costruisce facendo in modo che i servizi
che sono servizi rivolti ai cittadini siano servizi che possano rispondere alle esigenze e ai bisogni di
tutti. In questo modo si costruisce la città accessibile.
Dice qualcuno: Ma i servizi chi li costruisce? Chi li imposta?
Allora i servizi di natura pubblica, parlo come amministratore del Comune, gli amministratori
danno gli indirizzi e i tecnici li costruiscono, noi diciamo come amministratori che vogliamo questo
tipo di servizio perché noi con questo tipo di sevizio pensiamo di rispondere ad una esigenza che
abbiamo avvertito sul territorio, e poi diciamo ai tecnici: con questi soldi, con questo tipo di
indicazioni costruisci il servizio.
Il cittadino è quello che ne usufruisce, l’ultimo soggetto che va a prendere quel servizio per come è
stato congegnato.
E qualcuno può anche dire: Beh, va bene in questo modo, l’amministratore conosce le esigenze del
territorio, sennò per cosa è stato eletto? Il tecnico ha la professionalità per farlo, meglio di lui chi
può essere? Spesso però non è così semplice. Io cito una cosa che ho vissuto, ora qui si tratta di
barriere architettoniche, ma poi ci sono anche quelle di altra natura, dei servizi in quanto tali. Ma ve
lo racconto perché mi ha colpito. Me l’ha fatta fare Ilio questa esperienza, insieme ad altre mille
esperienze.
Quando abbiamo fatto “una giornata in carrozzina” durante la giornata del disabile, quel giorno in
cui gli amministratori ed altri percorrono il paese e vanno negli uffici in carrozzina fingendo
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appunto di essere disabili, c’era un edificio, non vi dico quale, che aveva una porta che era stata
ristrutturata da poco tempo spendendoci anche un bel po’ di soldi. Avevano voluto fare un lavoro
anche esteticamente gradevole, rispettando i parametri previsti per quanto riguarda l’abbattimento
delle barriere architettoniche, quindi tutto fatto in base alle normative in materia. Benissimo,
andiamo ad accedere a questa porta e c’era anche il tecnico che l’aveva progettata, rispettando le
normative in materia. Teoricamente era tutto fattibile e a norma e ci si poteva accedere anche se in
carrozzina. In pratica abbiamo provato, io sono piuttosto robusto e quell’altro signore -il tecnico-
era robusto quanto me: in carrozzina quella porta non c’era possibilità di aprirla, al di là che
rispettasse tutte le normative previste in materia.
Questo è un esempio se permettete banale. Sui servizi è una cosa ancora più complessa ed
articolata. A volte pur rispettando le normative – e talvolta non si rispettano – ma a volte purtroppo
non si risponde ai bisogni di quelle persone a cui abbiamo pensato nel progettare il servizio.
Perché, cosa manca?
Manca il cittadino, ed alcuni cittadini in modo particolare, che ci vengano a dire: Questo servizio va
bene teoricamente, ma in pratica manca questo: uno, due e tre.
E naturalmente uno come lo capisce se qualcosa va modificato? Provandolo direttamente.
Quando il cittadino si rivolge al servizio, va in quel determinato ufficio, lì, per esperienza diretta,
non raccontata ma diretta, si rende conto che c’è una serie di cose che vanno modificate per
rispondere appunto a quelle che sono le esigenze e i bisogni da parte del cittadino.
Allora con tutto questo ragionamento io mi sono spiegato fra me: cos’è la pedagogia dei genitori?
Si ribalta il concetto, per cui sono i cittadini stessi, sono i genitori, sono i diversabili, gli anziani e i
cittadini in senso generale, non solo quelli che appartengono alla categoria, che vanno a dire agli
amministratori, ai tecnici, a coloro che erogano un servizio di qualunque natura esso sia ma con una
valenza pubblica: Abbiamo questo tipo di esigenza. Qui bisognerebbe vedere di modificare in
questo senso.
E’ l’amministratore che ascolta, è il tecnico che ascolta, è il gestore del sevizio che ascolta, di fronte
al cittadino che usufruisce per esperienza diretta della possibilità di dare una serie di indicazioni.
E’ ovvio che dall’altra parte ci vuole chi ha la volontà di ascoltare.
Allora in pratica quando un’amministrazione comunale dice: Io sto in questo progetto, come noi
diciamo da stasera stiamo in questo progetto e alla fine firmeremo quando arriverà il vicesindaco,
un protocollo di intesa con il Comune di Collegno – poi vi spiegherò in un secondo momento
proprio perché con il Comune di Collegno – vuol dire che il Comune si impegna ad ascoltare.
Che può sembrare una banalità: che ci vuole ad ascoltare? Ascoltare con la volontà di cambiare,
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in base alle indicazioni che emergono rispetto ai servizi, rispetto a ciò che si offre sul
territorio. Questo è l’impegno più importante che viene preso.
Poi come si articola in concreto? Rispetto a quello che abbiamo scritto nel protocollo di intesa si
articola con le famiglie del territorio che usufruiscono dei servizi, che sono presenti nel nostro
Comune, che raccontano le loro esperienze: Io sono andato in quel determinato ufficio per quel
determinato servizio e ho trovato questo tipo di realtà, ho trovato questo che va bene, mantenetelo, e
ho trovato quell’altro che non va bene, che va modificato, per favore impegnatevi in questo senso.
Quindi costruire innanzitutto una rete di famiglie , di persone che raccontano, che dicono le
loro esperienze, ovviamente persone e famiglie di diversabili in modo particolare, ma anche
gli altri comunque ci possono dare indicazioni preziose.
Come si organizzano queste cose?
Si organizzano con degli incontri, che possono essere pubblici come questo, perché vogliamo che
sia un’esperienza che coinvolga il più possibile non solo un gruppo ristretto di persone, oppure
possono essere incontri per così dire di natura più raccolta in cui si va a fare questo tipo di
testimonianza e di racconti. Queste testimonianze e questi racconti vengono poi raccolti,
pubblicati e diffusi su tutto il territorio, perché anche qui vogliamo parlare non solo a coloro che
sono addetti ai lavori, ma diffusi famiglia per famiglia perché vengano conosciute quelle che sono
le indicazioni offerte da queste persone, poi vengono inviate anche ai soggetti di riferimento.
In pratica, tanto per fare un esempio, si parla di una banca, di un ufficio postale, ecc… Quel
verbale, anche se il soggetto non è presente a quella riunione, noi abbiamo messo nel progetto che
lo invieremo a quel soggetto che fornisce il servizio a cui il cittadino si riferisce, per dire: Guarda è
stato segnalato che c’è questo problema, che il servizio andrebbe migliorato da quel punto di vista.
Perché non è solo ascoltare, è ascoltare per poi mettersi in discussione e fare quello che è
necessario.
E’ ovvio che sempre non sarà possibile, è ovvio che a volte non ce la faremo, a volte anche perché
fare le cose non è così semplice come dirle: a livello di normative, di risorse economiche che sono
sempre meno, però comunque ci si deve confrontare e cercare di capire come può essere
modificato.
E poi creare un archivio, questo è l’altro impegno che ci prendiamo, che avrà una sede a livello
locale, in modo tale che quell’archivio sia consultabile da tutti, noi faremo le pubblicazioni dei
racconti, le metteremo sul giornalino del Comune, sul sito del Comune, quindi avremo diversi modi
di diffusione, però vogliamo che ci sia un archivio in modo tale che tutti lo possano consultare,
vedere quali sono i racconti, le testimonianze, le indicazioni che sono emerse da tutte queste
persone e continuare a confrontarsi in modo dinamico.
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E infine fare rete con gli altri Comuni che a livello nazionale ma anche a livello europeo, perché il
progetto è a livello europeo, si sono confrontati con questo tipo di esperienza, hanno iniziato prima
di noi questa esperienza.
Perché allora il Comune di Collegno? L’Assessore Tiziana Manzi è qui presente e ringrazio per la
sua presenza. Perchè il Comune di Collegno è il punto di riferimento a livello nazionale sia per
quanto riguarda l’archivio a livello nazionale sia per quanto riguarda l’esperienza in quanto tale.
Questo è un progetto sperimentale, apre un percorso. Loro hanno avuto l’avvedutezza di cominciare
per primi e hanno tracciato la strada, hanno offerto la possibilità di stare rete con il loro Comune,
come punto di riferimento centrale, e poi con altri Comuni firmando il protocollo.
Noi abbiamo detto: Benissimo noi ci stiamo, stiamo prendendoci questo impegno e quindi
firmeremo questa sera il protocollo tra Comune di Collegno e di Castagneto Carducci, una specie di
gemellaggio particolare per dire facciamo delle cose insieme.
Detto tutto questo, vedete che le cose che non si vedono immediatamente e che a volte è difficile
comprendere e spiegare semplicemente, perché sono difficili anche come terminologia (Pedagogia
dei genitori cos’è?) possono produrre risultati molto più grandi e molto più efficaci di quello che si
può pensare in un primo momento. Sono una di quelle esperienze che possono far crescere una
comunità.
Io la pedagogia dei genitori sostanzialmente l’ho interpretata così e con questo intento cerchiamo di
realizzarla, sapendo ovviamente che ci metteremo sempre in discussione perché all’interno di
questo tavolo non ci sarà solo il Comune e gli esperti in materia, con l’associazione In Viaggio Con
Noi in particolare, è fondamentale che ci siano tutti gli altri soggetti: la scuola, le associazioni di
volontariato, gli altri soggetti che erogano servizi, visto che deve essere un tavolo continuo in cui
ci diciamo le cose, ci confrontiamo, partendo dalle testimonianze e dai racconti dei genitori, con
questi soggetti che ci stanno attorno, per ascoltare e modificare i servizi in base alle indicazioni
emerse, ma tutti allo stesso livello. Non il Comune che ha un ruolo più forte, ma il Comune insieme
a tutti gli altri.
Vedo qui i responsabili della Società della Salute, vedo tutta una serie di associazioni, di operatori
socio-sanitari, è fondamentale che attorno al tavolo ci siano tutti, perché la città accessibile non si
costruisce solo con un pezzo che lavora in questo senso e gli altri che lavorano in senso
completamente diverso. Tutti lavoriamo partendo dal metterci in discussione ascoltando indicazioni,
suggerimenti, testimonianze delle persone che vanno a usufruire dei servizi.
Stasera vogliamo dire che ci prendiamo questo impegno, vediamo insieme di realizzarlo sapendo
che sicuramente non sarà semplice ma ritengo che sia un’esperienza importante per il Comune di
Castagneto.
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V ringrazio, l’intervento successivo sarà quello di Musi Ilio e poi daremo la parola al professor
Riziero Zucchi.
Guardate che le persone che avete qui al tavolo sono le persone più rappresentative di questa
esperienza a livello nazionale e internazionale, quindi noi abbiamo la possibilità di avere qui con
noi le menti e le esperienze più forti a livello nazionale ed è veramente una bella occasione.
ILIO MUSI
Grazie a Paolo, nostro Assessore nonché amico di tante battaglie. Quindi, praticamente ha parlato
lui per tutto e in tutto. Volevo solamente dire una cosa. Questo è un percorso, come tante iniziative
e convegni che abbiamo fatto soprattutto insieme alla nostra Amministrazione. Credo però, e
sottoscrivo, che questo sia il Convegno più importante perchè credo che qui si profili un percorso
importante sotto ogni punto di vista, quindi relativo appunto al progetto che poi da anni stiamo
portando avanti. Noi ci siamo aggregati, se si può usare questa parola, da tempo, prima al gruppo di
Torino, poi al gruppo di Pisa e Livorno, al gruppo di Siena e ad altri gruppi di tutta Italia.
Molti genitori hanno mandato email perché non sono potuti venire, perché come sapete la nostra
vita non è abbastanza…., per certi versi non è facile anche staccarsi da casa e venire. Chi può lo fa
volentieri, portando quello spirito sano, giusto, tranquillo, senza problemi, portando appunto la sua
esperienza di genitore.
Io vorrei soprattutto parlare come genitore, come persona. Vorrei che in questo convegno si parlasse
tranquillamente, senza problemi, spogliarsi un attimo delle nostre responsabilità e carichi che
abbiamo e parlare a livello proprio umano, di persone. Quindi ognuno sa che carica ricopre, sa quali
sono le sue potenzialità dal punto di vista lavorativo, però penso che bisognerebbe guardarsi un po’
dentro tutti. Parlo io per primo come genitore, perché non siamo dei santi, abbiamo tutti i nostri
difetti, però credo veramente che questa sia una svolta importante per quanto riguarda almeno il
nostro territorio, però penso che questo territorio rappresenti un po’ il territorio di tutti perché
quando noi – una particolarità che è sfuggita a Paolo non perché non lo sapeva – ma perché noi
genitori quando ci spostiamo in altri posti, in altri Comuni, portiamo sempre la stessa esperienza e
parliamo come se fossimo presenti lì, e quindi questo è un qualcosa che ci dà per così dire un fiore
all’occhiello. Non parliamo come fanno molte associazioni, noi si è fatto qualcosa in più o te lo
fanno capire….
Qui noi mettiamo proprio la nostra esperienza a disposizione degli altri genitori, degli altri Comuni
di tutta Italia e non solo, anche a livello europeo, e questo penso che sia una cosa importante, una
cosa che ci distingue da questo punto di vista; quindi non facciamo battaglie a nessuno ma portiamo
avanti i diritti dei nostri ragazzi, visto anche quello che sta succedendo ora nel mondo, in Italia e
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soprattutto – mi dispiace dirlo - nelle scuole, e quindi vediamo che c’è il fenomeno del bullismo,
vediamo che c’è un fenomeno di discriminazione e nonostante tutti i nostri sforzi forse c’è ancora
molto da fare. E questo forse può rappresentare per quanto riguarda la nostra zona un punto di
partenza importante, anche rappresentati da altre persone che qui stasera parleranno.
Quindi io sarò brevissimo perché ci sono molti interventi da fare.
Il nostro protocollo di intesa è un protocollo importante, basato sulla chiarezza e sulla fiducia, si va
a tutto campo, si parte dalla scuola, si arriva alla sanità, si parla di barriere architettoniche, si parla
di città accessibile, si parla di solidarietà sociale che forse a questo punto è il punto più indietro
rispetto ad altre cose. Ma quando si parla di solidarietà sociale si parla di tutti gli aspetti della vita,
non si parla solo di handicap.
Voglio ringraziare tutti quanti di essere intervenuti, genitori, insegnanti, dirigenti, responsabili,
persone, amici e ringrazio tutti gli amici presenti, per me sono amici oltremodo, ormai almeno una
volta a settimana ci sentiamo o per email o per telefono e chissà, creeremo sicuramente un grande
gruppo. Grazie anche all’Assessore Tiziana Manzi del Comune di Collegno di esser presente, ci ha
fatto molto piacere, questo penso sia un lustro anche per il nostro Comune di essere tra i primi ad
intraprendere questo viaggio e sperò che sarà un viaggio bellissimo per tutti.
Vi ringrazio ancora e passo la parola al professor Riziero Zucchi.
RIZIERO ZUCCHI
Saluti a tutti e grazie dell’accoglienza. Credo che ci sia proprio bisogno di sentirsi collegati
all’interno di questa Italia che è così lunga e che invece vorremmo così unita.
Prima di dare la parola a Tiziana Manzi, come da programma, vorrei leggere un articolo della
Costituzione, perché credo che questo convegno sia di una importanza fondamentale e spero che se
ne facciano gli atti.
C’è un articolo della Costituzione che dimostra la giovinezza, sana e robusta Costituzione, e allora
quando una pianta è di sana e robusta costituzione mette dei rametti. Nel 2001 noi venendo da Siena
abbiamo visto il ritorno dell’olivo, c’erano tutte le piantagioni fresche di olivo e pensiamo che
questa Costituzione sia un olivo perché è la pace, la pace di tutti.
Vedo però che occorre leggere questa Costituzione perché nel 2001 è stato proposto un ramettino
piccino, l’art 118 e credo che quello che si sta facendo oggi con il Protocollo e con gli altri
interventi sia l’attuazione di quella che è una delle rivoluzioni della nostra Costituzione e cioè il
concetto di sussidiarietà orizzontale e credo che questo concetto l’abbia bene espresso l’Assessore
quando diceva: noi non abbiamo solo bisogno di un PIL in termini economici, ma abbiamo bisogno
di valorizzare un prodotto educativo, in termini in fondo anche economici, perché se un bambino
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viene allevato bene noi abbiamo una persona che in termini economici frutta, anche se questo nel
PIL non si vede.
Allora le narrazioni, questo archivio, le narrazioni della pedagogia dei genitori, sarà proprio
quella che è in fondo la visibilità di un prodotto che normalmente non ha visibilità. E partiamo
dai livelli più bassi, più concreti, che sono in fondo il discorso dell’educazione dei genitori. Credo
che sia la valorizzazione della genitorialità di tutti.
Questo art 118 dice: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono
l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
Questo libro che ho in mano è un libro bello, un libro di Gregorio Arena che è professore di Diritto
Amministrativo all’Università di Trento, Presidente del laboratorio per la sussidiarietà e Presidente
nazionale di Cittadinanza Attiva e a commento dice questo docente che sta studiando la cittadinanza
attiva: “la certezza è che le persone sono portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità e
inoltre è possibile che queste capacità siano messe a disposizione della comunità per contribuire a
rispondere insieme, con le amministrazioni pubbliche, alle esperienze collettive”.
Allora quello che noi vedremo oggi e credo che debba essere testimoniato, credo che abbia una
valenza nazionale, anzi noi con Ilio ci siamo conosciuti ad Edimburgo nell’ambito di un progetto
europeo che proponeva la pedagogia dei genitori come momento di solidarietà.
Allora eravamo tra il 2001 e il 2003, si parlava di sussidiarietà orizzontale ma non si attuava ancora.
Beh! Penso che di strada se ne sia fatta, perché questo protocollo dice concretamente: noi abbiamo
un bene non visibile che è l’educazione, che va reso visibile e l’indicazione grossa - e lo dice la
presenza delle persone - credo che sulla base della sussidiarietà orizzontale cioè dal bene che tutti i
cittadini possono offrire, si possa parlare di un patto educativo scuola famiglia e sanità.
Noi siamo ben contenti che questo patto educativo scuola, famiglia, sanità sia promosso da
un’amministrazione che sentiamo più vicina, cioè l’Amministrazione Comunale, cioè dall’Ente
locale; anche per imparare, perché l’esempio che ci viene dalla Società della Salute è fondamentale.
Questo è uno dei Comuni che stanno sperimentando la Società della Salute.
C’è un libro bellissimo che secondo me si inserisce nell’ambito della Società della Salute.
Siamo estremamente fieri di questo libro che si intitola “Conoscere l’handicap, riconoscere la
persona. La pedagogia dei genitori” sia una raccolta delle testimonianze dei genitori pubblicato dal
CESVOT, il Centro Servizi Volontariato della Toscana. Io penso che ci sia questo grosso
collegamento.
Io sono molto felice che si faccia questo protocollo, ringrazio molto il fatto che nonostante gli
impegni grossi l’Assessore Tiziana Manzi sia venuta qua con una delegazione folta, interessante
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perché composta da genitori, da insegnanti e credo che questa sia in fondo la cosa più importante, il
fatto che un Assessore venga con le forze vive: la scuola, la famiglia e anche la sanità che la
sostengono. Per noi è significativo che un Assessore alle Politiche educative sia collegato anche alla
sicurezza, per noi sicurezza non sono solo le telecamere o la presenza della forza pubblica che è
utile sì, ma anche come solidarietà tra i cittadini.
Io ora devo dare la parola all’Assessore Tiziana Manzi che devo ringraziare perché il Comune di
Collegno ha avuto la forza di inserire all’interno delle proprie strutture un Centro di
documentazione e ricerca che si propone come momento che porta avanti questo discorso di
sussidiarietà orizzontale.
ILIO MUSI
Volevo solo salutare l’arrivo dell’Assessore di Sovicille, in provincia di Siena. Grazie, Assessore, di
essere presente.
TIZIANA MANZI
Buongiorno, grazie a tutti.
Buongiorno a tutti, all’Amministrazione Comunale di Castagneto Carducci, all’associazione In
Viaggio Con Noi, a educatori, insegnanti e cittadini che sono qui oggi e che sono interessati
evidentemente a questa discussione, e più in generale a tutte le famiglie di questa città.
Siete fortunati, io credo, che avete un Assessore bravo, concreto, che entra nel cuore dei problemi.
Io sono un altro Assessore, un po’ meno concreto, un po’ meno bravo, sicuramente non esperto di
pedagogia dei genitori perchè - insomma - ognuno di noi fa un altro mestiere e anch’io ho dovuto
cimentarmi con queste parole nuove e mi ricordo ancora la prima volta che ho sentito Zucchi e
Moletto parlare di pedagogia dei genitori, credo che il nostro incontro sia durato circa due ore e per
tutto il tempo Zucchi parlava e io ascoltavo, perché – come dire – era per me una cosa nuova.
Io vi ringrazio davvero di avermi invitato a questa giornata, perché anche per me è importante
essere qua, e soprattutto perché oggi è una giornata importante per la vostra città, per la vostra
comunità, come lo è stata per noi, per Collegno, perché sono momenti di confronto, come diceva il
vostro Assessore prima, che ci devono essere e che sono continui, ma sono anche momenti in cui
ciascuno di noi si assume delle responsabilità.
Allora è bene che ci siano questi momenti, bisogna raccontarci le cose, bisogna approfondire,
bisogna confrontarsi con altre realtà, ma poi viene il momento decisionale. E io credo che il ruolo di
un amministratore sia anche questo, cioè ad un certo punto assumersi delle responsabilità, nei propri
limiti ovviamente, perché ognuno di noi ha delle competenze e non è tuttologo, per cui prova a fare
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delle cose che gli sembrano sensate intelligenti e coerenti, dopodichè ha bisogno del confronto con
gli altri e soprattutto con i cittadini.
E’ un incontro che si concluderà con la sottoscrizione del protocollo di intesa, che è un protocollo
che noi abbiamo proposto il maggio scorso nel corso del convegno che abbiamo organizzato nella
nostra città e che era il momento di inaugurazione ufficiale del Centro Nazionale di
Documentazione e Ricerca Pedagogia dei genitori.
A maggior ragione mi fa molto piacere essere qua perché quel protocollo è stato raccolto, è stato
condiviso, è stato discusso ma poi alla fine evidentemente ha riscosso un certo successo, perché
oggi siamo qua e insieme lo firmiamo. E’ evidentemente un successo anche per noi. Tra l’altro
Castagneto Carducci non è l’unica città che ha intrapreso questo percorso, per cui a maggior ragione
oggi si incominciano a vedere i frutti di questo lavoro.
Credo che sia un ragionamento molto interessante quello che ho letto nella vostra proposta
progettuale, che entra nel merito delle azioni che farete per l’applicazione di questo progetto e che
ad un certo punto indica anche gli strumenti e gli indicatori previsti per il monitoraggio e la
valutazione del progetto. Questa è una parte che appunto ho trovato molto interessante e molto
concreta e che tra l’altro credo che servirà anche a noi ad un certo punto per mettere a confronto le
esperienze, perché appunto anche se abbiamo già cominciato, abbiamo bisogno di metterci a
confronto con gli altri. E’ una parte molto pratica e realistica che poi vogliamo conoscere.
E’ un progetto che quindi va assumendo un significato formale in ambito interregionale, questo ci
conforta e succede anche grazie ad una volontà politica che non è affatto scontata, per due ragioni.
Intanto perché, come si diceva, è un progetto sperimentale ed essendo sperimentale è un po’ più
difficile farlo entrare nei ragionamenti, perché non si conosce e lo si guarda ancora con un po’ di
diffidenza. E poi perché non esiste ancora ufficialmente una rete di istituzioni che lo sorreggano e lo
strutturino, rendendolo concreto.
Ed ecco che questa per una istituzione è obiettivamente un’altra difficoltà.
Un Comune che invece decide di aderire a questo percorso è un po’ apripista, può essere
orgoglioso, può dire: Io c’ero.
E’ un progetto – lo abbiamo detto – che ha bisogno di momenti di confronto, analisi, di scambio di
esperienze, ma poi devono seguire le azioni concrete. Dal mio punto di vista anche un incontro
come quello di oggi è un’azione concreta perché si dicono delle cose precise, si leggono dei
documenti che riportano degli impegni precisi da parte della vostra amministrazione e si chiede a
voi, dal vostro punto di vista, un aiuto concreto. Per cui quando prima si è detto: i cittadini devono
dirci, segnalarci, dare indicazioni… non credo che sia retorica.
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Anche noi ne abbiamo bisogno, proprio perché, ripeto, è un progetto sperimentale che ha bisogno
del confronto continuo.
Perché abbiamo voluto proporre ad altri Enti questo protocollo?
La Città di Collegno qualche anno fa ha iniziato questo percorso sottoscrivendo un patto educativo
tra scuola famiglia e ente locale, ed è un patto che lega le diverse componenti e le impegna in una
continua sinergia. Badate, non è teoria perché tutte le volte che ci si incontra con tutti i dirigenti
scolastici, è veramente complicato, non voglio far finta, è un percorso che si costruisce un po’ alla
volta, che con tanta pazienza da ambo le parti perché le scuole hanno un’autonomia scolastica,
l’ente locale ha delle procedure da seguire, ognuno deve rispettare le sue regole, ognuno sta
nell’ambito di certi confini. Per cui è un confronto con obiettivi sempre ambiziosi, poi non sempre
ci si riesce ma insomma ci si prova e qualcosa succede.
Ed è un patto che vede come protagonisti soprattutto le scuole, poi le famiglie, poi l’ente locale, e
pone in capo a tutti i soggetti la responsabilità condivisa delle risorse e la condivisione degli
obiettivi.
Sembra banale ma in questi due concetti ci sta tutto per un amministratore locale: gli obiettivi e le
risorse. Obiettivi tanti, risorse poche. Si può sintetizzare così.
E visto che favorire il collegamento tra soggetti, lavorare per favorire la crescita culturale e sociale
dei cittadini (come ha detto l’Assessore prima: un ponte si vede mentre questo genere di progetti
hanno tempi molto più lunghi e sono meno redditizi dal punto di vista politico, non ce lo
nascondiamo) sia nel senso individuale sia nel senso collettivo, ovviamente perché c’è anche una
crescita di gruppo, di comunità, allora pensiamo che il coinvolgimento dei cittadini a questo
progetto vada proprio in questa direzione, dialogo, conoscenza, partecipazione attiva,
cittadinanza attiva.
Da questa idea, che è una realtà per noi a Collegno, siamo partiti da qua e abbiamo provato a fare un
passo in più.
Io devo dire sono amministratore da due anni, da qualche mese promossa a Vicesindaco, e quando
sono arrivata tutto questo esisteva già, perché ovviamente ci vuole tempo per costruire una storia
come questa.
Quindi fare un passo in più, e allora il passo in più è stato proprio, come diceva Zucchi, la certezza
che le persone sono portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità, certo su questo non c’erano
dubbi, e allora è possibile – abbiamo pensato – trovare, scovare queste capacità e metterle a
disposizione della comunità. Questo è un po’ il fulcro del progetto della pedagogia dei genitori.
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Ecco allora la volontà di dare spazio e forma a questo progetto, costituire il Centro Nazionale,
inaugurato lo scorso maggio ma funzionante già da un po’ più di un anno, che viene tenuto aperto in
modo volontario, quindi con tutte le difficoltà che ci sono.
Investire risorse economiche, risorse umane perché badate la forza di questo progetto, perché in
fondo non costa tanto dal punto di vista delle risorse economiche ma costa tantissimo dal punto di
vista delle risorse umane, perché bisogna che ci sia tanta gente che lavora a questo progetto, perché
non basta dedicare un funzionario qualche ora a settimana a questo progetto. Così non funziona,
non decolla, non va bene così.
Bisogna entrare nell’ottica per cui ci sia davvero una rete di persone che lavorano su questo
altrimenti non decolla, non si radica sul territorio.
La famiglia ha bisogno di competenze mediche, competenze educative esterne, ma deve esserci una
reciprocità.
….
I fatti di Torino accaduti in questi giorni, li avrete sentiti tutti ai telegiornali e poi sui giornali sono,
al di là dello sdegno ovviamente che è la prima cosa che ci viene, fanno riflettere tanto, e anche noi
a Collegno che facciamo tutte queste cose, questi progetti, abbiamo il Centro, ed è frequentato, cioè
non lasciamo per strada nessuno, ci siamo chiesti: ma che differenza c’è tra una scuola di Torino e
una di Collegno? Poi, guardate, quella scuola non è una scuola di periferia nel quartiere per così
dire più sfigato dell’universo dove ci sono persone che hanno più difficoltà di altre, è una scuola
normalissima dove - non so se avete sentito il preside dire che i ragazzi hanno complessivamente
dei buoni voti, un buon rendimento, nessun problema comportamentale, cioè la classica classe
normale. Ma se quelle sono le classi normali allora quelle classi ce l’abbiamo tutti perché non è che
possiamo pensare che lì ci sono i ragazzi peggiori del mondo , ci sono ragazzi come sono gli altri,
come ci sono anche a Collegno. Noi ci siamo detti: cosa possiamo fare? Siamo convinti che a casa
nostra non potrebbe succedere mai? Onestamente…ci siamo preoccupati.
Perché è una di quelle cose che succede talmente vicino a te che ti fa di nuovo mettere comunque in
discussione, poi certo io sono abbastanza convinta che non possa succedere, ci mancherebbe, e non
ho sentore che accada, guai.. però proprio metterci la mano sul fuoco, sono sincera, proprio non lo
farei. Per cui abbiamo immaginato anche col sindaco, di fare un percorso, riflessioni, documenti,
incontri perché non si può sorvolare su un fatto come quello. Poi io ho letto, come avete fatto voi,
quali sono state le punizioni per questi ragazzi, per carità le punizioni sono giuste, ma è sufficiente
quella roba lì? Non lo so. Io mi sono chiesta se si è fatto tutto quello che si doveva fare nei
confronti di un atto come quello, ecco. Sinceramente non mi ha soddisfatto, ma non perché penso
che le punizioni nei confronti dei ragazzi non ci dovessero essere, anzi .. Ovviamente un percorso
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educativo è più interessante di qualsiasi altra cosa. Ma gli altri ragazzi, non so se avete sentito anche
voi quella trasmissione di 10 minuti con gli altri ragazzi, allora c’era lì lo psicoterapeuta, ma gli altri
ragazzi come l’hanno vissuto poi il fatto e poi anche la punizione? Gli altri ragazzi coetanei a volte
ritengono più importanti i commenti dei loro coetanei che non le punizioni che gli arrivano dagli
adulti, cioè le accettano perché sono obbligati ma considerano più interessanti i commenti dei loro
coetanei. E a me ha fatto pensare: allora i ragazzi nostri che cosa pensano? Che quelli lì sono degli
eroi che poi alla fine sono stati puniti o invece hanno capito la lezione? Io sinceramente non ho una
risposta, però la cosa mi ha veramente preoccupato.
Non credo di dovermi intrattenere proprio sulle pratiche di questo progetto perché comunque credo
che le conosciate insomma: le narrazioni, le pubblicazioni, poi le ha anche prima dette il vostro
Assessore.
Mi piaceva un po’ di più fermare l’attenzione su quello che è l’obiettivo.
Allora il nostro intento, che sta anche alla base di questo progetto, è quello di promuovere la
centralità delle persone. Nel nostro programma elettorale il titolo è : al centro il cittadino, per cui
noi siamo rimasti coerenti con questo ragionamento, con attenzione alle sue potenzialità, cercando
di valorizzare le possibili realizzazioni, dando visibilità alla partecipazione e al protagonismo
sociale, costruendo quindi un po’ alla volta e con concretezza una prospettiva vera per la
realizzazione di ciascuno. Contemporaneamente cercando di costruire una nuova comunità che a
volte chiamiamo Comunità educante. Io trovo che sia un obiettivo molto ambizioso parlarne in
questi giorni, io credo che quei fatti siano fatti isolati, io credo che siano frutto di una comunità che
ha pregi e difetti, dunque quella roba lì nasce dal nostro modo di vivere oggi.
Le parole chiave sono quindi: partecipazione, protagonismo, concretezza, realizzazione
dell’individuo, e quindi c’è questa logica per cui tutto questo rientra nel principio di sussidiarietà.
Io aggiungo nel senso più nobile del termine perché a volte si rischia di cadere nel tranello o
nell’ipocrisia pensando che si possa usare il principio di sussidiarietà per giustificare una riduzione
del ruolo dei soggetti pubblici nell’erogazione dei servizi. Non è questo che voglio dire, guai, la
sussidiarietà in questa prospettiva ha un significato riduttivo perché significa privatizzare i servizi
oppure esternalizzarli in una logica che è squisitamente di mercato che non mi interessa , non
condivido e quindi non vado certo a promuovere.
Per quanto mi riguarda invece è individuare due cose in questo percorso che è un fatto riconosciuto
nella Costituzione: il primo è che implicitamente le amministrazioni pubbliche non hanno più il
monopolio della tutela dell’interesse pubblico. La seconda è che legittima formalmente il cittadino
ad uscire dal ruolo passivo di utente. E allora se bisogna diventare soggetti attivi che si prendono
cura dei beni comuni, tra cui i diritti dell’uomo, allora questo progetto ci sta eccome.
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Il senso è un po’ questo e questa interpretazione secondo me ci aiuta nel senso che è un modo
nuovo di essere cittadini, supera ovviamente la concezione pubblicistica nel senso tradizionale del
termine e apre la strada a una forma di collaborazione offerta dai cittadini alle amministrazioni che
da sole non riescono a far fronte ai problemi di oggi, che non sono secondo me più complessi di
quelli di cinquanta anni fa, però probabilmente ci sono più aspettative, e meno male mi viene da
dire. Una volta si sapeva che l’amministrazione pubblica doveva mettere insieme tutte le regole,
garantire certi servizi, doveva farlo, era compito suo e i cittadini si prendevano quello che c’era.
Adesso non è più così, però secondo me è un modo di legittimare un ruolo del cittadino, che non è
più cittadino passivo ma cittadino attivo e quindi in qualche modo viene riconosciuto ufficialmente
e viene valorizzato da questo punto di vista. In fondo cittadini attivi sono persone che si assumono
nei confronti della collettività doveri ulteriori rispetto a quelli che comporta normalmente lo Stato
sul cittadino perché cercano di dare risposte non solo a propri problemi ma anche ai problemi degli
altri, che è straordinario. Allora questo modello di amministrazione condivisa fondata sulla
collaborazione tra istituzioni e cittadini secondo me esiste già nei fatti, in amministrazioni come la
nostra e come la vostra esiste sicuramente, questo progetto lo convalida, lo struttura un po’ di più e
questo progetto sta proprio dentro questo ragionamento dal mio punto di vista. Per cui ci aiuta
anche a riconoscere un percorso che sta un po’ nelle menti di tutti ma non è così concreto.
E’ un lavoro che viene già svolto da tantissime persone perché tutti coloro che fanno volontariato
stanno già facendo questo in fondo. Tra tutte queste persone ci sono i nostri genitori che ci
raccontano le loro storie, che sono disposti a raccontarcele, anche a farcele pubblicare e anche a
condividerle con altri, che anche questo non è scontato, non è obbligatorio, è un percorso di
maturazione che avviene in un percorso di crescita dal mio punto di vista.
Allora tutto questo per dire che essere cittadini attivi oggi è uno dei modi in cui si realizza una
partecipazione alla cosa pubblica di tipo nuovo, che affianca agli strumenti di democrazia
rappresentativa una forma di partecipazione che si realizza nella vita di comunità, fuori dalla sfera
politica ma accanto ad essa, che collabora con essa e che non gli è ostile, non è estranea, ed è di
nuovo un pezzo che per uno che fa politica è importante, perché sono secoli ormai mi permetto di
dire che la gente guarda alla politica con un bel po’ di diffidenza, e questo non fa piacere per uno
che la politica la fa tutti i giorni, seppure in una forma semplice, senza enfasi e pretese, ciascuno
con i propri limiti, ma insomma mi piacerebbe anche vedere un po’ più di fiducia e ogni tanto ti
piacerebbe che qualcuno ti venisse a dire: Guarda, avete fatto trenta e ci avete preso, per far
trentuno ci vorrebbe questo passetto qua, fatelo e siete a posto. Di solito funziona al contrario, se
avete fatto trenta bisognava far trentuno per cui non va bene niente di quello che avete fatto, se poi
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per caso non ci avete preso per niente perché accade, purtroppo accade, allora chissà cosa siete
venuti a fare in questo luogo, dovevate stare a casa, insomma la sintesi è questa….
Io chiudo questo intervento con un’ultima considerazione, l’occasione di oggi è uno dei momenti in
cui si vedono i risultati concreti, i risultati tangibili di un lavoro a cui hanno partecipato tante
persone, che credono in questo progetto, che lavorano perché si diffonda e che si sviluppi, e allora a
voi che avete mostrato questo interesse e questa condivisione, vi spingo a chiedere di parlare con
altre amministrazioni e magari anche con la Provincia se ne avete modo e la possibilità , e con altre
amministrazioni locali, di cercare di coinvolgerli in questo ragionamento. Perché, ripeto, è
importante la partecipazione delle famiglie, di tutti i cittadini, delle associazioni, ma è fondamentale
che gli Enti Locali si prendano degli impegni .
La costruzione di questa rete di cui parlavamo prima è un passo importante, è un passo che può
crescere parallelamente al diffondersi del progetto in ambito cittadino. Nella misura in cui cresce la
rete si struttura meglio il progetto, e possiamo anche avere l’ambizione di proporre il progetto in
ambito nazionale, sarebbe ora di farlo però secondo me bisogna costruire ancora un pezzettino, sono
dell’idea che le amministrazioni locali devono crescere, si deve crescere numericamente, si deve
diffondere di più sul territorio, si deve strutturare come vera rete. Grazie mille.
RIZIERO ZUCCHI
Toccava a me fare il prossimo intervento, oltre che fare da tramite fra i vari interventi.
Volevo fare un’osservazione. Tutto sommato sia l’Assessore Francini di Castagneto che l’Assessore
Manzi di Collegno stanno già facendo politica in modo diverso perché non si occupano più solo di
problemi generali, ma si occupano anche di problemi particolari, e quindi ci interessano
diversamente. A me ha molto colpito che l’Assessore Manzi non abbia tralasciato il problema
grosso che è avvenuto a Torino di cui noi siamo responsabili, siamo vicini. Quindi il discorso di
assunzione di responsabilità. E’ successo una settimana fa e tutti ne abbiamo parlato, io credo il
dovere è di dire come risponde la pedagogia dei genitori a questo problema concreto. Risponde
attraverso quella che è un’assunzione di responsabilità e attraverso la prevenzione. Intanto noi
dobbiamo renderci conto che noi viviamo in una società dove viene dato spazio alla spazzatura e
all’albero che cade, tutto questo fragore fa in modo che sembra che tutti siano colpevoli, genitori,
scuola, e non è assolutamente vero, ma a quella che è la foresta che cresce no. Allora questo libro,
dal titolo “Conoscere l’handicap, riconoscere la persona. La pedagogia dei genitori”; questo libro
pubblicato dal CESVOT è una foresta che cresce e il CESVOT ha dato spazio a questa foresta che
cresce e gli dà visibilità. Io penso che lo scopo nostro non sia quello di andare a evidenziare la
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spazzatura che dovrà essere eliminata, ma deve crescere quello che è l’oro, quindi dobbiamo essere
cercatori d’oro. Quindi le esperienze che qua troviamo sono le esperienze di genitori che hanno
messo come la maggior parte dei genitori all’onor del mondo le loro esperienze. E allora io credo
che l’ente locale, il CESVOT, Siena, l’associazione Sesto Senso hanno fatto molto bene a
pubblicare questo libro e questo sarà il libro di testo per i volontari, credo che sia molto importante.
Credo che sia altrettanto importante il fatto che Ilio e l’Amministrazione Comunale abbiano dato
spazio ad un uso positivo della televisione. E’ una cosa orribile che a questi ragazzi di Torino sia
stata tolta l’educazione, siano stati tolti per un anno dalla scuola e dall’educazione, loro hanno
bisogno di educazione e hanno bisogno di educazione sia familiare che scolastica, dell’ASL , degli
enti locali, tutti assieme a dare spazio all’educazione.
Riprendiamoci l’educazione, questo vuol dire pedagogia dei genitori. E’ chiaro che si parte dal
più basso livello, da quando il primo uomo si è collegato alla prima donna per educare il primo
bambino, riprendiamoci l’educazione. Ma riprendersi l’educazione vuol dire, io credo che Ilio e
l’Amministrazione hanno fatto molto bene a dire: si può usare bene il video, e c’è un sociologo
Franco Ferrarotti che dice: “il secolo che ci ha preceduto è stato un secolo senza educazione”. Cose
che da noi il telefonino, i videofonini, non sanno cosa farne, e allora la noia produce l’assenza di
pedagogia. C’è una frase molto bella di Goya che dice: “Il sonno della ragione genera mostri”.
Beh, il sonno della pedagogia genera patologie. Il discorso che noi facciamo è: colleghiamo la
scuola alle famiglie? Colleghiamo scuola, famiglia, sanità col collegamento dell’Ente locale?
Mandiamo, come fa Collegno ma anche come ha fatto Castagneto, i genitori che vadano nelle
scuole a parlare di genitorialità, che si pensi a un certo momento che non è vero che un bambino se
al di fuori della famiglia è figlio di nessuno, siamo figli di tutti, dobbiamo educarli tutti.
Io ho la fortuna di venire da una società contadina in cui tutti mi rimproveravano, l’ho detto spesso,
una delle mie passioni era quella di calpestare il trifoglio perché mi piaceva correre a piedi nudi sul
trifoglio fresco, ma c’era sempre un contadino che mi prendeva per le orecchie e mi rimproverava, e
questa è l’educazione collettiva.
Una cosa che si fa a Collegno nell’ambito dei condomini, è che ci si ritrova almeno una volta
all’anno a mangiare assieme. E’ quello che si fa anche a Castagneto. E allora vuol dire riprendere la
vita dell’educazione, la dignità dell’educazione, ma riprenderla attraverso delle narrazioni concrete
e mettendole a disposizione, nelle scuole ad esempio i genitori vanno di classe in classe a raccontare
come hanno allevato i loro figli. Credo che allora si insegna anche ai ragazzi a usare bene il video,
perché il video che noi vedremo alle 18.00 è un video splendido e guardate che invece il video
girato dai ragazzini di Torino riproduce al 90% quello che voi vedete alla televisione. Non sono nati
da zero, sono nati da questa cultura qua, noi bisogna proporre una cultura diversa.
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Allora a Collegno noi abbiamo proposto all’Amministrazione Comunale di mettere in piedi una
situazione in cui noi si impara a fare video diversi, infatti abbiamo chiesto ai ragazzi del DAMS che
facessero dei video diversi e hanno fatto dei video molto belli che abbiamo presentato un anno fa in
cui si spiegava quelle che sono le diverse abilità, perché partiamo da chi ha problemi, da chi in un
certo momento è una risorsa, giustamente si parla di diversa abilità o di handicap come risorsa
perché sono loro che ci insegnano. Allora il problema ritorna proprio al discorso di valorizzare
quelle che sono le diverse abilità e fare in modo che ci sia un uso diverso del video.
Questo anno io spero che vada avanti questo progetto, lo stiamo formalizzando, quest’anno il
DAMS – il Dipartimento di arte e spettacolo dell’Università di Torino si è collegato con la città di
Collegno, sono apparsi tutta una serie di video in qui c’era il DAMS da una parte e la città di
Collegno dall’altra e si è insegnato a fare video diversi.
Questi ragazzi hanno fatto sette video sul valore della famiglia che sono eccezionali, allora io credo
che sia questo lo strumento.
Dobbiamo educare il mondo, e quindi assumiamoci anche questa responsabilità, noi il prossimo
anno proporremo ai ragazzi del DAMS di lavorare con il Comune di Collegno ma anche con il
Comune di Castagneto per proporre proprio questi video diversi, perché vogliamo dare delle
occasioni. E guarda caso proprio una delle risposte che dà la pedagogia dei genitori si sta
sperimentando ultimamente a Bolzano, non si parte dal negativo ma si parte dall’educare una
comunità, allora nell’istituto di Bolzano andranno i genitori a proporre quelle che sono le loro
narrazioni, si chiederà ai ragazzi di raccontare di loro stessi, dei lati positivi, di raccontare le loro
poesie, fare in modo che nasca quella comunità educante che diceva prima l’Assessore.
Certo a distruggere ci vuole un secondo, a costruire ci vogliono anni, ma noi siamo dei costruttori
come genitori, come ASL, come enti locali, io credo che questa sfida della costruzione concreta di
una società educante ce la prendiamo tutta. E ci prendiamo anche la responsabilità comune di dire:
quel ragazzino siamo noi, quando ad un certo momento gli abbiamo dato in mano degli strumenti
senza insegnargli in modo positivo. A queste famiglie non possiamo gettargli la croce addosso,
siamo tutti genitori, io non dimenticherò mai, JFK diceva: “Siamo tutti berlinesi” . Allora noi siamo
tutti quei ragazzi lì, assumiamocela questa responsabilità, ma ce la assumiamo in modo attivo
facendo in modo che nelle scuole ci sia il collegamento con la famiglia.
Io sono molto felice che oggi siano presenti la Signora Pina, che ci sia il maestro Michele, che ci sia
Fiorella, che ci sia Aurora, che ci sia Ilio, che hanno dimostrato in che modo la famiglia si può
collegare con la scuola per creare una comunità educante e mi fa molto piacere che attorno a questo
tavolo ci siano assessori come Francini di Castagneto o Manzi di Collegno che ci danno una mano.
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E che ci sia - questo è molto importante - una sanità che comincia a diventare diversa, che cominci a
pensare che la salute è problema di tutti, e quindi il discorso della Società della Salute.
Io insegno alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e alle infermiere l’ultimo corso che ho fatto era
“Dalle cure materne alle cure ospedaliere” sottolineando che la cura dei genitori, se viene insegnata
alle infermiere o a i medici, diventa una cura di altissimo livello, se la professionalità dei genitori è
fatta propria anche dai medici e dagli infermieri è un’altissima professionalità.
In America sta nascendo la sfiducia nei confronti della medicina, le casse delle assicurazioni
mediche sono vuote. Alla Columbia University c’è un corso in cui genitori di bambini handicappati
e malati narrano il loro percorso perché i medici e gli infermieri devono imparare ad ascoltare
perché il 30% degli errori medici nascono dal fatto che non si ascoltano più i pazienti e allora siamo
una galassia di analisi cliniche e non c’è più la persona. Riprendiamoci questo concetto di persona,
io credo che anche la medicina stia facendo un grosso percorso. Nel 2001 l’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha previsto l’ICF (International Classification of Functioning) che vuol dire
non partiamo più solo dal disease, dalla malattia, ma partiamo dal funzionamento. E noi diciamo:
chi è esperto di funzionamento se non i genitori? E vedremo dei modelli, vi proporrà probabilmente
Enrico Barone, in cui i genitori sono testimoni del funzionamento e allora accettiamo la sfida che
proponevano i due assessori: noi non ci tiriamo indietro, non siete più da soli, la politica sta
cambiando sul serio e forse voi avete avuto l’acutezza e l’intelligenza di capire che qualcosa sta
cambiando, che la gente ha voglia di partecipare, e chiamiamo come primi testimoni i genitori,
facciamo in modo che l’educazione venga messa al primo posto in una società educante, come la
Società della Salute.
Io vi chiedo scusa perché questi sono temi che a me toccano molto. Credo che non sia più la
politica di una volta dove si decidevano solamente le cose concrete, ad esempio l’area fabbricabile,
un ponte…, meno male, credo che il Centro Documentazione che è a Collegno e che nascerà a
Castagneto, voglia dire: occupiamoci di persone, occupiamoci delle cose belle che fanno queste
persone, diamogli visibilità anche mediatica e questo si sta facendo.
Io spero, lo propongo, magari una serata potrà essere quella di presentazione dei video che hanno
fatto questi ragazzi del DAMS in modo che si faccia vedere ai ragazzi come si usa bene il video.
Questo l’abbiamo imparato bene anche da Ilio e da voi. Poi lo vedremo alle 18.00.
Credo che dopo di me debba intervenire invece la Professoressa Moletto che darà indicazioni sui
principi della pedagogia dei genitori, se ne è parlato tanto e bisognerà anche sentire concretamente
che cosa è e veder come può essere applicata concretamente nella scuola.
AUGUSTA MOLETTO
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Io vorrei cominciare questo intervento leggendo alcune righe tratte dal libro che più volte è stato
citato questa sera ed è la mamma di Pietro che scrive.
“A gennaio scorso navigando su internet sono inciampata nella pedagogia dei genitori e mi sono
iscritta all’incontro “Tutti in viaggio” che si è tenuto a Torino. E’ stato bellissimo vedere validato
scientificamente il bisogno di comunicare esperienze che in svariate occasioni mi aveva portato a
raccontare agli insegnanti di Pietro e al gruppo di lavoro episodi della nostra vita e momenti
importanti densi di significato che a detta degli stessi insegnanti in un primo momento li avevano
spaventati, quasi scioccati, trovati troppo personali, ma ragionandoci sopra a posteriori avevano
aperto loro nuove prospettive, nuovi punti di vista da cui considerare l’approccio col bambino”.
Io credo che questa può essere considerata una definizione di pedagogia dei genitori: dare spazio a
quelle emozioni e a quei sentimenti nei luoghi e nei tempi dove spesso non ci sono, non c’è
l’ascolto e non c’è lo spazio.
Pedagogia dei genitori è uno strumento a portata di mano che può essere utilizzato da tutti gli
operatori che hanno a che fare con i rapporti umani. E’ uno strumento basato sulla narrazione,
quando c’è qualcuno che narra presuppone che ci sia qualcuno che ascolta. E allora subito c’è
questo rapporto che è un rapporto di scambio, infatti chi ascolta può a sua volta narrare. E’ una
metodologia che ha 3 momenti fondamentali, sono già stati ricordati dall’Assessore ma li riprendo
perché credo che siano importanti:
- la raccolta delle testimonianze. Un primo momento è il racconto e chi ascolta deve ascoltarlo con
molto rispetto e interesse, si deve anche immedesimare con chi racconta. Il primo momento è molto
spontaneo però comunque richiede anche una riflessione che si fa più approfondita nel secondo
momento quando c’è la pubblicazione, che presuppone un momento di scrittura, c’è una maggiore
riflessione e avviene anche quello che Paolo Freire chiama coscientizzazione.
Alla pubblicazione segue la diffusione, per fare in modo che più persone vengano a contatto con i
valori della pedagogia dei genitori.
- La seconda azione è di fare in modo che i genitori, con la loro narrazione dei percorsi
integrativi che hanno fatto con i loro figli, diventino formatori degli esperti che si occupano di
rapporti umani. In questa formazione il genitore diventa un esperto, un esperto del proprio figlio
perché non c’è nessuno meglio del genitore che possa conoscerlo e diventa un esperto tra gli esperti.
- La terza azione è la ricerca ed è un momento importantissimo ed anche questo è un momento di
ricerca che stiamo facendo tutti insieme, ed avviene con uno scambio di esperienze, in seminari, in
convegni , avviene anche attraverso le pubblicazioni.
Quali sono i valori della pedagogia dei genitori?
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Il primo è la pedagogia della speranza. Tutti i genitori sperano che i propri figli si realizzino nel
tempo e nello spazio, in un tempo lungo ma anche al di fuori della famiglia.
La pedagogia della fiducia. I genitori hanno fiducia che il proprio figlio supererà giorno per giorno
tutte le difficoltà che incontra nel suo percorso
La pedagogia della responsabilità. I genitori si prendono la responsabilità dei figli, fanno delle
scelte responsabili e ne rispondono di fronte alla società.
E’ la pedagogia dell’identità. Nella famiglia i genitori e i figli si riconoscono in qualsiasi momento
della loro vita. Sanno che su di loro ci possono contare.
Ed è ancora la pedagogia della crescita. I genitori hanno davanti a sé tutto il percorso di crescita
che hanno fatto e che comunque c’è.
Il papà di Federico, Federico adesso ha 20 anni, e il papà dice: Vorrei che gli insegnanti che hanno
avuto Federico alla scuola materna e alle elementari lo vedessero adesso, perché allora non
vedevano i risultati della loro azione, adesso li vedrebbero. E il genitore ce l’ha davanti a sè questo
percorso che comunque è di crescita, qualsiasi siano le situazioni.
Questi valori sono poi esaltati quando ci sono dei problemi, delle difficoltà, quando nasce un bimbo
in situazione di handicap, allora se pensiamo alla speranza di un genitore quanta speranza deve
mettere un genitore quando alla nascita del proprio figlio gli vengono date delle diagnosi molto
infauste.
C’è Claudio Imprudente che dice: Io sono un geranio perché quando sono nato hanno detto a mia
mamma che ero un vegetale!
Non so se conoscete Claudio Imprudente e penso proprio che un vegetale non lo sia perché lui è il
presidente del Centro di Documentazione Handicap di Bologna, va in giro per tutto il mondo a fare
conferenze, anche se non parla.
Quanta fiducia devono dare i genitori ai propri figli, avere nei propri figli quando la fiducia viene
tolta loro dalle affermazioni di certi esperti, del tipo…. io come insegnante devo dire che anche a
scuola le ho sentite certe affermazioni come: “Suo figlio signora non ha la nozione dello spazio e
del tempo, non conosce il valore del denaro”.
Poi io ho avuto una esperienza di questo genere, quando una ragazza è stata messa nelle condizioni
di usarlo il denaro, è andata a fare uno stage in un negozio lei è voluta andare alla cassa, la
proprietaria del negozio l’ha lasciata. Era una ragazza che non sapeva leggere e scrivere ancora e
non aveva la cosiddetta “cognizione dell’uso del denaro”, e la testimonianza della titolare del
negozio è che Paola non ha mai sbagliato a dare il resto. Quindi il valore del denaro quando sono
stati messi in condizione di usarlo, poi l’hanno imparato, l’hanno appreso.
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Quanta ancora identità devono dare ai loro figli i genitori al di là delle categorizzazioni che spesso
siamo abituati a fare! Mi ricollego ancora alla mia esperienza di insegnante, spesso a scuola
diciamo: “nella mia classe c’è un autistico, un cieco, un sordo”, non li chiamiamo mai per nome,
per i genitori loro sono Francesco, Maria e conosciamo anche quello che ha scritto un papà
pensando alla sua figlia: chiamatemi per nome.
Quanta ancora responsabilità devono avere i genitori quando sono di fronte a delle scelte molto
importanti, come quelle di intraprendere un protocollo di riabilitazione piuttosto che di far fare
un’operazione o no e sono delle scelte molto difficili. Allora a questi valori danno spazio le
narrazioni dei genitori, attraverso le loro storie questi valori traspaiono e vengono anche trasmessi a
chi li legge e a chi li sente.
Pedagogia dei genitori, questa metodologia è già parecchi anni che viene portata avanti in diverse
parti in Italia ma anche all’estero è stato un progetto europeo, e ha dato anche dei risultati, degli
strumenti concreti che tutti possono mettere in atto. Uno di questi è quello che noi abbiamo
chiamato “Con i nostri occhi” e sono le presentazioni che i genitori fanno dei loro figli. La prima,
questa credo risale al 2001, questo libricino ed è la presentazione che una mamma scozzese ha fatto
della sua bimba.
Anche in contrapposizione con tutte le definizioni mediche che venivano fatte per Francis, quando
uno legge queste definizioni, queste patologie che ci sono in realtà per Francis, io credo che il
minimo che possa fare è che si spaventi, perché c’erano una serie di difficoltà, di disturbi
nell’apprendimento, nell’alimentazione, nel sonno, paralisi celebrale, autismo, mentre la mamma
l’ha presentata in modo molto efficace e soprattutto dando degli strumenti: come approcciarsi a
Francis, in che modo Francis comunica, senza comunque nascondere le difficoltà, perché - dice -
Francis ha delle intolleranze alimentari e bisogna che sappiate cosa può mangiare, ha un’epilessia e
dovete sapere cosa fare quando ha un attacco epilettico, però dà anche degli spunti per cui un
insegnante o qualsiasi altra persona sa cosa fare con Francis per incominciare un percorso di
crescita con lei.
Penso che dopo ci sarà spazio per una mamma che presenterà la sua figlia attraverso una proiezione
e un libricino che il Comune di Collegno ha pubblicato nella Collana delle Politiche Educative. Ci
sono 3 libricini pubblicati fino ad adesso, il primo è la presentazione di due bimbe nel passaggio
dalla scuola elementare alla media, la seconda è una bimba potremo dire in situazione di handicap
grave, ma la mamma la presenta con tutte le sue potenzialità ed è stato pubblicato in occasione del
passaggio dal Nido alla Scuola materna.
Come spesso accade tutte le metodologie che vengono messe in atto almeno in pedagogia per tutte
le situazioni con difficoltà, poi si rivelano utili a tutti. Infatti la presentazione che i genitori fanno
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dei loro bimbi, si è vista che serviva a tutti e questo terzo libricino che il Comune ha pubblicato è
proprio la narrazione che i genitori fanno dei loro bimbi i quali fanno parte tutti della stessa classe,
tutta la classe che viene presentata anche qui nel passaggio dalla scuola materna alla scuola
elementare. Sono già pronte altre 3 pubblicazioni per cui insomma aumentano e credo che siano uno
strumento efficacissimo non solo per la scuola ma per tutti e da diffondere.
La pubblicazione delle narrazioni e anche del percorso, di tutto il percorso del progetto sulla
pedagogia dei genitori, avviene anche regolarmente sulla rivista Handicap e Scuola, ce ne sono
anche alcuni numeri a vostra disposizione se poi ne volete prendere. Da alcuni anni questa rubrica
documenta questo percorso e un altro strumento, lo voglio ancora ricordare, è questo libro
“Conoscere l’handicap, riconoscere la persona. La pedagogia dei genitori”, e poi magari ne parlerà
Gianni Scopelliti, perché possa essere anche diffuso fra tutti voi.
Io avrei finito ….
RIZIERO ZUCCHI
Io credo che voi abbiate avuto la dimostrazione di come l’ente locale, valorizzando quelli che sono i
giacimenti culturali positivi e quindi i percorsi educativi, faccia prevenzione.
Per me è importante introdurre l’intervento di Enrico Barone, che è il coordinatore nazionale del
Progetto Pedagogia dei genitori, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Persone Down e il
papà di Andrea e si presenta con orgoglio come papà di Andrea.
Io vorrei fare questa considerazione, voi vedrete la presentazione che farà Enrico di suo figlio.
Pensate, se quel ragazzo che è stato in fondo svillaneggiato con gli stessi strumenti che i ragazzi
quotidianamente vedono in televisione, pensate ad esempio a tutto il discorso dei vari reality show,
pensate alle offese che si danno eccetera, quindi i ragazzi hanno imparato bene. Allora il nostro
dovere come amministratori, come insegnanti, come medici, come pedagogisti, è quello invece di
favorire elementi positivi, allora pensate se in quella classe ci fosse stato un papà che avesse
presentato il figlio come lo farà adesso Enrico, non sarebbe successo, e noi sappiamo come durante
questi anni a Collegno questo è avvenuto, è avvenuto a Castagneto, cioè è avvenuto un’educazione
dei genitori fatta con la loro pedagogia, con molta semplicità perché i genitori sanno parlare al
cuore della gente, magari evitando paroloni difficili.
Io credo che questo sia l’unico modo per fare prevenzione, quello di presentare se possibile i
propri figli nel migliore dei modi, con gli occhi dei genitori.
ENRICO BARONE
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Scusate, stasera è stata usata parecchie volte la parola competenze, io bisogna che mi attivi un
attimo con le mie scarsissime competenze per far partire questo trabiccolo…(pc) Trabiccolo no, ma
siccome è più bravo di me allora io lo chiamo trabiccolo nel tentativo di offenderlo. Presentazione,
…Il trabiccolo risponde
Buonasera a tutti. Comincio con una osservazione, stasera abbiamo avuto la prova scientifica che la
metodologia della pedagogia dei genitori è assolutamente eccezionale, quasi oserei dire
miracolistica: nonostante abbiano parlato due assessori e siamo in orario, anzi in leggero anticipo, in
più i due assessori hanno parlato di cose concrete, che è già secondo me una prova tale che ci
permetterebbe di andare tutti a casa.
Mi tocca invece un po’ deludere il professor Zucchi che mi ha introdotto come papà di Andrea,
perché invece io avevo pensato di mettermi la giacchetta del coordinatore e di far finta di essere
coordinatore. Scoprirete però che sono un coordinatore-genitore e quindi Andrea c’è in buona parte
della mia presentazione.
Ieri sera eravamo a Siena e dopo vi racconterò anche perché, e Gianni accenna a un certo punto,
raccontava che durante l’incontro precedente, quello all’Istituto comprensivo di Siena dove
eravamo appena stati, lui aveva ad un certo punto avuto una specie di Blackout, tanto per citare
qualcosa di noto anche ad Ilio, e aveva avuto l’impressione, vedendosi sfrecciare davanti questo
treno della pedagogia dei genitori, di un oggetto velocissimo che in questi ultimi anni tutti insieme
abbiamo contribuito a spingere, che faceva non dico paura ma comunque era un oggetto
particolarmente impressionante. Io dovevo aver avuto la stessa visione nei giorni precedenti perchè
per questa sera avevo proprio pensato di fare una piccola memoria storica della storia della
pedagogia dei genitori, non nel tentativo di fermare il treno (perchè non lo vogliamo proprio
fermare), ma se non altro nel tentativo di fotografarlo mentre passa.
Anche ieri sera a Siena avevo iniziato il mio intervento con “La nostra Storia, la vostra storia”, ieri
sera però intendevo la nostra storia come genitore di Andrea, questa sera invece intendo la nostra
storia come gruppo di lavoro della Pedagogia dei genitori, che poi alla fine non cambia molto,
perché appunto il coordinatore e il papà di Andrea sono la stessa persona.
Il comitato per l’integrazione scolastica di Torino, nella Rivista Handicap e Scuola ha pubblicato
questo articolo che ora andrò a leggervi (vedi diapositiva
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seguente):
Mario Tortello in questo suo testamento ci aveva lasciato quattro indicazioni per lavorare:
Riprendiamoci la pedagogia
Pensami adulto
Partecipare per apprendere
Pedagogia dei genitori
Come vedete non a caso l’ultima indicazione è la pedagogia dei genitori.
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Io credo di poter anticipare una delle conclusioni di questa piccola memoria storica dicendo, avendo
anche la presunzione di dire, che il testimone da Mario abbiamo cercato di raccoglierlo e di portarlo
avanti in maniera degna. Anzi mi sentirei di dire che forse siamo andati più in là delle nostre stesse
aspettative, perché siamo rimasti nelle aule delle scuole, ma siamo riusciti anche a entrare anche
nelle stanze della ASL, siamo riusciti anche a entrare nelle stanze dei bottoni dell’ente locale, siamo
riusciti a entrare in tutti quei luoghi dai quali la qualità della vita dei nostri figli dipendono ogni
giorno.
Dicevano prima i due assessori, ed è una sensazione condivisa credo da tutti quelli che si sono
avvicinati alla pedagogia dei genitori, delle difficoltà iniziali nel capire l’idea, nel capire il progetto,
nel capire come questa idea si poteva tradurre in atti concreti.
Se voi pensate di avere delle difficoltà, pensate e ricordatevi il modo in cui il sottoscritto è entrato
in contatto con la pedagogia dei genitori: alle 4 e 30 del pomeriggio dopo aver parlato inglese tutto
il giorno con una delegazione di scozzesi che visitava Torino su un autobus che ci riportava da
Nichelino – una cittadina della cintura torinese in centro a Torino - Riziero Zucchi mi chiese di
tradurre in inglese per una mamma scozzese i concetti fondamentali della pedagogia dei genitori, di
cui io non avevo mai sentito parlare. L’impresa non era ardua, era totalmente impossibile, infatti io
credo di non essere riuscito a comunicare assolutamente niente alla mamma scozzese che mi
guardava con questi due occhi sconvolti. Ma nel pur vano tentativo di tradurre e di comprendere
sentii subito che c’era qualcosa di bello, che c’era qualcosa di interessante e qualcosa di giusto. Il
motivo non era difficile da capire ed è mio figlio Andrea, il motivo veniva dal fatto che sono un
genitore e che la pedagogia dei genitori, l’ha detto Gianni Scopelliti ad un certo punto a Siena – noi
facevamo pedagogia dei genitori in casa ben prima di sapere che si chiamava così, è stato lo stesso
per noi come è stato lo stesso per Ilio: è stato un sentire comune.
E’ stata però anche un’illuminazione per noi genitori il capire che quello che noi facevamo giorno
per giorno, la lotta che portavamo avanti giorno per giorno per cercare di educare il mondo aveva
un quadro pedagogico alle spalle che dava senso scientifico a tutto quanto.
Chi di voi ha conosciuto personalmente Andrea e Luca capirà che questa foto è di qualche anno fa,
è stata scelta perché appunto quello era il periodo in cui ci incontrammo per la prima volta con il
gruppo della pedagogia dei genitori. E nonostante Il mio sentire positivo verso l’idea della
pedagogia dei genitori e la totale incomprensione - devo ammettere, in quel momento - di cosa
effettivamente si trattasse di fare, ci lanciammo proprio in quei giorni con Riziero Zucchi e Augusta
Moletto nell’idea folle di farne un progetto europeo. A volte le idee folli funzionano e il progetto
europeo di cui avete già sentito parlare si concretizzò nel triennio 2001-2004.
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Di nuovo, se io mi metto a raccontare del progetto europeo e del perché è tanto bello, e che ha il
bollino del Socrates, diventa una chiacchierata trita e ritrita. Il progetto europeo è stata
un’esperienza umana estremamente positiva, ha portato come ha giustamente detto prima Augusta,
anche dei prodotti concreti, dei prodotti che poi noi genitori italiani abbiamo potuto riutilizzare con
profitto nelle nostre scuole e questo sicuramente è un fatto importante. Ci ha portato a conoscere
delle realtà anche lontane e diverse dalle nostre sia dal punto di vista della gestione dei servizi sia
dal punto di vista proprio dell’approccio alla diversabilità, ma soprattutto e non voglio sminuirlo,
anzi voglio proprio dargli valore, è stato un modo di stare insieme. è stato un modo di stare insieme
alle mamme francesi, alle mamme scozzesi, di sentire il loro sentire e di rendersi conto di come si
poteva lavorare insieme.
Tutto questo che sembra già su larga scala - partiamo dalle isole Orcadi e arrivavamo fino a Brindisi
– e quindi erano parecchi chilometri in termini di geografia, in realtà fatto da quattro gatti come
vedete, ossia in Italia: dal Comitato di Torino che per primo si era fatto promotore dell’idea, da 2
sezioni dell’associazione di cui sono stato vice presidente cioè l’ AIPD Associazione Italiana
Persone Down e da un’Associazione integrazione di Villarella che è un paese vicino a Vicenza, più
un paio di organizzazioni scozzesi e una francese. In realtà questi erano i partner ufficiali del
progetto ma l’altro jolly costituito dal progetto fu che ci permise di rinsaldare e di costruire i
rapporti e quindi allargare la rete con due personaggi che probabilmente conoscete abbastanza bene.
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Uno è capitano Mezzabarba (al secolo Ilio Musi), e il secondo più sobriamente - come si compete
ad un cardiologo - il Dott. Gianni Scopelliti.
Questo è un classico esempio dell’handicap che è una risorsa, io nel computer avevo solo queste
due foto di Ilio e di Gianni e dovevo inventarmi qualcosa per descrivervi.
C’è però un’ osservazione che possiamo fare su queste due foto, partendo dal capitano. In queste
due foto mancano delle persone. Ilio poveretto è totalmente solo, quindi gli manca tutto il resto di
quel mazzetto di legnetti - la sua famiglia - che lo rende così forte, e manca (non me ne voglia Ilio)
il resto della sua famiglia, manca l’elemento trainante della famiglia che è Elita.
Perché l’Handicap è una risorsa? Perché questa frase che spesso chi è fuori di questa stanza e
probabilmente i ragazzi della scuola di Torino farebbero fatica a comprendere. Elita è una risorsa
per i suoi, perché se non ci fosse stata lei, io credo di non offendere nessuno – forse voi non vi
sareste attivati così. Io lo posso dire, se non ci fosse stato Andrea, noi forse anzi sicuramente non ci
saremmo attivati così.
Elita è attualmente una risorsa per il Comune di Castagneto Carducci, ma lo è nel concreto, perché
se non ci fosse Elita, il Comune forse non si sarebbe deciso a seguire questo tipo di strada.
Anche con degli amministratori competenti, disposti e culturalmente preparati, si potevano
intraprendere una strada di gestione dei servizi forse utile, ma che non avrebbe avuto questo tipo di
impronta. Lo dobbiamo alla famiglia Musi ma non perché la famiglia Musi è brava, perché la
famiglia Musi ha trasformato un problema in una risorsa. Il Comune è stato altrettanto intelligente a
trasformare la famiglia Musi in una risorsa. E’ già stato detto prima questa sera. S riuscissimo tutti
dalla scuola all’ultimo portantino dell’ASL, a lavorare in questa maniera credo che le nostre qualità
di vita sarebbero migliori.
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Nella foto di Gianni manca solo Benedetta che però sappiamo tutti che non manca, perché è sempre
con noi e credo di non offendere Gianni se dico che anche lui è un medico migliore perché c’è stata
Benedetta.
Il progetto europeo è stato se non l’occasione per conoscere queste persone perché ci saremmo
conosciuti comunque, è stata l’occasione per lavorare insieme. E’ stata l’occasione di venire qui
all’istituto comprensivo di Donoratico a parlare a scuola per 3 giorni agli insegnanti dei nostri
ragazzi, è stata forse la prima volta in cui io ho raccontato Andrea agli insegnanti in una maniera
decisamente educativa, in un quadro formale, in un corso di formazione. E’ stato lo stimolo per
successive esperienze, che l’Assessore Francini stesso ha citato prima e che vedete raffigurate qui.
Parentesi quella gentile signora sulla sinistra ex sindaco del Comune di Castagneto mi risulta girare
attualmente dalle parti della Provincia, quindi se vogliamo raccogliere quell’invito a…
PAOLO FRANCINI . E’ stata invitata ma non è potuta venire, è comunque all’interno del percorso
ENRICO BARONE Ci credo perché la conosco ….
…
E grazie a Benedetta abbiamo avuto Briciole. E’ divertente, poi la racconti tu la storia di Briciole, il
libro non si intitola briciole, ma ormai lo possiamo chiamare familiarmente così.
Di briciole sentirete parlare da Gianni, vi dico solo una cosa che nelle immagini non c’è. Se non ci
fosse stata Benedetta ieri sera non saremmo andati a Siena all’Istituto comprensivo Angiolieri, a
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parlare e a raccontare - io in quella occasione, forse anche per quello Riziero pensava alla
presentazione di Andrea, io ho raccontato ieri sera Andrea, mio figlio, agli insegnanti dell’Istituto
Angiolieri. Insegnanti che ovviamente non vedranno mai mio figlio nella loro classe ma che credo
che abbiano imparato alcune cose.
Grazie ancora al progetto europeo abbiamo fatto anche un sito internet, si vive benissimo anche
senza siti internet, per carità, ma è di nuovo una finestra che ci permette di comunicare con il
mondo, abbiamo anche avuto contatti da molti genitori che ci hanno trovato su internet. Anche
questa è una maniera di fare rete e di collegarsi.
Però come vi dicevo il progetto europeo sono state le persone. Qui ho messo una foto di un
rarissimo giorno di sole in Scozia durante uno degli incontri internazionali, è stata un’esperienza
che ci ha permesso di portare anche alcuni dei nostri figli a partecipare al progetto, una esperienza
che al di là dell’ emozione che ha provocato ha di nuovo dato dei contributi concreti in termini di
apprendimento e di conoscenza.
Il progetto europeo è stato bello, adesso è finito, si è concluso come tutti i progetti, ma il treno della
pedagogia dei genitori per fortuna non si è fermato, anzi credo che abbia addirittura accelerato dopo
il progetto europeo.
Il progetto europeo come dicevo prima è stato un jolly, ci ha dato molte chiavi e ci ha aperto anche
alcune porte, ma tutti quanti hanno continuato a lavorare in modo tale che il treno corresse veloce.
Se volessi finire da coordinatore vi presenterei una diapositiva formale di questo genere, vi direi che
il progetto si è diffuso a livello nazionale e internazionale, contribuendo alla formazione, nei
rispettivi ambiti, di insegnanti, educatori, assistenti sociali, psicologi, medici, giudici e che
attualmente, numerose Istituzioni Scolastiche, Aziende USL ed Enti Locali adottano la metodologia
della Pedagogia dei Genitori per l’aggiornamento dei propri operatori.
Come vi ho già accennato abbiamo messo le mani in pasta praticamente dappertutto, messo le mani
in pasta - ricordatevi -come genitori, collegati al concreto. La battuta iniziale sul fatto di avere due
assessori che hanno parlato di cose concrete non era solo una battuta, hanno parlato di cose concrete
perché hanno ragionato con la stessa mentalità con cui noi ragioniamo tutti i giorni. Del progetto
europeo avete visto, ma siccome non posso fare fino in fondo il coordinatore, invece che dirvi tutto
questo credo che l’immagine più rappresentativa possa essere quella di Andrea.
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Sono state tante le vittorie che siamo riusciti ad avere, piccole e grandi, e io sono un po’ come
Riziero, non voglio fermarmi davanti agli episodi negativi che pure esistono e non vanno trascurati
ma non li sento come sconfitte perchè non voglio sentire il rumore dell’albero che cade, piuttosto
mi tappo le orecchie e preferisco distribuire “briciole” sperando che cresca qualcos’altro.
Ecco perché parlo di vittoria.
Però è anche vero quello che diceva ieri sera Maria Chiara.
Maria Chiara ha 12 anni adesso e noi con la nostra memoria storica ripercorriamo tutto quello che
successo, tutto quello che abbiamo fatto perchè cominciamo a diventare un po’ anziani, Maria
Chiara che ha 12 anni ha detto: “non dobbiamo pensare al passato, dobbiamo pensare al futuro”, E
mi sembra un’indicazione molto importante. E visto che pensiamo al futuro la diapositiva iniziale
che ho proiettato se vi ricordate era un po’ vuotina e allora ho pensato alla fine di appiccicarci tutte
le persone – tutte no non è corretto, alla fine ho rinunciato perchè non ci stavano più – una parte
delle persone singole e associate, come sta scritto nell’art. 118 della Costituzione – che ci hanno
dato una mano in questi anni.
Grazie.
RIZIERO ZUCCHI
Allora ringraziamo Enrico. Io penso che le proposte concrete che ha fatto Enrico siano importanti
però pensiamo che – abbiamo parlato di patto educativo scuola, famiglia e sanità.
Gianni non so a che titolo parlerà, perché è un padre, è un medico, addirittura è presidente della
consulta per disabili della provincia di Siena. Sta portando avanti un progetto del “Dopo di noi”.
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Credo che sia importante, e poi credo che stia lavorando per la diffusione della pedagogia dei
genitori come strumento per la realizzazione della Società della Salute e noi l’abbiamo pensato
sempre che prima o poi dovremo fare un collegamento fra la Toscana e il Piemonte perché questo
discorso dei cittadini che si impadroniscono della salute, credo che sia vitale. Non so a quale titolo
però credo che sarà importante ascoltarlo perché quando lui parlerà ci dirà anche come ha proposto
questo libro che per noi è preziosissimo, perché noi pensiamo che se questo libro diventasse anche
un libro di testo per i nostri ragazzi - è un libro in cui si parla in fondo di come vengono allevati i
ragazzi in situazione di handicap, ma riguarda tutti i ragazzi - forse i ragazzi potrebbero anche
essere migliori.
GIANNI SCOPELLITI
Non è un caso che inizi con l’immagine dell’incontro della Pedagogia dei genitori che abbiamo
fatto a Siena con tutti gli altri genitori ed è quello appunto di Sant’Antonio il 4 di novembre.
Si è parlato tanto di treni che partono e di treni che arrivano, siccome si è parlato molto della
vicenda che è avvenuta a Torino e sinceramente mi ha molto scosso, mi ha scosso (contrariamente a
quello che è il comune sentire) a favore tra virgolette dei ragazzi che hanno fatto quello che hanno
fatto. Nel senso che mi fa paura un po’ questa società che tende comunque ad isolare o isola la
persona diversabile o isola i ragazzi che non si comportano in maniera corretta, ecc. Ha detto bene
Riziero prima: privarli dell’educazione credo sia la cosa più sbagliata di questo mondo, altrettanto il
fatto che la pena che è stata inflitta è quella di frequentare un ambiente in cui ci siano i diversabili,
non mi piace perché non è una pena e la cosa che non mi piace altrettanto è questo fatto di
sbarazzarsi di loro. E’ molto facile farlo, io avrei fatto più critica nei confronti di chi poi ha
pubblicato sul web tutte quelle immagini classificandole come cortometraggi divertenti, quelli non
sono stati messi… non lo so, forse in futuro lo faranno.
L’altra cosa che mi sarebbe piaciuta è che avessero interpellato Stefano – chiamiamolo così – e i
suoi genitori che tanto hanno creduto nel progetto di integrazione scolastica, perché altrimenti non
avrebbero mandato a scuola il ragazzo. Non lo so se l’hanno fatto. Però emergono sempre gli
elementi negativi , non emergono mai gli elementi positivi.
Io vi voglio soltanto leggere queste due righe, scritte dai ragazzi di una scuola elementare sulla
propria compagnetta di scuola:
“Lei vede sfuocato, sente belle emozioni, alcune volte ha paura, è dormigliona, alcune volte gli
garba il cibo, ha dei bei capelli marroni, è buona, se vuole fare tante cose non parla come noi, è
disabile. Lei vede il mondo un po’ diverso dal nostro, lei vede il mondo pieno di cose belle, di una
vita felice. A lei piace vedere il mondo dalla parte buona, felice ed armoniosa, lei vede il mondo
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come un amico fedele ed è contenta. Lo vede come qualcuno che sogna tante cose. Cara Benedetta,
tu ci hai insegnato molte cose, ci hai fatto capire che la vita anche se è brutta deve continuare, ci
hai insegnato a non prendere in giro le persone che soffrono, ci hai insegnato che per sopravvivere
dobbiamo aiutarci l’uno con l’altro”.
Queste sono testimonianze non di extraterrestri ma di ragazzi delle scuole elementari. Se noi
facessimo un’indagine statistica su quelle che sono le testimonianze dei ragazzi che sono i
compagni di scuola dei nostri ragazzi, avremmo altrettante testimonianze così positive.
Oggi vorrei offrire due cose, la prima è quello che diceva Riziero Zucchi, a Siena stiamo partendo,
stiamo partendo in provincia, stiamo partendo a Montepulciano con la Società della Salute, stiamo
partendo portando la pedagogia dei genitori. Ieri per noi si è realizzato un gran sogno in fondo,
perché la prima volta che abbiamo parlato di Benedetta nella scuola, è stato presentando una
relazione tutta nostra fatta semplicemente per una ragione: perché era l’ennesimo cambio degli
insegnanti di sostegno e allora abbiamo detto: ci vuole un po’ di continuità e questa continuità
facciamola noi, facciamo un po’ una relazione su chi è Benedetta, che cosa vuole, cosa pensa, come
ci si può relazionare con lei. Ne è passata di acqua sotto i ponti ..
Io avevo pensato di iniziare un po’ come ha fatto prima Enrico Barone, quindi salto tutto però dico
semplicemente che ha fatto effetto ieri, perché passare a parlare da quattro persone a 100 persone
come eravamo più o meno ieri, credo che faccia effetto a chiunque.
Che cosa offriamo noi come pedagogia dei genitori agli amministratori locali? Me lo stavo
chiedendo prima, io ringrazio il fatto che c’è anche Beppe Gugliotti che per la prima volta ne ha
sentito parlare tanto tempo fa in una riunione al Comune di Siena. Noi offriamo quello che noi
chiediamo alle amministrazioni locali, perché noi chiediamo alle amministrazioni locali ascolto,
però lo diamo e chiediamo alle amministrazioni locali progettualità ed è quella che offriamo.
Questo offriamo e la mettiamo a disposizione, è una progettualità a basso costo perché quello che
proponiamo è di essere agganciati a questo piccolo messaggio, cioè il messaggio di dire: io racconto
la mia storia e la metto a disposizione degli altri. E’ questa la nostra scienza, guai se si volesse
diventare dei giganti, siamo già dei giganti però abbiamo l’umiltà delle formiche.
Ed è questo su cui dobbiamo puntare. Ed è quello su cui qualche tempo fa mi sono confrontato con
Ilio, non bisogna mai dimenticarsi della gioia che ci danno le piccole conquiste quotidiane, le
piccole cose che abbiamo imparato dai nostri ragazzi, ed è quello che offriamo. Non è una
progettualità enorme, è una cosa piccolina, questo piccolino può essere utilizzato per farla diventare
una cosa grande, la rete esiste di già, questo è … noi genitori ci siamo messi in rete e questa rete già
esiste. Però io oggi , dopo aver parlato di questo, raccolgo l’invito di mia figlia.
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Cioè mia figlia l’altra volta alla presentazione del libro “Conoscere l’handicap, riconoscere la
persona. La pedagogia dei genitori” – pensavamo di aver fatto una gran cosa, a un certo punto la
sera quando ci siamo confrontati sulla giornata, mi ha detto: “Babbo voi parlate sempre di cose
passate, noi bisogna parlare del futuro”.
E quale è il futuro che voglio proporre alla Società della Salute di Montepulciano?
Ora io faccio andare queste immagini e ci parlo un pochino sopra. Questa è Benedetta, una bambina
a cui è stato detto quello che è stato detto. Cioè il fatto che non parlerà, non vedrà, non camminerà,
non potrà avere una vita autonoma, anzi sarebbe meglio che non ci fosse. Questa è Benedetta che
però a un certo punto dice: Ragazzi qui bisogna darsi un pochino una mossa, bisogna anche saper
sorridere alle cose.
Ecco, quello che vogliamo offrire alla società è questa capacità di sorridere, dietro la sollecitazione
di Maria Chiara ho pensato proprio a questo.
Che cosa cerco nel futuro? Che cos’è che mi da più tristezza? Il fatto che i ragazzi non ridono, non
abbiano gioia. Noi dobbiamo saper costruire, costruire che cosa? Costruire il sorriso.
In quel famoso intervento al Comune di Siena fui invitato da Lucia, mamma di Giuditta, che anche
lei è qui stasera insieme a noi, anche lei autrice di tante battaglie, a un certo punto lei mi disse:
Guarda c’è una riunione in Comune in cui si parla di handicap, vuoi intervenire?
Io intervengo, ad un certo punto prima di me parlavano il sommo rappresentante della CISL, il
sommo rappresentante di questa associazione, ecc.. Quando toccò a me io dissi: sono il
rappresentante di Benedetta perché per me è il 100% della popolazione, penso di essere
rappresentativo in questo senso qui. Però feci un’altra provocazione e la lessi da una brochure, ed
era questo: i ragazzi, tutti i ragazzi hanno diritto alla gioia e noi dobbiamolo interrogarci se
nella nostra società, nei nostri paesi, nelle nostre città, questo diritto alla gioia è garantito. Alzi
la mano chi si sente di dire che nella nostra società è garantito il diritto alla gioia di questi ragazzi.
Io credo che non ci sia questo.
In questo senso qui, allora come si costruisce la gioia? Come si costruisce il sorriso? Si costruisce
prima di tutto con l’integrazione scolastica. Si costruisce facendo sì che non ci siano più
barriere, ma non solo barriere architettoniche e chiaramente anche barriere mentali, si
costruisce facendo sì che le buone prassi vengano fuori finalmente che non ci si lamenti più
delle cose che non vanno, dei ragazzi che trattano male il compagnetto di scuola, perché quello
vuol dire semplicemente tenere ancora fuori i nostri ragazzi. Attenzione, perché sotto sotto c’è il
tentativo sempre di voler fare in modo che i nostri ragazzi vengano di nuovo messi da parte, perché
c’è una specializzazione su questo. Loro hanno bisogno dell’educatore, a un ragazzo a scuola nostra
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non viene cambiato il pannolone perché ci vuole l’educatore per cambiarglielo, ci vuole l’infermiere
specializzato per cambiare il pannolone di un ragazzo…
E allora le mamme su cui costruiamo, cioè vogliamo costruire la garanzia dei nostri ragazzi siamo
noi e siete tutti voi, sono i compagni di scuola, sono gli amministratori locali, sono le cose su cui
vogliamo puntare più di tutto. I progetti per il futuro sono proprio questi: noi facciamo come
associazione diverse attività e queste attività sono il teatro delle ombre, il linguaggio corporeo, la
musicoterapia, ma la cosa che mi ha dato più gioia è stata che è venuta una mamma e mi ha detto:
Oh! C’è stato Christian che si è stancato quanto un coso, è stato lì ad armeggiare e la sera è tornato
a casa si è infilato a letto e fino alla mattina dopo non si è svegliato.
Ecco io credo che come amministratori, prima Enrico ha parlato in una maniera tale che ha toccato
tutti, ha toccato soprattutto il sottoscritto, però... si disse una volta: come si deve parlare al
pubblico? Nessuno di noi c’era abituato, nemmeno io come medico, a me l’esperienza della
pedagogia dei genitori mi è servita per fare le presentazioni le varie cose…
Io dico sempre: io parlo come se avessi semplicemente davanti mia figlia, come avessi davanti
Maria Chiara, come tanti altri bambini.
Agli amministratori locali io dico questo: noi siamo insieme a voi quelli che possono essere
complici nel ricostruire il sorriso di questi ragazzi, cioè quando si fa qualsiasi cosa si tenga conto
veramente di questo, cioè di loro, del fatto che basta veramente poco per costruire un sorriso.
A Maria Chiara direi, che cosa cerca il babbo? (perché lei si è un po’ incavolata che siamo fuori
stasera, eravamo fuori ieri sera, la scorsa settimana, ecc. ) Che cosa cerca il babbo? Il babbo cerca il
sorriso dei ragazzi. Cioè quello che vorremmo fare è proprio questo, ragazzi che sono i compagni di
scuola, sono gli amici, il fatto che siamo sempre in viaggio, che nelle spiagge si possa finalmente
accedere come è successo a noi qualche anno fa. Finalmente nel ’93 abbiamo scoperto che c’erano
delle persone che ci volevano bene, queste sono le persone che ci volevano bene, sono ragazzi
dell’AIAS di Pistoia che organizza delle vacanze al mare degne di questo nome, in cui le mamme
possono fare semplicemente le mamme e non essere pedagogisti, non essere infermiere eccetera e
quello che cerchiamo era semplicemente questo fatto di essere tutti insieme, si scandalizzava la
spiaggia perché era la colonia più gioiosa di tutta la spiaggia di Marina di Massa questa. A un certo
punto passerà un disegno e anche lì vorrei semplicemente chiudere con questo, un disegno che
nostra figlia ha fatto con molta gioia, fece questo disegno insieme ai compagni di scuola, con le
mani e con i colori a dita e disegnò questo arcobaleno.
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Questa altre immagini invece sono un po’ le città di oggi dove si sta molto attenti al diritto alla
proprietà privata.
Fece questo disegno che si intitola “l’arcobaleno”, cioè si intitola, era un disegno, e i suoi compagni
di scuola che erano stati abituati dalla maestra a saperla leggere, cioè a saperla capire attraverso il
linguaggio degli occhi, ad un certo punto intrerpretarono, dissero: Benedetta che cosa vuol dire
attraverso questo disegno?
Ecco Benedetta con quel disegno voleva dire che lei è come un uccellino che chiede all’arcobaleno
di prestargli un po’ di colori, anche perché l’arcobaleno è molto vanitoso e allora gli chiede questi
colori e questi colori io credo insieme al sorriso dei ragazzi possano colorare veramente le nostre
realtà.
RIZIERO ZUCCHI
Io vi ringrazio e volevo presentarvi il video proposto da Ilio e la sua famiglia.
Diceva Gianni: questi ragazzi hanno diritto al sorriso, allora io dico: hanno diritto al sorriso anche i
ragazzi che quel giorno hanno svillaneggiato il ragazzo handicappato, hanno diritto al sorriso, io
penso che sia importante questo, credo che sia vitale il fatto che la risposta che la pedagogia dei
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genitori possa dare agli assessori è: facciamo in modo che siano gli alberi che crescono che vengono
messi in primo piano. Questo l’avete già fatto perché nel momento in cui avete pubblicato le
presentazioni dei genitori e avete dato spazio a Ilio.
Io credo che si sia permesso di dire a questi ragazzi che avevano imparato da noi adulti,
assumiamoci le nostre responsabilità, prendiamo quel video e paragoniamolo a quello che passa per
la televisione. Io credo che il dovere degli enti locali sia quello di dire: c’è un mondo che ha questi
colori e quindi i ragazzi devono imparare da questi colori.
Anche noi ad un certo momento abbiamo imparato da Ilio, abbiamo proposto dei video, sono andati
in giro per Collegno, ne andranno ancora, chiederemo l’aiuto agli enti locali, chiederemo l’aiuto per
pubblicare altri libri, altre presentazioni però pensiamo che il lavoro sia proprio questo, cioè
presentare i colori del mondo.
Allora c’è questo video che a noi è carissimo perché è tutto il lavoro che abbiamo fatto assieme. Li
conosciamo da tempo. Noi ci siamo innamorati subito di Elita, e quando abbiamo saputo che
andava sullo schermo abbiamo fatto dei salti di gioia, vorremmo che si diffondesse, che nascesse un
circuito. Si è parlato di rete, noi stiamo cercando di associare le varie città e dire: facciamo le città
amiche delle famiglie? Facciamo in modo che ci sia un circuito che propone il video che faremo
adesso che ha proposto la famiglia di Elita? Credo che in fondo sia la risposta migliore a quello che
chiedevano gli assessori.
Allora oggi vedremo questo video meraviglioso che secondo me riassume tutto quello che ha detto
Enrico, tutto quello che ha detto Gianni , tutto quello che noi pensiamo, però lo presenta in modo
visivo. E’ una cosa che mi ha molto colpito perché quando vedevo il video pensavo ad una poesia,
in un certo senso pensavo alle poesie che scriveva Pina per suo figlio, e credo che questo video che
hanno fatto Aurora e tutte le persone secondo le indicazioni di Ilio, sia proprio una poesia in onore
di Elita.
ILIO MUSI
Due secondi per spiegare brevemente il tema del cortometraggio.
Un genitore e nostro amico regista che stasera non è potuto venire mi ha pregato di riferire le sue
riflessioni circa questa esperienza fatta. Quindi citerò un attimino il succo del cortometraggio, il
tema.
A volte l’uomo si sente una preda, dove suo predatore è la paura, quella paura stessa di voler
affrontare la vita. Così si sente Marco, il quale ha messo in discussione se stesso e di conseguenza
il rapporto con la sua compagna Vanessa. Cerca di trovare delle risposte ma un forte legame di
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amicizia lo costringe ad accettare l’invito della famiglia Musi dentro la quale dovrà abbattere un
muro, un muro talmente alto da scavalcare e talmente spesso da sfondare…
Questo diciamo è un po’ il tema del cortometraggio che si divide in due parti, di 7 minuti ciascuna.
Le impressioni del regista sono state queste, me le ha mandate e, chissà, un giorno potremo
pubblicarle in un altro libro.
Sono passati degli anni da quando abbiamo deciso di realizzare Blackout. Un giorno Ilio mi fa una
proposta indecente: di realizzare un filmato tipo documentario amatoriale dove si vedeva la
famiglia nella loro realtà quotidiana. Imbarazzato non sapevo cosa rispondere, per tagliare corto
risposi che un giorno l’avremo girato, ma dentro di me avevo già dato la risposta: mah, non verrà
mai fatto!
Oggi, se state leggendo questo testo, vi posso assicurare che il corto è stato realizzato e non
basterebbero 100 righe, 100 pagine né 100 libri per descrivere le vibrazioni che mi ha trasmesso
questa famiglia mentre scrivevo la sceneggiatura e soprattutto sul set mentre si girava, capire che
siamo circondati da una società triste è sconfortante. Una bambina, anzi tanti bambini come Elita
riescono a farmi scorrere addosso come pioggia quella sensazione di gratitudine nei confronti della
vita. Allora? Allora smetto di tenermela stretta e cerco di trasmetterla con queste immagini.
Buona visione a tutti
PROIEZIONE DEL CORTOMETRAGGIO BLACKOUT
RIZIERO ZUCCHI
Prima di dare la parola alle persone che verranno dopo vorrei fare due considerazioni. Quando Ilio
propose questo video disse: Io voglio fare la pedagogia dei genitori e lo disse con lo stesso spirito
con il quale gli altri genitori vanno nelle classi, vanno nelle ASL, vanno anche presso gli educatori
mettendoci la faccia, mettendoci la loro storia, pagando di persona. Allora certe persone hanno
detto: mah! il protagonismo della famiglia Musi!
Certo è il protagonismo della famiglia Musi, noi abbiamo da dare questo al mondo.
Uno dei problemi che si sono posti i genitori è: dobbiamo educare il mondo, e il mondo si educa
anche in questo modo, cioè mettendoci la faccia, mettendoci la propria responsabilità, il proprio
percorso, facendo in modo che Elita diventi un motivo di speranza per tutti perché Elita è motivo di
speranza anche per quei ragazzi che hanno svillaneggiato quel ragazzo down. Perché se è cambiata
lei, se ha manifestato tutte queste sue capacità, anche questi ragazzi minorenni di 16/17 anni, gli
dobbiamo dare questa occasione. Io credo che il mondo non si comporti bene con loro togliendogli
un anno di scuola, io credo che il discorso sia: più scuola e più educazione. E allora io credo che la
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presenza degli assessori qua voglia dire: diamo una mano ai genitori della pedagogia dei genitori di
proporre queste indicazioni, e c’è un elemento in questo video molto importante che è l’alleanza
con gli esperti, perché i genitori sì potranno essere protagonisti ma da soli non ce la fanno, e allora
c’è una istituzione che la si è sentita citare molto che è la scuola. La scuola è importante per tutti e
ci vuole, ma la scuola vuol dire il rapporto di educazione fra gli insegnanti e l’educazione dei
genitori, pedagogia degli insegnanti e pedagogia dei genitori.
Sono molto contento che della delegazione di Collegno qua presente - oltre all’Assessore Manzi,
alle mamme - ci siano anche qua due maestri che hanno fatto un grosso lavoro e li hanno voluti qua
per portare il loro contributo. Io vi chiederei di venire qua a portare il vostro contribuito
testimoniando della alleanza educativa che avete fatto fra i genitori e gli insegnanti.
Il maestro Michele Catalano che insegna in una scuola di Collegno. Prego
MICHELE CATALANO
Diventa difficile dicevo prima a Cecilia, la moglie di Gianni, parlare dopo l’intervento di Gianni
Scopelliti, penso che come insegnante debba aggiungere quel sorriso lì, quel sorriso che chiediamo
ai bambini.
Sono solito partire con una storia anche per smollare un attimo.
Siamo a Londra, da un pub esce una persona che ha bevuto parecchio e a un certo punto
barcollando finisce sotto un lampione e comincia a cercarsi nelle tasche e incomincia a guardarsi
attorno, sempre barcollando.
Poco distante c’è un vigile londinese, lo guarda si incuriosisce e gli dice; ma lei cosa sta facendo
qui?
Ho perso la chiave, sto cercando…
Aspetti, va che le diamo una mano altrimenti lei non va più a casa.
E passano 10 minuti, cercano ma non trovano niente, a quel punto lì il vigile londinese gli chiede:
mi scusi ma lei è sicuro che ha perso la chiave proprio qui sotto?
E l’altro con molta naturalezza gli risponde: Certo che no, però qui si vede meglio!
Citavo questa anche per rompere un attimo l’atmosfera, perché noi abbiamo in giro per il mondo
anche nel mondo scolastico, persone che non cercano davvero di risolvere il problema, ma cercano
di trovare a volte delle soluzioni di comodo.
Cito il caso di un bambino che avevamo noi 3-4 anni fa, in cui per cercare di integrarlo nella scuola
in cui era lo facevano stare la mattina in una classe fino alle 10 e 30 seguito poi da un educatore,
faceva poi quello che si chiama in gergo un “progetto di plesso”, passando da un laboratorio
all’altro, facendo nuoto con una classe, attività informatica con l’altra, mangiava con i compagni
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dopodichè veniva preso e portato in un centro diurno con atri bambini di 16 anni dove quello che
non aveva già imparato di suo a scuola lo imparava sicuramente lì. Questo piccolo esempio ce la
dice lunga che ha fatto comodo e continua talvolta a far comodo cercare di risolvere i problemi
dove c’è praticamente più chiaro. Si era cercato di risolvere con una soluzione così, di dire: un po’
per ciascuno non fa male a nessuno.
Occorre quindi proiettarci un attimo al futuro. Cosa possiamo fare per questi bambini, per tutti i
bambini? Perchè noi come insegnanti abbiamo il compito di far crescere tutti i bambini, questa è la
cosa importante e allora dobbiamo delineare con sufficiente chiarezza quale è il nostro obiettivo e io
credo che il nostro obiettivo sia ormai uno, proprio quello di far crescere tutti i bambini con questo
sorriso. Un bambino se fa bene una cosa poi fa un sorriso. Io ho presente davanti agli occhi i
bambini che riescono in un calcolo e poi il maestro gli dice bravo hai fatto bene, fanno proprio
questo sorriso. Quindi il sorriso è proprio il segno che il bambino cresce e noi bisogna assumerci
questa responsabilità di guidarli verso un cambiamento.
D’altronde non penso che abbiamo alternative, né come insegnanti né come genitori, né come
educatori, per un fatto molto semplice. Nella teoria della comunicazione Paul Watzlawick primo
assioma ci dice una cosa importantissima: non possiamo non comunicare. Qualsiasi gesto, qualsiasi
nostro silenzio, qualsiasi nostra affermazione comunica qualcosa, ma si spinge ancora un po’ più in
là Watzlawick e ci dice: se non possiamo non comunicare non possiamo non influenzare. Noi non
possiamo non influenzare in una situazione di rapporto. Questo io penso che faccia piazza pulita di
tante pedagogie che ritengono il bambino come in una sorta di cellophane, come qualcosa che
cresce da solo. Non è vero, noi influenziamo e il caso citato di Torino alla luce di questi due
principi fondamentali e il fatto di star fermi mentre i compagni svillaneggiano il ragazzo down vuol
dire che non si è influenzato nella direzione voluta.
Ma andando avanti, allora noi non possiamo non comunicare, non possiamo non influenzare, ne
deriva una conseguenza enorme per noi adulti e per noi educatori: noi abbiamo la responsabilità di
come i bambini vengono fuori, di come crescono, del loro stare bene e del loro stare male nel
mondo, chi più chi meno. Ma ognuno di noi, insegnante, educatore, operatore dell’ASL, se sono
vere queste cose, non può tirarsi fuori dalle responsabilità e, per dirla come dice un’autrice: “lungo i
bivi della tua strada incontri le altre vite. Conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle
dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo, anche se non lo sai tra proseguire dritto o
deviare spesso si gioca la tua esistenza e quella di chi ti sta vicino”.
Io mi ero segnato la scena di Forrest Gamp, non so quanti di voi hanno visto l’inizio del film di
Forrest Gamp, con questa musica bellissima, e questa piuma che scende si sposa sulla spalla di un
signore ma che non aveva tempo, la butta via, scende e arriva vicino a questo diversamente abile,
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perché Forrest Gamp era un diversamente abile, che ha la pazienza di raccoglierla e di metterla
anche nella pagina giusta del libro.
Quindi noi non abbiamo scelta, noi siamo promotori del cambiamento o del non cambiamento, che
ci piaccia o no. E allora abbiamo provato insieme ad alcuni compagni, maestri, grazie anche alla
amministrazione che finanzia alcuni gruppi di formazione, a metterci attorno ad un tavolo e vedere
che cosa vuol dire in concreto, l’abbiamo chiamata la Pedagogia del cambiamento, perché questo
vogliamo fare, che i bambini cambino in bene, noi siamo responsabili di fare delle cose perché i
bambini cambino in meglio. E allora abbiamo provato a definire questo: il nostro compito come
insegnanti è quello di far crescere nel bambino la capacità di percepire in modo diverso, la capacità
di rappresentare quello che vive anche in modo diverso (che sono collegati), la capacità di usare un
linguaggio che sia più ricco, che rappresenti meglio quello che si è vissuto, perché se io rappresento
diversamente colgo dei significati, ho più scelta nello scegliere i comportamenti che mi servono
perché la vita mi pone delle continue sfide e io devo saper scegliere quale atteggiamento, quale
comportamento prendere per rispondere a questa vita.
Abbiamo quindi scelto questo obiettivo: favorire la crescita, un modo diversificato di percezione
– rappresentazione - linguaggio - significati per due motivi.
Il primo motivo è che questi sono gli ingredienti strutturali dello stare bene o dello stare male della
nostra persona in mezzo agli altri.
Li usiamo tutti i giorni, li usano tutti, tutti i bambini e noi abbiamo il compito di far crescere tutti i
bambini. Qui abbiamo dei corollari: il modo di usarli influirà sicuramente sul star bene e sul star
male. E c’è ancora un aspetto che interessa a noi insegnanti: siccome il percepire, rappresentare,
dare dei significati sono tutte collegate e agiscono come sistema, non è importante agire su tutte le
cose messe insieme, ma basta toccare un punto e quasi automaticamente si modifica tutto l’insieme.
E’ capitato che un insegnante a un bambino, chiamiamolo così “sfigato”, che non riesce; per una
qualche ragione è riuscito a fare bene un compito, un calcolo, questo comportamento che diciamo
adeguato ha comportato che da quel momento proprio perché ha avuto questo comportamento
adeguato, lui è stato poi anche più attento, ha cambiato il suo modo di percepire, ha cambiato l’idea
che aveva della sua persona, della sua situazione e ha cominciato a credersi anche un pochettino più
bravo. Ha cambiato anche magari che riesce meglio in altri settori e, dulcis in fundo, succede che
poi assume quella che io chiamo “espressione viso da prima comunione”, diventa un angioletto, è lì
bravo e se ne sta lì tranquillo a vedere tutte le cose.
Il secondo aspetto per cui abbiamo scelto questo obiettivo: è comunemente accettato e risaputo che
la differenza tra i bambini che se la cavano e quelli che non se la cavano, non solo a scuola ma
anche fuori, non sta nel fatto che i primi facciano molte più esperienze, anzi io ho paura di questo,
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io vedo che in genere ormai questi bambini hanno la giornata piena di esperienze, passano da un
corso all’altro, tutto quanto, e si pensa che il bambino così diventi più capace e più ricco ecc.. Non è
questo, la differenza - ormai è risaputo - sta nella capacità di lavorare sui simboli, sull’immagine,
sulle rappresentazioni, sulla capacità di poter vedere quelle poche esperienze fatte da tanti punti di
vista , in questo sta la ricchezza del bambino. D’altronde noi negli anni ’80 puntavamo sul recupero
dei bambini in difficoltà con questo modello dei laboratori, cioè pensavamo che facendo fare a
scuola ai bambini tante esperienze avremmo accorciato il divario tra i bambini che se la cavano e i
bambini che non se la cavano, non è così, non è stato così. E allora il vero divario sta nella capacità
di quelli che si ritengono più bravi proprio in questo modo, percepirà in modo più ricco proprio con
quello che madre natura gli ha dato, userà gli occhi, le orecchie, l’olfatto, il cinestesico (sensazioni
interne ma anche sensazioni esterne), il gusto, li userà di più e se li usa di più rappresenterà
diversamente una stessa situazione e userà un linguaggio più ricco.
Se per esempio a settembre chiederemo ai bambini che rientrano dalle vacanze: Che cosa ti è
piaciuto di più dell’esperienza del mare?
A noi è capitato, in genere il bambino che se la cava ti dirà più cose: “Mi è piaciuto camminare con
i piedi sulla spiaggia”, e aggiungerà magari “sentire l’acqua che bagnava i piedi, vedere il
tramonto.”
Il bambino che se la cava di meno se la caverà con una frase: Giocare sulla spiaggia. Questo vuol
dire che quello che se la cava di più ha percepito in modo diverso usando più organi sensoriali, ha
rappresentato in modo diverso e quindi ha scoperto dei significati diversi di quel posto lì e avrà
un’idea della situazione più ricca rispetto all’altro bambino.
I bambini che non se la cavano non è perché fanno una scelta sbagliata ma è perché nella loro idea,
nella loro immagine, non hanno sufficientemente scelto.
Io faccio sempre un’analogia: il bambino che se la cava ha un garage ma anche il bambino che non
se la cava ha un garage. Ma il bambino che se la cava dentro il garage ha probabilmente molti più
attrezzi , li ha messi in un posto dove li può rintracciare, sa come usarli e per cui se deve poi
stringere un bullone sa prendere la chiave inglese invece che la pinza. Il bambino che se non se la
cava magari ha meno attrezzi oppure ne ha tanti, perché io penso che tutti i bambini abbiano le
risorse, solo che a volte ce le hanno in posti che non riescono a rintracciare.
E allora il nostro compito è quello di aiutare i bambini ad avere un garage con tanti attrezzi e gli
attrezzi siano rintracciabili e che li sappiano usare molto bene.
Ma tornando anche a quello che riguarda gli insegnanti.
Che cosa possiamo fare allora per ridurre il divario tra questi bambini?
Il problema ce lo pongono i bambini con difficoltà.
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Tornando all’esperienza prima del mare, i maestri possono usare il linguaggio per fare cosa? Allora
io posso prendere la frase di un bambino, perché il linguaggio mi serve per comunicare come ho
messo via quell’esperienza, ma mi serve anche nell’altro senso cioè per ritornare su
quell’esperienza lì, perché il linguaggio è come una videocamera, non a caso stiamo facendo un
corso come insegnanti: uso del linguaggio col cervello e videocamera. Quando il bambino è andato
al mare non è che ha fatto l’esperienza solo di giocare, ha fatto anche lui l’esperienza ad es. del
tramonto, solo che l’ha messa in fondo al garage.
Allora con il linguaggio io posso dire: immaginate di trovarvi dove siete stati al mare, riprendiamo
una frase di quel bambino, stai camminando sulla sabbia e mentre stai camminando l’acqua ti bagna
i piedi, e inspirando profondamente senti il profumo del mare, la salsedine, dilatati i polmoni provi
una sensazione di piacere.
Riprendiamo tutte queste cose che sono di ognuno e in questo modo facciamo rivivere, perché non è
che possiamo portare i bambini di nuovo sul mare, ma attraverso il linguaggio noi possiamo creargli
delle rappresentazioni delle immagini di quello che si è vissuto e di quell’esperienza lì, farla
rappresentare in un modo più ricco.
Queste sono alcune cose, abbiamo detto prima rappresentazione, percezione. Mi fermo solo alle
percezioni perché sarebbe un discorso ancora più ampio, ma anche a scuola l’obiettivo nostro è
quello di accrescere l’idea che i bambini hanno di se stessi, delle situazioni, del mondo. E noi
possiamo farlo con tante cose. Solo sulla percezione se usiamo bene i sensi che madre natura ci ha
dato e sappiamo come usarli, contribuiamo a questo scopo. Ad esempio per insegnare le tabelline
possiamo usare la filastrocca, l’auditivo, unito al cinestesico, vi assicuro che tutti bambini anche i
più scarsi, lo fanno e lo sanno fare. Perché ci inseriamo in una modalità, l’auditivo, che è molto
facile a quell’età , ma nel momento in cui in seconda o in terza i bambini devono velocizzare le
operazioni, devo usare il mondo visivo, gli occhi. Cioè devo fare le tabelline al contrario cioè fare:
81 = 9 per 9; 72 = 9 per 8, cioè usare un’altra modalità.
Io ho imparato molto dai bambini da come utilizzano perché si parte tutto dalla percezione.
Se un bambino mi dice: se io ho bisogno di ricordarmi i titoli faccio una cosa maestro, me li vedo
passare tutti davanti agli occhi tutti molto velocemente: la velocità aiuta a ricordare.
Un altro bambino mi dice: maestro, quando faccio il problema è come se facessi scorrere un film al
rallentatore così vedo cosa è successo. Rallentare aiuta a comprendere le relazioni.
Un altro bambino mi diceva: io quando devo capire un problema quando c’è il testo sono lì in
mezzo faccio l’attore, ma quando arrivo all’operazione mi allontano e guardo da lontano per vedere
cosa è successo.
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Queste sono tutte cose che accadono molto semplicemente, non le portiamo alla coscienza ma ci
sono.
Quindi studiare. La visione del bambino che studiare significa leggere una frase, rileggerla tante
volte e poi ripeterla. Abbiamo provato a modificare: Leggi quella frase di scienza , immagina che
cosa hai letto, poi usa il linguaggio non per ripetere a pappagallo, ma usa il linguaggio per
rappresentare e descrivere che cosa mi sono immaginato.
Tornando al cambiamento, noi ci troviamo di fronte a una scelta non sempre facile. Noi possiamo
cercare di cambiare la situazione oppure l’idea che ci siamo fatti della situazione.
Quando un bambino ti viene alla lavagna ti fa il calcolo giusto poi ti va a posto, viene lasciato da
solo e te lo fa sballato, allora vuol dire che con quel bambino non bisogna intervenire a livello di
cambiare la situazione esterna, ma bisogna intervenire a livello di cambiare l’idea che si è fatto lui
di come è bravo. Mentre per altri bambini semplicemente c’è un inghippo e si cambia questo.
Io credo che un grosso pregio di questi genitori della pedagogia dei genitori sia proprio questo
enorme lavorio che molti genitori hanno fatto. Io ho sentito a Siena le testimonianze di molti
genitori, nell’avere un’idea di essere genitori in un modo, rendersi conto che quell’idea a un certo
punto era completamente inadeguata al figlio, e dover modificare e la realtà esterna ma soprattutto
l’idea che loro si sono fatti di genitore. Chi fa questo lavoro qui secondo me dà una grossa risorsa,
una carica a tutti noi, perchè riuscire a modificare una idea così grande di come fare il genitore in un
certo modo piuttosto che in un altro, guardate che richiede tantissimo sforzo, passione.
Voglio citare Francesca: come si è trovata rispetto a dover gestire un’altra cosa. “Principalmente
per i miei genitori che si trovano ad essere catapultati in questa realtà sentendosi crollare il mondo
addosso per loro che in un attimo vedono i loro sogni e le loro legittime aspettative di babbo e di
mamma infrangersi contro il vetro di un incubatrice”.
La testimonianza di Paolo: E’ come se una mano strappasse il cuore e lo stomaco portandosi via la
vita stessa.
Ma poi costruendosi un’altra via di genitori arrivano anche a indicare delle soluzioni.
E continua Francesca: Non credo a chi vede la nascita di un figlio problematico come una fortuna,
o almeno per me non è così, ma certamente questi figli ci fanno conoscere la dimensione più vera e
profonda dell’esistente facendo piazza pulita di tutto il superfluo. (Poi lì a Siena ha detto che il
superfluo voleva ancora un po’ tenerselo).
Paolo dice: in queste circostanze è determinante il dialogo aperto e sincero con il proprio partner
perché è in due che si è voluto un figlio ed è in due che bisogna crescerlo , bisogna farsi forza
insieme, credere l’uno nell’altro, confidarsi tutto, pensieri sentimenti sensazioni paure vergogne
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ansie senza mai nascondersi nulla perché solo l’unità della coppia aiuta ad avere la serenità
necessaria per affrontare ogni situazione con il massimo impegno.
Io credo che questo grosso lavoro fatto da questi genitori sia una ricchezza per tutti noi , io penso
che con molto pragmatismo, che nella quotidianità e al di là del protocollo di intesa, noi insegnanti
abbiamo il compito e il dovere di far crescere tutti i bambini, che mentre crescono abbiano quel bel
sorriso che ci diceva Gianni prima. Grazie.
R.ZUCCHI
Ringraziamo il maestro Michele Catalano. Io credo che adesso sia importante che si sostanzi quello
che stiamo dicendo. Cioè con maestri così e con genitori così va fatta un’alleanza, però questa
alleanza deve sostanziarsi in indicazioni concrete che derivano da impegni da parte di chi
rappresenta la collettività, allora io inviterei il Vicesindaco dott. Scateni di Castagneto Carducci, per
noi è importante che il Vicesindaco di Castagneto Carducci e l’Assessore Tiziana Manzi che è
diventata anche Vicesindaco di Collegno, quindi parità di livelli istituzionali, per noi è importante
che di fronte alle persone questo impegno solenne sul protocollo della pedagogia dei genitori debba
essere sottoscritto davanti a tutti.
GINO SCATENI – VICESINDACO COMUNE DI CASTAGNETO CARDUCCI
Io volevo ringraziare soprattutto tutti i relatori che si sono avvicendati oggi, ci hanno fato assistere
ad una lezione superba, ad una lezione molto importante di pedagogia, una lezione che a volte
soprattutto un po’ per la vita frenetica per come viviamo siamo portati spesso a trascurare a
sottovalutare, siamo portati sempre a vivere altri aspetti.
Abbiamo vissuto insieme momenti molto importanti, attraverso le immagini del filmato, attraverso
quello che è stato detto, ci ha riportato un po’ con i piedi in terra e che ci stanno facendo veder
aspetti che forse tanti sottovalutano e soprattutto per noi amministratori che dovremo tener bene in
considerazione, che spesso siamo distratti da altri obiettivi, da altre cose.
Io tra l’altro sono Assessore all’urbanistica e ho avuto esperienza recente perché Ilio fa parte della
Commissione edilizia e purtroppo ci fa vedere come anche il mondo tecnico sia poco sensibile e
proiettato verso altre cose, quindi spesso parlare di certi argomenti lascia disorientati invece è molto
importante diffondere queste lezioni, se così si possono chiamare, un po’ per portare a costruire il
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sorriso, è stata usata la frase “costruire il sorriso”, per cercare di portare alla normalità delle cose
che per modo di vedere antiquato e superato abbiamo a che fare tutti i giorni.
La firma del Protocollo di Intesa ritengo sia molto importante anche perché il Comune di
Castagneto ha adottato in questi giorni il Piano Strutturale, quindi regolamento urbanistico, si
parlerà a breve anche del regolamento edilizio, e ci saranno elementi che dovranno essere posti in
posizione prioritaria rispetto ad altri proprio per evitare quelle certe problematiche pratiche con le
quali abbiamo a che fare. Questo è il momento ideale per prendere in considerazione questi aspetti,
per recepirli e trasformarli in regole pratiche di dominio pubblico che possano essere naturalmente
eseguite e adottate da tutti.
Io vi ringrazio per la vostra presenza e partecipazione
Grazie.
Il Vicesindaco del Comune di Castagneto Carducci e L’Assessore alle Politiche Educative e
Sicurezza -Vicesindaco del Comune di Collegno procedono alla firma del Protocollo di intesa
sulla “Pedagogia dei Genitori” fra Comune di Castagneto Carducci e Comune di Collegno.
RIZIERO ZUCCHI
Allora mentre firmano io volevo ricordarvi le attività previste, riportate anche nel programma.
Le principali attività previste sono:
realizzare un ciclo di incontri formativi – tavole rotonde (su integrazione scolastica, città
accessibile, solidarietà sociale …) dove i genitori sono invitati ad intervenire in prima persona, a
raccontare le esperienze ed i percorsi di vita scolastica e sociale dei figli diversabili, a
collaborare e, mediante un confronto aperto e costruttivo, a proporre agli attori istituzionali, ai
docenti, agli operatori sociali, quali sono le cose da migliorare e quali da valorizzare nella
programmazione e nella gestione dei servizi sul territorio.
Provvedere alla raccolta, alla pubblicazione e alla diffusione delle narrazioni e delle
testimonianze personali dei genitori
Istituire presso gli uffici comunali un apposito archivio/centro di documentazione sulla
pedagogia dei genitori, ove potranno essere liberamente consultati tutti i materiali cartacei e/o
video prodotti a seguito degli incontri formativi.
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Aderire alla rete europea di apprendimento sulla Pedagogia dei Genitori, anche sottoscrivendo
uno specifico Protocollo di Intesa quale atto di impegno formale e politico, per valorizzare la
diffusione della Pedagogia dei genitori inserendosi nel circuito nazionale ed internazionale.
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Appendice
Protocollo di intesa sulla “Pedagogia dei Genitori” fra Comune di Castagneto Carducci e
Comune di Collegno. Sottoscritto il 17 novembre 2006
1. Le famiglie sono risorse per la comunità locale ed esprimono la loro funzione educativa in sinergia con
le altre agenzie del territorio, gli educatori, gli insegnanti e gli insegnanti coinvolti a vario titolo nei
processi formativi.
Occorre promuovere strategie per sostenere l’empowerment delle famiglie, forme cioè di espressione di
cittadinanza attiva, di competenze che dal privato familiare sono efficaci a vantaggio dell’intera
comunità, ne influenzano il contesto e si ricompongono in modo coordinato e sintonico, a vantaggio dei
minori singoli e delle comunità educative (sezioni di asilo nido, gruppi classe, scuole). Le narrazioni dei
genitori consentono un recupero dell’identità individuale e della comunità locale, inducendo processi
virtuosi di inclusione ed il recupero della solidarietà intergenerazionale.
Occorre valorizzare la competenza delle famiglie, per porle in grado di dialogare in modo efficace con
l’ASL, i servizi e le istituzioni scolastiche attraverso la raccolta, la pubblicazione e la diffusione delle
narrazioni dei percorsi educativi.
La Pedagogia dei genitori è la Pedagogia della Responsabilità, dell’Identità, della Speranza e della
Fiducia: promuove la centralità della persona, con attenzione alle sue potenzialità.
2. Il Comune di Castagneto Carducci assume l’impegno, di concerto con il Centro Nazionale
Documentazione e Ricerca Pedagogia dei Genitori istituito dal Comune di Collegno, e con tutti gli
EE.LL. che sottoscriveranno analogo protocollo d’intesa, di:
Raccogliere, pubblicare e diffondere le narrazioni dei genitori che, in ambito scolastico, sanitario,
familiare e sociale sono modalità funzionale al dialogo tra le varie istituzioni per promuovere un
rinnovato patto educativo scuola, famiglia, sanità, promosso dall’Ente Locale.
Attuare iniziative formative, negli ambiti scolastici, sociali e sanitari, a partire dalle narrazioni dei
genitori, per favorire la diffusione di una cultura dell’integrazione, per imparare cioè dai genitori e
dalle persone in situazione di disabilità.
Valorizzare le esperienze genitoriali mediante la redazione di pubblicazioni, prodotti multimediali e
strumenti di comunicazione sociale, che riguardino tematiche pubbliche di interesse collettivo, per
formare opinione pubblica, per far crescere coscienze civili e creare inclusione.
Inserire nelle Carte di Servizio dei servizi educativi, quali gli asili nido, la valorizzazione del punto
di vista delle famiglie, del ruolo dei genitori nella co-progettazione degli interventi, secondo i
principi ispiratori del presente protocollo.
Proporre l’applicazione della metodologia della Pedagogia dei Genitori nei gruppi di lavoro
incaricati della redazione dei Piani di Zona L. 328/2000, degli Accordi di Programma, nei piani
socio-sanitari da sottoscriversi con le ASL ed i Consorzi (Società della Salute), nonché nei piani
dell’Offerta Formativa delle Istituzioni Scolastiche e, comunque, in tutti gli ambiti programmatici
interistituzionali, che vedono al centro delle politiche pubbliche il sostegno e la tutela delle relazioni
umane, fondamento per la rifondazione solidale della società.
Per il Comune di Castagneto Carducci Per il Comune di Collegno
(Provincia di Livorno) (Provincia di Torino)