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1 SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP A.A. 2007/2008 “L’approccio cooperativo come modalità d’integrazione delle diversità” SUPERVISORE: Carla Bidone SPECIALIZZANDO: Adele Bottiglieri

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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE

PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA

SIS

CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE

PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP

A.A. 2007/2008

“L’approccio cooperativo come modalità d’integrazione

delle diversità”

SUPERVISORE: Carla Bidone

SPECIALIZZANDO: Adele Bottiglieri

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L’identità non è da proteggere ma da vivere

A. Canevaro

Si è “Altro” solo agli occhi di qualcuno

M. Kilani

…l’educatore non è solo colui che educa, ma colui che, mentre educa, è educato nel dialogo con

l’educando. Quest’ultimo mentre è educato, è a sua volta educatore. Ambedue diventano così

soggetti del processo educativo in cui progrediscono insieme, in cui gli “argomenti d’autorità”

non hanno più valore.

P. Freire

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INDICE

Mappa concettuale pag 5

Diario di bordo pag 6

Indice ragionato pag 14

Modello teorico di riferimento e collegamento con l’attivita’ progettata pag 22

Intervento didattico pag 44

Schede bibliografiche pag 146

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FASCICOLO DEI PROCESSI E DEI PRODOTTI

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MAPPA CONCETTUALE

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DIARIO DI BORDO

Gennaio - Febbraio 2008

E’ l’inizio delle prime 400 ore del corso di allineamento e contemporaneamente della mia prima

esperienza di insegnante di sostegno in un istituto professionale di Torino. Mi sento come una sorta

di tabula rasa che immagazzina sempre più dati, informazioni e conoscenze che progressivamente

si stratificano nella propria mente senza un apparente collegamento fra di loro. Il primo mese è

quello della prova, prova di resistenza. Il primo corso è quello di sociologia dell’educazione: il

professore Fischer ci porta a riflettere su una serie di tematiche, ma quella che maggiormente attira

la mia attenzione riguarda il tema dell’integrazione scolastica nelle società multietniche. In

particolare ci si sofferma sulle diverse teorie che sottolineano in misura maggiore o minore la difesa

delle identità culturali ovvero l’apertura alla cultura del paese di accoglienza: si va dall’autodifesa

intransigente alla prospettiva interculturale, dal multiculturalismo pluralista a quello radicale. La

prospettiva interculturale, con la sua accettazione attiva e positiva della diversità1 viene ritenuta

come la più idonea a rispondere alle esigenze di una società multietnica che possa esprimere la

propria identità culturale nel rispetto di quei principi universali che sono sintetizzati dai diritti

dell’uomo.

Durante il laboratorio sulle “Dinamiche relazionali” tenuto dal prof. Rossati, sperimentiamo, con

una serie di esercitazioni e simulazioni, cosa voglia dire lavorare in gruppo e dipendere

positivamente gli uni dagli altri: non so se si tratti una casualità, ma il gruppo con cui ci alleniamo a

salvarci insieme in un finto naufragio è lo stesso gruppo con cui successivamente decideremo di

fare esperienza di cooperative learning (durante il corso tenuto dalla professoressa Bonica). Tra le

diverse sollecitazioni forniteci dal prof. Rossati, mi colpisce inoltre una sua citazione di Kurt

Lewin, secondo cui il gruppo è qualcosa di diverso dalle singole parti che lo compongono,

affermazione sintetizzata con il concetto di “totalità dinamica”.

Durante i laboratori con la prof.ssa Carelli - “Strategie per favorire le abilità di studio” e “Pof e

attenzione alle diversità” - colgo una serie di spunti teorici e pratici sulle metodologie didattiche da

adottare in classe e inizio a riflettere sui diversi processi che governano l’apprendimento e su quali

possano essere le tecniche migliori da adottare con ragazzi disabili e con particolari difficoltà. Mi

colpisce l’affermazione (che mi sarà chiara solo più tardi) secondo la quale la personalizzazione

dell’apprendimento passa anche attraverso una didattica cooperativa.

1 FISCHER L., Lineamenti di sociologia della scuola, Il Mulino, Bologna 2007, pag. 74.

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Marzo 2008

Insieme al mio Supervisore, la professoressa Carla Bidone, individuo le scuole dove effettuare il

tirocinio osservativo: il primo presso la scuola secondaria in cui presto servizio e il secondo presso

una scuola media di Torino. E’ la mia prima esperienza di osservazione “inconsapevole” ovvero

spontanea, come scoprirò qualche tempo dopo, durante il laboratorio sulle “Tecniche di

osservazione” tenuto dal prof. Longobardi. Nonostante la mancata conoscenza iniziale di strumenti

specifici di osservazione, riesco a cogliere una serie di elementi sul comportamento del ragazzo

disabile “affidatomi” e sulla classe in cui vengo inserita, che annoto rigorosamente sulla mia

agendina verde. Un aiuto fondamentale è quello della docente accogliente che ha molti anni di

esperienza alle spalle e mi trasmette una serie di indicazioni utili sulla figura e sul ruolo del docente

di sostegno, oltre che dei suggerimenti preziosi sulle modalità di lavoro con i ragazzi disabili.

Inizia il corso di pedagogia generale con la proff.ssa Milani, il cui intervento didattico è

estremamente motivante, specie quando inizia a soffermarsi su modelli di apprendimento

ampiamente condivisibili e paradossalmente non molto praticati: dall’ “educazione indiretta”,

teorizzata da Rousseau - quella in cui l’educatore “si nega” , limitandosi a organizzare l’esperienza

di formazione – all’educazione come reciprocità o coeducazione (P. Freire) che è alla base

dell’apprendimento cooperativo. Così come ispira il modello cooperativo un altro grande pensatore,

citato dalla proff.ssa Milani: Martin Buber, il quale ha definito l’uomo come un essere dialogico.

Ancora, sento parlare del Rapporto Delors ovvero del rapporto dell’Unesco (1996) intitolato

“Nell’educazione un tesoro”, fra i cui pilastri è l’”imparare a vivere con gli altri”. E come sottolinea

la professoressa Milani, una delle finalità dell’educazione stessa è quella di realizzare rapporti

costruttivi tra individui, popoli, e nazioni ovvero “imparare a vivere nel villaggio globale”.

Aprile 2008 – Maggio 2008

Sento per la prima volta parlare di Cooperative Learning dalla professoressa Bonica che ci invita ad

adottare questo metodo come strumento di studio e di valutazione per l’esame di psicologia dello

sviluppo e psicologia dell’educazione. L’obiettivo è quello di apprendere in maniera cooperativa

una serie di teorie alla base della psicologia dello sviluppo e di riflettere sulla loro possibile

applicazione alla realtà concreta, a partire da un’esperienza di insegnamento di sostegno

particolarmente significativa, vissuta da uno dei componenti del gruppo. L’esperienza di CL con il

gruppo di lavoro principale, il cosiddetto “gruppo madre”, si rivela a dir poco eccezionale:

l’entusiasmo per il lavoro fatto insieme è tale che, a costo di qualche sacrificio in più, dedichiamo

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molto del nostro tempo libero alla preparazione della presentazione finale del nostro intervento, che

si trasforma in una sorta di fiaba animata. Il nostro gruppo è uno di quelli che ottiene i risultati

migliori in termini di cooperazione e di “prodotto finale”. Ma non è così per tutti e durante l’ultima

lezione con la proff.ssa Bonica abbiamo modo di valutare quali siano stati gli elementi positivi e gli

elementi negativi che hanno caratterizzato il lavoro di ciascun gruppo.

Il prof. Castoldi, durante le sue lezioni, ci fa conoscere e sperimentare le diverse metodologie

didattiche, sottolineandone il ruolo di mediazione fra i soggetti dell’apprendimento e l’oggetto

culturale. Sottolinea inoltre come il processo di apprendimento sia un processo attivo e

collaborativo, coerentemente con la logica dell’ “insegnamento ponte”, quello che permette di

collegare l’astrattezza del sapere scolastico con la concretezza del sapere reale. Questo tipo di

percorso, che concepisce la conoscenza non come materia inerte ma viva, è regolato sulla persona e

procede in modo cooperativo. Tutti questi spunti sono per me preziosi e so che “ritorneranno” in

qualche modo. Da questo punto di vista ritengo che il corso di didattica sia stato per me

fondamentale, anche ai fini della costruzione del portfolio.

Settembre 2008

Riprendiamo il corso sis con il secondo gruppo di 400 ore: nell’incontro con i nostri supervisori, il

primo impatto è quello con il portfolio, il dover cominciare a riflettere sulla sua struttura ed

elaborazione, presentandosi esso come un’esperienza del tutto nuova ma allo stesso tempo

stimolante. E’ inoltre il momento di attivarsi per i primi contatti con la scuola in cui svolgere il

tirocinio attivo: la scelta ricade sulla stessa scuola media in cui ho svolto il tirocinio osservativo,

mentre per quanto riguarda la scuola superiore mi avvalgo del credito riconosciutomi grazie

all’anno di servizio sul sostegno svolto in precedenza.

Durante le prime lezioni di neuropsichiatria infantile della professoressa Fagiani si parla di ritardo

mentale e finalmente riesco a mettere a fuoco quello che è uno dei deficit più ricorrenti nel nostro

lavoro di insegnanti di sostegno. Due cose mi sono ben chiare alla fine della spiegazione: la prima è

che per quanto si possano descrivere le caratteristiche dei diversi livelli di ritardo mentale (dal più

lieve al più grave) nessun manuale sarà in grado di descrivere i ragazzi che ci troveremo davanti; la

seconda è che il ritardo mentale, specie quello lieve, è recuperabile e come insegnanti abbiamo il

dovere di fare tutto quello che è possibile perché anche un minimo di recupero avvenga.

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Durante il corso di psicologia clinica del prof. Rossati affrontiamo il tema delle pragmatica della

comunicazione e tra l’altro ci soffermiamo sull’aspetto relazionale della comunicazione e

sull’influenza reciproca che essa genera, specie in alcuni contesti come quello scolastico. Se è vero

che non si può non comunicare, mi chiedo che cosa comunichiamo noi insegnanti quando usiamo

uno stile di insegnamento piuttosto che un altro o quando usiamo una metodologia didattica di tipo

tradizionale rispetto a una più innovativa. Se è vero che la comunicazione ha un aspetto

contenutistico e uno relazionale, mi chiedo se non trascuriamo troppo spesso la relazione, per dare

più importanza ai contenuti, forse perché ci hanno insegnato che bisogna “portarli a termine”

(traslato: i programmi) a qualsiasi costo. Mi chiedo se non sia meglio in alcuni casi “perdere tempo”

, utilizzando metodologie che richiedono molti più spazi, tempi e sforzi da parte nostra e

sacrificando i programmi, se questo vuol dire creare un migliore clima di classe, aiutare i ragazzi a

pensare anche da soli e stimolarli a collaborare fra loro. Come sperimentiamo durante il laboratorio

sulla “Comunicazione non verbale”, oltre alle cose che diciamo, parlano molto di più le cose che

non diciamo, i nostri gesti, le nostre intenzioni, le nostre attitudini e in definitiva quello in cui

crediamo.

Le lezioni di pedagogia speciale della professoressa Pavone mi offrono una serie di spunti di

riflessione sui concetti di identità e diversità, da vivere questa come un valore piuttosto che come un

attacco all’identità personale. Rifletto inoltre sulla negazione dell’identità, quando essa viene

rinchiusa in categorie. E per la prima volta sento parlare diffusamente del concetto di educabilità e

della dimensione esistenziale alla quale apre la vita di ciascuna persona, a maggior ragione di una

persona disabile.

Durante il tirocinio, la professoressa Bidone ci porta a riflettere sul ruolo dell’insegnante di

sostegno, individuando 4 categorie: rifiutante, caritatevole, scientifico e competente.2 Quanti di

questi atteggiamenti sono presenti nelle nostre aule: abbiamo modo di confrontarci anche con gli

altri colleghi sul nostro ruolo ed è abbastanza confortante il poter condividere le proprie esperienze

e anche le proprie difficoltà.

Ottobre 2008

Inizia il tirocinio e l’ ”osservazione” di R., un ragazzo con ritardo mentale lieve inserito in una

seconda media della stessa scuola in cui ho svolto il precedente tirocinio. Ho già avuto modo di

2 Cfr. PIAZZA V., L’insegnante di sostegno. Motivazioni e competenze per il lavoro di rete, Ed. Erickson, Trento, 1996.

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conoscere la sua classe e di lavorare con lui, anche se non è su di lui che svolto il tirocinio

osservativo. Il fatto che la classe mi conosca facilita il mio lavoro: non sono vista come un’estranea

e sono già abituati alla mia presenza in classe, anzi mi chiedono se continuerò a stare con loro.

Inoltre inizio da subito a collaborare con i docenti curriculari e con la docente di sostegno (anche

loro conosciuti in precedenza) durante i diversi momenti didattici.

Alla Sis inizia il laboratorio sulle “Didattiche cooperative” con il prof. Berretta: finalmente

approfondisco in maniera più sistematica un tema che mi aveva sollecitata positivamente più di una

volta dall’inizio del corso, ma di cui non mi erano ancora chiari una serie di passaggi. Inizio a

riflettere sulla possibilità di applicare il cooperative learning nel lavoro quotidiano all’interno di una

classe e in particolare in quella in cui sto svolgendo il tirocinio attivo. Lo sperimento da subito nella

scuola in cui quest’anno ho avuto incarico come insegnante di diritto ed economia e inizio a

incontrare le prime difficoltà, non solo perché si tratta di un metodo mai utilizzato prima, ma

soprattutto perché mi rendo conto che gli alunni non sono abituati a lavorare in gruppo. Tuttavia

continuo ad applicarlo, ad intervalli più o meno ampi, ed ogni volta capisco qualcosa in più e colgo

alcuni aspetti sui cui potrei lavorare per migliorare gli effetti prodotti sulla classe e sulle sue

modalità di apprendimento.

In preparazione all’esame di pedagogia speciale, leggendo fra i testi consigliati quello di Andrea

Canevaro, soffermo la mia attenzione sull’ultimo capitolo “Bambini colorati e anche handicappati”,

in cui si fa riferimento all’esperienza di un gruppo di genitori di bambini di origine italiana che

fonda in Québec, negli anni ’80, l’Associazione multietnica per l’integrazione delle persone

handicappate del Québec. Il compito che questa associazione si proponeva era di integrare le

persone handicappate provenienti da diverse comunità culturali. Il fatto di essersi messi insieme per

risolvere problemi legati all’handicap del proprio figlio, aggiunto alla difficoltà di una mediazione

fra tante culture diverse, ha richiesto uno sforzo enorme per superare gli inevitabili elementi di

conflitto fra i vari gruppi, attraverso un continuo processo dialogico e costruttivo.3

Durante il corso di Didattica speciale, ho come l’impressione di fare sintesi di tutto quello che ho

appreso durante l’intero Corso Sis, nel senso di rileggere una serie di principi teorici alla luce

dell’esperienza maturata nel frattempo, e di dare loro un senso. Gli interventi del prof. Martinelli

sono di una grande ricchezza, anche per il linguaggio utilizzato che coinvolge sia la mia parte

3 CANAVARO A., Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap, Ed. Mondatori, Milano 1999, pp. 112 -122.

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razionale che quella emotiva. Riprendo dai miei appunti una sua frase per me molto significativa:

“Tutti i diversi vanno integrati, ma siccome la diversità è caratteristica di ciascuno, è importante

integrare tutti”.

Novembre 2008

Progetto con il docente accogliente l’intervento attivo in classe e inizio a realizzarlo: il tipo di

intervento è stato da me pensato sulla base delle mie competenze ed esperienze lavorative

precedenti, nonché delle esigenze legate al programma dell’insegnante curriculare, durante le cui

ore svolgo il tirocinio: sono specializzata in diritto dell’Unione europea, ho lavorato per un periodo

presso le istituzioni comunitarie e realizzato una serie di esperienze nell’ambito della progettazione

europea legati al settore non profit. La docente di geografia mi chiede di approfondire alcuni aspetti

relativi a paesi europei poco studiati, in particolare quelli dell’est. Mi chiede di trovare un modo per

render l’argomento interessante ai ragazzi, magari sottolineando anche aspetti legati agli usi e ai

costumi di questi paesi. Scegliamo insieme i 12 paesi (calcolando che dei 24 alunni presenti in

classe ogni coppia potrà occuparsi di un paese) e nelle settimane successive lavoro per reperire del

materiale, anche fotografico, e sintetizzarlo in 12 schede; la metodologia più adatta mi sembra

quella del CL, ne parlo con la docente accogliente e con la docente curriculare e mi sembrano

entusiaste, pensano sarà un ottimo modo per coinvolgere tutta la classe, oltre che R. Chiedo inoltre

di avvalermi del laboratorio di informatica in modo da far sì che ogni coppia di alunni (in

considerazione de numero dei computer) abbia a disposizione il suo PC su cui visualizzare le

schede. Trovo nel frattempo un video molto carino sulle differenze fra italiani ed europei e chiedo

alla docente accogliente di proiettarlo per favorire la discussione iniziale. Mi sembra che il tema

scelto si sintonizzi perfettamente con la metodologia e con la mia intenzione, che ormai si è fatta

pian piano strada, di affrontare il tema della diversità in senso ampio cioè come diversa abilità ma

anche come diversità culturale. R. è un ragazzo disabile ma è anche un ragazzo straniero e vive in

certo qual modo un doppio disagio. Penso che la metodologia scelta potrà aiutarlo a integrarsi

meglio nella classe e scelgo di inserire tra le schede preparate anche il suo Paese, la Romania,

proprio per stimolare la sua partecipazione.

Se inizia a essermi chiaro il senso dell’intervento didattico, non lo è altrettanto il tema del portfolio.

Ho un po’ di confusione in testa perché vorrei trattare diversi temi insieme ma non so come fare e

non ho capito bene come collegare l’intervento didattico e la metodologia scelta al tema specifico

della disabilità. Ne parlo con il mio supervisore che accoglie con favore le idee che ho sviluppato,

ma al tempo stesso mi invita a concentrarmi su una sola tematica, pena il rischio di dispersione.

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Durante il tirocinio la professoressa Bidone ci fa ancora riflettere sul ruolo dell’insegnante di

sostegno, a partire da un articolo di diversi anni fa, ma ancora molto attuale, della proff.ssa Pavone:

“Né angelo custode né guardiano” . Tra i diversi spunti di riflessione, mi rendo conto di quanto

poco sia applicato nelle nostre scuole il concetto di coeducazione: se non solo gli alunni ma anche

gli insegnanti imparassero a cooperare fra di loro, probabilmente l’integrazione non sarebbe più un

concetto così astratto.

Dicembre - Gennaio

Mi reco un paio di volte presso la biblioteca pedagogica in corso Francia. Il materiale a disposizione

non è tantissimo, ma riesco a individuare alcune pubblicazioni (libri, monografie e articoli estratti

da riviste specializzate) che mi potranno servire per la stesura del portfolio. Inoltre la ricerca

bibliografica è un momento essenziale per decidere in maniera più puntuale e definitiva quali

contenuti trattare. Faccio una ricerca anche su Internet, in parte su siti già consigliati da alcuni

docenti durante il corso o reperiti fra i materiali bibliografici consultati. Inizia la lettura dei libri

presi in prestito o acquistati.

Porto a termine l’intervento didattico nella scuola media in cui ho svolto il tirocinio attivo e

raccolgo la documentazione che potrà servirmi per l’elaborazione successiva. Finalmente posso

iniziare a buttare giù alcune idee per la stesura del portfolio e a confrontarmi con il mio supervisore.

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INDICE RAGIONATO

Ho strutturato l’indice ragionato del mio portfolio (che include libri, riviste e siti) nel modo

seguente: nella prima parte (Sezione A) sono inseriti i testi che fanno riferimento alla patologia

specifica dell’allievo da me seguito durante il tirocinio, quelli che ho consultato con riferimento

all’integrazione scolastica dei disabili, infine i testi che si riferiscono all’integrazione delle persone

immigrate e disabili al tempo stesso.

Nella seconda parte (Sezione B) ho inserito la bibliografia relativa alla metodologia didattica da me

utilizzata o discussa nella parte teorica: da una parte la didattica riferita all’apprendimento

cooperativo, dall’altra quella legata all’educazione interculturale.

Nella terza parte (Sezione C) sono indicati i riferimenti specifici relativi alla preparazione del mio

intervento didattico.

SEZIONE A: DISABILITÀ E INTEGRAZIONE

1 A

FAGIANI M.B., Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva, Carocci Editore, Roma, 2006 Ho utilizzato questo libro, acquistato durante il corso tenuto dalla professoressa Fagiani,

relativamente alla definizione di ritardo mentale e delle sue caratteristiche cliniche. E’ interessante

leggere, con riferimento alle cause del ritardo mentale, che attualmente si ritiene che i fattori socio-

culturali e pedagogici abbiano acquisito una tale rilevanza, da poter incidere in maniera importante

sul livello dello sviluppo intellettivo e quindi sul Q.I. Da questo punto di vista, ho ritenuto

fondamentale la parte in cui si fa riferimento alla recuperabilità sociale del soggetto con ritardo

mentale ovvero alla possibilità di adattamento all’ambiente in cui egli è inserito.

2 A

www.ritardomentale.it Il sito relativo a "Disabilità intellettive - Ritardo mentale" è promosso dal Multicentro Educativo

"Sergio Neri" del Comune di Modena - Area Disabilità – e dal Centro Servizi Consulenze per

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l'Integrazione del Comune di Ferrara, in collaborazione con una serie di altri enti. Oltre a fornire

molte informazioni di carattere generale sul ritardo mentale e una ricca bibliografia, il sito rinvia a

una serie di articoli dettagliati, pubblicati su riviste specializzate sia italiane che straniere. Ho fatto

riferimento a questo sito, oltre che per avere un panorama più ampio sul deficit, anche per quanto

riguarda l’applicazione del CL a questa tipologia di deficit.

3 A

PFANNER P.- MARCHESCHI M., Il ritardo mentale. Capire e curare una grave malattia della

mente, Il Mulino, Bologna 2005

Questo testo, preso in prestito presso la biblioteca pedagogica, mi è stato molto utile per la

redazione della parte relativa al ritardo mentale e in particolare mi ha dato una serie di indicazioni

utili sulla valutazione della capacità di adattamento e della capacità scolastica degli allievi affetti da

questa patologia, che possono incidere in maniera rilevante sulla capacità di acquisizione di una

maggiore autonomia.

4 A

RUGGERINI C. - VEZZOSI F., Cosa vuol dire ritardo mentale, in L’educatore n. 11 2005/2006, pp.

36-38.

Interessante questo articolo perché mette in luce il collegamento fra il ritardi mentale e i vari aspetti

dell’apprendimento (scolastico, pratico, sociale, personale). Da questo punto di vista sottolinea le

possibilità di recupero del disabile con RM, non solo con riferimento esclusivo alla scolarizzazione

ma anche all’adattamento a compiti e situazioni sociali nuove.

5 A

MARTINELLI M., “L’handicap in classe”. Tra individualizzazione e programmazione, ed. La

Scuola, Brescia, 1998

Questo testo, utilizzato durante il corso di Didattica speciale, mi è servito in primo luogo per un

inquadramento in generale sul problema dell’integrazione scolastica degli alunni disabili; quindi per

riflettere su una serie di principi fra cui in particolare quello della motivazione e della

personalizzazione; infine per delle indicazioni concrete sulla programmazione e sulle diverse

metodologie didattiche da utilizzare con gli allievi in difficoltà.

6 A

CANEVARO A., Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap, Mondadori, Milano, 2000

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Ho acquistato questo libro durante il corso di pedagogia speciale, essendo inserito nella bibliografia

consigliata, ma anche perché avevo sentito citare numerose volte il Canevaro e desideravo leggere

un suo scritto. E’ stata illuminante per me, oltre la parte relativa al discorso dell’identità e alla

riduzione dell’handicap, quella che mi ha ispirato per la redazione del portfolio ovvero il contributo

delle differenze culturali e sociali ai fini dell’integrazione.

7 A

ARGIROPOULOS D., Il doppio svantaggio. Cittadini stranieri e disabili, in HP- Accaparlante n° 2

2007, pp. 39-43.

Questo articolo mi ha fatto riflettere sulla condizione di doppio disagio dei soggetti immigrati e

disabili che vengono nel nostro paese con una doppia speranza: trovare lavoro e curarsi. Nel breve

saggio è inoltre sottolineata la situazione di svantaggio sociale e quindi di handicap in cui si

possono trovare molti immigrati, a prescindere dalla situazione di disabilità, a causa

dell’organizzazione istituzionale ed economica del paese d’accoglienza.

8 A

RUBBI M., L’uomo a due dimensioni: esperienze e problemi degli immigrati con disabilità, in

HP- Accaparlante n° 2 2007, pp. 56-59

Questo articolo riporta i risultati di una ricerca condotta in Gran Bretagna, che ha avuto ad oggetto

l’intervista di una serie di persone disabili e appartenenti al tempo stesso a varie etnie, quindi a

diversi operatori dei servizi sociali, al fine di individuare i principali problemi affrontati da chi vive

la condizione di migrante e di disabile.

SEZIONE B: METODOLOGIE DIDATTICHE

1 B

IANES D., Didattica speciale per l’integrazione. Un insegnamento sensibile alle differenze, ed.

Erickson, Trento, 2001

Ho preso in prestito questo libro presso la biblioteca pedagogica. Mi è stato molto utile con

particolare riferimento alla parte teorica e pratica sulla didattica dell’apprendimento cooperativo.

Ma al di là del tema specifico da me trattato nel portfolio, si tratta di un manuale prezioso per la

professione di insegnante di sostegno, in quanto oltre alle diverse metodologie didattiche

individuate e quindi agli strumenti operativi di cui avvalersi nella programmazione di percorsi di

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studio individualizzati, si fa riferimento a un discorso più generale sulle differenze e sui bisogni

educativi speciali, su come costruire delle progettualità educative e didattiche, infine sul come

attivare la collaborazione del gruppo classe in maniera funzionale all’integrazione.

2 B

MARTINELLI M., In gruppo si impara, Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei

processi didattici, Ed. SEI, Torino 2004

Si tratta di un libro centrale per comprendere i diversi aspetti dell’apprendimento cooperativo, in

quanto non solo fornisce delle indicazioni strutturali e metodologiche, con un taglio molto

esperienziale, ma anche perché lo pone in relazione all’integrazione delle diversità e alla

personalizzazione didattica. Ho trovato questo libro presso la biblioteca pedagogica.

3 B

FRANCESCATO D. - PUTTON A. - CUDINI S., Star bene insieme a scuola. Strategie per

un’educazione socio-affettiva dalla materna alla media inferiore, Carocci editore, Roma 2007

Questo testo ci è stato consigliato dalla proff.ssa Bonica durante il corso di psicologia dello

sviluppo e dell’educazione. Mi è sembrata particolarmente interessante la sperimentazione di

metodologie, quali quella dell’ascolto attivo e del circle time, volte a creare un clima favorevole in

classe e a sostenere i bambini con maggiore difficoltà, in quanto strettamente legate ai concetti di

interrelazione positiva e di cooperazione che sono sviluppati nella metodologia dell’apprendimento

cooperativo.

4 B

www.apprendimentocooperativo.it

Questo sito ci è stato consigliato dal prof. Berretta durante il laboratorio sull’apprendimento

cooperativo. E’ molto ricco di materiale sul cooperative learning, sia rispetto alla metodologia in sé

e alla sua sperimentazione in alcune scuole piemontesi, sia rispetto alle indicazioni bibliografiche e

alle principali teorie di riferimento.

5 B

COMOGLIO M., I gruppi di Cooperative Learning, in L’educatore n. 11 2005/2006, pp. 39-41

Questo articolo analizza la differenza fra gruppi di CL e gruppi tradizionali, aiutando ad andare un

po’ più a fondo sulle caratteristiche di questa metodologia e chiarendo alcuni possibili

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fraintendimenti. Molto utile, inoltre, la parte che fa riferimento al ruolo che dovrebbe svolgere

l’insegnante e a quello dello studente.

6 B

COMOGLIO M., Il Cooperative Learning e gli sviluppi della ricerca educativa, in L’educatore n.

6 2006/2007, pp. 29-34

Questo articolo mi è stato molto utile per la parte in cui si fa riferimento ai diversi concetti di

apprendimento sottesi al Cooperative Learning. L’autore fa riferimento in particolare al passaggio

dal cognitivismo al costruttivismo e all’affermarsi del concetto di apprendimento significativo.

7 B

DEMETRIO D. - FAVARO G., Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi,

Franco Angeli, Milano 2004

Questo libro contiene la storia di un’idea e di un approccio alle differenze culturali diffuso in

Europa e praticato in Italia da circa un decennio. L’ho preso in prestito alla biblioteca pedagogica e

l’ho utilizzato, in particolare, per i riferimenti alla didattica dell’integrazione fra differenze e

culture.

8 B

GOBBO F., Pedagogia interculturale. Il progetto educativo nelle società complesse, Carocci,

Roma 2000

Il volume, preso in prestito alla biblioteca pedagogica, affronta la questione della diversità nelle

società complesse, quindi il tema specifico dell’interculturalità nel contesto scolastico ed educativo.

L’ho utilizzato, tra l’altro, per i riferimenti all’apprendimento cooperativo come strategia di

intervento nei confronti della diversità percepita e valutata come subalternità.

SEZIONE C: INTERVENTO DIDATTICO

1 C

http://europa.eu/abc/index_it.htm

Mi sono ispirata alle informazioni di carattere generale contenute nel sito istituzionale dell’Unione

europea per compilare la prima parte (più sintetica) di ognuna delle schede paese utilizzate per

l’intervento didattico. Ho utilizzato inoltre questo sito per la predisposizione del file in power point

che è servito come conclusione dell’Unità didattica.

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18

2 C

http://www.rivelazioni.com/mm/bozzetto/eu-it.shtml

Da questo sito ho scaricato il video “Europei e italiani: differenze” di Bruno Bozzetto che mi è

servito nella parte iniziale dell’intervento didattico, per stimolare una prima discussione in classe.

3 C

KAGAN S., Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale, Edizioni Lavoro, Roma 2000

Testo utilizzato in parte durante il laboratorio sull’apprendimento cooperativo, mi è stato utile per

individuare la struttura di cooperative learning più adatta all’intervento didattico tenuto nel corso

del tirocinio.

4 C

D. JOHNSON - R. JOHNSON - E. HOLUBEC, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il

clima emotivo e il rendimento, Erickson, Trento 1996

Testo utilizzato in parte durante il laboratorio sull’apprendimento cooperativo, mi è servito per

individuare le fasi principali di svolgimento dell’unità didattica, fornendo una serie di indicazioni

sul ruolo dell’insegnante, nell’ambito dell’utilizzo di una didattica cooperativa.

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19

SCHEDA SINTETICA SUL MODULO DI TIROCINIO ATTIVO

Scuola media inferiore (crocettare) x

Scuola media superiore (crocettare) Tipologia di scuola (solo per la secondaria di 2°grado)

Caratteristiche della scuola

Presenza di barriere architettoniche NO Esistenza laboratori SI Esistenza di locali attrezzati per i disabili SI Esistenza di risorse, sussidi, materiali specifici per l’handicap SI Presenza e funzionamento effettivo del Gruppo H SI Esistenza di Funzioni Obiettivo specifiche SI Presenza di operatori (assistenti all’autonomia, operatori comunali…) SI

Progetti

Progetti specifici solo per allievi disabili (continuità verticale, laboratori, reti di sostegno…) SI

Se sì, breve descrizione: Esiste un “progetto continuità” volto a favorire il passaggio degli allievi disabili dalla scuola elementare alla scuola media. Tale progetto include scambi di informazioni, raccolta dati, raccolta materiali, stesura della relazione osservativa, ove richiesta, preparazione delle prove d’ingresso. La scuola partecipa inoltre alla rete "Centro I.D.E.A.", costituitasi presso l'I.T.C. Arduino con il fine di: operare per lo sviluppo della cultura dell'integrazione sul territorio e per lo sviluppo delle buone prassi; ottimizzare l'acquisto di strumenti e tecnologie per gli alunni disabili; realizzare acquisti territoriali che favoriscano lo sviluppo di reti, anche interistituzionali; garantire la massima utilizzazione degli strumenti acquistati. Progetti che coinvolgono anche i disabili (attività teatrali, laboratori) SI

Se sì, breve descrizione: laboratorio di nuoto

Disciplina/e e argomento/i su cui si è svolto l’intervento del tirocinante: Geografia - L’integrazione europea e le differenze culturali in Europa

Presentazione del caso

Documentazione (crocettare la documentazione esaminata)

D.F

P.D.F. x

P.E.I. x

Altri documenti esaminati..... - Tipologia di deficit: ritardo mentale lieve - Tipo di programmazione adottata: la stessa programmazione della classe, ma con obiettivi minimi

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Breve descrizione del/degli ambiti in cui l’alunno presenta le maggiori difficoltà (relazionale, comunicativo, cognitivo, ecc.):

Affettivo-relazionale (atteggiamento di sfida; mancato rispetto delle regole; atteggiamento di difesa; scarsa autostima) Comunicazionale e linguistico (lessico povero e incerto nella comunicazione orale; espressione scritta molto scorretta) Neuropsicologico (difficoltà di concentrazione e attenzione) Cognitivo (limitate capacità logiche; difficoltà nel riconoscimento dell’ordine d’importanza delle informazioni)

Indagine Analisi delle modalità di intervento attuate: tipologia degli interventi educativo/didattici da parte del docente accogliente, e/o degli insegnanti curricolari. La maggior parte degli interventi si svolge in classe, con lezione frontale. Gli alunni disabili o non certificati ma con difficoltà vengono riuniti in gruppi di quattro o 5 al massimo, presso un aula ad hoc, per approfondire con l’insegnante di sostegno alcuni aspetti della lezione o per ripetere alcune parti del programma più ostiche. Una volta alla settimana gli alunni cambiano di banco e di compagno, al fine di favorire una maggiore integrazione fra gli stessi. Infine diverse sono le uscite didattiche e i laboratori su temi specifici (es. ambiente) che favoriscono la maggiore attenzione dei ragazzi e sensibilizzazione a una serie di tematiche oltre che una maggiore collaborazione all’interno del gruppo classe. Materiali, sussidi, strumenti utilizzati dal docente accogliente per favorire l’integrazione dell’alunno e la sua partecipazione didattica e relazionale alla vita scolastica. Schemi, immagini, testi semplificati (in particolare quelli della Erickson). Il corsista, dopo la breve trattazione degli argomenti precedenti, indichi (nel caso sia coincida con il tirocinio svolto presso questa scuola) quale è stata la tematica oggetto di indagine da cui è partito per sviluppare il proprio Portfolio. L’approccio cooperativo come modalità d’integrazione delle diversità Tematica affrontata nel Portfolio: Cooperative Learning

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MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO CON L’ATTIVITA’

PROGETTATA

Nel modello teorico farò riferimento, da una parte alla patologia da cui è affetto il ragazzo rumeno

che ho osservato durante il tirocinio, ovvero un ritardo mentale lieve, dall’altra alla metodologia

didattica che ho deciso di utilizzare nell’intervento attivo in classe; infine sottolineerò gli stretti

legami che esistono tra il Cooperative Learning e la didattica interculturale applicata agli alunni

immigrati che frequentano le nostre scuole.

Ritardo Mentale

Il ritardo mentale, in particolare il ritardo mentale lieve (che rappresenta circa l’ 85% dei casi), è

una delle patologie più frequenti negli allievi certificati incontrati nelle nostre scuole. Spesso

associato ad altre patologie o disturbi, esso consiste in “una grave alterazione della mente che si

manifesta come una sindrome psichiatrica globale legata al difetto di sviluppo delle funzioni

astrattive della conoscenza e dell’adattamento”.4

Non essendo qui possibile trattare tutti gli aspetti legati al Ritardo Mentale (RM), ci limiteremo a

fornirne un quadro generale, soffermandoci sulle strategie di sviluppo delle funzioni cognitive e sul

concetto di ricuperabilità del RM, con particolare riferimento all’apprendimento scolastico.

In realtà, secondo alcuni autori sarebbe più corretto parlare di insufficienza mentale, in quanto il

soggetto non acquisirà mai, neanche “in ritardo” rispetto alla normalità dei casi, quelle funzioni che

in lui sono deficitarie e che nel corso della sua esistenza potranno se non altro essere compensate,

permettendogli in alcuni casi di tornare a una vita “quasi normale”. Secondo altri, invece, il

concetto di ritardo è più adatto in quanto metterebbe in risalto che siamo di fronte a una mancata

acquisizione e non a una perdita, come ad esempio nella demenza senile.5

Secondo la classificazione del DSM-IV sono tre i criteri per diagnosticare questo disturbo:

1) un funzionamento intellettivo al di sotto della media;

2) una limitazione del funzionamento adattivo in almeno due delle aree di capacità prestazionali

descritte (comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali interpersonali, uso

4 PFANNER P. - MARCHESCHI M., Il ritardo mentale. Capire e curare una grave malattia della mente, Il Mulino, Bologna 2005, pag. 9. 5 Cfr. FAGIANI M.B., Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva, Carocci Editore, Roma,2002, pp. 49-65.

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delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro,

tempo libero, salute e sicurezza);

3) Esordio prima dei 18 anni.

Sempre il DSM IV classifica il ritardo mentale in quattro forme:

- RM gravissimo (livello di Q.I. inferiore a 20-25)

- RM grave (livello di Q.I. tra 20-25 e 35-40)

- RM moderato (livello di Q.I. tra 35-40 e 50-55)

- RM lieve (livello di Q.I. tra 50-55 e 70)

Il Q.I. (Quoziente Intellettivo) misura l’efficienza intellettiva ovvero il rapporto fra Età mentale

(che rappresenta il livello di efficienza intellettiva relativo al livello di maturazione delle funzioni

cognitive di un soggetto) ed Età cronologica.

Tuttavia, a uno stesso livello di Q.I. possono corrispondere livelli di efficienza cognitiva e di

adattamento molto diversi tra loro.6 Da questo punto di vista, tale patologia ci richiama sempre di

più sul fatto che non bisogna cadere nel rischio di identificare un allievo con la sua disabilità, come

se questa fosse una categoria fissa e predeterminata, ma ogni soggetto disabile (anche a parità di

patologia) ha delle sue caratteristiche proprie, delle sue reazioni e dei suoi modi di adattarsi

all’ambiente, che lo rendono unico, come è unico ogni essere umano. Inoltre, secondo alcuni autori

“quella del RM è una condizione esistenziale, un modo di essere dell’individuo, esito di una

malattia che ha alterato lo sviluppo del sistema nervoso centrale, oppure esito neurobiologico di

modalità e/o tempi di sviluppo particolare del patrimonio genetico, ma non una malattia in sé”.7

Ritardo mentale lieve

Il ritardo mentale lieve, da cui è affetto R., si manifesta con uno sviluppo psico-motorio normale o

poco ritardato, il linguaggio è appreso normalmente e non ci sono difetti evidenti. Infatti, questo

tipo di ritardo viene spesso diagnosticato in età scolare, quando il confronto con un pensiero più

astratto richiesto nelle prestazioni scolastiche, mette in rilievo le difficoltà di apprendimento e il

relativo insuccesso scolastico. Oltre alla capacità di astrazione, manca la capacità di compiere

operazioni logiche più complesse e il pensiero è piuttosto rigido e conformista. Il ritardo mentale

lieve è accompagnato spesso da deficit dell’attenzione. La scolarizzazione è possibile in questi

soggetti, anche se deficitaria e rallentata. E’ possibile inoltre raggiungere una sufficiente autonomia

6 Cfr. RUGGERINI C. – VEZZOSI F., Cosa vuol dire ritardo mentale, in L’educatore n. 11 2005/2006, pag. 36. 7 RUGGERINI C. – VEZZOSI F., op. cit., pag. 37.

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lavorativa ed economica. L’inserimento sociale (in famiglia, a scuola, con i coetanei) è abbastanza

buono, anche se di solito accompagnato da un’immaturità dal punto di vista affettivo. In questi casi

l’apporto pedagogico familiare e ambientale (specie quello scolastico) sono indispensabili ai fini di

un più efficace e continuativo recupero.8

Cause del ritardo mentale

Tra le cause del ritardo mentale9, che sono molteplici e complesse, si possono enucleare: cause

organiche, ereditarie ed acquisite (ad esempio alterazioni cromosomiche), fattori traumatici (es.

trauma da parto) ed infettivi (es. meningoencefaliti), fattori psico-affettivi, condizionamenti socio-

culturali.

Tuttavia, ancora ben poco si sa sullo sviluppo delle capacità intellettive e quindi sulla loro patologia

nel ritardo mentale, per cui quando si parla di fattori etiologici nel ritardo mentale si fanno delle

ipotesi che non sempre possono essere suffragate con un riscontro ben preciso. Né è da dimenticare

la costante pluricausalità che può incidere in maniera diversa sui soggetti con questa patologia.

Un tempo, i fattori ereditari erano ritenuti la causa più importante del ritardo mentale (tramite ad

esempio gli studi sui gemelli omozigoti ed eterozigoti e sulla familiarità del Q.I.); in un secondo

momento ci si è resi conto dell’importante influenza dei fattori socioculturali e pedagogici sullo

sviluppo intellettivo, per cui un ambiente più stimolante può incidere sullo stesso sviluppo del Q.I.

Fra i fattori sociali e ambientali sono stati inclusi le carenze socio-economiche della famiglia, le

condizioni di povertà, insicurezza, i rischi igienico-sanitari; quindi le carenze affettive,

l’abbandono, l’abuso; ancora la cultura dei familiari, il loro livello scolastico etc.

Recuperabilità: verso un nuovo concetto di salute

Dal momento che il ritardo mentale è un disturbo unitario dello sviluppo, occorre pensare a un

processo riabilitativo globale e non sporadico che abbracci tutte le funzioni, espressioni di

comportamento e tutto il mondo soggettivo del ragazzo affetto da ritardo mentale. Occorre

intervenire in primo luogo su quei processi che sono compromessi nel RM: favorire

un’elaborazione sempre più astratta dell’esperienza e costruire un mondo interno soggettivo distinto

dalla realtà esterna e oggettiva. Diverse possono essere le tecniche educative, che devono comunque

adattarsi all’età del soggetto. Ma l’obiettivo principale è il recupero dell’autonomia e

dell’indipendenza, finalizzato all’integrazione sociale.

8 Cfr. FAGIANI M.B., op. cit., pp.56-57. 9 Per un’analisi approfondita sulle cause del ritardo mentale cfr. PFANNER P. - MARCHESCHI M., op. cit., pp. 46-54; cfr. inoltre FAGIANI M.B., op. cit., pp.58-60.

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Per recuperabilità sociale si intende la possibilità di adattamento all’ambiente del soggetto con RM,

che ovviamente dipenderà anche dal livello di dotazione intellettiva.10

Sul concetto di ricuperabilità ha avuto un’influenza notevole il nuovo ICF (International

Classification of Functioning) emesso nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il quale

più che classificare le conseguenze delle malattie (come il precedente ICD-10) rappresenta una

classificazione della salute, sottolineando la relazione esistente fra funzionamento individuale

(attività e partecipazione), fattori ambientali e fattori personali. Da questo punto di vista, i livelli di

attività e di partecipazione di una persona con RM sono correlati alla qualità dei supporti sociali,

alle opportunità educative e alla qualità della cura. Quindi la qualità di vita delle persone con ritardo

mentale, e il loro maggiore o minore recupero, non sarà un dato fisso ma variabile nel tempo, a

seconda dei fattori di vulnerabilità o protezione personale e ambientale. La qualità della vita

dipenderà cioè dal livello effettivo di attività e partecipazione alla vita sociale realizzabile

dall’individuo concretamente, come accade anche per i soggetti non disabili. Con la differenza che,

nel caso di soggetti con RM, ci sono maggiori vincoli a fattori di protezione, vista la difficoltà di

queste persone di essere spontaneamente protagoniste del proprio cambiamento.11

Ritardo mentale e apprendimento

La vita di un soggetto con ritardo mentale è strettamente legata alle sue relazioni famigliari e

sociali: da questo punto di vista, quando si parla di apprendimento non ci si può riferire solamente

alla dimensione della disabilità cognitiva, che è strettamente legata all’apprendimento in ambito

scolastico e lavorativo.12 Lo sviluppo dell’intelligenza dei soggetti con ritardo mentale è il frutto di

un incontro tra potenzialità neurobiologiche e opportunità di esperienze incontrate. Inoltre, la

condizione del RM è molto eterogenea, sia per i diversi livelli possibili di disabilità cognitiva sia

per la frequente associazione con altri disturbi. I soggetti con ritardo mentale possono apprendere

nuove abilità e comportamenti in tutto l’arco della propria vita solo se hanno opportunità adeguate:

il Q.I. non è correlato a tipi di apprendimento pratici, sociali o personali (quelli che l’Unesco ha

definito nel suo rapporto imparare a fare, imparare a vivere insieme e imparare ad essere)13. Per

questo in età adulta le persone con ritardo mentale possono ottenere dei grandi miglioramenti nella

capacità di adattamento a compiti non strettamente connessi alla scolarizzazione.14 Da questo punto

di vista la scelta di una metodologia didattica come il Cooperative Learning, applicata a un allievo

10 Cfr. PFANNER P. - MARCHESCHI M. op. cit., pag. 89 e ss. 11 RUGGERINI C. – VEZZOSI F., op. cit., pag. 37. 12 Cfr. PFANNER P. - MARCHESCHI M. op. cit., pag. 99 e ss. 13 Cfr. infra 14 RUGGERINI C. – VEZZOSI F., op. cit., pag. 38.

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con ritardo mentale, può avere una grande efficacia, incidendo direttamente sulle sue abilità sociali

che sono meno compromesse di quelle cognitive. Ma sappiamo che allo stesso tempo le abilità

sociali, apprese attraverso il CL, possono incidere sullo sviluppo cognitivo.

Del resto “la conduzione di una classe in cui è inserito un allievo con ritardo mentale impone una

ristrutturazione dell’attività didattica. Le esperienze condotte al riguardo evidenziano che tali

ristrutturazioni non portano ad una didattica “speciale” quanto ad una didattica che si rivela

migliore per tutta la classe…Gran parte di tali innovazioni didattiche… sono riconducibili a tre

modalità fondamentali di conduzione della classe, fra loro complementari: insegnamento

individualizzato, insegnamento cooperativo, insegnamento metacognitivo”15

Il Cooperative Learning

Il Cooperative Learning (CL) come metodologia didattica ha ormai alle spalle molti anni di ricerca.

Se si volesse ricostruire la sua storia, si potrebbe partire dall’inizio del secolo scorso e passare in

rassegna il pensiero di alcuni pedagogisti, filosofi e psicologi: da John Dewey a Kurt Lewin, da

Jean Piaget a Lev Vygotsky, passando per Bruner, Shinner e Deutsch (anni ’60). Nello specifico lo

studio del CL parte dall’area della psicologia sociale e quindi dallo studio dell’interazione dei

gruppi. Arrivando ai ricercatori più recenti (dagli anni settanta in poi) possiamo citare fra i

principali sostenitori del Cooperative Learning: David & Roger Johnson (Learning Together and

Alone) Robert Slavin (Student team Learning), Spencer Kagan (Structural Approach), Elizabeth

Cohen (Complex Instruction) e in Italia Mario Comoglio.

Questi autori interpretano il metodo del CL in modo diverso, prevedendo diverse sfumature

nell’applicazione dei modelli didattici e delle tecniche operative previste di volta in volta. Tuttavia

hanno in comune l’idea che l’utilizzo di un approccio di tipo cooperativo sia quello più efficace nel

lavoro in classe e che esso dovrebbe esser esteso alla maggioranza se non alla totalità delle attività

didattiche che vi si conducono quotidianamente. Tra le varie definizioni che questi autori danno del

CL, possiamo ricordarne alcune: l'apprendimento cooperativo è, secondo i fratelli Johnson, “un

metodo didattico che utilizza piccoli gruppi in cui gli studenti lavorano insieme per migliorare

reciprocamente il loro apprendimento” laddove “cooperare significa lavorare insieme per

raggiungere obiettivi comuni”. Slavin, Cohen e Kagan lo definiscono come "un insieme di tecniche

di classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento e ricevono

15 www.ritardomentale.it

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valutazioni in base ai risultati conseguiti". Secondo il Comoglio si tratta di "Un metodo di

conduzione della classe che mette in gioco, nell'apprendimento, le risorse degli studenti”.16

Ancora, secondo Slavin, insegnare agli studenti a risolvere i conflitti è una delle componenti

primarie della formazione tramite il cooperative learning. Egli ritiene che la pedagogia cooperativa

sia particolarmente efficace nel migliorare i rapporti fra differenti culture ed etnie, quindi nel

favorire l'autostima, l'autocontrollo e il profitto negli studi.

Un altro aspetto sottolineato da Roger e David Johnson è il livello più elevato di ragionamento,

quindi lo sviluppo di nuove idee cui porta il lavoro cooperativo. Inoltre essi affermano che questa

metodologia facilita un maggiore trasferimento di quanto appreso da un contesto all’altro, rispetto a

quanto avviene con l’apprendimento di tipo competitivo e individualistico.

Kagan si è soffermato molto sulla struttura di lavoro del CL (non a caso il suo principale lavoro al

riguardo è intitolato “Approccio Strutturale”) al fine di favorire l’interdipendenza positiva fra gli

studenti, stimolare la partecipazione e la responsabilità individuale.

La Cohen parla del ruolo dell’insegnante come “ingegnere educativo” nell’ambito dei gruppi di

cooperative Learning e inoltre sottolinea l’efficacia particolare di questa metodologia nell’ambito di

classi molto eterogenee rispetto ai contenuti dell’apprendimento e alle diversità linguistiche. La

Cohen parla quindi di “Istruzione Complessa” come metodo che vede nel lavoro di gruppo la

possibilità di produrre il miglior apprendimento possibile, generando equità sociale e senso della

democrazia.

Infine, nelle sue più recenti pubblicazioni il Comoglio, oltre a mettere in relazione il Cooperative

Learning con un apprendimento di tipo significativo, che si contrappone alla conoscenza inerte, in

quanto volto a trasferire la conoscenza da un contesto all’altro, mette in luce gli aspetti di questa

metodologia legati allo sviluppo delle abilità sociali necessarie per far fronte alla società complessa

attuale, che ha messo in discussione lo stesso impianto metodologico della scuola.

Caratteristiche del Cooperative learning

16 Per un ampio excursus sulle origine storiche e sull’evoluzione storica del Cooperative Learning si rinvia al sito www.apprendimentocooperativo.it che contiene una ricca rassegna e bibliografia al riguardo.

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Il Cooperative Learning (o Apprendimento cooperativo) è definito talora come una metodologia

didattica, talora come una modalità di apprendimento da parte di un alunno, tramite la cooperazione

con i compagni di classe. Tuttavia, come sottolineano alcuni autori, è importante distinguere il CL

dal tradizionale lavoro di gruppo già utilizzato da molti insegnanti, che è caratterizzato dalla

mancanza di un’organizzazione strutturale e di caratteristiche fondamentali che sono proprie del

CL, quali: l’interdipendenza positiva fra i membri del gruppo, la responsabilità della leadership

condivisa fra tutti i suoi membri, l’instaurarsi di un’interrelazione positiva (o interazione costruttiva

diretta), l’insegnamento diretto delle abilità sociali (in particolare quelle relazionali) necessarie a

instaurare dei rapporti di collaborazione all’interno del gruppo, la valutazione non solo individuale

ma anche di gruppo. Nei gruppi tradizionali o spontanei, invece, ognuno si preoccupa di imparare

per se stesso (senza sentirsi responsabile dell’apprendimento altrui), vi è un solo leader che di solito

guida il gruppo, si dà maggiore attenzione ai livelli di apprendimento conseguiti che non alle

relazioni instauratesi fra i membri del gruppo, la valutazione è solo di gruppo e questo può

disincentivare la partecipazione adeguata di alcuni membri del gruppo che cercheranno così di

trarre un vantaggio dallo stesso.17 Quelli citati rappresentano i 5 elementi considerati da diversi

autori essenziali al fine della cooperazione all’interno del gruppo. Ma vi sono ulteriori

caratteristiche che contraddistinguono i gruppi di CL dai gruppi tradizionali: la formazione del

gruppo secondo criteri di eterogeneità anziché in maniera omogenea (ad esempio per livello di

prestazione) o causale, come avviene nel gruppo tradizionale; la possibilità per l’insegnante di

intervenire, dando un feedback rispetto al modo di relazionarsi dei membri del gruppo versus

interventi di mero recupero o pacificazione delle tensioni; l’autonomia del gruppo versus i continui

interventi dell’insegnante.

Ritornando alle 5 caratteristiche essenziali del CL18, proviamo a individuare alcuni degli elementi

più significativi che determinano l’efficacia di questa metodologia:

1) Interdipendenza positiva

E’ una caratteristica essenziale del Cooperative Learning, caratterizzata dal fatto che il gruppo

non può raggiungere un determinato risultato senza l’apporto di ogni suo componente. Il

successo del gruppo è dato da un vero e proprio lavoro di squadra e per questo a ognuno deve

essere attribuita una responsabilità specifica. Gli alunni imparano in questo modo che il

raggiungimento del profitto personale non è l’unica finalità del processo di apprendimento.

17 Cfr. COMOGLIO M., I gruppi di Cooperative Learning, in L’Educatore, n. 11 2005-2006, pp. 39- 41. 18 Su quelli che sono considerati gli elementi fondamentali del Cooperative Learning, cfr. fra gli altri IANES D., Didattica speciale per l’integrazione, ed. Erickson, Trento, 2001, pp.367-369.

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2) Responsabilità individuale e di gruppo

La responsabilità è individuale rispetto al ruolo che viene attribuito a ogni componente del

gruppo, mentre è collettiva rispetto agli obiettivi comuni e condivisi che devono essere raggiunti.

Questo comporta che ognuno deve essere messo in grado di conoscere la finalità generale del

lavoro di gruppo, i metodi da utilizzare e gli strumenti da adottare. Inoltre, ognuno deve essere

messo in grado di apportare al gruppo le proprie competenze specifiche. Questo aspetto è

strettamente legato a quello della valutazione che non a caso riguarda il singolo membro del

gruppo e il gruppo nel suo insieme.

3) Interazione costruttiva

L’interrelazione fra i membri del gruppo è l’elemento che, da una parte permette di raggiungere

l’obiettivo della conoscenza, dall’altro quello del superamento dei conflitti all’interno delle

relazioni instauratesi nel gruppo.19 La finalità di tale interazione è dunque lo scambio reciproco e

il sostegno e deve essere costruttiva cioè basata sulla fiducia reciproca e sull’accettazione

dell’altro. Questo vuol dire non ridicolizzare l’altro, non criticarlo in sé come persona ma

criticare le sue idee. Ciò spingerà, inoltre, le persone a esprimere con tranquillità le proprie

opinioni, senza temere di essere giudicati per questo. La condivisione delle risorse ma anche

delle paure all’interno del gruppo, nell’ottica di un reciproco sostegno, aiuterà a lavorare non

solo sugli obiettivi dell’apprendimento in sé (e sulle diverse discipline oggetto di studio) ma

anche sulla costruzione di relazioni positive, che potranno rivelarsi preziose nei momenti

difficoltà che gli allievi incontreranno nel loro percorso scolastico.

4) Abilità sociali

Nei piccoli gruppi occorre avere o sviluppare delle abilità sociali (prima di tutto la capacità di

relazione) senza le quali non è possibile attuare un vero e proprio Cooperative Learning. Molti

insegnanti pensano che le abilità sociali siano qualcosa di quasi innato negli studenti e che non

sia necessario spiegarle loro. Ma l’esperienza dimostra l’esatto contrario e del resto la mancanza

di abilità sociali è uno degli ostacoli principali, specie all’inizio di un percorso di apprendimento

cooperativo, a un proficuo lavoro di gruppo. La capacità di comunicazione, la capacità di

prendere decisioni, la funzione di guida, le strategie di soluzione positiva dei conflitti sono tutte

abilità sociali che si possono e si devono apprendere nei gruppi di lavoro cooperativo. Una

società competitiva e individualistica come quella attuale non facilita di certo l’apprendimento

19 Sugli strumenti di risoluzione dei conflitti e l’instaurazione di relazioni positive all’interno della classe cfr. FRANCESCATO D. - PUTTON A. - CUDINI S., Star bene insieme a scuola. Strategie per un’educazione socio-affettiva dalla materna alla media inferiore, Carocci editore, Roma 2007.

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delle abilità sociali e da questo punto di vista la scuola può diventare un importante anello di

congiunzione fra le storie individuali e la costruzione di una solidarietà collettiva. Le conoscenze

e abilità sociali ovvero relative alla gestione dei rapporti all’interno del gruppo devono essere

insegnate allo stesso modo in cui si insegnano le conoscenze e abilità disciplinari. Tuttavia, la

trasformazione delle abilità sociali in competenze sociali è un processo piuttosto lungo; si tratta

quindi di un risultato non raggiungibile nell’immediato ovvero all’inizio di un processo di

apprendimento cooperativo.

5) Autovalutazione di gruppo

Il gruppo deve essere messo in grado di autovalutare il proprio processo formativo, quindi

individuare gli elementi positivi e negativi delle proprie azioni, al fine di modificare alcuni

comportamenti che possono incidere sull’efficacia del lavoro di gruppo e di conseguenza

sull’apprendimento. La valutazione deve includere un monitoraggio durante il corso dei lavori e

una valutazione finale complessiva di tutto il processo. Oggetto di valutazione devono essere sia

i comportamenti individuali che quelli del gruppo nel suo complesso, anche rispetto ai risultati

raggiungibili da un punto di vista didattico. Come per l’apprendimento delle abilità sociali,

imparare ad autovalutarsi non è un fatto immediato ma un processo lungo che richiede la

mediazione dell’insegnante.

Il Cooperative learning, oltre che dai tradizionali lavori di gruppo si distingue anche da altre forme

di approccio collaborativo quali ad esempio le diverse forme di tutoraggio. Per tale motivo ovvero

per evitare confusione fra le diverse pratiche didattiche, alcuni autori ritengono che sia meglio

utilizzare la dizione di Cooperative Learning.20

Ma al di là delle definizioni è importante configurare il CL come “un ambiente di lavoro e una

strategia didattica” 21: infatti, se le teorie e le tecniche che sono alla base del CL possono variare

anche notevolmente a seconda degli autori, tutti concordano nel ritenere che l’elemento centrale sia

dato dalla effettiva ed efficace cooperazione fra gli alunni. La collaborazione tra alunni risulta

l’elemento centrale in tutte le tecniche che si basano sulla mediazione sociale come

l’apprendimento cooperativo: in tal modo si creano i presupposti per un’educazione efficace di tutti

gli allievi, compresi quelli che sono a rischio di dispersione, quelli che sono portatori di difficoltà e

bisogni speciali e quelli diversamente abili.

20 Cfr. COMOGLIO M. – CARDOSO M.A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning, Roma, LAS, 1996, pag. 14. 21 Cfr. MARTINELLI M., In gruppo si impara. Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei processi didattici, Ed. SEI, Torino 2004, pag. 66.

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Ruolo dell’insegnante e degli alunni

Il ruolo dell’insegnante e degli alunni si modificano non poco nell’applicazione di un metodo di

tipo cooperativo.22 In effetti l’insegnante continua ad avere un ruolo attivo ma diverso da quello

proprio dei metodi tradizionali di insegnamento/apprendimento: è importante il suo contributo nella

fase preliminare ovvero nella preparazione della lezione, affinché siano predisposte le ormai note

condizioni che rendono efficace un gruppo di CL; ma è importante il suo intervento anche nel corso

della lezione, specie al fine di osservare il gruppo (è opportuno che l’insegnante passi

continuamente fra i gruppi) e di intervenire, se necessario. In sintesi l’insegnante ha il compito di:

- formare i gruppi in maniera eterogenea;

- individuare i compiti;

- specificare gli obiettivi da raggiungere;

- insegnare le competenze sociali;

- stimolare l’impegno

- osservare il lavoro di gruppo

- valutare i singoli e il gruppo

Tutto ciò comporta che l’attenzione si sposti dalla cattedra all’aula intera e ciò da un punto di

vista didattico rappresenta sicuramente un cambiamento di prospettiva.

Quanto al ruolo degli studenti, il loro coinvolgimento nelle attività didattiche è molto più attivo

e responsabilizzante rispetto al proprio apprendimento. Inoltre gli studenti percepiscono

l’importanza di ogni membro del gruppo, quindi aumentano la fiducia in se stessi e l’autostima.

Infine essi imparano a praticare concretamente il principio di solidarietà. In definitiva i compiti

degli alunni possono essere così sintetizzati:

- partecipare attivamente al lavoro di gruppo, mettendo a disposizione ognuno le proprie

risorse;

- collaborare affinché si instaurino delle relazioni positive all’interno del gruppo;

- sentirsi responsabili del proprio apprendimento e di quello altrui;

- dividersi i compiti;

- sostenere le persone con maggiori difficoltà.

Di fatto il ruolo degli allievi coincide con la messa in pratica delle cinque caratteristiche

essenziali del CL che abbiamo analizzato sopra.

22 Al riguardo cfr. COMOGLIO M., I gruppi di Cooperative Learning,op. cit., pp. 40-41; MARTINELLI M., In gruppo si impara…op.cit., pp. 68-88.

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31

Cooperative Learning e bisogni educativi speciali

Coloro che sono a favore del CL ritengono che questo metodo sia fondamentale per gli studenti con

bisogni educativi speciali, come portatori di handicap, superdotati, appartenenti a minoranze

linguistiche e culturali, incidendo in positivo sul rendimento scolastico e favorendone

l’integrazione.23 Si tratta di una metodologia che rafforza la motivazione e da questo punto di vista

va maggiormente incontro a coloro che hanno necessità particolari, a volte frustrate dalla

tradizionale e quotidiana pratica dell’insegnamento che può risultare demotivante. Infine è

importante sottolineare che “l’apprendimento cooperativo migliora e rinforza le relazioni

interpersonali fra studenti “diversamente abili” e studenti normali”24. Infatti, quando la classe

assume un atteggiamento cooperativo anziché competitivo, gli studenti disabili possono contribuire

al successo del gruppo ed è più probabile che in questo modo siano da esso accettati. In presenza di

ragazzi con handicap, gli insegnanti dovrebbero tuttavia preoccuparsi di individualizzare

l’intervento nel senso di adattare le aspettative dell’allievo e i compiti richiestigli, in maniera

adeguata rispetto alle sue abilità e ai suoi bisogni specifici. Lo stesso Vygotskji25 sostiene che il

mettere insieme delle diversità, dal momento che ognuno è portatore di una diversità, offre la

possibilità a tutti di arricchirsi e da questo punto di vista molti autori ritengono importante che sia

rispettato il criterio dell’eterogeneità del gruppo di CL, anche se questo non impedisce di formare in

altri casi gruppi più omogenei, ad esempio per il raggiungimento di obiettivi specifici. In definitiva

la strategia di apprendimento cooperativo rappresenta la possibilità di offrire una risposta

personalizzata ai bisogni educativi di ciascuno e a maggior ragione a chi è portatore di bisogni

educativi speciali. La personalizzazione, che si contrappone all’individualismo, e l’integrazione

delle diversità sono occasioni di conoscenza e rispetto delle differenze, di lavoro comune e modalità

di trovare il proprio percorso individualizzato e personalizzato, in un contesto di solidarietà,

cooperazione e rispetto reciproco.26

Cooperative Learning e modelli di apprendimento

Le diverse ricerche condotte in ambito di CL hanno dimostrato una serie di effetti positivi sugli

studenti e anche sugli insegnanti: 23 Cfr. COMOGLIO M., Il Cooperative Learning e gli sviluppi della ricerca educativa, in L’educatore, n 6 2006-2007, pp. 29- 34. 24 COMOGLIO M., I gruppi di Cooperative Learning,op. cit., pag. 40. 25 Vygotskij ha definito e teorizzato l’importanza dell’esperienza del gruppo quale elemento facilitatore e catalizzatore dell’apprendimento del singolo a esso appartenente. Secondo l’autore, nel gruppo il soggetto può meglio usufruire di una “zona di sviluppo prossimale” che rappresenta “la distanza tra il livello attuale di sviluppo …..e il livello di sviluppo potenziale”. Cfr. al riguardo VYGOTSKIJ L., Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, Roma -Bari, Laterza, 1990. 26 Sui concetti di individualizzazione e personalizzazione cfr. MARTINELLI M., L’handicap in classe. Fra individualizzazione e programmazione, Ed. La Scuola, Brescia 1998.

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- un miglioramento dell’apprendimento e lo sviluppo di elevate abilità cognitive;

- una partecipazione attiva al processo di apprendimento;

- un successo psicologico che conduce all’autostima e stimola la motivazione;

- l’instaurarsi di relazioni positive e la promozione del rispetto reciproco;

- Il riconoscimento della diversità;

- lo sviluppo di abilità interpersonali;

- la capacità di risolvere i conflitti;

- una continua inversione dei ruoli fra studenti e insegnanti;

- una maggiore cooperazione fra i docenti.

Ma è importante chiedersi anche che tipo di apprendimento sottostà al Cooperative Learning. La

risposta non è univoca e dipende dalle sperimentazioni che i singoli docenti hanno fatto nelle

proprie classi di questa metodologia. Dipende quindi dalla diversa concezione che gli insegnanti

hanno dell’insegnamento e dell’apprendimento. Sicuramente il fatto di vivere in una società sempre

più complessa è uno degli elementi che hanno maggiormente inciso sulla riflessione relativa ai

modelli di apprendimento: attualmente c’è sempre più bisogno di sviluppare capacità di pensiero (e

quindi capacità critiche) elevate, capacità di collaborazione e capacità di apprendimento

indipendente e per tutta la vita. La società complessa ha richiesto il passaggio da processi di

apprendimento e insegnamento di tipo cognitivista, prevalenti negli anni settanta e ottanta, a

processi improntati al costruttivismo, per cui più che la differenza fra abilità, capacità e

competenze, è importante oggi sottolineare aspetti quali: il processo di elaborazione e scoperta

insito nell’apprendimento; la facilitazione dell’apprendimento tramite il lavoro e la ricerca di

gruppo condivisa; la costruzione delle conoscenze tramite processi di riflessione e autovalutazione,

quindi lo sviluppo di processi metacognitivi; infine la facilitazione dell’apprendimento tramite

attività autentiche ovvero legate al mondo reale. Infatti, una conoscenza non contestualizzata nei

problemi concreti e non acquisita con interesse da parte di chi apprende, finisce per diventare

“inerte” ovvero non utilizzabile nuovamente e non applicabile a nuove situazioni. 27 Questo avviene

quando l’insegnante ritiene che apprendere voglia dire sostanzialmente comprendere, quindi si

preoccupa di verificare che gli studenti sappiano “riprodurre” gli argomenti trattati, ponendo loro

domande sugli stessi. Ma, come sottolinea il Comoglio citando Perkins, l’apprendimento è qualcosa

di molto più complesso, in quanto avere appreso qualcosa non significa semplicemente saperla,

27 Cfr. COMOGLIO M., Il Cooperative Learning e gli sviluppi della ricerca educativa,op. cit.

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bensì ” pensare con ciò che si sa”28. Questa è la condizione che permette di sviluppare un

apprendimento significativo ovvero una conoscenza che può essere utilizzata facilmente e in modo

flessibile, applicandola in situazioni e contesti diversi. Il Cooperative Learning non produce

automaticamente un apprendimento significativo29, in quanto molto dipende dagli obiettivi che

l’insegnante si pone e dalle sue concezioni di insegnamento/apprendimento, ma sicuramente il CL,

in certe condizioni, può facilitare un processo di apprendimento significativo. Il concetto di

apprendimento significativo e autonomo, opposto a quello mnemonico e passivo, basato

sull'esperienza e capace di destare gli interessi vitali del soggetto che apprende, proviene dagli studi

di Carl Rogers, secondo il quale il sistema di istruzione centrato sulla persona e in un clima

favorevole favorisce un apprendimento più profondo, molto più di quanto non avvenga con il

metodo di insegnamento tradizionale. Ciò avviene perché nel processo è investita l'intera persona,

non solo a livello cognitivo ma anche emotivo. Del resto “l’apprendimento significativo viene

costruito molto più facilmente in un contesto collaborativo” laddove “ogni singolo alunno divenga

membro attento, accurato e prodigo di una comunità di apprendimento, in particolare capace di

autoregolare il proprio modo di pensare e di comportarsi”30. In una comunità di questo tipo è

importante che la responsabilità dell’apprendimento sia condivisa da professori e alunni.

La cooperazione come strumento efficace di mediazione

Alla luce delle considerazioni precedenti possiamo affermare che la mediazione, quale modalità di

gestione del rapporto insegnamento/apprendimento, è particolarmente efficace nell’ambito dei

gruppi di apprendimento cooperativo31. Infatti il ruolo del docente è di fondamentale importanza

nella gestione dei gruppi di apprendimento cooperativo ma allo stesso tempo non impedisce la

liberà espressività e il mettersi in gioco del gruppo classe, restando in parte il docente “dietro le

quinte”. Inoltre la mediazione può essere personalizzata e ciò favorisce lo sviluppo di una profonda

relazionalità fra le persone. La relazione permette di riconoscere l’altro, la sua soggettività e mette

in gioco la reciprocità: la soggettività non viene meno anzi è valorizzata nell’incontro con l’altro.

Certo, si tratta di un incontro/confronto non sempre pacifico che talora può sviluppare delle

28 PERKINS D., What is understanding?, in M.S. WISKE (a cura di), Teaching for understanding. Linking research with practice, CA: Jossey-Bass, San Francisco 1998 (pp.29-57) citato in COMOGLIO M., Il Cooperative Learning e gli sviluppi della ricerca educativa,op. cit. 29 Elaborato da Bruner, il concetto di apprendimento significativo viene poi ripreso da Ausubel, Rogers e altri autori. In particolare, per Ausubel occorrono due condizioni affinché un apprendimento possa essere significativo per l’individuo: che il soggetto in formazione ponga i nuovi apprendimenti in relazione con la struttura delle cognizioni preesistenti e che il materiale su cui opera possa avere collegamenti con le conoscenze già possedute. 30 MARTINELLI M., In gruppo si impara…op.cit., pag. 63. 31 Sul rapporto fra mediazione e cooperazione cfr. MARTINELLI M., Mediare le conoscenze, Ed. SEI Torino, 2008, pp. 28-35.

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conflittualità piuttosto accese. Ma anche la messa in atto di strumenti per la risoluzione dei conflitti

cognitivi è un elemento che favorisce lo sviluppo di relazioni autentiche32.

La reciprocità è assolutamente necessaria nel rapporto educativo e il rapporto interpersonale diventa

esso stesso uno strumento educativo e di mediazione.

La realizzazione dell’essere umano non può avvenire nell’isolamento: egli ha bisogno di essere

riconosciuto, apprezzato, amato e per fare tutto ciò ha bisogno di comunicare. Se è vero che la

conoscenza viene costruita individualmente, essa ha però bisogno di essere condivisa con gli altri:

l’apprendimento cooperativo, da questo punto di vista, favorisce la condivisione della costruzione

del percorso di conoscenza. Quanto più questo processo si verifica, tanto più l’azione di mediazione

è efficace. L’insegnante mediatore deve seguire il processo di cooperazione degli allievi che non

può essere lasciato allo spontaneismo. Nell’approccio cooperativo, mediatore non è solo

l’insegnante ma gli stessi allievi perchè LA RELAZIONE che si instaura fra di loro è centrale in

questo processo di apprendimento. La mediazione reciproca fra gli allievi deve essere allo stesso

tempo strutturata e non improvvisata, favorendo lo sviluppo di capacità critiche e di valutazione

funzionali all’apprendimento stesso. Ma una volta poste le condizioni per la sua realizzazione, essa

è sicuramente facilitata dal tipo di relazione che si instaura nel rapporto fra pari, dalla comunanza di

interessi e di esperienze di vita ma anche dalla somiglianza delle modalità di approccio

all’apprendimento, dal fatto di incontrare spesso le stesse difficoltà, infine dal condividere un

linguaggio comune o comunque più vicino rispetto a quello dell’insegnante.

Le abilità sociali come strumento di educazione alla cittadinanza.

L’insegnamento delle abilità sociali rappresenta uno degli elementi centrali del Cooperative

Learning, non solo al fine di ottenere un clima più favorevole all’interno dei gruppi e quindi

facilitare l’apprendimento, ma soprattutto al fine di sviluppare quelle attitudini che consentiranno

agli studenti di oggi di diventare dei buoni cittadini domani.

La prima considerazione da fare al riguardo è infatti che la relazione (la più importante abilità

sociale da insegnare agli studenti tramite il CL) è un elemento inevitabile e fondamentale dello

sviluppo di una persona: nessuno può restare isolato perché le relazioni rappresentano l’elemento

costitutivo di ogni organizzazione sociale e in qualche modo costituiscono la linfa vitale di ogni

società. Da questo punto di vista un ragazzo disabile o con difficoltà temporanee, che si trova in un

32 Su conflitto e cooperazione cfr. IANES D., Didattica speciale per l’integrazione,op. cit., pp.362-364.

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potenziale stato di emarginazione e isolamento, ha bisogno di un particolare sostegno nello sviluppo

di capacità relazionali che gli permettano di acquisire con il tempo “un posto nel mondo”.33

Insegnare le abilità sociali, e in primo luogo quella relazionale, significa preparare gli allievi a

diventare cittadini del proprio paese e del mondo, trasmettendo loro il concetto di solidarietà che

vuol dire essere “uniti, aperti e coinvolti”.34

Lo stesso rapporto Delors, elaborato dalla Commissione internazionale sull’Educazione per il

Ventunesimo secolo, istituita dall’UNESCO nel 1993, sottolinea come l’apprendimento sociale sia

uno dei quattro pilastri dell’educazione (gli altri tre sono: imparare a conoscere, imparare a fare,

imparare ad essere). Questi aspetti sono essenziali affinché l’educazione di un individuo sia per

tutta la vita, quindi non funzionale allo sviluppo di un determinato obiettivo (es. apprendimento di

una conoscenza specifica) ma allo sviluppo della persona nel suo complesso. Se la scuola di oggi

accogliesse in pieno questa ricca visione prospettata dal rapporto Delors, probabilmente le

metodologie didattiche attualmente applicate subirebbero una vera e propria rivoluzione.

L’apprendimento sociale ovvero l’”imparare a vivere con gli altri” indicato dal rapporto Delors è

considerato una forma di educazione che permette di evitare i conflitti, promuovere il rispetto degli

altri e delle loro culture. Al fine di seguire questo percorso occorre scoprire gradualmente l’altro e

fare esperienza di obiettivi comuni. Questo consentirà di insegnare la diversità e la differenza,

sottolineando ciò che accomuna più che ciò che divide; inoltre il lavorare insieme su dei progetti

significativi e concreti fanno passare le differenze e i conflitti in secondo piano. Da questo punto di

vista è importante che il metodo cooperativo sia insegnato fin dai primi anni dell’infanzia e in

questo la scuola può offrire un contributo fondamentale.35

Didattica Interculturale e dimensione cooperativa

Prima di affrontare il tema della didattica interculturale e dei suoi legami con la didattica

cooperativa, desidero fare una premessa. Mi occuperò qui di pedagogia e didattica interculturale

solo in maniera funzionale al discorso introdotto nella parte motivazionale del presente portfolio. La

mia indagine è partita, infatti, dalla considerazione della somiglianza che due situazioni di diversità,

quale quella di uno studente handicappato e di uno studente straniero (condizioni entrambe presenti

in R., l’alunno da me osservato durante il tirocinio attivo) possono avere soprattutto se

33 Il filosofo e antropologo tedesco Arnold Gehlen usa questa felice espressione per indicare una delle condizioni stesse dell’esistenza umana: cfr. al riguardo GEHLEN A., L’uomo, la sua natura e il suo posto nel mondo, Ed. Feltrinelli, Milano 1983. 34 MARTINELLI M., Mediare le conoscenze, op.cit., pag. 31. 35 Cfr. MARTINELLI M., In gruppo si impara…op.cit., pp. 91-93. Per la redazione di questa parte mi sono servita inoltre degli appunti presi durante il corso di pedagogia generale tenuto dalla proff.ssa Milani.

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contestualizzati in un luogo e in un percorso di apprendimento particolari come quello scolastico. In

fondo la scuola è un luogo di “simulazione”36 della vita reale, dove gli studenti imparano (o

dovrebbero imparare) a sviluppare quelle attitudini relazionali, fatte di scambio e di confronto

reciproco, di ascolto e di comprensione ma anche di conflitti e di superamento degli stessi, che poi

riprodurranno nel contesto sociale di appartenenza, nelle relazioni sociali future, determinando il

loro modo di essere o non essere cittadini di un mondo. Incontrare le differenze a scuola e

“affrontarle” vuol dire in qualche modo determinare le modalità di vita e di relazione future di

questi studenti. Se ci sono delle differenze che interrogano profondamente gli studenti e che li

“obbligano” a una riflessione, anche su se stessi, sulla propria identità e sulla propria cultura,

queste sono proprio quelle che la pedagogia individua nei “bisogni educativi speciali”.

Il discorso pedagogico interculturale, come quello della pedagogia speciale, sostengono entrambi

l’idea del “diritto alla differenza” ed entrambe cercano di individuare quelle strategie che possano

impedire la trasformazione di questa differenza in una posizione di subalternità.37

La scuola italiana, posta di fronte alla sfida della società multiculturale e multietnica ha dovuto in

qualche modo adattarsi, rivedere le proprie finalità, metodologie e strategie. Si può paragonare

questa “minirivoluzione”, anche se in piccola parte, a quello che è accaduto a seguito

dell’introduzione della legislazione sull’integrazione degli studenti disabili all’interno delle scuole

di ogni ordine e grado. Anzi, qualche autore sostiene che proprio il fatto che la scuola italiana

avesse già fatto un percorso di accoglienza degli allievi disabili, abbia facilitato lo stesso percorso di

integrazione degli alunni stranieri.38

Uno degli elementi che ha caratterizzato questo percorso, e che rappresenta un ulteriore elemento di

comunanza con le strategie di integrazione de disabili, è ad esempio il lavoro di coordinamento e di

rete con le altre agenzie educative presenti sul territorio, reso necessario dalle risposte da dare ai

nuovi bisogni di convivenza all’interno di una società plurale. Ancora, l’ottica interculturale ha

spinto la scuola a sforzarsi di creare un clima di accettazione e di dialogo, a introdurre nuove

modalità comunicative e didattiche, a mettere tutti nelle condizioni di agire, partecipare,

condividere e cooperare.

Fare entrare l’educazione interculturale nella scuola significa che le differenze culturali, le

conflittualità etc. diventano contenuti curriculari da affrontare sia sul piano cognitivo che su quello

36 Cfr. al riguardo E. Damiano, “L’insegnamento come azione”, in C. Scurati (a cura di), Realtà e forme dell’insegnamento, Brescia, La Scuola, 1990, pp. 23-31. Mi riferisco inoltre agli appunti di didattica generale presi durante il corso del prof. Castoldi. 37 Cfr. GOBBO F., Pedagogia interculturale. Il progetto educativo nelle società complesse, Carocci, Roma 2000, pag. 193 38 Cfr. al riguardo DEMETRIO D. - FAVARO G., Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi, Franco Angeli, Milano 2004, pag. 13.

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costruttivo e progettuale, significa cioè orientare lo studio non solo alla conoscenza ma anche allo

sviluppo di attitudini sociali.39 Da questo punto di vista mi sembra che ci siano dei forti punti di

contatto con la metodologia dell‘apprendimento cooperativo, la quale non si sofferma solo

sull’acquisizione dei contenuti disciplinari offerti dalle istituzioni scolastiche, ma cerca di

sviluppare quelle abilità sociali che sono alla base della stessa convivenza civile.

La scuola dell’interculturalità, come quella dell’integrazione40, è una scuola che lavora perché le

diversità siano riconosciute e legittimate, non isolate o assolutizzate. Uno dei rischi tipici del

relativismo assoluto, è infatti quello di arroccarsi sulla difesa di una certa identità culturale, senza

accettare che questa possa diventare oggetto e soggetto di confronto, dialogo, dialettica.41

Inoltre, la scuola dell’interculturalità e dell’integrazione non si limita a istruire (ovvero dare

conoscenze) e formare (costruire abilità e competenze) ma intende soprattutto educare, nel senso di

fare emergere dei valori capaci di motivare l’azione degli studenti e orientarne l’attuale e futura

condotta.

Allo stesso tempo le modalità di insegnamento devono tendere a realizzare il potenziale educativo

di ciascuno, nella consapevolezza che la diversità pone anche la questione dell’equità. In questi

anni, in particolare a partire dagli anni ’90 42 in poi, le scuole italiane hanno messo in atto diverse

forme di intervento didattico interculturale che hanno riguardato per lo più la storia e la cultura dei

paesi d’origine dei nuovi alunni e l’apprendimento dell’italiano come seconda lingua, incidendo su

quel processo relazionale che è parte dell’educazione interculturale. Ma l’intervento educativo

attuato ha cercato anche di promuovere un diverso modo di apprendere, ad esempio attraverso il

lavoro di gruppo, che a sua volta ha portato a riflettere sulla questione della diversità nelle

dinamiche relazionali. Rivolta alle classi eterogenee, questa strategia che pone l’attenzione sulle

diversità e sull’impegno dell’equità è stata definita da Elisabeth Cohen “istruzione complessa”,

avendo consapevolezza del fatto che “ogni dimensione della diversità …può comportare un

problema di status che si riflette sulle aspettative degli insegnanti riguardo al rendimento scolastico

dei propri alunni”43 e che le aspettative degli insegnanti a loro volta incideranno sulle aspettative

degli alunni nei propri confronti e nei confronti degli altri compagni. La creazione di rapporti

39 Cfr. GOBBO F., op. cit., pp. 72-74. 40 L’integrazione è qui intesa come integrazione degli allievi disabili nella scuola, ma non a caso lo stesso termine viene utilizzato, quando ne è sottolineata l’accezione positiva, nel senso di accoglienza degli stranieri all’interno della propria cultura e società. 41 Cfr. FISCHER L., Lineamenti di sociologia della scuola, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 67-77. 42 E’ con l’inizio degli anni ’90 che appaiono le prime circolari ministeriali emanate per dare indicazioni alla scuole sui problemi dell’integrazione degli alunni stranieri nelle classi. Mentre è da sottolineare che già a partire dalla fine degli anni ’70, specie a seguito di una serie di dichiarazioni di principio e Convenzioni emanate da organismi internazionali ed europei, si afferma l’idea di una pedagogia interculturale. Cfr. al riguardo DEMETRIO D. - FAVARO G., Didattica interculturale, op. cit., pag. 12 e ss. 43 GOBBO F., op. cit., pag. 214.

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informali fra gli studenti di classi eterogenee permette una migliore socializzazione e integrazione

della classe, laddove i compagni sono considerati delle risorse nel processo di apprendimento.

Tuttavia, se l’attività didattica è incentrata sulle capacità cognitive tradizionalmente richieste dalla

scuola (es. abilità di lettura e comprensione testi, abilità nell’analisi di problemi) anziché su altri tipi

di abilità (es. grafiche, visive, spaziali, manuali) il rischio è che il lavoro di gruppo non sia sempre

efficace. Se invece sia l’insegnante che gli studenti riconoscono l’esistenza di una pluralità di

intelligenze44 o abilità, riconosceranno che nessuno possiede tutte le abilità necessarie per realizzare

un compito e che quindi sarà importante il contributo di ognuno per raggiungere un determinato

obiettivo, creando quella situazione di interdipendenza e di condivisione su cui si basa l’attività di

cooperazione. Questa metodologia permette altresì di valorizzare gli studenti più deboli o isolati,

suggerendo che l’identità culturale è solo uno dei tanti aspetti in cui si presentano le diversità e

identità attuali. Tale discorso è facilmente estendibile alle situazioni di diversità che caratterizzano i

ragazzi disabili: quando parliamo in proposito di riduzione dell’handicap, possiamo riferirci sia alle

forme di handicap generate dall’impatto della propria diversità culturale sulla realtà, sia alle forme

di handicap rappresentate dall’impatto della propria diversità fisica e/o intellettiva sul mondo

esterno.

Cittadino straniero e disabile: due volte diverso

Se lo status dell’immigrato è considerato già di per sé inferiore e comunque diverso e pertanto

meritevole di un trattamento diverso, ancora più problematica risulta essere la situazione

dell’immigrato disabile, dove un’altra forma di diversità e di disagio sociale si aggiunge a quella

precedente.45 Non è una situazione così poco diffusa, visto che molti migranti lasciano il proprio

paese non solo alla ricerca di un lavoro, ma anche di una cura per se stessi o per un membro della

propria famiglia46. Come sottolineato da una ricerca inglese, le principali difficoltà di chi vive il

“doppio svantaggio” di essere un immigrato con disabilità, sono legate all’accesso ai servizi sociali,

in primo luogo a causa delle barriere linguistiche, aggravate dall’isolamento culturale in cui queste

persone vivono. Spesso queste persone sono portatrici di bisogni non espressi e non soddisfatti

(anche perché non riescono a reperire le informazioni necessarie che già un cittadino del paese di

accoglienza può avere difficoltà a reperire, specie se in una situazione di svantaggio socio-

44 Immediato è il riferimento a Gardner e alla sua teoria delle intelligenze multiple: cfr. GARDNER H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano 1994. 45ARGIROPOULOS D., Il doppio svantaggio. Cittadini stranieri e disabili, in HP- Accaparlante, n° 2 2007, pp. 39-43. 46 Si pensi ad esempio alle menomazioni fisiche generate dai conflitti in alcuni paesi sottosviluppati, da cui provengono forti ondate migratorie verso il continente europeo, o si pensi allo stato di degrado del sistema sanitario in quegli stessi paesi.

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economico). La mancanza di conoscenza o la mancanza di accesso alla conoscenza è una delle

principali difficoltà tra gli immigrati disabili. Queste considerazioni dovrebbero portare a progettare

una diversa impostazione di politica sociale, sia a livello europeo che universale, che tenga conto

delle identità multiple di cui un soggetto può essere portatore.47 Così come nella scuola si fa

riferimento all’espressione unificante di “bisogni educativi speciali”, che tiene conto dell’unicità e

unità della persona, pur tra le tante diversità che la compongono. Vengono in mente, inoltre, due

esperienze significative: quella dell’Associazione multietnica per l’integrazione delle persone

handicappate del Québec, fondata da un gruppo di genitori di bambini di origine italiana, negli anni

’80, con il fine di integrare le persone handicappate provenienti da diverse comunità culturali48; e

quella della rete informativa costituitasi in Filanda, Svezia e Danimarca (con il supporto

dell’European Disability Forum) tra associazioni che si occupano di immigrazione e disabilità.

Tutto questo porta a riflettere sui possibili cambiamenti istituzionali necessari a una maggiore

inclusione delle persone con appartenenze differenti, che generano spesso situazioni di svantaggio

sociale o emarginazione. E porta a riflettere sui possibili contributi di un’istituzione come quella

scolastica che in parte ha già sperimentato e sta sperimentando nuovi approcci educativi e didattici

alle diversità. Del resto la stessa legge 104 del 1992 - che definisce “individuo handicappato” colui

che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale che è causa di difficoltà di

apprendimento, di relazione o integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio

sociale o emarginazione - ha introdotto delle nuove pratiche educative finalizzate alla riduzione

delle situazioni di handicap e incentrate sulla cura della persona nella sua totalità e sulla sua

integrazione nei diversi luoghi di vita e di socializzazione.

47 Cfr. RUBBI M., L’uomo a due dimensioni: esperienze e problemi degli immigrati con disabilità, in HP- Accaparlante, n° 2 2007, pp. 56-59. 48 Cfr. CANEVARO A. Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap, op. cit. pp. 112-122.

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COLLEGAMENTO CON L’ATTIVITÀ PROGETTATA

Nel progettare il mio intervento didattico, sono partita da alcune della considerazioni che ho

espresso nel modello teorico di riferimento ed ho cercato di sintetizzarle nella scelta di una

metodologia e di una tematica che in qualche modo esprimessero una coerenza rispetto a tale

modello, rappresentando un tentativo di attuazione di alcuni dei principi o delle intuizioni già

espresse. Mi riferisco in modo particolare alla scelta del Cooperative Learning come strategia

didattica e alla tematica delle differenze culturali in Europa, oggetto del mio intervento didattico. La

metodologia di tipo cooperativo, come sottolineato da diversi autori, favorisce l’apprendimento

scolastico ma anche la motivazione negli studenti con bisogni educativi speciali, attivando la “zona

di sviluppo prossimale” di questi studenti, valorizzandone le risorse individuali e sviluppando un

elevato livello di interazione.

Ma vorrei sottolineare due ulteriori aspetti che hanno influenzato la mia scelta didattica: la

metodologia del CL è indicata come particolarmente adatta per i ragazzi affetti da ritardo mentale,

in quanto volta a sviluppare quei tipi di apprendimento pratici, sociali e personali che sono meno

compromessi in questi ragazzi, favorendone quindi un miglioramento delle capacità di adattamento

a compiti e situazioni non strettamente connessi a capacità di tipo cognitivo, legate principalmente a

un apprendimento di tipo scolastico. Il CL, e più in generale una metodologia di tipo cooperativo, è

inoltre indicato come particolarmente adatto nell’ambito di una pedagogia interculturale volta a

“decostruire, attraverso l’esercizio di una reciprocità conoscitiva e della cooperazione, gli stereotipi

e i pregiudizi”.49 Il processo di confronto e di scambio reciproco che sono alla base dell’educazione

interculturale si intrecciano con gli elementi costitutivi propri del Cooperative Learning che non a

caso insistono sull’aspetto dell’interdipendenza positiva, dell’interazione costruttiva e della

responsabilità reciproca. Il modello “integrativo, interculturale, attento al riconoscimento e alla

valorizzazione delle lingue, culture, diversità”50 è alla base delle scelte pedagogiche dell’educazione

interculturale, ma in buona parte anche di quelle proprie della pedagogia speciale. Da questo punto

di vista mi è sembrato che il metodo cooperativo fosse particolarmente adatto a uno studente come

R., che è portatore di “diversi” bisogni speciali, rispetto ai quali l’approccio utilizzato può essere

molto simile.

Anche l’argomento scelto va nella stessa direzione: non a caso, il tema delle differenze culturali è

stato alla base delle principali scelte della didattica interculturale, così come sviluppatasi all’inizio

degli anni novanta nel nostro Paese. Mi interessava, al riguardo, stimolare gli studenti della classe in

cui ho svolto il tirocinio a una riflessione sul concetto di diversità, come differenza e come

ricchezza. E il paradigma dell’Unione europea, che è nata e si è sviluppata sulla base degli stessi 49 DEMETRIO D. - FAVARO G., Didattica interculturale, op. cit., pag. 40. 50 Ivi, pag. 44.

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presupposti e sulla necessità di un’integrazione politica, economica e sociale, mi è parso

particolarmente calzante rispetto al mio intervento.

Un’ultima considerazione: non posso affermare di avere applicato il metodo dell’apprendimento

cooperativo nella classe in cui ho svolto il tirocinio: sarebbe stato impossibile, in considerazione dei

tempi limitati ma anche del ruolo da me svolto all’interno di quella classe. Pertanto mi è sembrato

più corretto parlare, anche nella scelta del titolo del portfolio, di “approccio cooperativo” che in

qualche modo apre la strada ad una applicazione effettiva e completa del Cooperative Learning, il

quale richiede tempi molto lunghi di sperimentazione e sviluppo di competenze specifiche.

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DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE

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INTERVENTO DIDATTICO

Ho realizzato il mio intervento didattico a seguito di un’attività di osservazione della classe in cui

ho svolto il tirocinio, quindi dopo aver lavorato in piccoli gruppi con R., il ragazzo certificato su cui

ho svolto il mio intervento, infine dopo aver concordato con il docente accogliente e con il docente

curriculare la tipologia di intervento, anche sulla base delle mie esperienze e competenze.

1) Attività di osservazione

La prima parte del tirocinio attivo si è concentrata, a seguito di un primo incontro con il

dirigente scolastico e con il docente accogliente, su un’attività di osservazione della classe in cui

sono stata inserita. L’avere svolto il tirocinio "attivo" nella stessa scuola in cui avevo svolto il

tirocinio "osservativo", mi ha permesso di relazionarmi con maggiore facilità alla classe, e in

particolare all’allievo disabile con cui ho lavorato, dal momento che avevano già imparato a

conoscermi e non avvertivano la mia presenza come estranea. Un altro elemento che ha favorito

la mia osservazione era dato dal fatto che, durante il corso Sis, avevo già seguito la prima parte

del laboratorio sulle “tecniche di osservazione” con il prof. Longobardi e quindi avevo una

maggiore cognizione di quali potessero essere gli strumenti da utilizzare e gli elementi su cui

soffermare maggiormente la mia attenzione. Non mi sono avvalsa di check-list specifiche, anche

in considerazione del poco tempo a disposizione e del fatto che desideravo che la mia presenza

in classe venisse avvertita come il più normale possibile. Inoltre, spesso i docenti mi hanno

chiesto di sostenere alcuni alunni durante le ore di lezione e l’essere direttamente coinvolta in

alcune attività mi avrebbe impedito di svolgere un’osservazione sistematica e dettagliata. Perciò

ho deciso di avvalermi di un’osservazione di tipo spontaneo e di annotare, subito dopo ogni

incontro, gli elementi che avevo ritenuto maggiormente rilevanti ai fini del mio successivo

intervento didattico. Qui mi limito a sottolineare che il rapporto di R. con la classe, rispetto

all’anno scolastico precedente, è già cambiato: il ragazzo ha acquisito una maggiore sicurezza

(cosa che ho potuto notare anche durante i lavori di gruppo) e questo ha avuto dei riflessi

immediati nelle sue relazioni sociali. Non mi erano state dette molte cose di R., se non che si

tratta di un ragazzo con ritardo mentale lieve e che ha delle difficoltà soprattutto di tipo

caratteriale, che si alterna fra una chiusura in se stesso e atteggiamenti di sfida e spavalderia

verso docenti e compagni; quindi delle difficoltà linguistiche legate anche al fatto che provenga

da un altro paese, la Romania, e che si trovi soltanto da alcuni anni in Italia. Dalla lettura del

PDF e del PEI si deducono una serie di altri elementi sulle capacità cognitive di R. che sono

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facilmente osservabili in classe e nei lavori di gruppo: ad esempio ha delle capacità logiche

limitate; ha difficoltà a ordinare gerarchicamente, ovvero per ordine di importanza, le

informazioni raccolte ad esempio in un testo; ha difficoltà di attenzione e di concentrazione per

lunghi tempi. Ho notato che durante le attività di classe l’insegnante di sostegno interviene

costantemente proprio per mantenere alto il suo livello di attenzione e R,. spinto

all’esasperazione da questo “controllo” che avverte come eccessivo e ingiustificato, risponde al

compito richiesto pur di poter tornare al suo tranquillo e felice isolamento. Anche l’insegnante

curriculare stimola gli interventi e la partecipazione di R., che mostra apertamente soddisfazione

nell’essere coinvolto e nel “fare bella figura” davanti alla classe, quando conosce le risposte

giuste. Ho assistito ad alcune verifiche, semplificate con l’aiuto dell’insegnante di sostegno, e so

che in alcuni casi, ad esempio in matematica, R. è riuscito a ottenere buoni voti, anche rispetto

al resto della classe, e a fare progressi enormi.

2) Lavoro di gruppo con R.

Sicuramente il lavoro svolto in gruppo, con l’insegnante di sostegno, ha influito molto sul

miglioramento del ragazzo. R. ha maggiore facilità a lavorare in piccoli gruppi sia perché riesce

a esprimersi con minori difficoltà linguistiche, sia perché non è tenuto a rispettare i tempi

stringenti del lavoro di classe che richiede spesso risposte rapide e immediate. Ho notato che

l’insegnante di sostegno rimprovera tantissimo R., perché ha capito che una parte della sua

incapacità è dovuta a una latente pigrizia e che egli a volte approfitta del fatto di sapere di avere

un “trattamento di favore”. L’insegnante gli fa ripetere oralmente o scrivere alcuni concetti o

frasi fino allo sfinimento, ma i risultati positivi sono evidenti e anche la soddisfazione di R. per

aver raggiunto il risultato richiesto. R. non ha in generale molto interesse per le materie trattate a

scuola e anche da alcune conversazioni avute con lui mi sono resa conto che il suo livello

culturale è molto basso rispetto a quello dei compagni: da quanto ho potuto apprendere perché

non riceve molti stimoli positivi in famiglia. Anche per questo è molto difficile attirare la sua

attenzione e motivarlo al lavoro, che concepisce come un mero dovere di cui liberarsi al più

presto per poter avere del tempo libero a disposizione.

3) Progettazione dell’intervento didattico

Ho pensato a lungo a quale tipo di intervento realizzare in classe e a quale metodologia

utilizzare e non è stato per me del tutto facile, anche perché sono abituata a lavorare con dei

ragazzi di scuola media superiore e temevo che il linguaggio da me utilizzato fosse troppo

complesso o che gli argomenti trattati potessero non interessarli. Mi è sembrato che la tematica

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per me più semplice dovesse essere legata ai miei studi precedenti, sebbene questi non abbiano

molte relazioni con le attività didattiche di una scuola media inferiore. Inizialmente avevo

proposto alla docente accogliente di trattare un argomento legato all’educazione civica, ma ben

presto mi ha fatto intendere che non si trattava di una tematica molto adatta. Quindi le ho

proposto un argomento relativo all’integrazione europea, tema legato alla mia specializzazione

in diritto europeo e alla mia esperienza lavorativa precedente: la docente accogliente mi è

sembrata molto più entusiasta di questa tematica e mi ha suggerito di preparare un lavoro che

sottolineasse, anche in maniera creativa e attraente per gli alunni, le differenze culturali in

Europa. Ne abbiamo discusso con la docente curriculare, durante le cui ore di geografia era

previsto che svolgessi l’intervento, la quale ha accolto con molto favore l’idea e mi ha chiesto di

preparare del materiale che riguardasse una serie di paesi europei che potessero coprire diverse

aree geografiche, rientrassero fra i paesi meno conosciuti e studiati dai ragazzi e soprattutto

facessero parte anche dei paesi della “Nuova Europa” ovvero di quella orientale. Dopo una serie

di valutazioni, abbiamo concordato di scegliere i seguenti paesi: Austria, Belgio, Bulgaria,

Finlandia, Germania, Grecia, Gran Bretagna, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca,

Romania. Ho strutturato ogni scheda paese in modo da contenere nella prima parte informazioni

di carattere generale e nella seconda parte curiosità o aspetti particolari legati agli usi e ai

costumi di quel paese e nello specifico: i luoghi comuni, le tradizioni locali legate a eventi e

festività come Natale, Carnevale etc., le abitudini culinarie, i personaggi famosi, alcuni aspetti

linguistici. Ogni scheda era corredata da diverse fotografie in modo da attirare maggiormente

l’attenzione dei ragazzi. Si è trattato di un lavoro molto lungo, anche perché non è sempre stato

facile reperire tutte le informazioni che cercavo, secondo lo schema da me adottato, ma ho

pensato che se la sperimentazione fosse andata bene, questo materiale avrebbe potuto essere

utilizzato dalla docente curriculare anche per le lezioni successive, inaugurando magari una

nuova modalità di lavoro.

Abbiamo quindi concordato le modalità e i tempi dell’intervento, incentrando la metodologia

didattica sull’apprendimento cooperativo, di cui le docenti sembravano entusiaste. L’ho scelto

tra le diverse metodologie studiate durante il corso Sis per diversi motivi: mi sembrava il più

adatto sia sulla base dell’osservazione effettuata su R., in particolare rispetto alle sue modalità di

lavoro in gruppo, sia perché avevo iniziato a leggere una serie di contributi sugli effetti positivi

del CL rispetto agli allievi disabili, in particolare con ritardo mentale, e agli alunni appartenenti

a culture diverse; infine perché ritenevo fosse la metodologia più adatta da utilizzare in una

classe che non mi “riconosceva” direttamente come la propria insegnante ma con cui avevo già

realizzato positivamente dei piccoli lavori di gruppo. Per questo intervento abbiamo deciso di

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far lavorare i ragazzi in coppie, con l’attribuzione a ogni coppia di una scheda paese della quale

studiare e analizzare, da una parte le caratteristiche principali, dall’altra alcuni aspetti particolari

della cultura di quel paese, da selezionare (fra le tante informazioni a disposizione) dopo ampia

discussione. Per stimolare ulteriormente la loro attenzione, ma anche per facilitare il loro lavoro,

l’intervento è stato realizzato nel laboratorio di informatica: su ogni Pc è stato installato il cd-

rom da me precedentemente preparato, con le 12 schede paese51. Ogni coppia di ragazzi (in tutto

erano 24) ha potuto lavorare sul proprio Pc e riportare in assemblea i risultati del proprio lavoro.

Nel frattempo avevo reperito su Internet un filmato molto ironico sulle differenze culturali fra

italiani ed europei che è servito da input all’intervento didattico ovvero ad aprire la discussione

iniziale. L’intervento si è chiuso con la presentazione di un power point sull’integrazione

europea52: inizialmente avevo pensato di premettere questa presentazione ai lavori di gruppo,

poi ho ritenuto che sarebbe stato molto più utile, da un punto di vista didattico, che i ragazzi

partissero dalla propria esperienza e dal confronto sui paesi studiati, per guidarli

successivamente a un discorso più generale sull’appartenenza di questi paesi all’Unione europea

e sul suo significato concreto.

Allegato 0

4) Realizzazione dell’intervento didattico

Premessa metodologica

Rispetto alla tipologia di lavoro da utilizzare nell’ambito della metodologia del cooperative

learning, mi sono ispirata in parte a una delle strutture indicate da Kagan nel suo “Structural

Approach”53 ovvero il “Think, pair, share” qui di seguito sintetizzato. Ma ritengo importante

sottolineare che un’applicazione effettiva ed efficace di questa metodologia, come ho potuto

verificare nella mia esperienza, richiede molto tempo. Questo soprattutto all’inizio ovvero in una

classe non abituata a lavorare con queste modalità. Per tale motivo preferisco parlare, nell’ambito

del presente lavoro, di “approccio” cooperativo più che di metodologia, i cui tempi di applicazione

e sperimentazione sono molto più lunghi. Ciò nonostante ritengo l’esperienza di tirocinio fatta al

riguardo molto valida e sicuramente indicativa di un percorso di lavoro da seguire.

51 Cfr. Allegato II 52 Cfr. Allegato III 53 KAGAN S., Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale, Edizioni Lavoro, Roma 2000.

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3. Think, pair, share Materiali: - nessuno Procedimento: 1. L’insegnante pone una domanda o un problema. Ogni studente pensa individualmente. 2. Gli studenti si mettono in coppia e discutono le loro idee. 3. Singoli studenti vengono chiamati per condividere le risposte di coppia o le risposte del partner con l’assemblea. Scopi: - Condividere un’idea; - Ascoltare attentamente; - Chiedere chiarimenti.

Tratto da Structural Approach (M. Kagan)

Fasi e tempi

L’intervento didattico si è realizzato in 4 incontri, ognuno di tre ore, in parte in classe, in parte nel

laboratorio di informatica ed ha coinvolto i 24 alunni della classe in cui ho svolto il tirocinio attivo,

divisi in gruppi da due.

Obiettivi

La finalità generale dell’intervento in classe era quella di: stimolare gli allievi alla conoscenza di

nuove culture e paesi; utilizzare una metodologia diversa che li spingesse a una maggiore riflessione

sulle proprie modalità di apprendimento oltre che allo studio degli argomenti trattati; imparare a

lavorare in maniera collaborativa anziché competitiva.

Gli ulteriori obiettivi specifici per R., definiti anche sulla base del raccordo con il PEI, erano i

seguenti:

- recuperare maggiore fiducia in se stesso

- sviluppare le proprie capacità di espressione linguistica, superando l’inevitabile imbarazzo

di parlare davanti a tante persone

- imparare a collaborare con i propri compagni e ad instaurare delle relazioni positive

- stimolare la sua motivazione, provocando un maggiore interesse per gli argomenti studiati

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Modalità di realizzazione

- L’intervento è iniziato con la visione di un filmato di Bruno Bozzetto54 che illustra in

maniera ironica, con una grafica molto creativa e una musica coinvolgente, le differenze

culturali fra italiani ed europei. La durata del filmato è stata di circa sette minuti, dopodiché

si è aperta una discussione con il gruppo classe, stimolata anche da alcune mie domande. I

ragazzi si sono confrontati sui luoghi comuni espressi dal filmato e infine hanno convenuto

che alcuni di questi, anche se estremizzati nella loro rappresentazione, corrispondono in

parte alla realtà. Hanno quindi messo in luce gli elementi positivi e quelli negativi legati alla

nostra cultura.

- In seguito a questo piccolo dibattito ho diviso gli allievi, con l’aiuto della docente

accogliente e della docente curriculare, in gruppi di due, invitandoli a sistemarsi presso i PC

disponibili nel laboratorio. Li ho invitati ad aprire la cartella presente sul loro desktop e a

scegliere un paese per gruppo. Dopo un po’ di confusione e di discussione, anche con l’aiuto

delle docenti, è stato trovato un accordo e ogni gruppo ha aperto il file relativo al proprio

paese. Ho spiegato loro la struttura della scheda e il compito: alla fine del lavoro di gruppo

dovevano essere in grado di avere delle informazioni di carattere generale sul paese

prescelto, ma anche di indicare le curiosità che li avevano colpiti maggiormente e le

differenze rispetto alla nostra cultura, per poi esporre al resto della classe (tramite cartelloni

o illustrazione alla lavagna o semplice esposizione orale) quanto appreso. Ho spiegato loro

che dovevano confrontarsi a coppia, senza prevaricarsi l’un l’altro e che la scelta sugli

argomenti da trattare doveva essere fatta di comune accordo, trovando una soluzione che

accontentasse entrambi.

- Durante il lavoro di coppia, io e le altre due docenti giravamo tra i ragazzi, anche per

rispondere alle loro domande o richieste di chiarimenti sia sul testo studiato che sulle

modalità di lavoro. Il primo incontro è stato dedicato esclusivamente allo studio del proprio

paese. Nei due incontri successivi ogni gruppo ha esposto davanti alla classe i risultati del

proprio studio, mentre gli altri scorrevano sul proprio PC le informazioni relative al Paese

oggetto di intervento; alla fine di ogni esposizione era lasciato del tempo per la discussione

di classe o perché gli altri potessero fare delle domande alla coppia di allievi che esponeva

l’argomento.

54 Cfr. Allegato I

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Valutazione e conclusione dell’intervento

- L’ultimo incontro è stato dedicato alla valutazione del lavoro fatto dai ragazzi: in primo

luogo le insegnanti hanno espresso una valutazione sul contributo di ogni gruppo,

esprimendo un giudizio sugli elementi di forza o di debolezza del loro intervento, con

particolare riferimento ai contenuti. Io invece, in un primo momento, ho portato la classe a

riflettere sulle modalità di lavoro realizzato e ho chiesto loro di esprimere un giudizio sulle

difficoltà incontrate nel lavoro cooperativo o sugli elementi che invece avevano ritenuto

positivi, sia ai fini dell’apprendimento che della relazione instauratasi con i propri compagni

di classe. E’ seguita un’ampia discussione e sulla lavagna abbiamo sintetizzato, in due

riquadri, gli aspetti positivi e quelli negativi, come qui di seguito indicato:

Aspetti Negativi Aspetti Positivi

1. Non tutti lavorano 1. L’argomento è interessante

2. Il tempo è troppo breve 2. Si può approfondire un argomento

3. Non si conoscono alcuni termini 3. Si confrontano idee diverse

4. E’ un lavoro difficile 4. Si cambiano le proprie idee

5. I gruppi si fanno concorrenza fra loro 5. Ci si ascolta a vicenda

6. Alcuni cercano di prevaricare 6. Si imparano dei concetti nuovi

7. Si ridicolizzano o sminuiscono gli altri per le

loro idee

7. La lezione è meno pesante e meno monotona

E’ stato interessante notare che uno stesso elemento (ad esempio ”si cambiano le proprie idee”

oppure “i gruppi si fanno concorrenza fra loro”) fosse ritenuto da una parte delle classe positivo

e dall’altra negativo: in quel caso si è aperto un dibattito per decidere, di comune accordo, in

quale colonna inserirlo.

-Dopo la discussione sulla metodologia, sono ritornata sull’argomento trattato ovvero sulle

differenze culturali in Europa ed ho ripreso alcuni degli elementi emersi durante il confronto

collettivo. Ho quindi spiegato loro che i Paesi studiati fanno parte dell’Unione europea e che

una delle principali caratteristiche di questa organizzazione è quella di mettere insieme tante

persone diverse con lingue, culture, religioni e modi di pensare diversi. E come hanno potuto

verificare i ragazzi durante i loro lavori di gruppo, mettere insieme delle idee diverse non

sempre è facile. Ho concluso l’intervento con una presentazione di alcune slides sull’Unione

europea, cui è seguita una breve discussione finale e moltissime domande.

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Osservazioni sul comportamento di R.

Durante il lavoro in coppia, R., che le docenti hanno deciso di affiancare a un compagno di classe

con cui aveva già una buona relazione, ha dimostrato un grande interesse, anche per lo strumento

tecnologico utilizzato. Dopo lo studio e la discussione, ha lavorato con il proprio compagno per

sintetizzare su un cartellone il lavoro fatto, ritagliando delle foto e trovando dei titoli divertenti che

potessero rappresentare il suo intervento. L’esposizione davanti alla classe non è stata facilissima

ma è stato sostenuto dal suo compagno che è intervenuto nei momenti di difficoltà e nel complesso

è sembrato anche che si divertisse. Ogni tanto è intervenuto anche nelle discussioni di gruppo,

specie quando due dei suoi compagni hanno esposto la presentazione sulla Romania: mostrava

fierezza per il fatto che altre persone parlassero del suo Paese e allo stesso tempo interveniva per

integrare le informazioni date alla classe. Si è sentito importante e valorizzato dalla classe, perché

gli altri lo ascoltavano con attenzione. Quindi si è mostrato più tranquillo nell’ intervenire anche

successivamente, dal momento che gli altri gli avevano riconosciuto un ruolo.

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ALLEGATI

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Allegato I

Sito sul video “Europei e italiani: differenze” di Bruno Bozzetto

Attualmente il video è scaricabile da uno dei seguenti siti o tramite il motore di ricerca Google:

http://www.infonegocio.com/xeron/bruno/italy.html

http://www.rivelazioni.com/mm/bozzetto/eu-it.shtml

EUROPA&ITALIA (6'20") - 1999 Regia e sceneggiatura: Bruno Bozzetto Musica ed effetti sonori : Roberto Frattini Registrazione e mixaggio : Garden Studio Editing : Ugo Micheli

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Allegato II

Le schede paese sono state costruite reperendo materiale informativo tramite internet,

principalmente sui seguenti siti: www.europa.eu (in particolare per la “Parte Prima”);

www.viaggioineuropa.it; www.paesionline.it ovvero per parole chiave, tramite il motore di ricerca

“google”.

Schede Paese

Austria

Parte Prima: Una presentazione in breve Stati membri dell'UE

Austria • Anno di adesione all’UE:

1995 • Sistema politico: repubblica

federale • Capitale: Vienna • Superficie: 83.858 km² • Popolazione: 8,1 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Tedesco

Le Alpi dominano la parte occidentale e meridionale dell’Austria, mentre le province orientali (compresa la capitale Vienna) sono situate nel bacino del Danubio. Per secoli, e fino alla fine della prima guerra mondiale, l’Austria è stata il centro di un vasto impero che controllava gran parte dell’Europa centrale. L’Austria è ora una repubblica federale che comprende nove Länder. Vienna è sede di numerose organizzazioni internazionali, quali il segretariato dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio. Il Parlamento austriaco è bicamerale. Il Consiglio nazionale, o Nationalrat, è costituito da 183 membri eletti a suffragio universale per quattro anni. Il Consiglio federale, o Bundesrat, è la camera alta costituita da 62 membri che rappresentano le province e sono eletti per quattro o sei anni.

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L’Austria ha un ricco patrimonio culturale. Wolfgang Amadeus Mozart è il compositore austriaco per eccellenza, ma anche Franz Schubert gode di molta notorietà. Per quanto concerne i filosofi e pensatori, Sigmund Freud continua a suscitare controversie, mentre Ludwig Wittgenstein è considerato uno dei filosofi che più hanno influito sul pensiero del XX secolo. I dipinti di Gustav Klimt sono ammirati in tutto il mondo.

L’Austria ha un’economia industriale ed agricola, ma anche il turismo costituisce un’importante fonte di reddito.

In ambito gastronomico, alcune specialità austriache quali la Wiener Schnitzel (una fetta di vitello impanata e fritta nel grasso di maiale o nel burro) e l’Apfelstrudel hanno guadagnato una tale fama internazionale da rendere superflua qualsiasi traduzione.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Gli austriaci…questi sconosciuti

Gli austriaci hanno una personalità molto forte, amano la musica, lo sport, e, anche se poco risaputo, sono appassionati di cucina.

Solitamente non amano dare troppa confidenza agli stranieri ma sono comunque ospitali.

In campo sportivo, gli austriaci sono fenomenali nello sci e negli sport invernali in genere, e sono grandi appassionati di calcio, nonostante non abbiano ottenuto grandi riconoscimenti internazionali.

Con i tedeschi hanno un rapporto di odio-amore: pur parlando la stessa lingua spesso tendono a sottolineare che sono molto diversi!

B) Mangiare in Austria

Partiamo dalla colazione.. sicuramente diversa da quella italiana, è molto calorica e rappresenta un pasto fondamentale vista la frugalità del pranzo; infatti vengono serviti uovo, pancetta, wurstel, yogurt, dolci e talvolta affettati!

Il pranzo è un momento vissuto meno intensamente, in cui si consumano più che altro zuppe, come la zuppa di manzo, detta Klare Rindsuppe.

La cena è il pasto conclusivo della giornata e viene servita intorno alle 19. Il piatto classico è la carne, specialmente se impanata e fritta, come la cotoletta.

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A concludere tutto c’è il dolce.. lo strudel, pasta sfoglia al ripieno di mela, è conosciuto e imitato in tutto il mondo, così pure come la sacher torte, un bomba calorica al cioccolato ripiena di marmellata di albicocche.

Sacher Torte

Famose anche le Mozartkugeln, letteralmente "palle di Mozart", le deliziose "palle" di marzapane e cioccolato, sono un'invenzione di un’antica e centralissima pasticceria, risalente al 1890, a ridosso e per il centenario della morte del musicista (avvenuta nel 1791).

Mozartkugeln

C) Bere in Austria

Come i tedeschi, gli austriaci amano molto le birre, sia nella variante chiara (helbier) sia quelle scure (dunkelbier). Ogni grande città o regione ha la sua popolare marca di birra.

Il vino è prodotto principalmente nelle regioni orientali: l'Austria ha alcuni eccellenti vini, soprattutto i vini bianchi.

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A Vienna il liquore preferito è lo slivovice, fatto con prugne che si contende le preferenze con il barack, fatta con albicocche. Un discorso a parte merita il caffè austriaco. I viennesi vanno a prenderlo nelle Kaffeehauser, dove si serve in decine di modi diversi. I più amati sono il melange (caffè con latte caldo), il kapuziner (poco caffè, molta panna), Eiskafee (caffè freddo con gelato alla vaniglia)

D)Eventi importanti in Austria

Fra le principali manifestazioni austriache c’è il concerto di capodanno, appuntamento fisso e molto apprezzato.

Il principale evento dell’anno è però il Festival Internazionale di Vienna, una rassegna artistica di grande spessore che si svolge da metà maggio a metà giugno.

Il 21 giugno si festeggia la notte di mezz’estate con imponenti falò; e dalla fine di luglio all’inizio di agosto si svolge il Festival Internazionale di Salisburgo, con l’interpretazione di brani di Mozart.

Salisburgo

E) natale in Austria

I mercatini di Natale in Austria rappresentano una delle usanze più radicate e più amate del periodo prenatalizio. Non si tratta solo di occasioni per comprare decori natalizi o regali, ma anche di vere feste popolari.

I vicoli illuminati del centro storico di Salisburgo, ad esempio, indicano la direzione per la Domplatz (piazza del Duomo), dove ormai da 500 anni si svolge il “mercatino del bambino Gesù di Salisburgo” entusiasma visitatori da ogni parte del mondo. Fra le principali attrazioni del mercatino c'è la benedizione delle corone d'Avvento, le sfilate di diversi gruppi folcloristici, punch, vin brulé, frittelle di mele, artigianato artistico e altro ancora.

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Mercatino di Natale di Salisburgo

F) Tedeschi famosi

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Mozart

Wolfgang Amadeus Mozart è forse il più conosciuto compositore austriaco di tutti i tempi, da molti definito come il genio più grande della musica.

Sigmound Freud

Sigmound Freud lo conosciamo per essere il padre della psicoanalisi, una scienza che studia l’identità interiore dell’uomo e il cosiddetto inconscio. Nel 1899 è pubblicata la sua opera piu' nota: "L'interpretazione dei sogni”

Opera di Gustav Klimt: il Bacio, 1908

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Gustav Klimt (Vienna, 14 luglio 1862 – Neubau, 6 febbraio 1918) è stato un pittore austriaco, uno dei massimi esponenti dell' art nouveau, uno stile artistico che si affermò in Europa e in America fra il 1890 e la prima guerra mondiale.

Arnold Schwarzenegger

"Schwarzy", attore, politico e attualmente governatore della California, è senza dubbio l'austriaco più famoso del mondo, anche se probabilmente molti non sanno che è austriaco.

G) Come si salutano le persone in Austria…e anche in Germania!

Per salutare le persone in tedesco si dice: “Guten Tag”. Fra i giovani si usa anche l’espressione: “Tschau” che viene dall’italiano “Ciao”

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Belgio

Parte Prima: Una presentazione in breve Stati membri dell'UE

Belgio • Anno di adesione all’UE:

membro fondatore • Sistema politico: monarchia

costituzionale • Capitale: Bruxelles • Superficie: 30 158 km² • Popolazione: 10.5 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Francese, Olandese, Tedesco

Il Belgio è uno Stato federale suddiviso in tre regioni: le Fiandre di lingua olandese a nord, la Vallonia di lingua francese a sud e Bruxelles, capitale bilingue in cui sia il francese che l’olandese sono lingue ufficiali. È inoltre presente una piccola minoranza di lingua tedesca, composta da circa 70.000 persone, nella parte orientale del paese. Il paesaggio del Belgio è estremamente variegato: 67 chilometri di litorale e pianure costiere sul Mare del Nord, colline al centro e le foreste montagnose delle Ardenne nella parte sudorientale del paese. Bruxelles è sede di numerose organizzazioni internazionali, quali la maggior parte delle istituzioni europee e il quartier generale della NATO. Indipendente dal 1830, il Belgio è una monarchia costituzionale. Le due camere del Parlamento sono: la Camera dei rappresentanti, i cui membri sono eletti al massimo per quattro anni, e il Senato (o camera alta), i cui membri sono eletti o cooptati. In considerazione della sua composizione politica, il Belgio è in genere guidato da governi di coalizione.

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Tra i belgi più conosciuti si segnalano: Georges Rémi (Hergé), creatore di Tintin, gli scrittori Georges Simenon e Hugo Claus, il cantante e compositore Jacques Brel, il ciclista Eddy Merckx. Pittori del calibro di James Ensor, Paul Delvaux e René Magritte sono i successori contemporanei di Rubens e degli altri gloriosi pittori fiamminghi del passato.

Il Belgio è famoso in tutto il mondo per il cioccolato. Tra le specialità gastronomiche locali preferite si citano in particolare le cozze e le patatine fritte che, stando alla leggenda, sarebbero un’invenzione belga.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Luoghi comuni…vero o falso?! Parlando di Belgio, i francesi vi racconteranno che il pasto tipico belga è composto da un chilo di patate fritte, da un chilo di maionese e da un litro di birra. O che se andate da un benzinaio a fare il pieno vi regalano un solo calzino. Al pieno dopo vi daranno l'altro. Sui libri per insegnare a leggere ai bambini accanto ai disegni degli animali ci trovate una friggitrice. In Belgio d'inverno nevica e il resto dell'anno piove: e questa, detta da un francese, è davvero la più divertente di tutte! I belgi in genere non si offendono e si fanno una risata, o almeno, simulano: vi spiegano che in realtà sono solo stereotipi, come in Italia c'è la celebre tripletta pizza-mandolino-mafia.

B) Mangiare in Belgio

In Belgio, come in tutti i paesi dell’Europa settentrionale, le giornate iniziano molto presto e sono spesso gelide, per cui una colazione abbondante e calorica è l’unico modo per superare le difficoltà mattutine.

Vengono infatti consumate grandi quantità di affettati, accompagnati spesso da baguette, e da una tazza di cappuccino. Non mancano poi le omelettes o il formaggio.

Il pranzo può spesso essere simile alla colazione, anzi è frequente che il pranzo venga consumato rapidamente (soprattutto a lavoro), grazie all’abbondante colazione.

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Nel pomeriggio è abitudine spizzicare qualcosa, magari patatine fritte comprate nei chioschi, come preambolo alla cena.

Qui si arriva al momento cruciale della vita gastronomica belga: per chi sceglie di mangiare al ristorante è d’obbligo gustare le cozze (moules), considerate il piatto nazionale belga, o altri tipi di pesce.

Come contorno non mancano mai le patatine fritte, di cui i belgi si ritengono maestri, con la loro tecnica della doppia cottura, che le rende soffici dentro e croccanti fuori.

Se si conclude la cena con un dolce non si può fare a meno dei wafels, dolci farciti in vario modo e coperti di zucchero.

Tra i dolci del Belgio la vera specialità è il cioccolato belga, in tutte le varietà: dal bianco delicato al nero amaro, farcito alla frutta o con le nocciole. Famose le pralines belghe (piccoli dolci di cioccolato ripieni di crema o liquore), squisiti i truffles (tartufi).

C) Bere in Belgio

Il Belgio ha una ridotta produzione di vino, importante e celebre è invece la produzione della birra, sia chiara che scura. La birra belga viene consumata e prodotta non solo in Belgio, ma anche in tutto il mondo. Si stima che un belga consumi circa 150 litri di birra all’anno e questo colloca il paese tra i maggiori consumatori in Europa, accanto a tedeschi, danesi e cechi.

E’ quindi uno tra i paesi con la più alta produzione di birra (oltre 600 tipi). Tra le più conosciute: la Duvel, la Pils, la Jupiler e la Leffe Blonde, la Kriek, una birra con infusione di ciliege, dal caratteristico colore rosso e dal sapore fruttato. Molto famose le cosiddette “Birre d'Abbazia”, o “Trappiste”, come la nota birra di Chimav, dal gusto dolceamaro, ottenute secondo antiche ricette trasmesse da generazioni di monaci, anche se spesso non sono più i monaci a produrle.

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D) Feste in Belgio

Nella cultura belga i Festival folkloristici assumono grande importanza e racchiudono lo spirito di questo popolo.

Esempi sono il Carnevale di Binche, la festa patronale di Ath, la processione del Sangue Sacro a Bruges, il festival del 15 agosto a Liegi e il festival del vallone a a Namur. Un’importante festa è il giorno di S. Nicola, celebrato dai bambini e, a Liegi, dagli studenti.

E) Natale in Belgio

Il Natale in Belgio è ricco di tradizione e magiche usanze, prime tra tutte quella delle decorazioni dei famosi mercatini di Natale. Ad esempio la “Grande Place” di Bruxelles si riempe di luci, colori e stand con specialità nazionali e locali.

Due sono i personaggi celebrati nel Natale belga, San Nicola e Pere Noel (Babbo Natale).

San Nicola visita i bambini che appartengono alla regione della Vallonia, e questo avviene per ben due volte. La prima visita avviene il 4 dicembre quando San Nicola va alla ricerca di tutti i bambini che sono stati bravi distinguendoli da quelli che non lo sono stati; la seconda visita avviene il 6 dicembre: qui San Nicola ritorna per festeggiare i bambini buoni con regali e i bambini non buoni con dei ramoscelli, che in genere lascia nelle loro scarpine o nella porta d’ingresso.

Il Babbo Natale (Pere Noel) visita invece i bambini di cultura e tradizione francese. La sua visita è sempre accompagnata da Pere Fouettard, un brutto, sinistro e barbuto personaggio. Anche qui la

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tradizione vuole che il Babbo Natale dispensi i doni ai bambini buoni mentre Pere Fouettard regali ramoscelli ai bambini cattivi.

Nella regione delle Fiandre, i festeggiamenti prevedono sia le celebrazioni di San Nicola che di Babbo Natale.

F) Belgi famosi

Tintin

TinTin è uno dei più famosi fumetti belgi e non solo. L’autore è Hergé, pseudonimo di Georges Remi. Tintin Nasce negli anni Trenta per il settimanale francese Le Petit Vingtième. Tintin è un giornalista, meglio un reporter, che va in giro per il mondo accompagnato dall’amico Milù, fox-terrier di colore bianco, dotato di molto coraggio, nonostante le dimensioni non proprio da colosso, e di estrema intelligenza. Infatti, sa capire il linguaggio degli umani e sa parlarlo, benché solamente con Tintin.

Marguerite Yourcenar

Marguerite Yourcenar è stata una famosa scrittrice francese di origine belga, nata a Bruxelles nel 1903 con il nome di Marguerite de Crayencour. E’ l’autrice del famoso saggio storico Mémoires d'Hadrien (Memorie di Adriano) che descrive la vita dell'imperatore romano Adriano.

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Opera di Renè Magritte

Renè Magritte è considerato uno dei più importanti pittori belgi degli ultimi secoli, vissuto tra il 1898 e 1967, considerato uno dei massimi esponenti del surrealismo mondiale.

Jacques Brel

Jacques Brel (Schaerbeek, 8 aprile 1929 – Bobigny, 9 ottobre 1978) è stato un cantautore e compositore belga di lingua francese. Considerato anche, grazie al forte potere espressivo dei suoi testi, poeta.

E) Come si dice “Grazie” in ….?

In Francese: Merci In Nederlandese (olandese): Bedankt

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Bulgaria Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Bulgaria

• Anno di adesione all’UE: 2007

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Sofia • Superficie: 111 000 km² • Popolazione: 7.7 milioni • Valuta: lev • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Bulgaro

Situata nel cuore dei Balcani, la Bulgaria presenta un paesaggio estremamente vario, dominato a nord dalla vasta pianura del Danubio e a sud da rilievi e altipiani. La costa del Mar Nero, a est, è destinazione di molti turisti per tutto l’anno.

Fondata nel 681, la Bulgaria è uno degli Stati più antichi del continente europeo. La sua storia è stata influenzata dall’ubicazione del paese ai confini dell’Europa con l’Asia. La popolazione è costituita per circa l’85% da cristiano-ortodossi e per il 13% da musulmani. Circa il 10% della popolazione è di origine turca, mentre il 3% è costituito da rom. Anche per quanto concerne la tradizione culinaria, i piatti tipici della Bulgaria sono un miscuglio di sapori dell’est e dell’ovest. Il più famoso alimento bulgaro è probabilmente lo yogurt, reputato per assicurare longevità a coloro che ne fanno regolare consumo.

L’Assemblea nazionale della Bulgaria (Parlamento unicamerale) è costituita da 240 membri, eletti per quattro anni.

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Le esportazioni principali della Bulgaria sono i prodotti dell’industria leggera, i generi alimentari e i vini, molto competitivi sui mercati europei.

La Bulgaria è famosa per la musica folk. Una canzone folk bulgara è stata registrata sul Voyager Golden Record, lanciato nello spazio dalla NASA. Tra le celebrità della Bulgaria si segnalano la filosofa Julia Kristeva, Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nel 1981, e Christo Javachev (“Christo”), autore di numerose sculture all’aperto molto originali.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi

A) Alcune curiosità sulla Bulgaria

• I Bulgari abbassano la testa per dire no e la scuotono per dire sì, a differenza di tutti gli altri popoli.

• Il padre del computer, un’invenzione che ha cambiato il mondo, John Atanassov, è di origini bulgare.

• Non esiste una bandiera bulgara perché fu catturata in battaglia nella storia recente del paese. In Bulgaria c’è una bandiera che viene assegnata con una medaglia al valore.

• L’esercito bulgaro è stato il primo nella storia ad impiegare aeroplani in battaglia.

• La Bulgaria è stata l’unico paese balcanico in cui il cambiamento politico a cavallo degli anni Novanta sia avvenuto pacificamente e senza spargimenti di sangue (rispetto alla Romania e all’ex Iugoslavia).

B) Mangiare in Bulgaria

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Mangiare in una taverna ristorantino popolare è economico e gustoso, per un pasto si spende tra i 6 8 Lv (3-4 Euro). I piatti tipici sono: i salumi (sudjuk, lukanka, pastrama) le zuppe (ciobar) fatte in diversi modi, ma soprattutto i più robusti Musaka e Kavarma (carne di maiale o pollo a pezzettini, pomodori, peperoni, funghi, cipolla, spesso ricoperto da un uovo tutto immerso in una gradevole salsetta) serviti in graziose scodelline di terracotta, oppure i Kebabceta (polpettine allungate di carne macinata) o Kufteta (nella forma sferica) e i peperoni farciti (pulneni cuski). A Natale sono tipici gli involtini di riso bollito in foglie di vite (sarmi').

C) Bere in Bulgaria

La Bulgaria è la patria di più di seicento fresche sorgenti di acque minerali. Ayrian è una bevanda allo yogurt. Tra le birre bulgare troviamo la Kamenitza o la Zagorka. La bevanda nazionale bulgara è una sorta di grappa conosciuta come rakia, con il 40% di alcol. E poi c'è Mastika, una bevanda simile al greco Ouzo, di solito con un liquore misto di menta piperita. La Bulgaria è uno dei maggiori produttori di vino, insieme a Francia, Italia, Spagna e Grecia. I più famosi vini bulgari sono Gumza, Dimiat, Muscat, Pamid, Mavrud, Misket e Melnik. Ci sono diverse regioni viticole in Bulgaria: Zona del Sud, famosa per il suo vino rosso, il Nord, noto per il suo vino bianco, così come il Mar Nero, e la zona intorno a Melnik che è nota per il suo corposo rosso vino. Il microclima in Bulgaria è ottimo per la vinificazione.

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D)Cultura Bulgara

Un elemento importante nella cultura bulgara è sicuramente la musica popolare, che accompagna la vita delle persone già dalla nascita, venendo suonata in occasione di importanti momenti della vita come i battesimi, i matrimoni o in occasione di altre festività.

Come accade anche per le altre espressioni culturali, la musica è una combinazione di melodie turche, russe e bizantine; ogni regione possiede un proprio repertorio di musiche tradizionali. Raccolte tra l’altro dal famoso trio femminile, ormai conosciuto in molti paesi.

Per quanto riguarda la letteratura sono molti i nomi di spicco: primo fra tutti il premio Nobel Elias Canetti (1981), poi Pavel Matev e Blaga Dimitrova, senza dimenticare tutti i giovani scrittori morti combattendo per la libertà come Cristo Botev.

La Bulgaria è stata ed è un paese di grande fermento anche nel settore artistico; espressioni eloquenti sono l’antica chiesa di San Giorgio e la cattedrale moderna Alexandr Nevskij.

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Chiesa di San Giorgio

Tra gli sport preferiti c’è la danza artistica e tutte le discipline a corpo libero, come per molti altri paesi dell’est Europa; il calcio ha vissuto grandi momenti, come lo storico quarto posto ad Usa ’94.

E) Natale in Bulgaria

Natale (Koleda in Bulgaro) é una delle ricorrenze più festeggiate dai cristiani. In Bulgaria durante l’intero periodo nel quale i comunisti erano al potere era vietato celebrare l’evento natalizio, almeno formalmente. In realtà in tutte le famiglie, nell’intimità della casa, si continuava a seguire le vecchie tradizioni. E’ stato nel marzo del 1990, in seguito ad una decisione parlamentare, che il Natale é ridivenuto in Bulgaria una festività ufficialmente riconosciuta. E, diversamente da quanto accade per altri popoli di religione ortodossa, viene festeggiato seguendo il calendario giuliano (adottato nel dicembre del 1968) e quindi, come nella tradizione cattolica, il Natale viene a cadere il 25 dicembre e non il 7 gennaio come ad esempio in Russia, Serbia o Macedonia. Il 24 dicembre rappresenta la fine di un digiuno che, per i praticanti, durava da 40 giorni. Dopo che la casa é stata “purificata” dall’incenso, per far fuggire gli spiriti maligni, si inizia la cena, solitamente luculliana: si raggiungono spesso le 10, 11 portate.

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Anche la sera del 25 é caratterizzata da tradizioni del tutto particolari. Vi si pratica infatti il rito nominato “koleduvane”. Ragazzini e ragazzi non ancora sposati, soprannominati “koledari”, girano di casa in casa cantando canzoni benaugurati per le famiglie che vengono visitate. In cambio ricevono denaro e cibo. Il “koleduvane” termina con una grande festa, anche questa volta caratterizzata da grandi portate di carne. Naturalmente le tradizioni vengono seguite e rispettate molto più nei villaggi che non nelle città. In ogni caso non bisogna sorprendersi se anche nel pieno centro di grandi città i bambini battono alla vostra porta per cantare alcune canzoni natalizie e per farvi gli auguri.

Secondo le credenze popolari, dopo Natale iniziano i cosiddetti “12 giorni sporchi” nei quali forze oscure girano sulla terra. Per questo si devono rispettare regole ferree. Tra queste ad esempio il divieto per le donne di lavare, filare e tessere. Divieti che forse, nella società d’oggi, sono più facili da rispettare. In alcune città della Bulgaria vi sono inoltre tradizioni peculiari il giorno di Natale. La popolazione maschile di Simitly ad esempio il 25 dicembre festeggia il Partito del vino. Circa duecento persone ne fanno parte. Una delle regole che i membri del partito si sono dati é quella di bere senza ubriacarsi. Più facile proclamarlo che non rispettarlo!

F) Bulgari famosi

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Elias Canetti

Elias Canetti (Ruse, 25 luglio 1905 – Zurigo, 14 agosto 1994) è uno scrittore di origine bulgara, premio Nobel per la letteratura nel 1981. È considerato l'ultima grande figura della cultura mitteleuropea.

Opere di Christo Javachev

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Christo Javachev nasce il 13 giugno 1935 a Gabrovo, in Bulgaria e completa gli studi all’Accademia di Belle Arti di Sofia. Successivamente si trasferisce a Praga, quindi a Parigi dove incontra la futura moglie Jeanne-Claude con cui inizierà ben presto a collaborare artisticamente.

G) Come di dice scuola in Bulgaro?

Училище

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Finlandia

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Finlandia

• Anno di adesione all’UE: 1995

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Helsinki • Superficie: 338.000 km² • Popolazione: 5,2 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Finnico, Svedese

La Finlandia, paese ricco di laghi e foreste, è conosciuta principalmente per le bellezze naturali incontaminate. Nell’estrema parte settentrionale le notti bianche, quelle in cui il sole non tramonta mai, durano circa dieci settimane in estate. In inverno, invece, nella stessa zona il sole non si leva all’orizzonte per circa otto settimane.

Poiché per sette secoli (dal XII secolo al 1809) la Finlandia ha fatto parte del Regno di Svezia, il 6% circa della popolazione è di lingua svedese. La Finlandia è divenuta indipendente dopo la rivoluzione russa del 1917. Da allora, è sempre stata una repubblica. Il paese ha un Parlamento unicamerale costituito da 200 membri, eletti ogni quattro anni.

Il paese ha sviluppato un’economia moderna e competitiva ed è leader mondiale nel settore delle apparecchiature per telecomunicazioni. Tra le maggiori esportazioni si segnalano le apparecchiature per telecomunicazioni e i prodotti d’ingegneria, la carta, il legno e la pasta di legno, gli articoli in vetro, l’acciaio inossidabile e le ceramiche.

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La bellezza di questo paese all’estremità settentrionale è stata fonte di ispirazione di molti artisti, tra cui il compositore Jean Sibelius e l’architetto Alvar Aalto.

Le specialità gastronomiche della Finlandia hanno attinto dalla cucina continentale, russa e svedese. Tra le più tradizionali si segnalano le pietanze a base di pesce (in particolare uova di coregone e salmone) e la carne di renna, mentre tra i piatti specifici da assaggiare si citano: karjalanpiirakka (tortino di riso e patate) e kalakukko (pasticcio di pesce e carne di maiale in crosta).

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Curiosità si Finlandesi…

Il modello di società finlandese è costantemente ai primi posti nelle classifiche per quanto concerne la qualità della vita. I finlandesi hanno un reddito medio pro capite abbastanza alto, la povertà è poco diffusa e la nazione è considerata uno dei paesi meno corrotti al mondo. Al di là degli stereotipi quali sono i tratti caratteristici di questo popolo? Come si comportano i Finlandesi nella vita di tutti i giorni? Curiosiamo un po’ tra le loro abitudini ….

Assidui lettori di quotidiani e riviste i Finlandesi sono tra i più istruiti al mondo: il tasso di alfabetizzazione nel paese raggiunge il 100%; pensate che in Finlandia non esiste il concetto di "insuccesso scolastico"!! Amano moltissimo la danza e sono grandi appassionati di jazz, come si evince dai rinomati festival che si organizzano in tutto il paese durante l’anno ed hanno una vera e propria ossessione per tutto ciò che riguarda i motori, auto e moto comprese!

Estremamente orgogliosi (e non fanno nulla per nasconderlo!) di qualunque connazionale che li porti alla ribalta sulla scena internazionale, sono abbastanza modesti per quanto riguarda i loro successi che non gradiscono sbandierare ai quattro venti (l’esempio della Nokia vale per tutti!). Amano e rispettano profondamente la natura che rappresenta il loro sacro rifugio.

Hanno cinque settimane di ferie l’anno ed il mercoledì sono soliti uscire fuori cena e festeggiare il "piccolo sabato", un ottimo metodo per "spezzare" e rendere meno pesante la settimana lavorativa. Un quarto della popolazione ha un cottage estivo (kesamokki, in Finlandia ce ne sono circa 20.000) e chi non lo possiede ha comunque la possibilità di utilizzarne uno. La sua ubicazione ideale è immerso nei boschi della regione dei Laghi. E’ qui che i Finlandesi si rifugiano nei fine settimana e durante l’estate. Forse è per questo che per tradizione sono poco inclini ai viaggi: per quale motivo dovrebbero lasciare uno dei luoghi più ameni al mondo per trascorrere una vacanza?? Ci vivono!!

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Una delle loro più grandi passioni è la sauna, in Finlandia ne esistono ben 1,6 milioni, praticamente una per ogni finlandese. A volte i cottage estivi sono piuttosto essenziali al punto che non dispongono di acqua corrente ed elettricità ma …. hanno la sauna!!! Statene certi!

In genere i finlandesi vengono descritti come taciturni ed un po’ chiusi ma se è vero che nessuno si innervosisce se la conversazione inciampa in qualche momento di pausa, è altrettanto vero che molti turisti che hanno visitato la Finlandia raccontano di persone cortesi ed ospitali con i visitatori. La spiegazione è che semplicemente tendono a soppesare le loro parole e sanno apprezzare i buoni ascoltatori.

Le famiglie finlandesi sono molto aperte e con una forte tendenza all’indipendenza. Normalmente entrambi i genitori lavorano fuori casa ed i figli sono educati a gestire le proprie giornate da soli, cavandosela egregiamente. Collaborano al buon andamento della famiglia dando una mano nei lavori domestici e dividono il loro tempo libero tra compiti, sport e attività organizzate dalle scuole, come ad esempio corsi di informatica, teatro o di fotografia

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B) Mangiare in Finlandia

La cucina finlandese fa molto uso di alimenti calorici e nutrienti a causa del gran freddo. Troviamo quindi sulle tavole carne e pesce in gran quantità, sempre accompagnati da patate e gustose salse. In linea generale i piatti di carne, a meno che non si tratti di selvaggina o di renna, ricordano la tradizione francese.

Le zuppe, il pesce e i dessert rappresentano invece la tipica cucina finlandese. Tradizionalmente, per la festa, il pasto è presentato su un buffet, un grande tavolo (seisova pöytä o pitopöytä) da cui l’ospite può servirsi liberamente. Si inizia con piatti freddi: una grande varietà di carne, pesce e di insalate. Seguono i piatti caldi: carne, pesce, verdure cotte, sformati vari. Dopo i formaggi e il dessert si prende anche il caffè con pasticcini. Queste tradizioni sono ancora vive particolarmente in campagna. Pesce. Il pesce (kala) è abbondante in ogni stagione dell'anno. Vale la pena di assaggiare luccio (hauki), trota (taimen o forelli), persico (ahven), coregone (siika), luccioperca (kuha), trota salmonata (kirjolohi), salmone (lohi), aringa del Baltico (silakka, più piccola dell’aringa del Mare del Nord che viene chiamata silli) ed un piccolissimo pesciolino di lago della famiglia dei coregoni, muikku. I gamberi di acqua dolce (rapu) si possono trovare a partire dal 21 luglio, per circa un mese. Il pesce viene preparato in diversi modi: bollito, nelle zuppe, al forno, affumicato, crudo sotto sale (in particolare il salmone, che è una specialità), fritto, alla brace ecc. Molto diffuse anche le uova di pesce.

Carne. La carne di renna (poronliha o poro), la specialità lappone, è molto prelibata. Viene servita affumicata, in stufato, in filetti al forno. La selvaggina (riista) è abbondante in autunno.

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Pane e pasticceria. Esistono moltissime varietà di pane (leipä): di segale, di frumento, di avena, di orzo, di cereali misti, integrale, crackers; c'è l'imbarazzo della scelta. Di preferenza va spalmato del burro (voi) salato finlandese. Le paste salate sono consumate per la prima colazione o per uno spuntino. Le karjalanpiirakka sono delle barchette di farina di segale riempite di un composto di riso o di patate su cui si spalma una manteca di burro e uova. I lihapasteija sono dei piccoli "calzoni" riempiti di carne, riso, cipolla e uova. Le torte, le brioche, i pasticcini, i biscotti sono particolarmente buoni.

C) Bere in Finlandia

Bevande. I finlandesi sono notoriamente in testa alle classifiche per il consumo di latte (maito) e caffè (kahvi). Il latte viene tradizionalmente consumato anche a tavola, specialmente dai bambini. Il caffè finlandese è più diluito di quello italiano ed è anche tostato diversamente. Il vino (viini) è tutto d'importazione (tranne le qualità nazionali prodotte da ribes ed altri frutti) e quindi abbastanza costoso; non viene venduto nei negozi alimentari ma solo nei negozi specializzati (Alko). La birra (olut) finlandese è ottima, esiste in tre gradazioni: I senza alcool, III media e IV forte. L’acqua minerale (mineraalivesi) è sempre gassata, l’alternativa senza gas è semplicemente l’acqua di rubinetto, solitamente servita con cubetti di ghiaccio (jäävesi). Dei superalcoolici tutti forse conosceranno la vodka finlandese. Ma anche i liquori a base di frutti di bosco sono molto diffusi.

D) Natale inFinlandia

Natale è probabilmente il periodo festivo più importante per i finlandesi, considerato in grande misura come un evento da vivere in famiglia. La festa dura 3 giorni e i principali festeggiamenti hanno luogo alla Vigilia di Natale (24 Dicembre) quando i Finlandesi si riuniscono per il cenone e si scambiano i regali. Il giorno di Natale è un momento di pace e tranquillità familiare, mentre il giorno di Santo Stefano è usanza andare a trovare gli amici. Tradizionalmente questo giorno era dedicato alle corse in slitta, soprattutto per i più giovani della famiglia, usanza che vive ancora nelle zone rurali.

Il periodo festivo che precede il Natale è un momento di entusiasmanti preparativi. L’inizio dell’Avvento segna la stagione delle feste natalizie nelle abitazioni, nelle scuole, e al lavoro. Il ‘Glögi', il tradizionale vino scaldato con zucchero e aromi, che viene bevuto durante le feste,

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rappresenta un’altra tradizione pre-Natalizia. Tra le celebrazioni dei Finlandesi di lingua svedese che precedono il Natale, è da ricordare la festa di Santa Lucia, che ha origine in Svezia. Questo rito viene festeggiato il 13 Dicembre quando la ragazza che impersona Lucia appare alla testa di una processione sui gradini della Cattedrale Luterana di Helsinki.

Fedelmente alla tradizione antica, il sindaco della città di Turku, nell’area sudoccidentale della Finlandia, proclama pubblicamente l’inizio del periodo natalizio a mezzogiorno della Vigilia, con la dichiarazione della pace del Natale. Il messaggio viene trasmesso a tutta la nazione via radio e televisione. La tradizione di annunciare la pace natalizia è un’antica usanza nordica che risale al Medioevo. La cena di Natale è il principale pasto tradizionale dell’anno. Le famiglie con bambini molto spesso cenano prima del rituale arrivo di Babbo Natale, mentre gli adulti possono attendere pazientemente di mettersi a tavola e cenare con calma durante la serata. La portata centrale della cena secondo la tradizione è il prosciutto natalizio, anche se il tacchino è una alternativa moderna piuttosto diffusa. Nella Finlandia occidentale, il soufflè di patate e l’insalata di rape rosse rappresentano piatti tipici della tradizionale cena natalizia dal 18mo secolo.

Per le famiglie con i bambini, il momento culminante della festa è indubbiamente l’arrivo di Babbo Natale. La leggenda finlandese narra che Babbo Natale, sua moglie e un gruppo di elfi vivano sulla Collina di Korvatunturi, nella Lapponia Finlandese.

E) Finlandesi famosi

Alvar Aalto

Alvar Aalto è stato un celebre architetto e designer finlandese. A lui si deve l'inizio della cosiddetta seconda generazione del movimento europeo di design moderno.

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Jean Sibelius

Jean Sibelius è stato un compositore e geniale violinista finlandese nato a Hämeenlinna, Finlandia, nel 1865.

Babbo Natale Com'è noto, Babbo Natale abita in Finlandia, nel suo villaggio al Circolo Polare Artico, a 8 km da Rovaniemi. Riceve nella sua casa tutti i giorni dell'anno e ha un proprio ufficio postale da dove spedisce le lettere di risposta ai bambini del mondo. A due km dal villaggio di Babbo Natale sorge il Santapark, un parco di divertimento a tema natalizio e un parco delle renne. L'indirizzo di Babbo Natale è: Babbo Natale Circolo Polare Artico, FIN-96930 Napapiiri, Finlandia

E) Come di dice amcizia in finlandese?

Ystävyys

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Germania

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE

Germania • Anno di adesione all’UE:

membro fondatore • Sistema politico: repubblica

federale • Capitale: Berlino • Superficie: 356.854 km² • Popolazione: 82,6 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: tedesco

La Germania è il paese dell’UE con il maggior numero di abitanti. Il territorio del paese si estende dal Mare del Nord e dal Mar Baltico, nella parte settentrionale, alle Alpi in quella meridionale ed è attraversato da alcuni dei principali fiumi europei quali il Reno, il Danubio e l’Elba.

La Germania è una repubblica federale. A livello nazionale gli organi legislativi sono il Bundestag (Dieta federale), i cui membri sono eletti ogni quattro anni a suffragio universale, e il Bundesrat (Consiglio federale), composto da 69 rappresentanti dei 16 Stati (Bundesländer).

Dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, l’ex RDT (Repubblica democratica tedesca) è stata incorporata nella Repubblica federale. Cinque nuovi Bundesländer hanno aderito all’Unione europea.

Il tedesco è la lingua materna più parlata nell’Unione europea. La Germania rappresenta la terza potenza economica a livello mondiale. Si segnalano l’industria automobilistica, i prodotti dell’ingegneria di precisione, le apparecchiature elettroniche e per le comunicazioni, le sostanze chimiche, i prodotti farmaceutici e molto altro ancora. Le imprese tedesche hanno effettuato ingenti investimenti nei paesi dell’Europa centro-orientale che hanno aderito all’UE nel 2004.

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Luogo di nascita di artisti del calibro di Johann Sebastian Bach, Ludwig van Beethoven, Johannes Brahms e Richard Wagner, per citarne solo alcuni, il contributo della Germania alla musica classica europea è molto rilevante. In ambito filosofico e letterario, l’enorme patrimonio della Germania comprende tra l’altro le opere di Lutero, Goethe, Schiller, Nietzsche, Kant, Brecht e Thomas Mann.

La Germania è il secondo produttore mondiale di luppolo ed è rinomata per le sue birre di qualità. Nelle valli della Mosella e del Reno si produce il vino.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi

A) Luoghi comuni…vero o falso?! I tedeschi:

• al ristorante vogliono sempre fare i conti separati... • quando si salutano non si baciano quasi mai... • sono così testardi: un loro "no" resta sempre "no"... • i figli vogliono abitare fuori casa il più presto possibile... • le ragazze ventenni si offendono quando non sono chiamate "Signora"... • gli insegnanti danno del lei agli studenti anche quando questi hanno solo 16 o 17 anni... • già alla mattina mangiano pane con formaggio o affettati... • sono capaci di andare a un matrimonio anche in jeans e T-shirt... • bevono birra in quantità industriali... • aspettano al semaforo rosso anche quando sono a piedi e non c'è traffico... • in macchina si fermano davanti alle strisce pedonali... • quando offrono un pranzo ritengono necessario dirlo prima... . • al ristorante e in treno parlano sempre a voce bassa... • dividono il tavolo del ristorante anche con degli sconosciuti... • i giovani si interessano poco delle "firme" dei vestiti... • si arrabbiano veramente quando arrivi tardi a un appuntamento... • mangiano tranquillamente il panino mentre passeggiano per strada... • fanno il bagno nel mare anche in ottobre o in aprile...

B) Mangiare in Germania

Il luogo comune di "patate, crauti e würstel" ha accompagnato da sempre l'idea sulla gastronomia tedesca diffusa all'estero. Invece, piatti di ogni genere e gusto, carne e pesce,

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squisiti prosciutti, le famose salsicce, e non ultimi i dolci caratterizzano ogni regione, ogni provincia della Germania.

Cosa si mangia al nord?

La cucina del Nord è dominata da quanto viene pescato. I pesci del Mare del Nord sono la base della tradizione culinaria di questa zona. Aringhe, anguille affumicate, gamberi, granchi e aragoste la fanno da padroni.

Cosa si mangia all'ovest?

Le specialità della cucina sono il famoso prosciutto della Vestfalia, noto ai tempi dei romani e importato in Italia già a quei tempi, le salsicce di Göttingen, famose quanto la sua università, gli asparagi della zona del Reno, oppure la "Blutwurst", una saporita salsiccia di Düsseldorf che deve essere mangiata con una senape molto piccante.

Cosa si mangia al sud?

Il piatto più popolare della Baviera è l'"Haxen", un pezzo di cosciotto di maiale o vitello accompagnato dai "Knödel", una specie di gnocchi di patate che presuppone un robusto appetito. Nella zona della Foresta Nera si pescano le migliori trote della Germania, ma il vanto della zona è la famosa "Schwarzwälder Kirschtorte", la torta di ciliege, gustata magari con un bicchierino di "Kirschwasser", ottima grappa di ciliegie. Nella Svevia ci sono i buonissimi "Spätzle", una pasta all'uovo e i "Maultaschen" che sono una sorta di grandi ravioli ripieni.

Lo Stollen è un tipico dolce natalizio, fatto con uva, mandorle, canditi, cannella.

C) Bere in Germania

Ci sono più di 5000 birre in Germania, praticamente ogni città ha la sua birra, spesso anche di più di una.

Molti paesi della Germania hanno la propria "festa della birra", che si tiene di solito nei mesi di agosto o settembre. La più famosa è senz'altro "l'Oktoberfest" di Monaco. Ma oltre alla tradizionale giostra con i capannoni enormi delle birrerie, questa festa comprende anche molti spettacoli e cortei folcloristici e musicali di vari tipi.

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D) Natale in Germania

Il Natale n Germania è molto sentito e i mercatini rappresentano una delle usanze più radicate e più amate del periodo prenatalizio. Non si tratta solo di occasioni per comprare decori natalizi o regali, ma anche di vere feste popolari.

Il mercatino di Salisburgo, con un cartello che dice:

Vin brulé - secondo la ricetta della nonna

D) Carnevale in Germania

Düsseldorf, insieme a Mainz (Magonza), e Köln (Colonia), è uno dei centri del Carnevale in Germania. A Düsseldorf, per tre giorni (da sabato a lunedì), la città si ferma, tutto il centro della città (ca. 600.000 abitanti) è chiuso al traffico e la città è invasa da maschere e da gente che canta e che balla per le strade. Lunedì ("Rosenmontag") la festa raggiunge l'apice. Fabbriche, negozi ed uffici sono chiusi. Quel giorno arriva tantissima gente da molte altre parti della regione per assistere al Carnevale di Düsseldorf, di solito si contano intorno ad un milione di persone che si riversano per le strade e che trasformano la città in un gigantesco circo all'area aperta. Verso mezzogiorno comincia il grande corteo con carri e maschere che, per 3-4 ore, si snoda lentamente attraverso le strade piene zeppe di gente.

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Nonne tedesche festeggiano il carnevale

E) Tedeschi famosi

Johann Sebastian Bach

Johann Sebastian Bach è uno dei compositori tedeschi più famosi al mondo, nato nella città tedesca di Eisenach in Turingia. La sua musica fu principalmente scritta per organo e pianoforte.

Albert Einstein

Albert Einstein nacque nel sud della Germania, a Ulm, nel 1879 e divenne il più determinante ed influente fisico nella storia del 20° secolo. È a tutti noto per la sua Teoria della relatività e per la sua attività ricevette nel 1921 il Premio Nobel per la fisica.

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Johann Wolfgang von Goethe

Johann Wolfgang von Goethe (749-1832) è il più famoso scrittore tedesco. Per lungo tempo visse e lavorò a Weimar, vicino Berlino, e fu un grande ammiratore dell'Italia. Goethe fece molti viaggi in Italia e rimase particolarmente colpito dalla città di Roma. Le sue impressioni di viaggio furono raccolte nell'opera "Viaggio in Italia".

I fratelli Grimm

I fratelli Grimm sono conosciuti per le loro favole, tra cui sicuramente avrai letto "Cenerentola", "Biancaneve e i Sette Nani", "Hänsel e Gretel".

Michael Schumacher

Michael Schumacher è il pilota di Formula Uno tedesco più famoso. La sua carriera è stata coronata da grandi successi: ha vinto finora sette titoli mondiali e nessuno c'era riuscito prima! E poi fa parte della scuderia della Ferrari!!

Boris Becker

Boris Becker è stato uno dei più grandi tennisti del mondo tra gli Anni 80 e 90 e in particolar modo è stato il più giovane vincitore di Wimbledon di tutti i tempi: nel 1985 a soli 17 anni!

F) Come di dice scuola in tedesco?

Schule

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Grecia

Parte Prima: Una presentazione in breve Stati membri dell'UE

Grecia • Anno di adesione all’UE:

1981 • Sistema politico: repubblica • Capitale: Atene • Superficie: 131.957 km² • Popolazione: 11 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale del’UE

parlata nel paese: Greco

Situata quasi al crocevia tra Europa ed Asia, la Grecia costituisce l’estremità meridionale della penisola balcanica nell’Europa sudorientale. Il territorio del paese comprende oltre 2.000 isole nel Mar Egeo e nel Mar Ionio, di cui soltanto 170 circa sono abitate. Il Monte Olimpo è la vetta più alta del paese.

La Grecia è una delle culle della civiltà europea – gli antichi studiosi greci hanno apportato un notevole contributo alla filosofia, alla medicina, alla matematica e all’astronomia. Le città-stato della Grecia sono state fautrici dell’evoluzione delle forme di governo democratiche. L’eredità storica e culturale del paese continua a farsi sentire anche nella realtà moderna, a livello di letteratura, arti, filosofia e politica.

La Grecia dei giorni nostri è dotata di un’ossatura repubblicana che si basa sulla costituzione del 1975. I 300 membri del Parlamento unicamerale sono eletti per quattro anni. Il paese è suddiviso in 13 regioni amministrative.

Oltre il 50% dell’industria del paese è situata nella zona metropolitana di Atene. I settori economici principali della Grecia sono l’agricoltura, il turismo, l’edilizia e il trasporto marittimo.

Tra le maggiori celebrità greche dei giorni nostri si ricordano il regista Kostas Gavras, il premio Nobel Odysseus Elitis e il compositore Mikis Theodorakis.

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La cucina greca è a base di carne caprina e montone. Anche le pietanze a base di pesce sono molto diffuse. L’olio d’oliva, prodotto in grandi quantità, aggiunge una nota distintiva ai piatti greci.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Proverbi Greci

- Chi smette di essere amico, non lo è stato mai.

- L'arte del ceramista è nella ciotola

- Il cuore che ama è sempre giovane.

- La bellezza è potente, il denaro onnipotente.

- Non si può ragionare con la pancia vuota; non ha orecchie.

- Una barba vuol dire pidocchi, non cervello.

- I capelli grigi sono segno di vecchiaia e non di saggezza.

- Meglio un uovo oggi che una gallina domani.

- Stai cercando le pulci nella paglia.

B) Mangiare in Grecia

I greci considerano pranzi e cene come un vero e proprio rito. Che sia una modesta taverna o un ristorante di lusso, mangiare non è mai qualcosa da fare in fretta tra una cosa e l'altra, ma un momento importante da godere con calma.

La colazione è a base di yogurt: il famoso yogurt greco, compatto come un budino.

Un pasto inizia normalmente con un grande assortimento di antipasti come lo tzatziki (crema di yogurt con aglio e cetrioli), choriatiki, taramasalata (crema di bottarga) e dolmades (involtini di foglie di vite). Poi seguono le prime portate che possono essere una scelta di carni alla griglia o pesce, tra cui piovra, seppia, dentice rosso.

Tra le altre prelibatezze della cucina greca: la mussakà, simile a una parmigiana di melanzane con ragù di carne e la feta, formaggio a pasta compatta ma friabile, bianchissimo e salato che viene utilizzato in molti modi: nelle insalate, accompagnato da olive nere come antipasto, cucinato al forno o al cartoccio.

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I primi dolci di cui si ha notizia nella storia della Grecia sono quelli offerti gli Dei. Sembra che quasi ogni divinità avesse il suo dolce preferito: ciambelle a forma di mezza luna venivano offerte ad Artemide, dolci con miele e sesamo venivano consumati durante le feste in onore di Dioniso, dolci a forma di lira erano dedicati ad Apollo... Il miele era l'elemento principe della pasticceria degli Dei, accompagnato con il sesamo, le noci e le mandorle; tutt'oggi è uno degli ingredienti fondamentali della pasticceria greca. Alcuni esempi: il baklava (pasta sfoglia tirata a strisce con dentro mandorle e miele); il galaktoburiko (pasta sfoglia e crema); i melomakarona, biscotti con cannella, miele e pistacchi. I dolci greci hanno gusto deciso e anche se non c'è il miele sono in genere molto zuccherati. Ogni festa ha i suoi dolci tradizionali: i kourabiedes sono i biscotti tipici del Natale, ripieni di mandorle e ricoperti di zucchero a velo; per Pasqua si mangia il tsoureki, una grande ciambella decorata con un uovo dipinto di rosso. Anche i semi di sesamo sono molto usati, lo erano anche nell'antichità e sono stati poi utilizzati anche nei dolcetti chiamati halvas, di origine araba, molto friabili. Citiamo infine il rizogalo, riso e latte insaporiti con cannella. Il gelato viene chiamato pagotó.

C) Bere in Grecia

Acqua: molte le sorgenti di acqua minerale, spesso sotterranee. Ogni regione produce una sua acqua minerale in bottiglia, di buona qualità.

Aperitivo: come aperitivo si serve l'ouzo, tipico aperitivo a base di anice. Particolare è accompagnare l'ouzo con piselli, ceci e fave arrostiti. Può essere anche aromatizzato alla menta e al finocchio.

Birra: Locale è la birra Mytos, una birra bionda molto celebre da queste parti. Le birre (bíra) più famose sono le birre estere.

Vino: a pranzo e a cena si beve di solito vino, portato in caraffa. Lo si produce sia con uve rosse che con uve bianche ed è prodotto in versione secca o dolce. La retzina, il caratteristico vino bianco greco, è particolarmente apprezzata.

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I vini resinati sono celebri e hanno un gusto aspro e particolare. Sono vini a cui viene aggiunta resina durante la fermentazione e sono leggeri e molto buoni come aperitivo. La tradizione dei vini resinati è molto antica e si sono ritrovate tracce di resina di pino (retsina) in antichissime anfore. Particolare è il moscato delle isole. Molto diffuso il vino rosé. Troviamo quindi il Mavrodaphne, simile al Porto, prodotto solo a Patrasso e a Cefalonia. L'ouzo è bevuto anche durante i pasti al posto del vino, allungato con l'acqua (visto che ha una gradazione di circa 40°). Quando si mescola con l'acqua l'ouzo diventa bianco.

Alcolici: alla fine del pasto viene spesso bevuto il Brandy, la marca più bevuta e famosa è la Metaxa. Molto bevuto è il raki, una grappa bianca dolce con gradazione sui 50°. Con il raki si prepara un aperitivo che si chiama "rakomelo" (si portano a ebollizione raki, acqua, miele, chiodi di garofano, cannella e fettina di limone). Caffè: il caffè in Grecia è un vero e proprio rito e si gusta con calma. E’ costume concludere il rito del caffè bevendo un bicchier d'acqua. Un locale maschile, diffuso soprattutto nei paesi, è il Kafenion, dove si serve appunto il caffè greco. Qui gli uomini trascorrono il tempo parlando e giocando a dama, scacchi, carte e tavlin, un gioco greco diffusissimo equivalente del backgammon.

D) Cultura e Tradizioni greche

La Grecia era già abitata nel paleolitico e dal 3000 a.C. divenne la patria, nelle isole Cicladi, di una cultura le cui arti restano le più evocative nella storia del mondo.

La filosofia e il teatro hanno qui il loro luogo di nascita: basta nominare Socrate, Platone e Aristotele per la prima e Eschilo, Sofocle ed Euripide per il secondo. Tutti questi artisti e pensatori hanno lasciato le basi per quella che poi è diventata la cultura occidentale.

Grande è sempre stato l’interesse per l’architettura: in ogni luogo della Grecia sono presenti resti di antichi e splendidi templi.

La zona di maggiore concentrazione è l’Acropoli di Atene, dove su tutte le rovine, spunta la figura del Partendone, immenso e spettacolare tempio alla cui realizzazione partecipò anche il grande scultore Fidia.

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Il popolo greco è stato anche protagonista di una delle opere più famose dell’umanità, l’Iliade di Omero, la cui provenienza non è stata ancora definita.

Il culto degli dei nella Grecia antica era una pratica che andava oltre la semplice adorazione; è stata infatti creata una vera e propria mitologia che ancora oggi viene studiata, letta o raccontata. Chi non ha mai sentito almeno nominare Zeus, Ares o Atena?

Un altro importante segno lasciato nella storia sono le olimpiadi; si svolgevano i questa terra in cui il culto del corpo e della prestanza fisica erano alla base della cultura tanto da riflettersi nella scultura e nell’architettura con la ricerca approfondita delle proporzioni.

Da ormai oltre 100 anni, quindi, le olimpiadi sono la manifestazione più importante al mondo e si svolgono in paesi diversi ogni 4 anni.

I festival e le manifestazioni folcloristiche in Grecia sono espressione della cultura tradizionale. Molti sono i festival di antiche tradizioni, specialmente quelli a carattere religioso. La preparazione richiede spesso molto tempo, anche mesi, ed è famosa la partecipazione delle vecchie signore che offrono il loro supporto in cucina. Un posto speciale durante i festival l'occupano le danze e le bande locali che suonano musica folk ma anche musica contemporanea. Le danze sono ballate quasi tutte in gruppo, tenendosi per mano o per le spalle. Da non dimenticar una manifestazione tipica, negli ultimi anni di moda in tutto il mondo: il sirtaki, un ballo di gruppo danzato sulle note di una musica dolce e coinvolgente.

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Lo sport nazionale è il calcio e i greci sono stati campioni d’Europa nel 2004, lo stesso anno in cui si svolgevano le olimpiadi in Grecia.

E) Natale in Grecia

La religione praticata in Grecia è quella ortodossa e la tradizione religiosa è molto seguita e sentita. Tutti i membri della famiglia sono coinvolti nelle celebrazioni religiose e i pasti sono molto abbondanti e a base di pietanze tradizionali.

Il 24 dicembre i bimbi si svegliano presto e ai loro piedi trovano una sacca e un bastone che serviranno loro per passare di casa in casa, cantando, suonando e raccogliendo frutta secca e biscotti. I bimbi in gruppo si recano nelle case e la gente li accoglie calorosamente regalando loro frutta secca e dolcetti tipici delle feste chiamati "kourabiédes". Gli strumenti che usano i bimbi sono i triangoli (strumenti musicali fatti da un triangolo di acciaio che viene toccato con una bacchettina d’acciaio) e i tamburi, declamando anche poesie di natale e cantando inni alla nascita di Gesù. Alla sera la gente si ritira nelle case a cenare e trascorrere una tranquilla nottata. Il 25 dicembre tutti si alzano di buon ora e si recano alla messa. Il pranzo vede, come da noi, la famiglia riunirsi e mangiare piatti tradizionali per ore. Un piatto molto caratteristico e la "galopoula", carne di tacchino farcita con castagne e frutta secca. Molto tradizionale anche il porcellino arrosto (simile a quello sardo), cotto per ore. Il giorno di Natale non ci si riunisce a scartare i regali perché qui non c’è la tradizione di Babbo Natale. In Grecia non è neppure molto diffusa l’usanza dell’albero di Natale. Al suo posto si decorano riccamente dei modelli di barche a vela di legno. Il legame con il mare è forte ovunque in Grecia e lo si ricorda anche in occasione del Natale. Il 1° gennaio del nuovo anno si festeggia San Basilio che qui è un po’ come babbo Natale e porta i doni ai bambini. Nel periodo del Capodanno si mangia la vassilopitta, un tradizionale dolce greco in cui viene nascosta una moneta che porta fortuna a chi la trova.

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Il 6 gennaio è una festa molto sentita e bella, chiamata “ta fota”. La celebrazione rappresenta e simboleggia “il nascere della luce”. Durante la messa il prete purifica e benedice l’acqua, sia quella del fiume che quella del mare, e viene buttato un crocifisso nell’acqua e alcuni ragazzi che non temono l’acqua gelida, si tuffano cercando di recuperarlo. Colui che riesce nell’impresa viene benedetto dal prete e da tutti i convenuti.

F) Greci famosi

Maria Callas

Maria Anna Kalogeropoulos è il vero nome del celebre soprano Maria Callas. Donna raffinata ed elegante, la Callas divenne famosa per il suo singolare timbro, per la grande capacità tecnica e soprattutto per il suo senso del drammatico. Considerata una vera dea della lirica, nacque in realtà a New York nel 1923. I genitori emigrarono difatti dalla Grecia. Con la separazione dei genitori Maria e la sorella ritornarono in Grecia con la madre e ripresero il cognome originario.

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Andreas Papandreou

Andreas Papandreou (in greco Ανδρέας Γ. Παπανδρέου) (Chios, Grecia, 5 febbraio 1919 - Atene, 23 giugno 1996) fu un economista e politico greco.

Costa-Gavras

Constantinos Gavras (nato il 13 febbraio 1933 a Loutra Iraias) meglio conosciuto come Costa-Gavras (Κώστας Γαβράς), è un regista greco, conosciuto per i suoi film a sfondo politico.

F) La lingua greca

Tantissime parole italiane vengono dal greco antico, i cui caratteri sono molto simili al greco moderno. Ad esempio la parola “antropologia” viene dalla parola greca “anthropos” (άνθρωπος) che vuol dire uomo e “logos” (λόγος) che vuol dire discorso o studio. Quindi l’antropologia è quella scienza che studia l’uomo.

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Regno Unito

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'EU Regno Unito

• Anno di adesione all’UE: 1973

• Sistema politico: monarchia costituzionale

• Capitale: Londra • Superficie: 242 500 km² • Popolazione: 60.4 milioni • Valuta: lira sterlina • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Inglese

Il Regno Unito è formato da Inghilterra, Galles, Scozia (che costituiscono insieme la Gran Bretagna) e Irlanda del Nord. La cima più alta (1.343 metri) è il Ben Nevis, in Scozia.

Il Regno Unito è una monarchia costituzionale e democrazia parlamentare. La camera principale del Parlamento è la camera bassa (Camera dei Comuni), di cui fanno parte 646 membri eletti a suffragio universale. Sono circa 700 i membri che possono avere un seggio nella camera alta (Camera dei Lord), tra cui i pari a vita, i pari ereditari e i vescovi. C’è un Parlamento scozzese a Edimburgo, dotato di ampi poteri a livello locale, ed un’Assemblea gallese a Cardiff, che gode di un’autorità più limitata per le questioni che interessano la regione del Galles.

Oltre l’80% della popolazione è costituita da inglesi, circa il 10% da scozzesi, il restante 10% prevalentemente da gallesi e irlandesi. Il Regno Unito ospita inoltre numerose comunità di immigrati, provenienti in particolare dalle ex colonie britanniche – Indie occidentali, India, Pakistan, Bangladesh – e dall’Africa.

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L’economia – una delle più grandi dell’UE – è sempre più basata sul settore dei servizi, pur mantenendo la capacità industriale in vari settori, tra cui quello dell’alta tecnologia. La City di Londra è un centro mondiale di servizi finanziari.

Culla della rivoluzione industriale, il Regno Unito ha dato i natali a molti grandi scienziati ed ingegneri, tra cui Isaac Newton e Charles Darwin. Il padre dell’economia moderna, Adam Smith, era scozzese. La letteratura inglese conta numerosissimi poeti, drammaturghi e scrittori, da Geoffrey Chaucer a Shakespeare e vari contemporanei, fino alla sovrabbondanza degli scrittori moderni.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi

A) Luoghi comuni sugli inglesi

"Gli italiani" scrive Beppe Severgnini "arrivano in Gran Bretagna carichi di luoghi comuni (gli inglesi sono riservati, amano le tradizioni, leggono molto e si lavano poco), e si accorgono nel giro di qualche giorno che è tutto vero”. Continua Severgnini nel suo libro sugli inglesi:

“Qualche anima semplice e' convinta che l'argomento piu' affascinante per uno straniero in Gran Bretagna sia costituito dalla famiglia reale, o da Margaret Thatcher, oppure dai castelli della Scozia. Niente di piu' falso. Il soggetto piu' attraente sono alcune abitudini britanniche assolutamente straordinarie, che hanno sconfitto i migliori cervelli d'Europa: nessuno, ad esempio, e' riuscito finora a fornire una spiegazione convincente del fatto che gli inglesi si ostinino a costruire lavandini con due rubinetti distanti tra di loro, uno per l'acqua calda e uno per l'acqua fredda, solitamente incollati al bordo, in modo che l'utente qualche volta si scotta le mani, qualche volta se le congela, e mai le riesce a lavare. L'abitudine e' cosi' radicata che perfino un'imponente campagna pubblicitaria sui giornali, lanciata dal governo e destinata a incoraggiare il risparmio di energia, ha utilizzato la fotografia di un lavandino che in Italia capita ormai di trovare soltanto in qualche stazzo di montagna.

Il mistero del doppio rubinetto si collega strettamente a quello del bidet. Il motivo per cui gli inglesi continuano a ignorarne l'esistenza e' stato dibattuto a lungo. Una spiegazione e' stata collegata al puritanesimo protestante, che aborrisce il bidet in quanto simbolo di lavaggi intimi. Non siamo persuasi, dobbiamo dire che piu' probabilmente il bidet viene trascurato perche' gli inglesi sono convinti che, una volta installato, saranno poi costretti a lavarsi. Una certa ritrosia verso questo tipo di attivita', in effetti, sembra dimostrata, nonostante una serie di statistiche (inglesi) si affannino a dimostrare il contrario: pare che in nessuna nazione europea si consumi tanta acqua come in Gran Bretagna dalle 7 alle 9 del mattino. Ora, a parte che un popolo potrebbe amare semplicemente il rumore dell'acqua corrente, dobbiamo ricordare che meta' delle famiglie britanniche possiede un animale domestico: con l'acqua, al mattino, potrebbero lavare quello.”

B) Mangiare e bere in Inghilterra

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ci hanno sempre insegnato, che le abitudini alimentari degli inglesi sono differenti dalle nostre: breakfast (colazione) completo e robusto la mattina; lunch (pranzo) veloce a mezzogiorno; tea-time (il tè delle 5) a metà pomeriggio, seguito da una cena frugale e per niente tardiva. Questo come schema di base che, ad essere sinceri, accusa però gli influssi della globalizzazione e della forte presenza straniera in Gran Bretagna.

Comunque sia, in una tradizionale famiglia inglese, la mattina, “breakfast is breakfast”: accanto al tè e alle altre bevande calde spuntano corn flakes (i fiocchi di cereali da gustare col latte), pane tostato con marmellata d’arancia e riccioli di burro, porridge (una pappetta di orzo e avena), uova strapazzate con bacon (la pancetta affumicata) e le immancabili salsicce (sausages). In alcune zone (soprattutto campagne, località turistiche o marine…), gli stomaci più robusti non disdegnano neppure l’aringa spaccata e affumicata (skipper) e un prelibato finnan haddock, il merluzzo affumicato. Il pranzo si consuma in genere attorno alle 13, ed è concepito come spezzadigiuno, semplice e rapido, spesso a base di panini o tramezzini (sandwiches) con prosciutto o roast-beef, tranci di pizza negli immancabili Pizza Hut o insalate. Nelle città più grandi, con generosi spazi verdi, come per es. Londra, usa anche, nella bella stagione, consumare il lunch al parco, rendendo la pausa più piacevole. Vera e propria istituzione è il tea time, tutti i pomeriggi attorno alle 16.30-17, quando attorno a bollitori fumanti si imbastisce il rito del tè all’inglese, accompagnato da minuscoli pasticcini e mini focaccine, chiamate scones. Attorno alle 19 si consuma invece il dinner, la cena, che, nei ristoranti di buon livello è, in genere, molto curata, sia nell’allestimento della tavola che dei piatti. Si può iniziare con vermouth bianco o sherry per aperitivo; continuare con un antipasto a base di gamberetti, salmone, trota affumicata; un main course , il piatto principale, a base di carne (es. filetto di manzo scozzese, carne ai ferri, prosciutto affumicato, costolette d’agnello o di maiale, con patate bollite e le tradizionali salse piccanti…; coscia, lombo di bue o vitello arrosto). Tipicamente inglese è anche lo steak and kidney pie, lo spezzatino di manzo con rognoni avvolto da pasta sfoglia. Il dessert può essere a base di dolci o formaggio. I formaggi tipicamente inglesi non sono molti, si va dal Cheddar a pasta dura al tenero (sia dolce che piccante) Cheshire allo spalmabile, ma piccantissimo, Stilton. I dolci più comuni sono invece la torta di mele (apple pie), la zuppa inglese (trifle) e il budino caldo (steamer pudding). Sempre nei ristoranti, la frutta viene per lo più servita sotto forma di macedonia e il gelato non manca mai. Il vino è d’importazione (da Francia, Spagna, Germania, Italia, California, Australia) e, per questo, sensibilmente più caro rispetto alla birra e ad altre bevande. Con un buon bicchiere di rosso, es. il Porto, si può anche concludere una cena. Due

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parole, infine, sulla birra inglese, che è decisamente buona e a buon mercato. Si distingue in brown o mild, scura; stout , forte, light o pale, chiara e mild and bitter, mezza scura e mezza amara. I liquori nazionali sono il whisky (prodotto in Scozia) e il gin. Al ristorante è d’uso lasciare una mancia per il cameriere.

C) La tradizione del tè

Il consumo in Gran Bretagna è cresciuto moltissimo tanto che si può parlare del tè come bevanda nazionale inglese, consumata varie volte al giorno e in miscele di diverse qualità, più forte al mattino detta English Breakfast e più leggera al pomeriggio (Traditional Afternoon). Le più famose ed antiche marche che importano e producono le miscele (blend) sono la Twinings e la Fortnum and Mason's, entrambe con sede a Londra. Altre marche famose inglesi sono la Lipton, la Whittard e la Harrods (i grandi magazzini londinesi).

In realtà il tè non è un’invenzione inglese… secondo un'antica leggenda fu l'imperatore cinese Shen Nung a scoprire il tè e sembra che egli avesse l'abitudine di ristorarsi nelle pause dei suoi viaggi con acqua di ruscello riscaldata in un recipiente. All'ombra di un albero alcune foglie caddero nella sua tazza e il sapore lo conquistò.

Nella Cina l'uso del tè risale al III secolo, inizialmente presso le prime comunità monastiche buddhiste, quindi presso i cinesi convertiti al buddhismo, infine diffuso in tutta la società. Il tè fu conosciuto dai Portoghesi, che nel XVI secolo esplorarono il Giappone, e di qui fu importato in Europa dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Qui ebbe un immediato successo: divenne dapprima popolare in Francia ed in Olanda, poi (forse intorno al 1650) ebbe diffusione anche in Gran Bretagna.

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Cup of tea

D La cornamusa in Scozia

La Great Highland Bagpipe (GHB) o cornamusa scozzese è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli aerofoni a serbatoio (o a sacco) come la zampogna dell'Italia centro-meridionale (dalla quale differisce per estensione musicale, tono, volume e tecnica) e come la müsa, la piva e il baghèt dell'Italia settentrionaleSi compone di un "bag" o sacca, originariamente in pelle ma oggi sempre più spesso in materiale sintetico, cui sono collegati un "blowpipe" o insufflatore e quattro canne musicali.

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L'insufflatore è essenzialmente un tubo dotato di una valvola di non ritorno alla base, in cui il suonatore soffia per riempire la sacca. Una volta generata all'interno di quest'ultima una pressione adeguata,lo strumento inizia a suonare. La pressione viene controllata dal suonatore nel corso di una esecuzione, bilanciando l'aria immessa attraverso l'insufflatore e l'aria che esce attraverso le canne musicali tramite l'azione di controllo svolta dall'avambraccio che avvolge la sacca.

Sono molti i Paesi del mondo ad avere una tradizione musicale associata alla cornamusa, ma è solo nelle Highlands scozzesi che questa tradizione è arrivata a svilupparsi in forme paragonabili alla musica classica. È ormai universalmente accettato il concetto che la cornamusa non abbia avuto origine in Scozia, ma piuttosto in Medio Oriente, e che da lì si sia diffusa in tutta Europa, ad opera di musicisti itineranti, nel corso del XII e XIII secolo. Già nel XIV secolo piper itineranti erano presenti nelle comunità rurali della Grecia come dell’Irlanda, in Italia come in Svezia. La data dell’arrivo della cornamusa in Scozia è incerta, ma secondo la maggior parte degli studiosi questa data può essere fissata nel corso del XV secolo. La prima attestazione della presenza di una cornamusa in Scozia si avrebbe comunque nel Testament Of Mr. Andrew Kennedy, pubblicato nel 1508.

Al di là delle immagini stereotipate che identificano la Scozia con il suonatore di cornamusa in gonnellino, è innegabile l’importanza che questo strumento, dal suono inconfondibile e capace di evocare intense reazioni emozionali, ha rivestito (e riveste tuttora) nella storia e nella cultura di questa regione del Regno Unito.

E) Personaggi famosi

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William Shakespeare

Poeta e drammaturgo inglese (Stratford-on-Avon, Warwickshire, 1564- 1616). È considerato uno dei più importanti drammaturghi di sempre. Delle sue opere ci sono pervenuti circa 38 testi teatrali, 154 sonetti e una serie di altri poemi. Tra le tragedie più famose ricordiamo “Romeo e Giulietta” e “Amleto”; tra le commedie: “Sogno di una notte di mezza estate”.

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Charles Robert Darwin (Shrewsbury 1809 - Down House 1882). Naturalista britannico. Dopo mediocri studi ecclesiastici e di medicina si imbarcò come consulente scientifico sulla nave Beagle (1831-1836) per una lunga crociera scientifica soprattutto in Sudamerica, che illustrò nel Viaggio di un naturalista intorno al mondo (1842) e dalla quale riportò una vasta collezione zoologica, botanica e geologica. La teoria evoluzionistica (ovvero sull'evoluzione degli esseri viventi) da lui elaborata diede luogo a un fertilissimo rinnovamento degli studi scientifici e della mentalità. Secondo questa teoria, le modificazioni che di generazione in generazione si manifestano nelle specie animali e vegetali sono determinate in primo luogo dalla selezione naturale che, nella lotta per la vita tra gli individui di una medesima specie, porta alla sopravvivenza, e quindi alla riproduzione, del più idoneo.

Sherlock Holmes Il detective ideato da Arthur Conan Doyle è il personaggio letterario protagonista del maggior numero di film e molti sono gli attori che lo hanno interpretato.

E) Come si dice scuola in inglese?E studente?E professore?

Prova a rispondere

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Paesi Bassi (Olanda)

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Paesi Bassi

• Anno di adesione all’UE: membro fondatore

• Sistema politico: monarchia costituzionale

• Capitale: Amsterdam • Superficie: 41.864 km² • Popolazione: 16,2 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Olandese

I Paesi Bassi, come fa capire il nome stesso, sono un paese molto piatto, di cui un terzo si trova sul livello del mare o al di sotto. Molte zone del paese sono protette dalle inondazioni attraverso dighe e frangiflutti. Gran parte del territorio è stata strappata al mare, come nel caso dei polder del Flevoland che sono l’esempio più recente.

Il parlamento olandese (Staten Generaal) è composto da due camere: la prima, di cui fanno parte 75 membri, è eletta indirettamente e ha poteri solo limitati; la seconda (camera bassa) è eletta direttamente e controlla il governo. In entrambi i casi, i membri sono eletti per quattro anni. Considerato l’equilibrio esistente tra i partiti politici olandesi, tutti i governi sono di coalizione.

L’attività industriale si situa prevalentemente nel settore della trasformazione alimentare, delle sostanze chimiche, della raffinazione del petrolio e delle macchine elettriche ed elettroniche. Anche il settore agricolo dei Paesi Bassi è molto dinamico. Il porto di Rotterdam è il più attivo d’Europa e serve un vasto retroterra che si estende in Germania ed Europa centrale.

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I Paesi Bassi annoverano tra le celebrità nazionali numerosi grandi pittori. Il XVII secolo fu il periodo dei Maestri olandesi del calibro di Rembrandt van Rijn, Johannes Vermeer e Jan Steen. Il XIX e XX secolo non furono da meno, grazie all’impronta lasciata da artisti di rango quali Vincent van Gogh e Piet Mondriaan.

Tra le specialità gastronomiche più conosciute dei Paesi Bassi si segnalano l’aringa cruda, l’anguilla affumicata e la zuppa di piselli, senza dimenticare i famosi formaggi olandesi quali l’edam e il gouda.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi

A) Curiosità su Olanda e olandesi… ● La bicicletta e' in Olanda il mezzo di trasporto per eccellenza. Sole, pioggia, vento, freddo, caldo non fanno alcuna differenza e Il paese è attraversato da migliaia di chilometri di piste ciclabili. Amsterdam e' piena di biciclettai che vendono pezzi di ricambio e riparano i vari danni. Inoltre e' fiorente il noleggio delle bici per studenti e turisti. I ciclisti hanno precedenze su tutto e tutti, percio' ai pedoni si raccomanda la massima attenzione, perche' basta un minimo di distrazione e si finisce sotto le due ruote di qualcuno.

● Gli Olandesi sono alti ma così alti che anche l'arredamento nelle case ed i sanitari nelle toilette rispettano le loro proporzioni. In media un uomo è alto 1.85, 5 ed una donna 1.74,5 ● Si dice che questo popolo sia molto attaccato al denaro e si dice anche che gli Olandesi siano tirchi. Sarà vero?!

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● I Paesi Bassi sono noti soprattutto per i fiori. I campi coltivati con fiori da bulbo nelle province dell'Olanda settentrionale e meridionale raggiungono il loro massimo splendore nei mesi di aprile e maggio, quando i narcisi, i giacinti e i tulipani sono tutti sbocciati. I Paesi Bassi producono il 60% dei fiori coltivati per finalità commerciali al mondo.

● Sembra che i crisantemi arancioni siano molto amati dagli olandesi perché portano fortuna! ● I mulini più belli e caratteristici sono quelli settecenteschi di Kinderdijk, a sud di Rotterdam. Nei sabati di luglio ed agosto alcuni di questi vengono messi in funzione per i turisti.

● Negli inverni particolarmente rigidi viene organizzata in Friesland, nel nord dei Paesi Bassi il ‘Giro delle 11 città', una gara di pattinaggio sul ghiaccio naturale molto conosciuta in tutto il Paese e seguita dai media.

● Territorio: I Paesi Bassi sono uno degli stati più piccoli al mondo. Il Regno dei Paesi Bassi è composto dall'Olanda vera e propria e dalle isole caraibiche delle Antille Olandesi e di Aruba. Spesso si utilizza il termine Olanda per indicare i Paesi Bassi anche se, ad essere precisi, Olanda è il nome solo delle due province della costa occidentale, l'Olanda settentrionale e l'Olanda meridionale, che hanno giocato un ruolo di rilievo nella storia del paese. A partire dal XVI secolo, i mulini non sono stati utilizzati solo per mantenere asciutti i terreni ma anche per prosciugare interi laghi nell'entroterra. In tempi più recenti sono stati sostituiti da stazioni di pompaggio. Il fatto che i Paesi Bassi si trovino sulla costa e che siano situati sugli estuari dei tre maggiori fiumi dell'Europa Occidentale, il Reno, la Mosa e la Schelda, è sempre stato un elemento importante nello sviluppo dell'economia. E con Rotterdam che è il più grande porto al mondo, il paese può giustamente definirsi come la porta d'accesso all'Europa.

B) Mangiare in Olanda

Nelle tradizioni culinarie olandesi si possono trovare molte tracce dei legami con l’Indonesia (un tempo colonia olandese), in quasi tutte le città si può trovare un ristorante indonesiano. Il piatto tipico viene chiamato "rijsttafel" (letteralmente: tavola di riso), permette di assaggiare la cucina indonesiana in maniera tradizionale, una serie di piatti (circa quindici) di carne, pesce e verdure conditi con salse piccanti e speziate o agrodolci, il tutto accompagnato da riso. Altre specialità sono: "nasi goreng" (riso mescolato ad una grande varietà di ingredienti) o il bami goreng (spaghetti di soia con lo stesso tipo di condimento). Anche la cucina olandese è ben rappresentata, anche se non è certo tra le più sofisticate del mondo: un cibo tradizionalmente olandese è l'aringa cruda, che ad Amsterdam viene servita tagliata in piccoli pezzi con cipolle e giardiniera. Gli olandesi sono ghiotti un po’ di tutti i prodotti del mare: trota, salmone, granchio, gamberetti; infatti, molto diffusi sono i piatti di pesce, sia di acqua dolce che di mare, preparati in modo assai semplice e saporito; le cozze

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e le ostriche dello Zeeland o le anguille dell'Ijsselmer sono molto apprezzate. Piatti tipici sono lo "Hustpot" (a base di patate, carote, cipolle e carne), il "Boerenkool met worst" (patate schiacciate con cavolo e wurstel affumicato), i "Pannekoeken" (una pasta a base di uova, farina e latte) e la "Erwtensoep" una zuppa di piselli e i "Poffertijes", piccole crepes da mangiare con zucchero a velo, cioccolata o advocaat (un denso liquore olandese a base di uovo). Per un pasto veloce sono molto amate le kroket, delle crocchette fritte a base di carne.

L'alimento più famoso in Olanda resta però il formaggio. Gli olandesi sono conosciuti anche con il nome di ‘teste di formaggio' e i Paesi Bassi sono i maggiori esportatori di formaggio nel mondo. Il più conosciuto è il Gauda, che può essere gustato nella versione ‘normale', più o meno stagionata, con i semi di Cumino o di Mostarda.

C) Bere in Olanda

Le bevande alcoliche più diffuse nei Paesi Bassi sono la Birra e il Ginepro, in particolare il ginepro al limone e al ribes. Tra i liquori, l'Advocaat. L'aperitivo più richiesto, in particolare, è il ginepro a 38° (borreltje), talvolta con l'aggiunta di un goccio d'angostura o di altri aromi (bittertjie). Al ginepro "giovane" si può preferire quello "invecchiato". E' comunque bevuto anche da solo: il tipo non invecchiato, il jonge jenever, viene spesso miscelato con altri superalcolici nella preparazione di cocktail, mentre l'oude jenever è più adatto come digestivo o ad essere sorseggiato lentamente.

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Pianta di Ginepro

D) Arte e Cultura

Le arti, in ogni loro forma, hanno sempre conosciuto grande vigore nei Paesi Bassi, una nazione particolarmente orgogliosa dei propri prestigiosi musei e dell'imponente varietà di musica classica e innovativa e delle opere teatrali che appronta ogni stagione. Il paese ospita ogni anno anche dei festival delle arti nel corso dei quali vengono presentate produzioni a carattere sia locale sia internazionale. I musei principali sono il Rijksmuseum (o Museo Reale) e il Vincent van Gogh Museum ad Amsterdam, il Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, il Mauritshuis a l'Aia, e il Het Loo Palace ad Apeldoorn. Al Stedelijk Museum di Amsterdam, al Kröller-Müller Museum di Otterlo, al Bonnefanten Museum di Maastricht e al Van Abbemuseum di Eindhoven è possibile ammirare prestigiose collezioni di arte moderna e contemporanea.

Per quanto riguarda le iniziative musicali è da segnalare Il Festival Olandese, che presenta musica d'avanguardia e performing arts ed è famoso in tutto il mondo. Il festival, che si svolge ad Amsterdam ogni anno durante il mese di giugno. L'Early Music Festival, una manifestazione che si tiene ogni anno a Utrecht, presenta musica medievale e barocca eseguita da musicisti di fama mondiale provenienti da ogni paese. Anche la musica jazz e la musica di improvvisazione attirano numerosi spettatori. Il North Sea Jazz Festival, che si tiene ogni anno d'estate a L'Aia, è il festival jazz più importante e più famoso d'Europa. Da non dimenticare è la musica pop con festival che vengono organizzati durante tutto il corso dell'anno, dal Pinkpop a Landgraaf, al Parkpop a L'Aia al Dynamo Open Air in località sempre diverse, per citare solo i più noti.

Per quanto riguarda il teatro, De Dogtroep è una delle compagnie più acclamate e nelle performance unisce musica, mimo e le tecniche dei nuovi media, presentando di frequente grandi produzioni all'estero.

E) Pasqua in Olanda

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In Olanda sulla traccia di quanto hanno poi tramandato in America i loro progenitori, durante la domenica di Pasqua che è celebrata come una grande festa primaverile, i genitori si preparano per il pranzo, decorando le uova soda multicolori con i fiori, che poi, impersonando il coniglietto pasquale, nascondono in giardino per il divertimento dei loro bambini che devono cercarle. Altre uova vengono appese ad un albero nell’orto mentre una corona decorativa è fissata alla porta di casa, l’abitazione si veste a festa con fiori gialli. I bambini, per trovare le uova, utilizzano un stecchino stranamente decorato e conosciuto come palma pasquale fissato ad un cerchio con le bandierine di carta colorate, anelli di zucchero, arancia e uva passa. La specialità gastronomica tipica della pasqua olandese è il Paasbrod un pane dolce farcito di uvetta.

Le preparazioni cominciano l’anno precedente, l’undicesimo giorno dell’undicesimo mese, quando un Consiglio degli undici organizzano sin dal Carnevale il relativo programma. Undici un numero ricorrente che continua a fare da ponte tra la vecchia e la nuova festività, l’11 Novembre è il giorno in cui il “Principe del Carnevale” incontra per la prima volta lo stesso consiglio, undici sono gli spari che annunciano i festeggiamenti, undici è per gli olandesi il numero degli sciocchi per eccellenza ma è anche un numero diabolico perchè è superiore a quello dei dieci comandamenti.

Nella parte est quasi ogni villaggio accende un falò di Pasqua su una collina. La gente si prepara già da qualche settimana prima raccogliendo quanta più legna possibile per dare origine ad un falò che possa essere poi più grande rispetto a quello dei vicini. Pasqua è anche l’evento dello spettacolare: Holland Easter Classic Tournament, uno dei tornei di soccer internazionali più grandi di Europa, grazie alla popolarità raggiunta per effetto della partecipazione di tanti Paesi diversi e organizzati dall’ Expersport, organizzazione autorizzata dalla UEFA.

F) Olandesi famosi

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Anna Frank

E’ stata una delle tante vittime della persecuzione nazista durante la II Guerra Mondiale. conosciuta in tutto il mondo per il suo diario, scritto a 16 anni nel 1940, che ancora oggi rappresenta la cronaca preziosa della tragedia subita dagli ebrei in Europa.

Nata a Francoforte nel 1929, da una agiata famiglia tedesca di origine ebrea, la sua famiglia, dovette fuggire dalla persecuzione dei nazisti in Germania e spostarsi in Olanda, ad Amsterdam, nel 1933. Nella città olandese il padre di Anna, Otto Frank, iniziò a lavorare come dirigente in un'importante azienda. Anna nel frattempo cresceva, arguta, estroversa ed elegante. Con l’invasione tedesca dell’Olanda, la famiglia Frank dovette nuovamente fare i conti con la brutalità nazista. Nonostante le prime restrizioni poste in atto dalla campagna anti-ebraica dei nazisti, le figlie di Otto Frank, continuarono a cercare di condurre una vita sociale e culturale quasi normale, anche grazie alla sensibilità dei genitori.

Senza mai disperarsi i genitori di Anna dovettero organizzare la propria sopravvivenza. Con l'aiuto dei vicini la famiglia si nascose in un piccolo locale del palazzo che dove fino a poco tempo prima lavorava il signor Frank. Il nascondiglio veniva chiamato Achterhuis ed era situato in un vecchio palazzo che dava sul canale di Prinsengracht, al numero 263.

La famiglia Frank, insieme alla famiglia Van Daan con cui condividevano il rifugio, venne arrestata e portata nel campo di concentramento di Westerbork, nella regione di Drenthe, per poi essere trasferiti nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia. Anna e la sorella Margot vennero poi mandate nel campo di Bergen-Belsen, dove morirono di tifo nel marzo 1945, poche settimane prima della liberazione da parte delle truppe alleate. Solo il padre di Anna riuscì a sopravvivere; a lui venne consegnato il diario della figlia, ritrovato nel nascondiglio di Prinsengracht dalla vicina e amica signora Miep Gies.

Il Diario di Anna Frank venne pubblicato ad Amsterdam nel 1947, col titolo originale Het acherhuiscil (Il retrocasa).

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Erasmo da Rotterdam

Figlio illegittimo di un prete, Erasmo nacque come Geer Geertsz il 27 Ottobre 1466 a Rotterdam. Fu ordinato sacerdote nel 1492 e completò quindi i suoi studi a Parigi. Uscito dal convento nel 1493, diventò segretario dell'arcivescovo di Cambrai che cominciò ad accompagnare nei suoi viaggi. Tra il 1495 e il 1521 proseguì i suoi studi in diversi luoghi come Parigi, Basilea e Friburgo. Dal 1499 adottò la vita di uno studioso indipendente, spostandosi da una città all'altra, insegnando e corrispondendo con le menti più insigni dell'epoca.

Cominciò a scrivere attorno al 1500, sia scritti teologici che di altra natura. Tutti i suoi lavori mostrano un bagaglio di sapere immenso e una intelligenza a dir poco brillante, ma allo stesso tempo la sua umanità e il suo senso dell'umorismo. Molti dei suoi primi lavori attaccarono la corruzione e la superstizione all'interno della chiesa e il suo capolavoro "L'elogio della follia", dedicato e ispirato al suo amico inglese Tommaso Moro, fa appello per un ritorno a un cristianesimo più semplice.

Erasmo tradusse molti testi classici e autori cristiani dei primi secoli e anche un'edizione critica della versione greca del Nuovo Testamento.

Durante i suoi 4 viaggi in Inghilterra divenne amico di importanti figure del tempo, come John Colet e il già citato Tomaso Moro, ed ebbe anche il tempo dare lezioni all'università di Cambridge. Ma l'Inghilterra fu solo uno dei suoi innumerevoli viaggi. Visitò e aveva amici in Francia, Germania, Svizzera e anche in Italia (dove stette per lo più a Torino e a Venezia).

Erasmo morì a Basilea il 12 Luglio 1536

Vincent Van Gogh

Vicent Van Gogh nasce a Groot Zundert, nei pressi dell'Aia, in Olanda, nel 1853. Suo padre è un predicatore protestante e svolge la sua missione alla corte dell'Aia. L'infanzia di Vincent si manifesta ben presto come buia e solitaria, si sente incompreso ma sente anche molto forti le

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suggestioni della vocazione predicatoria e ha a cuore le sorte dei contadini, dei poveri e degli umili. Sarà questa la strada che lo porterà alla ricerca di una vocazione e a vivere nelle case dei poveri, dormendo e mangiando con loro, meritandosi non poche critiche da parte del padre. In seguito allo scandalo scatenato dai suoi atteggiamenti compassionevoli, Vincent si trasferisce dapprima a Londra, dove vive di espedienti e dopo un breve periodo a Parigi, dal fratello Theo. Il fratello è un giovane mercante d'arte ed è legato da profondo affetto a Vincent: sarà lui l'unica persona ad essergli vicina nei momenti di difficoltà e con il quale intratterà una fitta e lucida corrispondenza fino alla fine. Vincent inizia a lavorare con il fratello ma ben presto inizia a dedicarsi alla pittura. A Parigi conosce Seurat e gli impressionisti, dapprima ne rimane affascinato ma si rende ben presto conto che il circolo artistico parigino è molto chiuso, non vi è posto per lui. Vincent è di nuovo isolato.

Si trasferisce ad Auvers-sur-Oise, in Provenza, dove acquista una casa e dove dipingerà la maggior parte delle sue opere. Lo viene a trovare l'amico Gauguin, ma appena egli riparte Vincent è preso da un forte sconforto. Iniziano per lui i primi segni di disagio, di depressione. In un attimo di follia Vincent si toglie la vita sparandosi un colpo di pistola. Muore solo, con la compagnia delle sole lettere del fratello Theo. In tutta la sua vita vende un solo quadro. E' il 1890.

Opera di Van Gogh

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Polonia

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Polonia

• Anno di adesione all’UE: 2004

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Varsavia • Superficie: 313.000 km² • Popolazione: 38,2 milioni • Valuta: zloty • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: polacco

La parte settentrionale della Polonia, che si estende fino al Mar Baltico, è costituita quasi totalmente da bassipiani mentre i Carpazi (compresi i monti Tatra) formano il confine settentrionale. La Masuria è la regione dei laghi più vasta e visitata della Polonia.

La Polonia ha una storia ultra-millenaria. Nel XVI secolo era uno dei paesi più potenti d’Europa. Il re Giovanni III Sobieski di Polonia ruppe l’assedio ottomano a Vienna nel 1683, soffocando la minaccia di un’eventuale occupazione dell’Europa occidentale.

La Polonia è un paese ricco di risorse minerali naturali, quali la salgemma. La miniera di sale di Wieliczka forma una vera e propria città sotterranea, dotata di ospedale, teatro, chiesa e bar! Tutto è fatto di sale: dalle scale ai lampadari.

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L’attuale costituzione della Polonia risale al 1997. Il presidente è eletto con voto popolare per cinque anni. I 460 membri della camera bassa del Parlamento (Sejm) e i 100 membri del Senato sono eletti a suffragio diretto mediante un sistema di rappresentanza proporzionale e restano in carica per quattro anni.

Tra le specialità gastronomiche tradizionali della Polonia si segnalano la zuppa di barbabietole, gli involtini di cavolo (foglie di cavolo ripiene di carne e riso) e i pierogi (una sorta di ravioli ripieni, ad esempio, di cavolo e funghi).

Tra le celebrità polacche si possono citare l’astronomo Copernico, il compositore Chopin, la scienziata Marie Curie-Sklodowska, i registi Roman Polanski e Krzysztof Kieslowski, Papa Giovanni Paolo II.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Luoghi comuni…vero o falso?! Dio, l’onore, la Patria – questo motto ha animato gli animi dei polacchi di intere generazioni che hanno lottato non solo per la propria libertà ma anche per quella dei popoli amici. Il loro animo è caratterizzato da lealtà e generosità. Lo hanno dimostrato numerose volte: durante l’assedio di Vienna, durante la campagna napoleonica, durante la battaglia aerea in Inghilterra. …A volte si fanno troppo prendere dalle emozioni e rischiano di apparire eccessivamente irruenti… Come tutti i popoli slavi sono molto sentimentali, vivono la vita con passione ma anche con un pizzico di timidezza. Per gli amici e la famiglia sono pronti a tutto –anche a togliersi di dosso l’ultima camicia rimasta! Con le donne sono galanti; ma anche se danno loro il diritto di precedenza di fronte ad un ingresso…nella vita lavorativa tendono ancora ad essere un po’ prepotenti e ad ostacolare la loro carriera professionale… stanno comunque facendo dei progressi in questo senso!! Le donne polacche sono, dal loro punto di vista, le più belle del mondo…ma soprattutto se la sanno cavare in ogni situazione! Durante gli anni di regime comunista erano loro a dover garantire ogni genere di prima necessità alla propria famiglia. Si diceva, all’epoca, che la donna-mamma polacca

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era circondata da buste della spesa e da bambini. Oggi questo modello di famiglia tradizionale è stato superato. Nonostante il destino con la loro nazione non sia stato clemente, hanno un alto concetto di se stessi e si sentono molto cosmopoliti. …infatti a causa delle loro vicende storiche, hanno avuto a che fare con numerose nazioni!. I polacchi presenti all’estero sono tantissimi - circa 27 milioni. Sono ovunque – dall’Antartide a Kamchatka.

B) Mangiare e bere in Polonia

La cucina polacca è una miscela creativa di tradizioni culinarie slave e forestiere.

Il ruolo giocato dalle spezie non trova uguali nel resto d’Europa.

Robusti piatti a base di carne, patate, cereali e zuppe di pesce assicurano l’apporto nutritivo indispensabile per il rigore degli inverni nordici.

Nelle abitudini alimentari polacche spicca la generosità della prima colazione (sniadanie) a suon di sandwiches, burro, prosciutto, uova, salsicce e caffé alla turca, mentre la cena (kolacja) è un pasto del tutto leggero con tramezzini, uova e un epilogo di cioccolata calda.

Bevanda di popolarissimo consumo è la birra; la vodka, invece,è riservata alle grandi occasioni.

C) Tradizioni in Polonia

I polacchi sono molto ospitali e benché alcune tradizioni tipiche della vecchia nobiltà come quella di rapire i viaggiatori per poi trattenerli per intere settimane nelle proprie case siano andate per fortuna in disuso, in Polonia vige sempre la regola secondo la quale per i propri ospiti tutto è lecito. In Polonia persistono alcune tradizioni considerate dagli altri popoli un po’ antiquate. Una tra le usanze, di origine spagnola, totalmente andata in disuso in altri parti d’Europa, è il baciamano nei confronti delle donne. In origine questa era una forma di rispetto nei confronti delle alte autorità o dei vescovi. Il Battesimo, il matrimonio e i funerali sono vissuti molto intensamente dal popolo polacco. I bambini vengono avvolti in panni bianchi e viene loro regalato, in occasione del battesimo, un cucchiaino d’argento. Il tradizionale matrimonio polacco viene preceduto da un ufficiale fidanzamento durante il quale i genitori dei giovani benedicono l’unione dei figli. In alcune regioni, prima del matrimonio, le giovani donne raccolgono pezzetti di vetro da mettere sotto le proprie finestre, in altre esisteva l’usanza di tagliare le trecce alle neo-spose. Al giorno d’oggi niente di tutto ciò accade più…solo il lancio del bouquet persiste nell’usanza comune. L’attaccamento alle tradizioni è visibile soprattutto nelle campagne e nei piccoli villaggi dove si accolgono tuttora i “koledniki” (persone che vanno di casa in casa, in occasione delle Festività natalizie, per intonare canti pastorali), dove nel mese di maggio si cantano canzoni popolari davanti alle cappelle dedicate alla Madonna e dove si appende alle case neo-costruite del fieno perché considerato di buon auspicio.

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Grandi tradizionalisti sono i montanari che indossano pantaloni imbottiti di lana e che portano cappelli ai quali attaccano delle piume. In estate i pastori si trasferiscono nelle case di campagna con il bestiame , mentre le donne di Chocholowa, due volte all’anno prima del Corpus Domini e S.Giacinto “verniciano” le case. Una volta arrivati in Polonia è bene prendere nota di alcune piccole usanze e abitudini: 1) la prima volta che ci si reca in visita a casa di conoscenti, vengono senz’altro offerte delle pantofole da indossare in casa

2) Se si è invitati a pranzo è meglio andare a stomaco vuoto: sarebbe estremamente difficile riuscire ad assaggiare tutte le prelibatezze della cucina locale.

3) Se non si fa uso di alcolici, occorre dichiarare la propria astinenza con molta fermezza perché il solo dire “no”…non basta!

4) Se si fa uso dei mezzi pubblici occorre ricordarsi che vige una sorta di legittima gerarchia in Polonia: i giovani cedono i posti agli anziani, gli uomini alle donne.

5) E’estremamente gradito il baciamano, soprattutto tra le generazioni più anziane.

6) Se si mangia nei ristoranti è buona norma lasciare una mancia pari ad almeno il 10% dell’ammontare che si è speso

Di usanze simili a queste ve ne sono molte altre …L’importante è rendersi conto del fatto che il popolo polacco è caratterizzato da uno spiccato altruismo nei confronti degli altri. Negli anni bui di cui sono stati protagonisti hanno maturato un grande senso di solidarietà nei confronti del prossimo. Questo è uno dei motivi per cui il 95% dei polacchi sposa la fede cattolica. Le feste religiose - soprattutto il Natale e la Pasqua - vengono molto sentite interiormente. Durante le Festività ciascuna famiglia polacca trascorre almeno 3 giorni interi insieme a banchettare.

D) Natale in Polonia

In Polonia le feste natalizie iniziano con l'apparizione della prima stella del cielo, la sera della vigilia (la vigilia di Natale è infatti chiamata Festa delle stelle). I bambini spiano ansiosamente il cielo e, appena appare il primo brillio tutti si mettono a tavola. La gente rimane digiuna tutto il giorno, per prepararsi alla festa. Gruppi di bambini mascherati da Re Magi, diavoli, angeli, pastori vanno di porta in porta a chiedere qualche soldino o dolcetto. Prima di cominciare a mangiare si fa circolare una sottile fetta di pane azzimo, chiamato "opplatek", raffigurante le immagini di Maria, Giuseppe e di Gesù Bambino.

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Ognuno prende un pezzetto di opplatek. Un tempo in campagna, c'era l'abitudine di darne un po' anche agli animali della fattoria; oggi invece se ne dà solo agli animali domestici che vivono in casa. La tavola é sempre festosamente apparecchiata; sotto la tovaglia, però, c'é sempre un sottile strato di paglia, per ricordare a tutti, che Gesù é nato in una stalla e si usa fra i bambini tirare le pagliuzze e, quella presa che sarà la più lunga indicherà longevità. Un tempo le ragazze usavano mettere il pettine sotto al cuscino la notte di Natale e, colui che in sogno le avrebbe pettinate, sarebbe diventato il futuro sposo.

A tavola poi, restano sempre posti liberi, nel caso in cui arrivasse un invitato a sorpresa all'ultimo momento. La rappresentazione della natività é allestita su due piani, una specie di scenario portatile chiamato " szopka". Nel primo é rappresentata la Natività, in quello inferiore le scene degli eroi nazionali. Sono celebri i presepi di Cracovia, esposti anche a Roma; sono altissimi, ornatissimi e simili a cattedrali. La cosa più bella del Natale polacco sono i canti; soprattutto i Kolenda, la maggior parte dei quali risalgono al periodo barocco. Il giorno di S. Stefano, protettore della Polonia, i contadini portano in chiesa l'avena per la benedizione e per lanciarla contro il parroco come si faceva in tempi lontani.

E) Polacchi famosi

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Niccolò Copernico

(Mikołaj Kopernik in polacco, Nicolaus Copernicus nei testi antichi ed internazionali) (Toruń, 19 febbraio 1473 – Frombork, 24 maggio 1543) è stato un astronomo polacco famoso per aver portato all'affermazione della teoria eliocentrica, contribuendo così alla Rivoluzione astronomica. Fu anche un canonico, un giurista, un governatore, un astrologo ed un medico. La sua teoria - che propone il Sole al centro del sistema di orbite dei pianeti componenti il sistema solare - riprende quella greca di Aristarco da Samo dell'eliocentrismo, la teoria opposta al geocentrismo, che voleva invece la Terra al centro del sistema. Merito suo non è dunque l'idea, già espressa dai greci, ma la sua rigorosa dimostrazione tramite osservazioni di tipo razionale e matematico.

Giovanni Paolo II (1920-2005)

Il polacco piu’ famoso del mondo, nato a Wadowice col nome di Karol Jozef Wojtyla. Alla sua

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elezione, nel 1978, e’ diventato il primo papa straniero dopo la reggenza dei pontefici italiani durata 455 anni. Il suo pontificato e’ stato caratterizzato da numerose riforme all’interno della Chiesa e dal cambiamento del suo profilo internazionale. Ha compiuto molti viaggi all’estero mentre i suoi incontri con i fedeli attiravano uno straordinario seguito. Il papa ha promosso una politica del dialogo con i capi dei vari stati e di altre religioni.

Fryderyk Chopin

Genio musicale dell‘800, trascorse la maggior parte della sua vita a Parigi. Un compositore del romanticismo che cambio’ per sempre il mondo della musica classica. Il suo stile espressivo si riflette in due concerti per pianoforte e altre opere minori

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Marie Curie Sklodowska (Varsavia 1867-Parigi 1934)

Marya Sklodowska fu l’ultima di cinque figli. Il padre, Wladimir Sklodowski era insegnante di scienze in una scuola secondaria. Quando Marya aveva otto anni morì la sorella maggiore e due anni più tardi morì la madre di tubercolosi. Al termine degli studi, siccome in Polonia in quel periodo le donne non avevano accesso all’istruzione di livello superiore, Marya si rivolse ai cosiddetti circoli di autoeducazione; si trattava di gruppi di studenti che, affascinati dalle scoperte della tecnologia, della fisica e della chimica avvenute in quegli anni, cercavano di insegnarsi a vicenda scienza e tecnologia. All’età di diciotto anni decise di trovare impiego come governante, sperando di risparmiare a sufficienza per recarsi a studiare a Parigi, dove si sarebbe ricongiunta con la sorella Bronya. Dopo quattro anni trascorsi lavorando come governante, Marya tornò a Varsavia dove terminò le sue letture di fisica e matematica con un periodo di addestramento presso un piccolo Museo dell’industria e dell’agricoltura, che le permise di accedere all’università di Parigi. Libera da ogni distrazione ottenne il massimo dei voti e si laureò in fisica nel 1893 ed in matematica nel 1894. In seguito a tali risultati ottenne una piccola borsa di studio per un progetto di ricerca sul magnetismo. Per la ricerca le fu consigliato di rivolgersi a Pierre Curie (1859 – 1906), un giovane brillante che insegnava a Parigi presso la Scuola Municipale per la Fisica e Chimica Industriali, che si era già distinto per gli studi condotti sul magnetismo e per la scoperta, insieme al fratello Jacques, della piezoelettricità, ovvero della proprietà di alcuni cristalli di polarizzarsi elettricamente, se sottoposti a sforzi meccanici. Marya Sklodowska e Pierre Curie si sposarono nel 1895 ed insieme intrapresero le ricerche sulla radioattività che, nel 1903 permisero loro di vincere, insieme a Becquerel, il premio Nobel per la fisica. Pierre Curie morì nel 1906 in un incidente stradale. Marie, dopo un periodo di inattività, riprese gli studi e, nel 1911, ricevette il premio Nobel per la chimica (per la scoperta del radio).

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Roman Polanski

Pseudonimo di Roman Liebling (Parigi, 18 agosto 1933), è un regista, attore e sceneggiatore polacco naturalizzato francese.

La sua famiglia, di religione ebraica, tornò nel 1937 in Polonia in seguito al crescente antisemitismo che si stava sviluppando in Francia. Venne però lì rinchiusa nel ghetto di Varsavia, dal quale Roman riuscì a fuggire; sua madre morì invece nel campo di sterminio di Auschwitz.

E) Come di dice “Ciao” in Polacco?

Cześć

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Portogallo

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Portogallo

• Anno di adesione all’UE: 1986

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Lisbona • Superficie: 92.072 km² • Popolazione: 10,4 milioni • Valuta: euro • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Portoghese

Il Portogallo, paese che vanta una ricca storia di navigazione marittima e scoperte, si affaccia dalla penisola iberica sull’Oceano Atlantico. La storia del Portogallo ha avuto un impatto duraturo sulla cultura del paese: l’influenza moresca ed orientale sull’architettura e sulle arti è notevole.

Negli ultimi tremila anni si sono susseguite numerosissime civiltà in Portogallo. Le culture fenicia, greca, celtica, cartaginese, romana e araba hanno tutte lasciato tracce. Nel XV secolo gli intrepidi esploratori marittimi portoghesi, guidati da Vasco de Gama, hanno scoperto nuovi territori, che hanno a poco a poco portato alla nascita di un vero e proprio impero portoghese d’oltremare.

Il presidente del Portogallo, eletto a suffragio universale per cinque anni, ha poteri limitati. Il Parlamento è composto da 230 membri, eletti per quattro anni.

L’università di Coimbra, fondata nel 1290, è una delle più antiche d’Europa. Tra i più celebri poeti portoghesi si ricordano Luís de Camões e Fernando Pessoa.

Durante l’estate, più precisamente nel mese di giugno, si svolgono in tutto il paese feste patronali in celebrazione di tre santi, denominati Santos Populares (santi popolari). La musica e le danze folkloristiche, soprattutto il malinconico fado, continuano ad essere molto sentiti.

Tutte le regioni del Portogallo hanno dei piatti tradizionali, consistenti in diversi tipi di carne e frutti di mare, comprese le centinaia di varietà per cucinare il piatto nazionale: il baccalà.

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Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Luoghi comuni…vero o falso?!

In Italia si usa l’espressione “non fare il portoghese” per dire che una persona è un po’ taccagna! Ma sarà vero che i portoghesi sono così attaccati al denaro?

In realtà l’origine dell’espressione “fare il portoghese” risale al secolo XVIII: l'ambasciata del Portogallo a Roma, per festeggiare un avvenimento, aveva indetto una recita al teatro Argentina per la quale non erano stati distribuiti i biglietti d'invito; bastava presentarsi come "portoghesi"…ovviamente tanti romani si presentarono al botteghino, parlando con un perfetto accento italiano e sostenendo di essere portoghesi!

B) Il simbolo del Portogallo: il gallo

Non tutti sanno che il simbolo del Portogallo è un gallo, per la precisione un galletto in ceramica colorato e decorato con simboli di cuori. Questi galletti sono prodotti per la maggior parte nella città portoghese di Barcelos.

La storia del simbolo del Portogallo è legata a una leggenda, che narra di un pellegrino diretto verso Santiago de Compostela in Spagna, il quale venne accusato ingiustamente di furto e processato. Il pellegrino invocò San Giacomo e come segno della propria innocenza, durante il processo, riuscì a far cantare un gallo: era il gallo arrosto che il giudice stava per mangiare.

Come segno di devozione il pellegrino realizzò in terracotta una formella raffigurante un gallo, che sarebbe diventato il simbolo del Portogallo: il galletto in ceramica colorato.

Un galletto in ceramica, simbolo del Portogallo

C) Mangiare in Portogallo

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Il piatto di pesce nazionale del Portogallo è il bacalhau (baccalà) con cui i portoghesi hanno avuto per anni un rapporto quasi mistico tanto che si dice che una casalinga lusitana conosca 365 ricette diverse di bacalhau, e che se le prepara tutte nel corso di un anno la sua famiglia non avrà di che lamentarsi.

Altre specialità di pesce sono le sardine alla griglia cotte direttamente sulla brace, il pesce spada, pesce spatola, calamari, seppie, polpo etc. Il pesce si mangia soprattutto nella regione delle Algarve, che è al sud del paese. Nel Nord del paese invece sono tipiche le zuppe di pesce.

I portoghesi mangiano poi molta carne di maiale tra cui soprattutto il maialino da latte arrosto e il pollo alla griglia. Il bello è che quando i portoghesi mangiano il maiale non scartano nulla.

Tra i dolci del Portogallo non si possono non ricordare i Pastéis de Nata (le tipiche tartine alla crema) e l’Arroz doce (budino di riso al limone e alla vaniglia).

D) Bere in Portogallo

Il Portogallo è soprattutto famoso per il porto, un liquore di cui si possono gustare diverse varietà tra cui una delle più conosciute è il Vintage, prodotto con uve di un’unica vendemmia di qualità eccellente; prima di essere messo in tavola viene invecchiato per decenni.

Fra i vini da tavola c’è il vinho verde, che è un vino giovane e leggermente frizzante quasi sempre bianco.

Tipica è anche l’aguardente, acquavite, che si ottiene quasi con qualsiasi cosa si abbia a portata di mano.

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Anche il caffè è una bevanda molto importante in Portogallo, da bere seduti e raramente al bancone. Una curiosità: per avere un caffè ristretto in Portogallo basta chiedere: “uma italiana”!

E) Natale in Portogallo

Il Natale portoghese, come in tutti paesi latini, è molto sentito e innumerevoli sono le tradizioni che lo caratterizzano. Le strade iniziano ad addobbarsi già alla fine di novembre e le case non mancano di essere illuminate da luci e alberi colorati

A Lisbona, ogni anno viene addobbato un albero di Natale grandissimo, collocato solitamente nella Placa do Commercio, che illumina tutta la città.

Albero di natale a Lisbona, il più grande d’Europa

Le vie cittadine sono illuminate e attirano la gente a fare gli acquisti natalizi, soprattutto nelle botteghe d’artigianato. Anche le cerimonie religiose sono estremamente importanti. Innanzitutto, la sera della Vigilia si usa riunirsi con i parenti e mangiare piatti molto costosi e particolari.

La tradizione portoghese vuole che la gente prepari delle tavole imbandite di dolci e varie prelibatezze, da lasciare sul tavolo anche dopo la cena. La tavola apparecchiata resta li per tutta la notte perché si dice che lo spirito dei defunti giri per tutta la notte di Natale. Dopo la saziante cena i portoghesi si recano in Chiesa, dove assistono alla Messa del Gallo, così chiamata perché la leggenda dice che quando nacque Gesù il gallo cantò. I bambini costruiscono delle fiaccole di ginepro e vanno in processione con le fiaccole accese, fino all’entrata in chiesa.

Tornati dalla Messa del Gallo, le persone si abbuffano di dolci, noci, torte, biscotti fritti e soprattutto del Bolo Rei, il dolce tradizionale portoghese che viene messo al centro del tavolo.

F) Lo sport nazionale

La vera e propria ossessione nazionale portoghese è il calcio tanto che addirittura l’economia del paese si arresta davanti ad una partita, e tutti i bar e ristoranti hanno i canali sincronizzati sull’incontro.

La febbre per il calcio ha raggiunto il suo apice negli europei del 2004, l’anno in cui il FC Porto si è aggiudicato la Champions League. In occasione degli Europei sono stato ricostruiti e rimodernati gli stadi.

G) Il fado

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Nella musica l’elemento fondamentale della tradizione portoghese sono i canti popolari, che si possono ascoltare nelle feste di paese e che sono accompagnati da chitarre, violini, clarinetti, armoniche e vari strumenti a percussione in legno. Il genere musicale che distingue il Portogallo in tutto il mondo è il fado (fato), canzoni piene di malinconia che risalgono dai canti africani uniti alla tradizione dei trovatori. Di solito vengono interpretate a gruppi di tre ed accompagnate da una guitarra portoghese a 12 corde.

Una cantante di Fado

H) Portoghesi famosi

Fernando Pessoa

Fernando António Nogueira Pessoa (nato a Lisbona il 13 giugno 1888 e morto a Lisbona il 30 novembre 1935) è stato un famoso poeta e scrittore portoghese.

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Vasco da Gama

Vasco da Gama (Sines 1469 - Cochin 1524), esploratore e navigatore portoghese, fu il primo europeo a raggiungere l’India circumnavigando l’Africa.

I Madredeus

I Madredeus sono un gruppo musicale portoghese, ormai di rilievo internazionale, la cui musica combina le influenze del fado con la musica folk moderna.

Amalia Rodrigues

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Amália Rodrigues, nome completo Amalia da Piedade Rebordão Rodrigues (Lisbona, 23 luglio 1920 – Lisbona, 6 ottobre 1999), è stata una famosa cantante di fado portoghese.

I) Come di dice” grazie” in portoghese?

Obrigado

Repubblica Ceca

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Repubblica ceca

• Anno di adesione all’UE: 2004

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Praga • Superficie: 79 000 km² • Popolazione: 10.3 milioni • Valuta: corona ceca • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Ceco

La Repubblica ceca è uno Stato indipendente dal gennaio 1993, dopo la scissione della Cecoslovacchia. Prima della seconda guerra mondiale, la Cecoslovacchia era uno dei dieci paesi più industrializzati del mondo, nonché l’unico paese dell’Europa centrale a rimanere una democrazia fino al 1938.

La capitale del paese, Praga, ha oltre mille anni di vita ed è ricca di monumenti architettonici in stili diversi. Proprio per questo la città è diventata il set cinematografico preferito di molti registi internazionali.

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L’industria manifatturiera continua ad essere un’attività economica di rilievo, soprattutto i settori della fabbricazione di automobili, macchine utensili e prodotti di ingegneria. Le industrie siderurgiche occupano un ruolo importante nella regione della Moravia. Le principali produzioni agricole sono: il mais, la barbabietola da zucchero, le patate, il frumento, l’orzo e la segale.

Le colline e le montagne, che costituiscono circa il 95% del paese, ne fanno il luogo ideale per sci, mountain bike e trekking. Nel vasto territorio forestale sono presenti cinghiali selvatici e volpi.

La Repubblica ceca produce una birra famosa in tutto il mondo e acque minerali da oltre 900 sorgenti naturali – un record a livello internazionale. Nelle regioni meridionali della Moravia e in parte della Boemia si produce il vino. Tra i piatti tradizionali si segnalano, ad esempio, i knedlíky, ossia gnocchetti di patate o pane.

Tra le celebrità ceche si ricordano il pittore art nouveau Alfons Mucha, i compositori Antonin Dvořák e Bedřich Smetana e lo scrittore Milan Kundera.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Curiosità sui cechi ● Il cubetto di zucchero è stato inventato nella città ceca di Dacice nel 1843 ● La parola 'robot' viene dal ceco 'robota' (lavoro) ● Le lenti a contatto sono state inventate in Cecoslovacchia dal professor Otto Wichterle nel 1961 ● I cechi sono la popolazione che consuma il maggior numero di litri di birra pro capite

B) Mangiare e bere in Repubblica Ceca

La cucina ceca è fondamentalmente mitteleuropea, con influenze tedesche, ungheresi e polacche.

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Il pensiero corre subito a Praga e quindi al piatto più conosciuto, il celebre prosciutto che solitamente viene servito accompagnato da una crema a base di panna e kren (rafano). La cucina ceca è in effetti il trionfo del maiale, con la Zelnacka, un piatto che sposa cavolo e lardo, i Knedlo-Zelovepro, gnocchi di pane, carne di maiale arrosto e crauti, simili ai canederli altoatesini, ma più robusti, Veprovà zelim, carne di maiale insaporita da cumino e aglio. Quasi onnipresenti gli Knedliki, gnocchetti a base di farina, lievito e pane talvolta accompagnati da altri ingredienti quali la carne. Questi Knedlìki possono sia costituire la base di piatti più elaborati che servire da contorno. La Repubblica Ceca ha dunque una cucina forte, influenzata dai gusti e dai sapori dei paesi confinanti (e dominanti) come l'Austria, che la lasciato soprattutto deliziose tracce nel campo dei dessert. In tutto il Paese cioccolato, strudel e crostate di frutta sono la costante di un buon fine pasto.

I pasti vengono solitamente accompagnati da birra, rinomata quella di Pilsen, la Boemia e la Moravia producono anche vini gradevoli.

Tra gli alcolici si segnala la Becherovka, brandy d'erbe, e le diffusissime slivovice (acquavite di prugne) e merunkovice (acquavite di albicocca).

C) Arte e Cultura in Repubblica Ceca

La Repubblica Ceca, e soprattutto Praga, è stata per secoli il centro della cultura europea. La Repubblica Ceca ha dato un contributo più che significativo alla cultura europea un po' in tutti i campi, dalla musica alla letteratura all'arte. Nella musica le opere di Antonin Dvorák, Bedrich Smetana and Leos Janácek sono conosciute ed apprezzate in tutto il mondo. Wolfgang Amadeus Mozart visse e lavorò a Praga, dove si tenne la prima del "Don Giovanni", nel 1787. L'Orchestra Filarmonica Ceca è una delle più famose al mondo.

La ricca tradizione letteraria ceca vede tra i suoi rappresentanti più illustri Franz Kafka, Jaroslav Hašek e Milan Kundera. A testimonianza dell'amore e dell'interesse per la letteratura ogni anno a Praga in marzo si tiene il festival internazionale degli scrittori, che nell'edizione 2004 era dedicato a Joseph Roth ed ha visto intervenire famosi scrittori internazionali come H.M. Enzensberger e N. Ginzburg. Tra i più noti artisti cechi il pittore Petr Brandl e Alfons Mucha, pittore e posterista art Nouveau, mentre il cinema ha prodotto nomi come Miloš Forman, Jan Sverák and Jirí Menzel.

Lungo tutto l'arco dell'anno hanno luogo delle manifestazioni, eventi e festival che spaziano dalla musica classica e contemporanea all'arte, al teatro, al balletto e all'opera. Anche lo sport è molto amato ed ha portato vari atleti cechi al successo internazionale, tra cui Martina Návratilová, Ivan Lendl and Emil Zátopek. Lo sport di squadra più popolare è l'hockey su ghiaccio e negli ultimi anni la squadra ceca ha avuto notevoli risultati con la vittoria del campionato mondiale 1999, 2000 e 2001 oltre alla medaglia d'oro durante le olimpiadi del 1998.

Punto di incontro di varie culture, città cosmopolita, Praga è una citta aperta e vitale e altrettanto lo sono i suoi abitanti, cortesi e disponibili, una città museo, una città da vivere giorno e notte, con i suoi pub letterari e i tradizionali caffè che espongono spesso opere di artisti di tutto il mondo.

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La seconda città del Paese è Brno, seguita da Ostrava, entrambe città universitarie. Brno, situata all'incontro dei due fiumi Svratka e Svitava, è una metropoli industrializzata, famoso centro commerciale ma anche scientifico e culturale, nota per la grande quantità di fiere che vi hanno luogo, la più famosa delle quali è l'Esposizione Internazionale di Ingegneria. Brno è nota inoltre per il teatro alternativo e

d'avanguardia e per il Festival d'Autunno.

Ostrava, altra importante città universitaria, punto di incontro tra la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Polonia, da sempre nota come il "cuore d'acciaio" del Paese per le miniere che vi si trovavano, ha conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo incredibile riportando alla luce anche un bel centro storico. Ostrava è situata in un'area particolarmente affascinante ed ospita un importantissimo festival di teatro "Ostravar", due festival musicali "Colori di Ostrava" e lo Janacek festival e la più grande libreria ceca, in un 'area totale di 3000 mq,

Praga, ma in generale tutto il Paese, offre molte opportunità agli studenti, sia per lo sport che per la cultura, a partire dai campus universitari.

D) Natale in Repubblica Ceca

Per molti il 24 dicembre (Štědrý den) è il giorno più piacevole dell'intero periodo natalizio. Il nome ceco significa letteralmente "Giorno generoso", probabilmente per l'abbondanza di cibo che viene tradizionalmente servita durante la cena di Natale. Anche le famiglie più povere fanno si che i loro piatti siano pieni in questo giorno dell'anno.

Il 24 dicembre ricorre l'onomastico di Adamo ed Eva. Si addobba l'albero di natale e in molte famiglie fervono i preparativi per la cena di natale. La vigilia di Natale è associata a molte superstizioni che solitamente hanno a che fare con la vita, l'amore ed il destino che ci aspetta nell'anno a venire. Secondo un'usanza natalizia ceca, bisogna digiunare per l'intero giorno per vedere il "maialino d'oro" (zlaté prasátko) la sera.

La cena viene solitamente servita dopo il tramonto (tradizionalmente non dovrebbe essere servita fino a dopo che la prima stella sia apparsa) e consiste in carpa e insalata di patate, a volte preceduta da funghi, crauti o zuppa di pesce. La carpa natalizia viene allevata appositamente in laghetti artificiali e poi venduta in grandi vasche piazzate sulle strade e le piazze delle città qualche giorno prima di Natale. Si suppone che la carpa possa essere preparata in un centinaio di modi diversi... La cena finisce con un dolce, come lo strudel di mele. Un tradizionale pane natalizio chiamato vánočka (simile all'ebraico challa) accompagnava in passato la cena di Natale ma oggi ha perso gran parte della sua connotazione natalizia e lo si può trovare tutto l'anno.

Dopo la cena, attorno al tavolo si intonano canzoni natalizie e la famiglia si sposta vicino all'albero di Natale magnificamente illuminato. Per quell'ora i regali sono stati messi sotto l'albero. I bambini cechi credono che i regali di Natale siano portati da Gesù Bambino (Ježíšek) che, a differenza di Babbo Natale, è una figura piuttosto astratta e non è collegata a nessuna immagine particolare (sebbene nelle settimane precedenti il Natale riceva, proprio come Babbo Natale, le numerose letterine dei bambini).

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Alcune famiglie concludono la vigilia di Natale recandosi alla messa di mezzanotte (půlnoční mše) nella chiesa locale.

Il giorno di Santo Stefano (il 26 dicembre) tradizionalmente i bambini, gli studenti, gli insegnanti ed i poveri dovrebbero girare le case della gente cantando canti di Natale. Oggi invece le famiglie stanno a casa e si rilassano o fanno visita a parenti ed amici per condividere con loro questo speciale momento.

E) Cechi famosi

Milan Kundera, scrittore

Milan Kundera (Brno, 1º aprile 1929) è un poeta, saggista e romanziere ceco, naturalizzato francese. Studia filosofia e musica a Praga. Suo padre, Ludvik , era un famoso pianista ed anche il giovane Kundera si è cimentato nella musica, soprattutto jazz. L'elemento musicale farà sempre parte dei futuri scritti dell'autore.

Nel 1958 si laurea alla Facoltà di Arti Cinematografiche AMU, dove in seguito terrà corsi di letteratura.

Nel 1948, ancora studente, si iscrive al Partito comunista, ne viene espulso nel 1950 per divergenze d'opinione; ma nel 1956 si iscrive di nuovo. Partecipa inoltre al movimento della Primavera di Praga, e per questo viene licenziato e gli viene tolta la cittadinanza cecoslovacca.

Rifugiatosi in Francia, dove vive tuttora con la moglie Vera Hrabankova, insegna all'Università di Parigi e di Rennes.

Sebbene dopo l'espulsione dal suo Paese le sue opere vi siano state proibite, Kundera continuerà a scrivere in ceco fino ad epoche recenti.

Tra le sue opere ricordiamo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, romanzo che si svolge a Praga negli anni intorno al 1968 e descrive la vita degli artisti e degli intellettuali cecoslovacchi nel periodo fra la Primavera di Praga e la successiva invasione da parte dell'Unione Sovietica.

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Oskar Schindler, industriale

Oskar Schindler (Svitavy, 28 aprile 1908 – Hildesheim, 9 ottobre 1974) di origine morava, è stato un imprenditore famoso per aver salvato, durante la Seconda Guerra Mondiale, circa 1.100 (secondo altri, come sta scritto sulla lapide, 1.200) ebrei dalla Shoah, con il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la sua fabbrica di oggetti smaltati, la D.E.F. (Deutsche Emaillewaren-Fabrik), sita in via Lipowa n. 4, nel distretto industriale di Zablocie, a Cracovia.

La D.E.F

Questa storia è pervenuta a noi grazie a un evento casuale: Thomas Keneally entrò per la prima volta nel negozio di Leopold Pfefferberg (Poldek). Quest'ultimo, grande amico di Oskar, raccontò la sua storia a Keneally il quale ne fu colpito e, stabiliti contatti con gli altri Schindlerjuden (gli ebrei di Schindler), scrisse il romanzo "La lista di Schindler" da cui, successivamente, è stato tratto il film Schindler's List (1993), diretto da Steven Spielberg.

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Antonin Dvorak, musicista

Antonín Dvořák nacque nel 1841 a Nelahozeves vicino a Praga (allora nell'Impero Austriaco, ora Repubblica Ceca), la città dove trascorse la maggior parte della sua vita. Il padre gestiva una macelleria ed una locanda ed era anche un suonatore di zither, uno strumento a corda molto diffuso nelle regioni dell'impero d'Austria. Il padre desiderava che il giovane Antonín seguisse l'attività di famiglia, invece il precoce talento mostrato dal figlio al violino fece sì che questi seguisse prima un corso di studi formali nella piccola località Zlonice e poi - dal 1857 - altri studi di carattere prevalentemente musicale alla Scuola per Organo di Praga. Dopo essersi diplomato Dvořák cominciò a guadagnarsi da vivere lavorando come esecutore (al violino ed alla viola) ed impartendo lezioni di musica. Durante gli anni '60 ricoprì il ruolo di viola principale nell'Orchestra del Teatro Provvisorio Boemo, che a partire dal 1866 fu spesso sotto la direzione del compositore ceco Bedřich Smetana. Dvořák compose in questo periodo (1865) due delle sue prime composizioni di rilievo, la Prima Sinfonia in Do minore B9 e Cipressi, un ciclo di canzoni per voce e pianoforte, probabilmente ispirato dall'angoscia per l'amore non corrisposto nei confronti di una giovane allieva, l'attrice Josefina Cermakova; tuttavia qualche anno più tardi (1873), il musicista sposò Anna Cermakova, sorella minore di Josefina.

F) Parole natalizie in ceco…

Buon Natale! - Veselé Vánoce!

Buone Feste! - Příjemné svátky!

Felice Anno Nuovo! - Šťastný nový rok!

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Romania

Parte Prima: Una presentazione in breve

Stati membri dell'UE Romania

• Anno di adesione all’UE: 2007

• Sistema politico: repubblica • Capitale: Bucarest • Superficie: 238.000 km² • Popolazione: 21,8 milioni • Valuta: leu • Lingua ufficiale dell'UE

parlata nel paese: Rumeno

La Romania, situata nell’Europa sudorientale, è uno Stato montuoso nella parte nord e caratterizzato dall’estesa valle del Danubio a sud. Il fiume forma un delta in prossimità del Mar Nero, che costituisce una riserva per numerosissimi uccelli nativi e migratori.

Il Parlamento rumeno è formato da due camere: il Senat (Senato), composto da 140 membri, e la Camera Deputaţilor (Camera dei Deputati), composta da 345 membri. Le elezioni dei membri delle due camere si svolgono ogni quattro anni.

Dal punto di vista etnico, la popolazione è costituita per il 90% da rumeni e per il 7% da ungheresi. La lingua rumena, al pari di altre lingue dell’Europa meridionale, deriva dal latino, sebbene la Romania sia separata dagli altri paesi di lingua romanza da paesi di lingua slava. La Romania è ricchissima di risorse naturali – petrolio, gas naturale, carbone, ferro, rame e bauxite. Le principali industrie sono la metallurgia, la petrolchimica e l’ingegneria meccanica.

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Tra le specialità culinarie della Romania si segnalano le polpette di carne alla griglia, lo stufato di maiale con aglio e cipolle e le ciambelle preparate con panna e formaggio.

L’agghiacciante storia di Dracula si basa sulla figura (del XV secolo) del conte rumeno Vlad Dracul, il cui figlio era famoso per impalare i nemici catturati in tempo di guerra. Tra i personaggi celebri della Romania si ricordano lo scrittore Eugene Ionesco, la campionessa di ginnastica artistica Nadia Comaneci e il compositore George Enesco.

Parte Seconda: Alcuni usi e costumi A) Luoghi comuni sui rumeni…vero o falso?! I rumeni sono considerati come uno dei popoli più accoglienti ed amichevoli del mondo. Al primo impatto potranno sembrare formali rispetto ai nostri standard comportamentali. Tale impressione puo’ essere data dal comportamento, considerato antiquato, dell’uomo che usa spessissimo baciare la mano della donna (il famoso baciamano ! ) o di serrare sempre la mano degli amici o di baciarsi sulle guance. Nelle zone rurali e’ normale salutare individualmente gli sconosciuti! Tradizionalmente i nomi di battesimo sono usati soltanto dagli amici, parenti e dagli adulti quando si rivolgono ai bambini.

Un soggetto di discussione comune e’ sempre lo sport mentre tra le persone anziane si trovano argomenti del passato quali la dittatura di Ceausescu, il comunismo e moltissimi altri in merito ad interessantissime storie locali. I rumeni sono persone vivaci ed allegre sempre pronte a festeggiare per i propri ospiti. Ogni timidezza sparisce presto se vedono un amichevole interessamento da parte dello straniero. Sorprende l’abilità di molti rumeni di parlare lingue straniere incluso l’inglese. Bisognerebbe essere invitati a casa di un rumeno per potersi sentire come un ospite di onore e al centro dell’attenzione. Il padrone di casa apprezzerà se per pranzo si portano dei fiori o un altro regalo.

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B) Tradizioni culinarie in Romania

Cucina Rumena: La cucina rumena è una cucina legata alla campagna influenzata delle cucine russa, austroungarica e turca, offre sapori molto decisi dall'agrodolce, delle minestre di verdure chiamate Ciorbă (con carote e patate e carne di vitello, agnello o tacchino) e delle Bors (queste ultime molto più acide delle ciorbe), ai sapori ricchi di spezie della cacciagione e del pesce. Il piatto nazionale rumeno è la Mamaliga, un pasticcio di mais che assomiglia molto alla polenta e serve per accompagnare moltissimi piatti ma si mangia soprattutto con le cipolle dorate in padella, con le uova, il formaggio fresco, il pesce salato o con la tochitură (polpettine di fegato di pollo e di carne di maiale). Gli antipasti, chiamati gustari, sono particolarmente gustosi, tra questi la Salata de vinete tocate (melanzane alla fiamma), e le icre negre (caviale in insalata), e vari altri tipi a base di formaggio, insaccati, prosciutto, acciughe, olive ed ortaggi. I formaggi più famosi sono la branza de burduf (formaggio di pecora), il cascaval (caciocavallo) e l'urda (formaggio di latte di pecora). Tra i secondi piatti sono popolari i mititei (salsicce di manzo aromatizzate e cotte alla griglia), le sarmale (involtini di polpette di carne trita avvolte in foglia di vite o di cavolo), il musacá (carne di maiale trita e speziata con aglio e peperoncino), la passatura (a base di lardo verze e cipolle), oltre alla carne di maiale, di montone, di vitello o di pollo cotta alla griglia. Il ghiveci è un piatto di verdure con bocconcini di maiale, cucinate al forno. Nelle località di mare vengono cucinati i pesci e i crostacei, soprattutto la carpa allo spiedo (crap la protzap), il nasello alla paprika e i gamberi che sono alla base anche di squisite zuppe. La Plăcinta è una pasta sfoglia di origine turca che può essere salata (con carne, formaggio ed erbette) o dolce (con marmellata di mele o con formaggio dolce e bianco). Tra i dolci tipici della Romania sono le Cozonac (dolce simile al panettone con semi di papavero, canditi, uvetta e noci), la dulceata (mostarda dolce di frutta), il cataif, dolce di origine turca di pasta dolce farcita di mandorle tritate e caramellato di vaniglia. Tra i vini, la Romania offre ottimi vini sia bianchi che rossi, soprattutto quelli delle regioni di Murfatlar, Jidvei, Dealul Mare e Tirnave. La bevanda tradizionale rumena è la Zuica, un'acquavite che viene estratta dalle prugne.

C) Trazioni popolari rumene

Costumi popolari e ricami I costumi popolari rumeni e i ricami sono vari e ricchissimi di colori che si armonizzano tra loro nel miglior modo. Questi costumi e ricami si sono sviluppati tra il XIV e il XVI secolo. Oggi non sono più portati eccetto per alcune occasioni (soprattutto i matrimoni o per andare a messa), nelle regioni più tradizionaliste. Queste regioni sono i Monti Apuseni, le Maramuri e il paese dell'Oas, la Bucovina, la regione di Vâlcea, la zona dei monti Fagaras, le valli dell'Arges e dell'Olt, etc..

I costumi tradizionali possono anche essere portati durante le fiere o le feste popolari annue, come le seguenti:

La sfilata del costume popolare moldavo (Bucovina)

La "ronda di Prislop" (comune di Borsa, nei dintorni di Suceava)

"Calusul rumeno" (nei dintorni di Slatina nell'Oltenia)

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"Sâmbra oilor" (regione dell'Oas)

"I fiori dell'Olt" (nei dintorni di Sibiu)

Nel costume femminile, la famosa camicia paesana rumena è particolarmente originale: larga, confezionata in lino e con arricciature intorno al collo su un cordoncino, termina con lunghe maniche e possiede ricami minuziosamente decorati. La gonna prende diverse denominazioni secondo la regione: "fote", portata nella Moldavia e nella Valachia, "opreg" portata nella Transilvania, o "catrinta" (due pezzi rettangolari portati l'uno davanti all'altro da dietro) nell'Olténia, etc.

Di solito, le donne ortodosse si coprono la testa con un velo ("marama") sottilmente ricamato. Questo è un pezzo di abbigliamento tipico della Romania.

Nel costume maschile, il panciotto senza manica, chiamato "cojoc" è molto decorativo secondo la regione. Questo panciotto è ricamato in diversi modi:

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con motivi fioriti, con cuoio nero ricamato, o interamente coperto da motivi fioriti e geometrici. I pantaloni sono differenti secondo le stagioni e le regioni. Il berretto in pelliccia di montone, pezzo molto diffuso del costume dei paesani rumeni, è sostituito da diversi cappelli.

Le scarpe tradizionali chiamate "opinci", specie di mocassini di cuoio di maiale, sono fissate ai piedi con un laccio sino a mezzo polpaccio. Queste scarpe tradizionali sono sostituite in certe regioni da stivali.

L’artigianato è sviluppato in tutto il paese: in Romania, nei mercati si può trovare ogni specie di ricami, tappeti, coperte, etc.. Vi sono diversi laboratori artigianali situati nei villaggi.

In tutte le regioni di Romania (Oltenia, Maramures, Bucovina e Muntenia) si trovano dei tappeti tradizionali che si distinguono per i loro motivi stilizzati floreali o con figure di animali, tessuti in

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rosso, bianco e azzurro o con figure umane stilizzate, spesso dipinte con colori vegetali (ad es. nel villaggio di Botiza, nelle Maramures, questa tecnica è molto diffusa).

D) Natale in Romania

La Festa di Natale, in Romania, e' caratterizzata da diverse tradizioni. Per lo piu' iniziano alcuni giorni prima della festività, ma le vere tradizioni cominciano dalla Vigilia di Natale. In campagna, le sue vie risuonano delle voci dei Colindatori (Cantori) che vestiti in costumi popolari, tradizionali, e con le loro borse di lana tessute a mano, vanno di casa in casa, Colindand (Canti d'augurio), augurando alla gente prosperità e felicità. I Colindele (Canti) sono di due

tipi: Religiosi e Laici. I soggetti di quelli Religiosi si riferiscono il piu' delle volte a Gesù, i Laici, invece, hanno un carattere lirico e tante volte il canto viene improvvisato dai Colindatori, in base alla famiglia visitata. Normalmente, durante il giorno, gli auguri vengono fatti dai bambini (7-8 anni), che cantando ricevono caramelle. Quando arriva la sera, sono gli adulti che portano gli auguri di casa in casa con i loro canti. A volte cantano canzoni molto vecchie (Precristiane Laiche), sopratutto nel sud della Romania (Basarabia).

Dalla Vigilia di Natale e fino al 7 gennaio, i cantori annunciano la Nascita di Gesù. In alcuni luoghi si può sentire il Canto Religioso chiamato "Vicleem", "Irozii" o "Drama Religiosa" che enuncia il mistero della Nascita in tutte le sue fasi. In altre zone della Romania la tradizione è che giovani ragazzi, girano con la " Capra" e " l'Orso". Si travestono con maschere ricavate dalla pelle di animali o pellicce e ironizzano personaggi della vita reale. Per ringraziare dell'augurio, la persona ricambia i cantori donando loro mele, noci e ciambelline di pane fatte in casa, preparate prima appositamente per questo. Due elementi non mancano mai nel periodo delle feste: il Babbo Natale e l'Albero di Natale.

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Per quelli della zona di Banat, vi è un rituale a parte, il "Colindo con il Cavaletto". Nei villaggi di Maramures, dopo la Messa, gli abitanti escono sulle strade per vedere gli anziani dei villaggi che danzano. Dopo aver Colindato (Cantato) per tutta la notte della Vigilia di Natale, i bambini e i giovani, si mascherano, escono per le vie del villaggio prendendo le fruste confezionate da loro stessi e cominciano a farle schioccare simulando un fischio. Nessuno di quelli che si trova davanti riesce ad evitare una piccola innocente frustata in segno di augurio. Per tre giorni i vecchi (così chiamati) non perdonano nessuno. Nessuno si arrabbia per questo, le tradizioni

sono queste e vanno rispettate. . Nei villaggi Banateni, appena scende la sera, i giovani ragazzi si incontrano sulla via principale, dove formano il "Corteggio per Colindare". Tre di loro rappresentano i "Maghi dell'Orrizonte" e altri tre i "Garieri di Irod". Il Corteggio va fatto alle ragazze non sposate e che si vogliono sposare. In cambio i ragazzi ricevono ciambelle, grappa e dolci. I più anziani, hanno il compito di tramandare le tradizioni insegnando ai più piccoli la danza del cavalletto che loro stessi, a loro volta, porteranno avanti.

E) Rumeni famosi

Eugène Ionesco

Eugène Ionesco (Slatina, 26 novembre 1909 – Parigi, 28 marzo 1994) è stato uno scrittore e drammaturgo francese di origini rumene. Una delle opere teatrali più conosciute è “La cantatrice calva”.

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Vlad III Dracula

Dracula di Bram Stoker (1897) riprende il mito del vampiro, lanciato nella letteratura da John William Polidori, e realizza un romanzo dalle atmosfere cupe e oscure, in cui l'orrore e la minaccia, sempre ben presenti, assillano i protagonisti, in un crescendo di emozioni che conduce alla scoperta e alla sconfitta finale dell'orrore rappresentato dal tetro vampiro

La vicenda è narrata sotto forma di una raccolta degli scritti di alcuni dei protagonisti del racconto, che inizia il 5 maggio 1890 con il giovane avvocato Jonathan Harker, inviato in Transilvania dal suo capo, Peter Hawkins, per curare l'acquisto di un'abitazione a Londra fatto da un nobile locale: il Conte Dracula.

L'inizio del viaggio del giovane, però, è all'insegna del contatto con il mondo superstizioso e pauroso della gente locale, che cerca di scoraggiarlo dall'andare dal Conte, ma nessuno degli sforzi della popolazione riesce ad impedire il contatto con il signorotto, che si rivela essere un affabile anziano che ha deciso di trasferirsi in Inghilterra.

Con il passare dei giorni alcuni particolari diventano terrificanti, fino alla scoperta del terribile segreto del Conte: egli è in realtà un terribile mostro che si nutre del sangue dei viventi. In una parola è un vampiro che si accinge ad azzannare la vecchia Inghilterra per prolungare ancora la sua insana esistenza.

Stoker decise di ambientare il romanzo in Transilvania, terra tra le più superstiziose d'Europa, dominata dal monarca Vlad III di Valacchia (2 novembre 1431 o 1432 - dicembre 1476). Questi fu Figlio di Vlad II, investito dell'Ordine del Dragone dall'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, da cui derivò l'appellativo del figlio Draculea: figlio del Dragone (il termine 'drac' sta a significare anche 'demonio', pertanto Draculea può, a buona ragione, essere tradotto anche come 'figlio del demonio'). La figura di Vlad III, vissuto in un'epoca e in condizioni non certo facili, ha ereditato un'aura storica tutt'altro che lusinghiera, essendo divenuto famoso come il despota sanguinario, ovvero Vlad l'impalatore. Era questo, infatti, il supplizio, appreso durante la prigionia turca, che preferenzialmente infliggeva ai nemici.

E) Come di dice scuola in rumeno?

Şcoală

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Allegato III

Presentazione Power Point

L’UNIONE EUROPEAL’UNIONE EUROPEA

Cos'è l'Unione europea?Cos'è l'Unione europea?

Una partnership economica e Una partnership economica e

politica unica al mondo che unisce politica unica al mondo che unisce

27 paesi democratici europei.27 paesi democratici europei.

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Quali sono i Paesi europei?Quali sono i Paesi europei?

AustriaAustria IrlandaIrlanda Repubblica cecaRepubblica ceca

BelgioBelgio ItaliaItalia RomaniaRomania

BulgariaBulgaria LettoniaLettonia SlovacchiaSlovacchia

CiproCipro LituaniaLituania SloveniaSlovenia

DanimarcaDanimarca LussemburgoLussemburgo SpagnaSpagna

EstoniaEstonia MaltaMalta SveziaSvezia

FinlandiaFinlandia Paesi BassiPaesi Bassi UngheriaUngheria

FranciaFrancia PoloniaPolonia

GermaniaGermania PortogalloPortogallo

GreciaGrecia Regno UnitoRegno Unito

Quali sono i traguardi raggiunti Quali sono i traguardi raggiunti

fino ad oggi dall'Unione fino ad oggi dall'Unione

europea?europea?

L’abolizione delle frontiere interne e il libero L’abolizione delle frontiere interne e il libero

scambio, l’euro (la moneta unica europea), una scambio, l’euro (la moneta unica europea), una

maggiore sicurezza alimentare e una più maggiore sicurezza alimentare e una più

efficace tutela dell’ambiente, un tenore di vita efficace tutela dell’ambiente, un tenore di vita

migliore nelle regioni più povere, un’azione migliore nelle regioni più povere, un’azione

comune contro la criminalità e il terrorismo, comune contro la criminalità e il terrorismo,

telefonate e viaggi aerei più economici, milioni di telefonate e viaggi aerei più economici, milioni di

opportunità per studiare all’estero…e molto altro opportunità per studiare all’estero…e molto altro

ancoraancora..

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Come funziona l’UE?Come funziona l’UE?i paesi UE nominano degli organi che i paesi UE nominano degli organi che

garantiscono il funzionamento dell'UE e ne garantiscono il funzionamento dell'UE e ne

adottano la legislazione. I più importanti sono: adottano la legislazione. I più importanti sono:

Il Parlamento europeo (che rappresenta i popoli Il Parlamento europeo (che rappresenta i popoli

europei);europei);

Il Consiglio dell'Unione europea (che Il Consiglio dell'Unione europea (che

rappresenta i governi nazionali);rappresenta i governi nazionali);

La Commissione europea (che rappresenta La Commissione europea (che rappresenta

l'interesse comune europeo).l'interesse comune europeo).

E il futuro?E il futuro?

L'UE non è perfetta: necessita di L'UE non è perfetta: necessita di

continui miglioramenti. continui miglioramenti.

Il futuro dell'UE verrà deciso attraverso Il futuro dell'UE verrà deciso attraverso

il dialogo, il dibattito e la democrazia.il dialogo, il dibattito e la democrazia.

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SCHEDE BIBLIOGRAFICHE

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

Testo esaminato N° rif. 1 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: FAGIANI M. B. Titolo del libro::: Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva LLLiiibbbrrrooo : Carocci Editore__________________________________ Roma | ___ | 2006 CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto: Il testo è diviso in due parti: la prima, di carattere più generale, affronta il concetto di normalità e di patologia nell’età evolutiva, fa alcuni cenni storici sull’evoluzione della disciplina, quindi sulle principali teorie dello sviluppo, e indica i metodi diagnostici utilizzati. La seconda parte si sofferma invece nello specifico sulle diverse patologie, partendo dal ritardo mentale, passando per i disturbi della comunicazione, i disturbi dell’apprendimento, i disturbi da deficit di attenzione, i disturbi generalizzati dello sviluppo e i disturbi d’ansia, solo per citare i più noti. Si tratta di un libro che affronta le patologie tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza. Fa riferimento inoltre a quelle situazioni ambientali che portano disagio o problemi di adattamento, con delle conseguenze gravi sul comportamento dei minori (in particolar modo si pensi ai casi di abuso). Definizioni e citazioni: “…è comunemente accettato il concetto di Rousseau che il bambino non è un uomo incompleto ma un essere dotato di caratteristiche non solo diverse da quelle dell’adulto, ma soggette a modificazione nell’ambito della personalità dello stesso individuo in rapporto alle tappe evolutive…” (pag. 18). “…nelle relazioni “malate” o disturbate vi è un continuo sforzo per definire la natura della comunicazione, tanto che il contenuto della comunicazione stessa è del tutto secondario” (pag. 36). “…l’atto intelligente non è solo operazione di pensiero, ma è il risultato della collaborazione e di interferenze tra pensiero, funzioni e attività psichiche che del pensiero non fanno parte, come per esempio, l’affettività, l’interesse, le motivazioni che spingono il soggetto ad effettuarlo” (pag. 49-50). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: sono numerosi i rinvii agli autori cui fanno capo le principali teorie psicologiche sullo sviluppo: da Piaget a Watson, da Vigostski a Skinner, da Harlow a Bowlby, fino ad Anna Freud, Melanie Klein, Spitz, Watzlawick. Inoltre il testo base di riferimento per ogni patologia è il DSM-IV. Eventuali note o commenti: Nell’affrontare la patologia del ritardo mentale si fa riferimento al concetto di intelligenza come insieme di operazioni psichiche, cui attengono l’attività di comprensione e di risoluzione dei problemi. Questi elementi diventano di primaria importanza nei processi di adattamento all’ambiente delle persone affette da ritardo mentale e quindi rispetto alla loro ricuperabilità: l’insufficiente mentale può acquisire quei comportamenti e quelle strutture psichiche che gli permettono un tale adattamento, che ovviamente sarà maggiore o minore a seconda della gravità del ritardo. Da questo punto di vista è fondamentale che l’insegnante valuti correttamente i limiti e le possibilità di intervento sugli allievi con ritardo mentale, nella pratica e sperimentazione quotidiana delle diverse attività educative e didattiche proposte.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

Testo esaminato N° rif. 2 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: Multicentro Educativo "Sergio Neri" del Comune di Modena Centro Servizi Consulenze per l'Integrazione del Comune di Ferrara Titolo del sito::: www.ritardomentale.it Sito web: Aggiornato a gennaio 2009 Concetto::: Questo sito contiene un’ampia e ricca documentazione sul ritardo mentale. La finalità è di mettere a disposizione di genitori, insegnanti, studenti, educatori, operatori informazioni di carattere scientifico sulla natura e le cause del ritardo mentale, sugli aspetti preventivi, diagnostici e riabilitativi, sull’integrazione scolastica (con approfondimenti sulle metodologie didattiche) e sociale. Il sito è corredato da una ricca bibliografia e da contributi pubblicati su riviste specializzate. E’ presente una sezione “News” ed eventi e una lista nutrita di associazioni (e relativi siti) che si occupano di disabilità intellettive, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Sono presenti numerosi rinvii a diversi autori e relativi contributi: Piaget, Dewey, Lewin, Vygotskij, Vinello, Zigler, Buono, Di Nuovo, Doise, Mugny e molti altri. Definizioni e citazioni: “Se inserito in una scuola speciale l’individuo con ritardo mentale svilupperà un’identità speciale, da “campana di vetro”. Il rischio è l’isolamento…Se inserito nelle classi normali con altri bambini è praticamente inevitabile che gli vengano proposte prestazioni che non sono alla sua altezza. Ne deriva un vissuto di fallimento. E a seguire crisi di autostima. Sul piano educativo questo è il punto cruciale: non pretendere più di quanto possa dare, pur mettendolo insieme a bambini più bravi” (dall’intervento di Renzo Vianello al Convegno “Disabilità e sviluppo della personalità” tenutosi a Modena nel marzo 2005). “Affinché l’intervento sia efficace e non interferisca sulla vita di relazione e sullo sviluppo emotivo e relazionale del bambino, si preferiscono interventi centrati sulla globalità della persona, che facciano riferimento soprattutto a ciò che il soggetto sa fare nonostante la disabilità o, in altre parole, centrati non solo sul deficit, ma sui meccanismi di compensazione scatenati dalla presenza del deficit” (sezione “Integrazione e trattamento”: “La riabilitazione cognitiva”). “La conduzione di una classe in cui è inserito un allievo con ritardo mentale impone una ristrutturazione dell’attività didattica. Le esperienze condotte al riguardo evidenziano che tali ristrutturazioni non portano ad una didattica “speciale” quanto ad una didattica che si rivela migliore per tutta la classe…Gran parte di tali innovazioni didattiche… sono riconducibili a tre modalità fondamentali di conduzione della classe, fra loro complementari: insegnamento individualizzato, insegnamento cooperativo, insegnamento metacognitivo” (sezione “Integrazione e trattamento”: “Modalità di insegnamento”). Eventuali note o commenti: Molto utile per reperire una serie di informazioni sul ritardo mentale, ma anche materiale di carattere scientifico. Interessante la distinzione e organizzazione del materiale nei vari settori di interesse che corrispondono ai contesti di vita della persona con ritardo mentale: famiglia, scuola, società.

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Testo esaminato N° rif. 3 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: PFANNER P.- MARCHESCHI M. Titolo del libro::: Il ritardo mentale. Capire e curare una grave malattia della mente LLLiiibbbrrrooo : Il Mulino _______________________________ Bologna| ___ | 2005 CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto: In questo libro è spiegato cosa accade nella persona con ritardo mentale e qual è lo spazio possibile di riabilitazione dei soggetti affetti da questa grave patologia. Viene descritto il quadro clinico del ritardo mentale, la sintomatologia e le sue caratteristiche principali. Sono quindi indicati gli strumenti della diagnosi e le cause della patologia, che per quanto siano ritenute ormai comunemente a base organica, sono accompagnate da un’altra serie di fattori (ambientali, sociali etc.) e inoltre non sempre sono definibili e note. Alcuni capitoli sono dedicati ai criteri di valutazione del recupero dei soggetti con ritardo mentale e ai relativi interventi e operatori. Sono quindi analizzate le strategie di sviluppo delle funzioni cognitive e della personalità. Infine, una parte del testo è dedicata alla tutela giuridica offerta nell’ambito del nostro ordinamento. E’ interessante il riferimento concreto ai casi o alle storie di ritardo mentale, citate alla fine di ogni capitolo. Definizioni e citazioni: “…possiamo ritenere che esistano doti assolute della mente umana, ferite ma non distrutte dal ritardo mentale, per cui anche il ritardato è sempre una persona, e la società ha il grande compito di riscattarlo dalle sue mortificazioni patologiche” (pag. 16). “I progressi della cultura e della civiltà umana sono molto più veloci di quelli biologici…Ma a questi progressi culturali conseguono modificazioni cerebrali e modificazioni dei geni, che rilanciano ulteriori progressi della civiltà”. (pag. 17). “…gran parte delle esperienze di vita dei soggetti con ritardo mentale sono contrassegnate da fallimenti e il loro rapporto con la realtà è dominato da un’aspettativa di insuccesso, preliminare ad ogni azione e in parte inevitabile. Si compromette così la motivazione, fino a favorire condotte sistematiche di rinuncia e di evitamento. Per questa stessa ragione i soggetti ritardati appaiono particolarmente sensibili alla presenza di rinforzi positivi” (pag. 26). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Nel testo si fa riferimento al DSM-IV e all’ICD-10. Vi sono inoltre riferimenti al concetto di coscienza creativa e a quello di “pseudo-normalità” di M. De Negri; all’”eterocronia” dello sviluppo di R. Zazzo; alle fasi di sviluppo piagetiane, alla concezione psicoanalista di M. Mannoni rispetto all’origine del deficit; alla riflessione psicoanalitica di Winnicot. Ancora, sono citati il pedagogista O. Decroly, Anna Freud, Vigotsky, Lorenz, Bion. Eventuali note o commenti: Si tratta di uno strumento prezioso per genitori, operatori, insegnanti etc, che abbiano bisogno di capire e riabilitare, ricordandosi che ogni essere umano ha il diritto all’autonomia maggiore possibile e alla realizzazione, al meglio, delle proprie possibilità.

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Testo esaminato N° rif. 4 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: RUGGERINI C. – VEZZOSI F. Titolo dell’articolo::: Cosa vuol dire ritardo mentale RRRiiivvviiissstttaaa: L’educatore______________________11___|2005/2006|36__________|38_______________ TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo Concetto::: Questo articolo parte dalla descrizione del concetto di ritardo mentale, affermando il suo stretto legame con la cultura del tempo in cui è stato elaborato, per poi affrontarlo dal punto di vista delle fonti delle definizioni attuali. Esso passa in rassegna i criteri dettati dal DSM IV per l’individuazione del RM, soffermandosi quindi sulla definizione dell’ICF che introduce un nuovo concetto di salute, fino a individuare il rapporto tra RM e apprendimento, che si arricchisce di nuovi elementi alla luce della nuova filosofia della conoscenza. Definizioni e citazioni: “Il valore di QI…è una misura “molare” della efficienza intellettiva cioè complessiva, sintetica, riassuntiva, che può essere sufficiente ai fini “amministrativi”…ma insufficiente per fornire una descrizione analitica del funzionamento dell’individuo”. (pag. 36). “Qualunque sia il valore di QI, le persone con RM possono apprendere nuove abilità e comportamenti in tutto l’arco della vita solo se possono sperimentare opportunità adeguate” (pag. 38). “ …in passato, la stabilità del QI era considerata sinonimo di impossibilità di apprendere e spesso il campo dell’apprendimento veniva erroneamente confuso con i risultati a scuola” (pag. 38). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: I principali rinvii sono al Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV), all’ICD 10 e all’ICF dell’OMS, quindi all’UNESCO e al suo rapporto sull’educazione per il XXI secolo. Eventuali note o commenti: E’ molto utile il concetto di apprendimento espresso in questo articolo, con riferimento alle abilità specifiche dei soggetti con Ritardo mentale, in quanto apre delle piste di lavoro sul tipo intervento educativo da attuare con le persone affette da questa patologia.

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Testo esaminato N° rif. 5 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: MARTINELLI M. Titolo del libro::: “L’handicap in classe”. Tra individualizzazione e programmazione LLLiiibbbrrrooo : Ed. La Scuola _________________________________ Brescia | |1998 _______ CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: Questo libro affronta il tema dell’integrazione degli alunni con handicap nella scuola, sia attraverso l’illustrazione di una serie di principi di tipo normativo e psicopedagogico, sia attraverso una serie di esempi, strumenti e metodologie che consentono a un docente di muoversi come professionista all’interno del contesto citato. Il testo si divide in tre parti: la prima affronta la questione dell’individualizzazione o personalizzazione dei percorsi didattici, sottolineando tra l’altro l’importanza della motivazione che deve essere in primo luogo stimolata e rafforzata negli studenti, a maggior ragione se disabili; la seconda affronta il problema della programmazione individuale, analizzando i criteri organizzativi e gli strumenti didattici da utilizzare a tal fine, quindi mettendo in luce il principio di continuità didattica ed educativa, sia in senso orizzontale che verticale, e il problema della valutazione degli allievi in difficoltà; la terza parte, infine, racconta due esperienze, una positiva e l’altra negativa, di integrazione di allievi in situazione di handicap. Definizioni e citazioni: “…è sul lato dell’handicap che…ci si può e ci si deve impegnare per ottenere miglioramenti significativi. Per ottenere risultati sensibili, è necessario porsi dal punto di vista di chi sa che a questo riguardo, i miglioramenti non solo sono sempre possibili, ma anche essi stessi forieri di ulteriori progressi” (pag. 16). “Se è vero che l’apprendimento viene reso possibile dalla motivazione, nel medesimo tempo è vero anche che l’apprendimento influisce sulla motivazione, in quanto apprendimenti precedenti possono modificarla o persino attivarla” (pag. 19). “…individualizzazione delle attività didattiche non può significare fare qualcosa che non abbia nessun rapporto con le attività comuni svolte in classe” (pag. 22). “…le nostre proposte…devono avere lo scopo di far partecipare l’allievo ad un’attività comune a tutti i suoi compagni e di fargli svolgere lavori che gli permettano di restare in classe, sentendosi parte di un gruppo” (pag. 23). “…far svolgere il lavoro operando in gruppi omogenei…è un’esperienza importante per consentire a tutti gli studenti di sperimentare direttamente come l’aver necessità di aiuto altrui non sia una realtà permanente dell’allievo in situazione di handicap, ma sia una condizione temporanea nella quale chiunque può trovarsi” (pag. 29). Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Sono diverse le citazioni, concentrate nella prima parte: Piaget-Inhelder (La psicologia del bambino), Kurt Lewin (Teoria dinamica della personalità), Carl Rogers (Libertà nell’apprendimento), L.S. Vygotskij e la sua “zona di sviluppo potenziale”, R. Gagné (Le condizioni dell’apprendimento), J.H Block (Mastery Learning), B.S. Bloom (Caratteristiche umane e apprendimento scolastico), Rosenthal e Jacobson sull’ “effetto Pigmalione”, Rusch e Mithaugh sulla task analysis. Numerosi sono inoltre i riferimenti normativi. Eventuali note o commenti: Questo libro ha il pregio di enunciare una serie di principi teorici, ma di coniugarli perfettamente con la pratica quotidiana del lavoro in classe e nelle istituzioni scolastiche. E’ scritto in maniera molto chiara e lineare ed è un ottimo strumento di lavoro per gli insegnanti.

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Testo esaminato N° rif. 6 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: CANEVARO A. Titolo del libro::: Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap LLLiiibbbrrrooo : Mondadori_____________________ Milano______________ | ___ | 2000 CASA EDITRICE CITTA’ ANNO Concetto::: Si tratta di una delle tante pubblicazioni del Canevaro sulla pedagogia speciale, dove l’autore ne sottolinea il contributo ai fini dell’integrazione. Egli si interroga sul senso attuale della pedagogia speciale, come risposta ai bisogni nei luoghi in cui essi si trovano. Affronta il problema dell’identità e dei rischi dell’ipertrofia identitaria; fa un excursus sulla storia dell’integrazione scolastica dei ragazzi con handicap in Italia; pone la questione della riduzione dell’handicap, delineandone alcuni indicatori; sottolinea quindi gli indicatori di qualità dell’integrazione; ancora, approfondisce la proposta didattica e pedagogica di Freinet; infine fa riferimento al contributo delle culture “povere” - ovvero a rischio di esclusione sociale - ai fini dell’integrazione, citando l’esperienza dell’Associazione multietnica per l’integrazione delle persone handicappate del Québec. Definizioni e citazioni: “…l’egualitarismo forzato non può portare…ad affermare che tutti hanno gli stessi bisogni…Nell’educazione, infatti, devono esserci delle risposte adeguate alle differenze” (pag. 2). “…l’elemento culturale non può essere un assoluto. L’arricchimento consiste nella perdita della pretesa di assoluto, e quindi nella continua struttura dialogica” (pag. 5). “Categorizzare…significa far rientrare un soggetto in una categoria, e la risposta ai suoi bisogni specifici diventa la risposta alla categoria” (pag. 30). “…la prospettiva dell’integrazione è una serie di cantieri ancora aperti” (pag. 32). “La costruzione di un ambiente di apprendimento può voler dire ridurre l’handicap che costituisce il disagio, e ridurre l’handicap che è il disagio” (pag. 45). “La conoscenza è forse una delle forme più interessanti di riduzione dell’handicap…La conoscenza è reciprocità, in cui forse le differenze si mantengono, ma che permette a tutti uno sviluppo individuale in un contesto di gruppo e in un contesto sociale” (pag. 52). “L’integrazione esige tempo” (pag. 61). “…chi ha dei bisogni particolari non è separato e neanche il suo percorso scolastico deve avvenire in una dimensione separata; chi ha delle esigenze particolari deve poter comprendere che appartiene a una società…L’originalità di un individuo è nell’appartenenza a una pluralità di originalità che compongono una società” (pag. 71). “La chiusura a ogni contaminazione è in sé una minaccia, rivolta contro di sé e contro coloro che vengono ritenuti degli invasori” (pag. 79). Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Perrot, Deniel, Zuccarelli, Giura, Stella Vygotskij; Rosenthal e Jacobson, don Lorenzo Milani, Gardner, Binet, Zazzo, Watzlawick, Mautuit, Levi della Torre, Doping, Bowlby, Ferrari, Zanelli, Dixon-Krauss, Freinet. E’ da aggiungere che sono presenti molte schede di lettura che fanno riferimento ai più vari autori. Eventuali note o commenti: Il testo del Canevaro più che un manuale di pedagogia speciale, dal quale apprendere delle nozioni, rappresenta un insieme di contributi densi e pregni di significato che portano soprattutto a riflettere.

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Testo esaminato N° rif. 7 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: ARGIROPOULOS D. Titolo dell’articolo::: Il doppio svantaggio. Cittadini stranieri e disabili RRRiiivvviiissstttaaa: HP- Accaparlante_________________2______|2007_______|39_________|43________________ TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo Concetto::: Questo articolo mette in risalto il disagio sociale dell’immigrazione, legato a quello della disabilità. Esso analizza le condizioni dello straniero immigrato e disabile nel nostro paese, la difficoltà di accesso ai servizi, la sua situazione di handicap e di emarginazione, sia in relazione all’attività lavorativa che alla prestazione di cure sanitarie. Definizioni e citazioni: “L’esperienza della migrazione stenta a essere considerata positivamente: è, e diventa di per sé, causa di condizioni di svantaggio sociale e di emarginazione. Si attribuisce una connotazione negativa all’immigrato per negargli possibili aiuti, istituzionali e sociali, che gli consentano di superare le sue condizioni di partenza favorendo percorsi di inclusione” (pag. 40). “..il contesto della migrazione può creare handicap anche laddove non esiste deficit personale” (pag. 41). “Ripensare la politica significa scoprire le differenze come una ricchezza possibile e occuparsi degli altri considerandoli nelle loro molteplici identità, ma anche saper considerare le similitudini con l’altro, riconoscendo, con i diritti, accoglienza e mobilità sociale” (pag. 42.) Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Vi sono riferimenti ad autori di ricerche sulla tematica in oggetto: Neil Boris (Tulane University di New Orleans); Sally Grantham-Mc Gregor (University College). Eventuali note o commenti: Sono davvero pochi i contributi alla questione del “doppio svantaggio” ovvero alla situazione di immigrazione e disabilità l tempo stesso. Questo articolo intende in parte colmare questa lacuna, fornendo delle indicazioni importanti e suggerendo alcune riflessioni.

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Testo esaminato N° rif. 8 A (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: RUBBI M. Titolo dell’articolo::: L’uomo a due dimensioni: esperienze e problemi degli immigrati con

disabilità RRRiiivvviiissstttaaa: HP – Accaparlante _________________2______|2007_______|56_________|59________________ TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo Concetto::: Questo articolo pone una riflessione sulla questione della “doppia disabilità” in cui si trovano gli immigrati disabili e sottolinea i risultati di una ricerca (tra le poche in questo campo) condotta da due ricercatori inglesi nel 2002 per individuare i principali problemi affrontati da chi unisce la condizione di migrante a quella di disabile. Difficoltà di accesso ai servizi e alle informazioni, barriere linguistiche e culturali, sono indicati fra i principali ostacoli. Si fa quindi riferimento al principio della non discriminazione e alla necessità di revisione strutturale dei sistemi di welfare europei. Definizioni e citazioni: “In generale, sembrano mancare procedure consolidate per l’attività congiunta degli operatori dei servizi di asilo e dei servizi sociali, ossia delle due dimensioni di disagio che si congiungono nell’immigrato con disabilità, la cui cura coordinata, necessaria per il suo benessere effettivo, dipende di fatto dalla bontà delle relazioni reciproche e dall’impegno personale degli operatori coinvolti.” (pag. 57) “L’assetto attuale vede…l’immigrato con disabilità trattato dai servizi talora come extracomunitario, talora come disabile, con una rete tra gli operatori ancora carente e quindi una segmentazione innaturale delle sue esigenze. (pag. 59). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Studio di Keri Roberts e Jennifer Harris dell’Università di York; intervista alla coordinatrice di HILMA, centro di supporto agli immigrati del Finnish Disability Forum... Eventuali note o commenti: Come l’articolo riportato nella precedente scheda, anche questo rappresenta uno dei pochi contributi al tema della doppia disabilità, rappresentata da chi riveste allo stesso tempo il “ruolo” di migrante e di disabile.

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Testo esaminato N° rif. 1 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: IANES D. Titolo del libro::: Didattica speciale per l’integrazione. Un insegnamento sensibile alle differenze LLLiiibbbrrrooo : Erickson ______________________________ Trento______| ___ | 2002 CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: IIIlll testo affronta una serie di tematiche legate alla didattica speciale e all’integrazione, sia da un punto di vista teorico che pratico, fornendo degli spunti concreti di lavoro in classe. Si pone l’accento, in particolare, sull’eterogeneità delle classi, da cui è sempre più caratterizzata la realtà scolastica odierna. Per far fronte alle tante diversità che si incontrano, occorre una didattica di qualità che disegni dei percorsi individualizzati. Quattro sono le grandi aree di competenza di un docente che si occupi di didattica speciale: - Riconoscere le differenze e conoscere i bisogni educativi speciali - Costruire progettualità individualizzate e aperte al progetto della vita adulta - Usare strategie per l’efficacia cognitiva e relazionale del docente - Attivare la collaborazione dei compagni di classe Il volume è suddiviso in due parti: nella prima, oltre a un discorso sull’integrazione in generale e sui “bisogni educativi speciali”, si fa riferimento alla stesura della documentazione relativa all’integrazione degli alunni con handicap: dalla diagnosi funzionale all’elaborazione del PEI. Nella seconda parte, il discorso si sposta su temi che riguardano le possibili strategie e tecniche di intervento, tra cui l’apprendimento cooperativo, metodologia particolarmente utile per consentire una piena integrazione degli alunni con difficoltà. Definizioni e citazioni: “L’integrazione di qualità è qualità positiva nei diversi campi di espressione della persona in difficoltà: è un essere significativamente presente dal punto di vista relazionale… ma anche da quello cognitivo…e psicologico…” (pag. 31) “In tutti i tipi di attività basate sulla cooperazione si richiede la capacità di cogliere e adeguarsi alle necessità del gruppo. Se gli alunni non si accorgono dei problemi vissuti dai loro compagni, il gruppo non funzionerà bene, il suo prodotto sarà inferiore e l’interazione non offrirà la debita assistenza e stimolo a tutti i suoi membri” (pag. 355). “La capacità di interagire produttivamente con gli altri non è innata ma si apprende con l’esperienza” (pag. 384) Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Sono citati numerosi testi e autori. Qui faremo riferimento ai soli autori citati nella parte relativa al Cooperative Learning: L. Czerwinsky Domenis (La discussione intelligente), Bandura (Il senso di autoefficacia), Miller e Harrington, Morris, D.W. Johnson, R.T. Johnson E.J. Holubec (Apprendimento cooperativo in classe), E.G. Cohen (Organizzare i gruppi cooperativi). Eventuali note o commenti: Trovo questo testo particolarmente utile per l’approfondimento delle singole metodologie didattiche e per la loro eventuale applicazione all’interno del contesto classe. Si fa chiaro riferimento alle teorie che sono alla base di ogni metodologia e si danno indicazioni precise sulle strategie da adottare per evitare determinati rischi ovvero per favorire un’applicazione efficace della metodologia stessa.

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Testo esaminato N° rif. 2 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: MARTINELLI M., Titolo del libro::: In gruppo si impara, Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei processi

didattici LLLiiibbbrrrooo :Ed. SEI ___________________________________ Torino________________ |2004 CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto: Questo libro affronta il tema della didattica cooperativa, collocandolo all’interno di un quadro più ampio, che è quello della struttura dell’apprendimento cooperativo e del rapporto educativo che si instaura all’interno di un gruppo. Esso si divide in tre parti: la prima, nel tracciare un quadro storico sullo sviluppo dell’apprendimento cooperativo, fa riferimento al significato del gruppo nel rapporto umano e all’interno della relazione di insegnamento-apprendimento; la seconda tratta il tema specifico del Cooperative learning e del tipo di mediazione cognitiva che si instaura all’interno del gruppo classe, quindi sofferma la propria attenzione sul discorso dell’integrazione delle diversità e della personalizzazione didattica; la terza parte fa riferimento all’esperienza scolastica sull’applicazione dell’apprendimento cooperativo. Definizioni e citazioni: “…l’apprendimento cooperativo, abituando i soggetti in formazione alla socializzazione, alla condivisione dei progetti e alla negoziazione del conflitto e delle decisioni, li prepara a un futuro migliore; la comprensione reciproca e il perseguimento del bene comune divengono così i punti di riferimento essenziali dell’educazione: in questo contesto l’istruzione scolastica non può fare a meno dell’educazione più generale alla convivenza civile” (pag. 7). “E’ proprio mediante questo processo costituito dal dialogo con l’Altro che l’individuo riesce a conoscere e comprendere che cos’è il mondo e come sia possibile vivere in esso; attraverso il confronto dialogico con l’Altro, il singolo riconosce se stesso” (pag. 46). “La sfida non solo educativa del nostro tempo consiste in sostanza nel far sì che finalmente possa assumere il ruolo che merita il concetto di diversità quale ricchezza; tale affermazione va intesa tanto come difesa del singolo dalla dominazione di una cultura di massa planetarizzata, quanto come partecipazione dell’individuo alla costruzione del bene comune” (pag. 112). “Il concetto di personalizzazione…è più confacente a una situazione di apprendimento cooperativo, piuttosto che a condizioni di apprendimento fondate sulla competizione o sull’individualismo” (pp.122-123). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Numerose sono le citazioni all’interno del volume. Indichiamo qui di seguito le più importanti: Morin, Bell e Lancaster; Rousseau, Pestalozzi, Girad, Durkheim, Abboltsholme, Bedales, Dewey, Freinet, Makarenko, Buber, Rogers, Gardner, Bruner, Johnson, Delors, Feuerstein, Ausubel, Turoldo. Eventuali note o commenti: Importante strumento di lavoro per gli insegnanti che si occupino di didattica cooperativa all’interno della scuola, questo testo fornisce sia indicazioni di carattere teorico (in generale: la filosofia che è alla base del Cooperative learning) sia indicazioni pratiche di lavoro, anche in relazione ai ragazzi in situazione di handicap.

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Testo esaminato N° rif. 3 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: FRANCESCATO D. - PUTTON A. - CUDINI S. Titolo del libro::: Star bene insieme a scuola. Strategie per un’educazione socio-affettiva dalla

materna alla media inferiore LLLiiibbbrrrooo : Carocci __________________________________Roma_________________ |2007 CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: Questo testo introduce al metodo integrato per l’educazione socio-affettiva nella scuola. Fornisce un valido aiuto agli insegnanti per la gestione della classe, specie in presenza di alunni “difficili”. Nella prima parte del libro troviamo indicazioni sulle metodologie da adottare (metodo integrato, circle time); nella seconda parte sono rappresentati i risultati di una ricerca svolta in diverse scuole italiane dove queste metodologie sono state sperimentate; la terza parte, infine, è il diario di classe di una delle autrici e fornisce spunti di riflessione ma anche indicazioni pratiche sul lavoro da svolgere in classe. Definizioni e citazioni: “Una scuola in cui l’individuo possa soddisfare pienamente i propri bisogni, instaurare buoni rapporti con gli altri, vivere in un clima di libertà, sentirsi amato, accettato, rispettato, è una scuola nuova, ancora in via di realizzazione” (pag. 28). “..genitori e insegnanti, pur animati da buone intenzioni sovente non riescono ad aiutare i ragazzi a risolvere le difficoltà, in quanto, rapportandosi a questi in modo sbagliato, ne diminuiscono la fiducia in se stessi, ne bloccano la creatività, ne distorcono lo spontaneo sviluppo…Ciò dipende dal fatto che non sono stati abituati a comunicare efficacemente e trovare una soluzione agli inevitabili conflitti” (pag. 32). “E’ indispensabile che i conflitti, anche quelli latenti, vengano esplicitati e risolti, rendendo cosciente il gruppo che le diversità di ognuno vanno accettate come elementi che arricchiscono tutti.” (pag. 63). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: I principali autori citati sono Maslow, Rogers, e Gordon. Eventuali note o commenti: E’ uno strumento di lavoro che in qualche modo precede l’instaurarsi di gruppi di Cooperative learning, preparando quel terreno di ascolto e di relazioni reciproche positive che permettono la realizzazione dei gruppi di apprendimento cooperativo.

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Testo esaminato N° rif. 4 B (indice ragionato)

Autore:Ce.Se.Di. (servizio della Provincia di Torino) Titolo del sito: www.apprendimentocooperativo.it Sito web: Aggiornato a gennaio 2009 Concetto::: Il sito contiene ricche informazioni, documenti, progetti e indicazioni bibliografiche sul Cooperative Learning. Le sezioni principali sono sette: la prima fa riferimento ai progetti degli ultimi tre anni; la seconda indica gli eventi in primo piano, i libri e gli articoli segnalati; la terza è incentrata sulla storia del Cooperative Learning, sulle sue caratteristiche e sugli autori; la quarta parte contiene le iniziative sul territorio piemontese, divise per provincia; la quinta parte include i materiali prodotti, divisi per ordine e grado di scuola; la sesta parte si riferisce ai convegni; l’ultima parte contiene l’archivio di progetti ed eventi precedenti. Definizioni e citazioni: “Gli esseri umani cooperativi comprendono che insieme si è più forti, intellettualmente e/o fisicamente, di un solo individuo. E’ probabile che la disposizione più importante nella società post-industriale sia l’abilità elevata di pensare insieme con gli altri, essere più interdipendenti e sensibili ai bisogni degli altri” (Costa e Liebmann, 1997). “ L’apprendimento è un processo costruttivo che si realizza quando ciò che deve essere appreso è rilevante e significativo per chi apprende e quando chi apprende è attivamente impegnato nella creazione della sua conoscenza e comprensione connettendo ciò che è appreso con la conoscenza e l’esperienza precedenti. L’apprendimento procede con maggiore facilità in un ambiente che promuove relazioni interpersonali e interazioni…e nel quale chi apprende si sente apprezzato, rispettato e valorizzato (in “Approfondimenti - Una prospettiva costruttivista”). “Il pensiero dell’individuo nasce dall’esperienza, intesa come esperienza sociale” (John Dewey). “ Vygotskij…Osserva che gli studenti riescono a risolvere certi problemi lavorando in gruppo, prima di riuscire a risolvere quegli stessi problemi lavorando individualmente (in “Cooperative Learning - I precursori- Area psicologica”). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Numerose le citazioni di autori che in qualche modo si sono occupati o si occupano di apprendimento cooperativo. Ne citiamo solo alcuni: Bell, Bion, Cohen, Comoglio Liebmann, Deutsch, Dewey, Ellerani, Freinet, Freire, Gardner, Johnson, Kagan, Perkins, Pestalozzi, Piaget, Rogers... Eventuali note o commenti: Estremamente utile per chi si avvicini al Cooperative Learning e voglia saperne di più, ma anche per chi intenda fare degli approfondimenti. Ottimo strumento di lavoro per gli insegnanti, per i quali tra l’altro il Ce.Se.di. organizza numerosi incontri di formazione.

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Testo esaminato N° rif. 5 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: COMOGLIO M. Titolo dell’articolo::: I gruppi di Cooperative Learning RRRiiivvviiissstttaaa: L’educatore______________11____|2005/2006|39_________|41 TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo Concetto: Questo articolo parte dall’analisi delle differenza fra i gruppi di apprendimento cooperativo e quelli tradizionali: spesso gli insegnanti pensano di attuare una strategia di Cooperative Learning, ma in realtà ne mancano molti dei requisiti essenziali. Vengono quindi analizzati alcuni aspetti particolari come l’eterogeneità dei gruppi, l’autonomia e le pari opportunità di successo. Infine ci si sofferma sui ruoli specifici dell’insegnante e degli alunni nella conduzione di un gruppo di CL. Definizioni e citazioni: “ L’apprendimento cooperativo migliora e rinforza le relazioni interpersonali fra studenti “diversamente abili” e studenti “normali”. Questo è un risultato comune a varie ricerche condotte sulla base della seguente ipotesi: se la classe è cooperativa, anziché competitiva, gli studenti con handicap scolastico possono contribuire al successo dei gruppi; in questo modo la loro accettazione sembra probabile e può anche essere incrementata” (pag. 40). “L’apprendimento cooperativo sposta fisicamente il centro dell’azione didattica dalla “cattedra” all’intera aula” (pag. 40). “Impegnandosi nel lavoro cooperativo…gli studenti sviluppano maggiore stima di sé e una nuova identità, perché sentono che ognuno di loro è importante, insostituibile e può contribuire in modo significativo, secondo le sue possibilità, al raggiungimento dell’obiettivo comune” (pag. 41). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Vygotskij, Putnam Eventuali note o commenti: Questo articolo rappresenta uno strumento concreto di lavoro per l’applicazione del Cooperative Learning in classe.

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Testo esaminato N° rif. 6 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: COMOGLIO M. Titolo dell’articolo::: Il Cooperative Learning e gli sviluppi della ricerca educativa RRRiiivvviiissstttaaa: L’educatore_______________________6_______|2006/2007|29__________|34______________ TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo Concetto::: L’autore affronta il tema del Cooperative Learning, evidenziando da una parte i vantaggi che derivano dall’applicazione di questa metodologia, dall’altra ponendo in relazione il CL con lo sviluppo di una nuova prospettiva di insegnamento/apprendimento che fa capo al costruttivismo. Infine egli mette in relazione il CL con il concetto di apprendimento e di valutazione autentica, sottolineando l’importanza dell’ “apprendimento significativo e profondo” contrapposto alla “conoscenza inerte”. Definizioni e citazioni: “L’uso sistematico del Cooperative Learning promuoveva rispetto reciproco e relazioni positive. La diversità era riconosciuta e i contributi di ognuno erano apprezzati” (pag. 29). “Non c’è dubbio che oggi, non tanto la memorizzazione e la riproduzione delle conoscenze, quanto invece le capacità d transfer, di soluzione di problemi, di pensiero flessibile, di pensare critico, di creatività, di pensare cognitivo sono ritenute sempre più indispensabili e necessarie” (pag. 30). “I ragazzi devono apprendere molto di più di quello che la scuola può insegnare e questo è possibile senza che siano necessariamente dipendenti dall’insegnante. La scuola deve preparare le nuove generazioni ad apprendere in maniera autonoma” (pag. 30). “La conoscenza appresa in forma passiva, memorizzata, lontana dai problemi reali, decontestualizzata, rimane “inerte” cioè facilmente non applicabile.” (pag. 32) “Perkins dice che aver appreso qualche cosa non è saperla, ma <<pensare con ciò che si sa>> ” (pag. 34). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Slavin, Johnson, Vygotskij, Grabinger, Rogoff, Whitehead, Brown, Collins, Duguid, Perkins, Unger. Eventuali note o commenti: Questo articolo è tra i testi che hanno stimolato maggiormente la mia riflessione, specie rispetto agli effetti del cooperative learning sui processi di apprendimento.

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Testo esaminato N° rif. 7 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: DEMETRIO D. - FAVARO G. Titolo del libro::: Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi LLLiiibbbrrrooo : Franco Angeli______________________ ____Milano| ___ | 2004____ CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: Questo libro è la storia di un’idea e di un approccio alle differenze culturali, diffuso in Europa e praticato in Italia dagli inizi degli anni novanta. Esso include proposte e percorsi didattici per operatori sociali, educatori e insegnanti, laddove le scuole diventino laboratori di incontro tra le differenze e le culture, ma anche spazi in cui costruire l’integrazione giorno per giorno. Tutto ciò in un orizzonte progettuale comune dove è importante la ricerca di ciò che avvicina più di ciò che allontana. Definizioni e citazioni: “L’unità il meticciato e la diversità devono svilupparsi contro l’omogeneizzazione e la chiusura” (citazione di Edgar Morin, pag. 32). “ La sola tolleranza non basta…è necessario che chi rivendica la propria specificità riconosca quella altrui” (pag. 32). “La scuola e il mondo dell’educazione sono attraversati oggi più che mai dal tema della relazione, dell’incontro e della gestione delle differenze” (pag. 36). “La pedagogia interculturale delinea una condotta contro i pericoli già evidenti, o sempre pronti a esplodere, di tipo razzista; che è compito dei luoghi educativi prevenire e contrastare, più che a parole con fatti educativi, cercando di decostruire, attraverso l’esercizio di una reciprocità conoscitiva e della cooperazione, gli stereotipi e i pregiudizi” (pag. 40). “L’identità – personale e culturale – non è data una volta per tutte per permanere immutabile, ma si costruisce e si trasforma durante tutta l’esistenza, grazie alla relazione con il mondo e con gli altri” (pag. 52). “L’elaborazione di nuovi concetti passa… attraverso la scoperta di similarità e differenze” (pag. 114) Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Numerose le citazioni fra cui: E. Damiano, A. Gambino, Hiang-Chu, Ausilia Chang e M. Checchin, C. Taylor, G. Legault, E. Maurin, M. Abdallah-Pretceille, A. Maalouf, A. Durino Allegra, F. Laplantine, Y. Poisson, G. Mantovani, G. Faggiani, T.B. Jelloun. Eventuali note o commenti: Nello scorrere le pagine di questo libro, è interessante notare come molte delle indicazioni didattiche o degli stessi presupposti che sono alla base del discorso interculturale, abbiano tanti elementi di contatto con la pedagogia e la didattica dell’integrazione.

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Testo esaminato N° rif. 8 B (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: GOBBO F. Titolo del libro::: Pedagogia interculturale. Il progetto educativo nelle società complesse LLLiiibbbrrrooo : Carocci______________________________ _____Roma | ___ |2000 _______ CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: Il volume affronta la questione della diversità nelle società complesse e della interculturalità. E’ in particolare analizzata la dimensione interculturale nel contesto scolastico ed educativo. Il ruolo dell’insegnante è disegnato come quello di un ricercatore esperto del “campo” scolastico, similmente all’antropologo che fa ricerche “sul campo”. L’apprendimento cooperativo è indicato come una strategia per intervenire nei confronti della diversità percepita e valutata come subalternità. In proposito il riferimento è alla Complex Instruction di Elizabeth Cohen. Definizioni e citazioni: “Sebbene il discorso pedagogico interculturale sostenga l’idea del diritto alla differenza…ancora grande è la difficoltà di creare le condizioni per cui tale differenza non finisca per assumere una posizione di subalternità” (citando Gomes, pag. 193). “…una scuola che lavora perché le diversità, di qualunque tipo, vengano riconosciute e legittimate ma non isolate e assolutizzate né utilizzate per giustificare disuguaglianze e disparità di trattamento” (pag. 74). “…nel contesto scolastico il conflitto è giudicato dagli insegnanti come un disturbo…piuttosto che come un’occasione per mettere in pratica alcuni obiettivi e valori” (pag. 198). “si è sempre stranieri per qualcuno, cioè si è sempre percepiti come qualcuno di estraneo da chi non è della nostra cultura”(Ben Jelloun pp. 207-208). “…ciò potrebbe permettere ai bambini stranieri di percepirsi come una delle tante diversità presenti nella scuola” (citando Giacalone pag. 212). “…sostiene Cohen, occorre fare della “ingegneria educativa”, e cioè costruire regole e ruoli affinché l’interazione del gruppo di lavoro sia paritaria” (pag. 217). Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Giovannini, Wilconx, Gomes, Rizzi, Santelli, Hammersley, Wolcott, Bohannan, Fabietti, Matera, Piasere, Ben Jelloun, Spindler, Gilmore, Giacalone, Cohen, Lotan, Delors, Remotti e molti altri ancora. Eventuali note o commenti: Particolarmente interessante il paragrafo 5.5: “Una strategia per le classi eterogenee” dove si fa riferimento, tra l’altro, alla teoria della “Istruzione Complessa” elaborata da E. Cohen, uno dei teorici del Cooperative Learning.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA Testo esaminato N° rif. 1 C

(indice ragionato) AAAuuutttooorrreee: Unione Europea Titolo del sito::: http://europa.eu sssiiitttooo: aggiornato a gennaio 2009 Concetto::: Sito ufficiale dell’Unione europea, tradotto nelle lingue ufficiali dei 27 Paesi dell’Ue, offre una ricchissima e ampia documentazione sulle attività dell’Unione, sui programmi, sulle leggi, sui finanziamenti etc. Tantissime informazioni si possono reperire sui diversi Stati membri dell’Ue e sulla storia dell’Unione europea (in particolare nella sezione “Scoprire l’Ue” cui ho attinto per l’elaborazione del materiale didattico), quindi sui diritti del cittadino europeo e sugli strumenti di tutela. La diversa documentazione inserita sul sito è inoltre reperibile all’interno dei diversi settori di attività dell’Ue corrispondenti alle sue diverse Direzioni Generali. Infine una parte importante è dedicata alle Istituzioni comunitarie... Definizioni e citazioni: “Cinquant’anni senza guerre tra i paesi che fanno attualmente parte dell’UE è un fatto che non ha precedenti nella storia. L’integrazione e l’allargamento dell’UE, da sei a 27 paesi, hanno svolto un ruolo importante a questo proposito. Al tempo stesso l’UE è diventata un soggetto che contribuisce attivamente alla pace nel mondo” (in “L’UE in sintesi – 50 strade da percorrere”). Eventuali note o commenti: Ho attinto in parte a questo sito per la preparazione del materiale da utilizzare nell’intervento didattico durante il tirocinio attivo. Titolo dell’intervento è stato: “L’integrazione europea e le differenze culturali in Europa”.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA Testo esaminato N° rif. 3 C

(indice ragionato) AAAuuutttooorrreee: KAGAN S. Titolo del libro::: Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale LLLiiibbbrrrooo : Lavoro________________________ __________Roma_______ | ___ |2000 _______ CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: In questo testo sono descritti i principi che sono alla base dell’approccio strutturale di Kagan, dove la struttura indica un modo di organizzare l’interazione degli individui in una classe. E’ un libro fondamentale per progettare dei processi di cooperative learning, potendo essere utilizzato direttamente in classe. Dunque, da una parte vengono indicate le caratteristiche del CL e dell’approccio strutturale, dall’altra le indicazioni per progettare dei percorsi formativi, con la descrizione di una serie di attività didattiche già pronte nei diversi ambiti di insegnamento: es. socializzazione, competenze cognitive, competenze comunicative. Definizioni e citazioni: ... “la differenza essenziale tra l'approccio strutturale e tutti gli altri è che questi ultimi prevedono che gli insegnanti progettino o usino lezioni complesse, laddove l'approccio strutturale è basato su strategie didattiche molto semplici. Gli altri approcci prevedono che i docenti insegnino lezioni di apprendimento cooperativo, l'approccio strutturale prevede che i docenti facciano dell'apprendimento cooperativo parte di ogni lezione attraverso l'uso di semplici strutture" (pag. 18). “L’apprendimento cooperativo prenderà una forma diversa in ogni classe, secondo i valori e le idee di ogni insegnante” (pag. 28) “Io vorrei che gli studenti diventassero flessibili così da cooperare, competere o andare avanti per conto loro secondo la situazione. Sarei contento se fornissimo agli studenti una gamma di esperienze di apprendimento la più ampia possibile, così che siano ben preparati ad adattarsi al loro ambiente e a modificarlo" (pag. 29). “L’apprendimento cooperativo raggiunge il massimo risultato quando tutti gli studenti lavorano insieme, ognuno dando un importante contributo individuale all’obiettivo del gruppo” (pag. 217). Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Johnson, Slavin, Cohen, DeAvila, Alpert Eventuali note o commenti: Strumento molto utile di lavoro in classe. Permette di progettare in concreto interventi di Cooperative learning,

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Testo esaminato N° rif. 4 C (indice ragionato)

AAAuuutttooorrreee: D. JOHNSON - R. JOHNSON - E. HOLUBEC Titolo del libro::: Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il

rendimento LLLiiibbbrrrooo : Erickson_____________________________________Trento_________ |1996_______ CASA EDITRICE CITTA' ANNO Concetto::: Il volume offre una guida pratica per poter affrontare quel clima di classe competitivo che spesso si instaura a scuola e che talora scoraggia l’apprendimento. La didattica cooperativa è ritenuta uno strumento utile per affrontare questo e altri problemi, assicurando migliori risultati scolastici e personali, favorendo inoltre gli alunni con maggiore difficoltà. Questa metodologia produce inoltre un buon clima di classe. Diverse le indicazioni didattiche fornite dagli autori. Nello specifico sono trattati i seguenti argomenti: cos’è l’apprendimento cooperativo, definizione degli obiettivi di gruppo; formazione dei gruppi e assegnazione dei ruoli; l’interdipendenza positiva; organizzazione degli spazi e del materiale didattico; monitoraggio e valutazione... Definizioni e citazioni: “ L’interdipendenza positiva induce gli studenti a impegnarsi per la riuscita delle altre persone come della propria e sta alla base dell’apprendimento cooperativo: niente interdipendenza positiva niente cooperazione” (pag. 25). “Il problema della cooperazione fra studenti è parte di un problema più ampio che riguarda la struttura organizzativa delle scuole…la struttura organizzativa di base della classe diventa un contesto basato sul gruppo e sulla qualità delle prestazioni” (pag. 29). “L’apprendimento cooperativo risulta intrinsecamente più complesso dell’apprendimento competitivo o individualistico, perché gli studenti devono intraprendere simultaneamente il lavoro sia di studio che di squadra (pag. 97) Eventuali rimandi ad altri testi o autori::: Tra i diversi autori citati, ricordo i seguenti: Slavin, Lewin, Deutsch, Kagan, Cohen, Juran, Goldstein e Blick, Seneca, Roosvelt, Vygostskij Eventuali note o commenti: Questo testo, come quello di Kagan, ha un approccio molto diretto al cooperative learning nel senso che offre degli strumenti concreti di lavoro all’interno delle classe.