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LarticoloTre Rapporto sullo stato dei diritti in Italia Lampedusa non è un’isola Profughi e migranti alle porte dell’Italia A cura di Luigi Manconi e Stefano Anastasia Redazione Valentina Brinis Valentina Calderone Federica Resta Sergio Segio Scritti di Stefano Anastasia Alessandra Ballerini Angela Condello Valeria Ferraris Caterina Mazza Federica Resta Sergio Segio Con il contributo di Giugno 2012

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LarticoloTre

Rapporto sullo stato dei diritti in Italia

 

Lampedusa non è un’isola Profughi e migranti alle porte dell’Italia

A cura di Luigi Manconi e Stefano Anastasia

Redazione Valentina Brinis Valentina Calderone Federica Resta Sergio Segio

Scritti di Stefano Anastasia Alessandra Ballerini Angela Condello

Valeria Ferraris Caterina Mazza Federica Resta Sergio Segio

Con il contributo di

Giugno 2012

 

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Associazione A Buon Diritto Onlus

LarticoloTre

Rapporto sullo stato dei diritti in Italia

Pre-Rapporto 2012

Lampedusa non è un isola

Profughi e migranti alle porte dell’Italia

Comitato scientifico:

Laura Balbo, Luigi Ferrajoli, Tamar Pitch,

Giorgio Rebuffa, Eligio Resta, Stefano Rodotà

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A cura di Luigi Manconi e Stefano Anastasia

Redazione: Valentina Brinis, Valentina Calderone, Federica Resta, Sergio Segio

Contributi di:

Stefano Anastasia (Stranieri in galera)

Alessandra Ballerini (L’isola dei ragazzini)

Angela Condello (Immigrazione e asilo nelle raccomandazioni internazionali)

Valeria Ferraris (I centri per stranieri in Italia, § 1, 4.1, 4.3 e 5)

Caterina Mazza (I centri per stranieri in Italia, § 2, 3, 4.2 e 4.3)

Federica Resta (La legge e i diritti)

Sergio Segio (Focus)

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Questo rapporto è stato reso possibile dal sostegno di più soggetti e persone. Open

Society Foundations (OSF) ha creduto, sin dal primo momento, all’attività di

monitoraggio e analisi che A Buon Diritto Onlus conduce ormai da un decennio

sul tema dei diritti umani, ha incoraggiato questo progetto e ne ha garantito la

realizzazione attraverso il suo contributo economico. La Compagnia di San Paolo,

da tempo tra i sostenitori di A Buon Diritto Onlus, ha accolto questa nostra

iniziativa, promuovendo concretamente il lavoro di raccolta dati, di indagine

sociale e di approfondimento giuridico sottostante alla ricerca qui esposta.

Dobbiamo molto alla disponibilità e alla generosità dell’Ansa e del suo direttore,

Luigi Contu, che hanno consentito la costante consultazione dell’archivio

dell’agenzia. Altra importante fonte di informazione è stato www.dirittiglobali.it,

il sito della associazione SocietàINformazione onlus.

I dati che presentiamo sono il risultato, tra l’altro, di un lungo e impegnativo

lavoro sulle fonti che si è giovato, in misura rilevante, del contributo

dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD) presso la

Polizia di Stato e dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR)

presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le Pari

Opportunità.

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Indice Premessa ........................................................................................................11 Questo progetto ................................................................................ 11 Questo pre-Rapporto.......................................................................... 13 Parte prima Focus. Africa, Italia Cronistoria del “caso Lampedusa”...................................................................17

Le primavere arabe ....................................................................... 18 Quali sbarchi? ............................................................................. 19 I primi numeri e le non-notizie ........................................................ 22 L’emergenza e la shock-economy ....................................................... 27 Il Piano Maroni, gli enti locali e le proteste ......................................... 30 Il cimitero liquido ........................................................................ 36 La fabbrica della “clandestinità” ...................................................... 42 I CIE e l’articolo 21...................................................................... 44 Il fronte operoso della solidarietà ...................................................... 49 Gli allarmi sociali e le polemiche con l’Europa ...................................... 51 L’escalation delle parole cattive......................................................... 59 Il mercato dell’immigrazione ........................................................... 63 Il grande affare dei Centri per gli immigrati ........................................ 66 La gestione mediatica .................................................................... 68 Nuovi regimi, vecchie persecuzioni .................................................... 71

L’isola dei ragazzini. .......................................................................................73 Diario dell’avvocato Alessandra Ballerini Parte seconda Immigrati e rifugiati in Italia

1. 2011: Cronologia degli avvenimenti ............................................... 91 2. Discriminazione, intolleranza e violenza nei confronti di migranti, profughi e richedenti asilo ........................................... 175 La mappa delle discriminazioni nel 2011. Date, luoghi ed episodi................................................................... 189

Parte terza Norme e politiche

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La legge e i diritti. 2008-2011: quattro anni vissuti pericolosamente ..................215

1. L’evoluzione delle politiche dell’immigrazione.................................... 215 1.1. L’immigrazione da diritto a reato: la legislazione tra il 2008 e il 2011. ..................................................217 1.2. Le Corti, i diritti e la risposta del Governo .......................................219

2. Alle origini del testo unico Turco-Napolitano.................................... 222 3. La legge Bossi-Fini ................................................................... 225 4. L'immigrazione nei recenti provvedimenti sulla sicurezza ..................... 228

4.1. Il decreto-legge ‘sicurezza’ e la c.d. aggravante di clandestinità .......228 4.2. La legge ‘sicurezza’ e il c.d. reato di clandestinità ............................230 4.3. Il decreto Maroni e il trattenimento nei CIE fino a 18 mesi..............237

5. I diritti di libertà ...................................................................... 243 5.1. Libertà ed emergenze.......................................................................247

6. I diritti sociali ......................................................................... 248

Accoglienza, identificazione, espulsione: i Centri per stranieri in Italia ..............255 1. Il 2011 come stress test fallito………………………………………..256

1.1. La gestione degli arrivi: la perenne emergenza e la Protezione Civile………………………………………….256

1.2. Lo status giuridico incerto dei centri e dei loro ospiti……..265 2. Storia e tipologia dei Centri per stranieri in Italia…………………..268 3. La gestione dei Centri………………………………………………..275 4. Elementi di criticità…………………………………………………279

4.1. Il trattenimento nei CIE e l’ospitalità nei CARA, CDA e CPSA………………………………279 4.2. Condizioni delle strutture e qualità dei servizi……….283

4.2.1. La sicurezza interna……………….286 4.3. I numeri dei centri……………………………………..288

4.3.1. Le presenze nei centri…………...…288 4.3.2. La detenzione amministrativa nel tempo attraverso i dati………..297

Stranieri in galera. Politiche penitenziarie ed esclusione sociale………………...307

1. I detenuti stranieri……………………………………………………….…307 2. Diritto e politiche penitenziarie……………………………………………..316

2.1. I principî del diritto penitenziario……………………………….316 2.2. Gli indirizzi del Consiglio d’Europa……………………………...317 2.3. Propositi di “azioni positive”…………………………………....318

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2.4. L’ammissibilità degli stranieri alle alternative alla detenzione...319 2.5. Espulsioni a fini di reinserimento sociale: normativa europea e interpretazioni nazionali………………….320 2.6. La prevalenza simbolica dell’espulsione…………………………322

3. Il carcere degli stranieri: una misura di prevenzione nel circuito della sicurezza………………………323 Parte quarta Mettere in ordine la casa Immigrazione e asilo in Italia nelle raccomandazioni degli organismi internazionali per i diritti umani…………………………………………………………………. 329

Premessa…………………………………………………………………… 329 1. Le domande emergenti………………………………………………….. .330 2. La prospettiva europea…………………………………………………...333

2.1. L’Unione europea……………………………………………….…. .334 2.2. Il Consiglio d’Europa………………………………………………..336

2.2.1. Il Commissario per i diritti umani………………………….336 2.2.2. L’Assemblea parlamentare………………………………....339 2.2.3. La Corte europea per i diritti umani………………………..341

3. La prospettiva ONU……………………………………………………..346 3.1. Lo Human Rights Council………………………………………....346 3.2. Gli Special Rapporteurs dello HRC………………………………..348 3.3. Il CERD……………………………………………………………..352 3.4. L’UNHCR…………………………………………………………..354

4. La prospettiva non governativa………………………………………….357 4.1. Amnesty International……………………………………………..357 4.2. Human Rights Watch……………………………………….…..…365

Le nostre raccomandazioni……………………………………………………….367 Appendice: Riferimenti Bibliografici………………………………………………………….371

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Premessa

Questo progetto

Questo documento, pur corposo, non è un “rapporto”: è un “pre-rapporto”. Tra le sue ambizioni, infatti, vi è quella di anticipare un vero e proprio Rapporto, non dedicato esclusivamente ai diritti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo, ma più in generale a quelli delle persone nel contesto sociale e istituzionale italiano.

Non esiste nel nostro paese, infatti, un rapporto periodico sullo stato dei diritti fondamentali della persona e delle garanzie poste a protezione delle minoranze. Esistono dei rapporti particolari, focalizzati su istituzioni (sul sistema penitenziario, ad esempio) o minoranze (rom, sinti, e camminanti, o altri), ma non un dossier che sottoponga a osservazione e verifica periodica il riconoscimento di diritti e la loro effettività ed esigibilità da parte di quanti ne sono (o dovrebbero esserne) titolari. Ovvero le persone, i gruppi sociali, le diverse minoranze – tali per origine etnica, confessione religiosa, orientamento sessuale … -, i soggetti in stato di esercizio parziale, sospeso o attenuato dei diritti stessi (detenuti, internati, sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio …).

Da qui il progetto de “LarticoloTre” che, richiamando il principio di uguaglianza iscritto nella Costituzione, si propone di valutare il riconoscimento o il mancato riconoscimento, l’effettiva attuazione o l’inosservanza dei diritti e delle garanzie correlati al pieno esercizio delle prerogative fondamentali della persona: dalla libertà personale alla libertà di movimento, dalla libertà religiosa alla libertà sessuale, alla libertà dalle discriminazioni di qualunque origine e dalle violenze comunque motivate.

Con periodicità biennale, il rapporto (quello complessivo, di cui – ripetiamo – questo rappresenta un’anticipazione) intende partire, per ciascuna questione di cui tratterà, da un esame del contesto istituzionale e normativo nazionale, comparato con quello consolidato nelle istituzioni sovranazionali di cui l’Italia è parte. Seguirà quindi l’analisi delle condizioni sociali, ambientali e relazionali in cui quei particolari diritti sono o dovrebbero essere riconosciuti, con l’esame dei casi più

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rilevanti di violazione o mancata tutela, sotto due principali aspetti: gli atti di discriminazione e quelli di violenza. Un focus sarà dedicato a un caso emblematico: una storia di negazione o di violazione dei diritti capace di raccontarne la realtà.

Una prima, possibile articolazione tematica del rapporto corrisponde ad alcuni criteri oggettivi (i classici diritti civili di libertà della persona e del pensiero; i diritti sociali fondamentali alla salute, al lavoro e all’istruzione) ovvero legati a peculiari condizioni soggettive (l’habeas corpus femminile, come autodeterminazione a proposito dell’interruzione volontaria della gravidanza e della procreazione assistita; lo status di immigrato, profugo o richiedente asilo; la condizione delle minoranze etnico-culturali; quello dei minori o delle persone diversamente abili). In ognuna di queste aree di interesse, l’attenzione sarà posta sulla dignità della persona titolare dei diritti fondamentali e sul principio di autodeterminazione che ne fonda la capacità di agire, anche individualmente, per la tutela di quegli stessi diritti.

Retroterra del nostro progetto per un rapporto periodico sullo stato dei diritti in Italia sono una visione unitaria di essi e una concezione piena della persona umana che ne è titolare.

Storicamente, il succedersi di diritti di ambito e natura diversi ha dato luogo a differenti loro classificazioni, riordinate da Thomas Marshall con il criterio (appunto: storico) delle generazioni dei diritti. Lo ricordava Norberto Bobbio: «i diritti dell’uomo, per fondamentali che siano, sono diritti storici, cioè nati in certe circostanze, contrassegnate da lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre». I diritti civili, i diritti politici, i diritti sociali, i diritti di terza o quarta generazione …: lo svolgersi degli avvenimenti consente sempre nuove periodizzazioni, assorbendo antiche differenze in categorie più comprensive, oppure distinguendo ulteriormente ciò che è di oggi da ciò che è emerso ieri o l’altro ieri.

Indubbiamente la proposta di Marshall ha avuto il merito di legare i diritti sociali a quel tipo di cittadinanza che andava affermandosi nell’epoca del welfare state e dello Stato sociale di diritto. Ciò nonostante, essa ha prestato il fianco a equivoci e interpretazioni fraudolente. Il legame tra cittadinanza e diritti, infatti, ha motivato letture “nazionalistiche”, etniche o, addirittura “fiscali-contributive” della titolarità dei diritti. La loro classificazione per generazioni successive è stata invece talvolta travisata in una graduatoria dei diritti e della loro esigibilità: i

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diritti civili, poi quelli politici e, se proprio necessari, in epoca di vacche grasse, quelli sociali. Il tutto, naturalmente, subordinato alle “emergenze” dei poteri pubblici. In questo modo, universalità e interdipendenza dei diritti umani hanno potuto essere messe tra parentesi troppo spesso, affidate alla bonaccia delle relazioni sociali, economiche, internazionali.

Viceversa, una rilettura nuova e conseguente del costituzionalismo democratico individua nel principio della dignità umana la leva per una ricomposizione dei diritti nel riconoscimento, appunto, della pienezza della persona che ne è titolare. La Costituzione italiana del 1947, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, la Legge fondamentale tedesca del 1949 riscoprono la dignità della persona come attributo di senso delle vecchie e nuove libertà in esse e (a partire) da esse riconosciute. «Sul terreno dei principi questo è il vero lascito del costituzionalismo del dopoguerra», scrive Rodotà, «se la “rivoluzione dell’eguaglianza” era stato il connotato della modernità, la “rivoluzione della dignità” segna un tempo nuovo», il tempo dell’homo dignus, che si colloca oltre l’individualismo astratto dell’homo aequalis, fondendo insieme libertà ed eguaglianza. Testimonianza di questa “rivoluzione” è la Carta dei diritti dell’Unione europea che, articolandosi per valori fondativi dello spazio pubblico europeo, dedica la sua prima parte, appunto, alla dignità.

All’origine c’è il rovesciamento di una tradizione distintiva, che voleva “degni” i “dignitari”, coloro che meritavano il riconoscimento di una eccellenza. Degno è invece, ora, ogni essere umano, in quanto tale. Così, la dignità – avendo attraversato l’universalismo della modernità – si presenta sulla scena pubblica come fattore di valutazione e di commisurazione di quei valori di libertà, eguaglianza, solidarietà su cui si fondano le nostre società e i nostri regimi democratici. Come la storia degli ultimi due secoli insegna, non c’è libertà, non c’è eguaglianza, non c’è solidarietà senza il riconoscimento della dignità di ciascun essere umano in relazione con i suoi simili.

Questo pre-rapporto

Questo pre-rapporto, dedicato ai diritti dei migranti, dei profughi e dei richiedenti asilo in Italia, costituisce – come si è detto sopra – una anticipazione di quel

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rapporto biennale sullo stato dei diritti che è già in cantiere. Un’anticipazione e un approfondimento. La single issue ci ha consentito, infatti, un approfondimento che non sarà facile garantire, nello svolgersi ordinario del progetto, per tutti i temi che meriteranno di essere trattati. Ma questo,intanto, è motivo di interesse delle pagine che seguono.

Con le immagini di Lampedusa davanti agli occhi, con le cronache degli arrivi via mare dei profughi dei rivolgimenti in corso sull’altra sponda del Mediterraneo, non è stato difficile scegliere il tema cui dedicare questa anticipazione de “LarticoloTre”. A conti fatti, però, va detto che la scelta è stata non solo semplice, ma – crediamo - anche efficace. Quando abbiamo deciso di dedicare questo pre-rapporto ai migranti, ai profughi e ai richiedenti asilo non avevamo chiaro quanto è invece evidente nella rilettura delle cronache e degli avvenimenti istituzionali ricostruiti in questo dossier: come in un gioco di cerchi concentrici, la crisi del 2011 si iscrive dentro un indirizzo di politiche sull’immigrazione perseguite in maniera determinata dall’inizio della legislatura, che a sua volta riprende la torsione data nel 2002 al testo unico sull’immigrazione dalla “legge Bossi-Fini”. All’inizio del nostro lavoro non ci era chiaro quanto il suo oggetto potesse dirsi compiuto nel pur breve periodo di osservazione. Se la nostra analisi è incentrata sulle vicende del 2011 dentro il quadro politico-istituzionale in cui sono maturate, il risultato è un’analisi, che abbiamo voluto particolareggiata, delle forme e degli effetti di una politica compiutamente definita, scientemente perseguita e conseguentemente messa in pratica. In fondo, il 2011 può essere letto come uno stress-test della politica delle “porte chiuse” ai migranti, ai rifugiati e ai richiedenti asilo.

A un racconto sintetico degli avvenimenti del 2011, fanno seguito una circostanziata cronologia e il censimento degli atti di discriminazione e di violenza contro migranti, profughi e richiedenti asilo avvenuti nel corso dell’anno. Il quadro politico-istituzionale entro cui tutto ciò accade è ricostruito in tre approfondimenti dedicati all’evoluzione della legislazione tra il 2008 e il 2011, alle trasformazioni dei centri per stranieri e agli stranieri in carcere. Infine, dalle raccomandazioni rivolte all’Italia dalle organizzazioni internazionali (intergovernative, giudiziarie e non governative), e dal dibattito pubblico e istituzionale in corso in Italia, abbiamo tratto le nostre Raccomandazioni per il necessario e urgente cambio di indirizzo politico in materia.

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Parte prima

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Focus

Africa, Italia. Cronistoria del «caso Lampedusa»

Lungo tutto il 2011 il governo Berlusconi si è affannato a ripetere che «Lampedusa non è sola». In realtà andava aggiunta la lettera “i”: Lampedusa non è un’isola. Poiché è semmai divenuta un paradigma e una contraddizione: geograficamente è la zona più meridionale dell’Italia, ma geologicamente è la punta più avanzata dell’Africa, della cui placca continentale fa parte. Da Lampedusa le coste tunisine distano circa 110 chilometri, mentre quelle siciliane oltre 200.

Lampedusa è ingresso d’Europa e assieme bastione avanzato della costa sud del Mediterraneo. Cancello della Fortezza europea, ma anche porta girevole del futuro. Reclusorio e ostello. Nel 2011, assai più che nelle ondate migratorie degli anni precedenti, i suoi venti chilometri quadrati di superficie hanno rischiato di trasformarsi in un carcere a cielo aperto. Del resto, già il Regno d’Italia, nel 1872, vi istituì una colonia penale.

Isola di permanenza temporanea, l’ha definita qualcuno. E questo, in effetti, è divenuta per molti mesi: il più grande Centro per migranti d’Italia e probabilmente del mondo.

Un Centro di pronta accoglienza, ma contemporaneamente anche di reclusione, di confinamento, di sottrazione di prerogative e diritti; in definitiva, di dignità. Innescando così un ulteriore paradosso: coloro che fuggivano da situazioni di guerra civile, come in Libia, o da violenze e fame, come in altri Paesi del Maghreb e del Mashreq, ma comunque in cerca di libertà, dignità e futuro, si ritrovavano immediatamente spogliati di tutto ciò e riconsegnati, in altro modo e in altro luogo, alla medesima condizione di partenza. Come in un tragico gioco dell’oca, dove la posta in palio sono i diritti umani fondamentali. Emblematiche al riguardo le proteste delle centinaia di tunisini che, nel settembre 2011, dopo l’incendio di una parte del Centro, dopo scontri fisici con la polizia e sassaiole con i residenti, sono sfilati in manifestazione al grido di «Libertà, libertà». Lo stesso identico urlo che ha accompagnato come una colonna sonora la “rivoluzione dei gelsomini”.

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Le primavere arabe

Il dato nuovo che ha moltiplicato e connotato diversamente dal passato i flussi migratori verso l’Europa è sicuramente questo: la rivendicazione di futuro, di possibilità di scegliere il proprio destino e anche un maggiore grado di consapevolezza dei propri diritti. In qualche modo, viaggi della cittadinanza, non solo della speranza.

Si è ripetuto, su scala assai più ampia e in una dimensione internazionale, quello era successo nel 2010 con la rivolta di Rosarno. Lì il lievito erano stati quegli immigrati che, a causa degli effetti della crisi economica globale, avevano – per primi e in numero maggiore – perso il lavoro nelle fabbriche del bresciano, del Veneto, della Lombardia, del Nord-Est. Operai sindacalizzati, informati e spesso acculturati, indisponibili a rapporti di lavoro improntati da condizioni di semi-schiavismo e da esplicito razzismo come quelli che governavano i lavori servili nelle campagne del Mezzogiorno e, all’epoca, a Rosarno in particolar modo. E che forse ancora sono in vigore, come hanno dimostrato le lotte e le proteste dell’estate 2011 nel Salento da parte di lavoratori stagionali immigrati, sostenuti dalla CGIL.

Sono stati loro a ribellarsi alle condizioni imposte da caporali e camorristi, ma anche da agricoltori, commercianti e imprenditori per così dire “normali”. Datori di lavoro cui è parso incredibile, oltre che inusitato, che fossero messe in discussione le paghe da fame, le condizioni lavorative e alloggiative disumane, lo sfruttamento più sfrontato.

In modo analogo, le ondate di profughi e di migranti economici che avevano appena vissuto le ribellioni in Tunisia, Egitto e Algeria, più che per disperazione come in precedenza, nel 2011 hanno scelto la via del mare per consapevolezza. Con la coscienza di avere diritto a un posto nel mondo. E di dover provare a sceglierlo quel posto, giacché il mondo, attraverso i processi di globalizzazione, influiva direttamente e quotidianamente sulla loro vita nel loro Paese. Determinando, ad esempio, quanto dovesse costare il pane, attraverso la speculazione finanziaria, o togliendo la possibilità di vivere e lavorare, mediante i processi di desertificazione dovuti all’effetto serra.

Se i padroni dei flussi globali, insomma, influiscono in ogni dettaglio della vita sul singolo territorio e nel locale, allora diventa legittimo e necessario andare per il mondo e provare a sfuggire a una condizione imposta e iniqua.

La primavera araba è stata innescata anche da ciò, dalla lotta per il pane, contro l’impoverimento crescente. Non è certo una remota coincidenza il fatto che i prezzi

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mondiali dei generi alimentari abbiano segnato un record sotto la spinta della speculazione proprio a gennaio 2011, quando si sono infiammate le piazze di molti Paesi. Se ne è parlato poco in Occidente, preferendo enfatizzare l’aspetto della rivolta contro le tirannie. Un elemento che certo è stato presente, ma assieme ad altri. Per primo, appunto, quello della ribellione contro gli effetti di un governo della globalizzazione che produce crisi, povertà, diseguaglianze e devastazione ambientale. E, di conseguenza, migrazioni.

La figura di Mohamed Bouazizi, il laureato disoccupato di 26 anni che si è dato fuoco in Tunisia il 17 dicembre 2010 è, in termini sociologici, identica a quella delle decine di migliaia di uomini e di donne che, nei mesi successivi, hanno aperto il flusso migratorio verso la porta dell’Europa. Una porta, peraltro, così stretta da somigliare a una forca caudina. Un flusso di giovani e giovanissimi, spesso con un alto livello d’istruzione, ma senza lavoro: il 62% dei disoccupati marocchini, il 72% dei tunisini e il 75% degli algerini ha tra i quindici e i ventinove anni. In Egitto e in Libia l’età media è di 24 anni, in Marocco di 26, in Algeria di 27, in Tunisia di 29.

Le immagini di Lampedusa ci raccontano insomma storie di una speranza indomabile, la stessa che ha rovesciato regimi liberticidi e decennali armati (nel 2009 le esportazioni di armamenti europei verso i Paesi del Nord Africa sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente, passando da 985 milioni a due miliardi di euro) e sostenuti dai governi occidentali fino a poco prima (o poco dopo) delle sollevazioni popolari; una speranza e una volontà che hanno abbattuto dittature violente.

Quali sbarchi?

Dopo i sommovimenti popolari e i rivolgimenti istituzionali del Maghreb, il primo sbarco nell’isola delle Pelagie di cui le cronache forniscono notizia è del 14 gennaio 2011. Non riguarda però una “carretta del mare”, bensì un lussuoso yacht, che si ferma in avaria al porto dell’isola. I due marinai, che chiedono asilo politico, riferiscono che l’imbarcazione è di proprietà del nipote di Ben Ali, il presidente tunisino contestato e deposto dalle proteste popolari.

Questo è il primo, ma anche quasi l’unico sbarco. In termini propri. Dato che le migliaia di barche, gommoni e natanti di vario genere e natura che in seguito trasporteranno un’umanità dolente e speranzosa dalle coste africane alla porta di ingresso dell’Europa, vale a dire in Italia e in specifico a Lampedusa, non

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approderanno direttamente nei moli dell’isola, ma saranno praticamente tutte intercettate al largo e poi trainate o comunque scortate in porto dalle vedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, secondo le procedure dette SAR (Search and Rescue).

Ed è quello che succede alle due imbarcazioni che, già il giorno successivo dell’arrivo dello yacht del parente di Ben Ali, vengono individuate in alto mare dalle motovedette italiane e rimorchiate a Lampedusa. Su di esse, 31 persone che chiedono asilo, sostenendo di essere state legate a Ben Ali e dunque di rischiare ritorsioni in Tunisia.

È l’avanguardia di un flusso che dalla metà di gennaio diventerà costante e giornaliero. Ed è questa la data – il 15 gennaio – assunta ufficialmente come inizio della «invasione», nonostante il primo, e vero, sbarco sia del giorno precedente.

Che la definizione di sbarchi – termine che pure per mesi viene ossessivamente proposto dai media ed enfatizzato dal governo e dalle forze politiche sino a entrare nel luogo comune – sia non solo inesatta, ma fuorviante lo dicono, inascoltate, fonti diverse e non sospette, e per prima proprio l’amministrazione comunale di Lampedusa e Linosa, che il 15 marzo 2011 dichiara: «nella maggior parte dei casi si tratta di recuperi a distanza varia, tra i cinquanta e le cento miglia marine fuori dall’arcipelago delle Pelagie». E chiarisce: «la precisazione non ha un valore solo lessicale, poiché la differenza incide sull’immagine complessiva dell’isola. Nel concetto di sbarco vi è un immaginario di aggressività, inesistente in quello di recupero, che invece conferma la tradizione d’accoglienza per la quale Lampedusa è medaglia d’oro. I recuperi potrebbero avvenire con destinazione diversa, come a Malta o in Sicilia. Avvengono per comodità dello Stato italiano su Lampedusa, rotta di passaggio, dai fenici ai greci, dai romani agli arabi, fino ai giorni nostri».

Un primo bilancio degli arrivi è datato 1° febbraio: dice che dall’inizio dell’anno sono stati circa venti gli sbarchi registrati dalla Guardia costiera. Ciascuno di poche decine di persone, dato che in totale hanno riguardato 244 immigrati, tutti maschi, 167 dei quali giunti a Lampedusa. Dove, peraltro, non viene riaperto il locale Centro di Soccorso e Pronta Accoglienza (CSPA), chiuso dal marzo 2009. I migranti sono alloggiati in albergo, in attesa di essere trasferiti, oppure rimangono all’addiaccio sul molo.

Per quanto siano ancora pochi i migranti, per lo più tunisini, arrivati sino a quel momento, la scelta di non utilizzare il CSPA, la cui capienza è di 850 posti, non

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sembra molto razionale.

In ogni modo, da parte delle autorità non pare esservi ancora consapevolezza delle dimensioni cui a breve potrà arrivare il flusso degli arrivi dalle coste africane. Come non erano state previste le rivolte, così non ne sono percepiti per tempo alcuni possibili effetti. Persiste anche, evidentemente, la convinzione che pure nella nuova situazione Gheddafi continuerà, come dall’accordo del 2009, a chiudere il collo della bottiglia, bloccando le partenze dalle coste e trasferendo i migranti nei propri campi di detenzione. In effetti, ancora a fine gennaio, anche se non vi è più la presenza fisica di finanzieri italiani sulle sei motovedette donate dall’Italia alla Libia nell’ambito del suddetto accordo, persiste un rapporto di assistenza. E, del resto, le proteste fino a quel momento hanno interessato Tunisia ed Egitto, ma non ancora la Libia, dove la prima manifestazione avverrà il 15 febbraio, pochi giorni dopo le dimissioni dell’egiziano Hosni Mubarak e un mese dopo la caduta del tunisino Ben Ali.

Intanto, però, gli arrivi iniziano a crescere d’intensità e i migranti di numero. Dalle decine si passa alle centinaia di arrivi in una sola giornata.

Mentre la politica ancora tace, o è distratta, e le autorità locali e nazionali tendono a tenere sotto tono la situazione, sono le organizzazioni umanitarie e quelle sociali che iniziano a porre il problema dell’adeguatezza dell’accoglienza. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) annuncia un monitoraggio per verificare l’effettiva assistenza e la possibilità per i migranti di fare la domanda di asilo, mentre il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi, mette in discussione la scelta – confermata dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni – di non aprire il Centro di accoglienza e si offre di ospitare migranti in una struttura della parrocchia. Protesta anche l’associazione Askavusa di Lampedusa: «Il CSPA è attivo e funzionante, tanto che l’assistenza al molo viene garantita dai dipendenti del Centro. È disumano pensare di poter lasciare questa gente la notte all’addiaccio per una questione di principio» (10 febbraio).

Sul piano nazionale, prendono posizione i vescovi della CEI, le ACLI, l’ARCI, il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR). Quest’ultimo osserva: «Quella che viene chiamata emergenza umanitaria era perfettamente prevedibile, già nel mese di gennaio sono arrivate 25 imbarcazioni con 245 persone, ovvero la metà di tutti gli arrivi dalla Tunisia nel 2010, numero che rappresentava già un aumento di quasi il doppio rispetto al 2009» (11 febbraio).

Ormai gli arrivi sono nell’ordine delle migliaia e la preoccupazione cresce giorno

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dopo giorno. Tra il 9 e il 10 febbraio arrivano a Lampedusa 500 nuovi migranti; tra il 10 e l’11 febbraio ne giungono altri 2.000; la notte tra il 12 e il 13 febbraio 2.600. Le migliaia di migranti sono approdate sull’isola con una cinquantina di imbarcazioni; così anche il porto inizia a essere ingolfato e inagibile, i pescatori protestano. I trasferimenti con aerei e traghetti non riescono a tenere il ritmo, e poi le strutture disseminate nella Penisola iniziano a essere sature. Solo a questo punto, sia il sindaco di Lampedusa sia il ministro Maroni prendono atto e parlano di «esodo biblico»: quanto prima si tendeva a nascondere il problema ora lo si enfatizza oltre misura. In ogni modo, il 13 febbraio il CSPA di Lampedusa viene riaperto e già il giorno successivo è gonfio di 2.150 immigrati.

I primi numeri e le non-notizie

Il 14 febbraio, il ministero dell’Interno fornisce un primo bilancio: dal 15 gennaio gli arrivi sono stati di 5.278 persone, pressoché tutte tunisine, di cui 2.644 già trasferite da Lampedusa verso altre strutture, mentre 344 sono state riprese in carico dalle motovedette tunisine; 26 gli “scafisti” arrestati, 41 le imbarcazioni sequestrate.

Leggermente diversi i primi dati forniti da Frontex, l’Agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere, secondo la quale tra il primo gennaio e il 13 febbraio gli immigrati irregolari arrivati sulle coste dell’Italia meridionale sono stati 5.526, tra cui 34 donne e 108 minori, di cui 90 non accompagnati; gli sbarchi sono stati 116, di cui 80 nella sola Lampedusa, dove sono arrivate 5.031 persone, tra cui 18 donne e 69 minori non accompagnati. Poco rilevanti gli arrivi in altre zone o Regioni: 24 sbarchi con 231 immigrati sulle coste della Sicilia; tre sbarchi con 57 persone in Puglia; otto, con 192 persone, in Calabria; un solo sbarco, con 15 persone, in Sardegna.

A un mese esatto dal primo “sbarco” a Lampedusa, nello stillicidio delle cronache quotidiane che parlano di avvistamenti al largo o di arrivi, il 15 febbraio i media annunciano che, invece, che sono già trascorse due notti senza nuovi approdi sull’isola. Più che a rasserenare, la “non-notizia” – che si ripete il giorno successivo – sembra tendere a creare ansia, a rinfocolare attese e tensioni.

Ecco che allora le agenzie di stampa propongono una variazione sul tema, abbandonando per un attimo uno dei consueti stereotipi, quello delle «carrette del mare». Così, la cronaca degli sbarchi del 16 febbraio titola: «Fermato gommone di lusso», e riferisce di un 13 metri, dotato di ben tre motori da 250 cavalli, che ha

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fatto sbarcare in Calabria 38 afghani, tutti bloccati dalle forze dell’ordine, assieme ai tre “scafisti”, albanesi. In effetti, mentre i riflettori sono accesi su Lampedusa, flussi decisamente minori, ma abbastanza frequenti di sbarchi avvengono sulle coste calabresi e pugliesi. In questi casi, non si tratta di tunisini, ma in genere di afghani e pachistani che partono dalla Grecia. Piccoli numeri che fanno notizia solo quando a Lampedusa le cronache non registrano novità e la macchina dell’informazione rischia di girare a vuoto. Di conseguenza, nella stessa giornata, viene diffusa un’altra non-notizia: sei tunisini avrebbero dormito nella villa che il cantante Claudio Baglioni possiede a Lampedusa. La casa era vuota e non è stato fatto alcun danno, comunicano le agenzie (16 febbraio). Rimane il mistero di come sia stato possibile contare il numero degli ospiti abusivi e soprattutto accertarne la nazionalità.

Il terzo giorno consecutivo senza sbarchi sull’isola, la notizia diventa una dichiarazione del sindaco, Bernardino De Rubeis, preoccupato di una possibile degenerazione della situazione. C’è da dire che proprio lui sembra voler contribuire a quella nefasta ipotesi, anziché scongiurarla, dato che nei giorni successivi emetterà un’ordinanza “anti-accattonaggio”, che di fatto vieta ai migranti alloggiati nel centro d’accoglienza (in quel momento 697) di uscire dalla struttura (26 febbraio). Quel provvedimento lo porterà a essere indagato dalla procura di Agrigento per istigazione all’odio razziale e abuso di autorità. Un’accusa per lui non nuova: già nel 2009 era stato processato (ma poi assolto) per lo stesso reato: in un’intervista rilasciata al quotidiano “la Repubblica” del 12 settembre 2008 avrebbe affermato: «Non voglio essere razzista, ma la carne dei negri puzza anche quando è lavata».

I magistrati agrigentini, competenti per territorio, in quei giorni si trovano peraltro di fronte a un superlavoro: iscrivono infatti nel registro degli indagati – precisando che si tratta di atto dovuto – gli oltre 6.000 migranti giunti sino a quel momento a Lampedusa per il reato di immigrazione clandestina. Reato destinato a decadere qualora fosse riconosciuto lo status di rifugiato.

Gli arrivi di migranti a Lampedusa ricominciano solo il 20 febbraio – in 70, su due imbarcazioni –, per poi intensificarsi o rallentare nei giorni successivi, a seconda delle condizioni del mare. Arrivano nello stesso giorno degli esperti di Frontex, che cominciano ufficialmente la missione europea sull’isola, denominata “Hermes”: pattugliamenti aerei e marittimi, accertamento delle nazionalità, ausilio ai

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rimpatri, analisi del rischio, valutazione delle vulnerabilità e minacce alla sicurezza dall’avamposto meridionale dell’Unione Europea. Una missione economicamente assai impegnativa, dato che solo nei primi 40 giorni i costi sono stati di 2,6 milioni di euro e che, dopo la scadenza del 31 marzo, è stata prorogata sino a fine agosto.

All’inizio di marzo, il ministro dell’Interno Roberto Maroni comunica che sono poco più di 2.000 i tunisini che hanno chiesto la protezione umanitaria, solo 400 dei quali hanno fatto domanda di asilo. Le richieste sono poche giacché la gran parte dei tunisini vorrebbe proseguire verso la Francia; se si presenta la richiesta di protezione si è invece costretti ad attenderne l’esito in Italia e, se positivo, a fermarvisi. Nell’occasione, Maroni rilancia il suo consueto leitmotiv riguardo ai rischi connessi alla crisi libica: «Ci sono un milione e mezzo di clandestini, in questi giorni stanno scappando verso ovest e verso est, ma mi aspetto che in futuro possono andare anche verso nord. Dobbiamo quindi essere pronti a ogni evenienza» (1° marzo).

Ancora una volta, le stime quantitative avvalorate dal governo a livello pubblico non sembrano fondate. Tanto che il giorno dopo il responsabile di Frontex, Ilka Laitinen, parla di cifre «speculative».

Per quanto riguarda i numeri di Lampedusa, in un’audizione al Senato l’allora sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ne fornisce di più precisi: «Dei 2.296 tunisini provenienti da Lampedusa e attualmente ospiti dei Centri di accoglienza rifugiati presenti in Italia 2.147 hanno chiesto protezione umanitaria: 1.172 hanno già formalizzato l’istanza, gli altri 975 lo faranno nei prossimi giorni».

Nonostante tutto, il clima a Lampedusa non è ancora infuocato e i lampedusani non manifestano particolari insofferenze. Addirittura, il presidente della Federazione degli albergatori delle Pelagie annuncia a metà febbraio che la stagione turistica è partita bene, anche meglio dello scorso anno, che già aveva visto un incremento del 20% delle presenze. E di quello lì si vive. Basti pensare che a fronte di 6.000 residenti a Lampedusa vi sono costruzioni per 60-70.000 abitanti, a testimonianza della vocazione turistica. Del resto, anche l’imponente apparato di sicurezza e controllo presente sull’isola si traduce in introiti economici per gli operatori turistici. E poi vi sono gli stanziamenti, quale il contributo straordinario di 800.000 euro deliberato dalla Regione Sicilia a favore del Comune, per fare fronte alle «emergenze connesse alla pressione migratoria» (3 marzo). Oltre ai fondi regionali, vanno poi considerati quelli, ben più consistenti, stanziati

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da governo italiano (che al tavolo di confronto con gli enti locali annuncia l’istituzione di un Fondo nazionale «per fronteggiare l’emergenza») e Unione Europea (la richiesta italiana è di un contributo straordinario di 100 milioni di euro).

Sull’isola, a seguito dei migranti, cominciano ad arrivare risorse economiche, politici nazionali e ministri in visita, esponenti dell’estrema destra francese, eserciti e polizia, specialisti europei, eppure non riesce ad arrivare la stampa quotidiana: da gennaio, difatti, sull’isola al centro dell’attenzione dell’Europa non ci sono giornali, in ragione di un contenzioso sui diritti aeroportuali tra società di gestione e compagnia aerea.

A surriscaldare la situazione, oltre al sindaco, ci provano esponenti politici del calibro di Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord e di Marine Le Pen, a capo del Fronte Nazionale, il partito dell’estrema destra francese, come già il padre Jean-Marie. Giunti a Lampedusa per cavalcare (o per innescare) il malcontento dei residenti, trovano la cordiale accoglienza del sindaco, ma anche quella, diversamente calorosa, delle associazioni locali, che innalzano un ironico striscione: «Il mondo è a colori, fatevene una ragione».

I due, per evitare le contestazioni, sono dovuti uscire da un varco riservato dell’aeroporto e visitare il Centro, ma senza poter incontrare gli immigrati, che difficilmente avrebbero espresso simpatie nei loro confronti. All’uscita, però, l’esponente del Fronte Nazionale ha ritenuto di esternare ai giornalisti al seguito il proprio pensiero: «Invece di accoglierli a Lampedusa, l’Italia dovrebbe inviare le navi con acqua e alimenti e assistere i migranti in mare, evitando che sbarchino nell’isola» (14 marzo). Dimenticando che è proprio quello che il governo Berlusconi ha fatto sino a ieri, anche in dispregio delle normative umanitarie e internazionali, e che vorrebbe continuare a fare, non fosse per la contingente situazione libica, che ha interrotto l’operatività dell’accordo sui respingimenti in mare e sul blocco delle partenze, e in generale per la nuova situazione internazionale prodotta dalle Primavere arabe.

Nel frattempo, preoccupazioni e tensioni (e improvvisazioni) hanno tracimato dall’isola per riverberare sull’intera penisola, interessata dal cosiddetto “Piano B” del ministro Roberto Maroni, che prevede anche 13 nuovi Centri di Identificazione ed Espulsione, da allestirsi in strutture militari dismesse con l’istituzione di tendopoli e campi destinati a ospitare le migliaia di evacuati da Lampedusa.

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Soluzioni alternative sono comunque urgenti, giacché, delle circa 11.000 persone sbarcate da inizio anno, a metà marzo sull’isola ne sono presenti 2.629, a fronte di una capienza di 850 posti del Centro; i trasferimenti verso altre strutture sono lenti e difficoltosi, anche perché i 31 Centri complessivamente esistenti in Italia (CIE, CARA, CDA, CPSA) hanno una capienza totale di circa 8.500 posti e sono già saturi. Non è ancora operativo il “Villaggio della solidarietà” in via di allestimento a Mineo, in provincia di Catania, nel residence degli Aranci, un tempo abitato dai militari USA di stanza a Sigonella, dove il governo intende trasferire almeno 2.000 richiedenti asilo (nonostante l’opposizione di una parte dei sindaci della zona e quella ancor più rigida della Regione).

Come misura nell’immediato, il governo pensa a un accampamento nella stessa isola delle Pelagie. Lo annuncia il prefetto di Palermo e commissario straordinario, Giuseppe Caruso: «sono state già avviate le procedure per l’allestimento della tendopoli a Lampedusa», assicurando che «i tempi saranno i più rapidi possibili: sono già in partenza materiali, uomini e risorse per l’allestimento della struttura nel luogo che sarà ritenuto più idoneo». Il luogo individuato è l’ex base Loran dell’isola, dove i tecnici del Comune compiono un sopralluogo. Ma la scelta è immediatamente contestata dalla combattiva sezione di Legambiente sull’isola, che la giudica «gravemente lesiva dei diritti dei migranti e offensiva della dignità degli isolani: da luogo di accoglienza e primo soccorso, Lampedusa verrebbe trasformata in recinto per il concentramento a tempo indeterminato di migliaia di migranti» (16 marzo).

Per tutta risposta, le tendopoli ipotizzate dalle autorità sull’isola diventano due: quella nell’ex base Loran, per 500 posti, e un’altra davanti alla Casa della Fraternità gestita dalla parrocchia.

Si tratta di soluzioni contrastate dal Comune e dalla Regione e che, in ogni caso, si rivelano semplici pannicelli caldi. Già nei giorni seguenti la situazione è drammatica, dopo che tra il 19 e il 20 marzo sono giunte 2.500 persone. Nel primo giorno di primavera sull’isola ci sono 5.400 stranieri, 2.800 dei quali accampati all’aperto lungo il molo, mentre 230 minori dormono per terra in una sede comunale.

L’emergenza, tanto evocata, comincia veramente a manifestarsi. Lampedusa inizia per davvero a sembrare un carcere a cielo aperto.

In quel delicato frangente, il ministro Maroni non trova di meglio che rilanciare il consueto e fantomatico rischio d’infiltrazione di terroristi nei flussi dei migranti.

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Assieme, assicura l’arrivo di una nave per trasferire (ancora non si sa verso dove) un migliaio di immigrati e annuncia che «il governo ha deciso di farsi carico del grave disagio dei lampedusani, definendo misure di carattere economico e strutturale per compensare l’isola di quanto sta subendo» (21 marzo). Misure che l’amministrazione dell’isola in verità aveva già espressamente richiesto e specificato: moratoria per mutui ed esenzione fiscale per il 2011; zona franca a fiscalità zero; istituzione di un pronto soccorso; rifacimento delle strade e completamento della piscina, fondi per la promozione del turismo.

L’emergenza e la shock economy

Come spesso in Italia, attorno alle emergenze, vere o presunte, si determina un terreno fertile per l’economia. O, meglio, per la shock economy.

Il Piano di emergenza di Maroni, attorno al quale il governo tenta – senza molto successo – di coagulare il consenso di Regioni, Provincie e Comuni, è quello che prevede la distribuzione in tutto il Paese di 50.000 profughi – cifra sulla quale continua a insistere il Viminale, nonostante dall’inizio dell’anno al 21 marzo i migranti arrivati siano stati solo 14.918. Secondo il Piano, lo smistamento dei migranti, avverrà in base al numero di abitanti per regione, ma con correttivi per quelle Regioni «che hanno già una forte pressione migratoria (Sicilia, Calabria e Puglia), l’Abruzzo, che ha avuto il terremoto, e altre che ospitano già un numero elevato di centri per migranti» (22 marzo). Le risorse finanziarie arriveranno dal fondo della Protezione civile.

All’amministrazione dell’«emergenza clandestini», come la definisce, dà il suo contributo anche l’allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che annuncia di aver reso disponibili ulteriori 200 militari, che vanno ad aggiungersi ai 100 già inviati a Lampedusa e ai 50 destinati a Mineo. E nel “Villaggio della solidarietà” lì istituito cominciano ad affluire i profughi, trasferiti da Lampedusa. Al migliaio già arrivati da altre parti d’Italia, se ne aggiungono, il 24 marzo, altri 498, i quali, assieme ai militari di La Russa, trovano però ad attenderli ai cancelli dieci sindaci e amministratori di paesi di quel territorio, che tentano di non fare accedere alla struttura gli autobus in arrivo: lamentano sia la lievitazione delle presenze inizialmente previste, sia la violazione dell’accordo che prevedeva il trasferimento a Mineo solo di quanti avessero presentato domanda d’asilo, poiché la funzione stabilita per Mineo era quella di Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA).

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A supporto della protesta dei sindaci arriva un’interrogazione al ministro dell’Interno da parte di due senatori, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta che chiedono «quali siano i motivi che hanno spinto il Viminale e Palazzo Chigi a scegliere contro il parere delle amministrazioni locali il “Villaggio della solidarietà” di Mineo, una cittadella di 25 ettari». Ma in qualche modo si rispondono da soli, affermando che «con la ditta Pizzarotti di Parma, costruttrice e proprietaria del villaggio», è stato stipulato «un accordo dal costo tenuto segreto». Gli interroganti chiedono dunque al ministro «di rendere pubbliche le motivazioni, le modalità e il costo complessivo di questo accordo» (24 marzo).

Certamente si tratta di somme assai ingenti, per non dire spropositate, se si considera che l’amministrazione statunitense aveva stipulato con Pizzarotti un contratto decennale del valore di ben 8,5 milioni di dollari l’anno per ospitare a Mineo le famiglie dei propri soldati.

Di nuovo, insomma, emerge l’aspetto economico come fortemente intrecciato alle scelte che il governo Berlusconi man mano prende nella «emergenza» immigrazione che si è sviluppata e che è stata sapientemente enfatizzata come tale.

La situazione di eccezionalità, vera e presunta, diventa persino motivo per rinviare più volte la data di un processo al sindaco di Lampedusa, De Rubeis, accusato di aver chiesto tangenti, ma impossibilitato a presenziare alle udienze a causa appunto dell’«emergenza immigrazione» (4 aprile).

Oltre agli amministratori locali, però, cominciano a protestare anche i diretti interessati: le migliaia di immigrati ammonticchiati a Lampedusa sugli scogli, in condizioni igieniche e materiali spaventose, chiedono di poter lasciare l’isola. Che la situazione sia insostenibile lo conferma l’assessore regionale all’Ambiente, Gianmaria Sparma, secondo il quale, dalle verifiche effettuate, la situazione risulta «esplosiva, sia dal punto igienico-sanitario, sia assistenziale. Sono elevati anche i rischi per l’ordine pubblico, perché, nei fatti ormai, siamo in presenza di un incontrollato e non controllabile campo profughi» (24 marzo).

I trasferimenti verso Mineo vengono però interrotti, mentre continuano quelli verso un altro CARA, quello di Bari, le cui presenze in breve arrivano a 1.225.

Come in un gioco dei quattro cantoni, la nuova destinazione prescelta per i trasferimenti diventa la provincia di Taranto, a Manduria, dove il Viminale ha deciso di inviare in una nuova tendopoli circa 500 persone, con la prospettiva che diventino presto alcune migliaia.

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Il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino del PDL, viene nominato commissario per l’emergenza dei profughi, con potere di affidamento dei servizi e lavori a imprese di fiducia. Emergenza significa anche questo: niente gare d’appalto, possibilità di gestire risorse economiche aggiuntive senza vincoli.

La tendopoli di Manduria, allestita nell’area di un vecchio aeroporto militare abbandonato, è il primo dei 13 Centri di Identificazioni ed Espulsione (CIE) annunciati dal governo. La Regione pugliese – dove esistono già da tempo due CIE e tre CARA – protesta subito per il mancato coinvolgimento nell’individuazione dell’area, operata autonomamente dal ministero della Difesa. «La nostra esclusione dalla scelta è la prova che sulla base di capziose distinzioni tra clandestini e richiedenti asilo, in Puglia si vuole allestire un nuovo Centro di identificazione ed espulsione e che per raggiungere lo scopo non si vuole avere tra i piedi il governo pugliese», dicono gli assessori regionali alla protezione civile, Fabiano Amati, e all’accoglienza dei migranti, Nicola Fratoianni, che assicurano battaglia: «la Puglia ostacolerà in ogni modo qualsiasi operazione di incivile ordine pubblico camuffata con volute di amorevole accoglienza» (25 marzo).

Ma, poco dopo, quando a fine marzo entra in funzione, protestano pure i diretti interessati, a livello di governo e di Comune: presentano le dimissioni il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano e il sindaco Paolo Tommasino. Il motivo della decisione è il quasi raddoppio delle presenze, rispetto al tetto di 1.500 in precedenza annunciato e garantito a nome del governo dallo stesso Mantovano.

Protestano anche cittadini e forze sociali. Per molti giorni si assiste a manifestazioni contrapposte: da un lato, residenti che si oppongono al campo e alla presenza di immigrati; dall’altro, sindacati e associazioni, solidali con i migranti.

A Manduria si manifesta poi un altro preoccupante fenomeno: di fronte alle frequenti fughe di migranti che scavalcano le recinzioni (per tentare di dirigersi verso la Francia, che è da subito la vera meta per moltissimi dei tunisini arrivati in Italia), scoppia il caso delle “ronde”. Come documenta con un video un emittente locale, vi sono civili che con un furgone girano per le strade a catturare e riportare al campo gli immigrati scappati.

Si rovescia qui un altro degli stereotipi correnti, quello sui cittadini impauriti dagli immigrati: qui sono loro, gli stranieri, a dover avere timore, a essere oggetto di intimidazioni e coazioni del tutto illegittime.

E chissà se il filo spinato con il quale viene circondata a Lampedusa l’ex base

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Loran, che il 26 marzo apre i battenti per ospitare un centinaio di immigrati minorenni, serve a proteggere loro o da loro. L’unità di crisi che ha gestito i lavori di ristrutturazione dell’ex struttura dell’aereonautica militare – il cui ingresso è comunque presidiato anche dalle forze dell’ordine – assicura che il filo spinato non è per i ragazzi, ma per ragioni di sicurezza.

Probabilmente è sempre per sicurezza che a Manduria viene proibito l’ingresso ai giornalisti e persino ai parlamentari.

Per quanto si aprano a tempi record nuove tendopoli e si raddoppino da un giorno all’altro le capienze previste, non serve e non basta. Come per un perfido sortilegio, l’isola continua a traboccare.

Nel giorno dei primi trasferiti a Manduria, la contabilità dell’unità di crisi a Lampedusa fissa le presenze in 5.486, dopo gli sbarchi delle ultime 24 ore. Dal primo gennaio al 27 marzo sono sbarcati a Lampedusa complessivamente 18.501 migranti: nello stesso periodo del 2010 erano giunti solo in 27, grazie a Gheddafi. Ora, in una sola giornata sono approdati 1.700 extracomunitari, tra cui 284 profughi eritrei ed etiopi provenienti dalla Libia; mentre sono 1.000 quelli nel frattempo trasferiti (27 marzo).

Il saldo del giornale di bordo, insomma, è sempre negativo. Il 28 marzo sono 700 gli arrivi e 250 le partenze. Il 29 si arriva a 5.973 presenti, un picco destinato a essere presto superato. Almeno 2.500 immigrati dormono all’addiaccio.

Il Piano Maroni, gli enti locali e le proteste

Il sistema dei vasi comunicanti è dunque inceppato. Più e prima ancora che non dalle opposizioni parlamentari, la bocciatura delle strategie del governo viene dai rappresentanti degli enti locali, Regioni in testa, e non solo da quelli amministrati dal centrosinistra.

Il primo casus belli è relativo appunto alla scelta di istituire le tendopoli dove trasferire a migliaia i migranti, per evacuare o almeno alleggerire Lampedusa.

«No alla deportazione dei migranti a Mineo»: pare di leggere un bollettino dei centri sociali più arrabbiati, quelli che contestano alla radice le norme sull’immigrazione e, ancora di più, quei Centri detentivi per stranieri variamente denominati. Invece, la vibrante dichiarazione è del presidente della Regione siciliano, Raffaele Lombardo. Da lui, infatti, arrivano le prime critiche, che giudicano «disumana» la scelta di trasferire nel Villaggio degli aranci, a Mineo in

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provincia di Catania, «6.000 immigrati in una struttura che in realtà ne può contenere 1.400, che quindi diventerà un ghetto» (22 febbraio).

La dura posizione di Lombardo è condivisa da tutta la maggioranza che lo sostiene in Regione (PD, MPA, UDC, API e FLI), che predispone una mozione fortemente critica, pur con evidenti preoccupazioni “di campanile”, circa il Piano Maroni e le scelte del governo Berlusconi: «siamo alla vigilia di un esodo drammatico e dalle proporzioni gigantesche che il governo non può ridurre a una “vicenda siciliana”: la nostra isola non può essere trasformata in un mega-centro d’accoglienza».

Preoccupazione legittima, rinfocolata dalle dichiarazioni del prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, Commissario straordinario di governo all’emergenza immigrati: «la Sicilia è in grado di ospitare tutti gli immigrati che in queste ore stanno affluendo dalla Tunisia. Non ci sarà bisogno di mandarli in altre parti d’Italia» (14 febbraio).

Un po’ tutte le regioni, in realtà, nelle settimane in cui Maroni cerca di mettere a fuoco e poi di imporre le proprie proposte, cercano di barcamenarsi tra una petizione di principio a favore della solidarietà verso i profughi e posizioni NIMBY (Not In My Back Yard), tese ad allontanare il più possibile dal proprio territorio il problema o, almeno, a distribuirlo uniformemente, stemperandolo il più possibile. Anche perché il carico maggiore è inizialmente indirizzato verso le zone del Mezzogiorno dove sono aperti i primi campi: Mineo, Manduria, Trapani, Caltanissetta, Potenza, Santa Maria Capua Vetere.

Contestano, infatti, i deputati di maggioranza della Regione siciliana: «Vogliamo difendere la nostra terra e far comprendere che una tragedia simile non può essere esclusivamente “caricata” sulle spalle dei siciliani mentre il resto dell’Italia, per volontà di Bossi, Maroni e dell’intera Lega Nord, finge di non accorgersi del grave problema» (22 febbraio).

La questione è che il Viminale cerca accordo e consenso tra gli enti locali per quanto riguarda la gestione dei profughi, degli ipotizzati 50.000 arrivi dalla Libia e dei relativi Centri, vale a dire i CARA, decisamente meno problematici. Ma decide da solo per quanto riguarda le strutture destinate agli indesiderati, i «clandestini», ovvero i CIE, le loro collocazioni e dunque le destinazioni delle molte migliaia di tunisini sfollati da Lampedusa. Oppure inventa ibridi, come Manduria che viene qualificato Centro di Accoglienza e Identificazione.

Il conflitto emerge con evidenza proprio quando, in un incontro congiunto a Palazzo Chigi tra governo ed enti locali, viene istituita una comune “cabina di

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regia” per individuare nelle diverse regioni (Abruzzo a parte, ancora seriamente ferito dal terremoto) le soluzioni per ospitare i 50.000 profughi che potrebbero arrivare. Il sindaco di Padova, nonché rappresentante dell’ANCI, Flavio Zanonato, commenta così la riunione: «soltanto chiacchiere e propaganda. Si è parlato cioè di un’emergenza che non c’è: quella dei profughi. Di quella che invece c’è, ed è grave, vale a dire degli immigrati, non si è parlato affatto». Analoga la posizione di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «L’accordo raggiunto con il governo riguarda i profughi. Le Regioni non hanno condiviso invece le questioni relative alle tendopoli per gli immigrati irregolari: quella è una scelta unilaterale del governo» (30 marzo).

Insomma, ai profughi non si può dire di no, su di loro persino la Lega Nord smorza i toni. Anche perché dalla Libia i profughi non arrivano, se non in numeri assai ridotti. Il problema, al solito, sono i «clandestini», che fanno paura e determinano ostracismi e sollevazioni sui territori. Una questione, spesso, puramente nominalistica.

Il Presidente della Puglia, Nichi Vendola, e altri amministratori locali avanzano piuttosto la proposta di fronteggiare la situazione attraverso l’utilizzo dell’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione, con la concessione del permesso temporaneo ai tunisini, così che possano circolare liberamente nell’area Schengen e andare nei Paesi preferiti, in particolare la Francia.

Fatto sta che mentre Silvio Berlusconi da Lampedusa, in un sapiente show mediatico, promette compensazioni economiche e un «Piano di liberazione» dell’isola da effettuarsi in «48-60 ore», poco lontano, a Trapani, 1.500 residenti protestano contro l’istituzione di una tendopoli nei pressi dell’aeroporto, destinata a ospitare centinaia degli immigrati provenienti da Lampedusa. E sfottono il premier con cartelli che recitano: «Vendesi villa a Kinisia, prezzi modici» (31 marzo).

Berlusconi ha in effetti annunciato (forse in una imitazione dell’Ich bin ein Berliner di John Fitzgerald Kennedy) di essere anch’egli sbarcato sull’isola e «diventato lampedusano», avendovi acquistato un’abitazione, Villa Due palme, dopo averla vista su Internet. Valore, un milione e mezzo di euro. I vicini dichiarano alla stampa di essere emozionati. Terminate le necessità mediatiche, in una girandola di notizie e smentite, emergerà che l’acquisto della villa non è forse avvenuto davvero.

Si protesta anche fuori dalla Sicilia, in un’altra delle aree militari dismesse in cui è

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previsto l’insediamento di una tendopoli, Coltano, in provincia di Pisa, nell’ex centro radar americano che dovrà ospitare 500 migranti. Si oppone però il sindaco e le forze del centrosinistra organizzano un presidio. Alla recinzione sono affissi striscioni con le scritte: «Coltano non è un lager», «Pisa è satura, ora basta».

Le tensioni, intanto, si spostano anche a Ventimiglia, al confine con la Francia, dove il 31 marzo viene aperto un centro di accoglienza appena fuori la città, gestito dalla Croce rossa, dove cominciano ad affluire i singoli immigrati che riescono a filtrare tra le maglie del controllo e quelli che riescono ad allontanarsi, spesso in gruppi nutriti, dalle tendopoli, in particolare da Manduria. E sembra plausibile il sospetto che questo flusso verso la frontiera francese venga, se non agevolato, almeno non contrastato con rigore dalle autorità italiane e dall’apparato di vigilanza dei Centri. Sospetto che spinge a intervenire ruvidamente il segretario generale del sindacato di polizia SIULP, Felice Romano, per negare qualsiasi «connivenza per far fuggire questi cittadini dai centri che li ospitano» da parte dei poliziotti, che invece «con grande spirito di abnegazione e di sacrificio, stanno cercando di gestire al meglio una tragedia da tutti, a parole, definita epocale, ma da pochi, troppo pochi, riconosciuta in concreto come tale» (2 aprile).

È, in effetti, un dato obiettivo che molti dei tunisini giunti in Italia abbiano come meta la Francia, per ricongiungersi a parenti o comunque giudicandola preferibile, anche per ragioni storiche e linguistiche, all’Italia. Le indisponibilità di Francia e Unione Europea ad assumersi una parte del carico dell’emergenza (se non attraverso i pur cospicui aiuti economici), suddividendolo tra i diversi Paesi, naturalmente provoca comprensibili malumori nel governo italiano. Su questo sostenuto anche dal lavoro diplomatico del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che più volte si appella all’Europa, anche telefonando al presidente della Commissione, José Manuel Barroso.

All’inizio di aprile montano i malcontenti: i migranti protestano a Manduria, rifiutandosi di rientrare la sera nella tendopoli; protestano in quella di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, con lo sciopero della fame; protestano a Lampedusa: pacificamente gli adulti, con lo sciopero della fame, un po’ meno i minori, che danneggiano la Casa della Fraternità dove sono ospitati; protestano a Pisa i residenti, per bloccare l’insediamento di un Centro di accoglienza, danneggiandone impianti e cantiere, ma senza risultato, dato che il presidente della Regione Enrico Rossi ribadisce la propria netta posizione: «Per quel che mi riguarda possono continuare a manifestare. La Toscana si è impegnata e questo è

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il programma di accoglienza» (4 aprile). Che pure insiste anche per un’equa ripartizione tra le Regioni: «da noi in Toscana ci sono 300 immigrati che stanotte hanno dormito e sono stati assistiti, e dopodomani ne arriveranno altri 200. Per prenderne uno di più aspetto che anche la Lombardia e il Veneto ne prendano almeno 500» (5 aprile). Ma, da quell’orecchio, la Lega ha già dimostrato di non sentirci. Uno per tutti, il sindaco di Treviso, Gianpaolo Gobbo, dichiara che «in Veneto non c’è posto per nessuno» (4 aprile).

Sull’ostruzionismo delle Regioni del Nord ad accogliere sul proprio territorio interviene sdegnata persino “Famiglia cristiana”, con un editoriale che critica la «Lega di lotta e di governo»: «nell’anno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia il Paese è frammentato. Ognuno va per conto suo, secondo egoismi e interessi locali. Abbiamo perso la memoria: un tempo eravamo un popolo di emigranti, conosciuti nel mondo per spirito di solidarietà». Il settimanale cattolico ricorda poi che se è vero che l’Europa latita, sorda a ogni appello italiano, e la Francia alza una “cortina di ferro” al confine con Ventimiglia, è anche vero che «anni e anni di euroscetticismo all’italiana non hanno giovato», dato che «non è possibile invocare l’aiuto europeo e, al tempo stesso, coltivare i localismi e contrastare i provvedimenti di Strasburgo, come il mancato pagamento delle quote latte» (“Famiglia cristiana”, n. 15, 6 aprile).

Ciò nonostante la Lega, attraverso il proprio eurodeputato Fiorello Provera, ha presentato ed è riuscita a fare approvare al Parlamento Europeo a larga maggioranza una relazione che impone «il principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario» e l’attivazione della direttiva n. 55 del 2001 sulla protezione temporanea, insieme con l’invocazione del principio del non respingimento apertamente negletto in Patria e, ciò che è più grave, nelle acque del Mediterraneo (5 aprile). Insomma: la solidarietà verso i migranti a livello europeo va attuata e garantita, ma in Padania, come dicono certi sindaci, per gli immigrati «non c’è posto».

La protesta, intanto, segue il percorso dei migranti e dal Mezzogiorno sale sino a Ventimiglia, dove la situazione si surriscalda, con manifestazioni su fronti opposti. Da un lato, attivisti antirazzisti, centri sociali e associazioni del volontariato; dall’altro, la Lega Nord, ma anche gruppi della destra estrema. I gruppi di Forza Nuova e Casa Pound, in particolare, sono attivissimi in quelle settimane nel cavalcare, ed esasperare, le preoccupazioni per l’«emergenza immigrati».

E forse, alla fine, le proteste a qualcosa servono, perché il “modello toscano” batte

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il “Piano Maroni”. La linea del governatore Rossi e di altri amministratori locali, peraltro, era stata sposata dal Partito Democratico, che aveva esposto le proprie proposte: applicare l’articolo 20 e concedere i permessi temporanei agli immigrati presenti; stipulare un accordo con la Tunisia, che preveda un blocco agli arrivi e una gestione programmata dei rimpatri; abbandonare la strategia delle tendopoli, «che stanno già creando tensioni ingestibili» e piuttosto «in accordo con le Regioni, gli enti locali e in collaborazione con le associazioni di volontariato e la Protezione civile, si organizzi l’accoglienza in modo diffuso sul territorio» (1° aprile). Sono esattamente questi i contenuti della nuova strategia concordata pochi giorni dopo tra governo e Regioni. Dunque, un doppio smacco e una resa per Maroni e per il governo Berlusconi.

All’indomani dell’accordo tra Italia e Tunisia che, nelle intenzioni e dietro conferimento di attrezzature e aiuti economici, dovrebbe facilitare i rimpatri e ridurre le partenze, sul piano interno il governo stabilisce infatti una nuova intesa con Regioni ed enti locali: prevede il blocco delle tendopoli e la loro sostituzione con piccoli insediamenti di migranti distribuiti in tutta Italia. Assieme, viene deciso di concedere ai migranti un permesso temporaneo in base all’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione che dovrebbe consentire la libera circolazione nell’area Schengen. Francia permettendo.

In effetti, le autorità d’Oltralpe corrono immediatamente ai ripari, con una circolare del ministero dell’Interno ai prefetti, che richiama cinque rigide regole per consentire l’ingresso nel Paese: gli immigrati debbono avere un documento di soggiorno in regola; un documento di viaggio valido riconosciuto dalla Francia; risorse economiche sufficienti; non rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico; effettuare soggiorni non superiori ai tre mesi. In caso di assenza anche solo di una delle condizioni previste e richieste, gli stranieri vanno riconsegnati allo Stato membro di provenienza.

Dopo che governo e Regioni hanno trovato il faticoso accordo (che peraltro dà un ruolo centrale e risorse conseguenti alla Protezione civile) e mentre proseguono le schermaglie giuridico-diplomatiche tra Francia e Italia, le cronache si incaricano di ricordare tragicamente che in ballo ci sono vite, prima che norme e cavilli. Nella notte tra il 5 e il 6 aprile al largo di Lampedusa affonda un’imbarcazione partita dalla Libia con oltre 300 profughi a bordo. Solo 53 vengono salvati.

Il permesso temporaneo disposto con decreto dal governo italiano vale solo per quanti sono giunti in Italia, dal Nord-Africa entro la mezzanotte del 5 aprile:

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25.800 persone, di cui 2.300 in fuga dalla Libia. Chi arriva dopo è destinato all’inferno del rimpatrio, se arriva dalla Tunisia, o al limbo dell’incerto iter di riconoscimento dello status di rifugiato, se salpato dalla Libia.

I sommersi e i salvati. Con qualche assurda casistica: quelli che a quella data erano in acque territoriali italiane, ma non ancora sbarcati debbono o no ottenere il permesso temporaneo? I 53 soccorsi dal naufragio in quale casella debbono finire?

Materia da rovello giuridico, con la vita e il futuro di tanti appesi a un evento fortuito. O a qualche sponsor autorevole. Come per quei 110 profughi eritrei presenti a Tripoli nei giorni in cui esplode il conflitto. Per loro, a metà marzo, si attivano straordinariamente il ministero degli Esteri e quello dell’Interno italiani, che inviano due aerei C-130 a prelevarli e condurli in salvo in Italia. Eppure è lo stesso Paese che si dibatte tra obbligo di assistenza e rifiuto, tra accoglienza e imprigionamento. In questo caso, aveva intercesso per gli eritrei il vescovo cattolico di Tripoli, che aveva sensibilizzato la Comunità di Sant’Egidio, che a sua volta aveva premuto il governo. Una catena virtuosa di buone volontà che può salvare, ma – ahi noi! – selettivamente.

Il cimitero liquido

Così come la girandola del caso divide i migranti in sommersi e in salvati, chi ha il potere di decidere della loro vita alterna buoni e cattivi sentimenti, sensibilità e indifferenze in un pendolo dalla logica imperscrutabile.

Il giorno dopo il naufragio che ha consegnato centinaia di persone senza nome e senza neppure un numero definito agli scogli e alle onde, l’Aula della Camera osserva un minuto di silenzio in omaggio alle vittime sconosciute. Il presidente Gianfranco Fini prende parola per dire: «Si tratta di un tragico episodio che ha scosso in modo crudo le coscienze del Paese, nel dramma di persone costrette a emigrare e a scappare dalla guerra e dalla povertà» (7 aprile).

L’avvenimento è decisamente rilevante, ancorché non valorizzato dai media. Sia perché, parlando di fuga dalla povertà, in qualche modo si riconosce dignità e legittimità anche alla scelta e alla presenza dei cosiddetti migranti economici, vale a dire a quelli che stampa, politica e senso comune in Italia si ostinano a etichettare come «clandestini» e a criminalizzare di conseguenza. Sia perché quelle parole vengono dallo stesso esponente politico che ha dato il proprio nome, assieme al leader della Lega Nord, Umberto Bossi, a quella legge che costruisce

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barriere all’ingresso e alla permanenza regolare nel territorio italiano degli stranieri fino a relegare gli immigrati che non ce la fanno a uno status di senza diritti.

I sommersi dalla legge sono una cifra incalcolabile, così come non è definibile l’entità dei danni individuali patiti. Minore e egualmente imprecisato, ma certo più tragico negli esiti, è il numero dai sommersi dalle onde. Le agenzie di stampa provano a fare almeno un elenco degli episodi accaduti nei primi mesi del 2011 lungo le rotte verso l’Italia, risultando impossibile fare quello delle vittime.

Nella notte dell’11 febbraio affonda un vecchio peschereccio partito dal porto di Zarzis, in Tunisia: circa 40 i migranti dispersi, presumibilmente morti. Tre notti dopo, il 14 febbraio, di nuovo al largo di Zarzis, dopo un naufragio cinque persone muoiono e altre 17 risultano disperse. Il 4 marzo, dopo essere partita dal porto di Biserta, nell’estremo nord della Tunisia, una barca rimane in balia del mare in burrasca; il bilancio è di due dispersi. Dieci giorni dopo, il 14 marzo, sono 60 i naufraghi dispersi dopo l’affondamento di un barcone partito da Zarzis. Altri tre scompaiono in un episodio analogo il 19 marzo. Il 22 marzo si ha notizia di un’imbarcazione partita dalla Libia con 335 somali ed eritrei di cui non si è più avuta traccia. E la stessa sorte vale per un’altra barca partita dalla Libia in 25 marzo con 68 profughi a bordo. Dodici migranti annegano il 28 marzo a largo delle coste tunisine. Il 30 marzo è la volta di sette persone, tra cui una donna incinta e un bambino, affogati nel Canale di Sicilia.

Il 1° aprile, in due diversi naufragi, muoiono 27 tunisini diretti in Italia. Due giorni dopo, davanti alle coste di Tripoli, vengono recuperati 70 corpi. Il 6 aprile una barca diretta a Lampedusa si rovescia in acque maltesi, con circa 250 persone disperse e decine di cadaveri poi recuperati. Il 13 aprile muoiono due donne durante uno sbarco a Pantelleria, mentre un uomo risulta disperso; erano a bordo di un barcone con circa 250 migranti. Secondo un testimone, la notte del 28 aprile 2011 un’imbarcazione partita dalla Libia alla volta di Lampedusa sarebbe naufragata, 320 i dispersi in mare. La stessa notte, a causa di una tempesta, una decina di passeggeri di un’altra barca sarebbero caduti in mare e annegati.

Il 6 maggio, davanti al porto di Tripoli, un’imbarcazione con 600 persone diretta in Italia si rovescia. Secondo fonti somale, ci sarebbero almeno 16 morti e 32 dispersi, ma si presume che il numero delle vittime sia assai superiore. Il quotidiano inglese “The Guardian” rilancia le denunce della comunità di eritrei di Roma: un’imbarcazione con 72 eritrei a bordo avrebbe vagato per due settimane

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nel Mediterraneo senza ricevere i soccorsi da parte delle navi NATO; 61 dei passeggeri sarebbero morti. Il 9 maggio vengono ritrovati tre cadaveri sugli scogli di Lampedusa, dove il giorno precedente si era incagliata una barca con 528 passeggeri. Cinque persone sarebbero annegate l’11 maggio, dopo essere state gettate in mare da un’imbarcazione poi giunta a Lampedusa. Il 19 maggio tre tunisini annegano a Mazara del Vallo, dopo che il conducente dell’imbarcazione ha costretto i 17 passeggeri a tuffarsi e proseguire a nuoto fino alla riva. Il 29 maggio dieci migranti sbarcati a Sant’Antioco, in Sardegna, riferiscono la scomparsa in mare di tre compagni di viaggio.

Il 1° giugno i migranti di un’imbarcazione soccorsa in acque maltesi raccontano che uno dei passeggeri sarebbe morto di stenti durante il viaggio e abbandonato in mare. Il 2 giugno un peschereccio con 700 passeggeri diretto in Italia si rovescia in mare durante le operazioni di soccorso al largo della Tunisia. Oltre 270 i dispersi. Il 24 giugno viene ritrovato morto un quindicenne egiziano, probabilmente ucciso dall’elica del motore durante uno sbarco in Sicilia.

Il 29 luglio, lungo la rotta tra l’Egitto e la Sicilia, la guardia costiera egiziana ritrova in mare 30 ragazzi annegati al largo di Alessandria.

Il 1° agosto in un peschereccio giunto a Lampedusa vengono ritrovati in una minuscola stiva 25 giovani morti per asfissia a causa dei gas della sala macchine. Due di loro recavano anche tracce di violenze ricevute dagli scafisti nel tentativo di uscire dalla trappola mortale. Sul ponte superiore vi erano altri 271 passeggeri, che hanno riferito di un uomo gettato in mare dopo una colluttazione durante la traversata. Sei scafisti sono stati arrestati, due accusati di omicidio. Il 4 agosto viene soccorso, 90 miglia a sud di Lampedusa, un barcone in fuga dalla Libia; l’imbarcazione era in avaria, con circa 300 persone a bordo, da giorni senza acqua e cibo; secondo le testimonianze sarebbero morte di stenti tra le venti e le trenta persone, gettate in mare man mano. Mezzi della NATO che incrociavano nei paraggi non sarebbero intervenuti in soccorso, nonostante le richieste di aiuti ricevute due giorni prima. Il 15 agosto un gommone con sei tunisini a bordo si è rovesciato al largo delle isole Egadi, tre dei passeggeri risultano dispersi. Il 19 agosto due giovani tunisini cadono in mare durante la traversata verso Lampedusa.

Il 3 settembre naufraga al largo di Cefalonia un’imbarcazione diretta in Calabria: 4 i morti e 15 i dispersi. Il 13 settembre tocca a un natante diretto in Sardegna e partito dall’Algeria: 17 ragazzi dispersi. Il 23 settembre, di nuovo sulla rotta per la

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Calabria, un naufragio nello Ionio causa tre vittime.

Neppure l’inverno frena del tutto la mattanza: il 26 novembre una barca a vela partita dalla Turchia si ribalta al largo di Brindisi. Il primo bilancio parla di tre vittime e una trentina dispersi, mentre 43 sono posti in salvo. Il 6 dicembre una motovedetta maltese soccorre un’imbarcazione partita dalla Libia e diretta verso l’Italia; sono 44 i superstiti, tra cui dieci donne e tre bambini, mentre le vittime sono due. E ancora, il 14 gennaio 2012 il naufragio di un’imbarcazione partita dalla Libia alla volta dell’Italia provoca 55 dispersi.

Questa è solo una pagina del lungo bollettino di quella che sembra davvero una guerra infinita. E riguarda solo i viaggi diretti verso le coste italiane. Una pagina densa di condizionali, di numeri incerti e parziali. In realtà, le notizie riferite ai naufragi e al numero delle vittime sono sempre frammentarie e sicuramente incomplete. In assenza di dati ufficiali e istituzionali, anche la grande stampa è costretta a citare una delle poche fonti che si prende la briga del triste censimento, Fortress Europe, i cui attivisti aggiornano periodicamente il data base della tragica contabilità.

Secondo le sue risultanze – anch’esse inevitabilmente lacunose poiché basate sostanzialmente sugli archivi della stampa internazionale –, dall’inizio delle rilevazioni, nel 1988, al 7 dicembre 2011 sono stati almeno 18.058 gli uomini, le donne e i bambini morti o dispersi tentando di raggiungere l’Europa, di cui 2.251 soltanto dall’inizio del 2011. In quel lasso di tempo, nel Canale di Sicilia le vittime sono state 6.166, in gran parte (4.750) risultano disperse. Altre 206 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna.

Solo nei primi 11 mesi del 2011, tra morti e dispersi, sono scomparse nel Canale di Sicilia almeno 1.822 persone. Simile la cifra fornita a fine gennaio 2012 dall’UNHCR, che ha stimato in oltre 2.000 le vittime del 2011 nel Canale di Sicilia. Al 1° agosto 2011, a fronte di circa 25.000 arrivi dalla Tunisia e di altrettanti dalla Libia, le cifre indicavano che i migranti rimasti uccisi nel viaggio dalla Libia erano stati 1.486, mentre quelli provenienti dalla Tunisia sono stati 188. E si fanno i conti: una vittima ogni 17 tra i migranti che hanno intrapreso la partenza dalla Libia verso l’Italia, una ogni 130 sulla rotta dalla Tunisia.

Una sproporzione che Fortress Europe spiega con il fatto che chi parte dalla Tunisia ha comunque una maggiore facoltà di scegliere, anche in base alla sicurezza dell’imbarcazione, mentre dalla Libia le imbarcazioni sono più

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sovraccariche e spesso la loro conduzione è affidata direttamente ai passeggeri, anche se non esperti. Inoltre, denunciano gli attivisti, si tratta di «un’operazione interamente organizzata dal regime. Che a differenza delle mafie che gestivano le traversate prima, non ha bisogno che la merce arrivi a destinazione» (http://fortresseurope.blogspot.com).

Di certo, il numero di vittime dei primi mesi del 2011 costituisce già un tragico record negativo, che batte il precedente del 2008, quando su 36.000 migranti arrivati in Sicilia le vittime dei naufragi nell’intero anno furono 1.274. Negli altri anni del decennio, le cifre delle vittime erano state: 20 nel 2010; 425 nel 2009; 556 nel 2007; 302 nel 2006; 437 nel 2005; 206 nel 2004; 413 nel 2003; 236 nel 2002. Per tutti gli anni vale l’avvertenza che si tratta solo delle vittime accertate, cifre certamente inferiori al dato reale, poiché non sempre si riesce ad avere notizia dei naufragi avvenuti e certezza sul numero delle vittime.

I 1.408 morti nel Canale di Sicilia rappresentano il 93% dei 1.510 morti registrati nei primi cinque mesi del 2011 in tutto il Mediterraneo.

L’aggiornamento al 1° agosto mostra che, tra morti e dispersi, nel Canale di Sicilia dall’inizio 2011 sono scomparse almeno 1.674 persone, 239 morti al mese, 8 al giorno.

Lampedusa è chiamata Porta d’Europa ma è al tempo stesso un cimitero liquido, come ricorda la “Porta di Lampedusa”, il monumento dell’artista Mimmo Paladino posto sull’isola e inaugurato nel giugno 2008. Un’opera in ceramica di quasi cinque metri di altezza e tre di larghezza a memoria delle migliaia di migranti senza nome e senza tomba annegati nel Canale di Sicilia. L’iniziativa era stata accompagnata da un appello, che ne motivava il senso: «I migranti vengono dal Sud e dall’Est del mondo verso l’Italia. Vengono ad accudire i nostri anziani, a sorvegliare i nostri figli, a pulire le nostre case, a servire alle nostre mense, a lavare i nostri piatti, a raccogliere le nostre immondizie, a mandare avanti le nostre imprese artigianali, le colture e le stalle, gli impianti industriali e i servizi. Portano lavoro, umiltà, energia e un enorme desiderio di riscatto». Per quell’occasione Alda Merini scrisse questa poesia:

Una volta sognai / di essere una tartaruga gigante / con scheletro d’avorio / che trascinava bimbi e piccini e alghe e rifiuti e fiori / e tutti si aggrappavano a me, / sulla mia scorza dura. / Ero una tartaruga che barcollava / sotto il peso dell’amore / molto lenta a capire / e svelta a benedire. / Così, figli miei, /una volta vi hanno buttato nell’acqua / e voi vi siete aggrappati al mio guscio / e io vi ho portati in salvo / perché

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questa testuggine marina / è la terra / che vi salva dalla morte dell’acqua.

Oltre a quello liquido, che si estende lungo tutto il Canale di Sicilia, Lampedusa possiede un cimitero proprio, dove un settore è riservato anche a loro: i migranti. Tombe anonime, contraddistinte con un numero e ornate con una croce, pur se, oltre al nome, non si conoscono la religione e le credenze di chi lì ha trovato sepoltura. Di una sola c’è un segno distintivo: la data del naufragio, 7 giugno 2008 e, a mo’ di epitaffio, la scritta “Estracomunitaria”, con la “s”. Quelle fosse rappresentano, a un tempo, la pietas e la distanza incolmabile che intercorre tra un numero e un nome.

Se non altro, anche questi “numeri” hanno ricevuto una sepoltura, un pugno di terra dove rimanere. Moltissimi altri neppure quello. Come racconta il settimanale statunitense “Newsweek”: «In questo tratto del Mediterraneo la morte è diventata così comune che i pescatori ritrovano regolarmente dei cadaveri nelle reti. Tuttavia, per evitare le lungaggini burocratiche della denuncia delle macabre prede, spesso li ributtano in mare. “Non posso permettermi di farmi sequestrare la barca per l’intera stagione”, dice un pescatore che non vuole rivelare il suo nome. “Se li portassimo a terra non avrebbero una sepoltura migliore”» (Barbie Latza Nadeau, “Newsweek”, in “Internazionale” n. 913, 2 settembre 2011).

A fronte dell’indifferenza delle pubbliche opinioni, provano a reagire i diretti interessati e gli attivisti per i diritti umani. A un anno di distanza dalla Primavera araba, nel gennaio 2012, è partita la campagna «Da una sponda all'altra: vite che contano», con sit-in e proteste in Tunisia e in Italia e appelli alle autorità perché almeno si provi a dare un nome alle vittime, attraverso le impronte digitali e incrociando i data base dei due Paesi.

A seguito della società civile e dei famigliari degli scomparsi si è attivato anche il governo tunisino, il quale, per la prima volta nella storia del Paese, vede la presenza di un ministero alle Migrazioni e dei Tunisini all’estero, il cui sottosegretario nel gennaio 2012 ha scritto alle autorità italiane una lettera aperta per chiedere risposte all’angoscia dei familiari dei dispersi: «Come sapete, qualche migliaio di giovani migranti hanno preso il mare diretti sulle coste europee durante le insurrezioni tunisine, egiziane e libiche. Si tratta, per loro, di andare alla ricerca di condizioni di vita degne e libere, aspirazioni che sono le stesse della rivoluzione. Per molti di loro è stato un brusco risveglio, e si sono ritrovati nelle condizioni spesso indecorose che sapete. Alcuni sono morti, annegati in questo

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Mare nostrum che da troppo tempo è diventato proprietà esclusiva di alcuni che possono circolare come vogliono, e solo un cimitero o un calvario per altri. E poi ci sono i dispersi: sono quelli che da più di un anno non danno più notizie di sé ai loro cari, ma dei quali non esiste alcun elemento noto che stabilisca che siano annegati; sono, secondo gli elementi a nostra disposizione, circa trecento ragazzi» (Omeyya Seddik, Un gesto per i «senza nome» di Lampedusa. Lettera aperta da Tunisi al governo italiano, “il manifesto”, 1° febbraio 2012).

La fabbrica della “clandestinità”

Oltre alla “cifra oscura” delle vittime, in realtà ce n’è un’altra, forse ancor più nascosta e impalpabile: quella dello scivolamento in «clandestinità».

Allorché al 18 aprile 2011 vengono forniti i consueti dati che riepilogano la situazione (a quella data erano arrivate dalla Tunisia 372 imbarcazioni per un totale di 23.589 migranti, mentre dalla Libia le imbarcazioni giunte erano state 18 con 4.061 persone, mentre erano stati rimpatriati con 11 voli 330 tunisini) il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, chiarisce che il Ministero dell’Interno ha fornito alla Protezione civile una lista di sole 11.800 persone; dunque circa altrettante si sarebbero allontanate dalle tendopoli e dai centri dove erano state condotte dopo lo sbarco a Lampedusa, in parte per entrare illegalmente in Francia, in parte per rimanere sul territorio italiano, giocoforza in situazione di irregolarità. A ennesima dimostrazione che le normative e l’attuale sistema sembrano essere una fabbrica di clandestinità. Un sistema su cui prosperano la camorra e il racket del caporalato, la microindustria diffusa e informale del Nord-Est, l’agricoltura tecnologicamente arretrata del Mezzogiorno, i cantieri della città infinità, degli Expo e dell’alta velocità del Settentrione, il welfare alternativo e domestico delle “badanti”, il mercato della prostituzione e persino il tessuto del narcospaccio urbano.

La condizione di «clandestinità» del migrante, insomma, con il corollario di ricattabilità, di semi-servaggio, di “esercito industriale di riserva” a bassissimo costo, è ormai una componente stabilizzata della struttura economica italiana, legale e illegale. Un sistema che conviene anche agli “imprenditori della paura”, a chi sulla strumentalizzazione della sicurezza ha costruito fortune politiche ed elettorali.

I numeri di Lampedusa mostrano quanto queste strumentalizzazioni siano forzate, e anche poco contrastate.

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Dopo il decreto, firmato dal premier il 7 aprile, sui permessi di soggiorno temporanei e chiusa la finestra di otto giorni prevista come termine per presentare le richieste, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano fornisce il primo bilancio: sono stati concessi 4.039 permessi, mentre altre 10.286 domande sono in fase istruttoria. Fatto il decreto, subito si sgonfiano le tendopoli e le polemiche. Anche Lampedusa sembra tornare a uno stato di normalità: il 20 aprile, dopo che mille profughi giunti dalla Libia sono imbarcati per essere trasferiti ai CARA di Crotone e Bari, sull’isola rimangono poche decine di tunisini, in attesa di essere rimpatriati. Tanto che il sindaco chiede la smilitarizzazione dell’isola e la partenza degli uomini delle forze dell’ordine, di cui sono pieni gli alberghi e i residence, così da consentire l’avvio della normale stagione turistica.

Si sgombra il campo di Manduria (per essere però poco dopo riaperto, pur temporaneamente, dal capo della Protezione civile e commissario delegato per l’emergenza immigrazione, Franco Gabrielli), mentre la tendopoli allestita a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza viene trasformata in CIE temporaneo (fino a cessate esigenze e comunque non oltre il 31 dicembre 2011), destinato a ricevere i tunisini arrivati in Italia dopo il 5 aprile, ultimo termine utile per la concessione del permesso di soggiorno.

Lo stesso succede per la ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. Qui, in particolare, si fanno forti le critiche per le condizioni e per la decisione di proibire l’ingresso non solo a giornalisti e associazioni, ma persino agli avvocati, almeno inizialmente. Le denunce arrivano non dai soliti “centri sociali”. In questo caso, sono il direttore della Caritas, le suore e i volontari a raccontare delle drammatiche condizioni riscontrate nel Centro e della tensione crescente. Gli operatori della Caritas riferiscono anche dell’ennesimo pasticcio normativo, dell’arbitrarietà e della confusione regolamentare. Di fronte alla richiesta alle autorità di chiarire la natura giuridica della struttura, oltre che lo status dei cittadini tunisini e le motivazioni formali del loro trattenimento, «ci è stato detto che il campo era ancora un Centro di Accoglienza e identificazione, e quindi un campo di accoglienza. I cittadini tunisini erano liberi di andarsene, ma nel caso in cui fossero usciti sarebbero stati arrestati per immigrazione clandestina. Nel pomeriggio di ieri è stato comunicato dalle autorità presenti che non sarebbe stata accolta alcuna richiesta, né di permesso di soggiorno ex articolo 20 e neanche di protezione internazionale» (22 aprile).

La Caritas diocesana di Caserta rende poi noto che i migranti del campo hanno cominciato uno sciopero della fame e che anche il direttore dell’ente ecclesiastico,

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don Antonello Giannotti, «è stato invitato a uscire, mentre si impediva l’accesso agli avvocati che potevano offrire assistenza agli immigrati». Il giudizio dell’ente ecclesiastico è che «i fatti testimoniano una gestione confusa, discutibile e non pienamente rispettosa della dignità delle persone coinvolte». Le parole usate sono, come sempre, attente e diplomatiche, ma anche molto chiare.

Di fronte all’incertezza del quadro normativo e del loro futuro, alcuni dei tunisini rinchiusi nell’ex-caserma tentano la fuga, ferendosi con i cocci di vetro installati sul muro di cinta. Racconta suor Rita, responsabile della Comunità Rut: «Molti di loro sono finiti in ospedale, anche in gravi condizioni, ci sono una rabbia e una tensione inimmaginabili, hanno detto di essere stati picchiati, ci hanno mostrato i buchi nelle loro tende causati dai lacrimogeni. Sono in 200, c’è anche un sedicenne. Lì dentro c’è la disperazione e ora che hanno saputo che è diventato un centro di identificazione, noi temiamo il peggio». La combattiva suora mette il dito nella piaga dell’ipocrisia con la quale l’Italia (non) sta affrontando l’emergenza umanitaria: «Prima abbiamo applaudito il loro coraggio nella conquista della libertà, e ora li rimandiamo a casa. C’è una chiesa pronta a dire no, quello è un Golgota. Anch’io sono entrata in quelle tende e tanti, tantissimi mi hanno urlato: “Meglio morire qui che rientrare nei nostri paesi”. Sconcerta come l’Italia si sta comportando» (22 aprile).

Ma non sono solo le suore o la Caritas a mobilitarsi. Davanti a quel “Golgota”, mentre all’interno crescono tensioni e proteste, laici e cattolici organizzano una Via crucis il venerdì di Pasqua, a testimoniare e ribadire la solidarietà dei cittadini di Santa Maria Capua Vetere nei confronti dei migranti.

I CIE e l’articolo 21

La situazione di forte tensione e disagio a Santa Maria Capua Vetere non costituisce una condizione episodica. La situazione è analoga negli altri Centri, anche in quelli preesistenti, come lo “storico” CIE di via Corelli a Milano, le cui difficili condizioni, da ultimo, sono state documentate da un dossier dell’ARCI, Corelli è una brutta storia. Prevedibile che i disagi quotidiani, uniti alla carenza di informazioni e al senso di ingiustizia per essere detenuti senza aver, per lo più, commesso reati portino all’autolesionismo.

A parte le rare, e tanto più preziose, testimonianze dall’interno, nei CIE vecchi e nuovi, stabili o temporanei, prima e dopo l’«emergenza Lampedusa», la regola ferrea è comunque quella: opacità, divieto d’ingresso a sguardi estranei o non

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disponibili al silenzio o a «patti di riservatezza». Una regola ribadita dal ministro Maroni, con la circolare n. 1305 datata 1° aprile (che richiama la precedente del 24 aprile 2007) che impedisce l’ingresso a giornalisti.

La legittimità di tali procedure e in particolare della circolare Maroni è contestata da operatori dei media, parlamentari e associazioni che ne chiedono l’abrogazione. In una conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati dall’associazione “Articolo 21” viene promosso l’appello LasciateCIEntrare e viene resa nota un’interrogazione parlamentare urgente al ministro. Il deputato del PD Jean Leonard Touadì segnala poi che il divieto d’ingresso voluto da Maroni non si applica solo ai giornalisti, ma agli stessi parlamentari.

Per avere una risposta positiva alle preoccupazioni e alle proteste sulla “chiusura” dei Centri all’informazione e al controllo parlamentare bisognerà aspettare il governo Monti, insediatosi il 16 novembre 2011. Nuovo governo che vede peraltro l’istituzione di un ministero alla Cooperazione internazionale e all’Integrazione, affidato ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Uno dei primi atti del neo ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, è stato quello di abrogare la circolare del suo predecessore Roberto Maroni, ripristinando la facoltà per gli operatori dell’informazione di accedere ai CIE e agli altri Centri per immigrati, con una nuova direttiva datata 13 dicembre 2011.

Tuttavia, l’opacità delle strutture per immigrati risulta tutt’ora impermeabile alla decisione, indubbiamente assai positiva, del nuovo titolare del Viminale. Ripetuti sono i casi, negli ultimi mesi, di ritardi o resistenze all’ingresso della stampa nei Centri, che tendono a far riferimento a quell’unica clausola derogatoria presente nella circolare ministeriale a proposito dell’impossibilità di visitare i centri in caso di ristrutturazione o di manutenzione.

Non si capisce, in effetti, quale possa essere la ratio prima della disposizione di Maroni e poi delle prassi tese a impedire un controllo democratico su quelle strutture, se non questa: impedire che fuori si sappia ciò che accade dentro.

Talvolta il medesimo effetto di nascondimento e di mistificazione della realtà si ottiene non già occultando l’informazione e impedendo la vista bensì alterandola attraverso parole fuorvianti. Chiamando, ad esempio, «accoglienza» ciò che appare, ed effettivamente è, reclusione o definendo «ospiti» i migranti cui è impedita la libertà di movimento come succede, e non da ora, nei CIE e, prima, in quei Centri eufemisticamente definiti di Permanenza Temporanea e di Assistenza (CPTA), introdotti dalla legge Turco-Napolitano, la n. 40 del 6 marzo 1998. O,

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ancora, definendo «clandestino» qualsiasi migrante non in regola con il permesso del soggiorno.

Come recita il Ministero dell’Interno sul proprio sito: «Sono clandestini gli stranieri entrati in Italia senza regolare visto di ingresso. Sono irregolari gli stranieri che hanno perduto i requisiti necessari per la permanenza sul territorio nazionale (per esempio: permesso di soggiorno scaduto e non rinnovato), di cui erano però in possesso all’ingresso in Italia». Insomma, secondo il Viminale e gli indolenti automatismi lessicali dei media, tutti i boat people che affrontano il viaggio verso l’Europa sarebbero da considerarsi clandestini. Dimenticando che molti di loro hanno invece il diritto, riconosciuto dalle normative internazionali, di presentare domanda d’asilo.

In molte redazioni giornalistiche, forse, non ha ancora trovato diffusione il Glossario dei termini in materia di immigrazione e asilo, realizzato dall’European Migration Network (che peraltro in Italia fa capo proprio al Ministero dell’Interno, pur con il supporto tecnico dei redattori del Dossier Statistico Immigrazione della Caritas/Migrantes). I curatori dell’utile iniziativa – che vorrebbe creare una piattaforma terminologica comune tra i Paesi europei e che presenta per ogni termine la traduzione nelle diverse lingue e la fonte giuridica di riferimento – chiariscono che nel Glossario non è presente il termine clandestino, perché non ha valore giuridico e non è utilizzato dagli altri Paesi dell’Unione. C’è invece la definizione di migrante irregolare. Anche il termine rimpatrio è messo in discussione poiché non corretto se usato nel caso delle espulsioni, giacché con esso si dovrebbe invece intendere il diritto di un rifugiato di poter tornare al proprio Paese.

Presentando il Glossario, il preside della facoltà di Scienze della comunicazione di Roma Sapienza, Mario Morcellini, ha ricordato le responsabilità dei media: «Questo glossario è necessario perché qualcuno le parole le ha sprecate. Come non accorgersi che sui migranti c’è stato un vero e proprio esercizio della pigrizia da parte del giornalismo italiano?» (Redattore Sociale, 15 giugno). E qui «pigrizia» è probabilmente da intendersi come un eufemismo, dati i pesanti riflessi che una comunicazione non corretta produce sulla vita di tante persone, in termini di stigmatizzazione, esclusione e criminalizzazione.

Qualche segnale in controtendenza su questi versanti, tuttavia, è – episodicamente – emerso. Ad esempio, la circolare con la quale un magistrato di Savona, Francantonio Granero, ha invitato a non usare nei verbali di contestazione di un

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reato la definizione di «extracomunitario», utilizzando invece quella di migrante, di straniero oppure indicando la nazionalità di provenienza dell’interessato. Una ulteriore iniziativa in questo senso è stata promossa dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e con numerose associazioni attive sui temi dell’immigrazione. Dal giugno 2008, infatti, è in vigore in Italia la Carta di Roma, ovvero un codice deontologico su migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tratta. Con questo documento, e con le linee-guida che ne sono scaturite, si è voluto realizzare uno strumento di lavoro che traducesse i principi contenuti nel codice deontologico della Carta dei Doveri del giornalista in indicazioni pratiche per gli operatori dell’informazione. L’approvazione di un simile codice è, evidentemente, solo il primo passo: si tratta ora di verificarne e monitorarne l’applicazione nel flusso quotidiano delle informazioni in materia. E che si tratti di questione cruciale è dimostrato – un esempio tra i tanti possibili - dal fatto che vengano chiamati «ospiti» anche i migranti presenti nella struttura di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, essa pure trasformata in CIE o, per esattezza, in CIET, vale a dire Centro di Identificazione ed Espulsione Temporaneo. Qui il discorso riguarda più direttamente il linguaggio delle istituzioni, ma balza agli occhi quanto quest’ultimo e quello dei media si condizioni reciprocamente. I dispositivi imposti dal Viminale (che già al momento dell’istituzione della tendopoli aveva vincolato la locale prefettura alla segretezza) tuttavia non sono così ferrei da impedire a un «ospite» tunisino di girare un video con il proprio telefonino. Il documento finisce sul sito “la Repubblica-L’Espresso”. Che scrive: «In quelle immagini compare l’altra faccia degli sbarchi a Lampedusa che il governo vuole tenere nascosta. Il video certifica i tentativi di fuga e gli scontri con la polizia. Ma soprattutto la mancanza dei diritti più elementari visto che, stando alle denunce degli “ospiti”, è vietato l’ingresso anche ai legali. Sono circa 60 immigrati in attesa di essere rimandati in Tunisia, ma nessuno spiega loro quando avverrà: “Non ci fanno nemmeno parlare con i nostri avvocati”, denunciano. “Le informazioni mancano o sono carenti – aggiungono – Il decreto di espulsione è scritto in italiano e arabo, ma la parte nella nostra lingua è del tutto incomprensibile”».

Il video diventa un caso politico, sul quale interviene, chiedendo spiegazioni e chiarezza, il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo: «La nostra è da sempre terra di accoglienza e di grande ospitalità, soprattutto nei riguardi di chi fugge dai Paesi africani sconvolti dalla guerra. Per questo è inaccettabile che un

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campo di identificazione e accoglienza realizzato e gestito dal Ministero dell’Interno, a nostra insaputa e senza il nostro avallo, getti un’ombra infamante su di noi».

Il quotidiano “la Repubblica”, riferisce poi che «i “detenuti” tunisini ieri hanno denunciato di aver subito intimidazioni e vessazioni dai poliziotti come ritorsione per aver consegnato ai giornalisti i filmini dei disordini nel CIE». Il portavoce di Maroni smentisce la circostanza, ma è assai esplicita la dichiarazione che arriva dagli stessi sindacati di polizia. «La situazione di alcuni CIE è scandalosa» dichiara Franco Maccari, del COISP – sono delle vere bombe a orologeria pronte a esplodere. Strutture malsane e fatiscenti, in cui clandestini e profughi vengono reclusi in maniera incivile e disumana, e che sono continuamente teatro di violenze e disordini di cui a fare le spese sono sempre gli operatori delle forze di polizia» (Alberto Custodero, Quel CIE è un lager, il governo spieghi, “la Repubblica”, 12 giugno). Verrebbe da aggiungere che, per la verità, i danni maggiori e per primi li patiscono i migranti «reclusi» in quelle strutture «incivili e disumane», appunto. Non di meno, appare significativo che anche da operatori di polizia vengano evidenziate come scandalose e intollerabili le condizioni di quei luoghi.

Eppure, come nulla fosse, il governo non solo non risponde alle perplessità e alle denunce, ma accentua il rigore. Il due agosto 2011, infatti, il Senato vara (con 151 voti a favore e 129 contrari) la norma, fortemente voluta dal ministro Maroni, che triplica i tempi di detenzione dei migranti nei CIE, portandoli a 18 mesi dai sei mesi previsti dalla pur recente legge 94/2009. Con l’approvazione del decreto, viene introdotta anche l’espulsione immediata per gli immigrati considerati “pericolosi” e viene portato da cinque a sette giorni il lasso di tempo concesso per lasciare l’Italia dopo aver ricevuto un ordine di espulsione da parte del questore, ove non sia possibile trattenere lo straniero in un CIE.

Vero è che, nel clima già incandescente delle tendopoli strapiene e dei Centri per migranti in subbuglio, il provvedimento varato dal Parlamento in materia di immigrazione e di CIE diventa come buttare benzina sul fuoco. Nel CARA di Bari, le proteste avvenute ripetutamente dei mesi scorsi, il 1° agosto riesplodono violentemente, con duri scontri con le forze dell’ordine, con l’occupazione della tangenziale di Bari e della linea ferroviaria, con automobili e locali distrutti, con un bilancio ufficiale che parla di 42 poliziotti, 40 carabinieri e 16 cittadini feriti e di 28 arresti.

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Il motivo della ribellione è la lentezza nelle risposte alle richieste di asilo: il tempo medio è di sette mesi, con un ritmo di 40 domande esaminate alla settimana. Ma, ancora di più, vengono contestate le scelte della Commissione a ciò preposta, che ha già respinto molte delle 750 domande. Nonostante i richiedenti provengano tutti dalla Libia, dove risiedevano per lavoro, la Commissione usa come criterio per la valutazione positiva solo quello del Paese originario di provenienza.

Le normative, peraltro, prevedono che il richiedente asilo riceva un sussidio di 24 euro giornalieri, che invece, lamentano i migranti, non è mai stato corrisposto, così che spesso anche per le più piccole esigenze quotidiane le uniche possibilità consistono nell’aiuto da parte di organizzazioni umanitarie e associazioni.

Il fronte operoso della solidarietà

Le censure, e le autocensure, così come le tensioni spesso sul punto di degenerare, rendono così ancor più preziosa e necessaria l’attività di vicinanza, sostegno, mediazione che, in questi frangenti, è venuta da forze sociali e singoli cittadini.

Nella tendopoli casertana, come in tante altre situazioni analoghe, la solidarietà verso i profughi e migranti giunti in Italia non è stata prerogativa esclusiva di realtà e istituzioni della Chiesa cattolica, ma certamente la voce della Chiesa, dei suoi rappresentanti e dei suoi organismi è stata forse la più assidua. Concreta nei fatti, con la pronta disponibilità a ospitare in 107 diocesi e strutture delle Caritas 3.117 migranti, e inequivoca nelle parole. Come quelle espresse durante le celebrazioni dei riti pasquali dal vescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro: «Ci occupiamo della morte di Cristo, ma non di quella dei poveri Cristi che muoiono durante una traversata. È, inoltre, strano che si mandino aerei in Libia dicendo che si vogliono aiutare quelle popolazioni, e poi consentiamo che le persone che fuggono dalla guerra possano morire perché non li vogliamo sulle nostre coste» (22 aprile). Nell’occasione, il vescovo ha consegnato ai parroci delle 193 parrocchie della provincia, una piccola croce di legno, realizzata da un artigiano di Lampedusa, con i resti dei barconi usati dagli immigrati per giungere a Lampedusa, accompagnata dall’invito a non dimenticare le sofferenze delle popolazioni nordafricane, i loro viaggi e le tragedie del mare e a portarla in processione durante le celebrazioni del Venerdì santo. Ancor più autorevolmente, analogo invito all’accoglienza è venuto dal papa Benedetto XVI nel messaggio Urbi et Orbi della Pasqua (24 aprile).

La Chiesa, insomma, pensa e dice che ogni uomo abbia il diritto a emigrare, «nel

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duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita», come affermato dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (3 maggio).

La CGIL, invece, nella ricorrenza del 25 aprile, ha dato luogo a un’iniziativa fortemente simbolica, portando fiori sulle tombe dei «morti senza nome» sepolti a Lampedusa, in quell’angolo del cimitero dedicato ai migranti che hanno perso la vita nelle traversate dal Nord Africa. Lì, in seguito, sono stati sepolti anche sei dei 25 migranti trovati morti soffocati nella stiva dell’imbarcazione arrivata il 1° agosto. Gli altri sono stati dispersi in cinque diversi cimiteri della provincia di Agrigento. Morti senza approdo e senza nome.

La festività religiosa e quella laica non hanno però fermato la macchina delle espulsioni, come rivendica il Viminale, annunciando il rimpatrio di 94 egiziani, tra cui 22 minorenni, nel giorno di Pasqua.

Ridottisi i flussi dalla Tunisia, aumentano però quelli dalla Libia, con un’impennata a fine aprile, allorché nel giro di due giorni oltre 2.500 profughi approdano a Lampedusa. Grazie al decreto sui permessi temporanei, funziona ora un meccanismo di vasi comunicanti: dall’inizio di maggio, i migranti ospitati nei CARA sono distribuiti nelle Regioni, secondo il Piano concordato e gestito dalla Protezione civile. I migranti che arrivano a Lampedusa sono mandati nei posti lasciati liberi nei CARA, a Mineo, Crotone, Bari e Foggia, se provenienti dalla Libia o nelle tendopoli trasformate in CIE, nel caso si tratti di tunisini da rimpatriare. L’impennata, tuttavia, fa nuovamente dire al ministro Maroni che la sua previsione di 50.000 arrivi a causa della crisi libica è da considerarsi realistica, preoccupazione rinfocolata dalla decisione dell’Italia di partecipare ai bombardamenti NATO sulla Libia. Dice Maroni: «Non sottovaluto le minacce di Gheddafi ma non penso che possano rientrare nell’ambito del terrorismo, si stanno piuttosto concretizzando nei flussi migratori di questi ultimi giorni» (2 maggio), rettificando così implicitamente i precedenti allarmi sulle infiltrazioni terroristiche.

Ma se a Lampedusa l’emergenza sembra rientrata o almeno ridimensionata dal punto di vista numerico, rispetto ai mesi precedenti, la situazione appare però immutata se non peggiorata dal punto di vista dell’adeguatezza dell’accoglienza per quanti comunque arrivano e stazionano sull’isola. Secondo Medici Senza

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Frontiere (MSF), infatti, «le autorità italiane continuano a fornire una risposta limitata e inadeguata»: a fronte dell’arrivo in pochi giorni di 12 imbarcazioni con 2.665 migranti, in gran parte provenienti dalla Libia, «le autorità non avevano nemmeno coperte né quantità di acqua a sufficienza per le persone arrivate in ipotermia o sotto choc. Centinaia di persone sono state costrette a dormire all’aperto, mentre altre nei centri sovraffollati, dove utilizzavano materassi sporchi, non c’erano abbastanza asciugamani, coperte o sapone» (3 maggio). I dati e le testimonianze raccolte dagli operatori di MSF dicono che la maggior parte delle persone che giungono dalle coste libiche sono originarie di Somalia, Eritrea, Sudan e Nigeria, sono fuggite prima dalla violenza e dalle persecuzioni nei loro rispettivi Paesi e poi da quelle patite in Libia.

A parte le disfunzioni e i disagi materiali che vengono lamentati nel trattamento dei migranti a Lampedusa, torna il problema già denunciato spesso anche nella fase precedente: i migranti ricevono scarse informazioni sui loro diritti e sulle procedure legali, in particolare in materia di asilo. Anche questo motivo concorre al numero relativamente basso dei richiedenti asilo, oltre al fatto che molti, in effetti, preferiscono andare in Francia e in Germania.

Si arriva al paradosso che, a fine maggio, i tunisini ristretti nel Centro di Contrada Imbriacola di Lampedusa e destinati all’espulsione effettuano per molti giorni uno sciopero della fame, con tensioni anche con le forze dell’ordine. Vogliono partire, sia pure per la Tunisia, perché, dicono, «questa non è accoglienza, è detenzione». Preferiscono, insomma, tornare da dove erano partiti, a caro prezzo e a rischio della vita, che essere trattenuti senza libertà e in condizioni di estremo disagio.

Gli allarmi sociali e le polemiche con l’Europa

In generale, i numeri dell’«emergenza» continuano a essere tutto sommato contenuti, nonostante le previsioni catastrofiste del ministro Maroni. Come peraltro rimarca la sua collega europea, la Commissaria agli Affari interni Cecilia Malmstrom: «L’arrivo di 25.000 migranti dalla Tunisia, la maggior parte economici, è un fenomeno importante per una piccola isola come Lampedusa e crea una grande pressione sull’Italia. Ma se guardiamo indietro nella storia ci rendiamo conto che ci sono stati flussi migratori molto più importanti». Malmstrom ricorda anche come di questi 25.000 «solo tremila al massimo hanno chiesto asilo e protezione» (4 maggio). Il che significa che, appena potranno farlo, molti abbandoneranno l’Italia per altre destinazioni europee.

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Nel fare questa sottolineatura, la Commissaria europea aveva forse in mente anche la situazione in Tunisia, dove – secondo quanto riferito dall’UNHCR – solo nelle ultime quattro settimane erano entrati nel Paese 41.000 profughi provenienti dalla Libia, che avevano trovato accoglienza nelle famiglie tunisine.

Espressioni analoghe vengono dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il cui rappresentante in Italia, Laurens Jolles, invita a smettere i toni allarmistici e ribadisce la dimensione effettiva del problema: «In Italia sono arrivate 23.000 persone dalla Tunisia, e la maggior parte non sono più qui ma si sono trasferiti in qualche altro Paese europeo, e circa 8.000 dalla Libia. Ma dalla Libia sono partite ben 700.000 persone che sono state accolte in Tunisia, Egitto o in qualche altro Paese africano. In Italia è arrivato dunque un numero molto piccolo» (5 maggio). Sempre le Nazioni Unite, a fine giugno, forniscono dati secondo i quali solo il 2% delle persone in fuga dalla Libia è arrivato in Europa.

Ma lo stesso premier Berlusconi pare sintonizzato su un’altra lunghezza d’onda e sembra aver sotto gli occhi una realtà diversa da quella costantemente descritta a toni alti e preoccupati dal suo ministro dell’Interno. Dice infatti il presidente del Consiglio: «Immigrati ne arriveranno, perché la situazione in Libia è una situazione complicata così come in Tunisia. Cercheremo di distribuirli in tutta Europa. Ma siamo un paese di 60 milioni di abitanti e non dobbiamo aver paura dell’arrivo di qualche migliaio di persone» (4 maggio).

Solo Frontex, attraverso il proprio vicedirettore esecutivo, lo spagnolo Gil Arias Fernandez, sembra sostenere le previsioni del ministro Maroni, pur ridimensionando il numero dei possibili arrivi. Secondo i dati dell’Agenzia europea per le frontiere esterne, gli arrivi complessivi in Italia (Lampedusa, Pantelleria, Linosa) dal 1° gennaio al 4 maggio 2011 sono stati 33.000; in prevalenza, si tratta di migranti tunisini, ma anche della regione subsahariana, del Corno d’Africa, della Libia (3.500) e dell’Egitto (300). Nelle ultime settimane si è registrato un calo degli arrivi dovuto al Memorandum d’intesa italo-tunisino del 5 aprile; però, si cautela Frontex, il flusso potrebbe riprendere e si potrebbe arrivare a quota 40.000.

Anche in quell’evenienza, non si tratterebbe tuttavia di una catastrofe, se si pensa che nel 2010 in Grecia erano giunti 44.000 migranti provenienti da Afghanistan, Iraq, Nord Africa, saliti a 88.000 con l’arrivo di albanesi e turchi. La stessa Lampedusa aveva vissuto una stagione di seria difficoltà nel 2008, con 40.000 sbarchi, mentre nel 2006 vi era stata una crisi migratoria con 32.000 arrivi in

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Spagna e nelle Canarie.

Numeri sempre significativi, situazioni spesso difficoltose ma risultate sempre gestibili.

Eppure, di nuovo a Lampedusa montano proteste e tensioni. Prima con l’allarme di albergatori e commercianti: «Non ci sono più le condizioni per lavorare. Gli spot pubblicitari per rilanciare e sponsorizzare l’immagine dell’isola, sono partiti; ma prenotazioni di viaggi e vacanze continuano a non arrivare». Gli operatori turistici chiedono insomma aiuto e risorse al governo, minacciando di consegnare le licenze commerciali, giudicando quelli ricevuti in precedenza «insufficienti per dare un’importante spinta all’economia isolana, se non supportati da una serie di misure finanziarie per la categoria» (6 maggio). Le preoccupazioni hanno senz’altro ragione d’essere, anche se sembrano non tenere conto che, questa volta la stagione è cominciata ben prima del solito, essendo da tempo gli alberghi pieni di ospiti; in divisa ma pur sempre paganti.

D’altra parte, lamenta il sindaco De Rubeis, l’isola ha ricevuto più promesse che fatti: «Non abbiamo mai visto i soldi di cui parla il presidente della Commissione europea Manuel Barroso». Inoltre, «il meccanismo dello svuotamento dell’isola funziona» e «l’informazione da reality show, tuttavia, fa sembrare l’isola ancora in emergenza e ciò ci preoccupa», specifica il sindaco, che presenta il conto al governo: «Gli spot per agevolare il turismo vanno bene, ma ogni recupero, chiamato erroneamente sbarco, equivale a mille spot che scoraggiano la gente a prenotare le vacanze. Non arriva l’esenzione fiscale e la moratoria sui mutui, che sarebbe a totale carico della regione. Lampedusa è diventata una polveriera sociale che rischia di saltare se le promesse fatte non verranno al più presto onorate» (6 maggio).

Come in uno sfortunato gioco dell’oca, la situazione pare tornare sempre al punto di partenza. Vale a dire a Lampedusa e in fondo al mare. Infatti, nelle stesse ore in cui il sindaco chiede risorse economiche e mantenimento delle promesse, due barconi partono dalla Libia verso l’Italia, a distanza di un’ora uno dall’altro, ciascuno con oltre 600 persone a bordo. Il primo arriva faticosamente al largo di Lampedusa ed è trainato in porto. L’altro affonda poco dopo la partenza con centinaia di vittime, tra morti e dispersi. Di nuovo, sommersi e salvati. Definitivamente sommersi gli uni, provvisoriamente salvati gli altri.

A Lampedusa si presta soccorso al barcone superstite dei due partiti dalla Libia. La catena dei soccorsi riceve il plauso del Capo dello Stato, che esprime «sincera

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ammirazione per le forze dell’ordine e i volontari che hanno salvato centinaia di profughi. L’Italia sta dando prova di solidarietà e spirito di accoglienza; tocca all’Europa fare la sua parte e operare perché la Libia si dia un governo consapevole delle sue responsabilità» (8 maggio). 528 i salvati, molte le donne, 24 in gravidanza. Tre i sommersi, ritrovati il giorno dopo tra gli scogli, affogati a un passo dalla salvezza.

Contemporaneamente, attraverso il quotidiano britannico “The Guardian”, arriva la notizia che il 25 marzo un’imbarcazione era partita da Tripoli con 72 migranti a bordo: 47 etiopi, sette nigeriani, sette eritrei, sei ghanesi e cinque sudanesi. Tra loro 20 donne e due bambini piccoli. L’imbarcazione, in difficoltà, non ha ricevuto soccorsi nonostante gli allarmi lanciati e ha vagato 16 giorni nel Canale di Sicilia, sino a che è naufragata. Secondo le testimonianze dei supersiti, una nave della NATO avrebbe visto l’imbarcazione senza soccorrerla. L’Alleanza atlantica smentisce. Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo presidente dell’agenzia Habeshia che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo, denuncia: «Quella gente ha chiesto aiuto, io stesso ho chiesto più volte che li si aiutasse, nessuno ha fatto niente per giorni e ora non può passare la logica dello scaricabarile. Quanto accaduto è un crimine. Si chiama omissione di soccorso» (9 maggio). Rimane il fatto dell’ennesima tragedia e delle nuove vittime: 61 i sommersi, 11 i salvati.

Analoga la situazione che emergerà il 4 agosto, quando dopo il soccorso di un’imbarcazione partita dalla Libia, rimasta in avaria per molti giorni in alto mare, con decine di vittime per fame e sete, emergerà la notizia che la NATO non aveva prestato i soccorsi richiesti, arrivati solo dopo due giorni dalla Guardia costiera italiana. Se l’ennesima tragedia per l’UNHCR è dimostrazione di come «il regime libico sia senza scrupoli e non esiti a mettere a rischio la vita di centinaia di persone facendole partire con imbarcazioni assolutamente fatiscenti e non adatte alla traversata allo scopo di creare pressione migratoria sui Paesi della sponda Nord del Mediterraneo», per il ministro Maroni l’auspicio è che «la guerra finisca e finisca presto, bisogna trovare una soluzione che dia stabilità alla Libia, altrimenti saremo costretti ad assistere quotidianamente ad arrivi massicci di profughi sulle nostre coste, realizzando purtroppo l’allarme che avevo già lanciato» (7 maggio).

Maroni, insomma, trova maggiori conferme alle sue preoccupate previsioni, ma anche rivendica il prosciugamento di uno dei due flussi di arrivo: «Gli ultimi sbarchi a Lampedusa, oltre 1.500, sono tutti profughi non rimpatriabili, partiti dalla Libia a causa della guerra. Il flusso di clandestini dalla Tunisia si è invece praticamente fermato, grazie all’accordo da me firmato il 5 aprile con il governo di

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Tunisi» (8 maggio).

Eppure, narrano le cronache, qualche tunisino continua ad arrivare. Anzi, a ritornare. Come Nizar, tunisino di 23 anni, ospite del Centro di prima accoglienza di Lampedusa, che dice ai giornalisti: «Possono rimandarmi indietro cento volte, io continuerò a tentare. Voglio raggiungere la mia famiglia e nessuno riuscirà a impedirmelo» (7 maggio). Vuole raggiungere la moglie e i due figli che vivono in Olanda, e giustamente non si capacita del fatto che gli sia proibito. Arrivato una prima volta a Lampedusa è stato rimpatriato, poiché giunto dopo il fatidico 5 aprile, ma dopo due settimane ha pagato il viaggio una seconda volta, ha rischiato di nuovo la vita in mare ed è di nuovo nelle Pelagie, in attesa che le burocrazie decidano la sua sorte. E quella di sua moglie e dei suoi figli.

A settembre, poi, le cronache si incaricheranno di smentire il ministro Maroni e di mostrare le crepe dell’accordo con Tunisi: una nuova ondata di arrivi dalla Tunisia e le sempre più precarie condizioni del CIE di Lampedusa sfoceranno in una vera e propria rivolta dei migranti e in scene di violenza, con gli isolani organizzati in ronde, con la polizia che contiene a fatica e a colpi di manganello le proteste e persino con tentativi di linciaggio per le strade, dopo l’incendio del Centro.

Vero è che il flusso dei profughi provenienti dalla Libia, una volta in Italia, trova un percorso accidentato per quanto riguarda l’iter per il riconoscimento dell’asilo. Tanto che gli aspiranti rifugiati concentrati a Mineo, nel “Villaggio della solidarietà” che alloggia 2.000 persone, protestano per la lentezza e l’incertezza delle pratiche burocratiche, arrivando a occupare la statale Catania-Gela per ottenere ascolto (10 maggio). In effetti, le autorità competenti confermano di riuscire a evaderne solo una decina al giorno, a fronte di migliaia di richieste. Alcuni lamentano di aspettare da mesi.

Lampedusa, tra sbarchi, soccorsi, naufragi e cadaveri ritrovati sugli scogli, continua a sentirsi lasciata sola. Come testimoniano le parole del parroco dell’isola, don Stefano Nastasi: «Quella che altri chiamano “emergenza” noi la sperimentiamo ogni giorno, non da mesi, ma da 20 anni»; il sacerdote lamenta l’abbandono causato «dall’ipocrisia dell’Europa e da uno Stato che non offre soluzioni. Occorrono segnali concreti, come una moratoria sui mutui o aiuti per gestire la stagione estiva» (10 maggio).

Eppure, di fronte ai comprensibili sentimenti di chi vive il problema in prima persona, stanno i dati generali che le Nazioni Unite, attraverso l’Alto Commissariato per i Rifugiati, che ricordano periodicamente e indicano una

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situazione che dovrebbe essere agevolmente governata: l’Europa ha ricevuto meno del 2% delle persone fuggite dalla Libia; in Italia ne sono arrivate 11.230, a Malta 1.130, mentre i dispersi risultano 800.

Anche il governo italiano, però, si sente in trincea e isolato, a dare retta al ministro dell’Interno Maroni: «Siamo stati lasciati soli ad affrontare l’emergenza immigrazione: l’Europa non dà risposte e non è bello vedere gli altri Paesi dell’Unione che stanno a guardare. Io credo che ci sia un difetto di analisi su quello che sta avvenendo: l’ONU ha detto che ci sono 750.000 profughi potenziali in Libia; secondo me sono il doppio e mi chiedo perché l’Europa non si muova per garantire sostegno e creare rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo in modo da favorire condizioni di stabilità per il futuro».

Assai diversa la visione del suo omologo tedesco, Hans-Peter Friedrich: «L’Italia non ha alcun motivo di lamentarsi per l’assenza di solidarietà», dato che «appena 25.000 immigrati sono giunti in Italia dall’inizio delle rivolte democratiche». Peraltro, chiarisce il ministro tedesco, «gran parte di essi hanno immediatamente proseguito il loro viaggio verso nord, in particolare in Francia e in Belgio, un grande Paese come l’Italia può accogliere senza grandi difficoltà i circa 10.000 o 12.000 rifugiati che hanno scelto di rimanere sul suo territorio», osserva ancora Friedrich, che non risparmia la stoccata a Maroni: «La solidarietà implica anche che si ottemperi ai propri obblighi. Nel corso dell’anno passato la Germania da sola ha accettato oltre 40.000 richiedenti asilo» (10 maggio).

Il dialogo, insomma, è tra sordi. Fors’anche perché è stato impostato male dall’inizio. Eppure, dall’Europa arrivano autorevoli richiami alla convivenza e a rendere virtuosi gli sforzi. Come nel Rapporto Vivere insieme. Combinare diversità e libertà nell’Europa del 21° secolo, che il Consiglio d’Europa ha commissionato a nove figure di rilievo: Emma Bonino, Joschka Fischer, Timothy Garton Ash, Martin Hirsh, Danuta Hubner, Ayse Kadioglu, Sonja Licht, Vladimir Lukin e Javier Solana. Il futuro del continente europeo, secondo i nove saggi, è messo a rischio dalla crescita di ostilità e discriminazioni nei confronti di gruppi e minoranze. Un rischio confermato anche dal successo dei partiti xenofobi sulla scena politica europea. Questa preoccupante situazione trova radici in un crescente sentimento di insicurezza degli europei, a sua volta connesso all’aumento effettivo del numero di immigrati. Tra le concause, il Rapporto indica anche la responsabilità dei media, «visto che molti hanno giocato un ruolo attivo nel demonizzare immigrati e altre minoranze». Tra le misure concrete e urgenti cui devono adoperarsi sia gli Stati membri sia le istituzioni europee, viene indicata la

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necessità di elaborare una politica migratoria comune e coerente, in assenza della quale i problemi sono destinati a cadere sulle spalle delle comunità locali.

Ed è quello, in effetti, che sembra accadere a Lampedusa, prima di tutto, e più in generale in Italia. Eppure, in quel Rapporto, presentato ai ministri degli Esteri dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, uno dei buoni esempi e dei casi di buone pratiche che viene messo in risalto è quello della città di Reggio Emilia, che ha la più alta percentuale di residenti stranieri di tutto il Paese e che ha sviluppato una serie di politiche specifiche mirate all’integrazione degli immigrati e di altre minoranze nel tessuto sociale. Dunque, è possibile, se non si sceglie di fare della questione epocale dell’immigrazione e dei profughi – che fuggano dalle dittature, dalle guerre, dalla fame o dalla desertificazione e devastazione ambientale tali comunque sono e tali andrebbero sempre considerati – un terreno di speculazione politica. E, del resto, è quello che dimostrano le Regioni, le città e il tessuto associativo e solidale nei singoli territori, dove sono stati distribuiti i profughi, secondo il Piano concordato tra governo ed enti locali.

Di fronte all’ennesima e ciclica, quanto meno dal 2002, «emergenza» a Lampedusa si è scelta la strada forse più comoda – in quanto ampiamente rodata – ma più deleteria e pericolosa. Creando prima di tutto allarmismi ingiustificati. Basterebbe ricordare cosa successe il 7 marzo del 1991: in una sola giornata arrivarono nel porto di Brindisi 27.000 albanesi. Le fotografie dell’epoca mostrano folle inverosimili, come adunate d’altri tempi, assiepate sul molo, l’avanguardia di un popolo cui era stata promessa la libertà e che era intenzionato a riscuoterla. Un’intera flottiglia di navi e imbarcazioni di ogni stazza e condizione che trasportava i detriti del crollo del Muro di Berlino in una nuova Europa, che in realtà non era nata, né pareva intenzionata a farlo.

Le stesse scene si ripeterono poco dopo, l’8 agosto dello stesso anno, quando nel porto di Bari ne arrivarono altri 20.000, tutti assieme, partiti da Durazzo. A differenza dei tunisini di Lampedusa, non volevano proseguire per la Francia, il Belgio o la Germania. Volevano fermarsi in un’Italia che le trasmissioni della RAI, che guardavano avidamente da casa loro, bevendole come fossero realtà, gli avevano raccontato essere un Paese ricco e felice. Anche allora i boat people fuggivano da fame e privazione di libertà, proprio come i maghrebini di cui sono state riempite nei primi mesi del 2011 tendopoli simili a galere (davvero: vi sono fotografie che mostrano le finestrelle delle tende con striscioline di tessuto incrociate, come fossero sbarre, inutili praticamente giacché di tela ma simbolicamente evocative).

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Dopo gli allarmismi, arrivano le improvvisazioni e le convenienze. Arrivano norme d’eccezione e consuetudini che le norme violano. Arrivano armamentari repressivi e toni bellici. Arrivano improbabili e sfacciate rivendicazioni verso l’Europa. Mentre si cancellano dalla memoria pubblica le pagine precedenti.

Per capire come si è arrivati a Lampedusa, insomma, occorre conoscere i capitoli precedenti. Compresi gli accordi liberticidi e interessati con il dittatore libico. Va, in effetti, ricordato che quando pochi volenterosi, per lo più attivisti di organizzazioni umanitarie, a suo tempo denunciarono i lager nel deserto libico finanziati dall’Italia, le torture e le violenze che lì si praticavano con metodi dissuasivi probabilmente più convincenti di quelli italiani, non vi furono eco nella grande stampa e soprassalti nell’opinione pubblica o resipiscenze nelle forze politiche e di governo. Cui bastava poter dire che, finalmente, i flussi di arrivi a Lampedusa o sulle coste italiane erano interrotti.

I dati confortavano l’euforia governativa. Guardando al, pur parziale, indicatore delle domande di asilo, nel 2008 furono presentate da 31.723 persone, di cui la gran parte provenienti da Paesi africani (23.556); nel 2009, anno dell’accordo con Gheddafi, furono 19.090 (di cui 11.625 dall’Africa); nel 2010, con l’accordo pienamente operativo, furono 12.121 (di cui solo 4.284 dall’Africa). Per quanto riguarda il 2011, le richieste di asilo sono aumentate sensibilmente arrivando a 37.350, di cui la gran parte presentate da persone provenienti da Paesi africani (28.542). Alla fine del 2011, le domande esaminate dalle Commissioni Territoriali sono state 25.626 (comprese anche domande pendenti da anni precedenti) con questi risultati: la concessione di 2.057 status di rifugiato; 2.569 protezioni sussidiarie; 5.662 protezioni umanitarie (http://www.cir-

onlus.org/0551_statistiche_asilo2.pdf).

Ventimila arrivi in meno in Italia, in cambio – probabilmente - di molte migliaia di torturati in più nei lager libici e di cospicue somme, oltre che di forniture militari, versate nelle casse di Gheddafi, il quale in ulteriore contraccambio garantiva ricchi appalti a ditte italiane e canali preferenziali per le forniture di petrolio. Business is business. Ma anche i giochi più cinici possono mostrare la corda ed ecco che, dopo la rottura con il rais e la partecipazione italiana all’avventura bellica della NATO in Libia, la politica dei respingimenti in mare, già censurata in sede europea, oltre che dalle organizzazione umanitarie, appare in tutto il suo fallimento.

Dai tempi di «Forcolandia» a quelli dell’«esodo biblico» si è consolidata infatti

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una sapiente manipolazione della pubblica opinione, dato che rimane del tutto vera e attuale l’analisi fatta, ai tempi del blocco libico, da una delle persona più titolate, Laurens Jolles, responsabile dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati: «Ora è molto più difficile partire dalla Libia. L’accordo raggiunto ha bloccato il flusso del commercio clandestino. Ma questo non significa che lo stesso commercio avvenga lungo altre direttrici. Oggi la maggior parte dei clandestini arriva con un passaporto regolare, prende un visto di tre mesi e poi sparisce. La Caritas stima che siano 300.000. A Lampedusa ne arrivavano al massimo 35-36.000. Il 75% faceva domanda di asilo politico e il 50% di questi lo otteneva dopo i dovuti controlli» (Daniele Mastrogiacomo, «Hanno fatto fallire il progetto Lampedusa. Ma il traffico di clandestini segue altre vie», “la Repubblica”, 5 novembre 2010).

L’escalation delle parole cattive

Sotto diversi aspetti, il «caso Lampedusa» del 2011 è stato, insomma, un prodotto di laboratorio politico, una forzatura mediatica e anche una mistificazione lessicale.

L’intero armamentario utilizzato quotidianamente dai media in materia è denso di torsioni semantiche. I Centri sono sempre di accoglienza, anche quando hanno regole e strutture detentive, e così gli immigrati vi sono sempre ospitati. I campi e le tendopoli sono sempre protetti da recinzioni metalliche e muri di cinta. Le barche sono sempre soccorse, mentre gli immigrati sono, per lo più, clandestini. E così via.

Dopo un mese dall’inizio del flusso, appunto databile 15 gennaio 2011, i migranti sbarcati sono circa 5.000. Un numero dunque significativo ma ben lontano dal giustificare le definizioni apocalittiche subito utilizzate da diversi esponenti politici e prontamente enfatizzate da molti media (e viceversa: in un continuo gioco di specchi tra gli uni e gli altri).

Di possibile «invasione» parla per prima – già il 15 gennaio! – Angela Maraventano, una residente che sull’immigrazione ha costruito le sue personali fortune divenendo vicesindaco di Lampedusa e senatrice della Lega Nord. Subito dopo di lei, è il ministro dell’Interno e suo collega di partito Roberto Maroni a premere sul pedale dell’allarme: «Temo l’invasione, noi siamo la porta dell’Europa» (1° febbraio). Poi è la volta del sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, secondo il quale l’isola «sta soffrendo l’invasione», che si dice altresì «preoccupato che la situazione, finora pacifica, possa degenerare» (16 febbraio).

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Lui, peraltro, si adopera in prima persona per questa prospettiva, alzando i toni in più riprese e giungendo ad ammettere di tenere in ufficio una mazza da baseball: «Mi devo difendere, e sono pronto a usarla, scrivetelo pure. Siamo in presenza di uno scenario da guerra, lo Stato mandi subito elicotteri, navi per trasferire i tunisini che vagano per l’isola dopo avere incendiato ieri il centro di accoglienza» (21 settembre).

L’«invasione» viene però smentita dal presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che scrive: «Si sta usando questo clima di grande preoccupazione per la presunta invasione dell’Europa per deportare in territorio siciliano, a Mineo, 2.000 persone che non costituiscono nessuna emergenza» (8 marzo).

E, ovviamente, di «invasione» parla anche Marine Le Pen, leader del Fronte Nazionale, l’estrema destra francese (13 aprile), che arriva a paragonare le preghiere dei musulmani in strada all’occupazione dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale (16 febbraio).

Naturalmente, il termine invasione ne evoca un altro: liberazione. Lo utilizza Margherita Boniver, deputata del PDL e presidente del Comitato Schengen: «L’imperativo è con urgenza la liberazione di Lampedusa», dichiara. Aggiungendo poi che Lampedusa è divenuta «una discarica umana a cielo aperto» (24 marzo).

Poco dopo, in relazione al programma di trasferimenti dei migranti dall’isola, il premier Berlusconi assicura, con enfasi militaresca, che «il piano di liberazione è scattato a mezzanotte» (30 marzo), parlando pure di «tsunami» umano (1° aprile). Un termine che, per la verità, era stato utilizzato in precedenza e per primo dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR), che in una conferenza stampa del 27 febbraio 2011, in relazione alla crisi libica, aveva parlato di uno «tsunami da 50.000 profughi», a dimostrazione che un uso incauto e iperbolico delle parole, ai fini di ottenere rilevanza mediatica, non è consuetudine esclusiva della politica. Contraddittoriamente, sarà poi lo stesso Alto Commissariato, attraverso Laurens Jolles, suo rappresentante in Italia, ad ammonire di «non eccitare l’opinione pubblica: parole come “tsunami umano”, “esodo biblico” non corrispondono alla realtà e servono solo a incutere paura» (5 maggio).

Anche il ministro Maroni utilizza l’immagine dello «tsunami umano» (23 marzo) ed è il primo esponente di governo a utilizzare quella dell’«esodo biblico», aggiungendo addirittura «come non se ne sono mai visti» (13 febbraio), riprendendola dal sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, che l’aveva

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utilizzata il giorno precedente. Dieci giorni dopo, il termine suggestivo viene riproposto dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ne aggiunge anche un altro, parlando di «ondata anomala di 2-300.000 immigrati». E «sono stime al ribasso», precisa (23 febbraio).

Poi tocca al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che riparla di «esodo biblico» verso le coste italiane (24 febbraio). Quanto sia enfatizzata e irrispondente quella suggestione lo ammette indirettamente la sottosegretaria agli Esteri, Stefania Craxi: «Non abbiamo notizie di un esodo dalla Libia, ma se la situazione continuerà a peggiorare è possibile che ci sia un flusso importante sulle coste del sud Europa» (16 marzo).

Maroni evoca più volte il rischio «catastrofe». Ma la catastrofe, come rileva la Caritas, è solo quella umanitaria. Netta, al riguardo, la considerazione espressa in quei giorni da Amnesty International: «La crisi che si è determinata a Lampedusa sul fronte dell’immigrazione è stata determinata dall’azione del governo italiano. Questa situazione poteva benissimo essere evitata. Quello che i migranti stanno vivendo nell’isola è ben al di sotto della soglia minima dei diritti umani. Assistiamo a violazioni di ogni genere, compresa la completa mancanza di informazioni sulle procedure legali per la richiesta di asilo. I numeri di Lampedusa possono essere assolutamente gestibili». La vicesindaco dell’isola, la leghista Maraventano, peraltro, arriverà a chiedere l’allontanamento dall’isola degli organismi delle Nazioni Unite e delle associazioni umanitarie (21 settembre). Per la Lega sarebbero le informazioni fornite ai migranti circa i loro diritti a fomentare le rivolte.

Attorno a tutta la vicenda di Lampedusa, si è dunque sviluppato un progressivo scontro politico e culturale, ma ancor prima una sapiente e mirata torsione lessicale. Mentre le associazioni umanitarie, la Chiesa e le forze sociali parlavano del dovere dell’accoglienza, di integrazione, di diritti, di convivenza e di solidarietà, nelle dichiarazioni istituzionali e governative, nelle pagine dei quotidiani e sugli schermi televisivi si addensavano terminologie catastrofiste e finanche belliche.

Del resto, somigliano a bollettini di guerra i rapporti che sono correttamente diffusi in riferimento a Lampedusa dalla Guardia costiera e poi ripresi dalle agenzie di stampa. Ecco quello del 7 marzo 2011: il primo arrivo ieri sera alle 18,05, con 81 migranti; alle 21,50 altri 14; alle 23,40 approdano in 155; alle 1,15 lo

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sbarco più consistente, 187; all’1,50 in 12 vengono bloccati direttamente a terra; alle 2,30 arrivano in 54; alle 3,10 altri 135; alle 3,35 sono 44; alle 4,15 in 39; alle 4,57 in 48; alle 6,00 in 108; alle 7,36 l’arrivo di 128 profughi che porta a superare quota mille; alle 10,45 il dodicesimo barcone, con 48 migranti.

Diversi i toni non solo dell’opposizione politica e sociale, ma anche di qualche (non molti, per la verità) esponente della maggioranza di governo. Indicative le dichiarazioni di un ex ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, che in un’intervista a un quotidiano parla esplicitamente di «ossessione della sicurezza» e critica la iniziale chiusura del Centro di primo soccorso di Lampedusa: «Bisognava aprirlo subito. Chi ha pensato di tenerlo chiuso ha capito ben poco di ciò che stava accadendo e forse ha dato prova di inutile cattiveria» (15 febbraio).

Ecco: una parola mai utilizzata nel dibattito pubblico lungo tutto il corso della vicenda, ma probabilmente pertinente e necessaria per contribuire a spiegare cosa è accaduto in quei mesi a Lampedusa. Accanto al calcolo politico, all’improvvisazione, alle deficienze organizzative, alle strategie mediatico-elettorali, alle mire affaristiche, alle pigrizie burocratiche e alle chiusure culturali, per capire davvero ciò che è successo, forse, non si può evitare di prendere in considerazione anche una componente di banale e distratta cattiveria.

Una disposizione d’animo, del resto, da subito rintracciabile in alcune autorevoli esternazioni, come la brutale esortazione dialettale dell’allora leader della Lega e Ministro della Repubblica Umberto Bossi: «Föra di ball» (29 marzo). Ancor più esplicitamente e minacciosamente quella predisposizione d’animo è rintracciabile nella dichiarazione del viceministro della Lega e già Guardasigilli Roberto Castelli: «Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli. Almeno per ora...» (12 aprile).

A proposito di violenza e di sua istigazione, proprio mentre Castelli faceva quell’esternazione, qualcuno a Genova faceva esplodere una bomba artigianale contro uno degli edifici individuati dal Comune per alloggiare gli immigrati trasferiti da Lampedusa.

Anche la periferia politica fa la sua parte, con le dichiarazioni di Daniele Stival, assessore leghista ai flussi migratori per la Regione Veneto, che alla domanda su come limitare l’attivo di profughi nordafricani risponde: «Ci riescono pure in Grecia, Spagna e Croazia, dovremmo riuscire anche noi usando il mitra» (24 febbraio). Sui medesimi stessi toni, interveniva l’europarlamentare del Carroccio, Francesco Speroni, con un invito a «mitragliare i barconi» (13 aprile).

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Nelle stesse ore, l’ennesimo naufragio vedeva due migranti annegati e un terzo disperso. Qualcuno commentava amaramente: non serve sparargli, muoiono da soli.

Il mercato dell’immigrazione

Attorno alle vicende del Nord Africa e, conseguentemente anche dei flussi migratori girano fiumi di denaro.

A livello di Unione Europea, le cifre vengono riassunte in una comunicazione della Commissione Europea relativa al Piano “Partnership per la democrazia e una prosperità condivisa con il Sud del Mediterraneo”. La Commissione ha già stanziato quattro miliardi di euro di aiuti per i Paesi partner del Nord Africa e Medio Oriente; somma che comprende 240 milioni di euro per la Tunisia e 445 milioni di euro per l’Egitto. Alla Tunisia sono stati offerti 17 milioni di euro per organizzare le elezioni. Dalla Banca europea d’investimenti, dopo l’approvazione da parte del Consiglio Europeo, potrebbero arrivare finanziamenti per progetti nella regione per un totale di sei miliardi di euro nei prossimi tre anni.

Rispetto alla situazione contingente, l’Unione ha poi stanziato 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari ai confini della Libia con Tunisia ed Egitto, integrabili con fondi ad hoc per le emergenze rifugiati e ai confini esterni, pari a 25 milioni di euro.

Sono decisamente cospicui anche gli stanziamenti europei per il Fondo comunitario per i rifugiati, per i rimpatri e a quello per l’integrazione. Il primo ammonta a 628 milioni di euro, per il periodo 2008-2013, suddivisi in 566 milioni di euro ripartiti tra gli Stati membri in base al numero di richiedenti asilo e 62 milioni di euro per azioni comunitarie a sostegno della cooperazione. Riguardo l’Italia sono stati assegnati o previsti per il 2008-2013 oltre 30 milioni di euro, cui si aggiungono, per lo stesso periodo, circa 68 milioni di euro relativi al Fondo europeo per i rimpatri, che a livello europeo prevede 676 milioni di euro (2008-2013).

Lo stanziamento complessivo per il Fondo europeo per l’integrazione 2007-2013 è invece pari a 825 milioni di euro, di cui 768 milioni distribuiti fra gli Stati membri sulla base del numero di cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti nello Stato membro e 57 milioni per le azioni comunitarie. Le risorse stanziate per l’Italia per quel periodo ammontano a circa 103 milioni di euro.

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Infine, vi è un quarto Fondo, quello per la sicurezza delle frontiere interne che, per il periodo in questione, ha stanziato 1.820 milioni di euro.

In totale, quasi quattro miliardi di euro su sette anni, di cui almeno 200 milioni destinati all’Italia. Fondi che, peraltro, come ha ricordato la Commissaria dell’Unione Europea Cecilia Malmstrom – di fronte alle insistenti richieste del ministro Maroni all’Unione di uno stanziamento straordinario di 100 milioni di euro per l’emergenza Lampedusa –, l’Italia non ha ancora speso interamente (1° aprile).

Peraltro, a settembre 2011, il Parlamento Europeo ha approvato lo stanziamento di fondi aggiuntivi per 43,9 milioni di euro destinati ai Paesi più esposti ai flussi migratori: buona parte della somma (24 milioni), andrà a beneficio di Frontex per rafforzare il pattugliamento marittimo, mentre 12,2 milioni di euro sono indirizzati al Fondo europeo per i rifugiati, 4,9 milioni al Fondo per le frontiere esterne e 2,8 milioni al Fondo europeo per i rimpatri.

Attorno al migrante che rischiando la propria vita e investendo i propri risparmi o indebitandosi si avventura nel Mediterraneo c’è una catena di scambi economici. Legali o meno. Diretti o indiretti. In denaro o sotto forma di beni e servizi.

Come le quattro motovedette da 15 metri consegnate dall’Italia alla Tunisia per bloccare i viaggi di migranti verso Lampedusa, nel quadro dell’accordo sottoscritto il 5 aprile 2011: 4,4 milioni di euro il costo complessivo. Cui vanno sommati i costi di 60 personal computer, 10 scanner, 20 stampanti, 20 metal-detector portatili, 28 fuoristrada appositamente modificati, 10 motori fuoribordo e 10 quadricicli. Piccoli cadeaux forniti dall’Italia, che vanno ad aggiungersi al pacchetto di misure per la cooperazione tra i due Paesi. Pacchetto «che include linee di credito supplementari fino a 150 milioni di euro, in aggiunta a quelle già in corso pari a quasi a 100 milioni per il sostegno al bilancio dei pagamenti», come dichiarato dal ministro Frattini (25 marzo).

Un rivolo decisamente consistente delle risorse che, da varie fonti e istituzioni, vengono stanziate per la questione dell’immigrazione, finisce, com’è ovvio, a Lampedusa. Così, già il 3 marzo 2011, la Regione siciliana ha deliberato la concessione di un contributo straordinario di 800.000 euro a favore del comune di Lampedusa e Linosa a motivo delle «emergenze connesse alla pressione migratoria». Successivamente, il 22 aprile, la stessa Regione ha deliberato l’erogazione di 12 milioni di euro per rilanciare il turismo nelle Pelagie e favorire le

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imprese turistico-alberghiere dell’arcipelago, dopo le ondate di immigrati.

Somme non indifferenti, tenuto anche conto che i costi della cosiddetta accoglienza, relativi ai Centri, alle tendopoli e all’apparato di controllo, sono affrontati a livello centrale dal ministero dell’Interno. Ma l’amministrazione che governa Lampedusa, sindaco in testa, non si accontenta, batte il ferro finché è caldo e, per voce dell’assessore alla Programmazione e allo sviluppo economico, Pietro Busetta, richiama il premier alle sue promesse: «Invitiamo Berlusconi a mantenere la parola data e a superare gli ostacoli che si potranno presentare in modo da far uscire allo scoperto in Parlamento chi non è d’accordo. Lampedusa si aspetta un decreto legge in cui siano inseriti gli interventi economici, quelli fiscali e l’autorizzazione per una casa da gioco. Sarebbe un segnale doveroso e importante dell’attenzione del Paese, pur sapendo che non sarà certo la panacea di tutti i mali» (8 aprile).

Degli interventi di defiscalizzazione, in effetti, non sembrerebbe esservi bisogno, se è vero quanto denuncia Legambiente, ma che è tranquillamente ammesso anche dalle autorità locali: «Lampedusa d’estate ospita almeno 30.000 persone. Ufficialmente l’isola ha una ricettività di circa 2.000 posti. Tutto il resto è palesemente in nero» (Sanfilippo e Scialoja, 2010).

Naturalmente, si può immaginare che i diversi stanziamenti ricevuti siano stati ben utilizzati, a fronte degli innegabili disagi e difficoltà vissute dai residenti e dalle attività economiche dell’isola. Maggiori perplessità può però suscitare lo stanziamento disposto in maggio, con ordinanza del presidente del Consiglio, della somma di un milione di euro al fine di rimuovere e smaltire i barconi con cui i migranti sono arrivati a Lampedusa, a quella data circa 350. Per l’assegnazione del lavoro è prevista una gara, però secondo la procedura di somma urgenza.

Sempre Legambiente, nel libro di Sanfilippo e Scialoja, spiega cosa è successo al riguardo negli anni scorsi. Racconta Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia: «La gestione dell’immigrazione a Lampedusa è un enorme business. L’affare non riguarda solo l’isola e, in questo senso, la vicenda delle barche è veramente emblematica. Perché spesso si tratta di ottime imbarcazioni che potrebbero tranquillamente essere messe sul mercato, potrebbe prenderle e venderle anche il demanio, avrebbero un valore; e invece a spese dello Stato vengono triturate e poi smaltite». E’ una questione che vale la pena approfondire.

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L’affare dei Centri per immigrati

Come chiarisce il ministero dell’Interno, «tali centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari». Per far ciò, dal 1999 al 2011 si è speso quasi un miliardo di euro.

È stato infatti calcolato, assemblando i diversi dati disponibili sugli stanziamenti, un importo complessivo di 985,4 milioni di euro. Importante la spesa al riguardo da parte del governo Berlusconi: «Gli stanziamenti previsti dal decreto legge 151/2008 (101 milioni e 45 mila euro per gli anni 2008-2011) e dalla legge 94/2009 (139 milioni e 50 mila euro per gli anni 2009-2011) hanno destinato ai CIE un totale di 239 milioni e 250 mila euro. Quest’ultima legge ha stanziato complessivamente per la lotta all’immigrazione illegale (introduzione del reato di ingresso soggiorno illegale, CIE e esecuzione delle espulsioni) 287 milioni e 618 mila euro. Gli allegati alla Finanziaria 2011 evidenziano uno stanziamento di 111 milioni di euro per il 2011, di 169 milioni per il 2012 e di 211 milioni di euro per il 2013. Alle risorse sinora considerate vanno aggiunte quelle necessarie per garantire la vigilanza nei centri. Nel 2004 la Corte dei conti ha calcolato che per il mantenimento di 800 addetti alla vigilanza appartenenti alle forze dell’ordine sono stati spesi 26,3 milioni di euro (32.875 euro l’anno per operatore). Il costo è sicuramente salito negli anni successivi: nel 2009 gli operatori assegnati a questa funzione sono stati 1.000» (Naletto 2010).

Difficile fare stime esatte dei costi, stanti le tante, diverse, intrecciate e concorrenti voci di spesa. Prendendo per buone le cifre contenute in un’interrogazione parlamentare (peraltro presentata da deputati della maggioranza del governo Berlusconi), ciascun immigrato rinchiuso nei CIE costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno e, considerata la permanenza media di ciascuno nei Centri, dal fermo fino all’uscita dal centro il costo pro capite è quantificabile in 10.000 euro.

La stessa interrogazione propone poi un importo della spesa per la gestione complessiva dei flussi migratori decisamente rilevante: «Dalla mera lettura della Direttiva generale del 2010 del Viminale e dei documenti del bilancio dello Stato, e senza tener conto delle risorse per la sicurezza e l’integrazione accantonate nei bilanci regionali, e comunali, risulta che il costo annuale di gestione di flussi migratori, ovvero controllo delle frontiere, identificazione dei clandestini,

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espulsione, eventuali politiche di integrazione per coloro che sono in regola, ammonta annualmente a 460 milioni di euro» (Interpellanza parlamentare C. 2/01053).

Ad esempio, quelli legati ai costi dell’apparato militare e di controllo: basti pensare che nel 2011 sono stati impegnati quotidianamente circa 2.000 poliziotti per gestire i trasferimenti dei migranti e l’ordine pubblico, sia a Lampedusa sia nelle tendopoli allestite in diverse regioni. O quelli relativi alla gestione dei campi profughi, dei CIE e di tutta la partita dell’accoglienza. Una partita e un volume economico che aumenteranno con l’estensione a 18 mesi della permanenza degli immigrati nei CIE. Come ha denunciato in quell’occasione il responsabile immigrazione della CGIL, Piero Soldini: « Oltre a essere un decreto dannoso … è anche costoso: lo Stato versa 50 euro al giorno per ogni immigrato» (2 agosto).

Basti pensare che, sempre in ragione della «emergenza Lampedusa», solo con il decreto che ha istituito i tre CIE di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta e Kinisia, alla periferia di Trapani, sono stati stanziati dieci milioni di euro, di cui sei milioni per i lavori di ristrutturazione e i rimanenti quattro per le spese di gestione. Dieci milioni per tre strutture che, secondo il decreto stesso, dovrebbero funzionare «fino a cessate esigenze, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011», dunque per pochi mesi. Ma già negli anni precedenti, gli stanziamenti, emergenza o non emergenza, non erano certo stati da meno.

A metà aprile 2011, per il Piano di accoglienza e sistemazione nelle regioni erano stati assegnati al Fondo della protezione civile solo 30 milioni di euro, «quale acconto rispetto al maggior stanziamento necessario per il superamento del contesto emergenziale». La cifra necessaria, già ipotizzata nella bozza di accordo tra governo ed enti locali, infatti, era di 110 milioni di euro.

Oltre ai 13 CIE “ufficiali”andrebbero poi conteggiati anche quelli temporanei e quelli “galleggianti”, vale a dire le tre navi civili – Audacia, Moby Vincent e Moby Fantasy –, tenute ormeggiate nel porto di Palermo su cui sono stati rinchiusi per giorni circa 700 tunisini trasferiti in massa da Lampedusa, dopo le proteste e gli scontri avvenuti il 20 e 21 settembre. Una situazione anomala e irregolare (e costosa: 90.000 euro al giorno solo per il noleggio delle navi), tanto da provocare manifestazioni e denunce da parte delle associazioni umanitarie, che considerano le navi trasformate in CIE del tutto illegali, poiché in contrasto con l’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con l’articolo 13 della

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Costituzione, con gli articoli 2, 13, 14 del Testo Unico sull'immigrazione, e con il regolamento Schengen sulle frontiere, che impone provvedimenti formali di respingimento o di espulsione, notificati individualmente e con la possibilità di farsi assistere da un difensore.

Infatti, il 27 settembre, dopo la presentazione di un esposto da parte di giuristi e rappresentanti delle associazioni, tra cui il Forum antirazzista, l’ARCI e la CGIL siciliana, la procura palermitana apre un’inchiesta. I reati ipotizzati sono quelli di limitazione della libertà personale, violenza privata e illecita detenzione di minori. Nell’esposto viene denunciato che i cittadini stranieri in quel momento a bordo delle tre navi (circa 250 persone) sono stati trasferiti – peraltro con i polsi legati – e trattenuti in un luogo privo di determinazione giuridica, senza alcun provvedimento individuale formalmente adottato e convalidato dal giudice.

Dopo qualche giorno di ancoraggio nel porto di Palermo, una delle tre navi ha ripreso il viaggio con destinazione Cagliari. Lì i 221 passeggeri sono stati trasferiti nel Centro di Elmas, gestito dalla stessa Lampedusa Accoglienza, responsabile del Centro di Lampedusa svuotato dopo gli scontri.

La gestione mediatica

Le immagini televisive dei migranti in coda, controllati da carabinieri e poliziotti con le mani ricoperte da guanti di plastica e talvolta da mascherine danno un messaggio inequivocabile: c’è il rischio del contagio. Non quello della TBC, ciclicamente evocato da allarmismi e notizie sempre smentite dalle autorità sanitarie, bensì quello della povertà e della miseria, malattia invece presente e diffusa, tanto da fare realmente paura.

Le immagini, i messaggi simbolici provenienti da Lampedusa sono perlopiù inscritti in queste necessità di fondo. I migranti cui vengono fatte togliere le cinture e le stringhe delle scarpe, alla stregua carceraria, suggeriscono pericolosità, ancor più dell’etichetta stigmatizzante e forse ormai un po’ spuntata di “clandestino”. E, al tempo stesso, indicano e realizzano spoliazione, sottrazione di volontà e soggettività. Assieme alle stringhe, vengono insomma tolte le prerogative e i diritti che rendono persona e cittadino.

La ratio, per quanto probabilmente formalmente inespressa, di tale procedura consuetudinaria non è quella di tutelare da gesti di autolesionismo. Perché mai, infatti, chi ha rischiato la vita e i risparmi per approdare sull’altra sponda del

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Mediterraneo animato evidentemente da forti speranze dovrebbe coltivare pulsioni suicide?

Del resto, in alcuni dei Centri, come quello di Palazzo San Gervasio, oltre che le stringhe, sono state tolte addirittura le scarpe da tennis.

Se questo è un uomo, viene da dire. E non sembri enfatico o retorico: basti seguire sempre il racconto del giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti, tornato nell’agosto 2011 a Lampedusa per documentare le condizioni dei minori stranieri trattenuti sull’isola, che «da settimane non possono uscire dal recinto di filo spinato e lamiere arroventati dal sole». In quel momento vi erano 225 bambini e adolescenti rinchiusi nelle due strutture: 111 nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Contrada Imbriacola e 114 nella ex base dell’aeronautica militare. Tra di loro, «c’è anche la piccola Chideria. Nata in Libia il 6 maggio 2011, è l’unica sopravvissuta tra i bimbi del suo barcone approdato il 4 agosto. I piccoli compagni di viaggio sono morti uno dopo l’altro. Chideria l’hanno liberata con i genitori nigeriani soltanto dopo tre settimane. Così piccola si è fatta 20 giorni di reclusione. Si è anche ammalata. Un certificato sanitario di Medici Senza Frontiere che riscontrava sintomi persistenti di bronchite, pus dagli occhi e punture da insetto multiple è rimasto inascoltato fino a mercoledì 24 agosto. Sono stati necessari l’esposto di un avvocato, Alessandra Ballerini, legale dell’associazione Terre des hommes e l’intervento del Tribunale dei minori di Palermo».

Secondo Gatti – che già nel 2005, fingendosi immigrato e facendosi rinchiudere nel Centro, ne aveva segnalate le condizioni disumane –, qualcosa è cambiato in positivo, in particolare una maggior trasparenza e un minore isolamento, dato che, nonostante la circolare Maroni e la proibizione dell’ingresso, le associazioni convenzionate e l’UNHCR operando sul campo possono comunque monitorare la situazione.

Una valutazione che, per la verità, non viene condivisa da altri giornalisti attenti a queste problematiche, come Raffaella Cosentino, secondo cui la conseguenza del divieto di accesso alla stampa, e dunque della possibilità di verificare in prima persona ciò che accade, rende le associazioni umanitarie che operano nei Centri e sul luogo degli sbarchi l’unica fonte possibile. Gli operatori, però, «non rilasciano dichiarazioni se non sono autorizzati dagli uffici stampa delle loro organizzazioni e dalle sedi centrali di Roma e Milano. Non c’è modo di sfuggire al flusso di informazioni da “news management”, indirizzato dall’alto. Le uniche informazioni disponibili sono quelle sull’orario, il numero e la provenienza degli arrivi e delle

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partenze dall’isola».

Oltre a quello della censura, insomma, esiste il rischio dell’autocensura, addirittura più frequente e insidioso, così come quello dell’informazione selezionata “dall’alto”.

Ma più ancora della censura e dell’autocensura a Lampedusa attorno ai migranti è stato costruito un meccanismo perfetto e micidiale: quello dell’invisibilità.

Riferisce infatti Cosentino: «Dal momento dello sbarco al molo Favaloro fino all’imbarco su grandi navi Grimaldi o Moby verso centri di accoglienza o di detenzione nel resto d’Italia, c’è solo un attimo in cui è possibile vedere i migranti: all’arrivo, quando stipati sugli autobus del consorzio Lampedusa Accoglienza vengono trasferiti con un cordone militare o di carabinieri e finanzieri fino ai CPSA di Contrada Imbriacola e dell’ex base Loran. Il primo è nascosto in una depressione tra le colline brulle e sorvegliato anche con un check point militare che blocca l’accesso a duecento metri dal cancello, rendendo invisibile perfino l’ingresso». Quello che non si riesce però a nascondere, data la sua imponenza, è l’apparato militare di controllo, centinaia di poliziotti, finanzieri e carabinieri, camionette, mezzi blindati, posti di blocco. Ma, continua Cosentino, alla fine, «al turista che va in cerca di calette paradisiache e che in paese si sente tranquillo, dopo un po’ lo schieramento di uomini e forze sembra confondersi con il paesaggio. Ci si abitua al via vai di militari che non ha eguali in Italia e forse in Europa» (Cosentino 2011).

In ogni modo, denuncia di nuovo Fabrizio Gatti, la situazione a Lampedusa è peggiorata su vari fronti: «Per i bambini: nel 2005 i più piccoli venivano trasferiti in poche ore in strutture aperte. Per i migranti in cerca di lavoro: la crisi economica e la detenzione amministrativa prolungata fino a diciotto mesi stanno innescando una bomba sociale già esplosa con le rivolte nei CIE. Per il rispetto della legalità: adulti, teenager e bambini vengono illegalmente reclusi a Lampedusa fino a due mesi senza nessuna convalida da parte di un giudice, come prevede la Costituzione. E per le casse dello Stato: dalle auto elettriche consegnate alla Guardia di finanza fino agli inutili quad per i pompieri» (Gatti 2011).

Se il migrante persino da bambino viene associato alla paura, è allora comprensibile come mai oltre un terzo delle notizie che riguardano immigrati e rifugiati vengano classificate dai media nelle sezioni di cronaca nera e giudiziaria, come risulta da diverse ricerche; da ultimo, dallo studio Minorities Stereotypes on Media sulla rappresentazione delle minoranze da parte dei mezzi di informazione

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italiani, realizzato dal Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva e dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università Sapienza di Roma con il supporto della Fondazione Open society (cfr. http://mistermedia.org).

Dal punto di vista del messaggio, è stata indubbiamente in controtendenza (e un evento raro) l’iniziativa dell’attrice Angelina Jolie, allorché, alla vigilia della Giornata mondiale degli immigrati, si è recata in visita al Centro per immigrati di Lampedusa e ha insistito per lasciare le proprie impronte digitali, proprio come sono costretti a fare i migranti al momento dell’arrivo e identificazione. Mentre l’allora premier Silvio Berlusconi, per ovviare alle legittime proteste della popolazione lampedusana, costretta come i migranti a difficili condizioni di vita in un isola chiusa in se stessa e sempre più affollata, preferiva dedicarsi al marketing turistico, annunciando un suo nuovo investimento immobiliare, sull’isola: Villa Due palme.

Un vero e proprio “Piano di rilancio di Lampedusa”, consistente in spot e filmati promozionali accompagnati da buoni-vacanze a prezzi scontati, sarà poi presentato dal ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla.

Di altro segno le iniziative di turismo etico, come quella “Io vado a Lampedusa”, pensata da Askavusa, un’associazione culturale dell’isola, per dare uno «schiaffo al razzismo e alla paura». O come “Lampedusainfestival”, il cui obiettivo è di favorire l’incontro e la conoscenza tra popoli e culture diverse, in particolare dell’area mediterranea.

Nuovi regimi, vecchie persecuzioni

Dalla Libia, intanto, arrivano le notizie sul dopo-Gheddafi. Tutto è cambiato, nulla è cambiato. I nuovi governanti, con il primo ministro Jibril, hanno rassicurato i ministri Frattini e Maroni: garantiranno il blocco delle partenze di migranti, proprio come avveniva in precedenza grazie al Trattato di amicizia italo-libico stipulato dal premier Berlusconi con Gheddafi nell’agosto 2008.

Il memorandum sottoscritto, a conflitto ancora in corso, dall’Italia e dai rappresentanti del CNT delle fazioni avverse a Gheddafi, ha peraltro suscitato le censure di Amnesty International, preoccupata dall’assenza di adeguate garanzie per i diritti umani e per il diritto dei rifugiati (Amnesty 2011b).

Cadono i dittatori, cambiano i poteri, ma per i dannati della terra tutto rimane uguale. All’inizio di settembre, mentre il conflitto in Libia volge al termine,

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comincia la caccia al nero. Ne riferisce il giornalista Stefano Liberti, acuto osservatore delle vicende africane, che parla di rastrellamenti nella medina di Tripoli, di centinaia di persone arrestate sulla base del colore della pelle. Prima della guerra, era presente in Libia almeno un milione di lavoratori immigrati provenienti soprattutto dall’Africa subsahariana e occidentale, in particolare dalla Nigeria, dal Ghana, dal Togo, dalla Costa d’Avorio, dal Mali. Dopo l’esplodere degli scontri e l’inizio dei bombardamenti della NATO molti sono fuggiti, con i flussi dei profughi, principalmente in Tunisia e in Egitto. «Quelli rimasti sono guardati con estremo sospetto dai ribelli che hanno preso il controllo della città. Sono quasi automaticamente considerati ex mercenari dai combattenti, che oggi danno sfogo senza problemi a un razzismo neanche tanto velato » (Liberti 2011).

Va ricordato che la condizione degli immigrati africani in Libia era difficile anche in precedenza. Arresti e soprusi da parte delle forze di polizia e dei militari erano frequenti, così come l’internamento in centri di detenzione, gli stessi dove finivano i migranti respinti dall’Italia. È stato come cadere dalla padella alla brace, racconta uno di loro a Liberti. L’unica vera differenza è che, prima, molti di loro in Libia riuscivano a trovare lavoro, pur essendo discriminati. Ora rischiano arresti e persecuzioni e vivono nascosti.

Nulla, o quasi, è cambiato, appunto. Né in Libia, né a Lampedusa.

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L’isola dei ragazzini

Diario dell’avvocato Alessandra Ballerini

21 marzo 2011

Mi trovo a Lampedusa con la parlamentare Sandra Zampa per verificare la situazione in cui si trovano i molti migranti sbarcati sull'Isola nelle settimane precedenti.

Si può stimare in circa 350 il numero dei minori non accompagnati presenti a Lampedusa alla fine del mese di marzo 2011. Raccolti prima all’interno del Museo del Mare, adibito a dormitorio per l'occasione, in condizioni igienico-sanitarie assolutamente inadeguate, senza materassi né coperte, senza avere la possibilità di lavarsi e con soli due servizi igienici a disposizione. Poi trasferiti e, quindi, rinchiusi alcuni nell'ex base militare Loran, altri in un centro convegni della Curia insieme agli adulti. Questi ragazzi lamentavano il fatto di non poter lasciare l'isola e di essere costretti da giorni a dormire per terra, senza coperte, nell’umidità, nella sporcizia (a causa dei pochi servizi igienici a disposizione) e senza acqua calda. Colpiva l'assoluta prostrazione dei minori, alcuni di dieci e undici anni, che chiedevano informazioni sul loro destino.

Minori senza nome

Almeno 200 di questi minori non sono stati identificati. E neppure è dato sapere se la presenza di questi minori sia stata segnalata alle autorità competenti (ovvero Prefettura di Agrigento, Comitato per i minori stranieri, Tribunale dei Minorenni e Giudice Tutelare).

In data 1 aprile sono tornata sull'Isola di Lampedusa come consulente di Terre des Hommes per poter entrare nei Centri di Lampedusa, autorizzata da Ministero e Prefetto. In tutta l'isola pare siano presenti oltre 3000 migranti, 350 dei quali sono minori e, 200 non sono stati identificati. Inoltre, mancano all’appello 150 persone minorenni.

120 minori si trovano nell'ex base militare Loran, circondata da filo spinato e da

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carabinieri dall’aspetto decisamente poco amichevole. Rispetto alla visita sull'isola effettuata dieci giorni fa, i minori oggi hanno un letto, composto da una rete e da un materasso di gomma piuma. I letti sono attaccati gli uni agli altri senza spazio in mezzo. I bagni sono esterni. Cinque moduli composti ciascuno da tre wc e una doccia.

Non ci è consentito parlare da soli con i minori, siamo seguiti e sorvegliati a vista da carabinieri dall’aspetto decisamente poco amichevole personale dell'ente gestore, la Lampedusa Accoglienza, che non ci lasciano mai.

Intanto, mentre noi effettuiamo la visita ufficiale nel Centro i ragazzi parlano con Karim, il nostro interprete, e si lamentano: hanno freddo, indossano sempre gli stessi vestiti - regalo dei lampedusani o della Caritas - da quando sono sbarcati, per alcuni si tratta anche di venti giorni. Non mangiano adeguatamente: sempre pasta al sugo da quando sono arrivati sull'isola (alcuni anche dal 13 marzo) due volte al giorno, fredda e mal cotta. A volte la rifiutano, altre volte la vomitano subito. Si lamentano anche della sporcizia, ci sono poche docce e l'acqua calda si esaurisce subito. E, poi, non riescono a telefonare a casa: è stata consegnata loro solo una scheda di cinque euro che hanno esaurito velocemente (per altro, nel centro non ci sono cabine telefoniche).

Ma la cosa che più li tormenta è l’ignorare se quando e come potranno andarsene dall’isola perché nessuno sa dire loro qualcosa in proposito. L'unica parola che hanno ben imparato perché viene ripetuta all'infinito è: "aspetta". Ma non sanno cosa aspettare: dove li porteranno, in Tunisia, in Sicilia o nell'altra Italia? Alcuni di loro dicono di avere parenti in Francia o in Italia. Ognuno di loro ha una storia unica e allo stesso tempo simile: un viaggio di paura e speranza, stipati in barche lunghe pochi metri (nove metri per 74 persone ci dice un ragazzo), con il coltello in tasca o la bomboletta al peperoncino per difendersi dai più grandi, perché quando il mare crea problemi e bisogna alleggerire il carico, loro, che sono i più piccoli, son quelli che rischiano di più.

Alcuni sono orfani.

Alcuni bimbi sono davvero piccini. Non riesco a non abbracciarne uno che mi siede accanto. Si chiama Khalil e ha dieci anni. È bellissimo. Gli chiedo dove sono i suoi genitori, se sono vivi, se sono partiti con lui. Lui mi dice che sono vivi ma sono rimasti in Tunisia. Gli altri lo prendono crudelmente in giro, dicendo che i genitori si sono voluti liberare di lui. Si offende, gli si velano gli occhi neri di lacrime e scappa via.

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Tutti hanno dovuto lavorare per guadagnarsi il viaggio (le tariffe variano da 500 a 1100 euro). Chi conduce la barca paga un po’ meno o viaggia gratis. Alcuni di quei ragazzini hanno paura, sono stanchi e confusi. Alcuni si toccano la testa e dicono che stanno perdendo la ragione. Passano le giornate a far niente. Dormono e appena le guardie si distraggono scappano dal Centro scavalcando un'alta rete. Perché questo è il paradosso: è loro vietato uscire dal Centro ma possono scappare - rischiando di rompersi le ossa o ferirsi con la rete - perché nessuno li rincorre. Chi dovrebbe controllare, fa finta di non vedere.

E così vagano sull'isola per impiegare il tempo, per cercare del cibo commestibile, messo a disposizione da molti lampedusani e dal prete.

Oppure tentano di telefonare a casa. E poi vanno al porto per vedere se arrivano le navi che dovrebbero portarli via da questa prigione a cielo aperto. E se sentono notizie di possibili partenze si mescolano agli adulti, si fingono più grandi per poter imbarcarsi.

Andiamo a visitare la casa della fraternità, un edificio della curia normalmente utilizzato per convegni e oggi adibito a dormitorio. Qui si trovano 200 persone: molti bambini, ma anche adulti. E' impossibile avere notizie certe sui numeri.

Chiediamo ai carabinieri di entrare nell’edificio, dal momento che abbiamo l’autorizzazione necessaria, che tuttavia riguarda solo la base Loran: e così l’accesso ci viene negato. Chiediamo, allora, alcuni dati: quanti sono i minori, di quali nazionalità e se vi siano tra loro richiedenti asilo. Nessuna risposta. Solo quando chiediamo dei sopravvissuti dell'ultimo naufragio in cui sono morte undici persone ed un neonato, i carabinieri rispondono che di tutto questo non ci sono prove (anche se c’è la conferma da parte della capitaneria di porto). “Mentono per suscitare pietà”, questa è la spiegazione.

Andiamo via, torneremo domani.

2 Aprile

Il cimitero delle barche

Nella casa della fraternità si trovano circa duecento persone tra adulti e bambini. Ci fanno vedere delle costruzioni, simili a delle tende, realizzate con cartoni e

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plastica. Hanno dormito lì dentro stanotte i minori perché hanno paura dei "grandi". Di notte molti di loro vengono rapinati di tutto ciò che hanno: ovvero pochi spiccioli, la maggior parte, e del cellulare e di una scheda telefonica, quei pochi che ne dispongono.

Per questo – va da sé - i bambini non dovrebbero mai dormire in condizioni di promiscuità con gli adulti: per tutelarne l'incolumità. Ma anche questa regola di elementare buon senso, ancor prima che di diritto, viene disapplicata a Lampedusa.

Hanno freddo, quei ragazzini. Di notte, l’umidità bagna i vestiti, ma non ci sono alternative. E, dunque, si dorme come si può. Ci parliamo attraverso le grate perché la polizia non ci fa entrare e non li lascia uscire. Possono, così come gli altri minori rinchiusi nell'ex base militare Loran, solo scappare, a loro rischio e pericolo, mentre gli agenti fingono di non vederli.

Hanno sonno, paura e freddo. E come tutti i migranti sull'isola ci chiedono cosa sarà di loro. Ma sembra che nessuno lo sappia e, tanto meno, abbia informato i migranti, neppure i minori, dei loro diritti e delle procedure legali che li riguardano.

Come ho già detto, molti di loro non sono stati identificati ed è difficile pensare che uno Stato si prenda cura di bambini invisibili. A quest’ora, sono le 11.30 del mattino, hanno molta fame perché ancora nessuno è passato a distribuire la colazione: un po’ di latte freddo e una merendina.

E poi sono sporchi.

Uno di loro è magrissimo, sgrana gli occhi e quando tento di fare delle foto ai loro giacigli mi avverte con uno sguardo che gli agenti si stanno avvicinando. Siamo già complici.

Li salutiamo, senza promesse e con poche speranze.

Sono stanchi e nervosi Sono settimane ormai che aspettano al freddo questa nave che non parte mai.

Ci fanno vedere le tessere che ha dato loro la Lampedusa Accoglienza, l'ente gestore dell'ex CIE (Centro identificazione ed espulsione) che ha il compito di gestire l'emergenza sbarchi ovvero di distribuire coperte, un po’ d'acqua e del cibo considerato immangiabile alle migliaia di migranti sbarcati sull'sola. Il tutto alla cifra di 33 euro per migrante al giorno.

Nelle tessere vengono indicati la data dello sbarco, il numero di pasti consumati e

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il nome della persona (senza che venga fatta alcuna vera identificazione).

Dopo settimane di attesa, hanno paura di tornare in Tunisia perché - ci dicono - "lì problemi” e “lì gran casino". E poi in Tunisia vigeva il reato di emigrazione clandestina e loro temono che, se verranno rimpatriati, saranno guai seri. Vorrebbero andare in Francia ma si accontenterebbero anche solo di allontanarsi dall'isola. Ripetono - quasi un'escalation di desideri – “Sicilia Italia Francia”.

Ma il mare è ancora un po’ agitato e soprattutto c'è troppo vento e il porto è troppo piccolo. Troppo rischioso tentare di fare entrare la nave che dovrebbe portarli via. Dovranno aspettare ancora. Provo a spiegarglielo. Mi rispondono: "non sai come era la barca che ci ha portato qui e com'erano alte le onde”; e: “le vostre navi sono grandi e potenti e avete paura di un po’ di vento. Se ci ridate le nostre barche, ce ne andiamo via da soli".

Già, fosse così facile. Vaglielo a spiegare che ormai sono impigliati nelle nostre leggi e nella nostra politica.

E poi le loro barche non sono più utilizzabili. Sono state ammassate in un piazzale che dovrebbe ospitare le giostre. I serbatoi ancora pieni di gasolio perdono liquido ovunque: il naso e le scarpe restano impregnate della puzza di benzina. Per questo da qualche giorno l'esercito presidia il piazzale ormai soprannominato il cimitero delle barche. Sul molo torna una calma precaria. I ragazzi si rassegnano ad aspettare ancora. Alcuni hanno organizzato uno sciopero della fame, digiunare è facile vista la qualità del cibo .

Fa schifo, ci ripetono, e poi ci fa dormire. Le strade dell'isola sono ricoperte di maccheroni al sugo buttati a terra. Hanno molta fame, ma quel cibo, a volte, è così stantio che puzza. I migranti si lamentano e porgono i piatti agli agenti.

Ed è un poliziotto che, dopo aver annusato un piatto, invita tutti a buttare via il cibo.

E così si cammina sui maccheroni.

I fantasmi bambini

Nel pomeriggio entriamo di nuovo all'ex base Loran a trovare i minori non accompagnati. Questa nostra seconda visita spiazza i gestori del Centro che in fretta e furia tentano di dare una ripulita. Alcuni ci intrattengono, mentre altri distribuiscono ai ragazzini ramazze e palette. Ma la sporcizia resta ben visibile e si sente forte. I ragazzini sono contenti di rivederci e si raccolgono subito intorno a

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noi. Parlano con l'interprete. Ci chiedono delle nostre leggi. Voglio sapere se verranno di nuovo rinchiusi e hanno paura di essere gli ultimi a lasciare l'isola, anche perché non sono stati identificati. Li rassicuriamo: la maggior parte degli adulti non è stata sottoposta ad esami fotodattiloscopici. Per ora, sono tutti fantasmi. Eppure i fantasmi bambini avrebbero dovuto essere i primi - e non gli ultimi - a lasciare l'isola per essere portati in un luogo "protetto".

Ci chiedono quale sarà la loro sorte in base alle nostre leggi: verranno collocati in altri centri con polizia e filo spinato o in case di accoglienza o in famiglia? I più grandi si preoccupano anche di sapere cosa accadrà loro quando compiranno diciotto anni. Vogliono sapere se verranno espulsi e come sarà stabilita la loro età. Hanno sentito dire che potrebbero essere sottoposti alla radiografia del polso e ci chiedono di parlargli di questa procedura. Hanno sete di risposte anche più di quanto abbiano fame di cibo!

Nelle stanze, avvolti da coperte, altri ragazzini dormono. Visito i servizi: sporchi e inguardabili. Condizioni igieniche inaccettabili.

Nel cortile incontriamo due donne tunisine sedute attorno ad un tavolino di plastica che parlano con i bimbi più piccoli di dieci o undici anni. C'è anche Khalil. Oggi sorride e mi saluta timido. Quelle donne non sono le loro mamme ma almeno non sono uomini e non sono in divisa e - aspetto molto importante - condividono con i bimbi la lingua e la sorte.

Salutiamo e ce ne andiamo. Mentre usciamo tre ragazzini ne approfittano per scavalcare sul retro l'alta rete metallica e scappare in strada. Ci raggiungono subito e aspettiamo insieme l'autobus che ci porterà in centro a diversi chilometri da dove ci troviamo. Il conducente non vuole che io paghi i biglietti per i ragazzini, vuole regalarla lui, quella breve gita. Quando scendono, i ragazzi ringraziano e lui si commuove.

Sul molo c'è ancora tensione. Il mare si è calmato e gli agenti predispongono l'imbarco dei tunisini sulla nave. Tutti o quasi vogliono salire a bordo. Ma potranno partire solo 500 o 600 persone. Tocca agli agenti scegliere e lo fanno in maniera del tutto casuale. I tunisini si arrabbiano, dal momento che tutti pensano di avere un diritto di precedenza, e alcuni effettivamente ce l'hanno. Si potrebbe adottare un criterio di anzianità di permanenza sull'isola, per decidere chi imbarcare per primo. Sarebbe un criterio sensato e di facile verifica perché, come ho già detto, sui tesserini rilasciati dalla Lampedusa Accoglienza è segnata la data dello sbarco e il numero dello sbarco. Ma la razionalità non è un metodo utilizzato

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in queste circostanze.

Altri fanno vedere le ferite che hanno sul corpo e cercano di muovere a compassione gli agenti per salire per primi sui pullman che li porteranno alla nave. Chi viene scelto si attira le ira degli esclusi. Alcuni lanciano sassi sui pullman. Gli agenti, tutti in assetto antisommossa alzano gli scudi si preparano ad uno scontro che per fortuna nessuno vuole veramente. I tunisini restano stretti tra un corridoio di uomini in armi e il mare. Gli animi a poco a poco si calmano. Altri ragazzi stanno in disparte, si sono accesi un fuoco e si scaldano un po’. Rinunciano a partecipare a questa assurda lotteria. Anche perché neppure si sa bene dove porterà questa nave. I telegiornali hanno parlato di Napoli ma rimane la paura del rimpatrio in Tunisia.

Di notte torniamo al molo perché, si sente dire, ci sarà uno sbarco. I ragazzi rimasti a terra cercano un riparo dal freddo: alcuni si infilano come gatti nelle barche dei pescatori, altri in un camion, ma vengono tirati via a forza da alcuni agenti. Poco prima, in un bar, alcuni di essi si erano lamentati di non poter trattare gli immigrati come meritano, “mentre a Malta la polizia può anche sparare”.

Più avanti dei ragazzi stanno col naso appiccicato ai vetri di una balera dove alcune coppie di isolani ballano il liscio. Ridono.

Dal 15 di giugno al 13 settembre, in qualità di consulente legale di Terre des Hommes ho potuto fare ingresso nel Cpsa (Centro di prima accoglienza e soccorso) di Contrada Imbriacola e nel Cie della ex base Nato Loran presso l'isola di Lampedusa. Nel corso di tali visite ho constatato quanto segue:

CSPA di Contrada Imbriacola

Capienza: 804 (Fonte Min. Interno)

Questo è il solo luogo in cui è possibile procedere all’identificazione dei migranti, ragion per cui tutte le persone sbarcate vengono fatte confluire lì e, solo in un successivo momento, vengono smistate.

Il CSPA ha raggiunto punte di presenza di oltre 2000 persone (notte tra il 9 e 10 luglio). Questo Centro è diviso in due aree: la prima si estende dall’ingresso alla mensa e comprende i container con gli uffici del personale di polizia, gli uffici del progetto Praesidium, finanziato dal Ministero dell’Interno, l’infermeria, gli uffici della Lampedusa Accoglienza e la mensa.

Qui si trovano i container adibiti all’accoglienza delle famiglie e dei minori.

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In fondo al cortile un cancello separa quest’area dalle zone A1 e A2 dette anche “gabbio”, in cui sono rinchiusi gli adulti.

Benché all’interno del Centro vi siano luoghi destinati, almeno sulla carta, all’accoglienza separata di soggetti diversi (i minori nel primo blocco insieme alle famiglie e gli adulti nel “gabbio”), tuttavia le fughe da una all’altra area sono all’ordine del giorno, con evidenti rischi per bambini e adolescenti.

Fatti come quello accaduto il 4 settembre non sono rari: accanto ai piccoli bambini sudanesi (bambina di 7 anni e fratellino di 16 mesi) un ragazzo più grande ruba una lametta e inizia a provocarsi tagli su braccia e gambe, come protesta per non aver mai ricevuto ascolto alla richiesta di essere trasferito.

Nelle giornate dal 30 agosto al 4 settembre, come già avvenuto in passato, le organizzazioni umanitarie non hanno potuto accedere al “gabbio” per ragioni di ordine pubblico. Così, oltre 600 persone sono rimaste prive di assistenza medica e legale. I minori, in quei giorni, rinchiusi insieme agli adulti, non erano rintracciabili e si sono trovati esposti a rischi notevoli per la loro incolumità. La tensione, alimentata anche dall’assenza di informazioni circa i trasferimenti, è salita significativamente. Non a caso il 5 settembre è scoppiata nel Centro una rivolta. In un primo momento, sono coinvolti i soli ragazzi; successivamente, sono gli adulti che tentano di forzare il “gabbio”. Le ONG chiedono di mettere in salvo i minori e le famiglie, in vista di una possibile forzatura del cancello del “gabbio” e del possibile riversarsi di centinai di persone nell’area destinata a soggetti vulnerabili. Vengono organizzati, allora, alcuni trasferimenti di minori e famiglie alla Base Loran, ma non tutti sono messi al riparo: i ragazzi tunisini vengono lasciati nel Centro, così come gli infermi (un paralitico ed un uomo mutilato). Peraltro anche la famiglia trasferita alla Loran viene incautamente fatta rientrare nel CSPA alle 22.00 dello stesso giorno, mentre gli scontri sono ancora in atto. A fronte di ciò, Terre des Hommes attraverso il suo legale, (io, cioè) provvedeva a segnalare a tutte le autorità competenti tale situazione, chiedendo un’adeguata protezione per i minori presenti nel Centro (cosa che veniva fatta solo in parte e solo per poche ore).

Le tensioni continueranno, fino a esplodere nella rivolta e nell’incendio del 20 settembre.

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3 settembre Base Loran

Capienza: 200 (fonte Min. Interno)

Punte massime di presenze: 450

La vicinanza al mare di questa struttura è il fattore che più crea ansia tra i ragazzi che vi sono rinchiusi. Molti riferiscono di incubi legati al pensiero dell’acqua e di problemi respiratori, dovuti alla tensione e a momenti panico.

Terre des Hommes ha registrato tre casi di ragazzi con problemi cardiaci, prontamente segnalati alle autorità mediche ed alle ONG incaricate di svolgere monitoraggio sullo stato di salute dei presenti.

La ex Base Loran, più volte, è stata portata all’attenzione della stampa e delle istituzioni perché non adatta all’accoglienza di minori né di altri soggetti vulnerabili, quali i nuclei familiari. Le condizioni igienico sanitarie sono deplorevoli. Il presidio medico dell’ente gestore non garantisce una adeguata e continuativa copertura di tipo psico-sociale e psicologico , di cui invece i ragazzi avrebbero molto bisogno.

Non è stato, certo, l’unico problema. La prolungata “detenzione”, l’impossibilità di comunicare con l’esterno, la carenza di spazi e di opportunità che permettano di impiegare il proprio tempo, lo stress fortissimo dovuto al ricordo della traversata e delle violenze subite, l’assenza di un adeguato supporto psicologico e medico: tutto ciò sta portando i ragazzi all’esasperazione e alla depressione.

E ancora: locali incandescenti, lenzuola (quando ci sono) di carta, materassi sporchi e bucati e bagni spesso intasati e maleodoranti e insetti di ogni tipo costituiscono l’ambiente nel quale i ragazzi sono reclusi per settimane.

Infezioni, principi di scabbia, parassiti, congiuntiviti e dermatiti sono all’ordine del giorno. E poi: gastroenteriti, cirrosi epatica, problemi respiratori e tachicardie, stati di ansia, ernie inguinali …

Al di la delle concrete condizioni di vita - spesso terribili, come si è detto - emerge un rilevantissimo problema giuridico. Per tutti i minori non accompagnati approdati sull'Isola di Lampedusa e trattenuti nei Centri di Contrada Imbriacola e della ex base Loran non sono state attivate le procedure di tutela né la richiesta di permesso di soggiorno per minore età per tutto il tempo della loro presenza sull'isola. I minori vicini alla maggiore età, quindi, sono stati sottoposti al rischio (in alcuni caso concretizzatosi), di diventare maggiorenni senza la previa nomina

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di un tutore e l’apertura della procedura di affidamento, vedendosi così preclusa la possibilità di un permesso di soggiorno per minore età cui avrebbero avuto diritto.

Nessuno dei minori rinchiuso aveva alcuna libertà di movimento: ovvero non poteva allontanarsi dai Centri, chiusi (grate e cancelli) e presidiati (da polizia, carabinieri, guardia di finanza). Ciò è testimoniato dalle continue tensioni che connotano la vita dei centri, ma anche dalla lettera che molti minori hanno inviato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Questa privazione della libertà personale, cui sono stati sottoposti migranti e richiedenti asilo, maggiorenni e minorenni, mai ha trovato fondamento in alcun provvedimento amministrativo né riscontro giudiziario. Per alcuno dei migranti, mai risulta essere stata effettuata alcuna udienza di convalida per tutto il tempo del trattenimento. E nemmeno risulta mai essere stato notificato per gli stessi alcun provvedimento amministrativo che imponesse e/o motivasse la restrizione nel Centro.

Nel Cpsa di Contrada Imbriacola come nel Cie dell'ex base Loran, da quando e' iniziata la cosiddetta “emergenza profughi” (ordinanze PCM del 5 e 7 aprile), le persone - e tra esse i minori - che approdano sull'isola di Lampedusa vengono private della loro libertà personale per settimane, senza che venga loro notificato alcun provvedimento ed in assenza di convalida giudiziaria. In entrambi i centri e' evidente l'inidoneità delle condizioni igienico sanitarie: e, in quello stato, le persone si trovano costrette a vivere per settimane e, talvolta mesi. Si pensi al caso del minore, rinchiuso nel Cpsa di Contrada Imbriacola per 64 giorni in condizioni di promiscuità: donne e uomini, adulti e bambini e neonati.

La storia di Chideria

Per quanto riguarda questi ultimi, mi sono occupata in qualità di avvocato di fiducia dei genitori della nigeriana Chideria, (sopravvissuta a un viaggio di 6 giorni dalla Libia all'Italia), segnalando il loro illegale trattenimento nel Cspa a tutte le autorità preposte (tribunale per i minorenni, procura presso il tribunale per i minorenni, Procura della Repubblica di Agrigento, Soggetto Attuatore Forlani). A causa delle condizioni di quel Centro, la neonata (6 maggio del 2011), figlia di DUGLASS (17 aprile del 1976) e di FAITH ( 22 febbraio del 1984),contraeva: bronchite, infezione agli occhi e dermatite da punture di insetti (come documentano i certificati medici).

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12 agosto Contrada Imbriacola.

Nel Centro ci sono tutti.

C'é Chideria, nigeriana, tre mesi di vita.

Un’esistenza strappata alle onde, stretta nell'abbraccio della madre.

In soli tre mesi, gli occhi di Chideria hanno già visto di tutto: una guerra, la fuga sotto le bombe e , poi , la salvezza cercata su una barca. Pochi metri per 400 persone. Chideria, in sei giorni e sei notti di navigazione, ha visto morire di fame, di sete e di freddo, un centinaio di fuggiaschi quasi tutti donne e bambini.

Ha visto affidare i loro corpi alle onde per alleggerire il carico della barca, per tentare di salvare la sua ed altre vite.

Lei, protetta da Dio - questo significa il suo nome - è l'unica tra bimbi di quella barca, ad essere riuscita a sopravvivere. E ora dorme, Chideria, dimentica di ogni cosa, tra le braccia del padre e coccolata da tutti. Le ronzano intorno i mille voracissimi insetti presenti in questa gabbia chiamata Centro di primo soccorso e accoglienza dove si trova rinchiusa insieme ad altre centinaia di migranti (mentre scrivo siamo arrivati a quota 1600) da dieci giorni. E non basta l'attenzione di Federico, il direttore del Centro che tenta almeno di procurarle una zanzariera per la notte, questa prigione per migranti non è adatta ad una neonata di tre mesi, sbarcata miracolosamente illesa. Nessuno, guardandola e guardando il lercio materasso di gommapiuma sul quale dorme ( tra sbarre e divise, insetti e sporcizia), può pensare di attribuirle una qualche colpa, tale da meritare una così indecente condizione.

E mi sono occupata come legale della famiglia sudanese A., composta dai genitori Mohamed e Khadija, e dai figli Maha , Hamza e Omar di quattro mesi. Quest’ultimo,trattenuto nel Centro per oltre un mese, è rimasto ustionato da acqua bollente a causa dei movimenti maldestri di un membro del personale.

Il falco e Omar

Il falco- un falco pellegrino- è arrivato sull'Isola dalla Tunisia, poggiato sul braccio del suo compagno di viaggio (nonché proprietario e addestratore), un po’ provato ma in buona salute.

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Su quella stessa barca viaggiava un bambino,Omar, un fagotto di tre mesi, sbarcato a Lampedusa il 6 agosto, insieme ai genitori, al fratellino di 16 mesi e alla sorella di sette anni.

Omar, con la sua famiglia, scappava dalla guerra in Libia, la terra dove i suoi genitori avevano trovato riparo dopo la fuga dal Darfur e dal Ciad. Omar ha navigato cinquanta ore prima di approdare sull'Isola e nel viaggio ha visto trecento tra uomini e donne pregare ed imprecare, ha visto corpi incastrati e calpestati e ha visto il sangue. Ha visto accoltellare il padre e ha visto i suoi aggressori tentare di ucciderlo con pugni e lame fino a quando un elicottero non ha illuminato la barca e uomini in divisa li hanno condotti in salvo.

Il falco è di specie protetta, un rapace fiero,e perfettamente addestrato dal giovane tunisino che lo porta con se.

Il falco, appena arrivato al Centro di Contrada Imbriacola, dove si trovano ammassati un migliaio di profughi, è stato accudito e curato,gli è stata assegnata una stanza insieme al suo proprietario, per lui si è trovato cibo speciale.

Omar, il bambino, dorme da 30 giorni su un materasso di gommapiuma buttato per terra, in una stanza condivisa con altri compagni di sventura. Anche Omar appartiene (meglio dovrebbe appartenere) a due specie protette: quella dei minori e quella dei profughi. Eppure la sua condizione non gli assicura alcuna tutela.

Intanto la sorte del falco prende un’altra via. Mani esperte lo prendono in consegna, sottraendolo al suo giovane amico tunisino.

Il ragazzo si ritrova solo, rinchiuso a Contrada Imbriacola. Oltretutto, essendo stato privato della compagnia del rapace, non gode neppure di riflesso dei benefici che venivano concessi al falco: e così si scorda la stanza e viene ributtato in mezzo alle centinaia di altri profughi nel "gabbio" per adulti.

E lì si aggira, orfano del falco, chiedendone a tutti notizie. La polizia, per tranquillizzarlo, gli ha raccontato che, se riuscirà a prendere un permesso di soggiorno, il falco (la cui posizione sul suolo italiano è già stata perfettamente regolarizzata) gli verrà restituito. Mi chiede se è vero e come mai, al numero di telefono della nuova dimora del rapace, non risponde nessuno. Provo a chiamare anch'io: silenzio.

Oggi, 6 settembre, Omar festeggia il suo primo mese a Contrada Imbriacola, tra poliziotti, insetti e sporcizia. Ho scritto e denunciato l'illegittima condizione di questo neonato e della sua famiglia a tutte le autorità, ma non ho ottenuto alcuna

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risposta. Neppure quando il piccolo, prelevato in piena notte da un'operatrice della Lampedusa Accoglienza, che aveva deciso senza il consenso della madre di “fare un bagnetto” al neonato, è rimasto gravemente ustionato a una gamba dall'acqua bollente. Parlo con la madre. Lei mi fissa a lungo e mi chiede quando finirà la loro prigionia. E’ stanca ed è arrabbiata. Vuole prendersi cura dei suoi figli fuori da lì. E ha paura. Paura che si ammalino o vengano feriti in una delle molte rivolte che, periodicamente scoppiano nel Centro. Paura dei lanci di sassi, dei manganelli e delle lamette con cui spesso i profughi, anche minorenni, si lacerano il corpo per protesta, nella speranza di suscitare un po’ di compassione. E paura degli scafisti che avevano cercato di uccidere suo marito e che fino a pochi giorni fa erano rinchiusi nella stessa gabbia. Omar, per sua fortuna, non è in grado di riconoscerli, ma i suoi fratellini quando hanno visto di nuovo gli “uomini cattivi” che avevano fatto del male al loro papà sono scappati via piangendo.

Consegno a Kadija, la madre di Omar, tutte le lettere che ho scritto per loro e le spiego che un procuratore, un uomo per bene, si sta occupando di loro, che- tra le altre cose-sono vittime e testimoni di reati gravissimi: e, dunque, anche per questo andrebbero protetti. La rassicuro che presto, se Dio vuole, Insciallah, verranno trasferiti. Le piace che le pario schietta, che non le menta promettendole certezze che non posseggo. E mi ripete, Insciallah, se Dio vuole.

E così tocca a Dio anche farsi carico delle illegalità di Contrada Imbriacola e di tutto quello che ci gira intorno.

Stanotte il falco dormirà sonni tranquilli, dopo aver mangiato cibo selezionato, ed essere stato visitato e coccolato da mani esperte, soffrendo forse solo un poco per la nostalgia del ragazzo che l'ha allevato.

Stanotte Omar, dovrà sopportare il prurito di una piaga da ustione, le punture di insetto e le urla degli altri prigionieri.

Arafat che cerca suo fratello

Arafat, un ragazzino di 16 anni, ci chiede notizie del fratello, di cui ha perso le tracce durante la navigazione.

Si viaggia ammassati, gli uni sugli altri, anche quattro piani di corpi, e dopo un po’ di ore non senti più le gambe, non puoi muovere un muscolo, incastrato tra gli altri, sotto gli altri. E dopo ancora molte ore, se sei ancora vivo, intontito dalla fame e dalle sete, paralizzato da freddo, è come se perdessi i sensi e ti si annebbia

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la vista. E se chiudi gli occhi o li tieni aperti, vedi solo mare. Così può accadere di perdere un fratello su una barca di pochi metri perché non riesci più a rintracciarlo con lo sguardo. E poi ti può accadere di perderlo una seconda volta, sbarcato a terra, soccorso da mani sconosciute e poi rinchiuso in una gabbia, con centinaia di altri sopravvissuti. E lo cerchi, tuo fratello, e chiedi in giro nella gabbia, ma non lo trovi più.

Poi ti dicono che nella stiva della barca su cui viaggiavate hanno trovato 25 cadaveri, che altri sono stati buttati in mare e che in quella stiva, morto, c'era anche tuo fratello.

E allora chiedi di vederlo, per sapere con certezza, per piangere e per pregare. Ma ancora non te lo fanno ritrovare, tuo fratello: l'hanno aperto e poi richiuso. E l'hanno seppellito. Senza dirti nulla. Ma come posso fare a sapere se davvero era lui? Come posso salutarlo?

Se queste domande te le fa un ragazzo di 16 anni che ha già perso tutto tranne la vita, devi da qualche parte trovare una risposta. Così chiediamo all'ufficio immigrazione che però ci conferma che i venticinque migranti travolti dal mare e da mani impietose e disperate, sono stati seppelliti senza essere identificati. E dunque è impossibile, per ora, sapere se il fratello di Arafat è uno di loro. Chiederemo in Procura per tentare di dargli delle risposte; gli spieghiamo la procedura e le sue difficoltà, lui annuisce e ci ringrazia. Lo fanno sempre tutti nel Centro. Ogni volta che parli con loro anche solo per salutarti, ringraziano. Grazie è una delle prime parole italiane che imparano (ed una delle prime che noi abbiamo dimenticato).

13 agosto Contrada Imbriacola

Zouhair che ha una zia di Firenze

Un altro mio giovane “cliente” è Zouhair Assalik (nato il 28 giugno del 1994) in Marocco: mi chiede di essere ricongiunto con i suoi zii, cittadini italiani.

Si trovava nella stessa barca di Chideria e si è ripreso solo ora, dopo dieci giorni dallo sbarco, da quel viaggio spaventoso. Ha passato giorni interi senza riuscire a parlare, sconvolto da sei giorni e sei notti di navigazione in cui un centinaio di suoi compagni hanno perso la vita.

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Ma stamattina come per miracolo, ci regala un sorriso, a occhi bassi.

Ci parla di sua zia: vive in Italia, a Firenze, con suo marito, da molti anni. Ci chiede di poter andare da loro, non vuole più stare in quella specie di carcere. Ma non è così semplice. Lui è in una gabbia e tutti i suoi diritti devono passare attraverso quelle grate e, a volte, vi restano impigliati. Intanto bisogna capire se la zia è veramente sua zia. Ci disegna il suo albero genealogico, ma mi perdo al secondo ramo. E comunque dobbiamo sapere se la zia abbia voglia e possibilità di prendersi cura di lui. La chiamiamo al telefono. Lei piange quando capisce che siamo con Zouhair e realizza che suo nipote è sopravissuto a quel viaggio disgraziato di cui ha sentito parlare. Certo che vuole prendersi cura di lui: sono disposti, lei e il marito, a venire a prendere il nipote anche subito, a Lampedusa.

Ma non è così facile quando sei in una gabbia.

Passiamo il telefono a Zouhair. Sul suo volto un sorriso pieno. Parlano a lungo, si dicono che si vogliono bene, ed è evidente.

Promettiamo che li aiuteremo a ricongiungersi e iniziamo a raccogliere le carte necessarie.

Ma anche quell’operazione,in una gabbia, non è cosa semplice.

2 settembre

Le condizioni dei minori trattenuti a Lampedusa – come rilevate nelle visite finora descritte – sono incompatibili con le prescrizioni a loro tutela previste non solo dal diritto internazionale, ma anche dalla legislazione interna. Si consideri, in primo luogo, che ai sensi dell’articolo 19 del testo unico sull’ immigrazione, il minore straniero – fuori dai casi in cui sussistano motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato- non può essere espulso e deve, anzi, essere accolto e protetto. Anche nei limitati casi in cui è consentita, l’espulsione dei minori dev’essere eseguita con modalità “compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate” e comunque su disposizione del tribunale dei minorenni. Al di fuori di tali casi, il minore straniero presente sul territorio nazionale dev’essere trasferito, entro quarantotto ore dall’arrivo, in strutture di accoglienza adeguate alle specifiche esigenze di cura, educazione e protezione che un minore, per sua stessa natura, manifesta.

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A Lampedusa, quindi, i minori dovrebbero essere ‘accolti’ e non ‘rinchiusi’ nei centri solo per il tempo strettamente necessario a prestare loro le primissime cure “post sbarco” e a completare la loro identificazione. La presenza, sul territorio nazionale, di un minore straniero non accompagnato, deve infatti essere immediatamente segnalata a determinate autorità e organi ( dal giudice tutelare al tribunale dei minorenni; dal Comitato per i minori stranieri al Comune), che provvedano sotto vari profili all’assistenza.

I minori migranti non accompagnati approdati in Italia dovrebbero essere immediatamente segnalati alle autorità competenti e sottoposti a tutela, e trasferiti in comunità protette in cui si renda possibile un percorso di integrazione sociale e l’accesso a tutta una serie di servizi di base: cure mediche, assistenza psicologica e legale, educazione informale e formale.

Nella Nota del Commissario Gabrielli del 7 maggio 2011, “si evidenzia che i minori stranieri non accompagnati - minori che si trovano in Italia privi dei genitori o di altri adulti legalmente responsabili della loro assistenza o rappresentanza - anche se entrati clandestinamente in Italia, sono titolari di tutti i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989”. Da l’obbligo di “ tener prioritariamente conto del superiore interesse del minore”.Ne consegue che “le forze di Polizia che registrano la presenza sul territorio nazionale di un minore straniero non accompagnato, sono tenute, previa identificazione e foto segnalamento, se il minore dichiara una età superiore ai quattordici anni, a:

� darne comunicazione alla competente autorità giudiziaria;

� al collocamento in luogo sicuro del minore che si trovi in stato di abbandono;

� ad informare il Comitato per i minori stranieri di cui all’art. 33 del d.lgs. 286 del 1998 ed il Soggetto Attuatore ( come da Decreto del Commissario Delegato Emergenza Nord Africa del 18 maggio 2011)”.

Questa procedura non è stata assolutamente rispettata nel caso di Lampedusa, dal momento che i minori, per tutto il tempo (anche mesi) del trattenimento nell’isola, non sono stati sottoposti a tutela né presi in carico da nessuna delle autorità prima ricordate. Infatti, la sola circostanza di registrare la presenza di migranti, a maggior ragione di minori ‘accolti’ sia alla ex Base Loran, sia al Cspa di Contrada

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Imbriacola oltre le quarantotto ore necessarie alle attività di primo soccorso, costituisce di per sé una violazione della tutela prevista dal nostro ordinamento. Si consideri che la permanenza dei minori sull’isola è risultata essere, mediamente, superiore alle tre settimane; in alcuni casi si è protratta sino ai 40 giorni per toccare punte di oltre 60. Come nel caso limite di un minore tunisino - peraltro “detenuto” insieme agli adulti - nel “gabbio” di Imbriacola.

In nessun caso, del resto, per quanto ne sappiamo, il trattenimento di migranti, anche minori, a Lampedusa sono stati legittimati da provvedimenti del questore, né risultano casi di convalide, in palese violazione della normativa e della stessa riserva di giurisdizione in materia di libertà personale (di cui all’ art. 13 Cost.).

Anche se non vengono espulsi, dunque, i minori stranieri presenti sul territorio nazionale non solo non sono assistiti e protetti come dovrebbero essere (in particolare, in virtù di un provvedimento di affidamento del giudice tutelare), ma vengono abbandonati a se stessi. E sono costretti a subire pesanti limitazioni della libertà - in assenza, peraltro, delle minime garanzie giurisdizionali previste dalla legge – con il rischio di venire attratti e sprofondare in circuiti illegali.

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Parte seconda

Immigrati e rifugiati in Italia

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2011: cronologia degli avvenimenti

GENNAIO 1° gennaio • approdi – Italia • Venticinque immigrati africani e pachistani, 11 dei quali minori tra i 14 e i 17 anni, sono sbarcati da un gommone in località San Leonardo di Cutro, nel Crotonese; hanno riferito di essere partiti il giorno prima da una località della Grecia. Dopo i primi soccorsi, sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto. 4 gennaio • CIE – Italia • Il sindaco di Camerino, Dario Conti, si è espresso negativamente sull’ipotesi di insediare in città un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) per gli immigrati. Il primo cittadino ha bocciato la proposta dopo aver avuto ragguagli circa il fatto che non si trattava, come a suo tempo aveva chiesto, di una scuola per insegnare agli stranieri la lingua italiana, la Costituzione, le norme di comportamento e tutto il necessario per aiutare gli extracomunitari a inserirsi nella vita civile e nel mondo del lavoro. 6 gennaio • accoglienza – Rosarno • Un campo con 120 posti letto sarà allestito a Rosarno per dare ospitalità a una parte degli immigrati presenti nella zona e impiegati nel lavoro agricolo. Il campo sarà realizzato su un’area nella zona industriale concessa al Comune in comodato gratuito, con 20 container da sei posti ciascuno messi a disposizione dalla Protezione civile regionale. Si tratta di una prima risposta alle esigenze abitative dei migranti che, anche se numericamente inferiori all’anno precedente, quando ci fu la rivolta e la reazione violenta di una parte della popolazione locale, sono comunque circa 800, molti dei quali costretti a vivere in casolari abbandonati senza luce né acqua. Il sindaco, Elisabetta Tripodi, ha specificato che il problema sarà la gestione del campo, dato che il Comune di Rosarno, con un bilancio di circa sei milioni di euro, vedrà una riduzione di 500mila euro nei trasferimenti di risorse da parte dello Stato. 6 gennaio • Chiesa – Milano • L’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, nel Duomo di Milano ha partecipato alla celebrazione eucaristica con i Migranti nella tradizionale Festa dei Popoli. Davanti a un gran numero di immigrati presenti, il cardinale ha richiamato la responsabilità comune nel favorire il processo di integrazione, ricordando le parole di papa Benedetto XVI sull’unità dell’intera famiglia umana nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. 7 gennaio • iniziative – Rosarno • A un anno di distanza dalle proteste degli immigrati a Rosarno, i migranti africani sono tornati in piazza. Prima a Rosarno e poi a Reggio Calabria, in centinaia hanno manifestato per sollecitare condizioni di vita dignitose e un lavoro onesto che sfugga al controllo dei caporali, non di rado collegati alla ’ndrangheta. A Rosarno, sin dalle prime ore della mattina, centinaia di africani si sono radunati nella piazza intitolata a Giuseppe Valarioti, segretario della locale sezione del PCI, ucciso dalla ’ndrangheta nel 1980. Tanti gli africani, ma assenti i bianchi. A eccezione di una rappresentanza del liceo scientifico, gli abitanti di Rosarno hanno assistito al corteo senza parteciparvi. Una delegazione

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di migranti, accompagnata dai sindacalisti e dalle associazioni, ha ribadito le proprie richieste al vice prefetto di Reggio Calabria, dove la protesta si è spostata nella tarda mattinata. Accompagnata da un’altra sollecitazione: l’istituzione di un tavolo regionale di concertazione su tutti i problemi connessi all’agricoltura. Per liberare i migranti dalla morsa dei caporali, assicuragli un lavoro e dare loro la possibilità di una sistemazione dignitosa, spiegano infatti i partecipanti all’incontro, è necessario un piano che rilanci il settore agrumicolo della piana di Gioia Tauro. 7 gennaio • proposte – Rosarno • Creare un sistema di etichettatura etica per i prodotti che nella filiera agricola possono contare non solo sulla qualità organolettica, ma anche sulla qualità sociale: è una delle richieste che una delegazione di italiani e lavoratori immigrati ha avanzato al ministero dell’Agricoltura, in un incontro con il direttore generale per le politiche comunitarie Giuseppe Auritto. «Abbiamo chiesto di inserire nei disciplinari dei prodotti certificati criteri che tutelino il lavoro e un marchio specifico – ha spiegato Dario Simonetti, dell’Osservatorio antirazzista di Roma, al termine dell’incontro – ma ci è stato risposto che è molto difficile». Durante l’incontro, all’esterno del ministero, un centinaio di immigrati ha manifestato, con slogan contro il caporalato e le condizioni di clandestinità e sfruttamento. 11 gennaio • arresti – sfruttamento • I carabinieri hanno arrestato in provincia di Brindisi tre persone – due italiani e una georgiana – accusate di associazione per delinquere finalizzata a favorire l’ingresso e il soggiorno illegale di immigrati clandestini. I tre avrebbero estorto denaro alle badanti georgiane che avevano fatto arrivare in Puglia e alle quali avevano dato lavoro. 11 gennaio • disoccupazione stranieri – studio • Secondo i risultati di un’analisi della Fondazione Leone Moressa, che ha studiato le dinamiche occupazionali degli stranieri in Italia nell’ultimo biennio, dall’inizio della crisi è aumentato di oltre 95 mila unità il numero di disoccupati stranieri in Italia, di fatto pari ai nuovi ingressi di lavoratori extracomunitari previsti dal decreto flussi 2010, che ammontano a quasi 100 mila unità. 11 gennaio • proteste – Rosarno • A Rosarno gli abitanti di contrada Testa dell’acqua, dove è previsto che venga realizzato il campo d’accoglienza provvisorio per 120 immigrati ospitati nei moduli prefabbricati forniti dalla Protezione civile regionale (vedi 6 gennaio), hanno effettuato una protesta: non vogliono che venga realizzato il campo nelle vicinanze delle loro abitazioni e chiedono al Comune di individuare un altro sito per la realizzazione della struttura. 12 gennaio • arresti – Italia • Un’indagine coordinata della Direzione distrettuale antimafia di Roma e condotta dalle squadra mobile delle questure di Roma e Bolzano e dalla Digos della questura di Frosinone, coordinata dal Servizio Centrale Operativo, è sfociata in 48 provvedimenti di custodia cautelare, di cui 26 già eseguiti: il reato ipotizzato è quello di associazione per delinquere finalizzati all’immigrazione clandestina. 12 gennaio • studio – criminalità • «Nelle province italiane con alto numero di misure di legittimazione e regolarizzazione degli immigrati clandestini, il tasso di criminalità, ovvero le denunce di reati imputati agli stranieri, si riduce di molto. La Provincia di Trento è una di queste»: lo afferma una ricerca condotta dall’Università di Trento per la Fondazione ISMU (Istituto studi per la multietnicità). 14 gennaio • sfruttamento – Padova • La Guardia di finanza di Padova ha scoperto un lucroso giro di affitti in nero organizzato da una donna di 78 anni residente in città. L’anziana, proprietaria di otto appartamenti, oltre a quello in cui vive, dava in locazione gli alloggi a

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extracomunitari nordafricani, asiatici e sudamericani, omettendo di registrare i relativi contratti. All’interno delle abitazioni, alcune delle quali in condizioni di totale degrado e senza alcun allacciamento di acqua, luce e gas, i finanzieri hanno trovato sette immigrati irregolari, tre dei quali già colpiti da provvedimento di espulsione e perciò tratti in arresto. 14 gennaio • approdi – Lampedusa • Un lussuoso yacht è approdato a Lampedusa a causa di un’avaria ai motori. I due componenti dell’equipaggio hanno riferito che il cabinato è di proprietà del nipote dell’ex dittatore tunisino Ben Ali, aggiungendo di avere avuto l’incarico di portarlo in salvo. I marinai hanno chiesto asilo politico. 15 gennaio • test italiano • Migliaia di stranieri si preparano a tornare sui banchi di scuola per sostenere un test di italiano, divenuto requisito necessario ai fini della presentazione della domanda per ottenere il permesso di soggiorno di lungo periodo. Attraverso il sito http://testitaliano.interno.it, a partire dal 9 dicembre sono arrivate al ministero dell’Interno 6.764 richieste per fare l’esame di lingua: 1.997 provenienti da privati e 4.767 da parte di associazioni, patronati, Comuni e consulenti del lavoro. Il maggior numero di domande sono pervenute dalla provincia di Milano (844); seguono Brescia (309), Roma (263), Bergamo (239), Perugia (219), Firenze (212) e Vicenza (207). I candidati più numerosi sono albanesi (961 domande inviate); seguono marocchini (931), ucraini (815), moldavi (491), ecuadoriani (307), filippini (291) e peruviani (268). 15 gennaio • approdi – Lampedusa • Due imbarcazioni, con a bordo rispettivamente sette e 24 extracomunitari, sono state avvistate e raggiunte a poche miglia dalla costa di Lampedusa da una motovedetta della capitaneria di porto e da una della Guardia di finanza. Gli stranieri verranno trasferiti a Lampedusa e successivamente a Porto Empedocle (Ag). I passeggeri di una delle imbarcazioni hanno detto di essere fuggiti dalla Tunisia perché perseguitati, sostenendo di essere vicini all’ex presidente Ben Ali, ma le loro dichiarazioni vengono valutate con cautela dagli investigatori. 16 gennaio • Chiesa – Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato • In Italia le manifestazioni centrali legate alla Giornata del migrante si sono tenute a Genova, dove è intervenuto il presidente della Conferenza Episcopale Italiana e arcivescovo della città, cardinale Angelo Bagnasco, affermando: «Riconoscere il diritto di emigrare è uno dei segni della fraternità cristiana» e aggiungendo che «gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere», purché questo avvenga «assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana». Secondo i dati forniti dalla Fondazione CEI “Migrantes”, nel 2008 il numero totale dei richiedenti asilo è rimasto stabile nei Paesi industrializzati con 377 mila domande. Il numero di richieste è cresciuto in 19 Paesi ed è calato in altri 25. Da rilevare l’incremento del 13% nei Paesi del Nord Europa con 51 mila domande, con una crescita del 25% in Germania e del 19% in Francia. Le domande sono invece fortemente calate nei Paesi del Sud Europa: in Italia il calo è stato del 42%, in Turchia del 40%, in Grecia del 20%. Oggi in Italia i rifugiati sono circa 55 mila, contro i circa 600 mila della Germania, i 270 mila del Regno Unito, i 200 mila della Francia, gli 80 mila dell’Olanda. 16 gennaio • sfruttamento – Puglia • A Martina Franca (Ta) la Guardia di finanza, in collaborazione con la ASL, ha sequestrato merci, attrezzature e macchinari in due laboratori gestiti da cittadini cinesi e adibiti alla confezione abusiva di capi d’abbigliamento. I locali erano in pessime condizioni igienico-sanitarie e dei requisiti di sicurezza. Il controllo era stato

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sollecitato da imprenditori locali del settore. Nelle due strutture sono stati identificati 12 lavoratori in nero, tutti cinesi e privi di titolo di soggiorno valido. I due titolari degli opifici sono stati denunciati per violazioni del Testo unico sulla sicurezza dei posti di lavoro e per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 18 gennaio • immigrazione – Bari • Ventisette immigrati afgani – cinque donne e 22 uomini – sono stati trovati nel porto di Bari nascosti nel rimorchio di un autoarticolato turco proveniente dalla Grecia. Il conducente del mezzo è stato arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’operazione è stata compiuta dalla polizia di frontiera su segnalazione della DIA. Le indagini hanno appurato che gli immigrati avevano versato 2.000 dollari ciascuno a un’organizzazione criminale per raggiungere clandestinamente la Grecia dall’Afghanistan. Giunti ad Atene, sono stati contattati da un altro componente dell’organizzazione che ha organizzato il viaggio verso l’Italia dopo il pagamento di ulteriori 3.000 euro. 18 gennaio • luoghi di culto – Roma • È stata presentata la quinta edizione della Guida ai luoghi di culto per gli immigrati realizzata dalla Caritas di Roma e dall’Ufficio Migrantes della diocesi. In essa sono classificati, divisi per religione, i diversi luoghi (256, di cui 208 nella capitale e 48 nei paesi dell’hinterland) dove è possibile andare a pregare: 153 cattolici, 35 ortodossi, 34 protestanti, 19 musulmani, sette ebrei, sei buddisti e uno per gli induisti e i sikh. 18 gennaio • approdi – Lampedusa • Due piccole imbarcazioni provenienti dalla Tunisia con dieci persone a bordo sono approdate nel porto di Lampedusa. Altri due sbarchi con dieci immigrati si sono registrati a Pantelleria, mentre il giorno prima cinque tunisini su una barca erano stati intercettati a 17 miglia dalla costa da una motovedetta della Guardia di finanza. 18 gennaio • normative – Firenze • Con una circolare inviata a polizia, carabinieri e Guardia di finanza, la Procura di Firenze ha disposto che gli stranieri irregolari non vengano più arrestati ma segnalati all’autorità giudiziaria che valuterà i provvedimenti da prendere nei singoli casi. La disposizione interpreta così l’atteggiamento da tenere rispetto all’entrata in vigore nell’ordinamento italiano il 24 dicembre del 2010 della direttiva europea 115/2008. 21 gennaio • approdi – Lampedusa • La Guardia di finanza ha avvistato e soccorso un barcone con a bordo 16 immigrati al largo di Lampedusa. Altri 13 migranti sono stati fermati dai carabinieri direttamente sulla terraferma. In questi giorni si è registrata un’impennata negli arrivi a Lampedusa in seguito ai disordini in corso in Tunisia. 21 gennaio • rifugiati – Roma Il primo ministro della Somalia, Mohammed Abdullahi Mohammed, in visita ufficiale in Italia, si è presentato a sorpresa ai circa 150 suoi connazionali che vivono da anni accampati, in condizioni di estremo disagio, nella sede dell’ex ambasciata somala a Roma dopo essere fuggiti dal loro Paese ottenendo dall’Italia il riconoscimento di una forma di protezione umanitaria. 22 gennaio • approdi – Calabria • Ventisette persone di nazionalità afghana sono arrivate durante la notte a Crotone. Gli immigrati, tra cui dieci minori e otto donne, assistiti da personale della Croce Rossa, sono stati portati nel Centro di prima accoglienza di Sant’Anna per l’identificazione. Dalle testimonianze raccolte, sarebbero partiti 5-6 giorni prima dalla costa di una località della Turchia su una barca a vela. Arrivati al largo della spiaggia crotonese sono poi sbarcati su due gommoni. Questo è il primo sbarco sulle coste calabresi del 2011. Nel 2010, tra agosto e novembre, furono 12, con circa 700 immigrati.

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23 gennaio • arresti – Lampedusa • Poliziotti della squadra mobile di Agrigento hanno arrestato tre immigrati, che hanno dichiarato di essere tunisini. Erano sbarcati a Lampedusa due giorni prima, ma erano già stati espulsi nel 2004. 24 gennaio • lavoro – ricerca • Nei distretti industriali italiani le aziende tessili sono sempre più cinesi. Secondo la ricerca condotta dall’ufficio studi di Intesa Sanpaolo, infatti, il 37% delle aziende ha un datore di lavoro cinese e, presumibilmente, buona parte della manodopera della stessa etnia. 24 gennaio • approdi – Lampedusa • I carabinieri di Lampedusa hanno fermato nove immigrati, che hanno riferito di essere maghrebini e di essere appena sbarcati. 24 gennaio • medicina – statistiche • L’ISTAT ha fornito il quadro sulla natalità in Italia, secondo il quale un parto su cinque riguarda donne immigrate. Secondo un monitoraggio della SIMM del luglio 2010 la natalità straniera è maggiore nel Nord-Est. Eppure, le regioni che risultano più virtuose nei servizi agli immigrati sono Lazio, Puglia, Toscana e Piemonte, mentre in negativo emergono Calabria, Basilicata e – a sorpresa – la Lombardia, in particolare verso gli stranieri senza permesso. 25 gennaio • diritti – Europa • È stato approvato all’unanimità il rapporto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa con cui si chiede ai governi degli Stati membri di rispettare l’ordine della Corte europea dei diritti dell’uomo di sospendere l’espulsione o l’estradizione di cittadini di Paesi terzi ove ciò li mettesse a rischio di essere torturati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. 26 gennaio • accordi Italia-Libia • In un’audizione alla Commissione Finanze della Camera, il comandante della Guardia di finanza, generale Nino Di Paolo, ha affermato che non vi sono più finanzieri sulle motovedette donate dall’Italia alla Libia per i pattugliamenti anti-immigrazione: «Terminato il periodo di affiancamento, si è deciso di privilegiare non solo il carattere informativo e operativo, ma soprattutto l’assistenza e l’aggiornamento tecnico a terra, sia in Libia sia eventualmente nelle nostre scuole», ha riferito il generale. Nell’ambito degli accordi contro la partenza di immigrati, l’Italia aveva fornito a Gheddafi sei motovedette, prevedendo inizialmente la presenza a bordo di finanzieri, ma nel settembre 2010 un motopeschereccio siciliano era stato mitragliato proprio da una delle imbarcazioni cedute ai libici, con a bordo alcuni militari delle Fiamme Gialle. Da qui la decisione di rivedere il protocollo di collaborazione. 26 gennaio • approdi – Lampedusa • Quattordici extracomunitari sono arrivati nel corso della notte a Lampedusa a bordo di due imbarcazioni. I migranti verranno trasferiti a Porto Empedocle con il traghetto. 26 gennaio • arresti – normative • Il procuratore capo di Brescia, Nicola Pace, ha inviato una circolare ai magistrati della Procura con la quale viene considerato illegittimo l’arresto degli immigrati per il reato di clandestinità. 26 gennaio • approdi – Calabria • Diciotto immigrati, di nazionalità afghana, sono stati rintracciati da polizia e carabinieri a Crucoli Torretta, in provincia di Crotone. Farebbero parte di un gruppo di circa 30 persone sbarcato sulla spiaggia all’alba. 27 gennaio • approdi – arresti • Un uomo di nazionalità afghana, Ahamad Zaher, di 30 anni, è stato arrestato con l’accusa di essere uno degli scafisti dello sbarco di immigrati avvenuto a Crucoli Torretta il giorno precedente.

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27 gennaio • accoglienza – rifugiati • È stato firmato un accordo tra il ministro dell’interno Roberto Maroni, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e il sindaco Gianni Alemanno per dotare la capitale di una rete di strutture integrate e collegate fra loro sul territorio dedicate all’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo. 27 gennaio • economia – statistiche • Secondo il Rapporto Italia 2011 dell’Eurispes, a dispetto della crisi, negli ultimi due anni i conti correnti intestati agli immigrati sono aumentati passando da 1,4 milioni a 1,5 milioni (+7,9%); il 35% dei conti correnti intestati a piccoli imprenditori stranieri è concentrato nel Centro Italia, dove risiede il 25% degli immigrati regolari. 28 gennaio • arresti – traffico • Le indagini della polizia di frontiera di Tarvisio hanno portato a sgominare un’organizzazione, composta da cittadini indiani residenti in Italia, dedicata al traffico di immigrati. 29 gennaio • buone pratiche – sanità • CittadinanzAttiva-Tribunale dei Diritti del Malato ha raccolto e pubblicato online progetti ed esempi di buone pratiche realizzate, a costo basso o inesistente, da ASL e ospedali: si va dal volontario che accompagna in ospedale l’immigrato che necessita di cure a quello che traduce in italiano e fa valere i diritti di cura e assistenza, anche per quelli non regolari. 29 gennaio • approdi – Lampedusa • Quindici immigrati sono stati arrestati con l’accusa di avere speronato con la loro imbarcazione una motovedetta della Guardia di finanza nel tentativo di fuggire dopo essere stati intercettati a largo di Lampedusa. 29 gennaio • proteste – CIE • Durante la notte, all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo (Go), sono stati incendiati materassi e suppellettili da parte di una ventina di immigrati in attesa di espulsione. 29 gennaio • approdi – Lampedusa • Tredici extracomunitari, fra cui un bambino di dieci anni, sono sbarcati sull’isola di Lampedusa. 30 gennaio • approdi – Lampedusa • Undici migranti sono stati fermati durante la notte a Lampedusa dalla Guardia di finanza. Il gruppo, con il primo volo disponibile, è stato trasferito all’aeroporto di Punta Raisi, a Palermo, per essere portato alla tensostruttura della Protezione civile di Porto Empedocle. 30 gennaio • click day – agricoltura • Nei campi quasi un lavoratore ogni 10 è straniero: lo afferma, in una nota, la Coldiretti in riferimento all’avvio del primo click day per l’assunzione regolare di un contingente di 52.080 cittadini extracomunitari, molti dei quali troveranno lavoro proprio nelle imprese agricole, dove il loro apporto è divenuto indispensabile: negli allevamenti dei bovini di razza piemontese e in quelli delle vacche per il parmigiano reggiano un lavoratore su tre è indiano, mentre in Abruzzo il 90% dei pastori è macedone. 31 gennaio • approdi – Calabria • Trentaquattro immigrati di nazionalità afghana e iraniana sono sbarcati ad Isola Capo Rizzuto, nel crotonese. Dalle testimonianze raccolte dalla polizia, gli immigrati sarebbero partiti da un porto della Turchia. 31 gennaio • click day – truffa • Polizia e carabinieri hanno effettuato numerose perquisizioni in diverse città su disposizione della Procura di Nocera Inferiore (Sa) nei confronti di un gruppo ritenuto responsabile di aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e del lavoro irregolare.

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FEBBRAIO 1° febbraio • demanio – Lampedusa • Il territorio delle Pelagie, con le isole di Lampedusa e Linosa, non è del Comune ma del demanio. Questa mattina, dopo oltre un secolo in cui l’amministrazione e i privati hanno dovuto versare somme allo Stato per l’affrancamento dei canoni essendone solo concessionari, il Comune ha deciso di cercare un accordo con il demanio, anche se la norma che precede la riscossione degli antichi privilegi enfiteutici può decadere solo con una nuova legge statale. 1° febbraio • approdi – Lampedusa • Le sollevazioni popolari in Tunisia e in Egitto hanno innescato una nuova ondata di sbarchi verso la Sicilia, in particolare verso Lampedusa e Pantelleria che distano alcune decine di miglia dalla costa nordafricana. Dall’inizio dell’anno sono stati circa venti gli sbarchi registrati dalla Guardia costiera; hanno riguardato 244 immigrati, tutti maschi, 167 dei quali sbarcati a Lampedusa, cui si sono aggiunti i 94 migranti appena arrivati. Pochi giorni prima il ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva auspicato un’azione diplomatica «immediata e forte» verso i Paesi del Maghreb in rivolta, dicendo di temere «un’invasione, dato che l’Italia è la porta dell’Europa». 1° febbraio • profughi – Corno d’Africa • Si è tenuta a Roma, sulla scalinata del Campidoglio, una fiaccolata per sollecitare un intervento della comunità internazionale per salvare ed evacuare oltre 200 profughi dal Corno d’Africa, prigionieri dei predoni da oltre due mesi nel deserto del Sinai, nell’Egitto in piena rivoluzione. L’iniziativa è stata organizzata da Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Associazione A Buon Diritto, Agenzia Habeshia e vi hanno partecipato anche alcuni dei 140 rifugiati somali che vivono in condizioni estreme nell’ex ambasciata del loro Paese, in via dei Villini a Roma (vedi 21 gennaio). 3 febbraio • espulsioni – Algeria • Sedici immigrati che erano sbarcati nei giorni precedenti sulle coste della Sardegna, dopo l’identificazione, sono stati rimpatriati ad Algeri. Secondo il Viminale, il rimpatrio conferma «l’efficacia della sinergia operativa che, ormai da anni, caratterizza l’attività svolta di comune accordo tra la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere e le Autorità diplomatiche algerine in Italia, finalizzata a neutralizzare sul nascere qualsiasi attività criminosa connessa a fenomeni d’immigrazione illegale che originano dall’Algeria». 3 febbraio • immigrazione – studio • È stato presentato a Roma dall’Istituto Affari Internazionali il Rapporto annuale Transatlantic Trends, realizzato dal German Marshall Fund degli Stati Uniti e dalla Compagnia di San Paolo. Secondo lo studio, l’Italia è tra i Paesi più scettici nei confronti dell’immigrazione in raffronto ai grandi Paesi dell’Unione europea, agli USA e al Canada. 4 febbraio • arresti – Modena • Un’organizzazione accusata di aver favorito l’immigrazione clandestina è stata smantellata dalla Guardia di finanza nel modenese, con tre arrestati e quattro denunciati. Secondo le indagini della Procura di Modena, il gruppo era attivo nel Nord Italia e avrebbe venduto falsi nulla osta per il permesso d’ingresso per formazione professionale. 4 febbraio • mensa – buoni pasto • Il sindaco leghista di Fossanta di Piave, Massimo Sensini, ha impedito alle maestre di un asilo di fare mangiare una bambina di quattro anni, figlia di immigrati in difficoltà, padre del Senegal e madre del Ciad che vivono in Italia da alcuni anni. Quattro maestre e due bidelle della scuola d’infanzia si erano private del loro buono pasto pur di permettere alla piccola di mangiare, comunicando alla direttrice la loro decisione. Ma è

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intervenuto il sindaco, affermando che il buono pasto non è cedibile e che gli immigrati «sono già aiutati dal Comune», precisando che «il capofamiglia è un islamico integralista» e che il Comune «ha tagliato il costo del buono pasto da 4 euro e 45 centesimi a 2. Il 98% dei buoni pasto ridotti – ha rimarcato – viene dato agli extracomunitari perché sono quelli che dichiarano il minor reddito e il maggior numero di figli». Attorno alla famiglia di immigrati si è sviluppata comunque una rete di solidarietà: qualcuno, rimasto anonimo, ha pagato di tasca propria tre blocchetti di buoni pasto per far mangiare la bambina, mentre la famiglia è ospitata a titolo gratuito nell’abitazione di un ex assessore comunale del PD. 4 febbraio • rimpatri – direttiva europea • Nel corso del G6 che si tiene in Polonia, a Cracovia, e che ha visto riuniti i ministri dell’Interno di Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Polonia, con la partecipazione del ministro della Giustizia americano Eric Holder, sono stati valutati i rischi di infiltrazioni di terroristi di Al Qaida negli sbarchi di immigrati verso l’Europa, con l’Italia come approdo principale. Sbarchi intensificati dalle rivolte in corso nel Maghreb e che preoccupano in modo particolare il ministro dell’Interno Roberto Maroni. 7 febbraio • normative – Liguria • Al termine di una riunione con i vertici della magistratura ligure, da parte del procuratore generale Luciano Di Noto e del procuratore capo facente funzioni Vincenzo Scolastico è venuta la richiesta a tutte le Procure liguri di una relazione sul numero di arresti di immigrati irregolari e sugli orientamenti sulla direttiva europea in materia di immigrazione (vedi 4 febbraio). 8 febbraio • approdi – Calabria • Diciassette immigrati di nazionalità afghana, tra cui quattro minori, sono stati fermati dai carabinieri a Torretta di Crucoli, nel crotonese, dopo essere sbarcati sulla costa. Con quest’ultimo sono quattro gli sbarchi avvenuti dall’inizio dell’anno sulle coste della Calabria. 8 febbraio • allarmi – polizia • Il capo della polizia, Antonio Manganelli, presente a Napoli alla conferenza euroafricana, ha detto ai giornalisti che le forze dell’ordine stanno attuando una speciale vigilanza sugli sbarchi di immigrati per prevenire l’arrivo di appartenenti a organizzazioni criminali o terroristiche provenienti dall’Egitto. 8 febbraio • diritti – CEDU • La detenzione in attesa di espulsione di una cittadina bosniaca di origini rom da parte delle autorità italiane è stata illegale e lo Stato dovrà risarcire con 7.500 euro Mediha Seferovic per il danno morale subito: questa la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo. I giudici europei hanno richiamato quanto previsto dalla legge italiana 286 del 1998, che impone alle autorità di sospendere l’espulsione di una donna nei sei mesi successivi al parto. Nonostante il fatto che Mediha Seferovic avesse partorito il 26 settembre del 2003, l’11 novembre dello stesso anno la polizia aveva invece proceduto a notificargli l’ordine di espulsione. La donna era stata quindi rinchiusa nel centro per immigrati di Ponte Galeria in attesa di espulsione. Il 24 dicembre era poi intervenuto il tribunale di Roma ordinando il suo immediato rilascio proprio ai sensi della legge 286/98. 9 febbraio • approdi – Lampedusa • Una nuova ondata di sbarchi di migranti è avvenuta nella notte tra Lampedusa e Linosa. Un primo gruppo di 25 persone è stato bloccato a Lampedusa dalla Guardia di finanza. Altri 12 magrebini, che hanno detto di essere tunisini, sono stati intercettati su un gommone a poche centinaia di metri dalla costa. Lo sbarco più consistente è avvenuto intorno alle 3, con l’arrivo di 48 immigrati nel porto vecchio. Altre 13 persone sono state fermate dai carabinieri a Linosa, mentre un ulteriore gruppo di 107 immigrati è stato

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bloccato a terra a Lampedusa, a Cala Francese. 9 febbraio • approdi – Puglia • Un gruppo di 21 migranti è sbarcato nella notte sulla costa salentina da un gommone, venendo poi rintracciato a terra dalla Guardia di finanza e trasferito al Centro di primissima accoglienza di Otranto per le procedure di identificazione. 9 febbraio • approdi – Calabria • Una barca a vela con a bordo 52 immigrati di nazionalità afgana e pakistana è stata bloccata durante la notte da una motovedetta della Guardia di finanza al largo di Punta Alice, davanti al territorio della provincia di Crotone. 9 febbraio • approdi – Lampedusa • Nelle ultime 24 ore a Lampedusa sono sbarcati oltre 200 migranti su più imbarcazioni. Il capogruppo del PD nel Consiglio comunale denuncia che mentre il primo gruppo, di circa 30 persone, è stato portato in albergo in nottata, appena giunto sull’isola, gli altri sono rimasti all’addiaccio fino all’arrivo del traghetto che li ha portati a Porto Empedocle, alle 11 dell’indomani. 9 febbraio • normative – proposte • Emma Bonino, in una conferenza stampa, ha rilanciato il disegno di legge promosso dai parlamentari radicali, e sottoscritto da 60 senatori di vari gruppi, che prevede la regolarizzazione di tutti gli immigrati che abbiano già un lavoro in Italia. 10 febbraio • approdi – Lampedusa • Negli ultimi due giorni a Lampedusa e Linosa si sono registrati una decina di sbarchi, con oltre 500 immigrati, tutti di nazionalità tunisina. Continua a suscitare polemiche la decisione di ospitare gli immigrati in albergo o di tenerli in banchina in attesa che vengano trasferiti a Porto Empedocle o sulla terraferma. Il ministro dell’interno Roberto Maroni ha infatti ribadito che non intende riaprire il Centro di prima accoglienza dell’isola. 10 febbraio • approdi – Lampedusa • La portavoce in Italia dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), Laura Boldrini, ha affermato che l’Organizzazione delle Nazioni Unite sta monitorando gli arrivi a Lampedusa per fare in modo che i migranti sbarcati vengano assistiti adeguatamente e che venga loro consentita la possibilità di presentare domanda di asilo. Il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi, ha protestato riguardo alla decisione delle autorità di lasciare gli immigrati (137 quelli sbarcati nelle ultime ore) a trascorrere la notte all’addiaccio sul molo e si è messo in contatto con la prefettura di Agrigento per chiedere l’autorizzazione ad accogliere i migranti nella Casa della Fraternità, una struttura della parrocchia 11 febbraio • approdi – Lampedusa • Prosegue l’ondata di sbarchi dalla Tunisia verso la coste siciliane. Un altro barcone, con un centinaio di migranti, è stato soccorso all’alba al largo di Lampedusa. Nella giornata precedente erano stati complessivamente oltre 650 gli extracomunitari approdati a più riprese a Lampedusa. Mentre a Lampedusa continuano sbarchi e avvistamenti, dall’isola delle Pelagie sono partite in aereo 500 persone, con probabile destinazione Bari. Cinque aerei sono decollati a distanza di un’ora l’uno dall’altro. 11 febbraio • approdi – Lampedusa • Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della CEI, ha commentato gli sbarchi a Lampedusa, affermando che le crisi in corso in Egitto, Tunisia e Algeria, che si aggiungono a quelle già in atto nei Paesi centro africani e nel Corno d’Africa, «ripropongono la necessità di un maggiore impegno dei Paesi europei per una tutela di chi è in fuga da situazioni umanitarie e politiche difficili» e sostenendo la necessità di nuovi strumenti: «una legge sull’asilo, un allargamento della struttura di accoglienza di chi chiede un permesso di protezione umanitaria, sussidiaria o asilo». 13 febbraio • approdi – Lampedusa • Il bilancio – provvisorio – degli sbarchi della giornata parla

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di circa 1.600 immigrati giunti a Lampedusa in una ventina di imbarcazioni. A mezzanotte in punto sono arrivati 124 immigrati; 100 all’1.10; 103 all’1.30; 61 alle 3.20; 51 alle 3.45; 50 alle 3.50; 33 alle 4; 14 sempre alle 4; 52 alle 5.55; 77 alle 6; 80 alle 6.10; 108 alle 6.45; 295 alle 8.50; 25 alle 9.10; 72 alle 10.46; 37 alle 11.05; 11 alle 16 e 71 alle 16.10. I tunisini sono ormai più della metà degli abitanti dell’isola. Con gli arrivi serali siamo circa a quota 2.600. Numeri che hanno fatto parlare di «esodo biblico», prima da parte del sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, poi dal ministro Maroni. 13 febbraio • approdi – Lampedusa • Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha affermato che sarebbero decine di migliaia i migranti in arrivo e ha riferito di essere in contatto con il ministro dell’Interno per i necessari adempimenti. 13 febbraio • sciopero – Primo marzo • La seconda edizione dello sciopero dei lavoratori stranieri, in programma in tutta Italia il primo marzo, sarà incentrata sui flussi di profughi e migranti intensificati dalla situazione nordafricana. 13 febbraio • approdi – Lampedusa • I barconi con i quali sono giunti a Lampedusa dalla Tunisia migliaia di profughi nei giorni scorsi sono una cinquantina. Posti sotto sequestro, ormai affollano il porto, impedendo l’ormeggio ai pescherecci dei lampedusani che protestano, esponendo alcuni striscioni sulle loro imbarcazioni. 13 febbraio • approdi – Europa • Botta e risposta tra il ministro dell’Interno italiano e la Commissaria agli Affari interni dell’Unione europea. Per Roberto Maroni, l’ondata di sbarchi a Lampedusa costituisce «un esodo biblico, come non se ne sono mai visti, di fronte al quale siamo soli perché l’Europa non sta facendo nulla». Il ministro che parla anche di «scenario apocalittico», insiste nel segnalare il problema di possibili infiltrazioni di persone legate al terrorismo internazionale. Pronta la risposta di Cecilia Malmstrom: «La Commissione è in stretto contatto con le autorità italiane, pronta ad aiutare il Paese». La Commissaria ha fatto sapere di essere «pienamente cosciente della situazione eccezionale che si sta vivendo in Italia» e di essere pronta a valutare eventuali richieste concrete dell’Italia, annunciando di aver già attivato l’agenzia Frontex. 14 febbraio • approdi – Lampedusa • Sono 2.150 gli extracomunitari ospitati nel Centro di accoglienza di Lampedusa, riaperto per far fronte all’emergenza umanitaria. Lo ha riferito Cono Galipò, responsabile di Lampedusa Accoglienza, il consorzio che gestisce la struttura. La cifra comprende quasi tutti gli immigrati presenti sull’isola, esclusi circa 150 che si trovano presso vari siti dell’isola e 35 persone, perlopiù famiglie con bambini, sistemate in un albergo. 14 febbraio • partenze – Tunisia • Il ministro degli Esteri Franco Frattini è giunto a Tunisi per incontrare le autorità locali nel tentativo di fronteggiare i flussi di migranti diretti verso l’Italia. La mediazione tra Italia e Tunisia era difficile, ma alla fine si è trovato un punto di equilibrio. Non saranno i poliziotti italiani a presidiare i porti tunisini per arginare il flusso migratorio ma le stesse forze armate tunisine, equipaggiate anche con mezzi italiani. E la missione europea Frontex, che l’Italia sta sollecitando, non pattuglierà sotto la costa del Paese nordafricano ma in acque internazionali, «nel pieno rispetto della sovranità di Tunisi». Inoltre, l’Italia mette in campo un pacchetto di aiuti economici. La cooperazione italiana ha già impegnato 18 milioni di euro a favore del bilancio tunisino a titolo di dono, e Frattini annuncia l’immediata disponibilità per la prima tranche da cinque milioni. Poi ci sono 73 milioni di euro in crediti e il programma in corso per il sostegno alla bilancia dei pagamenti tunisina da 95

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milioni di euro, anche questi in crediti d’aiuto a parametri analoghi a quelli di una donazione. 14 febbraio • viaggi – naufragio • Sarebbero 40 gli immigrati dispersi, quasi sicuramente deceduti, nel naufragio di un barcone avvenuto davanti alle coste tunisine nella notte tra il 10 e 11 febbraio. Due dei sopravvissuti, che dopo essere stati soccorsi si trovano adesso nella città di Gabes, hanno raccontato di essere partiti in 125 dal porto di Zarzis su un vecchio motopesca. A una giornalista di Al Jazeera raccontano: «Mentre eravamo in navigazione verso Lampedusa una motovedetta tunisina ci ha intimato di fermarci, cosa che abbiamo fatto ma il comandante della motovedetta “Horiya 302” ha fatto una manovra e ci ha speronato, spezzando la nostra barca in due. Gli ufficiali di bordo ridevano perché alcuni di noi non sapevano nuotare e hanno perso tempo prima di salvarci. Molti di noi non sono stati ritrovati. Sono morti annegati». 14 febbraio • approdi – Germania • Il portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha affermato che il problema degli sbarchi degli immigrati tunisini a Lampedusa riguarda tutta l’Unione europea, non solo l’Italia, sottolineando altresì che bisogna valutare con tutti i partner europei le eventuali ulteriori misure da prendere. 14 febbraio • approdi – Puglia • 30 persone – 24 afgani, quattro pakistani, un iraniano e un somalo – dopo essere sbarcati nella notte con un gommone, sono stati fermati dalla Guardia di finanza a Torre Pali, Marina di Morciano di Leuca. È il secondo sbarco, con complessivi 51 extracomunitari, che si registra nel 2011 nel Salento. 14 febbraio • approdi – Lampedusa • Undici imbarcazioni, con a bordo 852 persone, tutte provenienti dalla Tunisia, sono state soccorse la scorsa notte nei dintorni dell’isola di Lampedusa dai medici in servizio sulle unità della Guardia costiera e della Guardia di finanza. 14 febbraio • approdi – Europa • La Francia, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri francese Bernard Valero, ha espresso solidarietà all’Italia per l’improvviso aumento del flusso di immigrati in fuga dalla Tunisia e si è espressa a favore di un rafforzamento di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne. Posizione condivisa anche dal presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Mevlut Cavusoglu, che ha però raccomandato che «non vi devono essere espulsioni di massa» e che le autorità italiane devono coinvolgere pienamente l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, la Croce Rossa e tutte le altre organizzazioni che operano in questo ambito al fine di gestire questa situazione d’emergenza. 14 febbraio • approdi – minori • Save the Children ha censito in circa 200 i minori giunti a Lampedusa negli ultimi cinque giorni. 14 febbraio • approdi – CIE • Circa 50 profughi tunisini sbarcati nella notte a Lampedusa sono stati trasferiti con un volo charter nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino. Si tratta di persone incensurate verso le quali, al momento, non è stato adottato alcun altro provvedimento. 14 febbraio • approdi – numeri • Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha dichiarato, in una conferenza stampa, che dal 15 gennaio sulle coste siciliane e in particolare a Lampedusa sono arrivati 5.278 tunisini. Tra questi vi sarebbero 66 minori e 60 donne. 2.644 sono stati trasferiti da Lampedusa verso altre strutture. Sono stati arrestati 26 scafisti e sequestrati 41 natanti, mentre 344 migranti sono stati ripresi in carico dalle motovedette tunisine. Il ministro ha anche informato di aver richiesto al governo un contingente di altri 200 militari da inviare a Lampedusa.

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Secondo Maroni, le autorità italiane «sono pronte a concedere lo status di rifugiato ai migranti arrivati a Lampedusa, ma finora pochissimi ne hanno fatto richiesta». Il motivo, spiega il ministro, è che non vogliono rimanere in Italia, ma andare in Francia e «sanno che, invece, se ottengono lo status di rifugiato, devono stare nel nostro Paese». 14 febbraio • approdi – controlli • Il dispositivo di controllo che le autorità italiane hanno schierato nel Canale di Sicilia per fare fronte ai flussi di migranti che tentano di arrivare a Lampedusa consiste in due navi d’altura e nove motovedette, oltre a due elicotteri e due aerei per il pattugliamento dal cielo. È previsto un intervento in due fasi: quello in alto mare, con navi e aerei che cercano di individuare e intercettare i barconi più grandi, e uno più prossimo alle coste, con le motovedette per le barche più piccole. 14 febbraio • viaggi – naufragio • Si sono tenuti i funerali delle cinque persone morte (mentre altre 17 risultano disperse) dopo il naufragio avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 febbraio al largo di Zarzis, la località da cui in questi giorni sono partite per l’Italia migliaia di persone. Secondo i racconti dei testimoni, i migranti si trovavano a bordo di due piccole imbarcazioni che stavano tentando di raggiungere una barca più grande che doveva portarli a Lampedusa. A causa dell’assenza di luci, le due barche sono entrate in collisione. Secondo le stesse testimonianze, dovevano essere almeno un centinaio di persone a partire per la Sicilia. 14 febbraio • approdi – Europa • Il premier Silvio Berlusconi ha chiamato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, per discutere del flusso di migranti in fuga dalla Tunisia verso l’Italia. Assieme hanno convenuto sull’opportunità che sia convocato al più presto un vertice dei capi di Stato e di governo dei 22 Paesi per discutere della questione. In precedenza non erano mancate le incomprensioni con vene polemiche tra il commissario europeo Cecilia Malmstrom e il ministro dell’Interno, Roberto Maroni (vedi 13 febbraio) e anche con la Tunisia, che fa sapere che non accetterà ingerenze sulle sue questioni interne. 14 febbraio • proteste – CIE • Nella tarda serata una trentina di immigrati ospitati nelle strutture del Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo (Go) hanno appiccato un incendio nella struttura. Secondo quanto ha riferito la prefettura di Gorizia, nell’episodio non sarebbero stati coinvolti gli immigrati nordafricani arrivati nei giorni precedenti da Lampedusa. 15 febbraio • CARA – Mineo • Il Residence degli aranci, un villaggio di 18 mila metri quadrati realizzato a Mineo, nella piana di Catania, diventerà un grande Centro di accoglienza per richiedenti asilo, che teoricamente potrebbe contenere sino a 7.000 persone. In precedenza ha ospitato le famiglie dei marines in servizio nella vicina base di Sigonella. L’area è stata visitata dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, accompagnato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il premier ha definito la struttura «particolarmente adatta per creare un villaggio di solidarietà». Contrarietà sono state espresse da Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, che ha giudicato «disumana» la scelta di ospitare «6.000 immigrati in una struttura che in realtà ne può contenere 1.400, che quindi diventerà un ghetto». Decise perplessità e molte riserve sono venute anche dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e dal Consiglio Italiano per i Rifugiati. 15 febbraio • turismo – Lampedusa • Per Giandamiano Lombardo, presidente di Federalberghi Isole Pelagie, a Lampedusa «la situazione è tranquilla. La stagione è partita molto bene e non abbiamo avuto alcuna disdetta», dunque vanno evitati gli allarmismi: tanto più che «quello

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della Tunisia è un popolo occidentalizzato, sono molto simili a noi e diversi di quelli che sono sbarcati lavorano proprio nel settore turistico. Qui non stanno creando problemi e, anche se circolano liberamente per le strade, la gente non ha niente da dire nei loro confronti. È come trovarsi in una grande città, Roma o Milano». 15 febbraio • approdi – feriti • Nei pressi di Marina di Ragusa è rimasto ferito in maniera lieve da colpi d’arma da fuoco sparati da una motovedetta della Guardia di finanza il capitano di un’imbarcazione che trasportava alcune decine di immigrati provenienti dall’Egitto e diretti in Sicilia. L’uomo non avrebbe risposto alle intimazioni di fermarsi. 15 febbraio • traffici – Tunisia • Secondo la denuncia di un avvocato di Zarzis, Ourimi Sayah, gli organizzatori dei viaggi per mare dei nuovi migranti tunisini verso l’Italia sono uomini del vecchio regime di Ben Ali, che hanno trovato una nuova occasione per lucrare. L’avvocato ha riferito che con un gruppo di avvocati e di sindacalisti sta preparando un dossier sui traffici di migranti e sui loro responsabili: Sayah ha fornito le cifre del traffico: un motopeschereccio può costare 50.000 euro, ma con un solo viaggio fino a Lampedusa, che costa intorno ai 2.000 euro a persona, se ne possono guadagnare come minimo più del doppio. 16 febbraio • approdi – Lampedusa • Sei immigrati tunisini, sbarcati negli ultimi giorni a Lampedusa, avrebbero passato la notte nella villa di Claudio Baglioni, a Cala Creta. La notizia è stata confermata dal sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, al quale l’ha comunicata la moglie del cantante. I sei tunisini vi avrebbero pernottato una sola notte, senza provocare danni. 16 febbraio • approdi – Puglia • Circa 80 migranti di varia nazionalità –per lo più afghani, iraniani, iracheni e pachistani, tra cui donne e bambini – sono stati fermati dalla Guardia di finanza poco dopo essere sbarcati da una barca a vela sulla costa di Leuca, nel sud Salento. Parte del gruppo è stato bloccato nell’entroterra, la maggioranza era sul litorale. Gli immigrati sono stati condotti nel centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto per le procedure di identificazione. Alcuni di loro hanno riferito di aver viaggiato per tre giorni dalla Grecia e di aver pagato 9.000 euro a famiglia per raggiungere l’Italia 16 febbraio • approdi – Lampedusa • Per il terzo giorno consecutivo non ci sono stati sbarchi sull’isola, dove però sono presenti 1.800 tunisini – quasi tutti stipati nel Centro di accoglienza che ne potrebbe ospitare solo 850 – dei circa 5.000 arrivati nei giorni scorsi. Anche Laura Boldrini, la portavoce dell’UNHCR, ha insistito affinché sia rapidamente incentivato il trasferimento dei migranti verso altri centri in Italia. 16 febbraio • approdi – numeri • Secondo le cifre diffuse da Frontex, l’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere, basate sui dati forniti dalle stesse autorità italiane, tra il primo gennaio e il 13 febbraio gli immigrati irregolari sbarcati sulle coste dell’Italia meridionale sono stati 5.526, tra cui 34 donne e 108 minori (di cui 90 non accompagnati). Gli sbarchi sono stati 116, di cui 80 nella sola Lampedusa dove sono arrivate 5.031 persone, tra cui 18 donne e 69 minori non accompagnati. Sulla costa di Agrigento gli sbarchi sono invece stati tre con 20 persone, mentre sulle altre coste della Sicilia sono stati censiti 21 sbarchi con 211 immigrati. Nello stesso periodo in Puglia vi sono stati tre sbarchi, con 57 persone di cui 43 uomini, 2 donne e 12 minori, la metà dei quali non accompagnati. In Calabria gli sbarchi sono stati otto, con 192 persone, tra cui 152 uomini e 26 minori, dei quali 14 non accompagnati. La Sardegna ha registrato un solo sbarco, con 15

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persone, tutti uomini adulti. 20 febbraio • Frontex – Lampedusa • Dopo una pausa di qualche giorno, favorita anche dalle cattive condizioni del mare, si sono registrati due nuovi sbarchi a Lampedusa, con circa 70 migranti. Nei giorni precedenti, attraverso ponti aerei e navali, il Centro di accoglienza di Lampedusa era stato parzialmente alleggerito, arrivando a 1.100 presenze. Intanto sono sbarcati sull’isola anche gli esperti di Frontex, la cui missione – chiamata “Hermes” – è così ufficialmente cominciata. Prevede da subito l’impiego di mezzi aerei e navali aggiuntivi di Italia e Malta per pattugliare le acque tra l’Africa e Lampedusa, mentre successivamente una ventina di esperti saranno dedicati ad accertare la nazionalità dei nordafricani sbarcati sull’isola e di prevenire possibili attività criminali. La missione dovrà poi fornire assistenza nelle attività cosiddette di rimpatrio verso i Paesi di origine. Gli esperti dell’Agenzia forniranno infine alle autorità italiane le analisi del rischio, identificando le vulnerabilità e le minacce alla sicurezza dei confini meridionali dell’Unione europea. 21 febbraio • imprenditoria – studio • Secondo un’indagine dalla Fondazione Leone Moressa, nel 2010 gli imprenditori stranieri in Italia hanno registrato un aumento di 29.000 unità (+4,9%), mentre quelli autoctoni sono diminuiti di 31.000 (-0,4%). Tra i settori nei quali gli imprenditori stranieri sembrano essere più presenti (commercio, costruzioni e manifattura) la tendenza nell’ultimo anno è stata quella di un loro aumento, a fronte di un calo della componente italiana. 21 febbraio • approdi – Lampedusa • Si intensificano gli arrivi di immigrati a Lampedusa: 131 extracomunitari su due barconi sono stati soccorsi all’alba a poche miglia dalla costa. In mattinata altri sei migranti sono stati individuati al largo dell’isola, mentre in serata è stata trainata al porto un’imbarcazione con 59 migranti, tra i quali una donna. Nel Centro di prima accoglienza dell’isola si trovano circa 1.400 immigrati, ma in giornata circa 420 saranno trasferiti con quattro voli in altre strutture. 21 febbraio • naufragi – Tunisia • Dopo la conferma del naufragio di Zarzis, con 35 morti (vedi 14 febbraio), la Federazione tunisina per la cittadinanza delle due rive, nota da anni per il suo impegno contro il regime di Ben Ali e per i diritti dei tunisini espatriati, ha fatto sentire la sua voce da Parigi: «Quanti morti ci vorranno ancora, signori e signore che governate, per cambiare politica e regolare la questione migratoria nel rispetto del diritto di tutti a una vita dignitosa?». La Federazione chiede inoltre alle autorità tunisine di aprire un’inchiesta sullo speronamento che ha causato la morte di 35 persone. 22 febbraio • CARA – Mineo • Il Residence degli aranci di Mineo dovrebbe ospitare per circa sei mesi non più di 2.000 richiedenti asilo, che in seguito saranno smistati in altri centri: sono queste le intenzioni del governo, esposte dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, al sindaco del paese del Catanese, Giuseppe Castania. All’incontro, tenuto al Viminale, hanno partecipato anche il commissario straordinario per l’immigrazione, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, e il presidente della Provincia di Catania, Giuseppe Castiglione. 22 febbraio • crisi libica • Si è tenuta a Palazzo Chigi la riunione del premier Berlusconi con i ministri Maroni, La Russa, Tremonti, Frattini, Alfano e Sacconi per valutare la situazione esplosiva della Libia, dove sono in corso disordini che rischiano di sfociare in una guerra civile. . A conclusione, il governo ha deciso di costituire un Comitato permanente interministeriale per «gestire in modo coordinato ogni intervento in grado di fronteggiare la crisi libica, sia da un

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punto di vista umanitario sia da un punto di vista economico e diplomatico». Sono stati dipinti scenari «inquietanti», ipotizzando che 200-300.000 persone in fuga potrebbero arrivare in Italia, oltre alle preoccupazioni per il possibile taglio alle forniture di gas e petrolio e per la sorte delle imprese italiane partecipate dai fondi libici. 22 febbraio • approdi – Lampedusa • Nonostante le cattive condizioni del mare, proseguono gli sbarchi di migranti provenienti dalle coste della Tunisia. Nel corso della giornata precedente altri 197 tunisini avevano raggiunto l’isola su quattro barconi. I carabinieri hanno fermato sulla terraferma 43 migranti che vi erano riusciti ad approdare. È in arrivo sull’isola anche un barcone che era alla deriva in acque di competenza maltesi e che è stato soccorso dal motopesca italiano “Chiaraluna”, che ha raccolto i 37 migranti e ora sta facendo rotta verso Lampedusa. Un secondo barcone, con a bordo alcune decine di immigrati, è stato invece soccorso da due motovedette della Capitaneria a dieci miglia dalla costa. 22 febbraio • crisi libica – UNHCR • L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha lanciato un appello all’Europa e ai Paesi del Nord Africa a non respingere le persone in fuga dagli scontri in Libia. Secondo Melissa Fleming, portavoce dell’UNHCR, l’Italia è tra i Paesi che potrebbero ricevere un maggior flusso di profughi. In Libia ci sono circa 8.000 rifugiati registrati dall’UNHCR e altri 3.000 con richieste di asilo ancora pendenti da Sudan, Iraq, Eritrea, Somalia, Ciad e Territori palestinesi. 23 febbraio • crisi libica – profughi • Il portavoce dell’ONU, Martin Nesirky, ha riferito che sarebbero diverse migliaia le persone in fuga dalla Libia nel tentativo di raggiungere la vicina Tunisia, dove sarebbero arrivati 5.000 rifugiati, o l’Egitto, dove i profughi sarebbero già 15.000. Il portavoce ha aggiunto che, al momento, i confini libici con Tunisia ed Egitto sono aperti, ed è consentito il passaggio di materiale medico, pur se vi è preoccupazione per la mancanza di medicinali e per l’approvvigionamento di sangue. 23 febbraio • approdi – Europa • I ministri dell’Interno dei Paesi europei del Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna, Malta e Cipro), riuniti a Roma in vista della riunione del Consiglio dei ministri dell’Interno europei, hanno concordato alcune proposte: un Fondo speciale di solidarietà per i Paesi destinatari dei maggiori flussi migratori in seguito alla crisi in Nord Africa; un sistema di asilo comune a livello europeo, con la possibilità che i richiedenti siano accolti anche da Paesi diversi da quelli del primo arrivo. Aperture sono già state manifestate dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, secondo il quale quanti fuggono dal Nord Africa «non vogliono andare in Italia ma in Europa, quindi dobbiamo risolvere il problema in modo europeo». Sembra invece impraticabile il cosiddetto burden sharing, vale a dire la condivisione tra tutti gli Stati membri dei flussi di richiedenti asilo in arrivo. Le norme europee, ha precisato Michele Cercone, il portavoce della commissaria europea per gli Affari interni Cecilia Malmstrom, non prevedono un meccanismo di redistribuzione tra gli Stati membri dei migranti che chiedono asilo. 23 febbraio • lavoro – quote • Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha comunicato che è stato firmato il decreto di autorizzazione all’ingresso in Italia di lavoratori stranieri stagionali: per il 2011 i permessi sono 60.000 (20.000 in meno rispetto agli anni passati). Nella stessa occasione, Sacconi ha presentato un Piano elaborato dal suo ministero che prevede interventi di formazione e selezione di lavoratori nei loro Paesi di origine – attraverso la stipula di accordi bilaterali – e la possibilità di impiegare lavoratori stranieri in Italia anche fuori dalle quote

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stabilite annualmente per i lavoratori stagionali per chi abbia già lavorato almeno due anni in Italia. 23 febbraio • rimpatrio – campagna • L’AICCRE, sezione italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa, ha presentato a Roma la campagna informativa “Ritornare. Per ricominciare”, un progetto per incentivare il ritorno volontario assistito dei migranti nei loro Paesi. Oltre a diversi materiali informativi (depliant, spot, locandine, cd-rom, sito internet www.ritornare.eu) la campagna prevede un numero telefonico con operatore. 23 febbraio • disoccupazione – numeri • Il Rapporto del ministero del lavoro e delle politiche sociali su immigrazione e lavoro in Italia, presentato dal ministro Maurizio Sacconi, evidenzia che negli ultimi due anni in Italia l’aumento della disoccupazione ha riguardato per 281.000 unità i lavoratori italiani e per 104.000 quelli stranieri. I lavoratori stranieri coinvolti nella cassa integrazione guadagni sono stati 554.000 nel 2009 e 729.000 nel 2010, pari rispettivamente a circa il 3% e il 4% dei lavoratori complessivi. I beneficiari stranieri dell’indennità di mobilità nel 2009 si sono incrementati del 28,9% a fronte di una crescita complessiva del 9,6% e della componente italiana dell’8,3%. 24 febbraio • migranti – Europa • Il Consiglio dei ministri dell’Interno dei 27 Paesi dell’Unione europea, riunito a Bruxelles, ha bocciato la richiesta italiana dello smistamento dei richiedenti asilo in arrivo tra tutti i Paesi dell’Unione. Rassicurazioni sono invece venute sulle richieste, avanzate dai Paesi mediterranei dell’Unione di sostegno finanziario ai Paesi più esposti, Italia in primo luogo (vedi 23 febbraio). 24 febbraio • Centro – fuga • Trentatré immigrati di nazionalità egiziana e tunisina, tra cui una decina di minorenni, sono fuggiti dal Centro di prima accoglienza di Pozzallo (Rg). Le forze dell’ordine hanno successivamente rintracciato quattro minori, riportandoli nella struttura. Nella struttura di Pozzallo vi erano al momento circa 130 migranti. 24 febbraio • politica – Lega • Daniele Stival, assessore leghista ai flussi migratori per la Regione Veneto si è scusato per l’espressione utilizzata durante una trasmissione televisiva di qualche giorno prima. In quell’occasione, l’esponente della Lega Nord aveva evocato l’uso del mitra in relazione al problema dei possibili arrivi di massa dal Nord Africa. Le opposizioni ne hanno comunque chiesto le dimissioni. 24 febbraio • protesta – CIE • Nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo (Go) - dove nei giorni scorsi, oltre al centinaio già presenti, sono arrivati da Lampedusa altri 50 immigrati - alcuni materassi e altre suppellettili sono stati dati alle fiamme per protesta. Cinque persone lì trattenute considerate responsabili del tentativo di rivolta, sono stati arrestate nel pomeriggio e trasferite nella casa circondariale di Gorizia. Nel CIE di Modena, invece, un giovane tunisino si è cucito le labbra per protesta. La notizia è stata data da Daniele Giovanardi, responsabile della “Misericordia” che gestisce il CIE di Modena e quello di Bologna. 25 febbraio • allarmismi – politica • Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha invitato a «non cedere ad allarmismi e vittimismi» e ha rinnovato l’appello all’Europa a condividere un problema che non è solo dell’Italia. All’opposto, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha confermato l’allarme: «Nascondere le preoccupazioni, e lo dico con riferimento alle dichiarazioni di alcuni colleghi ministri ieri a Bruxelles, è un errore grave. Io mi preparo all’emergenza. Non è allarmismo, ma sano e concreto pragmatismo». La necessità su cui lavora il Viminale è quella di

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trovare al più presto 50.000 posti letto per ospitare flussi di migranti provenienti dalla Libia nel giro di un mese. Le strutture esistenti (Centri di accoglienza, Centri per richiedenti asilo, Centri di identificazione ed espulsione), che hanno una capienza complessiva di circa 8.000 posti, sono ormai sature, dopo i circa 6.300 migranti (di cui 6.200 tunisini) arrivati dall’inizio dell’anno. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha consegnato a Maroni un elenco delle aree militari che possono essere messe a disposizione: si tratterebbe di tre siti a Trapani, Sigonella e Lamezia Terme. Il commissario straordinario per l’emergenza immigrazione, il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, sta intanto individuando aree dove installare dei campi attrezzati. 25 febbraio • Frontex – Lampedusa • Nell’ambito della missione “Hermes” (vedi 20 febbraio), l’agenzia europea delle frontiere Frontex ha inviato in Italia 50 esperti, due motovedette e sette aerei. Le due navi per la sorveglianza marittima, un velivolo, cinque esperti e due mediatori culturali sono stati forniti dall’Italia, che è il Paese guida della missione, mentre il resto dei mezzi e del personale arriva da altri 12 Paesi europei. Venti degli esperti sono stati inviati nei Centri per migranti di Crotone, Caltanissetta, Catania e Bari per le operazioni di identificazione degli stranieri. 25 febbraio • diritti − ONG • Dopo una missione di una settimana svolta tra Tunisia e Italia, il Network Euro Mediterraneo per i diritti dell’uomo, costituito da oltre 80 organizzazioni per i diritti umani attive in 30 Paesi della regione euro-mediterranea, ha rivolto alcune raccomandazioni al governo italiano, tra cui: sospendere tutte le misure di espulsione forzata verso la Tunisia; richiedere all’Unione Europea l’attivazione del meccanismo di protezione temporanea e, nell’attesa, accordare ai migranti una forma di protezione umanitaria che si traduca in un titolo di soggiorno legale; migliorare le condizioni di accoglienza e non raggruppare i richiedenti asilo nel Villaggio Mineo in Sicilia, per evitarne la “ghettizzazione”. 26 febbraio • ordinanze – Lampedusa • È entrata in vigore l’ordinanza anti-accattonaggio voluta dal sindaco di Lampedusa, Bernardino de Rubeis. Il provvedimento proibisce «l’accattonaggio e comportamenti non decorosi» e impone il divieto di utilizzare i luoghi pubblici «come siti di bivacco e deiezione». 27 febbraio • espulsioni – Lampedusa • Una trentina di immigrati diretti a Lampedusa su due barche sono stati intercettati dalle motovedette tunisine che pattugliano il Canale di Sicilia. Gli immigrati sono stati fatti salire a bordo per essere riportati in Tunisia. L’operazione è stata seguita da un aereo italiano della Guardia di finanza, in volo nell’ambito dei controlli disposti per l’emergenza sbarchi. 27 febbraio • crisi libica • Secondo una stima dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, circa 100.000 persone hanno lasciato la Libia nell’ultima settimana. 28 febbraio • integrazione – studi • È stata presentata a Bruxelles Mipex III, una vasta ricerca riguardante la legislazione europea sull’immigrazione. Secondo i dati raccolti, l’Italia si colloca al decimo posto in una classifica di 31 Paesi che includono quelli dell’Unione Europea più Norvegia, Svizzera, Canada e USA. Il risultato italiano viene considerato complessivamente favorevole, ma la ricerca mette in evidenza alcune aree di possibile miglioramento in relazione alle politiche volte alla promozione della partecipazione politica, dell’istruzione, del sostegno mirato all’interno del mercato del lavoro e della rimozione delle discriminazioni. 28 febbraio • proteste – Padova • Una quindicina di extracomunitari, assieme ad alcuni attivisti antirazzisti, sono saliti per protesta sull’impalcatura eretta sulla facciata della Basilica di

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Sant’Antonio, a Padova. Il gruppo ha srotolato uno striscione con una scritta contro le espulsioni. A protestare sono parte della cinquantina di immigrati marocchini, senegalesi e nigeriani rimasti truffati in occasione della sanatoria del 2009, vittime di una organizzazione illegale che aveva proposto loro contratti di lavori fittizi. 28 febbraio • CARA – Mineo • Il ministro dell’Interno Maroni ha presieduto un vertice in prefettura a Catania per decidere sull’istituzione del Centro per richiedenti asilo a Mineo (vedi 15 e 22 febbraio). All’incontro hanno partecipato il presidente della Regione Raffaele Lombardo, il presidente della Provincia Giuseppe Castiglione, e il commissario straordinario per l’emergenza immigrazione, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso. Il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania, si è fatto portavoce delle perplessità dei sindaci della zona. MARZO 1° marzo • razzismo – Lampedusa • Il sindaco delle Pelagie, Bernardino De Rubeis, è stato indagato dalla procura agrigentina per istigazione all’odio razziale e abuso di autorità. L’inchiesta è stata aperta dopo l’ordinanza emessa da De Rubeis che punisce «l’accattonaggio e comportamenti non decorosi» e impone il divieto di utilizzare i luoghi pubblici «come siti di bivacco e deiezione» (vedi 26 febbraio). Il presidente della Commissione Esteri della Camera, il leghista Stefano Stefani, ha espresso «totale solidarietà» a De Rubeis. Solidarietà al sindaco è stata espressa anche da Roberto Fiore, leader di Forza Nuova. 1° marzo • proteste – CIE • Nel corso della notte una ventina di migranti ristretti nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino ha dato fuoco ad alcune strutture abitative, in via Brunelleschi. Gli immigrati sono stati trasferiti in altre sezioni all’interno dello stesso CIE. 1° marzo • crisi libica – profughi • L’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha espresso preoccupazione per la crescente pressione ai confini libici con la Tunisia a causa del flusso di migliaia di persone in fuga dalla Libia. Oltre 140.000 persone hanno già attraversato la frontiera con la Tunisia (70-75.000) e con l’Egitto (69.000), ma altre migliaia continuano ad arrivare. L’UNHCR ha specificato che in gran parte si tratta di tunisini ed egiziani, ma stanno riuscendo a fuggire anche alcuni libici e persone di altre nazionalità. Dati confermati dalle autorità tunisine, secondo le quali dal 20 febbraio scorso 70-75.000 persone in fuga dalla Libia sono arrivate in Tunisia, di cui 14.000 nella sola giornata del 28 di febbraio. L’UNHCR sta disponendo tende per ospitare circa 12.000 persone e altre tende per 10.000 sono previste nei giorni successivi, ma restano precarie soprattutto la disponibilità di acqua e le condizioni igieniche. 1° marzo • procura – immigrazione clandestina • La procura di Agrigento ha iscritto nel registro degli indagati oltre 6.000 persone per immigrazione clandestina. Si tratta di tutti gli immigrati, per lo più tunisini, approdati a Lampedusa per fuggire alla crisi che sta attraversando tutto il Nord Africa. Il procuratore capo di Agrigento Renato Di Natale ha specificato che si tratta di un atto dovuto e che la procedura è la stessa seguita per tutti gli sbarchi di migranti anche negli scorsi anni: «Al momento in cui arrivano in Italia non hanno alcuno status di rifugiato politico. Quando e se lo avranno ci sarà il non luogo a procedere». 1° marzo • normative – Bossi-Fini • L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha diffuso un documento nel quale sostiene che la legge Bossi-Fini sull’espulsione degli immigrati clandestini ormai «è carta straccia, non più applicabile perché in contrasto con la normativa europea». Per

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l’UCPI la direttiva 2008/115/Ce sul rimpatrio di cittadini extracomunitari irregolari è divenuta “self executing”, essendo scaduto il 24 dicembre 2010 il termine d’attuazione per adeguare il nostro ordinamento. 1° marzo • Caritas – accoglienza • La Caritas Italiana ha scritto alle diocesi italiane invitandole alla mobilitazione, stante un «concreto rischio di catastrofe umanitaria, con migliaia di sfollati interni, rifugiati e richiedenti asilo che si potrebbero riversare in tutto il Nord Africa e nella sponda nord del Mediterraneo». 1° marzo • proteste – CIE • Alcuni attivisti del centro sociale bolognese TPO e della Rete Welcome, impegnata per il diritto all’accoglienza degli immigrati, hanno effettuato una protesta al CIE di Bologna, tentando di entrare nel Centro e poi istituendo un presidio. Un’iniziativa voluta in concomitanza con la “Giornata senza di noi”, la mobilitazione nazionale dei cittadini migranti contro la legge Bossi-Fini. 1° marzo • proteste – Napoli • Un gruppo di appartenenti al Forum antirazzista di Napoli ha occupato la sede dell’Ispettorato del lavoro in via Marina per denunciare la mancanza di controlli da parte dell’ente sul lavoro degli immigrati e sul loro sfruttamento. 2 marzo • approdi – Lampedusa • Dopo una settimana di sosta, a causa delle cattive condizioni del mare, sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa dalle coste tunisine: nelle ultime 24 ore sono arrivati dieci barconi. Sono ripresi anche i trasferimenti aerei: con due voli 330 migranti sono stati spostati in Centri della penisola. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha comunicato che sinora sono poco più di 2.000 i tunisini che hanno chiesto protezione umanitaria, 400 dei quali hanno fatto domanda di asilo. 2 marzo • Frontex – Europa • Il responsabile di Frontex, Ilka Laitinen, in una conferenza stampa a Malta, ha chiarito che l’opzione del respingimento di immigrati o rifugiati dal Nord Africa è esclusa. Laitinen ha osservato che tocca a tutti i membri dell’Unione Europea di mandare risorse nel Mediterraneo per assistere l’Italia, Malta e la Grecia nell’affrontare l’emergenza. Rispetto alle cifre fornite dal ministro dell’Interno Roberto Maroni di circa 1,5 milioni di persone in attesa di attraversare il Nord Africa verso l’Europa, Laitinen ha affermato che per adesso si tratta di cifre «speculative», fornite dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. 2 marzo • approdi – protezione umanitaria • In un’audizione al Senato, il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha fornito le cifre sulle richieste di protezione e di asilo: «Dei 2.296 tunisini provenienti da Lampedusa e attualmente ospiti dei Centri di accoglienza rifugiati presenti in Italia 2.147 hanno chiesto protezione umanitaria: 1.172 hanno già formalizzato l’istanza, gli altri 975 lo faranno nei prossimi giorni». 2 marzo • CARA – Mineo • Su 15 sindaci della provincia di Catania, 10 hanno acconsentito alla proposta del governo di creare nel Residence degli aranci di Mineo un “Villaggio della solidarietà” per i rifugiati richiedenti asilo (vedi 28 febbraio). I cinque sindaci che hanno risposto negativamente hanno inviato una lettera al ministro dell’Interno in cui si afferma che «il “modello Mineo”, così come prospettatoci dal ministro Maroni, non risponde all’idea che abbiamo consapevolmente maturato, sulla scorta dell’esperienza di effettiva integrazione da noi portata avanti nelle nostre comunità».

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2 febbraio • CIE - divieti • Nel Centro di Gradisca d’Isonzo (Go) gli immigrati in attesa di identificazione lì ristretti non potranno più fumare. Il divieto è scattato per scongiurare nuove rivolte, dato che vi sono stati almeno quattro episodi dall’inizio dell’anno in cui sono state incendiate stanze e suppellettili del centro. 3 marzo • fondi Regione – Lampedusa • La Giunta regionale siciliana ha deliberato la concessione di un contributo straordinario di 800.000 euro a favore del comune di Lampedusa e Linosa per fare fronte alle «emergenze connesse alla pressione migratoria». 3 marzo • missione – Italia • Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a una missione italiana, definita «umanitaria», in Libia e Tunisia. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha escluso «categoricamente» un intervento militare, ma ha specificato che l’obiettivo della missione è anche quello di evitare l’esodo verso il nostro Paese. Il compito del team italiano che ha raggiunto Tunisi sarà di concordare con le autorità locali priorità e modalità d’intervento: rimpatrio delle migliaia di egiziani presenti al confine con la Libia, miglioramento del campo profughi di Ras Jedir, dove ormai c’è una situazione di «vera emergenza» con oltre 80.000 profughi, fornitura di medicinali e generi alimentari. 3 marzo • governo – enti locali • Si è tenuto al Viminale un incontro con i rappresentanti degli enti locali nel quale è stato deciso di aprire un tavolo per programmare l’accoglienza ai profughi. Un Fondo nazionale finanzierà gli interventi per fronteggiare l’emergenza. 3 marzo • approdi – Lampedusa • Sono giunti nel porto di Lampedusa 32 migranti a bordo di due gommoni, uno dei quali rischiava di affondare, recuperati da una motovedetta della Guardia costiera a circa trenta miglia dall’isola. Gli extracomunitari, tutti tunisini, hanno detto di essere partiti dal porto di Sfax e di avere avuto difficoltà durante la traversata a causa delle condizioni precarie dei due battelli. 3 marzo • approdi – Lampedusa • Nella notte sono approdati a Lampedusa altri tre barconi, con a bordo 159 migranti, scortati dalle motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Ieri erano arrivati complessivamente quasi 500 immigrati, tutti trasferiti nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa da dove sono ripresi a ritmo sostenuto i trasferimenti in aereo verso altri Centri italiani. 3 marzo • approdi – numeri • È stato presentato a Roma il Rapporto International migration outlook, realizzato dall’OCSE e dal CENSIS. Secondo i dati riportati, nei mesi di gennaio e febbraio 6.333 immigrati sono sbarcati sulle coste italiane, a fronte dei 4.406 del 2010. Ma, già prima dell’ondata migratoria in corso, la presenza regolare di immigrati provenienti dai Paesi del Mediterraneo era consistente: con tale provenienza, risultano iscritte all’anagrafe 675.190 persone, vale a dire il 15,9% dei 4.235.059 stranieri complessivi presenti in Italia. Dal fronte nordafricano, sono i marocchini a raggiungere una presenza più elevata: ne sono infatti residenti in Italia 431.529, seguiti dai tunisini, 103.678, e dagli egiziani, 82.064. 4 marzo • naufragi – Lampedusa • Un barcone sul punto di affondare al largo di Lampedusa è stato soccorso dalla Guardia costiera. Alcuni immigrati sono caduti in acqua durante le operazioni di trasbordo, rese molto complicate dalle cattive condizioni del mare. Il bilancio è di 28 persone salvate, mentre due risultano disperse. 4 marzo • diritti – politica • Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenuto al consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, sottolineando che «i diritti civili, politici, economici e sociali sono interconnessi e la loro realizzazione può avvenire solo se si

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garantiscono insieme», ha detto che «in un mondo interdipendente nessuno può più costruire muri, limitare il movimento delle persone e la circolazione delle idee. Vale anche per l’idea che si debbano rispettare e proteggere i diritti umani». Napolitano ha rilevato che è compito dell’Unione Europea «realizzare uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia definendo tra l’altro regole migliori su diritto d’asilo e protezione dei rifugiati e anche di gestire la frontiera comune dell’Europa». 4 marzo • ingressi – Francia • Il Centro di cooperazione di polizia e dogana di Mentone, presso la frontiera franco-italiana, ha riferito che negli ultimi tre giorni sono stati 1.070 i migranti, in gran parte tunisini, fermati dalle autorità italiane mentre cercavano di entrare in Francia, cioè circa il doppio di quelli fermati nel mese di febbraio. I dati sono stati forniti a latere di una visita del nuovo ministro dell’Interno francese, Claude Gueant, che ha sollecitato l’Italia a trattenere sul proprio territorio gli immigrati che intendono entrare in Francia. 5 marzo • profughi – Libia • L’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari dell’ONU (OCHA) ha diffuso dati, di fonte Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, secondo i quali fino a oggi hanno lasciato la Libia 191.748 persone, in gran parte lavoratori, 104.275 persone si sono rifugiate in Tunisia, 85.000 hanno raggiunto l’Egitto e 4.000 l’Algeria. 5 marzo • approdi – Lampedusa • Un barcone in avaria al largo di Lampedusa, con 34 migranti a bordo, è stato soccorso e condotto in porto dalla Guardia costiera. 6 marzo • approdi – Lampedusa • Sono giunte nel porto di Lampedusa le due unità della Guardia di finanza che hanno soccorso in serata un barcone sul quale viaggiavano complessivamente 155 migranti, tra cui una donna. È il terzo sbarco che si registra in giornata sull’isola. Nelle ore successive è previsto l’arrivo a Lampedusa di altri otto barconi avvistati da un aereo della Guardia di finanza, a circa 50 miglia dalla costa. Complessivamente sono arrivati sull’isola 250 immigrati, tutti trasferiti nel Centro di prima accoglienza, che in poche ore ha raddoppiate le presenze. 7 marzo • approdi – Lampedusa • Un barcone con 224 immigrati tunisini è giunto nel porto di Lampedusa. Dalla sera precedente, è il diciassettesimo sbarco nell’isola. Con questo sbarco, sono circa 1.200 gli immigrati arrivati nell’isola nel corso della giornata, il giorno prima erano stati 350. 7 marzo • CARA – Bari • La prefettura di Bari ha riferito che in giornata circa 100 immigrati provenienti da Lampedusa arriveranno al Centro Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA) di Bari, una struttura che ha una capienza di 1.300 persone e che ne contiene già 1.311. 8 marzo • Tripoli – Crotone • Cinquantasette cittadini eritrei, tra cui 27 bambini, provenienti da Tripoli sono giunti in serata nel Centro di accoglienza di Crotone con un volo organizzato dal Centro Italiano Rifugiati (CIR). Il trasferimento è stato disposto in seguito all’appello fatto da monsignor Giovanni Martinelli, il vescovo cattolico che assiste i rifugiati politici eritrei a Tripoli. Secondo quanto riferito dal gruppo giunto a Crotone, in Libia ci sono altri 2.000 eritrei che sono nella stessa situazione e chiedono di essere trasferiti in Italia. 8 marzo • profughi – Libia • Secondo le stime delle Nazioni Unite, dalla Libia sono fuggite oltre 210.000 persone: 112.000 sono giunte in Tunisia, 98.000 in Egitto e 2.000 in Niger. 8 marzo • fondi – Europa • La Commissione Europea ha stanziato quattro miliardi di euro di aiuti per i Paesi partner del Nord Africa e Medio Oriente, una cifra che include 240 milioni di euro per la Tunisia e 445 milioni di euro per l’Egitto. È quanto risulta dalla comunicazione di

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Bruxelles sul nuovo piano per una “Partnership per la democrazia e una prosperità condivisa con il Sud del Mediterraneo”, discussa dall’esecutivo dell’UE. Per affrontare la situazione nella regione a breve termine, l’Unione Europea ha stanziato anche 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari ai confini della Libia con Tunisia ed Egitto. Bruxelles è pronta a mobilitare i fondi ad hoc per le emergenze rifugiati e ai confini esterni, per un ammontare di 25 milioni di euro. Mentre alla Tunisia ha offerto 17 milioni di euro per organizzare le elezioni. Dalla Banca europea d’investimenti, dietro approvazione da parte del Consiglio UE, potrebbero arrivare finanziamenti per progetti nella regione per un totale di sei miliardi di euro nei prossimi tre anni. 8 marzo • minori – Lampedusa • Save the Children ha reso noto che, con gli ultimi sbarchi, sono 71 i minori attualmente presenti nel Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa. Salgono così a 286 i minori – in gran parte senza familiari – approdati nell’isola a partire dal 10 febbraio scorso. Un numero quintuplo rispetto a quello dei minori tunisini arrivati nel 2010 (55). 8 marzo • gesuiti – Libia • Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS) ha chiesto ai governi dei Paesi dell’Unione Europea di identificare i richiedenti asilo e i rifugiati intrappolati in Libia e di offrire loro un’opportunità di reinserimento negli Stati dell’Unione, sviluppando un piano di emergenza per gestire l’arrivo spontaneo in Europa di rifugiati e migranti, che comprenda una piena attivazione della direttiva sulla protezione temporanea (2001/55/CE) e, nel caso che gli arrivi diventino numerosi, la sospensione del regolamento di Dublino in riferimento ai rinvii verso l’Italia e verso Malta. 8 marzo • approdi – Lampedusa • Altri quattro barconi, con 160 migranti, sono approdati in nottata tra Lampedusa e Linosa, dopo i 224 migranti giunti il giorno precedente. Complessivamente, sono 24 le imbarcazioni, tutte provenienti dalla Tunisia, che negli ultimi due giorni hanno raggiunto le Pelagie, con quasi 1.700 persone. Nel centro d’accoglienza dell’isola vi sono attualmente poco più di 1.600 migranti. 9 marzo • esercito – CGIL • La CGIL nazionale e quella siciliana hanno chiesto al commissario straordinario per l’immigrazione, il prefetto Giuseppe Caruso, chiarimenti circa l’utilizzo dell’esercito a Lampedusa e Mineo. Nel successivo incontro con Antonio Riolo, segretario regionale della CGIL Sicilia e Piero Soldini, responsabile immigrazione della CGIL nazionale, il prefetto ha assicurato che la struttura di Mineo sarà un CARA, per i richiedenti asilo, e non un CIE. Ma i rappresentanti sindacali hanno mantenuto le proprie riserve, chiedendo di distribuire l’accoglienza sul territorio, anziché realizzare megastrutture come quella prospettata. 9 marzo • approdi – Lampedusa • Un barcone, avvistato nel tardo pomeriggio del giorno prima, mentre era in avaria, a circa 55 miglia da Lampedusa è giunto sull’isola. I migranti, 55 tunisini, sono stati trasbordati su un motovedetta della Guardia di finanza; tre di essi hanno avuto bisogno dell’assistenza medica per disidratazione e ipotermia, due in gravi condizioni ma non in pericolo di vita. 10 marzo • approdi – Lampedusa • Dopo l’avvistamento di una imbarcazione al largo di Lampedusa da parte di un aereo pattugliatore di Frontex, una motovedetta della Capitaneria di porto ha trasbordato e condotto sull’isola 26 migranti tra cui una donna. 10 marzo • risoluzione – Europa • Il Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria, ha approvato una risoluzione sulla Libia. In essa, grazie a un emendamento presentato dai deputati italiani e maltesi, è contenuta la richiesta di applicare il principio di solidarietà – previsto dal

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Trattato di Lisbona – e quindi la condivisione della responsabilità nel controllo delle frontiere e nella gestione dei possibili flussi migratori in provenienza dal Nord Africa. La Commissione dovrebbe pertanto predisporre le risorse umane, finanziarie e tecniche per assistere i Paesi di confine dell’Unione in caso di migrazioni di massa. 11 marzo • approdi – Lampedusa • Un barcone con 71 migranti a bordo è stato intercettato a 40 miglia da Lampedusa e scortato sino al porto. Gli extracomunitari, che hanno dichiarato di essere tunisini, sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza dell’isola. In precedenza erano arrivati altri 134 migranti. 11 marzo • denuncia – Lampedusa • La Lega dei diritti dell’Uomo e altre ONG, come Migreurop e la Rete euro-mediterranea dei diritti dell’Uomo, hanno denunciato a Parigi, in una conferenza stampa, i metodi con cui l’Italia gestisce l’immigrazione dei tunisini sull’isola di Lampedusa. Secondo gli attivisti, «i migranti tunisini sono sottoposti a un’arbitrarietà totale in Italia: dopo il loro arrivo a Lampedusa, sono trasferiti sul continente. Certi sono messi in centri di accoglienza, altri in centri di detenzione per essere espulsi, alcuni sono liberi di muoversi, altri vengono rinchiusi, alcuni sono trattati come richiedenti di asilo politico, altri no, sulla base non si sa di quali criteri. 11 marzo • protesta – CIE • Un immigrato maghrebino ristretto nel CIE di Gradisca d’Isonzo (Go) è stato protagonista di un gesto di autolesionismo, procurandosi ferite con una lametta poco prima dell’arrivo di una delegazione del Comitato parlamentare Schengen in visita alla struttura, dove sono ristretti 100 immigrati. 12 marzo • stampa – Lampedusa • Da gennaio a Lampedusa non arrivano i quotidiani. I cittadini delle Pelagie si passano i giornali che portano i passeggeri scendendo dall’aereo e che quasi ogni giorno riportano notizie che li riguardano. 12 marzo • protesta – CIE • Circa duecento persone hanno dato vita a una protesta all’esterno del CIE di Gradisca d’Isonzo (Go). I manifestanti hanno diretto musica a tutto volume all’indirizzo delle strutture che ospitano circa 200 tra immigrati e richiedenti asilo. 14 marzo • protesta – Lampedusa • Un centinaio di studenti e giovani lavoratori ha costituito un comitato e occupato simbolicamente la spiaggia della Guitgia, uno dei litorali più frequentati di Lampedusa. L’iniziativa vuole sensibilizzare le istituzioni ad adoperarsi per un’immagine dell’isola diversa da quella preponderante dai media, basata su «allarmismi ingiustificati». 14 marzo • naufragi – Lampedusa • Cinque tunisini giunti a Lampedusa hanno raccontato che un natante con 40 persone si sarebbe capovolto al largo delle acque tunisine. Solo loro si sarebbero salvati, soccorsi da un altro barcone col quale sono poi giunti sull’isola. La Capitaneria di porto, dopo un confronto con le autorità tunisine, ha confermato l’accaduto e ufficializzato la tragedia. Il barcone era partito ieri sera intorno alle 21, il naufragio è avvenuto dopo circa un paio d’ore e gli occupanti sono stati sommersi dalle acque fatta eccezione per i cinque ragazzi poi sbarcati a Lampedusa. 14 marzo • politica – Lampedusa • Il Centro di accoglienza, che contiene circa 1.350 migranti, è stato visitato dal presidente del partito nazionalista francese, Marine Le Pen, e dal leghista Mario Borghezio. Non hanno avuto alcun contatto con i migranti, «per ragioni di sicurezza», come ha spiegato il sindaco Bernardino de Rubeis. Una ventina di militanti dell’associazione Askavusa e di Legambiente hanno invece ricevuto i due politici con striscioni di contestazione. Le Pen e Borghezio hanno poi improvvisato una conferenza stampa, dove Le Pen ha dichiarato:

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«invece di accoglierli a Lampedusa l’Italia dovrebbe inviare le navi con acqua e alimenti e assistere i migranti in mare, evitando che sbarchino nell’isola». 14 marzo • profughi – Libia • Rispondendo a un appello della Comunità di Sant’Egidio e del Consiglio Italiano per i Rifugiati, a loro volta sensibilizzati dal vescovo cattolico di Tripoli, monsignor Martinelli, il ministero degli Esteri italiano ha organizzato l’evacuazione di altri 110 profughi eritrei presenti a Tripoli, molti dei quali neonati e minori, in Italia grazie a due C-130. 15 marzo • approdi – Lampedusa • Ventuno barconi sono arrivati a Lampedusa in due giorni, per un totale di 1.623 persone, tra le quali sei donne e sei bambini. Le cifre sono state fornite dal comando generale delle Capitanerie di porto. 15 marzo • strutture – Lampedusa • Si è tenuta al Viminale una riunione cui, tra gli altri, hanno partecipato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il capo della polizia, Antonio Manganelli e il commissario straordinario per l’emergenza immigrazione e prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, per discutere del cosiddetto “Piano B”, voluto da Maroni, nell’ipotesi di dover gestire un esodo massiccio di immigrati diretti in Italia (la cifra adombrata è di 50.000 persone). I 31 centri del Viminale (tra CIE, CARA e Centri d’accoglienza) hanno una capienza complessiva di circa 8.500 posti, praticamente tutti occupati. Il Villaggio della solidarietà a Mineo, dove si punta a trasferire circa 2.000 richiedenti asilo, non è ancora operativo. Sta dunque prendendo piede l’ipotesi di allestire una tendopoli sull’isola. 15 marzo • approdi – Lampedusa • «Nella maggior parte dei casi si tratta di recuperi a distanza varia, tra le cinquanta e le cento miglia marine di distanza dall’arcipelago delle Pelagie»: lo ha dichiarato il Comune di Lampedusa e Linosa, «in relazione alle continue notizie stampa circa i supposti sbarchi a Lampedusa». «La precisazione – sottolinea l’amministrazione – non ha un valore solo lessicale, poiché la differenza incide sull’immagine complessiva dell’isola. Nel concetto di sbarco vi è un immaginario di aggressività, inesistente in quello di recupero, che invece conferma la tradizione d’accoglienza per la quale Lampedusa è medaglia d’oro ». 15 marzo • naufragi – Tunisia • È ancora incerto il numero dei migranti naufragati ieri non lontano dalle coste della Tunisia. Secondo alcune fonti locali, le barche partite da Zarzis, infatti, avevano a bordo almeno 60-70 persone, non una quarantina come si riteneva in precedenza. 15 marzo • proteste – CIE • Un giovane tunisino ristretto nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Bari ha ingerito lamette da barba nel corso di disordini avvenuti nel pomeriggio e nella notte precedente nella struttura, con l’incendio di alcuni materassi. Trasportato d’urgenza al pronto soccorso il giovane è riuscito a scappare dopo qualche ora. 16 marzo • governo – Lampedusa • Al termine di un vertice di governo per fare il punto sulle ondate di immigrazione che stanno interessando l’Italia e in particolare l’isola di Lampedusa, il ministro dell’Interno Maroni ha fornito alla Camera le cifre del fenomeno: dall’inizio del 2011 sono sbarcati 11.200 migranti, a fronte dei 4.000 di tutto il 2010. 16 marzo • respingimenti – Francia • Sono in crescita i respingimenti degli immigrati – in maggioranza tunisini - che dall’Italia cercano di entrare in Francia alla frontiera di Ventimiglia. I respingimenti, tecnicamente definiti riammissioni passive, vale a dire dalla Francia verso l’Italia) sono stati 304, quelli attivi (dall’Italia verso la Francia) 189. Nel 2010, invece, le riammissioni erano state 1.234 quelle attive e 1.051 quelle passive, mentre le espulsioni erano state 248.

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17 marzo • tendopoli – Lampedusa • Saranno circa 500 le persone destinate a occupare due tendopoli che saranno allestite a Lampedusa: la più grande sarà realizzata nella ex base militare Loran, un’altra nello spiazzo che circonda la Casa Fraternità gestita dalla parrocchia, dove sono ospitati 200 migranti, mentre 2.600 si trovano nel Centro d’accoglienza (che avrebbe una disponibilità massima di 850 posti). In mattinata sono giunti nell’isola alcuni funzionari della Protezione civile regionale, ai quali è stato delegato dal prefetto il compito di organizzare la tendopoli. L’ufficio del commissario conferma anche che l’indomani inizieranno i primi 200 arrivi nel nuovo centro di Mineo (Ct); per primi giungeranno i rifugiati ospitati nei Centri d’Accoglienza per Richiedenti Asilo della Sicilia. 21 marzo • approdi – Lampedusa • In giornata sono arrivati a Lampedusa solo 137 migranti, nonostante il mare calmo. Ben più imponenti le cifre degli arrivi nelle giornate precedenti (1.300 e 1.200). Sull’isola ci sono ora 5.400 stranieri, solo cento in meno di tutta la popolazione lampedusana, 2.800 dei quali accampati all’aperto lungo il molo in pessime condizioni igieniche; 230 minori dormono per terra in una sede comunale. Per decongestionare la situazione è previsto l’arrivo di nave San Marco per trasferire in altre regioni un migliaio di extracomunitari. 21 marzo • proteste – CIE • Nei CIE di Gradisca d’Isonzo (Go) e di Torino, durante la notte, immigrati tunisini hanno dato vita a proteste e fughe. Da Gradisca alcuni migranti sono saliti sul tetto, mentre sei sono riusciti a fuggire. Nei disordini seguiti poco dopo, due agenti di polizia sono rimasti lievemente feriti, mentre otto immigrati sono stati arrestati. Nessun ferito,invece, al CIE di Torino dove un gruppo di tunisini ha dato fuoco ad alcuni materassi. Intanto, a Milano, gli operatori del servizio “SOS diritti” dell’ARCI hanno raccolto molte segnalazioni da parte di ospiti del CIE del capoluogo lombardo che denunciavano maltrattamenti da parte delle forze dell’ordine. Un giovane – hanno riferito – avrebbe tentato di darsi fuoco, mentre un altro avrebbe tentato di suicidarsi impiccandosi. 21 luglio • tendopoli – Lampedusa • Il governatore Raffaele Lombardo si è schierato con l’amministrazione comunale di Lampedusa che ha impedito la realizzazione di una tendopoli sull’isola. Intanto, l’amministrazione di Lampedusa ha predisposto un progetto per la realizzazione di un Centro di Prima Accoglienza a Lampione, un isolotto di fronte le Pelagie, per ospitare 2.500 persone. 22 marzo • approdi – Lampedusa • Nel porto di Lampedusa sono giunti altri due barconi, con circa 250 migranti, che portano il totale delle persone arrivate in giornata a circa 650. 22 marzo • Piano Maroni – enti locali • Il ministro Maroni ha convocato al Viminale i presidenti di Regioni, UPI e ANCI per chiedere l’adesione a un piano di emergenza che prevede la distribuzione in tutto il Paese di 50.000 profughi, previsione che il ministro ritiene «molto realistica». Il piano sarà messo a punto e consegnato a governatori e sindaci. Lo smistamento dei migranti avverrà in base al numero di abitanti per regione, ma ci saranno dei correttivi: «Le regioni che hanno già una forte pressione migratoria (Sicilia, Calabria e Puglia), l’Abruzzo, che ha avuto il terremoto e altre che ospitano già un numero elevato di centri per migranti, saranno salvaguardate». Le risorse finanziarie arriveranno dal fondo della Protezione civile rifinanziato ieri dal Consiglio dei ministri. 22 marzo • proteste – CARA • Alcuni attivisti del gruppo Action hanno effettuato un presidio davanti al CARA in provincia di Roma per protestare contro i 50 trasferimenti annunciati di richiedenti asilo in Sicilia . Trasferimenti che, per Action, «non tutelano i rifugiati e sono

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contrari a tutte le procedure previste per i richiedenti asilo». Anche Il Consiglio Italiano per i Rifugiati chiede che vengano «immediatamente sospesi i trasferimenti di richiedenti asilo verso Mineo, Centro di cui non si capisce la natura giuridica e che pertanto si pone assolutamente al di fuori delle attuali norme e della procedura d’asilo». 23 marzo • approdi – Lampedusa • Altri 62 migranti sono sbarcati nel porto di Lampedusa, proprio mentre la nave San Marco, con a bordo circa 550 extracomunitari, salpava per il porto di Augusta. Con quest’ultimo sbarco sono arrivati in giornata a Lampedusa 301 migranti, su sette imbarcazioni, mentre altre due sono già state avvistate e arriveranno nelle prossime ore. 23 marzo • salute – Lampedusa • L’assessore alla Sanità della Regione Sicilia, Massimo Russo, assieme al ministro della Salute, Ferruccio Fazio, hanno annunciato l’invio a Lampedusa di una task force composta da una ventina di psicologi specializzati nella gestione delle emergenze. La missione, coordinata da Melita Ricciardi, è tesa a dare un supporto concreto sia ai residenti sia ai migranti. 23 marzo • approdi – Calabria • Polizia e carabinieri hanno individuato 25 immigrati in un casolare sulla spiaggia a Cariati, sullo Ionio cosentino; hanno dichiarato di essere libici ma le forze dell’ordine li ritengono egiziani. 23 marzo • arresti – permessi • Un ispettore capo della polizia è stato arrestato a Roma con l’accusa di concussione: avrebbe chiesto tangenti di 1.500 euro a immigrati in attesa di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, per accelerare le pratiche e portarle a buon fine, rilasciando il suo parere positivo sull’accertamento di residenza. 24 marzo • approdi – Siracusa • Una barca a vela con 44 persone a bordo è stata intercettata da un mezzo aereo della Guardia di finanza al largo di Siracusa. A bordo, 44 tra turchi, siriani e iracheni; tra loro 11 donne, di cui due incinte, e sette bambini. 24 marzo • approdi – Lampedusa • Un barcone in difficoltà, con 81 migranti a bordo, a 25 miglia da Lampedusa è stato soccorso da motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza. Successivamente, una motovedetta della Guardia di finanza ha accompagnato in porto un’altra imbarcazione con a bordo 73 migranti, tra cui una donna, mentre una motovedetta della Guardia costiera ha scortato in porto una piccola imbarcazione con altri 48 migranti, tutti uomini. In mattinata c’era stato un altro sbarco, sempre di una cinquantina di migranti. In totale in giornata a Lampedusa sono sbarcati quasi ottocento immigrati, senza contare i 150 a bordo di un barcone che ha lanciato un SOS a 25 miglia dall’isola, mentre ne sono stati trasferiti meno di 200. Un aereo, addirittura, è decollato con soli 29 persone a bordo su 160 posti disponibili: secondo le forze dell’ordine non c’era altra soluzione, dato in tutta Italia non si trova un posto dove portarli. 24 marzo • profughi – Libia • Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza sulla Libia ha detto che sono sinora 335.658 le persone che hanno lasciato la Libia dall’inizio della crisi; inoltre, vi sono altri 9.000 migranti bloccati ai confini del Paese con l’Egitto o con la Tunisia. Ma le Nazioni Unite si aspettano nuove ondate, tra i 200.000 e i 250.000 migranti e rifugiati. 24 marzo • normative – Cassazione • I profughi extracomunitari che, in fuga dal loro Paese arrivano in Italia, per salvare la propria vita o incolumità fisica dalla minaccia «grave e individuale derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale», possono fare domanda per ottenere, se non lo status di rifugiato, almeno una

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forma più attenuata di protezione e avere il permesso di soggiorno triennale nel nostro Paese. Lo ha affermato la Corte di cassazione, affrontando la vicenda di un cittadino del Burkina Faso, arrivato in Italia su un barcone di migranti partito dalla Libia. 24 marzo • protesta – CIE • Nel CIE di via Mattei, a Bologna, alcuni immigrati sono saliti sulla tettoia all’interno della struttura per protestare contro la loro detenzione. 24 marzo • permesso unico – Europa • Con 311 voti favorevoli, 216 contrari e 81 astenuti, il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva che istituisce il permesso unico di soggiorno e lavoro per gli extracomunitari. Il provvedimento, che torna quindi all’esame dei ministri della giustizia UE, una volta in vigore permetterà agli immigrati regolari di ottenere documenti validi su tutto il territorio dell’Unione (fatta eccezione per Regno Unito, Danimarca e Irlanda) con un’unica procedura. La norma vorrebbe anche garantire agli immigrati una serie di diritti sociali paragonabili a quelli dei cittadini comunitari su questione come gli orari di lavoro, le ferie, l’accesso ai sistemi previdenziali, gli alloggi sociali. Resterà comunque competenza esclusiva dei singoli Paesi decidere se e quanti extracomunitari ammettere sul territorio nazionale, così come eventuali limitazioni per l’accesso a corsi di formazione professionale. 24 marzo • esercito – Lampedusa • In un intervento alla Camera, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha chiarito che «nell’ambito del concorso fornito per la vigilanza e la sicurezza delle strutture e delle aree impiegate per l’emergenza clandestini», il suo ministero ha reso disponibili fino al 30 giugno 2011 «ulteriori 200 militari». «Al riguardo – ha aggiunto – il 9 marzo scorso, per l’emergenza umanitaria, sono stati assegnati 100 militari al prefetto di Agrigento per il centro di accoglienza di Lampedusa e 50 al prefetto di Catania per il centro di Mineo per il concorso in attività di vigilanza e sicurezza. Il rischieramento è avvenuto dal 19 marzo». 24 marzo • CARA – Mineo • Dopo essere sbarcati ad Augusta dalla nave San Marco, i 498 migranti trasferiti da Lampedusa a Mineo hanno trovato ad attenderli davanti al “Villaggio di solidarietà” la protesta di dieci tra sindaci e amministratori di altrettanti centri del Calatino contro il trasferimento nella struttura. Alla protesta sono presenti, tra gli altri, i sindaci di Mineo, Scordia, Raddusa, Ramacca, Caltagirone, Licodia, Castel di Iudica, Grammichele. 25 marzo • approdi – Calabria • Dopo una segnalazione della Guardia costiera, sono stati individuati 18 immigrati, tra cui un minore e tre donne, già sbarcati nel comune di Bianco (RC). 25 marzo • approdi – Lampedusa • Altre due barche con 168 profughi sono arrivate a Lampedusa, mentre stavano per cominciare le operazioni di imbarco di 550 migranti in partenza dall’isola con la nave militare San Marco. Complessivamente, in giornata sono approdate a Lampedusa 261 persone, mentre sono 800 quelle trasferite in aereo o in partenza con la nave San Marco. 25 marzo • protesta – Lampedusa • Dopo giorni di crescenti tensioni, sul molo di Lampedusa è esplosa la protesta delle migliaia di migranti lì accampati da una settimana. Hanno funzionato da detonatore la mancanza di acqua e servizi igienici, i ritardi nel cibo – che, è stato denunciato, viene trasportato nello stesso camion della spazzatura – e in generale le condizioni disumane in cui i migranti si trovano a vivere all’addiaccio. Centinaia di migranti si sono fronteggiati con le forze dell’ordine, ma alla fine la protesta è rientrata. 25 marzo • traferimenti −Lampedusa • Al termine della riunione dell’unità di crisi per la gestione dell’emergenza, il Viminale ha deciso di utilizzare nei giorni successivi delle navi passeggeri per svuotare Lampedusa. Nella notte salperà nuovamente la nave San Marco per trasferire a

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Taranto 500 migranti che verranno portati in un nuovo Centro di accoglienza e identificazione che i vigili del fuoco stanno allestendo a Manduria e dove dovrebbero essere inviate inizialmente circa 500 persone, ma che potrebbe poi essere ampliato fino a ospitarne 3-4.000. Sono invece stati sospesi i trasferimenti dei richiedenti asilo a Mineo. 25 marzo • tendopoli – Manduria • Sono iniziati i lavori per spianare il terreno nell’area di un vecchio aeroporto militare abbandonato sulla strada che da Manduria conduce a Oria (Br), dove saranno issate 120 tende da sei posti ciascuna, per un totale di 720 letti. Il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, sarà nominato commissario per l’emergenza dei profughi, con potere di affidamento dei servizi e lavori a imprese di fiducia per la fornitura dei macchinari, del materiale e della manodopera necessaria. Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha annunciato che Manduria sarà il primo dei 13 nuovi Centri di Identificazione ed Espulsione provvisori che saranno allestiti in strutture militari dismesse per fare fronte all’esodo dei migranti provenienti dal Nord Africa. 25 marzo • reimpatri – Tunisia • I ministri dell’Interno e degli Esteri, Roberto Maroni e Franco Frattini, volati a Tunisi per incontrare il premier Beji Caid Essebsi e i colleghi Farhat Rashi (Interno), Mohammed Mouldi Kefi (Esteri) e Abdelhamed Triki (Cooperazione), hanno reso pubblici i termini dell’accordo negoziato con le autorità tunisine: l’Italia fornirà mezzi di mare e di terra, apparecchiature, addestramento alla polizia, fondi per il rilancio dell’economia, in cambio del blocco delle partenze verso Lampedusa e dell’avvio dei rimpatri dei circa 15.000 tunisini arrivati in Italia nei primi tre mesi del 2011. L’accordo con il precedente governo ne consentiva al massimo quattro al giorno, quota che l’Italia vuole assolutamente rinegoziare. 25 marzo • Frontex – Lampedusa • Il direttore esecutivo dell’Agenzia europea delle frontiere, Ilkka Laitinen, ha comunicato che la missione a Lampedusa di Frontex, che doveva terminare il 31 marzo, è stata estesa per altri cinque mesi. È stato inoltre deciso di includere nell’area di operazione anche la Sardegna, dove sono stati dispiegati assetti aerei. Altri due aerei sono stati assegnati a Pantelleria e in Sardegna per assistere le autorità italiane nei pattugliamenti marittimi. Secondo i dati di Frontex, durante l’ultima settimana trascorsa sono arrivate a Lampedusa 3.230 persone; mentre sono 9.098 quelle sbarcate sull’isola dal 20 febbraio, data di inizio della missione. Fra di loro 52 donne e oltre 240 minori. I costi dei primi 40 giorni della missione sono stati di 2,6 milioni di euro. 26 marzo • approdi – Lampedusa • Nonostante gli accordi appena siglati dal governo italiano con la Tunisia per frenare le partenze dei barconi (vedi 25 marzo), a Lampedusa proseguono intensamente gli arrivi di migranti. In giornata sono arrivate circa 1.000 persone a bordo di una decina di imbarcazioni, a fronte di 400 trasferimenti con ponti aerei a Bari, Foggia e Crotone. Un barcone con 330 profughi partiti dalla Libia, dopo una traversata di tre giorni, è stato condotto a Lampedusa. Durante il viaggio, una donna etiope ha partorito un bambino. Un’altra partoriente è stata soccorsa sulla stessa barca e portata nell’isola in elicottero, come la sua compagna di viaggio, ma il bimbo le era già morto in grembo. Tra partenze e nuovi arrivi, a Lampedusa a questo punto ci sono oltre 4.000 migranti e in nottata si rischia di superare di nuovo quota 5.000. Circa 2.500 sono accampati in strada, dove gli stessi migranti hanno allestito tende di fortuna. Nel Centro di accoglienza ci sono invece circa 900 persone, un altro centinaio si trova nella Casa delle fraternità, mentre circa 70 hanno

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trovato posto nell’Area marina protetta. Un centinaio di minori sono stati sistemati nell’ex base Loran dell’Aereonautica militare, riaperta appositamente. 26 marzo • minori – Lampedusa • È aperta dalla mattina a Lampedusa, nella ex base Loran dell’Aeronautica militare, la struttura che potrà ospitare fino a 189 immigranti minorenni; 96, tra cui due ragazze, quelli già trasferiti. Il Centro risulta presidiato dalle forze dell’ordine, mentre lungo l’intera recinzione è stato deposto filo spinato. Il fatto ha destato perplessità e proteste. L’unità di crisi per l’emergenza umanitaria a Lampedusa, che ha disposto i lavori di ristrutturazione dell’ex base, ha precisato che il filo spinato utilizzato come recinzione non è per i minori ospiti della struttura ma serve per motivi di sicurezza. 26 marzo • naufragio – arresti • La polizia tunisina ha arrestato tre persone con l’accusa di avere organizzato, da Zarzis, il viaggio verso l’Italia di un gruppo di migranti, conclusosi sette giorni prima con il naufragio del barcone e la probabile morte di tre immigrati, ancora dispersi, mentre 46 erano riusciti a salvarsi. 27 marzo • tendopoli – Manduria • Nella tendopoli di Manduria sono arrivati i primi 500 immigrati, tutti giovani uomini tunisini, provenienti da Lampedusa. Malgrado l’imponente presenza di forze dell’ordine, un numero consistente, forse un centinaio, risulta fuggito, avendo scavalcato una recinzione metallica alta un paio di metri,. Alcuni residenti nelle zone vicine alla tendopoli hanno protestato contro le autorità, bloccando anche il traffico automobilistico lungo la strada che da Manduria porta a Oria. Al momento nell’area già recintata sono state montate 120 tende da otto posti ciascuna, per una capienza di oltre 900 letti. Ma l’area occupata copre un quarto di quella disponibile nell’ex aeroporto. Secondo alcune fonti,vi sarebbero altre 300 tende in arrivo: si porterebbe così la capienza a oltre 3.000 persone. 27 marzo • approdi – Lampedusa • Sono 5.486 i migranti presenti a Lampedusa dopo gli sbarchi delle ultime 24 ore. In base ai dati ufficiali dell’unità di crisi, risulta che dal primo gennaio sono sbarcati a Lampedusa complessivamente 18.501 migranti: nello stesso periodo del 2010 erano giunti in 27. Solo nelle ultime 24 ore nelle Pelagie sono approdati 1.700 extracomunitari, tra cui 284 (80 le donne e 12 i minori) profughi eritrei ed etiopi che si trovavano su un barcone proveniente dalla Libia; solo 1.000 quelli nel frattempo trasferiti fuori dall’isola. Altri barconi, alcuni dei quali partiti dalla Libia, potrebbero arrivare in serata. 28 marzo • Ventimiglia – Francia • Da metà febbraio a oggi i respingimenti alla frontiera sono stati 471: 35 gli accompagnamenti ai CIE, 8 quelli in frontiera, 174 le espulsioni e 159 gli ordini di allontanamento del questore. Una decina i “passeur” arrestati. Sono i numeri della crisi, al confine ligure tra Italia e Francia, forniti nel corso di una riunione del Comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza, che sì è riunito negli uffici della Prefettura di Imperia, alla presenza del sottosegretario all’Interno Sonia Viale. 28 marzo • proteste – Lampedusa • Mentre si accende lo scontro politico sulle misure per l’emergenza immigrazione a Lampedusa, dove ci sono oltre 5.000 tunisini (in giornata sono stati 700 gli arrivi, 250 le partenze) si accende anche una protesta da parte di residenti, in particolare donne, che hanno bloccato le strade e poi l’imboccatura del porto. 29 marzo • approdi – Lampedusa • Nella notte sono giunti sull’isola 454 migranti. I primi 190, per lo più eritrei, sono sbarcati poco prima della mezzanotte. Con un secondo barcone sono poi arrivati 149 tunisini, mentre altri 115 sono stati soccorsi da due guardacoste e condotti in porto alle 3.25.

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29 marzo • approdi – Lampedusa • Sono 5.534 i migranti presenti a Lampedusa. In giornata ne sono giunti 388. Il numero tiene conto di arrivi e partenze per trasferimenti fuori dall’isola avvenuti nella notte, quando si è arrivati a un picco di 5.973 stranieri presenti nell’isola. 30 marzo • dimissioni – Manduria • Dopo la notizia data dal presidente del Consiglio Berlusconi che la prima nave passeggeri utilizzata per sfollare Lampedusa avrebbe portato altri 1.400 tunisini a Taranto e poi a Manduria, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha dato le dimissioni. Nei giorni precedenti, Mantovano era andato in Puglia, su mandato del ministro Maroni, per rassicurare cittadini e istituzioni locali che la tendopoli in allestimento non avrebbe ospitato più di 1.500 immigrati. Per lo stesso motivo, si è dimesso anche il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino. 30 marzo • governo – enti locali • Governo, Regioni ed enti locali hanno reso noto di aver sottoscritto un’intesa che prevede la distribuzione su tutto il territorio nazionale dei profughi. Il ministro Fitto ha spiegato che l’accordo prevede la creazione di una cabina di regia che sarà gestita dal governo, insieme a Regioni e autonomie locali, con il compito di individuare «soluzioni in tutte le Regioni, a eccezione dell’Abruzzo», capaci di ospitare sino a 50.000 immigrati. Critica la valutazione di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «l’accordo raggiunto con il governo riguarda i profughi. Le Regioni non hanno condiviso invece le questioni relative alle tendopoli per gli immigrati irregolari: quella è una scelta unilaterale del governo». 30 marzo • governo – Lampedusa • In visita a Lampedusa, in un comizio davanti al Municipio, il premier Berlusconi ha annunciato il Piano del governo per affrontare la situazione: l’isola «sarà svuotata il 48-60 ore. Il piano di liberazione è scattato a mezzanotte». Non appena giunti i migranti dovranno essere reimbarcati sulle navi con destinazione Tunisia o altri centri dell’Italia. 31 marzo • proteste – Trapani • Circa 1.500 persone hanno partecipando a una protesta contro la tendopoli di Kinisia, nei pressi dell’aeroporto di Trapani Birgi, destinata a ospitare tra 500 e 700 migranti provenienti da Lampedusa. I residenti hanno chiesto di incontrare il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo. 31 marzo • naufragi – Lampedusa • Si sono diffuse voci, ritenute credibili, circa l’ipotesi di un naufragio nel Canale di Sicilia. La notizia è stata riferita la sera precedente da alcuni degli 11 sopravvissuti, arrivati stremati nell’isola e condotti nel poliambulatorio. La tragedia avrebbe coinvolto sette persone, tra le quali una donna incinta e un bambino, figlio della migrante. Tutto questo mentre cresce la preoccupazione per 400 migranti, partiti dalla Libia su due imbarcazioni, di cui non si hanno più notizie da diversi giorni. 31 marzo • trasferimenti – Lampedusa • Proseguono le operazioni di trasferimento dei tunisini. Due navi, la Catania (600 a bordo) e la Excelsior (1.710) sono partite alla volta di Taranto, da lì i migranti saranno portati nella tendopoli di Manduria. Sarebbe dovuta partire anche una terza nave, la Clodia (con 2.000 passeggeri), ma le condizioni del mare hanno consigliato un rinvio; fatto che ha provocato la protesta di centinaia di immigrati, che hanno improvvisato un corteo. Dopo l’apertura di Manduria, i prossimi campi allestiti saranno quelli di Trapani Kinisia (700 posti), Caltanissetta (500), Potenza (500), Santa Maria Capua Vetere (800) e i dieci siti toscani (500 posti), Ventimiglia (100). Per il governo, restano dunque da trovare velocemente altre aree dove sistemare le 3.931 persone ancora a Lampedusa. Mille tende sono state chieste alla

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Protezione civile (per complessivi 8.000 posti). Nell’elenco dei siti ritenuti disponibili ci sono Castano Primo (Milano) e l’Arena Rock di Torino. APRILE 2011 1° aprile • accoglienza – Chiesa • Il segretario generale della CEI, monsignor Mariano Crociata, ha annunciato che la Chiesa italiana - attraverso le strutture della Caritas - mette a disposizione 2.500 posti distribuiti in 93 diocesi per accogliere gli immigrati che dal Nord Africa stanno sbarcando sulle coste italiane. 1° aprile • naufragi – Sicilia • La Guardia costiera ha recuperato il cadavere di un giovane extracomunitario a Pozzallo (Ragusa), dove nei giorni scorsi erano sbarcati circa 500 immigrati, tra cui donne e bambini. Il loro barcone si era incagliato a 50 metri dalla riva e alcuni migranti l’avevano raggiunta a nuoto. 1° aprile • respingimenti – Francia • La Commissaria dell’Unione Europea Cecilia Malmstrom, in visita nel campi profughi al confine tra Libia e Tunisia, è intervenuta sul crescente contenzioso italo-francese e in generale sulla situazione immigrazione dal punto di vista dell’Europa, assicurando che l’Unione è pronta a fare di più per aiutare l’Italia. Secondo Malmstrom, la Francia dovrebbe evitare i respingimenti verso l’Italia su una frontiera che è stata cancellata da Schengen. I controlli alle frontiere interne si possono fare solo se vi è una seria minaccia alla sicurezza pubblica, «ma al momento non è questo il caso». 1° aprile • Ventimiglia – Francia • Il prefetto Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell’immigrazione, ha rassicurato sul fatto che «a Ventimiglia non c’è emergenza», nonostante molti di coloro che fuggono dal sud e in particolare da Manduria, arrivino lì – dove è stato ieri aperto un Centro di accoglienza temporanea – per tentare l’ingresso in Francia. Ronconi ha spiegato che «Italia e Francia dovranno attenersi scrupolosamente agli accordi (bilaterali, ndr) di Chambery», assicurando che i cittadini irregolari saranno espulsi dal territorio. 1° aprile • approdi – Lampedusa • Nessuno sbarco o avvistamento, ed è dunque rimasto immutato il numero di stranieri nell’isola: 3.931, in gran parte costretti a dormire all’addiaccio e in condizioni di estremo disagio, tanto che i rappresentanti di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere denunciano condizioni igienico-sanitarie al di sotto degli standard umanitari. 1° aprile • tendopoli –Manduria • Dopo l’arrivo di 1.716 persone con la nave Excelsior, secondo i dati forniti dalle forze dell’ordine, gli immigrati presenti nel campo di Manduria sono 1.700: nel frattempo, infatti, molti sono fuggiti, il che rende incerte le cifre. Al campo erano stati inizialmente assegnati 2.700 immigrati, ma 600 di loro, date le tensioni, sono stati dirottati a un altro Centro a Potenza. Alla tendopoli, ufficialmente qualificata come Centro di Accoglienza e Identificazione (CAI), è stato vietato l’ingresso ai giornalisti, mentre è stato intensificato il controllo del territorio e rafforzato il presidio militare: agli uomini delle forze dell’ordine già presenti si sono aggiunte 120 unità, tra polizia e carabinieri, più 20 uomini del corpo forestale e sei unità a cavallo. 1° aprile • governo – regioni ed enti locali • Si è tenuta a Palazzo Chigi la prima riunione della cabina di regia costituita per affrontare l’emergenza (vedi 30 marzo). Presenti, oltre al premier e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, i ministri Roberto Maroni, Ignazio La Russa e Raffaele Fitto, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, con altri governatori ed esponenti di UPI e ANCI. Berlusconi ha esposto le intenzioni

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del governo: bloccare o almeno frenare gli arrivi di migranti, grazie al blocco delle partenze che spera di ottenere dalle autorità tunisine; rimpatriare almeno 100 tunisini al giorno; distribuire tra le regioni i 22.000 migranti sinora arrivati, per sistemarli in tendopoli in attesa di essere rimpatriati. Protezione civile e vigili del fuoco hanno messo a disposizione tende sufficienti a ospitare 16-20.000 persone. Critici i rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, secondo i quali le tendopoli sono ingestibili (come starebbe dimostrando Manduria). Se non dovessero esserci novità, lo strumento per gestire l’emergenza potrebbe diventare quello suggerito dalle Regioni e respinto da Maroni: l’articolo 20 del testo unico sull’immigrazione, con la concessione del permesso temporaneo ai tunisini che chiedono il ricongiungimento familiare. In questo modo potrebbero circolare liberamente nell’area Schengen e andare nei Paesi preferiti, come Francia e Germania. 2 aprile • tendopoli – Manduria • Fughe, proteste, manifestazioni: ancora numerosi gli episodi di tensione all’interno e all’esterno della tendopoli di Manduria, il cui accesso è stato vietato a tutti. Molte delle proteste originano dalle condizioni disumane in cui vengono tenute le centinaia di immigrati: assenza di servizi igienici, pasti consumati in terra, disfunzioni di ogni genere. Due tunisini sono stati ricoverati nell’ospedale di Manduria per ferite di vario tipo; hanno riferito ai medici di essere stati picchiati da poliziotti. 2 aprile • proteste – Lampedusa • Il Maestrale continua a rendere impraticabile il programma di svuotamento dell’isola promesso dal Berlusconi, mentre crescono tensioni e momenti di scontro tra forze dell’ordine e immigrati, costretti all’addiaccio, in condizioni disumane. Per stemperare le tensioni sono cominciati gli imbarchi sulla nave militare San Marco, in rada da giorni, che può trasportare 500 passeggeri. Le tre navi che raggiungeranno Lampedusa l’indomani e “La Superba”, già in rada davanti al porto, potranno portare via i circa 3.400 rimasti. Le destinazioni sono state già decise: Trapani, Catania, Napoli e Livorno. Si annunciano comunque nuovi arrivi: un barcone è già stato avvistato a 50 miglia da Lampedusa, mentre 92 tunisini sono sbarcati nell’isola di Favignana, nelle Egadi. 2 aprile • proteste – Ventimiglia • Un centinaio di migranti, provenienti dai CIE di Lampedusa e della Puglia e che da giorni cercano inutilmente di entrare in Francia, ha manifestato a Ventimiglia assieme ad attivisti di associazioni e di gruppi antirazzisti. Gli immigrati chiedono di potersi allontanare per raggiungere le loro mete, per lo più fuori dall’Italia, e potersi così ricongiungere, nella maggior parte dei casi, con i loro parenti. Secondo le associazioni, la strada giusta e necessaria è quella di concedere permessi temporanei che diano la possibilità di circolare liberamente nell’area Schengen. 2 aprile • tendopoli – Potenza • È in funzione la tendopoli a Palazzo San Gervasio (Pz), dove ai primi 483 immigrati se ne sono oggi aggiunti un’altra dozzina, che erano fuggiti da Manduria. Il cancello del campo, gestito dalla Croce Rossa, si era aperto la notte scorsa per l’arrivo di dieci pullman con i primi immigrati, quasi tutti tunisini. 2 aprile • respingimenti – Francia • Il ministro dell’Interno francese, Claude Gueant, ha inviato una lettera al commissario UE all’Immigrazione, Cecilia Malmstrom, per sostenere che il respingimento degli immigrati provenienti dall’Italia da parte delle autorità francesi è conforme alle norme europee e coerente con il Trattato franco-italiano di Chambery del 3 ottobre 1997. Il ministro francese si dice «stupito» per le posizioni a riguardo espresse ieri da Malmstrom (vedi 1° aprile).

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2 aprile • proteste – Milano • Una decina di militanti di Forza Nuova ha effettuato un’azione di disturbo per contestare un presidio davanti al consolato tunisino di Milano, organizzato dalla Lega Nord. Il gruppo estremista di destra ha contestato alla Lega, che esprime il ministro dell’Interno, la responsabilità dei «20.000 immigrati in giro per l’Italia». 3 aprile • approdi – Lampedusa • 600 migranti sono arrivati a Lampedusa, mentre prende ritmo la macchina dei trasferimenti: in due giorni sono state 3.600 le persone spostate in altre aree. Si sono così stemperate le tensioni cresciute negli ultimi giorni, dopo che da due settimane molti erano costretti all’addiaccio in condizioni di estremo disagio. A fine giornata le presenze sull’isola sono ridotte a meno di mille unità. 3 aprile • tendopoli – Manduria • Circa 300 migranti sono scappati dalla tendopoli di Manduria. Più che fughe, in realtà, si tratta di forme di protesta, dato che in gran parte sono successivamente rientrati nel campo, la cui area risulta sempre più militarizzata; il sistema di vigilanza è stato rinforzato dall’arrivo di un centinaio di uomini. Gli stranieri presenti, al momento, sono circa 1.300. 3 aprile • naufragi – Libia • Una settantina di profughi che stavano cercando di fuggire dalla guerra in corso in Libia sarebbero morti durante la traversata verso le coste italiane. La notizia è arrivata da un gesuita responsabile del servizio per i rifugiati a Malta, padre Joseph Cassar. I cadaveri dei migranti, una settantina in tutto, sarebbero stati recuperati in mare il 31 marzo davanti alle coste libiche. Le autorità li avrebbero fatto seppellire senza procedere alla loro identificazione. Le vittime potrebbero far parte del gruppo di 68 profughi, in gran parte somali ed eritrei, partito su un gommone dalle coste libiche e di cui non si avevano più notizie dal 25 marzo. A dare l’allarme era stato un altro sacerdote, don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habesha, che come padre Joseph si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. Il religioso aveva ricevuto una richiesta d’aiuto lanciata attraverso un telefono satellitare dagli immigrati, che avevano detto di trovarsi in difficoltà, senza viveri e con poco carburante. Un altro barcone con 335 persone a bordo risulta disperso da due settimane. L’agenzia Habesha e l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati hanno sollecitato le autorità italiane e la NATO a intensificare le ricerche nel Mediterraneo. 3 aprile • CGIL – Lampedusa • La CGIL ha istituito a Lampedusa un centro di ascolto e informazioni per i migranti. 3 aprile • proteste – Lampedusa • Un gruppo di stranieri minorenni ospitati nella Casa della Fraternità di Lampedusa ha dato vita a forme di protesta e danneggiamenti. Sempre per protestare contro le condizioni di vita definite insostenibili e per i mancati trasferimenti, uno dei giovani si è procurato tagli in diverse parti del corpo con un pezzo di vetro. Sono 70, tra cui due ragazze, i minori che hanno invece lasciato in mattinata Lampedusa con una nave diretta a Porto Empedocle, per essere poi smistati ad altre strutture; 50 di loro erano alloggiati nella ex base militare Loran, dove ne restano un centinaio; 20 si trovavano nel centro parrocchiale La Fraternità, dove ne restano 36, che hanno poi dato vita alla protesta. Sull’isola rimangono in totale 291 minori, undici dei quali arrivati in mattinata in due distinti sbarchi. Si tratta in genere di ragazzi non accompagnati; l’età più bassa è 12 anni e la metà di loro non è stata ancora identificata. 4 aprile • tendopoli – Caltanissetta • Circa 600 immigrati trasferiti da Lampedusa sono arrivati a Caltanissetta nella tendopoli realizzata nei pressi del Centro di accoglienza di Pian del lago. La

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struttura è stata completata in appena sei giorni con l’allestimento di 70 tende. Complessivamente, sono un migliaio i migranti alloggiati a Pian del lago: oltre ai 600 appena giunti, altri 400 sono profughi che hanno presentato domanda d’asilo. Da alcuni giorni il campo è isolato da una recinzione metallica alta quattro metri e da un muro di cemento di altri cinque metri. Le forze dell’ordine che presidiano la struttura hanno potenziato l’organico di un centinaio di unità e anche la polizia municipale è stata incaricata dal Comune di perlustrare il territorio. 4 aprile • trasferimenti – Toscana • È giunto in Toscana un gruppo di 300 migranti trasferiti da Lampedusa. La Regione, che ha rifiutato il “modello tendopoli” proposto dal governo, ha programmato di dare ospitalità ai migranti in arrivo in una dozzina di strutture disseminate in diverse città della Regione. 4 aprile • approdi – Lampedusa • Dopo l’arrivo di 210 migranti alle due di notte, si sono verificati altri due sbarchi, il primo di 40 e il secondo di 62 persone. Altri due barconi sono però già stati avvistati al largo dell’isola, dove ora vi sono circa 800 extracomunitari, compresi i circa 150 minori alloggiati nella base Loran e nel CPT. 4 aprile • accordi – Tunisia • Dopo l’incontro tra Berlusconi e il premier tunisino Béji Caid Essebsi, i tecnici del ministero dell’Interno sono rimasti a Tunisi per definire i termini dell’accordo, che non è ancora stato annunciato ufficialmente. L’obiettivo italiano è quello di bloccare le partenze ma anche di incentivare i rimpatri, a cominciare dai mille tunisini già identificati, e di programmare le partenze di altrettanti entro la fine della settimana. In cambio, l’Italia ha garantito addestramento e mezzi per le forze di polizia (una decina di motovedette, una cinquantina di jeep, apparecchi radar) per un valore di 75 milioni, oltre a linee di credito supplementari per circa 150 milioni che consentano di rilanciare le attività economiche. 4 aprile • direttiva – Europa • La Commissaria europea, Cecilia Malmstrom, intervenendo alla plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo, ha detto che se il flusso di sfollati dalla Libia dovesse crescere, «la Commissione sarà pronta a fare uso dei meccanismi previsti dalla direttiva del 2001 sulla protezione temporanea, per dare immediata protezione e accoglienza nel territorio degli Stati membri alle persone, per dare respiro ai sistemi nazionali di concessione dell’asilo e per promuovere la solidarietà volontaria tra gli Stati membri». 4 aprile • tendopoli – Caserta • Circa 480 profughi nordafricani trasferiti da Lampedusa sono arrivati alla ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (Ce), dove sono allestite 120 tende con otto posti ciascuna. Altri 500 profughi qui destinati sono in viaggio sulla nave “Excelsior”, il cui arrivo è atteso nei prossimi giorni a Napoli. 4 aprile • proteste – Potenza • Alcuni dei circa 500 immigrati ospitati nella tendopoli di Palazzo San Gervasio (Pz) stanno attuando uno sciopero della fame per sollecitare informazioni e certezze sui permessi temporanei di soggiorno. 4 aprile • appello – associazioni • Associazioni europee e magrebine insieme alla Rete Migreurop hanno diffuso un appello ai Paesi dell’Unione Europea nel quale viene chiesta una moratoria immediata dei rimpatri verso la Tunisia, accoglienza e protezione per tutti i migranti che arrivano dal Nord Africa in rivolta. 4 aprile • proteste – Pisa • Alcune decine di manifestanti contrari all’allestimento di un centro di accoglienza hanno bloccato il cantiere all’interno dell’ex ospedale ortopedico di Calambrone, destinato ad accogliere un centinaio di migranti provenienti da Lampedusa.

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4 aprile • proteste – Manduria • Un centinaio di immigrati tunisini alloggiati nella tendopoli di Manduria hanno trascorso la notte all’aperto per protesta per i ritardi nell’ottenimento di un eventuale permesso di soggiorno temporaneo e chiedendo asilo. Solo una parte degli immigrati ha fatto ritorno, poco prima dell’alba, nella tendopoli. 5 aprile • trasferimenti – Lazio • I primi migranti ospitati nel Lazio sono arrivati nella ex caserma dismessa De Carolis di Civitavecchia. Si tratta di 640 persone. Fuori dalla struttura, attivisti di associazioni hanno manifestato solidarietà agli stranieri, mentre residenti della zona hanno espresso intemperanze verbali contro l’insediamento. La presidente della Regione, Renata Polverini, e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, li hanno rassicurati sostenendo che si tratta di una sistemazione temporanea. 5 aprile • proteste – Toscana • Continuano gli episodi di intolleranza contro il centro predisposto per l’accoglienza di profughi Calambrone, sulla costa pisana: dopo i presidi dei giorni precedenti, durante la notte un raid ha messo fuori uso tubature e impianti predisposti nella struttura, rendendola inagibile. Di conseguenza, la Regione ha individuato altre due strutture nella stessa zona, una nel Parco di San Rossore e un’ex sede universitaria. 5 aprile • tendopoli – Manduria • Sono terminate le proteste, ma è sempre più isolata la tendopoli di Manduria. Nelle vicinanze della struttura è ora vietato in qualunque modo manifestare e nessuno (giornalisti, associazioni, parlamentari) è autorizzato a entrare. Oggi è stato impedito l’ingresso a Betty Williams, premio Nobel per la pace nel 1976 per l’opera di mediazione svolta per porre fine alla guerra civile in Irlanda del Nord. Secondo il prefetto vicario, Michele Campanaro, ciò avviene a causa di una circolare del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Il prefetto di Taranto, Carmela Pagano, con un’ordinanza ha proibito qualsiasi manifestazione, presidio e volantinaggio nella zona. Nella tendopoli, intanto, è salito a 827 il numero degli immigrati che hanno fatto istanza per avviare l’iter teso all’ottenimento dell’asilo politico o di un permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari. 5 aprile • accordo – Tunisia • Sono stati definiti i termini dell’accordo tecnico raggiunto a Tunisi, dopo un lungo negoziato, dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e dal suo collega Habib Essid (vedi 4 aprile). Vi saranno solo procedure semplificate per i rimpatri, ma senza liste e tempi programmati. In compenso, la Tunisia si impegna a rafforzare i controlli per evitare nuove partenze. A questo scopo, l’accordo prevede la donazione alla Tunisia di sei motovedette, quattro pattugliatori e un centinaio di fuoristrada per le forze di polizia. 5 aprile • trasferimenti – Lampedusa • «In 48-60 ore l’isola sarà abitata soltanto dai lampedusani» aveva promesso il premier Berlusconi nella sua visita del 30 marzo. Ma a sei giorni di distanza sull’isola ci sono ancora 1.300 migranti, compresi 171 minori. Di questi, un migliaio sono arrivati nelle ultime 24 ore, in otto sbarchi, mentre un altro centinaio di migranti è approdato a Licata, in provincia di Agrigento. 5 aprile • relazione – Parlamento Europeo • Il Parlamento Europeo ha approvato in seduta plenaria la relazione del leghista Fiorello Provera. Il testo, ha osservato Provera, non è legato strettamente all’emergenza di Lampedusa, ma è frutto di «uno studio lungo un anno», arrivato in Aula in questo momento solo per coincidenza. Il documento, che richiama anche il principio del non respingimento, punta a sollecitare una diversa politica estera dell’Unione Europea per costruire le condizioni che prevengano il fenomeno. Ma ove si presentassero situazioni di

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emergenza e ondate migratorie, l’Europa deve ripartire tra i diversi Paesi il peso dei rifugiati, come previsto dal Trattato di Lisbona, anche utilizzando in casi estremi strumenti legislativi come la direttiva 55 del 2001 che consente la protezione temporanea di massa per chi fugge da una zona di guerra. 5 aprile • rifugiati – numeri • In un’audizione alla Commissione Affari Esteri della Camera, la portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, ha affermato che i tunisini che hanno fatto domanda di asilo in Italia «sono una minoranza esigua», ricordando che in Italia «non ci sono mai state 40.000 domande di asilo» in un anno. Secondo Boldrini, il numero maggiore si è avuto nel 2008 con 31.000 domande, di cui accolte solo la metà. Sono invece 22.267 le persone arrivate in Italia via mare dall’inizio dell’anno, in larga maggioranza tunisini che hanno lasciato il Paese “per motivi economici”, 1.864 sono invece giunti dalla Libia. 6 aprile • governo – enti locali • Si è riunita oggi a Palazzo Chigi la cabina di regia istituita tra governo, Regioni ed enti locali. Silvio Berlusconi e il ministro dell’Interno Roberto Maroni, hanno illustrato i contenuti dell’accordo con Tunisi (vedi 4 e 5 aprile). Elemento saliente, e negativo per la strategia seguita dal governo italiano, è che la Tunisia ha ribadito l’impossibilità di raggiungere un accordo per il rimpatrio collettivo, rimarcando altresì l’intenzione di preservare il principio di sovranità nazionale. Inevitabilmente, a questo punto, ha preso quota l’ipotesi di concedere lo status di protezione temporanea a quanti sono già giunti in Italia. L’accordo definito tra governo ed enti locali prevede il blocco delle tendopoli e la loro sostituzione con piccoli insediamenti di immigrati distribuiti in tutta Italia, con il coinvolgimento in prima battuta della Protezione civile, insieme alle Regioni e agli enti locali. Il governo si impegna a presentare il Piano per l’accoglienza distribuita dei profughi entro 10 giorni. Sono 25.800 le persone sbarcate finora, di cui 2.300 in fuga dalla Libia. 6 aprile • naufragi – Lampedusa • Nel corso della notte, circa 250 migranti, per lo più di nazionalità eritrea e somala, sono caduti in mare a circa 39 miglia da Lampedusa, mentre venivano soccorsi. La barca, carica di almeno 300 profughi partiti dal porto libico di Zuwarah, aveva chiesto soccorso attraverso un telefono satellitare alle autorità maltesi, che hanno successivamente allertato quelle italiane. Due motovedette della Guardia costiera e un elicottero della Guardia di finanza, verso le due del mattino, hanno intercettato l’imbarcazione alla deriva, ma durante le operazioni di trasbordo, a causa del mare agitato e dello squilibrio del carico, la barca si è rovesciata. Solo 50 sono stati salvati, altre tre sono stati ripescati da un peschereccio, mentre almeno 250 risultano dispersi, senza speranze di ritrovarli vivi. Il naufragio, per gravità, è secondo – quanto meno di quelli noti – soltanto a quello capitato la notte di Natale del 1996 a Porto Palo, nel Ragusano, quando morirono 283 migranti. 6 aprile • approdi – Lampedusa • Un barcone con 104 persone a bordo, proveniente dalle coste tunisine, è giunto a Lampedusa poco dopo la mezzanotte. Sono 1.447 i migranti presenti a Lampedusa, compresi i sopravvissuti al naufragio dell’imbarcazione proveniente dalla Libia. Sono stati trasferiti in altre strutture anche i 212 minori che fino alla mattina si trovavano sull’isola, in buona parte destinati a una tensostruttura di Porto Empedocle. 6 aprile • trasferimenti – Molise • Sono arrivati durante la notte a Campochiaro (Cb) i circa 200 migranti trasferiti da Lampedusa. Sono stati tutti alloggiati in una tendopoli attrezzata dalla

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Protezione civile e dai Vigili del fuoco. 6 aprile • trasferimenti – Sardegna • È giunta a Cagliari la nave che ha trasferito da Lampedusa 700 tunisini, destinati a una struttura dell’aeronautica militare. 6 aprile • trasferimenti – Toscana • Si è concluso lo sbarco di altri 200 migranti destinati ai centri d’accoglienza toscani e che verranno distribuiti in dieci località: Stia (Ar), Barberino del Mugello e Sesto Fiorentino, Villa Pieragnoli a Firenze, San Vincenzo (Li), Capannori (Lu), San Rossore e San Piero a Grado (Pi), Santa Croce sull’Arno (Pi) e Sovicille (Si). 6 aprile • approdi – Pantelleria • Ventuno immigrati sono sbarcati in serata sull’isola di Pantelleria. Non è stata trovata l’imbarcazione con cui sono giunti. 7 aprile • decreto – permesso temporaneo • Come previsto, il premier Silvio Berlusconi ha firmato oggi il decreto che assegna il permesso di soggiorno temporaneo per sei mesi ai migranti arrivati a Lampedusa dall’inizio dell’anno. Ciò consentirà loro di circolare liberamente nell’area Schengen e dunque di andare verso la Francia, com’è nei desideri di molti. Sarà il nuovo commissario straordinario, il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, a gestire d’intesa con le Regioni le sistemazioni per i tunisini col permesso e per i profughi in arrivo dalla Libia. Un effetto del cambio di strategia è il ritiro delle dimissioni del sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, in disaccordo con le scelte sulla tendopoli di Manduria. 7 aprile • rimpatri – Tunisia • Una trentina di migranti sono stati trasferiti con un volo da Lampedusa a Tunisi. Si tratta del primo rimpatrio dopo la firma dell’accordo italo-tunisino. I tunisini rimpatriati avrebbero tutti dei precedenti penali; sarebbero state le stesse autorità tunisine a fornire, nell’ambito dell’accordo sottoscritto, l’elenco di chi aveva precedenti con la giustizia. 7 aprile • naufragi – Camera • La Camera ha osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime del barcone di immigrati che si è rovesciata nelle acque del Mediterraneo, su richiesta del presidente Gianfranco Fini, che ha spiegato: «si tratta di un tragico episodio che ha scosso in modo crudo le coscienze del Paese, nel dramma di persone costrette a emigrare e a scappare dalla guerra e dalla povertà». 7 aprile • permessi – Francia • La Francia ha già reagito al decreto italiano con il quale viene riconosciuto ai migranti giunti dalla Tunisia un permesso provvisorio. Il ministero dell’Interno francese ha infatti trasmesso a tutti i prefetti una circolare in cui ricorda cinque regole molto rigide per l’ingresso in Francia da un Paese terzo membro dello spazio Schengen: gli immigrati provenienti da un Paese Schengen «possono effettuare in Francia soggiorni che non superino i tre mesi», ma debbono però essere in possesso «di un documento di soggiorno valido emesso da uno Stato membro dello spazio Schengen e del proprio passaporto», oppure «di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno valida, emessa da uno Stato membro, accompagnata da un documento di viaggio emesso dallo stesso Stato membro». Il ministero francese precisa che «in ognuna di queste ipotesi, questi titoli di soggiorno e autorizzazioni provvisorie di soggiorno sono accettabili soltanto se notificate alla Commissione europea dallo stato che li ha emessi». Inoltre, gli stranieri interessati devono «giustificare di avere risorse sufficienti» e di «non rappresentare con la loro presenza in Francia una minaccia per l’ordine pubblico». 8 aprile • salute – documento • Secondo un documento preparato dal centro di Epidemiologia delle malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, lo stato di salute degli immigrati nordafricani arrivati in Italia, principalmente a Lampedusa, è buono, risultano vaccinati per

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morbillo, poliomielite, epatite B, bacillo di Calmette-Guerin (BCG) e TBC. 8 aprile • approdi – Bari • Nel rimorchio di un TIR nel porto di Bari e proveniente dalla Grecia sono stati scoperti 34 afghani, quattro pachistani, un iraniano e un iracheno, che sono stati poi riportati nello Stato di provenienza mentre il conducente dell’automezzo, un bulgaro, è stato arrestato. Altri quattro afghani sono stati trovati in un container a Brindisi, arrivato con una nave traghetto proveniente dalla Grecia. I quattro sono stati ricoverati, poiché trovati disidratati e in cattive condizioni di salute. 8 aprile • permessi – Germania • La Germania si è schierata con la Francia, all’indomani del decreto dell’Italia sui permessi temporanei per i migranti giunti dal Nord Africa. Le autorità tedesche hanno definito la decisione del governo italiano contraria allo spirito di Schengen. La Germania ricorda, a proposito del principio dell’equa distribuzione delle responsabilità, che nel 2010 l’Italia ha dato asilo solo a 6.520 richiedenti, contro i 41.000 della Germania e i 47.630 della Francia. Nel frattempo, un timido riavvicinamento sembra esservi tra il ministro dell’Interno italiano Roberto Maroni e quello francese Claude Gueant, che si sono accordati su una task force comune per i pattugliamenti aereo-navali davanti alle coste tunisine. 8 aprile • approdi – Lampedusa • Proprio alla vigilia della quota zero di immigrati presenti sull’isola (ve ne erano ancora solo 72 in attesa di rimpatrio in Tunisia) e dell’arrivo del premier Berlusconi, sono ripresi in grandi dimensioni gli arrivi di migranti. Prima addirittura una nave, con 535 eritrei, etiopi e somali fuggiti dalla Libia, compresi 40 bambini, poi altre tre imbarcazioni partite dalla Tunisia, nonostante l’accordo italo-tunisino per un maggior controllo delle coste, con una cinquantina di persone ciascuna, attraccate due a Lampedusa e una a Pantelleria. Dal canto suo, il ministro dell’Interno maltese Carmelo Mifsud Bonnici ha accusato l’Italia di non rispettare gli obblighi umanitari, avendo impedito a motovedette maltesi con a bordo 170 profughi libici di arrivare a Lampedusa. Secondo il ministro, gli immigrati, soccorsi dai maltesi al largo di Lampedusa, dovevano essere portati al porto più vicino e sicuro, in base a quanto previsto dalle leggi internazionali. Un barcone con a bordo un centinaio di immigrati è stato invece intercettato nel mare Jonio, a largo della costa calabrese, e condotto fino al porto di Roccella Jonica. 9 aprile • proteste – Francia • Alcune decine di persone hanno manifestato a Mentone, in Francia, contro i respingimenti alla frontiera degli immigrati, tenendo poi un presidio alla stazione di Ventimiglia. 9 aprile • governo – Lampedusa • Dieci giorni dopo la prima visita, il premier Berlusconi è tornato a Lampedusa. Gli arrivi di migranti continuano: in giornata sono arrivate 650 persone su sette imbarcazioni, il giorno prima 700, mentre altre 60 sono approdate a Pantelleria. Rinnovando le promesse già fatte per l’isola, il presidente del Consiglio ha chiamato in causa l’Europa, che «non può sottrarsi a un’emergenza storica». Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da Budapest dove partecipa a un vertice informale con altri otto capi di Stato, invita ad «affrontare nuove e complesse sfide con spirito europeo, evitando meschinità nazionali e illusioni di autosufficienza». 10 aprile • proteste – Francia • Alcune decine di militanti di Forza Nuova hanno bloccato il traffico diretto in Francia presso il valico di Ponte San Ludovico, protestando contro l’arrivo degli immigrati e contro il rilascio dei permessi di soggiorno temporanei. Nell’occasione è stato aperto un grande striscione con la scritta: «Maroni e clandestini, fuori dalle palle». Al presidio

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ha preso parte anche una delegazione del Fronte Nazionale di Nizza e Marsiglia. 10 aprile • fughe – minori • Una ventina di extracomunitari, tutti minorenni, sono riusciti a fuggire dalla tensostruttura della Protezione civile allestita a Porto Empedocle e utilizzata come Centro temporaneo d’accoglienza, dopo il trasferimento da Lampedusa. Alcuni sono stati bloccati subito, ma di altri si sono perse le tracce. 10 aprile • approdi – Lampedusa • Un barcone, proveniente dalla Libia, con a bordo 229 migranti tra cui 23 donne e quattro neonati è arrivato sull’isola. Successivamente ne è giunto un altro, proveniente invece dalla Tunisia, con 147 persone, tra cui quattro donne. Con gli ultimi arrivi, gli stranieri presenti a Lampedusa sono circa 1.300. Quasi cinquecento sono profughi provenienti dai Paesi subsahariani, che saranno trasferiti nei centri di accoglienza sparsi nelle regioni italiane. Gli altri 800 sono invece tunisini, destinati a essere rimpatriati, il che sta facendo crescere le tensioni nel Centro di accoglienza, dove i giornalisti non possono entrare, ma da cui filtrano notizie di proteste e incidenti; qualche giorno prima si era sfiorata la rivolta, con una ventina di migranti che si erano feriti per non farsi portare via. 11 aprile • proteste – Lampedusa • Dopo il primo volo di rimpatrio in Tunisia di 30 persone, è scattata la rivolta dei mille tunisini ancora a Lampedusa e destinati alla stessa sorte (essendo arrivati in Italia dopo il 5 aprile, data del decreto che concedeva il permesso temporaneo di soggiorno). Vi sono state proteste sui tetti, rifiuto del cibo, materassi incendiati e fughe. Di fronte ai rischi di degenerazione della situazione, le autorità hanno deciso che circa 750 dei tunisini presenti verranno trasferiti sulla nave “Excelsior”, in rada da una settimana. Con quella raggiungeranno la penisola dove verranno smistati nei CIE e da lì rimpatriati. I 250 tunisini rimanenti saranno rimpatriati con i voli speciali: due al giorno, per un totale di 60 persone. A questi vanno aggiunti 35 minori non accompagnati, sempre tunisini, e circa 400 profughi arrivati dalla Libia. Anche per loro, attualmente ospitati nella base Loran, scatterà il trasferimento sulla terraferma. Intanto, nella notte sono arrivate 226 persone, mentre un peschereccio con 300 profughi subsahariani è arrivato a Licata. 11 aprile • Italia – Europa • È una sostanziale bocciatura del piano italiano quella uscita dall’incontro tra i ministri europei, tanto che Maroni ha dichiarato: «L’Italia è stata lasciata sola». È stato stabilito che i permessi rilasciati dall’Italia per motivi umanitari (vedi 7 aprile) non violano le regole di Schengen, ma quelle stesse regole autorizzeranno le polizie dei Paesi confinanti a rimandare in Italia tutti quelli che non hanno risorse economiche e la cui posizione non rispetta tutti i requisiti richiesti. Secondo la Commissaria europea per gli affari interni, Cecilia Malmstrom, i titolari dei permessi temporanei per circolare in Europa debbono comunque rispettare i requisiti previsti dal regolamento sull’accordo di Schengen. Il ministro dell’interno italiano, tuttavia, ha «approvato con riserva» il documento finale del Consiglio, per evitare il fallimento tecnico della riunione. 12 aprile • approdi – Lampedusa • Dopo 40 ore senza sbarchi, un barcone con a bordo una settantina di persone è arrivato nel porto di Lampedusa, dopo essere stato intercettato da un elicottero della Guardia di finanza a tre miglia dall’isola. 12 aprile • Italia – Europa • Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, ha giudicato positivamente la decisione di dare un permesso temporaneo a quanti sono arrivati nella penisola dall’Africa del Nord e ritiene fondate le critiche avanzate dalle autorità italiane nei confronti dell’Europa per mancanza di solidarietà reale. Hammarberg ha

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tuttavia riconosciuto come quei permessi non consentono automatismi: «Attualmente nell’area Schengen chi arriva a una frontiera con un permesso di soggiorno temporaneo deve dimostrare di possedere un passaporto e sufficienti mezzi economici per potersi sostenere, e non credo che tutte le persone arrivate dal Nord Africa possano farlo», dunque i migranti di fatto «non saranno liberi di circolare in Europa». Il commissario ha poi espresso dubbi sulla decisione di Francia e Italia di aumentare i pattugliamenti in mare, sottolineando che c’è il rischio di rimandare indietro persone che hanno diritto alla protezione internazionale. Una posizione critica è stata avanzata da Hammarberg anche sulla passata politica migratoria italiana. 12 aprile • naufragi – allarme • Laura Boldrini, portavoce dell’UNHCR, ha lanciato un allarme circa altri possibili naufragi: «Da due settimane, da quando è ripreso il flusso dalle coste libiche, 800 migranti mancano all’appello: oltre ai 250 morti nel naufragio dello scorso 6 aprile nel Canale di Sicilia, non si hanno notizie di 560 persone partite su tre barconi e mai arrivate a destinazione». 12 aprile • attentato – Genova • Un’esplosione e le fiamme causate da una bomba artigianale hanno colpito uno degli edifici individuati dal Comune di Genova per alloggiare gli immigrati in arrivo da Lampedusa. È l’epilogo di una giornata di tensione, che ha visto sfiorare la rissa in un consiglio comunale convocato sul tema dell’accoglienza dei migranti in città. 13 aprile • Italia – Romania • Il presidente della Romania, Traian Basescu, ha chiamato il premier italiano, Silvio Berlusconi, comunicando la disponibilità del suo Paese a ospitare 200 immigrati tunisini, come gesto di simbolica ma concreta solidarietà verso l’Italia. 13 aprile • proteste – Genova • A Genova, uno striscione con il simbolo stradale del pericolo e la scritta «Invasione» e un altro con la scritta «No Immigrati» firmati “Veneto Fronte Skinhead” sono comparsi davanti all’ex scuola Marco Polo, indicata dal Comune come uno dei Centri di accoglienza temporanea per gli stranieri, così come in quello dove il giorno prima è stata fatta esplodere una bomba. Secondo la Digos, i tre episodi non sarebbero però collegati fra loro, poiché nel caso della bomba c’è il sospetto che i responsabili siano alcuni residenti della zona. 13 aprile • naufragi – Pantelleria • Un barcone con 192 profughi subsahariani si è schiantato sugli scogli di Pantelleria. Nonostante i soccorsi, il bilancio parla di due donne morte e un disperso. L’incidente è avvenuto all’alba, quando il barcone, preceduto da una motovedetta della Guardia costiera, stava per approdare. I profughi hanno detto di esser partiti cinque giorni fa da Tripoli e di aver avuto problemi al motore fin dal primo giorno di navigazione. A fronte di oltre 28.000 migranti arrivati in Italia in poco più di tre mesi, sono almeno 800 (ma non ci sono cifre ufficiali, che potrebbero anche essere più alte) quelli morti nel Canale di Sicilia. 14 aprile • crisi libica • Il direttore dell’AISI, generale Giorgio Piccirillo, nel corso di un’audizione al Copasir, ha riferito che le informazioni dei servizi di sicurezza segnalano il rischio concreto di un’impennata delle partenze di persone in fuga dalla guerra in Libia. 14 aprile • governo – enti locali • Si registrano battute d’arresto per il Piano di accoglienza dei migranti che il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, sta definendo con il concerto di Regioni ed enti locali. Ai governatori è stata consegnata la bozza di ordinanza che prevede «l’equa e contestuale distribuzione dei cittadini extracomunitari fra tutte le Regioni», assegnando un primo stanziamento di 110 milioni di euro. Ma le reazioni non sono state positive. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha lamentato che «l’ordinanza non è

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chiara sul punto che riguarda i fondi». Anche il presidente dell’ANCI, Sergio Chiamparino, ha inviato una lettera a Gabrielli per manifestare la preoccupazione emersa fra i Comuni e chiedere l’esclusione delle spese per la gestione di questa emergenza dalle regole del patto di stabilità. 14 aprile • proteste – Campania • Attivisti di associazioni e di gruppi antirazzisti hanno manifestato davanti dell’ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, che alloggia in una tendopoli circa mille migranti, quasi tutti tunisini, sbarcati a Lampedusa nelle settimane precedenti. 14 aprile • protezione temporanea – Europa • L’assemblea del Consiglio d’Europa ha approvato con 85 voti a favore, 2 contrari e 9 astenuti un rapporto in cui si invitano tutti i 47 Stati membri a condividere la responsabilità degli sbarchi di migranti e profughi sulle coste sud dell’Europa, a partire da quelle di Lampedusa. Nel documento si chiede anche la sospensione dell’applicazione delle regole di Dublino – che impongono agli Stati europei di rinviare le persone nel Paese da cui sono partite per raggiungere l’Unione – e si sottolinea la necessità per l’Europa di investire massicciamente per aiutare l’economia e la nascita della democrazia nei Paesi del Nord Africa. 15 aprile • approdi – Lampedusa • Sono giunti nella notte a Lampedusa 46 migranti, provenienti dalla Tunisia. Altri 221, erano invece partiti dalla Libia, provenienti da diversi Paesi subsahariani come Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria. Questi ultimi, giunti fortunosamente sull’isola, hanno denunciato di non essere stati soccorsi da due navi militari della NATO che li hanno incrociati mentre erano in difficoltà nel Canale di Sicilia. Un racconto che coincide per molti versi con quello dei superstiti di un naufragio avvenuto nei giorni scorsi al largo delle coste libiche. Secondo le testimonianze raccolte telefonicamente da don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Habeshia, i naufraghi, aggrappati al relitto di un gommone, sarebbero stati avvistati da alcuni navi da guerra e da un elicottero senza essere soccorsi. Un episodio sul quale anche l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati ha chiesto di fare chiarezza. 15 aprile • proteste – Francia • Una cinquantina di manifestanti del Fronte Nazionale Francese delle Alpi Marittime hanno protestato a Ponte San Ludovico, alla frontiera con l’Italia, contro l’ingresso in Francia degli immigrati. 15 aprile • governo – enti locali • È stata firmata l’ordinanza sulle disposizioni urgenti per fronteggiare l’emergenza immigrazione. Per il Piano di accoglienza e sistemazione degli extracomunitari arrivati vengono assegnati al Fondo della protezione civile 30 milioni di euro, «quale acconto rispetto al maggior stanziamento necessario per il superamento del contesto emergenziale». Nella bozza che era circolata nei giorni precedenti i fondi messi a disposizione erano pari a 110 milioni di euro. I 30 milioni, che saranno trasferiti alle Regioni, saranno sufficienti solo per i primi interventi. Poi bisognerà provvedere a nuovi stanziamenti. 16 aprile • proteste – Genova • È stato rinvenuto a Genova, in uno dei quartieri scelti dall’amministrazione comunale per ospitare i profughi, uno striscione, corredato da croci celtiche, con la scritta «Odio agli immigrati, Quarto libera». 16 aprile • tendopoli – Caserta • Sono partiti gli ultimi trenta profughi, ancora alloggiati nella tendopoli allestita nell’ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (Ce). La struttura ha accolto circa mille immigrati nordafricani, trasferiti da Lampedusa. Così come accaduto per gli altri, anche all’ultimo gruppo è stato consegnato il permesso temporaneo, lo zaino della Croce Rossa Italiana, con vestiti e cibo. 17 aprile • Italia – Francia • A circa una settimana dal vertice italo-francese di Roma, in agenda

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il 26 aprile, che impegnerà il premier Silvio Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy, aumentano le incomprensioni e le tensioni tra i due Paesi. Le autorità d’Oltralpe hanno infatti bloccato per quasi mezza giornata i treni in transito da Ventimiglia, proprio all’indomani dei primi passaggi dei tunisini con i visti temporanei. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha protestato formalmente, giacché l’interruzione unilaterale del traffico ferroviario viola le norme europee. Fonti del ministero dell’Interno francese hanno replicato che la decisione è legata solo a motivi di ordine pubblico, per presunti rischi legati a una manifestazione a Ventimiglia di circa 200 persone, immigrati e attivisti antirazzisti. Intanto, il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, ha espresso il proprio parere: «Né Italia né Francia, fino a ora, hanno fatto qualcosa di illegale, detto questo, resta il rischio che non sia rispettato lo spirito del Trattato Schengen, la libera circolazione». 18 aprile • sanità – Ragusa • Uno dei migranti fuggiti dal Centro di Prima Accoglienza di Pozzallo (Rg) e poi fermato nei giorni successivi è affetto da tubercolosi in stato attivo. Lo ha comunicato la direzione sanitaria dell’ospedale Maggiore di Modica (Rg), dove il giovane somalo si trova ricoverato per le ferite riportate nella fuga. Il somalo era giunto a Pozzallo, insieme ad altri 200 connazionali, proveniente da Lampedusa. 18 aprile • agricoltura – studio • Nelle campagne quasi un occupato su dieci è immigrato, per un totale di 106.058 lavoratori stranieri impegnati a garantire l’approvvigionamento alimentare sulle tavole degli italiani. Sono dati contenuti in un’analisi della Coldiretti, che evidenzia «come questi lavoratori siano divenuti indispensabili per l’agricoltura Made in Italy». 18 aprile • lavoro – studio • Da un’analisi della CGIA di Mestre sul livello retributivo e occupazionale degli stranieri regolarmente presenti nel Paese risulta che i lavoratori immigrati percepiscono mediamente 965 euro netti al mese, 319 euro in meno rispetto agli italiani. Il tasso di disoccupazione degli stranieri regolarmente presenti in Italia ha raggiunto l’11,4%, contro una media della disoccupazione nazionale dell’8,4%. A livello territoriale è la Basilicata la Regione che presenta la percentuale di stranieri disoccupati più elevata (18,9%). Seguono il Piemonte e la Valle d’Aosta (15,4%), la Liguria (13,8%), l’Abruzzo (13,6%) e il Friuli-Venezia Giulia (13,2%). Dall’inizio della crisi, sono quasi 110.000 gli stranieri che hanno perso il posto di lavoro. Il numero complessivo degli immigrati alla ricerca di un posto di lavoro si attesta attorno alle 265.800 unità. 19 aprile • approdi – Lampedusa • È giunto a Lampedusa un peschereccio, partito dal porto libico di Zwara, con 760 migranti, un numero decisamente superiore al consueto, tanto che il ministro degli Esteri Franco Frattini, lo ha interpretato come il segnale di una strategia di ritorsione di Gheddafi contro l’Italia, attraverso l’incentivazione dei flussi di profughi. Tra i migranti, quasi tutti provenienti dall’Africa subsahariana, anche 17 bambini e 62 donne, alcune delle quali in stato di gravidanza avanzato. Un altro barcone con 50 tunisini, tra cui due donne e due minori era arrivato in nottata. L’ultimo sbarco a Lampedusa risaliva al 16 aprile scorso: un barcone con 221 profughi partiti dalla Libia. Secondo i dati della questura di Agrigento, dall’inizio dell’anno, sono 24.399 gli extracomunitari arrivati sull’isola. 330 di loro, tutti tunisini, sono stati rimpatriati secondo le procedure previste dall’accordo italo-tunisino firmato il 5 aprile. 19 aprile • Mediterraneo – Europa • I rappresentanti dei ministeri dell’Interno di Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta si sono incontrati a Nicosia e hanno approvato un documento congiunto

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in vista del Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno europeo in programma il prossimo 12 maggio. Nel testo, i cinque Paesi chiedono all’Unione Europea un «supporto finanziario e operativo agli Stati che affrontano flussi migratori sproporzionati e massicci, attivando pienamente tutte le risorse, gli strumenti e le capacità, esistenti o aggiuntive». 19 aprile • permessi – numeri • Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha fatto il bilancio sui permessi di soggiorno temporanei, dopo che si è chiusa la finestra di otto giorni aperta per fare la richiesta: ne sono stati concessi 4.039, mentre altre 10.286 domande sono in fase istruttoria. Secondo il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, la concessione dei permessi e la collocazione dei tunisini sbarcati in Italia nelle strutture predisposte dalle regioni consentirà di svuotare le tendopoli entro Pasqua. Gabrielli ha anche affermato che dei circa 23.500 tunisini sbarcati fino a fine febbraio il Ministero dell’Interno ha fornito alla Protezione civile una lista di 11.800 che andavano collocati in strutture di accoglienza. Complessivamente, nel 2011 sono arrivate dalla Tunisia 372 imbarcazioni per un totale di 23.589 migranti, mentre dalla Libia le imbarcazioni giunte sono state 18 con 4.061 persone. Sono stati rimpatriati finora 330 tunisini con 11 voli. 19 aprile • lavoro – studi • Secondo il CENSIS, i lavori manuali impiegano più di tre persone su dieci e continuano a creare occupazione, ma i giovani italiani non sono disponibili, tanto che attualmente un posto di lavoro manuale su cinque tocca agli immigrati. Si conferma dunque la tendenza che negli ultimi cinque anni ha visto 874.000 italiani in meno tra gli impiegati in lavori manuali, un calo solo in parte compensato dall’aumento del lavoro straniero (718.000 occupati in più). 19 aprile • CARA – processi • La Procura di Patti ha chiesto il rinvio a giudizio, per il reato di truffa aggravata continuata, del legale rappresentante del Consorzio di cooperative sociali Sisifo che, fino al maggio 2010, ha gestito il Centro per l’Accoglienza di Richiedenti Asilo politico a Sant’Angelo di Brolo (Me). Secondo le indagini dei carabinieri di Patti, nel periodo in cui il centro era in funzione, sarebbero state spesso ritardate le dimissioni dei rifugiati già in possesso del permesso di soggiorno o dello status di rifugiato politico, continuando a incassare indebitamente la retta giornaliera di 40 euro per ciascuno, traendo complessivamente un ingiusto profitto di circa 500.000 euro. 20 aprile • tendopoli – Manduria • È cominciata l’operazione di svuotamento della tendopoli di Manduria, dove dalla fine di marzo sono ospitati immigrati tunisini provenienti da Lampedusa. Nelle ultime 48 ore circa 500 migranti hanno lasciato la tendopoli, col permesso di soggiorno temporaneo e il titolo di viaggio, e sono stati accompagnati alla stazione ferroviaria di Taranto dove hanno acquistato un biglietto abbandonando la Puglia. La questura di Taranto, che sta coordinando le operazioni di sgombero, conta di poter svuotare completamente la struttura entro Pasqua. 20 aprile • approdi – Pantelleria • Un gruppo di 36 migranti, tutti tunisini, è approdato a Pantelleria in nottata, dopo essere stato abbandonato in mare, a poca distanza dalla costa, dagli “scafisti”. Gli extracomunitari, sono stati bloccati a terra dai carabinieri e accompagnati in caserma, in attesa di essere trasferiti a Trapani. 20 aprile • trasferimenti – Lampedusa • Quasi mille profughi, compresi i 760 giunti ieri, tutti partiti dalla Libia, sono stati imbarcati su un traghetto della Tirrenia diretto a Crotone e Bari, dove saranno smistati nelle strutture allestite per i richiedenti asilo. A Lampedusa restano

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ancora alcune decine di tunisini, 50 dei quali sbarcati nella notte di lunedì, che saranno rimpatriati in base all’accordo bilaterale stipulato da governo italiano e da quello di Tunisi. 21 aprile • proteste – Caserta • La Rete antirazzista campana ha manifestato all’esterno della ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (Ce), trasformata in tendopoli per immigrati, «per chiedere la chiusura di quello che riteniamo un lager etnico e la liberazione dei profughi e migranti che sono lì detenuti in condizione di totale illegittimità non solo rispetto al sentimento di umanità e accoglienza, ma anche rispetto alle leggi di questo Stato». Secondo la Rete, nella struttura si sono verificati episodi di tensione tra gli extracomunitari e le forze di polizia a presidio della tendopoli, con uso anche di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine. 21 aprile • rimpatri – Tunisia • Amnesty International ha trasmesso una serie di raccomandazioni al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministro dell’Interno Roberto Maroni, esprimendo «profonda preoccupazione per le espulsioni sommarie collettive di cittadini tunisini, in corso da Lampedusa a seguito della firma di un accordo tra i governi di Tunisia e Italia». Amnesty ha sollecitato il governo italiano a «predisporre un piano chiaro per evitare un’ulteriore crisi umanitaria a Lampedusa o in altre parti d’Italia e assicurare il pieno rispetto dei diritti umani delle persone che arrivano nel Paese. È necessario valutare in modo adeguato, anche attraverso un effettivo esame all’arrivo, le necessità individuali di chiunque giunga in Italia, comprese quelle delle persone che approdano a Lampedusa. Occorrerà, inoltre, adottare le misure necessarie per assicurare l’accesso alle informazioni, come ad esempio quelle riguardanti il diritto di chiedere asilo. Il principio di non-refoulement (non respingimento) dovrà essere costantemente rispettato». Dicendosi preoccupata «per la mancata trasparenza sulle espulsioni», Amnesty International ha inoltre chiesto alle autorità italiane di rendere noto il testo dell’accordo raggiunto con le autorità tunisine, sulla base del quale il 7 aprile sono iniziate le espulsioni sommarie di cittadini tunisini. Secondo l’organizzazione umanitaria, le autorità italiane dovrebbero immediatamente desistere da ogni ulteriore espulsione sommaria e assicurare che la situazione di chiunque approdi in Italia riceva un esame adeguato per determinare ogni eventuale necessità di protezione. 21 aprile • approdi – Calabria • Un’imbarcazione è stata soccorsa dalla Capitaneria di porto al largo della costa crotonese. A bordo 33 migranti, tra cui due donne e un bambino, provenienti da Afghanistan, Iraq, Bangladesh e Pakistan e partiti dalla Grecia. Tra loro anche due scafisti di nazionalità greca che sono stati arrestati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 21 aprile • CIE – Bologna • Quindici stranieri, tunisini e marocchini, sono fuggiti durante la notte dal CIE di via Mattei, a Bologna, dove erano trattenuti in attesa dell’espulsione; altri sette sono invece stati bloccati dalla polizia dopo una colluttazione. 21 aprile • protesta – Genova • C’erano anche sette tunisini sbarcati a Lampedusa e con permesso temporaneo di sei mesi tra i venti contestatori che hanno occupato a Genova la sede del consolato tunisino chiedendo la rimozione del rappresentante diplomatico Slaheddine Ben Abid, accusato di essere legato all’ex dittatore destituito Ben Ali, e la riassunzione di una dipendente licenziata, secondo loro, ingiustamente. I carabinieri hanno portato in caserma un solo straniero, che ha spiegato di essere sbarcato anche lui dalla Tunisia, ma di aver rifiutato il permesso temporaneo chiedendone uno regolare. L’immigrato è stato fotosegnalato e rilasciato. 22 aprile • tendopoli – CIE • Per decisione del ministero dell’Interno, la tendopoli allestita a Palazzo San Gervasio (Pz) per alloggiare gli immigrati tunisini è stata trasformata in CIE,

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Centro di Identificazione ed Espulsione. Nella struttura vi sono attualmente un centinaio di tunisini, arrivati in Italia dopo la scadenza del termine utile per la concessione del permesso di soggiorno. Lo stesso è successo per la ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (Ce), dove in conseguenza della trasformazione in CIE è stato proibito l’ingresso a chiunque, compresi gli avvocati, come ha denunciato il direttore della Caritas di Caserta, don Antonello Giannotti. Alcuni tunisini hanno tentato la fuga dall’ex caserma, scavalcando il muro ma ferendosi con i cocci di vetro che lo sormontano, cadendo poi di sotto. «Molti di loro sono finiti in ospedale, anche in gravi condizioni», ha raccontato suor Rita responsabile della Comunità Rut. Gianluca Castaldi, della Caritas, ha riferito che nella struttura c’è molta tensione. 22 aprile • fondi – Lampedusa • La Regione Siciliana ha deliberato l’erogazione di 12 milioni di euro per rilanciare il turismo nelle Pelagie e favorire le imprese turistico-alberghiere dell’arcipelago, dopo gli arrivi massicci di immigrati. 23 aprile • approdi – Calabria • Diciotto immigrati di nazionalità pachistana, tra i quali un minorenne, sono stati trovati lungo la statale 106, a Botricello, sulla costa Ionica catanzarese. Secondo una prima ricostruzione fatta dai carabinieri, sarebbero sbarcati nella notte. I migranti hanno raccontato di essere partiti dalla Grecia. 24 aprile • approdi – Sicilia • La Guardia di finanza ha arrestato tredici persone considerate “scafisti” a bordo del motopeschereccio egiziano intercettato al largo di Siracusa con a bordo 62 immigrati. 24 aprile • approdi – Calabria • Una quarantina di immigrati sono stati trovati tra San Sostene e Soverato, sulla costa ionica catanzarese. I migranti potrebbero essere sbarcati durante la notte. Con questo, salgono a 16 gli sbarchi effettuati sulle coste calabresi dall’inizio dell’anno. 26 aprile • turismo – Lampedusa • Il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, ha rimarcato il crollo delle prenotazioni turistiche sull’isola in seguito ai problemi causati dall’emergenza immigrazione e alla militarizzazione dell’isola. 26 aprile • profughi – Libia • Il portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Jean-Philippe Chauzy, ha dichiarato alla stampa che sono i Paesi del Nord Africa, non l’Europa, a dover sopportare il peso maggiore dell’ondata migratoria provocata dalla crisi in Libia: «Sono più di 600.000 le persone che hanno lasciato la Libia e che sono transitate per i Paesi vicini. La Tunisia e l’Egitto hanno lasciato aperte le loro frontiere. Così hanno fatto anche Ciad e Mali». A fronte, ha osservato Chauzy, sono state circa 20.000 le persone giunte a Lampedusa, in gran parte giovani tunisini in cerca di lavoro. 26 aprile • Italia – Francia • Si è tenuto a Roma il vertice tra Italia e Francia sulla questione immigrazione. Al termine, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy hanno firmato una lettera congiunta alla Commissione Europea nella quale si propongono modifiche al Trattato di Schengen e una maggiore cooperazione fra Bruxelles e i singoli Stati membri esposti a ondate eccezionali di immigrazione. Nel documento si afferma la possibilità di un «ripristino provvisorio» delle frontiere degli Stati di Schengen in alcuni casi che siano «precisamente individuati» in anticipo e comunque «non legati agli avvenimenti di questi giorni», vale a dire gli sbarchi a Lampedusa. Italia e Francia chiedono anche un rafforzamento di Frontex. 27 aprile • iniziative – cittadinanza • Il Forum immigrazione del PD ha manifestato oggi in piazza Montecitorio per chiedere che venga rimessa al centro dell’agenda politica la discussione

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sulla legge di cittadinanza per figli di immigrati nati in Italia o arrivati nel nostro Paese in età scolare, una realtà che interessa circa 900.000 ragazzi e che oggi è regolata da una legge del 1992. 28 aprile • normative – Europa • La Corte di giustizia europea del Lussemburgo ha bocciato la norma italiana sul reato di mancata ottemperanza all’obbligo di allontanamento a seguito di espulsione, che prevede la reclusione da uno a quattro anni. I giudici europei sono intervenuti con procedura pregiudiziale d’urgenza, su richiesta della Corte d’appello di Trento, sul caso di un algerino condannato a un anno di reclusione e hanno stabilito che una sanzione penale come quella stabilita in Italia è contraria alla direttiva europea sui rimpatri. Per la Corte europea, la legge italiana compromette la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla stessa norma comunitaria, ossia l’attuazione di un’efficace politica di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali».La Commissione Europea ha valutato positivamente la decisione dei giudici, osservando che «la legislazione italiana prevede una condanna da uno a quattro anni di carcere anche se la persona non ha rispettato il primo ordine di lasciare il Paese e questo impedisce il proseguimento della procedura di allontanamento in base alla direttiva e, di conseguenza, priva la norma comunitaria di un effetto utile». 28 aprile • approdi – Lampedusa • Un barcone con 77 migranti provenienti dalla Tunisia è approdato sull’isola. Gli extracomunitari sono stati trasferiti nel Centro di Prima Accoglienza, in attesa di essere rimpatriati in base all’accordo bilaterale stipulato il 5 aprile scorso. Sull’isola si trovano ancora poche decine di tunisini. Un altro barcone con 178 migranti, tra i quali nove donne e due bambini, proveniente invece dalla Libia è approdato in nottata. Prima di questi, l’ultimo sbarco risaliva al 19 aprile scorso. 29 aprile • approdi – Lampedusa • Quattro imbarcazioni, tutte provenienti dalla Libia, sono arrivate a Lampedusa. Il primo barcone, con 178 migranti, è giunto in nottata, seguito da secondo barcone con altri 264 profughi, tra i quali 14 donne e un neonato; contemporaneamente, sono state avvistate al largo, una terza imbarcazione con circa 700 persone e un’altra con 189. 29 aprile • normative – scarcerazioni • All’indomani della decisione della Corte di giustizia europea che ha bocciato il reato di mancata ottemperanza all’obbligo di allontanamento dallo Stato a seguito di espulsione, sono cominciate le scarcerazioni: sono stati rimessi in libertà quattro immigrati irregolari detenuti nel carcere di Marassi di Genova. I PM della Procura ordinaria e di quella generale del capoluogo ligure hanno, infatti, ritenuto direttamente applicabile la sentenza dei giudici europei e hanno ripreso in mano più di mille fascicoli non solo per verificare il numero degli immigrati da liberare, ma anche per provvedere al ricalcolo della pena per gli immigrati finiti in carcere anche per altri reati, togliendo dal computo i giorni già scontati in cella per clandestinità. 30 aprile • approdi – Lampedusa • Sono oltre 2.500 i profughi partiti dalla Libia e approdati a Lampedusa su sei imbarcazioni in meno di due giorni. Per la Lega l’arrivo massiccio di profughi, in concomitanza la decisione del governo Berlusconi di bombardare obiettivi libici, rappresenta il guanto di sfida lanciato da Gheddafi nei confronti dell’Italia. MAGGIO 1° maggio • approdi – Lampedusa • È giunto in nottata a Lampedusa un barcone partito dalla Libia che ieri aveva lanciato l’SOS mentre si trovava ancora in acque maltesi. A bordo, 461 profughi, tra i quali 44 donne e sei bambini. Successivamente, sono giunte altre due

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imbarcazioni, condotte in porto dalle motovedette della Guardia di finanza. Sulla prima vi erano 298 persone, tra cui 28 donne e due minori. Sulla seconda, recuperata mentre era alla deriva, circa 400. Sono complessivamente oltre 2.500 i profughi sbarcati a Lampedusa in due giorni. 2 maggio • trasferimenti – Lampedusa • Sono cominciati i trasferimenti dei profughi provenienti dalla Libia sbarcati negli ultimi quattro giorni a Lampedusa. I primi 1.550 sono stati imbarcati sulla nave Flaminia, per essere distribuiti tra vari centri per richiedenti asilo. Non appena le condizioni del mare lo consentiranno, anche la Moby Vincent attraccherà per imbarcare altri 1.500 profughi. Sull’isola, infatti, si trovano ancora 1.750 migranti, tra i quali un centinaio di tunisini che dovrebbero essere rimpatriati nelle prossime ore. 2 maggio • proteste – Ventimiglia • I rappresentanti della Confcommercio di Ventimiglia raccolgono firme per chiedere la chiusura del locale Centro di accoglienza e l’allontanamento degli immigrati dalla città. I commercianti sono stati ricevuti dal prefetto di Imperia cui hanno esposto le proprie richieste. Dal canto loro, una sessantina di migranti presenti in città stanno conducendo uno sciopero della fame, affinché venga loro riconosciuta la possibilità di muoversi su tutta l’area Schengen. Al governo italiano chiedono «che questo permesso per fini umanitari venga trasformato in un permesso di soggiorno vero e proprio. Del resto, con questo documento non possiamo uscire dall’Italia, e neppure trovare un lavoro in regola qui». 2 maggio • CIE – Caserta • I senatori Marco Perduca e Anna Maria Carloni hanno visitato la struttura per immigrati allestita nell’ex caserma Andolfato a Santa Maria Capua Vetere (Ce), accompagnati da attivisti antirazzisti. Fortemente critici i giudizi espressi al termine della ricognizione circa le condizioni di vita all’interno, drasticamente irrigidite dopo la fuga di alcuni immigrati avvenuta la settimana precedente. 3 maggio • trasferimenti – Lampedusa • Dopo il trasferimento di altri 1.500 profughi, partiti con la nave Moby Vincent, Lampedusa è pressoché vuota; i circa 3.000 migranti giunti nei giorni precedenti dalla Libia sono stati infatti tradotti verso altri Centri per richiedenti asilo. 3 maggio • proteste – Ventimiglia • Continua la protesta, cominciata il giorno precedente con uno sciopero della fame, portata avanti a Ventimiglia da un gruppo di immigrati tunisini e appoggiata da attivisti antirazzisti italiani e francesi. La richiesta è quella di un permesso di soggiorno umanitario che consenta loro di muoversi nell’area Schengen senza le restrizioni imposte dalla Francia. 3 maggio • denunce – Lampedusa • Medici Senza Frontiere ha diffuso un documento con il quale denuncia la scarsa assistenza che viene fornita ai migranti in arrivo sull’isola. Secondo l’organizzazione umanitaria, allorché nei giorni precedenti erano giunte 12 imbarcazioni con 2.665 persone, in maggior parte provenienti dalla Libia, «le autorità non avevano nemmeno coperte né quantità di acqua a sufficienza per le persone arrivate in ipotermia o sotto choc. Centinaia di persone sono state costrette a dormire all’aperto, mentre altre nei centri sovraffollati, dove utilizzavano materassi sporchi, non c’erano abbastanza asciugamani, coperte o sapone». MSF riferisce che 1200 migranti sono rimasti stipati nel Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa, che dispone di soli 800 posti. Inoltre, protesta l’associazione, i migranti ricevono scarse informazioni sui loro diritti e sulle procedure legali. 3 maggio • respingimenti – Francia • Secondo quanto riferito dalla locale prefettura, 72 immigrati, per lo più tunisini, sono stati fermati oggi a Nizza; 23 sono già stati respinti in Italia,

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da dove erano giunti, mentre gli altri saranno trattenuti in un Centro di detenzione amministrativa. 3 maggio • trasferimenti – CIE • Una ventina di immigrati nordafricani saranno trasferiti da Lampedusa al Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo (Gorizia). Nella struttura attualmente risultano presenti un’ottantina di immigrati, circa il doppio della capienza prevista, che è di 44 posti. 3 maggio • barconi – Lampedusa • Con un’ordinanza della Presidenza del Consiglio, pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale”, è stato stanziato un milione di euro per rimuovere i barconi dei migranti arrivati a Lampedusa. La rimozione delle imbarcazioni, da effettuarsi realizzando un deposito temporaneo in un’area individuata dal sindaco di Lampedusa, è affidata al capo della Protezione civile, Franco Gabrielli. 3 maggio • arresti – scafisti • La polizia ha arrestato tre presunti organizzatori del viaggio di circa 250 migranti partiti su un’imbarcazione da Tripoli il 4 aprile e giunti a Lampedusa. I tre – un palestinese e due libici – sono stati bloccati dagli agenti nel CARA di Bari e accusati di concorso in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 3 maggio • proteste – CIE • Sono stati convalidati gli arresti di sette tunisini eseguiti durante i disordini avvenuti il 2 maggio nel CIE di Milano. I tunisini, accusati di incendio doloso e danneggiamento, sono stati trasferiti nel carcere milanese di San Vittore. 3 maggio • tendopoli – Manduria • Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile e commissario delegato per l’emergenza immigrazione, ha deciso di riaprire provvisoriamente il Centro di accoglienza di Manduria, in Puglia, al fine di sottoporre a screening sanitario i profughi in arrivo a Lampedusa prima di inserirli nelle strutture messe a disposizione dalle Regioni sul territorio. 5 maggio • approdi – Lampedusa • In un solo giorno sono oltre 800 i migranti sbarcati a Lampedusa e in gran parte provenienti dalla Libia. Poco prima della mezzanotte è giunto in porto il quinto barcone, con 60 persone. Altre sette sono state fermate in nottata dai carabinieri a Linosa, la più piccola delle isole Pelagie, subito dopo essere sbarcati direttamente a terra. 5 maggio • scarcerazioni – normative • La Procura di Roma ha scarcerato 12 immigrati, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha cassato le norme italiane che puniscono con la reclusione gli irregolari, ritenendole contrastanti con il diritto comunitario sui rimpatri (vedi 28 aprile). 6 maggio • approdi – Lampedusa • Motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza hanno soccorso e accompagnato a Lampedusa due barconi con circa 800 migranti a bordo. 6 maggio • approdi – Pantelleria • Nove migranti, quasi tutti tunisini, sono stati fermati dalla Guardia costiera a Pantelleria, dove erano giunti su una piccola imbarcazione. 6 maggio • proteste – Francia • In Francia numerosi esponenti politici dell’opposizione, tra cui la leader socialista Martine Aubry, assieme ad associazioni e sindacati hanno protestato chiedendo al governo di fermare gli interventi contro i migranti tunisini in arrivo dall’Italia, molti dei quali vengono fermati dalla polizia e respinti o rinchiusi in centri detentivi. Anche l’oppositore tunisino Mustapha Ben Jaafar è volato a Parigi per consegnare una lettera al presidente Nicolas Sarkozy, nella quale denuncia il «trattamento indegno» riservato ai migranti. 6 maggio • naufragi – Lampedusa • Secondo notizie frammentarie, dopo che due imbarcazioni erano partite dalle coste libiche per raggiungere Lampedusa, una di esse, con almeno 600 passeggeri, si è rovesciata di fronte al porto di Tripoli. Decine i morti accertati, tra cui donne e

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bambini, cifra destinata a salire notevolmente poiché centinaia sono i dispersi. La seconda nave, con 655 migranti a bordo, tra cui 82 donne e 21 minori, è invece arrivata a Lampedusa. 7 maggio • arresti – Lampedusa • Due tunisini sono stati fermati dalla Polizia e dalla Guardia di finanza di Agrigento con l’accusa di avere trasportato illegalmente sull’isola di Lampedusa il 29 aprile sette stranieri, di cui cinque minori. 7 maggio • proteste – Ventimiglia • Dopo sei giorni di sciopero della fame alla stazione di Ventimiglia, gli immigrati nordafricani hanno interrotto la protesta per aver ricevuto assicurazione di interessamento da parte dell’assessorato regionale alle Politiche del lavoro e all’immigrazione. 8 maggio • approdi – Calabria • 20 migranti di origine pachistana sono sbarcati da un gommone a Bianco, sulla costa ionica Reggina. Con questo, salgono a 17 gli sbarchi avvenuti sulle coste della Calabria dall’inizio dell’anno. 8 maggio • approdi – Lampedusa • Un barcone con 528 migranti a bordo – tra cui molte donne, 24 delle quali incinte, e bambini –, partito dalla Libia, si è incagliato sugli scogli all’interno del porto di Lampedusa, rischiando di capovolgersi a causa delle onde. Tutti salvi i passeggeri, prontamente soccorsi. In nottata era approdato sull’isola un altro barcone con 800 profughi, tra i quali 138 donne e 12 bambini. Secondo il ministro dell’Interno Maroni, sono 1.500 i migranti sbarcati in pochi giorni a Lampedusa, tutti partiti dalla Libia e non rimpatriabili, mentre il flusso di arrivi dalla Tunisia si sarebbe sostanzialmente fermato, grazie all’accordo firmato il 5 aprile. 9 maggio • naufragi – NATO • Secondo un’inchiesta del “Guardian”, la NATO non intervenne per soccorrere un barcone di migranti naufragato nel Canale di Sicilia alla fine di marzo. Nella ricostruzione del giornale britannico, un elicottero sorvolò l’imbarcazione e uomini in tenuta militare consegnarono ai migranti acqua e cibo, affermando che a breve sarebbero giunti soccorsi, che invece non arrivarono mai. Il naufragio provocò 61 vittime, tra cui donne e bambini; l’imbarcazione era partita da Tripoli il 25 marzo diretta a Lampedusa con 72 passeggeri e rimase al largo per 16 giorni senza carburante e in balia delle correnti. La NATO si è difesa dalle accuse, ma la smentita non ha fermato le richiesta di chiarimenti, arrivate anche da parte del Consiglio d’Europa. 10 maggio • proteste – Mineo • Un centinaio di migranti alloggiati nel Villaggio della solidarietà di Mineo (Ct) ha occupato la statale Catania-Gela per protestare contro i ritardi nell’insediamento delle Commissioni chiamate a valutare la concessione dello status di rifugiato politico ai richiedenti asilo. 10 maggio • appelli – UNHCR • Secondo le cifre diffuse dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’Europa ha ricevuto meno del 2% delle persone fuggite dalla Libia, mentre in Italia ne sono arrivate 11.230 e 1.130 a Malta. Di fronte alle ricorrenti tragedie, l’UNHCR ha ribadito l’appello agli Stati europei a mettere in atto meccanismi più affidabili ed efficaci per il soccorso in mare, rivolgendo anche una raccomandazione ai comandanti delle navi affinché si attengano sempre all’obbligo marittimo di aiutare le persone in pericolo. 11 maggio • accordi – Tunisia • In una cerimonia ufficiale tenutasi a Civitavecchia, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha consegnato al suo omologo tunisino, Habib Essid, quattro motovedette da 15 metri del valore di 4,4 milioni di euro, sulla base dell’accordo stipulato tra i due Paesi il 5 aprile. Secondo gli impegni sottoscritti e in cambio degli aiuti ricevuti, la Tunisia

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dovrebbe bloccare le partenze di migranti dalle proprie coste, analogamente all’analogo accordo esistente tra Italia e Libia prima dell’intervento armato della NATO. Nelle settimane precedenti alle autorità tunisine erano già stati consegnati 60 personal computer, 10 scanner, 20 stampanti, 20 metal-detector portatili, mentre a breve saranno forniti anche 28 fuoristrada tropicalizzati, 10 motori fuoribordo e 10 quadricicli. 11 maggio • diritti – CIE • Nell’ex caserma Andolfato di S. Maria Capua Vetere (Ce), trasformata in Centro di Identificazione ed Espulsione e dove sono trattenuti 99 immigrati tunisini, le condizioni di vita sono inammissibili: è questo il giudizio espresso dal presidente della Commissione diritti umani del Senato, Pietro Marcenaro (Pd), al termine di un’ispezione effettuata nella struttura assieme ad altri senatori e a esponenti delle associazioni. 12 maggio • arresti – Francia • Anche in Francia, in applicazione di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (vedi 28 aprile), gli immigrati non verranno più incarcerati per il solo motivo di una permanenza irregolare sul suo territorio. Lo dispone una circolare del ministero della Giustizia, rivelata dall’agenzia France Presse. 12 maggio • proteste – Opera • Proteste a Opera, comune dell’hinterland milanese, vicino a quello di Pieve Emanuele, dove sono stati destinati 400 rifugiati provenienti dalla Libia, sulla base del piano predisposto dalla prefettura: «Vigileremo sui nostri confini – ha detto il sindaco leghista di Opera, Ettore Fusco – siamo pronti a tutto». 13 maggio • minori – Lampedusa • È previsto in giornata il trasferimento dei 129 minori ancora presenti a Lampedusa nel locale Centro d’accoglienza; partiranno con il traghetto di linea diretto a Porto Empedocle, dove saranno provvisoriamente ospitati nella tensostruttura allestita al porto, per essere in seguito destinati alle comunità alloggio. I minori, tra cui una ragazza, sono di età compresa tra i 16 e i 17 anni e provengono per lo più dall’Africa subsahariana. 13 maggio • sanità – monitoraggio • Il sistema di sorveglianza attivato dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità non ha riscontrato epidemie nei 33 Centri monitorati, che accolgono i migranti in arrivo dal Nord Africa. Nel periodo considerato dall’osservazione, fino al 10 maggio, secondo gli esperti non si sono verificate emergenze sanitarie. Degli otto casi di sospetta tubercolosi segnalati tra il 2 e il 10 maggio, tre sono stati confermati; confermato anche un caso di morbillo. La sindrome più frequente tra i migranti arrivati è invece l’infezione respiratoria con febbre, che rappresenta il 56% delle segnalazioni, seguita dalla gastroenterite senza sangue (23%) e da infestazioni (15%), soprattutto casi di scabbia. 13 maggio • sfruttamento – lavoro • La Guardia di finanza ha scoperto a Vicenza un vasto sistema di sfruttamento e lavoro nero a danno di immigrati, perlopiù indiani, pakistani e bengalesi, da parte di altri immigrati, in particolare indiani. Una forma di schiavitù diversa dalle altre forme di caporalato: chi voleva lavorare per queste imprese, nella distribuzione di volantini pubblicitari, ricevendo al massimo una trentina di euro al giorno, doveva acconsentire a indossare un collare GPS per essere controllato in ogni momento, una sorta di catena elettronica. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Vicenza, ha consentito di fare emergere un’evasione e frode fiscale per un ammontare di circa 20 milioni di euro. 13 maggio • proteste – Puglia • Circa 150 immigrati alloggiati nel Centro di Accoglienza e Richiedenti Asilo (CARA) di Bari hanno occupato i binari della stazione ferroviaria, bloccando alcuni treni per protestare contro la situazione nel campo e per i lunghi tempi di disbrigo delle

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pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiati. 13 maggio • naufragi – UNHCR • Secondo le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), diffuse a Ginevra dalla portavoce Melissa Fleming, 1.200 persone sarebbero morte da fine marzo nella traversata del Mediterraneo fuggendo dalla Libia, corrispondenti al 10% degli oltre 12.000 rifugiati giunti in Italia e a Malta. 13 maggio • approdi – Lampedusa • Una nuova ondata di migranti è arrivata a Lampedusa proveniente dalla Libia. In una spola durata tutta la giornata, le motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza hanno accompagnato sull’isola oltre 1.300 profughi giunti su diverse imbarcazioni. 13 maggio • proteste – Piemonte • Alcune decine di persone hanno bloccato, con camion e autocarri, la strada di accesso a Pratonevoso, località turistica nei pressi di Mondovì (Cn), per protestare contro l’arrivo di una sessantina di profughi provenienti da Lampedusa. Dopo un incontro fra amministratori regionali e provinciali e una delegazione dei manifestanti è stato deciso che, al termine delle procedure di controllo e identificazione, i profughi ripartiranno per altre destinazioni. In ogni caso nel paese sarà istituita una vigilanza da parte delle forze dell’ordine e una presenza della Protezione civile per tutto il periodo di permanenza dei profughi. Saranno inoltre attivati controlli sanitari da parte della Croce Rossa. 14 maggio • arresti – Bologna • Anche la Procura di Bologna ha preso atto della sentenza della Corte di giustizia europea sui rimpatri (vedi 28 aprile) e ha trasmesso una comunicazione alla polizia giudiziaria annunciando che i pubblici ministeri non chiederanno più la convalida degli arresti degli immigrati per la sola permanenza irregolare in Italia. 14 maggio • espulsioni – Ventimiglia • Dieci immigrati tunisini, coinvolti tre giorni prima a Ventimiglia in una rissa, sono stati tutti condannati a otto mesi di reclusione al processo per direttissima a loro carico, svoltosi davanti al giudice di Sanremo. Il permesso di soggiorno umanitario, ottenuto in precedenza, è stato loro revocato. 14 maggio • approdi – Lampedusa • Nelle ultime 24 ore sono arrivati a Lampedusa, su imbarcazioni di fortuna, oltre 1.700 migranti, duecento dei quali dalla Tunisia, nonostante l’accordo italo-tunisino che ne avrebbe dovuto fermare il flusso (vedi 5 aprile). Sull’isola vi sono in totale 1.775 persone, tra cui 117 donne e 98 minori; la gran parte (oltre 1.300) sono alloggiate nel Centro di accoglienza, che però ha una capienza di 850 posti, il rimanente sono nella ex base Loran. È prevista la partenza in serata di 1.200 di loro, che verranno sbarcati in tre tappe (Cagliari, Napoli e Genova) e in seguito smistati nelle strutture messe a disposizione dalle regioni. 16 maggio • minori – Lampedusa • Secondo Save the Children sono circa 1.300 dall’inizio dell’anno i minori sbarcati in Sicilia, di cui un migliaio a Lampedusa. Nel 90% dei casi si tratta di minori non accompagnati e nel 60% di tunisini. Dati che fanno ritenere indispensabile all’organizzazione umanitaria l’adozione di un piano nazionale di accoglienza per i minorenni, come viene richiesto da tempo; in particolare, viene chiesto che la permanenza dei minori a Lampedusa sia ridotta a tempi minimi e strettamente necessari, mentre va previsto un meccanismo efficace di reperimento dei posti nelle comunità alloggio sulla terraferma, che debbono avere un finanziamento pluriennale e un costante monitoraggio. 17 maggio • approdi – Libia • La portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) Melissa Fleming, ha reso noto che sono sinora 14.000 le persone fuggite

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dalla Libia e giunte via mare in Italia e Malta, di cui 1.669 arrivate nel solo scorso fine settimana. Fleming ha puntualizzato che si tratta di viaggi particolarmente pericolosi, su imbarcazioni sovraccariche, tanto che l’UNHCR stima che dal 25 marzo scorso siano oltre 1.200 i migranti dispersi in mare dopo la partenza dalla Libia. 18 maggio • proteste – Lampedusa • Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), si è recato in visita all’isola di Lampedusa, ma ha dovuto rinunciare ad andare, come inizialmente previsto, nel Centro per gli immigrati, che al momento conteneva circa 200 persone, per lo più tunisini in attesa di rimpatrio. Nel CIE, infatti, si sono verificate proteste e anche gesti di autolesionismo, con cinque stranieri feriti. 19 maggio • turismo – Lampedusa • Una delegazione di albergatori e commercianti lampedusani ha incontrato l’assessore siciliano alle Attività produttive, Marco Venturi, lamentando che a oltre due mesi dalle promesse del governo, ma non vi è traccia concreta del piano a sostegno del turismo per l’isola, mentre la stagione estiva alle porte rischia il tracollo a causa dell’immigrazione. 19 maggio • proteste – Bologna • Una protesta organizzata dal Coordinamento dei migranti si è svolta a Bologna, davanti alla Prefettura. Gli immigrati denunciano che il rilascio dei permessi di soggiorno subisce ritardi sino a due anni e che, oltretutto, il permesso non decorre dalla data di consegna ma da quella del rinnovo, così che vi è l’assurdo che vengono infine consegnati permessi con validità per soli uno o due mesi. 19 maggio • approdi – Lampedusa • Numerosi arrivi a Lampedusa: nella notte, un barcone con 208 persone a bordo, tra cui 23 donne e tre bambini. In seguito, è stata avvistata un’altra imbarcazione stracarica: 500 i migranti soccorsi, con 38 donne e 9 bambini; si tratta di persone di varie nazionalità, soprattutto africane ma anche di origine asiatica. Il bilancio finale è di 708 persone che vanno ad aggiungersi alle 285 già presenti nel Centro di accoglienza. 19 maggio • naufragi – Trapani • A notte fonda, a cento metri al largo della costa trapanese, all’altezza di Torretta Granitola, due scafisti hanno costretto i 17 tunisini a bordo di un’imbarcazione a lanciarsi in mare. Tre di loro sono morti. 20 maggio • sanità – Lampedusa • Il commissario straordinario dell’Istituto Nazionale per la Salute dei Migranti (INMP), Concetta Mirisola, ha reso noto che su un totale di 9.303 immigrati giunti a Lampedusa dall’11 aprile scorso e trattati dal team medico di stanza sull’isola si sono registrati solo tre casi di patologie infettive: uno di malaria, uno di tubercolosi e uno di sieropositività al virus HIV, riscontrato in una donna in gravidanza. 20 maggio • barconi – Lampedusa • Secondo quanto riferisce la struttura del Commissario delegato per l’emergenza immigrazione, Franco Gabrielli, è stata aggiudicata la gara d’appalto per il servizio di messa in sicurezza, rimozione, trasporto, demolizione e avvio a recupero o smaltimento delle 42 imbarcazioni giunte dalle coste del Nord Africa attualmente ormeggiate o incagliate nel porto di Lampedusa (vedi 3 maggio). L’importo aggiudicato è di 590.000 euro. Contestualmente, si sta procedendo a individuare una ditta cui affidare il servizio di raccolta e smaltimento di oli e carburanti presenti nelle stesse imbarcazioni, nonché l’attività di gestione dei materiali assorbenti dislocati nel porto di Lampedusa e usati per la rimozione degli inquinanti precedentemente fuoriusciti. La struttura del Dipartimento della Protezione civile provvederà in seguito a bandire una gara per la rimozione e lo smaltimento di tutte le altre imbarcazioni che sono state depositate in diverse aree dell’isola di Lampedusa.

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20 maggio • denunce – Modena • A Modena 15 immigrati tunisini, sbarcati negli ultimi tempi a Lampedusa e che avevano ricevuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari, sono stati denunciati per invasione di edificio in quanto trovati dalla polizia all’interno di un capannone in disuso. 21 maggio • proteste – Brescia • Una delegazione di immigrati ha effettuato un sit-in davanti al sagrato del Duomo di Brescia per richiedere attenzione sul problema delle sanatorie. L’iniziativa si è svolta con il consenso del vescovo di Brescia, Luciano Monari. 21 maggio • proteste – Parigi • Si è tenuta a Parigi una manifestazione di protesta organizzata dal collettivo “Tunisini di Lampedusa”. Il corteo di circa 500 immigrati è stato caricato dalla polizia, che ha fermato diversi partecipanti. 23 maggio • approdi – Calabria • Partiti dalla Grecia, 43 migranti di origine afghana, pachistana e del Bangladesh sono arrivati al largo di Crotone con un motoscafo, che è stato intercettato e condotto in porto dalla Guardia di finanza. Sono stati fermati due greci, considerati gli “scafisti”. 23 maggio • proteste – CIE • Un gruppo di extracomunitari rinchiusi nel CIE romano di Ponte Galeria è salito sul tetto della struttura, bruciando lenzuola e coperte. Alcuni hanno tentato di scavalcare la recinzione ma sono stati bloccati dalla polizia. 25 maggio • Lampedusa – Europa • Una delegazione di cinque rappresentanti dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha effettuato una visita a Lampedusa. A conclusione della missione, durata due giorni, la delegazione ha giudicato del tutto inadeguate le strutture di accoglienza presenti sull’isola, soprattutto per i più vulnerabili come i bambini non accompagnati, ritenendo perciò necessario trasferire i migranti in strutture meglio equipaggiate il prima possibile. Al contempo, è stato ribadito che l’Europa ha responsabilità cui non può sottrarsi per contribuire a far fronte alla difficile situazione che pesa sull’Italia e, per prima, su Lampedusa di fronte alle ondate migratorie che si stanno susseguendo. 26 maggio • proteste – Lampedusa • Dopo il trasferimento di 639 persone con la nave Excelsior, un gruppo di immigrati tunisini ristretti nel CIE di Lampedusa ha effettuato una protesta, subito sedata dalla polizia. Nel Centro, dopo i trasferimenti, rimangono circa 300 extracomunitari, 200 dei quali sono tunisini destinati a essere rimpatriati. 27 maggio • approdi – Lampedusa • A Lampedusa, dopo una settimana di stasi, sono ripresi con intensità gli arrivi di migranti dal nord Africa. Una prima imbarcazione con 247 profughi, tra cui 16 donne e cinque bambini, è stata seguita dopo poco da un’altra con a bordo 275 persone, tra cui 36 donne e cinque bambini, mentre altre barche sono già state avvistate. Alla fine, gli arrivi assommeranno a circa 700 persone. Uno sbarco si è verificato anche a Pantelleria da parte di 55 tunisini, tra cui una donna. Anche a Sant’Antioco, in Sardegna, 10 extracomunitari sono stati rintracciati a terra dai carabinieri dopo l’arrivo via mare. 28 maggio • iniziative – Ventimiglia • Alla frontiera di ponte San Ludovico, a Ventimiglia (Im), alcune centinaia di persone, italiane e francesi, hanno effettuato un pic-nic di solidarietà, alla presenza di una delegazione di immigrati tunisini, fermi a Ventimiglia perché impossibilitati a raggiungere la Francia, non disponendo delle risorse economiche richieste. La manifestazione intende rivendicare la libera circolazione delle persone in Europa. 28 maggio • approdi – Lampedusa • Proseguono con intensità gli arrivi di migranti a Lampedusa: 752, tutti provenienti dalla Libia, che portano le presenze sull’isola a oltre 1.800. Secondo i dati

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forniti dal capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, dall’inizio dell’anno sono giunti in Italia 39.000 immigrati. 29 maggio • trasferimenti – Lampedusa • La nave Flaminia è salpata da Lampedusa con a bordo 1.400 migranti sbarcati nelle ultime 48 ore sull’isola diretta a Taranto. Da lì i migranti saranno trasferiti nel Centro di Manduria, dove rimarranno in attesa di essere smistati nelle strutture disponibili nelle diverse regioni. 29 maggio • soccorsi – Canale di Sicilia • Motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza sono intervenute stanotte nel Canale di Sicilia, a 50 miglia da Lampedusa e in una zona di competenza maltese, per trarre in salvo 209 immigrati, fra cui 16 donne e 9 bambini, da un’imbarcazione alla deriva. Dopo l’episodio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha accusato le autorità di Malta di non essere intervenute per scongiurare una possibile tragedia e, tramite il rappresentante diplomatico permanente d’Italia presso l’Unione Europea, ha segnalato il caso alla commissaria Cecilia Malstrom. Fonti comunitarie fanno però notare che Malta è responsabile del coordinamento delle operazioni di salvataggio, ma che ciò non significa che debba intervenire con i propri mezzi: le operazioni di salvataggio devono essere fatte dall’imbarcazione che si trova più vicina, che ne deve informare il Paese che coordina le operazioni per competenza territoriale. 30 maggio • trasferimenti – Lampedusa • Con un volo decollato dall’aeroporto di Catania e diretto a Il Cairo, sono stati rimpatriati 25 cittadini egiziani, tra cui 17 giunti nei giorni scorsi a Lampedusa, insieme ad altri stranieri partiti dalla Libia. Dall’inizio dell’anno sono 412 gli egiziani rimpatriati immediatamente dopo il loro arrivo sulle coste italiane. Ciò, secondo il Viminale, grazie ai sempre più solidi rapporti di cooperazione che intercorrono tra i due Paesi. 31 maggio • approdi – Sicilia • Uno sbarco avvenuto in nottata nel porto di Pozzallo, nel ragusano, con 912 profughi (tra cui 129 donne, alcune delle quali in avanzato stato di gravidanza e trenta bambini) partiti dalla Libia, riapre un nuovo scontro diplomatico tra Italia e Malta (vedi 29 maggio). I migranti hanno infatti raccontato di essere stati avvicinati ieri pomeriggio dalle motovedette maltesi, che si sarebbero però limitate a rifornirli di salvagente e a scortarli fino al limite delle acque di loro competenza. GIUGNO 1° giugno • naufragio – Tunisia • Un’imbarcazione con 700 migranti, diretta verso l’Italia, è stata soccorsa al largo dalla Guardia costiera tunisina, mentre era in procinto di affondare. A bordo si trovavano intere famiglie, con parecchi bambini. 1° giugno • naufragio – Malta • Un barcone in avaria, partito dalla Libia con a bordo 76 profughi, tra cui otto donne e tre bambini, è stato soccorso dalla Marina Maltese. I migranti hanno riferito di avere abbandonato in mare il cadavere di uno di loro, morto di stenti durante il viaggio. 1° giugno • risorse – Lampedusa • La Regione siciliana ha stanziato 700.000 euro di contributo come risarcimento ai pescatori e agli armatori di Lampedusa per il periodo di inattività dovuta all’emergenza immigrazione. Ne dovrebbero beneficiare 280 pescatori e 50 armatori, che riceveranno 2.300 euro i primi e 1.200 i secondi. 2 giugno • proteste – Lampedusa • A Lampedusa una ventina di migranti maghrebini hanno protestato effettuando gesti di autolesionismo, ingoiando lamette da barba e pezzi di vetro e

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sono ricoverati nel poliambulatorio dell’isola. Al momento sono quasi 190 i tunisini presenti nel Centro per gli immigrati, alcuni da oltre un mese, che attendono di essere rimpatriati, secondo quanto previsto dall’accordo italo-tunisino per i migranti giunti dopo il 5 aprile. 2 giugno • approdi – Puglia • Un’imbarcazione con 146 migranti a bordo, proveniente dalla Libia, è approdata nel porto di Otranto. 2 giugno • naufragio –Tunisia • Una imbarcazione partita da Tripoli giorni fa e diretta a Lampedusa è naufragata al largo della Tunisia, la cui Guardia costiera è riuscita a portare in salvo circa 570 persone, ma i dispersi sono oltre 200. Sono stimate in oltre 1.300 le persone ingoiate dalle acque del Mediterraneo in questi primi mesi dell’anno, ma la cifra potrebbe essere più alta, non essendovi dati ufficiali. 3 giugno • iniziative – Lampedusa • Il capo del Dipartimento della Protezione civile Franco Gabrielli è intervenuto a un convegno nell’ambito dell’evento di tre giorni Susiti (in siciliano “alzati”), organizzato dalla fondazione O’ Scia’ del cantante Claudio Baglioni. Nell’occasione, Gabrielli ha annunciato che il ministero dell’Ambiente ha previsto uno stanziamento di 15 milioni di euro per Lampedusa. 3 giugno • proteste – Lampedusa • Altri due tunisini sono stati trasferiti all’ospedale di Palermo dopo avere ingoiato alcune lamette da barba. Negli ultimi giorni sono circa trenta i tunisini che hanno attuato gesti di autolesionismo nel Centro di Lampedusa per evitare di essere rimpatriati. 5 giugno • proteste – Pantelleria • Alcuni immigrati, alloggiati nell’ex caserma Barone di Pantelleria, hanno protestato e attuato gesti di autolesionismo, chiedendo di essere trasferiti a Trapani. 6 giugno • proteste – Bari • Due cittadini marocchini e nove tunisini sono stati arrestati dopo i disordini e il tentativo di fuga avvenuti nei due giorni precedenti dentro al CIE di Bari. Gli immigrati sono accusati di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato. 6 giugno • proteste – Catania • Un centinaio di migranti, alloggiati nel Villaggio della solidarietà di Mineo, ha occupato la strada statale Catania-Gela. Motivo della protesta sono i ritardi nell’insediamento delle Commissioni deputate a stabilire lo status di rifugiato politico dei richiedenti asilo. 6 giugno • proteste – Lampedusa • Sono ripresi i rimpatri dei migranti tunisini sbarcati nelle ultime settimane a Lampedusa, dove sono presenti circa 680 immigrati, una novantina dei quali sono tunisini, ai quali se ne aggiungono altri 14 appena sbarcati a Linosa. Dopo le proteste dei giorni precedenti avvenute a Lampedusa (vedi 2 e 3 giugno), la sera prima sei tunisini si sono feriti con cocci di vetro nel Centro di Pantelleria. 8 giugno • proteste – Caserta • Un incendio è divampato durante la notte nel CIE di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Secondo la polizia, l’incendio è stato provocato dagli immigrati. Diversa la versione dell’ARCI e della Rete antirazzista, che sostiene che le fiamme sono state causate dal lancio di lacrimogeni da parte degli agenti, intervenuti per sedare una protesta. Gli attivisti antirazzisti hanno anche denunciato le condizioni all’interno della struttura, definite «disumane», e reso noto che sarebbero frequenti gli atti di autolesionismo, come quelli di un profugo che avrebbe bevuto candeggina e di un altro che avrebbe ingerito pezzi di vetro. Anche i sindacati UIL e CGIL hanno parlato di «condizioni indegne, al limite del disumano». A seguito dell’incendio e delle proteste, i 90 migranti presenti nel CIE verranno trasferiti nei CARA di

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Manfredonia, Foggia e Crotone. 9 giugno • Europa – Malta • In un Rapporto pubblicato dopo la sua visita a Malta, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, afferma che l’attuale legge in vigore a Malta sull’immigrazione, che impone la detenzione obbligatoria per tutti gli immigranti che arrivano sull’isola, siano essi richiedenti asilo, minori non accompagnati, donne incinte, o persone con problemi psichici o fisici, non è coerente con quanto previsto dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e dovrebbe quindi essere emendata. 9 giugno • governo – Lampedusa • Il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla ha reso noto che dal 1° maggio all’8 giugno lo spot della campagna istituzionale per la promozione del turismo a Lampedusa è passato sulle reti RAI 111 volte. Il Consiglio dei ministri ha invece comunicato di aver incaricato il ministro Stefania Prestigiacomo di coordinare il Piano di interventi per l’isola, sulla base di quanto stabilito dal governo. Il premier Berlusconi ha ribadito che gli impegni assunti con gli amministratori dell’isola saranno rispettati. Già nei prossimi giorni sarà riunito, presso il ministero dell’Ambiente, un tavolo tecnico per accelerare gli interventi. Oltre al sindaco dell’isola De Rubeis, all’incontro saranno presenti anche l’assessore regionale Gian Maria Sparma, Claudio Baglioni, cittadino onorario di Lampedusa, la senatrice Angela Maraventano e il vice presidente del consorzio degli albergatori, Lino Maraventano. 10 giugno • approdi – cifre • Il sottosegretario dell’Interno Sonia Viale ha riferito alla Commissione Affari costituzionali della Camera i dati relativi agli arrivi di migranti sulle coste italiane: nei primi cinque mesi del 2011 gli stranieri arrivati sono stati 42.807 in 507 sbarchi, contro i 4.406 arrivati in tutto il 2010 in 159 sbarchi. Lo scorso anno il luogo di maggior approdo era stata la Puglia, con 46 sbarchi sui 159 complessivi. Nel 2011, invece, è stata Lampedusa la meta principale, con 370 sbarchi sui 507 sbarchi totali; altri 6 si sono registrati in altre isole o località della provincia di Agrigento, e 84 in altre spiagge della Sicilia; la Puglia scende a 16, crolla la Sardegna a 3, mentre la Calabria si tiene in media con 25 sbarchi; uno si è registrato anche in Friuli. Per quanto riguarda i luoghi di provenienza degli arrivati, nel 2011 al primo posto è stata la Tunisia con oltre la metà: 24.356, al secondo posto il Corno d’Africa, con 4.157 immigrati (Somalia, Eritrea, Etiopia). Seguono tre paesi dell’africa subsahariana come la Nigeria (1.689), il Ghana (1.312) e il Mali (1.134). Sensibile il numero dei minori non accompagnati giunti in Italia: 1.948, mentre altri 200 sono arrivati con la loro famiglia o almeno con un parente adulto; nel 2010 arrivarono 698 minori non accompagnati e 337 con almeno un adulto. 11 giugno • approdi – Lampedusa • Dopo undici giorni di pausa, sono ripresi gli arrivi di migranti a Lampedusa, con 1.506 nuovi arrivi tra cui 135 donne e 22 bambini. I barconi soccorsi da Guardia di finanza e Guardia costiera sono stati sette. 14 giugno • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione partita dalla Libia con 290 profughi, tra cui 27 donne e una decina di bambini, è giunta a Lampedusa, mentre gli oltre 1.500 migranti arrivati nei giorni scorsi sono già stati trasferiti verso altri centri italiani. 15 giugno • approdi – Lampedusa • È giunto a Lampedusa un barcone proveniente dalla Tunisia. A bordo, oltre a 19 migranti, tra cui sei donne e un bambino, anche una pecora. «I tunisini li rimpatrieremo, la pecora non lo so», ha scherzato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. I migranti sono stati rinchiusi nel Centro sull’isola, mentre l’ovino è stato abbattuto.

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16 giugno • governo – Lampedusa • Il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento che stanzia 26 milioni di euro di aiuti a Lampedusa. Al termine della riunione, il premier Berlusconi ha annunciato che l’Italia porterà in sede europea la richiesta di far diventare Lampedusa zona franca, al fine di favorirne il rilancio turistico. 16 giugno • proteste – Puglia • Un gruppo di immigrati ospitati nel Centro richiedenti asilo di Bari Palese ha occupato per alcune ore i binari della linea ferroviaria Bari-Foggia. La protesta è stata attuata per sollecitare il riconoscimento dello status di rifugiato politico. 16 giugno • approdi – Calabria • Circa cinquanta immigrati di varie nazionalità, partiti dalla Grecia a bordo di un motoscafo, sono sbarcati sulla spiaggia di Torre Melissa, nel crotonese. 16 giugno • governo – normative • Su proposta del ministro Maroni, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che consente di trattenere gli extracomunitari dei CIE sino a 18 mesi, triplicando dunque il limite in vigore. È stato inoltre introdotto l’allontanamento coattivo anche per i cittadini comunitari e il ripristino delle espulsioni dirette per gli irregolari. Secondo Maroni, il provvedimento sarebbe coerente con le norme europee e fornirebbe «un’interpretazione della direttiva europea sui rimpatri (la 115 del 2008), che finora era stata interpretata dalla magistratura con la possibilità di consegnare ad alcuni clandestini un foglio di via, dando loro da sette a trenta giorni per allontanarsi dall’Italia, vietando di fatto le espulsioni coattive». 17 giugno • approdi – Puglia • Un’imbarcazione, con a bordo 31 migranti, tra i quali sei minori, è stata bloccata dalla Guardia di finanza al largo di Santa Maria di Leuca. È stato arrestato un uomo, un cittadino greco, che avrebbe guidato il motoscafo. 17 giugno • proteste – Verona • Una ventina di migranti ha occupato per un’ora un’ala dell’anfiteatro Arena di Verona per protestare contro il mancato rinnovo dei permessi di soggiorno. Dopo aver scalato un’impalcatura presente per lavori di restauro del monumento, i manifestanti hanno calato uno striscione con la scritta «Sanatoria truffa 2009». Nei giorni precedenti gli stessi immigrati avevano occupato la chiesa di San Nicolò, non lontano dall’Arena 17 giugno • trasferimenti – Lampedusa • Cinquanta tunisini ed egiziani sono stati trasferiti in aereo da Lampedusa verso i CIE di Trapani e Torino, in attesa del rimpatrio. Sull’isola restano ancora circa 300 minori non accompagnati, ospitati nella ex base Loran, e un centinaio di maghrebini. 17 giugno • accordi – Libia • Il ministro degli Esteri, Franco Frattini e il Primo ministro del Comitato di transizione libico (CNT), Mahmud Jibril, hanno firmato oggi a Napoli un accordo che prevede scambio di informazioni, reciproca assistenza e cooperazione nella lotta all’immigrazione illegale, compreso il rimpatrio di immigrati in posizione irregolare. 18 giugno • proteste – Roma • Alcuni immigrati hanno incendiato dei materassi nel CIE di Ponte Galeria, a Roma. 18 giugno • proteste – Bologna • Un tunisino di 28 anni si è arrampicato su un’impalcatura fuori dal dormitorio pubblico minacciando di buttarsi di sotto; l’uomo si è anche ferito più volte tagliandosi sul petto. La polizia ha poi denunciato l’immigrato, proveniente da Lampedusa, per resistenza e lesioni finalizzate alla resistenza. Giunto a Bologna, dopo alcuni giorni era stato allontanato dal dormitorio e i vigili urbani gli avrebbero sequestrato le coperte che si era procurato per dormire per strada. Da qui la sua protesta. 19 giugno • ONU – Lampedusa • L’alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, Antonio

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Guterres, ha incontrato a Lampedusa le autorità locali, tra cui il prefetto di Agrigento Francesca Ferrandino e il sindaco Bernardino De Rubeis. Nell’occasione, Guterres ha osservato che la detenzione dei migranti deve essere un’eccezione. 19 giugno • proteste – Lombardia • A Milano alcuni extracomunitari si sono anche incatenati per protesta davanti alla sede della Lega Nord. L’iniziativa, che ha visto anche uno sciopero della fame e un comizio, è tesa a ottenere il permesso di soggiorno da parte di un centinaio di stranieri. Anche a Brescia è in corso uno sciopero della fame per gli stessi motivi e due immigrati sono stati ricoverati in ospedale a causa del prolungato digiuno. Gli immigrati, sostenuti da associazioni e sindacati, chiedono che venga data attuazione alla decisione del Consiglio di Stato, in base alla quale la condanna per clandestinità non è ostativa all’ammissione alla sanatoria per colf e badanti del 2009. 20 giugno • proteste – Catania • Un centinaio di migranti alloggiati nel Villaggio della solidarietà di Mineo, ha nuovamente (vedi 6 giugno) occupato la strada statale per denunciare i ritardi nell’insediamento delle commissioni che dovranno stabilire lo status di rifugiato politico dei richiedenti asilo. Nel Villaggio di Mineo vi sono circa 2.000 migranti, la maggior parte dei quali richiedenti asilo. 20 giugno • naufragi – Europa • Mentre si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha annunciato che condurrà un’inchiesta sulla morte, avvenuta nel mese di maggio, di 61 persone decedute su un’imbarcazione proveniente dalla Libia, dopo che le loro richieste di aiuto non sarebbero state ascoltate. Alla questione dei rifugiati che stanno giungendo dalle coste dell’Africa del nord sono dedicati due Rapporti che l’assemblea discuterà e voterà l’indomani. 22 giugno • approdi – Lampedusa • Sono giunti durante la notte a Lampedusa due imbarcazioni, probabilmente provenienti dalla Libia, con a bordo 411 migranti, tra cui 59 donne e tre minori. Poche ore dopo è arrivata una terza imbarcazione, con altri 840 migranti, tra cui 117 donne e 28 minori. Durante uno degli sbarchi è morto un giovane; secondo i primi risultati dell’esame medico-legale, la causa del decesso sarebbero alcune ferite riportate alla testa e provocate dalle eliche del natante. 23 giugno • approdi – Lampedusa • Ventisette migranti, tra cui una donna, sono stati fermati dai carabinieri dopo lo sbarco avvenuto in mattinata a Lampedusa. Tra loro vi è una donna. Al momento sono 1.630 i migranti presenti a Lampedusa nel Centro d’accoglienza e alla base Loran, dove alloggiano i circa 450 minori non accompagnati. 23 giugno • arresti – Lampedusa • Nei primi cinque mesi del 2011 la Guardia di finanza ha arrestato 68 “scafisti” e sequestrato 85 mezzi navali utilizzati per i viaggi dei migranti. 23 giugno • patrocinio – profughi • Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari ha deciso di ammettere, pur in via provvisoria, al patrocinio a spese dello Stato i cittadini stranieri provenienti dalla Libia, anche se di diversa nazionalità. 23 giugno • sgravi – Lampedusa • La Camera dei deputati ha approvato all’unanimità le mozioni presentate sia dalla maggioranza sia dall’opposizione tese a garantire esenzioni fiscali in favore di Lampedusa in relazione all’emergenza immigrazione. 23 giugno • naufragi – Europa • L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha ufficialmente aperto un’inchiesta, affidata alla senatrice olandese Tineke Strik, sulle responsabilità della morte di oltre 1.000 persone nelle acque del Mediterraneo mentre cercavano

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di raggiungere le coste europee (vedi 20 giugno). 24 giugno • arresti – Lampedusa • La polizia ha arrestato due nigeriani con l’accusa di essere gli scafisti della barca che è approdata a Lampedusa il primo maggio, con 253 passeggeri a bordo. Dopo lo sbarco, uno dei migranti parlò di riti propiziatori effettuati dagli scafisti per agevolare la traversata con violenze su donne e persone gettate in mare. 27 giugno • proteste – Modena • Dopo una violenta protesta all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Modena, trenta immigrati sono riusciti a fuggire dalla struttura. I fuggitivi sono per lo più di nazionalità tunisina e provenivano da Lampedusa. Alcuni di loro sono stati subito rintracciati e riportati nel CIE. 29 giugno • approdi – Lampedusa • Tre imbarcazioni con centinaia di migranti sono giunte a Lampedusa nell’arco della giornata: con la prima sono sbarcati 225 migranti, tra i quali 30 donne e 12 bambini; nella seconda vi erano 328 passeggeri, tra i quali 19 donne e cinque minori; nella terza 170 immigrati, di cui 24 donne e 4 bambini. 29 giugno • sentenza – naufragio • La Corte d’appello di Lecce ha ridotto le condanne inflitte in primo grado ai comandanti della corvetta italiana Sibilla e della motovedetta albanese Kater Rades I, accusati di naufragio e omicidio colposo per la collisione avvenuta il 28 marzo 1997 nel canale d’Otranto, che causò l’affondamento della Kater Rades e la morte di 108 migranti provenienti dall’Albania. Al comandante italiano Fabrizio Laudadio sono stati inflitti due anni e quattro mesi di reclusione (in primo grado erano tre anni), all’albanese Namik Xhaferi tre anni e dieci mesi (a fronte dei quattro anni del primo grado). Il procuratore generale Giuseppe Vignola aveva invece chiesto l’assoluzione per Laudadio. 29 giugno • minori – Lampedusa • Un centinaio dei minorenni, alloggiati nell’ex base militare Loran di Lampedusa, ha protestato pacificamente chiedendo di poter andare via da Lampedusa dove molti di loro si trovano da parecchio tempo. Secondo gli ultimi dati forniti dalle organizzazioni umanitarie, i minorenni non accompagnati presenti nell’isola sono oltre 400. Di questi, circa 250 sono nella base Loran e gli altri nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza. In 190 si trovano sull’isola da almeno un mese e 80 tra questi sono sbarcati a Lampedusa tra il 12 e il 19 maggio. La gran parte dei minori soli ha 16-17 anni, ma vi sono anche 12-13enni. Save The Children ha chiesto il trasferimento del ragazzi, stante il grave sovraffollamento e le condizioni igieniche assai precarie. 30 giugno • trasferimenti – Lampedusa • Oltre mille migranti hanno lasciato Lampedusa a bordo della nave Excelsior; sono stati imbarcati anche 90 dei circa 400 minori non accompagnati che erano presenti sull’isola, dove ora restano circa 250 profughi provenienti dall’Africa subsahariana e 50 tunisini. LUGLIO 1° luglio • approdi – Puglia • 32 extracomunitari, tra cui tre donne, che hanno dichiarato di essere cittadini afghani, subito dopo lo sbarco sulle coste salentine, sono stati fermati dalla Guardia di finanza e condotti nel Centro di prima accoglienza di Otranto. 2 luglio • approdi – Lampedusa • Un barcone partito dalla Libia con 214 profughi, tra i quali 27 donne e 11 minori, è stato soccorso al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera. Gli extracomunitari, provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana, sono stati portati nel Centro di prima accoglienza.

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3 luglio • minori – Lampedusa • Oltre 80 minorenni immigrati arrivati stamattina da Lampedusa hanno trovato accoglienza nella città di Napoli. Secondo quanto comunicato dall’assessore alle Politiche sociali del Comune, Sergio D’Angelo, potrebbe essere attivata per loro una rete di famiglie affidatarie in modo da assicurare un’accoglienza individuale. 4 luglio • ONU – reinsediamento • L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha lanciato un appello ai governi per un aumento delle offerte di posti per il reinsediamento di quei rifugiati che non possono tornare in patria, né restare nel primo Paese d’asilo. Annualmente sono disponibili solo 80.000 posti di reinsediamento in un Paese terzo (resettlment), mentre si stima che circa 780.000 profughi dovranno essere reinsediati nei prossimi 3-5 anni, di cui 172.000 in modo prioritario già nel 2012. 4 luglio • approdi – Lampedusa • Un imbarcazione proveniente dalla Tunisia, con a bordo 55 migranti, tra cui due donne, è arrivata a Lampedusa. 5 luglio • governo – Lampedusa • Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, è giunta sull’isola di Lampedusa in qualità di responsabile del piano di riqualificazione dell’isola siciliana voluto dal governo e che prevede 26 milioni di euro per l’isola siciliana. 5 luglio • ispezioni – CIE • Il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato assieme ad altri senatori componenti la Commissione si è recato in visita al CIE di Ponte Galeria alle porte di Roma, dove si trovano rinchiusi circa 240 stranieri. 5 luglio • approdi – Calabria • Una cinquantina di immigrati sono stati fermati lungo la costa calabrese, nella zona compresa tra Soverato e Sant’Andrea sullo Ionio, dopo essere sbarcati da un catamarano. 6 luglio • arresti – sanatoria • Quindici persone sono state arrestate a Roma con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’ingresso in Italia di immigrati clandestini. Gli arrestati avrebbero falsificato la documentazione per gli alloggi e quella legata a rapporti di lavoro inesistenti al fine di fare ottenere la sanatoria a colf e badanti e il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno per ricongiungimento familiare. Il prezzo per ogni pratica che gli stranieri erano costretti a pagare era di circa 1.000 euro. 6 luglio • arresti – traffico • Un’operazione della squadra mobile di Lecce, insieme a quelle di Bologna, Ravenna, Milano, Roma, Bari, Brescia, Bergamo e Cremona, ha portato all’arresto di 18 persone ritenute appartenenti a una organizzazione finalizzata al traffico di immigrati clandestini. Gli immigrati che si affidavano all’organizzazione per raggiungere le coste italiane sborsavano dai mille ai duemila euro a persona e il pagamento avveniva attraverso gli uffici di money transfer. 6 luglio • arresti – Lampedusa • Tre extracomunitari, ritenuti gli scafisti dell’imbarcazione con la quale il 19 maggio scorso sono arrivati a Lampedusa 494 migranti, sono stati arrestati dalla polizia. Dalle indagini è emerso che il barcone era salpato dalla Libia e che i passeggeri imbarcati avevano pagato tra i 600 e gli 800 dollari ciascuno. Diversi migranti hanno dichiarato che alle operazioni di imbarco che hanno preceduto la partenza erano presenti numerosi militari libici. 8 luglio • minori – Lampedusa • Un gruppo di minori sbarcati a Lampedusa da oltre un mese, ha effettuato una nuova protesta (vedi 29 giugno), salendo sul tetto del Centro di accoglienza e chiedendo di potere lasciare al più presto l’isola. Al momento sono 380 i minori non accompagnati che si trovano a Lampedusa, distribuiti tra il Centro d’accoglienza di contrada

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Imbriacola e l’ex base Loran. 9 luglio • approdi – Lampedusa • Sono approdati a Lampedusa quattro barconi provenienti dalla Libia con a bordo 1041 migranti, tra i quali 122 donne, molte delle quali in stato di gravidanza, e 33 bambini. Il premier Berlusconi, che avrebbe dovuto arrivare sull’isola, ha disdetto la propria visita. 10 luglio • approdi – Lampedusa • Un barcone con il motore in avaria e un principio d’incendio a bordo è stato soccorso dalla Guardia costiera al largo di Lampedusa. A bordo vi erano 299 profughi partiti dalla Libia, tra i quali 13 donne e un bambino, originari di paesi dell’Africa sub sahariana. Sono 2053 (1363 uomini, 176 donne e 514 minori) i migranti presenti a Lampedusa e dislocati tra la base Loran e il Centro di prima accoglienza. 11 luglio • approdi – Calabria • Un barcone con a bordo 41 egiziani e due palestinesi è stato intercettato dalla Guardia di finanza al largo di Catanzaro Lido. 11 luglio • arresti – Sicilia • Dieci extracomunitari, sei libici, due dei quali presunti minorenni, e quattro egiziani, sono stati fermati con l’accusa di essere gli scafisti dello sbarco di 105 immigrati avvenuto il 7 luglio scorso sulle coste ragusane. 11 luglio • TBC – CARA • Un caso di tubercolosi polmonare è stato scoperto nel Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo allestito a Civitavecchia, dove negli ultimi mesi sono stati trasferiti gruppi di immigrati che erano sbarcati anche da Lampedusa. L’infezione da Tbc è stata accertata su un cittadino ghanese di circa 35 anni. Tiziano Zuccolo, che gestisce la struttura per conto della cooperativa sociale Domus Caritatis, e i responsabili della ASL hanno escluso rischi di contagio e la chiusura del Centro. 11 luglio • CIE – Lampedusa • L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto il rispetto della legge in vigore, evitando che i richiedenti asilo che arrivano a Lampedusa siano trasferiti nei Centri di Identificazione ed Espulsione, come è avvenuto in alcuni casi negli ultimi tempi, anziché nei Centri preposti, i CARA. 12 luglio • approdi – Puglia • Trentasei migranti, afgani, pakistani, e indiani, sono stati bloccati dalla polizia a sud di Gallipoli dopo essere sbarcati da una barca a vela, il cui conducente è stato arrestato. 12 luglio • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione proveniente dalla Libia è stata soccorsa al largo di Lampedusa. A bordo vi erano 282 migranti, tra cui numerose donne e bambini. 13 luglio • arresti – Lampedusa • La polizia di Agrigento ha arrestato quattro persone con l’accusa di fare parte di una banda che gestiva la fuga di immigrati tunisini dal Centro di accoglienza di Lampedusa, prima del loro rimpatrio. In cambio di 3.000 euro ciascuno, i migranti venivano condotti fino al confine con la Francia. Tra gli arrestati, un tunisino mediatore culturale del Centro di accoglienza. 13 luglio • trasferimenti – Puglia • È attraccata a Taranto la nave Moby Fantasy, partita da Lampedusa con 1.109 migranti a bordo: 859 sono stati portati a Manduria, nella tendopoli allestita nel mese di marzo. Altri 250 sono destinati a Campobasso, in un’altra struttura di accoglienza. Con i nuovi arrivi nel campo di Manduria le presenze salgono così a circa 1.300 persone. Dopo un sopralluogo, il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, ha definito «allucinanti» le condizioni di vita nel campo e ne ha chiesto l’immediata chiusura. Anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha chiesto lo smantellamento della tendopoli, scrivendo al capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, e offrendo la disponibilità

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della Regione a valutare l’ipotesi di utilizzo della ex base USAF di San Vito dei Normanni (Brindisi). 14 luglio • leggi – Camera • La Camera dei deputati ha approvato il decreto legge sui rimpatri, tra l’altro triplicando i tempi di possibile permanenza nei CIE, che potranno arrivare a 18 mesi. Si allunga anche, da cinque a sette giorni, il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso i Centri. La stretta è alleggerita dall’arrivo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui potranno beneficiare anche i minori ammessi a un progetto di integrazione sociale e civile. Hanno votato a favore PDL e Lega, mentre hanno espresso voto contrario PD, IDV, Terzo Polo e MPA. Il provvedimento passa quindi all’esame del Senato. 15 luglio • approdi – Puglia • Una decina di migranti su un gommone in avaria nel canale d’Otranto sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera. 16 luglio • approdi – Calabria • Cinquantadue immigrati sono stati rintracciati dalla Guardia di finanza a bordo di una barca a vela al largo delle coste della Calabria. Si tratta di 17 uomini, 15 donne e 20 bambini, la metà dei quali ha meno di due anni; 39 sono afghani, quattro iraniani e nove siriani. 16 luglio • approdi – Puglia • Trentuno immigrati di nazionalità afghana, pakistana e irachena sono stati fermati dalla polizia sulla litoranea che collega le due marine leccesi di San Cataldo e Torre Chianca. 16 luglio • arresti – sfruttamento • I carabinieri hanno arrestato un imprenditore agricolo a Cessaniti (Vibo Valentia) con l’accusa di aver ridotto in schiavitù un immigrato ghanese, facendolo lavorare fino a venti ore al giorno e sottoponendolo a maltrattamenti. I fatti contestati risalgono al periodo tra novembre 2009 e gennaio 2010. 17 luglio • approdi – Lampedusa • 231migranti, tra cui 18 donne e nove bambini, provenienti da paesi dell’Africa subsahariana sono stati soccorsi al largo di Lampedusa dalla Guardia Costiera e dalla Guardia di Finanza. 17 luglio • approdi – Puglia • Lungo la litoranea di Porto Badisco, verso Otranto, sono stati rintracciati 16 migranti, tra cui due donne, probabilmente sbarcati durante la notte. Tutti sono stati condotti al Centro don Tonino Bello di Otranto. 18 luglio • stanziamenti – Lampedusa • La presidenza del Consiglio ha stanziato 200 milioni di euro per affrontare l’emergenza immigrazione. Il provvedimento, proposto dal capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, indica complessivamente in 728 milioni di euro le risorse necessarie per gli ulteriori interventi correlati all’emergenza fino al 31 dicembre 2011. L’ordinanza inoltre dispone l’impiego di venti militari per «concorrere al ripristino e mantenimento delle condizioni igienico sanitarie nel territorio dell’isola di Lampedusa compromesse dall’eccezionale flusso migratorio verificatosi durante lo stato di emergenza umanitaria». Viene poi previsto l’impiego di un’unità navale della Marina militare e di cinque militari in Tunisia, per attività di cooperazione con la Marina tunisina. Per l’attuazione dell’accordo tra i due Paesi vengono assegnati 40 milioni di euro, mentre 50 milioni sono assegnati al commissario delegato all’emergenza, lo stesso Gabrielli. Altri fondi sono destinati alle forze di polizia e dei vigili del fuoco impiegate nelle attività di ordine pubblico o soccorso pubblico. 18 luglio • arresti – CARA • 5 immigrati sono stati arrestati dopo essere rimasti feriti in una rissa

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esplosa davanti al Centro di Accoglienza per i Richiedenti Asilo politico di Bari nella serata di ieri. 19 luglio • cinema – Lampedusa • È iniziata la III edizione del Lampedusa in Festival, che durerà sino al 23 luglio. Si tratta di una manifestazione che affronta il tema dell’immigrazione nell’isola. Al concorso partecipano 150 opere da tutta Italia e dall’estero. Oltre a quello dell’immigrazione, il Festival affronta anche i temi della legalità, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. La manifestazione, che di recente ha ricevuto la medaglia d’onore del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, promuove anche la campagna di incentivazione turistica “Io vado a Lampedusa www.iovadoalampedusa.com”, che ha tra i suoi obiettivi quello di contribuire al rilancio del turismo sull’isola. 19 luglio • trasferimenti – Lampedusa • 826 immigrati, per lo più africani e asiatici, provenienti da Lampedusa sono sbarcati dalla nave Moby Fantasy nella base navale di mar Grande, a Taranto. 746 persone sono destinate al Centro allestito nell’ex aeroporto sulla strada Manduria-Oria, mentre altre 80 sono dirette a Massa Carrara, in Toscana. 20 luglio • integrazione – Europa • Permettere la piena partecipazione dei migranti a tutti gli aspetti della vita collettiva in Europa: è questo l’obiettivo dell’Agenda per l’integrazione adottata dalla Commissione Europea. Secondo Cecilia Malmstrom, commissario agli Affari interni, nell’Unione vivono 20 milioni di cittadini di Paesi terzi, il 4% della popolazione totale. Nei prossimi anni l’Unione avrà necessità di milioni di lavoratori provenienti da Paesi terzi. Nella sua Agenda l’esecutivo comunitario indica perciò le linee direttrici alle autorità nazionali per migliorare le loro politiche d’integrazione, impegnandosi anche a fornire maggiori fondi per progetti specifici. 20 luglio • proteste – Bologna • Una protesta nel CIE di Bologna è degenerata provocando danni e rendendo inagibili alcune stanze. 21 luglio • rifugiati – Commissione • Ha cominciato i lavori a Milano la nuova sezione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. La nuova struttura, che si aggiunge a quella di Mineo (Catania) e Verona, è stata istituita dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, con un decreto lo scorso 11 luglio, per snellire i tempi per l’esame delle richieste di prima accoglienza dei rifugiati. 23 luglio • arresti – sfruttamento • Sono stati arrestati due dei quattro imprenditori di Tarquinia (Vt), denunciati il 6 luglio scorso per associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e alla regolarizzazione di stranieri dietro pagamento, nell’ambito di un’operazione denominata “Kunta Sing”. Gli imprenditori avrebbero costretto una decina di immigrati, per lo più originari dell’India, a lavorare nei campi sino a 15 ore al giorno per 100 euro al mese. Gli immigrati sarebbero stati costretti a vivere ammassati in stalle infestate da topi, senza servizi igienici e con cibo scarso. 25 luglio • proteste – informazione • Si chiama “LasciateCIEentrare” l’iniziativa promossa davanti a numerosi Centri per immigrati dalla Federazione nazionale della stampa e dall’Ordine dei giornalisti, insieme con molte organizzazioni umanitarie. La mobilitazione, cui partecipano giornalisti italiani e stranieri, parlamentari di numerose forze politiche, consiglieri regionali, sindacalisti, associazioni e attivisti della società civile, chiede il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e il ritiro della circolare n. 1305 del ministero dell’Interno che limita il diritto-dovere d’informazione vietando l’ingresso dei giornalisti nei Centri di Identificazione ed

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Espulsione per Immigrati e nei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo. 25 luglio • Schengen – Europa • La Commissione UE ha reso oggi nota la propria valutazione finale circa le divergenze emerse nei mesi scorsi tra Italia e Francia, in seguito al massiccio afflusso di immigrati irregolari dalla Tunisia che, ottenuto il permesso temporaneo dalle autorità italiane, in molti casi hanno provato l’ingresso in Francia, attraverso il valico di Ventimiglia. Secondo la commissaria agli Affari interni, Cecilia Malmstrom, le misure prese da Italia e Francia sono state formalmente conformi al diritto comunitario, tuttavia è mancata la solidarietà e la collaborazione, vale a dire l’essenza degli accordi per la libera circolazione delle persone, firmati a suo tempo dai Paesi europei a Schengen. 25 luglio • bambini – Lampedusa • L’organizzazione umanitaria Terre des Hommes, aderendo alla mobilitazione LasciateCIEentrare, ha denunciato le inaccettabili condizioni in cui sono lasciati i minori migranti a Lampedusa, chiedendo che venga avviato al più presto un sistema di accoglienza e protezione dei minori più efficiente e rispettoso dei loro diritti, in conformità agli impegni presi in sede internazionale dal governo Italiano. 27 luglio • proteste – CARA • Oltre 300 migranti alloggiati nel CARA di Mineo hanno bloccato la strada statale 417 Catania-Gela per chiedere lo status di rifugiati politici. Durante la notte gli immigrati hanno poi provocato piccoli incendi all’interno del Centro. Nella struttura sono presenti circa duemila immigrati. Anche la polizia, intervenuta in forze per sedare le proteste, annuncia manifestazioni per denunciare la carenza di personale e i rischi di un Centro definito come «una bomba ad orologeria». 28 luglio • proteste – CARA • Sono salite le tensioni al CARA di Trapani, dopo che 50 dei 256 migranti lì alloggiati hanno saputo che non avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno. Anche le condizioni di vita nella struttura, con persone costrette a dormire sul pavimento, contribuiscono ad alimentare il malcontento. 28 luglio • permessi – regolamento • Il Consiglio dei ministri ha approvato il regolamento attuativo della legge 94 del 2009, che vincola la concessione del permesso di soggiorno agli stranieri a un percorso di formazione di due anni in cui, dispone il governo, vanno raggiunti «'specifici obiettivi di integrazione». Il regolamento dovrà ottenere il via libera dalla Corte dei conti, prima della pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale” e di poter divenire operativo. In pratica, si tratta del cosiddetto “permesso a punti”: con 30 crediti (da acquisire attraverso percorsi di formazione professionale, conseguimento di un titolo di studio, iscrizione al sistema sanitario, stipula di un contratto d’affitto o di acquisto di un immobile, attività di volontariato) si verrà “promossi”, ottenendo il permesso di soggiorno; sotto quel punteggio e sino a16 si verrà invece “rimandati”, mentre con zero punti si sarà espulsi. Lo straniero dovrà acquisire la conoscenza di base della lingua italiana parlata e una sufficiente conoscenza dell’organizzazione delle istituzioni pubbliche e della vita civile in Italia; dovrà rispettare i principi della Carta dei valori istituita con decreto del ministro dell’Interno nel 2007. 29 luglio • proteste – CARA • Una cinquantina di immigrati, alloggiati nel CARA di Salinagrande (Tp), hanno protestato, in maniera pacifica, davanti alla struttura dopo che la Commissione territoriale per l’immigrazione ha bocciato le domande per i permessi di soggiorno. 30 luglio • approdi – Calabria • Trentotto immigrati, tutti palestinesi tranne un egiziano, sono stati rintracciati dai carabinieri a Caulonia, nella Locride, poco dopo essere sbarcati da un barcone.

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30 luglio • proteste – CIE • Durante la notte, nel corso di una protesta esplosa nel CIE di Ponte Galeria a Roma, quattro immigrati algerini sono riusciti a fuggire, ma sono stati ripresi poco dopo. Riportati nella struttura, si è scatenata una rivolta durata alcune ore,con lanci di oggetti e incendi. 31 luglio • approdi – Lampedusa • Un barcone di 15 metri, con circa 300 persone a bordo, è stato soccorso al largo di Lampedusa. I migranti a bordo proverrebbero dai Paesi subsahariani. AGOSTO 1° agosto • morti – Lampedusa • Nel barcone proveniente dalla Libia e soccorso nella serata di ieri al largo di Lampedusa (vedi 31 luglio) con 271 migranti a bordo sono stati rinvenuti 25 cadaveri. Secondo i racconti e i successivi accertamenti, un altro migrante era morto in precedenza poiché gettato in mare dagli “scafisti”. I 25 deceduti, probabilmente soffocati, erano stati chiusi nella stiva. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta. 1° agosto • proteste – Bari • La protesta di gruppo di migranti alloggiati nel CARA di Bari è sfociata in scontri con le forze dell’ordine, con lanci di sassi e di lacrimogeni. La stazione ferroviaria e la strada statale sono state bloccate per molte ore. Numerosi i feriti e 28 gli arrestati. 1° agosto • proteste – Crotone • Una trentina di immigrati somali, che lamentano ritardi nel riconoscimento dello status di rifugiati politici, hanno protestato nel Centro di accoglienza Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Crotone). La protesta ha dato luogo a danneggiamenti e lanci di sassi contro la polizia; cinque gli agenti feriti, oltre a diversi immigrati, due gli arrestati. Il Centro Sant’Anna, con la sua capienza di 1.200 posti, poi ridotta a 900 a causa di lavori di ristrutturazione, è uno dei più grandi d’Europa. È suddiviso in CPA e in CARA. 1° agosto • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione con a bordo 53 migranti, probabilmente tunisini, è approdata a Lampedusa. 2 agosto • informazione – CIE • Il Senato ha approvato un ordine del giorno, proposto dal PD e accolto dalla maggioranza, che «impegna il governo a predisporre e adottare con urgenza tutte le misure necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori dell’informazione l’accesso ai Centri per immigrati e richiedenti asilo, modificando le regole di accesso e neutralizzando così gli effetti della circolare del ministro dell’Interno n.1305 del primo aprile 2011». La Federazione Nazionale della Stampa e l’Ordine dei giornalisti hanno salutato con favore la decisione del Senato, così come le associazioni e i sindacati che nei mesi scorsi avevano promosso la rete “LasciateCIEntrare”, per rivendicare il diritto dell’opinione pubblica a essere informata su ciò che avviene all’interno dei Centri. 2 agosto • approdi – Lampedusa • Un barcone con a bordo 330 migranti provenienti dalla Libia, tra cui 50 donne e quattro bambini, è stato intercettato dalla Guardia costiera al largo di Lampedusa. Gli extracomunitari, per lo più somali e nigeriani, sono stati trasbordati su tre motovedette e condotti sull’isola. Nel Centro di accoglienza di Lampedusa vi sono circa 800 persone. Nel pomeriggio su una piccola imbarcazione erano arrivati anche sei tunisini. 3 agosto • approdi – Lampedusa • È giunto a Lampedusa, scortato da due motovedette della Guardia di finanza, un barcone intercettato al largo con a bordo 304 migranti, tra cui 52 donne e sei bambini. In serata, è arrivata sull’isola un’altra imbarcazione, con 224 persone, tra cui 13 donne e 17 minori. Secondo i dati forniti dal sottosegretario all’Interno, Sonia Viale, intervenuto

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alla Camera per un’informativa sui 25 immigrati morti (vedi 1° agosto), dall’inizio del 2011 sono complessivamente sbarcati nelle isole Pelagie 44.639 immigrati; nel 2010 erano stati 205. Sull’intero territorio nazionale i migranti arrivati sono stati 51.881 contro i 1.479 arrivati nello stesso periodo del 2010. Dal primo gennaio i natanti partiti dalla Libia sono stati 84 e hanno trasportato 23.890 immigrati, a fronte dei 7 natanti partiti nel 2010 con 299 immigrati in totale. Dei 51.881 sbarcati, 24.854 risultano tunisini. Infine, ha riferito il ministero dell’Interno, dal primo gennaio al 30 giugno 2011 nella provincia di Agrigento, nell’ambito delle attività di contrasto all’immigrazione irregolare, sono state arrestate 122 persone, 42 per favoreggiamento. 3 agosto • Commissione – asilo • Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, al termine di un incontro al quale ha partecipato nella prefettura di Bari, ha annunciato l’istituzione a Bari di una seconda sezione della Commissione asilo. Ciò dovrebbe accelerare significativamente i tempi necessari a vagliare le richieste di asilo, problema che era stato alla base di numerose proteste in diversi CARA, compreso quella sfociata negli scontri avvenuti a Bari tra rifugiati e forze dell’ordine (vedi 1° agosto). A Bari le domande presentate nel 2011 sono 3.731, a fronte delle 506 del 2010. 4 agosto • sgomberi – Napoli • Per la seconda notte consecutiva circa quaranta migranti hanno dormito in strada, dopo che due giorni fa erano stati sgomberati dall’ex officina Brin a Napoli, una struttura del Comune. 4 agosto • barconi – Lampedusa • Sono iniziate questa mattina le operazioni di recupero di una ventina di imbarcazioni affondate o semi affondate all’interno del porto di Lampedusa, dopo essere arrivate sull’isola cariche di migranti. Dal 15 agosto sarà avviata una ulteriore bonifica di tutti i barconi affondati nelle vicinanze. In seguito saranno smaltite anche le imbarcazioni, circa un centinaio, attualmente ammassate accanto allo stadio e all’interno della ex base Loran. Alcuni dei relitti, su richiesta del Comune e dell’associazione culturale Askavuza, potrebbero essere utilizzate per la costituzione di un Museo della memoria. 4 agosto • sciopero – Puglia • Per il sesto giorno consecutivo oltre un centinaio di immigrati extracomunitari si è rifiutato di andare al lavoro nelle campagne del Salento per la raccolta del pomodoro. Gli immigrati, una parte dei quali lavora in nero, vittima del caporalato, chiedono il rispetto dei loro diritti e un aumento della paga che viene loro corrisposta (3,5 euro per cassone da 100 chili). La tensione tra gli ospiti di Masseria Boncuri era salita da cinque giorni, allorché un tunisino di 34 anni, anche lui impiegato nella masseria, era stato trovato morto. I migranti sono sostenuti nella protesta dalla CGIL di Lecce. 4 agosto • approdi – Pantelleria • 76 migranti, tra cui quattro bambini, sono arrivati a Pantelleria, dopo che la loro imbarcazione è stata intercettata al largo dalla Guardia costiera. 4 agosto • naufragi – Lampedusa • Circa 380 migranti a bordo di un’imbarcazione sono stati soccorsi dalla Guardia costiera italiana a circa 90 miglia da Lampedusa, in acque libiche. Il barcone si trovava alla deriva da giorni per una rottura del motore. Secondo il racconto dei superstiti, durante la traversata sarebbero morte un numero imprecisato di persone, tra le venti e le trenta, i cui corpi sarebbero stati abbandonati in mare; in alcuni casi i decessi sarebbero stati causati dagli stenti, in altri, invece, da violenze perpetrate dagli “scafisti”. L’ennesima tragedia ha suscitato forti polemiche, dato che a 27 miglia dal barcone in avaria vi sarebbe stata una nave della NATO che non sarebbe intervenuta in soccorso dei migranti, senza acqua e senza cibo da giorni, nonostante i solleciti da parte delle autorità italiane.

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5 agosto • naufragi – Lampedusa • Sei immigrati, di nazionalità marocchina, somala e siriana, sono stati fermati con l’accusa di avere guidato l’imbarcazione arrivata a Lampedusa con 25 cadaveri a bordo (vedi 1° agosto). La Procura di Agrigento contesta a tutti il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la morte quale conseguenza di altro reato; due sono accusati anche di omicidio. In base alle testimonianze dei migranti che viaggiavano sul barcone, gli accusati avrebbero impedito a chi era nella stiva di salire sul ponte: i 25 rimasti sotto coperta sarebbero così morti soffocati. Due sarebbero stati anche massacrati a bastonate, mentre un’altro sarebbe stato buttato in acqua come “punizione” per essere riuscito a uscire dalla stiva. 5 agosto • trasferimenti – Lampedusa • 1.162 migranti, arrivati a Lampedusa nei giorni scorsi, sono stati trasferiti con il traghetto Moby Fantasy; verranno condotti nelle strutture di accoglienza predisposte dalle Regioni, secondo il piano messo a punto dal Dipartimento della Protezione civile. 6 agosto • approdi – Lampedusa • 434 migranti, tra cui 53 donne e 8 minori, sono giunti a Lampedusa, dopo essere stati soccorsi da mezzi della Marina militare, della Guardia costiera e della Guardia di finanza. 8 agosto • trasferimenti – Lampedusa • 500 migranti alloggiati nel Centro d’accoglienza di Lampedusa, sono stati trasferiti con la nave Audacia con destinazione il Centro di Manduria, in Puglia. Nella struttura di Lampedusa, al momento, rimangono 510 persone. 8 agosto • proteste – CARA • La Procura di Bari ha disposto il fermo di due immigrati, mentre un terzo è ricercato, accusandoli di essere i promotori della rivolta avvenuta al CARA di Bari (vedi 1° agosto). 8 agosto • approdi – Calabria • Trenta immigrati di nazionalità afghana, pachistana e irachena, tra cui alcuni minori, sbarcati all’alba nel crotonese, sono stati rintracciati dalla polizia e condotti nel Centro di accoglienza Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. 9 agosto • approdi – Puglia • Ventidue migranti afghani, quattro dei quali minorenni, sono stati fermati dalla polizia dopo essere sbarcati da un natante di dieci metri e sono stati condotti nel Centro di accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 9 agosto • proteste – CARA • Venti immigrati detenuti nel carcere di Bari − facenti parte del gruppo dei 28 migranti arrestati per la protesta violenta nel CARA di Bari (vedi 1° e 8 agosto) −, si sono rifiutati ieri di rientrare nelle loro celle dopo l’ora d’aria. La situazione si è normalizzata solo dopo due ore di trattative. 10 agosto • arresti – Crotone • La polizia ha perquisito il Centro di accoglienza di Crotone e identificato 14 immigrati nigeriani, tra cui quattro donne, di cui 12 sono stati fermati stamane, mentre altri quattro extracomunitari erano stati già arrestati dopo la protesta violenta dei giorni scorsi (vedi 1° agosto). Nell’occasione le forze dell’ordine avevano effettuato un filmato degli scontri, risultato poi utile per definire le responsabilità. Tutti i fermati sono accusati di devastazione e saccheggio, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. 12 agosto • approdi – Puglia • Ventidue immigrati di varie nazionalità, probabilmente sbarcati a Santa Maria di Leuca, sono stati fermati dai carabinieri e trasferiti al Centro di prima accoglienza di Otranto. 12 agosto • denunce – Lampedusa • L’ARCI, autorizzata dal ministero dell’Interno a svolgere attività di tutela dei migranti nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza (CPSA) di Lampedusa, ha evidenziato in un comunicato alcune delle problematiche riscontrate: «Il

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perdurare delle detenzioni illegali; la scarsità delle informazioni fornite ai detenuti sui loro diritti a cominciare da quello d’asilo; il mancato invio dei richiedenti asilo nelle strutture preposte (CARA), scegliendo - in contrasto alle disposizioni di legge - la detenzione nei CIE». L’associazione ha anche sollevato preoccupazioni sulla gestione del Centro e sulla situazione di degrado cui sono costretti i migranti trattenuti: dalle condizioni igieniche alla mancanza di vestiario adeguato; dai ritardi nell’assistenza sanitaria all’inadeguata accoglienza offerta ai minori, spesso abbandonati a se stessi; dalla scarsa e cattiva qualità del cibo alle difficoltà a entrare in contatto con i legali che dovrebbero assisterli. 13 agosto • approdi – Lampedusa • Un barcone con a bordo 320 migranti, tra cui 35 donne e undici ragazzini, è giunto a Lampedusa, dopo essere stato intercettato al largo dalla Guardia costiera. 14 agosto • approdi – Lampedusa • Sono giunti poco dopo la mezzanotte 199 migranti, tra cui 11 donne e 6 bambini, avvistati ieri sera su un’imbarcazione in avaria recuperata da motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Verso l’una di notte un motoscafo dei carabinieri ha agganciato un’altra imbarcazione con 223 persone, tra cui 13 donne, al largo di Lampedusa. Infine, sono stati soccorsi 377 migranti su un natante che si trovava a 55 miglia a Sud di Lampedusa in acque di intervento maltese. Complessivamente, in poco più di 24 ore, sono giunte circa 2.000 persone in 11 barconi approdati a Lampedusa e a Pantelleria. La gran parte di loro saranno immediatamente trasferiti in altri Centri e Regioni con le motonavi Moby Fantasy e Audacia. 14 agosto • approdi – Sardegna • Due imbarcazioni con 48 migranti di nazionalità algerina, tra cui una donna e due bambini, sono approdate nel sud della Sardegna. 15 agosto • approdi – Sardegna • Sedici migranti di nazionalità algerina, dopo essere sbarcati sulle coste del sud della Sardegna, sono stati fermati dai carabinieri di Carbonia e condotti nel Centro di accoglienza di Elmas. 16 agosto • approdi – Lampedusa • Un barcone con 280 persone, tra cui 20 donne e un bambino, è giunto a Lampedusa. I migranti sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza dove ce ne sono altri 1.180. Secondo i dati diffusi dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, dal 1° gennaio al 31 luglio sono giunti 24.769 migrati dalla Tunisia e 23.267 dalla Libia. I rimpatri sono stati invece 13.667. Complessivamente, gli stranieri assistiti nell’ambito della struttura commissariale guidata dal capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, sono oltre 22.000: 4.590 nei Centri di accoglienza di Campochiaro (Cb), Manduria (Ta), Mineo (Ct) e Lampedusa, mentre altri 18.000 sono distribuiti in tutte le regioni (tranne l’Abruzzo), sulla base del Piano nazionale che prevede un tetto massimo di accoglienza per 50.000 persone. 16 agosto • proteste – Pantelleria • Un gruppo di tunisini alloggiati nel locale Centro di accoglienza ha protestato per le cattive condizioni in cui si trovano. Alcuni incendi hanno provocato danni alle suppellettili, rendendo inagibile le strutture, mentre alcuni migranti sono riusciti a fuggire. 17 agosto • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione con 312 profughi partiti dalla Libia, tra i quali 59 donne e quattro bambini, è giunta a Lampedusa. Con questi ultimi arrivi, attualmente, nelle due strutture dell’isola, il CPSA di contrada Imbriacola e l’ex base Loran, sono presenti 1. 617 extracomunitari. Proseguono, intanto, i trasferimenti verso i Centri di Manduria (Ta), di Mineo (Ct) e di Campochiaro (Cb): altri 111 migranti sono stati imbarcati sul traghetto di linea

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per Porto Empedocle. 18 agosto • approdi – Pantelleria • Ventidue migranti, tra cui due donne, che hanno detto di essere tunisini, sono sbarcati in mattinata a Petrosino, nel trapanese, mentre altri cinque immigrati sono arrivati al porto di Scauri, a Pantelleria. 19 agosto • Comuni – Lampedusa • Riccardo Benvegnù, sindaco di Acceglio, l’ultimo paese della val Maira, nel cuneese, che conta appena 178 residenti, ha scritto al suo collega di Lampedusa, Bernardino De Rubeis. Nella missiva una proposta-provocazione: il piccolo paesino piemontese si offre di ospitare 830 profughi; in questo modo arriverebbe alla quota di mille residenti che impedirebbe la sua cancellazione prevista dalle nuove norme sugli enti locali. 19 agosto • approdi – Lampedusa • Un barcone con a bordo 111 migranti, partito dalle coste tunisine, è stato soccorso dalla Guardia costiera a 20 miglia da Lampedusa; gli extracomunitari, trasbordati su una motovedetta, sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza dell’isola; contestualmente 1.114 migranti sono stati trasferiti con la nave Moby Fantasy verso altre regioni italiane. Nel Centro di contrada Imbriacola sono ora rimasti in 450. 19 agosto • proteste – Pantelleria • I migranti alloggiati nella caserma Barone a Pantelleria hanno effettuato una nuova protesta, dopo quella che aveva reso inagibile il Centro di accoglienza (vedi 16 agosto), dando fuoco a materassi e suppellettili. 20 agosto • approdi – Puglia • Una piccola imbarcazione in difficoltà è stata soccorsa dalla Guardia Costiera di Otranto; a bordo si trovavano sette extracomunitari, di origine afghana e senegalese, che sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello. 20 agosto • approdi – Lampedusa • Un barcone con circa 200 migranti, probabilmente partiti dalla Tunisia, è stato intercettato dalla Guardia di finanza al largo di Lampedusa. 20 agosto • premio – Lampedusa • Nel corso della XII edizione di Tarantella Power, evento patrocinato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è stato assegnato alle comunità di Badolato, Riace e Lampedusa il premio “Il Mediterraneo che accoglie”. 21 agosto • approdi – Calabria • Sessantasei migranti, tra cui 16 donne e 17 minori, di nazionalità afghana, siriana e irachena, sono stati fermati dalle forze dell’ordine, dopo essere sbarcati sulla costa ionica catanzarese, tra Badolato e Santa Caterina allo Ionio. 21 agosto • approdi – Lampedusa • Altre due imbarcazioni sono giunte a Lampedusa, dopo essere state intercettate al largo; sulla prima erano a bordo 29 migranti, sulla seconda altri 110, tra i quali un paraplegico. Altri 33 sono stati fermati dai carabinieri per le strade del centro abitato di Marettimo, nell’arcipelago delle Egadi. 21 agosto • proteste – CIE • Un centinaio di immigrati, in gran parte tunisini, nella notte hanno dato vita a una protesta nel CIE di Torino, presto sedata dalla polizia. Alcuni migranti hanno tentato di evadere e danneggiato le strutture. All’esterno, gruppi di giovani hanno solidarizzato con i migranti; due donne sono state fermate e denunciate dai poliziotti. 22 agosto • respingimenti – Tunisia • Per un centinaio di tunisini, individuati da motovedette italiane su un barcone alla deriva in acque di competenza maltese è scattato il rimpatrio immediato in base all’accordo bilaterale stipulato nei mesi scorsi tra Italia e Tunisia. I migranti sono stati prima trasbordati su una nave della Marina italiana e quindi consegnati a una motovedetta tunisina che li ha riportati indietro. Solo nove di loro sono riusciti ad evitare il rimpatrio a causa delle loro precarie condizioni di salute e sono stati trasferiti a Lampedusa. 22 agosto • pompieri – Lampedusa • Il Dipartimento dei Vigili del fuoco ha potenziato le proprie

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dotazioni a Lampedusa con un battello pneumatico a scafo rigido, due veicoli tipo quad e un pick-up fuoristrada. 22 agosto • proteste – CIE • Durante disordini avvenuti all’interno del Centro per immigrati di Pozzallo (Rg), 104 persone sono riuscite a fuggire; 50 sono stati subito ripresi, mentre gli altri sono ricercati. 22 agosto • approdi – Lampedusa • Due imbarcazioni sono giunte a Lampedusa, una con 84 migranti tunisini a bordo, l’altra con 23 maghrebini. 23 agosto • proteste – Cagliari • Durante la notte è scoppiata una protesta nel Centro di Pronta Accoglienza realizzato all’interno dell’area militare dell’aeroporto di Cagliari-Elmas. Una sessantina di migranti hanno battuto oggetti sulle sbarre e lanciato oggetti dalle finestre; cinque hanno bevuto sapone liquido e sono stati accompagnati in ospedale, da dove due di loro sono riusciti a fuggire. 23 agosto • rimpatri – ordinanza • Un’ordinanza del presidente del Consiglio prevede che gli stranieri giunti in Italia dal 1° gennaio 2011 e assistiti dalla struttura del Commissariato affidato alla Protezione civile possano richiedere il rimpatrio volontario assistito. Se ottenuto, prevede un biglietto aereo di sola andata e un’indennità di viaggio individuale pari a 200 euro. Alla procedura l’immigrato potrà essere ammesso una sola volta. Per gli oneri derivanti dalla misura sono stanziati 904.000 euro. Il decreto prevede inoltre l’istituzione di altre cinque sezioni nell’ambito delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale; finanziate con 191.000 euro, saranno operative sino al 31 dicembre. 23 agosto • approdi – Pantelleria • Una piccola imbarcazione in avaria, con a bordo nove migranti, è stata intercettata dalla Guardia di finanza a sud di Pantelleria. 23 agosto • approdi – Lampedusa • Due imbarcazioni sono approdate a Lampedusa; a bordo vi erano, rispettivamente, 10 e 12 migranti. 24 agosto • bambini – Lampedusa • Terre des Hommes ha segnalato che a Lampedusa, nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Contrada Imbriacola, è rinchiusa una neonata malata. L’organizzazione umanitaria sollecita il trasferimento della piccola, poiché «ha un principio di polmonite e dorme su un lercio materasso di gommapiuma tartassata dalle zanzare». 24 agosto • approdi – Lampedusa • Quattro barconi, partiti dalle coste tunisine, sono giunti a Lampedusa con a bordo complessivamente 162 migranti. 25 agosto • approdi – Pantelleria • Un’imbarcazione da diporto tunisina ha raccolto otto migranti a circa 20 miglia a sud-est di Pantelleria. I migranti hanno raccontato che un loro compagno di viaggio sarebbe disperso in mare. 26 agosto • approdi – Lampedusa • Tre imbarcazioni in avaria sono state intercettate al largo di Lampedusa; a bordo complessivamente circa 200 persone provenienti dalla Tunisia. 27 agosto • approdi – Lampedusa • Tre motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza hanno soccorso un barcone a circa 15 miglia da Lampedusa A bordo vi erano 98 migranti, tra cui una donna, che sono stati portati nei Centri di accoglienza dell’isola. 27 agosto • fuga – CIE • Circa trenta immigrati sono saliti sul tetto del CIE di Bari, mentre alcuni di loro hanno tentato di evadere dalla struttura, scavalcando le recinzioni. L’intervento della polizia ha bloccato il tentativo, arrestando quattro migranti. 28 agosto • approdi – Puglia • Centoventinove migranti, tra cui donne e bambini, sono stati

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bloccati nel Salento dalle forze dell’ordine, subito dopo essere sbarcati da un’imbarcazione proveniente probabilmente dalla Grecia. 29 agosto • approdi – Lampedusa • Undici migranti, tra cui un minore, sono giunti ieri a Lampedusa, dopo essere stati soccorsi dalla Guardia costiera. 29 agosto • fuga – CIE • Nel CIE di Brindisi 45 migranti hanno sfondato il cancello che li separa dal Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo, per poi da lì tentare la fuga. Sei sono riusciti a scappare, mentre 20 sono stati bloccati quando erano ancora nel CARA; gli altri sono stati convinti a desistere dopo una lunga trattativa. 29 agosto • fuga – CPSA • Una decina di tunisini è fuggita dal Centro di accoglienza di Lampedusa, ma poco dopo sono stati rintracciati dalle forze dell’ordine e riportati nella struttura. Il tentativo di evasione è avvenuto durante una protesta da parte di oltre un centinaio di maghrebini, che chiedono di non essere rimpatriati. Nei due Centri lampedusani dove vengono alloggiati i migranti vi sono attualmente circa 860 persone. 30 agosto • approdi – Puglia • Trentasette immigrati sono stati rintracciati dalla polizia a Marina di Vernole, nel Salento, dopo essere sbarcati da un natante. 30 agosto • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione con a bordo 105 migranti, tra cui quattro donne, è giunta a Lampedusa, dopo essere stata soccorsa dalla Guardia costiera. Durante la notte è arrivato un altro natante, con 16 persone. 31 agosto • sciopero – Puglia • Chiude la masseria Boncuri di Nardò, dove nelle scorse settimane numerosi immigrati africani, impegnati nei campi per la raccolta di angurie e pomodori, avevano denunciato le condizioni di sfruttamento cui sono sottoposti (vedi 4 agosto), anche ricorrendo a forme di sciopero sostenute dalla CGIL. 31 agosto • respingimenti – Europa • La Commissione Libertà civili del Parlamento Europeo, con una lettera indirizzata al commissario per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, chiede chiarimenti sui respingimenti in mare da parte delle autorità italiane e sulla possibile violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. La lettera, che è stata richiesta dal gruppo della Sinistra unitaria europea in seguito ai respingimenti di battelli tunisini diretti a Lampedusa, ha anche lo scopo di chiedere l’accesso al Trattato bilaterale siglato tra Roma e Tunisi, al momento non pubblico. SETTEMBRE 1° settembre • approdi – Ragusa • Un’imbarcazione in avaria con 74 nordafricani a bordo è stata soccorsa dalla Guardia di finanza nel ragusano; i migranti sono stati condotti nel Centro di accoglienza di Pozzallo. 1° settembre • bando – rifugiati • All’interno del PON sicurezza, programma cofinanziato dall’Unione Europea e gestito dal ministero dell’Interno, è stato pubblicato il bando, riservato ai Comuni, che finanzierà 60 progetti, per un valore massimo di 350.000 euro ciascuno, di ristrutturazione e ampliamento di strutture già destinate o da destinare all’accoglienza di immigrati extracomunitari richiedenti asilo, rifugiati e titolari di altre forme di protezione, internazionale e umanitaria. 1° settembre • approdi – Calabria • Un gruppo di 77 immigrati di diverse nazionalità è stato rintracciato sulla spiaggia del comune di Isola Capo Rizzuto, nel Crotonese, dopo essere sbarcato da un catamarano proveniente dalla Grecia.

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1° settembre • proteste – CIE • Una trentina di immigrati rinchiusi nel CIE di Torino ha protestato lanciando oggetti e danneggiando suppellettili. La polizia ha sparato diversi lacrimogeni. 2 settembre • naufragi – Europa • Con una missione in Italia di Tineke Strik, senatrice olandese incaricata dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, parte un’inchiesta per determinare le responsabilità nella morte degli immigrati in fuga dalla Libia mentre attraversavano il Mediterraneo. L’inchiesta condotta dalla Strik è stata voluta dall’assemblea parlamentare a seguito del reportage del giornale britannico “Guardian” in cui si sosteneva che 61 immigrati scappati dalla Libia erano morti nel Mediterraneo dopo che le loro richieste di aiuto erano rimaste inascoltate (vedi 9 maggio). 2 settembre • approdi – Calabria • Un veliero con a bordo 71 immigrati è stato intercettato al largo dalla Guardia di finanza e condotto nel porto di Roccella Jonica. Tre ucraini sono stati arrestati con l’accusa di essere gli “scafisti”. 3 settembre • approdi – Puglia • Trentasei immigrati, tra cui tre minorenni, sono stati rintracciati dai carabinieri per le strade di Gagliano, nel Salento. 3 settembre • approdi – Lampedusa • Un barcone con 72 migranti, tutti uomini di nazionalità tunisina, è giunto nel pomeriggio a Lampedusa. Poco dopo è arrivata sull’isola anche una piccola imbarcazione con soli quattro migranti. 5 settembre • appelli – casi • Diverse personalità hanno lanciato un appello umanitario per Kate Omoregbe. La giovane nigeriana, che ha finito di scontare una condanna per droga nel carcere di Castrovillari, potrebbe ora essere espulsa nel suo Paese, dove rischia la lapidazione poiché si è convertita alla religione cattolica e ha rifiutato di sposare un uomo impostole dai genitori. Anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e quello per le Pari opportunità, Mara Carfagna, hanno preso posizione per la concessione dell’asilo politico. 5 settembre • proteste – Lampedusa • Circa 200 tunisini, rinchiusi nel Centro d’accoglienza a Lampedusa, hanno protestato contro i rimpatri coattivi. Si sono verificati brevi scontri con le forze dell’ordine. 7 settembre • proteste – Lampedusa • Circa 200 migranti tunisini sono usciti dal Centro di accoglienza di Lampedusa e hanno inscenato per alcune ore una protesta sul molo dell’isola, chiedendo di essere trasferiti e di non di essere rimpatriati in Tunisia. Il sindaco di Lampedusa ha sollecitato il governo a disporre con urgenza lo sfollamento dei migranti; anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto di intensificare i trasferimenti, previsti per i giorni a venire. 10 settembre • approdi – Lampedusa • Sono complessivamente 441 i migranti giunti a Lampedusa su diverse imbarcazioni nel corso della giornata. Anche sull’isola di Linosa i carabinieri hanno fermato 36 immigrati appena sbarcati. 11 settembre • inchiesta – sbarchi • La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha aperto un’indagine sui viaggi dalle coste nordafricane verso quelle siciliane, mettendo sotto inchiesta dieci cittadini libici e ipotizzando che gli “scafisti” potrebbero far parte di un’organizzazione di militari fedeli a Gheddafi. 12 settembre • approdi – Lampedusa • Durante la notte 98 tunisini, tra cui una donna, sono giunti a Lampedusa e condotti nel Centro di prima accoglienza dove attualmente sono presenti circa 1.200 persone. Successivamente è arrivata un’altra imbarcazione con 15 migranti a bordo.

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Save the Children ha denunciato nuovamente le condizioni in cui sono tenuti i minori; negli otto sbarchi avvenuti negli ultimi due giorni a Lampedusa ne sono arrivati 62, di cui 58 non accompagnati, tutti tunisini. Al momento sono 118 i minori non accompagnati e cinque quelli accompagnati trattenuti a Lampedusa, di cui 28 alla ex Base Loran. 14 settembre • proteste – Lampedusa • Una protesta è esplosa nel Centro di Pronta Accoglienza di Lampedusa dopo la notizia del rimpatrio di un centinaio di migranti in Tunisia. 14 settembre • approdi – Lampedusa • È approdato a Lampedusa un barcone con 98 tunisini, tra i quali due bambini in tenera età. 15 settembre • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione con 55 migranti, tra cui due donne, è approdata a Lampedusa. 16 settembre • approdi – Lampedusa • Un barcone con 84 migranti, tra i quali una donna, è stato intercettato della Guardia costiera al largo di Lampedusa, mentre 37 tunisini, fra cui cinque minori, sono stati fermati dai carabinieri sull’isola di Linosa. 17 settembre • approdi – Lampedusa • Due imbarcazioni sono arrivate a Lampedusa cariche di migranti: in un caso circa 200, in un altro 17 tunisini. 17 settembre • CIE – Genova • Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha preso nettamente posizione contro l’ipotesi di realizzare in città un Centro d’Identificazione ed Espulsione degli immigrati. In un intervento a margine della nona Biennale delle città europee e degli urbanisti ha dichiarato: «Una città ponte tra l’Europa e il Mediterraneo non deve avere un CIE, non possiamo essere una porta aperta per le merci e una porta chiusa per le persone». 17 settembre • approdi – Puglia • Ventotto immigrati, tra cui tre minorenni, sono stati fermati dai carabinieri nel sud Salento e trasferiti nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 18 settembre • approdi – Lampedusa • Tre imbarcazioni, con a bordo complessivamente 287 migranti provenienti dalla Tunisia, sono giunte a Lampedusa. 20 settembre • evasioni – CIE • Una sessantina di immigrati è fuggita la notte scorsa dal Centro di Identificazione ed Espulsione di Restinco, a Brindisi. 20 settembre • incendio – Lampedusa • Un vasto incendio ha distrutto alcuni padiglioni del Centro di Prima Accoglienza e Soccorso di Lampedusa, in contrada Imbriacola, dove erano attualmente presenti circa 1.200 persone. Una decina, tra migranti e uomini delle forze dell’ordine, sono rimaste intossicate. Alcuni migranti sono fuggiti, mentre la gran parte sono stati radunati dalle forze dell’ordine nello stadio comunale, dove passeranno la notte all’addiaccio. La Procura di Agrigento ha aperto un procedimento contro ignoti per identificare gli autori dell’incendio e accertare eventuali responsabilità. 21 settembre • approdi – Calabria • Centoquarantanove migranti, tra i quali 40 bambini di varie età e 19 donne, sono sbarcati durante la notte da una vecchia imbarcazione a Bianco, sulla costa ionica reggina. Hanno riferito di essere partiti dalla Turchia e di essere di nazionalità turca e siriana, mentre alcuni sono di etnia curda. Tra di loro anche una donna di 93 anni e un neonato di un mese e mezzo. 21 settembre • proteste – Lampedusa • Circa 300 tunisini hanno manifestato per le strade di Lampedusa al grido di «Libertà». La protesta è degenerata in scontri con la polizia e in un clima di “caccia all’uomo” alimentato da lampedusani, che hanno anche dato vita a una fitta sassaiola nei confronti degli immigrati. Abitanti dell’isola hanno anche tentato di aggredire il sindaco De

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Rubeis che, scortato dagli agenti, si è asserragliato nel suo ufficio con una mazza da baseball. Il bilancio degli scontri è di 11 feriti: sette tunisini, tre carabinieri e un poliziotto. Al termine degli incidenti quasi tutti i tunisini sono rientrati nel Centro di accoglienza. Entro pochi giorni è previsto lo svuotamento del Centro con il trasferimento o il rimpatrio di tutti i migranti presenti. 21 settembre • numeri – Lampedusa • Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, nel corso di un “question time” alla Camera dei deputati, rispondendo a un’interrogazione sull’incendio e i disordini avvenuti a Lampedusa, ha reso note le cifre aggiornate relative ai migranti provenienti via mare: dall’inizio dell’anno sono arrivati 50.403 immigrati, di cui 45.090 uomini e 2.608 donne. I minori sono stati 2.705, di cui quelli non accompagnati di età compresa fra 15 e 17 anni sono stati 2.567; attualmente i minori presenti sull’isola sono 133, di cui 109 ospitati nell’ex base Loran e 24 in una struttura residenziale a Cala Creta. 22 settembre • proteste – CIE • Una protesta nel CIE di Torino è degenerata in scontri tra i migranti e le forze dell’ordine. Ventidue stranieri sono riusciti a fuggire, mentre dieci sono stati arrestati. 22 settembre • arresti – Lampedusa • Quattro migranti, tutti tunisini, sono stati fermati dalla polizia in quanto ritenuti gli autori dell’incendio che ha danneggiato il centro di accoglienza di Lampedusa (vedi 20 settembre). 22 settembre • iniziative – cittadinanza • È partita a Roma una raccolta di firme per portare in Parlamento due proposte di legge di iniziativa popolare per la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia e per il voto alle elezioni amministrative agli stranieri stabilmente residenti. Si tratta della Campagna “L’Italia sono anch’io”, promossa da numerose associazioni. 22 settembre • approdi – Lampedusa • Un’imbarcazione con a bordo 75 tunisini, tra cui due donne, è stata intercettata dalla Guardia di finanza al largo di Lampedusa. In base alle nuove disposizioni del ministero dell’Interno dopo l’incendio e i disordini avvenuti sull’isola, che hanno portato a dichiarare Lampedusa “porto non sicuro” per quanto riguarda le operazione di soccorso in mare, i migranti saranno portati a Porto Empedocle (Ag). 23 settembre • incendi – Lampedusa • È stata incendiata l’auto di Cono Galipò amministratore di Lampedusa accoglienza, la cooperativa che si occupa della gestione del Centro per immigrati di Lampedusa. 23 • violenze – Lampedusa • Un giovane tunisino, ricoverato nell’ospedale di Palermo per un trauma facciale con versamento allo zigomo destro e numerosi edemi a gambe, braccia e tronco, ha denunciato di essere stato picchiato senza motivo, assieme ad altri due ragazzi, da cinque poliziotti a Lampedusa. 23 settembre • navi – CIE • Tre navi, la Moby Fantasy, l’Audacia e la Moby Vincent, cariche dei migranti trasferiti da Lampedusa sono ferme al molo Santa Lucia di Palermo, dove l’intera area è stata recintata e presidiata dalla polizia, presente con 500 uomini. I tunisini rinchiusi sulle navi, circa 600, sono in attesa del ritorno in Tunisia, ma il programma dei rimpatri va a rilento per intoppi nell’accordo bilaterale con le autorità tunisine. 25 settembre • approdi – Calabria • Due gommoni con a bordo 89 migranti, tra cui 17 donne e 24 minori, sono stati intercettati dalla Guardia di finanza al largo di Capo Cimiti, nei pressi di Crotone. I migranti, di diverse nazionalità (afghani, pachistani, iracheni e siriani) sono stati condotti nel Centro d’accoglienza Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto.

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24 settembre • navi – CIE • La nave Moby Fantasy è partita dal porto di Palermo diretta a Cagliari con alcune centinaia di tunisini trattenuti a bordo da due giorni dopo il trasferimento da Lampedusa. Rimangono in porto a Palermo la nave Audacia e la Moby Vincent controllate da un ingente spiegamento di forze dell’ordine (vedi 23 settembre). 25 settembre • navi – CIE • Un centinaio di persone ha manifestato davanti il porto di Palermo contestando la scelta di rinchiudere nelle navi, definite «CIE galleggianti», i migranti giunti con mezzi aerei da Lampedusa tra giovedì e venerdì (vedi 23 e 24 settembre). Sulle navi Moby Vincent e Audacia vi sarebbero 340 tunisini. 26 settembre • navi – CIE • La nave Moby Fantasy è approdata a Cagliari con a bordo 221 tunisini (vedi 24 settembre). I migranti, sgomberati da Lampedusa, sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza di Elmas. Intanto, l’organizzazione umanitaria Terre des Hommes ha espresso la propria preoccupazione per le nuove pratiche di trattenimento prolungato e arbitrario degli immigrati a bordo di navi traghetto, tanto più che a bordo potrebbero essere stati imbarcati anche minorenni. Di fronte al molo di Palermo continua il presidio da parte delle associazioni e dei sindacati che protestano contro i «CIE galleggianti». 26 settembre • budget – Lampedusa • La cooperativa Lampedusa accoglienza, che gestisce i due centri per i migranti a Lampedusa, dall’inizio dell’anno dichiara di aver speso 450.000 euro per le sigarette; il capitolato di appalto con il ministero dell’Interno prevede infatti che venga fornito a ogni migrante maggiorenne un pacchetto di sigarette al giorno. Il budget per ogni ospite del centro di accoglienza è di 33,42 euro al giorno. Al momento sull’isola sono rimasti solo 43 migranti minorenni nell’ex base Loran, che saranno trasferiti l’indomani, mentre il Centro incendiato (vedi 20 settembre) è stato ristrutturato e dopo le ultime ispezioni e le verifiche di genio civile e vigili del fuoco a breve potrà tornare ad alloggiare 500 persone. Intanto, i lavoratori della cooperativa sono in ferie forzate. 27 settembre • navi – CIE • Fulvio Vassallo Paleologo, docente di diritto d’asilo della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, assieme ad altri docenti, sindacalisti e rappresentanti di associazioni, ha presentato oggi alla Procura di Palermo un esposto per denunciare l’irregolarità dei trattenimenti dei migranti a bordo delle navi Moby Vincent e Audacia, ormeggiate nella zona di Fincantieri a Palermo. Secondo i firmatari dell’esposto, vi è una continua violazione delle norme, dato che nessuno può essere trattenuto per più di 48 ore senza la convalida del fermo da parte dell’autorità giudiziaria, cosa che non sarebbe avvenuta. Nell’esposto si sottolinea inoltre che ai migranti non è stata garantita assistenza legale e che sono state adottate misure restrittive, come il sequestro dei cellulari, «assolutamente non previste dalla legge». La Procura, di conseguenza, ha aperto un fascicolo. In serata 100 migranti, che facevano parte del gruppo trattenuto sulle due navi, sono stati trasferiti a Porto Empedocle e altri 100 sono stati rimpatriati in Tunisia. Il ministro dell’Interno ha chiarito che con la Tunisia è stato concordato un aumento del numero dei rimpatri. 27 settembre • numeri – minori • Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare Infanzia ha dichiarato che nei primi nove mesi dell’anno sono arrivati in Italia 4.012 minori extracomunitari, 3.739 dei quali non accompagnati; 2.705 quelli sbarcati a Lampedusa. 28 settembre • numeri – approdi • Il sottosegretario all’Interno, Sonia Viale, nel corso di un’informativa alla Camera dei deputati, ha fornito le cifre relative agli arrivi di stranieri:

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dall’inizio dell’anno 51.596 extracomunitari sono sbarcati sulle isole Pelagie (quasi tutti a Lampedusa) su un totale di 60.656 sbarchi totali sulle coste italiane. 28 settembre • finanziamenti – Europa • Il Parlamento Europeo ha approvato una modifica al bilancio comunitario che prevede lo stanziamento di 43,9 milioni di euro di fondi aggiuntivi per i Paesi più esposti ai flussi di migrazioni dal Mediterraneo meridionale. Oltre la metà della cifra, 24 milioni, andrà a beneficio di Frontex, per intensificare la sorveglianza marittima. La parte rimanente sarà divisa fra il Fondo europeo per i rifugiati (12,2 milioni di euro), il Fondo per le frontiere esterne (4,9 milioni di euro) e il Fondo europeo per i rimpatri (2,8 milioni di euro). La decisione è stata presa a larga maggioranza, con 513 voti favorevoli, 79 contrari e 25 astensioni. 28 settembre • navi – CIE • Gli ultimi 50 tunisini che si trovavano sulla nave Audacia sono stati tradotti in aeroporto per il rimpatrio. I migranti erano rimasti per quattro giorni sulle imbarcazioni ormeggiate nel porto di Palermo. I 100 migranti che si trovano ancora a bordo della nave Moby Vincent, ora ormeggiata nel porto di Porto Empedocle (Ag), saranno invece rimpatriati l’indomani. 29 settembre • approdi – Calabria • Un gruppo di 25 immigrati afghani e del Bangladesh è stato fermato dalla polizia nelle campagne del comune di Seminara, dopo essere sbarcati sulla spiaggia. 30 settembre • esposto – Lampedusa • Alessandro Praticò, avvocato di una ventina di migranti tunisini che, dopo essere sbarcati a Lampedusa un mese fa, sono stati trasferiti nel CIE del capoluogo piemontese, ha presentato un esposto alla Procura di Torino: secondo il legale, è illegale trattenere gli immigrati a Lampedusa se prima non viene emesso nei loro confronti un ordine di trattenimento da parte della questura competente, che in questo caso è quella di Agrigento. Il decreto di respingimento e di trattenimento della questura è del primo settembre, ma i migranti hanno riferito di essere giunti parecchi giorni prima e di essere stati subito rinchiusi nel CIE di Lampedusa. 30 settembre • approdi – Linosa • Ventidue tunisini sono sbarcati sull’isola di Linosa e sono stati portati dai carabinieri al centro polivalente dell’isola. 30 settembre • evasioni – CIE • Diciotto tunisini sono fuggiti dal CIE di Restinco (Br), approfittando di disordini in corso nella struttura, con scontri con le forze dell’ordine durati alcune ore e che hanno coinvolto gli 84 migranti presenti, tutti provenienti da Lampedusa. OTTOBRE 1° ottobre • approdi – Puglia • Un’imbarcazione in avaria, con a bordo dieci immigrati, è stata soccorsa dalla Guardia costiera al largo di Capo di Leuca. I migranti, di nazionalità afghana, sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 3 ottobre • Europa – Lampedusa • Un Rapporto redatto dalla sottocommissione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa critica la gestione dei centri di accoglienza di Lampedusa. Il parere, pubblicato oggi, si basa su quanto riferito dai membri della sottocommissione dopo un’ispezione effettuata sull’isola lo scorso maggio, ma anche sui documenti forniti dalle autorità italiane. Secondo il Consiglio d’Europa va rivista immediatamente la decisione di dichiarare l’isola “un porto non sicuro”, presa a seguito dell’incendio del Centro di accoglienza (vedi 20 settembre), in quanto mette a rischio la vita di quanti attraversano il Mediterraneo, costretti così a cercare un approdo più lontano. Tra le richieste avanzate da Strasburgo anche quella di

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migliorare le condizioni sanitarie e di sicurezza dei Centri esistenti. 5 ottobre • proteste – Lombardia • Un gruppo di profughi, per lo più di origine centrafricana, ha occupato la piazza davanti al residence Ripamonti di Pieve Emanuele (Mi) che li ospita dal 12 maggio scorso. A motivo della manifestazione la richiesta di poter lavorare o di fruire delle tessere, le cosiddette pocket money con un importo di due euro e mezzo al giorno, di cui avrebbero diritto e che consentirebbero loro le spese minime necessarie, come le telefonate o i biglietti dell’autobus. 6 ottobre • approdi – Linosa • Ventinove tunisini, fra i quali una donna, sono stati fermati dai carabinieri dopo essere sbarcati a Linosa. 6 ottobre • Centri – Lampedusa • La società Lampedusa accoglienza, che gestisce i centri per i migranti nell’isola, ha avviato le procedure di cassa integrazione per i 41 dipendenti con contratti a tempo indeterminato occupati nel CIE. Per altri 100 dipendenti i contratti a termine sono scaduti lo scorso 30 settembre, così come la convenzione tra la società e il ministero dell’Interno. 6 ottobre • sanità – Lampedusa • Su 24.000 migranti sbarcati a Lampedusa da marzo a settembre solo sette sono risultati positivi alla tubercolosi. La cifra è stata resa nota in occasione del congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali in corso in Sardegna. Secondo gli esperti, gli immigrati arrivano sani. Semmai, il problema sopraggiunge in seguito, poiché il rischio infezione negli immigrati che arrivano in Italia è tre volte superiore rispetto alle percentuali che troverebbero nel loro Paese d’origine. Viene infatti stimato che ogni anno, sui circa quattro milioni e mezzo di immigrati presenti in Italia, ne siano ricoverati oltre mezzo milione; nel 75% dei casi si tratta di un problema acuto come un trauma, una malattia cardiaca o respiratoria o il parto nel caso delle donne. Nei primi tre-quattro anni di permanenza in Italia gli immigrati hanno dunque una probabilità più elevata di ammalarsi di una patologia infettiva per colpa dello stress psicofisico connesso all’immigrazione. 8 ottobre • Centri – Lampedusa • I lavoratori della società Lampedusa accoglienza, che gestisce i centri per i migranti nell’isola, hanno effettuato una protesta davanti la struttura di contrada Imbriacola. Reclamano il pagamento degli ultimi tre mesi di stipendio (vedi 6 ottobre). L’amministratore della società, Cono Galipò, lamenta che dall’inizio dell’anno la Prefettura di Agrigento non ha effettuato ancora nessun pagamento per il servizio reso. Tuttavia, la società ha ottenuto un’anticipazione di un milione di euro dalla Prefettura in modo da saldare le spettanze arretrate di luglio e agosto. Secondo la convenzione con il ministero dell’Interno, scaduta il 30 settembre, per ciascun immigrato alloggiato la società dovrebbe percepire un compenso di 33,42 euro al giorno. 11 ottobre • arresti – Bari • Dopo i 31 arresti effettuati nelle scorse settimane, la polizia ha fermato altre 14 persone per la rivolta nel CARA di Bari-Palese (vedi 1° agosto). In quell’occasione i migranti bloccarono la strada statale e il traffico ferroviario per protestare contro i ritardi nell’espletamento delle pratiche per i richiedenti asilo e per i respingimenti di molte delle richieste fatte. 15 ottobre • proteste – Lombardia • Un gruppo di sei rifugiati, di nazionalità libica e sudanese, alloggiati da cinque mesi in un albergo della Valtellina ha effettuato una violenta protesta, danneggiando arredi e malmenando la figlia del titolare della struttura. 15 ottobre • approdi – Calabria • Un gruppo di 41 migranti, tra cui una donna e nove bambini,

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sono stati fermati dalle forze dell’ordine dopo essere sbarcati sulla spiaggia di Seminara. 15 ottobre • fondi – Europa • L’Unione europea ha previsto oltre 147 milioni di euro per l’assistenza umanitaria nei Paesi colpiti dalla guerra, come in Libia, e per le persone costrette a scappare dai conflitti, come in Ciad, Egitto, Tunisia. Altri 50 milioni sono destinati all’assistenza per i rifugiati arrivati nei Paesi europei e per i rimpatri. 18 ottobre • morti – Calabria • È stato rinvenuto a Seminara il cadavere di un immigrato, morto per le conseguenze di una caduta. L’uomo avrebbe fatto parte del gruppo di migranti sbarcati nei giorni precedenti (vedi 15 ottobre). 20 ottobre • approdi – Puglia • La Guardia di finanza di Otranto ha fermato 89 migranti, che erano sbarcati nel Salento da un natante partito dalla Turchia. Secondo il racconto di alcuni passeggeri, i migranti a bordo sarebbero stati 120. 23 ottobre • morti – Calabria • Il cadavere di un giovane è stato trovato in mare davanti alla spiaggia di Capo Bruzzano. Il ragazzo, minorenne, sarebbe stato costretto a gettarsi in mare dagli “scafisti” e sarebbe morto poiché non sapeva nuotare; faceva parte di un gruppo di circa 54 migranti giunti in mattinata nella zona e fermati dai carabinieri. 24 ottobre • approdi – Puglia • Centocinquantuno migranti, provenienti dall’Egitto, sono stati bloccati su un peschereccio al largo di Bari al termine di un inseguimento da parte della Guardia di finanza durato quattro ore, durante il quale i finanzieri hanno anche esploso colpi di mitra. Sono stati arrestati 13 presunti “scafisti”. 24 ottobre • barconi – Museo • Due barconi di migranti giunti nei mesi scorsi a Lampedusa saranno esposti nel nuovo padiglione permanente Memoria e Migrazioni che si è aperto al Galata Museo del Mare di Genova, il più grande museo marittimo che, a partire dall’Unità d’Italia, illustrerà la storia delle migrazioni fino a oggi. 30 ottobre • approdi – Puglia • Una sessantina di migranti afghani sono stati scoperti dalla polizia nel porto di Bari a bordo di un traghetto proveniente dalla Grecia, stipati all’interno di un camion frigorifero, il cui conducente, un albanese, è stato arrestato. 30 ottobre • evasioni – CIE • Una quindicina di migranti ristretti nel CIE di Bologna hanno tentato di fuggire. Solo uno vi è riuscito, mentre tre sono stati arrestati dopo un tafferuglio con le forze dell’ordine. NOVEMBRE 3 novembre • approdi – Puglia • Venticinque migranti sono stati fermati dalla polizia nel Salento e portati nel Centro di accoglienza don Tonino Bello di Otranto. Gli immigrati, , erano sbarcati da un motoveliero nel porto di Leuca. 4 novembre • violenze – Calabria • Un interprete e mediatore culturale in servizio nel CARA di Lamezia Terme è stato percosso da alcuni cittadini stranieri. I carabinieri hanno arrestato i cinque responsabili dell’aggressione, tre ghanesi, un nigeriano e un malese ospiti della struttura. Le accuse sono di sequestro di persona, lesioni personali, violenza a incaricato di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. 7 novembre • polemiche – Puglia • La Regione Puglia ha stipulato convenzioni con alberghi di San Giovanni Rotondo per ospitare cittadini migranti, ma il sindaco, Luigi Pompilio ha scritto al ministro Maroni e al presidente della Regione, Nichi Vendola, per esprimere il suo dissenso. Nella lettera viene specificato che «l’Amministrazione comunale si oppone fermamente

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all’ingresso di extracomunitari sommariamente identificati, perché tra questi potrebbero annidarsi potenziali cellule terroristiche», considerato anche che «la nostra città è un centro della cristianità tra i più importanti del globo». Inoltre, secondo il sindaco, «un apparente beneficio economico derivante dall’accoglienza di queste persone negli alberghi, si trasformerebbe presto in un ritorno di immagine negativa, dovuto all’accattonaggio indiscriminato che si riverserebbe sulla città, danneggiando così l’intero sistema di accoglienza turistica». 8 novembre • torture – cure • Si aprono a Roma tre giornate di lavori del progetto Network Italiano per i Richiedenti Asilo Sopravvissuti a Tortura (NIRAST). L’Obiettivo del progetto è creare una rete di Centri pubblici specializzati nella diagnosi e nel trattamento dei richiedenti asilo e rifugiati sopravvissuti a tortura e violenza estrema. Fenomeno che riguarda anche l’Italia, dove si calcola che il 20%-30% dei rifugiati arrivati abbia subito esperienza di tortura e violenza estrema. Su 400.000 rifugiati presenti in Europa si stima che di essi solo 20.000 hanno potuto avvalersi di cure appropriate presso centri specializzati. 10 novembre • approdi – Lampedusa • Un gommone partito dalla Libia e alla deriva nel Canale di Sicilia, con 44 migranti a bordo, è stato soccorso al largo di Lampedusa, in acque di competenza maltese, dalla Marina militare. Sull’imbarcazione vi era anche una donna che aveva appena partorito. L’ultimo barcone con profughi provenienti dalla Libia era approdato a Lampedusa il 16 agosto. Questo sarebbe perciò il primo sbarco dopo la caduta del regime di Gheddafi. Ancora incerto il luogo dove saranno trasferiti i 44, essendo stato Lampedusa dichiarato dal governo “porto non sicuro”. Intanto, altri 24 migranti sono stati fermati dai carabinieri a Linosa. 10 novembre • approdi – Sardegna • Un’imbarcazione con a bordo 14 migranti tunisini è stata intercettata dalla Guardia di Finanza al largo di Capo Teulada; gli immigrati sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza di Elmas. 13 novembre • incendio – Lampedusa • Un pulmino della cooperativa che gestisce a Lampedusa il Centro di accoglienza di contrada Imbriacola è stato incendiato. Si tratta del terzo attentato nei confronti di autovetture in uso alla struttura, che è chiusa da settembre. L’amministratore delegato della società, Cono Galipò, ha espresso preoccupazione e ricordato che esiste sull’isola una forte tensione, anche riguardo il contenzioso fra la società e il personale che lavorava all’interno del Centro. 15 novembre • sentenza – CIE • Due giovani, un tunisino e un algerino, arrivati a Lampedusa in agosto sono stati scarcerati oggi dal tribunale di Milano dopo due mesi passati in carcere. Accusati di aver partecipato a una rivolta nel CIE di via Corelli a Milano, i giudici li hanno condannati a otto mesi, ma hanno applicato la sospensione condizionale della pena, in quanto incensurati e poiché non possono essere considerati pericolosi socialmente. Positivo il commento dei difensori, Eugenio Losco e Mauro Straini, secondo i quali in questo genere di processi è la prima volta che viene applicata la sospensione della pena, con conseguente scarcerazione. 15 novembre • ricongiungimenti – Europa • La Commissione Europea ha promosso una consultazione per decidere se e come cambiare le regole per il ricongiungimento familiare degli immigrati nell’Unione Europea. La consultazione si concluderà nel marzo 2012. Al momento, solo l’Olanda ha chiesto di cambiare la legge che è in vigore dal 2003, ma pure Francia, Germania e Austria vorrebbero un approccio più restrittivo.

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16 novembre • approdi – Puglia • I carabinieri hanno fermato una settantina di migranti, per lo più di nazionalità afghana e pachistana, sbarcati sulle coste del Gargano. 16 novembre • governo – cooperazione • Il nuovo governo guidato da Mario Monti vede lo scorporo delle competenze in materia di cooperazione internazionale dal ministero degli Esteri. Nasce infatti un nuovo dicastero, affidato ad Andrea Riccardi, docente di Storia contemporanea a Roma e tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio. Il nuovo ministero si occuperà anche di Integrazione. 16 novembre • approdi – Sardegna • La Guardia costiera ha soccorso un’imbarcazione in difficoltà al largo della Sardegna, che già tre giorni fa aveva lanciato un SOS. A bordo 29 migranti algerini, uno dei quali è stato rinvenuto morto, mentre altri quattro sono in gravi condizioni per assideramento. I migranti sono rimasti in mare per nove giorni, di cui gli ultimi senza più cibo né acqua. 18 novembre • condanne – Bari • Il tribunale di Bari ha condannato a otto anni di reclusione dieci cittadini extracomunitari, quasi tutti di nazionalità egiziana, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e resistenza a nave da guerra. I dieci “scafisti furono” bloccati dopo un movimentato inseguimento in mare (vedi 24ottobre).. 18 novembre • approdi – Bari • Un peschereccio, con a bordo 171 migranti, tra cui 54 minorenni, è arrivato nel porto di Bari, scortato da motovedette della Guardia di finanza, che lo hanno intercettato al largo. 19 novembre • Centri – Civitavecchia • Il Centro di accoglienza allestito nell’ex caserma De Carolis di Civitavecchia lo scorso aprile per accogliere migranti provenienti da Lampedusa è stato chiuso. I 95 migranti presenti sono stati trasferiti. 21 novembre • procedimento – Lampedusa • La Procura di Torino ha trasmesso a quella di Agrigento, competente per territorio, un fascicolo relativo alle modalità con cui in agosto era stato gestito l’arrivo dei profughi tunisini a Lampedusa. Il procedimento era nato dopo la denuncia di un avvocato secondo il quale era illegale rinchiudere gli immigrati nel CIE senza il regolare ordine di trattenimento emesso dal questore (vedi 30 settembre). 24 novembre • riconoscimento – Lampedusa • Lampedusa è stata designata dall’Amministrazione comunale di Rovereto, in provincia di Trento, città simbolo per la umana solidarietà e, insieme a Betlemme, sarà ospite del Natale dei Popoli che si svolgerà nella città trentina fino al 31 dicembre. 25 novembre • casi – CIE • L’organizzazione umanitaria EveryOne ha lanciato un appello per la vicenda di Blessing Obazee, una giovane nigeriana vittima di tratta, rinchiusa nel CIE di Ponte Galeria a Roma, in attesa di essere rimpatriata. Ma, denuncia EveryOne, in Nigeria la ragazza corre rischio della vita, essendosi ribellata a chi voleva costringerla alla prostituzione. 26 novembre • approdi – Puglia • Un gruppo di 25 migranti, tra cui diversi minorenni, è stato fermato dai carabinieri dopo lo sbarco avvenuta sulla costa salentina. I migranti, di nazionalità afghana e iraniana sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 26 novembre • approdi – Lampedusa • Cecilia Wikstrom, capo della delegazione di parlamentari europei che ha visitato i Centri di accoglienza in Sicilia, tra cui quello di Lampedusa chiuso dopo l’incendio (vedi 20 settembre), assieme ai suoi colleghi sollecita il governo italiano affinché Lampedusa torni a essere qualificato “porto sicuro” e a ripristinare il Centro di accoglienza.

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26 novembre • naufragi – Puglia • Una barca a vela partita dalla Turchia, con a bordo 72 migranti, si è ribaltata a nord di Brindisi. Il bilancio parla di tre vittime e 43 superstiti, mentre 26 risultano dispersi, anche se si suppone siano riusciti a raggiungere la terraferma. Si tratta per lo più di afghani, iraniani e bengalesi; tra di loro anche 25 minorenni. José Angel Oropeza, direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha reso noto che nel corso del 2011 sono state circa duemila le persone morte cercando di raggiungere le coste italiane. 29 novembre • approdi – Puglia • Un’imbarcazione, con a bordo 189 migranti, si è schiantata contro gli scogli sulle coste salentine. I migranti sono stati condotti Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto, mentre una donna, all’ottavo mese di gravidanza, è stata trasferita nell’ospedale di Scorrano, assieme ai suoi due bambini. 29 novembre • proteste – Pesaro • Un gruppo di militanti di Forza Nuova, ha manifestato davanti alla sede della Provincia di Pesaro-Urbino contro la proposta del presidente Matteo Ricci di conferire la cittadinanza onoraria ai bambini figli di immigrati nati in Italia, in attesa che il Parlamento legiferi in materia di ius soli. 30 novembre • arresti – Lampedusa • La polizia di Agrigento ha arrestato cinque extracomunitari, due nigeriani e tre ghanesi, con l’accusa di violenze e di aver ucciso alcuni migranti, gettandoli in mare durante il viaggio dalla Libia verso Lampedusa (vedi 4 agosto). DICEMBRE 2 dicembre • asilo – Europa • Cecilia Malmstrom, commissaria per gli Affari interni dell’Unione Europea ha sollecitato i Paesi europei a fare passi in avanti nei difficili negoziati per definire la riforma della politica europea d’asilo, presentando un progetto per ridistribuire tra gli Stati membri i richiedenti asilo. Secondo i dati Eurostat, in Europa il paese che nel 2010 ha ricevuto più richieste di asilo è stata la Francia (52.725), seguita da Germania (48.490), Svezia (31.875), Belgio (26.130), Regno Unito (23.715), Olanda (15.100), Austria (11.050), Grecia (10.275) e Italia (10.050). In totale, nell’intera Unione le richieste nel 2010 sono state 260.000, circa la metà del picco che si verificò nel 2001 con 425.000 domande. 2 dicembre • incendio – Lampedusa • Un nuovo attentato si è verificato contro Lampedusa accoglienza, la cooperativa che gestiva il Centro per gli immigrati di Contrada Imbriacola, attualmente chiuso: un incendio doloso ha distrutto un magazzino contenente derrate alimentari e vestiario. L’attentato risalirebbe ai giorni precedenti, ma nessuno si sarebbe accorto prima dell’accaduto (vedi 13 novembre). 5 dicembre • numeri – asilo • Secondo i dati riportati nel Rapporto 2010-2011 del Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), le domande d’asilo presentate in Italia nei primi sei mesi del 2011 sono state 10.860, con un incremento del 102% rispetto allo stesso periodo del 2010. La graduatoria delle regioni che si sono distinte nel 2010 per maggiore capacità di accoglienza, vede dopo il Lazio (con 1.580 accolti, 466 strutture e 21 progetti), la Lombardia (1.163 accolti), la Sicilia (807), la Puglia (499)e l’Emilia-Romagna (439). In totale, nel corso del 2010, la rete dello SPRAR ha coinvolto 2010 piccoli comuni e aree metropolitane, con 3.146 posti di accoglienza che hanno consentito la presa in carico di 6.855 beneficiari richiedenti e titolari di protezione internazionale. 6 dicembre • sentenza – Europa • La Corte di giustizia dell’Unione Europea, chiamata a

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pronunciarsi dalla Corte d’Appello di Parigi sul caso di un immigrato armeno che nel giugno di quest’anno è stato oggetto di un decreto di riaccompagnamento coattivo alla frontiera e di un provvedimento di detenzione per soggiorno irregolare, ha sentenziato che la Direttiva europea sui rimpatri «non vieta una normativa nazionale che qualifica il soggiorno irregolare di un cittadino extracomunitario alla stregua di reato e preveda sanzioni penali, compresa la reclusione». Tuttavia, la Corte europea ha anche stabilito che una corretta applicazione della Direttiva esclude che, nel corso della procedura di rimpatrio, l’immigrato irregolare sia detenuto, poiché questa sanzione impedirebbe di fatto l’esecuzione del rimpatrio e quindi il raggiungimento del fine ultimo della stessa Direttiva. 6 dicembre • arresti – permessi • Una poliziotta di Latina, in servizio all’ufficio immigrazione della questura, è stata arrestata poiché si faceva pagare circa 1.200 euro per velocizzare le pratiche e favorire il rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini immigrati. 8 dicembre • proteste – CIE • Nel CIE di Torino una cinquantina di immigrati reclusi, per lo più tunisini, hanno dato vita a una protesta, dando fuoco a coperte e lanciando oggetti. Alcuni hanno anche tentato di fuggire, venendo subito bloccati dalle forze dell’ordine. 10 dicembre • approdi – Puglia • Cinquantacinque migranti, tra cui quattro donne, 36 minorenni e due neonati, sono stati fermati dai carabinieri nel Salento poco dopo essere sbarcati. Nella giornata di ieri altri 75 immigrati egiziani, tra cui 15 minorenni, erano sbarcati a Gallipoli. 12 dicembre • studi – ISMU • Secondo il Rapporto sulle migrazioni, elaborato dalla Fondazione ISMU, nei primi sette mesi del 2011 sono sbarcati in Italia 51.881 immigrati. I “viaggi della speranza” fruttano a trafficanti e “scafisti” tra i 355 e i 711 milioni di euro, considerando un costo medio tra i quattromila e gli ottomila euro, pagato da chi decide di affrontare la traversata. 13 dicembre • lavoro – Europa • Il Parlamento Europeo ha approvato definitivamente la Direttiva sul permesso unico di residenza e lavoro che tutela gli extracomunitari che lavorano legalmente nell’Unione, garantendo loro pari diritti, condizioni di lavoro, pensione, sicurezza sociale e accesso ai servizi pubblici. I singoli Paesi potranno però decidere se restringere l’accesso ai sostegni familiari e di disoccupazione ai lavoratori in possesso di un permesso valido per meno di sei mesi e restringere il diritto all’alloggio sociale per i cittadini extracomunitari che hanno un contratto di lavoro in corso. 13 dicembre • approdi – numeri • Laurens Jolles, delegato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per il sud Europa, nel corso di un’audizione presso la Commissione diritti umani del Senato, ha indicato le cifre relative al fenomeno migratorio: da gennaio a novembre 2011 sono arrivate in Italia via mare circa 60.000 persone, di cui 56.000 dal Nord Africa; circa la metà sono giunti dalla Libia e altrettanti dalla Tunisia. A fronte di questi numeri appare decisamente insufficiente la rete dell’accoglienza: i Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo possono ospitare duemila persone, sommando i posti disponibili nei Centri di accoglienza per migranti si arriva a circa cinquemila posti, mentre i progetti del Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati possono ospitare tremila persone, con 500 posti riservati ai soggetti vulnerabili, di cui 50 per i casi di grave disagio mentale. 13 dicembre • informazione – CIE • Il nuovo ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ha indirizzato oggi una direttiva a tutti i prefetti con la quale viene ripristinata la possibilità per gli operatori dell’informazione di accedere ai CIE e agli altri Centri per immigrati. Viene così

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revocato il provvedimento sul suo predecessore, Roberto Maroni, emanato il 1° aprile, che aveva provocato decise proteste da parte di giornalisti e associazioni. 13 dicembre • approdi – Puglia • Un peschereccio, con a bordo 58 migranti, è stato intercettato dalla Guardia di finanza al largo di Gallipoli. Gli immigrati, libici e iracheni, tra i quali sette minorenni, sono stati condotti nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 13 dicembre • omicidi – Firenze • Un estremista di destra, Gianluca Casseri, a Firenze ha sparato contro un gruppo di venditori ambulanti senegalesi, uccidendone due e ferendone gravemente altri tre, togliendosi poi la vita. 15 dicembre • approdi – Puglia • Al largo di Molfetta la Capitaneria di Porto ha soccorso un natante con a bordo 68 uomini e due donne, probabilmente di origine afgana. 15 dicembre • immigrazione – studio • Secondo il Rapporto Transatlantic Trends 2011 - Immigration, l’approccio degli italiani rispetto al tema dell’immigrazione vede ancora prevalere paure e preoccupazioni (vedi 3 febbraio). L’indagine, condotta dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo su un campione di mille persone maggiorenni residenti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia, Spagna, Germania e Italia, evidenzia che il 53% dei nordamericani e il 52% degli europei continua a non ritenere l’immigrazione un’opportunità, bensì un problema. In generale, il numero degli immigrati appare ancora sopravvalutato, soprattutto nei paesi anglofoni, mentre si riscontra insofferenza per le politiche adottate dai propri governi relativamente alle migrazioni. 16 dicembre • approdi – Lampedusa • Un barcone con a bordo 68 persone, probabilmente di origine somala, è giunto a Lampedusa dopo essere stato soccorso dalla Capitaneria di porto. Tra i migranti vi sono nove donne, di cui due in stato di gravidanza. 18 dicembre • proteste – CIE • Nel CIE di Bologna una ventina di immigrati ha effettuato una protesta, lanciando oggetti. La notte precedente quattro stranieri erano riusciti a evadere, salendo sui tetti e scavalcando le recinzioni, mentre altri sei erano stati bloccati. 19 dicembre • approdi – Puglia • I carabinieri hanno fermato lungo la costiera leccese 34 migranti, tra i quali 15 minorenni, conducendoli poi nel Centro di prima accoglienza don Tonino Bello di Otranto. 20 dicembre • minori – studio • Secondo il quarto Rapporto ANCI-Cittalia sui minori stranieri non accompagnati, il fenomeno è nuovamente in crescita: si è infatti passati dai 5.879 minori presi in carico nel 2009 ai 4.588 nel 2010 fino ai circa 7.500 censiti a novembre 2011. La ricerca ha coinvolto il 73,5% dei Comuni italiani, vale a dire 5.951; quelli che nel corso del 2010 hanno accolto minori stranieri non accompagnati sono stati 845. Guidano la classifica del numero di minori presi in carico i Comuni del Lazio (19,4%), seguiti da Emilia-Romagna (17%), Lombardia (9,8%) e Puglia (9%). 20 dicembre • violenze – studio • Si è tenuta a Palermo la Seconda conferenza transnazionale all’interno del progetto comunitario Iris, che ha come obiettivo quello di individuare il grado di conoscenza degli operatori sociosanitari sulle forme di violenza che interessano le donne migranti presenti in Italia. Secondo l’indagine, che ha coinvolto 253 operatori a livello nazionale, il 33% degli operatori ha redatto un certificato medico su episodi di violenza sulle migranti, che è fisica nel 75% dei casi, sessuale nel 41%. Il 17% degli operatori ha assistito donne problema che avevano subito mutilazioni genitali femminili, mentre il 9% del personale si è trovato ad affrontare più di un caso. Il sospetto di trovarsi di fronte a una paziente che avesse

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contratto un matrimonio combinato ha riguardato il 30% degli operatori italiani. 22 dicembre • povertà – statistiche • È stato diffuso un Rapporto dell’ISTAT sui redditi delle famiglie con stranieri, con riferimento agli anni 2008 e 2009. Da esso risulta che il 43,9% delle persone che vivono in una famiglia dove sono presenti stranieri è a rischio povertà; la percentuale sale al 49,1% se la famiglia è composta da soli stranieri. Tra le persone che vivono in famiglie di soli italiani, è a rischio povertà il 17,4%. Il rischio di povertà delle persone che vivono in famiglie in cui sono presenti stranieri è più elevato nel Mezzogiorno (64,2%) rispetto al Centro (47,7%) e al Nord (37,8%). 25 dicembre • proteste – CIE • Durante una protesta avvenuta nel CIE di Bologna alcuni dei migranti hanno tentato di fuggire, scavalcando le recinzioni, ma solo un giovane tunisino è riuscito nell’intento. 26 dicembre • proteste – CIE • Un gruppo di almeno 35 migranti rinchiusi nel CIE di Torino ha tentato la fuga, 21 di loro sono riusciti a evadere. 27 dicembre • cittadinanza – iniziative • L’organizzazione di estrema destra Forza Nuova di Pisa ha violentemente attaccato don Armando Zappolini, il parroco di Perignano, che nella sua chiesa ha allestito un presepe a sostegno della proposta di legge di concedere la cittadinanza italiana per i figli di immigrati nati in Italia.Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha invece espresso solidarietà al sacerdote, affermando che il riconoscimento dello ius soli è un fondamento di civiltà. 30 dicembre • approdi – Puglia • I carabinieri hanno bloccato un gruppo di 32 immigrati di nazionalità afgana e irachena sbarcati questa mattina sulla costa salentina.

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Discriminazione, intolleranza e violenza nei confronti di migranti, profughi e richedenti asilo

Se si dovesse condensare in una sola vicenda la cronaca di un anno di episodi di intolleranza e discriminazione avvenuti in Italia, probabilmente sarebbe quella che ha coinvolto Noureddine Adnane. Nato e cresciuto in un povero villaggio vicino a Casablanca, come tanti aveva lasciato il Marocco per approdare in Italia, a Palermo. Al sogno di una nuova vita aveva sacrificato anche il suo nome: nel suo mestiere di commerciante ambulante era diventato, infatti, “Franco”. Per tutti, tranne che per quei vigili urbani che invece il suo nome vero lo conoscevano benissimo, poiché a quello intestavano spesso multe e verbali. Tanti, una vessazione continua, nonostante Noureddine, in Italia da dieci anni, disponesse sia del permesso di soggiorno sia della licenza per la bancarella dove esponeva le sue piccole merci. Il 10 febbraio 2011 volevano sequestrargli anche quelle, la settimana precedente gli avevano elevato ben quattro verbali. E Noureddine, esasperato, ha detto basta. Si è cosparso il corpo di benzina davanti ai vigili. Noureddine ha preso fuoco, riportando ustioni terribili. È morto il 19 di febbraio, dopo giorni di atroce agonia. Il Comune di Palermo si è offerto di pagare il costo del funerale, ma la famiglia ha rifiutato, preferendo riportare la salma in Marocco.

Mohamed Bouazizi faceva lo stesso lavoro di Noureddine. Era un ambulante di Sidi Bouziz, una cittadina della Tunisia centrale. Ha scelto la stessa tragica morte: si è dato fuoco il 17 dicembre 2010 ed è deceduto il 4 gennaio 2011. Nel suo caso, i persecutori erano poliziotti, che volevano sequestrargli la merce. Vicende pressoché identiche, a parte il finale. La protesta estrema di Mohamed è considerata il detonatore della primavera insurrezionale tunisina. Quella di Noureddine ha provocato solo qualche articolo.

Per quanto potente, paradigmatica e drammaticamente evocativa, una sola immagine sarebbe naturalmente insufficiente a raccontare un anno. Viceversa, nelle cronache dei media non è semplice rintracciare casi di discriminazioni e razzismo: sia per una frequente disattenzione alla materia, che diventa così invisibile e irrilevabile, sia perché obiettivamente, anche in presenza di notizie di

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cronaca, non è semplice avere gli elementi fattuali sufficienti per classificare in un modo o in un altro quello specifico episodio, a meno che non vengano contestati reati e la specifica aggravante, il che avviene assai di rado e in ogni caso non nell’immediatezza della notizia.

L’anno dell’estrema protesta di Noureddine si è ancor più drammaticamente concluso con gli atti di violenza a cui abbiamo assistito a Torino e a Firenze nel mese di dicembre.

Una sedicenne torinese inventa una storia di stupro, per mascherare un rapporto sessuale avuto con un coetaneo e per paura dei genitori, che le imponevano periodici controlli ginecologici: “sono stati due zingari”, accusa la ragazza. Il fratello, complice, conferma. È il 10 di dicembre. Monta la rabbia nel quartiere delle Vallette, nella cintura di Torino. Una manifestazione raccoglie subito 200 persone; vi partecipa anche il segretario provinciale del Partito Democratico, nonché presidente della V Circoscrizione. Il clima si fa subito pesante e il corteo si ingrossa: e una sua cospicua parte si lancia, bastoni alla mano, in un raid contro il campo nomadi, che viene devastato. La fiaccolata dei cittadini diventa un tentativo di pogrom. Una “disinfestazione” a furor di popolo.

Il pubblico ministero incaricato delle indagini, Laura Longo, a quasi un mese dal raid al campo rom della Continassa, parla esplicitamente di un «autentico muro di omertà» che gli inquirenti hanno riscontrato in tutto il quartiere. Infatti, dalle indagini non emerge alcun nuovo inquisito, nonostante gli aggressori fossero almeno un centinaio, in parte provenienti dalle organizzazioni del tifo organizzato (juventino). E nonostante la gravità dei reati commessi, come hanno scritto i magistrati del Tribunale della libertà, quando all’inizio del gennaio 2012 hanno respinto l’istanza di scarcerazione di uno dei due arrestati e laddove il fuoco era stato appiccato a roulotte e baracche abitate, senza curarsi dell’eventuale presenza di persone all’interno.

Il bilancio parla di venti baracche e roulotte bruciate, un ragazzo picchiato, bombe carta, benzina e tanta voglia di linciaggio appena frenata dai carabinieri, che si sono limitati ad allontanare in tempo i rom residenti, sacrificando le loro cose. Solo due gli arresti successivi, nonostante la gravità dei reati configurabili (incitamento all’odio razziale, devastazione, saccheggio…) e il numero dei loro autori.

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Solo tre giorni dopo quella tentata alla Continassa di Torino, il 13 dicembre la strage arriva davvero, a Firenze. Colpisce la comunità senegalese. L’omicida è un uomo di 50 anni, pistoiese: ragioniere di fede dichiaratamente neofascista, scrivono di lui le cronache. Si è messo a fare il tiro al bersaglio al mercato di San Lorenzo con un revolver 357 magnum contro i venditori ambulanti dalla pelle scura. Bilancio: due senegalesi morti, Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni; uno gravemente ferito, Moustapha Dieng, 34 anni. L’assassino si toglie la vita.

Studi e Rapporti

Partiamo allora da qui per raccontare un anno di quotidiano razzismo, avvertendo che non verranno riportati i casi di intolleranza e violenza nei confronti di rom, sinti e camminanti (che pure ci capiterà di ricordare più volte in ragione della loro frequente gravità): a questi verrà dedicato una autonoma sezione, distinta da quella relativa a migranti e richiedenti asilo, nella prossima edizione di questo Rapporto. Quello di cui qui si tratta è, come si è detto, il razzismo quotidiano, che sia manifesto o nascosto: quest’ultimo è quasi impossibile da censire, ma anche il primo emerge con molta difficoltà, pure quando costituisce fattispecie penale o assume connotati violenti. Basti pensare che, secondo uno studio dell’European Union Agency for Fundamental Rights, la percentuale di atti e delitti razzisti non denunciata alle autorità oscilla tra la metà e i due terzi (57%-74%), a seconda dei diversi gruppi a rischio che vengono considerati. Eppure, gli stessi coinvolti hanno definito «seri» gli incidenti occorsi nel 60%-75% dei casi (FRA, EU-MIDIS, 2010).

Il Rapporto annuale di Human Rights Watch (HRW), che effettua un monitoraggio sullo stato dei diritti umani nel mondo, si occupa anche dell’Italia. Quello diffuso nel gennaio 2011 e relativo al 2010 afferma che nel nostro Paese «la violenza razzista e xenofoba resta un problema pressante» e si critica la politica italiana relativa a immigrazione, respingimenti e discriminazione della comunità rom e sinti (si ricordi che nel mese di novembre 2011 lo stesso Consiglio di Stato ha giudicato illegittimo il richiamo allo stato di emergenza per la gestione dei campi rom).

Human Rights Watch ricorda gli incidenti di Rosarno del gennaio 2010,

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richiamando il fatto che molti Paesi hanno espresso preoccupazione sul razzismo e la xenofobia in Italia nel corso del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite che si tenne nel febbraio 2010. L’organizzazione umanitaria afferma inoltre che «Rom e Sinti continuano a sopportare un alto livello di discriminazione e povertà nonché deplorevoli condizioni di vita sia nei campi autorizzati sia in quelli abusivi».

Il Rapporto ricorda poi come il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa nell’ottobre 2010 abbia espresso una condanna per l’Italia proprio a causa delle discriminazioni nei confronti dei rom in materia di alloggi, accesso alla giustizia, all’economia e all’assistenza sociale.

Secondo HRW, l’Italia «ha continuato a deportare i sospetti di terrorismo in Tunisia, tra i quali Mohammed Mannai», nonostante i fondati rischi che questi fossero sottoposti a torture. Viene anche ricordato che nel Rapporto dell’aprile 2010 del Comitato europeo per la prevenzione della tortura si affermava che «l’Italia viola la proibizione di respingimento quando intercetta barche di emigranti che cercano di entrare in Italia, restituendoli alla Libia senza selezionare chi ha eventualmente bisogno di protezione internazionale». Infine, si rileva che l’Italia non ha concesso asilo a dozzine di eritrei respinti in Libia nel 2009 (Human Rights Watch 2011a).

Human Rights Watch (2011b) ha poi – significativamente − dedicato uno specifico Rapporto al caso italiano , pubblicato nel marzo 2011 e basato su una ricerca svolta tra il dicembre 2009 e il dicembre 2010. In esso vengono sottolineati e censurati ritardi e omissioni dello Stato italiano nel prendere misure efficaci contro i crimini imputabili a odio discriminatorio. Secondo Human Rights Watch, «il governo dedica molta più energia a incolpare i migranti e i Rom dei problemi che attanagliano l’Italia. Viene evidenziata, poi, la carenza nel monitorare adeguatamente il fenomeno. Ciò si deve, tra l’altro, al fatto che un crimine risulta classificato nel database istituzionale «come aggravato dall’odio razziale solo se l’agente di polizia che ha ricevuto il reclamo lo ha classificato come tale, e a tutt’oggi, i dati del ministero dell’Interno e quelli del ministero della Giustizia non sono stati integrati affinché consentano il monitoraggio dell’esito delle denunce individuali». Le stesse ripetute richieste da parte di HRW al ministero dell’Interno italiano per ottenere dati dettagliati su denunce ufficiali, arresti, e perseguimento di crimini razzisti e xenofobi, sono rimaste senza risposta. E’ così che HRW può affermare che «la reale portata della violenza razzista e xenofoba in Italia è sconosciuta».

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Una conseguenza della sottovalutazione da parte delle autorità è anche che «il personale delle forze dell’ordine e i pubblici ministeri non ricevono una formazione specializzata e sistematica per l’individuazione, l’indagine e il perseguimento della violenza razzista». Fra i fattori incentivanti le discriminazioni, HRW indica la rappresentazione negativa degli immigrati e delle minoranze da parte dei media. A riguardo, il Rapporto cita anche una ricerca condotta dall’Università La Sapienza di Roma, secondo la quale in tutta la prima metà del 2008 su 5.684 notizie date dalla televisione sugli immigrati solo 26 non erano riferite a vicende di criminalità o a problematiche della sicurezza.

Anche per il Rapporto 2011 di Amnesty International in Italia gli atti di discriminazione sono frequenti. Secondo l’organizzazione umanitaria, i richiedenti asilo e i migranti non hanno potuto accedere a procedure di asilo eque e soddisfacenti. Viene sottolineato che «le autorità non li hanno adeguatamente protetti dalla violenza a sfondo razziale e, facendo collegamenti infondati tra immigrazione e criminalità, alcuni politici e rappresentanti del governo hanno alimentato un clima di intolleranza e xenofobia».

Il Rapporto ricorda come anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e le ONG abbiano ripetutamente espresso il timore che gli accordi tra Italia, Libia e altri Paesi per controllare i flussi migratori stessero negando a centinaia di richiedenti asilo, compresi molti bambini, l’accesso alle procedure per richiedere la protezione internazionale. In effetti, in Italia il numero di richieste di asilo nel 2010 ha visto un drastico calo. Al riguardo, Amnesty cita come esempio quanto accaduto nell’ottobre 2010, quando «68 persone soccorse in mare sono state rinviate forzatamente in Egitto nelle prime 48 ore, a quanto sembra senza aver avuto la possibilità di chiedere la protezione internazionale. Erano su una nave con 131 passeggeri, intercettata dalle autorità italiane nei pressi della costa siciliana. Tra di loro c’erano 44 minori» (Amnesty International 2011).

Comunque, sotto della punta dell’iceberg costituita dalle denunce, la realtà della discriminazione nei confronti degli immigrati e delle minoranza eniche e culturali appare nebulosa e di ardua rilevazione. Non necessariamente per la minor gravità dell’evento, semmai, assai spesso, per la condizione di irregolarità, e dunque di ricattabilità, della vittima. Oltre che per la carenza di indagini al riguardo. Una delle poche fonti disponibili, il Libro bianco sul razzismo in Italia, realizzato

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dall’associazione Lunaria, nella sua seconda edizione, tra il 15 luglio 2009 e il 31 agosto 2011 ha raccolto 861 casi, monitorando stampa e siti web (Lunaria, 2011). Conteggiando gli episodi a partire dal 1° gennaio 2007 il totale sale a 1.311. Cause scatenanti, in particolare le origini nazionali o etniche della vittima (817 casi), seguono i tratti somatici (226), l’appartenenza religiosa (173), le pratiche culturali (41). A essere presi di mira dalle violenze e discriminazioni sono stati più frequentemente gli adulti (263) e i giovani (241), meno i bambini (118).

Gli autori delle discriminazioni sono stati soprattutto attori istituzionali (427 casi), singoli individui (396) o gruppi (391) non partitici (153) o ignoti (125). La loro appartenenza politica, nei casi in cui è stato possibile rilevarla, era in maggioranza Lega Nord (170) o PDL (47). Gli episodi sono avvenuti soprattutto in occasioni di vita pubblica e nell’ambito dei rapporti con le istituzioni (195 casi), sul lavoro (70), a scuola (80), in ambito sportivo (92), nei campi rom (80) o nei Centri di Identificazione ed Espulsione (31). Le violenze sono state per lo più verbali (525), tra cui 182 casi di offese, minacce o molestie e 319 di propaganda razzista; 350 sono stati invece gli episodi di violenza fisica, di cui 16 hanno causato la morte. Gli atti discriminatori sono stati 366, in 85casi si è trattato di ordinanze.

In effetti, se nel primo Libro bianco, che metteva in particolare evidenza il “razzismo istituzionale”, il quadro di riferimento era il “Pacchetto sicurezza”, nel secondo emerge con evidenza la declinazione locale di quel tipo di cultura. Ovvero la miriade di ordinanze municipali volute dai sindaci, non necessariamente di centrodestra, spesso sono fondate su presupposti o volontà discriminatorie. Così che il welfare diventa uno dei principali ambiti nei quali questo genere di discriminazione può manifestarsi: « le politiche di supporto alla famiglia tramite la preclusione o la limitazione dell’accesso dei cittadini stranieri ai sussidi alla natalità (Brescia, Palazzago, Adro, Latisana, Tradate, Regione Lombardia), ai sussidi straordinari di disoccupazione (Villa d’Ogna) e ai contributi economici per le famiglie a basso reddito (Milano); il diritto allo studio con l’introduzione di requisiti restrittivi per l’accesso dei bambini stranieri ai servizi per l’infanzia (Adro, Ciampino, Montecchio Maggiore, Goito) e degli studenti agli alloggi universitari (Sondrio); le politiche abitative soprattutto limitando l’accesso dei cittadini stranieri all’edilizia residenziale pubblica (Milano) e ai contributi di sostegno alla locazione (Alzano Lombardo, Adro, Majano, Regione Friuli-Venezia Giulia)» (Grazia Naletto, Il razzismo istituzionale nel welfare, in Lunaria 2011).

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I dati istituzionali (UNAR e OSCAD)

Tra le poche fonti disponibili che censiscono con organicità casi di discriminazione vi è quella istituzionale: ovvero l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) del Dipartimento per le Pari opportunità, istituito presso la Presidenza del Consiglio con decreto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003, in attuazione della Direttiva dell’Unione europea n. 43/2000.

I dati più recenti, relativi ai primi undici mesi del 2011, dal primo gennaio al 30 novembre, parlano di 859 episodi registrati, a fronte dei 653 dello stesso periodo del 2010, vale a dire una crescita del 31,54%. (Nella mappa che segue sono considerati anche i dati, successivamente raccolti dallo stesso Unar, aggiornati al 31 dicembre 2011,unitamente ai dati provenienti da altre fonti).

Guardando nel dettaglio, sono state 51 le aggressioni o i tentativi di violenza (erano state 37 nel primi dieci mesi del 2010 e 47 nell’intero anno). 266 casi sono avvenuti nell’Italia centrale (31%), 217 nel Nord-Est (25,3%), 214 nel Nord-Ovest (24,9%), 78 nel Mezzogiorno (9,1%), 32 nelle Isole, mentre per 52 casi non è indicata la localizzazione territoriale. Per quanto riguarda le singole regioni, è il Lazio a condurre la classifica negativa, con il 19,3% degli episodi, seguito da Lombardia (19%) e Veneto (11,4%).

La discriminazione è valutata secondo una classificazione, prevista dalla direttiva comunitaria n. 2000/43 CE, che distingue tra discriminazione diretta, indiretta, molestie e diretta con molestie. La discriminazione è considerata diretta “quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga”. Si parla di discriminazione indiretta quando “una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”. Le molestie sono definite dalla direttiva come “una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo”.

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Nel periodo considerato, i primi undici mesi del 2011, il 61,4% delle vittime ha subìto una discriminazione diretta, il 17,2% diretta con l’aggiunta di molestie, l’8,6% indiretta, il 3,8% è stato discriminato per l’orientamento sessuale e il 2,6% per un handicap. Gli ambiti nei quali maggiormente si sono verificati gli episodi di discriminazione sono quello lavorativo (con il 20,7% degli 859 casi registrati), quello della vita pubblica (17,6%), quello dei mass media (17%), quello dei servizi erogati da un ente pubblico (12,2%).

Questi dati – secondo quanto afferma lo stesso Unar - non vanno interpretati come mero aumento delle forme di intolleranza, che restano comunque molto presenti nel nostro paese, ma come segnale del rafforzamento dell’azione dell’Ufficio nel far emergere i casi di discriminazione, attraverso il moltiplicarsi delle iniziative di promozione e sensibilizzazione.

Alla fine del novembre 2011 il Contact Center dell’UNAR (raggiungibile tramite servizio telefonico gratuito al numero verde 800 90 10 10 ed anche via web all’indirizzo unar.it), dopo circa un anno di sperimentazione, si è esteso a tutti i tipi di discriminazioni, allargandosi anche a eventi discriminatori connessi alla disabilità, all’età, alla religione, all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

Per quanto riguarda le segnalazioni arrivate direttamente all’ufficio, tramite il Contact Center, casa e lavoro sono i luoghi dove più frequenti si registrano gli atti di discriminazione. I margini d’intervento da parte dell’Unar sono limitati poiché l’unica strada praticabile è l’opera di persuasione affinché le vittime potenziali facciano valere i propri diritti.

Dal database UNAR si riscontra che le condotte discriminatorie, rispetto all’ambito casa, riguardano soprattutto i conflitti tra condomini e vicini (52,3%) e in seconda battuta le condizioni di affitto (29,5%). Si ripropone quindi il tema della differenziazione su base etnica nell’accesso a un essenziale bene di cittadinanza come l’alloggio, peraltro questa forma di discriminazione ha delle conseguenze dirette sui progetti di vita degli immigrati poiché come è noto un contratto di affitto regolarmente registrato è una tra le condizioni necessarie per la richiesta di ricongiungimento familiare.

Il numero di istruttorie aperte dall’UNAR è aumentato nel corso degli anni: dalle 373 del 2009, alle 766 del 2010, alle 971 nel 2011 (al 30 novembre) e 1000 al 31 dicembre.

I casi istruiti dal 1° gennaio al 30 novembre del 2011 vedono in crescita quelli riferiti a discriminazioni sul lavoro: 194 (19,9% del totale), un dato in crescita

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rispetto al 2010 (11,3%); nel 55% dei casi la discriminazione riguarda l’accesso all’occupazione: procedure selettive su base etnica, segregazione occupazionale, accesso limitato al mercato del lavoro. Il 42% delle istruttorie deriva da segnalazioni giunte tramite e-mail o attraverso il sito www.unar.it; quelle derivanti da chiamate al numero verde 800.901010 sono invece scese sensibilmente (erano il 60% nel 2009, sono state circa il 20% nel 2011). Cresce progressivamente l’importanza ai fini della raccolta dei dati anche degli Osservatori Unar decentrati a livello territoriale. A fine 2011 centri antidiscriminazioni, in convenzione con enti locali e associazioni, sono presenti in Emilia-Romagna, Liguria e nelle città di Mantova, Pistoia, Venezia e Pavia; sempre a quella data erano in corso i protocolli per l’apertura in Puglia, a Messina e a Roma.

Dal Rapporto 2010 dell’UNAR emerge che le vittime dei 766 casi registrati nell’anno sono per il 63,4% stranieri, il 9,7% sono invece stranieri con cittadinanza italiana e la rimanente parte è costituita da italiani; per questi ultimi le segnalazioni riguardavano discriminazioni di genere, sessuali o religiose. I testimoni di episodi di discriminazioni sono in larga maggioranza italiani (82,2%).

Circa una segnalazione su due proviene dalle stesse vittime di discriminazione, una su quattro è invece direttamente promossa dall’UNAR, una su cinque è segnalata da un testimone, mentre l’8% dei casi è segnalato da un’associazione o un ente esterno all’UNAR.

Le vittime dei casi segnalati sono in maggioranza uomini (56,4%) e con più di 35 anni (58,5%), mentre i giovani sono il 40% e gli anziani l’1,5%. Il 23,3% delle segnalazioni riguarda cittadini dell’Europa orientale e dei Balcani, quelle di persone nord africane sono il 20,9%. Tra le vittime si segnala una prevalenza di persone coniugate e di istruzione medio-alta. La maggior parte lavora come operaio (25,7%) o impiegato (23,6%), mentre non lavora il 24,1%, in prevalenza donne.

Per quanto riguarda l’ambito delle discriminazioni, tra i giovani è prevalente quello nell’ambito dell’erogazione di servizi da parte di enti pubblici, mentre tra gli adulti quello relativo al mercato del lavoro. Tra gli stranieri, il 26,3% ha segnalato discriminazioni nell’accesso alla casa.

La propensione alla denuncia risulta maggiore tra le persone con una condizione sociale più stabile: nella maggior parte dei casi le vittime sono in Italia da oltre cinque anni.

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Il ministero dell’Interno, a sua volta, raccoglie dati sulle discriminazioni, attraverso l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), organismo della polizia di Stato istituito nel 2010. L’OSCAD si occupa di tutti quei comportamenti costituenti reato che sono integrati da atti discriminatori anche quando questi ultimi non siano individuati come tali dalla normativa vigente.

Dopo un anno di attività, nel settembre 2011, l’OSCAD ha fornito un primo bilancio delle proprie attività: 129 le segnalazioni ricevute, 56 delle quali relative a reati; delle altre 52 segnalazioni che non costituivano reato, 34 concernevano invece situazioni già definite e 18 sono state girate per competenza all’UNAR; infine, 21 segnalazioni che riguardano il web sono state inviate alla polizia postale per i necessari accertamenti. Undici le persone arrestate e altre 33 quelle denunciate.

I giovani e il razzismo

L’UNICEF, in collaborazione con Lorien Consulting, ha realizzato uno studio sulla percezione del razzismo tra gli adolescenti. L’indagine, condotta nell’ottobre 2011, si è svolta on line intervistando 400 adolescenti italiani e 118 di origine straniera. Ne è risultato che un adolescente di origine straniera su due (54,1%) in Italia dice di aver assistito a fenomeni di razzismo nei confronti di coetanei. Circa uno su cinque (22,2%) afferma di aver subito direttamente discriminazioni o atti di razzismo; oltre la metà (53,8%) degli episodi sarebbero avvenuti nell’ultimo anno, la gran parte (61,5%) a scuola.

Per razzismo gli adolescenti intendono soprattutto il rifiuto o emarginazione verso persone di altra etnia, religione, cultura, ideologia (44,4% degli adolescenti di origine straniera e 43% di quelli italiani), oppure qualsiasi distinzione verso persone di altra razza, cultura e religione (rispettivamente 38,9% e 36,5%) e infine manifestazioni violente contro persone considerate diverse (15,3% e 17,5%).

Comunque, gli adolescenti di origine straniera in maggioranza si dicono soddisfatti della vita in Italia (66,7%). I ragazzi italiani affermano di avere con i coetanei di origine straniera occasioni di incontro almeno una volta a settimana (70%), principalmente nel tempo libero (43,9%) e a scuola (42,2%), ma li considerano loro

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amici, a prescindere dal luogo di incontro (50%).

Gli adolescenti italiani pensano che le persone immigrate siano parte integrante delle società (57% degli intervistati), ma che spesso vivano in situazione di difficoltà e che quindi sia doveroso aiutarli (52%); giudicano positivamente la loro presenza in Italia (55,6%), anche per l’arricchimento culturale che apportano al Paese (47,5%).

La maggioranza dei ragazzi italiani intervistati pensa che a occuparsi della lotta al razzismo dovrebbero essere in primis le associazioni di volontariato (48%), poi le organizzazioni internazionali (32%), le singole persone (26,5%), le scuole (26,5%), la Chiesa (23,5%), le istituzioni internazionali (14%), quelle nazionali (10,5%), le amministrazioni locali (3,5%), le forze dell’ordine (2,5%). Assai diverse le risposte dei loro coetanei di origine straniera: in maggioranza indicano al primo posto le istituzioni nazionali (20,8%), la Chiesa (18,1%), le organizzazioni internazionali (16,7%), le scuole (16,7%), le associazioni di volontariato (13,9%), le singole persone (13,9%), le amministrazioni locali (9,7%), le forze dell’ordine (9,7%), le istituzioni internazionali (4,2%).

Assai simile nei due campioni, invece, il giudizio negativo sul ruolo dei media, che propongono un’immagine dell’immigrazione peggiore della realtà per il 58% degli adolescenti italiani e per il 54,2% di quelli di origine straniera (UNICEF 2011).

Il fenomeno razzismo risulta ancor più incisivo e diffuso nella percezione dei giovani secondo i risultati della ricerca Spunti di vista condotta dall’ARCI e da UNAR attraverso la somministrazione di un questionario a 440 giovani e ragazzi tra i 15 e i 30 anni che vivono nei comuni di Milano (230 intervistati) e Messina (210). L’analisi si è focalizzata sulle discriminazioni subite dalle cosiddette seconde generazioni e più in generale da tutti i giovani di origine straniera nati o presenti in Italia. A Messina dichiarano di aver subito discriminazioni il 74% di maschi e il 65% delle femmine, mentre a Milano sono rispettivamente il 60% e il 38%. I luoghi di discriminazione indicati sono soprattutto i mezzi pubblici: 48 giovani a Messina e 47 a Milano hanno dichiarato episodi discriminazioni su autobus e metropolitana. Seguono i luoghi di svago, indicati da 49 giovani a Messina e 16 a Milano, e gli uffici di polizia (20 a Messina e 31 a Milano). Un luogo di discriminazione indicato come significativo è anche la scuola, dove si registrerebbero casi di pregiudizio da parte di insegnanti e compagni (29 a Messina e 29 a Milano) e il luogo di lavoro (18 e 25) (cfr. ARCI 2011).

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Buone notizie. Giustizia per Bonsu

Emmanuel Bonsu, un giovane allora ventiduenne originario del Ghana, il 29 settembre 2008 era stato erroneamente arrestato dalla polizia municipale di Parma che lo aveva scambiato per uno spacciatore di droga. Portato al comando, era stato ripetutamente percosso e insultato con epiteti razzisti. Successivamente fu rilasciato con una lesione all’occhio che richiese un intervento di chirurgia. I suoi documenti gli erano stati restituiti contenuti in una busta con la scritta «Emanuel negro».

Di fronte alle contestazioni, la polizia municipale aveva sostenuto che Bonsu si era violentemente opposto all’arresto e che aveva scritto egli stesso la scritta offensiva sulla busta. Ma la vicenda aveva dato luogo a un procedimento penale nei confronti di otto agenti, mentre altri due ufficiali venivano processati separatamente. Uno è stato condannato nel maggio 2010 con l’accusa aggravata dalla motivazione razziale e condannato a tre anni e quattro mesi di carcere; il secondo, il 24 gennaio 2011, al termine di un giudizio abbreviato di fronte al GUP del tribunale di Parma è stato condannato a due anni e dieci mesi di reclusione, senza la circostanza aggravante della motivazione razziale. L’ufficiale è stato condannato anche al pagamento di una provvisionale di 5.000 euro nei confronti del Comune di Parma, che nel processo ricopriva il ruolo di responsabile civile e contestualmente di parte civile.

Il 10 febbraio la quinta sezione penale della Cassazione aveva rigettato l’istanza di trasferimento del processo a carico degli otto vigili urbani a un altro tribunale , richiesta dai difensori per legittima suspicione in quanto il clamore mediatico suscitato dalla vicenda a Parma avrebbe potuto influire sul corretto svolgimento del procedimento.. Ma la Cassazione ha dato loro torto e il processo è dunque continuato a Parma presso la Corte d’assise.

All’udienza del 1° marzo Emmanuel Bonsu ha reso la propria testimonianza, partendo da questa ricostruzione: «Dopo avermi trascinato in auto uno di quelli che mi avevano sbattuto a terra e ammanettato nel parco mi ha insultato: “Negro di m..., ti spaccherei la faccia”. Era furioso perché si era rotto il braccialetto che gli aveva regalato la sua fidanzata. Prima di allontanarsi mi ha dato un calcio».

Bonsu ha poi ricordato che quel pomeriggio aveva scelto di fermarsi su una

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panchina del parco in attesa che cominciassero le lezioni serali all’ITIS Leonardo Da Vinci da lui a quel tempo frequentato (ora studia presso la facoltà di Scienze politiche dell’università di Milano). A quel punto, il giovane notò il movimento di un certo numero di persone, due donne alle spalle, due uomini che gli passeggiavano di fronte. Questi stessi, qualche secondo dopo, lo hanno afferrato per le mani gridandogli di star fermo. «Ero molto spaventato, non capivo che cosa stesse succedendo e per questo ho tirato via le braccia e ho cercato di scappare. Sono stato atterrato, ma non ricordo se colpito da un pugno, e mi sono trovato un piede sulla faccia e una pistola puntata al volto. Un’altra persona si era gettata sulle mie gambe. Nessuno ha detto che si trattava di un’operazione di polizia», ha raccontato Bonsu, riferendo di essere poi stato condotto nella centrale dei vigili e rinchiuso in cella. L’occhio sinistro presentava un’ecchimosi e una delle mani sanguinava, ma non era stato medicato.

Durante l’udienza, Emmanuel Bonsu ha riconosciuto in aula tre degli otto vigili sotto processoBonsu ha riconosciuto anche gli altri imputati, pur se assenti, grazie al fascicolo fotografico. Il giovane, assistito dai suoi legali, Maria Rosaria Nicoletti e Lorenzo Trucco, ha raccontato che il sindaco di Parma, Pietro Vignali, andò in seguito a trovarlo a casa, ma che ne rimase deluso perché ricavò l’impressione che non fosse venuto per scusarsi ma per spingerlo a minimizzare l’accaduto.

In una successiva udienza, il 15 marzo, in sede di controinterrogatorio, Bonsu ha indicato ai giudici il nome dell’agente che la sera del suo pestaggio nella centrale dei vigili gli aveva fatto una sorta di “foto-trofeo”. L’immagina, scattata la sera dell’arresto, ritrae Bonsu insieme a un vigile, anch’egli imputato.

Il 3 ottobre 2011, è arrivata la prima sentenza: gli otto vigili che hanno picchiato, insultato e umiliato Bonsu sono stati condannati a un totale di 40 anni di carcere. Il vigile che si era fatto ritrarre nella “foto-trofeo” ha ricevuto una condanna a 7 anni e 9 mesi di pena, con l’aggravante della discriminazione razziale; poco meno ha ricevuto l’ex vice comandante (7 anni e 6 mesi). Pene inferiori per gli altri.

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La mappa delle discriminazioni. Date, luoghi ed episodi nel 2011

1° gennaio ▪ Mestre (VE) ▪ A Mestre l’autista di un autobus di linea ha fermato la corsa a causa della presenza di una cittadina del Bangladesh coperta dal niqab. Il conducente ha chiesto insistentemente alla donna di scoprirsi il viso adducendo motivi di sicurezza, cosa che la donna ha infine fatto. Nel frattempo sono intervenuti agenti di polizia che hanno deciso di accompagnare la donna in questura per verificare il permesso di soggiorno.

4 gennaio ▪ Roma ▪ L’Unar chiede spiegazioni in merito a un titolo comparso sul quotidiano Corriere della Sera in cui, nell’occhiello, si sottolinea la nazionalità romena dell’autore di un reato. L’Unar precisa che “l’attribuzione di fatti di rilevanza penale in modo indiscriminato a una etnia, sembra senza un adeguato supporto probatorio, susciti forti perplessità non corrispondendo a un modello di informazione equilibrata e non contribuisca a stemperare quel clima di tensione che purtroppo, in alcune realtà locali, caratterizza i rapporti tra la popolazione italiana e le comunità straniere”.

8 gennaio ▪ Agrigento ▪ L’ingresso della mensa della solidarietà è stato imbrattato con scritte di carattere discriminatorio come “Nero puzza” e “l’Italia agli italiani”. Anche la saracinesca di una macelleria che vende carne halal è stata ricoperta di scritte simili. La Digos di Agrigento ha aperto un’indagine.

9 gennaio ▪ Verona-Bolzano ▪ Durante il controllo dei biglietti sulla linea ferroviaria Verona-Bolzano, un capotreno ha inveito contro un immigrato marocchino, residente in Spagna e con regolare permesso di soggiorno. L’uomo aveva il biglietto valido ma non lo aveva obliterato prima di salire. Il controllore ha chiesto di regolarizzare il viaggio pagando una penale, ma l’immigrato non aveva con sé denaro sufficiente. Un’altra passeggera si è offerta di pagare la somma, ma il capotreno si è opposto, causando un’accesa discussione. Anche altri passeggeri sono intervenuti a favore dell’immigrato.

10 gennaio ▪ San Colombaro al Lambro (MI) ▪ Tre persone hanno aggredito un ragazzo invalido al 100% e di origine straniera e i suoi tre compagni.

11 gennaio ▪ Agrigento ▪ Davanti alla mensa della solidarietà della Caritas sono comparse scritte offensive nei confronti delle persone straniere.

12 gennaio ▪ Verona ▪ Il giudice sportivo di Lega Pro ha inflitto un’ammenda di 10 mila euro al Verona, perché i propri sostenitori durante la gara intonavano cori offensivi e inneggianti alla discriminazione razziale verso un calciatore.

15 gennaio ▪ Isola della Scala (VR) ▪ A parere dell’Arci, di Legambiente e del Partito democratico, “il contributo stanziato dal Comune per le spese scolastiche crea una discriminazione tra famiglie italiane e immigrate”. Nel mese di novembre è stato approvato un provvedimento che garantirebbe un contributo economico per le spese scolastiche alle famiglie

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residenti nel territorio comunale da almeno tre anni. È stata però fatta una differenziazione tra residenti con cittadinanza italiana e residenti con cittadinanza di altro paese. Per i primi la quota prevista per il sostegno in bilancio è di 19mila euro e per gli altri è di 10mila.

19 gennaio ▪ Como ▪ Quattro ragazzi minorenni hanno aggredito un ragazzo, cittadino italiano di origine marocchina, dopo che questo li aveva rimproverati per aver assunto atteggiamenti incivili in pubblico. Sono stati poi denunciati per danneggiamento aggravato, minacce e ingiurie aggravate, con l’aggravante di aver agito con finalità di discriminazione razziale.

22 gennaio ▪ Napoli ▪ Un gruppo di ragazzi ha aggredito fisicamente due persone di origine straniera. Il tutto avviene in pieno giorno.

31 gennaio ▪ Sesto San Giovanni (MI) ▪ Il consiglio comunale di Sesto San Giovanni ha approvato, con un solo voto contrario, una mozione contro l’utilizzo del burqa nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Il testo iniziale era stato proposto da una consigliera della Lega Nord, ma successivamente emendato. La mozione, condivisa dal sindaco Giorgio Oldrini, eletto con una lista civica di centrosinistra, impegna l’amministrazione «ad adottare urgentemente i provvedimenti necessari al fine di far rispettare, a qualsiasi persona presente sul territorio comunale che circoli in luoghi pubblici o aperti al pubblico a viso coperto, le nostre leggi vigenti in tema di sicurezza e dignità della donna». Il testo del documento specifica che «il burqa e altre forme simili di vestiario, che coprono integralmente il viso delle persone costituiscono, secondo la nostra cultura, una forma di integralismo oppressivo della figura femminile e di costrizione della libertà individuale».

8 febbraio ▪ Roma ▪ Il proprietario di uno stabile ha minacciato l’affittuario, un uomo marocchino, di fargli perdere il possesso del permesso di soggiorno a causa di una controversia tra i due. Il motivo ha a che vedere con dei pagamenti sostenuti dall’inquilino che in realtà sarebbero spettati agli affittuari dell’altra porzione dell’appartamento.

9 febbraio ▪ Fossalta Di Piave (VE) ▪ Sul quotidiano “la Repubblica” il sindaco di Fossalta di Piave, Massimo Sensini, risponde alle critiche ricevute nei giorni precedenti a causa di una sua reprimenda verso alcune maestre che avevano cercato di aiutare, donandole i propri buoni pasto, una bambina di origine africana che non aveva i soldi per la refezione scolastica dell’asilo. Secondo il sindaco, della Lega Nord, il regalo dei buoni pasti si configurerebbe come danno erariale. Di fronte alla presa di posizione di Sensini, ignoti benefattori hanno provveduto a pagare la mensa per la piccola di quattro anni, consentendole così di tornare in classe dopo qualche giorno di assenza. Ma nel frattempo le polemiche sono cresciute, anche all’interno della Giunta comunale da parte degli alleati del PDL. Sensini ora tenta di replicare lamentando di essere stato frainteso e negando motivazioni razziste.

10 febbraio ▪ Friuli-Venezia Giulia ▪ Chiamata a pronunciarsi sulla legge regionale del Friuli-Venezia Giulia, la Corte costituzionale ha bocciato la legge 6 del 2006, modificata con la legge regionale 24 del 2009. La Corte ha giudicato illegittimi i requisiti d’accesso ai servizi sociali fissati dalla normativa, che, all’articolo 4, ammetteva solo i cittadini comunitari residenti nel territorio regionale da almeno 36 mesi. Secondo la Corte, «tali disposizioni creano discriminazioni», introducendo «inequivocabilmente una preclusione destinata a discriminare tra i fruitori del sistema integrato dei servizi concernenti provvidenze sociali fornite dalla

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regione i cittadini extracomunitari in quanto tali, nonché i cittadini europei non residenti da almeno trentasei mesi».

13 febbraio ▪ Arzano (NA) ▪ Una coppia di origine pakistana ha denunciato una clinica privata per non aver aiutato la donna nel momento del parto, facendola così partorire in macchina. La struttura si difende dicendo di non essere attrezzata per le emergenze e aver indirizzato i due all’ospedale. Ma la scelta della clinica era dovuta al fatto che lì lavorava la ginecologa che aveva seguito la gravidanza della signora, programmando con lei il parto cesareo.

14 febbraio ▪ Pordenone ▪ Il capogruppo della Lega Nord locale interviene sui possibili esuberi alla Electrolux, sostenendo che a perdere il lavoro e a tornare a casa propria dovrebbero essere i lavoratori stranieri.

20 febbraio ▪ Imperia ▪ Alcuni insegnanti di una scuola elementare e altri della scuola media inferiore sono stati accusati di rimproverare più frequentemente, e di trattare con scarsa attenzione, gli alunni stranieri in difficoltà con la lingua. La denuncia proviene dall’associazione Casa Africa. I problemi si sono risolti con l’intervento di mediazione da parte dell’associazione.

22 febbraio ▪ Palermo ▪ Noureddine Adnane, venditore ambulante originario del Marocco e risiedente in Italia con regolare permesso di soggiorno si è dato fuoco, ed è morto, per aver ricevuto il quarto verbale in dieci giorni. Il motivo dell’ultimo provvedimento riguardava la sosta di oltre un’ora nello stesso posto per la vendita degli oggetti per cui possedeva la licenza.

23 febbraio ▪ Treviso ▪ L’assessore leghista ai flussi migratori Daniele Stival, ha affermato che un sistema per arginare gli arrivi via mare potrebbe essere quello di usare il mitra. I giovani del Partito Democratico di Padova e l’associazione Razzismo Stop hanno presentato un esposto ipotizzando il reato di istigazione a delinquere aggravata da motivi razziali.

23 febbraio ▪ Montesilvano (PE) ▪ Sui muri di una delle vie in cui vivono molte persone straniere sono comparse delle scritte di carattere discriminatorio e delle svastiche.

24 febbraio ▪ Pordenone ▪ La Corte di Cassazione ha stabilito che proferire l’epiteto «sporco negro» costituisce reato. La vicenda su cui la Corte ha sentenziato risale a tre anni addietro, allorché un cittadino italiano, P.S. di 35 anni, a Pordenone insultò senza motivo un giovane senegalese con la frase «sporco negro... tornatene al tuo paese». Dell’accaduto si occupò originariamente il giudice di pace, che condannò l’imputato per ingiuria. Gli avvocati Lorenzo Amore, Anna Orecchioni e Giacinto Canzona, difensori del ragazzo africano si rivolsero però alla Cassazione, che ora ha non solo confermato la rilevanza penale dell’espressione «sporco negro» ma ha anche configurato l’aggravante, per la quale è prevista la competenza per materia del tribunale e non del giudice di pace.

1° marzo ▪ Lampedusa (AG) ▪ Il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, è stato nuovamente indagato dalla Procura di Agrigento per istigazione all’odio razziale e abuso di autorità. Alla base del provvedimento c’è l’ordinanza emessa dal sindaco che punisce «l’accattonaggio e comportamenti non decorosi» e impone il divieto di utilizzare i luoghi pubblici «come siti di bivacco e deiezione», indirizzata verso i migranti presenti sull’isola. Nel 2009 De Rubeis fu già processato per diffusione di idee che incitano alla superiorità razziale: in un’intervista rilasciata a un quotidiano era riportata questa sua affermazione: «Non voglio

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essere razzista, ma la carne dei negri puzza anche quando è lavata». Il sindaco fu poi assolto con la formula «il fatto non sussiste», in quanto non venne dimostrato che pronunciò in effetti quella frase.

4 marzo ▪ Frosinone ▪ Un calciatore della categoria Giovanissimi è stato punito con cinque turni di squalifica per aver apostrofato un avversario straniero con frasi discriminatorie.

5 marzo ▪ Trieste ▪ Il capogruppo della Lega Nord al consiglio regionale in Friuli Venezia Giulia, ha inaugurato uno “sportello anti-immigrati”. L’attività è solo telefonica e allo sportello si sono rivolte persone che pensano di aver subito danni da parte di persone straniere.

9 marzo ▪ Rimini ▪ Una ragazza di origine straniera si è vista rifiutare la possibilità di svolgere uno stage alla reception di un albergo perché indossa il velo. L’amministrazione dell’hotel ha risposto che “il razzismo non c’entra, qualsiasi ragazzo è ben accetto per periodi di stage. L’unica richiesta che facciamo alle scuole è di adeguarsi alle semplici regole di comportamento, che riguardano anche l’aspetto e l’immagine”.

10 marzo ▪ Napoli ▪ Due sedicenni napoletani sono stati denunciati dai carabinieri per aggressione a sfondo razziale nei confronti di una donna italiana di origini somale. La donna, una quarantacinquenne, la notte del 7 marzo scorso era stata notata da una pattuglia di carabinieri della stazione di Pianura in stato di shock. Portata al pronto soccorso, le era stato riscontrato un trauma contusivo alla regione lombare. Le successive indagini dei carabinieri hanno ricostruito il fatto accaduto: la donna si trovava in attesa di un bus a una fermata quando era stata avvicinata dai due giovani, che l’avevano insultata, picchiata e umiliata; uno dei due aggressori le aveva anche urinato addosso. Nei giorni successivi, i due minorenni avevano fatto contattare la donna offrendole 50 euro se non avesse sporto denuncia.

11 marzo ▪ Cernusco sul Naviglio (MB) ▪ Uno studente congolese laureando e impiegato presso una ditta, quando a fine turno torna nello spogliatoio macchia il pavimento che era stato appena lavato. Questo fatto provoca la reazione dell’addetto alle pulizie che risponde “negro, torna al tuo paese, puzzi come tutti quelli della tua razza”.

16 marzo ▪ Dolo (VE) ▪ Al ritorno da una partita di calcio tra il Treviso e il San Paolo Padova un gruppo di tifosi del Treviso si è fermato in autogrill e dopo aver saccheggiato e danneggiato il locale, alcuni di loro hanno aggredito un giovane lavoratore albanese addetto alla pulizia dei bagni. I tifosi hanno insultato il ragazzo con le frasi “bastardi stranieri” e “fuori gli stranieri dall'Italia” e dopo averlo spintonato e buttato per terra gli hanno rotto una bottiglia sulla testa, procurandogli una ferita che è stata curata con dei punti di sutura. I tifosi identificati dovranno rispondere di furto e aggressione a sfondo razzista.

18 marzo ▪ Roma ▪ L’associazione 21 luglio e l’Antenna territoriale anti-discriminazione di Roma avevano segnalato all’UNAR che all’interno dei Piani dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2009/2010 e 2010/2011 del 299° Circolo didattico “Papa Wojtyla” erano contenuti elementi discriminanti. In particolare, in alcune tabelle presenti nei due documenti veniva fatta distinzione tra alunni italiani, con disabilità (definiti nella tabella alunni H), alunni “nomadi” e quelli stranieri. Ora Franca Giovanni Merlina, dirigente scolastico dell’istituto, ha ammesso l’errore, dovuto al fatto che non essendo identificabili gli studenti con nome e cognome

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l’elemento discriminante non era stato considerato.

19 marzo ▪ Treviso ▪ Durante una partita di calcio per esordienti tra le squadre CasierDosson-Silea, un giocatore dodicenne di origine extracomunitaria della CasierDosson è stato subissato di insulti a sfondo razziale da parte dei genitori della squadra avversaria presenti sugli spalti. La squadra è stata multata per 600 euro in base al referto arbitrale che parla di «insulti discriminatori di origine razziale».

23 marzo ▪ Roma ▪ Francesco Bianco, già appartenente negli anni Settanta al gruppo armato di destra NAR, dipendente dell’ATAC coinvolto nello scandalo Parentopoli, è stato reintegrato nel servizio. Era stato sospeso dall’azienda del trasporto pubblico di Roma a dicembre del 2010 poiché erano comparse sul suo profilo di Facebook frasi antisemite rivolte contro il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.

27 marzo ▪ Monza ▪ Durante una partita di calcio tra il Monza e la Paganese, alcuni sostenitori del Monza hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale nei confronti di un giocatore di origine straniera della propria squadra. Il giudice sportivo ha poi comminato una multa di 6mila euro alla società Monza (I Divisione girone A).

29 marzo ▪ Manduria (TA) ▪ Gruppi di cittadini presidiano la zona limitrofa a quella del Cai (Centro accoglienza e identificazione), in cui si trovano alcuni dei migranti sbarcati sulle coste di Lampedusa, e chiedono l’ “autorizzazione a sparare”.

29 marzo ▪ Roma ▪ in riferimento alla possibilità che i profughi recentemente sbarcati a Lampedusa possano essere ospitati in alcune strutture del Nord Italia, il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha dichiarato che gli immigrati devono andare “fora da i ball”.

29 marzo ▪ San Benedetto del Tronto (AP) ▪ In una campagna della Lega Nord è stato esposto un manifesto in cui vengono rappresentate delle persone straniere in fila alla fine della quale si trova una persona italiana. L’immagine riporta una scritta “indovina chi è sempre l’ultimo”.

29 marzo ▪ Roma ▪ Nel corso della trasmissione televisiva La Zanzara, il senatore Stiffoni ha dichiarato che “questi tunisini che vengono in Italia solo per transitarvi e che magari sbarcano con le scarpe Adidas e le magliette griffate non sono richiedenti asilo, oltretutto in Tunisia non ci sono le condizioni per richiedere asilo. Stiamo parlando di gente in salute, gente in carne, non emaciata come i rifugiati veri che vengono da Sudan, Etipia, Somalia, Kurdistan e Iraq”.

30 marzo ▪ Roma ▪ Un membro del gruppo parlamentare dei Responsabili ha affermato che “per limitare l’afflusso degli africani, quasi tutti giovani e baldi maschi, serve il deterrente psicologico. Basterebbe diramare il seguente comunicato: al fine di prevenire squilibri demografici e prevedibili reati sessuali, le autorità italiane, nei luoghi degli sbarchi, hanno allestito presidi sanitari, per l’immediata castrazione chimica dei migranti. Certo che non lo faremo, tuttavia non sarebbe male agitare lo spauracchio della penisola come regione degli Evirati Arabi.”

30 marzo ▪ Milano ▪ Il giudice sportivo della Lega Pro ha multato la società Monza perché alcuni suoi sostenitori hanno intonato cori di discriminazione razziale nei confronti di un giocatore di origine straniera del club.

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2 aprile ▪ Senigallia (AN) ▪ Un gruppo di ragazzi ha aggredito alcune persone che si erano già sedute sulla panchina da loro scelta. L’aggressione si è caratterizzata per gli insulti di discriminatori rivolti a un ragazzo di origini africane.

5 aprile ▪ Partinico (PA) ▪ Un ragazzo sikh assunto come operaio in una fattoria si è ritrovato presto a essere prigioniero nella stessa azienda agricola. Veniva picchiato dal suo titolare che tra l’altro gli aveva ritirato i documenti al momento dell’arrivo.

5 aprile ▪ Pisa ▪ .È stato distrutto da ignoti il centro di accoglienza umanitaria allestito presso l’ospedale ortopedico dismesso di Calambrone che nei giorni successivi avrebbe dovuto ospitare persone immigrate provenienti dalla Tunisia.

6 aprile ▪ Como ▪ Nel corso di un incontro della femminile di basket tra la Comense e la Geas di Sesto San Giovanni un gruppo di tifosi della Comense ha coperto ripetutamente di insulti a sfondo razzista l’atleta della Geas e cestista della nazionale italiana Abiola Wabara, di genitori nigeriani, arrivando anche a colpirla con sputi. Nei giorni successivi sono cresciute le polemiche, anche perché arbitro e giudice sportivo non hanno preso provvedimenti né sospeso la partita, mentre la DIGOS di Como ha aperto un’indagine. Numerose le dichiarazioni e manifestazioni di solidarietà verso l’atleta, tra cui una Campagna promossa dalla Federbasket con lo slogan “Vorrei la pelle nera”. La vicenda ha assunto anche rilevanza politica, con una risoluzione, sottoscritta da tutti i capigruppo, presentata alla Commissione Sport della Camera per chiedere di «effettuare le verifiche del caso e garantire il rispetto delle misure di sicurezza che prevedono la sospensione della gara e l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti fautori di violenze».

6 aprile ▪ Roma ▪ La direzione di “Il Giornale” ha cancellato dal proprio sito i commenti di carattere discriminatorio scritti a seguito del naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti.

7 aprile ▪ Roma ▪ Abdul Bouja, 45 anni, di origine marocchina ma da anni residente in Italia con regolare permesso di soggiorno e di lavoro, ha visto sulla vetrina di un bar tabacchi del quartiere Montesacro a Roma un cartello recante la scritta: «Vietato l’ingresso agli animali e agli immigrati. La direzione». L’uomo, dopo aver chiesto spiegazioni al barista, ha fotografato il cartello e ha dato incarico al proprio legale, l’avvocato Giacinto Canzona, di valutare un’eventuale azione legale contro il titolare dell’esercizio commerciale.

8 aprile ▪ Mornico al Serio (BG) ▪ È tornata di attualità la storia di Aziz Amiri, diciottenne di origine marocchina, che la sera del 6 febbraio 2010 fu ucciso da una pattuglia di carabinieri a Mornico al Serio . Era a bordo di un’auto guidata da un connazionale che, di fronte a un controllo dei carabinieri, aveva tentato la fuga perché in macchina vi sono alcune dosi di cocaina. I militari avevano sparato, uccidendo Aziz. Ora quella morte, sulla quale la procura di Bergamo aveva aperto un’inchiesta per omicidio colposo, è stata definita un «omicidio controverso» e viene ipotizzato «uso sproporzionato della forza» dal Rapporto sui diritti umani che il Dipartimento di Stato degli USA pubblica annualmente. Il Rapporto cita anche i casi di Federico Aldrovandi, per la cui morte nel luglio 2009 sono stati condannati dal tribunale di Ferrara quattro agenti di polizia a 42 mesi di carcere per omicidio colposo, e di Gabriele Sandri, ucciso ad Arezzo nel 2007 dopo una rissa tra tifosi dall’ufficiale di polizia Luigi Spaccarotella,

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condannato il 1° dicembre 2010 dalla Corte di appello di Firenze a nove anni e quattro mesi reclusione per omicidio.

10 aprile ▪ Cagliari ▪ Nel corso di una partita tra Cagliari e Brescia un gruppo di sostenitori del Cagliari ha indirizzato al calciatore avversario Jonathan Zebina insulti razzisti. La squadra del Cagliari è stata multata per 10mila euro.

11 aprile ▪ Milano ▪ Sulle pagine di “La Padania” sono comparsi diversi commenti xenofobi tra cui “non riesco ad addolorarmi troppo per le continue perdite di vite umane” o “quando sento l’insistente sproloquio sull’integrazione dell’invasione nordafricana mi vengono disfunzioni ormonali di giramenti di zebedei”.

11 aprile ▪ Grosseto ▪ Nel corso di una partita di terza categoria tra Civitella e Nuova Grosseto, un giocatore del Civitella ha rivolto gravi offese di stampo razzista all'arbitro dell'incontro, una ventenne di origine romena.

12 aprile ▪ Genova ▪ Nel capoluogo ligure è stato effettuato un attentato incendiario contro un edificio scolastico che era stato scelto dall’amministrazione comunale per ospitare alcune decine di migranti provenienti da Lampedusa.

12 aprile ▪ Roma ▪ Il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Roberto Castelli riguardo l’emergenza immigrazione si è espresso in questi termini: “bisogna respingere gli immigrati ma non possiamo sparargli, almeno per ora”. E ancora: “Le violenze degli immigrati, che potrebbero diventare milioni nel corso del tempo, potrebbero obbligare le autorità a usare le armi”.

13 aprile ▪ Milano ▪ L’eurodeputato della Lega Nord Francesco Speroni ha dichiarato ai microfoni di Radio 24 che “se uno invade le acque territoriali di un paese sovrano è lecito usare le armi”.

14 aprile ▪ Santa Maria Capuavetere (CE) ▪ I profughi tunisini rinchiusi da giorni nella caserma Andolfato lamentano le precarie condizioni igienico-sanitarie in cui si trovano da oltre una settimana. Chiedono inoltre il rilascio dei permessi di soggiorno temporaneo.

14 aprile ▪ Genova ▪ Sui muri della scuola Marco Polo, adibita all’ospitalità di nordafricani, sono comparse delle scritte contro persone immigrate, come per esempio “l’Italia agli italiani” e “Al rogo”.

21 aprile ▪ Sesto Fiorentino (FI) ▪ La scritta «No Islam», corredata da simboli nazisti, è stata apposta con vernice nera a Sesto Fiorentino su un negozio di kebab i cui gestori sono di origine pakistana.

21 aprile ▪ Reggio Emilia ▪ Un atleta ghanese si è visto negare la possibilità di partecipare a una competizione in quanto non è cittadino italiano. La persona in questione è tra le più forti della sua categoria e vive a Reggio Emilia da oltre dodici anni.

22 aprile ▪ Missaglia (LC) ▪ L’auto di un arbitro che stava lasciando il campo di Missaglia è stata colpita da sassi e bottiglie, mentre l’uomo riceveva insulti razzisti. In precedenza si erano verificati altri episodi analoghi nei campionati di calcio dilettantistici lecchesi. Episodi che sono costati un’ammenda di 230 euro al Maresso, la squadra di Missaglia, con la motivazione di

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«gravi intemperanze da parte dei propri sostenitori a fine gara e per inadempienze da parte dei propri dirigenti per non aver impedito alla propria tifoseria, all’uscita dell’impianto sportivo, il lancio di bottiglie e di sassi all’indirizzo della vettura dell’arbitro Leonor Shabani − originario di un Paese dell’Est europeo − e in tale circostanza il direttore di gara veniva ripetutamente offeso e ingiuriato tanto da lederne l’onore e il decoro con frasi aventi contenuto razziale in riferimento alla sua origine etnica». I dirigenti Luca Bonfà e Simone Manzoni sono stati poi inibiti fino al 30 giugno: il primo per essersi unito ai tifosi nelle contestazioni di fine gara; il secondo per essere entrato in campo al trentesimo della ripresa per insultare l’arbitro. Infine, il calciatore Samuele Colombo è stato squalificato per quattro gare per ingiurie e minacce all’arbitro, mentre il suo compagno Davide Isella è stato sospeso dalle prossime due gare per aver preso a calci e pugni la porta dello spogliatoio dell’arbitro.

22 aprile ▪ Mores (SS) ▪ Il sindaco della città ha espresso solidarietà a un venditore ambulante di origine marocchina a cui ignoti avevano bruciato l’automobile.

23 aprile ▪ Milano ▪ Durante una partita di calcio della serie A Tim, la tifoseria della Lazio ha inneggiato cori contenenti insulti razziali rivolti contro un giocatore avversario dell'Internazionale. La società è stata multata per 8mila euro.

24 aprile ▪ Mestre (VE) ▪ Due persone sono state arrestate per aver picchiato un uomo di nazionalità bengalese a cui avevano chiesto una sigaretta. Prima che la vittima rispondesse i due avevano già sferzato calci e pugni.

25 aprile 2012 ▪ Bergamo ▪ A Mozzo, dopo l’arrivo di gruppi di tunisini, sono comparse sui muri del paese, tra cui nel passaggio pedonale dove dimorano alcuni di loro, scritte xenofobe.

26 aprile ▪ Pordenone ▪ La Corte di Cassazione ha disposto la riapertura di un procedimento nei confronti di un cittadino friulano, Rodolfo R., che aveva insultato Adu G.A.B. con queste parole: «Africano torna in Africa a mangiare banane! Scimmia!». L’episodio risale al 28 settembre 2007. Il giudice di pace di Pordenone a suo tempo aveva prosciolto Rodolfo poiché il cittadino extracomunitario aveva ritirato la querela. Tuttavia, il procuratore generale della Corte d’appello di Trieste era ricorso in Cassazione contro il proscioglimento, sostenendo che in quelle parole è presente l’aggravante dell’insulto razziale, per il quale si deve procedere d’ufficio anche in mancanza di querela, e che la competenza non era del giudice di pace, bensì del tribunale in composizione collegiale. La Suprema corte ha ora, con la sentenza 16393, giudicato fondato il ricorso e ha annullato il proscioglimento, disponendo la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica di Pordenone.

26 aprile ▪ Lecco ▪ Durante una partita di seconda categoria del campionato provinciale di Lecco, alcuni componenti della squadra dell'oratorio di Maresso hanno assalito l'arbitro di origini kosovare con lanci di bottiglie, sassi e insulti razzisti. La società è stata sanzionata con un'ammenda pecuniaria di 230 euro.

29 aprile ▪ Messina ▪ Lo sportello legale della Fillea Cgil ha denunciato vicende di discriminazione e sfruttamento avvenute nei luoghi di lavoro a discapito di persone straniere. Si tratta di storie di vessazioni, intimidazioni oltre che di illegalità.

30 aprile ▪ Perugia ▪ Durante una partita valida per i play-off del campionato Allievi provinciali

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di Perugia tra l'Atletico Gubbio e la Baldaccio Bruni Anghiari, un giocatore di quest'ultima, Karim Guadagni, di origini sudamericane, è stato insultato con frasi razziste dall'allenatore della squadra avversaria. Al seguito di una colluttazione a fine partita il ragazzo è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico.

2 maggio ▪ Ventimiglia (IM) ▪ La Confcommercio ha organizzato una raccolta firme per chiedere la chiusura del centro di accoglienza e l’allontanamento dalla città delle persone lì accolte.

4 maggio ▪ Perugia ▪ Prima del fischio di inizio di una partita di calcio, i tifosi della squadra del Benevento hanno inneggiato cori di discriminazione razziale nei confronti di un calciatore avversario di origine straniera, nonostante i ripetuti richiami dell'arbitro. Per aver causato ritardo sull'orario di inizio della partita, la squadra di Benevento è stata condannata a pagare una multa di 3mila euro.

5 maggio ▪ Vibo Valentia ▪ Alcuni dipendenti del circo Walter Togni, tutti di nazionalità bulgara, hanno denunciato le condizioni di sfruttamento in cui lavorano: diciotto ore di lavoro quotidiano con una paga talmente misera da dover chiedere l’elemosina e con il passaporto sequestrato.

5 maggio ▪ Bologna ▪ Un progetto di legge, chiamato “Harlem”, presentato dalla Lega Nord al consiglio regionale prevede un limite nell’apertura dei negozi gestiti da persone straniere. Infatti, secondo chi l’ha proposto, “l’alta concentrazione di tipologie commerciali e negozi extracomunitari nella zona inducono alla ghettizzazione di zone urbane, causando preoccupazione nella popolazione italiana nonché motivo di oggettiva difficile integrazione di stranieri e attività straniere”.

6 maggio ▪ Puglia ▪ L’associazione per i diritti civili Il grillaio ha diffuso sul web un video nel quale si vede un dipendente delle Ferrovie Appulo-Lucane che insulta sul treno un extracomunitario evocando un ritorno di Hitler e dicendogli: «Così ti taglia la testa e ti mette nel forno crematorio». Di fronte alle pacate rimostranze dell’extracomunitario, il controllore avrebbe rincarato la dose con altri insulti. L’assessore regionale pugliese alla Mobilità, Guglielmo Minervini, ha detto di aver chiesto alle Ferrovie di verificare e di sanzionare il responsabile. Le Ferrovie hanno aperto un’inchiesta interna che ha individuato il controllore, un cinquantenne che è stato sospeso per dieci giorni dal lavoro senza stipendio.

7 maggio ▪ Pordenone ▪ Sono comparsi sui muri della città molti manifesti contro persone immigrate.

10 maggio ▪ Pordenone ▪ Durante una lite tra cittadini stranieri, il signor Rodolfo Romanin intervenuto per difendere una signora straniera ha rivolto pesanti insulti razzisti contro un signore africano. Nonostante la querela contro Romanin sia stata ritirata, la Cassazione ha accolto il ricorso del procuratore generale della Corte d'appello di Trieste contro il proscioglimento del Romanin, sostenendo il dovere di procedere d'ufficio data l'aggravante di insulto razzista.

10 maggio ▪ Reggio Calabria ▪ Nel corso di una partita di campionato di serie B di calcio tra Reggina e Varese, i tifosi della Reggina hanno gridato insulti razzisti contro un giocatore della squadra avversaria. Il club calabrese è stato multato per 5mila euro.

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10 maggio ▪ Torino ▪ Nel corso della partita di campionato di calcio di serie A Juventus-Chievo, i tifosi bianconeri hanno rivolto cori di discriminazione razziale al giocatore interista Eto'o.

11 maggio ▪ Verona ▪ Nel corso della partita di calcio Verona-Lumezzane i tifosi del Verona hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale contro un giocatore avversario di origine straniera. La squadra del Verona è stata condannata al pagamento di una multa di 10mila euro.

12 maggio ▪ Gallarate (MI) ▪ Nel manifesto elettorale del candidato sindaco del Pdl si legge “Gallarate con meno stranieri”. Lo stesso candidato sostiene che sia “qualcosa in cui credo” e che il suo impegno sarà rivolto “alla sicurezza e all’attuazione di una politica dell’immigrazione più oculata e meno facilona”.

17 maggio ▪ Roana (VI) ▪ A Mezzaselva di Roana (Vi), sull’Altopiano di Asiago, dove è previsto l’arrivo di circa 250 profughi libici, è stato rinvenuto un apparente ordigno rudimentale sul cancello dell’Istituto elioterapico, individuato dalla Prefettura come struttura per l’accoglienza dei rifugiati.

17 maggio ▪ Venezia ▪ Un cittadino di origine brasiliana è stato pesantemente insultato per il colore della sua pelle.

17 maggio ▪ Fiumicino (RM) ▪ Due persone italiane sono state fermate dai carabinieri per aver aggredito un venditore ambulante di origine bengalese. La madre di uno degli aggressori aveva avuto un diverbio con l’uomo che proprio a causa di questo sarebbe stato malmenato.

18 maggio ▪ Pontedera (PI) ▪ Talla Niang, un operaio senegalese di 34 anni, in Italia da 10 anni, entrato in una tabaccheria nel centro di Pontedera (Pi) ha ricevuto pesanti insulti da un altro cliente. La vicenda è riferita stamani dal quotidiano “Il Tirreno”. Per le ingiurie ricevute, del tenore «Senti che puzza di nero, torna al tuo Paese», l’operaio ha presentato querela ai carabinieri.

22 maggio ▪ Galatea (FC) ▪ La locale comunità musulmana si è rivolta a un legale per rispondere a un volantino apparso per le vie del paese a firma della Lega Nord, in cui si dice che i soldi per pagare la Moschea potrebbero essere utilizzati per mandare a scuola i figli, partecipare alle attività scolastiche, ai compleanni dei compagni, pagare le utenze di acqua luce e gas.

22 maggio ▪ Imperia ▪ Nel corso di una partita di calcio i tifosi della Sanremese Calcio hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. Per questo episodio e per uno precedente la squadra ha ricevuto una multa di 5mila euro.

23 maggio ▪ Montagnana (PD) ▪ A Montagnana, piccolo comune della bassa padovana, Abderrahmann Salhi, 24 anni di origine marocchina, è stato trovato senza vita in un canale, con il volto tumefatto e una ferita alla testa. L’ultima volta era stato visto il 15 maggio, quando era stato fermato dai carabinieri, ubriaco, mentre stava litigando con un connazionale. In seguito, sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta da parte dei magistrati Roberto D’Angelo e Matteo Stuccilli, della Procura di Padova, per accertare se si tratti di un annegamento casuale o di un omicidio. Quattro i carabinieri indagati, tra cui un sottoufficiale. Secondo testimonianze raccolte da Razzismo Stop, che dopo la vicenda ha organizzato iniziative di protesta e

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conferenze stampa, quella di buttare gli stranieri ubriachi nel fiume sarebbe stata una prassi frequente da parte delle locali forze dell’ordine.

23 maggio ▪ Milano ▪ Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si è rivolto al candidato sindaco Giuliano Pisapia con un videomessaggio in cui afferma che “Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri”.

24 maggio ▪ Roma ▪ I vigili urbani di Roma hanno fermato 60 venditori ambulanti nel centro storico apponendo poi al loro polso dei braccialetti identificativi. Immediate le polemiche. L’obiettivo dei vigili urbani, ha spiegato la polizia municipale, che per la prima volta ha adottato tale sistema, era quello di abbinare ogni immigrato alla sua merce, attraverso un numero di cinque cifre scritto sia sul braccialetto sia sull’articolo. Secondo la CGIL si è trattato invece di un «grave esperimento, un’immagine che rievoca rastrellamenti che non fanno onore alla storia di una città aperta come la nostra». Critica anche l’ARCI, che ricorda come «sono passati non più di venti giorni da quando i vigili del comune di Roma insieme alla polizia, segnavano con una “x” le baracche da abbattere nel campo nomadi alla Magliana. Pensammo che la similitudine con le “x” del ghetto di Varsavia fosse solo una grottesca coincidenza, oggi ci viene qualche dubbio...». Ma per i vigili urbani si è trattato di «una procedura di grande rispetto della dignità umana e con fini di tutela della persona stessa, visto che abbiamo utilizzato dei braccialetti delicati di carta plastica che si usano nei reparti di pediatria degli ospedali per associare la mamma al proprio bambino».

24 maggio ▪ Milano ▪ Otto Bitjoka, imprenditore camerunense presidente di Ethnoland e vicepresidente di Extrabanca, cittadino italiano, sostenitore del candidato sindaco Giuliano Pisapia nella campagna elettorale in corso a Milano, è stato aggredito verbalmente. Mentre stava rilasciando un’intervista sull’immigrazione a Lombardia Channel, un motociclista, dopo averlo insultato con epiteti razzisti, gli ha urlato: «vattene a casa tua!». E quando l’imprenditore ha detto di essere a casa propria l’uomo lo ha aggredito fisicamente.

24 maggio ▪ Firenze ▪ Durante uno sgombero, predisposto dal sindaco Matteo Renzi, sono state usate dalla polizia municipale le maniere forti. All’alba gli agenti sono arrivati in jeep e muniti di guanti di gomma hanno intimato alle persone lì presenti, tutti rifugiati somali e eritrei, di andarsene.

26 maggio ▪ Milano ▪ Il GUP di Milano Andrea Salemme, al termine di un processo con rito abbreviato, ha condannato il titolare di un’impresa di lavorazione delle lamiere a due anni e mezzo di carcere con l’aggravante dell’odio razziale prevista dalla legge 1993 all’articolo 3, con cui si stabilisce un aumento della pena fino alla metà. L’uomo dovrà anche versare una provvisionale ad Anton R., 47 anni, originario dello Sri Lanka e dipendente dell’impresa, che si era costituito parte civile. Secondo gli accertamenti svolti, il 13 maggio 2009 l’immigrato era stato preso a calci e pugni per una semplice discussione su un giorno di ferie; in precedenza aveva subito continue umiliazioni: sul proprio carrello di lavoro aveva ritrovato un cartello con la scritta «Negro non capace di lavorare ma capace di prendere soldi»; sarebbe poi stato insultato dal datore di lavoro con frasi del tipo «sporco negro», «vieni dal Terzo mondo e non capisci niente» e «tornatene al tuo paese».

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26 maggio ▪ Padova ▪ Una studentessa ventiduenne di origine marocchina è stata offesa con frasi razziste e aggredita fisicamente da una donna rimasta ignota che ha provato a strapparle lo hijab, il velo di tradizione islamica. La denuncia sporta dalla ragazza è stata archiviata per l'impossibilità di risalire all'identità dell'autrice dell'aggressione.

30 maggio ▪ Bari ▪ Una donna di origine straniera ha timbrato in ritardo il biglietto dell’autobus urbano su cui viaggiava e per questo è stata rimproverata dal controllore che, però, non ha assunto lo stesso atteggiamento con gli altri passeggeri addirittura sprovvisti di biglietto.

30 maggio ▪ Napoli ▪ Una suora proveniente dall'Angola, ma residente in Italia da 6 anni, è stata aggredita in metropolitana da quattro minorenni che l'hanno insultata con frasi razziste e le hanno strappato il velo dalla testa.

31 maggio ▪ Sanremo (IM) ▪ Una persona di nazionalità bengalese è stata aggredita da un cane mentre passeggiava sul lungomare. I proprietari, di fronte alla richiesta di spiegazioni da parte dell’aggredito, reagiscono con insulti di carattere discriminatorio riguardo il colore della pelle, come per esempio “cosa vuoi sporco negro, tornatene a casa”. La vittima a quel punto ha presentato una denuncia per omissione di soccorso, lesioni e omessa custodia di animale ai carabinieri contro i proprietari del cane.

1° giugno ▪ Vazzola (TV) ▪ Una bombola di gas è stata lanciata a Vazzola, paese del trevigiano, contro l’ingresso di un albergo. Egidio Bernardi, titolare dell’hotel, aveva accolto l’invito della prefettura, dichiarandosi disponibile ad alloggiare i profughi libici destinati a Vazzola. Dopo l’attentato, l’albergatore ha revocato la disponibilità. Nei giorni scorsi il sindaco del paese, Maurizio Bonotto, a capo di una giunta formata da PDL e Lega, aveva scritto alla prefettura di Treviso comunicando di non essere disponibile ad accogliere i 30 profughi previsti, ritenendo il numero sproporzionato alle dimensioni del paese.

2 giugno ▪ Gallio (VI) ▪ Pino Rossi è il sindaco di Gallio, un paese sull’Altopiano di Asiago dove dovrebbe essere trasferito nei prossimi giorni uno solo dei 35 rifugiati attualmente ospitati in una struttura allestita a Foza, secondo la suddivisione prevista dal Piano nazionale di un profugo ogni duemila abitanti. In previsione di ciò, il sindaco si è recato a Foza per scegliere di persona il profugo che toccherà al suo paese. Lo vorrebbe giovane, capace di cucinare, amante della montagna e soprattutto di fede cristiana.

«A noi spettano due immigrati – ha polemizzato Valentino Frigo, sindaco di un altro paese della zona, Roana – arriveranno lunedì e deciderà la Prefettura chi inviare, non siamo mica razzisti». Don Valentino Miotto, parroco di Foza, sembra invece approvare, almeno in parte, l’iniziativa di Rossi: «Non condivido la sua volontà di scegliere tra le persone più giovani, mi trovo però d’accordo nel dire che un rifugiato di fede cristiana avrebbe meno difficoltà di integrazione, soprattutto in una realtà montana in cui non ci sono figure di riferimento per la fede islamica». In effetti, il profugo infine destinato a Gallio è un nigeriano di 35 anni, cattolico, fuggito dalla Libia.

5 giugno ▪ Padova ▪ Nel corso della partita di calcio Varese-Padova valida per il campionato di serie B, i tifosi del Padova hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale nei confronti di un giocatore della squadra avversaria. La società Padova Calcio è stata multata per

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4mila euro.

5 giugno ▪ Firenze ▪ Nel corso della partita di calcio Atletico Roma Firenze-Taranto, valida per i play-off, i tifosi dell'Atletico Roma hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale nei confronti di un calciatore della squadra avversaria. La società è stata multata per 3.500 euro.

5 giugno ▪ Firenze ▪ Nel corso di una partita di calcio tra l'Hellas Verona e il Sorrento, i tifosi del Verona hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 5mila euro.

7 giugno ▪ Treviso ▪ Una bombola di gas vuota è stata scagliata sulla porta a vetri, mandandola in frantumi, di un albergo che avrebbe dovuto accogliere una trentina di rifugiati provenienti dalla Libia. Il proprietario dell'albergo, a seguito dell'episodio e di una lettere di minacce ricevuta, ha revocato la sua disponibilità ad accogliere i rifugiati.

12 giugno ▪ Verona ▪ Nel corso di una partita di calcio valida per i play-off tra Verona e Salernitana, i tifosi del Verona hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 10mila euro.

12 giugno ▪ Firenze ▪ Nel corso di una partita di calcio valida per i play-off serie C2 tra Feralpisalò e Pro Patria, i sostenitori della Feralpisalò hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 6mila euro.

15 giugno ▪ Cremona ▪ Una donna senegalese ha denunciato la sua vicina di casa per stalking razziale, a seguito di numerosi episodi di insulti violenze e soprusi di ogni genere messi in atto dalla donna e dal figlio di questa.

19 giugno ▪ Palermo ▪ Un gruppo di venditori ambulanti di origine straniera sono stati vittima, per un lungo periodo, di controlli esasperanti e sequestri abusivi, con verbali contraffatti, da parte dei vigili urbani. Gli agenti, per questo motivo, hanno ricevuto un avviso di garanzia da parte della Procura di Palermo con le accuse di calunnia, lesioni e abuso d’ufficio, oltre che falso ideologico e materiale.

19 giugno ▪ Verona ▪ Nel corso della partita Salernitana-Verona, girone A dei play-off, i tifosi del Verona hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 5mila euro.

20 giugno ▪ Casarano (LE) ▪ Un uomo di nazionalità marocchina ha subito un linciaggio, in pieno centro, a opera di alcuni passanti infastiditi dallo stato di ebbrezza in cui si trovava.

22 giugno ▪ Roma ▪ Nel corso della partita Atletico Roma-Juve Stabia, valida per i play-off, i tifosi dell'Atletico Roma hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 10.500 euro.

23 giugno ▪ Cagliari ▪ Quattro senegalesi che ballavano in una discoteca sul litorale di Quartu, nell’hinterland cagliaritano, sono stati aggrediti e picchiati da alcune decine di persone durante un alterco. Sono volati cori e frasi di discriminazione razziale e poco dopo anche pugni e calci. La polizia ha identificato sette persone e ne ha arrestate due.

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24 giugno ▪ Milano ▪ Marco Mazzanti, ex concorrente del realty show “Il grande fratello” insieme alla ex fidanzata Lea Veggetti, sono stati indagati per inguria aggravata a sfondo razziale nei confronti di un portiere d'albergo di origini filippine. I due hanno pesantemente insultato l'uomo e, all'arrivo delle forze dell'ordine, hanno aggredito fisicamente i poliziotti.

24 giugno ▪ Cagliari ▪ Una donna senegalese, di 30 anni, mentre viaggiava su un pullman che collega la spiaggia cagliaritana del Poetto con Quartu Sant’Elena, è stata prima insultata e poi aggredita da quattro ventenni, alcuni dei quali sono stati identificati e denunciati alla magistratura. Gli inquirenti, tuttavia, non parlano di aggressione razziale.

28 giugno ▪ Ancona ▪ Un calciatore quattordicenne italiano, ma di origini brasiliane, è stato pesantemente insultato per il colore della sua pelle da alcuni avversari durante una partita di calcio. I suoi compagni di squadra, per prendere distanza dal gesto degli avversari, hanno abbandonato il campo di gioco.

29 giugno ▪ Treviso ▪ La comunità marocchina si è dichiarata stupita per il rifiuto opposto dall’amministrazione comunale di Treviso a concedere uno spazio idoneo a consentire il voto sulla proposta della nuova Costituzione del Marocco avanzata il 17 giugno scorso da re Mohamed VI e che si svolgerà in tutto il mondo dal 1° al 3 luglio prossimi. Nel trevigiano i cittadini del Marocco con diritto di voto sono circa seimila. I portavoce della comunità hanno detto che in tutte le altre città del Triveneto, anche in quelle a conduzione leghista, gli spazi sono invece stati accordati.

30 giugno ▪ Roma ▪ Angelo Alessandri, deputato della Lega Nord, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno Roberto Maroni in cui denuncia che alcune questure italiane, soprattutto del Nord, concederebbero illegalmente licenze di porto d’armi a extracomunitari regolarmente immigrati in Italia, in particolare a quelli di provenienza mediorientale. Secondo il deputato del Carroccio la normativa in vigore, risalente agli anni Trenta e Quaranta, non prevede la concessione del porto d’armi a stranieri, per quanto, successivamente, il porto d’armi sia stato concesso a cittadini dell’Unione Europea e alle scorte che accompagnano in Italia personalità di altri Stati. Nel testo presentato, il deputato scrive di ritenere prudenziale «non rilasciare licenze a cittadini extracomunitari immigrati in Italia che possiedono valori, usi e sensibilità differenti da quelli delle popolazioni interne; soprattutto quando essi provengono da culture che attribuiscono una diversa considerazione della famiglia e alla donna e presso le quali condotte criminose considerate gravissime nel mondo occidentale, come il maltrattamento del coniuge, non hanno addirittura la natura di reato».

1 luglio ▪ Venezia ▪ La rete di associazioni veneziane Tuttiidirittiumanipertutti ha denunciato che da anni al porto di Venezia vengono effettuati respingimenti senza prima aver verificato la presenza di richiedenti asilo.

6 luglio ▪ Caprino Veronese (VR) ▪ In occasione della manifestazione sportiva Havana Volley, un gruppo di ragazzi ha prima insultato con frasi razziste e poi aggredito fisicamente un ragazzo straniero.

9 luglio ▪ Como ▪ Una donna residente in Italia da diciassette anni, ma di origine straniera, è stata insultata con pesante frasi razziste da una giovane all'uscita da un locale pubblico. La

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vittima ha chiamato la polizia e la giovane responsabile dell'atto è stata denunciata per ingiurie con l'aggravante della discriminazione razziale.

10 luglio ▪ Capri (NA) ▪ Il sindaco Ciro Lembo ha ordinato uno “screening degli immigrati”. Lembo sostiene che non si tratti di un gesto discriminatorio, ma solo che “vogliamo identificare i lavoratori stranieri privi di residenza che ogni mattina arrivano, soprattutto da Napoli e Castellammare, per poi ripartire la sera”.

12 luglio ▪ Taranto ▪ Un giovane eritreo è stato insultato e poi ferito a un braccio con una bottiglia rotta da una ventenne, che è stata per questo arrestata.

16 luglio ▪ Brescia ▪ L’ASGI e la Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo hanno presentato un ricorso al tribunale di Brescia, denunciando le Poste per un bando ritenuto discriminatorio. Il bando si riferisce alla vendita all’asta di 22 immobili delle Poste in nove diversi comuni (Brescia, Bologna, Catanzaro, Novara, Milano, Ferrara, Padova, Vercelli, Verona) e indica tra i requisiti dei potenziali acquirenti la cittadinanza italiana. Secondo le associazioni in questo modo vengono violati gli articoli 2, 43 e 44 del Testo unico sull’immigrazione. «Lo straniero regolarmente soggiornante gode degli stessi diritti in materia civile che sono attribuiti al cittadino italiano», ha spiegato l’avvocato Alberto Guariso, che ha curato il ricorso.

Già il 14 giugno le due associazioni avevano sollecitato con una lettera Poste italiane Spa a rimuovere la clausola della cittadinanza italiana, ricevendo la risposta tramite un comunicato stampa, nel quale la società sostiene che «il programma di vendita degli alloggi aziendali è disciplinato dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560, che all’art. unico, comma 9 stabilisce che gli alloggi (liberi) possono essere venduti a terzi purché in possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti per non incorrere nella decadenza dal diritto all’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica». Ma per l’ASGI e la Fondazione Guido Piccini tra i requisiti per accedere a un alloggio popolare non c’è quello della cittadinanza italiana.

18 luglio ▪ Rimini ▪ Un giovane di origine marocchina, ma residente a Pesaro dove lavora da anni, è stato violentemente percosso davanti al Rose & Crown, un noto pub di Rimini. Dopo l’intervento delle forze dell’ordine, il giovane ha affermato che l’episodio era dovuto a futili motivi, pur se gli aggressori sarebbero noti per frequentare ambienti di estrema destra. Diversamente, le successive indagini della DIGOS hanno portato a ritenere che alla base dell’aggressione, cui hanno partecipato sei naziskin, vi sono stati motivi razziali, comprovati anche da testimoni che hanno riferito di insulti razzisti nei confronti del giovane ferito.

22 luglio ▪ Padova ▪ Il consiglio provinciale ha approvato una mozione della Lega Nord in cui si invitano i sindaci a consultare i residenti prima di procedere alla costruzione di un centro islamico. Si invita inoltre il Governo a proporre dei referendum prima di autorizzare la costruzione di una Moschea.

26 luglio ▪ Firenze ▪ Un uomo in scooter ha investito un ciclista di origine senegalese e, invece che prestare soccorso, l'ha offeso con epiteti razzisti prima di scappare. L'uomo è stato arrestato.

31 luglio ▪ Vittorio Veneto (TV) ▪ Un operaio di origine senegalese è stato aggredito in una piazza centrale di Vittorio Veneto, riportando diverse contusioni e la frattura di una gamba. Il motivo

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del pestaggio - operato da un uomo di 45 anni, di fatto senza fissa dimora, ma residente a Pieve di Soligo, poi fuggito - sarebbe stato il fatto che il senegalese non comprendeva il dialetto veneto con il quale gli si era rivolto l’aggressore, che è stato poi individuato e arrestato dai carabinieri con l’accusa di lesioni aggravate e a cui potrebbe essere anche contestato il movente razzista.

5 agosto ▪ Cittadella (PD) ▪ Il Comune di Cittadella ha deciso di vietare le attività che somministrano kebab. Il provvedimento è stato voluto dal sindaco, il deputato leghista Massimo Bitonci, a completamento di un’ordinanza che nel luglio di due anni fa già vietava il kebab servito da ambulanti, in quanto inadeguato ai livelli di decoro che il sito storico richiede», trattandosi di «merci che nulla hanno a che vedere con la cultura e la tradizione della nostra terra».

In passato, il sindaco aveva promosso altre ordinanze con analoga filosofia, tra cui una denominata “anti-sbandati”, per vietare la residenza agli immigrati che non avessero saputo dimostrare di avere un lavoro e un reddito di almeno 5mila euro l’anno, una casa agibile e assenza di precedenti penali. Il provvedimento, che gli costò un avviso di garanzia, prevedeva inoltre il divieto di sosta per i nomadi nel territorio comunale.

7 agosto ▪ Milano ▪ Una donna italiana ,trovatasi di fronte a due persone coperte da un niqab nero, velo che lascia aperta solo una fessura per gli occhi, ha urlato frasi di questo tipo: “Mi fate paura, è vietato dalla legge”. Ma la signora non si è limitata all’insulto verbale, ha scoperto il volto delle due tirando il loro niqab.

10 agosto ▪ Ravenna ▪ Un signore palestinese si è visto negare la cittadinanza italiana per aver infranto il codice stradale qualche anno prima. Lo stesso, infatti, era stato fermato alla guida con un tasso alcolemico superiore a quello consentito. Tale infrazione ha indotto il competente ufficio del ministero dell’Interno a dedurne che l’interessato non avesse raggiunto “un grado sufficiente di integrazione che si dimostra anche attraverso il rispetto delle regole di civile convivenza e delle norme del codice penale”.

10 agosto ▪ Casal di Principe (CE) ▪ Un autobus con a bordo una ventina di passeggeri di origine marocchina è stato fatto a segno di diversi colpi di arma da fuoco a Casal di Principe. Due i feriti. Nello stesso paese, nel 2008, gli immigrati furono vittime di una strage, con sei uccisi dalla camorra.

16 agosto ▪ Genova ▪ Una sentenza del tribunale del Lavoro ha condannato il Comune di Genova a riaprire il bando per i rilevatori e i coordinatori del quindicesimo censimento popolare. Analoga decisione era stata presa il 12 agosto verso il Comune di Milano.

La causa era stata promossa da due cittadini extracomunitari, la peruviana Domenica Antonia Canchano Warthon e il marocchino Tachid Khay che, pur da anni in Italia e con documenti regolari, non hanno potuto partecipare al bando per l’incarico occasionale di rilevatori del censimento della popolazione: una norma li escludeva in quanto extracomunitari. Per questo motivo il loro legale, l’avvocato Elena Fiorini, aveva chiesto una proroga dei termini e la modifica del bando che prevedeva solo la partecipazione di cittadini italiani o di Paesi dell’Unione Europea, considerato discriminatorio dal legale e dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, che ha fatto a sua volta ricorso. Il tribunale ha dato loro ragione.

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20 agosto ▪ Web ▪ A seguito di una denuncia del deputato del PD Emanuele Fiano, a proposito dell’apertura su un sito Internet di una campagna di adesioni al Partito Nazionalista italiano di Gaetano Saya, che, secondo quanto riportato, «avrebbe il compito anche di battersi contro comunisti, zingari, albanesi, marocchini e islamici di vario colore; nonché dichiarare guerra anche agli omosessuali che vanno buttati fuori dal parlamento e dalle istituzioni», l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del ministero per le Pari opportunità ha aperto un’istruttoria al termine della quale, in presenza di notizia di reato, l’UNAR segnalerà le dichiarazioni alla Procura della Repubblica

24 agosto ▪ Cles (TN) ▪ Durante una serata in discoteca un ragazzo ha intonato al microfono canti di carattere discriminatorio, come per esempio “negro, negro di m…, figlio di p…, via dall’Italia”. Nel locale erano presenti due persone straniere che, per aver cercato di interrompere i cori, sono stati presi a spallate.

25 agosto ▪ Poviglio (RE) ▪ Il comune di Poviglio ha indetto una selezione, mediante avviso, pubblico finalizzato alla formazione di una graduatoria di rilevatori da impegnarsi nell’attività di rilevazione per il 15° Censimento Generale della popolazione e delle Abitazioni – anno 2011. Viene richiesto il requisito della cittadinanza italiana o comunitaria.

29 agosto ▪ Firenze ▪ Il giudice sportivo della Lega serie B ha inflitto un’ammenda di 6.000 euro al Verona. La decisione perché propri sostenitori “nel corso del secondo tempo, rivolto ad un calciatore avversario cori di discriminazione razziale – si legge nella motivazione – entità della sanzione attenuata per avere la Società concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza”.

30 agosto ▪ Roma ▪ L'assessore alle Politiche ambientali di Civitavecchia, Gianfranco Frascarelli (Pdl), punta il dito contro quegli stranieri che rovistano tra i rifiuti dei cassonetti, accusandoli di sporcare la città.

2 settembre ▪ Ragusa ▪ Un medico in servizio al pronto soccorso dell’ospedale della zona ha aggredito verbalmente, davanti a numerosi testimoni, una persona straniera che si era recata all’ospedale per un taglio al polso.

2 settembre ▪ Solbiate Arno (Va) ▪ Un uomo di nazionalità ghanese è stato aggredito mentre andava al lavoro in bicicletta da un uomo in scooter che lo ha prima buttato per terra con un calcio e poi lo ha colpito in faccia con un bastone.

2 settembre ▪ Grosseto ▪ Un uomo sulla spiaggia di Follonica ha spruzzato, senza motivo, uno spray urticante in faccia a una signora venditrice ambulante nordafricana.

5 settembre ▪ Alassio (SV) ▪ Un bar di Alassio ha esposto all’ingresso un cartello con la scritta: «Vietato l’ingresso ai marocchini». La proprietaria del locale ha giustificato la decisione con il fatto che la figlia, nei giorni precedenti, era stata vittima di un tentativo di stupro da parte di un nordafricano.

5 settembre ▪ Bersaglio a Cles (BZ) ▪ Durante il Tropical beach party, un ragazzo è salito sul palco e ha scandito al microfono insulti razzisti rivolti a un giovane di origine marocchina. Il giovane non è stato identificato.

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6 settembre ▪ Vittorio Veneto ▪ Il titolare del locale Victoria ha posizionato all'entrata un cartello con su scritto “vietato l’ingresso agli albanesi”. La decisione deriva da una rissa avvenuta qualche giorno prima in cui erano stati coinvolti alcuni ragazzi di origine albanese.

9 settembre ▪ Padova ▪ Durante una partita di calcio della serie Bwin tra il Padova e il Bari, i tifosi del Padova hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 6mila euro.

14 settembre ▪ Milano ▪ Si è tenuta oggi a Milano la prima udienza davanti al giudice della prima sezione civile, Serena Baccolini, per il ricorso presentato da una donna marocchina che, assieme a un’altra madre, ha chiamato in giudizio il ministero dell’Istruzione, il quale ha stabilito che nella scuola milanese di via Paravia non si può formare una classe di prima elementare di soli alunni stranieri. Alla prima elementare si erano iscritti 15 bambini di famiglie straniere, di cui 13 nati in Italia, ma il ministero si è opposto alla formazione della classe e due famiglie, assistite dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, hanno presentato un ricorso per discriminazione al tribunale civile. «Sono stata costretta a lasciare mio figlio in Marocco dalla nonna materna, perché ho già altri quattro figli sparsi per diverse scuole della città e speravo di poter tenere almeno l’ultimo vicino casa, nella scuola di via Paravia», ha motivato la donna davanti al giudice. È stato sentito anche Giuseppe Petralia del Provveditorato agli Studi, che ha confermato che la decisione di chiudere la classe era già stata presa l’anno scorso e che poi di fronte all’iscrizione di bambini tutti figli di genitori stranieri si è deciso di intervenire.

14 settembre ▪ Genova ▪ L’azienda dei trasporti pubblici locali di Genova richiede come requisito valido per l’assunzione il possesso della cittadinanza italiana o almeno di quella comunitaria. In questo modo sono escluse le persone extracomunitarie.

18 settembre ▪ Trieste ▪ Durante una partita di calcio di Lega Pro I tra la U.S. Triestina e l'U.S. Siracusa, i tifosi della Triestina hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 1.500 euro.

25 settembre ▪ Napoli ▪ Un giovane algerino di 31 anni è stato aggredito e picchiato da una banda di ragazzi mentre era seduto su una panchina nei pressi di Porta Capuana a Napoli. Portato al pronto soccorso, gli è stata riscontrata una ferita al labbro, oltre a varie contusioni ed ematomi. Majid Rais, sindacalista e rappresentante della Comunità algerina per il sud Italia, ha riferito che la banda aveva cercato di aggredire anche altri immigrati.

25 settembre ▪ Udine ▪ Durante la partita di calcio valida per la serie D del campionato di eccellenza svoltasi tra la Manzanese e il Fontanafredda, i tifosi della Manzanese hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 600 euro.

2 ottobre ▪ Lucca ▪ Un uomo originario del Marocco è stato aggredito al di fuori di un pub da un gruppo di simpatizzanti di estrema destra che prima lo hanno apostrofato con epiteti di discriminazione razziale e poi lo hanno malmenato a calci e pugni. Il venticinquenne individuato come l'autore delle violenze fisiche è stato denunciato per il reato di aggressione a sfondo razziale. La vittima del reato è stata giudicata guaribile in 20 giorni.

5 ottobre ▪ Bologna ▪ Nel corso di una partita di basket della lega A2 i sostenitori della Biancoblu Bologna hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è

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stata multata per 1.200 euro.

10 ottobre ▪ Milano ▪ Il giudice del Tribunale del lavoro ha dichiarato la “discriminatorietà del comportamento dell’Azienda di Servizi alla Persona Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzo” per aver richiesto il requisito della cittadinanza italiana o comunitaria nei bandi indetti per l’assunzione di personale sanitario e amministrativo.

10 ottobre ▪ Verona ▪ Durante una partita valida per il campionato di calcio di serie B, i tifosi del Verona hanno intonato cori inneggianti alla discriminazione razziale. La società è stata multata per 7mila euro.

10 ottobre ▪ Fondi (LT) ▪ Alcuni giovani di origine indiana sono stati coperti di insulti razzisti e poi colpiti a sassate da tre ragazzi di cui uno minorenne.

14 ottobre ▪ Torino ▪ Al tribunale di Torino un giudice ha fatto allontanare dall’aula un’interprete dall’arabo, Fatima M., di fede musulmana, essendosi rifiutata di togliere il foulard che le copriva la testa, pur lasciando del tutto scoperto il volto. Secondo il presidente della prima sezione penale, Giuseppe Casalbore, infatti, la legge prevede che si assista alle udienze a capo scoperto, secondo quanto disposto dall’articolo 129 del codice di procedura civile, dopo l’abrogazione dell’articolo 434 del codice di procedura penale. Diverso il parere del presidente del tribunale di Torino, Luciano Panzani, secondo il quale «il rispetto dell’obbligo di assistere all’udienza a capo scoperto non è mai stato totale. Nessun magistrato ha mai chiesto a una suora di togliersi il velo o a un ebreo ortodosso la kippah e nemmeno è mai stato chiesto di scoprire il capo a una persona sottoposta a chemioterapia che abbia perso i capelli. La norma impone il capo scoperto soltanto per sottolineare il dovere di assistere all’udienza con rispetto, non per altri fini». A seguito dell’avvenimento, il presidente del tribunale torinese ha rivolto al riguardo un quesito al Consiglio superiore della magistratura «data la difficoltà e delicatezza della materia, perché precisi a quali regole debba attenersi il magistrato che dirige l’udienza, sia civile che penale, onde poter fornire ai giudici del tribunale indicazioni per una condotta uniforme e rispettosa dei diritti individuali della persona».

19 ottobre ▪ Roccafranca (BS) ▪ Il tribunale di Brescia ha dichiarato discriminatorio il comportamento del Comune di Roccafranca, guidato dalla Lega Nord, disponendo il rinnovo del bando per l’assegnazione degli alloggi e di ammettere ai contributi scolastici tutti i cittadini stranieri che ne abbiano i requisiti. La decisione dei giudici arriva dopo un ricorso presentato dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), e dalla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo contro due ordinanze del Comune. La prima ordinanza consentiva l’accesso al contributo per la retta d’iscrizione alle scuole materne paritarie di Roccafranca e Rudiano per l’anno scolastico 2009/2010 solo ai cittadini extracomunitari con permesso o carta di soggiorno e residenti in Italia da almeno cinque anni. La seconda delibera del 2010 ammetteva al bando per l’assegnazione di alloggi comunali per anziani solo cittadini italiani, residenti a Roccafranca da almeno dieci anni.

20 ottobre ▪ Milano ▪ Un giovane, originario del Pakistan ma residente in Italia da 15 anni, dove si è diplomato, dove frequenta l’università e dove vorrebbe poter svolgere il servizio civile, ha presentato un ricorso per discriminazione contro la Presidenza del Consiglio, da cui dipende l’Ufficio nazionale per il servizio civile.

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Oggetto del ricorso è il bando del 20 settembre 2011 per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all’estero, che all’articolo 3 prevede come primo requisito per i candidati la cittadinanza italiana. Secondo il ricorrente si tratta di un requisito discriminatorio e anacronistico in quanto il servizio civile non è più connesso all’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, essendo questo stato abolito nel 2005.

I legali chiedono perciò al giudice la riapertura del bando o di ricorrere alla Corte Costituzionale affinché sia valutato in quella sede «il contrasto tra detta esclusione e gli artt. 2 e 3 della Costituzione».

21 ottobre ▪ Padova ▪ A due ragazze albanesi è stato impedito dai responsabili delle sicurezza l’ingresso al Factory club, una discoteca di Padova molto frequentata da studenti universitari. Secondo diversi testimoni, gli incaricati del filtro all’ingresso avrebbero affermato che «albanesi, rumeni, moldavi e tunisini non possono iscriversi al circolo ACSI e avere la tessera per entrare nel locale». Uno dei comproprietari della discoteca, di cittadinanza vietnamita,, ha dichiarato: «Noi siamo molto vicini alla stazione, spesso arriva gente strana. Io non sono certo razzista, ma quando vedo soggetti particolari li tengo fuori per una questione di sicurezza».

22 ottobre ▪ Prato ▪ Una studentessa di origine marocchina, residente a Prato, si sarebbe vista negare la partecipazione a uno stage in un albergo della città a causa del velo islamico che indossa. Il caso, che risalirebbe alla scorsa primavera, è stato raccontato dalla vittima della vicenda nel corso di un incontro sull’integrazione razziale nella sede della Provincia di Prato e riportato da alcuni quotidiani locali.

26 ottobre ▪ Palermo ▪ I genitori di una scuola materna ed elementare di Palermo hanno protestato con la direzione dell’istituto per la rimozione dall’atrio di un quadro raffigurante una Madonna. L’immagine era stata tolta dopo che una mamma di religione musulmana aveva rivendicato il diritto di non avere impartiti alla propria bambina insegnamenti cattolici, poiché si sarebbero tradotti in una discriminazione religiosa. La preside ha precisato di essere garante di un’istituzione che deve vedere tutti egualmente rappresentati e di aver pensato anche a realizzare un angolo interreligioso: «I simboli non sono tutti banditi: nessun problema per il crocifisso in classe, al cui riguardo esistono sentenze europee e neanche per l’albero di Natale. Se la decisione è condivisa, non ho nulla in contrario», ha chiarito.

30 ottobre ▪ Firenze ▪ Durante una partita allo stadio Franchi di Firenze sono stati indirizzati da parte di gruppi di tifosi numerosi cori razzisti contro l’allenatore della Fiorentina Sinisa Mihajlovic, di origine serba.

31 ottobre ▪ Milano ▪ A seguito della partita di calcio di serie A, svoltasi a Milano tra Inter e Juventus, quest’ultima è stata sanzionata con 10mila euro di ammenda «per avere suoi sostenitori, nel corso del secondo tempo, indirizzato reiteratamente a un calciatore avversario grida e cori costituenti espressione di discriminazione razziale».

3 novembre ▪ Milano ▪ L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e Avvocati per Niente hanno presentato al tribunale di Milano un esposto per discriminazione nei confronti dei gruppi assicurativi Zurich Italia e Quixa, poiché per le polizze auto prevedono tariffe maggiorate se il proprietario non è italiano. Secondo il ricorso delle associazioni, le due assicurazioni violano

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l’articolo 43 del Testo unico sull’immigrazione che vieta di imporre «condizioni più svantaggiose a uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero».

3 novembre ▪ Lecce ▪ Ilias Miah, bengalese, venditore ambulante di rose, è stato aggredito e percosso da un gruppo di persone, tanto da dover essere ricoverato in ospedale.

8 novembre ▪ Firenze ▪ Il giudice sportivo ha multato per 7.500 euro la Pro Patria per cori di discriminazione razziale verso un calciatore di origine straniera del Montichiari avvenuti durante una partita tra le due squadre.

9 novembre ▪ Padova ▪ Il Giudice sportivo della serie B ha inflitto un’ammenda al Padova per i cori inneggianti alla discriminazione razziale intonati dai tifosi e rivolti a un giocatore avversario.

15 novembre ▪ Radio ▪ Massimiliano Monnanni, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della presidenza del Consiglio dei ministri, ha reso nota l’avvenuta apertura di un’istruttoria nei confronti della Radio 105 per trasmissione “Lo Zoo di 105”. In una puntata del programma radiofonico, infatti, il conduttore interpretava un personaggio di nome Zlatan che svolgeva attività delinquenziali, proveniente dalla «Zingaria, Romania o Albania» e nel quale erano condensati «tutti gli stereotipi e i peggiori pregiudizi attribuiti alle comunità Rom e Romena».

15 novembre ▪ Torino ▪ L’Europarlamentare leghista Mario Borghezio ha affermato che i casi di Tbc all’ospedale Molinette di Torino siano riconducibili alla presenza di persone straniere.

23 novembre ▪ Treviso ▪ Un ventenne di Montebelluna è stato condannato a dieci mesi per aggressione a sfondo razziale ai danni di una famiglia di origine kosovare, avvenuta nel 2010.

29 novembre ▪ Roma ▪ Grazie all’intervento dell’UNAR, è stata rimossa una clausola discriminatoria che impediva ai giovani stranieri non comunitari di usufruire delle agevolazioni previste dal Fondo Mecenati, finanziato dal ministero della Gioventù, in materia di istruzione, formazione e inserimento lavorativo. Il Fondo era stato istituito con Decreto del ministro della Gioventù il 12 novembre 2010 e regolamentato dall’avviso pubblico emanato il 4 luglio 2011.

2 dicembre ▪ L’Aquila ▪ Un sacerdote originario della Tanzania è stato insultato da alcuni parrocchiani per via del colore della sua pelle.

8 dicembre ▪ Napoli ▪ Un giovane turista straniero è stato aggredito a Napoli da tre ragazzi, di cui due minorenni, che lo hanno prima insultato con epiteti di discriminazione razziale e poi picchiato. I tre sono stati fermati dai carabinieri, mentre la vittima è stata medicata al pronto soccorso e giudicata guaribile in dieci giorni.

11 dicembre ▪ Caserta ▪ La direzione scolastica regionale ha inviato un’ispettrice nella scuola media Pietro Giannone di Caserta per fare luce su un episodio di presunto razzismo, rivelato dal “Corriere del Mezzogiorno”. Una scolara dodicenne, italiana figlia di immigrati, sarebbe stata discriminata dall’insegnante. L’alunna si è vista restituire il compito di geografia, del tutto simile a quello di un compagno che aveva preso 9, con un 7. Alla richiesta di spiegazioni, l’insegnante avrebbe risposto: «Tu non sei come gli altri, sei nera»; l’episodio, confermato da altri due ragazzi, viene però negato dall’insegnante.

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12 dicembre ▪ Adro (BS) ▪ Il sindaco di Adro (BS), Oscar Lancini, dopo essere stato condannato in due gradi di giudizio per discriminazione, avendo riservato i bonus per il sostegno all’affitto ai soli italiani, ora chiede ai cittadini di restituire gli aiuti ricevuti. La vicenda nasce nel 2010 con lo stanziamento di circa 30mila euro per il sostegno all’affitto, riservato ai residenti con cittadinanza italiana; 35 le famiglie beneficiarie. Su iniziativa di ASGI, CGIL di Brescia e Fondazione Piccini, la decisione è finita in tribunale e nell’aprile del 2011 il giudice di Brescia ha ordinato al sindaco di riaprire il bando per permettere anche ai residenti stranieri di parteciparvi. Il Comune è ricorso in appello, ma è stato nuovamente condannato nel luglio 2011. Nel frattempo, le famiglie italiane hanno ricevuto il bonus, da mille a 1.500 euro ciascuna. Per sostenere anche quelle straniere (sono 32), il Comune dovrebbe stanziare nuove risorse ma il sindaco ha preferito chiedere la restituzione delle somme già assegnate. Una scelta che sindacati e associazioni giudicano provocatoria, un incitamento al conflitto sociale e alla guerra tra poveri.

12 dicembre ▪ Firenze ▪ L’organizzazione non governativa Cospe denuncia pratiche discriminatorie da parte di agenzie assicurative nei confronti di clienti stranieri. Sulla base di una ricerca realizzata tra luglio e settembre 2011 su un campione di 36 assicurazioni, all’interno del progetto “Antenna territoriale antidiscriminazione di Firenze” promosso con ASGI Firenze e supportato dall’Open Society Foundation, emerge che il costo dell’assicurazione auto diventa più alto quando l’assicurato è straniero. In 22 dei gruppi assicurativi esaminati, la formulazione del preventivo non richiedeva di fornire dati inerenti la cittadinanza, il luogo di nascita, la nazionalità di origine o il codice fiscale. Per altre otto compagnie è stato invece necessario fornire dati relativi alla cittadinanza o al luogo di nascita del contraente. In un solo caso tale informazione non ha prodotto una maggiorazione del premio di polizza proposto, mentre negli altri sette casi tale maggiorazione si è riscontrata. Peraltro, solo nel caso di alcune nazionalità: il rialzo avviene se il cittadino è romeno, marocchino o bulgaro, ma non se è francese.

13 dicembre ▪ Firenze ▪ Senza nessun motivo apparente, un uomo ha aperto il fuoco con un revolver in un mercato di Firenze, uccidendo due venditori ambulanti senegalesi e ferendone altri tre. L’uomo, un pistoiese di professione ragioniere e di fede neofascista, subito dopo si è suicidato. Numerose le iniziative di solidarietà e le manifestazioni di protesta in diverse città.

14 dicembre ▪ Imola (BO) ▪ Un incendio doloso ha danneggiato nel corso della notte un negozio di alimentari gestito da un giovane pakistano nel centro di Imola (BO). Il sindaco e gli investigatori per il momento non accreditano il movente razzista, non essendoci alcuna rivendicazione o elemento in questo senso.

16 dicembre ▪ Verona ▪ Un ragazzo tredicenne originario dello Sri Lanka mentre camminava con alcuni amici in una via centrale di Verona è stato picchiato e insultato con epiteti di discriminazione razziale da quattro giovani che lo hanno colpito con pugni e con una spranga e buttato in mezzo alla strada cercando di farlo investire dalle auto di passaggio. I quattro, ricercati dai carabinieri per l’aggressione a sfondo razziale, avevano già aggredito il ragazzo cingalese il giorno precedente, mentre era a bordo di un autobus cittadino. I giovani sono stati denunciati e i carabinieri hanno rinvenuto nelle loro abitazioni materiali riconducibili ad ambienti di estrema destra.

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17 dicembre ▪ Recanati (MC) ▪ Secondo quanto ha riferito un abitante di Recanati al quotidiano “Il Resto del Carlino”, nel locale ospedale i padri “non musulmani” sarebbero discriminati, in quanto esclusi dall’assistenza notturna alle mogli che hanno appena partorito per non turbare la sensibilità delle puerpere musulmane, che non possono scoprirsi davanti ad un altro uomo. La direttrice sanitaria del presidio ospedaliero di Civitanova Marche-Recanati, Nadia Mosca, e il primario di Neonatologia Giuseppe Micucci hanno però replicato che «il caso non esiste». Esiste invece una regola generale in base alla quale è preferibile che l’assistenza alle degenti nelle camere doppie o triple sia garantita da una donna, per ovvi motivi di riservatezza. «Quando ciò non sia possibile, cerchiamo di spostare la paziente in una stanza singola, in modo che il marito o un altro parente possano accudirla di notte. L’etnia o la fede religiosa non c’entrano proprio niente», hanno dichiarato i sanitari.

20 dicembre ▪ Web ▪ Nelle pagine italiane su Internet del forum neonazista di Stormfront, fondato dall’americano Don Black, già leader del Ku Klux Klan, è stata pubblicata una “lista nera”, definita «lista dei delinquenti italiani» e riferita a persone che avrebbero detto e fatto qualcosa a sostegno di stranieri, ebrei e musulmani. L’elenco contiene nominativi di figure note del giornalismo, della politica, della magistratura e della società civile.

20 dicembre ▪ Milano ▪ Il giudice del lavoro di Milano, Gabriella Mennuni, ha accolto un ricorso presentato da 31 dipendenti dell’ospedale San Paolo in quanto esclusi da un concorso per la stabilizzazione del personale precario dell’azienda ospedaliera. Si tratta dell’ultimo capitolo di una battaglia legale in corso da tre anni riguardante l’esclusione dal concorso di cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno, impiegati con contratti a tempo determinato come infermieri, tecnici e operatori sociosanitari.

24 dicembre ▪ Milano ▪ Mouhamadou Diop, trasportatore per la Sda, racconta in un esposto in Procura di essere stato picchiato nei magazzini dell'azienda di logistica. Pochi giorni prima era andato a Firenze a far visita alla famiglia di una delle vittime della strage di Firenze, in cui un uomo uccise due venditori originari del Senegal prima di suicidarsi.

27 dicembre ▪ Perigliano (PI) ▪ L’organizzazione di estrema destra Forza Nuova ha attaccato don Armando Zappolini, parroco di Perignano, chiedendo alle autorità ecclesiastiche di richiamarlo all’ordine. Il sacerdote, che è anche presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), ha allestito nella sua chiesa un presepe con figure di immigrati, a sostegno della proposta di legge di concedere la cittadinanza italiana per i figli di stranieri nati in Italia e della Campagna “L’Italia sono anch’io”. Il presidente della Regione, Enrico Rossi, e il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, hanno inviato un messaggio di solidarietà a don Zappolini.

Se non diversamente specificato, le fonti delle notizie qui riportate sono UNAR, OSCAD, l’agenzia ANSA e l’archivio stampa del sito www.dirittiglobali.it

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Parte terza

Norme e politiche

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La legge e i diritti. 2008-2011: quattro anni vissuti pericolosamente

1. L’evoluzione delle politiche dell’immigrazione in Italia

Quello dell’immigrazione è uno dei settori della normativa italiana che, nell’ultimo ventennio, sono stati maggiormente interessati da modifiche, trattandosi di uno dei temi che più dividono l’opinione pubblica, creando contrasti anche all’interno di ciascuno schieramento politico. La disciplina attuale è dunque il risultato di una serie di stratificazioni progressive, dovute agli interventi - spesso incoerenti e talora addirittura contraddittori - del legislatore nazionale, di intersezioni tra principi costituzionali, diritto internazionale e norme dell’Unione europea, nonché di una giurisprudenza, interna e sovranazionale, che ha spesso garantito l’effettiva tutela dei diritti dei migranti.

Nella sua più recente evoluzione – e considerando in particolare il periodo dal 1998 ad oggi – la disciplina italiana dell’immigrazione è stata interessata da una significativa estensione delle norme sanzionatorie (penali e amministrative) e di quelle derogatorie del diritto comune, che valgono di per sé a connotare questo settore normativo come un diritto speciale, uno jus singularis, caratterizzato da proprie logiche e propri istituti, dei quali il trattenimento nei CIE (oggi fino a 18 mesi) di persone alle quali non sia contestato alcun reato e in assenza di alcun effettivo vaglio giurisdizionale, costituisce forse l’esempio maggiormente significativo.

Se confrontata con quella degli altri Paesi europei, la disciplina italiana dell’immigrazione si caratterizza infatti, oggi più di prima, per la sovraesposizione delle norme sanzionatorie (penali o amministrative) rispetto alle misure volte a favorire l’integrazione sociale o la stessa tutela dei migranti rispetto ad atti di discriminazione sempre più frequenti (si pensi che nel codice penale spagnolo è stata introdotta una sezione appositamente dedicata ai delitti contro i “diritti dei cittadini stranieri”). Particolarmente significativi appaiono, in tal senso, i provvedimenti emanati nella legislatura in corso (in particolare, il d.l. 92/2008, convertito con modificazioni dalla l. 125/2008 e la l. 94/2009), che oltre a inasprire sanzioni già previste o a introdurne di nuove, hanno sancito norme limitative dei

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diritti (anche fondamentali) degli stranieri - comprensive finanche di misure volte a impedire l’accesso degli irregolari ai servizi pubblici, a contrarre matrimonio, a conseguire atti di stato civile (l’obbligo di esibizione esclude soltanto l'accesso alle prestazioni sanitarie per gli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale e alle prestazioni scolastiche obbligatorie), la cittadinanza o il titolo di soggiorno, a trasferire denaro da e verso il Paese di origine – contribuendo a fare “terra bruciata” attorno allo straniero irregolare.

Del resto, le politiche di rigore – introdotte con la l. 189/2002 (c.d. Bossi-Fini), il d.l. 92/2008 e la l. 94/2009 - non solo non hanno manifestato l’efficacia deterrente invocata dai loro sostenitori, ma hanno addirittura incrementato il tasso di clandestinità, che rappresenta a sua volta un fattore criminogeno, come dimostra il dato secondo cui il tasso di delittuosità degli stranieri regolari è inferiore a quello dei cittadini italiani.

Basterebbe questo dato per dimostrare, anche solo sulla base dell’argomento dell’efficacia, l’incostituzionalità di molte delle norme fondamentali nella disciplina dell’immigrazione, dal momento che la Consulta ha subordinato la legittimità delle disposizioni limitative dei diritti degli stranieri – e comunque non palesemente irragionevoli, né contrastanti con obblighi internazionali - alla dimostrazione della loro della loro idoneità a realizzare «un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra i diversi interessi, di rango costituzionale (…) specialmente quando esse siano suscettibili di incidere sul godimento di diritti fondamentali» (sentt. nn. 245 e 61 del 2011, n. 187 del 2010 e n. 306 del 2008). Come afferma la Corte, infatti, è certamente vero che la «basilare differenza esistente tra il cittadino e lo straniero» – «consistente nella circostanza che, mentre il primo ha con lo Stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo ne ha uno acquisito e generalmente temporaneo» – può «giustificare un loro diverso trattamento» nel godimento di certi diritti (sentenza n. 104 del 1969), in particolare consentendo l’assoggettamento dello straniero «a discipline legislative e amministrative» ad hoc, l’individuazione delle quali resta «collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici» (sentenza n. 62 del 1994), quali quelli concernenti «la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione» (citata sentenza n. 62 del 1994). Tuttavia, la Corte ribadisce che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani, di talché la condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata

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– per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (sentenza n. 249 del 2010).

Esattamente ciò che ha fatto, invece, il legislatore italiano, introducendo, soprattutto di recente, istituti derogatori del diritto comune e norme fortemente limitative dei diritti fondamentali degli stranieri, non sorrette neppure da un ragionevole bilanciamento con interessi costituzionali di pari rango, come la Consulta ha avuto modo di rilevare, in particolare, a proposito del diritto dello straniero a contrarre matrimonio (subordinato, dalla l. 94/2009, alla presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano) o dell’aggravante di clandestinità introdotta dal d.l. 92/2008.

A ulteriore conferma dell’ossessione per le misure di controllo, contenimento e sanzione della immigrazione della legislazione italiana va rilevato, in premessa a questo capitolo dedicato ai più significativi mutamenti normativi recenti, l’assenza di adeguamenti in materia di diritti politici e di tutela del diritto d’asilo, nonostante soprattutto su questo secondo versante le recenti vicende seguite alla fine dei regimi dittatoriali nord-africani abbiano mostrato la gravità delle lacune normative esistenti nel nostro ordinamento.

1.1. L’immigrazione da diritto a reato: la legislazione tra il 2008 e il 2011

Se, dunque, la politica del diritto in materia di immigrazione nel nostro Paese si è caratterizzata, dal 2002 ad oggi (e salvo brevi parentesi), per un crescente limitazione dei diritti e delle libertà dei migranti e per un inasprimento delle sanzioni connesse alla violazione delle norme sull’ingresso e sul soggiorno, i quasi quattro anni che hanno visto a capo del governo per la terza volta Silvio Berlusconi ha segnato indubbiamente un’accelerazione in questo percorso involutivo.

Nel corso di tre anni si sono infatti susseguiti provvedimenti che hanno contribuito, con norme di diverso tenore e diversamente discriminatorie, a rendere ulteriormente precaria la condizione degli stranieri, riducendone libertà e diritti (anche fondamentali). Si pensi – solo per indicare le più note - che alla previsione dell’aggravante di clandestinità (d.l. 92/2008, convertito, con modificazioni, dalla l.125/2008) è seguita l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegali nel territorio dello Stato (l. 94/2009) e quindi l’estensione fino a 18 mesi del termine massimo di trattenimento nei CIE (d.l. 89/2011, convertito, con modificazioni,

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dalla l. 129/2011). Si è così delineato un crescendo nelle misure ‘punitive’ per gli stranieri, poi censurato dalla Consulta e dalla Corte di giustizia nei suoi punti fondamentali (aggravante di clandestinità e comminatoria del carcere per la mera inottemperanza all’ordine di espulsione, con i suoi più generali riflessi sul sistema sanzionatorio).

Particolarmente espressiva di tale linea di politica del diritto è l’introduzione – disposta dalla legge 94/2009 – del reato di ingresso e soggiorno irregolari nel territorio dello Stato, che sancisce il passaggio da quello che è stato tradizionalmente ritenuto un diritto fondamentale (e come tale tutelato dalla nostra Costituzione: cfr. gli artt. 16 e 35, c. quarto, sulla libertà di espatrio ed emigrazione) a un illecito addirittura penalmente sanzionato.

L’inasprimento sanzionatorio rappresenta tuttavia uno solo degli aspetti che caratterizzano i provvedimenti del triennio 2008-2011 e che si affianca a una significativa stretta sulle condizioni per l’ingresso (e il soggiorno) regolare, a una netta precarizzazione della condizione del migrante e a una rilevante limitazione dei diritti (anche fondamentali) degli stranieri.

Tra le norme volte a limitare i presupposti per l’ingresso e il soggiorno regolare si ricordano, in particolare, la previsione di una “tassa” sul rinnovo e sul rilascio del permesso di soggiorno; l’introduzione di ulteriori cause ostative al rilascio del titolo di soggiorno, quali - in particolare - la condanna non definitiva per taluni specifici reati, la subordinazione del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno alla stipula di un “accordo di integrazione”, nonché la previsione del superamento di un test di lingua italiana quale presupposto per il riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo (l. 94/2009).

Nel senso della precarizzazione delle condizioni di vita del migrante dispongono una serie di norme quali l’introduzione dei reati di cessione d’immobile ed agevolazione della permanenza dello straniero irregolare (che sembrano voler fare ‘terra bruciata’ attorno al migrante: d.l. 92/2008) o l’estensione dei presupposti per la revoca del permesso di soggiorno, a fronte di una ulteriore stretta sulle condizioni per ottenere la cittadinanza italiana jure matrimonii, in ogni caso subordinando la presentazione di istanze o dichiarazioni in materia di cittadinanza al versamento di una tassa (l. 94/2009).

Una significativa limitazione dei diritti (anche fondamentali) dello straniero è riconducibile a norme quali, ad esempio, quelle che hanno subordinato all’ostensione del titolo di soggiorno la possibilità di contrarre matrimonio (norma

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dichiarata incostituzionale) ovvero di ottenere atti di stato civile (salvi l'accesso alle prestazioni sanitarie e scolastiche obbligatorie: l. 94/2009) o che hanno significativamente limitato l’esercizio del diritto di difesa in sede giurisdizionale, anche nell’ambito di procedimenti relativi a diritti fondamentali quali il diritto di asilo (d.lgs. 159/2008).

Infine, tra le più rilevanti norme che hanno ulteriormente inasprito il sistema sanzionatorio previsto dal testo unico in materia di immigrazione si ricordano, oltre al già citato reato di ingresso e soggiorno irregolare nel territorio dello Stato (l. 94/2009), l’aggravante di clandestinità (applicabile a ciascun reato per il solo fatto di essere stato commesso da uno straniero irregolare e pertanto dichiarata incostituzionale), il complessivo inasprimento delle pene comminate per i reati connessi alla violazione delle condizioni per l’ingresso e il soggiorno irregolari, disposto dalla l. 94/2009 e l’estensione, prima a sei e quindi a diciotto mesi del termine massimo di permanenza nei CIE (l. 94/2009 e quindi d.l. 98/2011).

1.2. Le Corti, i diritti e la risposta del Governo.

Questo ‘crescendo punitivo’ e, in linea generale, questa corsa alle crescenti limitazioni dei diritti e delle libertà (anche fondamentali) dei detenuti non sono stati fermati neppure da una giurisprudenza, costituzionale e comunitaria, che ha rilevato l’illegittimità di molte delle norme su cui si fonda il sistema normativo costruito nel triennio in esame.

Si pensi, in primo luogo, alla sentenza 249/2010, con cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale la c.d. aggravante di clandestinità per violazione dei principi di ragionevolezza, offensività e materialità, che in sintesi vietano l’incriminazione di meri modi di essere o di pensare, di condotte di vita, o comunque per comportamenti inidonei a pregiudicare o comunque a porre in pericolo beni ritenuti meritevoli di tutela per l’ordinamento. In quanto del tutto sganciata dal reato cui accede(va) e dal suo disvalore, quest’aggravante determina(va) infatti un aggravio di pena sproporzionato rispetto alle finalità di tutela dell’interesse protetto (il controllo delle frontiere). L’aggravante si basava insomma, ad avviso della Corte, su di una (mera) presunzione assoluta di pericolosità sociale che già la Consulta aveva ritenuto non desumibile da tale status e per ciò solo, ed attivabile anche quando lo straniero ignori (per colpa) la propria condizione di soggiornante irregolare. L’aggravante aveva quindi, ad avviso della Consulta, una “natura discriminatoria” fondata

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sull’idea che la qualità di immigrato «irregolare» costituisca «uno “stigma”, che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto, (…) in base ad una presunzione assoluta, che identifica un “tipo di autore” assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento».

Con la sentenza 245/2011, la Corte costituzionale ha invece dichiarato illegittimo l’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94, limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano». Nell’imposizione – da parte della norma - allo straniero che intendesse contrarre matrimonio in Italia di produrre un documento che ne attestasse la regolarità del soggiorno si è in sintesi riconosciuta una violazione inammissibile del diritto al matrimonio che, in quanto libertà fondamentale, spetta alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina. La Corte ha così ribadito che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani, di talché la condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi».

Benché diverse, le sentenze sono accomunate dal fatto di censurare norme dalla finalità discriminatoria, volte cioè a sancire un trattamento giuridico differenziato e deteriore, applicabile unicamente agli stranieri per il mero fatto di essere tali e non altrimenti giustificato.

Sarebbe bastata dunque anche una sola di tali decisioni per indurre Governo e Parlamento ad invertire la rotta in materia di politica dell’immigrazione, quantomeno abrogando le norme maggiormente espressive di tale logica discriminatoria. Al contrario, la sola reazione manifestata dall’allora maggioranza e dal Governo è stata quella di attaccare le sentenze della Consulta, senza neppure interrogarsi sull’efficacia di simili norme, in primo luogo del reato di ingresso e soggiorno irregolari nel territorio dello Stato. Benché non ritenuta incostituzionale (sent. 250/2010), tale norma – comunque di dubbia compatibilità persino con la direttiva 2008/115/CE – si è dimostrata del tutto priva di ogni efficacia rispetto al fine di ridurre gli ingressi (e i soggiorni) irregolari. E non avrebbe, del resto, potuto essere diversamente, dal momento che la norma di cui all’art. 10-bis del testo unico si “limita” a sovrapporre il giudizio penale al procedimento amministrativo finalizzato all’espulsione.

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Non solo inefficace, il reato di ingresso e soggiorno irregolari è stata giudicata incompatibile con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la direttiva 2008/115/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia, segnatamente con la sentenza El Dridi del 28 aprile 2011. Con tale pronuncia, in particolare, la Corte ha statuito l’incompatibilità con la direttiva di norme, quali quella italiana di cui all’art.14, comma 5-ter del testo unico, che comminano la pena della reclusione allo straniero irregolare «per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo». Ebbene, la sanzione sostitutiva dell’espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera – prevista per il reato - contrasta con le garanzie sancite dall’articolo 7, § 1 della direttiva, in ordine al diritto al termine per la partenza volontaria che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere agli stranieri da rimpatriare.

Nonostante l’illegittimità e la stessa inefficacia di simili norme, Governo e Parlamento, pur reintervenendo sulla materia, non hanno ritenuto di eliminarle, limitandosi (con il d.l. 89/2011) a sopprimere le disposizioni che sarebbero costate all’Italia una procedura d’infrazione per violazione del diritto dell’Unione. In tal senso, ad esempio, il d.l. 89/2011 ha attribuito carattere residuale all’accompagnamento alla frontiera, che, da metodo generale di esecuzione dell’espulsione, è divenuto oggi un rimedio ammissibile solo in alcune, tassative, ipotesi; ha previsto misure alternative al trattenimento nei CIE per assicurare l’allontanamento dello straniero; ha introdotto l’istituto del rimpatrio volontario (previa dimostrazione della disponibilità di risorse economiche sufficienti); ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria quale sanzione per l’inottemperanza all’ordine di espulsione e ha ridotto la durata del divieto di rientro in Italia per lo straniero espulso.

Si tratta di norme certamente importanti, ma che comunque non rappresentano un cambio di indirizzo politico in materia, in quanto sono state adottate quasi “sotto dettatura” della Corte di giustizia, per evitare un’infrazione comunitaria. Tanto è vero che, con una scelta che potrebbe altrimenti apparire contraddittoria, lo stesso decreto-legge ha ulteriormente esteso - fino al limite massimo ammesso dalla direttiva, di 18 mesi - il periodo massimo di trattenimento nei CIE, già ampliato - neanche due anni prima - fino a 180 giorni dalla l. 94 del 2009, e nonostante tale estensione si sia rivelata assai poco efficace, essendo del resto noto come l’identificazione dello straniero avvenga generalmente nei primi sessanta giorni di trattenimento, decorsi i quali la detenzione amministrativa si dimostra

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pressoché inutile.

Questa norma presenta, pur a fronte di differenze e peculiarità non irrilevanti, significative analogie con il reato c.d. di immigrazione clandestina: entrambe, infatti, mirano a delineare uno jus singulare, un sotto-sistema giuridico speciale, applicabile solo agli stranieri, in quanto tali e per ciò solo, caratterizzato da deroghe significative a diritti e libertà fondamentali, non giustificate né giustificabili neppure in termini di efficacia rispetto alle (pur discutibili) finalità perseguite, ma unicamente in termini di politica simbolica e performativa. Infatti, come la detenzione amministrativa nei CIE - priva di alcun collegamento con la commissione di un reato e l’accertamento di responsabilità - costituisce un unicum, così il reato di clandestinità finisce con l’incriminare non già un comportamento idoneo a pregiudicare beni giuridici meritevoli di tutela per l’ordinamento, ma un mero status soggettivo.

2. Alle origini del testo unico Turco-Napolitano

Ripercorrendo l’evoluzione delle politiche di regolazione dei flussi migratori in Italia, si ha quindi l’idea di una “corsa al rialzo” (Caputo 2010) nelle misure repressive, nonostante la continua dimostrazione della loro inefficacia. La disciplina dell’immigrazione vigente sino alla fine degli anni Novanta era infatti affidata quasi interamente ad atti amministrativi (circolari e direttive con efficacia normativa o paranormativa e provvedimenti assunti di volta in volta dall’autorità di pubblica sicurezza). La disciplina di rango legislativo era estremamente rarefatta e in particolare – per quanto concerne l’espulsione – limitata ad alcune norme del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS): evidentemente la condizione giuridica dello straniero era soggetta a un potere dotato di ampi margini di discrezionalità.

I mutamenti nel frattempo intervenuti nel tessuto sociale del Paese – progressivamente trasformatosi da Paese di emigrazione in Paese di immigrazione – si sono quindi riflessi nella disciplina prevista dal d.l. 416/1989, convertito, con modificazioni, dalla l. 39/1990 (c.d. legge Martelli) che, se da un lato configurava l’espulsione quale strumento prioritario nella gestione dei flussi migratori, dall’altro sanciva importanti garanzie in favore dei destinatari dei provvedimenti

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di allontanamento. Tra queste, in particolare, la necessaria motivazione del provvedimento espulsivo, che doveva indicare anche i rimedi impugnatori per i provvedimenti negativi, la disciplina del ricorso giurisdizionale, cui era attribuita efficacia sospensiva del provvedimento. Importante era anche il carattere residuale attribuito all’espulsione coattiva con accompagnamento alla frontiera rispetto all’intimazione ad allontanarsi dal territorio dello Stato, che costituiva la modalità ordinaria di esecuzione del provvedimento di allontanamento. Di contro, le norme che sarebbero state emanate successivamente avrebbero progressivamente rovesciato questo rapporto, attribuendo ai provvedimenti espulsivi valori e funzioni diverse (sanzione amministrativa, misura di prevenzione, di sicurezza, sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione).

L’espulsione avrebbe così progressivamente assunto un’assoluta centralità nell’ambito delle politiche di regolazione dei flussi migratori - parallelamente alla moltiplicazione delle tipologie di illecito (di natura sia penale che amministrativo) correlate alla condizione di irregolarità e all’estensione dei presupposti del trattenimento dei migranti, quale modalità del tutto speciale di esecuzione dei provvedimenti di allontanamento, che era stata introdotta in nuce già con il c.d. decreto Dini (d.l. n. 489 del 1995). Il culmine di questa tendenza si sarebbe toccato con i due provvedimenti sulla “sicurezza” della presente legislatura (d.l. 92/2008 e l. 94/2009), che avrebbero qualificato la stessa condizione di irregolarità ad un tempo come aggravante (applicabile a ciascun reato) e come reato autonomo, inasprendo ulteriormente le sanzioni penali già previste in materia e moltiplicando parallelamente le ipotesi in cui è possibile procedere all’espulsione dello straniero.

Ciò, sinché l’entrata in vigore della c.d. direttiva rimpatri (n. 115/2008) e l’interpretazione fornitane dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza El Dridi, avrebbero costretto il legislatore italiano a modificare – con il d.l. 89/2011 - la disciplina in materia, tornando ad attribuire, in particolare, carattere residuale all’accompagnamento alla frontiera, che, da metodo generale di esecuzione dell’espulsione, avrebbe rappresentato un rimedio ammissibile solo in alcune, tassative, ipotesi.

Come sopra accennato, le recenti innovazioni legislative hanno alterato il testo unico sull’immigrazione nella sua versione originaria (d.lgs. 286/1998, c.d. Turco-Napolitano), cui era sottesa una concezione dell’immigrazione quale fenomeno strutturale e non emergenziale e dunque da regolare in una prospettiva di lungo periodo. Esso mirava quindi alla realizzazione di flussi controllati di ingresso regolare, introducendo nel sistema delle quote elementi di flessibilità quali la

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prestazione di garanzia in favore del migrante (sponsor) e l’ingresso per ricongiungimento familiare. Con sent. 62/1994, la Consulta aveva del resto già riconosciuto la legittimità del sistema della programmazione dei flussi, asserendo che la concertazione tra Governo, Parlamento, regioni ed enti locali ben può compiere scelte discrezionali in ordine alla gestione dei flussi migratori, ponderando interessi politico-economici legati alla contingenza delle relazioni internazionali e accordi con singoli Stati.

Il testo unico mirava del resto al contrasto del favoreggiamento e dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina, nel rigoroso rispetto dei diritti della persona e delle garanzie fondamentali, nonché dei principi del diritto internazionale; alla promozione di politiche di integrazione dei migranti (cfr., in particolare, Titoli IV e V del Testo Unico); al contrasto ad ogni forma di discriminazione nei confronti degli stranieri; alla tutela dei minori, in particolare se non accompagnati.

In questa prospettiva, il d.lgs. 286 innanzitutto introduceva il sistema delle quote privilegiate, ovvero una riserva di quote di ingresso destinate ai cittadini dei Paesi a maggiore pressione migratoria irregolare, parallelamente a una serie di accordi di collaborazione con tali Stati per la cooperazione e lo sviluppo, al fine di eliminare le cause, prima ancora degli effetti, di flussi migratori altrimenti difficili da gestire perché troppo imponenti.

Al fine di favorire l’integrazione degli immigrati, il testo unico (e in particolare il titolo V) riconosceva del resto loro taluni rilevanti diritti sociali, segnatamente in materia sanitaria, di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale, prevedendo peraltro, all’articolo 44, la possibilità, per lo straniero che sia vittima di discriminazione, di agire in sede civile a tutela dei propri diritti.

La più rilevante carenza del testo unico riguardava tuttavia la mancanza di misure volte a favorire la regolarizzazione dei soggiorni irregolari, fondate su comportamenti virtuosi (da incentivare, quindi), sulla dimostrazione del grado di integrazione raggiunto, sul decorso del tempo. Di contro, la disciplina degli ingressi – con la previsione di diversi, rilevanti, requisiti e di procedure amministrative complesse e onerose – rendeva estremamente agevole il passaggio dalla condizione di regolarità a quella di irregolarità.

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3. La legge Bossi-Fini

Questi profili del testo unico rivelano un carattere peculiare e peraltro ricorrente nella disciplina dell’immigrazione, ovvero il dualismo che contrappone a misure di integrazione limitate agli stranieri regolari, misure repressive nei confronti degli irregolari. Sarà poi quest’ultimo l’aspetto maggiormente enfatizzato dai provvedimenti normativi emanati successivamente, a iniziare dalla legge Bossi-Fini (l. 189/2002), che ha fortemente irrigidito la disciplina dell’immigrazione, intervenendo su molteplici aspetti, tra cui quello relativo alle condizioni per l’ingresso e quello inerente le misure repressive e sanzionatorie.

Con riferimento al primo profilo, e in particolare alla programmazione dei flussi regolari di ingresso, rileva anzitutto la modificazione - da parte della l. 189/2002 - della norma che garantiva, in caso di inerzia nell’adozione dei decreti governativi che fissano le quote annuali, l’ultrattività delle quote stabilite per gli anni precedenti. Tale previsione consentiva di assicurare, appunto in caso di inerzia del Governo, l’ingresso in condizioni regolari dei migranti. In seguito all’abrogazione di tale norma e all’inerzia da parte del Governo nell’adozione dei decreti relativi alle quote di ingresso, il Ministero del welfare, con una circolare del 2002, , ha intimato di non accogliere le istanze di autorizzazione dei datori di lavoro intenzionati a far entrare regolarmente in Italia lavoratori stranieri.

L’inerzia nell’adozione dei decreti relativi ai flussi, unitamente alla subordinazione della regolarità dell’ingresso alla stipula di un contratto di lavoro hanno chiaramente favorito, in seguito all’entrata in vigore della l. 189/2002, un netto incremento delle pressioni migratorie illegali, ostacolando di fatto l’ingresso regolare nel territorio dello Stato, senza per questo riuscire a ridurre flussi migratori difficilmente condizionabili dai precetti legislativi, in quanto originati dalle tragiche condizioni socio-politico-economiche che caratterizzano i Paesi ad alto tasso di emigrazione. Di più: l’abrogazione operata dalla legge Bossi-Fini dell’ultimo periodo dell’art. 3, comma 4, del testo unico, “ha consegnato al Governo le chiavi d’ingresso nel territorio nazionale: decidendo di non emanare alcun decreto di programmazione dei flussi annuali, il Governo chiude ora le frontiere, a prescindere da qualsiasi previa deliberazione parlamentare. Vigente la norma abrogata, invece, l’omissione governativa veniva colmata in automatico, individuandosi le quote annuali d’ingresso mediante rinvio ai decreti flussi

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dell’anno precedente” (Pugiotto 2009).

La legge n. 189 del 2002 ha inoltre subordinato il conseguimento e la conservazione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro alla stipula di un ‘contratto di soggiorno’, funzionale non certo a garantire al lavoratore migrante le tutele essenziali previste dalla normativa lavoristica interna, quanto invece a gravare il datore di lavoro – sotto la sua responsabilità – degli adempimenti relativi all’alloggio e al rimpatrio dello straniero (Caputo 2010).

Un sistema – quale quello della l. 189/2002 - che esclude la possibilità di entrare regolarmente in Italia per ricercare lavoro, che ha abolito l’istituto dello sponsor (essenziale fattore di flessibilità delle politiche migratorie) e concede solo sei mesi di tempo per trovare una nuova occupazione a chi, avendo soggiornato anche per anni regolarmente nel territorio dello Stato, abbia perso il lavoro; un sistema che riduce ad ipotesi ridottissime le chances di conversione in permesso di soggiorno per lavoro subordinato il permesso acquisito ad altro titolo e che restringe significativamente le possibilità di avvalersi del ricongiungimento familiare, non può che produrre, del resto, clandestinità.

Di tale circostanza doveva essere peraltro consapevole lo stesso Governo di centro-destra che aveva approvato la l. 189/2002, quando ha deciso di disporre, nel 2002, la più ampia regolarizzazione mai realizzata sino ad allora. Si è trattato peraltro di una ‘sanatoria’ fondata su fragili basi, in quanto concepita non già quale occasione per l’emersione dalla clandestinità di stranieri assunti illegalmente e senza garanzia alcuna – sotto il profilo contributivo ed assistenziale, oltre che sul piano del rapporto di lavoro – ma piuttosto quale chance, offerta al datore di lavoro che avesse assunto illegalmente lavoratori migranti, di regolarizzare la propria posizione. Sistema, questo, quantomeno singolare, nella misura in cui fa dipendere il ripristino della legalità dalla discrezionalità (se non dall’arbitrio) di colui che le leggi ha violato; cui è in definitiva attribuito il potere di mutare la condizione giuridica non già del complice, ma della vittima di quelle violazioni, ovvero il migrante, indotto dalla necessità ad accettare un lavoro privo di garanzia alcuna.

Non meno restrittiva e derogatoria dei principi generali in materia penale appare la disciplina dell’espulsione e delle conseguenze sanzionatorie cui la permanenza illegale nel territorio dello Stato espone il migrante. Si pensi, in particolare, all’introduzione dei reati di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore e di permanenza nel territorio dello Stato nonostante il provvedimento espulsivo emesso a seguito della contestazione del primo reato,

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che in una corsa al rialzo delle misure repressive ha (inutilmente) tentato di rendere maggiormente effettive le espulsioni. Con il risultato di creare, attorno allo straniero irregolare, un circuito penal-amministrativo infinito: dal primo provvedimento espulsivo alla contestazione – correlata ad arresto e giudizio direttissimo – della sua inottemperanza; dal conseguente nuovo ordine di espulsione all’incriminazione (aggravata) della permanenza nel territorio dello Stato nonostante tale provvedimento, con il corollario del trattenimento nei centri di permanenza temporanea, finalizzato a sua volta all’esecuzione dell’espulsione.

Le norme penali, sostanziali e processuali, hanno così progressivamente assunto una funzione (meramente) servente alla disciplina amministrativa dell’espulsione e alla sua effettività (fino al paradosso, toccatosi con la l. 94/2009, di configurare come reato lo stesso ingresso e la permanenza irregolari, al fine di beneficiare dell’esenzione, prevista dalla direttiva rimpatri per la sola materia penale, dalle norme comunitarie che impongono di privilegiare modalità non coercitive per l’allontanamento dello straniero). Si pensi alla “costellazione” di reati legati all’inottemperanza al provvedimento espulsivo o, sul versante processuale, al tacito rilascio del nulla osta dell’autorità giudiziaria per l’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale. Le norme penali– in deroga ai principi di sussidiarietà e offensività –sono state insomma previste più al fine di ottenere la collaborazione dello straniero nell’esecuzione della propria espulsione o comunque al fine di agevolare il procedimento di allontanamento, che non per proteggere beni giuridici davvero meritevoli di una tutela così intensa (viste anche le pene previste).

Non meno rilevanti sono poi la previsione - come ordinaria modalità di esecuzione dei provvedimenti espulsivi - dell’accompagnamento coattivo alla frontiera da parte del questore; l’introduzione dell’ulteriore figura dell’espulsione a titolo di sanzione sostituiva o alternativa alla detenzione; l’estensione da trenta a sessanta giorni della durata massima di trattenimento nei centri di permanenza.

Molte delle modifiche apportate al testo unico dalla l. 189/2002 sono state dichiarate illegittime dalla Consulta, in punti di notevole importanza. Si pensi, in particolare, alla sentenza n. 105/2001 sul trattenimento nei centri di permanenza temporanea e soprattutto alla n.222/2004, con la quale la Corte ha censurato le norme che non prevedevano che il giudizio di convalida dovesse volgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera, in ragione del suo carattere limitativo della libertà personale. E nonostante tale intervento della Corte costituzionale, l’art. 3 del d.l.

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144/2005 (c.d. decreto Pisanu) ha previsto, sia pur in via temporanea, la possibilità di eseguire l’espulsione immediata dello straniero sospettato di terrorismo, anche in assenza della convalida giurisdizionale.

Si pensi ancora alla sentenza 223/2004, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. 286/1998, come modificato dalla l. 189/2002, nella parte in cui stabiliva l’arresto obbligatorio in flagranza (e il giudizio direttissimo) per un reato contravvenzionale, cui non erano applicabili misure cautelari, rompendo il nesso – che si vorrebbe inscindibile- tra provvedimento limitativo della libertà personale adottato in via d’urgenza e misure cautelari, almeno se non si intende attribuire all’arresto obbligatorio in flagranza la funzione di ‘misura esemplare’ da applicare solo in quanto fine a se stessa.

Nonostante i correttivi, pur importanti, apportati dalla Consulta, il regime sanzionatorio previsto dal testo unico sull’immigrazione, come modificato dalla l. 189/2002, presenta tuttora caratteri di intrinseca irragionevolezza, denunciati anche di recente dalla stessa Corte, che non ha omesso di sottolineare “gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie” che caratterizzano la disciplina dell'immigrazione, ritenuta, quanto alle norme penali, come 'sproporzionata, squilibrata, disarmonica, violativa dei principi di eguaglianza, proporzionalità della pena e dello stesso finalismo rieducativo di cui all'art. 27 Cost.' (sent. 22/2007).

4. L'immigrazione nei recenti provvedimenti sulla sicurezza

4.1. Il decreto-legge ‘sicurezza’ e la c.d. aggravante di clandestinità

Le recenti innovazioni legislative si sono tuttavia orientate in una direzione del tutto opposta a quella tracciata dalla Consulta, accentuando i caratteri discriminatori delle politiche in materia di immigrazione, ridotta a mera questione di ordine pubblico, se non criminale tout court.

Particolarmente significativa, in tal senso, è la aggravante di clandestinità, ovvero l'aggravante comune – e come tale applicabile ad ogni reato, a prescindere dal bene giuridico tutelato o dalla natura della condotta - fondata sulla mera condizione di irregolarità del soggiorno e neppure, come da alcuni proposto, sulla inottemperanza dello straniero all’ordine di espulsione o allontanamento. Tale

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norma - introdotta dal d.l. 92/2008, convertito con modificazioni dalla l. 125/2008 – è stata dichiarata incostituzionale con sent. 249/2010 - per violazione dei principi di ragionevolezza, offensività e materialità, secondo cui non si può incriminare una persona per ciò che è o pensa di fare, ma solo per ciò che ha fatto, sempre che sia stato violato un bene ritenuto meritevole di tutela per l’ordinamento.

In quanto del tutto sganciata dal reato cui accede e dal suo disvalore, quest’aggravante determina un aggravio di pena sproporzionato rispetto alle finalità di tutela dell’interesse protetto (il controllo delle frontiere), come già sancito dalla Consulta (sent. 22/2007) in relazione alla disciplina dell’immigrazione e, mutatis mutandis, ai reati di mendicità ‘non invasiva’ e ubriachezza abituale (sentt. 519/1995 e 354/2002). L’aggravio di pena correlato alla mera condizione di irregolarità è quindi privo di alcun fondamento, in quanto basato su di una presunzione assoluta di pericolosità sociale che la Consulta aveva già (sent. 78/2007, in relazione al divieto di concessione di misure alternative agli irregolari) ritenuto non desumibile da tale status e per ciò solo, ed attivabile anche quando lo straniero ignori (per colpa) la propria condizione di soggiornante irregolare. Né questo aggravio di pena potrebbe giustificarsi in ragione del fine di meglio consentire il controllo del territorio mediante la regolazione dei flussi migratori, perché del tutto irrilevante rispetto a tale scopo. L’aggravante, insomma, ha una “natura discriminatoria”, non attenuata, ma anzi rinforzata dall’introduzione del cosiddetto reato di clandestinità, in quanto costituisce la premessa per “duplicazioni o moltiplicazioni sanzionatorie, tutte originate dalla qualità acquisita con un’unica violazione delle leggi sull’immigrazione, ormai oggetto di autonoma penalizzazione, e tuttavia priva di qualsivoglia collegamento con i precetti penali in ipotesi violati dal soggetto interessato”. “La qualità di immigrato «irregolare» diventa uno “stigma”, che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto, (…) in base ad una presunzione assoluta, che identifica un «tipo di autore» assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento.”.

Il d.l. 92/2008, che ha introdotto questa aggravante, ha del resto previsto ulteriori, significative modifiche in senso restrittivo alla disciplina dell’immigrazione, agendo su distinti profili. Ha infatti introdotto il reato di cessione di immobile a straniero privo del permesso di soggiorno – con previsione della confisca dell’immobile stesso- così facendo davvero terra bruciata attorno al migrante irregolare. Inoltre, sono state previste alcune specifiche circostanze aggravanti del reato di agevolazione della permanenza illegale dello straniero, con l’aumento della

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pena da un terzo alla metà quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone. Ancora, il decreto ha abbreviato a sette giorni, in luogo dei precedenti quindici, il termine per la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di nulla-osta all’espulsione dello straniero presentata dal questore all’autorità giudiziaria. È stato inoltre trasformato da contravvenzione a delitto (con un significativo incremento delle pene) il reato imputabile al datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso sia scaduto senza che ne sia stato richiesto, nei termini di legge, il rinnovo.

Il decreto-legge ha infine previsto significative modifiche alla disciplina dell’espulsione a titolo di misura di sicurezza (generale: art. 235 c.p. e speciale: art. 312 c.p.), abbassando di molto il limite edittale di pena che ne legittima l’applicazione e non richiedendo espressamente – diversamente da quanto sancito in proposito dall’art. 15 d.lgs. 286/1998 – l’accertamento della pericolosità sociale dello straniero, quale presupposto per l’ammissibilità della misura di sicurezza. E se è vero che l’esigenza di tale accertamento può ricavarsi in via interpretativa da una lettura costituzionalmente orientata della norma (avendo la Consulta sancito l’illegittimità di ogni presunzione di pericolosità sociale), è anche vero che la voluntas legis, o almeno del legislatore storico, sembra diversa, come si evince dai lavori preparatori.

4.2. La legge ‘sicurezza’ e il c.d. reato di clandestinità

Al di là quindi dell'interpretazione adeguatrice che il giudice sarà tenuto a rendere delle norme di cui si è detto, è significativo che il legislatore abbia inteso comunque configurarle come derogatorie rispetto ai principi costituzionali in materia di misure limitative della libertà personale, secondo lo stesso indirizzo di politica del diritto sotteso alle disposizioni previste, in materia di immigrazione, dalla legge 94/2009, recante ‘disposizioni in materia di sicurezza pubblica’.

Anche in questo caso, infatti, si è addotta strumentalmente l'esigenza di contrastare l'immigrazione irregolare per introdurre norme non solo inefficaci rispetto al fine perseguito, ma anche e soprattutto ingiustificatamente punitive, tali da privare i migranti anche dei diritti fondamentali, riconosciuti alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina. Si pensi in particolare all'abolizione del divieto per il personale sanitario di segnalazione all'autorità della condizione di irregolarità del paziente, salvo i casi di obbligatorietà del referto, a parità di

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condizioni con il cittadino italiano; norma opportunamente espunta dal testo finale del disegno di legge. O si pensi alle disposizioni della legge 94/2009, volte a precludere agli irregolari il diritto a contrarre matrimonio – censurate, come vedremo, dalla Corte costituzionale con la sentenza 245/2011 - o a ottenere atti di stato civile.

Significativa, inoltre, è la norma introdotta dalla legge 94/2009, che subordina il rilascio (e il rinnovo) del permesso di soggiorno alla stipula di un 'accordo di integrazione' tra lo straniero e lo Stato, in cui il primo si impegna a conseguire obiettivi di integrazione non meglio specificati, così acquisendo dei “crediti”. La 'perdita dei crediti' determina l'espulsione immediata dello straniero, non sospendibile neppure qualora egli ricorra in giudizio avverso il provvedimento espulsivo. A prescindere dalla dubbia legittimità comunitaria della norma, appare incompatibile con la CEDU, nonché con la Dichiarazione universale dei diritti umani, subordinare il rilascio del permesso di soggiorno (e quindi condizionare il diritto all'emigrazione) alla valutazione (necessariamente discrezionale) da parte dell'autorità amministrativa, del grado di integrazione del soggetto. È infatti evidente che l'integrazione costituisce un percorso complesso, che nessuna autorità amministrativa potrebbe giudicare con precisione se non fornendo pareri del tutto arbitrari, e quindi inevitabilmente discriminatori. Parametri la cui definizione è rimessa al potere regolamentare del Governo, con una previsione di dubbia compatibilità con la riserva di legge (peraltro rinforzata) in materia di disciplina della condizione giuridica dello straniero, di cui all’art. 10 cpv. Cost. e che finisce con il determinare un’ulteriore “precarizzazione” della condizione dello straniero (Caputo 2010).

Ancora, su questo terreno, la legge 94

- ha subordinato il diritto al riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo al superamento di un test di lingua italiana;

- ha previsto una complessiva riformulazione dei reati legati all’inottemperanza all’ordine di lasciare il territorio dello Stato;

- ha limitato il divieto di espulsione e di respingimento degli stranieri conviventi con parenti di nazionalità italiana ai parenti entro il secondo grado (anziché entro il quarto grado, come prima previsto);

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- ha disposto la revoca o il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno nel caso di violazione del divieto di ricongiungimento familiare qualora la persona di cui si chiede il ricongiungimento sia coniugata con un cittadino straniero, regolarmente soggiornante in Italia, ma già coniugato;

- ha previsto, quale causa di diniego del rinnovo o di revoca del permesso di soggiorno l’aver riportato condanne per reati rispetto ai quali l’arresto in flagranza è obbligatorio;

- ha subordinato la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno al versamento di un contributo da fissarsi con decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dell’interno, tra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro;

- ha reso decisamente più restrittive le condizioni per l’ingresso dello straniero in Italia, aggiungendo altre due cause ostative:

o la condanna non definitiva per taluni specifici reati1;

o la condanna definitiva per specifiche violazioni della disciplina del diritto d’autore - relativi prevalentemente alla duplicazione e commercializzazione abusiva di opere dell’ingegno - e in materia di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali e all'introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

La legge 94 ha poi introdotto nuovi requisiti – più restrittivi – per l’ottenimento della cittadinanza italiana a seguito di matrimonio (jure matrimonii) e ha

1 Il primo dei due presupposti per l’ “automatismo espulsivo” citati, ovvero l’avere lo straniero riportato condanna, anche non definitiva, per determinati reati, senza alcun giudizio in concreto sulla pericolosità del soggetto, era stato già sottoposto, nella sua più limitata versione originaria, al vaglio della Consulta, la quale non aveva tuttavia ravvisato violazioni del principio di ragionevolezza, ritenendo anzi che la mancata attribuzione, in capo alla P.A., di un potere discrezionale di apprezzamento in ordine alla pericolosità del soggetto rappresenti un riflesso del principio di stretta legalità; a garanzia, insomma, dello straniero, contro possibili arbitri dell’autorità.

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subordinato la presentazione delle istanze o dichiarazioni concernenti l’acquisto o la perdita della cittadinanza a un contributo pari a 200 euro.

Inoltre, sul terreno delle misure repressive, la legge 94 ha esteso da due a sei mesi il termine massimo di trattenimento nei CIE, prevedendo la possibilità di due ulteriori proroghe, di 60 giorni ciascuna, in presenza di due condizioni (tra loro alternative): mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo; ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi. Di conseguenza, la permanenza complessiva massima, pari in precedenza a 60 giorni è stata prolungata a 180 giorni.

In particolare, la legge ha previsto che il secondo prolungamento di 60 giorni possa essere richiesto qualora non sia possibile procedere all’espulsione in quanto, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, persistano la mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo o i ritardi nell'ottenimento della documentazione dai Paesi terzi. Come già previsto per la prima proroga, anche per le proroghe ulteriori è necessario l’intervento del giudice su richiesta del questore, che può eseguire l'espulsione o il respingimento anche prima dello spirare del nuovo termine di trattenimento. La legge 94 ha peraltro previsto che le modifiche ora descritte alla disciplina del trattenimento nei CIE si applicassero anche agli stranieri già trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione alla data di entrata in vigore del provvedimento. Si sono, insomma, prorogate misure – quali il trattenimento nei CIE – costituenti restrizioni della libertà personale ai sensi dell’articolo 13 della Costituzione (Corte cost., sent. 105/2001), nonostante fossero già in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa.

Nel merito, in relazione ai presupposti della proroga, va rilevato che, secondo la direttiva rimpatri (2008/115/CE), i ritardi nell’ottenimento della documentazione legittimano solo il prolungamento della permanenza, ma non il trattenimento in sé, come invece previsto dalla disciplina italiana. In tal modo quindi si finisce con il legittimare una vera e propria detenzione amministrativa basata anche sulla mera difficoltà nell’accertamento dell’identità legale del soggetto o nell’acquisizione della relativa documentazione, nonostante la sua piena disponibilità alla preparazione del rimpatrio e dunque per un fatto a questi non imputabile, in violazione del principio di personalità della responsabilità (anche amministrativa, non solo penale). La direttiva Ce 2008/115/CE 'migration policy', che si invoca a sostegno, sancisce il carattere di extrema ratio del trattenimento, da adottarsi solo se "non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti, ma meno coercitive"; clausola non prevista dalla nostra legge. Si

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consideri peraltro che in Germania, Regno unito, la detenzione per più di 15 gg. è subordinata alla dimostrazione in giudizio, da parte dell’autorità amministrativa, di avere diligentemente compiuto le operazioni necessarie all’identificazione, non potendosi altrimenti addossare allo straniero le conseguenze della scarsa diligenza dell’amministrazione.

Inoltre, la primazia del bene “libertà personale”, soggetto a limitazione mediante tale forma di detenzione amministrativa, impone l’attuazione di un procedimento di controllo del relativo titolo di legittimazione che sia assolutamente rigoroso, con un contraddittorio pieno, nel quale – come osservato dal CSM - l’amministrazione dovrebbe anche dimostrare di essersi diligentemente attivata presso il paese terzo per ottenere i dati necessari al rimpatrio o all’allontanamento del cittadino. Ancora sulla scorta di quanto osservato dal CSM, si rileva come sarebbe stato preferibile attribuire la competenza relativa alla proroga del trattenimento al tribunale ordinario in composizione monocratica anziché al giudice di pace, vertendosi in materia di privazione della libertà personale. Infatti, come rileva il CSM, mentre “le garanzie costituzionali di indipendenza e di autonomia trovano la loro più completa attuazione nello status ordinamentale del magistrato professionale, caratterizzato dalla non temporaneità e dalla esclusività dell’appartenenza dell’ordine giudiziario, per il giudice di pace, il carattere “onorario” ne caratterizza il profilo ordinamentale e, pur senza accreditarne la figura di “giudice minore” ne evidenzia tuttavia gli aspetti differenziali rispetto alla disciplina ordinamentale del giudice professionale”.

L'estensione della durata massima della detenzione amministrativa nei CIE, dagli attuali 60 a 180 gg., sarebbe del resto non solo di dubbia legittimità costituzionale, ma anche ingiustificata sotto il profilo dell’effettività. Infatti, i lavori della Commissione de Mistura2 hanno dimostrato che i tempi tecnici per l'identificazione dello straniero non superano mai i 60 giorni. La detenzione nei CIE per 6 mesi non avrebbe quindi alcun effetto ai fini di una migliore identificazione del migrante. Pertanto, come si potrebbe giustificare la reclusione (sia pur qualificata come amministrativa) per sei mesi di chi non abbia commesso alcun reato, motivata solo da circostanze estranee alla condotta individuale, quale il ritardo – imputabile non al migrante, ma al Paese d’origine – nell’acquisizione dei documenti?

Ma l’aspetto più significativo della legge 94/2009 è indubbiamente il reato di

2 “Commissione per le verifiche e le strategie dei Centri di permanenza temporanea per immigrati” istituita il 6 luglio 2006 con Decreto del Ministro dell’Interno

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ingresso e soggiorno illegali nel territorio dello Stato3, che, nonostante sia stato ‘derubricato’ da delitto (com’era in origine) a contravvenzione (non oblabile e punita con l’ammenda), solleva ancora diverse perplessità in punto di legittimità costituzionale, di opportunità politica, ma anche di (mera) efficacia. Rispetto a tale reato è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dichiarata, tuttavia, infondata con la sentenza 250/2010. In particolare, il giudice a quo ha ravvisato nel reato in esame una violazione dei principi di materialità e di offensività, in quanto la norma incriminerebbe una mera condizione soggettiva di irregolarità e non, invece, una condotta offensiva di un interesse giuridico meritevole di tutela penale, configurando così un’ipotesi di colpa d’autore o «per il modo di essere dell’agente». La Corte ha tuttavia escluso la fondatezza di questa censura, rilevando come la norma sottoponga a sanzione penale non già un mero status soggettivo, ma due condotte caratterizzate da un proprio disvalore penale, quali l’ingresso in violazione delle disposizioni di legge e l’omesso allontanamento dal territorio dello Stato, nonostante l’irregolarità del soggiorno. Diversamente dall’aggravante c.d. di clandestinità, infatti, lo status di migrante irregolare, lungi dal rappresentare un elemento esterno alla fattispecie, ne costituisce al contrario – ad avviso della Consulta - la «risultante», che «qualifica soggettivamente» l’agente. D’altro canto, secondo la Corte, la norma non violerebbe il principio di offensività in quanto, lungi dal configurare un reato di mera disobbedienza, mirerebbe invece a salvaguardare l’interesse statale al controllo dei flussi migratori, a sua volta preordinato alla tutela di ulteriori beni giuridici meritevoli di protezione. Inoltre, la Corte ha escluso che la norma abbia previsto, nei confronti degli stranieri irregolari, una presunzione assoluta di pericolosità sociale, in ragione della strutturale illiceità che caratterizza la condotta e della sua idoneità a esporre a pericolo il bene protetto. Parimenti infondata è stata ritenuta la censura relativa all’asserita violazione del principio di eguaglianza – riferita all’equiparazione sanzionatoria di due condotte, quali quelle di ingresso illegale e di indebito trattenimento nel territorio dello Stato, assai diverse tra loro – ben potendo il giudice graduare la pena nell’ambito della cornice edittale, in funzione 3 Profilo ben rilevato dal Presidente della Repubblica nella lettera inviata ai Ministri dell’interno e della giustizia il 15.7.2009, con la quale si sono sottolineate talune criticità della legge, pur promulgata (anche senza rinvio alle Camere) per “non sospendere l’entrata in vigore di norme – ampiamente condivise in sede parlamentare – che rafforzano il contrasto alle varie forme di criminalità organizzata”. Tra le norme “di rilevante criticità” citate dal Presidente della Repubblica vi è quella che introduce il reato di ingresso e soggiorno illegali nel territorio dello Stato, rispetto alla quale si rileva come l’attribuzione di tale fattispecie alla cognizione del giudice di pace disegni “un “sottosistema” sanzionatorio non coerente con i principi generali dell’ordinamento e meno garantista di quello previsto per delitti di trattenimento abusivo sottoposti alla cognizione del tribunale”. Si rileva inoltre come per il nuovo reato la pena non possa essere condizionalmente sospesa o patteggiata, mentre “la eventuale condanna non può essere appellata”.

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della gravità del fatto, in concreto, e della pericolosità del suo autore. E’ stata rigettata anche la questione inerente la mancata previsione, in relazione alla norma in esame, della «condizione di punibilità» relativa all’assenza di un «giustificato motivo», prevista invece per la fattispecie, per altri versi analoga, dell’illegale permanenza nel territorio dello Stato (art. 14, comma 5-ter,d. lgs n.286 del 1998), rispetto alla quale tuttavia la Consulta ha rimarcato le differenze e le specificità. In proposito la Corte ha ribadito in primo luogo come tale area possa essere in un certo senso “coperta” dalle scriminanti comuni - tra cui, segnatamente, lo stato di necessità - dall’invocabilità dell’ignoranza incolpevole della legge penale da parte dello straniero, nonché dall’applicabilità del principio secondo cui ad impossibilia nemo tenetur. Inoltre, essendo la competenza in ordine al reato in esame attribuita al giudice di pace – che ha come noto la possibilità di pronunciare l’improcedibilità per la «particolare tenuità del fatto», ex art. 34 del d.lgs n. 274 del 2000 – tale istituto ben può applicarsi alle fattispecie che in concreto siano caratterizzate da un modesto disvalore. Circa, infine, l’asserita violazione del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., la Corte ha osservato che, se esso impone attività di sostegno umanitarie, ciò non esclude tuttavia che lo Stato possa (e anzi debba) disciplinare i flussi migratori.

Un profilo non affrontato dalle ordinanze di rimessione – né, quindi, dalla Corte – è invece quello relativo alla compatibilità del reato di immigrazione irregolare con il principio di sussidiarietà dell’illecito penale, secondo cui la sanzione penale si giustifica solo come extrema ratio, cui ricorrere per tutelare beni giuridici dotati di significativa rilevanza sociale e di copertura costituzionale (almeno implicita), e sempre che non siano sufficienti misure (es. amministrative) meno invasive e ‘violente’ di quella penale. Ora, è difficile ritenere che l’interesse protetto dal reato di ingresso clandestino (e cioè il controllo delle frontiere da parte dello Stato e la gestione dei flussi migratori) - privo peraltro di copertura costituzionale diretta – non possa essere tutelato con la sanzione amministrativa. Tali considerazioni sembrano peraltro avvalorate dalla giurisprudenza della Consulta in materia, che pur ammettendo la sussistenza di un “interesse generale ad un razionale ed efficiente controllo dell’immigrazione” (sent. 161/2000) ha avuto modo di rilevare come “per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia dell’immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale” (sent. 105/2001).

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Il procedimento previsto per l’accertamento del reato in esame contrasta peraltro con il diritto alla difesa (che, in quanto diritto inviolabile della persona – e non del cittadino - deve essere riconosciuto anche agli stranieri, pur se irregolari, a prescindere dalla cittadinanza: cfr., ad es., Corte cost., sent. 222/2004, nonché art. 2, commi 1 e 5, d.lgs. 286), in quanto attribuisce valore di condizione di improcedibilità all'ottemperanza, da parte dell’indagato, a un provvedimento amministrativo quale l'espulsione. Ciò rischia di contrastare con la presunzione di innocenza e con il diritto di difesa, perché impedisce all’indagato di dimostrare la propria innocenza, così da ottenere un proscioglimento nel merito a seguito dell'accertamento dell'infondatezza dell'imputazione. Infine, l'introduzione del reato in esame sarebbe difficilmente compatibile con lo jus migrandi sancito quale libertà fondamentale dall’art. 16, ultimo comma e 35, quarto comma, Cost., nonché dall´art. 13 cpv. della Dichiarazione Universale dei diritti dell´uomo (se inteso nell´accezione pregnante di diritto di circolazione transnazionale, e non quale mero diritto alla fuga), almeno nei casi di emigrazione necessitata da ragioni di salvaguardia della propria incolumità, cui tuttavia non sempre potrebbe applicarsi la scriminante dell'art. 54 c.p..

Sul piano dell’efficacia, inoltre, a parte l'aggravio del contenzioso giudiziario che la norma determina, sembra che essa non muti nulla nella strategia di contrasto all'immigrazione irregolare. Gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale sono infatti colpiti, come avveniva prima, dal provvedimento amministrativo dell'espulsione - che ha effetto quando è possibile identificare lo straniero e sempre che questi non sia inespellibile - ma comunque anche in questo caso si deve attivare la macchina giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale e, in un secondo momento, ai fini della declaratoria di non luogo a procedere. Tali considerazioni dimostrano come anche sul piano dell’efficacia il reato di ingresso clandestino non rappresenta una soluzione al problema.

Il reato di cui all’art. 10-bis del testo unico immigrazione è stato recentemente modificato dal d.l. 89/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. 129/2011, emanato al fine di espungere (alcuni dei) profili di più evidente incompatibilità del testo unico con la c.d. direttiva rimpatri (n. 115/2008), come interpretata dalla Corte di giustizia (cfr. sent. El Dridi, 28 aprile 2001, C-61/11, da cui peraltro discende(va) l’obbligo, per il giudice nazionale, di disapplicare il reato di inottemperanza all’ordine di allontanamento di cui all’art. 14 comma 5-ter del testo unico, nel testo precedente al citato decreto). In particolare, con il d.l. 89 si è escluso dal reato di ingresso e permanenza irregolari nel territorio dello Stato

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l’ipotesi relativa allo straniero identificato dalla polizia di frontiera che esca dal territorio nazionale (al fine di incentivare - in attuazione dell'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva - l'esodo volontario degli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale).

4.3. Il decreto Maroni e il trattenimento nei CIE fino a 18 mesi

Se – come accennato – molte delle norme introdotte dai recenti provvedimenti in materia di immigrazione (dalla configurazione dei reati di inottemperanza all’ordine di espulsione all’aggravante di clandestinità) sono state dichiarate illegittime dalla Consulta, alcuni elementi centrali della disciplina penale prevista dal testo unico sull’immigrazione sono stati dichiarati incompatibili con il diritto dell’Unione europea dalla Corte di giustizia.

Con la sentenza El Dridi (C-61/11) del 28 aprile 2011, in particolare, i giudici di Lussemburgo hanno statuito – in risposta a un quesito pregiudiziale di interpretazione sottopostole dalla Corte d’Appello di Trento – che “la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo”4. In particolare, la Corte ha statuito che «gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente all’art. 8 n. 4» della direttiva rimpatri «una pena detentiva come quella prevista dall’art. 14, comma 5 ter … solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio 4 Su tema analogo, ancorché in relazione a norma francese, cfr. anche Corte di giustizia, Grande Sezione, sentenza 6 dicembre 2011, causa C-329/11, secondo cui “gli Stati membri possono prevedere, nel proprio ordinamento, l’applicazione di sanzioni penali, quali la reclusione, nei confronti di immigrati irregolari che non intendono lasciare il territorio dello Stato Ue volontariamente, ma non possono imporre detta misura se la durata massima del trattenimento non è stata ancora superata. Sono contrarie alla direttiva Ue le misure nazionali che ritardano o impediscono l’effettiva applicazione della misura di allontanamento soprattutto nei casi in cui la misura detentiva sia irrogata durante la procedura di rimpatrio. Nel rispetto dei diritti fondamentali, gli Stati possono applicare sanzioni penali per i soggiornanti irregolari se non esiste un giustificato motivo che preclude il rimpatrio”.

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nazionale».

Nella citata sentenza, la Corte di giustizia aveva affermato peraltro che gli Stati membri – pur mantenendo la propria discrezionalità in ordine alla scelta delle misure, anche di natura penale, ritenute più idonee ad assicurare l’allontanamento degli stranieri irregolari – devono comunque favorire il rimpatrio volontario, evitando ogni forma di automatismo nella previsione e nell’applicazione di misure detentive. In particolare, ai sensi dell’art. 8, § 4 della direttiva, ove gli Stati membri ricorrano - in ultima istanza - a misure coercitive per allontanare un cittadino di un Paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non devono eccedere un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive devono essere attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel rispetto della dignità e dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.Tale principio – che permea l’intera direttiva 2008/115/CE – era di fatto assente dal testo unico sull’immigrazione italiano, fondato, come abbiamo visto, principalmente su modalità coercitive di allontanamento dello straniero irregolare e sul principio (proclamato con enfasi inversamente proporzionale alla sua attuazione: Pisa) secondo cui «l’espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica» (così l’art 13, quarto comma, T.U.).

In particolare, la direttiva prevede quale modalità da preferire per l’allontanamento dello straniero la “partenza volontaria”, previo riconoscimento di un termine congruo per adempiere, che va da 7 a 30 giorni - prorogabile per specifiche esigenze, tra le quali si segnala la necessità di non interrompere la frequenza scolastica del minore – e suscettibile, al contrario, di riduzione o addirittura di negazione in presenza di rischio di fuga o pericolosità per l’ordine pubblico (art.7,§§ 1, 2 e 3). Durante il periodo riconosciuto allo straniero per l’adempimento al provvedimento di allontanamento, sono ammesse misure volte a evitare il rischio di fuga. La direttiva sancisce inoltre il carattere residuale del ricorso a misure coercitive per l’allontanamento e prevede l’ammissibilità del trattenimento dello straniero solo quando – fermi restando ulteriori, specifici, presupposti – altre misure meno afflittive non siano idonee ad effettuare il rimpatrio (art.15, §1), non potendo comunque protrarsi per più di sei mesi, prorogabili al massimo per altri dodici mesi in presenza di talune, determinate, condizioni eccezionali. La direttiva prevede infine la liberazione dello straniero non solo qualora non sussistano più i presupposti per il trattenimento, ma anche «quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento

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per motivi di ordine giuridico o per altri motivi” (art. 15, § 4).

Al fine di conformare l’ordinamento italiano alla disciplina europea, così interpretata, il d.l. 89/2011 (il diciottesimo decreto-legge, a partire dal d.l. 416/1989, in materia di immigrazione!) ha quindi previsto, tra l’altro, la possibilità – salvo ricorrano i presupposti per l'accompagnamento immediato alla frontiera – per lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione, di tornare volontariamente nel Paese di provenienza, previa dimostrazione della disponibilità di risorse economiche sufficienti e - si precisa, invero in maniera superflua – derivanti da fonti lecite, nonché previa “concessione” (così, con espressione significativamente paternalistica) di un termine compreso tra 7 e 30 giorni. Nell’attuazione di tali norme, sarà ovviamente dirimente il grado di informazione - che verrà fornita allo straniero da parte della questura, mediante apposite schede informative- in ordine al diritto a richiedere un termine dilatorio per la partenza volontaria.

Inoltre, la durata del divieto di rientro in Italia per lo straniero espulso – prima fissata in dieci anni - è stata ridotta da tre a cinque anni, salvo taluni casi in cui il termine può essere superiore. Si è inoltre prevista la possibilità di revoca del divieto di reingresso – su istanza dello straniero stesso –nel caso di allontanamento volontario.

Parimenti condivisibile è la previsione dell’attuazione, da parte del Ministero dell’interno- nei limiti delle risorse disponibili del Fondo rimpatri di cui all’art. 14 bis T.U., anche in collaborazione con organizzazioni internazionali, intergovernative, enti locali e privato sociale - di programmi di rimpatrio volontario e assistito, dei quali tuttavia non potrà beneficiare chi ne ha già beneficiato; il destinatario di espulsione da eseguirsi con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, nei casi in cui l’espulsione è disposta per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato o per pericolosità sociale, se non ha osservato il termine per la partenza volontaria; né se trattasi di straniero a rischio di fuga, nei casi di inottemperanza ai provvedimenti emessi nel termine concesso per la partenza volontaria; il destinatario di un provvedimento di espulsione come sanzione penale o come conseguenza di sanzione penale.

L’ammissione al programmi determina la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di respingimento differito, dell’espulsione e dell’ordine questorile, determinando altresì la sospensione dell’efficacia delle misure eventualmente adottate dal questore. L’avvenuto rimpatrio determina, per altro verso, il proscioglimento dell’imputato del reato di immigrazione irregolare. Viceversa, la

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sottrazione al programma determina l’eseguibilità del provvedimento espulsivo con modalità coattive.

Per altro verso, in ossequio alla giurisprudenza della Corte di giustizia, lo stesso decreto ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria quale sanzione per l’inottemperanza all’ordine di espulsione.

Circa le modalità di esecuzione del provvedimento di allontanamento, il decreto n. 89 ha imposto – conformemente a quanto sancito in proposito dalla direttiva 2008/115 – anzitutto una valutazione caso per caso, che dovrebbe quindi tener conto delle peculiarità del soggetto da espellere ai fini della scelta dei tempi e dei modi mediante i quali eseguire il provvedimento. E’ da ritenere che, in presenza di condizioni personali tali da impedire la sollecita esecuzione del provvedimento, allo straniero possa essere rilasciato dal questore il permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui all’articolo 5, comma 6, del testo unico.

In linea generale, viene previsto che «il respingimento o l’esecuzione dell’espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate».

Si tratta di un recepimento minimale delle disposizioni della direttiva, nella misura in cui non contiene alcuna prescrizione vincolante in ordine alle garanzie da riconoscere a tali soggetti vulnerabili, rimettendone integralmente l’attuazione all’autorità amministrativa, cui è attribuita ijn materia un’eccessiva discrezionalità.

Si è inoltre previsto – quale modalità di esecuzione del provvedimento di allontanamento - l’accompagnamento coattivo alla frontiera solo in caso di: espulsione disposta dal ministro dell’Interno; pericolosità dello straniero; rischio di fuga (desunto da ipotesi quali: mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso di validità; mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato; avere in precedenza dichiarato o attestato falsamente le proprie generalità); domanda di permesso di soggiorno respinta perché manifestamente infondata o fraudolenta; inosservanza del termine per la partenza volontaria; espulsione disposta come sanzione penale o conseguenza di questa.

Come si è visto, dunque, sono state introdotte talune ipotesi di presunzione di sussistenza del pericolo di fuga (modulate essenzialmente su quanto previsto dalla

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circolare del Capo della polizia del 17 dicembre 2010) o di violazione dell’ordine pubblico, quali ad esempio il mancato possesso, da parte del migrante, di documenti identificativi ovvero di documentazione idonea a dimostrare la disponibilità di un alloggio. Sul punto, va rilevato in primo luogo come tale sistema presuntivo appaia di dubbia compatibilità con la direttiva rimpatri. Essa, infatti, non solo qualifica come ordinaria modalità di esecuzione del provvedimento di rimpatrio quella volontaria (che invece nella disciplina italiana appare residuale), ma soprattutto ammette il ricorso a modalità coercitive unicamente in base a una valutazione individualizzata relativa allo specifico caso, e non, quindi, secondo previsioni astratte o presunzioni legali, siano esse assolute o relative. Analogo contrasto si rileva in ordine alle conseguenze ricondotte dal decreto-legge alla mancanza di documenti da parte dello straniero: ipotesi, questa, che la direttiva considera quale presupposto per l’adozione di misure dirette a evitare sì il rischio di fuga, ma durante il periodo concesso per la partenza volontaria.

Peraltro, la mancata disponibilità del passaporto non sempre costituisce un indice ‘affidabile’ di pericolo di fuga, potendo dipendere da causa del tutto indipendenti dalla volontà dello straniero (come nel caso del ritardo nel rinnovo, imputabile all’autorità consolare).

La disciplina delle ipotesi in cui si procede all’allontanamento coattivo sembra quindi dimostrare l’intenzione del legislatore italiano di restringere il più possibile l’ambito di applicazione delle norme di garanzia per lo straniero contenute nella direttiva rimpatri, escludendo il ricorso alla partenza volontaria in tutti i casi in cui il pericolo di fuga o la violazione dell’ordine pubblico siano presunti.

In ordine alla disciplina del trattenimento, sono state previste diverse innovazioni., In primo luogo, si è previsto che, in alternativa al trattenimento presso un CIE, il questore possa disporre, nei confronti dello straniero munito di passaporto o documento equipollente valido, le misure (soggette a convalida da parte del giudice di pace, cui il provvedimento deve essere trasmesso entro 48 ore dall’adozione, potendole confermare, revocare o modificare, entro le successive 48 ore) della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora, dell’obbligo di presentazione presso uffici della forza pubblica, sempre che il soggetto non rientri in taluna delle categorie di pericolosità normativamente tipizzate.

A fronte di questa previsione, il decreto-legge ha tuttavia previsto innovazioni di segno contrario, che - contribuendo ad estendere non solo la durata del trattenimento, ma anche le ipotesi in cui è legittimo il ricorso a tale forma di

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detenzione amministrativa - hanno finito per attribuire all’istituto del trattenimento funzioni in certa misura equivalenti a quelle assolte dalla sanzione penale detentiva prima prevista per alcune fattispecie ed ora, invece, sostituita dalla pena pecuniaria, in adempimento a quanto sancito dalla sentenza El Dridi.

Dunque, in ordine al trattenimento il d.l. 89/2011 ha, in primo luogo, esteso le ipotesi in cui è possibile ricorrere al trattenimento, facendo riferimento genericamente a “situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento”. A prescindere dalla carente tassatività della locuzione utilizzata (in contrasto con il principio di stretta legalità cui soggiace la disciplina delle misure limitative della libertà personale), la nuova previsione non appare conforme a quanto previsto dalla direttiva, in quanto, diversamente da quest’ultima, legittima il trattenimento anche in presenza di ostacoli all’allontanamento non riconducibili alla volontà dello straniero.

In secondo luogo, il d.l. 89/2011 ha ulteriormente esteso - fino al limite massimo ammesso dalla direttiva, di 18 mesi - il periodo massimo di trattenimento nei CIE, già ampliato, neanche due anni prima, fino a 180 giorni, dalla l. 94 del 2009. Con il d.l. 89 si è così disposto che, qualora dopo 180 giorni di trattenimento nei CIE, non sia stato possibile procedere all’allontanamento per mancata cooperazione al rimpatrio, il questore possa richiedere al giudice di pace (ordinariamente non aduso a giudicare de libertate) ulteriori proroghe di 60 giorni «fino ad un termine massimo di ulteriori dodici mesi». In alternativa, il questore ordina allo straniero “di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni, qualora non sia stato possibile trattenerlo in un CIE, ovvero la permanenza presso tale struttura non ne abbia consentito l’allontanamento dal territorio nazionale». La violazione dell’ordine, ai sensi del comma 5-ter, è punita, salvo che sussista il giustificato motivo, con la sanzione penale della multa, sebbene in vista del nuovo procedimento espulsivo non sembrerebbe ammissibile un ulteriore trattenimento, con nuova decorrenza dei termini, a pena di una palese violazione dell’articolo 15, § 4, della direttiva.

Nel disciplinare il trattenimento, il legislatore nazionale non ha peraltro introdotto l’istituto (in certo senso speculare alle proroghe) del riesame della misura, funzionale ad adattare – anche su istanza di parte - i provvedimenti relativi al trattenimento alle eventuali esigenze sopravvenute o comunque alle modifiche delle circostanze che ne hanno giustificato l’applicazione, anche al fine di disporre la revoca della misura qualora venga a mancare ogni prospettiva ragionevole di

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allontanamento, ai sensi dell’articolo 15, § 4, della direttiva.

5. I diritti di libertà

Se il legislatore, come abbiamo visto, dal 2002 ad oggi ha progressivamente esteso le misure limitative dei diritti – anche fondamentali: si pensi al matrimonio – dei migranti, è stato compito della Consulta ribadire l’incomprimibilità di alcuni di essi (che costituiscono il “nocciolo duro” dei diritti di libertà) o quantomeno del loro nucleo essenziale, quali diritti sanciti dalla Costituzione e dallo jus cogens a tutela della persona; non già del solo cittadino.

In particolare, in linea generale, la Corte ha affermato che, se è vero che l’art. 3 Cost. si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero “quando trattasi di rispettare quei diritti fondamentali” (Corte cost., sentt. 120/1967, 199/1986 e 62/1994) e cioè quel nucleo essenziale di diritti che prescindono non solo dalla cittadinanza, ma anche dalla condizione di regolarità del soggiorno, e che vanno dalla libertà personale alla presunzione di innocenza; dalla libertà di espressione alla libertà di culto; dal diritto alla salute al diritto alla vita e alle relazioni familiari; dal diritto di difesa al diritto alla tutela giurisdizionale. Se quindi è il principio di eguaglianza (rispetto al cittadino) a regolare la condizione giuridica dello straniero per quanto concerne la titolarità dei diritti fondamentali, l’esercizio di tali diritti può essere diversamente modulato – secondo la Consulta - in ragione della cittadinanza, purché in modo ragionevole e al fine di salvaguardare interessi meritevoli di tutela (si pensi, in particolare, all’ordine e alla sicurezza pubblici): cfr. sentt. 62/1994, 252/2001 e 148/2008. E fermo restando, in ogni caso, il rispetto del nucleo essenziale di ciascun diritto fondamentale (cfr., per il diritto alla salute, Corte cost., sent. 252/2001, secondo cui esiste un “nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto”).

Lo stesso testo unico sull’immigrazione garantisce la tutela dei “diritti fondamentali della persona umana” agli stranieri comunque presenti sul territorio nazionale, sancendo in capo a costoro il diritto a un trattamento pari a quello

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previsto per i cittadini, in particolare relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (cfr. art. 2, commi 1 e 5). Tuttavia, proprio su questo punto si è registrata una profonda frattura tra titolarità formale del diritto e suo effettivo esercizio, essendo state recentemente approvate norme (dalla legge Bossi-Fini al decreto-legge 92/2008 alla legge 94/2009) volte a limitare – fino quasi a negare – in concreto la possibilità per lo straniero (a fortiori se irregolare) di difendersi in sede giurisdizionale, partecipando a un “fair trial” alle stesse condizioni previste per il cittadino italiano. Molte di queste norme sono state dichiarate illegittime dalla Consulta (v. sent. 222/2004), che ha anche, in più occasioni, rivolto moniti al legislatore a non ridurre le politiche per l’immigrazione a “mere esigenze di ordine e sicurezza pubblica” (cfr., ad es., sent. 22/2007, nonchè 105/2001; 35/2002; 5, 80 e 302/2004; 386/2006; 250/2010). Paradigmatica, in questo senso, è la citata sent. 249/2010, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della c.d. aggravante di clandestinità di cui all’articolo 61, comma 1, n. 11-bis c.p. (introdotto dal d.l. 92/2008), applicabile a qualsiasi reato a prescindere da ogni legame con la condotta, purché commesso da un soggetto irregolarmente soggiornante sul territorio dello Stato. La Corte ha quindi censurato tale inasprimento sanzionatorio, in quanto discriminatorio e fondato – sul paradigma della colpa d’autore - su di una mera condizione personale anche del tutto estranea al reato-base (una sorta di responsabilità oggettiva o per la condotta di vita), più che su di una circostanza oggettiva espressiva di per sé di disvalore penale.

Per quanto concerne, più in particolare, il favor libertatis e dunque la residualità e stretta necessità delle misure limitative della libertà personale, si pensi, ad esempio, alla sent. n. 223 del 2004, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. 286/1998, come modificato dalla l. 189/2002, nella parte in cui stabiliva l’arresto obbligatorio in flagranza (e il giudizio direttissimo) per un reato contravvenzionale, cui non erano applicabili misure cautelari, rompendo il nesso – che si vorrebbe inscindibile- tra provvedimento limitativo della libertà personale adottato in via d’urgenza e misure cautelari, almeno se non si intende attribuire all’arresto obbligatorio in flagranza la funzione di ‘misura esemplare’ da applicare solo in quanto fine a se stessa. La Consulta ha quindi ribadito come – anche sul terreno della disciplina dell’immigrazione - le misure limitative della libertà personale debbano rappresentare in ogni caso un’extrema ratio da prevedere solo ove indispensabili.

Circa la garanzia di diritti inviolabili quali la libertà personale e il diritto alla

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difesa, particolarmente importante appare la sentenza 222/2004, con la quale la Corte ha censurato le norme che non prevedevano che il giudizio di convalida dovesse volgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera, in ragione del suo carattere limitativo della libertà personale. Ciò, evidentemente, al fine di consentire allo straniero di potere esercitare appieno il proprio diritto di difesa e di garantire, ad un tempo, che le misure limitative della libertà personale siano autorizzate dal giudice, come previsto dall’art. 13 Cost.

Ancora, la Corte ha ribadito la centralità del principio di colpevolezza in molte delle fattispecie penali previste dal testo unico, suscettibili per loro stessa struttura di sanzionare altrimenti una mera ‘disobbedienza’ non lesiva di alcun bene giuridico e imputabile a un soggetto che non avrebbe potuto agire altrimenti. Si pensi, ad esempio, alla sentenza 5/2004 della Consulta, che ha ricondotto alla scriminante del ‘giustificato motivo’ - che, ai sensi dell’art. 14, c. 5-ter d.lgs. 286/1998, esclude il reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato – non solo le esigenze di tutela richiamate dall’art. 14,c.1 (necessità di soccorso dello straniero; difficoltà nell’acquisizione dei documenti di viaggio; indisponibilità del vettore o di un idoneo mezzo di trasporto), ma anche condizioni soggettive meritevoli di considerazione, quali la ”nullatenenza” del migrante, tale da impedirgli di raggiungere gli uffici di frontiera o di acquistare il biglietto di viaggio, ovvero fattori indipendenti dalla condotta o dalle condizioni soggettive dello straniero, quali ad esempio il mancato rilascio dei documenti da parte dell’autorità diplomatica. Tale causa di esclusione del reato è stata dalla Corte significativamente definita «“valvola di sicurezza” del meccanismo repressivo>>, idonea a evitare che “la sanzione penale scatti allorché – anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione – l’osservanza del precetto appaia concretamente “inesigibile” in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo (…), in un ragionevole bilanciamento tra l’interesse pubblico all’osservanza dei provvedimenti dell’autorità, in tema di controllo dell’immigrazione illegale, e l’insopprimibile tutela della persona umana». La stessa scusante è stata di recente valorizzata dalla Corte, che con la sentenza 359/2010 ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 5-quater, del testo unico, come modificato dalla legge 94/2009, nella parte in cui non dispone che l’inottemperanza all’ordine di allontanamento impartito dal questore allo straniero già condannato per una simile inottemperanza e di cui al precedente comma 5-ter, sia punita, in analogia a quanto previsto per la prima

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inottemperanza, nel solo caso che abbia luogo senza giustificato motivo. A fortiori in relazione a queste fattispecie caratterizzate da ridotta offensività, dunque, il legislatore non può sanzionare comportamenti dettati dall’impossibilità per lo straniero di agire altrimenti.

Non meno importanti le conclusioni cui è giunta – sul terreno della libertà matrimoniale - la sentenza 245/2011della Consulta, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano». La sentenza ha cioè dichiarato lesiva della libertà matrimoniale (che, in quanto libertà fondamentale, spetta alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina) – peraltro, sia degli stranieri sia, reciprocamente, dei cittadini italiani - la norma che imponeva allo straniero che intendesse contrarre matrimonio in Italia di produrre un documento che ne attestasse la regolarità del soggiorno. In tale contesto, la Corte ha avuto modo di ribadire, tra l’altro, che “i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (sent. 249/2010, citata dalla sent. 245/2011). In particolare, la Corte ha ritenuto “non proporzionato” all’esigenza di «garantire il presidio e la tutela delle frontiere ed il controllo dei flussi migratori (…) il sacrificio imposto – dal novellato testo dell’art. 116, primo comma, cod. civ. – alla libertà di contrarre matrimonio non solo degli stranieri ma, in definitiva, anche dei cittadini italiani che intendano coniugarsi con i primi», in quanto “una generale preclusione alla celebrazione delle nozze, allorché uno dei nubendi risulti uno straniero non regolarmente presente nel territorio dello Stato, rappresenta uno strumento non idoneo ad assicurare un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diversi interessi coinvolti nella presente ipotesi, specie ove si consideri che il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (..) già disciplina alcuni istituti volti a contrastare i cosiddetti “matrimoni di comodo”. La Corte ha infine ritenuto in contrasto con la Carta di Nizza e la Convenzione EDU la “previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio”, recependo quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 14 dicembre 2010, O’Donoghue and Others v. The United Kingdom, secondo cui il margine di apprezzamento riservato agli Stati non può estendersi

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fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, a un diritto fondamentale garantito dalla Convenzione EDU, qual è il diritto a contrarre matrimonio (art. 12 della Convenzione).

5.1. Libertà ed emergenze

Significative limitazioni ai diritti fondamentali degli stranieri sono state introdotte anche con lo strumento delle ordinanze di protezione civile, che potendo derogare anche a norme di legge, rappresentano spesso lo strumento attraverso il quale privare gli immigrati di garanzie essenziali. Si pensi alle ordinanze 30 maggio 2008, nn. 3676, 3677 e 3678, con le quali il Presidente del Consiglio dei Ministri ha dettato disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi in alcuni territori. Tali ordinanze - dichiarate peraltro illegittime nella parte in cui attribuivano all’autorità amministrativa significativi poteri idonei a incidere anche su diritti e libertà fondamentali: si pensi all’obbligo di identificazione e fotosegnalamento anche dei minori presenti nei campi, in violazione della disciplina sulla privacy – sottendevano una sorta di diffidenza verso gli stranieri, intesi e rappresentati come estranei, titolari di diritti ‘affievolibili’ anche con atti di natura amministrativa. Ma la tendenza alla limitazione dei diritti di libertà degli stranieri si avvale, nel nostro ordinamento, anche di uno strumento più sottile e pericoloso: i provvedimenti contingibili e urgenti che i sindaci possono emanare, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. 267/2000 (come modificato dal d.l. 92/2008 e pur “corretto” dalla sentenza 115/2011 della Consulta), “al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”, producendo così una sorta di “razzismo federale” (Manconi-Resta 2010). L’ampiezza e la genericità delle categorie delineate dalla norma ha favorito una prassi (indubbiamente illegittima e come tale censurata in sede giurisdizionale) volta a utilizzare tale potere di ordinanza al fine di introdurre – su base territoriale - misure limitative dei diritti di libertà (ma anche dei diritti sociali) per i soli stranieri, quali, ad esempio, il divieto di iscrizione all’anagrafe degli stranieri con precedenti penali e con un reddito inferiore all’importo dell’assegno sociale; i limiti al riconoscimento dell’abitabilità degli edifici; divieto di erogazione del bonus bebè alle famiglie immigrate; le norme anti-kebab, anti-burqa e anti-burqini (il costume da bagno islamico unito al velo); il limite massimo del 30% di stranieri in ogni palazzo; il divieto di tenere riunioni pubbliche in lingue diverse da quella italiana; preavviso di almeno trenta giorni all'autorità locale di pubblica sicurezza per «chi

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promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose aperte al pubblico, fuori dai luoghi destinati al culto»; il divieto di sosta in comune per “nomadi e zingari”; preclusione, per i non professanti la religione cristiana, di accedere ai luoghi di culto, “vista la necessità di salvaguardare i valori cristiani dalla incessante contaminazione di altre religioni”.

6. I diritti sociali

Gli interventi della Corte costituzionale non si sono del resto limitati a ribadire l’incomprimibilità del nucleo essenziale dei diritti di libertà, ma hanno anche riconosciuto ai migranti taluni diritti ‘sociali’ necessari alla loro integrazione, ribadendone l’inerenza alla persona in quanto tale e non soltanto al cittadino: dal diritto alla salute a quello all’istruzione – presupposto per una reale affermazione del principio di eguaglianza; dal diritto al ricongiungimento familiare – applicabile anche in relazione alla filiazione naturale, in quanto espressione del diritto fondamentale alla tutela delle relazioni familiari – a quello di fruire, in pari condizioni rispetto al cittadino, delle politiche di promozione del lavoro come il collocamento obbligatorio a favore dei lavoratori invalidi o alle prestazioni previdenziali o assistenziali fondamentali come la pensione d’invalidità o l’indennità di accompagnamento per difficoltà di deambulazione, riconosciuta agli stranieri lungo-soggiornanti anche a prescindere dai requisiti reddituali (in tal senso, Corte cost., sent. 306/2008).

La Corte ha avuto modo, in particolare, di pronunciarsi sulle norme succedutesi a partire dalla l. 189/2002, che hanno progressivamente ridotto l’ambito dei diritti sociali riconosciuti ai migranti: si pensi, ad esempio, alla l. 189/2002, che ha precluso l’accesso alle misure di integrazione sociale agli stranieri irregolari (art. 40 c.1bis, testo unico) o alla l. 94/2009, che tra l’altro ha introdotto un obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell'accesso ai servizi (sanità e scuola dell'obbligo escluse) e del conseguimento degli atti di stato civile; norma, questa, in via di prassi almeno circoscritta, escludendo gli atti riguardanti la nascita e il riconoscimento di filiazione, precisando la circolare del Ministero dell’interno n. 19 del 7 agosto 2009 che si tratta «di dichiarazioni rese anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».

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Tali provvedimenti sono del resto intervenuti su di un tessuto normativo, quale quello del testo unico, che pure modula il riconoscimento dei diritti sociali in base al tipo e alla durata del titolo di soggiorno di cui lo straniero dispone, salva la tutela dei “diritti fondamentali della persona umana” (art. 2, primo comma) – quali le cure mediche di cui all’art. 35, c. 3, e l’obbligo scolastico per i minori ex art. 38 – riconosciuta a prescindere dalla condizione di soggiorno.

Tra i diritti sociali limitati ai soli stranieri regolari si annoverano, in particolare, l’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale (art. 34, c.1 e 2), l’accesso ai corsi universitari (art. 39) e all’edilizia residenziale pubblica (art. 40, c.6).

Per quanto concerne, in particolare, il diritto alla salute, il testo unico, oltre a prevedere un titolo di soggiorno ad hoc per cure mediche (art. 36), ha modulato il grado di accesso all’assistenza sanitaria per gli stranieri in base alla regolarità e alla durata del soggiorno, distinguendo tra obbligo di iscrizione al S.S.N.; scelta tra iscrizione al S.S.N. o stipula di un’assicurazione privata; mancata iscrizione o non iscrivibilità al S.S.N., garantendo comunque, anche agli stranieri irregolari,«le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali,ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva» (art. 35, c.3) e prevedendo «che l'accesso alle strutture sanitarie non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano» (art. 35, c.5). Norma, questa, che si era proposto di abrogare nel corso dell’esame del ddl AS 733 (poi legge 94/2009), con il rischio di privare del diritto alla salute gli stranieri irregolari, che avrebbero potuto rinunciare finanche alle cure essenziali pur di non vedere denunciata la propria condizione di irregolarità.

Il nucleo essenziale di un diritto fondamentale quale quello alla salute non potrebbe del resto non essere garantito a prescindere dalla regolarità del soggiorno: come ribadito dalla Consulta con la sentenza 252/2001: infatti, «per quanto il diritto ai trattamenti sanitari“è "costituzionalmente condizionato" dalle esigenze di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti”, sussiste comunque, la garanzia di "un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l'attuazione di quel diritto» Nella specie, la Corte ha rimesso l’individuazione delle prestazioni urgenti ed essenziali all’apprezzamento, caso per caso, del medico, di cui si dovrà tener conto anche in sede di convalida giudiziale

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del provvedimento di espulsione, modulando il bilanciamento tra interessi di ordine pubblico e diritto alla salute del migrante secondo le concrete esigenze del caso.

Circa l’assistenza sociale, l’art. 41 del testo unico equipara ai cittadini i titolari di permesso di soggiorno CE ed i titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti in tali titoli di soggiorno, riconoscendo dunque il diritto a tali prestazioni in base al grado di stabilità del rapporto tra il soggetto e l’area di residenza. Tuttavia, tale criterio non è stato sempre rispettato dai provvedimenti successivi al 1998: si pensi, in particolare, all’art. 80, comma 19 della finanziaria 2001 (l. n. 388/2000), che ha limitato ai soli titolari di carta di soggiorno (oggi permesso CE) «l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali». La sentenza 306/2008 della Consulta ha infatti dichiarato l’incostituzionalità del citato articolo 80, comma 19, nella parte in cui precludeva l’indennità di accompagnamento agli stranieri che non disponessero dei requisiti reddituali stabiliti per la carta di soggiorno, rilevando come sia irragionevole «subordinare l’attribuzione di una prestazione assistenziale quale l’indennità di accompagnamento – i cui presupposti sono […] la totale disabilità al lavoro, nonché l’incapacità alla deambulazione autonoma o al compimento da soli degli atti quotidiani della vita – al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di un reddito». Del resto, se le convenzioni OIL n. 47/1949 e 143/1975 subordinano la parità di trattamento dei migranti in materia di sicurezza sociale alla sola regolarità del soggiorno, indipendentemente dalla sua durata e da ulteriori condizioni, la previsione italiana che subordinava le prestazioni sociali al conseguimento del permesso CE – che presuppone un regolare soggiorno almeno quinquennale e la disponibilità di un reddito pari all’importo annuo dell’assegno sociale- contrastava chiaramente con le suddette norme convenzionali. La sentenza n. 11/2009 della Consulta ha esteso la declaratoria di illegittimità del citato articolo 80, comma 19 con riferimento alla pensione di inabilità, rilevando “l’intrinseca irragionevolezza” di una norma, quale quella in esame, che da un lato subordina l’attribuzione di tale pensione al mancato superamento di una determinata soglia reddituale e, dall’altro lato, per il solo richiedente straniero, esige il possesso di quel permesso CE il cui rilascio è subordinato alla dimostrazione di un certo livello di reddito. Con sentenza 432/2005, la Corte ha invece dichiarato incostituzionale una norma lombarda che escludeva gli stranieri

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invalidi civili dal diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea, riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili residenti nel territorio della regione. Sebbene, infatti, l’onerosità di tale regime di favore imponga una selezione dei beneficiari, essa – ancorché non relativa a un diritto fondamentale - deve comunque essere improntata a criteri di ragionevolezza. A tali parametri non risponde invece certamente, secondo la Corte, una selezione fondata sul criterio della cittadinanza, che introduce nella disciplina “elementi di distinzione del tutto arbitrari, non essendovi alcuna ragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità al beneficio (la cittadinanza italiana, appunto) e gli altri peculiari requisiti (invalidità al 100% e residenza) che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio e la funzione” .

In relazione al diritto all’abitazione, il testo unico sembra convertire (in relazione ai soli stranieri) quello che è un diritto fondamentale (cfr. Corte cost, sentt. 217 e 404/1988) in un onere da soddisfare (Bascherini-Ciervo 2011), al punto che il d.l. 92/2008 ha introdotto una specifica norma incriminatrice della condotta di cessione di immobili a stranieri irregolari.

Del resto, anche sul versante dell’integrazione socio-abitativa, il testo unico (come modificato dalla legge Bossi-Fini) limita l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai servizi di intermediazione agevolata e di accesso al credito in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione, “a parità di condizioni” con i cittadini, ai soli titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e agli stranieri in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro. Requisiti, questi, che in sede locale e regionale non potrebbero essere resi più restrittivi, sebbene tale sia l’effetto (discriminatorio) di discipline che prevedono il requisito della residenza continuativa quale presupposto necessario per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica.

In relazione al diritto all’istruzione, come anticipato la legge 94/2009, pur introducendo un obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell'accesso ai servizi pubblici, ha escluso dalla sfera applicativa della norma – oltre a quelle sanitarie – anche le prestazioni scolastiche obbligatorie. Del resto, lo stesso art. 45 del regolamento di attuazione del testo unico sancisce in capo al minore straniero presente sul territorio italiano il diritto all’istruzione obbligatoria, a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno dei loro genitori. Tuttavia, in sede locale non sono mancate prassi illegittime, che hanno – come nel caso della circolare del Comune di Milano n. 20 del 17.12.2007 –

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subordinato il perfezionamento dell’iscrizione alle scuole dell’infanzia alla presentazione del permesso di soggiorno dei genitori. Nella specie, tale provvedimento è stato dichiarato illegittimo dal Tribunale civile di Milano con ordinanza n. 2380 del 2008, che ha rilevato come, pur non essendo la scuola dell’infanzia obbligatoria, essa rientri comunque nel sistema dell’istruzione scolastica nazionale e realizzi pertanto una prestazione inerente a un diritto fondamentale del minore, come tale da riconoscere a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno del genitore. Altrettanto illegittime (in quanto discriminatorie) le misure proposte dalla mozione Cota approvata dalla Camera dei deputati il 14 ottobre 2008, volta tra l’altro a istituire delle “classi ponte” che, sovvertendo il principio dell’educazione interculturale di cui all’art. 38, c. 3, del testo unico immigrazione, reintrodurrebbero il sistema delle classi differenziate prima destinate ai minori portatori di handicap e dichiarate poi incostituzionali con la sentenza 215/1987 (Bascherini-Ciervo 2011). Su analogo tema era già intervenuta la CEDU, che con una sentenza della Grande Camera del 13.11.2007 (D.H. e a. contro Repubblica Ceca) ha ritenuto che la legge ceca che prevedeva l’inserimento - sulla base di test psico-attitudinali che finivano con il selezionare prevalentemente minori di origine rom - in scuole speciali per studenti con difficoltà di apprendimento, producesse una discriminazione indiretta in ragione delle origini etniche dei minori, così violandone, tra l’altro, il diritto all’educazione.

Il criterio della ragionevolezza della differenziazione nell’accesso alle prestazioni sociali (ferma la garanzia dei diritti fondamentali) sembra, in sostanza, il parametro idoneo a individuare il carattere discriminatorio della norma. Sin dalla sentenza Gaygusuz contro Austria (app. n.17371/90) del 16 settembre 1996, la CEDU ha riconosciuto una serie di diritti sociali ai non cittadini, soprattutto in ambito di previdenza sociale, segnatamente alla stregua dell’articolo 14 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo che sancisce il principio di non discriminazione. Su questa scia si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale (cfr., in particolare, le pronunce Koua Poirrez contro Francia, app. 40892/88, e Carlson e altri contro Regno Unito, app. 42184/05), con cui la Corte ha ribadito il carattere discriminatorio di ogni differenziazione nell’accesso a prestazioni sociali fondato sulla nazionalità e non giustificabile secondo motivazioni obiettive e ragionevoli.

Per quanto concerne il diritto sociale al lavoro di cui all’art. 4 Cost., la giurisprudenza costituzionale recente (cfr., in particolare, sent. 206/2006) sembra non innovare rispetto a quanto già sancito in precedenza (sentt. 454/1998,

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144/1970), secondo cui presupposto necessario per il riconoscimento ai lavoratori stranieri della "parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti" rispetto ai lavoratori italiani (garantita dall’art. 1 l. 943/1986 e ora dall’art. 2, c. 3, del testo unico immigrazione) è l’autorizzazione al lavoro subordinato stabile in Italia, mediante un permesso di soggiorno rilasciato a tale scopo od altro titolo di legittimazione all’accesso al lavoro subordinato o autonomo, riconducendosi tale differenziazione nell’ambito della discrezionalità di cui il legislatore dispone, nell’apprezzare le “differenze di fatto” esistenti tra i cittadini e gli stranieri, fermo restando il riconoscimento, anche a costoro, dei diritti fondamentali. Ancora una volta, dunque, il limite della discrezionalità del legislatore è rappresentato dalla ragionevolezza della differenziazione e, quindi, dalla non discriminatorietà del trattamento previsto.

Sotto il diverso profilo della garanzia dei diritti nell’ambito del rapporto di lavoro, peraltro, allo straniero dovrebbe essere riconosciuta quella tutela del lavoro “in tutte le sue forme” a cui l’art. 35 Cost. vincola la Repubblica. A tale sfera di garanzia dovrebbe dunque essere ricondotta anche la posizione dello straniero impiegato in un rapporto di lavoro irregolare, con la correlativa doverosità di un trattamento volto alla emersione e regolarizzazione del lavoro sommerso. In tal senso, «la regolarizzazione disposta dalla legge 102/09 è costituzionalmente dubbia, sia per la limitatezza del settore occupazionale considerato, sia per aspetti di palese arbitrarietà, quali la tipologia di prestazione presa a riferimento - 20 ore settimanali con unico datore di lavoro - incoerente con le forme tipiche di organizzazione della prestazione; ma la forma della dichiarazione di emersione che è nella sostanziale discrezionalità del datore di lavoro”(Pezzini 2009).

Va infine ricordato come proprio quello del rapporto di lavoro sia l’ambito nel quale, sul piano della prassi, si verifichino spesso violazioni dei diritti e della dignità dello straniero, sia sotto il profilo dell’accesso al lavoro, sia sotto il profilo delle discriminazioni in ragione dell’origine etnica, ma anche della sola nazionalità del lavoratore. In tal senso dispone del resto la giurisprudenza comunitaria (cfr., in particolare, la sentenza della Corte di giustizia Centrum voor gelijkheid contro Firma Feryn del 10 luglio 2008), che ha esteso le garanzie previste dalla Direttiva n. 43/2000 contro le discriminazioni basate sull’origine etnica o razziale anche a quelle fondate sulla nazionalità del lavoratore. L’ordinamento italiano prevede peraltro - anche per le ipotesi di discriminazioni operate dal datore di lavoro pure in ragione dell’ascendenza o dell’origine nazionale o etnica del lavoratore - la possibilità di agire in sede civile ai sensi dell’art. 44 del testo unico immigrazione, a

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tutela – in questo caso - dei diritti del lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro, al fine di ottenere la cessazione del comportamento pregiudizievoli e la rimozione degli effetti discriminatori.

Sul tema del rapporto tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, si segnala peraltro che l’articolo 40, comma 3, del c.d. decreto-legge Monti salva-Italia (d.l. 201/2011, convertito con modificazioni dalla legge 214/2011, ancorché sotto la rubrica “Riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese”) ha previsto che in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di venti giorni previsto in via ordinaria, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.

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Accoglienza, identificazione, espulsione: i Centri per stranieri in Italia

Le restrizioni alla libertà di movimento degli stranieri sono un elemento relativamente recente nella storia contemporanea. Tali restrizioni sono emerse dapprima come forme di controllo ai porti di ingresso (Ellis Island, a New York, ne è la plastica rappresentazione) volte a selezionare chi poteva entrare e chi no, e successivamente si concretizzano in mezzi per allontanare stranieri riconosciuti responsabili di reati, attivisti politici o persone non aventi i requisiti per permanere nel paese di immigrazione. La detenzione amministrativa (così denominata perché non conseguente alla commissione di un reato e non oggetto di cognizione da parte della magistratura penale) è il principale strumento di controllo delle situazioni di presenza indesiderata e certamente uno dei più controversi.

Ferma restando, infatti, la prerogativa statale di determinare chi può e chi non può permanere nel suo territorio (anche se oggi, in Europa, sempre meno prerogativa dei singoli Stati quanto dell’Unione), quali siano i limiti di questo potere e di quali diritti possano godere coloro che non hanno autorizzazione a permanere nello Stato rappresentano gli elementi critici di questa prerogativa.

La tensione esistente tra la sovranità statale e il rispetto dei diritti fondamentali è tale da aver portato il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ad affermare che “pienamente consapevole del diritto sovrano dello Stato di regolare il fenomeno migratorio… il trattenimento degli stranieri dovrebbe essere gradualmente abolito” (UN Working group on Arbitrary Detention 13th Session, A/HRC/13/30, 15, Jan 2010, para. 58, traduzione nostra).

In questo capitolo ci si pone l’obiettivo di presentare sinteticamente quanto avvenuto nel 2011, in occasione della cd. emergenza Nord-Africa, come siano nate le forme di trattenimento e ospitalità oggi previste nell’ordinamento italiano, quali le forme di gestione e i principali profili critici di carattere giuridico e gestionale.

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1. Il 2011 come stress test fallito

Il 2011 è stato un anno che ha certamente messo sotto pressione l’architettura complessiva dei centri per stranieri e più ampiamente l’organizzazione dell’accoglienza e della gestione delle persone straniere che fanno domanda di asilo in Italia, rivelandone tutti i limiti.

L’anno passato si è caratterizzato per alcuni grandi mutamenti di scenario geopolitico nell’area mediterranea. Tunisia ed Egitto sono stati teatro, in particolare nel primo bimestre dell’anno, di manifestazioni di massa da parte della popolazione che hanno portato alla caduta rispettivamente di Ben Ali e Mubarak che governavano nei due Paesi, rispettivamente da oltre 20 e 30 anni. In seguito, la guerra in Libia ha visto anche la morte di Muammar Gheddafi, al governo da oltre 42 anni.

Questi rivolgimenti hanno determinato, specialmente per quanto riguarda la Tunisia e la Libia, la partenza di numerosi migranti dai due paesi alla volta delle coste dell’altra sponda del Mediterraneo, l’Italia e Malta.

1.1 La gestione degli arrivi: la perenne emergenza e la Protezione Civile.

Il 12 febbraio, a seguito dei consistenti arrivi di cittadini nord-africani, prevalentemente tunisini il Presidente del Consiglio dei Ministri decreta, ai sensi della legge quadro istitutiva della Protezione Civile, lo «stato di emergenza nel territorio nazionale in relazione all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa» (D.P.C.M. 12 febbraio 2011). Pochi giorni dopo, con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Prefetto di Palermo viene nominato «Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza» (ord. 3924, 18.02.2011). Al Commissario delegato è assegnato un ampio spettro di poteri, in deroga alle normali procedure, nonché una immediata disponibilità finanziaria e di risorse umane5 per affrontare l’emergenza.

Mentre il Governo si dota di strumenti normativi e procedurali per l’intervento, sull’isola di Lampedusa, dove tra il 10 e il 14 febbraio arrivano circa 2000 persone,

5 Precisamente, il Prefetto può avvalersi in qualità di soggetti attuatori di funzionari delle Prefetture – Utg del territorio italiano, gli viene assegnata la dotazione finanziaria di 1 milione di euro (nonché l’autorizzazione alla spesa di ulteriori 340.000 euro per far fronte alle necessità immediate) e la disponibilità di un contingente di 200 militari delle forze armate.

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riapre, con evidente ritardo sulle necessità, il Centro Contrada Imbriacola, chiuso dall’autunno del 2009 a seguito della drastica riduzione degli arrivi di migranti via mare, determinata dall’operatività del Trattato di Amicizia Italia-Libia, ratificato con la legge 6 febbraio, 2009, n.7 (Ronzitti, 2009; Cricco, Cresti, 2011, pp.111-112). Da metà febbraio a metà marzo, la situazione sull’isola si mantiene stabilmente critica, con arrivi costanti e un numero di presenze che continua a crescere e raramente scende al di sotto alle 2.000 unità (la capienza del CPSA di Lampedusa è di 850 persone). I trasferimenti nel resto del territorio nazionale e i rimpatri verso la Tunisia avvengono con grande lentezza in una situazione di sostanziale incertezza su quale sia lo status giuridico delle persone giunte sull’isola: alcuni sono destinatari di provvedimenti di respingimento differito o più raramente di espulsione, quindi detenuti nei CIE o rimpatriati, altri sono stati trasferiti nei CARA, altri rimangono sull’isola di Lampedusa.

In primavera, iniziano i trasferimenti verso la penisola mediante le navi della Marina Militare. Il 23 marzo una prima nave trasporta circa 600 migranti presso il nuovo CARA di Mineo (CT), inizialmente destinato a ospitare persone trasferite da altri CARA sul territorio italiano (decisione che a molti aveva fatto ritenere prossima la mutazione di destinazione della maggioranza dei CARA già esistenti in CIE).

Segue una situazione di stallo che si protrae fino al 30 marzo/1 aprile quando altre navi della Marina Militare e successivamente alcuni traghetti vengono utilizzati per svuotare l’isola e spostare i migranti non solo a Mineo (CT), ma anche nel nuovo centro di Manduria (TA). Parallelamente altri migranti sono trasferiti nei CIE e nei CARA della penisola anche mediante ponte aereo. L’isola di Lampedusa si è così progressivamente trasformata di fatto in un’isola CPSA, i migranti si muovono liberamente sull’isola, dentro e fuori dal centro. Non perché siano liberi di entrare e uscire dalla struttura e di andarsene dall’isola (come dovrebbero essere peraltro, trattandosi di un CPSA), ma perché il centro di Contrada Imbriacola è ormai saturo, quindi del tutto insufficiente a ospitare gli stranieri presenti (che nel momento peggiore saranno intorno alle 6.000 unità).

In questo periodo si moltiplicano le sistemazioni di fortuna (al molo, in tendopoli sulle colline, presso il museo del mare, in strada). Notevoli difficoltà negli approvvigionamenti di base di cibo e acqua potabile, critiche condizioni igieniche e grave impasse delle procedure di identificazione, in primis dei minori: questi sono i tre tratti distintivi del periodo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile.

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Da più parti si sottolinea che l’esasperazione della situazione a Lampedusa sia stata utilizzata dal Governo come mezzo di pressione sul governo di Tunisi per incentivare i rimpatri e sull’Unione Europea con l’obiettivo di ottenere un intervento di supporto al Governo italiano. Non va nemmeno dimenticata l’opposizione della Lega Nord alla no fly zone in Libia che ha caratterizzato il dibattito politico nel mese di marzo. Va certamente ricordato che – nonostante l’elevata criticità della situazione sull’isola – nulla è degenerato in modo irreparabile. Certamente migranti, operatori presenti a Lampedusa e i cittadini dell’isola sono riusciti a evitare il peggio.

Un punto di svolta si ha il 5 aprile quando è emanato il D.P.C.M. che stabilisce la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari della durata di 6 mesi a tutti i cittadini appartenenti ai (non meglio precisati) Paesi del Nord Africa giunti in Italia tra il 1° gennaio e il 5 aprile 2011. Questo atto coincide con il progressivo scemare degli arrivi dalla Tunisia che avranno un nuovo picco (seppur di breve durata) nel mese di agosto (si veda l’andamento delle persone entrate e uscite dai CPSA nel grafico 1).

Grafico 1. Persone ospitate nei CPSA nel corso del 2011

Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Intanto dopo due successivi incontri prima della Conferenza Unificata Stato-

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Regioni (30 marzo) e successivamente della cabina di Regia della stessa (6 aprile) è siglata l’intesa Governo-Regioni ed Enti locali per affrontare l’emergenza umanitaria. I punti salienti dell’Intesa prevedono:

un sistema di accoglienza diffuso di previste 50.000 persone, equamente ripartito sul territorio nazionale (con l’eccezione dell’Abruzzo a causa delle perduranti difficoltà successive al terremoto), che comprende anche i titolari del permesso di soggiorno di protezione umanitaria;

la presentazione entro 10 giorni di un Piano di Accoglienza attraverso il sistema di Protezione Civile nazionale;

l’individuazione di un finanziamento pluriennale mediante un Fondo apposito in favore dei Comuni che prendono in carico i minori, cui spetterà di assegnare il minore alle strutture a tal fine autorizzate;

l’impegno del Governo ad avviare un’iniziativa verso l’Unione Europea per dare corso all’articolo 5 della Direttiva n. 55 del 2001, emanata nel periodo dell’emergenza Kosovo per far fronte ai flussi migratori determinati da situazioni di conflitto e violazione dei diritti umani e che permette la concessione di una protezione temporanea a livello europeo.

Segue, il 7 aprile un Decreto che dichiara lo stato di emergenza umanitaria nel territorio del Nord Africa, consentendo quindi deroghe alle normali procedure anche per gli interventi che interessano l’altra sponda del Mediterraneo.

Il piano per l’accoglienza dei migranti, in attuazione dell’accordo Stato-Regioni ed Enti Locali del 6 aprile 2011, è emanato dal Dipartimento della Protezione civile il 12 aprile. Pressoché contemporaneamente (ordinanza 3933 del 13 aprile) viene nominato «Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza» il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, in sostituzione del Prefetto di Palermo. L’ordinanza prevede anche i primi stanziamenti finanziari per l’accoglienza, quantificati nella misura di 30 milioni di euro.

Il Piano di Accoglienza stabilisce che la distribuzione sul territorio è determinata in base alla percentuale relativa di popolazione residente in ogni singola regione o provincia autonoma rispetto al totale nazionale (il fattore “d” come denominato nei documenti della Protezione Civile), mediante un sistema modulare che individua per ogni territorio il numero massimo di migranti da accogliere in rapporto agli arrivi. Vengono definite 5 soglie di assegnazione, ogni 10.000

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persone, così da evitare che alcune regioni sopportino un peso maggiore delle altre (vd. tabella 1).

Tabella 1. Distribuzione sul territorio dei migranti secondo il Piano di accoglienza

Regione / Provincia Autonoma

Popolazione totale

d %

Prospetto di assegnazione

(soglia 10.000)

Prospetto di assegnazione

(soglia 20.000)

Prospetto di assegnazione

(soglia 30.000)

Prospetto di assegnazione

(soglia 40.000)

Prospetto di assegnazione

(soglia 50.000)

Piemonte 4.823.471 7,64 764 1.527 2.291 3.055 3.819

Valle d'Aosta

136.073 0,22 22 43 65 86 108

Liguria 1.727.333 2,73 273 547 820 1.094 1.367

Lombardia 10.808.366 17,11 1.711 3.423 5.134 6.845 8.557

Provincia Autonoma di Trento

570.870 0,90 90 181 271 362 452

Provincia Autonoma di Bolzano

542.590 0,86 86 172 258 344 430

Veneto 5.393.054 8,54 854 1.708 2.562 3.416 4.270

Friuli Venezia Giulia

1.334.929 2,11 211 423 634 845 1.057

Emilia Romagna

4.858.353 7,69 769 1.538 2.308 3.077 3.846

Toscana 4.068.876 6,44 644 1.288 1.933 2.577 3.221

Umbria 994.033 1,57 157 315 472 630 787

Marche 1.698.536 2,69 269 538 807 1.076 1.345

Lazio 6.179.808 9,78 978 1.957 2.935 3.914 4.892

Abruzzo 0

Molise 328.340 0,52 52 104 156 208 260

Campania 5.971.719 9,46 946 1.891 2.837 3.782 4.728

Puglia 4.168.355 6,60 660 1.320 1.980 2.640 3.300

Basilicata 601.871 0,95 95 191 286 381 476

Calabria 2.075.197 3,29 329 657 986 1.314 1.643

Sicilia 4.170.302 8,19 819 1.637 2.456 3.275 4.093

Sardegna 1.705.705 2,70 270 540 810 1.080 1.350

Totale 62.157.781 100 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000

Fonte: nostra elaborazione su dati Protezione Civile

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L’intervento della Protezione Civile porta a una situazione di sostanziale fluidità nei trasferimenti dei migranti giunti a Lampedusa. Si tratta in gran parte di stranieri provenienti dall’Africa sub-sahariana e di migranti originari del sub continente indiano, che sono trasferiti entro 24/48 ore mediante navi dall’isola di Lampedusa verso le diverse Regioni della Penisola. Una volta giunti a destinazione, i migranti – coadiuvati dalla struttura di accoglienza e dalle autorità sul territorio – presentano domanda di asilo. La scelta fatta dal Governo è stata infatti quella di instradare tutte le persone arrivate dopo il 5 aprile verso la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Non sono state previste, a oggi (a differenza di quanto avvenne per i nord-africani arrivati nel primo trimestre 2011) forme di protezione di carattere alternativo. I lunghi tempi di esame delle domande, nonché gli esiti in gran parte negativi delle istanze già esaminate hanno nel mese di marzo 2012 reso più intense le voci di chi (associazioni del privato sociale laico e cattolico, enti locali, associazioni dei migranti, etc.) chiede al governo di pensare alla concessione della protezione temporanea attraverso il permesso di soggiorno ex art. 20 D.lgs. 286/1998 di durata semestrale a tutti coloro che non hanno ottenuto né lo status di rifugiato, né la protezione sussidiaria o quella umanitaria.

Una sorte diversa ha interessato, invece, i minori e i tunisini sbarcati successivamente al 5 aprile.

Questi ultimi a partire dall’11 aprile sono stati rimpatriati in base all’accordo tra l’Italia e la Tunisia mediante trasferimenti aerei o trattenuti presso il CPSA di Lampedusa in attesa del rimpatrio.

Per quanto riguarda, invece, i minori va rilevato come nel corso del 2011 non sia stata effettuata alcuna procedura di identificazione, al contrario di quanto avvenuto nel 2008. Nel periodo dei primi arrivi, la chiusura del CPSA di Contrada Imbriacola, non ha reso possibile alcun screening automatico, di conseguenza l’identificazione dei minori è avvenuta senza seguire la procedura precedentemente adottata. Gli sforzi fatti hanno permesso che alcuni minori fossero trasferiti in strutture conosciute delle associazioni presenti nel progetto Praesidium (in particolare da Save The Children) ma con il passare dei giorni si è determinato un ingente numero di minori bloccati a Lampedusa, a causa di una serie di difficoltà nei trasferimenti. I minori a Lampedusa erano ospitati in parte in una sezione del CPSA Contrada Imbriacola, in una situazione di promiscuità con gli adulti, e in parte nella struttura della base Loran. Nel mese di maggio il direttore generale dell’immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali viene

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nominato soggetto attuatore tenuto a curare il trasferimento e collocamento dei minori al di fuori di Lampedusa. Il 18 maggio si definisce la procedura per il collocamento dei minori. Una serie di problemi procedurali legati alle difficoltà di individuare le strutture disponibili all’accoglienza dei minori (problemi legati a difficoltà di coordinamento tra Governo, luoghi di accoglienza e Enti locali) determinano un ulteriore prolungamento del trattenimento e infine l’individuazione di 24 strutture Temporanee di Assistenza (vd. Save The Children, 2011) che si andranno ad aggiungere ai normali posti di accoglienza previsti per i minori. Il trasferimento dei minori inizia così nel mese di luglio e in breve tempo, tutti i minori riescono a lasciare l’isola di Lampedusa. I dati disponibili indicano, a fine novembre 2011, presenti 2813 minori provenienti dalla cd. “Emergenza Nord-Africa”, collocati principalmente in Sicilia, nel Lazio e in misura notevolmente minore in Campania, Calabria e Puglia.

Complessivamente al 15 settembre 2011, i migranti arrivati in Italia saranno circa 60.000. Di questi circa 50.000 sono quelli giunti a Lampedusa o nelle altre isole minori (Linosa, Pantelleria). Circa 24.000 sono le persone di origine tunisina, di cui 10.611 persone hanno beneficiato del permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto nel decreto del 5 aprile 2011.

Le strutture di accoglienza attivate mediante il Piano della Protezione Civile sono circa 900, distribuite su 97 province. Le persone accolte al 15 settembre 2011 (data oltre la quale non si sono registrati arrivi significativi) sono circa 22.300.

Come risulta dalla figura sottostante, al febbraio 2012 i presenti risultano in numero lievemente inferiore, dato legato ad alcune fuoriuscite dall’accoglienza per i più svariati motivi.

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Figura 2. Persone accolte all’interno del Piano Protezione Civile

Senza ombra di dubbio l’intervento della Protezione Civile ha evitato il protrarsi della situazione di grave sovraffollamento sull’isola di Lampedusa e ha garantito una efficace distribuzione sul territorio dei migranti. Il sistema di accoglienza si è definito attraverso approssimazioni successive (non solo nell’operato degli enti gestori, ma lo stesso quadro regolamentare si è perfezionato con il passare del tempo) e tutt’ora permangono grosse disparità tra un centro e un altro. Situazioni che hanno visto la presenza di un soggetto gestore più esperto e capace hanno funzionato meglio di altre. Esula dagli obiettivi di questo rapporto un approfondimento sulle forme di accoglienza attivate mediante il Piano della Protezione Civile è utile però ricordare che è stato effettuato un monitoraggio a campione delle accoglienze, attraverso i cd. GMA (Gruppi di Monitoraggio e Assistenza). Tale monitoraggio ha prodotto l’invio di una relazione ai centri coinvolti, nonché ai soggetti attuatori, al fine di evidenziare le carenze osservate. Il monitoraggio si è ormai concluso ma al momento non sono disponibili i risultati. Certamente l’effettuazione di un monitoraggio risulta un elemento essenziale

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quando si procede in situazioni che derogano alle normali procedure e propongono soluzioni nuove.

In conclusione ci sembra utile sottolineare che l’accoglienza predisposta mediante il Piano della Protezione Civile rappresenta un modello inedito nel panorama italiano. Non si tratta di CARA, sebbene ai soggetti attuatori sia stato indicato – nelle indicazioni operative emanate il 6 giugno 2011 - il capitolato d’appalto dei CARA come riferimento di carattere generale. Non si tratta nemmeno di forme di accoglienza come quelle previste nel Sistema SPRAR (Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati), il quale è stato soltanto in parte coinvolto attraverso la rete degli enti locali nell’accoglienza coordinata dalla Protezione Civile. Da più parti ci si è interrogati se sarebbe stato possibile ampliare rapidamente i posti SPRAR e permettere una distribuzione sul territorio dei migranti, facendo riferimento alle accoglienze già attivate all’interno dello SPRAR, senza coinvolgere la Protezione Civile. C’è chi sostiene che lo SPRAR non avrebbe in alcun modo potuto assorbire i numeri importanti (il Sistema SPRAR nel 2010 contava 3146 posti in accoglienza e in un anno ha accolto complessivamente sull’intero territorio nazionale 6855). Altri che, invece, sarebbe stato possibile mediante un adeguato supporto, partire da quella rete.

È evidente che in tutta la cd. emergenza 2011 non vi sia sempre stata una visione di lungo periodo. Certamente il Governo poteva agire diversamente per evitare quanto accaduto a fine marzo/inizio aprile a Lampedusa.

Oggi, in primo luogo, l’elemento più rilevante è raccogliere tutte le informazioni utili per fare un bilancio dell’esperienza dell’accoglienza coordinata dalla Protezione Civile. Si tratta infatti di capire se e quali sono stati i limiti e gli elementi utili di innovazione sperimentati in questo contesto che proprio perché di emergenza si presta a una maggiore flessibilità che possono essere utilizzati per migliorare l’attuale sistema di accoglienza che, diviso tra CARA e SPRAR presenta più di un profilo di criticità (efficacemente sintetizzati da ultimo in AA.VV. 2012).

In secondo luogo, occorre osservare da vicino quanto accaduto nel corso dell’emergenza all’istituto della detenzione amministrativa, che posto sotto pressione dagli arrivi, per le scelte operate dal Governo ha rivelato tutti i limiti, le inefficienze e i gravi rischi di violazione dei diritti insiti nel sistema.

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1.2 Lo status giuridico incerto dei centri e dei loro ospiti.

Oltre alle molte cose già dette in questo rapporto in merito alla situazione che si è creata nel 2011 con l’afflusso dei migranti a Lampedusa (cfr. Focus), è di particolare interesse sottolineare quanto accaduto nel sistema dei centri per stranieri in Italia.

Prima di affrontare le diverse tipologie di “strutture” che si sono realizzate nel 2011 è importante ricordare che nella prima fase della cd. emergenza (nei mesi di febbraio e marzo in particolare) si è assistito alla definizione dello status giuridico dei migranti in base al luogo di arrivo dopo il trasferimento da Lampedusa. La confusione che ha guidato i trasferimenti dei cittadini nord-africani (prevalentemente tunisini) ha creato una situazione in cui le persone venivano traferite nelle strutture dove vi era posto. Ciò ha determinato trasferimenti nei CIE o nei CARA in base alla disponibilità di posti. Nelle strutture dove CIE e CARA sono contigui (come ad es. Gradisca d’Isonzo) i migranti potevano fare ingresso indifferentemente in una delle due strutture in base al bus su cui erano casualmente saliti per il trasferimento. Superfluo dire che molto diverse sono le conseguenze se si fa ingresso in un CIE o in un CARA e quanto risulti assurdo che lo status giuridico dei migranti (irregolari da espellere o richiedenti asilo) sia legato a ragioni pratico-operative.

Il primo problema durante la cd. emergenza 2011 è stato il trattenimento prolungato presso il CPSA di Lampedusa. A differenza di quanto avvenuto nel 2008 (ultimo anno di arrivi consistenti sull’isola) i trasferimenti dal Centro di Contrada Imbriacola - i cui limiti anche di natura strutturale sono stati in più occasioni e da più osservatori, nazionali e internazionali, sottolineati – sono stati caratterizzati da grande lentezza. Anche dopo l’avvio del Piano Migranti della Protezione Civile, che pure ha rappresentato un notevole miglioramento dell’efficienza dei trasferimenti, i migranti sono stati trattenuti presso il CPSA molti giorni. In particolare si è trattato di cittadini tunisini, per i quali si è dato vita a un secondo binario diverso da quello che ha riguardato i migranti provenienti dalla Libia. Infatti, mentre i secondi venivano de plano trasferiti nei luoghi di accoglienza aperti sulla penisola, i tunisini non aventi diritto al permesso di protezione umanitaria perché arrivati dopo il 5 aprile, sono stati trattenuti a Lampedusa e successivamente respinti. Alcuni sono stati trasferiti nei CIE, ma la maggior parte è rimasta a Lampedusa in attesa del ritorno forzato in Tunisia. Il CPSA, come si vedrà nel dettaglio nel par. 4.1, non è una struttura di trattenimento e i migranti devono essere trasferiti nel più breve tempo possibile.

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Diversamente si determina una situazione di limitazione della libertà personale sui generis non ammessa nell’ordinamento e fonte di gravi pregiudizi per i destinatari.

Ma il trattenimento prolungato presso il CPSA di Lampedusa non è l’unico fattore di criticità emerso nel corso della cd. emergenza Nord Africa. Sempre nella prima fase, alcune strutture hanno mutato la loro destinazione d’uso. È il caso dei tre centri di accoglienza aperti a febbraio nel comune di Santa Maria Capua Vetere (CE), di Palazzo San Gervasio (PZ) e di Trapani località Kinisia. Il 21 aprile l’ordinanza 3925 della Presidenza del Consiglio dei ministri stabilisce che «al fine di trattenere gli stranieri che non si trovano nelle condizioni di accoglienza di cui all’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 aprile 2001, le strutture temporanee già esistenti, attivate per l’accoglienza dal Commissario delegato per l’emergenza umanitaria (…), operano, a far data dalla presente ordinanza e fino a cessate esigenze, e comunque non oltre il 31dicembre 2011, come centri di identificazione e di espulsione nel numero massimo di 500 posti da ripartire nelle predette strutture». Il cambio di natura giuridica dei centri non ha permesso di chiarire cosa sia accaduto alle persone presenti nei centri che improvvisamente si sono trasformate da ospiti di una struttura di accoglienza in trattenuti. Vi sono però numerosi dubbi sulla legittimità delle procedure adottate per la convalida del trattenimento (cfr. Senato della Repubblica, 2011). Come si vedrà (par. 4.2) tutti i Centri presentano numerosi limiti di carattere strutturale, limiti che nei tre Centri di identificazione ed espulsione temporanei (CIET) si presentano ancora più aggravati. Basti citare l’esempio del CIET di Kinisia, una tendopoli costruita su una vecchia pista aeroportuale. Le condizioni assolutamente proibitive con il caldo estivo hanno portato alla chiusura anticipata di questa struttura a inizio luglio 2011. La situazione del CIET di Palazzo San Gervasio, oggetto di una visita da parte della Commissione Diritti Umani del Senato, è stata indicata come particolarmente critica (anche in questo caso si tratta di una tendopoli allestita nell’area esterna di una ex caserma delimitata da una doppia recinzione). Il centro è stato chiuso il 9 giugno perché divenuto inagibile a seguito di un incendio (i lacrimogeni utilizzati dalle forze dell’ordine nel corso di una rivolta hanno fatto prendere fuoco alle tende). Queste strutture propongono nuovamente il tema della assoluta inadeguatezza delle strutture oggi utilizzate come CIE (su cui vd. par. 4.2).

I CIET non sono però le uniche nuove strutture aperte nel corso del 2011. Il 4 marzo, infatti, è stato requisito il comprensorio residenziale denominato “Residence degli Aranci” a Mineo (CT), precedentemente utilizzato per i militari

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americani in servizio nella base di Sigonella. Si tratta di una struttura composta di 404 unità immobiliari in ottimo stato inserita all’interno di un’ampia area verde. La struttura, la cui conversione in origine sembrava unicamente destinata all’ospitalità dei richiedenti asilo è diventata dal 24 marzo anche destinazione dei trasferimenti da Lampedusa. Negli stessi giorni è stata allestita la tendopoli di Manduria (TA), una distesa di tende (in origine erano 120, poi progressivamente aumentate) a 5 km dal centro abitativo.

Entrambe le strutture, molto diverse sul piano strutturale, sono state accomunate dall’incerta natura giuridica. Si è parlato di Mineo come di un nuovo CARA, destinato a ospitare richiedenti asilo, ma i tunisini ospitati non hanno mai avuto lo status di richiedente asilo. Anche successivamente non è mai stato formalmente istituito come CARA (si veda AA.VV., 2012).

Anche Manduria nasce in modo incerto. È descritto tanto come una estensione di Lampedusa, da cui i migranti possono liberamente allontanarsi divenendo però clandestini ma anche come il primo dei CIE temporanei che il Governo tra fine marzo e inizio aprile afferma di voler costruire per far fronte alla cd. emergenza. Anche in questo caso non vi è stata alcuna formale istituzione né in un senso né nell’altro. Consistente il numero di migranti che si sono allontanati dalla tendopoli di Manduria tra fine marzo e inizio aprile, nei giorni in cui l’opacità della natura della struttura aveva dato adito a numerosi dubbi sul destino riservato agli ospiti. Successivamente la tendopoli è rimasta aperta a singhiozzo in base alle necessità legate alla consistenza degli arrivi a Lampedusa. Oggi la struttura non ha ospiti, a differenza di Mineo che al febbraio 2012 ospitava ancora quasi 1500 persone.

Oltre a Mineo e Manduria, vi sono poi alcune sistemazioni di cui si hanno poche notizie, la cui esistenza stessa e non solo l’utilizzo paiono incerte. È il caso delle accoglienze stabilite sull’isola di Pantelleria e Linosa. A Pantelleria, in particolare, il numero di migranti arrivati, stando alle notizie giornalistiche non è risibile, ma non esiste alcun dato ufficiale e nessun CPSA risulta formalmente stabilito. Anche le strutture di transito aeroportuale a Porto Empedocle e Pozzallo hanno funzionato come centri di ospitalità da cui però non era possibile allontanarsi.

Non vi sono dubbi che l’arrivo di un numero consistente di migranti rappresenti un fattore critico per il sistema di accoglienza e trattenimento, ma una maggiore chiarezza sulla natura delle strutture e sulle regole che le governano renderebbe possibile evitare – o quantomeno diminuire in modo significativo - i numerosi “incidenti” (gli incendi, gli allontanamenti dei centri descritti come fughe, i

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cittadini in possesso di valido soggiorno di altri paesi europei trattenuti, etc.) che si sono verificati nel corso del 2011. L’opacità che caratterizza tutte queste forme di accoglienza/trattenimento è uno dei limiti più importanti al rispetto dei diritti delle persone.

Un ultimo accenno merita anche la situazione di quelle che sono state mediaticamente definite le navi CIE. L’emergenza 2011 ha infatti fatto registrare l’impiego delle navi non solo come mezzi di trasferimento da Lampedusa alla penisola (sono state uno dei principali mezzi di trasporto utilizzati all’interno del Piano di accoglienza della Protezione Civile), ma in alcuni momenti sono divenute un luogo di ospitalità, da cui i migranti non potevano allontanarsi e quindi di fatto un luogo di trattenimento. Gli episodi più gravi si sono avuti alla fine di settembre quando tre traghetti (Moby Vincent, Moby Fantasy e Audacia) ormeggiati in banchina nel Porto di Palermo hanno trattenuto qualche centinaio di tunisini per diversi giorni. In un caso dopo 2 giorni una nave è salpata avendo come destinazione il CPSA di Cagliari. I migranti presenti nelle altre due navi, una spostatasi successivamente a Porto Empedocle, sono stati in parte trasferiti nei CIE della penisola dove si erano liberati dei posti e in parte sono stati rimpatriati in Tunisia.

2. Storia e tipologia dei Centri per stranieri in Italia

I primi Centri per stranieri risalgono alla seconda metà degli anni ’90 quando, con l’intensificarsi degli arrivi di migranti provenienti principalmente dal Nord Africa e dai Balcani, ha iniziato ad affermarsi l’idea della necessità di inasprire le norme in materia di allontanamento degli stranieri irregolari. La legislazione italiana dei primi anni ’90, infatti, non prevedeva l’ipotesi di trattenere in apposite strutture cittadini stranieri in attesa di essere rimpatriati e non prevedeva alcun meccanismo atto a rendere effettivi i provvedimenti di espulsione. All’epoca l’esecuzione spontanea dell’ordine di allontanarsi dal territorio italiano era, difatti, alquanto ridotta (Corte dei Conti 2003, 92).

Nel 1995, per migliorare il sistema delle espulsioni e aumentarne l’effettività, è stato approvato il Decreto Legge n. 489/95 (detto “decreto Dini”) con cui si introduceva l’obbligo di dimora per gli stranieri in attesa di rimpatrio. Tale misura

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ha portato al radicarsi della convinzione che la limitazione della libertà personale dei migranti durante il periodo di preparazione dell’allontanamento fosse un utile strumento di contrasto all’immigrazione “clandestina” e che la detenzione potesse servire a meglio gestire le presenze irregolari. Nello stesso anno, inoltre, sono stati istituiti con la legge 563/95, la cosiddetta “legge Puglia”, i primi Centri temporanei d’accoglienza (CTA) destinati a offrire immediato soccorso agli stranieri giunti irregolarmente in Italia, nonché a procedere alla loro identificazione in modo da legittimarne la presenza sul territorio o disporne l’espulsione. Tali strutture, inizialmente allestite solo nelle città di Brindisi, Lecce e Otranto, servivano a tentare di evitare interventi d’accoglienza improvvisati e a diminuire il consueto ricorso a provvedimenti emergenziali di protezione civile per affrontare il numero sempre più cospicuo di arrivi di cittadini stranieri. Questi ultimi, per ragioni giuridiche e per motivi di ordine strutturale (i centri inizialmente erano edifici alberghieri riadattati), rimanevano nei CTA per il periodo di tempo strettamente necessario (Commissione De Mistura 2007, 10; Corte dei Conti 2003, 93). È bene ricordare che i CTA erano strutture adibite per la prima accoglienza e non erano dei Centri detentivi per stranieri paragonabili agli attuali Centri di Identificazione e Espulsione.

Solo nel 1998, infatti, con la legge n. 40/98 (detta “Turco-Napolitano”) si è affermata giuridicamente la possibilità di trattenere i destinatari di provvedimenti di espulsione in apposite strutture definite Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza (CPTA). Tale provvedimento prevedeva la restrizione della libertà solo nei casi di grave pericolo per l’ordine pubblico da attuarsi in conformità alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), alle direttive ministeriali e alle modalità di trattenimento. Il trattenimento poteva essere disposto dopo l’adozione del decreto di espulsione e del decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera.

L’istituzione del sistema dei Centri detentivi per stranieri è dovuta principalmente a ragioni di politica internazionale e comunitaria. Gli accordi di Schengen del ’95, infatti, avevano imposto ai diversi Stati membri, come garanzia di protezione dell’area di libera circolazione delle persone, di aumentare i controlli alle frontiere e di migliorare il sistema delle espulsioni degli immigrati irregolari. Tali accordi, pur non chiedendo esplicitamente ai paesi firmatari l’istituzione di Centri di trattenimento per stranieri e pretendendo soltanto l’adozione di efficienti misure di accompagnamento coattivo alla frontiera, hanno tuttavia comportato la creazione di strutture detentive in tutti gli Stati europei.

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Nel caso specifico italiano l’intenzione originaria era limitare il trattenimento a una minima percentuale di stranieri irregolari (solo gli stranieri rintracciati, senza permesso di soggiorno, per più di una volta sul territorio italiano) esclusivamente al fine di identificarli e rimpatriarli nel più breve tempo possibile (Medici Senza Frontiere 2004, 47-48).

Il sistema del trattenimento non è, tuttavia, rimasto circoscritto. Le ragioni di ciò possono essere ravvisate nella mancanza di una serie di restrizioni normative che avrebbero dovuto essere previste in sede legislativa. La legge n. 40/98, infatti, ha istituito i CPTA senza regolamentarli a sufficienza, senza dare indicazioni precise sulle modalità di trattenimento, senza stabilire linee-guida per la gestione, senza una chiara suddivisione dei compiti tra i diversi Dipartimenti ministeriali interessati al fenomeno, senza creare un’autorità di controllo giurisdizionale sull’amministrazione e sulla gestione della sicurezza.

Attualmente, in seguito alle recenti modifiche apportate al T. U. in materia d’immigrazione, la tipologia di persone che possono essere trattenute in un Centro detentivo per migranti si è notevolmente ampliata. Tutti gli stranieri irregolari destinatari di un provvedimento d’espulsione da eseguirsi con accompagnamento coattivo alla frontiera, nel momento in cui vi sono elementi oggettivi che impediscono l’immediata attuazione dell’allontanamento, secondo la legge sono soggetti al trattenimento. Pertanto, quando sussistono determinate condizioni (lo straniero necessita di assistenza medica; l’identità e la nazionalità dello straniero devono essere accertate; mancano mezzi per acquisire i documenti di viaggio; non sono disponibili mezzi di trasporto idonei o manca il personale per effettuare l’allontanamento) che rendono impossibile l’immediata esecuzione dell’espulsione, il questore deve disporre il trattenimento del migrante per il tempo necessario nel più vicino Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE). Con la legge n. 129 del 2011, inoltre, il trattenimento è deliberato anche «a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento» (art. 14 co. 1 del T. U.). Tale definizione delle circostanze che determinano il trattenimento è così generica da aumentare in modo considerevole le ipotesi di detenzione amministrativa di stranieri e da comportare grande discrezionalità delle decisioni questorili in tal proposito.

In riferimento ai dati dei rintracciati tuttavia, solo una percentuale degli stranieri irregolari individuati sul territorio italiano viene effettivamente trattenuta in un CIE. Tra il 1999 e il 2009, sono difatti stati trattenuti in media circa 170 stranieri ogni 1.000 irregolari rintracciati. Di fatto, viene quindi effettuata una selezione su

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tutti i “clandestini” fermati dalle forze dell’ordine atta a stabilire chi deve entrare in un CIE e chi invece può rimanere in libertà. In base alle testimonianze fornite dagli operatori dei Centri, è possibile individuare alcuni criteri di selezione. In primo luogo, la scelta di trattenere o meno uno straniero dipende dal numero di posti disponibili, quindi dipende da ragioni organizzative. In secondo luogo, si selezionano gli stranieri in base a ragioni gestionali: si cerca di non occupare posti nei Centri con stranieri provenienti da paesi verso i quali difficilmente può avvenire un rimpatrio. Infine, si selezionano i migranti in base a considerazioni di ordine pubblico, “privilegiando” gli stranieri che hanno commesso reati oppure che vengono considerati elementi di disturbo o fonte di tensione sociale (A. Colombo 2012, 125 e 128 e ss.).

È importante ricordare, inoltre, che di fatto entrano nei CIE, in modo illegittimo, alcune tipologie di persone che per legge non dovrebbero essere trattenute o addirittura che non dovrebbero essere espulse. A causa di patologie del sistema, vengono trattenuti anche soggetti vulnerabili (come richiedenti asilo, persone in cerca di protezione umanitaria, vittime di tratta, donne in stato di gravidanza, genitori con figli neonati, minori,… ) ed ex-detenuti. Tutti si ritrovano costretti a vivere in uno stesso luogo in una pericolosa condizione di promiscuità.

Oltre a questo, il sistema dei Centri è caratterizzato da criticità rilevanti emerse già dal momento della sua istituzione. La stessa individuazione delle aree in cui istituire i CPTA è avvenuta in un clima d’emergenza e in assenza di un disegno programmatico che permettesse di superare il solo parametro per cui si sarebbero dovute privilegiare le regioni del Sud della Penisola in quanto maggiormente toccate dagli arrivi di migranti. Anche la scelta delle strutture è avvenuta in assenza di un piano preciso. Per dare immediata esecutività al provvedimento sono stati, infatti, riadattati edifici pubblici già esistenti e ristrutturati in economia o sono stati utilizzati prefabbricati già a disposizione della Protezione Civile. Le strutture impiegate sono state valutate dalla Corte dei Conti, in riferimento al periodo 1999-2001, come inidonee e prive di adeguati livelli di sicurezza (Corte dei Conti 2003, 96). È bene precisare che la valutazione di idoneità e adeguatezza delle strutture adibite a Centri di Permanenza non è legata esclusivamente alla garanzia di dignitosi standard di igiene e sufficienti livelli di sicurezza, ma è determinata anche dal soddisfacimento di parametri pensati specificamente per assolvere le finalità stesse del Centro. Edifici utilizzati per “ospitare” individui che sono semplicemente in attesa di essere rimpatriati e che non hanno commesso alcun reato, dovrebbero infatti essere progettate in modo da

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attenuare il più possibile la limitazione della libertà, garantendo autonomia di movimento all’interno della costruzione e prevedendo spazi idonei per attività religiose e di intrattenimento. Tali strutture, inoltre, dovrebbero essere pensate per coniugare le finalità di trattenimento con l’esigenza di garantire assistenza medica e psico-sociale e dovrebbero essere predisposte in modo da scongiurare situazioni di confusione dovute alla convivenza forzata di esseri umani con esigenze molto diverse tra loro.

Tali criticità, con il passare del tempo, non sono state affrontate. Non a caso, diversi rapporti redatti nel corso degli anni duemila da Medici Senza Frontiere e Amnesty International descrivono i Centri di Permanenza Temporanea (oggi CIE) come caratterizzati da carenze strutturali, nonché da insufficienti servizi di mediazione culturale e assistenza, da disomogeneità nelle procedure e nei costi economici tra le diverse realtà presenti sul territorio nazionale, da una carente conoscenza della legislazione, da scarsa diffusione delle informazioni all’interno dei Centri, da illegittime detenzioni di minori e richiedenti asilo (Medici Senza Frontiere 2004; Amnesty International 2005). Un’ulteriore nodo critico è relativo alla mancanza di controlli sistematici della realtà interna ai Centri. Nel 2005 lo stesso Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti ha sollevato rilevanti perplessità riguardo all’assenza di un ente indipendente atto a supervisionare la gestione dei Centri verificando il rispetto dei diritti umani e l’effettiva erogazione dei servizi sanitari e di assistenza legale (Relatore Speciale ONU per i diritti umani dei migranti 2005).

Le problematiche e le carenze iniziali non sono state compiutamente affrontate, anzi si sono pesantemente aggravate soprattutto in conseguenza di alcune recenti modifiche apportate alla normativa italiana: la trasformazione dei CPTA in CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) nel 2008, con la Lg. n. 125/08, e l’estensione del tempo massimo di trattenimento fino a 18 mesi nel 2011, con la Lg. n. 129/11.

La durata massima di permanenza nei Centri detentivi è uno degli aspetti che ha subito maggiori e frequenti modifiche nel corso del tempo. Originariamente la legge detta “Turco-Napolitano” aveva previsto che il trattenimento potesse essere convalidato per un periodo di venti giorni, prorogabile per altri dieci. Tale periodo era stato poi esteso dalla legge “Bossi-Fini” a trenta giorni prorogabili ad altri trenta. Con il provvedimento legislativo n. 94 del 2009, la tempistica è stata ulteriormente modificata prolungando il termine massimo del trattenimento a 180 giorni da suddividersi in tre successivi periodi di 60 giorni ciascuno e da attivarsi

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solo su richiesta del questore e convalida del giudice di pace. La legge n. 129 del 2011 ha ulteriormente esteso la durata massima di trattenimento nei CIE portandola a diciotto mesi che possono essere convalidati in successive cadenze temporali ripartite in due fasi: la prima fase è estendibile fino a un massimo di 180 giorni (da suddividersi in quattro periodi predefiniti – 30 gg+ 30 gg + 60 gg + 60 gg); la seconda fase può essere estesa fino a un massimo di ulteriori 12 mesi (la proroga del trattenimento avviene, di volta in volta, per periodi non superiori a sessanta giorni) (art. 14 co. 5 T. U.).

L’estensione fino a diciotto mesi del tempo di trattenimento è un aspetto che aggraverà pesantemente le problematiche proprie dei Centri detentivi per stranieri. Esseri umani con esigenze e bisogni molto diversi tra loro costretti a convivere, per diversi mesi, in un unico luogo già carico di tensione possono assumere comportamenti aggressivi verso gli altri trattenuti, verso se stessi o verso le strutture. In contesti particolarmente stressanti, la vulnerabilità può facilmente trasformarsi in aggressività e violenza. Non a caso, rivolte, atti di autolesionismo, tentativi di fuga ed episodi di violenza sono diventati aspetti peculiari dei Centri di trattenimento per migranti.

A un livello più generale, occorre mettere in evidenza che i Centri detentivi per stranieri, pur considerati elementi importanti delle strategie di contrasto all’immigrazione irregolare, non si sono dimostrati strumenti decisivi per migliorare l’effettività delle espulsioni. Nei fatti, il numero dei migranti concretamente rimpatriati è determinato dall’esistenza di accordi stipulati con il paese d’origine, dalla costante cooperazione con gli Stati di transito e di partenza e dall’effettiva collaborazione delle rappresentanze diplomatiche dei rispettivi governi (A. Colombo e G. Sciortino 2008). Nonostante questo, i Centri detentivi sono ancora oggi elementi rilevanti sia in Italia, che in diversi Stati non solo europei.

In Italia, oltre ai Centri detentivi attualmente denominati CIE, esistono anche altre tipologie di strutture d’accoglienza per migranti: i CPSA (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza); i CDA (Centri D’Accoglienza) e i CARA (Centri d’Accoglienza per Richiedenti Asilo).

I CPSA sono strutture istituite nel 2006 al fine di garantire immediato soccorso e prima accoglienza agli stranieri appena giunti in Italia e prima di un loro trasferimento presso gli altri Centri presenti (CDA o CARA o CIE) scelti in base ai bisogni e alle caratteristiche giuridiche del singolo migrante. In tali strutture gli

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stranieri dovrebbero essere trattenuti per un periodo non superiore a 48 ore, il tempo necessario per assolvere alle attività di soccorso. Nei fatti, tuttavia, non sempre questa tempistica viene rispettata. Il Decreto Interministeriale che ha istituito i CPSA, infatti, non dà indicazioni precise riguardo ai tempi e alle modalità di trattenimento degli stranieri.

I CDA derivano dalle strutture predisposte nel ’95 (i CTA di cui si è parlato in apertura) e sono funzionali ad accogliere i migranti il cui status giuridico non è ancora definito e che sono in attesa di regolarizzare la propria presenza sul territorio nazionale. La normativa italiana non definisce con precisione il limite temporale oltre il quale gli stranieri non possono più permanere nei CDA, né circoscrive le modalità di trattenimento e i diritti delle persone ivi presenti. Gli stranieri, secondo la norma italiana, devono rimanere in tali Centri esclusivamente per il tempo necessario all’adozione dei provvedimenti questorili (art. 23 del DPR 349/99). Le carenze legislative indicate di fatto spesso si traducono in situazioni di limitazione della libertà personale senza che essa venga convalidata con un atto motivato dall’autorità giudiziaria.

I CARA sono stati creati nel 2008 (decreto legge n. 25/2008) al fine di accogliere lo straniero richiedente asilo sprovvisto di documenti o che si è sottratto ai controlli alla frontiera in modo da renderne possibile l’identificazione e l’applicazione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. I CARA derivano dai CDI (Centri Di Identificazione) che erano stati istituiti nel 2002 dalla legge n. 189. I richiedenti asilo rimangono in tali strutture fino a che non viene comunicato loro il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria oppure, in caso di parere negativo della Commissione, nei quindici giorni successivi il diniego. Comunque lo straniero non può rimanere nei CARA per più di sei mesi dalla presentazione della domanda d’asilo. Occorre evidenziare che gli stranieri accolti in questi Centri si trovano in una condizione “semi-detentiva” in quanto possono lasciare le strutture durante il giorno, ma devono farvi ritorno per la notte. Nei fatti, però, i richiedenti asilo vengono sovente trattenuti nelle strutture o si trovano in situazioni che rendono difficile o poco sensato uscire dal complesso (diversi CARA sono infatti situati in aperta campagna e gli stranieri sono sprovvisti di mezzi di trasporto). (Medici Senza Frontiere 2010; Senato della Repubblica italiana 2012).

I dati del Ministero dell’Interno attestano che i nove CARA attualmente in funzione nella Penisola possono accogliere in totale circa 4.000 richiedenti asilo. È bene, infine, ricordare che non tutti i migranti in cerca d’asilo vengono ospitati in

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queste strutture, molti prendono parte al Progetto SPRAR (Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati), sostenuto finanziariamente da un Fondo statale appositamente creato per le politiche e i servizi dell’asilo. Il Progetto è costituito da una rete di enti locali e di altri soggetti del terzo settore che avviano percorsi d’accoglienza radicati a livello territoriale e pensati partendo dai bisogni dei singoli in modo da garantirne un’effettiva integrazione socio-economica. I diversi interventi prevedono misure di informazione, orientamento e accompagnamento funzionali a sostenere l’inserimento sociale e l’acquisizione di autonomia dei singoli richiedenti asilo, superando un’impostazione puramente assistenziale. A oggi, sono attivi 151 Progetti SPRAR con circa 3.000 posti disponibili. (www.serviziocentrale.it; Senato della Repubblica italiana, 2012).

3. La gestione dei Centri

L’autorità competente per l’attivazione e la gestione dei Centri per migranti, sin dalla loro istituzione, è stata rappresentata dalle Prefetture Utg (Unità territoriale di governo). Esse, per provvedere all’amministrazione delle strutture, hanno sempre usufruito della possibilità di avvalersi della collaborazione e delle prestazioni di enti locali o altri soggetti pubblici o privati i quali, a propria volta, hanno sempre potuto subappaltare alcuni servizi a cooperative, associazioni, ong (art. 22 del D.P.R. 394 del 1999). Le Prefetture italiane non hanno mai di fatto gestito direttamente i Centri, ma ne hanno sempre affidato l’amministrazione a enti esterni, a enti non parte degli organi statuali, ma non necessariamente privati.

Tra il 1998 e l’inizio degli anni duemila quasi tutti i CPTA attivi in Italia erano stati dati in gestione, tramite affidamento diretto, alla Croce Rossa Italiana, un’organizzazione pubblica scelta dalle diverse Prefetture in base alla profonda fiducia che esse avevano nell’esperienza e nelle capacità di coordinare interventi di assistenza umanitaria e d’emergenza proprie dell’associazione stessa. Nei pochi casi rimanenti, la gestione nei Centri era stata affidata ad associazioni conosciute per la propria professionalità in attività assistenziali e che già avevano un consolidato rapporto di partenariato con le Prefetture territoriali, oppure a enti che erano proprietari delle strutture utilizzate per la detenzione amministrativa. Riguardo a questo ultimo caso, è opportuno ricordare il Centro “Regina Pacis” di San Foca di Melendugno (Lecce) in quanto, secondo alcuni osservatori, esso è il

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primo CPT privato italiano (T. Barrucci e S. Liberti 2004, 57). La struttura, in origine colonia estiva per bambini di famiglie indigenti e successivamente Centro d’accoglienza per albanesi e kossovari giunti in Italia nel corso degli anni Novanta del Novecento, è stato trasformato in Centro di Permanenza Temporanea. La sua gestione è stata da subito affidata al proprietario dell’edificio, la curia di Lecce, che ha esercitato la propria funzione amministrativa attraverso un’associazione senza fini di lucro, la fondazione “Regina Pacis”, appositamente creata e diretta da don Cesare Lodeserto.

Nonostante questi pochi casi, inizialmente si era venuta a creare una situazione di monopolio della Croce Rossa Italiana, al punto da attenuare fortemente ogni incentivo a migliorare la qualità dei servizi erogati o ad abbassare i costi di gestione delle strutture (Corte dei Conti 2003). Alla CRI, inoltre, venivano affidati anche incarichi non strettamente connessi al proprio specifico ambito di competenza, l’assistenza umanitaria, ma legati alla pura amministrazione dei Centri. In tal modo le Prefetture territoriali evitavano di stipulare diversi contratti per la gestione delle strutture per migranti, comportando però la sottoscrizione da parte della CRI di numerosi subappalti per servizi differenti, come la ristorazione, la pulizia, etc.

I rischi di diseconomie e disomogeneità non sono stati allontanati, sebbene le Prefetture fossero obbligate a stipulare annualmente nuove convenzioni da sottoscriversi in seguito alla valutazione dell’operato dell’ente relativo all’anno precedente e sebbene tali convenzioni dovessero essere approvate dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Inefficienze e profonde disparità tra le diverse realtà presenti sul territorio italiano possono essere dovute alla mancanza di un’autorità autonoma preposta a effettuare regolari controlli sui servizi erogati e sui costi sostenuti. Si pensi che nei primi tre anni di attività dei CPTA non erano disponibili, neanche per l’amministrazione centrale italiana, dati precisi relativi alla presenza media giornaliera di migranti transitati nelle strutture e alla spesa effettuata.

Per tentare di risolvere o almeno arginare le criticità proprie del sistema dei Centri per stranieri, il Ministero dell’Interno ha emanato alcuni documenti contenenti alcune regole e linee-guida per la gestione dei Centri per stranieri e che costituiscono ancora oggi gli unici punti di riferimento esistenti:

Direttiva Generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza del 2000, contenente le istruzioni generali per l’istituzione, l’attivazione e la

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gestione delle strutture per migranti. Per la prima volta in Italia veniva fissata la regola del ricorso a procedure concorsuali per la scelta dell’ente gestore e venivano indicati le prestazioni e le attività da garantire. La Direttiva era molto generale. I servizi da erogare venivano semplicemente elencati (servizi alla persona e di benessere vario, assistenza sanitaria, legale, morale e religiosa, attività di socializzazione e diffusione di informazioni) senza dare indicazioni precise sulle prestazioni da garantire o indicare la quantità e il grado di professionalità degli operatori da impiegare nel Centro in relazione al proprio ambito di intervento;

Convenzioni tipo e "linee guida" per la gestione di Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza (CPT) e di Centri di Identificazione (CID, già centri d'accoglienza) del 2002, contenente linee-guida gestionali comuni a livello nazionale e uno schema di convenzione tipo da usare per l’affidamento delle attività di direzione e amministrazione dei Centri. Il documento prevedeva che la scelta dell’ente gestore dovesse essere preceduta da una gara ufficiosa da rinnovarsi ogni due anni e che la valutazione dei Prefetti dovesse tenere conto dell’offerta economicamente vantaggiosa e dell’elevata competenza, professionalità e vocazioni statutarie dei diversi enti pubblici o privati. Le convenzioni, che variavano a seconda che la struttura fosse o meno di proprietà demaniale, dovevano contenere le liste dei nominativi degli operatori, l’indicazione del Direttore responsabile dell’amministrazione e l’elenco dei singoli servizi previsti. La quantità degli operatori doveva rispettare gli standard predisposti dal documento contenente le linee-guida (fino a 50 ospiti dovevano essere presenti 3 operatori; dai 50 ai 150 trattenuti, 9 operatori; oltre i 150 ospiti, 9 operatori ai quali si doveva aggiungere 1 operatore ogni 20 trattenuti). Anche l’assistenza sanitaria doveva essere garantita con l’istituzione di un ambulatorio in cui era presente un infermiere professionale (e in alcune fasce orarie anche un medico) per un numero di ore proporzionale alla quantità di trattenuti. Veniva, inoltre, indicata la quantità di ore in cui garantire i servizi di assistenza psico-sociale e di mediazione linguistico-culturale. Le prestazioni venivano, tuttavia, semplicemente indicate da linee generali e suddivise in tre tipologie: assistenza generica; gestione amministrativa; assistenza sanitaria. Si dava infine la possibilità di subappaltare liberamente alcuni servizi, come la ristorazione e la pulizia. La manutenzione delle strutture doveva essere affidata a una delle imprese già selezionate dalla Società Concessionaria Servizi Informativi Pubblici;

Decreto Ministeriale del 21 novembre 2008. Il documento ripropone le stesse linee-guida gestionali del 2002, comprese le indicazioni riguardo alla quantità di

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operatori necessari in relazione al numero di trattenuti. Gli unici elementi di novità introdotti riguardano il tipo di rapporto negoziale tra la Prefettura e l’ente gestore, che viene stabilito con convenzioni triennali non rinnovabili, e concernono in parte le procedure per il reclutamento del soggetto amministratore. Quest’ultimo viene scelto dalla Prefettura solo in seguito a una vera e propria gara d’appalto il cui bando pubblico viene costruito facendo riferimento al suddetto schema.

I documenti elencati hanno progressivamente aumentato la concorrenza tra i soggetti pubblici e privati che intendono aggiudicarsi la gara (ponendo fine alla situazione di monopolio gestionale della Croce Rossa Italiana) e hanno comportato un parziale abbassamento dei costi di gestione.

Secondo le stime del Ministero dell’Interno la gestione dei Centri per immigrati costa allo Stato italiano più di 200.000 euro al giorno, in media circa 45 euro per ogni straniero6. Le spese differiscono molto a seconda degli enti gestori dei Centri creando una situazione profondamente difforme sul territorio italiano. Si va infatti da un minimo di 24 euro, al giorno per migrante, del CARA di Foggia, ai 34 euro previsti per la gestione del CIE di Bari, fino a un massimo di 75 euro del CIE di Modena. Nel 2012 il CIE di Bologna è stato oggetto di una nuova gara di appalto in cui la Prefettura ha fissato un tetto massimo di 28 euro al giorno. Sarà interessante capire quali servizi verranno offerti a tale costo e se e come differiscono da quelli forniti in precedenza.

È inoltre importante precisare che la cifre sopra citate necessarie per la gestione dei Centri per immigrati non comprendo altri costi fondamentali, per esempio, per sostenere il lavoro delle forze dell’ordine impegnate a garantire la sicurezza all’interno dei Centri; le spese per le pratiche legali e le attività dei giudici di pace che devono convalidare le notifiche dei trattenimenti e delle espulsioni; la gestione completa di ogni immigrato irregolare dal fermo all’espulsione. Senza addentrarsi in considerazioni relative all’efficaci del sistema, non vi è alcun dubbio che il sistema dei centri per stranieri sia un sistema molto costoso e - come già sottolineato dalla Corte dei Conti – risulta difficile operare una «valutazione circa l’efficienza e l’economicità della gestione, nonché la possibilità di utili raffronti tra gestioni diverse»7.

Permangono molte disomogeneità tra le diverse strutture e l’attuale sistema che 6 Cfr., Interpellanza Parlamentare C.2/01053, 2011, http://tribuna-italiana.blogspot.com/2011/04/pesanti-costi-dellimmigrazione.html. 7 Corte dei Conti, Gestione delle risorse… per l’anno 2002, p. 103.

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regola i Centri non sembra capace di garantire un livello adeguato di trasparenza funzionale in grado di ostacolare comportamenti illeciti.

4. Elementi di criticità

4.1 Il trattenimento nei CIE e l’ospitalità nei CARA, CDA e CPSA.

Uno straniero destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento può essere trattenuto all’interno di un Centro di Identificazione e Espulsione (CIE) qualora:

non sia possibile eseguire con immediatezza l’espulsione (art. 13, co. 4 D.lgs. 286/1998, di seguito TU) o il respingimento (art. 10, co. 2 TU) a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento (specifica aggiunta con la legge n. 129/2001)

sia necessario: a) prestare soccorso allo straniero; b) accertarne l’identità e la nazionalità; c) acquisire i documenti di viaggio o un mezzo di trasporto (art. 14 co. 1 TU).

A queste ipotesi si aggiungono: il trattenimento in caso di straniero sottoposto a procedimento penale e non in custodia cautelare, nell’attesa che l’autorità giudiziaria emetta il nulla osta, necessario per procedere all’espulsione (art. 13 co. 3 TU); il trattenimento nelle more del giudizio di convalida del provvedimento di accompagnamento coattivo, qualora non sia possibile decidere nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento prima del trasferimento in un CIE (art. 13 co. 5 bis).

Infine il richiedente asilo deve essere trattenuto in un CIE (art. 21 d.lgs. 25/2008) qualora:

si trovi in una delle condizioni previste dall’articolo 1 par. f) della Convenzione di Ginevra, e cioè abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità; abbia commesso un crimine grave di diritto comune fuori dal paese ospitante prima di essere ammesso come rifugiato; si sia reso colpevole di atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite;

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sia stato condannato in Italia per uno dei delitti per cui il codice di procedura penale prevede l’arresto obbligatorio in flagranza, per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;

sia destinatario di un provvedimento di espulsione.

Diversamente, un richiedente asilo è ospitato - per un tempo massimo tra i 20 e i 35 giorni a seconda delle ipotesi - in un Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA) quando (art. 20 d. lgs. n. 25/2008):

occorra verificarne o determinarne l’identità o nazionalità, il richiedente asilo non sia in possesso di documenti di viaggio o di identità o, al suo arrivo, abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;

ha presentato la richiesta di asilo dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;

ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare.

Di altra natura ancora le ragioni sottostanti alla possibilità di essere ospitati in un Centro Di Accoglienza (CDA) o in un Centro di Primo Soccorso e Assistenza (CPSA).

In questo caso manca un riferimento legislativo univoco, ma la funzione dei centri si ricava dal combinato disposto di più norme. I più risalenti nel tempo, i CDA sono stati istituiti dal d.l. 451/1995, convertito nella legge 563 del 1995, nota come Legge Puglia, che prevedeva la possibilità di istituire lungo la frontiera marittima pugliese tre centri per le «esigenze di prima assistenza» degli stranieri sbarcati sulle coste e prevedeva alcune norme specifiche in materia di distribuzione degli oneri di spesa di questi centri. Successivamente l’art. 23 del regolamento di attuazione del Testo Unico, il D.P.R. 394 del 1999 prevede che «le attività di accoglienza, assistenza e quelle svolte per le esigenze igienico-sanitarie, connesse al soccorso dello straniero» possono essere effettuate «per il tempo strettamente necessario» all'avvio dello stesso ai CIE o all'adozione dei provvedimenti occorrenti per l'erogazione di specifiche forme di assistenza di competenza dello Stato. L’articolo 23 espressamente sancisce che tali attività possano essere

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effettuate anche al di fuori dei CIE. È quindi evidente che per i CDA non esiste una base legislativa valida per l’intero territorio nazionale, a prescindere dalla norma a carattere territoriale che ne determinò le prime istituzioni.

Successivamente un decreto interministeriale del 16 febbraio 2006 ha istituito i Centri di Primo Soccorso e Assistenza (CPSA). Questi Centri sono destinati a accogliere gli stranieri intercettati e soccorsi in mare, prima di procedere a un loro trasferimento in altre strutture.

CDA e CPSA sono accomunati quindi dall’essere entrambi destinati al soccorso di breve durata degli stranieri, indipendentemente dal loro status giuridico. Non esistono previsioni normative per quanto attiene alle condizioni e alle modalità di trattenimento.

A queste tipologie di centri nel 2011 si sono aggiunte le strutture di accoglienza aperte nell’ambito del cd. “Piano per l’accoglienza dei migranti” deciso dalla Presidenza del Consiglio – Dipartimento della Protezione Civile, a seguito dell’accordo intervenuto il 6 aprile tra Stato, Regioni e Enti Locali. Si tratta di strutture dove gli stranieri sbarcati, non destinatari di un provvedimento di espulsione, sono stati collocati dal Dipartimento della Protezione Civile, mediante un preciso piano di smistamento (si veda par. 1.1). Gli stranieri possono rimanere all’interno di tali strutture fino al dicembre 2012, data in cui è prevista la cessazione dello Stato di Emergenza che ha determinato l’avvio dell’accoglienza da parte del Dipartimento della Protezione Civile.

È evidente che si tratta di strutture con funzioni differenti, rivolte a target diversi o destinate alla generalità degli stranieri ma per un tempo definito. Diversi sono anche i profili di criticità giuridica che li coinvolgono.

L’istituzione e l’attuale regolamentazione del CIE, certamente il centro per migranti maggiormente oggetto di attenzione, suscita più di un interrogativo.

Se si osservano le modifiche del 2011, brevemente delineate nel capitolo precedente, suscita più di una perplessità la sistematicità con cui il ricorso al CIE è previsto. La Direttiva 2008/115/CE, cd. Direttiva Rimpatri, al primo comma dell’art. 15 restringe le ipotesi di trattenimento a situazioni strettamente necessarie e in particolare legate a una responsabilità dell’espellendo, con la seguente formula: «Salvo se nel caso concreto possono essere applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un

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rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio». Le ipotesi di trattenimento legate, quindi, a incapacità dell’Amministrazione (acquisire il titolo di viaggio, il mezzo di trasporto, l’ottenimento di documenti) non sembrano del tutto in linea con la Direttiva.

Sul piano del diritto interno, sin dalla loro istituzione i CIE destano più di una perplessità rispetto all’effettivo rispetto dei principi della riserva di legge, di giurisdizione e del diritto di difesa (presupposti vaghi, provvedimento adottato in via ordinaria dall’autorità di pubblica sicurezza, mancata previsione legislativa delle udienze di proroga). Senza richiamare qui un dibattito ampiamente affrontato nella letteratura specializzata, è opportuno però ricordare che la Corte Costituzionale nel 2001 ha affermato in modo univoco che il trattenimento nei CIE è misura incidente sulla libertà personale e come tale deve rispettare le garanzie previste nell’art. 13 della Costituzione. Senza alcun dubbio, quindi, il trattenimento presso i CIE è una misura restrittiva della libertà personale, i cui presupposti richiedono un attento vaglio di merito da parte dell’autorità giudiziaria e stante la lacunosità della normativa di grande utilità sarebbe un intervento legislativo o quanto meno stringenti indicazioni da parte dell’Amministrazione sulle procedure da seguirsi da parte degli uffici del Questore, quantomeno nelle richieste di proroghe.

L’ospitalità presso i CARA non sembra presentare particolari profili di criticità di carattere giuridico, essendo lo strumento in linea con le Direttive Europee (e confermato nel 2009 dalla corte di Giustizia nella sentenza Kadzoev). Come precedentemente sottolineato, invece, risultano assai rilevanti le criticità gestionali.

Infine, i CPSA e i CDA, come anticipato, hanno uno status giuridico incerto, in gran parte dovuto all’assenza di regolamentazione, che rende particolarmente problematico definire la natura dell’ospitalità in questi centri. Sono entrambi centri generalisti, non destinati a una categoria specifica di migranti, ma con una funzione definita, il soccorso e l’assistenza dei migranti recentemente giunti in territorio italiano. Non sono definiti dalla legge i presupposti che giustificano la permanenza nei centri né la durata massima della stessa. Sul piano giuridico ciò risulta particolarmente problematico, non essendo questi centri, in genere, luoghi da cui il migrante può allontanarsi volontariamente, ed essendo spesso sorvegliati

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da personale civile e militare, nonché dotati di cancelli e filo spinato che ne delimitano l’area. L’ospitalità in tali luoghi non è supportata da alcun titolo giuridico emesso da qualsivoglia autorità, nemmeno l’autorità di pubblica sicurezza e non viene sottoposto ad alcun vaglio giurisdizionale. Qualora il trattenimento non permanga entro limiti di tempo particolarmente stringenti (il limite delle 48 ore indicato dall’articolo 13 della Costituzione) si configura sicuramente una violazione della normativa costituzionale in merito di privazione della libertà personale. Nel 2011 a tal proposito due esposti sono stati due presentati, alla Procura di Agrigento e alla Procura di Palermo, in merito rispettivamente al trattenimento presso il CPSA di Lampedusa e alla permanenza dei migranti sulle navi ormeggiate al Porto di Palermo nel settembre 2011. In entrambi gli esposti si ravvisa la possibilità che tali trattenimenti, violando il dettato costituzionale, configurano i reati di violenza privata e nel caso del CPSA di Lampedusa anche di sequestro di persona.

4.2 Condizioni delle strutture e qualità dei servizi.

Uno dei più significativi elementi di criticità dei Centri per stranieri, sia attualmente che in passato, riguarda le condizioni delle strutture utilizzate che, in diversi casi, si sono rivelate inadeguate e inidonee. Non esiste, infatti, alcun documento ministeriale che fornisca linee-guida nazionali riguardo alla costruzione e all’individuazione delle zone in cui edificare i Centri. Solo la Direttiva Generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza del 2000 contiene alcune indicazioni di massima sulle caratteristiche generali che dovrebbero avere le costruzioni da adibirsi a Centri di trattenimento (Ministero dell’Interno 2000). Nella realtà sono stati, tuttavia, riadattati edifici già esistenti e costruiti per altre finalità (come ex-caserme, ex-centri geriatrici,… ) o sono stati utilizzati container.

Quando di nuova costruzione, gli edifici sono modellati su esempio degli istituti penitenziari con elevate mura esterne e diverse recinzioni interne in modo da separare gli spazi. Le strutture sono composte da moduli diversi al fine di isolare, con l’uso anche di barriere metalliche, i blocchi abitativi dagli altri spazi del Centro in cui vengono erogati i differenti servizi. Quindi i trattenuti, per poter accedere per esempio alle zone dedicate alla consulenza legale o all’infermeria devono chiedere l’autorizzazione ed essere accompagnati dalle forze di pubblica sicurezza che costantemente li sorvegliano. La libertà di movimento all’interno dei Centri, che in teoria dovrebbe essere garantita a chi è soggetto a una detenzione di

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tipo amministrativo, viene di fatto negata. Questo produce passività e frustrazione, acuendo il livello di tensione nei Centri. Riguardo a ciò la Commissione De Mistura, che ha effettuato nel corso del 2006 una serie di visite in tutti i CPT italiani dell’epoca, ha riflettuto, evidenziando il fatto che la libera circolazione interna ai Centri detentivi (compatibilmente con le esigenze pratiche e le attività), insieme all’esistenza di servizi interni volti alla socializzazione tra i trattenuti, è un elemento determinante per migliorare le condizioni di vivibilità, per stemperare la tensione e per evitare l’esplosione di episodi di violenza all’interno delle strutture (De Mistura 2007, 17).

Occorre, infine, ricordare che sono stati anche costruiti Centri polifunzionali, per metà Centri di Identificazione ed Espulsione e per metà Centri per Richiedenti Asilo. Tale soluzione si è rivelata inadeguata, in quanto ha comportato il rischio di assimilazione tra strutture istituite a fini diversi (Medici senza Frontiere 2010, 17; Medici per i Diritti Umani 2010). I Centri polifunzionali attualmente in funzione sono: Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Località S. Anna (Crotone), Via Corelli di Milano, Contrada Pian del Lago (Caltanissetta). In queste ultime due strutture, però non risultano ospiti nel 2009 e nel 2010 nella parte adibita a CARA.

Le inadeguatezze strutturali sono anche legate ai livelli minimi di igiene e sicurezza, che in talune realtà non sono garantiti. Si pensi, per esempio, agli edifici che ospitano il CIE Serraino Vulpitta di Trapani e quello di Lamezia Terme che, costruiti per finalità diverse rispetto al trattenimento, sono caratterizzati da spazi angusti e opprimenti tanto da non consentire accettabili condizioni di vita (Medici Senza Frontiere 2004; 2010).

Alcuni problemi di vivibilità nei CIE sono, pertanto, determinati da ragioni strutturali connesse sia alle finalità e modalità di costruzione degli edifici, sia alla scarsa regolamentazione dell’intero sistema dei Centri.

La qualità e la quantità dei servizi erogati dipendono direttamente dalle capacità e professionalità dei singoli enti gestori le cui prestazioni sono comunque condizionate dalle stesse criticità difficilmente risolvibili dei Centri.

La distribuzione dei beni di prima necessità, ad eccezione del CIE di Roma, è stata valutata dagli operatori di Medici Senza Frontiere come sostanzialmente adeguata per tutte le strutture italiane (Medici Senza Frontiere 2010). Va comunque rilevato che nel passato si sono registrati, in base alle testimonianze di operatori che hanno prestato servizio in alcune strutture, casi in cui i pasti venivano serviti dai camion che facevano ingresso al Centro e venivano consumati in condizioni

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precarie. Le altre tipologie di servizi, pur sussistendo profonde differenze tra i diversi Centri, sono generalmente carenti. Inoltre, sussiste un rilevante divario tra le prestazioni effettivamente garantite e gli standard gestionali determinati dal Ministero dell’Interno.

Si pensi al servizio di mediazione culturale, fondamentale per una corretta comunicazione tra operatori e trattenuti e per un’efficacie erogazione di altre prestazioni, che è, in generale, estremamente carente, talvolta inesistente. I CIE di Roma e di Torino, per esempio, sono addirittura sprovvisti di mediatori culturali; quelli di Milano e Lamezia Terme hanno un solo mediatore (Medici Senza Frontiere 2010, 8). Le uniche realtà positive sono le strutture di Bologna e di Modena in cui è impiegato un numero di operatori adeguatamente proporzionato rispetto alla quantità di trattenuti. I Centri dell’Emilia Romagna, tuttavia, costituiscono delle eccezioni in quanto alcuni dei servizi erogati, come l’assistenza legale, l’assistenza psico-sociale e la mediazione culturale, sono garantiti da figure professionali e operatori pubblici, provenienti dagli enti locali e non direttamente dall’ente gestore. Il contatto tra i Centri e le realtà territoriali in cui sono situati, in particolare la presa in carico da parte degli enti locali di alcune delle prestazioni da garantire all’interno delle strutture in modo da assicurarne la continuità e da pianificare programmi di assistenza mirati, è l’elemento, già individuato dalla Commissione De Mistura, che potrebbe portare e assicurare un significativo miglioramento dei servizi e delle condizioni di vivibilità interni (Commissione De Mistura 2007, 33). In tale prospettiva, i sevizi sanitari nei Centri in particolare potrebbero essere soggetti a un cambiamento decisamente positivo. Se il sistema sanitario nazionale, attraverso il lavoro delle agenzie locali, si assumesse la titolarità esclusiva degli interventi di assistenza medica nelle strutture con l’istituzione di un apposito fondo di finanziamento, molte criticità potrebbero essere compiutamente affrontate.

Attualmente invece, l’assistenza sanitaria è impostata per avere una capacità ricettiva immediata e per offrire cure basilari e di primo soccorso. Le patologie che necessiterebbero di terapie di lungo periodo vengono generalmente trascurate. Inoltre, i trasferimenti verso gli ospedali per visite specialistiche o analisi sono infrequenti. Una delle problematiche più rilevanti è, come si è detto, la scarsa o nulla collaborazione formale tra l’ente gestore e le strutture ospedaliere esterne o le ASL. Oltre a ciò, si pensi che l’accesso agli ambulatori interni alle strutture non è diretto, ma viene organizzato dagli operatori il compito dei quali è di trasmettere la richiesta dei trattenuti al direttore del Centro e di accompagnare gli stranieri

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alle visite mediche (Medici Senza Frontiere 2010, 9).

Anche il trattamento delle tossicodipendenze o dei disagi di tipo mentale viene sovente affrontato in modo poco strutturato e programmatico e generalmente facendo un ampio ricorso a metadone o a farmaci psicotropi. Soluzioni pronte all’uso che hanno anche l’effetto di calmare i trattenuti. Anche in questo caso la collaborazione continuativa, che esiste solo per alcune realtà, con i servizi locali - i SERT e i Dipartimenti di Salute Mentale - potrebbe costituire un’alternativa maggiormente efficace e omogenea a livello nazionale.

In quasi tutti i CIE italiani risulta insufficiente la diffusione di informazioni riguardo alle prestazioni del Centro, ai diritti e ai doveri dei singoli. Non vengono quasi mai date indicazioni sul regolamento interno o fornita assistenza legale. Alcuni Centri (Torino, Bari, Gorizia) sono perfino sprovvisti di uno sportello legale di orientamento. Altri Centri (Roma, Caltanissetta, Lamezia Terme) offrono, invece, un servizio profondamente inadatto rispetto al numero di trattenuti.

4.3. La sicurezza interna

La gestione della sicurezza interna è un problema particolarmente rilevante all’interno dei CIE. La situazione interna dei CPSA, CDA e dei CARA è in genere meno caratterizzata da tensioni e rivolte. Fa eccezione il CPSA di Lampedusa per la sua particolare situazione, ciclicamente teatro di tensioni, rivolte che hanno portato nel 2011 anche alla chiusura della struttura a causa dei danni causati da un incendio. Periodicamente nei CIE si verificano incendi, rivolte, fughe. Spesso si tratta di episodi rischiosi per l’incolumità dei trattenuti. Molti di questi episodi si legano alla situazione percepita senza via d’uscita in cui si trovano i migranti.

Un aspetto strettamente legato alla sicurezza interna ai Centri è costituito dal livello di intrattenimento e di coinvolgimento in attività interne per i trattenuti. Questi ultimi, molti dei quali soggetti vulnerabili, non sono quasi mai coinvolti nella programmazione o nello svolgimento delle attività gestionali. In molti dei CIE italiani, inoltre, non sono neppure previste attività di intrattenimento e svago. Tali elementi causano l’emersione e la diffusione tra gli stranieri presenti nei Centri di emozioni negative come passività, depressione, apatia, aggressività. Ancora, il fatto che per ragioni di sicurezza non venga permesso ai migranti di possedere libri e giornali da leggere o un accendino per poter fumare, in quanto considerati oggetti potenzialmente pericolosi (sia nei confronti degli altri, che della struttura e di se stessi), permette di cogliere il livello di inattività caratterizzante

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la vita all’interno delle strutture e il conseguente grado di avvilimento e umiliazione.

Le emozioni negative richiamate portano, come già detto, all’assunzione di comportamenti aggressivi, all’esplosione di episodi di violenza, a rivolte, nonché ad atti di autolesionismo. Questi ultimi sono particolarmente significativi in quanto testimoniano la condizione di estremo disagio in cui i migranti si trovano. Si pensi che nel CIE di Ponte Galeria (Roma), secondo quanto affermato da un sanitario del Centro, nel marzo 2009 venivano portate all’infermeria della struttura dalle dieci alle dodici persone al giorno per lesioni auto inflitte. Principalmente tagli fatti con lamette da barba e tentativi di impiccagione (Medici per i Diritti Umani 2010, 6 e 9).

Frequenti sono gli episodi di autolesionismo grave che vedono gli stranieri ingoiare piccoli oggetti (tagliaunghie, batterie, lamette) non solo come manifestazione di disagio, ma anche come tentativo estremo di trovare una via d’uscita dal CIE. La gravità della situazione può giustificare il ricovero presso una struttura ospedaliera; in alcuni casi successivamente all’intervento sanitario gli stranieri si allontanano dalla struttura ospedaliera, al fine di non rientrare più al CIE, nonostante la situazione critica di salute. Alcuni sanitari hanno inoltre rilevato come si verifichino fenomeni di imitazione da parte dei trattenuti dei “comportamenti autolesionistici di successo”. Si fa con questa locuzione riferimento ai comportamenti che hanno permesso al trattenuto di uscire dal CIE e essere ricoverato, avendo così una chance di fuga efficacemente sfruttata.

Oltre a ciò, in alcune realtà per esempio il CIE di Milano (come riportato da alcuni parlamentari nel corso di un’intervista rilasciata dopo aver visitato il Centro di Via Corelli il 25 luglio 2011 nell’ambito della Campagna LasciateCIEntrare) viene perfino sottratto ai trattenuti il cellulare per evitare che scattino foto e filmino all’interno della struttura, per evitare che producano prove di testimonianza, ostacolando peraltro la comunicazione con l’esterno che spetterebbe loro di diritto (http://corriereimmigrazione.blogspot.com/2011/07/visita-al-cie-di-via-corelli-milano.html#more). Alcune di queste imposizioni sono più restrittive di quelle previste nelle carceri e costringono all’immobilità i migranti che dichiarano di vivere un tempo che non passa mai, un tempo eterno. È molto diffusa tra i trattenuti ex-detenuti la convinzione che si sta meglio in carcere. Le ragioni di questo possono essere dettate non solo dalla qualità dei servizi e dalle condizioni di decoro della struttura, ma anche dall’assenza di procedure precise e chiare che regolamentano la vita all’interno delle strutture. Mentre nei penitenziari esistono

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regole e protocolli che irreggimentano ogni singolo aspetto della quotidianità, rendendo la vita stessa meno difficoltosa, i Centri per stranieri ne sono sprovvisti. Anche se le linee-guida ministeriali impongono alle Prefetture e agli enti gestori di redigere un regolamento interno per il Centro di propria competenza, esso è nella quasi totalità dei casi troppo generale e privo di protocolli precisi.

Al di là delle differenze tra i singoli Centri e tra gli enti gestori, emergono alcuni elementi comuni a tutte le realtà detentive per migranti come la situazione che si viene a creare all’interno delle strutture, il clima in cui non vi è spazio per la privacy e in cui le peculiarità individuali vengono negate e rese indistinte, il contesto antisociale che impedisce l’instaurazione di relazioni umane costruttive, l’ambiente in cui si attuano i meccanismi di repressione, esclusione e violenza: vere e proprie istituzioni totali. Il fatto inoltre che i Centri siano realtà completamente separate dal territorio in cui si trovano, che siano strutture inaccessibili al resto della società e chiuse a qualsiasi contatto con l’esterno contribuisce a bloccare sempre più i trattenuti, nonché ad aumentare il rischio di ulteriori violazioni. Un elemento fondamentale che potrebbe scongiurare inefficienze, inadeguatezze, illeciti o addirittura abusi è costituito dalla trasparenza e dal controllo giurisdizionale indipendente. Tale possibilità viene avvertita come una necessità anche da molti operatori che si trovano spesso a dover gestire, forti solo della propria esperienza e professionalità, situazioni particolarmente stressanti e talvolta pericolose in cui i singoli aspetti della quotidianità possono rivelarsi problematici.

5. I numeri dei centri

5.1. Le presenze nei centri.

I centri (CARA, CDA, CPSA, CPA e CIE) oggi esistenti in Italia sono stati istituiti mediante Decreto Ministeriale o Interministeriale, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 per quanto riguarda i CIE, in tempi più recenti (tra il 2005 e il 2009) per i CARA e i CDA. I CPSA e i CDA precedentemente istituiti con la legge Puglia, hanno poi mutato destinazione d’uso mediante Decreto Ministeriale.

È interessante notare dalla tabella sottostante lo scarto esistente tra la capienza teorica e quella effettiva. In positivo lo scarto per quanto riguarda i CDA e i

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CARA, dovuto all’aumento delle capienza del Centro di Bari e di quello di Crotone nel corso del 2011. Se si osservano, invece, i dati dei CIE la capienza effettiva è inferiore a quella teorica di poco più di 600 unità, che rendono il sistema CIE funzionante al 67%. La maggior parte delle ragioni della differenza è legata a inagibilità conseguenti a incendi e danneggiamenti, a ulteriore conferma del malessere esistente all’interno delle strutture che sfocia in disordini e rivolte.

Tabella 2. Dati relativi a CPSA e CPA (dati al 1 febbraio 2012)

Località

Ente gestore D.M. Istitutivo Capienza teorica

Capienza effettiva

Motivo differenza

CPSA

Agrigento -Lampedusa

CNS-Lampedusa Accoglienza

D.I. 16.02.2006 381 0 attualmente inagibile per

accertamenti in corso

Cagliari Elmas Coop. Sisifo L. 29.12.1995 n.563 (Legge Puglia) destinato a CPSA con convenzione del 13.05.2008

220 220

Ragusa - Pozzallo

Comune di Pozzallo L. 29.12.1995 n.563 (Legge Puglia) destinato a centro di accoglienza temporaneo con convenzione del 17.06.2008

180 180

Centri di Primissima Accoglienza

Lecce - Otranto*

Comune di Otranto individuato ai sensi della L.29.12.1995 n.563 (Legge Puglia) destinato a CPA con Protocollo di Intesa del 04.08.2010 tra Prefettura, comune, altre amministrazioni locali e associazioni

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* Il Centro viene attivato solo in caso di necessità legate agli arrivi e limitatamente a permanenze inferiore a 24 ore. Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

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Tabella 3. Dati relativi a CDA e CARA (dati al 1 febbraio 2012)

Località Ente gestore

D.M. Istitutivo Capienza teorica

Capienza effettiva

Motivo differenza

CDA-CARA

Ancona Hotel Le Terrazze

individuato come CDA ex L. 29.12.1995 n.563; destinato anche a CARA con convenzione del 31.03.2008 nel corso dell'emergenza 2008

68 68

Bari Palese Coop. Auxilium

D.M. 31.03.2008 744 1.216 capienza effettiva

aumentata per gli sbarchi del

2011

Brindisi Restinco

Connecting People

individuato come CDA ex L. 29.12.1995 n.563 ; istituito come CARA con D.M. 26.05.2009

128 128

Caltanisetta Pian del Lago

Albatros 1973

D.M. 09.04.2006 456 456

Crotone Misericordie d'Italia

D.M. 20.04.2005 802 1.370 capienza effettiva

aumentata per gli sbarchi del

2011

Foggia Borgo Mezzanone

CRI D.M. 20.04.2005 856 586 ricollocazione moduli abitativi

CARA

Gorizia Gradisca d'Isonzo

Connecting People

D.M. 20.04.2005 138 138

Roma C. di Porto

CRI D.M. 26.05.2009 650 520 capienza ridotta per inagibilità di 34 stanze

Trapani Salina Grande

Coop. Badia Grande

D.M. 20.04.2005 260 260

Siracusa Cassibile*

Alma Mater

_ _

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292

Totale Capienza

4.102 4.742_

*Il centro è stato chiuso il 27 luglio 2009 Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Tabella 4. Dati relativi ai CIE (dati al 1 febbraio 2012)

Località Ente gestore D.M. Istitutivo

Capienza teorica

Capienza effettiva

Motivo differenza

Bari Operatori Emergenza Radio

D.I 21.07.1998 196 112 danneggiamento locali

Bologna Misericordie d'Italia* D.I. 16.08.1999

95 95

Brindisi Connecting People D.I. 11.01.1999

83 83

Caltanisetta Albatros 1973 D.I. 21.07.1998

96 0 lavori di ristrutturazione

Catanzaro Malgradotutto D.I. 18.09.1998

60 60

Crotone Misericordie d'Italia D.I. 13.02.2002

124 0 lavori di ristrutturazione

Gorizia Connecting People D.I. 22.12.2000

248 24 incendio e danneggiamenti

Milano CRI D.I. 30.03.1998

132 96 danneggiamento locali

Modena Misericordie d'Italia D.I. 25.10.2000

60 60

Roma Coop. Auxilium D.I. 28.04.1998

360 360

Torino CRI D.I. 26.06.1998

210 154 danneggiamento recinzioni

Trapani - Serraino Vulpitta

Coop. Insieme D.I. 30.03.1998

43 43

Trapani - Milo Ati "Insieme" "Badia Grande"

D.I. 16.08.1999

204 204

Totale Capienza 1911 1291

Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

I dati dei presenti nei CARA e CDA al 1 febbraio 2012 (tabella 5) permettono di fare alcune considerazioni. L’88% dei presenti adulti sono uomini, a dimostrazione

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di quanto si sia di fronte a un universo prettamente maschile. Le donne infatti sono 334 e se si considera che complessivamente sono presenti ben 203 nuclei famigliari, la presenza di donne sole è molto ridotta. Gli ospiti minori di anni 18 sono 222, tutti ospitati insieme al proprio nucleo famigliare.

Se confrontiamo il dato con quello della capienza effettiva alla stessa data spicca il dato di Ancona che ha quasi il doppio delle presenze rispetto alla capienza. Lievemente sovraffollato, invece il CARA di Roma. Va inoltre rilevato che ad eccezione del centro di Trapani, tutti gli altri hanno una rapporto presenza/capienza superiore al 90%, indice di un utilizzo del sistema a pieno regime. Il dato non stupisce, se si considerano gli avvenimenti del 2011 che certamente hanno influito sull’utilizzo delle strutture.

Tabella 5. Presenti al 1 febbraio 2012 nei CDA e CARA e rapporto con la capienza

Località Capienza effettiva

Presenti Rapporto capienza/presenti

M F Minori Nuclei famigliari

CDA-CARA

Ancona 68 128 188,24% 125 1 2 1

Bari Palese 1.216 1.213 99,75% 1.011 132 70 97

Brindisi Restinco 128 126 98,44% 126 / 0 /

Caltanisetta Pian del Lago

456 407 89,25% 379 7 21 7

Crotone 1.370 1.350 98,54% 1.240 58 52 43

Foggia Borgo Mezzanone

586 560 95,56% 497 33 30 8

CARA

Gorizia G. d'Isonzo 138 129 93,48% 105 11 13 9

Roma C. di Porto 520 533 102,50% 433 71 29 29

Trapani Salina Grande 260 197 75,77% 171 21 5 9

Totale 4.742 4.640 97,85% 4.087 334 222 203

Fonte: ns. elaborazioni su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Passando ad esaminare le nazionalità, si nota la prevalenza di persone provenienti da Afghanistan e Pakistan che in quasi tutti i centri sono tra le prime due

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nazionalità dei presenti. Rilevante la presenza nigeriana nei centri di Bari Palese (163 persone), Roma C. di Porto (93), Caltanisetta Pian del Lago (45 persone) e Trapani Salina Grande (38). La distribuzione delle nazionalità presenta centri con una notevole omogeneità di presenze. Ancona, con le prime 5 nazionalità, copre il 97% dei presenti. Seguono Caltanisetta - Pian del Lago con l’85% e Brindisi Restinco con l’82%. Sarebbe interessante capire se una maggior omogeneità di provenienze renda il clima all’interno della struttura più sereno, diminuisca le problematiche gestionali, permettendo in via teorica quindi un miglioramento dei servizi oppure rappresenti un elemento di debolezza. Crotone, il centro più grande esistente in Italia, presenta una elevata omogeneità di presenze. Infatti ben il 77% è dato dalle prime 5 nazionalità, con una assoluta preponderanza delle persone provenienti dal Pakistan che sono il 44% dei presenti. Gli altri centri oscillano tra il 58% e il 68% dei presenti rappresentato dalle prime 5 nazionalità. Il dato più basso è del centro di Roma che presenta anche nazionalità prevalenti diverse da quelle maggiormente presenti negli altri centri.

Tabella n. 6 - Nazionalità dei presenti nei CDA e CARA al 1 febbraio 2012

Prime cinque nazionalità

Località Presenti 1 2 3 4 5 Altre

CDA-CARA

Nazionalità Libano Afghanistan

Armenia Turchia Egitto Altre Ancona 128

N. presenti 87 15 11 8 4 3

Nazionalità Afghanistan

Nigeria Pakistan Ghana Bangladesh Altre Bari Palese 1213

N. presenti 214 163 154 129 92 461

Nazionalità Pakistan Afghanistan

Iraq Iran Bangladesh Altre Brindisi Restinco

126

N. presenti 33 33 19 10 9 22

Nazionalità Pakistan Afghanistan

Nigeria Ghana Sudan Altre Caltanisetta Pian del Lago

407

N. presenti 176 91 45 19 16 60

Nazionalità Pakistan Afghanistan

Costa d'Avorio

Egitto Iraq/ Bangladesh

Altre Crotone 1.350

N. presenti 589 210 87 54 50/50 310

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Nazionalità Afghanistan

Pakistan Iraq Ghana Nigeria Altre Foggia Borgo Mezzanone

560

N. presenti 116 113 61 43 29 198

Prime cinque nazionalità

Località Presenti 1 2 3 4 5 Altre

CARA

Nazionalità Afghanistan

Pakistan Turchia Iraq Nigeria Altre Gorizia G. d'Isonzo

129

N. presenti 44 12 9 8 7 49

Nazionalità Nigeria Senegal Afghanistan

Costa d'Avorio

Turchia (Curdi)

Altre Roma C. di Porto

533

N. presenti 93 57 55 53 53 222

Nazionalità Pakistan Nigeria Tunisia Ghana Costa d'Avorio

Altre Trapani Salina Grande

197

N. presenti 40 38 32 13 11 63

Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Passando ad esaminare i dati dei presenti nei CIE al 1 febbraio 2012 si nota nuovamente la preponderanza maschile (88% dei presenti). Soltanto 128 le donne presenti, peraltro concentrate nei centri di Bologna, Roma e Torino. La maggior parte delle strutture è spesso interamente maschile. Se confrontiamo il dato con quello della capienza effettiva alla stessa data si nota che i presenti sono inferiori alla capienza effettiva. Fa eccezione il CIE di Bari che copre tutti i posti tranne uno e il CIE di Gradisca d’Isonzo che ha il doppio dei presenti rispetto alla capienza e quello di Trapani Milo, lievemente sovraffollato.

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Tabella n. 7 - Presenti nei CIE al 3 febbraio 2012 e rapporto con la capienza*

Località Capienza effettiva

Presenti Rapporto Capienza/ Presenti

M F

Bari 112 111 99,11% 111 /

Bologna 95 75 78,95% 50 25

Brindisi 83 54 65,06% 54 /

Caltanisetta inagibile inagibile inagibile 0 /

Catanzaro 60 49 81,67% 49 /

Crotone inagibile inagibile inagibile 0 /

Gorizia 24 49 204,17% 49 /

Milano 96 89 92,71% 89 /

Modena 60 57 95% 57 /

Roma 360 203 56,39% 130 73

Torino 154 136 88,31% 106 30

Trapani Serraino Vulpitta

43 40 93,02% 40 /

Trapani Milo 204 216 105,88% 216 /

Totale 1.291 1.079 83,58% 951 128

*Il dato della capienza si riferisce al 1 febbraio Fonte: ns. elaborazioni su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Passando ad esaminare le nazionalità si nota immediatamente la prevalenza di cittadini tunisini (pari al 40% dei presenti in tutti i CIE), verosimilmente conseguenza delle scelte operate dal Governo di non accogliere coloro che sono arrivati dopo il 5 aprile. Rilevante anche la presenza di persone provenienti dal Marocco (16% del totale dei presenti) e a seguire quella nigeriana (9%).

La distribuzione delle nazionalità presenta quindi una generale prevalenza di cittadini tunisini e marocchini. In due centri, Brindisi e Trapani - Milo, tunisini e marocchini rappresentano rispettivamente il 98% e il 96% dei presenti. In situazione opposta il CIE di Roma dove soltanto il 16% è legato alla presenza di tunisini e marocchini e esiste una notevole varietà di provenienze. Anche Milano, seppur in modo meno evidente, presenta al suo interno trattenuti di molteplici nazionalità. La componente nigeriana è quasi interamente concentrata in tre CIE:

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Roma, Bologna e Torino.

Tabella n. 8 - Nazionalità presenti nei CIE al 3 febbraio 2012

Prime cinque nazionalità

Località Presenti 1 2 3 4 5 Altre

Nazionalità Tunisia Marocco Albania Senegal Nigeria/ Moldavia/ Georgia/Egitto

Altre

Bari

111

N. presenti 74 9 5 3 2+2+2+2 12

Nazionalità Tunisia Nigeria Marocco/Algeria

Ucraina/ Serbia

Senegal/Russia/ Perù/Moldavia/ India/Cina Popolare/Bosnia Erzegovina/ Albania

Altre

Bologna

75

N. presenti 24 17 11+11 2 di ognuna 1 di ognuna 0

Nazionalità Tunisia Marocco Ucraina Altre Brindisi 54

N. presenti 50 3 1 0 0 0

Nazionalità Marocco Tunisia Sri Lanka/ Senegal

Ucraina/ Romania/ Pakistan/ Moldavia/ Georgia/ Algeria

Russia/Malaysia/ Macedonia/ India/Ghana/ Ecuador/ Burkina Faso/ Bangladesh

Altre

Catanzaro 49

N. presenti 19 4 3+3 2 di ognuna 1 di ognuna 0

Nazionalità Tunisia Marocco Pakistan/Nigeria/Libano/Albania

Serbia/ Moldavia/ Georgia/ Croazia/ Burkina Faso/Bosnia Erzegovina

Altre

Gorizia 49

N. presenti 20 15 2 di ognuna

1 di ognuna 0 0

Nazionalità Marocco Brasile Gambia Tunisia Pakistan/Egitto/ Ecuador/ Albania

Altre

Milano 89

N. presenti 27 11 10 7 3 di ognuna 22

Modena 57 Nazionalità Algeria Marocco Tunisia India Senegal/Georgia/ Repubblica Domenicana

Altre

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N. presenti 23 20 8 3 1+1+1 0

Prime cinque nazionalità

Località Presenti 1 2 3 4 5 Altre

Nazionalità Nigeria Marocco Ucraina Ghana/Cina Popolare

Tunisia/Georgia Altre Roma 203

N. presenti 45 26 11 9+9 8+8 87

Nazionalità Marocco Nigeria Tunisia Senegal Algeria Altre Torino 136

N. presenti 36 32 20 7 6 35

Nazionalità Tunisia Marocco Ghana Bangladesh/ Algeria/ Albania

Uruguay/ Ucraina/ Romania/ Palestina/ Libia/ Mauritius/ El Salvador/ Costa d'Avorio

Altre Trapani Serraino Vulpitta

40

N. presenti 19 4 3 2+2+2 1 di ognuna 0

Nazionalità Tunisia Marocco Croazia/Algeria

Turchia/ Libia/ Bangladesh/ Afghanistan

Altre Trapani Milo

216

N. presenti 198 10 2+2 1+1+1+1 0 0

Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

5.2 La detenzione amministrativa nel tempo attraverso i dati.

Un’interessante verifica dell’evoluzione di alcuni fenomeni (pressione alle frontiere, ospitalità nei centri dei richiedenti asilo piuttosto che sul territorio, politiche di controllo) che coinvolgono anche i centri per stranieri può essere data da un esame delle serie storiche, di cui si dispone al momento, relative al numero di persone accolte o trattenute.

I dati relativi ai centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) costituiscono una cartina di tornasole della pressione sulla frontiera marittima meridionale e delle politiche di contrasto alla stessa attuate dall’autorità.

Se si osservano i 4 anni disponibili (tabella 9) si nota immediatamente il crollo degli anni 2009 e 2010, da legarsi all’accordo con il Governo libico e alla conseguente funzione di frontiera esterna svolta dalla Libia e il picco del 2011.

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Tabella 9. Persone accolte e permanenza media nei CPSA

Provincia Capienza° Persone accolte Permanenza media

Agrigento (Lampedusa) 381 31.250 8 giorni 2008

Cagliari dal 26 maggio 2008 220 1.403 da 1 a 60 giorni Agrigento (Lampedusa) 381 1.864 da 15 a 25 giorni

2009 Cagliari 220 352 da 1 a 60 giorni Agrigento (Lampedusa) 381 156 da 15 a 25 giorni Cagliari 220 247 da 1 a 60 giorni 2010 Ragusa – Pozzallo 174 46 da 1 a 4 giorni Agrigento (Lampedusa)* -- 50.403 8,3 giorni Cagliari -- 443 10 giorni 2011 Ragusa – Pozzallo -- 3.369 7,8 giorni

2011 Lecce Otranto -- 2.397 1,2 giorni °Il dato della capienza non è disponibile per il 2011. * Dati elaborati sulla base dei giorni effettivi di apertura del centro dal 12 febbraio al 25 settembre Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Il dato relativo alla permanenza media conferma, ancora una volta, la difficoltà del sistema italiano di gestione della frontiera di garantire una permanenza di breve durata in conformità con il dettato costituzionale. È interessante sottolineare che nel 2008, da tutti riconosciuto come un anno in cui, nonostante il significativo numero di migranti arrivati, il tempo di permanenza media fu mantenuto entro limiti ragionevoli (8 giorni) sia di poco diverso dal tempo medio del 2011, riconosciuto da tuti come un anno in cui i trasferimento dall’isola non hanno funzionato. Ci sembra che il dato del 2011 non smentisca la buona operatività di quello che è stato denominato “Modello Lampedusa” (su cui vd. CRI, OIM, Save the Children, UNHCR, 2011) e comunque evidenzi che il contenimento dei tempi di permanenza presso i CPSA è un obiettivo raggiungibile. Nel 2011, invece, crediamo che il dato medio di 8 giorni risenta di essere un dato medio. Come sopra evidenziato, si sono avuti trasferimenti molto rapidi una volta entrata a regime la gestione della Protezione Civile e allo stesso tempo situazioni di grande lentezza nei trasferimenti (specie delle persone di nazionalità tunisina).

Se esaminiamo i dati dell’accoglienza dei richiedenti asilo nelle strutture CDA e CARA, si nota anche in questo caso l’influenza del numero di arrivi, con un dato del 2008 pari a più del doppio dei due successivi anni. I dati del 2011, invece, pari a compressivamente 31.786 persone accolte, possono essere spiegati dagli avvenuti trasferimenti nel circuito Protezione Civile che di conseguenza ha ridotto le

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presenze nei CARA e CDA. Va comunque sottolineato il dato del Cara di Salina Grande che ha ospitato oltre 6000 persone, il dato di Bari - poco al di sotto del triplo del 2008 - il dato di Crotone (maggiore di quasi 1000 unità rispetto al 2008) e il numero molto basso degli ospiti di Gorizia, che invece nel 2010 era il terzo centro per numero di ospiti. Il 2011 quindi sembra evidenziare un ruolo molto importante di pochi centri (Bari, Crotone e Trapani Salina Grande) che presentano numeri davvero importanti. Numeri che rinnovano gli interrogativi sull’adeguatezza di strutture molto grandi e lontane dai centri abitati.

Tabella 10. Numero persone accolte nei CARA e CDA

Tipologia Centro 2008 2009 2010 2011 Ancona -- -- 296 319 Bari CDA+CARA 3.365 1.758 1.927 9.104

Brindisi (dal 17 giugno 2008) CDA+CARA 1.217 572 453 730

Caltanissetta CDA+CARA 3.783 2.731 517 1.985 Crotone CDA+CARA 5.707 1.847 4.270 6.566 Foggia CDA+CARA 3.762 1.265 900 3.276 Ragusa CDA+CARA 1.011 -- -- -- Roma C. di Porto CDA+CARA 1.653 1.072 1.194 940 Siracusa (chiuso dal 27 luglio 2009) CDA+CARA 1.990 1.097

Gorizia CARA 713 590 1.297 331 Trapani CARA 1.776 1.247 475 1.911 Trapani Salina Grande -- -- 6.624 Milano CARA 229 -- -- -- Totale 25.206 12.179 11.329 31.786

Fonte: Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Se si confronta il dato con la capienza (non disponibile per il 2011) si può notare, che nel 2009 alcune strutture utilizzate nel 2008 sono venute meno, e si è di conseguenza anche ridotta la capienza complessiva del sistema, in particolar dal 2009 al 2010 (quando era ormai stabile la riduzione degli arrivi dalla frontiera marittima meridionale).

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Tabella 11. Capienza dei centri utilizzati come CARA e CDA

2008 2009 2010 Ancona -- -- 68 Bari 944 944 744

Brindisi (dal 17 giugno 2008) 294 290 128

Caltanisetta 360 360 456 Crotone 1.458 1.458 729 Foggia 1.085 914 778

Ragusa 21 strutture -- -- Roma C. di Porto 650 680 650

Siracusa (chiuso dal 27 luglio 2009) 250 250 138

Gorizia 250 250 260 Trapani 310 310 475 Caltanisetta 96 -- -- Milano 20 -- -- Totale 5.717* 5.456 4.426

*Non è conteggiato il dato di Ragusa, in quanto non disponibile il numero di posti Fonte: Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Infine, il dato relativo alla permanenza media indica in modo chiaro che i richiedenti asilo permangono nei CDA e CARA ben oltre il termine (seppur ordinatorio) stabilito dalla legge.

Tabella 12. Permanenza media nei CDA e CARA (in giorni)

2008 2009 2010 2011 Ancona -- -- da 120 a 150 129,92 Bari da 120 a 150 da 60 a 150 da 60 a 150 109,25

Brindisi (dal 17/06/2008) 58 da 30 a 60 da 30 a 60 68,35

Caltanissetta 135 da 30 a 180 da 30 a 180 102,75 Crotone da 73 a 74 da 60 a 160 da 60 a 160 98,38 Foggia 133 da 100 a 120 da 100 a 120 62,66 Ragusa 151 -- -- -- Roma C. di Porto 72 da 30 a 80 da 30 a 80 173,83

Siracusa (fino al 27/07/2009) 45 45

Gorizia 120 da 30 a 120 da 30 a 120 118,36 Trapani da 32 a 33 da 80 a 120 da 80 a 120 80,14 Trapani Salina Grande -- -- -- 17,82 Milano da 29 a 30 -- -- --

Fonte: Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

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Tale dato è certamente un ulteriore buon indicatore della criticità del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo. Una lunga permanenza in queste strutture, spesso lontane o non connesse con il territorio non rappresenta certamente un fattore che favorisce l’integrazione della persona nel territorio. Va osservato che il dato del 2011 rispetto ai due anni precedenti sembra essere il frutto di un effettivo calcolo delle permanenze medie e non di mere stime, il che ci sembra di buon auspicio per una maggiore trasparenza delle informazioni.

Da ultimo, l’esame dei dati relativi ai CIE permettono di fare alcune considerazioni in merito alla rilevanza e efficienza del sistema dei CIE nell’ambito delle politiche di controllo delle migrazioni e di espulsione.

In primis, i dati relativi alla capienza (il dato non è disponibile per il 2011) indicano un significativo aumento dei posti disponibili tra il 2008 e il 2009 (oltre il 40%), dato confermato nel 2010 (tabella 13). Va però sottolineato che se non si considera la struttura di Lampedusa, rimasta inutilizzata, l’aumento di capienza scende al 27,15%.

Tabella 13. Capienza dei CIE

Provincia 2008 2009 2010 diff. % 2008 e 2009/2010

Bari 196 196 196 0 Bologna 95 95 95 0 Brindisi -- 83 83 -- Caltanisetta 96 96 96 0 Catanzaro 75 80 80 6,67 Crotone -- 124 124 -- Gorizia 136 248 248 82.35 Lampedusa – Loran -- 200 200 -- Milano 112 132 132 17,86 Modena 60 60 60 0 Roma 364 364 364 0 Torino 90 90 90 0 Trapani 43 43 43 0 Totale 1.267 1.811 1.811 42,94

Fonte: ns. Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

A fronte di un aumento dei posti disponibili, non corrisponde però un aumento degli ospiti trattenuti.

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Tabella 14. Ospiti trattenuti nei CIE

2008 2009 2010 2011

diff. % 2008/2009

diff. % 2009/2010

diff. % 2010/2011

Bari 1.347 1.124 820 784 -16,56 -27,05 -4,39 Bologna 1.017 1.086 645 662 6,78 -40,61 +2,64 Brindisi 0 210 417 364 -- +98,57 -12,71 Caltanissetta 889 755 0 0 -15,07 -- -- Catanzaro 897 853 558 396 -4,91 -34,58 -29,03 Crotone -- 338 265 0 -- -21,60 -- Gorizia 1.414 1.103 1.399 390 -21,99 +26,84 -72,12 Lampedusa – Loran

-- 0 0 0 -- -- --

Milano 1.311 1.044 1.213 1.104 -20,37 +16,19 -8,99 Modena 595 574 463 603 -3,53 -19,34 +30,24 Roma 2.886 3.543 1.739 2.124 +22,77 -50,92 +22,14 Torino 1.095 1.089 728 1.140 -0,55 -33,15 +56,59 Trapani 284 393 399 576 +38,38 +1,53 +44,36 Trapani – Milo (dal 8/07/2011)

-- -- -- 171 -- -- --

Totale 11.735 12.112 8.646 8.314 3,21 -28,62 -3,84 Fonte: ns. elaborazioni su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Tra il 2009 e il 2008 il dato complessivo presenta un aumento di poco più del 3%, che se si escludono le nuove strutture che sono state utilizzate, si deve in particolare all’aumento dei trattenuti a Trapani e Roma. Interessante osservare che si registra una flessione nel numero di ospiti a Gorizia e Milano, nonostante l’aumento della capienza teorica (pari a poco più dell’80% per Gorizia e pari a quasi il 20% per Milano) tra il 2008 e il 2009.

Tra il 2009 e il 2010 i trattenuti scendono di quasi il 30%. Oltre a Caltanisetta che non risulta avere alcun trattenuto nel corso dell’anno i centri che registrano la principale flessione sono quello di Roma, seguito da Bologna, Catanzaro e Torino. Il centro di Brindisi, invece, quasi raddoppia il numero dei trattenuti. Discreto risulta l’aumento anche a Gorizia (26,5%) che ritorna su livelli simili a quelli del 2008 (avendo però aumentato la capienza teorica dell’80%). Il 2011 presenta in numero assoluto 300 ospiti in meno del 2010. Non si registra cioè nessun apprezzabile aumento. Osservando i singoli centri però si notano delle interessanti differenze. Trapani presenta un aumento consistente, ancora maggiore se si considera anche l’apertura del nuovo centro di Trapani Milo. Torino registra

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l’aumento estremamente significativo, aumentado di oltre il 50% i trattenuti rispetto al 2010. Infine il CIE di Modena aumenta i suoi ospiti di circa il 30%. All’opposto sono molto significativa la flessione di Gorizia, centro teatro nel 2011 di alcune significative rivolte con conseguenti danneggiamenti della struttura. Sarebbe interessante verificare se vi sono da parte del Ministero delle strategie nella collocazione dei trattenuti nelle diverse strutture. Un numero maggiore di ospiti potrebbe essere legato a tempi di permanenza più brevi, a un numero maggiore di espulsioni o di allontanamenti dalle strutture. Per ogni ulteriore considerazione è quindi necessario vedere i dati relativi agli ospiti espulsi e ai tempi medi di permanenza (su cui vedi oltre).

Un ultimo dato può essere sottolineato in merito al numero di trattenuti, ponendo in relazione la variazione tra il 2008 (l’ultimo anno con un numero di sbarchi significativo, anche se inferiore a quello del 2011) e il 2011.

Tabella 15. Confronto ospiti trattenuti nei CIE nel 2008 e nel 2011

2008 2011 diff. % 2008/2011 Bari 1.347 784 - 41,80 Bologna 1.017 662 - 34,91 Brindisi 0 364 Caltanissetta 889 0 Catanzaro 897 396 - 55,85 Crotone -- -- Gorizia 1.414 390 - 72,42

Lampedusa – Loran -- -- Milano 1.311 1.104 - 15,79 Modena 595 603 +1,34 Roma 2.886 2.124 -26,40 Torino 1.095 1.140 +4,11 Trapani 284 576 +102,82 Trapani – Milo (dal 8/07/2011) -- 171 Totale 11.735 8.314 - 29,15

Fonte: ns. elaborazioni su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Non sembra possibile stabilire in via generale alcun nesso tra sbarchi e trattenimenti presso i CIE. I trattenuti nel 2011 diminuiscono di quasi il 30%. Ciò suggerisce che l’arrivo di migranti ha determinato un turn over nei CIE ma non un superamento sistematico e generale della capienza oltre ai limiti fisiologici (in questo quindi queste strutture paiono differenziarsi molto dagli istituti di pena). È verosimile inoltre ipotizzare un uso molto più ampio dei rimpatri rispetto a quanto

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non sia avvenuto nel 2008. La capacità dei CIE di contenere persone, capacità spesso fortemente ridotta da disordini interni, non appare quindi facilmente estensibile. Sono troppe le variabili che finiscono con l’intervenire per cui percorrere la strada di una espansione dell’attuale sistema di trattenimento pare difficilmente efficace.

Questi dati sul numero di trattenuti debbono essere messi a confronto con il dato relativo alla permanenza media. Nel luglio 2009 infatti la durata della detenzione presso i CIE è stata innalzata fino a 180 giorni. Se nel 2009 questo non sembra aver influito sul numero complessivo dei trattenuti (3% in più del 2008) potrebbe invece essere una delle spiegazioni del minor numero di trattenuti nel 2010. La riforma si può considerare, infatti, pienamente a regime nel 2010 ed è possibile che a una riduzione del numero di trattenuti abbia corrisposto un aumento dei tempi di permanenza media nelle strutture. Purtroppo i dati relativi al 2010 non permettono di supportare o confutare questa tesi, in quanto la forbice del periodo di trattenimento è troppo ampia. Non così per i dati del 2011 che risultano essere precisi. Se si fa una media tra i tempi medi di permanenza di tutti i centri si ottiene un dato nel 2011 pari a 43 giorni. Osservando la distribuzione si nota che i periodi più lunghi di trattenimento si hanno a Gorizia e a Bari, mentre Bologna emerge per un dato particolarmente basso (solo 11 giorni). Tale dato sembrerebbe affermare che il prolungamento dei tempi di trattenimento (addirittura a 18 mesi nel 2011) non ha avuto grandi effetti. Ovviamente il 2011 non può essere considerato un anno standard. Il dato potrebbe essere legato a un forte turn over: la necessità di trattenere nuove persone, legata agli arrivi a Lampedusa, ha determinato la cessazione del trattenimento per chi già era trattenuto. Non paiono esserci chiare relazioni tra il numero di trattenuti e i tempi. Bologna non ha numeri molto alti e presenta tempi di permanenza molto brevi. Torino, all’opposto ha numeri molto alti e tempi di permanenza medi di circa 40 giorni. Ovviamente il ridotto numero potrebbe essere anche dettato da riduzioni della capienza nel corso dell’anno a seguito di inagibilità temporanea delle strutture così come a una riduzione effettiva dei trattenuti.

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Tabella 16. Dati relativi al periodo di permanenza nei CIE (in giorni)

2008 2009 2010 2011 Bari da 28 a 30 da 120 a 150 da 120 a 150 53,3 Bologna 23 da 20 a 60 da 20 a 60 11,3 Brindisi -- da 20 a 60 da 20 a 60 47,7 Caltanissetta 30 da 20 a 60 da 20 a 60 -- Catanzaro 40 da 40 a 60 da 40 a 60 17,5 Crotone -- da 60 a 90 da 60 a 90 -- Gorizia 60 giorni da 90 a 120 da 90 a 120 72,5 Lampedusa – Loran -- -- -- -- Milano 21,27 da 20 a 30 da 20 a 30 34,4 Modena 37 da 30 a 40 da 30 a 40 35,42 Roma 29 da 25 a 30 da 25 a 30 39,75 Torino 19,05 da 20 a 33 da 20 a 33 41,20 Trapani 36,65 da 20 a 90 da 20 a 90 42,41 Trapani Milo -- -- -- 81,89 Dato medio 32,6 -- -- 43,4*

*La media è calcolata prendendo in considerazione solo i centri che hanno trattenuti nel corso dell’anno, Nel 2008 si è utilizzato il dato di 30 giorni per Bari. Fonte: Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Infine, qualche considerazione in merito all’efficienza del sistema di detenzione amministrativa. Si è visto che tra il 2008 e il 2009 aumenta la capienza dei centri e aumenta lievemente il numero di trattenuti. Se si osservano i dati relativi al numero di rimpatriati (tabella 17) e soprattutto il raffronto percentuale tra trattenuti e rimpatriati si nota nel 2009 un aumento di efficienza (più rimpatriati in rapporto ai trattenuti) mentre il dato del 2010 risulta pressoché identico a quello del 2009, nonostante la drastica riduzione del numero dei trattenuti. Se ne deduce che nonostante la popolazione trattenuta sia stata nel 2010 molto inferiore che al 2009 non si è avuto alcun apprezzabile miglioramento di efficienza nel sistema delle espulsioni a seguito di trattenimento. Sostanzialmente in linea rispetto al 2010 i dati del 2011, anche se con un aumento di efficienza del sistema delle espulsioni: sono stati, infatti, espulsi il 6% in più di trattenuti.

Come si ricorderà il 2011 è l’anno dell’accordo con la Tunisia per le espulsioni per cui non è escluso che questo aumento sia in parte da ascrivere a tale accordo (che ovviamente ha inoltre interessato Lampedusa). Da notare, infine, la disparità nei diversi centri. Milano e Modena hanno nel 2011 una percentuale di espulsioni oltre il 60%, Torino, Bologna, Gorizia e Catanzaro intorno al 50% ma Brindisi si ferma al 25%. Anche nel corso del tempo alcuni centri hanno percentuali di soggetti

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espulsi molto diverse. Difficile dirne le ragioni senza ulteriori approfondimenti qualitativi.

Tabella 17. Trattenuti espulsi e % espulsi sui trattenuti per CIE

2008 2009 2010 2011

Espulsi

% espulsi su trattenuti

Espulsi

% espulsi su trattenuti

Espulsi

% espulsi su trattenuti Espulsi

% espulsi su trattenuti

Bari 490 36,38% 344 30,60% 291 35,49% 265 33,80%

Bologna 375 36,87% 350 32,23% 369 57,21% 348 52,57%

Brindisi -- -- 24 131 31,41% 91 25%

Caltanisetta 230 25,87% 160 21,19% -- -- -- --

Catanzaro 165 18,39% 308 36,11% 192 34,41% 195 49,24%

Crotone -- -- 302 89,35% 59 22,26% 0

Gorizia 189 13,37% 401 36,36% 443 31,67% 201 51,54% Lampedusa – Loran -- -- -- -- -- -- -- --

Milano 790 60,26% 652 62,45% 379 31,24% 693 62,77%

Modena 247 41,51% 327 56,97% 294 63,50% 380 63,02%

Roma 1.255 43,49% 1.652 46,63% 931 53,54% 891 41,95%

Torino 614 56,07% 433 39,76% 362 49,73% 573 50,26%

Trapani* 118 41,55% 66 16,79% 97 24,31% 273 36,55%

Totale 4473 38,12% 5.019 41,44% 3.548 41,04% 3.910 47,03% * Il dato nel 2011 comprende quello del centro di Trapani - Milo Fonte: ns. elaborazioni su dati Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Sembra possibile concludere che considerate le notevoli criticità in merito al rispetto dei diritti che il sistema di detenzione amministrativa presenta e vista la bassa efficienza - e l’assenza di apprezzabili miglioramenti nel tempo – il sistema richiede un generale ripensamento e un maggior considerazione di una analisi costi e benefici.

Parimenti il sistema di ospitalità dei richiedenti asilo, seppur non fosse il focus di questo lavoro, ci sembra necessitare di una attenta revisione, come peraltro già sottolineato in indagini ad hoc (cfr. AA.VV., 2012).

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Stranieri in galera

Politiche penitenziarie ed esclusione sociale

1. I detenuti stranieri

Come ogni istituzione sociale degna di questo nome, il penitenziario negli ultimi venti anni ha puntualmente registrato i mutamenti del mondo che gli girava intorno. Ancora per tutti gli anni Ottanta del secolo scorso, i detenuti stranieri nelle carceri italiane sembravano costituire una minoranza tutto sommato trascurabile. Fino ad allora, infatti, il paesaggio penitenziario italiano era quello delineatosi tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta, quello in cui alla consueta marginalità sociale autoctona si erano via via affiancati i detenuti “politici” o politicizzatisi in carcere, la nuova marginalità giovanile, gli appartenenti a organizzazioni criminali micro o macro (De Vito 2009). E’ ancora l’immagine dell’Italia post-boom economico, divisa tra un benessere conquistato a fatica e istanze di libertà che prenderanno declinazioni e strade diverse. A partire dall’inizio dei Novanta, invece, cambia lo scenario penitenziario e rappresenta efficacemente la nuova Italia partecipe dell’epoca neo-liberale. Sintomatica la rincorsa che ha portato la presenza degli stranieri in carcere, negli ultimi anni, fino a una soglia del 36-37% (cfr. Tabella 1), di gran lunga sopra la media dei Paesi del Consiglio d’Europa, calcolata al 21,2% nell’ultima rilevazione disponibile (Aebi-Delgrande 2010).

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Tabella 1. Detenuti presenti al 31.12 nelle carceri italiane (in valori assoluti e percentuali) distinti per italiani e stranieri. Serie storica 1991-2011. Anno Totale detenuti Italiani Italiani

detenuti in

percentuale

sul totale

Stranieri Stranieri

detenuti in

percentuale

sul totale

1991 35.469 30104 84,87 5.365 15,13

1992 47.316 40079 84,70 7.237 15,30

1993 50.348 42456 84,33 7.892 15,67

1994 51.165 42684 83,67 8.481 16,58

1995 46.908 38574 82,23 8.334 17,77

1996 47.709 38336 80,35 9.373 19,65

1997 48.495 37670 77,68 10.825 22,32

1998 47.811 35838 74,96 11.973 25,04

1999 51.814 37757 72,87 14.057 27,13

2000 53.165 37583 70,69 15.582 29,31

2001 55.275 38981 70,52 16.294 29,48

2002 55.670 38882 69,84 16.788 30,16

2003 54.237 37230 68,64 17.007 31,36

2004 56.068 38249 68,22 17.819 31,78

2005 59.523 39687 66,68 19.836 33,32

2006 39.005 25853 66,28 13.152 33,72

2007 48.693 30541 62,52 18.252 37,48

2008 58.127 36562 62,91 21.562 37,09

2009 64.791 40724 62,85 24.067 37,15

2010 67.961 43.007 63,28 24.954 36,72

2011 66.897 42.723 63,86 24.174 36,14

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

Nel ventennio che è alle nostre spalle, non diminuiscono i detenuti di nazionalità italiana, ma crescono lentamente, così che – a conti fatti - il differenziale del “grande internamento” italiano è dato dagli stranieri, che prima del boom penitenziario non c’erano o erano una presenza marginale della demografia carceraria. Nonostante l’accidentale ondeggiare del numero delle presenze in carcere, l’incremento percentuale degli stranieri sul totale dei detenuti è costante e incontrovertibile fino al 2007-2009.

Ancora più significativo l’incremento degli ingressi annuali degli stranieri in carcere che se nel 1991 costituivano il 17,34 % del totale, nel 2007, quando raggiungono il loro apice, ne arrivano a formare il 48,50% (cfr. Tabella 2).

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Tabella 2. Ingressi in carcere su base annua, distinti per italiani e stranieri, in valori assoluti e percentuali. Serie storica 1991-2011.

Anno Ingressi in carcere Ingressi di italiani

Ingressi di italiani in percentuale sul totale

Ingressi di stranieri

Ingressi di stranieri in percentuale

sul totale

1991 75.786 62.644 82,66 13.142 17,34

1992 93.328 77.609 83,16 15.719 16,84

1993 98.119 77.396 78,88 20.723 21,12

1994 98.245 73.530 74,84 24.715 25,16

1995 88.415 64.692 73,17 23.723 26,83

1996 87.649 62.997 71,87 24.652 28,03

1997 88.305 61.329 69,45 26.976 30,55

1998 87.134 58.403 67,03 28.731 32,93

1999 87.862 58.501 66,58 29.361 33,42

2000 81.397 52.776 64,84 28.621 35,16

2001 78.649 50.535 64,25 28.114 35,75

2002 81.185 51.035 62,86 30.150 37,14

2003 81.790 49.938 61,06 31.852 38,94

2004 82.275 50.026 60,80 32.249 39,20

2005 89.887 49.281 54,83 40.606 45,17

2006 90.714 47.426 52,28 43.288 47,72

2007 90.441 46.581 51,50 43.860 48,50

2008 92.800 49.701 53,56 43.099 46,44

2009 88.066 47.993 54,50 40.073 45,50

2010 78.215 47.343 60,53 37.298 39,47

2011 71.029 43.677 61,49 33.305 38,51

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

La diversa rilevanza degli ingressi sulle presenze è già un indizio della diversa qualità della detenzione degli stranieri su quella degli italiani, rilevabile – p. es. – su variabili come i reati ascritti ai singoli detenuti e la loro posizione giuridica. Nel 2011 - per prendere a riferimento l’ultimo dato annuale disponibile – se 43.677 ingressi di italiani in carcere si risolvono in 42.723 presenze al 31 dicembre (con un rapporto percentuale del 97,82%), 33.305 ingressi di stranieri producono in quella stessa data “solo” 24.174 presenze in carcere (con una incidenza percentuale del

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311

72,58) 8: appare evidente che quella degli stranieri è una “detenzione di flusso” più di quanto non lo sia quella dei nazionali, causata cioè o da un maggior ricorso all’arresto in flagranza di reato e alle misure cautelari personali o da un più ampio uso del carcere anche per pene temporalmente brevi.

Infatti, passando all’esame di quelle tra queste variabili giudiziarie che sono regolarmente rilevate dall’Amministrazione penitenziaria, è immediato notare che se al 31 dicembre 2011 il totale dei detenuti in attesa di giudizio erano 27.251 su 66.897, per una percentuale del 40,74%, gli italiani in questa condizione erano 15.801, per una percentuale del 36,98% del loro universo di riferimento (il complesso degli italiani detenuti), mentre gli 11.450 stranieri in attesa di giudizio raggiungevano il 47,36% del complesso dei detenuti di nazionalità non italiana (tabella 3).

Tabella 3. Posizione giuridica dei detenuti italiani e stranieri al 31.12.2011. Valori assoluti e incidenza percentuale nei gruppi nazionali.

Posizione

giuridica

Italiani

detenuti

Distribuzione

percentuale

degli italiani

detenuti

Stranieri

detenuti

Distribuzione

percentuale

degli stranieri

detenuti

Totale

detenuti

Distribuzione

percentuale

del totale dei

detenuti

Imputati 15.801 36,98 11.450 47,36 27.251 40,74

Condannati 25.479 59,64 12.544 51,89 38.023 56,84

Internati 1.385 3,24 164 0,68 1549 2,31

Non rilevati 58 0,14 16 0,07 74 0,11

Totale per

nazionalità

42.723 100 24.174 100 66.897 100

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria

D’altro canto, guardando all’altra parte dell’universo penitenziario, quello dei detenuti in forza dell’esecuzione di una pena comminata definitivamente, notiamo che nelle linee della incidenza percentuale delle pene residue (il quantum di pena che ciascuno ha di fronte a sé nel prosieguo della propria carriera penitenziaria, o 8 Ovviamente potrebbe non esserci alcuna corrispondenza soggettiva tra le due grandezze rapportate tra loro, essendo la prima una misura del flusso in entrata lungo il corso di un intero anno e l’altra una puntuale (quotidiana) misura di stato della demografia penitenziaria: molti di coloro che hanno fatto ingresso in carcere nel 2009 potrebbero esserne già usciti al 31.12, così come molti di coloro che risultano presenti al 31.12 potrebbero aver fatto ingresso nel sistema penitenziario in uno degli anni precedenti al 2009, e dunque non figurare nel dato di flusso. Con questa avvertenza metodologica, le due grandezze, se paragonate tra loro, sono efficaci nel rappresentare le diverse caratteristiche di una detenzione quasi esclusivamente di flusso (come quella degli stranieri nel nostro sistema penitenziario) e una detenzione decisamente più stanziale, come quella degli italiani.

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almeno del suo ultimo titolo di esecuzione), italiani e stranieri si incrociano (e si congedano gli uni dagli altri) sulla soglia dei tre anni dalla fine della pena (tabella 4). Infatti, fino al residuo pena di tre anni gli stranieri hanno una predominanza relativa sugli italiani (il 41,1% degli stranieri definitivi ha un residuo pena inferiore a 1 anno, a fronte del 26,75% tra gli italiani; il 23,15% un residuo tra 1 e 2 anni, a fronte del 17,65% tra gli italiani; il 14,12% tra 2 e 3 anni, contro il 13,54% degli italiani). Tra chi ha un’aspettativa reclusoria superiore ai tre anni, la preminenza passa sempre più decisamente agli italiani, fino alla schiacciante supremazia tra gli ergastolani, laddove essi costituiscono il 5,87% dei condannati italiani, a fronte dell’0,44% tra gli stranieri, e laddove, soprattutto, gli italiani costituiscono il 96,38% del complesso dei condannati alla pena senza tempo.

Tabella 4. Distribuzione per pena residua dei detenuti italiani e stranieri al 30.6.2010. Valori assoluti e incidenza percentuale nei gruppi nazionali e nel totale dei detenuti.

Pena

residua

Italiani

condannati

Distribuzione

percentuale

degli italiani

condannati

Stranieri

condannati

Distribuzione

percentuale

degli stranieri

condannati

Totale

condannati

Distribuzione

percentuale

del totale dei

condannati

0 > 1 6.553 26,75 5.048 41,10 11.601 31,54

1 > 2 4.324 17,65 2.844 23,15 7.168 19,49

2 > 3 3.317 13,54 1.734 14,12 5.051 13,73

3 > 5 3.806 15,53 1.390 11,32 5.196 14,13

5 > 10 3.385 13,82 905 7,37 4.290 11,66

10 > 20 1.377 5,62 262 2,13 1.639 4,46

20 > 299 1,22 46 0,37 345 0,94

Ergastolo 1.437 5,87 54 0,44 1.491 4,05

Totale 24.498 100 12.283 100 36.781 100

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria

La preminenza degli stranieri tra i residui pena inferiori a tre anni ci dice della loro maggiore difficoltà ad accedere alle misure alternative, corroborata a sua volta dall’analisi delle pene comminate in sentenza così come dai primi dati relativi alla variabile della nazionalità nella esecuzione delle misure alternative9. Dei 12.283

9 Solo dal 2009 la Direzione generale dell’esecuzione esterna del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria rende noti i dati delle misure alternative alla detenzione distinte in base alla cittadinanza e (nel caso degli stranieri)

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stranieri condannati definitivamente e presenti nelle carceri italiane al 30 giugno 2010, 5.619 detenuti, il 45,75% del totale, subisce l’esecuzione di una pena inferiore ai tre anni, e dunque (salvo preclusioni soggettive) avrebbe potuto essere ammesso alle misure alternative alla detenzione già dalla libertà. Tra gli italiani, questa percentuale scende sensibilmente al 29,44 (tabella 5).

Tabella 5. Distribuzione per pena comminata dei detenuti italiani e stranieri al 30.6.2010. Valori assoluti e incidenza percentuale nei gruppi nazionali e nel totale dei detenuti.

Pena

comminata

Italiani

condannati

Distribuzione

percentuale

degli italiani

condannati

Stranieri

condannati

Distribuzione

percentuale

degli stranieri

condannati

Totale

condannati

Distribuzione

percentuale

del totale dei

condannati

0 > 3 7.213 29,44 5.619 45,75 12.832 34,89

3 > ∞ 17.285 70,56 6.664 54,25 23.949 65,11

Totale 24.498 100 12.283 100 36.781 100

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria

Del resto, sul versante delle alternative alla detenzione, nel primo semestre 2010, su un totale di 20.968 beneficiari, 2.958 erano gli stranieri, pari solo al 14,11%, percentuale che scende fino all’11,54 se limitiamo la rilevazione agli affidamenti in prova dalla libertà, concessi cioè “senza assaggio di carcere” a chi per minima durata della pena inflitta (e sicura “affidabilità sociale”) rientri già nei termini del beneficio (Tabella 6).

alla regolarità del titolo di soggiorno, secondo i seguenti parametri: italiani, stranieri comunitari, stranieri extracomunitari, con o senza permesso di soggiorno.

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Tabella 6. Misure alternative alla detenzione nel I semestre 2010 distinti per cittadinanza e titolo di soggiorno.

Stranieri

extracomunitari

Misure alternative Italiani

Stranieri

comunitari

Con pds Senza pds

Non

rilevato

Totale per

misura

Affidati tox dalla liberta' 1.166 9 21 12 27 1.235

Affidati tox dalla detenzione 1.547 8 48 39 33 1.675

Affidati tox da detenzione o

arresti domiciliari

414 3 14 7 7 445

Affidati dalla detenzione 1.720 58 175 154 60 2.167

Affidati dalla liberta' 4.442 88 416 207 146 5.299

Affidati dalla detenzione o

arresti domiciliari

618 14 82 55 11 780

Totale affidamenti 9.907 180 756 474 284 11.601

Semilibertà dalla detenzione 1.003 23 72 57 27 1.182

Semilibertà dalla libertà 171 3 5 8 11 198

Totale semilibertà 1.174 26 77 65 38 1.380

Detenzione domiciliare dal

carcere

2.171 65 222 207 71 2.736

Detenzione domiciliare

libertà

2.685 58 227 162 119 3.251

Detenzione domiciliare

provvisoria

1.397 55 185 199 164 2.000

Totale detenzione domiciliare 6.253 178 634 568 354 7.987

Totale per cittadinanza e

titolo di soggiorno

17.334 384 1.467 1.107 576 20968

Fonte Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria

La maggior frequenza degli stranieri in questa fascia di “detenuti minori” (per pena inflitta e per pena ancora da scontare), oltre che da decisioni giurisdizionali che riflettono pratiche selettive discriminatorie nel corso del procedimento penale (Cottino-Sarzotti 1995; Mosconi-Padovan 2005), dipende anche dagli stessi titoli di reato formalmente imputati nei loro confronti. Come si sa, nella speciale classifica dei reati ascritti alla popolazione detenuta, secondo la catalogazione adottata dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria per classificare le migliaia di previsioni contenute nel codice penale e nella legislazione complementare, la fanno da padroni, in termini assoluti, i reati contro il patrimonio (ne risultavano “segnati” 30.094 detenuti su 64.791 al 31.12.2009),

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seguiti dal numero di imputazioni relative alla violazione della normativa sugli stupefacenti (26.931), e infine dai detenuti per reati contro la persona (21.854). Un baratro separa queste aree di fattispecie penali da quelle immediatamente seguenti (le violazione della legge sulle armi, quelle delle norme penali a tutela della pubblica amministrazione, ecc.). Ma ciò che in questa sede merita di essere rilevata è la differenza delle imputazioni tra italiani e stranieri, come se – a parte alcune aree di contiguità – gli uni e gli altri rispondano a regimi penali anche formalmente distinti.

Ricordando la percentuale di stranieri presenti nelle carceri italiane al 31.12. 2009 (il 37,15% del totale della popolazione detenuta), possiamo qualificare come “imputazioni per stranieri” quelle che risultino attribuite maggiormente a loro che agli italiani e, viceversa, “imputazioni per italiani” quelle che si discostino in misura eguale e contraria dal rapporto italiani-stranieri nella presenza in carcere10. Se da una parte della bilancia, dunque, troviamo le violazioni alla legge sull’immigrazione e alle norme penali contro (lo sfruttamento del)la prostituzione, addebitate agli stranieri rispettivamente nella misura dell’81,24 e del 96,28%, dall’altra ci sono le “imputazioni da italiani”, a partire dall’associazione di stampo mafioso (attribuita agli italiani nella misura del 98,90% dei casi) e poi, via via, le violazioni delle norme a tutela dell’economia pubblica, quelle a tutela dell’incolumità pubblica da stragi, incendi et similia, della legge sul possesso di armi, fino ai reati contro l’amministrazione della giustizia, contro le persone e contro la pubblica amministrazione, anch’essi compiuti in massima parte da italiani (tabella 7).

Infine, merita di essere segnalato il primo effetto statisticamente rilevabile dell’entrata in vigore nell’ordinamento nazionale il 24 dicembre 2010 della Direttiva europea 2008/115 sui rimpatri che ha di fatto messo in questione la sussistenza del reato di mancata ottemperanza all’obbligo di allontanamento dal territorio dello stato, tipico “reato da straniero” che nel tempo ha avuto una incidenza significativa sulle presenze in carcere dei migranti. Al 31.12. 2011 gli stranieri in carcere in violazione della legge sull’immigrazione erano 2329, a fronte dei 4019 dello stesso giorno dell’anno precedente: circa 1700 unità in meno probabilmente imputabili a questa modifica normativa, che da sole giustificano il calo della presenza globale dei detenuti tra la fine del 2011 e la fine del 2010 e la

10 Ovviamente qui si usa il vocabolo “imputazione” in senso a-tecnico, posto che si sta parlando, secondo il linguaggio dell’Amministrazione penitenziaria, di “reati ascritti” ai singoli detenuti, indipendentemente dal fatto che essi siano in attesa di giudizio o condannati definitivamente.

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lieve diminuzione percentuale delle presenze degli stanieri sul totale dei presenti.

Tabella 7. Reati ascritti ai detenuti italiani e stranieri al 31.12.2009. Distribuzione percentuale tra i due gruppi.

Tipologia di reato

Imputazioni a

detenuti italiani

% imputazioni a

italiani su totale

Imputazioni a

detenuti stranieri

% imputazioni a

stranieri su totale

Legge stranieri 114 3,72 2.952 96,28

Prostituzione 200 18,76 866 81,24

Legge droga 14.360 53,32 12.571 46,68

Fede pubblica 2.190 58,86 1.531 41,14

Contro la pubblica

amministrazione 4.450 61,55 2.780 38,45

Contro la

personalità dello

Stato 116 64,80 63 35,20

Contro la persona 15.309 70,05 6.545 29,95

Moralità pubblica 163 70,26 69 29,74

Ordine pubblico 2.044 72,61 815 27,39

Contro il

patrimonio 22.312 74,14 7.782 25,86

Contro la famiglia 1.199 78,47 329 21,53

Contravvenzioni 3.132 86,33 496 13,67

Contro

l'amministrazione

della giustizia 4.700 87,57 667 12,43

Legge armi 8.552 91,40 805 8,60

Contro il sent.to e

la pietà dei defunti 979 91,75 88 8,25

Altri reati 2.698 92,18 229 7,82

Incolumità

pubblica 1.489 94,11 208 5,89

Economia

pubblica 412 97,63 10 2,37

Associazione di

stampo mafioso

(416bis) 5.519 98,90 67 1,10

Fonte: Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

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2. Diritto e politiche penitenziarie

La sovrarappresentazione degli stranieri nelle carceri italiane è il frutto di un complesso di fattori penali ed extra-penali, di politiche economiche, sociali e criminali, nazionali, europee e globali che qui non possiamo prendere in considerazione. Limiteremo quindi la seconda parte di questo contributo al modo in cui le politiche penitenziarie italiane hanno assecondato, contrastato o, semplicemente, accompagnato il dispiegarsi del nuovo grande internamento e la sua predilezione per la detenzione degli stranieri.

Abbiamo visto quanto, negli ultimi vent’anni, la quota di origine non nazionale della popolazione detenuta sia aumentata costantemente, appunto raggiungendo una percentuale superiore alla media europea. Abbiamo visto come questa crescita sia legata a un uso più frequente della custodia cautelare in carcere degli stranieri in attesa di giudizio11, alla più frequente esecuzione in forma detentiva delle pene minori e alla individuabilità di alcuni “reati da stranieri”, attribuiti quasi solo a loro, in alcuni casi definiti appositamente per (il) loro (controllo), al punto che alcuni di essi non possono neanche essere commessi dai cittadini italiani (è il caso dei reati di ingresso irregolare e di mancata ottemperanza all’obbligo di allontanamento dal territorio dello Stato).

Quanto corrisponde questo mutamento al diritto e alle politiche penitenziarie degli ultimi vent’anni? Quanto esso ha contribuito a questi mutamenti della demografia penitenziaria italiana?

2.1. I principî del diritto penitenziario

Innanzitutto va riconosciuto che il diritto penitenziario italiano, secondo la tradizione europea, ha mantenuto una ispirazione formalmente universalista e umanitaria, che non esclude i detenuti di cittadinanza non italiana né europea dalle norme di carattere generale cui essa si ispira. L’articolo 27, III comma, della Costituzione, senza alcuna distinzione tra condannati autoctoni e immigrati, affianca all’usuale divieto di trattamenti contrari al senso di umanità l’auspicata finalità rieducativa della pena, laicamente intesa (anche dalla giurisprudenza costituzionale) come l’impegno dell’amministrazione pubblica, nell’esecuzione

11 Come documenta il Consiglio d’Europa, anche nel complesso del continente europeo, a dispetto di una media del 28.8% di detenuti in attesa di giudizio, tra gli stranieri questo dato sale fino al 40% (Aebi-Del Grande 2010).

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delle pene, all’apprestamento di mezzi e strumenti idonei al miglior reinserimento sociale possibile dei condannati una volta terminata la loro pena. L’articolo 1, comma 2, dell’ordinamento penitenziario (l. 354/1975) addirittura ripete solennemente la clausola non discriminatoria dell’articolo 3 della Costituzione: «il trattamento (penitenziario, ndr) è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose».

Non solo: mutato l’ambiente, il nuovo regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario (dpr 230/2000) riconosce l’esistenza di “detenuti e internati stranieri” e prescrive che si tenga conto «delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali», che siano «favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese» e che sia «favorito l’intervento di operatori di mediazione culturale» (art. 35). Un accenno a politiche di azioni positive per recuperare uno svantaggio di risorse (in questo caso, linguistiche e culturali) che potrebbero discriminare il detenuto di nazionalità non italiana.

2.2. Gli indirizzi del Consiglio d’Europa

Del resto, come si è accennato, un simile impianto si inserisce all’interno di un indirizzo continentale che, grazie all’azione di una organizzazione internazionale human rights oriented come il Consiglio d’Europa, si propone con una coerenza normativa ben superiore alle claudicanti incertezze dei suoi stati membri e tenta un’azione di condizionamento del loro operato sia in via preventiva, attraverso l’attività ispettiva del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene inumane o degradanti, che in sede giurisdizionale, attraverso l’operato della Corte europea dei diritti umani. Per quanto ci interessa in questa sede, le nuove Regole penitenziarie europee (Rec (2006)2, di seguito RPE), approvate dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa l’11.1.2006, ricalcano le disposizioni dell’art. 35 del Regolamento d’esecuzione italiano, peraltro ampliandone la portata. Infatti, già la regola 44.2 delle vecchie RPE (Rec (1987)3), al contrario del nostro – pur successivo - Regolamento penitenziario, prendeva espressamente in considerazione – da un punto di vista soggettivo - anche i cittadini di Stati non rappresentati nello Stato di detenzione, i rifugiati e gli apolidi. Le nuove RPE aggiungono specifici diritti a essere informati riguardo l’assistenza giudiziaria (Reg. 37.4) e la possibilità di scontare la pena nel Paese d’origine (Reg. 37.5). A parte (Regg. 38.1-2-3) sono poi disciplinati i diritti non (necessariamente) degli stranieri, ma dei

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detenuti appartenenti a minoranze etniche o linguistiche, con esplicito riferimento sia alle “pratiche culturali” che alle “esigenze linguistiche” di informazione e comunicazione. Non si dimentichi che, a loro volta, queste regole traggono origine dalla Raccomandazione Rec (84)12, relativa ai detenuti stranieri, alla quale peraltro le spiegazioni ufficiali delle nuove RPE rinviano per «precisazioni sul modo di rispondere alle esigenze di tali detenuti».

2.3. Propositi di “azioni positive”

Dunque, ispirandosi alla Costituzione e agli indirizzi del Consiglio d’Europa, le politiche penitenziarie italiane non hanno mai operato discriminazioni normative ai danni dei detenuti stranieri. Anzi, in alcune circostanze, hanno – seppur blandamente – intrapreso la strada delle “azioni positive”, volte a colmare “deficit” culturali o relazionali dei detenuti di nazionalità non italiana. Questo, in particolare, è accaduto nel primo decennio della carcerizzazione degli stranieri. Si pensi alla già citata previsione del nuovo Regolamento penitenziario, ma anche – con maggiori risvolti applicativi – alla circolare n. 27/93 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che ha riconosciuto il titolo di soggiorno al condannato straniero in misura alternativa alla detenzione, o alla clausola universalista del decreto legislativo 230/1999 che, disponendo l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale degli stranieri detenuti, a prescindere dal regolare permesso di soggiorno in Italia, riconosce loro «parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi» (art. 1, comma 5), e dunque maggiori garanzie rispetto alla condizione di immigrati irregolarmente soggiornanti (condizione che spesso era la loro prima dell’arresto), cui sono riconosciute dal testo unico sull’immigrazione solo le «cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali» (D.l.vo 286/1998, art. 35, comma 3).

Recentemente poi, non senza polemiche, ben due Direzioni generali dell’Amministrazione penitenziaria (la Direzione generale dei detenuti e del trattamento e la Direzione generale dell’esecuzione penale esterna) hanno diramato circolari volte a escludere l’accertamento del regolare titolo di soggiorno dei congiunti in visita agli stranieri in esecuzione penale, in deroga all’articolo 6, comma 2, del testo unico sull’immigrazione, così come modificato dalla legge 94/2009, che disciplina l’esibizione del titolo di soggiorno nelle relazioni dello

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straniero con la Pubblica aministrazione12. E, ancora, proprio per facilitare le relazioni familiari dei non italiani, sono state previste deroghe al divieto di comunicazione telefonica dei detenuti verso telefoni cellulari13.

Eppure, nonostante gli sforzi, gli effetti di questa legislazione universalista nel riconoscimento dei diritti dei detenuti, nel loro trattamento penitenziario e nella prospettiva del reinserimento sono stati esattamente opposti a quella promessa di pari opportunità che ne era all’origine. Indice, questo, quantomeno di una inefficacia delle politiche penitenziarie a fare da argine o (addirittura) da contraltare a politiche di esclusione sociale degli immigrati che le precedono temporalmente, oltre che logicamente, che ne costituiscono le premesse normative e reali.

2.4. L’ammissibilità degli stranieri alle alternative alla detenzione

Accantonando le scelte di criminalizzazione primaria compiute attraverso la legislazione di diritto penale sostanziale, in termini di politica del diritto tra i più rilevanti restano «due aspetti peculiari che riguardano l’esecuzione della pena nei confronti del detenuto straniero: A) la possibilità del trasferimento nello Stato di provenienza; B) il problema della applicabilità delle misure alternative nei confronti dello straniero privo di permesso di soggiorno» (Ruotolo 2009).

Con il senno di poi, una “operazione verità” fu quella prodotta da una giurisprudenza discutibile (ed effettivamente discussa) della Corte di cassazione sull’ammissibilità degli stranieri alle misure alternative alla detenzione. Con la sentenza 30130 del 17 luglio 2003, la I sezione penale della Suprema Corte escluse che gli immigrati privi di permesso di soggiorno potessero avere accesso alle misure alternative alla detenzione «atteso che tale condizione rende illegale la permanenza del medesimo straniero nel territorio dello Stato e non può, d’altra parte, ammettersi che l’esecuzione della pena abbia luogo con modalità tali da comportare la violazione o l’elusione delle norme che rendono configurabile detta illegalità». Come è noto, prima le sezioni unite della Cassazione (Sent. 14500 del 28 marzo 2006), poi la Corte costituzionale (Sent. 78 del 5 marzo 2007) si sono fatte carico di chiarire l’equivoco in cui era incorsa (una parte del)la giurisprudenza di

12 Secondo l’Ufficio studi dell’Amministrazione penitenziaria, richiamato nelle circolari, la previsione dell’articolo 6, comma 2, del Testo unico sull’immigrazione si riferisce alla richiesta, da parte dell’immigrato, dell’erogazione di un pubblico servizio, non assimilabile al godimento del diritto soggettivo (del detenuto e del congiunto) al colloquio previsto dall’ordinamento penitenziario. 13 Cfr. Lettera circolare GDAP 0177644-2010.

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legittimità, rinnovando l’universalità della prescrizione dell’articolo 27, terzo comma della Costituzione, secondo cui la pena «deve tendere alla rieducazione del condannato», senza alcun tipo di preclusione soggettiva, e quindi senza distinzioni in base alla cittadinanza, alla nazionalità o (per gli stranieri) alla condizione di soggiorno in Italia.

Rimane però nella memoria (ed è rimasta nella esperienza soggettiva di chi ha subito valutazioni preclusive dell’accesso alle alternative al carcere) una discriminazione sulla base della nazionalità, non a caso ancorata argomentativamente alla previsione dell’art. 16 del testo unico sull’immigrazione, così come modificato dall’articolo 15 della legge 189/2002. Infatti quella previsione della espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione per le pene o i residui di pena dice molto più di quanto non preveda normativamente: il suo presupposto è che – laddove, per il minimo disvalore sociale attribuito al fatto o per l’approssimarsi della fine della pena, non vi sia un particolare interesse dello Stato alla sua esecuzione in forma detentiva – lo straniero privo di un titolo di soggiorno non può contare sulla prescrizione costituzionale relativa alla finalità rieducativa della pena perché nei suoi confronti vige la pena dell’espulsione. Ergo, la pena cui egli è sottomesso è una pena esclusivamente retributiva e sostanzialmente escludente, prima attraverso la carcerazione, poi attraverso la espulsione. Quella discutibile e – infine – censurata giurisprudenza di legittimità era la fedele interpretazione della (illegittima) volontà del legislatore «di tradurre il principio costituzionale della rieducazione in chiave “nazionalistica” o, più precisamente, di restringerne la portata con riferimento ai soli soggetti aventi legittimo titolo di permanenza in Italia» (Ruotolo 2009).

Il fatto, poi, che alla previsione normativa non segua necessariamente l’espulsione non muta la trasformazione della qualità della detenzione dello straniero irregolare: il suo destino è segnato da quella prospettiva determinata normativamente, e dunque dalla impossibilità di inverare l’auspicio “rieducativo” dell’art. 27 della Costituzione, e quindi ogni investimento in senso contrario è considerato un’inutile dispersione di energie e di risorse, finanziarie, professionali, relazionali.

2.5. Espulsioni a fini di reinserimento sociale: normativa europea e interpretazioni nazionali

Non diverso è il modo in cui il Governo ha inteso dare applicazione alla Decisione

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quadro 2008/909/GAI relativa al riconoscimento delle sentenze e all’esecuzione delle pene nell’ambito dell’Unione europea, peraltro già discutibile nella sua formulazione. Una normativa esplicitamente finalizzata a «favorire il reinserimento sociale della persona condannata» (art. 3, comma 1), che pure prende le mosse dalla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate adottata a Strasburgo, dal Consiglio d’Europa, il 21 marzo 1983, è stata infatti troppo facilmente piegata – già in sede UE – alle necessità “disobbliganti” dei singoli Stati, che lamentano di essere soffocati da una eccessiva detenzione di stranieri.

Già nelle premesse della Decisione, infatti, si lamenta che la Convenzione di Strasburgo consente il trasferimento dei detenuti «solo verso lo Stato di cittadinanza» e «solo previo consenso» dell’interessato e dello Stato di destinazione. Ne seguono la possibilità di “trasmettere” la sentenza di condanna, il relativo certificato, nonché – in un secondo momento – il condannato, anche verso uno Stato membro diverso da quello di cittadinanza (art. 4,co. 1, lett. C) e anche se l’interessato non lo voglia (art. 6, co. 2), nei casi (prevedibilmente maggioritari) in cui il trasferimento avvenga verso lo Stato di cittadinanza, lo Stato di destinazione di un provvedimento di espulsione o lo Stato in cui il condannato si è rifugiato durante o dopo il procedimento penale.

Dunque, se la finalità è veramente quella citata all’articolo 3, comma 1, ne dobbiamo trarre la conseguenza che il «reinserimento sociale» di cui si parla ha assunto una tale dimensione autoritativa da poter fare a meno del consenso dell’interessato, cosa che fa a pugni con la stessa retorica correzionalista che non ha mai sottovalutato, tra i suoi presupposti, la partecipazione del condannato «all’opera di rieducazione», come recita – p.es. – l’art. 54 del nostro Ordinamento penitenziario, in tema di liberazione anticipata. Nel migliore dei casi, saremmo di fronte a una variante del “paternalismo autoritario”.

In realtà, traspare già nelle determinazioni del legislatore europeo un’attenzione rivolta più a soddisfare gli interessi degli Stati in cui sono stati giudicati i reati, che hanno prodotto condanne e carcerazioni, che quelli dei condannati, non necessariamente propensi a essere trasferiti loro malgrado. Dunque, già nella formulazione della Decisione quadro, siamo di fronte al riproporsi di una logica espulsiva dal proprio contesto sociale degli elementi estranei giudicati devianti, piuttosto che umanitariamente attenta al loro futuro reinserimento.

A questa torsione della cooperazione giudiziaria, si aggiunge poi l’argomentazione

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usata dal Governo italiano nella adozione del decreto legislativo di recepimento della decisione quadro europea. Argomentazione non dissimile da quella che fu usata già nel motivare la misura della espulsione riservata agli stranieri come sanzione alternativa alla detenzione, e che fu addirittura richiamata un po’ bizzarramente dalla Corte di cassazione14. Ora come allora, il Governo sostiene la necessità di allontanare dall’Italia i detenuti stranieri condannati non tanto per favorirne il «reinserimento sociale», come vorrebbe la Decisione quadro dell’Unione, quanto per «dare una risposta concreta all’emergenza del sovraffollamento carcerario attraverso il trasferimento dei condannati stranieri, per l’esecuzione della pena, senza un previo accordo dello Stato estero di cittadinanza e senza il consenso della persona condannata, agevolando, quindi, il trasferimento verso tutti gli Stati dell’UE» (così il Ministro della Giustizia in una nota per la stampa rilasciata il 7.9.2010). La montagna ha partorito un topolino (non sono poi così tanti i cittadini di paesi dell’Unione europea condannati in via definitiva a pene comprese tra i 3 anni e i 6 mesi passibili di essere espulsi per le vie brevi, sulla base della Decisione quadro e del decreto legislativo n. 161/2010 che le dà applicazione), ma un altro segnale di disvalore è stato inequivocabilmente attribuito al trattamento penitenziario degli stranieri e, tramite esso, alle loro stesse persone.

2.6. La prevalenza simbolica dell’espulsione

Quella dell’espulsione è diventata una parola-chiave ben più significativa del suo contenuto normativo, così come le sue implicazioni simboliche diventano più rilevanti delle sue conseguenze prescritte. Del resto è tutto il dispositivo disciplinare della legislazione sull’immigrazione che si regge su una minaccia espulsiva programmaticamente ben più ampia della sua efficacia pratica. Non a caso, già a livello normativo, la stessa procedura che dovrebbe dare luogo all’espulsione contempla la sua ineffettività, attraverso il trasferimento (tutt’altro che eventuale) di responsabilità della sua esecuzione in capo al suo stesso destinatario, chiamato a essere attore della propria espulsione attraverso l’autonoma esecuzione dell’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato (d. lgs. 286/’98, art. 14, c. 5bis). Programmaticamente non ha rilevanza l’effettivo

14 Nella sentenza n. 518 del 12 dicembre 2003, della I sezione penale della Cassazione, alla sanzione alternativa della espulsione dello straniero viene attribuito l’esclusivo scopo di «ridurre la popolazione carceraria», tradendone così il significato - generalmente riconosciuto alle alternative alla detenzione dalle giurisprudenze costituzionali e di legittimità – di strumento principe della finalità rieducativa della pena e non certo di contenimento del sovraffollamento penitenziario.

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allontamento dello straniero dal territorio dello Stato quanto la sua ulteriore riduzione di status, che lo segna oramai indelebilmente nel suo rapporto con la società “ospitante”.

3. Il carcere degli stranieri: una misura di prevenzione nel circuito della sicurezza

Il rovescio del modo in cui il sistema penitenziario tratta la detenzione degli stranieri è il modo in cui la detenzione degli stranieri modifica il modo di essere del penitenziario. Si scopre così che le caratteristiche peculiari della detenzione degli stranieri hanno finito, nel corso degli ultimi vent’anni, per informarne l’intero sistema, facendo del carcere degli stranieri il carcere per antonomasia.

Abbiamo parlato, a proposito della detenzione degli stranieri,

- di crescita della popolazione penitenziaria e, ancor più, degli ingressi in carcere,

- di “detenzione di flusso”,

- di significativa incidenza della detenzione in attesa di giudizio,

- di prevalenza delle condanne brevi,

- di limitazione nell’accesso alle alternative,

- della riduzione del carcere a una funzione escludente, gravata com’è dal dominio simbolico della pena del bando, nella forma contemporanea dell’espulsione.

Tutte queste caratteristiche è possibile riferirle, una per una, al funzionamento del sistema penitenziario nel suo complesso. D’altro canto, la maggiore rilevanza che esse hanno nella detenzione degli stranieri, rispetto alla totalità della popolazione detenuta, impedisce di assumerle come mere specificazioni di una tendenza più generale. Al contrario, è possibile leggere le modificazioni e le tendenze del penitenziario come effetto delle “innovazioni” introdotte nel sistema dalla detenzione degli stranieri che assume, evidentemente, una funzione egemonica sul suo modo di essere.

Si prenda quella che appare, più di ogni altra, caratteristica peculiare della detenzione degli stranieri: l’espulsione a fine pena o in fine di pena. Come abbiamo

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detto, la sua effettività non è perseguita quanto la sua minaccia. Anche quando è solo minacciata, però, l’espulsione non rinuncia ad assolvere alla sua funzione simbolica, e – in questo modo – non rinuncia a una sua efficacia. Solo che questa efficacia non è nella produzione delle conseguenze reali formalmente previste dalle norme, quanto piuttosto nella permanenza di un intento di esclusione sociale dello straniero già detenuto, (spesso) già condannato, (nella enorme maggioranza dei casi) inderogabilmente escluso dal legittimo soggiorno nel territorio nazionale. Ed ecco il punto: questa funzione di esclusione sociale permanente, oltre i confini temporali della pena e gli ambiti spaziali del penitenziario, è ciò che caratterizza l’esecuzione penale per la grande maggioranza della popolazione detenuta, «senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza …, a opinioni politiche e credenze religiose» (ancora l’art. 1 dell’Ord. penit.), in una sorta di universalismo rovesciato da cui sono espunte le uniche significative eccezioni (per gli italiani), relative alle condizioni economiche e sociali, quelle sì ancora rilevanti in una realtà di sostanziale privatizzazione delle opportunità di reinserimento sociale a fine pena, affidate come sono – queste ultime – ormai quasi esclusivamente alle risorse economiche, sociali, culturali e relazionali di ciascun condannato in esecuzione penale.

Se tra gli stranieri l’espulsione si risolve in una intermittenza esclusiva, attraverso i successivi internamenti in carcere e nei centri loro riservati, con intervalli di clandestinità, tra gli autoctoni la messa al bando si manifesta nella successione di internamenti brevi-brevissimi, con una frequenza tale da rendere indistinguibile il loro titolo giuridico (fermo, arresto, custodia cautelare, esecuzione penale) e da rendere la condizione detentiva una modalità ordinaria – seppure intermittente - della propria esperienza di vita.

Questa indifferenza al titolo giuridico dell’internamento (indifferenza spesso condivisa dalla persona detenuta, che non riesce più a percepire perché è in carcere) esplicita la funzione meramente contenitiva del penitenziario contemporaneo, completamente scollato dalle sue previsioni normative. Delle tradizionali giustificazioni della pena (prevenzione generale, prevenzione speciale positiva e negativa) la prima sembra risolversi nella continua minaccia di recrudescenza sanzionatoria agitata dal legislatore a livello prevalentemente simbolico, mentre la seconda è andata congedandosi dalle pratiche penitenziarie man mano che se ne dissolveva l’humus politico-culturale, quel misto di ingegneria sociale e di carità cristiana che ne hanno segnato l’affermazione durante il Novecento. Non resta in campo che una rivisitazione della prevenzione speciale

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negativa, sotto le vesti dell’esclusione e dell’internamento come forma di incapacitazione e di controllo. La misura di sicurezza, finanche liberata dalle scientifiche o compassionevoli aspettative di valutazione del sé del deviante, è diventata l’archetipo del controllo sociale istituzionale, in un nuovo tipo di continuum penitenziario, nelle forme diverse (e frequentemente tra loro successive) dell’espulsione, dell’internamento in un centro di identificazione o in carcere, in attesa di giudizio o a causa di una sentenza passata in giudicato.

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Parte quarta

Mettere in ordine la casa

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“E’ ora di mettere le vostre case in ordine!”

Immigrazione e asilo in Italia nelle raccomandazioni degli organismi internazionali per i diritti umani

Premessa

“Abbiamo sentito diverse dichiarazioni di solidarietà nei confronti dei richiedenti asilo, non ultimo durante tutto l’ultimo anno passato, ma non abbiamo visto altrettanta azione. Il tempo per i discorsi è finito. I valori della solidarietà, della tolleranza e del rispetto reciproco devono essere tradotti adesso in risultati concreti. Per questo oggi proponiamo delle misure d’aiuto per gli stati membri dell’UE, in modo da metterli nelle condizioni di essere all’altezza della loro responsabilità di offrire protezione agli individui bisognosi. Agli stati con sistemi di protezione del diritto d’asilo malfunzionanti (diciamo): è ora di mettere le vostre case in ordine!”. In questo modo, nel dicembre scorso, la Commissaria europea per gli affari interni, Cecilia Malmström, esortava gli Stati europei ad adeguare prassi e norme sul diritto d’asilo agli standard internazionali15.

Nel quadro delle politiche migratorie operano, a livello sovranazionale, attori molto differenti tra loro; ciascuno di essi dispone di strumenti per la gestione delle crisi. Il Consiglio dell’Unione Europea agisce come organo politico e come referente istituzionale per le relazioni fra gli Stati Membri; la Commissione Europea ha un ruolo essenziale nel controllo delle frontiere esterne; l’Agenzia europea Frontex è un corpo indipendente finalizzato a coordinare la cooperazione fra gli Stati Membri in materia di sicurezza alle frontiere. Un discorso parallelo va fatto per gli organismi, le agenzie e gli Special Rapporteur delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani e processi migratori: fra gli altri, lo Human Rights Council, lo Human Rights Committee, l’UNHCR e gli Special Rapporteur per i diritti umani dei migranti e sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza.

15 http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/11/1493&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en (traduzione dall’inglese a cura della redazione)

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La presenza di diversi ordini giuridici (internazionale, UE, CEDU e statale) e di numerose corti (Lussemburgo, Strasburgo e gli organi giudiziari della Repubblica italiana) contribuisce a creare un quadro complesso all’interno del quale ci si deve muovere per delineare le considerazioni sull’operato dell’Italia e le raccomandazioni - ufficiali e non - da essa ricevute.

Sebbene, inoltre, sia fondamentale tenere a mente tutti i livelli di differenziazione delle strutture normative e giurisdizionali coinvolte nella trama, non ultimi i principi generali dell’ordinamento europeo, cercheremo qui di ricostruire una problematica circoscritta. Si prenderà in considerazione un quadro la cui premessa è la firma, nel 2008, del Trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione, ratificato all’inizio del 2009. Il materiale raccolto in questo testo è costituito da relazioni, dichiarazioni, richieste e raccomandazioni.

Una prima sezione è dedicata al discorso europeo sulla gestione delle politiche migratorie da parte dell’Italia; nella seconda sezione sono state raccolte le osservazioni e le raccomandazioni riconducibili ai meccanismi operativi UN e ad essi collegati; nella terza ed ultima parte, una breve rassegna sul lavoro delle ONG che più delle altre si sono espresse sugli eventi che interessano (Human Rights Watch e Amnesty International).

Il tema dei diritti umani connessi alla protezione internazionale degli stranieri in Italia è qui analizzato in chiave dinamica, attraverso le voci degli organismi internazionali che si sono occupati della recente “emergenza umanitaria” dichiarata dall’Italia. Questo metodo, sebbene non sistematico, è con ogni probabilità il più efficace per far affiorare l’elemento di paradossalità della disciplina complessiva e multilivello sul tema.

1. Le domande emergenti

a) L’Italia rispetta il principio di non-refoulement?

Ai sensi dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra è fatto divieto agli Stati di espellere o respingere i rifugiati e i richiedenti asilo verso luoghi in cui la vita o la libertà ne sarebbero minacciati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o per la loro opinione politica.

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Questo è il principio detto di non-refoulement; esso viene riaffermato in diversi strumenti, in particolare nell’ambito del diritto internazionale umanitario.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (art. 3) vieta di rinviare qualsiasi persona verso Paesi ove sarebbe esposta a simili rischi. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sancisce il diritto di non essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti: la norma (art. 3) viene interpretata come principio che vieta l’estradizione, l’espulsione o la deportazione, il refoulement verso Stati in cui la persona correrebbe il rischio di essere sottoposta a trattamenti di tal genere. Il divieto trova applicazione anche nel caso in cui il respingimento o allontanamento avvenga verso un Paese definito “intermedio”, che potrebbe cioè a sua volta rinviare la persona in un territorio in cui sarebbe esposta a tale trattamento. Il divieto di refoulement quale espressione di un principio di diritto umanitario, è ormai ritenuto come un principio di diritto consuetudinario, perciò vincolante anche per quegli Stati che non abbiano sottoscritto le convenzioni che specificamente lo prevedono.

In Italia la tutela dei diritti fondamentali è garantita dall’art. 2 Cost. e il diritto d’asilo dall’art. 10, 3° co. Cost.. Il t.u. sulla condizione dello straniero (d.lgs. 25.7.1998, n. 286) prevede

all’art. 2, 1° co. il riconoscimento dei diritti fondamentali allo straniero “comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato”;

all’art. 10, 4° co. il divieto di respingimento in caso di asilo politico, riconoscimento dello status di rifugiato, adozione di misure di protezione temporanea per motivi temporanei;

all’art. 19 il divieto di espulsione e respingimento verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per vari motivi ovvero corra il rischio di essere respinto verso un altro Stato in cui non sia protetto dalla persecuzione.

L’obbligo di assicurare la protezione internazionale, che ha una formulazione più vasta di quella prevista dalla Convenzione di Ginevra (comprendendo anche la protezione sussidiaria) è previsto dalle direttive comunitarie e dai d.lgs. di recepimento, prima ricordati.

A fronte dei dubbi espressi circa la portata extraterritoriale del principio, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha autorevolmente preso posizione

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(parere del 26.1.2007) escludendo che esso possa trovare applicazione solo quando i migranti si trovino sul territorio o in acque nazionali. Questo limite, peraltro negato (come si dirà poco oltre), dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e più recentemente dalla Commissione europea che fa proprie le tesi della Corte, sarebbe, invero, uno strumento pericoloso in mano agli Stati.

b) Le operazioni portate avanti nel cuore del Mediterraneo, finalizzate ad intercettare i migranti in acque internazionali per rimandarli sulle coste nordafricane, hanno un fondamento di legalità?

Se considerate come operazioni di controllo delle frontiere, esse spesso sono prive di un fondamento di legalità. Quest’ultimo potrebbe essere facilmente reperito nel diritto del mare, nel caso le operazioni venissero etichettate come salvataggi. Ma queste categorie sono distinte in maniera fumosa. In ogni caso, inoltre, le operazioni andrebbero condotte nel rispetto degli obblighi assunti dall’Italia in materia di diritti umani e di diritto dei rifugiati (in particolare in riferimento al principio di non-refoulement), che permettono il respingimento solo verso le cosiddette “safe third countries”.

c) Rifugiato “politico” o no?

Non ultimo, è emerso dal lavoro di ricognizione che la stessa categorizzazione del migrante come rifugiato “politico” oppure “economico” ha grande rilevanza, dal momento che solo i primi sono oggetto di protezione internazionale da parte della Convenzione di Ginevra del 1951.

Proprio a questo proposito, il 27 Ottobre 2011 il Parlamento Europeo ha fatto un grande passo verso un trattamento equo dei rifugiati e degli individui richiedenti protezione internazionale nell’Unione Europea16. Il Parlamento ha infatti approvato la proposta di rettifica delle due normative regolanti le richieste di asilo, la Direttiva “Qualifiche” e la Direttiva “Procedure” - alla fine di un lungo percorso iniziato ad Ottobre 2009.

La differenza fra “rifugiati politici” e “rifugiati economici” è stata oggetto di dibattito fra Roma e Bruxelles quando c’erano da accogliere migliaia di tunisini fuggiti dalla guerra. L’obiettivo di Bruxelles è proprio quello di predisporre una

16 http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=REPORT&reference=A7-2011-0271&language=EN

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procedura unica semplificando e razionalizzando le procedure di asilo e riducendo l’onere amministrativo a carico degli Stati membri.

La commissaria UE agli Affari interni, Cecilia Malmström, ha commentato così: «si tratta di una tappa fondamentale verso la realizzazione di un ambizioso obiettivo: fare approvare tutte le proposte della Commissione in materia di asilo entro l’anno prossimo, come richiesto dal Consiglio europeo nel programma di Stoccolma [...]; l’accordo invia un forte segnale politico in occasione del sessantesimo anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati. Gli avvenimenti in corso in Paesi vicini all’Europa mostrano la necessità di disporre di procedure sicure, trasparenti ed efficaci per coloro che si rivolgono a noi in cerca di protezione».17

2. La prospettiva europea

Il diritto d’asilo è disciplinato dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE del 2000, che richiama lo status di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951. Da qui deriva tutta la disciplina secondaria:

il regolamento 343/2003/CE del Consiglio, noto come “Dublino II”, sui criteri di determinazione dello Stato membro che detiene la competenza ad esaminare le domande di protezione internazionale;

la direttiva 2001/55/ CE del Consiglio sulla protezione temporanea,

la direttiva 2003/9/CE del Consiglio sulla accoglienza,

la direttiva 2005/85/CE del Consiglio sulle procedure.

Queste direttive hanno originato, nel diritto interno, quattro decreti legislativi dal 2003 ad oggi (d.lgs. 85/2003, d.lgs. 140/2005, d.lgs. 251/2007, d.lgs. 25/2008 - poi modificato con il d.lgs. 159/2008 e la l. 94/2009).

La normativa sui diritti umani applicabile in ambito europeo è distribuita su livelli differenti; ne possiamo distinguere due, in particolare, per ciò che interessa questo rapporto: il livello del Consiglio d’Europa e il livello della Unione Europea.

17 http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/malmstrom/news/default_en.htm

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Nel quadro del Consiglio d’Europa troviamo fra le fonti la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950), con i successivi Protocolli, e la Carta dei diritti sociali fondamentali (l’Italia è vincolata al rispetto della sua versione più aggiornata entrata in vigore nel 1999). Questi documenti sono vincolanti per i singoli Stati firmatari.

Nel quadro relativo alla Unione Europea si possono individuare, da un lato, i principi generali del diritto europeo, che sono fonti non scritte elaborate dalla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia; a fianco a questi, la Carta dei diritti fondamentali (2000), che riconosce una serie di diritti personali, civili, politici, economici e sociali ai cittadini e ai residenti nell’UE.

Oltre a questi due livelli, vi sono altri strumenti per il monitoraggio e la gestione delle politiche migratorie. Nel caso italiano, le operazioni di controllo delle frontiere europee in mare sono state spesso coordinate dalla agenzia FRONTEX, che si occupa di gestire le relazioni fra gli Stati Membri in materia di sicurezza alle frontiere.

Il quadro della normativa europea rilevante in tema di immigrazione ed asilo va analizzato inoltre in prospettiva della forte “comunitarizzazione” della materia “visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone”, disposta con il Trattato di Amsterdam nel 1997.

2.1. L’Unione europea

Il Rapporto Annuale della Commissione Europea su immigrazione ed asilo relativo all’anno 2010, pubblicato a metà 2011,18 ha evidenziato - fra gli obiettivi centrali - la necessità di implementare una politica migratoria unica per tutti gli Stati Membri, fondata sulla solidarietà e la responsabilità di ciascuno di essi. Ciò che viene inoltre sottolineato con particolare enfasi è il bisogno di un sistema di gestione dei processi migratori da parte degli Stati Membri (in particolare in seguito alla dichiarazione di “emergenza umanitaria” denunciata dall’Italia ad inizio 2011 e poi prorogata fino a fine 201219), che sia in grado di garantire regole di ammissione flessibili, al tempo stesso assicurando buone condizioni di ingresso e di residenza e una «tutela adeguata dei diritti umani dei migranti».20

18 http://ec.europa.eu/home-affairs/doc_centre/asylum/asylum_intro_en.htm [COM(2011) 291]. 19 http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1550&l=it cfr. GU 235 dell'8 ottobre 2011, Dpcm. - “proroga dello stato di emergenza umanitaria in relazione all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti al Nordafrica”. 20 p. 5, cfr. report di cui alla nota n. 6 sopra.

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Gli episodi drammatici avvenuti durante gli ultimi tre anni nel Mediterraneo sono anche oggetto di richiamo da parte della Commissione, che si esprime molto chiaramente: “the recent events in the Mediterranean and the need to restructure the asylum systems of some Member States confirm the necessity of creating a common procedure and a uniform status at EU level. This implies better EU legislation, strengthened practical cooperation coordinated by the EASO,21 a concrete multifaceted commitment to solidarity and an increased investment in cooperation with third countries.”22

Sempre con riferimento agli episodi seguenti al Trattato Italia-Libia entrato in vigore nel 2009, la Commissione ha raccomandato che tutte le frontiere dell’area Schengen siano provviste delle strutture necessarie, che i controlli siano correttamente assicurati e le guardie siano preparate alle emergenze.

Il Governo italiano, dal canto suo, tramite l’adozione di una serie di ordinanze di protezione civile, ha dichiarato lo stato di emergenza umanitaria dovuto alla crisi del Nord Africa, che è stato prolungato sino a tutto il 2012. Lo stesso Governo ha regolato la gestione della emergenza tramite l’individuazione delle risorse disponibili e l’attribuzione di funzioni, come la opportunità di disporre la redistribuzione dei richiedenti la protezione internazionale tra i CARA operanti sul territorio nazionale (d.P.C.m. del 12/02/2011, d.P.C.m. n. 3924/2011, d.P.C.m. n. 3925/2011). In linea con la dichiarazione della situazione di emergenza durante la primavera 2011, il Governo italiano ha richiamato anche la «necessità di porre in essere misure di carattere straordinario ed urgente finalizzate alla predisposizione di strutture idonee per le necessarie forme di assistenza umanitaria nei territori del Nord Africa, assicurando nel contempo l’efficace contrasto dell’immigrazione clandestina nel territorio nazionale».

Tutto ciò dopo che, con una dichiarazione davanti alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, la Commissiaria agli Affari Interni Cecilia Malmström aveva chiaramente rifiutato il frame della emergenza umanitaria su cui l’Italia aveva

21 A proposito dello European Asylum Support Office (EASO - http://ec.europa.eu/home-affairs/policies/asylum/asylum_easo_en.htm), si veda questo intervento http://migrantsatsea.wordpress.com/2011/02/05/easo-issues-call-for-seconded-national-experts/. 22 «I recenti eventi verificatisi nel Mediterraneo e la necessità di ristrutturare i sistemi di protezione del diritto d’asilo di alcuni stati membri confermano l’urgenza di creare una procedura comune ed uno status uniforme riconosciuto a livello UE. Ciò significa una migliore legislazione, una cooperazione rafforzata sul piano concreto e coordinata da EASO, un impegno concreto per la solidarietà ed un sempre maggiore investimento nella cooperazione con i paesi terzi». (traduzione non ufficiale a cura della redazione)

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insistito, invitando invece a mettere in campo azioni politiche per favorire il rimpatrio dei migranti irregolari tunisini verso il loro paese d’origine.23

Con un’ulteriore dichiarazione resa nell’Aprile 201124, la Commissaria è intervenuta sulla proposta di potenziare il pattugliamento FRONTEX nel Mediterraneo al fine di respingere verso la Tunisia. Ha ribadito che il principio di non refoulement deve essere sempre rispettato, anche nei confronti delle imbarcazioni che arrivano dalla Tunisia, in quanto esse potrebbero trasportare individui richiedenti la protezione internazionale o persone non rinviabili nei loro paesi d’origine.

2.2. Il Consiglio d’Europa

2.2.1 Il Commissario per i diritti umani

Una lunga serie di raccomandazioni sono pervenute all’Italia nel periodo 2009-2011 da parte del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammerberg. Si riportano quelle principali contenute nei Report 2009 e 2011.

a) Nel Report 200925 sull’Italia una intera sezione è dedicata alla protezione dei diritti umani di migranti e richiedenti asilo. Già nel rapporto 2009, Il Commissario si dice molto preoccupato per le misure “draconiane” su immigrazione ed asilo adottate o in fase di adozione da parte del Governo italiano. Il Commissario Hammerberg, seppur riconoscendo l’importanza delle sfide che i grandi flussi migratori rappresentano per gli Stati Membri, ricorda che le misure adottate dagli stessi per gestire le pressioni dovrebbero sempre rispettare - e in pieno - gli standard internazionali ed europei sulla normativa a protezione dei diritti umani.

23 Il frame emergenziale veniva incrementato anche in direzione FRONTEX, che il 16 Febbraio 2011 rilasciava il seguente comunicato stampa:"the Italian Government requested assistance in strengthening the surveillance of the EU's external borders in the form of a Joint Operation. In addition, Italy requested a targeted risk analysis on the possible future scenarios of increased migratory pressure in the region in the light of recent political developments in North Africa and the possibility of the opening up of a further migratory front in the Central Mediterranean area." 24 ANSA 18/04/2011. 25 https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1428427&Site=CommDH&BackColorInternet=FEC65B&BackColorIntranet=FEC65B&BackColorLogged=FFC679

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A tal proposito, ribadisce la sua disapprovazione riguardo agli accordi bilaterali e multilaterali per i rimpatri forzati dei migranti irregolari con paesi che normalmente praticano la tortura.

Sempre nel Report 2009, una sezione apposita è dedicata al tema dei rimpatri forzati. A questo proposito, il Commissario ricorda che gli standard europei vietano assolutamente la tortura ed i trattamenti degradanti, e che questo divieto include anche il fatto di facilitarli per mezzo della deportazione in un paese dove l’individuo rischi di subire tali trattamenti. In relazione a ciò, visto il continuo verificarsi di respingimenti in mare e rimpatri verso la Libia, il Commissario si oppone fermamente ai rimpatri forzati di stranieri sulla base di rassicurazioni diplomatiche da parte di paesi che notoriamente ricorrono alla tortura. Ad esempio, notava inoltre che in Tunisia, paese verso cui l’Italia rimpatriava forzatamente moltissime persone, esisteva un sistema di torture e maltrattamenti dei detenuti.

L’inconsistenza delle rassicurazioni diplomatiche ricevute dai paesi terzi verso cui l’Italia ha effettuato ed effettua i rimpatri è stata dimostrata anche dalla decisione Saadi v. Italy26 da parte della Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La Corte ha infatti stabilito che la deportazione di stranieri verso la Tunisia costituisce una violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il Commissioner conclude il Report 2009 dichiarando che avrebbe continuato a seguire con molta attenzione gli sviluppi e che intendeva prendere tutte le misure necessarie, in accordo con il suo mandato di istituzione indipendente ed imparziale del Consiglio d’Europa, al fine di promuovere la effettiva implementazione degli standard del Consiglio d’Europa.

b) Nel Report 201127 sull’Italia, pubblicato a Settembre 2011, l’intera seconda parte è dedicata ad un approfondimento sulla condizione italiana riguardante la protezione dei diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo. Pur riconoscendo gli sforzi effettuati dalle autorità italiane per gli aiuti ed i soccorsi nel Mediterraneo, il Commissario Hammerberg incoraggia fortemente nel suo rapporto a proseguire con le operazioni di salvataggio poiché esse sono divenute

26 Saadi v. Italy (Application no. 37201/06); http://sim.law.uu.nl/sim/caselaw/Hof.nsf/233813e697620022c1256864005232b7/840598d7552577c1c12573f7003a9000?OpenDocument. 27 https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1826921

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sempre più indispensabili a seguito della aggravata situazione dei flussi migratori dai Paesi del Nord Africa in seguito alle cosiddette “primavere arabe”.

Inoltre, a seguito dei numerosi e tragici episodi verificatisi durante i primi mesi del 2011, il Commissario raccomanda di assicurarsi che ogni volta che vi siano pericoli in mare, la priorità sia data alle operazioni di salvataggio. Priorità che andrebbe assicurata su qualunque altro possibile aspetto, che deve rilevare soltanto in seguito (ad esempio, il fatto che i migranti siano richiedenti asilo politico o meno). La posizione del Consiglio d’Europa nel 2011 è ancora più ferma a proposito (rispetto al Report 2009). Ciò d’altronde è in sintonia con la Risoluzione della Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE Resolution n. 1821, 2011 “The interception and rescue at sea of asylum seekers, refugees and irregular migrants”, 21 Giugno 2011). Tale risoluzione PACE ha raccomandato agli Stati Membri di adempiere senza alcuna eccezione alla loro obbligazione di salvare le persone in pericolo in mare.

A conferma di questa posizione chiara e decisa in merito alle operazioni di salvataggio, il Commissario ricorda inoltre che il giorno 8 Aprile 2011, due giorni dopo che un’imbarcazione con più di 220 migranti a bordo si è rovesciata nelle acque intorno a Lampedusa causando la morte di più di 200 persone, l’UNHCR ha raccomandato di considerare ogni imbarcazione che parte dalla Libia come imbarcazione “in pericolo”.

Dopo aver inoltre incoraggiato le autorità italiane - sulla scia delle raccomandazioni UNHCR sulla protezione delle persone in fuga dalla Libia - a mantenere i confini del paese aperti per le persone costrette a fuggire e che necessitano di protezione internazionale, Hammerberg rivolge un’ulteriore, conclusiva, richiesta al Governo Italiano. Viene raccomandato alle autorità italiane di smettere di essere coinvolte in pratiche di intercettazioni in mare che possano causare il fatto che i migranti siano mandati in Paesi in cui sono a rischio di maltrattamenti o di un successivo refoulement. Il Commissioner mette in rilievo che quando uno Stato effettua un controllo o esercita la propria autorità su individui di paesi terzi salvati o fermati in mare - le sue obbligazioni includono anche il fatto di assicurare l’accesso alle adeguate procedure per la richiesta d’asilo, e non includono invece il fatto di rimandare gli individui in paesi dove affronterebbero un rischio reale di persecuzione o di trattamenti contrari agli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di tortura) della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

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Con la Risoluzione 1637 della Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (2008) l’Italia era stata già richiamata, ben prima degli accordi Italia-Libia e dell’inizio della fase dei grandi flussi migratori verificatasi fra 2009 e 2011, a “progressively proscribe administrative detention of irregular migrants and asylum seekers [...] and in the meantime allow detention only if it is absolutely necessary to prevent unauthorized entry into the country or to ensure deportation or extradition, in accordance with the European Convention on Human Rights”28.

Infine, coerentemente con il contenuto dell’intero Report, che copre anche materie qui non richiamate (come il problema dell’anti-gypsism nel discorso politico italiano e le misure di integrazione degli immigrati), il Commissario richiama il divieto di effettuare espulsioni collettive - come disposto dall’art. 4 del Protocollo Addizionale IV della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Viene inoltre raccomandato alle autorità italiane di assicurarsi che i rimpatri dei non cittadini europei, anche nel quadro delle attuali migrazioni, siano in piena linea con questo protocollo. Il Commissioner si richiama alle Twenty Guidelines on Forced Returns adottate dal Council of Europe Committee of Ministers nel Maggio 2005, e alla Resolution 1637 (2008) della Parliamentary Assembly of the Council of Europe - con cui si chiedeva agli Stati membri di effettuare rimpatri solo nel rispetto di queste linee guida.

2.2.2. L’Assemblea parlamentare - PACE29

Il 30 Novembre 2011 Tineke Strik, PACE Rapporteur, ha dichiarato di fronte al Migration Committee di PACE: “With 1971 boat-people having perished in the Mediterranean Sea while trying to reach European soil from North Africa, the year 2011 sets a sad record as the deadliest year for boat-people [...]. Never before the Mediterranean Sea has been as closely monitored as this year because of the war in Libya and still more boat people than ever perished or disappeared [...].”30

Esiste un concetto condiviso di “situazione di pericolo”? Qual è il quadro normativo di riferimento e chi sono i responsabili? “Do all ships, even warships, 28 «Eliminare progressivamente la detenzione amministrativa dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo [...] e al contempo permettere la detenzione solo se assolutamente necessaria a prevenire l’ingresso non autorizzato nel paese o per controllare la deportazione e l’estradizione, nel rispetto della Convenzione europea per i diritti umani» (traduzione non ufficiale a cura della redazione). 29 Council of Europe - Parliamentary Assembly. 30 «Con i suoi 1971 individui morti nel tentativo di raggiungere il suolo europeo dal Nord Africa, il 2011 stabilisce un triste record come l’anno con il maggior numero di morti in mare [...]. Mai prima il Mediterraneo era stato monitorato così da vicino come quest’anno a causa degli scontri in Libia e ciononostante un numero ancora maggiore di persone sono morte o scomparse [...]» (traduzione non ufficiale a cura della redazione)

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have to proceed with rescue operations even if they are situated beyond established search and rescue zones? Where does legal responsibility start and where does political responsibility end? These are some of the issues we are currently trying to clarify.”31

Dopo queste dichiarazioni, la Rapporteur Tineke Strik si è recata a Malta a metà Dicembre 2011 e, in vista del Report in corso di redazione, ha anticipato alcune importanti considerazioni in merito agli incidenti verificatisi durante la primavera 2011; in particolare, è stata dedicata molta attenzione ad un incidente verificatosi a Marzo 2011. Sessantatre persone sono morte mentre fuggivano dalla Libia perché le loro richieste d’aiuto sarebbero state ignorate.32

In seguito alla visita a Malta, le indagini sull’episodio dello scorso Marzo si sono sviluppate e hanno rivelato una situazione molto confusa sul piano della comunicazione fra autorità italiane e libiche. Sebbene l’imbarcazione si trovasse nell’area di competenza libica (per il soccorso), la chiamata con la richiesta di aiuto è stata ricevuta dalle autorità italiane. Queste dicono di aver avvisato la Nato e l’esercito maltese della richiesta di soccorso, e di aver inoltre inviato un messaggio alle imbarcazioni che si trovavano nella zona interessata. Secondo il diritto internazionale, le operazioni di soccorso sono responsabilità dello stato nelle cui acque si trova l’imbarcazione che richiede aiuto. Ma la Libia - al tempo in piena guerra civile in corso - non ha risposto alle chiamate.

In such a situation, who assumes responsibility? 33 Questa la domanda centrale di Tineke Strik: «The Italians say that they fulfilled their obligations and were not obliged to do more. Maltese authorities confirm they received information of the call, but say that Italy made no requests for assistance. [...] Nato is still trying to verify whether it received the message, but says that even if it did, responsibility would lie with the flag state of whatever ship responded».34

31 «Le imbarcazioni, comprese quelle militari, devono procedere con le operazioni di soccorso anche se si trovano al di fuori dalle zone di ricerca e soccorso? Dove inizia la responsabilità legale e dove comincia quella politica? Queste sono alcune delle problematiche che stiamo al momento tentando di chiarire» (traduzione non ufficiale a cura della redazione). 32 A proposito di questo incidente, Tineke Strik ha dichiarato: «The testimonies of survivors of this incident are coherent, but we have to continue to collect more data and information on who was when and where in the area and we now expect Nato and the EU to provide us with satellite imagery and other relevant information». Si veda la pagina web di PACE per informazioni ulteriori: http://assembly.coe.int/ASP/NewsManager/EMB_NewsManagerView.asp?ID=7217&L=2. 33 “In questa situazione, chi si assume la responsabilità?” (trad. non ufficiale a cura della redazione) 34 «Gli italiani ritengono di aver rispettato i propri obblighi e ritengono inoltre che non avrebbero dovuto fare nient’altro. Le autorità maltesi confermano di aver ricevuto informazioni sulla chiamata, ma dicono che l’Italia non ha effettuato alcuna richiesta di assistenza. [...] La Nato sta ancora cercando di verificare se ha ricevuto il messaggio, ma ritiene che anche nel caso in cui non l’abbia ricevuto, la responsabilità rimarrebbe dello stato la cui imbarcazione ha risposto per prima alla richiesta d’aiuto» (trad. non ufficiale a cura della redazione)

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Le dichiarazioni a seguito delle investigazioni del Rapporteur PACE sono decise: “Everyone knew about this boat, everyone knew of its existence and distress call. But nobody did anything, because there was no search and rescue responsibility, or at least no clarity as to who was responsible. [...] There is a need to emerge with one clear rule for everyone to follow. Allowing people to die because of legal grey areas is not acceptable.”35

2.2.3. La Corte europea per i diritti umani

a) Il caso Hirsi et al. v. Italy

Il caso Hirsi et al. v. Italy concerne il primo episodio di respingimento verso la Libia dopo la firma del Trattato di amicizia. Undici somali e tredici eritrei denunciano che, tra il 6 e il 7 Maggio 2009, mentre si trovavano a circa 35 miglia a sud di Lampedusa, nella zona maltese di competenza per la ricerca ed il salvataggio, sono stati intercettati dalle autorità italiane. Riportano inoltre di essere stati trasferiti dalle autorità militari italiane e portati in seguito a Tripoli. Durante il viaggio i rappresentanti delle autorità italiane non hanno detto loro dove li avrebbero trasportati, e non hanno controllato i loro documenti d’identità. Una volta a Tripoli, li hanno consegnati alle autorità libiche.

Il 7 Maggio 2009, durante una conferenza stampa, l’allora Ministro degli Interni italiano, Roberto Maroni, ha dichiarato che l’intercettazione ed il respingimento verso la Libia erano perfettamente coerenti con gli accordi bilaterali con la Libia, in vigore dal 4 Febbraio 2009. Nella prospettiva del Ministro (come emerge anche dal discorso al Senato del 25 Maggio 2009) i respingimenti avrebbero dovuto avere anche una certa rilevanza nel ridurre il traffico di persone via mare e avrebbero inoltre contribuito a ridurre l’arrivo di clandestini sulle coste italiane.

Secondo quanto riportato dai rappresentanti dei ricorrenti, due persone erano morte in circostanze sconosciute. Fra Giugno ed Ottobre 2009 quattordici fra i ricorrenti avevano ricevuto lo status di rifugiato da parte di UNHCR. A seguito

35 «Chiunque sapeva di questa imbarcazione, chiunque era a conoscenza della sua esistenza o della sua richiesta di soccorso. Ma nessuno ha fatto nulla, perché non c’era responsabilità di ricerca e salvataggio, o almeno non era chiaro su chi dovesse ricadere tale responsabilità. [...] C’è bisogno di una regola chiara che possa essere seguita da tutti. Non è accettabile lasciar morire le persone perchè ci sono delle aree grigie nella normativa» (trad. non ufficiale a cura della redazione)

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degli eventi in Libia, a partire da Febbraio 2011 la comunicazione fra i ricorrenti ed il loro rappresentanti è peggiorata.

Il 26 Febbraio 2011 il Ministro della Difesa italiano ha dichiarato la sospensione degli accordi con la Libia a seguito degli sviluppi della cosiddetta “primavera araba”.

Con la decisione del 23 Febbraio 2012 sul caso Hirsi Jamaa and others vs. Italy 36 (appl. no. 27765/09) la Corte Europea del diritti dell’uomo ha deciso in ultima istanza37, all’unanimità, che:

- i ricorrenti si trovavano all’interno dello spazio di giurisdizione italiano ai fini della applicabilità dell’art. 1 della European Convention on Human Rights [“Obbligo di rispettare i diritti dell'uomo”: Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo primo della presente Convenzione];

- ci sono state due violazioni dell’articolo 3 (divieto tortura e di pene e trattamenti inumani o degradanti), perché i ricorrenti sono stati esposti al rischio di trattamenti degradanti a causa del respingimento verso la Libia e per il rimpatrio in Somalia o Eritrea;

- c’è stata una violazione dell’articolo 4 del Protocollo no. 4 (divieto di espulsioni collettive);

- c’è stata una violazione dell’articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo) insieme con l’articolo 3 e l’articolo 4 del Protocollo no. 4.

Aspetti giuridici rilevanti:

- il problema della giurisdizione in base all’art. 1 della Convenzione. Ogni volta che uno Stato, per mezzo dei suoi rappresentanti operanti al di fuori del suo territorio, esercita la propria autorità su un individuo, questo Stato è obbligato a garantire all’individuo il pieno rispetto dei diritti protetti dalla Convenzione.

36 http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=open&documentId=901572&portal=hbkm&source=externalbydocnumber&table=F69A27FD8FB86142BF01C1166DEA398649 37 i giudizi della Grand Chamber sono inappellabili in base all’articolo 44 della Convention.

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La Corte non accetta la descrizione dell’operazione effettuata dalle autorità italiane secondo cui le operazioni portate avanti sono state di “salvataggio” in alto mare; la Corte non accetta neanche l’argomento per cui l’Italia ha esercitato un controllo minimo sui ricorrenti. Gli eventi si sono infatti verificati interamente su navi della Marina Militare italiana, a bordo delle quali tutto il personale era personale militare di cittadinanza italiana.

Nel periodo di tempo fra l’imbarco sui mezzi italiani e lo sbarco dei migranti sulle coste libiche, i ricorrenti sono stati sotto il controllo esclusivo, de jure e de facto, delle autorità italiane.

Per queste ragioni, gli eventi cui sono seguite le violazioni ricadono completamente nella giurisdizione dell’Italia in base all’articolo 1.

- art.3 - rischio di subire trattamenti degradanti in Libia. La Corte è chiaramente al corrente della situazione di forte pressione in cui si trovavano gli Stati a causa del flusso di migranti; in ogni caso, ciò non assolve gli Stati dall’obbligo di non respingere persone che possano rischiare di subire trattamenti inumani o degradanti proibiti dall’art. 3 della Convenzione.

Migranti irregolari e richiedenti asilo, tra i quali non è stata fatta alcuna distinzione, sono stati arrestati e detenuti sistematicamente in condizioni descritte come disumane dagli osservatori internazionali38; le organizzazioni internazionali hanno riportato inoltre diversi casi di tortura. I migranti hanno rischiato di essere deportati nei loro paesi d’origine in ogni momento.

L’Italia non avrebbe dovuto evitare la propria responsabilità seguente alla Convenzione facendo riferimento agli accordi bilaterali con la Libia. L’ufficio UNHCR a Tripoli non è mai stato riconosciuto dalle autorità libiche. L’Italia era perfettamente al corrente della situazione anche al tempo in cui sono stati effettuati i respingimenti. La Corte ritiene dunque che le autorità italiane avrebbero dovuto sapere che le persone respinte sarebbero state esposte al rischio di trattamenti inumani e degradanti.

La Corte richiama inoltre l’obbligo in capo agli Stati definito di “non refoulement”, come emerge dal testo della European Charter of Fundamental Rights.

38 UNHCR, Amnesty International, Human Rights Watch.

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- Rischio di essere sottoposti a trattamenti degradanti nel paese d’origine

Tutte le informazioni in possesso della Corte mostravano prima facie che la situazione in Somalia (la Corte fa riferimento anche ad una decisione precedente, Sufi and Elmi v. the United Kingdom) era di profonda insicurezza, e anche in Eritrea gli individui venivano torturati e detenuti in condizioni inumane, per il solo fatto di aver lasciato il loro paese d’origine irregolarmente. I ricorrenti hanno dunque a ragione argomentato che il rimpatrio sarebbe stato contrario al contenuto dell’art. 3 della Convenzione.

La Corte ha inoltre notato che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra e che questo Paese non osserva le procedure per la protezione dei rifugiati e non riconosce alcuna forma di asilo. Per questo, la Corte di Strasburgo ha concluso che quando i ricorrenti sono stati trasferiti in Libia, le autorità italiane avrebbero dovuto sapere che le garanzie erano insufficienti a proteggerli dal rischio di essere arbitrariamente condotti nei loro paesi d’origine. Il loro trasferimento ha dunque violato l’art. 3 della Convenzione.

- art. 4 Protocollo no. 4 (divieto di espulsioni collettive). Per la prima volta la Corte è stata chiamata ad esaminare se l’articolo 4 del Protocollo no. 4 si possa applicare al caso del respingimento di stranieri portato avanti al di fuori del proprio territorio. Si è concluso che né il testo, né i lavori preparatori della Convenzione precludono l’applicazione extra-territoriale di questa norma. La nozione di “espulsione”, così come quella di “giurisdizione”, è principalmente territoriale. Ad ogni modo, nel caso in cui la Corte ritenga che uno Stato abbia, eccezionalmente, esercitato la propria giurisdizione fuori dal proprio territorio nazionale, può accettare che l’esercizio della giurisdizione extra-territoriale abbia assunto la forma di un’espulsione collettiva. Il punto del ricorso relativo alla sussistenza di un’espulsione collettiva è stato quindi accolto dalla Corte in base a questi argomenti. Inoltre, le autorità italiane non hanno effettuato alcuna identificazione, ma hanno semplicemente imbarcato e trasferito i ricorrenti in Libia. Ciò è un’ulteriore conferma del fatto che il respingimento ha avuto natura collettiva, in violazione dell’art.4 del Protocollo no. 4.

- art. 13 insieme con l’art. 3 e l’art. 4 del Protocollo no. 4. I ricorrenti riportano di non aver ricevuto informazioni da parte del personale militare italiano, il che li ha indotti a ritenere che venissero portati in Italia e non rimpatriati in Libia. Questa

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versione degli eventi è stata confermata da Human Rights Watch e UNHCR. I ricorrenti non sono quindi stati in grado di presentare ricorso in base all’art. 3 della Convenzione e all’articolo 4 del Protocollo presso un’autorità competente. Sulla base di queste ed ulteriori osservazioni la Corte ha concluso che c’è stata una violazione dell’articolo 13 letto insieme agli articoli 3 della Convenzione e 4 del Protocollo 4.

- art. 41. In base all’art. 41 della Convenzione la Corte ha condannato al pagamento di Euro 15,000 in favore di ciascuno dei ricorrenti (24 individui).

Rilevanza del giudizio per le politiche sulla immigrazione

Il giudizio della Corte di Strasburgo sul merito di questo ricorso è fondamentale per configurare la responsabilità dello Stato italiano nel rinvio forzato di potenziali richiedenti la protezione internazionale verso la Libia (o anche verso la Tunisia), dove gli stessi non trovano protezione e vengono invece trasferiti verso i paesi da cui stavano fuggendo. Ciò in violazione del principio di non refoulement non solo in senso stretto, ma anche inteso come divieto di chain refoulement, ossia di respingimento indiretto, previsto sempre dall’art. 3 ECHR - in base alla giurisprudenza evolutiva della Corte di Strasburgo39.

39 Fra gli altri, nei casi Soering v. United Kingdom (1988), Cruz Varas et al. v. Sweden (1991). A proposito dei rinvii forzati verso la Libia, la Corte di Strasburgo si è pronunciata nel caso Hussun et al. v. Italy

(http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/Pages/HumanRightsBodies.aspx), che traeva origine dal ricorso di un grosso gruppo di migranti di diverse nazionalità sbarcati a Lampedusa nel 2005 e trasferiti coattivamente tramite voli charter. In quel caso la decisione non era però entrata nel merito delle violazioni lamentate dai ricorrenti (artt. 2, 3 e 13 e art. 4, Protocollo 4 European Convention on Human Rights). Nel caso Saadi v. Italy (Application n. 37201/06), precedente al Trattato di amicizia con la Libia, l’Italia invece era già stata condannata - a seguito di una espulsione - per la violazione dell’art. 3 della European Convention on Human Rights (http://www.ohchr.org/EN/Issues/Racism/SRRacism/Pages/IndexSRRacism.aspx)che prevede il divieto di torture e trattamenti inumani e degradanti.

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3. La prospettiva ONU

In questa sezione sono riportate le raccomandazioni ricevute dall’Italia da parte degli Human Rights Bodies che fanno riferimento all’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite40.

3.1. Lo Human Rights Council

a) Le raccomandazioni ricevute dall’Italia da parte dello Human Rights Council nel 2010 (Documento UN: A/HRC/14/4 - 18 MARZO 2010, testo adottato il 9 giugno 2010 con decisione 14/103). Quella che segue è una selezione delle raccomandazioni che hanno una particolare rilevanza per i temi “immigrazione” ed “asilo”. Ciascuna raccomandazione è riportata con il numero a cui è associata nel Rapporto originale, a fianco si indica se l’Italia l’ha accettata o l’ha rifiutata. Per le risposte del Governo italiano del 31 Maggio 2010 si rinvia al seguente documento: A/HRC/14/4/Add.1.41

Raccomandazioni:

n. 2) prendere in considerazione la ratifica della Convenzione internazionale di tutela di tutti i migranti lavoratori e delle loro famiglie - RESPINTA42

n. 11) Considerare di creare al più presto una istituzione nazionale per i diritti umani che sia in accordo con i Principi di Parigi – ACCETTATA

n. 44) Adottare procedure speciali per garantire la protezione effettiva dei diritti dei minori non accompagnati nell’accesso alle procedure per la richiesta di asilo – ACCETTATA

n. 67) Rafforzare gli sforzi per proteggere i richiedenti asilo ed i rifugiati; continuare ad applicare gli emendamenti delle leggi sull'immigrazione per garantire che tali leggi siano pienamente in linea con gli standard

40 Gli Human Rights Bodies si suddividono in Charter-based e Treaty-based Bodies, in base al documento a cui fanno riferimento. Ad esempio, lo Human Rights Council è Charter- based, così come anche i suoi Special Rapporteurs. Il CERD è invece Treaty-based. 41 Reperibili alla pagina web dello UN Human Rights Council: http://www2.ohchr.org/english/bodies/hrcouncil/14session/reports.htm. 42 Si segnala che l’Italia non ha ancora ratificato tale Convenzione.

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internazionali; fare ulteriori sforzi per lavorare insieme ai rifugiati ed ai migranti; fare ulteriori passi per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati - ACCETTATA

n. 68) Rafforzare la cooperazione con UNHCR per garantire l’accesso ad una equa procedura per identificare le necessità di protezione di coloro che viaggiano o che sono sul territorio italiano - ACCETTATA

n. 69) A proposito delle preoccupazioni espresse nel Trattato di amicizia Italia-Libia per evitare che navi di migranti viaggino verso l’Italia, assicurare che le persone intercettate abbiano accesso ad una valutazione appropriata delle loro richieste d’asilo in accordo con gli standard internazionali sui diritti umani - ACCETTATA

n. 70) Garantire procedure soddisfacenti per le richieste d’asilo da parte di tutti i migranti o richiedenti asilo salvati in mare - ACCETTATA

n. 71) Rivedere le propria legislazione per assicurarsi che essa sia pienamente in linea con il principio di non-refoulement, e garantire la responsabilità per qualsiasi violazione - ACCETTATA

n. 72) Creare misure legislative appropriate per decriminalizzare l’entrata e la permanenza irregolare in Italia - RESPINTA

n. 75) Garantire l’accesso ai servizi sociali di base, inclusa la casa, l’igiene, la salute e l’istruzione a tutti i migranti ed ai membri delle loro famiglie - ACCETTATA

n. 77) Aumentare la trasparenza nelle procedure d’arrivo e di ritorno che riguardano migranti e rifugiati - ACCETTATA

n. 78) Intensificare gli sforzi per risistemare i rifugiati, soprattutto per quanto riguarda le situazioni protratte nel tempo identificate da UNHCR - ACCETTATA

n. 79) Assicurare il pieno godimento dei diritti umani da parte di coloro che sperano di trovare in Italia una vita migliore, specialmente attraverso il rafforzamento delle strutture a garanzia dei diritti dei migranti - ACCETTATA

n. 80) Rafforzare il rispetto per i diritti umani dei migranti inclusi quelli nei centri di detenzione - ACCETTATA

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n. 82) Continuare la cooperazione con i paesi d’origine e transito per trovare una soluzione efficace al problema della migrazione illegale - ACCETTATA

b) La Resolution 18/21 adottata dallo Human Rights Council il 30 Settembre 2011 e pubblicata il successivo 17 Ottobre. Durante la diciottesima Session (Agenda item 3 - Promotion of all human rights, civil, political, economic, social and cultural rights, including the right to development) sono state effettuate le seguenti raccomandazioni (a tutti gli Stati Membri, e quindi anche all’Italia):

* a tutti gli Stati che non hanno ancora firmato, ratificato o accettato la International Convention on the Protection of the Rights of Migrant Workers and Members of Their Families, si raccomanda di considerarne la firma, la ratifica o la accettazione (con alta priorità);

* si sottolinea l’obbligo degli Stati di proteggere i diritti umani dei migranti, indipendentemente dal loro status, e di tenere in conto i principi e gli strumenti a protezione dei diritti umani relativi alla condizione lavorativa dei migranti;

* raccomanda agli Stati di assicurare che le proprie politiche migratorie siano coerenti con gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario.

3.2. Gli Special Rapporteurs dello Human Rights Council

Report dello Special Rapporteur on contemporary forms of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance (Githu Muigai)43

Documento UN: A/HRC/14/43/Add.1/2010

Dopo una lunga sezione dedicata esclusivamente agli episodi di razzismo ed intolleranza verificatisi a Rosarno all’inizio del 201044, il Rapporto contiene alcune importanti raccomandazioni rivolte al Governo italiano. Lo Special Rapporteur fa riferimento in particolare alla Durban Declaration and Programme of Action,45 43 http://www.ohchr.org/EN/Issues/Racism/SRRacism/Pages/IndexSRRacism.aspx. Lo Human Rights Council ha creato, con la Risoluzione 1993/20, lo Special Rapporteur on contemporary forms of racism, racial discrimination and xenophobia and related intolerance. Il Rapporteur ha ricevuto mandato per mezzo della Risoluzione dello Human Rights Council n. 7/34 e il suo focus riguarda temi relativi a razzismo, discriminazione, xenofobia e altre forme di intolleranza. 44 cfr. http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/09/news/notte_rosarno-1885961/. 45 http://www.un.org/en/ga/durbanmeeting2011/

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che ha riconosciuto che i migranti si trovano di frequente in “situations of vulnerability, owing, inter alia, to their departure from their countries of origin and to the difficulties they encounter because of differences in language, customs and culture, as well as economic and social difficulties and obstacles to the return of migrants who are undocumented or in an irregular situation”46.

In questo senso, la Dichiarazione di Durban richiamata nel Rapporto 2010 dello Special Rapporteur è la affermazione della «responsabilità degli Stati di proteggere i diritti umani dei migranti che si trovano in condizioni di irregolarità (rispetto alle normative nazionali) oppure senza documenti».

Per questo, rivolgendosi all’Italia, il Rapporteur riafferma la responsabilità di proteggere i diritti umani dei migranti sotto la propria giurisdizione e di proteggere i migranti da atti di violenza razzista, in particolare di discriminazione razziale; inoltre, si raccomanda all’Italia di salvaguardare i migranti dai crimini commessi con motivazioni razziste o xenofobe, sia da singoli individui che da gruppi organizzati di persone. L’accento, infine, viene posto sulla grande rilevanza di un trattamento equo di questi soggetti particolarmente vulnerabili sia da parte della società in genere che nelle situazioni lavorative.

Report dello Special Rapporteur on the human rights of migrants (Jorge A. Bustamante)47

Documento UN: A/HRC/14/30/Add.1/2010

La Comunicazione all’Italia riguarda essenzialmente il “pacchetto sicurezza”, le conseguenze sull’ordinamento giuridico italiano e le seguenti violazioni: violation

46 «Situazioni di forte vulnerabilità, dovute, inter alia, alla lontananza dal loro paese d’origine e alle difficoltà che incontrano a causa della lingua, dei costumi e della cultura differenti, così come anche le difficoltà economiche e sociali e gli ostacoli di varia natura come il rimpatrio dei migranti irregolari o privi di documenti» (trad. non ufficiale a cura della redazione) 47 http://www.ohchr.org/EN/Issues/Migration/SRMigrants/Pages/SRMigrantsIndex.aspx - Il mandato dello Special Rapporteur on Human Rights of Migrants è stato creato nel 1999 dalla Commission on Human Rights (Resolution 1999/44), poi sostituita dallo Human Rights Council. A seguito della Risoluzione 8/10 dello Human Rights Council, lo Special Rapporteur sui diritti umani dei migranti è incaricato di esaminare i metodi per superare gli ostacoli che impediscono la piena ed effettiva protezione dei diritti umani dei migranti. La sua attività consiste nel ricevere informazioni da parte di tutte le fonti rilevanti, inclusi i migranti stessi, sulle violazioni dei diritti umani dei migranti e delle loro famiglie. Nello svolgimento del suo mandato, lo Special Rapporteur sui diritti umani dei migranti può richiedere, ricevere e scambiare informazioni sulle violazioni dei diritti umani dei migranti con tutta una serie di soggetti come ad esempio i Governi, ed è richiesto - da parte dello Human Rights Council - di rispondere in modo effettivo alle informazioni ricevute. La competenza dello Special Rapporteur sui diritti umani dei migranti riguarda tutti i paesi, indipendentemente dal fatto che essi abbiano ratificato la International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of Their Families (18 Dicembre 1990).

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of the rights of migrants, arbitrary detentions of migrants, violation of rights of migrants to marry, violation of right to birth, illegal expulsion (violazione dei diritti dei migranti, detenzione arbitraria dei migranti, violazione del diritto dei migranti a contrarre matrimonio, violazione del diritto di nascere, espulsione illegale).

Tutta la prima parte della sezione del rapporto sull’Italia è dedicata all’inchiesta sui fatti verificatisi a Rosarno e Gioia Tauro (Communication dello Special Rapporteur inviata al Governo italiano l’11 Gennaio 2010).

La Communication inviata insieme allo Special Rapporteur on the right to education48 il 31 Dicembre 2009 riguarda invece alcuni sviluppi del quadro normativo italiano in materia di immigrazione ed asilo, e in particolare: la l. 94/2009 (“pacchetto sicurezza”) , il d.l. 11/2009, la l. 125/2008 e la l. 155/2005. Secondo lo Special Rapporteur sui diritti umani dei migranti queste leggi avrebbero avuto un impatto negativo sui diritti umani dei migranti in Italia. In particolare, avrebbero avuto un’influenza particolare su alcuni aspetti specifici, fra cui:

- lo status di migrante irregolare come circostanza aggravante nel sistema di diritto penale italiano;

- il reato di ingresso e soggiorno irregolare;

- l’espulsione degli stranieri;

- la estensione della detenzione amministrativa ai migranti;

- le restrizioni alle condizioni per il trasferimento di denaro;

- la modifica del Codice Civile con conseguenze sul diritto a contrarre matrimoni dei migranti irregolari;

- le restrizioni al diritto di registrare la nascita.

Pur riconoscendo la sovranità dello Stato italiano in materia di regolazione dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri, lo Special Rapporteur sui diritti umani dei migranti si dice profondamente preoccupato per gli effetti della criminalizzazione dell’ingresso e del soggiorno irregolari sui diritti umani fondamentali dei migranti irregolari. Le modifiche introdotte con il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, infatti, rappresentano per Bustamante un impedimento grave all’accesso, fra l’altro, ai seguenti diritti: educazione, salute, abitazione,

48 Special Rapporteur sul diritto all’educazione.

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lavoro ed accesso alla giustizia49. Il processo di criminalizzazione avrebbe avuto, nella visione del Rapporteur, un’influenza molto forte sullo sviluppo e l’incremento del discorso anti-immigrazione in Italia.

Inoltre, viene espressa forte preoccupazione per il fatto che i migranti non godano a pieno del diritto di impugnare il provvedimento di espulsione davanti ad un’autorità competente, indipendente ed imparziale. Infatti l’ambito di revisione in sede d’appello viene giudicato troppo limitato, poiché il giudice di pace deve controllare soltanto che siano state rispettate tutte le procedure e che la persona sia accusata di ingresso o soggiorno irregolare.

Molta inquietudine viene anche espressa a proposito delle procedure di espulsione, che non sembrano affatto garantire, secondo il giudizio del Rapporteur, il rispetto del principio di non-refoulement. Viene fortemente raccomandato al Governo Italiano di provvedere ad organizzare le operazioni di soccorso e salvataggio in mare in modo tale che si eviti il rischio che gli individui possano essere rimandati in paesi dove vengono praticati la tortura o altri trattamenti inumani e degradanti, o forme di punizione che non rispettino i diritti umani fondamentali. Alla luce di queste considerazioni, l’art. 1, comma 22, lettera m) del “pacchetto sicurezza” viene valutato dallo Special Rapporteur come gravemente preoccupante, poiché sembra finalizzato a perpetuare l’uso indistinto delle procedure di espulsione.

Infine, Jorge Bustamante si sofferma su un episodio in particolare, avvenuto a seguito della firma del Trattato di amicizia Italia-Libia. Si riporta il testo integrale perché il contenuto è interamente rilevante per il problema dei respingimenti in mare (Report 2010, p. 31): “According to reports we received, the Italian naval personnel who intercepted boat migrants on the high seas on 1 July 2009 did not try to identify the migrants’ nationalities or the reasons of their travel during the interception and return operation. Allegedly, they did not offer food to people who had been at sea for four days and confiscated their personal effects including their passports and refugee certificates issued by the delegation of the United Nations High Commissioner for Refugees in Libya. It is also alleged that the Italian personnel used force, including electric shock batons and clubs, to forcibly transfer the migrants to the Libyan vessel,

49 Il Rapporteur si esprimeva in questi termini: “because of the fear of being denounced, imprisoned and ultimately deported, it has already been reported that many irregular migrants choose not to access health care even when their physical conditions demand medical attention, because of the fear that they would be reported by public officials and subsequently convicted of a crime. According to information received, the number of migrants seeking treatment in the main hospitals in Rome has decreased by 35%, following the approval of the Security Law” (Report, p. 28 e ss.)

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resulting in the hospitalization of six migrants. In this regard, we would like to recall the statement by the United Nations High Commissioner for Refugees on 14 July 2009, which expressed serious concern that your Excellency’s Government’s policy, “in the absence of adequate safeguards, can prevent access to asylum and undermines the principle of non-refoulement.”50

3.3. Il CERD51

Nella General Recommendation no. 3352 (Follow-up alla Durban review Conference) del Committee on the Elimination of Racial Discrimination, che, fra i Treaty-based Bodies, si occupa della implementazione della Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination,53 troviamo raccomandazioni generiche e rivolte a tutti gli Stati che fanno parte della Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination - quindi anche l’Italia.

Le raccomandazioni di maggiore rilievo in questo testo sono:

- accentuare e valorizzare il ruolo delle organizzazioni non governative nella lotta contro le discriminazioni razziali ed incoraggiarle a continuare a cooperare con il Committee fornendo informazioni rilevanti;

- collaborare con le istituzioni nazionali (quando vi sono) a difesa dei diritti umani, in modo da provvedere a redigere periodici rapporti sullo stato dei diritti umani;

- continuare a cooperare con tutti gli strumenti dello Human Rights Council, al fine di promuovere la implementazione delle raccomandazioni contenute nella Durban Declaration e dal Programma d’Azione e di tutte le attività per combattere il razzismo, la xenofobia e le relative intolleranze.

50 «Stando ai rapporti che abbiamo ricevuto, il personale italiano di bordo, che ha intercettato i migranti in alto mare il 1 Luglio 2009, non ha provato ad identificare la nazionalità dei singoli individui nel corso delle operazioni di intercettazione e respingimento. Pare che non abbiano offerto cibo a queste persone, che stavano in mare da quattro giorni, e che abbiano anche confiscato alcuni effetti personali - inclusi i passaporti e i certificati di rifugiato politico emessi da UNHCR in Libia. E’ stato anche dichiarato che il personale italiano ha usato la forza, inclusi manganelli e randelli con elettroshock, per trasferire forzatamente i migranti sull’imbarcazione libica, al punto tale che sei individui sono finiti in ospedale. A questo riguardo, vorremmo richiamare la dichiarazione di UNHCR del 14 Luglio 2009, che ha espresso seria preoccupazione sul fatto che le politiche italiane, “in assenza di una adeguata salvaguardia, possano impedire l’accesso all’asilo e minacciare il rispetto del principio di non-refoulement”» (trad. non ufficiale, a cura della redazione) 51 http://www2.ohchr.org/english/bodies/cerd/comments.htm 52 http://www2.ohchr.org/english/bodies/cerd/comments.htm 53 Gli UN Treaty- based bodies sono strutture di riferimento che non vengono prese in considerazione nel testo del presente rapporto poiché non contengono raccomandazioni rilevanti dirette specificamente all’Italia e non fanno riferimenti alle condizioni dei diritti umani in Italia in materia di immigrazione ed asilo nel triennio 2009/2011.

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Va fatto inoltre riferimento alle raccomandazioni del CERD all’Italia pubblicate il 5 Marzo 2012. Dopo aver richiamato la situazione ormai deteriorata per Rom, Sinti e per i migranti in genere (inclusi i richiedenti asilo), e dopo aver elencato le violazioni della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, il Comitato ha formulato le raccomandazioni seguenti rispetto all’Italia, la quale dovrebbe:

- riconoscere che le misure implementate durante l’“emergenza nomadi” sono discriminatorie. Esse hanno infatti sviluppato un clima di segregazione;

- riconoscere l’impatto discriminatorio dei decreti legge emanati in situazioni definite “emergenziali”, per cercare di includere i non-cittadini tramite politiche che assicurino l’accesso alla giustizia. Inoltre andrebbero migliorate le condizioni nei centri di detenzione temporanea;

- riconoscere che la promozione e l’incitamento alla discriminazione e l’odio razziale da parte di figure politiche devono essere ripresi da parte della autorità governative. Dovrebbero essere inoltre previste misure legislative contro il discorso pubblico di incitamento all’odio razziale da parte di figure pubbliche;

- sospendere gli sfratti, le espulsioni e i rimpatri volontari per Rom e Sinti, ed assicurare che ogni ordine di muoversi rivolto ad individui o famiglie sia preceduto da una notifica e da una giusta compensazione;

- interrompere immediatamente il trattamento discriminatorio che i migranti ed altri gruppi vulnerabili ricevono in relazione all’accesso alla giustizia, sia per quanto riguarda le decisioni sulla detenzione non-criminale, sia per l’accesso all’assistenza legale;

- cancellare i dati raccolti durante il censimento dei nomadi del 2008/2009 ed assicurare che le informazioni sulla discriminazione e sulla composizione etnica della popolazione italiana siano gestite nel pieno rispetto della normativa sul trattamento e la protezione dei dati personali - in modo da permettere lo sviluppo di politiche volte alla inclusione dei migranti residenti in Italia e delle minoranze;

- interrompere il trattamento discriminatorio nei confronti degli individui provenienti da paesi terzi, per quanto concerne l’accesso al pubblico impiego, ai contributi per la casa e alle altre misure di aiuto per le famiglie con un reddito basso;

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- riformare i meccanismi di rimedio alla discriminazione razziale in modo da assicurarne efficacia ed accessibilità, in particolare riformare l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali) ed eliminare il requisito della registrazione per le ONG che lavorano per dare assistenza legale in casi di discriminazione razziale;

- tradurre e distribuire le osservazioni conclusive del CERD e diffonderle tramite i media e le agenzie governative;

- riconoscere Rom e Sinti in quanto minoranze, per assicurare la protezione della loro cultura e della loro lingua, promuovendo anche la loro inclusione nella società e combattendo l’apolidia.

3.4. L’UNHCR

A seguito della ratifica del Trattati Italia-Libia l’UNHCR è intervenuta diverse volte sulla questione dei respingimenti:

a) Nel Maggio 2009 UNHCR ha inviato una lettera al Governo italiano poiché, sebbene consapevole delle difficoltà delle sfide che l’Italia era chiamata ad affrontare a causa dei flussi migratori irregolari54, rimaneva profondamente preoccupata per le politiche implementate dall’Italia. Tali politiche sono state valutate da UNHCR come una minaccia al diritto di accesso alle procedure d’asilo e sicuro rischio per il rispetto del principio di non-refoulement, previsto dalla Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato e dal diritto UE, così come da altri strumenti del diritto internazionale dei diritti umani. Il principio di non-refoulement non implica alcuna limitazione geografica. Gli Stati sono obbligati al rispetto di questo principio in qualunque luogo si trovino ad esercitare la propria giurisdizione, anche in alto mare.

La preoccupazione di UNHCR era aumentata anche dal fatto che la Libia non fa parte della Convenzione di Ginevra, e non ha alcun sistema di protezione dei rifugiati, né dispone di una legge nazionale sull’asilo. UNHCR, in vista del fatto che l’Italia ha la responsabilità per le conseguenze delle proprie azioni, chiedeva al Governo italiano di riammettere le persone che sono state rimandate indietro dall’Italia alla Libia, essendo state identificate da UNHCR come individui in cerca di protezione internazionale. UNHCR considerava come imperativo fondamentale 54 http://www.unhcr.org/cgi-bin/texis/vtx/search?page=search&docid=4a0966936&query=letter%20to%20italy

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per l’Italia quello di trovare un modo per assicurare che le misure di controllo sulle migrazioni non impediscano l’accesso alla protezione internazionale.

Pochi giorni dopo la lettera, in una dichiarazione pubblica, l’Alto Commissario per i Diritti dei Rifugiati Antonio Guterres55 sosteneva di riconoscere la pressione subita dall’Italia a causa delle migrazioni illegali verso l’Italia, ma che - nonostante questo - “UNHCR believes fundamental principles are at stake and that these principles ought to guide the response to such movements. In line with the Universal Declaration of Human Rights, the EU Charter of Fundamental Rights guarantees the right to seek asylum from persecution and that the customary international law principle of non-refoulement precludes return to situations where a person's life or freedom would be in jeopardy. He stresses that the provision of asylum remains a responsibility of States and UNHCR's activities cannot be a substitute for that responsibility.”56

b) Con lettera del 21 Dicembre 2009, la ECHR acconsentiva alla richiesta di UNHCR di depositare un intervento scritto come Terza Parte nel caso Hirsi and Others vs. Italy (Appl. 27765/09)57. L’UNHCR consegnava le sue prime osservazioni nel Marzo 2010. A Febbraio 2011 la Corte informava UNHCR della possibilità di depositare nuove osservazioni. Nel Marzo 2011 UNHCR integrava le precedenti osservazioni con nuovi rilievi, in particolare sui seguenti punti58:

- Intercettazioni e respingimenti: le pratiche di “Push-back” messe in atto dall’Italia.

- Le giustificazioni dell’Italia e/o il fondamento giuridico dei respingimenti.

- La situazione e lo status giuridico dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Libia: accesso al territorio, accesso alle procedure, condizioni della accoglienza e trattamento dei minori.

55 http://www.unhcr.org/cgi-bin/texis/vtx/search?page=search&docid=4a13f48024&query=letter%20to%20italy 56 «UNHRC ritiene che i principi fondamentali siano a rischio e che questi dovrebbero essere la risposta a queste situazioni di difficoltà. In linea con la Dichiarazione Universale dei Diritti umani, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea garantisce il diritto a chiedere l’asilo e il principio di non refoulement preclude il respingimento nei casi in cui a causa dello stesso la vita della persona interessata potrebbe essere messa in pericolo. UNHCR ricorda inoltre che la gestione delle politiche d’asilo è una responsabilità degli stati e UNHCR non si può sostituire ad essi» (trad. non ufficiale, a cura della redazione). 57 L’art. 36 §2 EConvHR prevede la possibilità che il Presidente della ECourtHR chieda l’intervento di Terze Parti - le quali non siano parti nel procedimento e la Rule 44 della procedura davanti alla Corte prevede pure l’intervento di Terze Parti 58 Il testo completo consegnato alla Corte da UNHCR su: http://www.unhcr.org/cgi-bin/texis/vtx/search?page=search&query=letter+to+italy&x=0&y=0

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- Protezione extra-territoriale dal refoulement.

In conclusione, UNHCR ritiene che le politiche messe in atto in alto mare da Italia e Libia violino il principio di non-refoulement e di conseguenza siano contrarie al contenuto dell’art. 3 ECHR. Rimandando le persone in Libia senza concedere loro la protezione internazionale, l’Italia dimostra di sottovalutare i rischi indiretti del refoulement e le altre violazioni dei diritti umani fondamentali.

Il 22 Giugno 2011 UNHCR è intervenuta nel procedimento Hirsi and Others v. Italy (Application no. 27765/09) con una oral intervention di fronte alla Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo59. La frase conclusiva del portavoce di UNHCR, che riassume il contenuto dell’intervento, è stata la seguente: Under these circumstances, the act of intercepting people at sea, and handing them over to Libya, amounted to a failure to ensure protection from refoulement. This is a fundamental responsibility that all States bear towards people under their jurisdiction - both within State territory, and where they act outside it60.

La posizione di UNHCR sul caso riguarda essenzialmente la violazione del principio di non-refoulement da parte dell’Italia e si sviluppa su tre linee centrali:

1) La situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Libia al tempo in cui i respingimenti si sono verificati, in particolare in merito alla detenzione e alle condizioni di vita dei migranti.

UNHCR nota che, in assenza di accordi di cooperazione fra UNHCR e la Libia, l’ambiente operativo di UNHCR in Libia è molto indefinito e poco efficace. La situazione si è aggravata nel 2010, quando le autorità libiche hanno ordinato a UNHCR di chiudere il suo ufficio in Libia. Per questo e per altri motivi, UNHCR ritiene che vi siano i fondamenti per ritenere che le persone rimandate in Libia abbiano dovuto affrontare un rischio reale di violazione dei diritti umani in quel paese.

59 sul sito di UNHCR il testo delle dichiarazioni: http://www.unhcr.org/cgi-bin/texis/vtx/search?page=search&query=letter+to+italy&x=0&y=0 depositato a Marzo 2011; sul sito di Migrants at Sea il link al testo completo dell’intervento orale di UNHCR davanti alla Grande Camera: http://migrantsatsea.wordpress.com/2011/06/23/hirsi-v-italy-unhcrs-oral-intervention-before-ecthr-grand-chamber/ 60 «In queste circostanze, l’intercettazione di persone in mare, e il respingimento delle stesse in Libia, ha rappresentato un fallimento della protezione contro il refoulement. Questa è una responsabilità fondamentale che tutti gli stati hanno nei confronti di tutti gli individui che si trovano nella loro giurisdizione - sia nel territorio dello stato, sia fuori da esso». (trad. non ufficiale a cura della redazione)

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2) Il rischio di respingimento indiretto che hanno dovuto affrontare i richiedenti asilo ed i rifugiati in Libia.

UNHCR nota che tra le persone che sono state respinte verso la Libia e che hanno fatto ricorso contro l’Italia, almeno cinque sono state riconosciute come rifugiati. UNHCR sottolinea che gli individui che hanno subito i respingimenti non hanno avuto la effettiva opportunità di opporsi, soprattutto alla luce della possibilità di successivi respingimenti indiretti da parte della Libia verso i loro paesi d’origine.

3) La portata e la applicazione del non-refoulement in contesti extra-territoriali.

La responsabilità di uno Stato di proteggere una persona dal rischio di refoulement sussiste ogni volta che l’individuo si trovi a rischio di essere soggetto a persecuzioni o trattamenti degradanti in un altro paese. Quindi, l’assenza di un’articolata richiesta di asilo non assolve lo Stato dal suo obbligo di non-refoulement. In particolare, UNHCR ritiene che la richiesta di asilo non sia necessaria quando lo Stato (in questo caso l’Italia) è a conoscenza, o avrebbe dovuto essere a conoscenza, del rischio diretto o indiretto di refoulement.61

Nel caso Hirsi le condizioni terribili dei diritti umani e del diritto d’asilo era conosciuta, o avrebbe dovuto essere conosciuta, dalle autorità italiane. Tutte le informazioni necessarie all’Italia sullo stato dei diritti umani in Libia erano contenute nei rapporti UNHCR, Human Rights Watch e Amnesty International.

4. La prospettiva non governativa

4.1. Amnesty International62

Si riportano qui di seguito alcune delle prese di posizione pubbliche della nota ONG su fatti riguardanti i diritti umani dei migranti sotto la giurisdizione italiana.

61 Si denuncia inoltre che vi sono diverse testimonianze che confermerebbero il fatto che le autorità italiane hanno confiscato alcuni documenti ai migranti durante le operazioni di intercettazione e respingimento in mare - fra i quali, in alcuni casi, i certificati di status di rifugiato di UNHCR. 62 D’ora in poi nel testo AI.

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a) Comunicato Stampa Amnesty International 070: 07/05/200963

La mattina del 6 Maggio 2009, tre imbarcazioni con 227 persone a bordo hanno lanciato un allarme di soccorso mentre si trovavano a circa 50 miglia a sud dell'isola di Lampedusa. Una disputa tra il governo maltese e quello italiano su chi avesse la responsabilità d'intervenire può aver ritardato le operazioni di soccorso, alla fine intraprese da due navi della guardia costiera italiana, che hanno poi condotto i migranti a Tripoli senza fermarsi in un porto italiano. Nasce così il caso Hirsi vs Italy, più volte citato in queste pagine. Il Ministro dell’Interno italiano, l’on. Roberto Maroni, ha dichiarato trattarsi di «un risultato storico dopo un anno di negoziati bilaterali con la Libia», in riferimento al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, che include disposizioni sul contrasto all’immigrazione irregolare anche attraverso il pattugliamento congiunto dei mari. AI ha dichiarato invece che il governo italiano e quello maltese hanno contravvenuto ai propri obblighi internazionali di proteggere i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo soccorsi in mare.

Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia centrale di AI, ha dichiarato il giorno successivo all’evento: «La vita e l'incolumità di migranti e richiedenti asilo sono state messe a rischio prima da un bisticcio tra le autorità italiane e maltesi circa gli obblighi relativi alle richieste di soccorso marittimo e poi dalla decisione senza precedenti del governo italiano di inviare gli stessi a Tripoli, senza prenderne in considerazione eventuali bisogni di protezione internazionale». AI richiama l'Italia e Malta al rispetto dei diritti fondamentali di richiedenti asilo, migranti e rifugiati e chiede alle autorità libiche di introdurre procedure che consentano ai richiedenti asilo di presentare domanda per lo status di rifugiato e garantiscano a tutti coloro che sono potenzialmente bisognosi di protezione internazionale di accedere all'Alto commissariato ONU per i rifugiati in Libia.

Già nel 2009, quindi, Amnesty International:

- richiama l'Italia al rispetto dei diritti fondamentali di richiedenti asilo, migranti e rifugiati;

- chiede all’Italia di cooperare strettamente per assicurare che coloro che vengono soccorsi in mare siano immediatamente condotti in un luogo sicuro, nel pieno rispetto del principio di non refoulement (e dunque non rinviandoli in paesi in cui

63 http://www.amnesty.org/en/for-media/press-releases/italymalta-don%E2%80%99t-play-human-lives-20090507

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potrebbero rischiare la tortura e altri maltrattamenti o dove l'accesso ad un'equa e soddisfacente procedura d'asilo sia limitato).

- sollecita l’Italia al rispetto degli obblighi relativi al diritto internazionale dei rifugiati, al diritto internazionale dei diritti umani e al diritto internazionale marittimo.

b) Public Statement Febbraio 2011 - AI: Index: EUR 30/003/2011 (18 Feb 2011)64

Dopo quasi due anni - durante i quali sono intervenute altre, e numerose, dichiarazioni riguardanti i diritti umani di migranti e richiedenti asilo - ancora una volta AI raccomanda all’Italia di garantire i diritti umani delle migliaia di migranti e richiedenti asilo che lasciano la Libia a causa dei disordini. Le premesse sono le seguenti:

- a detta del Ministro degli Interni, dalla fine di Gennaio 2011 a tutto il 16 Febbraio 2011 più di 5.000 persone, provenienti in particolare dalla Tunisia, sono sbarcate sulle coste italiane (soprattutto a Lampedusa).

- dopo molti giorni, durante i quali molti dei migranti sono stati lasciati a dormire all’esterno, le autorità italiane hanno deciso di riaprire il centro di prima accoglienza a Lampedusa.

- le autorità italiane hanno chiamato l’onda di arrivi “emergenza umanitaria” (dichiarata con Consiglio dei Ministri del 12 febbraio 2011) e hanno sostenuto che fra i migranti avrebbero potuto nascondersi dei terroristi.

- il Governo italiano ha richiesto l’assistenza della Unione europea, compresa quella di FRONTEX. L’Unione europea ha generalmente assecondato le richieste d’aiuto dell’Italia.

AI ritiene che un’“emergenza umanitaria” richieda una «humanitarian response, and not a law and order one». Le imbarcazioni che trasportano migranti e richiedenti asilo provenienti da Tunisia, Egitto o altri paesi del Nord Africa non devono essere respinte. Chiunque arrivi ha il diritto di essere trattato con dignità, e devono essere sempre garantiti l’assistenza e l’accesso alle procedure d’asilo.

64 http://www.amnesty.org/en/library/asset/EUR30/003/2011/en/d1a9314c-ed00-44bc-98be-d9efbc137779/eur300032011en.html - per i documenti correlati: Italy urged to effectively address Tunisian migrants 'emergency', 16 February 2011, AI- Index: PRE01/066/2011; Questions & Answers: North Africa migrants in Italy, 16 February 2011, AI-Index: EUR 30/002/2011; Italy urged to protect migrants' rights as thousands leave Tunisia, Web story, 14 February 2011.

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Viste le premesse, nel dettaglio Amnesty International ha raccomandato all’Italia e all’Unione europea:

1) di affrontare la “crisi umanitaria” con una «risposta umanitaria, e non con un approccio solo votato al controllo delle frontiere e dei flussi migratori». In particolare, le imbarcazioni di pattuglia dovrebbero assicurare che ai bisogni delle persone in pericolo e dei soggetti più vulnerabili, come le donne incinte, i minori non accompagnati e gli individui che necessitano di immediata assistenza medica, sia data assoluta priorità.

2) Le pattuglie italiane, tunisine o di qualunque altra autorità, comprese quelle di FRONTEX, devono avere come obiettivo fondamentale la sicurezza dei soggetti trovati e salvati in mare. FRONTEX dovrebbe agire nel rispetto delle Guidelines 2010. In particolare, le imbarcazioni di pattuglia dovrebbero offrire immediato soccorso, invece di cercare di intercettare con il solo fine di “rimandare indietro”.

3) Chiunque voglia fare richiesta d’asilo deve essere messo nelle condizioni di poterlo fare; ad esempio, deve essere assicurato uno spazio in cui le procedure per la richiesta possano essere portate avanti regolarmente ed equamente.

4) Le autorità italiane dovrebbero assicurare che le persone siano correttamente informate del loro diritto di richiedere asilo. Per questo, organizzazioni come UNHCR dovrebbero avere accesso illimitato a tutti i luoghi in cui i migranti e i richiedenti asilo vengono sistemati.

5) L’Italia dovrebbe cercare aiuto da parte degli altri paesi UE per provvedere a fornire l’assistenza umanitaria necessaria.

6) I diritti umani dovrebbero essere un pilastro fondamentale di ogni cooperazione finalizzata al “controllo delle migrazioni” fra Italia e Tunisia o altri paesi nordafricani; gli accordi bilaterali dovrebbero proteggere e garantire gli standard di protezione dei diritti umani e rispettare pienamente i diritti dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei migranti.

Allo stesso tempo, AI raccomanda alle autorità italiane, così come a quelle europee, di astenersi dalle seguenti pratiche:

1) Le autorità italiane non devono portare avanti operazioni cosiddette di respingimento (“push-back operations”). L’Italia deve evitare di replicare la sua politica di respingimenti implementata per gestire gli arrivi via mare dalla Libia nel 2009 e dall’Albania negli anni Novanta.

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2) Non si deve fare ricorso alla detenzione automatica. L’Italia dovrebbe evitare di usare la detenzione per tutti coloro che vengono salvati in mare. Ogni decisione relativa alla restrizione della libertà degli individui dovrebbe essere presa dopo un’analisi individuale delle necessità di ciascun caso - e dopo aver considerato tutte le alternative a disposizione.

3) Le autorità italiane dovrebbero astenersi dal praticare espulsioni di massa, ovvero dal respingere gli individui verso i loro paesi d’origine senza aver adeguatamente assecondato le loro richieste di protezione internazionale.

4) Le autorità italiane dovrebbero evitare di diffondere allarmi nel discorso pubblico che si riferiscano ai recenti flussi migratori in termini di “biblical exodus”; dovrebbero inoltre evitare di fare collegamenti indiscriminati fra i migranti e i potenziali terroristi o criminali - tali affermazioni potrebbero promuovere il razzismo e la xenofobia.

c) Briefing Paper Aprile 2011 - AI Index: EUR 30/007/2011 (21 Apr 2011) 65

Dopo la visita di una delegazione di AI a Lampedusa e al “Villaggio della Solidarietà” nei pressi di Mineo (Catania), AI ha scritto al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Interni allora in carica, Berlusconi e Maroni, per esprimere la propria preoccupazione in seguito alle constatazioni effettuate durante la visita, così come per il respingimento massivo di tunisini da Lampedusa a Tunisi (7 Aprile 2011), seguente alla firma di un accordo fra le autorità italiane e tunisine.

1. Una crisi umanitaria provocata dalle autorità italiane

Secondo quanto riportato dal documento di AI, da Gennaio ad Aprile 2011 sono sbarcate sulle coste italiane circa 27,000 persone, la gran parte delle quali a Lampedusa. Sebbene le dimensioni ed i collegamenti con la terraferma dell’isola complichino la gestione della emergenza, AI si è espressa così: «had the Italian authorities responded to the arrivals effectively, and ensured transfers of meaningful numbers (i.e. proportionate to the number of arrivals) of people off the island onto Sicily or to other regions of Italy, the humanitarian emergency on the island would

65 “Italy: Amnesty International findings and recommendations to the Italian authorities following the research visit to Lampedusa and Mineo”, in http://www.amnesty.org/en/library/info/EUR30/007/2011/en

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have been averted. This was a crisis of the Italian authorities’ own making and it was entirely avoidable».66

Nonostante le evidenti necessità, non sono state predisposti servizi igienici o altre soluzioni temporanee.

2. Mancanza di informazioni sulle procedure d’asilo

I delegati di AI hanno espresso forte preoccupazione a proposito della mancanza di adeguate informazioni sulle procedure d’asilo. Molti individui non hanno alcuna idea della situazione in cui si trovano e dei loro diritti.

Tutte queste condizioni, sommate allo stress causato dal viaggio in mare e spesso dalla perdita di alcuni dei compagni, contribuiscono ad aumentare lo stato d’ansia e di stress mentale nei migranti.

3. Condizioni nei “Centri” sull’isola

Molte delle persone che hanno comunicato con i delegati di AI denunciano una condizione - nei due centri principali dell’isola - praticamente insostenibile. Diversi individui hanno scelto di dormire per strada invece che nel centro perché le condizioni igieniche all’interno, e il problema del sovraffollamento, rendono il centro un luogo per nulla accogliente.

Al centro “Base Loran” i delegati hanno parlato con alcuni minori, i quali riportano di avere contatti molto limitati con i membri delle loro famiglie e di non aver ricevuto informazioni adeguate sul loro futuro.

4. Centro “Mineo”

Nonostante già a fine Marzo 2011 questo centro ospiti già 1.550 persone, non è completamente funzionante. L’accesso al mondo esterno è pressoché impossibile dato che il centro di trova a circa 10 Km di distanza dal primo centro abitato (Mineo). Amnesty chiede all’Italia di fornire le informazioni seguenti sul centro: l’esatto status legale del centro “Mineo”; la ragione per trasferire i richiedenti asilo

66 «Se le autorità avessero reagito efficacemente agli arrivi, ed avessero assicurato il trasferimento di un numero significativo di persone (proporzionato ai numeri degli arrivi) in Sicilia o in altre regioni d’Italia, l’emergenza umanitaria sarebbe stata evitata. Questa crisi è stata provocata interamente dalle autorità italiane ed era completamente evitabile». (trad. a cura della redazione)

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da altri centri al Centro “Mineo”; l’esatto status dei servizi per la cura dei minori che sono stati trasferiti da Lampedusa a Mineo.

Le raccomandazioni di AI all’Italia nel Briefing Paper 2011

A proposito del diritto d’asilo:

1) assicurare che gli individui che arrivano in Italia, in particolare a Lampedusa, siano sistemati adeguatamente;

2) fornire le informazioni necessarie, anche tramite incontri con i delegati UNHCR, sull’accesso alle procedure d’asilo;

3) assicurare a chiunque lo richieda l’accesso a chiare ed eque procedure d’asilo;

4) assicurare il pieno rispetto, in ogni momento, del principio di non-refoulement;

5) implementare strutture per procedere alle richieste d’asilo anche nel centro di Mineo, compresa la legal clinic che offra supporto legale ai migranti;

6) interrompere subito i trasferimenti dei richiedenti asilo da altre regioni al centro di Mineo. I trasferimenti devono avvenire solo se vi è il pieno consenso degli individui.

A proposito delle condizioni a Lampedusa

1) mettere in atto un piano concreto per risolvere il problema del sovraffollamento al fine di evitare ulteriori crisi umanitarie. Questo piano deve rispettare in pieno i diritti umani e deve includere:

- un sistema adeguato per il trasferimento delle persone dall’isola ad altre parti dell’Italia con procedure che assicurino la dignità degli individui;

- assicurare la disponibilità di servizi per rispondere alle emergenze, come tende e bagni temporanei.

2) assicurare ai migranti gli strumenti per comunicare con le loro famiglie;

3) assicurare che abbiano informazioni complete sulla propria situazione;

4) garantire che i servizi, le misure, e le decisioni relativi ai minori siano presi sempre nel migliore interesse degli stessi (in riferimento allo UN Committee sui

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diritti del bambino e alle UNHCR Guidelines per determinare il miglior interesse del bambino).

A proposito degli accordi firmati con la Tunisia e dei respingimenti collettivi del 7 Aprile 2011

1) rendere pubblico il contenuto degli accordi;

2) interrompere immediatamente i respingimenti;

3) assicurare che chiunque arrivi sulle coste italiane riceva la protezione internazionale e anche le informazioni necessarie sui diritti umani;

4) assicurare eque e trasparenti procedure d’asilo per tutti.

d) Public Statement Settembre 2011 - AI: Index: EUR 30/019/2011 (23 Sept 2011)67

Il 20 Settembre è stato provocato un incendio da parte delle persone detenute nel centro di prima accoglienza a Lampedusa, sovraffollato. All’episodio hanno fatto seguito violenze fra forze dell’ordine, cittadini italiani residenti a Lampedusa e migranti. A seguito di questi fatti, Amnesty raccomanda all’Italia di assicurare il rispetto dei diritti umani anche nelle situazioni di emergenza.

- L’Italia deve prendere tutti i provvedimenti necessari per assicurare che la propria risposta all’ondata di arrivi dal Nordafrica non porti nuovamente ad una crisi umanitaria né sull’isola, né altrove sul territorio italiano.

- Gli eventi non devono essere usati per giustificare il ricorso a misure che violino i diritti umani dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

- Ancora una volta, AI reitera le proprie raccomandazioni al Governo italiano di garantire i diritti di tutti; si raccomanda ancora una volta alle autorità italiane di non ricorrere alla detenzione, in particolare dei minori, e di non effettuare espulsioni collettive di individui in maniera indiscriminata.

- Le autorità italiane devono assicurare l’accesso alle informazioni, incluse quelle relative al diritto di richiedere la protezione internazionale.

67 http://www.amnesty.org/en/library/info/EUR30/019/2011/en

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4.2. Human Rights Watch

Si riportano le raccomandazioni di Human Rights Watch all’Italia nel rapporto del 2009 “Pushed back, Pushed around”68:

1) Cessare immediatamente le intercettazioni ed i respingimenti indiscriminati delle imbarcazioni dei migranti verso la Libia;

2) investigare sulle dichiarazioni relative al fatto che il personale inviato in mare dalle autorità italiane abbia o meno usato la violenza e l’elettroshock per forzare i migranti a salire sulle navi libiche; indagare sulle attività degli ufficiali della guardia costiera o della marina che hanno abusato della loro autorità, inclusi quelli che hanno incarico di dare ordini;

3) interrompere la cooperazione con le autorità libiche per le intercettazioni di cittadini di stati terzi che cercano di fuggire dalla Libia;

4) rendere pubblico ed accessibile il contenuto degli accordi Italia-Libia;

5) dare supporto alla Libia per migliorare l’efficacia nell’intercettazione dei richiedenti asilo prima che questi partano per un viaggio via mare o prima che giungano sulle coste italiane. Tale supporto deve essere implementato attraverso la cooperazione multilaterale con UNHCR e OHCRHR, per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali;

6) assicurare l’accesso alle procedure d’asilo, incluso il diritto di denunciare la paura di subire un trattamento contrario all’art. 3 della Convenzione europea sui diritto dell’uomo.

68 www.hrw.org/reports/2009/09/21/pushed-back-pushed-around-0

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Le nostre raccomandazioni

Queste raccomandazioni sono il risultato della disamina di quanto le istituzioni europee e internazionali, le organizzazioni internazionali, le associazioni e le organizzazioni non governative, la comunità scientifica e, specificamente, gli studiosi delle convenzioni internazionali e delle carte dei diritti fondamentali, hanno chiesto nel corso degli ultimi anni al Governo italiano per adeguare norme e prassi in materia di immigrazione e diritto d’asilo agli standard internazionali. A queste autorevoli fonti, nella redazione di queste linee di indirizzo si è aggiunta l’esperienza quotidiana e la stessa realizzazione di questo rapporto, quanto i colloqui con gli addetti ai lavori, con gli operatori sociali, con i giuristi e con i diretti interessati ci hanno suggerito.

Quella che segue, quindi, è una serie di indicazioni e di scelte politiche, di raccomandazioni appunto, che sottoponiamo ai titolari delle relative responsabilità politiche e istituzionali per far sì che la politica italiana dell’immigrazione e dell’asilo corrisponda pienamente ai diritti umani individuati e prescritti nelle Carte dei diritti fondamentali nazionali e internazionali.

1. Garantire una programmazione annuale e stagionale dei flussi di ingresso per motivi di lavoro adeguata alla domanda delle imprese e in grado di far emergere il lavoro nero

2. Prevedere elementi di flessibilità delle quote programmate, quali la sponsorizzazione e l’autosponsorizzazione, nonchè l’introduzione di una corsia preferenziale per l’accesso di lavoratori qualificati;

3. Garantire la semplificazione delle procedure per il rilascio dei visti, e, soprattutto per il rilascio di nulla osta, permessi di soggiorno e rinnovi, nonché il minimo costo delle pratiche necessarie

4. Prevedere l’estensione della durata dei permessi di soggiorno

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5. Garantire il ricongiungimento dei nuclei familiari e prevedere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari allo straniero che, al compimento della maggiore età, risulti a carico di uno o entrambi i genitori

6. Riconoscere la cittadinanza agli stranieri nati e residenti in Italia e facilitare l’acquisizione della cittadinanza agli stranieri regolarmente soggiornanti da un congruo periodo di tempo

7. Attribuire l’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo alle stesse modalità di esercizio e condizioni previste per i cittadini dell’Unione europea

8. Prevedere la riduzione a due anni del periodo di soggiorno regolare sul territorio nazionale sufficiente per maturare il diritto alle provvidenze di assistenza sociale

9. Ratificare la Convenzione internazionale di tutela di tutti i migranti lavoratori e delle loro famiglie

10. Interrompere il trattamento discriminatorio nei confronti degli individui provenienti da paesi terzi per quanto concerne l’accesso al pubblico impiego, ai contributi per la casa e alle altre misure di aiuto per le famiglie con un reddito basso;

11. Garantire ai migranti l’accesso ai servizi sociali di base, inclusa la casa, l’igiene, la salute e l’istruzione

12. Abrogare i reati di ingresso e permanenza irregolare in Italia

13. Rivedere le modalità di allontanamento, con sospensione dell'esecuzione per gravi motivi, tenendo conto della natura e della gravità delle violazioni commesse, ovvero della pericolosità per l'ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato dello straniero espulso

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14. Prevedere la prevalenza delle modalità non coercitive di esecuzione del provvedimento di allontanamento, in modo che la restrizione della libertà personale dello straniero irregolare rappresenti un’extrema ratio

15. Prevedere l’introduzione di programmi specifici di "rimpatrio volontario e assistito" per gli immigrati che collaborino alla propria identificazione, parallelamente alla previsione di un sistema premiale fondato sulla riduzione dei tempi del divieto di reingresso in Italia in ragione della collaborazione prestata dallo straniero e dei motivi dell’allontanamento

16. Prevedere l'attribuzione al giudice ordinario in composizione monocratica delle competenze in materia di convalida del trattenimento dello straniero nel CIE e di espulsione

17. Prevedere una generale riduzione dei casi in cui è ammesso il trattenimento involontario nei Centri per stranieri e il progressivo superamento del sistema dei CIE, in ossequio alla Risoluzione 1637/2008 della Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa

18. Assicurare comunque sedi e strumenti efficaci per l'assistenza, il soccorso e l'identificazione degli immigrati e il rimpatrio di quanti sono legittimamente espulsi

19. Prevedere la riduzione del termine massimo di detenzione entro i limiti delle procedure effettivamente esigibili di identificazione ed espulsione (30 giorni prorogabili fino a un massimo di 60)

20. Promuovere il contatto tra i Centri per stranieri e le realtà territoriali in cui essi sono situati, potenziando il ruolo degli enti locali che dovrebbero assumere in via principale la responsabilità di alcune delle prestazioni da garantire al loro interno, in modo da assicurarne la continuità e da prendere in carico le persone riconducibili a categorie “vulnerabili” per inserirle in programmi di assistenza mirati e individuali;

21. Prevedere la responsabilità diretta del Servizio sanitario nazionale nell’assistenza sanitaria nei Centri per stranieri

22. Garantire trasparenza e accessibilità dei Centri in Italia attraverso la regolamentazione per legge

22.1. di un’Autorità indipendente con compiti ispettivi e di relazione al Parlamento e agli organismi internazionali;

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22.2. dell’accesso ai Centri ai rappresentanti istituzionali, in analogia con quanto sancito dalla l. 354/1975 per gli istituti penitenziari

22.3. dell’accesso ai Centri agli organi e agli operatori dell’informazione

23. Prevedere un’organica disciplina del diritto d’asilo, che attui il disposto dell’art. 10, comma terzo, della Costituzione

24. Rispettare rigorosamente il principio di non refoulement e rivedere la legislazione, assicurando che essa sia pienamente in linea con esso, e garantire la responsabilità per qualsiasi violazione

25. Assicurare che ogni volta che vi siano pericoli in mare, la priorità sia data alle operazioni di salvataggio, in sintonia con la PACE Resolution n. 1821

26. Garantire che tutti i migranti salvati in mare che lo richiedano abbiano accesso a procedure soddisfacenti per il riconoscimento del diritto d’asilo e ad una valutazione appropriata delle istanze, in accordo con gli standard internazionali sui diritti umani

27. Intensificare gli sforzi per regolarizzare la condizione dei rifugiati, in particolare per i casi che si protraggono da tempo e segnalati dagli organismi internazionali

28. Adottare procedure speciali per garantire la protezione effettiva dei diritti dei minori non accompagnati nell’accesso alle procedure per la richiesta di asilo

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