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L’ARMONIA E GLI ACCORDI L’ARMONIA E GLI ACCORDI L’ARMONIA E GLI ACCORDI L’ARMONIA E GLI ACCORDI Sappiamo che la melodia è una sequenza di suoni, diversi per altezza, per durata e organizzati ritmica- mente, che procede in senso orizzontale. Per essere completa una melodia ha però bisogno di un sostegno, di un accompagnamento che ne definisca meglio il carattere creando un’atmosfera sonora atta a mettere in rilievo l’espressività dei singoli suoni. Questo sostegno è dato dall’armonia, scienza che studia le combinazioni dei suoni sovrapposti ed eseguiti simultaneamente, cioè gli accordi. I suoni che formano l’armonia, al contrario della melodia, sono disposti verticalmente sul pentagramma. La voce umana, per esempio, così come il flauto dolce, non ha la possibilità di produrre delle armonie, cioè più suoni contemporaneamente. Possiamo realizzare, però, delle armonie con la voce quando cantiamo in coro, se ci dividiamo in gruppi che intonano note diverse. La stessa cosa è possibile anche con il flauto e altri strumenti monofonici. Gli strumenti, invece, che sono in grado di produrre più suoni contemporaneamente si dicono polifonici come, ad esempio, il pianoforte, l’organo e la chitarra. La combinazione delle note in musica non avviene evidentemente in modo casuale, ma segue delle regole. COME SI COSTRUISCONO GLI ACCORDI Fondamento principale dell’armonia, e quindi dell’accompagnamento, è l’accordo, cioè un insieme di al- meno tre suoni diversi suonati contemporaneamente. Tali accordi nella loro forma più semplice (detta fonda- mentale) sono costituiti da suoni disposti uno sull’altro a distanza di terza partendo da un suono base: tale di- stanza si conteggia calcolando, di volta in volta, tre suoni successivi della scala. Ad esempio: Do e Mi sono due suoni a distanza di terza e così Re–Fa, Mi-Sol, Fa-La, ecc. L’accordo può essere formato da tre suoni: in tal caso si chiama triade; oppure da quattro suoni (qua- driade). Due suoni sovrapposti non danno origine a un accordo ma a un bicordo. Ovviamente la sovrapposizione di suoni a distanza di terza può continuare fino ad avere in pratica tutti e sette i suoni, ma in genere gli accordi formati da 3 e 4 suoni diversi sono più che sufficienti per fare da accompagnamento. L’accordo si dice che è “rivoltato” quando al grave non abbiamo più la nota fondamentale, ma una delle altre due note costituenti l’accordo. In questo modo l’accordo di tre suoni si può presentare in tre posizioni diverse (fondamentale, 1° rivolto e 2° rivolto). Gli accordi allo stato fondamentale si classificano in base agli intervalli da cui sono formati. Se il primo intervallo è di due toni si dice accordo perfetto maggiore; se il primo intervallo è di un tono e mezzo si dice accordo perfetto minore. I suoni chiamati a formare gli accordi devono, per un chiaro principio di coerenza, far parte di quella stessa scala, cioè di quella stessa tonalità in cui si svolge la melodia.

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L’ARMONIA E GLI ACCORDIL’ARMONIA E GLI ACCORDIL’ARMONIA E GLI ACCORDIL’ARMONIA E GLI ACCORDI

Sappiamo che la melodia è una sequenza di suoni, diversi per altezza, per durata e organizzati ritmica-mente, che procede in senso orizzontale. Per essere completa una melodia ha però bisogno di un sostegno, di un accompagnamento che ne definisca meglio il carattere creando un’atmosfera sonora atta a mettere in rilievo l’espressività dei singoli suoni. Questo sostegno è dato dall’armonia, scienza che studia le combinazioni dei suoni sovrapposti ed eseguiti simultaneamente, cioè gli accordi. I suoni che formano l’armonia, al contrario della melodia, sono disposti verticalmente sul pentagramma. La voce umana, per esempio, così come il flauto dolce, non ha la possibilità di produrre delle armonie, cioè più suoni contemporaneamente. Possiamo realizzare, però, delle armonie con la voce quando cantiamo in coro, se ci dividiamo in gruppi che intonano note diverse. La stessa cosa è possibile anche con il flauto e altri strumenti monofonici. Gli strumenti, invece, che sono in grado di produrre più suoni contemporaneamente si dicono polifonici come, ad esempio, il pianoforte, l’organo e la chitarra. La combinazione delle note in musica non avviene evidentemente in modo casuale, ma segue delle regole.

COME SI COSTRUISCONO GLI ACCORDI

Fondamento principale dell’armonia, e quindi dell’accompagnamento, è l’accordo, cioè un insieme di al-meno tre suoni diversi suonati contemporaneamente. Tali accordi nella loro forma più semplice (detta fonda-mentale) sono costituiti da suoni disposti uno sull’altro a distanza di terza partendo da un suono base: tale di-stanza si conteggia calcolando, di volta in volta, tre suoni successivi della scala. Ad esempio: Do e Mi sono due suoni a distanza di terza e così Re–Fa, Mi-Sol, Fa-La, ecc.

L’accordo può essere formato da tre suoni: in tal caso si chiama triade; oppure da quattro suoni (qua-driade). Due suoni sovrapposti non danno origine a un accordo ma a un bicordo.

Ovviamente la sovrapposizione di suoni a distanza di terza può continuare fino ad avere in pratica tutti e sette i suoni, ma in genere gli accordi formati da 3 e 4 suoni diversi sono più che sufficienti per fare da accompagnamento.

L’accordo si dice che è “rivoltato ” quando al grave non abbiamo più la nota fondamentale, ma una delle altre due note costituenti l’accordo. In questo modo l’accordo di tre suoni si può presentare in tre posizioni diverse (fondamentale, 1° rivolto e 2° rivolto).

Gli accordi allo stato fondamentale si classificano in base agli intervalli da cui sono formati. Se il primo intervallo è di due toni si dice accordo perfetto maggiore; se il primo intervallo è di un tono e mezzo si dice accordo perfetto minore. I suoni chiamati a formare gli accordi devono, per un chiaro principio di coerenza, far parte di quella stessa scala, cioè di quella stessa tonalità in cui si svolge la melodia.

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Sappiamo che nel sistema tonale la melodia è costruita a partire da una scala (o tonalità), e che nella scala vi sono due gradi particolarmente importanti: la tonica (1°) e la dominante (5°). La tonica è la nota che chiude la melodia, la dominante è la nota di movimento che precede la chiusura. E’ del tutto logico che l’accordo costruito sulla tonica sia in genere l’accordo di chiusura, e quello costruito sulla dominante sia l’accordo del movimento o dell’apertura. Utilizzando i soli accordi di tonica e dominante è già possibile realizzare una armonizzazione elementare di frasi melodiche di semplice fattura. Molte canzoni di musica leggera basano il loro accompagnamento sul cosiddetto giro di accordi: si tratta di un gruppo di accordi che si succedono nello stesso ordine per tutta la durata del brano. Ecco alcuni dei giri armonici più semplici:

Giro di Do Do Lam Rem Sol7 Giro di Re Re Sim Sol La7 Giro di Sol Sol Mim Lam Re7 Giro di Fa Fa Rem Sib Do7

ACCORDI CONSONANTI E DISSONANTI

I sette suoni naturali ed i cinque alterati, quando vengono variamente sovrapposti per formare gli

accordi, risultano fra di loro ora molto o poco consonanti ora molto o poco dissonanti: il altre parole ogni suono “suona bene” se unito con alcuni suoni, meno bene se unito con altri.

Ora non crediate che in musica si utilizzino solo accordi consonanti: si usa una giusta alternanza fra ac-cordi consonanti e dissonanti. Questi ultimi, con il loro effetto aspro e teso, generano al nostro orecchio una sensazione di movimento, di tensione, di sospensione, fanno cioè sentire l’esigenza di andare a “risolvere”, di spostarsi su accordi più consonanti: questi infatti, con la loro piacevole fusione, creano un effetto di riposo, di rilassamento e di conclusione.

In musica dunque si sfrutta moltissimo questa continua alternanza fra sensazioni di tensione ed altre di rilassamento, cioè fra accordi dissonanti e consonanti: è infatti proprio questa alternanza che funzione come “motore” del discorso musicale, che aiuta il discorso musicale a svolgersi nel tempo.

L’ACCORDO DI SETTIMA ED ALTRE VARIANTI

Gli accordi di quattro suoni sono definiti di “settima”, in quanto la distanza dei due suoni estremi dell’accordo è appunto di sette suoni: es. Do Mi Sol Si. L’accordo di settima ha uno spiccato carattere di instabilità e di moto e tende a “risolvere” sull’accordo più stabile di tonica.

Come un accordo maggiore può divenire una settima aggiungendo un’altra nota, così è possibile, sempre partendo da una triade, ottenere nuovi accordi inserendo altri suoni alla triade di base. I nuovi accordi acquistano una sonorità caratteristica, e rendono assai più varia l’armonizzazione di un brano. Ecco le varianti più diffuse:

• l’accordo di quarta, che si realizza aggiungendo alla triade il quarto suono partendo dalla nota base; • l’accordo di sesta, che si realizza aggiungendo alla triade il sesto suono partendo dalla nota base; • l’accordo di nona, che si realizza aggiungendo alla triade il nono suono partendo dalla nota base.

GLI ACCORDI SUL PENTAGRAMMA

Spesso, specie nelle partiture per canto, gli accordi sono indicati sul pentagramma con forme abbreviate, dette cifrato . Gli accordi maggiori sono indicati con il suono fondamentale e il segno + (es. Do+) oppure M (es. DoM), mentre gli accordi minori sono indicati con il suono fondamentale e il segno – (es. La-) oppure m (es. Lam). Se accanto alla nota fondamentale compare un numero: 7, 4, 6, ecc. (es. La7, RE4, Do6), significa che all’accordo è stato aggiunto un altro suono che si trova ad una distanza di sette, di quattro, di sei suoni dal primo.Va ricordato che negli spartiti inglesi o americani gli accordi sono indicati mediante lettere dell’alfabeto: A = la; B = si; C = do; D = re; E = mi; F = fa; G = sol.