“L’arte di utilizzare gli avanzi di cucina” · Provvista di medicinali disponibili nelle...

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Numero unico Distribuzione gratuita Zibaldone con cronache, curiosità, ricette e quant’ altro dell’Ottocento umbertidese A cura di Adriano Bottaccioli Rievocazione storica della “Fratta dell’Ottocento” UMBERTIDE 13-14-15-16 SETTEMBRE 2012 ... PARTIRE È UN PO’ MORIRE L’EMIGRAZIONE IN UMBRIA il proprio paese per raggiungere le Ame- riche o lidi sconosciuti coi quali non con- dividiamo l’ idioma, le usanze e, spesso, anche i sentimenti religiosi. Quante speranze vengono riposte in questi viaggi che portano la nostra gente verso scelte obbligate, sono il sud America (Bra- sile e Argentina) ai quali si aggiungeranno più tardi gli Stati Uniti. I lavori praticati sono tra i più umili e spesso pericolosi, come lo sterratore ed il minatore delle cave di carbone, ma considerando che i primi emigranti non potevano vantare esperien- ze particolari, potevano solo assoggettarsi alle richieste. un futuro incerto e, almeno agli inizi, dif- cile. E se è la fame ed il bisogno a co- stringere a questi passi, la possibilità del miglioramento delle condizioni economi- che delle proprie famiglie e di un prossimo ritorno al suolo natìo, sono l’unico stimo- lo che spinge a sacricarsi ed a soffrire le pene della nostalgia. Noi fortunati, che non siamo costretti a questo passo, ci sentiamo vicini a quanti sono già partiti ed a quanti seguiranno la stessa strada con la pena nel cuore, offren- dogli tutto il nostro sostegno augurandoci di rivederli presto ed in salute, a percorre- re la strada del ritorno, affollare le nostre vie, ritrovarsi nalmente, tra volti amici Solo più tardi, quando la crisi cominciò a colpire anche il settore dell’artigianato ed il ceto della piccola borghesia, il usso degli emigranti aumentò considerevolmente e si elevò anche il livello dell’offerta di ma- nodopera qualicata. Cambiarono anche le mete della migrazione in quanto alcune nazioni europee, tra le quali la Francia, la Germania ed il Belgio, assorbirono buona parte della mano d’opera disponibile, ma- gari con contratti stagionali che, per certi versi, venivano accettati dai nostri con- terranei, più restii di altri ad abbandonare denitivamente la propria terra. Ed è così, che in pochi anni, il numero degli emigran- ti umbri è passato dalle poche decine del 1876, ai 1096 del 1899 (nel 1900 saranno addirittura 2415). Se dopo il lungo stato di belligeranza che ha preceduto l’Unità d’Italia, l’epoca delle partenze sembrava nita, così non è, per- ché, giunti quasi alla ne di questo secolo travagliato, siamo testimoni di altri tristi esodi di massa verso lidi sconosciuti e an- cor più lontani. E se la speranza del ritorno è più concreta, il distacco dai propri cari non è meno drammatico e doloroso. L’emigrazione è un fenomeno del tutto nuovo per un paese come il nostro, i cui abitanti, per secoli e salvo in caso di guer- re, raramente lasciavano la loro Fratta e tutt’al più lo facevano per luoghi vicini e per breve tempo. Ben’altra cosa è ciò che avviene negli ultimi anni e che vede decine di persone abbandonare la propria casa e Lo stato di arretratezza della nostra regio- ne agli albori dell’Unità d’Italia e dopo il lungo periodo di dominazione ponti- cia ha ritardato, per anni, il fenomeno dell’emigrazione. A differenza di ciò che è avvenuto in altre regioni, la nostra Um- bria e soprattutto l’Alta Valle del Tevere ed Umbertide, sono stati interessati a questo esodo forzato solo verso la ne del secolo, quando i primi emigranti hanno lasciato l’Italia seguendo l’esempio di quanti li avevano preceduti. Gente che apparteneva soprattutto al ceto contadino e nella mag- gior parte si trattava di coloro che, abi- tando in montagna, disponevano di meno risorse rispetto ai mezzadri dei poderi del- la più fertile pianura. Le mete prescelte, ma spesso si tratta di Raccomandazioni agli emigranti Non lasciate la vostra patria senza benedirla. Se anche è povera e se perciò dovete cercare pane e lavoro in un paese straniero, lontano dal vostro villaggio e dai vostri cari, amatela ugualmente e, forte- mente. Chi rinnega la mamma sua perché è povera e non ha pane da dargli ? Amatela la vostra patria, che custodisce le ceneri dei vostri vecchi e dei vostri cari, per le sue glorie, per le sue miserie, per il suo avvenire che sarà grande e luminoso ancora. Volete emigrare? Prima di partire pensateci bene e non vi fate il- lusioni. Colui che trova lavoro nel suo paese, non vada all’estero: meglio due in casa propria che quattro in casa d’altri. Non decidetevi alla partenza se non avete la sicurezza di trovar lavoro ed un con- tratto scritto chiaro e preciso rmato in presenza di testimoni o per mezzo di Organzzazioni di lavoratori, di Sindaci o Parroci. All’estero Non dimenticate mai che siete in un paese straniero e che dovete rispettarne non solo le leggi ma anche gli usi e le abitudini. Fate economia, ma con giudizio, così da non lesinare troppo nel nutrimento, come da non consumar denaro nei vizii e nel giuoco. È con vero orgoglio che dovete e potete dire ovunque, sono italiano. Perché non è il denaro che fa grandi le nazioni e i popoli, ma anche l’ingegno, la virtù e il lavoro. “L’arte di utilizzare gli avanzi di cucina” Non c’è ormai chi non conosca il bel libro di cucina “La scienza in cucina: l’arte di mangiar bene” dell’ormai noto Pellegrino Artusi. Ricco di consigli e suggerimenti per le nostre massaie, è infarcito (è il caso di dirlo) di centinaia di ricette in uso in tutta Italia che le signore potranno speri- mentare nel ristretto ambito della propria famiglia o proporre, certe di fare bella - gura, agli ospiti di riguardo. Molto meno conosciuto è invece un altro curioso volu- me scritto da un autore singolare, quel tale Olindo Guerrini che abbiamo conosciuto anche sotto lo pseudonimo del pungente e spesso irriverente Lorenzo Stecchetti e cioè “L’arte di utilizzare gli avanzi di cuci- na” che ci insegna ad ingegnarsi per rime- diare un buon pasto utilizzando, appunto, gli avanzi di cucina. Un’idea geniale, che, senza nulla togliere all’Artusi, crediamo sia particolarmente indicata vista la grave situazione economica in cui versano mol- te nostre famiglie. FRITTELLE DI PANE Tagliate in fettoline 160 gr. di pane raf- fermo e versatevi sopra un terzo di litro pag. 12 settembre 2012 di latte. Intridete questa pasta al fuoo incorporandovi un pizzico di sale, 75 gr di farina e l’odore della vaniglia. Fate un composto liscio aggiungendo quattro rossi d’uovo e lasciate raffreddare sul ta- gliere. Fatene pallottole o frittelle come volete e friggete. BISTECCA FINTA Per ricucinare il lesso a questo modo bi- sogna che sia piuttosto grasso. Se è ma- gro e stopposo andrà in bricioli quando vorrete tagliarlo per traverso alle bre. Tagliate dunque il lesso nella forma di tante bistecche che metterete sulla gra- tella a fuoco dolce, tanto che arrostisca- no un pochino da ambo le parti. Mette- tele quindi in un piatto caldo sul quale avrete steso un bel pezzo di burro im- pastato con erbe trite, prezzemolo ecc., o anche acciughe. Servite con contorno di patate fritte, qualche goccia di limone, insomma, come le bistecche vere. CAVOLI RISCALDATI Sono in proverbio per non valere nul- la. Tuttavia saranno discreti se, affettati all’ingrosso, si passano in padella conditi con sale, pepe e un pizzico di noce mo- scata. Rimestare continuamente nchè siano ben caldi e disporli su un vasso- io che regga al fuoco con un passato di patate sopra, cosparso di parmigiano e fatto crostare al forno di campagna. Armadio farmaceutico Provvista di medicinali disponibili nelle località prive di farmacie Complementari Corsi integrativi alle Scuole Elementari di uno o due anni Concerto Banda musicale Famigerato Insigne, famoso, rinomato Mancipio Schiavo, sottoposto Matricolato Diplomato, laureato Maxima capitis diminutio Diminuizione o perdita dei diritti Ophicleiden Strumento musicale a ato Puntature Note di demerito attribuite agli studenti che non frequentavano le cerimonie religiose e che avrebbero inuenzato il giudizio nale Putire Emanare cattivo odore Tisi Tubercolosi polmonare cronica Scrofola Inammazione delle glandole linfatiche del collo Rachitide Rachitismo infantile per carenza di vitamina D. Vantaggi, compositoi platina, pedalina Strumenti e macchine in uso nelle tipograe. Olindo Guerrini BIBLIOGRAFIA Olindo Guerrini – L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa - Roma - Formiggini 1918 Edmondo De Amicis - “Cuore” romanzo per ragazzi - Treves 1886 Amedeo Massetti – Due secoli in marcia, Umbertide e la sua banda – Petruzzi 2008 AA.VV. - “Facanàpa” giornale satirico umbertidese – Tipograa Tiberina 1893-94 AA.VV. - Vademecum dell’Emigrante – Società Dante Alighieri R. Codovini R.Sciurpa – Umbertide nel secolo XIX – Comune di Umbertide - Gesp 2001 Novità per la brava massaia ESTRATTO DI CARNE IN PORZIONI Il sapore delle minestre Minestre Istantanee “MAGGI” con 16 centesimi si ottengono 4 decilitri di brodo ristretto eccellente Vendonsi presso tutti i droghieri e salumieri Conservazione della salute è il gran problema che la scienza si è pressa di risolvere. Uno dei passi più decisivi verso la meta, fu la scoperta della EMULSIONE SCOTT d’olio di fegato di merluzzo con iposoti di cal- ce e soda ; con essa si irrobustisce tutto l’orga- nismo dando il tempo di combattere e vincere tutte le malattie esaurienti. Ad essa ricorrono i principali Medici per arrestare i progressi d’una qualsiasi delle forme di mali consuntivi come Tisi, Scrofola, Rachitide. Preparata dai chimici SCOTT & BOWNE – New- York TIP. CALDARI - UMBERTIDE

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Numero unicoDistribuzione gratuita

Zibaldone con cronache, curiosità, ricette e quant’ altro dell’Ottocento umbertidese

A cura di Adriano Bottaccioli

Rievocazione storica della “Fratta dell’Ottocento”UMBERTIDE 13-14-15-16 SETTEMBRE 2012

... PARTIRE È UN PO’ MORIRE

L’EMIGRAZIONE IN UMBRIA

il proprio paese per raggiungere le Ame-riche o lidi sconosciuti coi quali non con-dividiamo l’ idioma, le usanze e, spesso, anche i sentimenti religiosi.Quante speranze vengono riposte in questi viaggi che portano la nostra gente verso

scelte obbligate, sono il sud America (Bra-sile e Argentina) ai quali si aggiungeranno più tardi gli Stati Uniti. I lavori praticati sono tra i più umili e spesso pericolosi, come lo sterratore ed il minatore delle cave di carbone, ma considerando che i primi emigranti non potevano vantare esperien-ze particolari, potevano solo assoggettarsi alle richieste.

un futuro incerto e, almeno agli inizi, dif-fi cile. E se è la fame ed il bisogno a co-stringere a questi passi, la possibilità del miglioramento delle condizioni economi-che delle proprie famiglie e di un prossimo ritorno al suolo natìo, sono l’unico stimo-lo che spinge a sacrifi carsi ed a soffrire le pene della nostalgia. Noi fortunati, che non siamo costretti a questo passo, ci sentiamo vicini a quanti sono già partiti ed a quanti seguiranno la stessa strada con la pena nel cuore, offren-dogli tutto il nostro sostegno augurandoci di rivederli presto ed in salute, a percorre-re la strada del ritorno, affollare le nostre vie, ritrovarsi fi nalmente, tra volti amici

Solo più tardi, quando la crisi cominciò a colpire anche il settore dell’artigianato ed il ceto della piccola borghesia, il fl usso degli emigranti aumentò considerevolmente e si elevò anche il livello dell’offerta di ma-nodopera qualifi cata. Cambiarono anche le mete della migrazione in quanto alcune nazioni europee, tra le quali la Francia, la Germania ed il Belgio, assorbirono buona parte della mano d’opera disponibile, ma-gari con contratti stagionali che, per certi versi, venivano accettati dai nostri con-terranei, più restii di altri ad abbandonare defi nitivamente la propria terra. Ed è così, che in pochi anni, il numero degli emigran-ti umbri è passato dalle poche decine del 1876, ai 1096 del 1899 (nel 1900 saranno addirittura 2415).

Se dopo il lungo stato di belligeranza che ha preceduto l’Unità d’Italia, l’epoca delle partenze sembrava fi nita, così non è, per-ché, giunti quasi alla fi ne di questo secolo travagliato, siamo testimoni di altri tristi esodi di massa verso lidi sconosciuti e an-cor più lontani. E se la speranza del ritorno è più concreta, il distacco dai propri cari non è meno drammatico e doloroso. L’emigrazione è un fenomeno del tutto nuovo per un paese come il nostro, i cui abitanti, per secoli e salvo in caso di guer-re, raramente lasciavano la loro Fratta e tutt’al più lo facevano per luoghi vicini e per breve tempo. Ben’altra cosa è ciò che avviene negli ultimi anni e che vede decine di persone abbandonare la propria casa e

Lo stato di arretratezza della nostra regio-ne agli albori dell’Unità d’Italia e dopo il lungo periodo di dominazione pontifi -cia ha ritardato, per anni, il fenomeno dell’emigrazione. A differenza di ciò che è avvenuto in altre regioni, la nostra Um-bria e soprattutto l’Alta Valle del Tevere ed Umbertide, sono stati interessati a questo esodo forzato solo verso la fi ne del secolo, quando i primi emigranti hanno lasciato l’Italia seguendo l’esempio di quanti li avevano preceduti. Gente che apparteneva soprattutto al ceto contadino e nella mag-gior parte si trattava di coloro che, abi-tando in montagna, disponevano di meno risorse rispetto ai mezzadri dei poderi del-la più fertile pianura. Le mete prescelte, ma spesso si tratta di

Raccomandazioni agli emigranti Non lasciate la vostra patria senza benedirla. Se anche è povera e se perciò dovete cercare pane e lavoro in un paese straniero, lontano dal vostro villaggio e dai vostri cari, amatela ugualmente e, forte-mente. Chi rinnega la mamma sua perché è povera e non ha pane da dargli ? Amatela la vostra patria, che custodisce le ceneri dei vostri vecchi e dei vostri cari, per le sue glorie, per le sue miserie, per il suo avvenire che sarà grande e luminoso ancora.Volete emigrare? Prima di partire pensateci bene e non vi fate il-lusioni. Colui che trova lavoro nel suo paese, non vada all’estero: meglio due in casa propria che quattro in casa d’altri. Non decidetevi

alla partenza se non avete la sicurezza di trovar lavoro ed un con-tratto scritto chiaro e preciso fi rmato in presenza di testimoni o per mezzo di Organzzazioni di lavoratori, di Sindaci o Parroci.All’estero Non dimenticate mai che siete in un paese straniero e che dovete rispettarne non solo le leggi ma anche gli usi e le abitudini. Fate economia, ma con giudizio, così da non lesinare troppo nel nutrimento, come da non consumar denaro nei vizii e nel giuoco. È con vero orgoglio che dovete e potete dire ovunque, sono italiano. Perché non è il denaro che fa grandi le nazioni e i popoli, ma anche l’ingegno, la virtù e il lavoro.

“L’arte di utilizzare gli avanzi di cucina” Non c’è ormai chi non conosca il bel libro di cucina “La scienza in cucina: l’arte di mangiar bene” dell’ormai noto Pellegrino Artusi. Ricco di consigli e suggerimenti per le nostre massaie, è infarcito (è il caso di dirlo) di centinaia di ricette in uso in tutta Italia che le signore potranno speri-mentare nel ristretto ambito della propria famiglia o proporre, certe di fare bella fi -gura, agli ospiti di riguardo. Molto meno conosciuto è invece un altro curioso volu-me scritto da un autore singolare, quel tale Olindo Guerrini che abbiamo conosciuto anche sotto lo pseudonimo del pungente e spesso irriverente Lorenzo Stecchetti e cioè “L’arte di utilizzare gli avanzi di cuci-na” che ci insegna ad ingegnarsi per rime-diare un buon pasto utilizzando, appunto, gli avanzi di cucina. Un’idea geniale, che, senza nulla togliere all’Artusi, crediamo sia particolarmente indicata vista la grave situazione economica in cui versano mol-te nostre famiglie.

FRITTELLE DI PANE Tagliate in fettoline 160 gr. di pane raf-fermo e versatevi sopra un terzo di litro

pag. 12 settembre 2012

di latte. Intridete questa pasta al fuoo incorporandovi un pizzico di sale, 75 gr di farina e l’odore della vaniglia. Fate un composto liscio aggiungendo quattro rossi d’uovo e lasciate raffreddare sul ta-gliere. Fatene pallottole o frittelle come volete e friggete.

BISTECCA FINTAPer ricucinare il lesso a questo modo bi-sogna che sia piuttosto grasso. Se è ma-gro e stopposo andrà in bricioli quando vorrete tagliarlo per traverso alle fi bre. Tagliate dunque il lesso nella forma di tante bistecche che metterete sulla gra-tella a fuoco dolce, tanto che arrostisca-no un pochino da ambo le parti. Mette-tele quindi in un piatto caldo sul quale avrete steso un bel pezzo di burro im-pastato con erbe trite, prezzemolo ecc., o anche acciughe. Servite con contorno di patate fritte, qualche goccia di limone, insomma, come le bistecche vere.

CAVOLI RISCALDATISono in proverbio per non valere nul-la. Tuttavia saranno discreti se, affettati all’ingrosso, si passano in padella conditi con sale, pepe e un pizzico di noce mo-scata. Rimestare continuamente fi nchè siano ben caldi e disporli su un vasso-io che regga al fuoco con un passato di patate sopra, cosparso di parmigiano e fatto crostare al forno di campagna.

Armadio farmaceutico Provvista di medicinali disponibili nelle località prive di farmacie

ComplementariCorsi integrativi alle Scuole Elementari di uno o due anni

ConcertoBanda musicale

FamigeratoInsigne, famoso, rinomato

MancipioSchiavo, sottoposto

MatricolatoDiplomato, laureato

Maxima capitis diminutio Diminuizione o perdita dei diritti

OphicleidenStrumento musicale a fi ato

PuntatureNote di demerito attribuite agli studenti che non frequentavano le cerimonie religiose e che avrebbero infl uenzato il giudizio fi nale

PutireEmanare cattivo odore

TisiTubercolosi polmonare cronica

ScrofolaInfi ammazione delle glandole linfatiche del collo

RachitideRachitismo infantile per carenza di vitamina D.

Vantaggi, compositoi platina, pedalina Strumenti e macchine in uso nelletipografi e.

Olindo Guerrini

BIBLIOGRAFIAOlindo Guerrini – L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa - Roma - Formiggini 1918

Edmondo De Amicis - “Cuore” romanzo per ragazzi - Treves 1886

Amedeo Massetti – Due secoli in marcia, Umbertide e la sua banda – Petruzzi 2008

AA.VV. - “Facanàpa” giornale satirico umbertidese – Tipografi a Tiberina 1893-94

AA.VV. - Vademecum dell’Emigrante – Società Dante Alighieri

R. Codovini R.Sciurpa – Umbertide nel secolo XIX – Comune di Umbertide - Gesp 2001

Novità per la brava massaia ESTRATTO DI CARNE IN PORZIONI

Il sapore delle minestre

Minestre Istantanee “MAGGI” con 16 centesimi si ottengono 4 decilitri

di brodo ristretto eccellente

Vendonsi presso tutti i droghieri e salumieri

Conservazione della salute è il gran problema che la scienza si è prefi ssa di risolvere. Uno dei passi più decisivi verso

la meta, fu la scoperta della

EMULSIONE

SCOTT

d’olio di fegato di merluzzo con iposofi ti di cal-ce e soda ; con essa si irrobustisce tutto l’orga-nismo dando il tempo di combattere e vincere tutte le malattie esaurienti. Ad essa ricorrono i principali Medici per arrestare i progressi d’una qualsiasi delle forme di mali consuntivi come Tisi, Scrofola, Rachitide. Preparata dai chimici

SCOTT & BOWNE – New- York

TIP. CALDARI - UMBERTIDE

pag. 2 settembre 2012

ITALIA BELLA MOSTRATI GENTILE 1896 – Canto popolare di autore scono-sciuto

Italia bella, mostrati gentilee i fi gli tuoi non li abbandonare,sennò ne vanno tutti ni’ Brasilee ‘un si rìcordon più di ritornare. Ancor quà ci sarebbe da lavorà,senza stare in America a emigrà. Il secolo presente qui ci lascia, i’ millenovecento s’avvicina. La fame c’han dipinto sulla faccia e pe’ guarilla ‘un c’è la medicina. Ogni po’ noi si sente dire: “E vo là dov’è la raccolta del caffè”.Ogni po’ noi si sente dire: “E vo là dov’è la raccolta del caffè”. L’operaio non lavora e la fame lo divora,e quì ‘i bracciantiun san come si fare a andare avanti. Spererem ni’ Novecento, fi nirà questo tormento, ma questo è il guaio,il peggio tocca sempre all’operaio. Ogni po’ noi si sente dire: “E vo là dov’è la raccolta del caffè”.Ogni po’ noi si sente dire: “E vo là dov’è la raccolta del caffè”. Nun ci rimane più che preti e frati, monìcche di convento e cappuccini, e certi commercianti disperati di tasse non conoscano confi ni. Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov’è la raccolta del caffè.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov’è la raccolta del caffè.

Ragazze che cercavano marito vedan partire il loro fi danzato. Vedan partire il loro fi danzato e loro restan qui co’i sor curato. Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov’è la raccolta del caffè.

Le case restan tutte spigionate, l’affi ttuari perdano l’affi tto, e i topi fanno lunghe passeggiate, vivan tranquilli con tutti i diritti.

Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov’è la raccolta del caffè.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov’è la raccolta del caffè.

La famigerata farmacia di Monte Corona era un’antica erboristeria gestita dai frati camal-dolesi che l’avevano istituita sin dal XVI seco-lo e l’avevano mantenuta al passo con i tempi seguendo l’evoluzione della scienza farma-cologica, senza rinunciare alla preparazione di medicamenti empirici, ma di riconosciuta effi cacia. Radici, fi ori e foglie di erbe offi cina-li e varie droghe, assieme a prodotti ricavati da specie animali come le vipere, o di origine minerale come la limatura di metalli, uniti a spirito, oli vegetali o grassi animali, serviva-no per preparare pozioni, unguenti e pomate che venivano distribuiti “gratuitamente” a chi ne aveva bisogno. A seguito del-la soppressione dei conventi la farmacia, as-sieme agli immobili dell’Abbazia e dell’Ere-mo e alla grande tenuta divenne proprietà del Marchese Marignoli che la diede in gestione al farmacista umbertidese Alessandro Burelli che però, nel 1876, ottenendo l’autorizzazio-ne ad aprire una sua farmacia nel centro di Umbertide, si mise in proprio. Qui esisteva da tempo la farmacia di proprietà di Dome-nico Mavarelli, diretta dal farmacista dottor Pietro Chiocci, matricolato in alta farmacia a Roma. Questo esercizio passò più tardi alla Congregazione di Carità che iniziò a gestirla assieme al nuovo ospedale. Considerata la va-sta estensione del territorio comunale furono aperte anche le farmacie di Preggio e di Pie-rantonio che ebbero alterne vicende di aper-tura e di chiusura a causa della scarsità della richiesta. A Montecasteli si provvide invece a all’istituzione di un più economico “Armadio Farmaceutico” in grado di sopperire alle ur-genze.

Dalle apoteche medievali alle farmacie dell’800

Presenti in ogni località di una certa impor-tanza, le farmacie aprivano le loro vetrine sulle strade o le piazze principali del paese. L’arredo, sobrio ed essenziale, era costituito da scansie in legno sulle quali erano disposti albarelli in ceramica o vasi di vetro con co-perchio che contenevano erbe offi cinali o altri insoliti ingredienti con i quali lo speziale (poi farmacista) e i suoi aiutanti, preparavano i medicinali ordinati dai dottori, servendosi di mortai, bilance, alambicchi ed altri misteriosi strumenti. L’ambiente era austero così come lo era in genere la fi gura del farmacista e nell’aria aleg-giava un odore acre e comunque gradevole, che rassicurava e sembrava anticipare i bene-fi ci effetti delle preparazioni.

LE FARMACIE DEL NOSTRO TERRITORIO

Teatro dei RiunitiFebbraio 1869

Saggio degli Allievi di CantoSoggetti di Canto

Primo Soprano: Signora Elena Latterini Primo Contralto: Signora Giuseppa Montagnini

Primo Tenore: Signor Domenico BebiPrimo Baritono: Signor Giulio Santini

Cori d’ambo i sessi n. 12Maestro Concertatore e Direttore di Orchestra:

Giovanni Pascucci

Primi violini: Signori Luigi Savelli e Luigi Santini Secondi violini: Signori Giovanni Battista Ticchioni e Telesforo Martinelli

Primo Flauto: Signor Vincenzo Dottor Casali Primi Clarini: Signori Pio Santini e Antonio

Montagnini Obboè: Signor Stefano CodoviniCorno: Signor Antonio TonanniPiston: Signor Antonio Carotini

Primo Trombone: Signor Massimo Martinelli Ophicleiden: Signor Quirino Pucci

Controbasso: Signor Angelo Martinelli

Parte PrimaPreludio di Orchestra “Coro di Gioia”

del Maestro Giovanni Pascucci “Cavatina per Baritono”

composta dal M° Giovanni Pascucci, eseguita dal Signor Giulio Santini

Parte SecondaGran Valzer di Giovanni Strass

“Promotionen” eseguito dall’Orchestra Aria per Soprano dell’Opera Roberto il Diavolo del M° Meyerbéer, eseguita dalla Signora Elena Zatterini “Romanza del Tenore” nell’Opera Jone del M° Petrella, eseguita dal Signor Domenico

Bebi Cavatina per Contralto composta da Giovanni Pascucci, eseguita dalla

Signora Giuseppa Montagnini

Parte TerzaPolha San Souci di Giovan-

ni Strass eseguita dall’Orchestra Aria per Basso dell’Opera I Lombardi del M° Verdi, eseguita dal Signor Giulio Santini

Quartetto La Speranza composto dal M° Giovanni Pascucci

pag. 11numero unico

Sabato 15 settembre

Domenica 16 settembre

Piazza Matteotti Dalle ore 18,00 MAESTRI MADONNARI IN PIAZZA a cura del Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova Ore 20,30 e ore 22,00 - Padiglione FANFARE RISORGIMENTALI a cura della Banda Città di Umbertide Ore 21,15 e ore 22,45DANZE DALLO “SCHIACCIANOCI”di P. I. Tchaikovsky - coreografi e di G.BalanchineRiadattamento di M.P. Fiorucci a cura del Centro Studi Danza

Piazza XXV Aprile Ore 21,00 e ore 22,15 - CIRCO ARENA FRATELLI PETTÈ il più piccolo spettacolo del mondo con gli artisti del “Circolistico” di Senigallia

Piazza del Mercato Dalle ore 18,00 MAESTRI MADONNARI IN PIAZZA a cura del Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova Ore 18,00 e ore19,00 PICCLO FESTIVAL DEI BURATTINI a cura dell’ Associazione Culturale “Il Gufo”Ore 22,00 - IL RE SI DIVERTE - Drammatizzazione regia GIAMPIERO FRONDINI - a cura dell’ ACCADEMIA DEI RIUNITI.

Piazza delle Erbe – Caffè degli Artisti Assenzio, magie, illusioni, danza e poesia (a cura di Acca-demia dei Riuniti) - Tutte le sere un programma diverso con incursioni artistiche – musicali – poetiche. In particolare :Ore 21,00 e 22, 15 MAGO KENZO Magie e illusione

Museo di Santa Croce Ore 21,00 e ore 22,00 – CONCERTI D’ORGANO in collaborazione con SISTEMA MUSEO - Organisti Jacopo ZEMBI e Biagio QUAGLINO.

Taverna degli Antichi Sapori ore 20,30 – LA TAVERNA DEI FIOLI - “Mangiamo come nà volta” e lettura animata di Pinocchio (Lucignolo)

Osteria degli Artigiani Ore 21,30 “ARIE DELL’ 800” (Orchestra Musica da Camera 800 con il tenore R. Serviettini)

Osteria del Musicante Dalle ore 17,00 “ANNULLO POSTALE” Banda “Città di Umbertide”

I programmi potrebbero subire delle modifi che Consultare il programma giornaliero

Piazza Matteotti Dalle ore 11,00 MAESTRI MADONNARI IN PIAZZA a cura del Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova Ore 18,00 “FLIK FLOK “ FANFARA DEI BERSAGLIERI Fanfara Regionale Umbra (a cura dell’Associazione Bersaglieri Umbertide) Ore 19,00 CORSA DEI BICICLI STORICI a cura della Pro Loco di Fermignano (Pu) Ore 20,45 Padiglione FANFARE RISORGIMENTALI a cura della Banda Città di Umbertide Ore 22,00 PREMIAZIONE TAVERNE GRAN FINALE con la Fanfara dei bersaglieri

Piazza XXV Aprile Ore 21,00 e ore 22,15 CIRCO ARENA FRATELLI PETTÈ il più piccolo spettacolo del mondo con gli artisti del “Circolistico” di Senigallia

Piazza del Mercato Dalle ore 18,00 MAESTRI MADONNARI IN PIAZZA a cura del Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova Ore 18,00 e ore19,00 -PICCOLO FESTIVAL DEI BURATTINI a cura dell’ Associazione Culturale “Il Gufo” Ore 21, 00ELFO BALLERINO “Teatro, poesia e musica” Compagnia di danza diretta da Sabina Moni

Piazza delle Erbe – Caffè degli Artisti Assenzio, magie, illusioni, danza e poesia (a cura di Acca-demia dei Riuniti) - Tutte le sere un programma diverso con incursioni artistiche – musicali – poetiche. In particolare : Ore 21,00 e 22, 15 MAGO KENZO Magie e illusione

Museo di Santa Croce Ore 21,00 e ore 22,00 CONCERTI D’ORGANO in collaborazione con SISTEMA MUSEO Organisti Jacopo ZEMBI e Biagio QUAGLINO.

Osteria del Mattatoio Ore 18,00 – SPETTACOLO PER BAMBINI Ore 21,00 SPETTACOLO DI ILLUSIONISMO

REGIONEUMBRIA

CAMERA DI COMMERCIO

PERUGIA

azienda intercomunalemetano

servizi venditaCOMUNE DIUMBERTIDE

pag. 3numero unico

La testata di FACANÀPA,

della quale vediamo un particolare

qui accanto, fu opera

del famoso disegnatore

Yambo, (fi glio dell’attore

Ermete Novelli che qui riproduce

la maschera Facanàpa e la

Ranocchia simbolo di Umbertide

“Facanàpa”, giornale satirico umberti-dese, uscì in 14 numeri dal 3 dicembre 1893 al 15 luglio 1894. Aspramente cri-tico verso l’Amministrazione Comunale che riteneva negativamente infl uenzata dall’allora segretario comunale Giaco-mino Dal Bianco e per nulla intimorito dalle varie pressioni cui fu sottoposto, ci offre uno spaccato di vita della Umber-tide di fi ne ‘800, particolarmente signi-fi cativo e non privo di importanti inse-gnamenti sul modo di rapportarsi con le istituzioni e con chi le rappresenta.

AGLI AMICI ED AI NEMICI

Facanàpa farà buon viso a tutte le corri-spondenze che gli si manderanno, purché siano alla altezza dei tempi. Le corrispon-denze inoltre devono essere brevi, sugose, pepate e...salate: non che conformarsi all’in-dole del giornale, che precisamente non ne ha nessuna. E, per carità, che gli argomenti siano puramente locali, per non far concor-renza ai giornali della capitale. S’intende che la nostra sfera d’azione, il teatro della guerra comprende Città di Castello, Gubbio, Peru-gia e ... Pierantonio, dato che questi impor-tantissimi centri di popolazione vogliano interessarsi in pro della stessa causa. Facanàpa non negherà né spazio né altre frustate a tutti quelli che s la sentiranno cal-da. Le rettifi che, i reclami, le impertinenze in risposta alle nostre, troveranno nel Fa-canàpa cordialissima accoglienza. Infi ne le corrispondenze dall’estero devono essere, manco a dirlo, in italiano. Si fa eccezione per Montone la cui lingua nazionale è suffi cien-temente intesa da tutti.

VIVERE COME LE BESTIE....................... E veramente vale la pena di oc-cuparsi delle condizioni deplorevoli delle no-stre campagne e dei nostri lavoratori, poiché anche tra noi la miseria cresce ogni giorno in proporzioni spaventose, e non c’è forse co-mune dell’Umbria che dia così largo contin-gente di pellagrosi, come questo nelle classi lavoratrici, con tanta incosciente beatitudine, fanno da sgabello alle ambizioni dei nostri signori.E la pellagra è l’indice della miseria, è la vera malattia della fame. Una malattia che accusa non solo la scarsezza del nutrimento, ma la cattiva sua qualità; accusa che, anche tra noi, si ha più cura delle bestie da soma e da tiro, di quella che si abbia per le bestie umane, sol perché non è più in voga il costume di por-tarle ingrassate al mercato. E non è soltanto questione di nutrimento; ma bisogna vederli i tuguri nei quali vivono, specie nei monti, que-sti disgraziati servi della gleba, per inorridire! Bisogna vedere le case coloniche di taluno dei nostri maggiori possidenti, dove, uno sopra l’altro, mal protetti dai rigori della stagione, sotto tetti cascanti, come cani si rannicchiano, in una scandalosa promiscuità di sessi, i veri produttori della ricchezza, che dà a loro tan-to fumo, tanta presunzione e tanta arrogan-za. Bisognerebbe percorrere i campi desolati e brulli dei poderi di questi piccoli Epuloni, che potrebbero esser fonte di ricchezza ine-sauribile per il nostro paese, e che invece non dànno se non ciò che spontanee offrono la natura e l’affamata operosità dei coloni, e quanto basta al soddisfatto egoismo dei pa-droni. .......................

...CON UNA TOPAIA PER CASAFiguratevi quattro mura, rotte in larghi cre-pacci, che si reggono per un miracolo d’equi-librio. D’una di esse è caduta buona parte, lasciando aperta una stanzaccia, che è il gra-naio del contadino. L’acqua, spinta dal ven-to, v’entra a torrenti, infradiciando le poche staia di granturco della raccolta, in modo che il mugnaio si rifi uta di macinarlo. Contro le intemperie e contro i ladri il contadino ha cer-cato di chiudere alla meglio l’apertura con una siepe di scópi. S’entra in casa per un balcone,

una volta di pietra, ora formato da una tavola larga pochi centimetri, che posa su due pali, ritti sui ruderi del vecchio muro e che si reggo-no appena. Su questo ponte in bilico, passa la famiglia del colono, i cui bambini, con tutta fa-cilità, potrebbero cadere e sfracellarsi le tenere ossa sulle pietre rimaste sul suolo e annerite dal tempo. E in quella topaia che a ogni soffi o di vento tentenna, con fi nestre e porte senza imposte o quasi, tutta aperta ai venti, alle piog-ge, alle nevi che rigano di bianche strisce gli sconnessi pavimenti, abita una famiglia di di-sgraziati, i quali hanno pure diritto, per Dio! di vivere da uomini. Il modello è visibile a tutti e a tutte l’ore nel podere vocabolo Compres-sione di proprietà del signor Contini Gio: Bat-tista, consigliere comunale. Questo Signore è stato sorteggiato nell’ultimo consiglio, però non solo nelle future elezioni, sarà rinomina-to – specialmente se la cosa sarà affi data allo onorevole Moon-full, nostro grande elettore – ma lo faranno anche assessore.

La Tipografi a TiberinaLa Tipografi a Tiberina, fu fondata nella se-conda metà dell’Ottocento (1875), dai roma-gnoli fratelli Utili (uno era chirurgo e l’altro veterinario) che investirono i loro fondi in questa attività. La Tiberina fu per molto tem-po l’unica tipografi a altotiberina, oltre alla storica Grifani Donati di Città di Castello fondata nel 1799. A decidere i signori Utili ad investire i loro averi nella nostra città fu, tra l’altro, la passione per la cultura, ma anche un innato e lodevole senso civico che li por-tò ad adottare anche un orfano che, diventato grande, seguì l’attività della tipografi a. Più tar-di, a seguito del matrimonio con la fi glia del veterinario, Tommasa, fu Luigi Barbagianni ad interessarsi della tipografi a, proseguendo l’attività, attraverso i suoi eredi, fi no ai primi anni del XXI secolo. La Tiberina svolse un intenso lavoro come tipografi a tradizionale, ma anche come casa editrice pubblicando vo-lumi in latino e greco e periodici locali come il “Facanàpa” di cui leggiamo alcuni articoli in queste pagine. Dopo decenni di intenso lavoro, un violento incendio distrusse gran parte dell’archivio, ma si salvarono gli antichi macchinari (la platina, la macchina piano cilindrica Dell’Orto, la classica pedalina), le casse dei caratteri in piombo e legno, compositoi e vantaggi e l’attività riprese in pieno, continuando fi no alla chiusura, dopo 134 anni, nell’ultimo giorno di lavoro del suo proprietario, rimanendo così come lui l’ha lasciata, ancora impregnata degli inconfon-dibili odori della carta e degli inchiostri da stampa.

Braccianti agricoli

Proprietari terrieri umbertidesi

pag. 10 settembre 2012

Umbertide, 13-14-15-16 Settembre 2012

Le Taverne storiche resteranno aperte

dalle ore 19,30 alle ore 24,00

Giovedi 13 settembre

Venerdì 14 settembre

Piazza MatteottiOre 20,30 - SI ALZA IL SIPARIO SULLA FESTA Alzabandiera alla presenza delle Regie Autorità civili e militari, della Fanfara della Banda civica, dei Garibaldini, dei rappresentanti delle taverne ed osterie e del pubblico che accorrerà numeroso. ORE 21,00 – ELFO BALLERINO “Teatro, poesia e musica” Compagnia di danza diretta da Sabina Moni Ore 21, 45 – Padiglione FANFARE RISORGIMENTALI a cura della Banda Città di Umbertide

Piazza XXV Aprile Ore 21,15 – CIRCO ARENA FRATELLI PETTÈ il più piccolo spettacolo del mondo con gli artisti del “Circolistico” di Senigallia

Piazza del Mercato Ore 18,00 e ore19,00 – PICCOLO FESTIVAL DEI BURATTINI a cura dell’Associazione Culturale “Il Gufo” Ore 22,15 ELFO BALLERINO “Teatro, poesia e musica” Compagnia di danza diretta da Sabina Moni

Piazza delle Erbe – Caffè degli Artisti Assenzio, magie, illusioni, danza e poesia (a cura di Acca-demia dei Riuniti) - Tutte le sere un programma diverso con incursioni artistiche – musicali – poetiche. In particolare : Ore 21,15 - CORO DI VOCI BIANCHE “Nuovo Prometeo” Ore 21,45 - I SERENOLOGI Canti popolari a cura dell’Associazione “Nuovo Prometeo”

Torrione della Rocca Ore 21,15 e ore 22,30 ARIE DELL’OTTOCENTO a cura dell’Orchestra da Camera 800

Museo di Santa Croce Ore 21,00 e ore 22,00 – CONCERTI D’ORGANO in collaborazione con SISTEMA MUSEO - Organisti Jacopo ZEMBI e Biagio QUAGLINO.

Taverna degli Antichi Sapori ore 20,30 – LA TAVERNA DEI FIOLI - “Mangiamo come ‘na volta” e lettura animata di Pinocchio (Lucignolo)

I programmi potrebbero subire delle modifi che Consultare il programma giornaliero

Piazza Matteotti ORE 21,00 - CORO DI VOCI BIANCHE “Nuovo Prometeo” a cura dell’Associazione “Nuovo Prometeo” Ore 21, 45 – Padiglione FANFARE RISORGIMENTALI a cura della Banda Città di Umbertide

Piazza XXV Aprile Ore 21,00 e ore 22,15 - CIRCO ARENA FRATELLI PETTÈ il più piccolo spettacolo del mondo con gli artisti del “Circolistico” di Senigallia

Piazza del Mercato Ore 18,00 e ore19,00 – PICCOLO FESTIVAL DEI BURATTI-NI Ore 22,00 - IL RE SI DIVERTE - Drammatizzazione – regia GIAMPIERO FRONDINI - a cura dell’ ACCADEMIA DEI RIUNITI..

Piazza delle Erbe – Caffè degli Artisti Assenzio, magie, illusioni , danza e poesia (a cura di Accademia dei Riuniti) - Tutte le sere un programma diverso con incursioni artistiche – musicali – poetiche. In particolare : Ore 21,15 - MAGO KENZO Magie e illusione Ore 21,30 e 22,30 - ARIE RISORGIMENTALI a cura dell’Associazione Chorus Fractae “Ebe Igi” Ore 22,45 - MAGO KENZO Magie e illusione

Museo di Santa Croce Ore 21,00 e ore 22,00 – CONCERTI D’ORGANO in collaborazione con SISTEMA MUSEO - Organisti Jacopo ZEMBI e Biagio QUAGLINO.

Taverna degli Antichi Sapori ore 20,30 – LA TAVERNA DEI FIOLI - “Mangiamo come ‘na volta” e lettura animata di Pinocchio (Lucignolo)

Osteria del Mattatoio Ore 21,00 - “MUSICA DE ‘NA VOLTA” con i Faraoni

Taverna dei Tintori Ore 21,00 – ANTICHI BALLI E CANZONI POPOLARI(Gruppo Folk San Marco)

Teatro dei Riuniti Ore 17,00 – Selezione “MIGLIOR PIATTO 2012”Gara gastronomica tra le Taverne

settembre 2012pag. 4

O cristiani miei diletti che mi state ad ascoltare, io vi voglio raccontare un curioso fatto stran; dove che questo è successo ad un maestro del Giappone che ad un popolo minchione fu chiamato ad insegnar. I padron di quella terra, cui fu ingrata la natura, di mutarne la cultura un dì vollero tentar. Fra le zucche e i cavolfi ori scese un dì per cambiar clima, un dottore, una gran cima che venìa dalla Città. Ed appena che fu giunto, delle zucche del paese quasi quasi in men d’ un mese conquistò l’ammirazion. Nel calor dell’entusiasmo l o portarono in consiglio, E il grand’uom con torvo ciglio prese posto in mezzo a lor Egli assiso fra i dottori dettò leggi, norme, editti; sputò massime e rescritti; rivelossi un grand’ingegn.

Ed un dì coi suoi colleghi dopo splendida orazione, decretò che dal Giappone si chiamasse un Professor. Giunto dunque, ai suoi padroni si presenta il poveretto, pien d’omaggi e di rispetto per saper quel che ha da far. E gli han detto: Voi farete le lezion di matematica, e le scienze e la grammatica voi dovete anche insegnar. Di far conti e a scriver bello ai ragazzi insegnerete, e dell’arte a lor farete imparar l’applicazion. Così deve il calzolaro saper far tacchi e tomari, agli artisti più preclari ispirandosi sul ser.Deve il sarto far le giubbe; dar di sega il buon garzone che per tempo la lezione già si reca ad imparar, Sempre a se tenendo innanzi un grazioso originale, perché l’arte industriale mai non dee dimenticar.

E gli han detto che la Storia gli convien pur d’insegnare perché devesi applicare anche questa a ogni mestier. Al bottar dovrà narrarsi il pietoso caso strano che a quel Regolo romano in Cartagine toccò. Ed al sarto e all’ortolano dovrà darsi la lezione sulle giubbe di Nerone e radici dei Roman. E siccome anche può darsi che non manchi la sartina, converrà di Messalina farle l’arte anco imparar. Ed al giovin che si addestra di cucina all’ardua scienza di Lucullo la sapienza come esempio citerà; Di Lucullo il gusto fi no che col brodo saporito ogni incomodo prurito dallo stomaco cacciò. Prese tutto il poveromo il pesante e vario incarco pazïente come Marco disponendosi a servir.

Ma però, siccome poi era un peso esagerato, non potea tirare il fi ato dalle troppe occupazion. Ed allor disse un bel giorno ai padroni del Governo: Cari amici, io non ci sverno se non muto condizion. Quello che qui si pretende è un affar di nuovo conio , io non sono Sant’Antonio e non ho l’ubiquità. Io non vo’ diventar matto e ne ho pieni i c. . . . . ni; questa terra di zucconi io m’appresto abbandonar E ritorno a quella terra che calcai nell’età prima, ai miei monti, al mio bel clima altre zucche a coltivar.

MORALE Questa storia dice ognora, a chi vuole l’arte applicare che non basta ad insegnare, tante cose un professor.* da cantarsi sull’aria de “La Rondinella pellegrina”

IL CURIOSO FATTO STRANO SUCCESSO AD UN POVERO PROFESSORE “OMNIBUS*

LE SCUOLE SUPERIORI AD UMBERTIDE UN SOGNO PIÙ VOLTE INFRANTO

Che la nostra Umbertide, si affacci al XX secolo senza disporre ancora di una Scuola Superiore è non solo avvilente, ma vorremmo dire vergognoso, se si pensa che i nostri più previdenti antenati, già nel ‘700, potevano mandare i loro fi gli nel locale Ginnasio. Dopo tanto parlare (male!) dell’educazione scolastica impartita dai “preti”, accusati di pensare più all’anima che all’istruzione dei gio-vani*, ci ritroviamo a rimpiangere anche quei tempi bui in cui era ancora impedito alle femmine di frequentare le scuole, perché le classi miste erano ritenute “lesive del pudore”. Cosa hanno fatto di meglio i nostri amministratori dall’Unità d’Italia in poi ?

Si sono aperte delle scuole nelle frazioni di Montecastelli, Preg-gio e Pierantonio, ma in paese, nel 1865, erano ancora poco più di sessanta i ragazzi iscritti alle Elementari e molte altre decine di famiglie preferivano rivolgersi ancora agli insegnanti privati per l’educazione dei loro fi gli. Ora la situazione è migliorata, ma quale possibilità avranno i giovani più dotati di accedere ad una Scuola Superiore ? Sordi ai consigli del Governo, non si diede risposta al suggerimento di istituire le Scuole Tecniche e si preferì, nel 1878 di istituire una Scuola Complementare alle Elementari che allungava di un anno il corso regolare. Poco dopo si pensò di istituire una Scuola Agraria che ebbe vita breve sia per i pochi iscritti che per le continue polemiche che avvelenavano il clima politico. Fu isti-tuita anche una “Commissione di Saggi” (sic!) retta da una fi gura estranea ed imparziale come il Sindaco di Città di Castello Antonio

Gnoni. Esclusa la riapertura di un Ginnasio, si propose l’apertu-ra delle Scuole Tecniche; queste restarono in funzione dal 1885 al 1892, quando furono defi nitivamente soppresse. Si riproposero nuovamente le “Complementari”, ma la proposta sembrò troppo antiquata e non se ne fece nulla. Nel 1893 sembrò esserci una svolta decisiva con la decisione, an-che questa tardiva e poco motivata, di istituire una “Scuola di Arti e Mestieri” dove i giovani avrebbero potuto imparare un lavoro sotto la guida di artigiani locali e istruirsi contando sulla presenza ... di un unico insegnante (Il “professore Omnibus” dei versi satirici) che pensò bene di lasciare l’incarico poco dopo. La Scuola fu co-munque soppressa nel 1897, dopo soli 4 anni) e non si sa se i nostri fi gli, o i fi gli dei nostri fi gli potranno, prima o poi, frequentare una Scuola Superiore nella loro città.

* Le scuole rette dai religiosi imponevano agli allievi doveri particolari e chi non si fosse sottoposto a queste regole, avrebbe avuto delle “puntature” e cioè delle note di demerito. “Ascoltare la Messa ogni mattina. Frequentare i SS.mi Sacramenti della Confessione e della Comunione specialmente in quei giorni che sono di antico costume. In ogni domenica e altre feste di precetto andare all’Oratorio di S. Croce ed ivi, con i Fratelli di quella Fraternità, recitare un notturno e le Laudi alla Beata Vergine e quindi la Messa. Nell’Ottavario dei Morti idem, con Laudi dell’Offi zio dei Defunti. Chi mancherà sarà “puntato” di negligenza e di questo demerito si terrà conto nella distribuzione dei premi di fi ne anno”.

CosìRidevamo

Un sacerdote predica sulla “fratellanza” in una chiesa sull’altra sponde del Fiume Giallo. Commozione generale: il parroco tito-lare è tra gli uditori il più impressionato, tanto che s’intenerisce e piange. Ma fi nita la festa... gabbato lu santu. Non era ancora spenta l’eco della predica, che si sente l’eco di uno schiaffo, di dentro la casa del parroco. Era l’immediata applicazione delle teorie sulla “fratellanza” fatta dal parroco indigeno sulle guancie del suo garzone, che doveva avergli bruciato l’arrosto.

Quelle eron chiacchiere e questi en guadrini diceva il curato di Bonsciano

pag. 9numero unico

LA NOTTE... chiusa la grande fortezza, incominciava il regno del silenzio e del buio

1872 - Chi beve birra campa cent’anni ? È esclusa dal consumo la birra adulte-rata per l’uso fatto nella fabbricazione di essa dei semi di “sabadiglia”, della “veratrina”, di “acido picrico”, della “stricnina”, della “coloquintida”, delle foglie di “menantio mezzereo”, delle teste di “papavero”, dei Sali calcarei, o dei Sali di rame e di piombo provenienti dai vasi. (Dal “Regolamento di Pubblica Igiene” del Comune di Umbertide, stampato nel 1872)

1883 - Meglio il vino.“Cosa beve Parigi ? Beve l’acqua della Sen-na. E Londra? Quella del Tamigi. Perché allora noi non beviamo quella del Tevere ?” La proposta del consigliere Guardabassi non fu ovviamente accettata e ne seguì un’altra altrettanto fantasiosa e cioè di chiamare un famoso rabdomante francese, l’abate Cauderan di Bordeaux che era ritenuto tra i migliori al mondo. Richiesta altrettanto strana, ovviamente respinta perché oltre ad essere l’unico, nella città del vino, ad interessarsi d’acqua, chiese una cifra iperbolica per quel tempo e cioè ben 3.000 lire, tra viaggio ed onorario.

1885 - Peccato ! Si prospetta l’ipotesi di costruire una linea ferroviaria tra Umbertide e Cortona, che corra lungo la Valle del Niccone, per poi raggiungere, secondo il progetto del 1861 redatto dall’ing. Laschi e attraversando i colli ai cui piedi sorge Mercatale, la citta-dina toscana. Non se ne fece nulla.

1886 - La musica accende gli animi ! Qualche male intenzionato, da tempo, si permette di fare sui muri delle latrine pubbliche scritti ingiuriosi ed anche dif-famatori a carico di alcuni cittadini... in caratteri cubitali tendenti a fomentare la discordia incipiente tra i due concerti musicali.

1896 – Una va bene, ma addirittura due ... Disputa con il Comune di Montone che pre-tende che dopo aver dato il suo nome alla stazione di Montecastelli, chiamata “Mon-tecastelli – Montone”, lo stesso accada per la stazione di Umbertide. Il Consiglio Comunale di Umbertide suggerisce invece ai Montonesi di limitarsi a far aggiungere tale precisazione sull’orario ferroviario. 1899 - I primi graffi tariSui muri del Palazzo Comunale e in vari punti di via Cibo appaiono le prime scritte contestatrici: “Viva il Primo Maggio - Ab-basso gli sfruttatori - Abbasso il Delegato di Pubblica Sicurezza – Viva i lavoratori”. Le scritte vennero subito cancellate dai solerti scopini... ma i tempi cominciavano a cambiare davvero!

Sul fare della notte, le grosse porte di legno chiodato serravano le porte d’accesso al castello e per quell’ora bisognava essere in casa se non si voleva restare fuori dal paese. Chiusa la grande fortezza, incominciava il regno del silenzio e del buio. Il grande alvea-re taceva, non si sentiva più il brulichio della giornata di intenso lavoro e si assaporavano gli odori della casa, sicuri e difesi da ogni eventuale pericolo. Non c’era possibilità di svago notturno, perché le società povere non hanno mai avuto la possibilità di procu-rarselo e le fatiche quotidiane consigliavano un prolungato riposo. Inoltre i costumi del tempo, morigerati e severi, non consentiva-no le veglie notturne, soprattutto alle donne, per le quali la sacralità della riservatezza era un precetto categorico.

Fuori, quando non c’era la luna piena, prendevano corpo le ombre che nella loro evanescenza rivelavano improvvise presen-ze. Qualche raro nottambulo che si fosse aggirato in quelle ore per le vie del paese, avrebbe incontrato solo questi fatui e taci-turni profi li che si dissolvevano con l’avan-zare dei passi e che però davano, anche ai più coraggiosi, un senso di apprensione, pur nella sicurezza che infondeva la vista dei muri, degli spigoli e dei portoni amici. Era questo il momento in cui anche i più forti di-ventavano deboli perché l’uomo, abituato a vivere alla luce, è sempre turbato dallo spes-sore del buio che indebolisce le possibilità di difesa. L’enormità della notte senza luci generava una vacillante situazione di incer-tezza, dove fi niva il coraggio e incominciava la paura, dove il desiderio di guardarsi alle spalle era frenato dal timore di intravedere qualcuno. Ma anche il buio ed il silenzio della notte avevano le loro voci. I rintocchi cadenti del’orologio che echeggiavano con puntuale precisione, il rumore del vento tra i vicoli, il suono dell’acqua che cadeva dalla grondaia o il mormorio del Tevere o della Regghia, sotto le mura, nei periodi di piena, e qualche uccello notturno che con stridulo grido lasciava il suo nido, erano i punti di riferimento che la gente del borgo sapeva decifrare con assoluta precisione. L’orecchio percepiva tutto con immediata prontezza, poiché la quiete della notte

rendeva più nitidi e distinti i rumori. Solo quattro o cinque fanali ad olio rischiaravano le tenebre dei vicoli nei primi anni del secolo, come guardiani scrupolosi e attenti che sor-vegliavano l’intimità familiare ed ammanta-vano di morbida e soffusa luce i profi li delle case. Ma anche loro si spegnevano presto e rimanevano accesi solo i fl ebili lumi delle poche icone, incassate nei muri, che la pietà dei fedeli ogni tanto accendeva. Alla metà del secolo i lampioni erano sette, ma non cambiarono molto il regime del buio.

Alla fi ne del secolo se ne contavano 28, però anche il paese era cresciuto e il coeffi ciente di luminosità non era aumentato di molto. Rimanevano accesi tutta la notte solo nei giorni di festa o di pericolo e, alle prime luci dell’alba, l’addetto ai lampioni faceva il giro per spegnerli in modo di risparmiare l’olio, che era suo carico.

L’Appaltatore della Pubblica Illuminazione era l’uomo della notte che seguiva l’orologio della luna e, con la scala sulle spalle faceva il giro dei vicoli per spegnere le deboli fi ammel-le, ad una ad una. Quando esse rimanevano accese tutta la notte e si spegnevano solo al mattino, era frequente l’incontro con i primi artigiani che si recavano al lavoro nella loro bottega. La giornata di lavoro era lunga e l’orologio che la scandiva era dato dalla presenza della luce. A quest’ora bisognava aprire anche le porte e quando esse erano sorvegliate, il posto di guardia era il luogo di scambio delle prime parole della giornata.

Caro il mio Signor Sindaco, mi prendo la libertà di scriverle queste quat-tro righe, quattro per modo di dire, perché saranno anche più, e alla buona, quali può buttarle giù un povero diavolo che ebbe la disgrazia di nascere in un paese prossimo ad un fi ume, che sebbene abbia una bella pagina nella storia, non può impedire che vi si respiri un’aria greve, ove i cervelli sono ottusi e non educati al sentimento del bello, perché, si sa, le intelligenze superiori ebbero i natali in luoghi elevati, come fu giustamente osservato al Consiglio, quando si discuteva la proposta di istituzione delle borse di studio; parole che trovarono una eco simpatica nell’assessore sig. Cecchini, il quale essendo nato in una città di aria fi na, ha pure il cervello elastico. E Le scrivo, non già per ragguagliarla sullo stato di mia salute, che grazie a Dio è buona, come spero sia della sua, ma per dirle tutto ciò che si pensa dal buon pubblico Umbertidese, quello che, sebbene paga e tace, non creda che non si interessi alle cose che La riguardano, in merito all’andamento della comunale am-ministrazione. Io sono nato e vissuto fi no ai miei quarant’anni suonati in questo Paese; e, che vuole: mi ci sono affezionato e gli voglio bene come fosse cosa mia, cosicché, quando vedo che le cose non vanno, sento che una parte di me vien manco. Non so se eguale sen-timento si è mai fatto strada nell’animo suo, ma se quel che si dice in piazza è da credersi, e su ciò non metto dubbio, ragion vuole che si debba ritenere che uno sviscerato amore verso il suo paese lo abbia tratto a mettersi a capo della sua amministrazione. Ma veniamo al dunque. Quando la passata amministrazione fi nì in quel modo che tutti sanno, sia pace all’estinta, si vide la necessità di riordinare non già i partiti come direbbe un Giolitti qualunque, ma di organizzare il corpo municipale perche procedesse con norme eque e impersonali a vantaggio del pubblico bene. Fu visto di buon occhio il suo ingresso nella vita pubblica; giacché si riteneva che giovane come ella è, indipendente, fornita di largo censo, fresca di studi, poteva fare molto bene, riparare le patite iatture e saldare le magagne dell’azienda comunale; e forse allora l’opinione pubblica avrebbe sanato quella marachella venuta a intorbidare di più le ultime elezioni generali. Lei sa a che voglio alludere, senza che le rammenti l’affare della lista concordata prima e rimpastata e modifi -

cata all’ultima ora, con esclusioni ingiustifi cate e immeritate. Ma, come dico, su questo passo saprà decidendomi di attenderla all’opera. E dalle opere consenta che oggi venga giu-dicato.

Ma dirà ella: “Chi sei tu che parli in nome collettivo? La tua sarà un’opinione personale di un valore discutibile”. Adagio, il mio caro signor Sindaco. Non le parlerei come faccio, e non avrei preso la penna per vergare queste righe, se prima non avessi fatto un profondo esame di coscienza, e non mi fossi ripetuta quella domanda le mille volte. Io non sono che l’eco di ciò che si dice tanto nei pubblici ritrovi; che nelle private conversazioni, in città e in campagna, nelle sale dei signori, come nella stamberga del povero; e siccome le voglio bene mi sono preso l’assunto di spifferarle in mone-ta spicciola, ciò che dappertutto si dice di Lei.In primis Le si fa carico di avere abdicato alla propria volontà, libertà e indipendenza, rendendosi mancipio di tale che, nella posi-zione in cui trovasi, dovrebbe rimanere in un prudente e contegnoso riserbo per il ben suo. Lei sa che guaio sorga da questa abdicazione? Oltre l’inconveniente gravissimo compendiato nella formula latina: maxima capitis diminutio, con patente sfregio all’autorità sua personale, ridotto alle funzioni di un semplice gerente responsabile, l’altro inconveniente più ri-marchevole è che lo si spinge a compiere atti che non sono in armonia con l’interesse del pubblico, anzi in aperta ostilità, favorendo rancori personali e bizze che forse nell’animo

Suo gentile e benfatto ripugnerebbero, se non Le fossero presentati sotto un aspetto che fa apparire giusta la più patente ingiustizia, ottimo provvedimento l’atto il più inconsulto ed esiziale. In secondo luogo Ella si è circondata di gente straniera al paese, che il vantaggio del paese non può volere se non è congiunto all’inte-resse proprio, mediante appalti, aziende ed incarichi più o meno lucrosi, di gente che ha suscitato sempre discordie tra cittadini fatti per amarsi e stimarsi a vicenda, e che guarda in cagnesco tutto ciò che è paesano e tutti quelli che vogliono il bene di Umbertide, solo per il suo bene senza secondi fi ni. Furono scritte una volta in una scheda elet-torale, in sostituzione dei nomi dei candidati, queste parole: Umbertide agli Umbertidesi. Questo detto poteva putire di ostracismo immeritato per una parte della popolazione importata, cosa contennenda; ma da repu-tarsi bene appropriato, se si considera che l’inframmettenza dell’elemento non paesano è successiva ed in aperta lotta con quello nato e cresciuto qui.Veda: Lei farebbe opera buona e ne avrebbe il plauso di tutti gli Umbertidesi, che vale forse più di quello che Le prodigano persone che hanno interesse a sfruttarla e forse liquidarla moralmente, se si accostasse più a noi che Le vogliamo bene. Sia sicuro che il lavoro sarebbe più profi cuo e porterebbe a quella agognata conciliazione che è nell’animo di molti ed è l’aspirazione dei più.Cacci via tutti i Chiovetti (?) che Le stanno attorno e principii ad essere il vero Sindaco di Umbertide, mentre ora, mi dispiace dirlo, non si ha che una chiesuola, una cricca che non ha neppure il merito di aver trovato un sistema nuovo di amministrazione, seguendo essa, sulla falsa riga, l’antico metodo, che muove di-ritto alla rovina. Che ciò sia vero informino le passate amministrazioni, se vuole durare, muti sistema, se no fi nirà come fi nirono gli altri: e così un giovane che poteva essere l’idolo del suo paese verrà sciupato nelle mani di gente di cui è meglio tacere le qualità.E con questo Le chiedo scusa se l’ho tediata, ma che vuole, la materia è così abbondante che non basterà una sola lettera. Successivamente Le farò noti altri appunti che Le si muovono. Con ogni migliore stima ora mi creda proprio per un ...

Un Umbertidese puro sangue

pag. 5numero unico

LETTERA APERTA AL SINDACO DI UMBERTIDE

Francesco Mavarelli - Sindaco di Umbertide

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20 ANNI DI SUCCESSI

settembre 2012

LE STORIE CHE HANNO FATTO L’ITALIA

CUORE di Edmondo De Amicis

RESURREZIONEDa qualche tempo incombe sul nostro povero paese una tristezza che sa di tomba. Quasi deserte le strade; deserti i ritrovi pubblici. Annoiati e tetri i volti dei cittadini. Completamente sparita la disininvolta gaiezza e familiarità dei tempi passati. Quasi completamente spenta la operosa attività, che faceva di Umbertide un invidiato centro di vita industriale e commerciale. Sopi-ti gli entusiasmi e la fede, per cui Umbertide ebbe fama di patriottismo, e stette per lunghi anni all’avanguardia delle idee democratiche. Le ragioni di questo profondo cambiamento sono diverse e molteplici. Una delle più manifeste è certamente il disagio eco-nomico di tanti, che ogni giorno si fa più aspramente sentire con tutte le sue conseguenze funeste. La prima condizione della pace individuale e sociale è il benessere economico. Dalla pace viene il buonumore, la concordia degli animi, il sorriso dei volti tranquilli e sereni. In mezzo alle preoccupazioni dell’incerto domani non vivono l’entusiasmo e la fede nell’ideale.Un uomo che sia costretto a combattere aspramente la lotta della vita, non può essere allegro; non può essere buono; non può essere disposto a guardare e trattare benevolmente gli altri. Quando mancano i mezzi, è impossibile ogni iniziativa, ogni concordia d’intenti e di lavoro.D’altronde ogni disastro economico porta con sé uno strascico inevitabile di inimicizie e di ran-cori; e noi abbiamo, nel nostro paese, l’esem-pio di molte divisioni profonde dovute a simi-li ragioni d’interesse. Tutto ciò è indiscutibile. Ma questa condizione di cose è comune a molti paesi, in un periodo così triste.Eppure non si riscontrano altrove tanti e così durevoli attriti tra persone nate nello stesso luogo, cresciute nello stesso ambiente, legate da cari ricordi d’infanzia, appartenenti quasi ad una stessa famiglia ! Bisogne-rebbe dire che noi siamo più tristi degli altri; eppure non è così.Abbiamo i nostri difetti ed i nostri pregi, come tutti gli uomini.Si è detto che, per ragioni climatologiche, nel nostro pae-se non potranno mai esserci uomini di talento; e sia pure. Ma non è detto ancora che anche i cuori, come le menti, siano dall’aria umida e greve intorpiditi e corrotti. Bisogna dunque ricercare altrove la ragione speciale di queste inimicizie, che, sorte magari da una futilità, sono così pertinaci e profonde; di questi odi impla-cabili, che hanno alla lor volta un contraccolpo così funesto sulla vita morale ed economica del paese. E ricercando si trova, chi in mezzo alla comune miseria si impingua; chi in mezzo al generale accasciamento degli animi impera; chi dalle nostre discordie trae forza e potenza.Ma fi no a quando vorrà durare la nostra cecità ? Quando avrà anche il nostro povero paese la sua Pa-squa di resurrezione? (dal n° 6 di Facanàpa)

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Nato in Liguria nel 1846, si trasferì ancora bambino in Piemonte con la famiglia, dove il padre, benestante, svolgeva il suo lavoro di Banchiere Regio di Sale e Tabacchi. Soldato e poi giornalista della “Nazione” di Firenze pubblicò “Cuore” nel 1886 per i tipi dell’edi-tore Treves, “Cuore”ebbe subito grande successo, raggiungendo in poco tempo ed inaspettatamente ben quaranta edizioni e molte traduzioni in varie lingue straniere. I racconti del mese, ispirati perlopiù ad episodi di eroismo militare e di orgoglio patriottico, forniscono spunti moralistici che, nelle intenzioni dell’autore avrebbero contribuito alla sana educazione dei bam-bini in età scolare. De Amicis morirà nella natia Liguria nel 1908.

“ Questo libro è particolarmente dedicato ai ragazzi delle scuole elementari, i quali sono tra i 9 e i 13 anni, e si potrebbe intitolare: Storia d’un anno scolastico, scritta da un alunno di terza d’una scuola municipale d’Italia. - Dicendo scritta da un alunno di terza, non voglio dire che l’abbia scritta propriamente lui, tal qual è stampata. Egli notava man mano in un quaderno, come sapeva, quello che aveva visto, sentito, pensato, nella scuola e fuori; e suo padre, in fi n d’anno, scrisse queste pagine su quelle note, studiandosi di non alterare il pensiero, e di conservare, quanto fosse possibile, le parole del fi gliuolo. Il quale poi, 4 anni dopo, essendo già nel Ginnasio, rilesse il manoscritto e v’aggiunse qualcosa di suo, valendosi della memoria ancor fresca delle persone e delle cose. Ora leggete questo libro, ragazzi: io spero che ne sarete contenti e che vi farà del bene“

IL TAMBURINO SARDO Asserragliati dentro una casa, i soldati ita-liani cercano di contrastare l’assedio degli austriaci; al loro comandante non resta che chiedere rinforzi:

... Il capitano ripiegò il foglio e disse bru-scamente, fi ssando negli occhi al ragazzo le sue pupille grigie e fredde, davanti a cui tutti i soldati tremavano: - Tamburino! Il tamburino si mise la mano alla visiera. Il ca-pitano disse: - Tu hai del fegato. Gli occhi del ragazzo lampeggiarono. - Sì, signor capitano, - rispose. - Guarda laggiù, - disse il capitano, spingendolo al fi nestrino, - nel piano, vicino alle case di Villafranca, dove c’è un luccichìo di baionette. Là ci sono i nostri, immobili. Tu prendi questo biglietto, t’afferri alla corda, scendi dal fi nestrino, divori la china, pigli pei campi, arrivi fra i nostri, e dai il biglietto al primo uffi ciale che vedi. ... - Bada, - gli disse, - la salvezza del distaccamento è nel tuo coraggio e nelle tue gambe. - Si fi di di me, signor capitano - rispose il tam-burino, spenzolandosi fuori. - Dio t’aiuti. ...La corsa del tamburino sembra fermarsi più volte e poi riprendere e poco dopo arrivano i rinforzi. Qualche tempo dopo il comandante si reca in un ospedale e si sente chiamare:

... Si voltò: era il tamburino Era disteso sopra un letto a cavalletti, - co-perto fi no al petto da una rozza tenda da fi nestra, a quadretti rossi e bianchi, - con le braccia fuori; pallido e smagrito, ma sempre coi suoi occhi scintillanti, come due gemme nere.- Sei qui, tu? - gli domandò il capitano, stupito ma brusco. - Bravo. Hai fatto il tuo dovere. - Ho fatto il mio possibile, - rispose il tamburino. - Sei stato ferito, - disse il capita-no. - Che vuole! - disse il ragazzo - ho avuto un bel correre gobbo, m’han visto subito. ... Il tamburino scosse il capo. - Ma tu, - gli disse il capitano, guardandolo attentamente, - devi aver perso molto sangue, per esser debole a quel modo. - Perso molto sangue? - rispose il ragazzo, con un sorriso. - Altro che sangue. Guardi. E tirò via d’un colpo la coperta. Il capitano diè un passo indietro, inorridito. Il ragazzo non aveva più che una gamba: la gamba sinistra gli era stata amputata al di sopra del ginocchio: il troncone era fasciato di panni insanguinati. ... Il capitano corru-gò le grandi sopracciglia bianche, e guardò fi sso il tamburino, ristendendogli addosso la coperta; poi, lentamente, quasi non avveden-dosene, e fi ssandolo sempre, alzò la mano al capo e si levò il cheppì. - Signor capitano! - esclamò il ragazzo meravigliato. - Cosa fa, signor capitano? Per me! E allora quel rozzo soldato che non aveva mai detto una parola mite ad un suo inferiore, rispose con una voce indicibilmente affettuosa e dolce: - Io non sono che un capitano; tu sei un eroe. Poi si gettò con le braccia aperte sul tambu-rino, e lo baciò tre volte sul cuore.

Edmondo De Amicis

settembre 2012pag. 6

TAVERNE, LOCANDE ed OSTERIE… andando per alla ricerca di ricette dimenticate e di sapori, profumi ed ambienti di altri tempi ! I piatti elencati qui sotto sono solo una parte di quelli proposti. I menù completi saranno esposti, giorno per giorno, presso ogni locanda e comprenderanno in genere anche Torta sul panaro con salsicce ed erba, prosciutto, Frittelle, Bruscatelle etc. Locande, Taverne ed Osterie resteranno aperte dalle 19,30 alle 24,00 (domenica 16 l’apertura sarà anticipata alle 17,30) La vendita di alcolici sarà consentita soltanto se abbinata alla consumazione di cibo.

1) LOCANDA DELLA TORRE Per riassaporare i piatti delle antiche osterie di campagna: Fagioli con le co-tiche e quadrucci coi ceci, padelata di maiale, spezzatino di cinghiale ed altri piatti tradizionali.

2) ANTICA PASTICCERIA MIGLIORATI Il solleticante profumo della vaniglia vi inviterà all’assaggio di irresistibili cro-state, ciaramicola, fave dei morti, petit fours, zuppa inglese etc.

3) TAVERNA DEGLI ANTICHI SAPORI Esce profumo di buono dalle pentole fumanti della sua cucina che offre una ricca scelta di antipasti, paste ai fagioli ed ai ceci, coda di vitello al sugo, anguilla alla brace ed altre specialità caserecce.

4) OSTERIA DEL MATTATOIO Un punto di riferimento per i mercanti di bestiame e gli agricoltori che qui conveni-vano per gustare tagliatelle al sugo d’oca, coradelle d’agnello, stinchi di maiale e altre specialità della casa.

5) OSTERIA DEI MILLE Rancio “fuori ordinanza” per Camicie Rosse ed ospiti per gustare zuppe di roveja, cipolle e fave, tagliolini con

fagioli, polenta al sugo di carne, lam-predotto, baccalà in umido e stracotto.

6) LA BOTÉGA DE PRIMO La vera botèga de ‘na volta dove si mangia “alla bóna”, riscoprendo il gusto stuzzicante degli Antipasti della Jole con i crostini caserecci, oppure la torta sul pa-naro con salsiccia o la torta al formaggio con affettati, dolci della Jole e Vinsanto

7) OSTERIA DELLA CORONA Tradizionale luogo d’incontro per cittadini e forestieri, l’Osteria propone gnocchi al sugo d’oca, polenta con salsicce, spez-zatino di pollo, stinco di maiale, torcolo e vinsanto.

8) TAVERNA DELLA LUNA Un nome esotico in onore dei clienti stranieri e locali che apprezzano il suo ricco “menu degustazione” con bruschette miste, zuppa di farro, padellata, la tradi-zionale bandiera ed i dolci umbri.

9) OSTERIA DEI BRIGANTI Figure ed ambienti pittoreschi per una cucina semplice e ricca di sapori stuzzi-canti come la Merenda ed il Tagliere del Brigante, i fagioli con le cotiche, il pollo all’arrabbiata e dolci a sorpresa.

10) ALLE DAME Attorniato da briganti e donnine di pia-cere il Circolo di benefi cienza offre dol-ci casalinghi come polentine, rocciate, maritozzi, brutti ma buoni assieme a rosolio di cannella o mandolino.

11) TAVERNA DEI TINTORI In una raffi nata cornice d’epoca vengo-no proposti piatti gustosi come antipasti del tintore, crema di ceci, tagliatelle ai porcini, polenta al sugo, pollo all’ar-rabbiata, baccalà in umido e dolci vari.

12) OSTERIA DEL MUSICANTE Un gustoso menu tra squilli di tromba e rullar di tamburi con pasta di fagioli e salsicce, quadrucci e ceci, grigliata mista di maiale, coradella, torta con salsicce ed erba e squisiti dolci casalinghi.

13) OSTERIA DEGLI ARTIGIANI L’ambiente è quello del popolare quar-tiere di San Giovanni, la cucina è quella di casa con crostoni, parmigiana di me-lanzane, salsicce e patate al forno, trippa, arrosto misto, pandolce della Fratta

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pag. 7numero unico

I LUOGHI E GLI EVENTIPiazza Matteotti Inaugurazione e chiusura dell’edizione 2012 della Rievocazione Storica “Fratta dell’800”.Padiglione CONCERTI DELLE BANDE RISORGIMENTALI (Fanfara Banda di Umbertide e Fanfara dei Bersaglieri) – MADONNARI IN PIAZZA (Centro Culturale Artisti Madonnari - Mantova) – TEATRO, POESIA E MUSICA (Elfo Ballerino) - DANZE DALLO “SCHIACCIANOCI” (Centro Studi Danza) - Premiazione del Palio delle Taverne

Piazza XXV aprile CIRCO ARENA DEI FRATELLI PETTÈ con spettacoli di arte varia - Il più piccolo spettacolo del mondo con gli artisti del “Circolistico” di Senigallia.

Piazza del Mercato(Scalinata) PICCOLO FESTIVAL DEI BURATTINI (Associazione Culturale “Il Gufo”) – TEATRO, POESIA E MUSICA (Elfo Ballerino) – ANTICHI BALLI E CANZONI POPOLARI (Gruppo Folk San Marco) – MADONNARI IN PIAZZA(Centro Culturale Artisti Madonnari di Mantova) (Sulla piazza) IL RE SI DIVERTE - Drammatizzazione – regia GIAMPIERO FRONDINI - a cura dell’ACCADEMIA DEI RIUNITI.

Piazza delle ErbeCaffè degli Artisti Assenzio, magie, illusioni , danza e poesia (a cura di Accademia dei Riuniti) - Tutte le sere un programma diverso con incursioni artistiche – musicali – poetiche. In particolare: ARIE RISORGIMENTALI (Chorus Fractae Ebe Igi) - MAGIA ED ILLUSIONE (Mago Kenzo) – CORO DI VOCI BIANCHE “Nuovo Prometeo” – CANTI POPOLARI con i “Serenologi”

Torrione della Rocca “ARIE DELL’800” (Orchestra “Musica da Camera 800” con il tenore R. Serviettini)

Teatro dei Riuniti Venerdì 14 - ore 17 “SELEZIONE MIGLIOR PIATTO 2012” Gara gastronomica tra le Taverne

Museo di Santa Croce CONCERTI D’ORGANO in collaborazione con SISTEMA MUSEO Organisti : Jacopo ZEMBI e Biagio QUAGLINO.

Taverna degli Antichi Sapori La Taverna dei fi oli “QUATTRO GIORNI CON PINOCCHIO” lettura animata e spettacolo di burattini dal lavoro di Collodi e “MANGIAMO COME UNA VOLTA” merende genuine, giochi e laboratori di una volta (a cura di Lucignolo). - Piazza Trocascio “LUNA PARK” con giochi popolari, tiro a segno, cerchietti, braccio di ferro ecc. – Domenica “PRANZO AL PATOLLO”

Osteria del Mattatoio Venerdi ore 21 - “MUSICA DE ‘NA VOLTA” con i Faraoni - Domenica ore 18 “SPETTACOLO PER BAMBINI” - ore 21 “SPETTACOLO DI ILLUSIONISMO” (a cura di “Valigie in strada”)

Osteria dei Mille “QUADRIGLIA -CAN CAN E BALLI POPOLARI” (a cura delle Eroiche Donne Garibaldine)

Osteria degli Artigiani Sabato ore 21,30 “ARIE DELL’800” (Orchestra Musica da Camera 800 con il tenore R. Serviettini)

Osteria dei Briganti “DUETTO VOCALE ” musiche d’epoca (con C. Pucci e N. Gialli) - “BALLETTO DELLE ZOCCOLE” (presso la Casina del Piacere) – “CANTI BRIGANTI” a cura di Cielo Sereno.

Taverna dei Tintori Venerdì ore 21 “ANTICHI BALLI E CANZONI POPOLARI” (a cura del Gruppo Folk San Marco).

Osteria del Musicante Sabato dalle ore 17 “ANNULLO POSTALE” - Domenica ore 21,00 “GEMELLAGGIO FANFARA DEI BERSAGLIERI E FANFARA GARIBALDINA ” (a cura della Banda “Città di Umbertide”)

Per le date e gli orari degli eventi consultare il programma